ERCO Lichtbericht 85 · Di sera la terrazza offre una magni fica vista sul giardino messo in scena...

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E Lichtbericht 85 Pubblicato nell'aprile 2008 Cina Per i cinesi il drago non è una belva pericolosa come nelle fiabe euro- pee, ma un portafortuna. Quello con cinque artigli, come quello rappresentato in questo altorilievo del Museo di Palazzo della «Città Proibita» di Pechino, simbolizzava l'Imperatore, detentore del Trono del Drago. Oggi la Cina ci affascina con il suo dinamismo economico, con i suoi contrasti e con i suoi innumerevoli tesori culturali: un ampio, stimolante e fertile terreno per progettisti, architetti e fornitori di soluzioni luminose di qualità.

Transcript of ERCO Lichtbericht 85 · Di sera la terrazza offre una magni fica vista sul giardino messo in scena...

E Lichtbericht 85

Pubblicato nell'aprile 2008

CinaPer i cinesi il drago non è una belva pericolosa come nelle fiabe euro-pee, ma un portafortuna. Quello con cinque artigli, come quello rappresentato in questo altorilievo del Museo di Palazzo della «Città Proibita» di Pechino, simbolizzava l'Imperatore, detentore del Trono del Drago. Oggi la Cina ci affascina con il suo dinamismo economico,

con i suoi contrasti e con i suoi innumerevoli tesori culturali: un ampio, stimolante e fertile terreno per progettisti, architetti e fornitori di soluzioni luminose di qualità.

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In un primo momento avevamo l’idea di pubbli­care un’edizione di Lichtbericht che si occupasse di tutta l’Asia: una rassegna dei diversi paesi e delle diverse culture nel continente asiatico. Poi però è nata questa edizione di Lichtbericht, tutta incentrata sulla Cina. Il materiale che avevamo a disposizione era così vario e interes­sante che abbiamo deciso di concentrare tutta la nostra attenzione sulle diverse dimensioni culturali cinesi.

C’era una volta la «Città Proibita», il Palazzo dell’Imperatore a Pechino. Oggi essa è diventata per la gran parte un museo aperto al pubblico. Dal 1999 ERCO collabora con l’amministra­zione del Palazzo dell’Imperatore per unire lo svolgimento dei compiti di illuminazione di un moderno museo ed i requisiti imposti dagli enti predisposti alla salvaguardia dei monumenti in un unico concetto complessivo. Farlo per un palazzo da 9999 stanze costituisce un compito emozionante e completamente nuovo.

Oltre alla Cina antica, c’è una Cina moderna che cresce a ritmi eccezionali. Per gli architetti e gli urbanisti la Cina è ormai un campo di spe­rimentazione in continua evoluzione. D’altra parte ci sono luoghi come la sede della Zhongtai Z58, un’impresa di Shanghai, che si presentano come regni della tranquillità. L’edificio è stato costruito dall’architetto giapponese Kengo Kuma. Sia nell’architettura che nel design, la Cina moderna inizia a definire il proprio ruolo e a vivere di impulsi propri. Sarà sempre più affa­scinante osservare gli effetti degli interscambi culturali.

Chi parte da Pechino per il Tibet, viaggia con il Tibet Express sulla ferrovia più alta del mondo. Dopo cinque anni, nel 2006 è stata completata la costruzione di questa tratta lunga 1.142 chilo­metri, lungo i quali si può ammirare tutta la bel­lezza dei panorami dell’Himalaya. Il capolinea è la nuova stazione di Lhasa, illuminata con gli apparecchi per ambienti esterni ERCO.

Il Jinsha Site Museum offre poi l’opportunità di compiere un’escursione nella Cina antica. Nel 2001 sono stati casualmente scoperti in un can­tiere dei reperti risalenti al tempo del regno dei Jinsha, una cultura vecchia di più di 3.000 anni. Nel frattempo il numero dei reperti è salito ad oltre 6.000 ed offre uno sguardo sensazionale sulla storia antica della Cina sud­orientale.

ERCO LichtberichtImpressumEditore: Tim H. MaackRedattore capo: Martin KrautterDesign: Thomas Kotzur, Christoph SteinkeStampa: Mohn Media Mohndruck GmbH, Gütersloh

1028722000© 2008 ERCO

Foto (Pagina):Charles Crowell (2­3), Joshua Lieberman (3), Thomas Mayer (33), Alexander Ring (16­21), Dirk Vogel (1, 32), Michael Wolf (U1, U2, 3, 4­15, 22­31, U4)

Traduzione: Lanzillotta Translations, Düsseldorf

Tim Henrik Maack

Sfondo

Dott. Oliver Herwig Là, dove le case danzano nel cieloLa Cina: un nuovo Eldorado per l’archi­tettura e la progettazione urbanistica

Progetti

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La stella dell’architettura americana I.M. Pei è nata a Suzhou. Il poter costruire un museo nella sua città natale ha costituito per lui un motivo di particolare gioia. La sua creatività ha prodot­to un’architettura allo stesso tempo moderna e tradizionale. Un’architettura che riesce a coniu­gare i vecchi e i nuovi tempi.

