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CAP.IV

ERGOCINETICHE E CHEMIO-BIO CINETICHE

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4.0.0.0.- Ergo-cinetiche e Chemio-bio-cinetiche1. Xenobiotici. Inquinamento e bilanci

energetici. Il trade-off

L’ergo-cinetica é lo studio dell’assunzione, dell’accumulo, della distribuzione, della

trasformazione e dell’eliminazione dell’energia negli organismi viventi.

La tossico-cinetica é lo studio delle velocità (cinetiche) delle reazioni ambientali con particolare

riguardo ai processi d'assunzione, accumulo, distribuzione e di release (eliminazione) dei composti

chimici xenobiotici (e non) immessi negli ecosistemi da parte degli organismi viventi.1

Un composto xenobiotico è definito come un composto estraneo ad un organismo ossia che non

ha un ruolo essenziale nei processi biochimici di quell’organismo. Da ciò discende che un composto

chimico normale per un organismo può essere xenobiotico per un altro. Così composti xenobiotici

possono esistere anche d’origine antropogenica originati forse fin dall’inizio della vita evolutiva nel

nostro mondo terrestre.

Da un punto di vista evolutivo l’esistenza naturale di composti xenobiotici che potremmo

considerare aggressivi chimici, è di considerevole interesse. Per esempio si conosce l'evoluzione dei

meccanismi di detossificazione che gli animali hanno sviluppato nei confronti di xenobiotici prodotti

da piante.

É chiaro, peraltro, che noi ci occuperemo prevalentemente dei composti xenobiotici non

naturalmente prodotti ma di quelli che, originati dall’attività industriale (seppur connessa con l'attività

antropica della vita comune), si sono immessi negli ecosistemi pervenendo, come target finale,

all’uomo. É comunque importante ricordare che composti xenobiotici esistenti naturalmente negli

ecosistemi come, ad esempio, le piretrine, la nicotina, vari tipi di micotossine ecc., seguono, nelle

strutture biologiche, gli stessi processi tossicocinetici dei composti xenobiotici prodotti dai processi di

sintesi industriale sia come materie prime che come cataboliti della stessa attività processuale.

LA CHEMIO-BIO-CINETICA é una parte fondamentale dell’ecotossicologia perchè permette la

comprensione e la previsione del comportamento di sostanze inquinanti negli organismi viventi. Il suo

studio s'innesta nella linea dell'ecotossicologia che studia la dinamica ambientale ossia il movimento

degli xenobiotici nell’ecosistema globale (modello LI(f)ER), nell’aria, nell’acqua e nel suolo.

1. Viene usato spesso anche il termine tossicocinetica ma il termine tossico non é dei migliori in quanto indicherebbe un’azione tossica (e non solo chimica). Invece i processi studiati in queste cinetiche sono validi anche per composti “benefici” nei confronti dell’organismo bersaglio (es.: xenobiotici).

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Anche se il processo che chemio-bio-cinetico é prevalentemente d’interesse per i composti

organici lipofili (in grado quindi di ripartirsi prevalentemente nella fase lipidica) chiaramente i cammini

di tutti i composti chimici sono gli stessi; varieranno solo le velocità dei processi d’assunzione, di

distribuzione e di rilascio.

L’ERGO-CINETICA, a livello cellulare, é di pari importanza della tossicocinetica se non in misura

superiore. Infatti come un composto chimico si ripartisce nelle varie componenti dell’organismo, così

fa l’energia condizionandone la vita e la sopravvivenza.

Anche l’energia, assunta tramite l’alimentazione ed eliminata nella forma più degradata (calore)

come catabolita, segue i principi della termodinamica (pare ovvio!) che regolano il comportamento

della tossicocinetica.

In ergocinetica un parametro importante da sviluppare é quello dei bilanci d’energia negli

organismi espresso dal concetto di trade-off.

Come vedremo tale concetto fornirà un’ottica nuova per valutare e definire i processi

d’inquinamento e l’inquinamento medesimo attraverso l’inferenza e l'interferenza con i processi vitali

d'energia degli organismi.

É un concetto nuovo e forse poco comprensibile di primo acchito ma che s’inserisce

perfettamente nei principi dell’energia che abbiamo sviluppato e sottolineato fin dai primi capitoli di

Fig.4.1 – Il trade-off questo trattato e di cui, qui di seguito, parleremo più estesamente.

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Il termine trade-off, mutuato dalle scienze economiche, in Ecotossicologia intende il bilancio

globale di materia e quindi d'energia che un sistema biologico realizza durante la sua esistenza e che

corrisponde ad un dare-avere tra l'energia assunta attraverso l'alimentazione (o in alcuni casi

attraverso i raggi solari) e l'energia consumata nei processi biochimici essenziali: metabolismo

basale, sintesi e accrescimento, manutenzione cellulare e tissutale, escrezioni e produzione

(riproduzione), come riportato nello schema precedente.

I processi d’inquinamento vanno visti in termini ecotossicologici come interferenti nell’equilibrio di

trade-off del sistema biologico interessato.

L’inquinamento si pone come processo competitivo dei processi base energetici e, quindi,

può essere considerato come antagonista nell’uso delle energie destinate agli obiettivi più nobili dei

processi vitali.

In sostanza la cellula vitale considera il composto inquinante (o, in termini più generali, lo

stressore chimico o fisico o psicologico che sia) come una molecola estranea alla sua funzionalità biologica, corpo estraneo che si oppone alla stessa sua sopravvivenza.

La verifica di tale fenomeno induce la cellula ad usare quanta più energia possibile per mettere in

essere tutte le difese biochimiche (e quindi energeticamente depauperanti) per eliminare l’agente

xenobiotico ostile.

Ovviamente le energie utilizzate e consumate nel processo di difesa non sono più disponibili

(o lo sono in misura ridotta) per gli altri processi vitali con rallentamento se non con inibizione totale

degli stessi.

Tutti sono ben coscienti che una malattia infettiva ci lascia molto deboli e debilitati: abbiamo

una prova evidente che uno stressore (il biochimismo dell’agente patogeno) ha consumato parte

delle nostre energie (anche se aiutato da un “contributo energetico” dei xenobiotici) lasciando

l’organismo in carenza d'energia. Una febbre violenta, che passi da sola senza l’aiuto di terapie,

lascia ancora di più l’organismo a livello di disponibilità energetiche assai basso.2

L’interferenza dello stressore può essere così elevata ed intensa da provocare non solo

rallentamenti nello sviluppo somatico e nervoso ma anche impedire la normale riproduzione. E se

l'inquinamento si traduce in una perdita di riproduzione, danneggia anche il meccanismo

d’acquisizione delle risorse e d'accumulo fino alla negazione della possibilità di produrre energia per

la detossificazione.

In questo secondo caso si riducono le possibilità di morte pagando il costo in termini di perdita di riproduzione. In pratica tutte le risorse energetiche, incluse una parte di quelle destinate

alla riproduzione (ma non la parte pregiata d'energia, gelosamente stoccata e tenuta di riserva per il

processo finale della riproduzione stessa che non viene e non può essere utilizzata se non per lo

2 Basti pensare al pacchetto energetico di “calore” che la febbre provoca e che é dato dai processi di difesa dell’organismo che, aumentando la temperatura, tentano di produrre condizioni inibitorie per lo stressore patogenico

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specifico obiettivo), vengono indirizzate contro la minaccia alla propria sopravvivenza rappresentata

dallo stressore.

In tale processo tutti i "soldati" d'energia vengono inviati al “fronte” e le riserve, "in caserma" non

sono in grado di attivare i processi di riproduzione per i quali esisterebbero, comunque, le risorse

energetiche.

In tal modo l'organismo tenta di mantenere la sua propria esistenza a discapito della

procreazione di nuovi individui che, come sappiamo, é il destino entropico del sistema biologico. Suo

malgrado, ma in una logica stringente in termini d'energia, l'organismo scambia la perdita di

produzione (riproduzione) con la riduzione del tasso di mortalità.

In un certo modo si potrebbe pensare a questo scambio tra tasso di riproduzione e tasso di

mortalità come ad un affare commerciale coatto (trade-off) che si sviluppa in una nazione in

condizioni di crisi (guerre ecc.) tra l'industria della produzione e quella della difesa, perchè i

meccanismi che servono a difendere la sopravvivenza della nazione stessa attingono alle stesse

risorse necessarie per un armonico sviluppo economico e tecnologico della nazione che, di

conseguenza, si ferma (morbilità economica ed ambientale) quand'anche non arrivi alla completa

distruzione (mortalità economica ed ambientale).

Questo modo d'intendere l'inquinamento ben s’inquadra nel concetto di "Scope for Growth"

(SFG) definito come la differenza tra l'accumulo d'energia e le perdite metaboliche totali.

Studi in campo e in laboratorio hanno confermato come le conseguenze a lungo termine sulla

crescita e sulla sopravvivenza degli individui possano essere predette da effetti misurati sul bilancio

d’energia a livello d’individuo.

Ad esempio Widdows e Donidri (1991) hanno rilevato come la causa della riduzione nell'

SFG in Mytilus edulis in luoghi contaminati possa essere assegnata ad inquinanti specifici.

Il modo con cui gli animali si difendono dagli inquinanti (tossici od interferenti) è di varia natura: il

principale è quello di copularli con una struttura chimica eliminabile con i liquidi organici, e quindi

permetterne la fuoriuscita dal corpo cellulare.

Un secondo sistema è quello di bloccarli in situ dopo averli resi innocui, o attraverso una forma di

riduzione (precipitazione di granuli di metallo nella cellula o in siti intracellulari) o inglobandoli in

proteine di difesa (metallotioneine).

Ambedue i processi possono coesistere e, come sempre, prevarrà quello che energicamente

sarà più favorito. Tutti questi processi sono naturalmente a costo energetico più o meno elevato a

seconda dell'intensità del processo stesso depauperando il budget energetico di base di cui abbiamo

precedentemente parlato.

4.1.0.0.- Processi ergo-cinetici: I modelli energetici

Il trade-off si può studiare attraverso vari modelli energetici. Nella nostra trattazione

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considereremo due classi d'animali: i molluschi ed i pesci, cui applicheremo le considerazioni bio-

energetiche.

In particolare ci occuperemo dei processi d'assunzione/eliminazione che saranno oggetto della

seconda parte del capitolo relativa alle tossicocinetiche dei nutrienti.

Nel caso dei molluschi il processo d’assunzione/eliminazione in termini energetici è stato

proposto in maniera ottimale da Kooijman3 che ha tentato di spiegare numericamente le modifiche

delle condizioni fisiologiche dell'animale. Tale modello, noto come Dynamic Energy Budget (DEB),

descrive le dinamiche energetiche in funzione della crescita e della riproduzione dell'animale.

In tale modello si considera l'assunzione del cibo direttamente dall'ambiente e l'eliminazione del

tossico attraverso la riproduzione tramite l'emissione dei gameti nell'ambiente, oltre alle vie principali

d’accumulo ed eliminazione

Un fattore che appare importante nel modello è il contenuto in lipidi nel tessuto che sembra

condizionare la velocità d’assunzione e di rilascio.

Poiché il contenuto in lipidi nell'animale varia nel tempo, è presumibile pensare che essi

influenzino la concentrazione del tossico nell'animale anche quando il tossico permane costante

nell'ambiente nel quale l'animale vive.