Non resta altro da dire se non che la Cina resta un mondo affascinante e che siamo certi che, in un modo o nell’altro, continuerà a stu­pirci come spesso ha fatto. La varietà di questo mondo, che va dalla stazione di Lhasa alla Città Proibita di Pechino e dalla tradizione alla modernità, è certamente tale da richiedere la lunghezza di un intero Lichtbericht per osser­varla più da vicino.

Novità per ambienti interni 2008Faretti Cantax ed EmanonFaretti da incasso ComparDownlight Compact HITApparecchi da incasso per pavimenti Nadir IP67Washer per pavimenti

ZoomL’orientamento della luce con la tecno­logia Spherolit

Doppio zoomAllestimenti flessibili con i riflettori intercambiabili

Introduzione

Articolo

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Lhasa, capolinea!Come arrivano gli apparecchi di illu­minazione ERCO fino in Tibet? Con la ferrovia: la nuova tratta che arriva fino a Lhasa è la più alta al mondo. Harald Maass l’ha percorsa per noi.

Jinsha Site MuseumI segreti della città di sabbia dorata: un nuovo museo nella provincia di Sichuan presenta degli spettacolari reperti archeologici.

Il Suzhou Historic MuseumI Giardini del Cielo: l’architetto I.M. Pei torna con questo progetto alle radici della sua famiglia.

In questa edizione

Flash

Sprazzi di luce

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Il palazzo dalle 9999 stanzeUna gran parte di quella che fu la «Città Proibita» ospita oggi dei musei. Il rinno­vo e la manutenzione richiedono un impegno continuo. Per l’amministrazio­ne del Museo del Palazzo la qualità della luce ERCO è un investimento di lungo periodo.

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32 Luci di chiusuraPremio per il Design tedesco 2008 a ERCOImmagini animate nel Light ScoutEuroShop 2008, Düsseldorf

Indice In questa edizione

Luce & Tecnica

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Flash

PechinoNel quartiere storico di Nan Xin Chang ci sono nove magazzini del riso nella loro versione originale. Sono stati costruiti all’inizio del XV° secolo per la fornitura della corte imperiale a Pechino. Nel rispetto delle rigorose normative di tutela degli edifici storici, queste antiche mura si sono oggi trasformate in negozi e ristoranti. L’intero quar­tiere è stato strutturato come un parco ed illuminato con i proiettori Beamer.

Urbanisti: Dongcheng Landscape Administration Bureau, PechinoProgettisti illuminotecnici: Beijing Z Lighting Design CO., Ltd.Toyota

Questo salone gigantesco è il più grande showroom Toyota del mondo. La distanza enorme per l’altezza da cui vengono accentuati i veicoli è coperta dai faretti delle famiglie Quinta, Stella e TM, dotati di potenti lampade ad alogenuri metallici HIT da 70W, che garanti­scono una lunga durata utile.

Architetto: DSA Architects Inter­national, Dubai / Johannesburg. Progettazione illuminotecnica: Visual Terrain, Van Nuys, CACostruttore: Al Futtaim Carillion, Dubai Installazioni elettriche: Al Futtaim Engineering, Dubai

DubaiUna tappa obbligata per i turisti a Dubai: il Goldsouk. Centinaia di piccoli negozi cercano di attirare i clienti, spesso con un’illuminazio­ne abbagliante. Con la consulenza di ERCO Dubai questo gioielliere ha fatto grandi passi in avanti in tema di comfort visivo impie­gando i downlight Lightcast per lampade ad alogenuri metallici e completando l’illuminazione con i downlight Starpoint per lampade alogene.

GB Diamonds Shop, Dubai www.dubaicityofgold.com

DubaiSono pochi i concorrenti che riescono a presentare un mix di elettronica, media e servizi colle­gati (come allacciamenti internet o contratti di telefonia mobile) in modo prestigioso ed attuale come la catena della Virgin. Il rosso, colo­re dell’impresa, è dominante, e la molteplicità di faretti sulle basette o incassati nel soffitto mettono in scena tutta l’ampiezza dell’of­ferta della filiale nella Mall of the Emirates.

Virgin Megastore, Mall of the Emirates, DubaiArchitetto: Collet & Burger, ParigiProgettazione illuminotecnica: Collet & Burger, Parigiwww.vmeganews.com

HondaIn un ampio salone, sotto i faretti TM e Stella montati su binari elet­trificati Monopoll e su strutture luminose, la marca giapponese presenta auto, moto e motori fuoribordo.

Architetto: GHD, Dubai Office Progettazione illuminotecnica: Visual Terrain, Van Nuys, CACostruttore: Al Futtaim Carillion, Dubai Installazioni elettriche: Al Futtaim Engineering, Dubai

Jeep Chrysler DodgeLe strutture luminose T16, disposte parallele tra loro e sospese a diverse altezze, rendono lo showroom della marca americana sobrio ed essen­ziale, ma nonostante ciò anche dinamico.