Un punto relativamente critico del modello DEB, è che le condizioni fisiologiche dell'individuo

utilizzato per lo studio non vengano alterate dal composto utilizzato nell'esperimento.

É ovvio pensare che la presenza di un tossico possa altresì influenzare le risposte fisiologiche

dell'animale e quindi è importante sapere qual è il limite critico al quale questo processo ha luogo.

Nel caso dei mitili, secondo la sperimentazione valori dell'ordine dei 100 µg L-1 non influenzano

negativamente i processi fisiologici della respirazione, della crescita e della ingestione del tossico.

L’interpretazione di dati ecotossicologici e di monitoraggio ambientale è stata perfezionata

dalla conoscenza della relazione tra la concentrazione degli elementi xenobiotici nell’ambiente e nei

tessuti dei biota.

La maggior parte degli studi sulle cinetiche di assunzione e di eliminazione ammettono

implicitamente delle condizioni di stato stazionario per gli altri processi fisiologici nell’organismo. I dati

di monitoraggio in campo e sperimentali sono quindi il più delle volte analizzati con modelli di

assunzione e rilascio monocompartimentali.

Questi modelli però non si adattano sempre bene ai dati ottenuti, specialmente quando

l’organismo cambia condizioni fisiologiche con un andamento paragonabile

all’assunzione/eliminazione degli elementi xenobiotici come nel caso del ciclo riproduttivo o del

cambiamento di taglia o di riserve d’energia4.

Il modello d’assunzione/eliminazione proposto da Kooijman e van Haren vuole spiegare i

cambiamenti nelle condizioni fisiologiche (alimentazione/lipidi) dell’organismo. 3 Kooijman et al., 1990

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Il carico di xenobiotico in M. edulis è influenzato da molte variabili fisiologiche tra cui temperatura,

taglia e ciclo riproduttivo: sono state riscontrate correlazioni tra mitili della stessa taglia e quantità di

cibo. La concentrazione di xenobiotico viene di solito espressa come peso secco del tessuto e dato

che i pesi dei vari tessuti variano con la stagione e la temperatura, le variazioni di concentrazione del

cadmio sono difficili da interpretare.

Infatti il peso secco riflette in parte la condizione in cui si trovano le gonadi e le riserve di energia,

in parte la taglia del mitilo. Interessanti studi sui PCB hanno dimostrato, ad esempio, come il carico di

PCB aumenti all’aumentare della lunghezza della conchiglia e diminuisca con l’emissione dei gameti.

Lo sviluppo del modello tiene conto soltanto della parte dell’alimentazione dividendo uno

stadio giovanile pre-riproduttivo ed uno stadio adulto riproduttivo. Vengono distinte quattro frazioni

separate del corpo: la frazione acquosa (p.e. sangue), la componente strutturale, le riserve

accumulate di energia, e una componente a parte per la riproduzione (i mitili perdono 40-70 % del

peso umido durante la fecondazione, che recuperano durante tutto il resto dell’anno).

4.1.1.0.- Processi ergo-fisiologici

L’assunzione del cibo è proporzionale all’area di superficie (dell’apparato filtratore e dell’intestino)

del mitilo e segue un responso funzionale del tipo II di Holling

f =X

K + X dove f indica il responso funzionale scalare, X la quantità ambientale di cibo e K la costante di

saturazione. Si considera costante la conversione cibo-energia dell’intestino. L’energia entrante si

aggiunge a quella delle riserve, che segue un processo del primo ordine:

ddt

e = vV −1/ 3( f − e)

dove e è la densità pesata di immagazzinamento, V è il volume strutturale (lunghezza) e v è la

conduttività elettrica (l t-1) (p.e.: una misura di resistenza per il flusso di energia dall’acquisizione

energetica all’utilizzazione dell’energia). L’energia utilizzata viene presa dalla parte immagazzinata di

cui una frazione fissa k è usata per la crescita e il mantenimento, che è considerato proporzionale al

biovolume. Conseguentemente, la crescita è data da una differenza pesata tra l’area di superficie e il

volume:

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ddt

V =V 2/ 3ev − Vgm

e + g dove g è un rapporto di investimento adimensionale (costi energetici per nuovo biovolume in

relazione al massimo di energia disponibile per la crescita più il mantenimento) ed m la costante del

contributo al mantenimento (t-1) (rapporto dei costi per il mantenimento e sintesi di biovolume). La

crescita si blocca quando c’è un calo delle riserve d’energia:

e < V1/3mg / v

Una frazione 1 - k dell’energia usata per l’immagazzinamento è usata nello sviluppo più la

riproduzione. Si assume che il mantenimento allo stadio adulto sia pari a (1 - k ) gmVj dove Vj è la

taglia all’inizio dello stadio adulto (lunghezza ). Da questa regola di distribuzione segue che

l’investimento nella riproduzione è dato da:

ddt

G =(1− k)e

e+ g(vgV 2/ 3 + gmV) − (1− k)gmVj

e, per organismi che non crescono:

ddt

G = evV 2 /3 − kgmV − (1 − k)gmVj

dove G = Ggo + Gga è il volume delle gonadi e dei gameti. I gameti vengono conservati in un

organulo che viene svuotato una volta all’anno al momento della riproduzione. Ciò causa un

sostanziale cambiamento nel contenuto in lipidi attraverso le stagioni all’interno del mitilo. I gameti

accumulati, Gga, non sono metabolicamente disponibili per altri scopi. La densità del volume

riproduttivo é r = G/V ed il suo cambiamento:

drdt

= V −2 V dGdt

− G dVdt

⎛ ⎝

⎞ ⎠ = V −1 dG

dt− GV −2 dV

dt

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4.4.0.0.- Processi chemo-bio-cinetici: I bilanci di materia 4.4.1.0.- Aspetti qualitativi 4.4.1.1.- Generalità La concentrazione che un tossico viene ad assumere in un organismo animale o vegetale

dipende da due processi antagonisti: il processo d’assunzione (Uptake) e quello di rilascio o di

depurazione. I due processi per ogni stadio o nella loro globalità sono esprimibili con due costanti che

indicano la velocità di accumulo e/o di clearance del tossico da quello specifico stadio biologico o dal

corpo completo dell'animale.

La prima costante (Ka) é chiamata la costante della velocità d’assunzione (Uptake Rate Costant)

ed é espressa in ml g-1 h-1 o, assumendo la densità del tessuto in un grammo per millilitro, in h-1).

La seconda costante, indicata con Ke e la costante del primo ordine di eliminazione

(depurazione) dell'animale o di clearance (anch'essa in h-1).

Una volta che il composto chimico è entrato attraverso la membrana cellulare nell’organismo,

potremmo individuare, in quest’ultimo, quattro siti importanti di reazione: i siti dell’azione tossica, i siti

del metabolismo, i siti di stoccaggio ed i siti di escrezione.

A) I siti dell’azione tossica. In tali siti la forma tossica della sostanza inquinante interagisce con una macromolecula

endogena (es.: una proteina o DNA) od una struttura biologica (es.: la membrana cellulare) portando

a manifestazioni tossiche nell’intero organismo.

B) I siti del metabolismo.

Sono rappresentati da enzimi che metabolizzano i composti xenobiotici. Di solito il processo

metabolico porta alla detossificazione del composto. Attenzione, però, poiché in alcuni casi il

processo metabolico porta all’attivazione (aumento della tossicità) del composto.

C) I siti di stoccaggio. In questi siti il composto xenobiotico viene inertizzato sotto forma di una struttura inerte dal punto

di vista della attività tossicologia (granuli di metallo, per esempio).

D) I siti d’escrezione.

L’escreto può essere la stessa sostanza inquinante originale inalterata. Prevalentemente, però,

ciò che viene escreto é il prodotto di biotrasformazione (metabolita o composto coniugato).

Il modello più semplice di tossicocinetica é rappresentabile da un modello monocompartimentale

ove si assume che il composto xenobiotico entri, si accumuli, e si metabolizzi in un solo “reattore”. In

realtà i compartimenti di un organismo sono molti e l’ubicazione del tossico può essere molto varia.

Così, uno xenobiotico può essere immagazzinato sia in depositi grassi che in membrane inerti.

Anche una struttura bersaglio per un tossico o per un xenobiotico può essere multipla e localizzata in

parti diverse dell’organismo. Ad esempio una potente neurotossina come la colinesterasi può

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incontrare siti bersaglio sia nel sistema nervoso centrale che in quello periferico.

Dopo il processo di uptake la sostanza inquinante é trasportata ai diversi compartimenti del corpo

da sangue e linfa (vertebrati) o dall’emolinfa (insetti). Il passaggio negli organi e nei tessuti si realizza

per diffusione attraverso barriere di membrana o, per composti estremamente lipofili attraverso co-

trasporto con lipidi.

Molecole prive di carica, con pesi molecolari inferiori a 600 (impedimento sterico!) e con un

discreto coefficiente di ripartizione ottanolo/acqua, si muovono attraverso le membrane per diffusione

passiva. Anche le lipoproteine agiscono come carrier “dissolvendo” composti particolarmente lipofili.

I composti non metabolizzati vengono immagazzinati in strutture di deposito dei grassi od altre

strutture lipofile come le membrane o le lipoproteine.

Tali depositi di composti lipofili potenziamente tossici possono essere protettivi a breve termine.

A lungo termine, comunque, può succedere che il processo si inverta e vi sia un rilascio del

composto dalla struttura di accumulo. Questo processo é sempre legato al potenziale chimico

assunto dal composto nella struttura di storage (stoccaggio).

Quando il potenziale chimico o la fugacità eccedono le “resistenze” della struttura, si ha il rilascio

del tossico stoccato. Questo può condurre a improvvisi effetti tossici nella cellula interessata. Questo

fenomeno, chiamato anche tossicità ritardata (delayed toxicity) é stato osservato nel caso di alcuni

insetticidi clorurati come la dieldrina.

La bassa fugacità dei composti xenobiotici nelle strutture lipidiche espressa da alti valori di Kow

rispetto alla fase acquosa, porta al fatto che il composto non viene espulso direttamente nelle feci o

nelle urine degli organismi.

Riportiamo, nella figura che segue, i quattro processi di trasporto prevalenti attraverso la

membrana citoplasmatica dei metalli:

1. Processi di trasporto carrier-mediated. (Fig.4.2 - prima figura dall'alto). Sono quelli mediati da

un trasportatore, in cui alcune proteine (L) formano, con il metallo, un complesso solubile nei lipidi,

ML; il complesso diffonde entro la membrana, ed il metallo può essere rilasciato nel citosol (il

contenuto acquoso della cellula vivente). La maggior parte dei metalli entra nella cellula attraverso

questo percorso.

2. Processi di trasporto attraverso i canali proteici. (Fig.4.3 - seconda figura dall'alto) Ioni del

metallo possono essere trasportati fra le proteine che si estende attraverso la membrana e che

presentano molti gruppi idrofilici.

3. Processi di trasporto per diffusione passiva. (Fig.4.3 - terza figura dall'alto). Specie del metallo

che sono solubili nei lipidi (non polari) si possono dissolvere nella membrana e rapidamente

attraversarla. Questo processo è invocato spesso per spiegare l’uptake rapido di metalli-alchili da

organismi unicellulari.

4. Processi di trasporto per endocitosi. (Fig.4.3 - quarta figura dall'alto). La membrana plasmatica

è fluida. Una regione della membrana può invaginare ed avvolgere una particella contenente il

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metallo e fondersi con essa per formare una vescicola intracellulare.

Fig.4.2

4.4.1.2.- La clearance plasmatica

In ecotossicologia ed in tossicologia umana il processo più importante è come venga eliminato lo

xenobiotico dalla struttura biologica e quanto tempo esso persista nell’organismo. Questi due fattori

sono essenziali per valutare la capacità tossica dello xenobiotico tenendo conto di quanto aveva

affermato Paracelo ….dosis facit venenum. Noi aggiungeremmo anche: tempus facit venenum.

Considereremo, quindi, per ora in modo qualitativo, i processi di clearance .

La clearande plasmatica e totale esprime la capacità complessiva dell'organismo di eliminare

irreversibilmente uno xenobiotico ed è data dalle somme delle singole clearances degli organi

(compartimenti) che concorrono all'eliminazione del xenobiotico (ad esempio, nell’uomo: fegato, rene,

polmone e così via). In termini concreti si definisce clearance plasmatica il seguente rapporto:

plasmaticaclearanceplasmaticaioneconcentraz

neeliminaziodivelocità=

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dove per eliminazione si intende la somma di tutti i processi di metabolismo ed escrezione

attraverso i reni, il fegato, i polmoni, le ghiandole salivari, le ghiandole sudoripare, la ripartizione

nell'intestino o nei muscoli.

Per la maggior parte dei xenobiotici, la clearance è costante entro la gamma di concentrazioni

plasmatiche o ematiche che si incontrano in una forma di intossicazione normale. Ciò sta a

significare che l'eliminazione non è un processo saturabile e che la velocità assoluta di eliminazione è essenzialmente funzione lineare della concentrazione plasmatica ossia che una

frazione costante di xenobiotico verrà eliminata nell'unità di tempo.

Quando invece il meccanismo di eliminazione di un dato xenobiotico assume le caratteristiche di

un processo saturabile, una quantità costante di xenobiotico verrà eliminata nell'unità di tempo

indipendentemente dalla concentrazione di xenobiotico che entra nel sistema. In questo caso è da

aspettarsi un’accumulo dello xenobiotico nel compartimento biologico bersaglio.

La velocità di eliminazione di uno xenobiotico da un singolo organo può essere definita tenendo

presente il flusso ematico che entra ed esce da un dato organo e la concentrazione ematica del

xenobiotico.

L'arrivo di un xenobiotico ad un dato organo sarà espresso dal prodotto del flusso ematico per la

concentrazione del xenobiotico nel plasma che giunge all'organo considerato (Q.Ca), ove Ca è la

concentrazione arteriosa. L'uscita di un xenobiotico da un dato organo sarà espressa dal prodotto del

flusso plasmatico per la concentrazione del xenobiotico nel sangue che lascia l'organo considerato

(Q.Cv) dove Cv è la concentrazione venosa. La differenza tra questi due prodotti allo stato stazionario

( condizioni di equilibrio dinamico o di steady-state) esprime la velocità di eliminazione del

xenobiotico.

va CQCQneeliminaziodivelocità .. −=

Dividendo questa equazione per la concentrazione del xenobiotico che entra nell'organo di

eliminazione (Ca) si ottiene un'espressione atta ad indicare la clearance del xenobiotico da parte

dell'organo in questione. Se ad esempio consideriamo la clearance epatica potremo scrivere:

a

va

a

vaepatica C

CCQC

CQCQlearancec −=

−=

..

ove (Ca — Cv)/Ca viene considerato come E cioè rapporto di estrazione del compartimento considerato.

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La biodisponibilità di xenobiotici, ad esempio, che abbiano un elevato grado di estrazione

epatica sarà estremamente sensibile a piccole variazioni nel rapporto di estrazione epatica (E). Più

precisamente, qualunque evento o fattore fisiopatologico capace di indurre piccole variazioni di E per

un xenobiotico ad elevata estrazione epatica potrà provocare drammatiche variazioni di

biodisponibilità.

4.4.1.4.- L’ Emivita (t1/2)

L'emivita è il tempo necessario affinchè la concentrazione plasmatica ad equilibrio di

distribuzione raggiunto, si riduca del 50%. Tale parametro ci da un'idea di quanto a lungo un

xenobiotico permanga nell'organismo e permette di calcolare l'intervallo di dosaggio più opportuno.

L'emivita, t1/2, di maggior interesse in xenobioticocinetica è quella relativa al processo di

eliminazione. Per poter calcolare il t1/2 bisogna conoscere la modalità con cui un xenobiotico si

allontana dal torrente circolatorio.

Nel più semplice dei casi il xenobiotico somministrato diffonde e poi lascia l'organismo come se

questo fosse un unico compartimento di dimensioni corrispondenti al volume di distribuzione (modello

monocompartimentale), ma per molti xenobiotici l'organismo si presenta come un sistema

multicompartimentale. In tal caso il xenobiotico nel primo compartimento, il torrente circolatorio e gli

organi più irrorati, si equilibria rapidamente con il xenobiotico presente negli altri compartimenti, i

tessuti meno irrorati.

Nel modello monocompartimentale la determinazione del t1/2 è relativamente semplice, ma è più

complessa nel secondo caso ove il t1/2 viene calcolato nella parte terminale della retta che esprime la

cinetica di eliminazione del xenobiotico. In termini di farmacocinetica, la clearance plasmatica è forse

il parametro più importante quando si debba formulare un razionale regime di dosaggio. In molti casi

è opportuno mantenere le concentrazioni di steady-state (Css) di un dato xenobiotico entro i limiti

della gamma delle concentrazioni ematiche terapeutiche. Lo steady-state verrà raggiunto quando la

velocità di input (velocità con cui il xenobiotico attivo raggiunge la circolazione sistemica) eguaglia la

velocità di eliminazione dello stesso xenobiotico.

Nell’esempio riportato nella fig.4.3 si può vedere il comportamento di uno xenobiotico che viene

immesso in un circuito di liquidi organici (sangue e plasma) con due compartimenti con la classica

similitudine dei vasi comunicanti.

La cinetica esprimente il variare della concentrazione dello xenobiotico nel beaker è illustrata nei

grafici di destra. Nel primo caso (A) il xenobiotico non fuoriesce dal beaker cosicché la cinetica

concentrazione-tempo riporta solo una rapida salita iniziale seguita dal mantenimento di una fase di

plateau. Nel secondo caso (B) esiste una via d’eliminazione e la cinetica concentrazione-tempo

esprime una lenta fase di caduta dopo il rapido incremento iniziale. Poiché il livello del contenuto nel

beaker scende, anche la pressione che guida il processo di eliminazione decresce, la pendenza della

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curva si attenua avvicinandosi asintomaticamente allo steady-state. Questa è una curva di

decadimento esponenziale. Nel terzo caso (C), lo xenobiotico immesso nel primo compartimento

(sangue e tessuti più riccamente vascolarizzati) si equilibria rapidamente con un secondo

compartimento (tessuti extravascolari meno riccamente vascolarizzati) e la quantità di xenobiotico

presente nel primo compartimento declina logaritmicamente fino a raggiungere un nuovo steady-

state. Il quarto caso (D) illustra una più realistica combinazione di meccanismo di eliminazione e di

equilibrio con i compartimenti meno riccamente vascolarizzati. Il grafico riporta, dopo l'iniziale salita

della concentrazione ematica, una rapida e precoce fase di distribuzione seguita da una più lenta

fase d’eliminazione.

Fig.4.3 Effetto di una rapida entrata endovenosa di uno xenobiotico.

L'emivita è un parametro utile nell'indicare:

1. il tempo necessario a raggiungere lo steady-state (è necessario un tempo

corrispondente a circa 4 emivite per raggiungere nel sangue una concentrazione

di xenobiotico corrispondente a circa il 90% della concentrazione allo steady-

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state),

2. il tempo necessario affinché il xenobiotico venga rimosso dall'organismo.

Bisogna però ricordare che l'età, gli stress e le interazioni con altri xenobiotici possono

modificare la clearance plasmatica e/o il volume di distribuzione di un xenobiotico e il

conseguente valore di emivita.

Dal punto di vista tossicologico si può prevedere che uno xenobiotico esplichi la sua

massima attività tossica in corrispondenza del raggiungimento della concentrazione

plasmatica allo steady-state.

Minore l'emivita di eliminazione di un xenobiotico, più rapido il raggiungimento della

concentrazione plasmatica allo steady-state (Css). Così ad esempio un xenobiotico con una

vita media di otto ore, raggiungerà il 90% della concentrazione allo steady-state in trentadue

ore. Tuttavia, più corta l'emivita maggiori le oscillazioni delle concentrazioni plasmatiche tra

un input (contaminazione) e l'altro a parità di intervallo di intossicazione. Un xenobiotico con

un'emivita media di 2-3 ore, mostrerà variazioni di concentrazione plasmatica molto marcata

tra un input ed un altro se questi si verificano ogni sei ore.

Fig.-4.4 Decadimento monoesponenziale della concentrazione plasmatica di un xenobiotico (input

unico e.v. iniezione rapida, ad es. 500 mg) che conferisce all'organismo le caratteristiche cinetiche di un sistema monocompartimentale.

Nell’esempio di fig.4.4, le concentrazioni plasmatiche vengono determinate a partire dalla

seconda ora dalla somministrazione ed espresse in scala semilogaritmica. La linea

tratteggiata rappresenta l'estrapolazione alle ordinate (intersezione = Cp0 = concentrazione

plasmatica al tempo zero) della retta che congiunge le concentrazioni plasmatiche osservate

sperimentalmente. L'emivita biologica, leggibile direttamente dal grafico, è di quattro ore e

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corrisponde al tempo necessario affinchè la concentrazione ematica C4 si dimezzi a C2. Da

questo grafico si può calcolare il volume di distribuzione (Vdj = dose/Cp0). Calcolando per Cp

quella rilevata sull'asse delle ordinate al tempo 0 (Cp = 16 ug ml-1), il volume di distribuzione

corrisponderà a 31.3 L o 0.45 L Kg-1.

Fig.4.5 Decadimento esponenziale della concentrazione plasmatica di un xenobiotico (dose unica input rapido,) che conferisce all'organismo le caratteristiche cinetiche di un sistema a bicompartimentale. Le concentrazioni plasmatiche vengono espresse in scala semilogaritmica. La linea curva iniziale rappresenta la fase di distribuzione (fase a) durante la quale il xenobiotico si distribuisce ai tessuti meno irrorati. La parte lineare della curva (fase beta) rappresenta l'eliminazione del xenobiotico. Il t1/2 di eliminazione (12 h) può essere calcolato in due modi: o direttamente dal grafico calcolando il tempo necessario affinché la concentrazione ematica C1 si dimezzi a C2 o dal rapporto t1/2 = 0.693/beta dove beta è il coefficiente angolare del segmento lineare terminale.

b) Se l'emivita di eliminazione si prolunga al di sopra del suo valore normale, in strutture

biologiche particolarmente stressate, il tempo necessario per raggiungere lo steady-state sarà più

lungo e le concentrazioni raggiunte saranno considerevolmente più elevate del normale con una

accentuazione dei fenomeni tossici che possono portare anche alla morte dell’individuo.

4.4.1.4.- Uptake ripetuti

Il problema della valutazione delle concentrazioni tossiche in una struttura biologica si complica

quando lo xenobiotico entra nell’organismo per il tramite di uptake multiplo. In questo caso la

concentrazione dello xenobiotico oscilla nel plasma tra valori massimi e minimi e a periodi di attività

tossica dello xenobiotico possono seguire periodi di inattività; quindi solo con il raggiungimento delle

concentrazioni plasmatiche più elevate compaiono segni e sintomi di tossicità. Se la frequenza di

uptake é più frazionata nel tempo, le oscillazioni sono meno marcate.