Architetto: GHD, Dubai Office Progettazione illuminotecnica: Visual Terrain, Van Nuys, CACostruttore: Al Futtaim Carillion, Dubai Installazioni elettriche: Al Futtaim Engineering, Dubai

Aomori CitySulla punta settentrionale di Hon­shu, l’isola principale del Giappone, nell’omonima prefettura, si trova la città di Aomori. Il nuovo museo dell’arte dispone di ampie gallerie per le sue collezioni, che annovera­no tra l’altro delle opere di grandi dimensioni di Marc Chagall. Per l’il­luminazione delle gallerie si impie­gano faretti e wallwasher Eclipse montati su binari elettrificati.

Aomori Museum of Art, Aomori CityArchitetto: Jun Aoki & Associates, Tokyowww.aomori­museum.jp

TokyoNelle immediate vicinanze del frequentato parco Jingu Gaien si trova il Café Speira, in un viale di gingko. L’interno è dotato di faretti direzionali e downlight Quadra. Di sera la terrazza offre una magni­fica vista sul giardino messo in scena con proiettori Beamer e con altri strumenti del programma per esterni ERCO.

Café Speira, TokyoArchitetto e progettista illumino­tecnico: Nikken Sekkei, Tokyo

DubaiPer un arredamento elegante già dal 1982 a Dubai c’è un valido indi­rizzo: Aati Furniture, che gestisce uno dei suoi negozi sulla Sheikh Zayed Road, una strada molto fre­quentata che porta ad Abu Dhabi. Lo showroom è strutturato come un loft. La sua illuminazione di fondo è ottenuta con downlight Lightcast per lampade ad alogenuri metallici integrati nei ponteggi per cavi dipinti di nero. I faretti della famiglia Castor mettono degli ulte­riori accenti luminosi sui prodotti esposti.

Aati Furniture, DubaiArchitetto: Aati Contracts, Dubai (Interior Design)

DubaiLa marca francese Pimkie è presen­te anche nel Golfo Persico, dove si rivolge ad un target femminile giovane ed orientato alla moda. In questo negozio i faretti neri Eclipse, i faretti da incasso nelle vele asim­metriche del soffitto e gli specchi creano un’atmosfera scintillante da club.

Pimkie Shop, Mall of the Emirates, DubaiArchitetto e progettista illumino­tecnico:Pimkie Interior Design Team

LexusPer una marca d’eccellenza come Lexus gli Emirati Arabi Uniti sono un mercato importante. Nello showroom si dà particolare valore ad un servizio discreto e puntuale. La luce brillante dei faretti TM per lampade ad alogenuri metallici fa splendere adeguatamente le car­rozzerie di lusso.

Architetto: GHD, Dubai Office Progettazione illuminotecnica: Visual Terrain, Van Nuys, CACostruttore: Al Futtaim Carillion, Dubai Installazioni elettriche: Al Futtaim Engineering, Dubai

VolvoAll’interno i faretti Quinta e TM montati su binari elettrificati sospesi mettono in scena le auto, all’esterno i washer Parscoop accentuano in Corporate Blue le tettoie dell’elegante costruzione ovale in vetro e acciaio.

Architetto: GHD, Dubai Office Progettazione illuminotecnica: Visual Terrain, Van Nuys, CACostruttore: Al Futtaim Carillion, Dubai Installazioni elettriche: Al Futtaim Engineering, Dubai

DubaiNel nuovo quartiere industriale «Dubai Festival City» è sorta tutta una serie di Showroom di diverse case automobilistiche: cinque marche, cinque concetti diversi, tutti hanno scelto la luce di ERCO.Foto: Charles Crowell, Dubai

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Sprazzi di luce Museo del Palazzo Imperiale, Città Proibita, PechinoUno sguardo dell'esposizione «Universe in the Mind – 60 Years of Painting by Liu Guosong» (26 aprile - 26 maggio 2007).

Foto: Michael Wolf, Hong Kong

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Quando Wang Yirong racconta del palazzo dell'Imperatore a Pechino, della pluricentena -ria sala del trono, delle camere da letto reali e dei giardini segreti, sembra che stia parlando della sua dimora. E in un certo senso è proprio così: «Da bambino sono cresciuto qui», dice Wang. Suo padre lavorava come contabile nell'amministrazione di questo palazzo che i cinesi chiamano «Città Proibita», e quindi da bambino Wang giocava tra i padiglioni e gli appartamenti imperiali. E infatti ci dice: «Per me la Città Proibita è come la mia casa».

I passaggi segreti della sua infanzia tornano ancora utili a Wang, che oggi è vicediret tore nell'amministrazione del palazzo. Fedele alla leggenda delle 9999 stanze, la Città Proibita, dove fino al 1924 ha risieduto l'Imperatore del-la Cina, è dieci volte più grande di Buckingham Palace a Londra. È impossibile abbracciare con lo sguardo questo intreccio di templi, residenze e depandance per concubine ed eunuchi. Una città nella città. Wang ci spiega che «ancora oggi solo una parte del complesso è stato aper-to ai visitatori».