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Fig.4.6 - Correlazione tra frequenza di uptake e concentrazioni plasmatiche massime e minime

4.4.2.0.- Biodisponibilità degli xenobiotici

Vediamo ora quale è il significato del termine biodisponibilità e come misure di

biodisponibilità possono servire a valutare le modalità caratteristiche di assorbimento dei

composti chimici xenobiotici.

La biodisponibilità misura la velocità ed il grado in cui un xenobiotico raggiunge immodificato la circolazione sistemica; essa è quindi la misura qualitativa e quantitativa

del passaggio di un xenobiotico, somministrato in una forma adeguata, dalla sede di uptake

extra-vasale al circolo sistemico.

Gli effetti sistemici degli xenobiotici dipendono anche dal punto di entrata (uptake) nella

circolazione sistemica. Differenti vie di uptake, infatti, possono produrre differenti

assorbimenti dello stesso xenobiotico. È così possibile che due miscele di uno stesso

xenobiotico, pur contenendo lo stesso principio attivo, abbiano diversa biodisponibilità a

causa della diversa via di somministrazione (uptake)

4.4.2.1.- La biodisponibilità relativa ed assoluta

Quanto discusso finora riguarda essenzialmente quell'aspetto della biodisponibilità che

concerne il confronto tra diversi composti xenobiotici in termini di entità e velocità di

passaggio del composto in forma non modificata dalla sede di somministrazione al circolo

sistemico. In altre parole si tratta di valutare la biodisponibilità relativa di mettere cioè a

confronto le caratteristiche di assorbimento tra due o più xenobiotici assunti dall’organismo.

La biodisponibilità relativa si determina confrontando i parametri ricavabili dalle cinetiche

delle concentrazioni ematiche o plasmatiche o sieriche nel tempo, ottenute dopo

somministrazione dello xenobiotico in esame per una stessa via extravasale.

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La biodisponibilità assoluta permette di valutare la quantità assoluta di xenobiotico che

raggiunge immodificato il circolo sistemico. La biodisponibilità assoluta si ottiene confrontando le aree

sottese alle curve di concentrazione-tempo ottenute somministrando la stessa dose di xenobiotico per

via endovenosa, con quelle di forme idonee alla via extravascolare.

Tale confronto suggerisce la natura e l'importanza di fattori capaci di influenzare l'assorbimento di

un dato xenobiotico in un dato individuo per la via extravascolare scelta. Se questa è ad esempio la via

orale, processi di biotrasformazione ad opera della flora batterica intestinale e degli enzimi della

parete intestinale e soprattutto del fegato (eliminazione presistemica o effetto di primo passaggio)

possono concorrere a ridurre la biodisponibilità dello xenobiotico somministrato.

Per gli xenobiotici che presentano un intenso effetto di primo passaggio con produzione di

metaboliti ancora attivi, la valutazione della biodisponibilità assoluta pone il problema della valutazione

non solamente del xenobiotico immodificato, ma anche di tutti i metaboliti che raggiungono il circolo

generale. Verranno allora valutate le aree sottese alle curve di concentrazione ematica-tempo sia del

xenobiotico progenitore, sia di tutti i suoi prodotti di biotrasformazione e questo dopo somministrazione

endovenosa ed extravasale dello xenobiotico. Il confronto delle aree ottenute per le due vie di

somministrazione permetterà così di distinguere tra assorbimento incompleto e presenza

dell'eliminazione presistemica, e di valutare inoltre l'entità di questa ultima.

4.4.2.2.-La bioequivalenza La bioequivalenza si riferisce a due o più forme diverse dello stesso xenobiotico (miscele dello

xenobiotico con altri componenti), che offrono analoghe caratteristiche di biodisponibilità in uno

stesso individuo quando somministrate per una stessa via con regimi di uptake equivalenti. Tali miscele

vengono dette bioequivalenti poiché hanno analogia di assorbimento, cosicché daranno luogo a

concentrazioni ematiche corrispondenti nel tempo. Tali miscele si possono anche definire

tossicologicamente equivalenti, poiché in uno stesso individuo avranno essenzialmente la stessa

efficacia tossica.

È però importante ricordare che due o più miscele che contengano eguali quantità di uno stesso

principio attivo xenobiotico in identica concentrazione e che abbiano un diverso contenuto di ingredienti

inerti o inattivi, possono avere diversa biodisponibilità, e, quindi, non equivalersi dal punto di vista

tossicologico. Determinando i livelli ematici di uno xenobiotico, assorbito in forme diverse, è possibile ottenere

una misura indiretta della risposta tossicologica partendo dall’ipotesi che miscele ambientali diverse di

uno stesso xenobiotico, qualora portino a concentrazioni ematiche corrispondenti, sovrapponibili nel

tempo, inducano risposte tossicologiche equivalenti.

Il confronto tra risultati aspettati da tale ipotesi e risultati obbiettivi sperimentali ci dà informazioni

sulla reale bioequivalenza o sulla inequivalenza delle forme xenobiotiche in esame e ci da un'idea di

come, a parità di dosaggio diversi fattori possano concorrere a influenzare la velocità ed il grado di

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assorbimento. Questi fattori possono essere inerenti alla forma chimica stessa (ad esempio la

speciazione).

4.4.1.5.- Determinazione della bioequivalenza (o inequivalenza)

Immaginiamo di somministrare uno xenobiotico, per via extravascolare, ad esempio per via orale, e

di procedere poi, ad opportuni intervalli di tempo, al prelievo di campioni ematici e alla determinazione

della concentrazione del xenobiotico nel sangue o nel siero o nel plasma, concentrazione che verrà poi

trascritta in un sistema di coordinate cartesiane sull'asse delle ascisse mentre sull'asse delle ordinate

verranno indicati i tempi di prelievo a partire dal momento della somministrazione (t = 0).

Otterremo così la cinetica delle concentrazioni ematiche o plasmatiche o seriche, otterremo cioè

una curva esprimente le variazioni della concentrazione ematica o plasmatica o sierica nel tempo. Al

tempo t=0 la concentrazione ematica del xenobiotico sarà nulla. Quando il xenobiotico entra nel sangue

inizia l'assorbimento. Nel sangue si riscontreranno concentrazioni progressivamente crescenti fino al

raggiungimento della concentrazione più elevata che viene chiamata picco delle concentrazioni ematiche nel tempo.

Fig.4.7 - Profilo concentrazione-tempo di un xenobiotico nel sangue e azione farmacologica dopo una dose singola

somministrata per una via extravascolare.

La figura illustra i rapporti tra i livelli ematici di un xenobiotico e l'effetto tossicologico atteso.

Generalmente si ritiene che il xenobiotico debba raggiungere una certa concentrazione ematica prima

che si possa osservare la comparsa dell'effetto.

Questa viene chiamata concentrazione minima attiva (CMA) superata la quale, ulteriori

incrementi nella concentrazione ematica si tradurranno in una intensificazione dell'effetto desiderato.

Esiste però una concentrazione ematica minima tossica (CMT) oltre la quale potranno comparire i

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primi segni di tossicità. L'intervallo tra la concentrazione minima attiva in senso farmacologico e quella

attiva in senso tossicologico rappresenta la gamma delle concentrazioni attive.

L'intervallo di tempo che intercorre tra l’uptake dello xenobiotico e la comparsa dell'effetto

farmacologico è detto tempo di latenza e la sua durata dipende dalla velocità di assorbimento. In

generale differenze tra le concentrazioni minime attive e la concentrazione massima raggiunta sono

una misura relativa all'intensità dell'effetto ottenibile.

La durata dell'azione di un xenobiotico corrisponde all'intervallo di tempo entro cui le concentrazioni

ematiche si mantengono al di sopra della dose minima attiva. Tutti i parametri indicati dipendono dalle

complesse interazioni tra assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione di un dato

xenobiotico.

Differenze in tali parametri si traducono in differenze nella cinetica esprimente il variare delle

concentrazioni ematiche nel tempo e cioè in differenze nel tempo di comparsa, nell'intensità e nella

durata dell'attività terapeutica e/o tossicologica di uno xenobiotico nell'uomo.

Una volta raggiunto il picco le concentrazioni declineranno, più o meno rapidamente, a seconda

dello xenobiotico considerato, fino al raggiungimento del valore zero. I processi che influenzano

l'andamento della curva sono l'assorbimento, che prevale nella parte ascendente della curva, ma che

continua per qualche tempo anche dopo raggiunta la concentrazione di picco e l'eliminazione, che

inizia non appena il xenobiotico compare nel sangue e continua fino a completa scomparsa di questo

dal torrente circolatorio.

L'altezza del picco di una curva, (Cmax), ovviamente rappresenta la più alta concentrazione ematica

raggiunta dopo somministrazione di un dato xenobiotico. Essa varia in funzione della dose di

xenobiotico somministrato ed in funzione della velocità di assorbimento. Maggiore la velocità, più

elevato il picco ematico raggiunto.

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Fig.4.8- Profili concentrazione-tempo di una identica dose dello stesso xenobiotico somministrato in due forme diverse in uno stesso individuo.

L’applicazione pratica del metodo per la valutazione dell’equivalenza è riportato nella figura 4.8.

Come si può rilevare in corrispondenza degli uptake, per una stessa via, di due forme diverse ma con

la stessa dose di uno stesso xenobiotico: (dose A e dose B) si riscontrano due curve rappresentanti

processi cinetici diversi. (Il risultato sarebbe analogo se utilizzassimo la stessa forma dello xenobiotico

con percosri di uptake differenti.)

Si nota che la forma A esplica una azione quasi immediata con valori di attività alti mentre la forma

B raggiungerà molto più tardi un livello di azione abbastanza elevato. Peraltro la forma B avrà un

persistenza maggiore di quella A e, quindi, sottoporrà la cellula bersaglio ad una azione

maggiormente prolungata nel tempo rispetto alla forma B.

Il tempo di picco (tmax) esprime il tempo necessario a raggiungere la massima concentrazione

ematica, sierica o plasmatica (la concentrazione di picco). Questo parametro è strettamente correlato

alla velocità di assorbimento di uno xenobiotico da un dato preparato e viene usato come semplice

misura della velocità di assorbimento. Come la velocità di assorbimento diminuisce, anche il tempo per

il raggiungimento del picco diminuisce. In definitiva, la velocità di assorbimento influenza sia il valore di

picco che il tempo di picco, ma solo quest’ultimo è indipendente dalla dose somministrata, cosicché

solo il tempo di picco può essere usato per confrontare la velocità di assorbimento di sue forme diverse

di uno stesso xenobiotico.

Dall’esame della figura 4.8 si può, pertanto, concludere che le due forme/vie di uptake dello

xenobiotico sono diverse in quanto biodisponibilità e, quindi, i due sistemi sono inequivalenti.

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4.4.0.0.- Aspetti quantitativi

4.4.1.0.- Il fattore di bioconcentrazione e di bioaccumulo 4.4.1.1.- Il fattore di bioconcentrazione (BCF)

Il parametro che dà un’indicazione importante dell'andamento del processo di assunzione é il

BCF o fattore di bioconcentrazione.

Il BCF é il rapporto tra la concentrazione media dello xenobiotico (o di un qualsiasi composti

chimico ripartibile) nel tessuto dell'organismo esaminato in condizioni di stato stazionario e la

corrispondente concentrazione dello stesso tossico nell'acqua alla quale viene esposto

l'organismo.

BCF =Corganismo

Cacqua

=CCw

Il BCF é di norma correlato con il contenuto in grasso dell'organismo, e quindi varia entro e

fra le specie acquatiche in funzione del contenuto in grassi. Nel pesce, ad esempio il grasso può

variare da 2 a 15 %.

Se un composto ha un valore di BCF superiore a 1000 allora é necessario proseguire nelle

ricerche in merito al rischio tossicologico che il prodotto può porre. Composti come il DDT,PCB e

dieldrina hanno valori di BCF di gran lunga superiori a 1000. I valori di BCF possono ancora

variare considerevolmente (da uno a due ordini di grandezza) fra le specie ed il periodo di vita,

probabilmente per la diversa velocità delle reazioni di disintossicazione che sono, normalmente,

minori a livello dei primi stadi di vita.

Quindi un valore di BCF non deve essere utilizzato in assoluto quando il sistema biologico

varia nel tempo come caratteristiche dimensionali dell'individuo e come età. Ciò non ostante si

può dire con buona certezza che un composto che abbia un BCF di 100 o meno non presenta

problemi di concentrazione ambientale e, quindi, di tossicologia ambientale.

Contrariamente a ciò che succede per gli animali acquatici per gli animali terrestri il contatto

più importante é quello della dieta. I valori di BCF nel tessuto grasso, valutati per 23 prodotti

chimici di interesse ambientale, si sono riscontrati più piccoli con fattori da tre a quattro ordini di

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grandezza rispetto al pesce anche se tra le specie si riscontra una buona correlazione ciò che

consente di ottenere dati per una specie acquatica attraverso una regressione dei dati per una

specie terrestre.

Un modo per predire la distribuzione dei composti chimici nell'ambiente si può ottenere

combinando le costanti Kow,Koc e la solubilità del prodotto in acqua (S o concentrazione massima

corrispondente alla saturazione) come riportato nelle relazioni che seguono.

BOX 4.1

Correlazione Eq.Regressione Coeff. Correlazione r ______________________________________________________________

S/BCF log S = 2,531-0,916 log BCF -0,72

Koc/BCF log Koc = 1,963+0,661 log BCF +0,67

BCF/S log BCF= 2,791-0,564 log S -0,72

BCF/Koc log BCF= -1,579+1,119 log Koc +0,67

S/Koc log S = 5,09-1,26 log Koc -0,64

Koc/ S log Koc= 3,64-0,55 log S -0,64

Come si può notare le prime quattro relazione includono direttamente il BCF mentre le

altre due consentono di calcolare parametri d'uso nelle prime quattro da altri fattori. Sul modo di

calcolo del BCF torneremo più avanti attraverso l'esame dei modelli d’assunzione di tossici in

modo monocompartimentale e bicompartimentale.

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4.4.2.0.- Modelli compartimentali

Gli obbiettivi principali dello studio chemio-bio-cinetico sono quelli di determinare la quantità,

la velocità e la natura dei processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo, ed escrezione di

un composto chimico in una struttura animale.

Una premessa necessaria é che, poiché il fine delle ricerche della ecotossicologia e della che

chemio-bio-cinetica é quello di fare valutazioni previsionali del comportamento del composto

chimico nei confronti dell’essere umano, il soggetto animale da usarsi per le valutazioni chemo-

bio-cinetiche andrà cercato in un animale dal comportamento uguale o molto simile all’uomo.

Ma é difficile individuare, senza dati precedente, una specie animale che metabolizzi un

composto xenobiotico in modo simile all’uomo.

Di solito gli studi iniziali si fanno nel ratto o nel cane o nella scimmia, nel tentativo di

determinare la variabilità della specie. Se ci sono differenze significative fra specie, è importante

determinare se le differenze nei parametri dei processi chemo-bio-cinetici si correlino con le

differenze nella tossicità o nell’attività farmacologica.

Come abbiamo già detto, la chemo-bio-cinetica mira a quantificare i processi già discussi

precedentemente. Così, la chemo-bio-cinetica fornisce informazioni quantitativi sull'assorbimento,

distribuzione, biotransformazione, escrezione di composti chimici xenobiotici, (medicine e

sostanze endogene incluse), in funzione del tempo.

Una difficoltà di molti tossicologhi e biologhi relativamente alla chemo-bio-cinetica è il

concetto di compartimenti.

Un corpo è composto da un gran numero di organi, tessuti, cellule e fluidi, ed ad ognuno di

essi può essere definito, morfologicamente e funzionalmente, come un compartimento.

Comunque, in chemo-bio-cinetica, un compartimento si riferisce al complesso di quegli

organi, tessuti, celle, e fluidi per quale le velocità di uptake e di rimozione susseguente di un

composto chimico sono sufficientemente simili da escludere una differenziazione cinetica.

Il compartimento che si equilibria rapidamente viene considerato come il compartimento

centrale, e può comprendere tutti quei tessuti dove il sangue é presente in rapida perfusione

mentre i cosiddetti compartimenti lenti o periferici includono tessuti con una più lenta perfusione

di sangue (ad esempio: il grasso e le ossa).

4.4.2.1.- Modello monocompartimentale aperto

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L'assunzione e il rilascio di un composto chimico dal tessuto animale possono essere

considerati come parte di un processo omogeneo in un organismo che si comporti come un

singolo compartimento, nel quale l'assunzione del tossico si verifica solo attraverso l'acqua ed é

direttamente proporzionale alla concentrazione nell'acqua del tossico stesso.

Inoltre tutte le molecole del tossico sono egualmente disponibili ad essere eliminate.

Ancora in questo caso, si assume che il processo di clearance o eliminazione sia una cinetica

del primo ordine e che, quindi, l'eliminazione del tossico sia direttamente proporzionale alla

concentrazione del tossico stesso nell'animale.

Infine va assunto che la dimensione ed il volume del compartimento non vari durante il

periodo in cui si effettua lo studio senza che vi siano, quindi, fenomeni di accrescimento

nell'animale. Il modello chemo-bio-cinetico più semplice è quello del modello aperto

monocompartimentale.

Fig. 4.9 Schema di modello mono-comportamentale con ka e

ke le costanti di assunzione e di clearance, rispettivamente.

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Usando questo modello, si presume che il composto chimico xenobiotico si equilibri con tutti

tessuti nei quali è distribuito in modo sufficientemente rapido da impedire differenziazioni

cinetiche.

Ad esempio se sono richiesti 30 minuti per raggiungere l’equilibrio nel corpo dopo l’entrata

dello xenobiotico nello stream sanguigno, analisi di sangue, tessuti ed excreti fatte a 30 minuti di

intervallo mostreranno che non vi é differenza di concentrazioni tra le varie fasi e, quindi, che

tutto l’assieme (corpo) rappresenta un solo compartimento.

In sostanza il modello prevede un’entrata di un composto xenobiotico nel substrato biologico

che, fino ad una certa concentrazione Ct, non mette in atto meccanismi di difesa in quanto la

cellula o la struttura biologica, in generale, non riconosce in tale concentrazione un rischio per la

sua propria sopravvivenza.

Oltre ad un certo valore soglia (threshold) si innescano meccanismi di allarme di tipo

biochimico che portano a processi di difesa.

Essi possono essere processi di inglobamento e/o precipitazione dl tossico sotto forma di

strutture chimiche inerti (es.: precipitazione dei granuli di metallo elementare in siti para-cellulari,

formazione di metallotioneine ecc.) o veri e propri processi metabolici di aggressione dei siti più

reattivi della molecola dello xenobiotico.

In tal caso, di solito, avviene una prima azione di ossidazione ed idrolisi che porta ad una

struttura chimica più facilmente metabolizzabile ed eliminabile come composto in grado, poi, di

essere escreta ed eliminata dalla struttura bersaglio.

Mentre, quindi, il processo di assunzione inizia immediatamente una volta che il substrato

biologico viene ad essere messo a contatto con lo xenobiotico in fase liquida e/o gassosa, quello

di clearance o release o di eliminazione entra in funzione solo e soltanto dopo un certo tempo

che é funzione del tipo di substrato biologico, del tipo di composto chimico e della pre-esistenza o

meno, nel substrato biologico stesso, di una certa quantità del composto.

Infatti, come é ben noto, il flusso di composto, ad esempio, attraverso una membrana

cellulare é determinato dal gradiente di concentrazione interno/esterno della membrana cellulare

che esprime, anche, la fugacità od il potenziale chimico del composto nella fase esterna e nella

fase interna della cellula, rispettivamente.

Al tempo t = 0, il composto xenobiotico si trova solo all’esterno della struttura e, quindi, in

funzione della legge di Fick, la sua velocità di passaggio (e quindi il flusso) é massimo. Man

mano che la differenza di concentrazione interno/esterno tende a zero, in funzione delle forze di

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resistenza (Di) il flusso si riduce fino a portarsi anch’esso a zero. Ma oltre ad una certa

concentrazione inizia il processo di eliminazione per cui, se la sorgente di contaminazione

permane, si avrà un processo costante di assunzione e di clearance (stato stazionario o di

equilibrio dinamico con ∆G=0)

Se ogni organismo si comporta come un solo compartimento la cinetica di

bioconcentrazione di un tossico nel tessuto di un animale (nel caso il pesce) é la combinazione

tra i processi di assunzione, regolati dalla costante ka, e quelli di clearance regolati dalla ke. La

relazione generale della cinetica é quindi:

CkCkperditeassunzionedtdC

ewa −=−=

con

Cw = la concentrazione del composto chimico in acqua (mg L-1)

C = la concentrazione del composto chimico nell'animale

t = il tempo (in ore)

ka = la costante di assunzione (in ml g-1 h-1)

ke = la costante di clearance (in h-1)

In condizioni di stato stazionario le due velocità, di assunzione e di eliminazione, si

equivalgono e, pertanto:

ssewa CkCkdtdC

−== 0

dove con Css si indica la concentrazione del tossico nel tessuto del pesce allo stato

stazionario.

risolvendo per Css si ha:

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e

wasswasse k

CkCCkCk ==

Il valore di BCF in condizioni di stato stazionario può essere dato da:

e

a

w

ss

kk

CCBCF ==

Riferendoci alla quantità di tossico assunto per unità di tempo, dalla relazione principale e

integrata si ottiene:

( )[ ]tkexp1CkkC ew

e

a −−=

ovvero

( )[ ]tkexp1CC ess −−=

Come si può notare per la definizione di fattori di bioconcentrazione é indispensabile

conoscere i valori di ka e ke. Ciò può essere fatto sperimentalmente ovvero calcolato dai dati

fisiologici dell'animale da esperimento e dalla caratteristiche chimiche e chimico-fisiche del

composto. In questo secondo caso, due sono gli approcci fondamentali: quello

monocompartimentale e quello a due compartimenti.

Nel primo caso i tessuti dell'animale sono considerati come un unico pool in cui il tossico si

distribuisce in maniera omogenea; nel secondo caso, invece, i tessuti si comportano almeno con

due velocità di assorbimento diverse.

Come si può intuire, ai fini tossicologici ed ecotossicologici, il processo più importante é,

certamente quello di clearance e/o di eliminazione. é, quindi, opportuno esaminare con maggior

dettaglio questo processo iniziando dal sistema aperto mono-compartimentale.