Siccome in molte delle sale centenarie la pittura si sta scrostando, le termiti stanno mangiando le antiche colonne in legno, piove dai soffitti e i dipinti sbiadiscono sulle pareti, il Palazzo Imperiale di Pechino viene attualmente sottoposto al più importante rinnovo della sua storia. Un compito secolare: dal 2002 lavorano fino a 2000 operai e specialisti del restauro per ripristinare il suo splendore originario. I costi: 100 milioni di yuan all'anno, circa 10 milioni di euro. Solo nel 2020 i lavori saranno conclusi, in tempo per festeggiare i 600 anni del complesso.

Wang ci dice che «il rinnovo è estremamente impegnativo». Lui siede nel suo ufficio all'inter-no della Città Proibita, un grigio rudere con un tetto che si inarca sotto il suo peso e con delle colonne in legno, a fianco di un giardino inter-no. «Prima qui vivevano i figli dell'imperatore», ci racconta Wang ed indica il tetto in tegole verdi. Tutti gli altri edifici della Città Proibita hanno invece tetti gialli, allora simbolo e privi-legio dell'imperatore.

«Il nostro scopo è quello di ricostruire gli edifici il più possibile fedeli all'originale», spiega Wang. L'amministrazione del Palazzo ha per questo cercato degli artigiani di 70 e 80 anni, le cui famiglie da generazioni hanno lavorato nel palazzo imperiale. Sono state così riscoperte alcune tecniche che erano andate dimenticate. Per l'illuminazione degli edifici e delle esposi-zioni però l'amministrazione del palazzo impe-riale ha puntato sulla tecnologia odierna e collabora già dal 1999 con ERCO. «Nel settore dei musei ERCO fissa gli standard dell'eccel-lenza», dice Wang. E le direttive rigorose per la

Il palazzo dalle 9999 stanzeUna gran parte di quella che fu la «Città Proibita» di Pechino ospita oggi dei musei. Il rinnovo e la manutenzione richiedono un impegno continuo. Per l'amministrazione del Museo del Palazzo la qualità della luce ERCO è un investimento di lungo periodo.

Il «Palazzo della Purezza Celeste» (Qianqinggong) era in origine il palazzo dell'abitazione dell'impe-ratore. Oggi ospita espo-sizioni sulla vita di corte e serve da sfondo per le foto ricordo.

La «Città Proibita» è la più importante attrazione di Pechino per i turisti stranieri ma anche per il sempre maggiore flusso di visitatori proveniente dalle province cinesi. Dai cappelli colorati si ricono-scono i membri dei diversi gruppi di turisti.

L'edificio accessorio ad ovest della «Sala dell'Armonia Perfetta». (Baohedian Xiwu): nel suo restauro sono state utilizzate delle tecniche artigianali tradizionali. Ad esempio i pittori hanno realizzato oggi il colore rosso come si faceva allora, con una miscela di sangue di maiale e di mattoni cot-ti sbriciolati, e l'hanno

Interni e progettazione illuminotecnica:Display & Exhibition Department, Propaganda & Education Department, Forbidden City, PechinoFoto: Michael Wolf, Hong Kong

www.dpm.org.cn

conservazione dei monumenti pongono delle specifiche esigenze anche in tema di illumi-nazione. Ricky Zhang, dell'Ufficio di rappre-sentanza ERCO a Pechino, ci dice: «Per fissare un faretto nelle antiche sale imperiali non si poteva ovviamente piantare alcun chiodo nel legno». Gli impianti di illuminazione sono stati infatti montati su delle speciali attrezzature per le quali non erano necessari interventi e modi-fiche all'edificio. «La salvaguardia delle strut-ture storiche ha per noi la massima prio rità», afferma Zhang. Anche per l'illuminazio ne delle opere e dei dipinti sensibili alla luce il know how di ERCO nel settore dei musei ha avuto un ruolo importante.

Un risultato di questa collaborazione è costi-tuito dalla Qianqinggong, la Sala della Purezza Celeste. Costruita come stanza privata della famiglia imperiale, la sala è stata utilizzata dai regnanti successivi come sala delle udienze, in cui venivano ricevuti gli inviati stranieri. Nel 1922 è stata utilizzata per l'ultima volta, per il matrimonio dell'allora già detronizzato imperatore Pu Yi. I visitatori e i turisti che oggi dall'esterno possono guardare i ricchi interni quasi non notano che la sala è illuminata da quasi due dozzine di washer ERCO nascosti alla loro vista. «Lo scopo era quello di supportare in modo più discreto possibile la luce naturale del giorno», spiega Zhang. L'osservatore può così gettare un vero e proprio sguardo nell'era degli imperatori.