Assumendo che la velocità d’eliminazione del composto chimico sia proporzionale alla sua

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concentrazione nel plasma, detta concentrazione può essere descritta da una cinetica apparente

del primo ordine ed espressa nella forma di una equazione lineare differenziale:

tet Ck

dtdC

−=

dove C(t) è la concentrazione a tempo t, e ke, è la costante cinetica eliminazione. Soluzione

di questa equazione differenziale con le condizioni iniziali Ct = C0 al tempo zero danno le seguenti

forme esponenziale e logaritmiche:

)tkexp(CC e0t −=

e logaritmica

0et lnCtklnC +−=

0e

t lnCtklogC +−

=3032,

In queste equazioni C0 è la concentrazione del composto chimico nel plasma al tempo zero.

Plottando Ct contro il tempo su carta semilogaritmica si otterrà una linea diritta con slope - ke ed

intercetta C0.

Calcolato ke, che é espresso in unità di tempo reciproco, il tempo richiesto per ridurre la

concentrazione dello xenobiotico nel compartimento alla metà può essere calcolato; questo

tempo è definito come t1/ 2 o tempo di semi-vita e può essere calcolato dall’equazione:

ekekt 693,02ln

2/1 ==

Quando il composto chimico non è assorbito instantaneamente le espressioni matematiche

necessarie per descrivere la concentrazione nel plasma in funzione del tempo, divengono più

complicate. Assumendo che le cinetiche d’assorbimento e di eliminazione siano ambedue del

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primo ordine, la concentrazione C(t) nel plasma è data dall'espressione:

( ) ( ) ( )tkexptkexpkkV

kf.DC(t) aeead

a0 −−−−

=

In questa espressione i termini che non sono stati finora menzionati sono D0 = la dose; f = la

frazione di dose assorbita; Vd, il volume apparente di distribuzione; e k1 = la costante cinetica

apparente di primo l'apparente ordine di assorbimento (uptake).

La costante d’eliminazione (clearance), k, viene determinata usando quello porzione della

linea solida che rappresenta la concentrazione del plasma dopo che l’assorbimento è completo.

In Fig.4.5 ciò si verifica quando la linea tratteggiata si fonde nella linea solida.

La costante della cinetica d’assorbimento, k1 può essere valutata proiettando la linea solida

all’indietro fino all'origine. Lo stesso diagramma può essere usato per il calcolo del t1/ 2 per il

processo di assorbimento e di ka.

Il volume di distribuzione, Vd, è un termine che descrive il volume apparente nel quale un

composto chimico è distribuito quando si possa ritenere che l’affinità del plasma e di tutti i tessuti

per quello specifico composto sia la stessa.

Un'analogia potrebbe essere quella di porre una nota quantità di colorante in un liquido

contenuto in un volume sconosciuto. All’equilibrio (e cioé quando il colorante si é distribuito

omogeneamente in tutta il volume), il volume del sistema (Vd) può essere ottenuto dividendo la

dose (D0) per la concentrazione unitaria.

Nel plasma la concentrazione dei composti chimici si riduce a causa del processo di

eliminazione (clearance) e della distribuzione nei tessuti. Perciò per valutare Vd è necessario

proiettare il tratto di curva corrispondente al processo di eliminazione fino all’origine. Il valore

ottenuto dall’intercetta al tempo zero da questa proiezione, diviso da D0 dà il volume di

distribuzione, Vd, in ml kg-1.

Il valore di Vd fornisce alcuni informazioni importanti sulla distribuzione del composto

xenobiotico nel corpo. Con l’aumento della distribuzione dello xenobiotico nei tessuti, per

qualunque motivo, (affinità chimico-fisica, attivo trasporto attivo nelle cellule ecc.), anche Vd

aumenta.

Se la distribuzione di un chimico nel corpo umano si limita al plasma, al fluido extracellulare

od al liquido corporeo totale, i valori rispettivi di Vd sono circa 40, 170, e 560 ml kg-1. Se uno

xenobiotico ha un'alta affinità per un tessuto particolare, per esempio, l'affinità di un lipofilo per il

grasso, Vd può eccedere in modo significativo i 1000 ml kg-1.

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Fino a ora si sono presi in considerazione solo i concetti relativi alla concentrazione dello

xenobiotico nel plasma. Ma questi concetti sono ugualmente applicabili ad altri tessuti come pure

agli escreti, all’aria ed ai gas emessi dal corpo, oppure ai liquidi e/o solidi come l’orina e le feci.

In aggiunta alla concentrazione, gli stessi concetti possono essere applicati se si desidera

calcolare la quantità totale di uno xenobiotico nel corpo, A(t), in funzione del tempo di

esposizione. Per esempio se una dose D0 è ingerita e si assume che il processo sia una cinetica

apparente del primo ordine, la quantità dello xenobiotico nel corpo é espresso da:

( )tkexpDA(t) e0 −=

che é equivalente a: Ct = C0 exp (-ket)

Una certa quantità (dose singola) di un composto xenobiotico entra in un compartimento

attraverso il fluido che bagna il compartimento stesso (esempio: il plasma). Ad un certo punto

inizia il processo d’eliminazione (clearance) controllato dalla costante di eliminazione Ke. A

seguito del processo di clearance, la concentrazione nel plasma diminuisce secondo un retta il

cui esempio è riportato nella figura seguente:

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Fig.4.10

Il valore della concentrazione iniziale viene valutato per estrapolazione dei dati di analisi del

plasma che si ottengono analizzando a tempi successivi il plasma stesso. La scala delle

concentrazioni viene posta logaritmica e l’inclinazione della retta fornisce il valore di –ke. Data la

seguente tabella di valori sperimentali della concentrazione dello xenobiotico, calcolare il valore

della concentrazione iniziale sia graficamente che numericamente sapendo che:

tkeeCC −= 0

e, quindi, che:

tkCC e−=− 0lnln

e

303,2loglog 0

tkCC e−=−

Calcolare, infine, il tempo di dimezzamento dello xenobiotico nel plasma, ricordando che:

ekt 2ln

2/1 =

Il processo di bioaccumulo in un “compartimento biologico” è descritto dall’espressione:

CkCkdtdC

eaa −=

ove C è la concentrazione internamente al compartimento e Ca quella nel sito di

assorbimento esterno al compartimento.

La curva sottostante riproduce l’andamento del processo di bioconcentrazione in un sistema

monocompartimentale per l’aggiunta di uno xenobiotico in una sola singola dose.. La prima parte

della curva espressa dai valori di concentrazione (pallini neri) rappresenta il progressivo

accumulo dello xenobiotico; come si nota la curva inizia con una rapida pendenza (fase

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logaritmica) cui segue un flesso nel momento in cui entrano in funzione i sistemi di difesa da

parte della cellula (compartimento) che viene avvisata dai suoi sensori (di energia?) che un

composto anomalo rispetto alla sua struttura biochimica, si sta accumulando nel compartimento

con potenziale azione ostile alla stessa sopravvivenza della cellula. Inizia, quindi, il processo di

detossificazione.

Tale processo, chiamato di clearance o di eliminazione, è in realtà un processo (o più

processi) metabolico che annulla, attraverso modifiche della struttura molecolare, la capacità

tossica dello xenobiotico. Il metabolismo può inserire nella molecola dello xenobiotico gruppi –

OH, rendendo il composto stesso più solubile ed eliminabile nei liquidi organici; può complessate

lo xenobiotico con formazione di composti stabili e non tossici (es.: le Metallotioneine per i metalli

tossici), può bloccarlo sotto forma di composto inerte in situ (ossia internamente al

compartimento stesso (come è il caso dei granuli di metalli pesanti).

In ogni caso il processo di clearance si oppone a quello d’accumulo ed é controllato da una

costante d’eliminazione ke. Dalla relazione sovra scritta, quindi, si capisce come il processo di

bioaccumulo sia direttamente proporzionale alla concentrazione dello xenobiotico nel mezzo in

cui si trova il compartimento e proporzionale in senso negativo alla concentrazione che lo

xenobiotico ha raggiunto nel compartimento.

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Fig.4.11 Diagramma di concentrazione dello xenobiotico contro il tempo (ore)

La curva d’eliminazione è rappresentata dai pallini neri dopo che si è raggiunto il sommo

della curva stessa (parte a destra della curva). La sua inclinazione rappresenta la velocità di

depurazione del compartimento e, come si vede, la ke è data dall’inclinazione stessa moltiplicata

per 2,304. ed è, quindi, facile da calcolare.

Infatti:

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dalle:

tkeeCC −= 0

tkCC e−=− 0lnln

303,2loglog 0

tkCC e−=−

si ricava che

303,2loglog

12

12 ektt

CC−=

−−

Ricavata la ke è importante calcolare la ka (costante di uptake o di assorbimento).

Quest’ultima si calcola con il cosiddetto metodo dei residui. La formula da applicare è analoga a

quella riportata in (b) ma inserendo i valori della nuova retta (pallini chiari – (c)), costruita con i

valori delle differenze tra le concentrazioni nel compartimento riportate sulla linea estrapolata

[valori fino a circa 16 ore nel diagramma riportato come esempio - Fig.4.5(c) – retta tratto x ] ed i

valori delle concentrazioni nel compartimento nella curva a sinistra – tratto y.

La formula, quindi, diventa:

303,2loglog

12

12 aktt

CC−=

−−

Nel diagramma d’esempio si può notare come la cinetica d’assorbimento (uptake) è maggiore

di quella della clearance come mostrano le diverse inclinazioni delle due rette. Questo fenomeno

è generale e solo in pochi casi il processo di clearance è più rapido di quello di uptake (alcuni

composto polari).

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Fig.4.12

La concentrazione massima nel compartimento (Cmax) ed il tempo che serve per raggiungere

la concentrazione massima possono essere calcolati dalle:

1ea

e

amax )k(k

kklnt −−=

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)e(e)k(kV

DFkkk

VDFC maxamaxe

1eae

tktk

eaD

a

)k(kk

a

e

Dmax

−−

−−

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

ove D è la dose istantanea, F è la frazione dello xenobiotico che entra nel compartimento non

modificata (e quindi dà una indicazione sulla bio-disponibilità del composto: per F=0, nessuna

bio-disponibilità; per F=1, totale disponibilità) e VD è il volume apparente di distribuzione,.

Fig.4.13 Esempi di risposta cinetica di animali diversi (compreso l’uomo) ad uno stesso xenobiotico.

Dai grafici della fig.4.13 si possono notare tre cinetiche di assunzione (diffusione) di uno

stesso xenobiotico nelle stesse dosi inziali introdotte e tre diverse successive rette rappresentanti

le cinetiche del I° ordine di clearance dello xenobiotico assunto. L’uomo assume con estrema

rapidità lo xenobiotico raggiungendo valori nel plasma superiori a quelli degli altri due animali di

confronto. La cinetica di clearance nell’uomo è abbastanza rapida ma, fino a 48 ore

dall’intossicazione si mantiene su valori superiori a quelli degli altri animali osservati. Al tempo

t=48 l’uomo, che aveva nel plasma una concentrazione più elevata del cane, inverte la

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G.PERIN –AMBIENTE E SALUTE –.12-11-2004 – ERGO- TOSSICOCINETICHE – pg.38

concentrazione e metabolizza lo xenobiotico più rapidamente dell’animale.