Un altro elemento di spicco del complesso di palazzi, la «Sala dell'Armonia Suprema» (Taihedian), è coperta da un telo verde. Dietro

ad esso i lavori di restauro sono ancora in corso. Con i suoi 29 metri, questo padiglione è il più alto della Città Proibita. Una volta qui veniva-no incoronati gli imperatori cinesi, l'edificio è quindi adeguatamente ricco per assolvere a tali scopi. Degli animali fiabeschi adornano le sporgenze dei tetti. Quando piove, 1.142 teste di drago marmoree sputano l'acqua piovana. Sulle terrazze si trovano tartarughe e gru in bronzo, simboli di felicità e di potenza eterne. La sala rinnovata sarà di nuovo aperta al pub-blico quest'estate, prima dell'inizio dei Gioci Olimpici. Circa 100 faretti ERCO provvederanno a fornire la giusta luce.

Per Wang e i suoi collaboratori, il lavoro comunque continua. Ogni giorno 30.000 visita-tori vengono a visitare l'ex città imperiale. Nei giorni di punta arrivano ad essere oltre 100.000. Come dice Wang, per ciascuno di loro questa visita dev'essere un evento speciale. «La Città Proibita deve diventare un unico grande museo. Questo è il nostro compito.»

Harald Maass

applicato alle colonne in legno con dei tamponi di seta. Con questo metodo il colore si conserva più a lungo. Anche le tegole gialle dei tetti sono state cotte con delle procedure tradizionali.

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Città Proibita

Molti di questi edifici non sono accessibili al pubblico e possono esse-re osservati solamente dalle finestre. Fuori dagli sguardi dei visitatori, gli strumenti di illumi-nazione come i washer Focalflood provvedono all'illuminazione degli ambienti senza creare abbagliamento.

La «Sala della Tranquillità Terrestre» (Kunnunggong) si trova nell'ultimo dei tre palazzi posteriori ed ai tempi della dinastia Ming ser viva da stanza da letto delle imperatrici.

Gli edifici abitativi ad ovest dell'asse centrale sono stati mantenuti con tutti i loro accessori o ricostruiti in modo da dare un'impressione della vita quotidiana nel Palaz-zo. Nella «Sala della Cura dello Spirito» (Yangxin Dian, a destra) nel sud di questo settore, l'impera-trice Cixi ha svolto fino al 1908 gli affari di governo nascosta dietro ad una tenda.

Gli accenti luminosi sottolineano i dettagli dei dipinti e degli intagli che arricchiscono le sale. L'installazione dell'illumi-nazione deve preservare al massimo l'esistente e quindi è richiesto talento e capacità d'improvvisa-zione.

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Città Proibita

La «Sala del Valore Militare» (Wuyingdian) funge oggi da galleria per l'esposizione di opere d'arte storiche o moder-ne. Di conseguenza sono qui installate delle tecno-logie di illuminazione di valore, come i wallwasher e i faretti Optec.

I faretti Pollux proiettano magicamente degli orna-menti di luce di antica tradizione cinese sui pavimenti delle gallerie.

Nell'atmosfera storica della «Sala del Valore Militare» (Wuyingdian), messa efficacemente in scena dalla luce, la pittura dell'artista tai-wanese contemporaneo Liu Guosong genera degli effetti suggestivi.

Vetrine negli edifici accessori del Palazzo (Dongxiwu): i rilievi, le figure in creta e le imma-gini sulle pareti fanno rivivere l'antica atmosfe-ra della corte.

Negli edifici accessori del palazzo (Dongxiwu) il Museo del Palazzo presenta degli esemplari provenienti dalla sua smisurata collezione di venerabili tesori artistici di corte.

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È un vero e proprio rinascimento. Una sca-vatrice demolisce un muro di mattoni cotti in vortici di polvere, il legno crepita spez-zandosi. Domani nascerà qualcosa di nuo-vo. Qualcosa di grande, di luminoso. Forse un centro commerciale, o un complesso di uffici. Il Regno di Mezzo è in fibrillazione.

Già nel 1956 Margarete Schütte-Lihotzky, dopo un viaggio attraverso l’Asia, disse che «i problemi che al giorno d’oggi pone l’edilizia sono enormi»1, illustrando le dimensioni di un paese in grado di mettere in ombra qualsiasi esperienza europea. Il famoso architetto presentò una dozzina di confronti per cercare di dare l’idea del Regno di Mezzo, e poi concluse dicendo che «in un paese simile risolvere anche i compiti edilizi più urgenti è, anche per un’economia pianificata, un lavoro incre-dibilmente difficile e complesso.» Econo-mia pianificata? Niente potrebbe essere più lontano da un’economia pianificata dell’odierna Cina. Il Drago ha partorito un nuovo turbocapitalismo. Tassi di crescita a due cifre, export giganteschi, il boom nelle borse.