Il ratto è l’animale che elimina più rapidamente il tossico. In termini di persistenza il

composto tossico appare rimanere nell’organismo nel cane assai più che non negli altri (uomo e

ratto). Prolungando le rette delle cinetiche di clearance, si può rilevare che nel ratto dopo circa 50

ore il tossico è totalmente metabolizzato; per l’uomo bisognerà attendere circa 190 ore: a quel

tempo il cane mantiene ancora valori significativi di tossico circolante nel sistema sanguigno.

In termini di azione tossica, tale fatto significa che le cellule del cane sono sottoposte al

tossico per un periodo più elevato che non quelle degli altri animali. E poiché per un composto ad

azione tossica-farmacologica, l’effetto è dato dalla concentrazione per il tempo di contatto,

tale persistenza del tossico può provocare gravi fenomeni di intossicazione.

Applicando tali concetti in senso benefico (xenobiotico = farmaco), l’ottenere, con

modifiche eventuali della struttura molecolare, un allungamento del periodo di persistenza dello

xenobiotico a livello dei tessuti e degli umori circolanti significa tenere per un tempo

sufficientemente lungo un organo bersaglio malato a concentrazione farmacologica terapeutica e,

quindi, risanarlo.

4.4.2.2.- Modello bicompartimentale/multicompartimentale

Le considerazioni fatte per il modello monocompartimentale non sono sempre verificate

nella realtà. Anzi, nella maggior parte dei casi molti residui di tossico nell'animale non si

comportano come fossero parte di un tutt'uno omogeneo.

Certi tessuti, infatti, rilasceranno con una velocità maggiore il tossico di altri per cui, in realtà,

bisognerà tener conto che, una volta determinata la concentrazione di tossico rilasciato al tempo

t, vi saranno altre parti dell'animale che continueranno il processo di clearance.

Indipendentemente dalle pathway del processo é chiaro che dovremo, quindi, pensare di aver

almeno come due diversi compartimenti uno in cui i processi di clearance sono veloci ed uno in

cui sono, relativamente, più lenti.

Anche questa é peraltro una soluzione semplificante ma, almeno si avvicina di

più alla realtà di situazioni che certamente si verificano specialmente negli animali a complessità

strutturale elevata. Un modo generico di esprimere il modello bicompartimentale é dato dalla

relazione:

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)exp()exp()( tttC βψαφ −+−=

ove ψφ + rappresentano la concentrazione totale del composto chimico nel corpo

dell'animale all'inizio del processo di clearance. Come si può notare il processo di clearance é

determinato dalla somma dei due processi, uno lento e l'altro veloce espressi dalle due equazioni

esponenziali in αt e βt.

Analizzando in maggior dettaglio il modello bicompartimentale (o (multicompartimentale),

riscontreremo che compartimenti nei quali il composto chimico xenobiotico ha raggiunto equilibrio

con plasma prima che vengano prelevati i campioni di sangue apparirà cineticamente come un

compartimento unitario, mentre quello in cui l’equilibrio si raggiunge più lentamente,

(compartimento profondo), darà origine a una curva di concentrazione nel plasma che si presenta

come bifasica. Il modello usato per descrivere questo sistema è, più propriamente, quello del

modello aperto bicompartimentale. Nel disegno che segue si possono notare il modello

bicompartimentale e quello tri-compartimentale.

Fig.4.14 Modello compartimentale (bi) aperto e tricompartimentale

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Nel bi-compartimentale, il sub-compartimento centrale e quelli rapidamente compartimenti

equilibratisi sono da considerarsi unitari.

In un animale a sangue caldo i siti ove si realizza la maggiore quantità di trasformazioni

metaboliche e di escrezione sono il fegato ed i reni. Poiché questi organi sono perfusi col sangue,

si può ritenere che siano parte del compartimento centrale e che il processo di eliminazione

(clearance) si verifichi nel compartimento centrale. Organi più lontani possono essere il cervello

e le strutture periferiche o a lenta irrorazione (ossa ecc.)

In fig.4.16 viene simulata la curva di concentrazione nel plasma in un sistema a due

compartimenti dopo una rapida introduzione endovenosa di uno xenobiotico.

Il composto chimico viene come prima cosa rapidamente distribuito nei tessuti ben irrorati

dal sangue e poi, più lentamente, agli altri tessuti che formano il compartimento profondo.

Fig.4.15 Interpretazione di un sistema tricompartimentale e dei valori delle costanti k1 e

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k2

Se, come precedentemente fatto, assumiamo che tutte le cinetiche di trasferimento dello

xenobiotico siano del primo ordine, un sistema di lineare di equazioni differenziali descrive il

modello bi-compartimentale e cioè:

dDD

e VtCVktCktCk

dttdC )()()()( 21

12 +−−= e

)()()(21

12 tCkV

tCVkdt

tdCD

d

dD −== dove Ct e CDt sono,

rispettivamente, le concentrazioni del composto chimico xenobiotico nei compartimenti centrali e

profondi. I volumi apparenti di distribuzione per questi compartimenti sono Vd per il

compartimento centrale e VD per il compartimento a lento scambio. Se il flusso volumetrico

apparente tra i due compartimenti fosse lo stesso, ossia se k12 Vd = k21 VD il sistema di equazioni

differenziali può essere risolto con le condizioni iniziali C0 = D0/ Vd e CD0 = 0 al tempo zero dando

una rappresentazione matematica per la curva solida della figura espressa da:

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Fig.4.16 (vedi testo)

)exp()exp()( tttC βψαφ −+−= espressione che é identica a quella vista precedentemente all’inizio del capitolo relativo ai

sistemi bi- o multi-compartimentali. β è l’inclinazione della linea per la fase lenta di eliminazione

ed α quella per la fase rapida di eliminazione.

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G.PERIN –AMBIENTE E SALUTE –.12-11-2004 – ERGO- TOSSICOCINETICHE – pg.43

Il valore di beta viene calcolato come prima descritto mentre, per il calcolo di α si ricorre ad

una tecnica chiamata “feathering”. Questa tecnica consiste nel proiettare la linea solida per la

fase lenta all’indietro fino all'origine (linea trattino-linea-trattino) e sottraendo i valori rispettivi

proiettati dai valori sperimentali usati per costruire la fase rapida di rimozione. Questi valori

vengono riplottati (linea punteggiata).

La slope di questa linea è α. I valori per φ e ψ sono l'intercetta all’ordinata delle rette

rappresentanti le fasi di eliminazione rapida e lenta, rispettivamente.

Le costanti cinetiche k12 k21 e ke possono essere determinate dalle seguenti relazioni:

ψφψαφβ

++

=21k 21k

keαβ

=

( )ekkk +−+= 2112 βα k12 è di importanza particolare perchè da essa si può facilmente calcolare la quantità del

composto chimico xenobiotico nel compartimento profondo (AD(t)) mediante la seguente

equazione:

( ) ( )ttDktAD βααβ

−−−−

= expexp)( 012

La conoscenza della quantità di tossico presente nel compartimento profondo consente di

capire se vi sono relazioni tra l'effetto del tossico stesso, verificato sperimentalmente, e la sua

presenza in un compartimento profondo.

É inoltre, assai importante in ecotossicologia sapere se esiste una fase lenta di eliminazione

del composto xenobiotico (rappresentata, come detto, dal (o dai) compartimento(i) profondo(i)) la

cui esistenza si pone come un indicatore di allarme che suggerisce che con ripetute

somministrazioni del tossico si può andare incontro ad una fase di tossicità dovuta a

bioaccumulo.

La concentrazione di uno xenobiotico nel plasma o nei tessuti o la sua quantità nel corpo

totale a seguito di ripetute esposizioni è illustrata nel seguente diagramma per un sistema aperto

mono-compartimentale.

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G.PERIN –AMBIENTE E SALUTE –.12-11-2004 – ERGO- TOSSICOCINETICHE – pg.44

4.17 Concentrazione di uno xenobiotico nel plasma o nei tessuti o la sua quantità nel

corpo totale a seguito di ripetute esposizioni La rappresentazione matematica di queste concentrazioni è ottenuta sommando i termini

esponenziali per ciascuna dose così che la concentrazione del tossico al tempo t seguente la

dose n-esima è data da:

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( )( ) ( )tk

knk

VfDtC e

ee

dn −

−−−−

= expexp1exp1)( 0

ττ

dove τ è l'intervallo tra dosi, Dopo un gran numero di dosi, il termine exp(-nkeτ)

tende a zero per cui la concentrazione dello xenobiotico diviene:

( )( )τe

ed k

tkVfDtC

−−−

=∞ exp1exp)( 0

Una volta che la concentrazione raggiunge il valore di plateau, ulteriori esposizioni alla stessa

dose ed alla stessa frequenza non porteranno a nuovi aumenti Al valore di plateau la

concentrazione massima che si verifica immediatamente dopo l’ultima esposizione sarà data da:

( )τed kVfDC

−−=∞ exp1

1(max) 0

e la concentrazione minima si verificherà immediatamente prima della successiva

esposizione e sarà data da:

( )( )τ

τ

ee

d kk

VfDC

−−−

=∞ exp1exp(min) 0

L'espressione che definisce la

concentrazione media dopo che il plateau è stato raggiunto è:

τedkVfDavC 0)( =∞

Se l'esposizione è tale che deve essere considerata anche la cinetica di assorbimento (del

primo ordine con ka = costante cinetica), la concentrazione dello xenobiotico nel plasma dopo n

dosi somministrate ripetutamente con intervalli di tempo τ, la concentrazione é data dalla:

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G.PERIN –AMBIENTE E SALUTE –.12-11-2004 – ERGO- TOSSICOCINETICHE – pg.46

( )( )( ) ( ) ( )

( ) ( )−−⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−−

−−−−⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛−−

−−−

= τττ

ττ

aaa

eee

eada

n kknktk

knk

kkVkfDtC exp

exp1exp1exp

exp1exp1)( 0

4.4.2.4.- Cinetiche di sistemi non lineari o saturabili

Le curve dose-effetto che risultano dall’analisi delle reazioni di una struttura biologica a

seguito della somministrazione di un composto xenobiotico, mostrano di solito, un andamento

log-normale. Estrapolando si può prevedere che che alcuni individui risponderanno a dosi

infinitesime mentre altri risponderanno mai, per quanto grande sia la dose.

L'assunzione che ne segue è che il profilo chemobiocinetico del composto sia indipendente

dal livello di dose somministrato.

Peraltro, molti processi metabolici ed escretori sono saturabili, e, quindi, la chemobiocinetica

non lineare è dell'importanza massima in tossicologia.

Molti processi metabolici e di trasferimento attivo hanno una capacità limitata di reazione con

un composto xenobiotico. La cinetica di tali processi non-lineari è definita dalla ben nota

equazione di Michaelis-Menten.

)()()(tCK

tCVdt

tdC

mm

+=

dove C(t) rappresenta concentrazione del chimico a tempo t, Vm è la velocità massima del

processo, e Km è la concentrazione dello xenobiotico alla quale la cinetica del processo è uguale

alla metà di Vm. Due importante limiti per questa equazione si hanno:

a) quando la concentrazione del composto è molto più piccola di Km (C (t)<< Km per cui

l’equazione si riduce a:

)()( tCKV

dttdC

mm=

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ed il rapporto di Vm/ Km si approssima ad una costante cinetica apparente del primo ordine,

b) quando la concentrazione dello xenobiotico è molto più più grande di Km (C (t)>> Km)

allora la cinetica é espressa da:

mVdt

tdC=

− )(

In questo caso velocità di reazione non é più dipendente dalla concentrazione prevalente, ma

è divenuta di ordine zero e, quindi, indipendente dalla concentrazione.