Una simile svolta ha bisogno dei suoi simboli. La Cina si adorna con le icone della cultura edilizia internazionale: palaz-zi di uffici, torri delle televisioni, musei, impianti sportivi, addirittura parlamenti regionali ed intere città, provenienti dai tavoli di disegno dei più grandi progettisti americani, giapponesi o europei. Non pas-sa un mese senza che un nuovo progetto

Là, dove le case danzano nel cieloLa Cina: un nuovo Eldorado per l’architettu-ra e la progettazione urbanistica

del Dott. Oliver HerwigZhongtai Z58, Shanghai Architetto: Kengo Kuma & Associates, TokyoProgettazione illumi­notecnica: Zhongtai Lighting, ShanghaiFoto: Michael Wolf, Hong Kong

Un atrio drammatico e una postazione con vista con dei classici del design: Kengo Kuma è un virtuoso delle transizioni modulate tra interno ed esterno e tra i materiali, ad esempio acqua e vetro.

spunti nel paesaggio, come ad esempio il Shenzhen Stock Exchange (SSE) realizzato dall’OMA (Office for Metropolitan Archi-tecture) di Rem Kohlhaas. Il culmine lo si raggiungerà l’8 agosto 2008, il giorno dell’apertura dei Giochi Olimpici di Pechi-no. In quel gran giorno il Regno di Mezzo si presenterà in una nuova veste, mostran-do la sua superpotenza sotto forma di arene sportive e templi della competizione ultramoderni. La Cina può vantare l’ingag-gio dei migliori studi internazionali, ma sta finendo l’era in cui gli architetti europei, giapponesi e americani fanno incetta di progetti nelle città dell'oriente in fase di boom urbanistico. Dopo il successo in molti altri settori, anche nell’architettura la Cina sta raggiungendo i livelli internazionali copiando, trasferendo ed amalgamando le esperienze. E ora la Cina fissa i nuovi standard di eccellenza. Oriente e Occidente s’intrecciano in nuovi, grandi esperimenti alla ricerca di una terza modernità. Non si esclude niente, niente è impossibile. La Cina è tutto, e tutto in una volta: un pal-coscenico del razionalismo e dell’archi-tettura rappresentativa, dei germogli del tardo postmodernismo e del supermoderno. Il risultato non è dato tanto dalle masse degli edifici, ma dall’immagine ideale del rinasci mento di una società.

Il mercato dell’arte offre in Cina un’im-magine simile a quello dell’architettura. Il paese non mostra alcun segno di recessio-ne, e sono sempre di più i Chuppys (Chinese

Urban Professionals) che vogliono mettere in mostra il successo conquistato. Mentre il mercato esplode, in occidente faticano a scomparire le categorie con cui si giudica la svolta turbocapitalista. Chris Dercon, che nel suo ruolo di direttore della Haus der Kunst (Casa dell'Arte) di Monaco di Baviera ha compiuto dei viaggi in Cina, appare senza parole e quasi frustrato quan-do scrive: «la giuria del CCAA, della quale ho fatto parte, ha premiato Liu Wei come miglior artista degli ultimi anni anche se nella giuria si era affrontato il tema della ricerca della commerciabilità, e in parti-colare quello delle contraffazioni cinesi.»2 Nonostante la sua dotazione limitata – al vincitore vanno solo 3000 dollari – il CCAA (Chinese Contemporary Art Award) fissa i trend dell’arte contemporanea, in quanto si propone di «premiare gli artisti cinesi che si distinguono per creatività e innova-zione, dare notorietà all’arte cinese con-temporanea e dare coscienza del contributo di quest’arte alla cultura contemporanea in Cina.»3 Forse la perdita del senso della misura va ricercata proprio in questo: tutto è un flusso e la meta non è stata assoluta-mente fissata. Solo una cosa è ormai certa: la Cina riveste ormai un ruolo enorme sul mercato globale, e quel ruolo è destinato a crescere ulteriormente.

La fase quattroValutare l’evoluzione della Cina potrebbe essere uno studio per progettisti, psicologi

e sociologi. Fase uno: edifici prestigiosi. I concorsi internazionali richiamano vinci-tori di concorsi internazionali, e con essi le loro tecnologie e le forme dei loro linguag-gi. Il Giappone, gli Stati Uniti e l’Europa occidentale esportano così i loro standard. Questi vengono eseguiti nella fase due con i partner locali. Il crescente trasferimento di idee, linguaggi estetici e forme delle costruzioni introduce la fase tre: le imprese nazionali e internazionali (o degli ibridi o delle rappresentanze autonome di studi di architettura attivi a livello globale) concor-rono per l’assegnazione degli appalti e per le loro realizzazioni. Attorno ai fari inter-nazionali si hanno le prime fiaccole cinesi. La fase quattro, infine, catapulta nei posti chiave della progettazione e dello sviluppo edilizio una miscela di architetti e inge-gneri edili locali che vantano ormai degli standard di formazione globali.

L’architetto cinese più famoso è ancora Ieoh Ming Pei. Originario della regione di Canton, negli anni ’30 emigrò negli Stati Uniti e nel suo paese natale costruì ben poco. I suoi discendenti in compenso si adoperano alla costruzione del paese, come ad esempio gli architetti di Shanghai della Mada Spam, che tra gli esperti viene considerato uno degli studi di architet-tura più in voga. Lavorano anche come architetti referenti dello studio francese Jean-Michel Wilmotte, cosa che al giorno d’oggi non costituisce più un’anomalia. Negli 8000 metri quadrati del Centro d’Arte

Contemporanea di Pechino, aperto lo scor-so novembre, l’arte cinese viene presentata assieme alle opere di artisti internazionali della collezione dei coniugi Ullens, rinoma-ti ollezionisti belgi. Il palazzo delle esposi-zioni, un edificio completamente ricostrui-to sullo scheletro di una costruzione degli anni ’50, ospita una serie di sale espositive e un auditorium da 130 posti, oltre ad uno spazio adibito ad uso misto di caffè e nego-zio che come una ghirlanda si sviluppa tutto attorno al palazzo.

La rinascita sociale si ripercuote sull’arte sperimentale. Hong Hao, artista intellettua-le nato nel 1964 a Pechino, coglie il punto:

«Pongo la questione della relazione tra identità individuale e collettiva ed arrivo a questa conclusione: ,noi siamo quello che consumiamo, e quello che consumiamo ci rende unici.'»4 L’identità assunta al tempo della svolta, lo spirito di rinascita e l’affer-mazione del consumo sono segni di una mentalità nuova che in un primo momento prende a prestito delle identità occidentali ma poi inizia a riempirle di elementi propri. Jenny Holzer a suo tempo aveva risposto in modo secco ad un simile manifesto consumista: Protect me from what I want.

Crescita e calma: Zhongtai Box Z58 Chi vuole sperimentare quanto il mondo sia un’unica grande rete deve andare al porto, dove i ponti per container e le gru sono infaticabili nel caricare i ventri delle navi mercantili. Tra i dieci maggiori porti

del mondo per volumi trattati, nel 2006 sette erano cinesi. Primo tra tutti quello di Shanghai, con 537 milioni di tonnellate trasportate. Ma ci sono anche Ningbo e Guangzhou con 300 milioni di tonnellate ciascuno, Tianjin (255 milioni di tonnella-te), Hong Kong (238 milioni di tonnellate) e Qingdao e Dalian (200 milioni di tonnel-late ciascuno), che collegano la Cina con il mondo. Il Regno di Mezzo non cresce, esplode. «Le nostre città negli ultimi due decenni sono diventate i più grandi can-tieri edili al mondo», afferma l’urbanista cinese Zhao Zhijin. Il settore degli immobi-li e dell’edilizia mostra tutti i segnali di un surriscaldamento. Dal suo ultimo viaggio nella città meno di tre mesi prima, «i prezzi degli immobili in alcune parti di Shanghai e Shenzhen sarebbero cresciuti di fino al 30%» affermava «pixelpainter» nell’ottobre dello scorso anno. Le banche d’investi-mento forniscono alcune cifre. Se nel 2006 un metro quadrato di un appartamento in proprietà costava circa 930 Euro, oggi il prezzo sarebbe cresciuto fino a quasi 1500 Euro. Le voci critiche si fanno sentire sem-pre più forte nel lamentare una propensio-ne alla demolizione senza condizioni. Gli stessi giornali cinesi descrivono la svolta in un miscuglio di orgoglio e di disagio. «China News» ha rilevato che nei prossimi cinque anni verranno creati più edifici di quanti ne sono stati costruiti negli ultimi 5000 anni.

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La Sig.ra Emma Jiang (sotto) è Vicepresidente di Zhongtai. Suo marito, Kepei Cheng, è il fondatore e Presidente della Zhong­tai Holding, attiva nei più diversi settori dei mercati edilizio ed immobiliare, in grandissima espansione. Entrambe sono appassio­nati di design e rappre­sentano quindi in Cina dei marchi europei di presti­gio, tra i quali ERCO.

Oltre che nello show­room della luce di Z58, si possono trovare i prodotti ERCO anche nel suo funzionale impianto di illuminazione. Qui si impiegano wallwasher Optec per l’illuminazione delle superfici verticali di uno spazio adibito ad ufficio.

Ma ci sono anche altri tipi di progetti, che adottano i luoghi e li trasformano. Come ad esempio quello dell’architetto giappo-nese Kengo Kuma su commissione della Zhongtai Lighting. Z58 è il nome dell’im-pianto a quattro piani di un’impresa che in modo molto pragmatico ha assunto il nome del suo indirizzo: Panyu Road N. 58 nella parte orientale di Shanghai. Un quar-tiere dominato dalle ville, e circondato da edifici abitativi a più piani. Al suo centro si trova ora un gioiello architettonico che ha trasformato completamente una vecchia fabbrica di orologi che si trovava nel parco della famiglia di Sun Yatsen. Tre parti della facciata sono state prima demolite e aperte alla magia della luce, dell’aria e dell’acqua. La parte frontale, rivolta verso la strada, è costituita da fioriere in metallo specchiato disposte su diversi strati orizzontali, che riflettono l’edera, il cielo e la terra. I diversi piani si intrecciano. Che cosa è in primo piano e cosa sullo sfondo? Che cos’è reale e che cos’è solo un’immagine? Kuma ha creato una combinazione di specchi che fa dell’edificio un luogo ideale per le esposi-zioni dell’impresa illuminotecnica Zhong-tai Lighting.