La figura che segue mostra il tipico andamento della concentrazione contro il tempo per uno

xenobiotico per il quale il processo di eliminazione segue cinetiche non-lineari o di Michaelis-

Menten.

Fintanto che la concentrazione rimane significativamente inferiore a Km si può applicare la

parte log-lineare della curva come pure le cinetiche apparenti del primo ordine fa. Ma appena la

concentrazione si avvicina ed eccede il valore di Km il grafico semi-logaritmico diviene non lineare

e le cinetiche diventano di ordine zero.

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G.PERIN –AMBIENTE E SALUTE –.12-11-2004 – ERGO- TOSSICOCINETICHE – pg.48

Fig.4.18 (vedi testo)

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4.4.4.0.- Il Fattore di Bioaccumulazione

Abbiamo già visto l'importanza del fattore di Bioconcentrazione (BCF) ed il modo per

calcolarlo. Peraltro, sperimentalmente é strato possibile rilevare come in natura l'accumulo nel

corpo animale sia diverso (e qualche volta di un ordine di grandezza superiore) a quello che si

ottiene in laboratorio.

Ciò perché l'accumulo attraverso l'assorbimento cutaneo o branchiale é decisamente, in

questo caso, inferiore a quello che si ha attraverso l'ingestione del tossico attraverso la dieta.

Bisogna quindi tener conto di ulteriori importanti parametri che coinvolgano l'assimilazione

del tossico dal cibo ingerito, il rapporto tra il peso corporeo dell'animale ed il peso del cibo

ingerito e la concentrazione del tossico nell'alimento che viene tratto dall'acqua attraverso

l’ingestione di componenti di livelli trofici inferiori alla specie animale considerata.

La relazione che riassume questi concetti é espressa dalla:

wCfC

KRaN

e

akk

⎟⎟

⎜⎜

⎛+=

3 ove:

N = Fattore di Bioaccumulazione

ed

a = l'efficienza di assimilazione del composto chimico in esame (espressa in grammi di

tossico assorbiti per grammi di tossico ingeriti.

R = rapporto specifico del peso d’alimentazione (grammi di peso ingerito per grammo di

peso corporeo al giorno)

Cf = concentrazione del tossico nel cibo

Cw = concentrazione del tossico nell'acqua.

4.4.4.1.- Bioaccumulazione: Trasferimento attraverso la catena alimentare

Un composto chimico, come abbiamo visto, si accumula nel corpo dell'animale con

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cinetiche più o meno rapide e secondo equilibri di assorbimento e di clearance.

Una parte del tossico viene inoltre metabolizzata nello stesso tessuto animale e permane

sotto forma di metaboliti e cataboliti fino alla eventuale finale eliminazione.

Per parametri conservativi, ossia per composti che non vengono rapidamente metabolizzati

lungo i vari step della catena alimentare, si può valutare il progressivo bioaccumulo che porta a

processo di bioaccumulo lungo la food chain o la food web.

Fig.4.19 – Sequenza dei processi di bioaccumulo

La conoscenza degli step di tale processo d’accumulo e quindi, la possibilità di conoscere la

concentrazione di un tossico in animali a livello trofico progressivamente superiore é di estremo

interesse in ecotossicologia.

La concentrazione di un tossico a ciascun livello trofico (i) é valutata per quel livello dal

fattore di Bioconcentrazione BCF corretto per il contributo dato dal livello trofico inferiore (i-1)

conoscendo, inoltre, i valori di trasferimento della catena alimentare per la specie trofica

superiore considerata, (fi).

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G.PERIN –AMBIENTE E SALUTE –.12-11-2004 – ERGO- TOSSICOCINETICHE – pg.51

La relazione che collega i vari livelli é data dalla:

Ni = (BCF) i +ai Ri

K3 (i)Ni−1

così, ad esempio:

{ }

13

223

332

333

3

13

222

333

323

3333

)('''''

)('''

)(

'')(

''')(

''')(

BCFk

Rak

RaBCFk

RaBCF

Nk

RaBCFk

RaBCFNk

RaBCFN

++=

=++=+=

e ponendo:

iii fik

Ra=

)(3

{ }123233

122332333)()()(

)()()(BCFffBCFfBCF

NfBCFfBCFNfBCFN++=

=++=+=

Con la stessa procedura e ponendo (BCF)i = Bi , le relazioni per i primi quattro livelli trofici

sono:

123441233

122

11

234344

233

2

3

1

BfffBffBfBNBffBfBN

NfBNKKBN

+++=++=

+=

==

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G.PERIN –AMBIENTE E SALUTE –.12-11-2004 – ERGO- TOSSICOCINETICHE – pg.52

4.4.4.1.1.- Esempio di applicazione di bioaccumulazione in trasferimento di catena alimentare - Il fattore di Bioamplificazione (BMF)

BOX 4.5 Esempio

Data la seguente tabella che riporta i parametri della catena trofica a quattro livelli per i PCB

calcolare il coefficiente di bioaccumulazione N ed i fattori di amplificazione (N/BCF) per il livello 2

e 4.

LIVELLO TROFICO

PARAMETRO 1 2 3 4

k2 - 0,010 0,004 0,001

g - 0,0092 0,0046 0,0016

R - 0,105 0,017 0,009

a - 0,9 0,9 0,9

BMF=N/BCF 105,5 10 24 104,59 104,90

Soluzione

Il coefficiente di bioaccumulazione a livello 2 (N2) é dato dalla somma del BCF del livello 2

(B2) più il prodotto di f2 per il coefficiente di bioaccumulazione al livello 1 ossia N2 = B2 + f2B1. In

maniera analoga si calcola il valore del coefficiente a livello 4 dalla relazione N4 = B4+f4B3+

f4f3B2+ f4f3f2B1. Calcoliamo quindi i valori dei vari f.

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G.PERIN –AMBIENTE E SALUTE –.12-11-2004 – ERGO- TOSSICOCINETICHE – pg.53

89,20018,0001,0

009,0*9,0''''''''

74,10048,0004,0

017,0*9,0''''''

5,30092,001,0105,0*9,0

''''

2

444

2

333

2

222

=+

=+

=

=+

=+

=

=+

=+

=

gkRaf

gkRaf

gkRaf

I valori dei coefficienti sono allora:

9,45,525,5

59,49,4434344

11,65,529,52

1010*89,2*74,1*5,310*74,1*89,2

10*89,21012344

1010*5,310122

=+

++=+++=

=+=+=

BfffBffBfBN

BfBN

4.4.4.2.- Il fattore MATissueC

L'uso del BMF o fattore di biomagnificazione su descritto é usato, inoltre, nella valutazione

modellistica della catena alimentare per la definizione di rischio (environmental risk assessment).

Un approccio consiste nel valutare la concentrazione massima del tossico nel tessuto

(MATissueC) senza che intervengano, per l'animale, fenomeni di mortalità.

In questo caso il BMF consente di calcolare la concentrazione massima possibile nel mezzo

(acqua, sedimento, aria ecc.) chiamata anche criterio biotico probabilistico o PCB.

Così ad esempio, in acqua:

PCBw =MATissueC

BMFw ove con w a pedice si intende che il parametro é calcolato nel mezzo acqua.

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G.PERIN –AMBIENTE E SALUTE –.12-11-2004 – ERGO- TOSSICOCINETICHE – pg.54

4.4.4.0.- La Tossicocinetica per la Definizione dell'Esposizione.

La definizione dell'esposizione ad un tossico può essere fatta attraverso misure

sperimentali che forniscono il dato più obbiettivo atto a definire i fattori di bioconcentrazione

necessari, come vedremo, per correlare il processo di assunzione del tossico alla sua tossicità,

estrapolandola, se possibile, anche all'essere umano.

Sfortunatamente non sempre i dati sperimentali sono disponibili; anzi il più delle volte si

hanno solo alcune informazioni sulle caratteristiche del composto oltre a quelle del

comportamento dell'animale usato nell'esperimento.

É peraltro possibile ottenere da queste sole informazioni, dati utilizzabili per il prosieguo della

valutazione tossicologica; attraverso proprio le conoscenze della fisiologia dell'animale usato (in

questo caso il pesce) e le caratteristiche del composto chimico.

Vedremo, più avanti, quando esamineremo le tecniche del QSAR, come si possa arrivare

a più dettagliate valutazioni di correlazione tra alcune caratteristiche strutturali del composto

chimico e la sua azione tossica e/o il suo comportamento tossicocinetico.

Per ora esaminiamo come é possibile valutare le costanti K1 e K2 nonché il BCF da dati

presunti sia dell'animale sperimentato che del composto chimico esaminato.

L'esame tossicocinetico verrà fatto secondo due procedure: la prima che considera che il

tossico si assorba in maniera uniforme in tutto l'organismo dell'animale (modello ad un

compartimento), la seconda che i tessuti assorbano e rilascino in modo diverso tra loro il tossico

considerato (modello a due compartimenti)

4.4.4.1.- Il fattore di applicazione (AF e MATC)

La determinazione della tossicità cronica presenta notevoli difficoltà poiché pochi sono gli

individui che si prestano a tempi lunghi di sperimentazione.

Un altro fatto che crea non pochi problemi é la mancanza di relazioni significative tra la

tossicità acuta e quella cronica di un composto chimico tra mammiferi, pesci e la stessa Daphnia.

Un processo molto usato per predire la tossicità cronica da dati di tossicità acuta,

specialmente tra specie molto simili, é quello di calcolare il rapporto tra LC50 e quella che é

definita come la concentrazione del tossico alla quale cronicamente non si riscontra alcun effetto

(MATC = Maximum Acceptable Toxicant Concentration) in stadi di vita dell'animale

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particolarmente sensibili o nell'arco totale della vita.

Questo rapporto é conosciuto come il fattore di applicazione AF (Application Factor) e

quindi:

AF =LC 50

MATC

I valori per gli AF per 31 composti di varia struttura chimica e di interesse ambientale variano

da 2 a 3725.

Non sempre é possibile avere i dati sperimentali necessari per calcolare AF; in questo caso si

può estrapolare da valori esistenti per composti simili. Utilizzando il criterio del ubi minor, maior

cessat ossia quel criterio di sicurezza che consiste nello scegliere (nell'impossibilità di avere dati

sicuri) le condizioni più favorevoli all'ambiente, si può avere una certa informazione in massima

sicurezza nell'attesa, comunque di ottenere sperimentalmente i dati necessari (che probabilmente

riducono i termini di rischio).

Per esempio, per il 1,1,1,-tricloroetano (TCE) non ci sono dati per la sua tossicità cronica.

D'altro canto egli fa parte di una numerosa schiera di composti similari per i quali ci sono dati

abbondanti. Gli AF di nove cloroderivati organici simili variano da 1 a 35; su tale base si può

scegliere un fattore conservativo di 35 (AF=35); conoscendo il valore della tossicità acuta (che

esiste e, comunque sarebbe facile ottenere sperimentalmente) che é di 5 mg L-1, si può calcolare

il MATC di 145 µg L-1 in acqua. Questo MATC fornisce almeno un fattore di sicurezza di 14 volte

al di sopra della concentrazione media di meno di 10 µg L-1 di TCE che si può riscontrare

nell'ambiente (escludendo, ovviamente, i casi di incidente grave).