Kuma definisce la sua opera «un labora-torio, una cattedrale della luce». In occa-sione dell’inaugurazione l’edificio è stato messo in scena in modo congeniale dallo scenografo e progettista illuminotec nico olandese Johan Vonk. Vonk era affasci-nato dai box trasparenti, e li ha fatti rilu-cere dall’interno. Al periodico di design «surface» ha spiegato che «tutto sta nella struttura, nelle linee orizzontali, verticali e nelle linee che si intersecano». Il discreto ingresso sull’angolo non lascia presagire quello che segue: un atrio alto, che auto-maticamente fa volgere lo sguardo verso l’alto. Una parete d’acqua riprende le espe-rienze sfuggenti della parete in lamelle specchiate. Sia otticamente che acustica-mente la cascata d’acqua costituisce una barriera tra una Shanghai sempre di fretta e un mondo fatto di lavoro e di esposizio-ni chiare nei box di luce e acqua. Dopo la reception si può ammirare un’esposizio-ne sull’illuminotecnica internazionale, sovrastata dagli uffici. Al quarto e ultimo piano, di nuova costruzione, si apre il lusso di un hotel a 5 stelle. Minimalismo puro: due cubi in vetro costituiscono due appartamenti per gli ospiti. Gli ambienti si fondono: la camera da letto ed il bagno sono separati solo da un po’ di vetro. I cubi si aprono al cielo e al verde del giardino di Sun Yatsen. L’acqua gioca sugli spigoli del-la casa, dissolvendo i confini ma allo stes-so tempo dividendo i padiglioni in vetro con degli intrecci di riflessi. Al centro, un lounge con vista, con due classici esem-plari di Charles Eames. Chi ha preso posto su questa terrazza, circondato da acque in movimento da una leggera costruzione in acciaio e vetro, ha avuto la sensazione di essere in un acquario. Gli elementi si fon-dono e si intersecano. L’aria diventa acqua, l’acqua diventa vetro.

Per la Zhongtai Lighting Z58 rappresenta una presa di posizione decisa nel senso di un’estetica senza compromessi. Una ristrutturazione che utilizza l’esistente ma lo trasforma completamente, invece di limitarsi a costruire il nuovo. L’architetto Kuma sostiene di percepire già una tra-sformazione nella consapevolezza cinese: questo edificio sarebbe «l’espressione di un desiderio di rifiutare la prassi della copia dell’occidente.»5 Nonostante questo, occi-dente e oriente sembrano fondere qui i loro elementi migliori, come Yin e Yang, in una forma senza tempo.

China production: il mondo cresceCome hanno imparato a comprendere gli stranieri, la Cina fornisce delle grandi immagini e quindi suscita delle grandi metafore. Quando l’allora ministro della cultura della Repubblica Federale Tedesca Christina Weiss fu pregata di esprimersi in proposito, disse che la Cina è «una specie di treno ad alta velocità dell’architettura». La velocità genera nuove categorie. Nessuno ormai si rifà all’urbanizzazione normativa nel segno di Mao, ma allo stesso tempo il capitalismo di Shanghai la riformula. Gli opposti non scompaiono ma vengono inte-grati, come dimostra Shi Xinning, trenta-novenne pittore di immagini fotorealisti-che, che mette in posa il grande compagno Mao vicino a Marilyn Monroe o lo inserisce nella famosa foto delle potenze vincitrici riunite a Jalta. Xinning afferma che «que-sto tipo di fotomontaggi surreali può dare profondità all’individuo, ed indica che per qualsiasi cosa agli occhi di una persona ci possono essere spiegazioni completamente diverse».6

Se c’è una cosa che è diventata eviden-te negli scorsi anni è che anche il mondo dell’architettura non è altro che un mer-cato, un processo globale di distribuzio-ne di idee, forme, mode e nomi. Mentre alcuni elementi distintivi determinano la percezione universale di una città, il 99,9% degli edifici si sottrae al monito-raggio della stampa e del pubblico. Questi vengono sopportati, abitati, utilizzati e al meglio tollerati. Anche in Cina è così. Ma la massa degli edifici spettacolari e specu-lativi sbalordisce ogni volta. Il Regno di Mezzo diventa il momento dell’esame della modernità globalizzata e delle sue nuove idee. La casa verde di Kuma a Shanghai o il Centro d’Arte Contemporanea ristrutturato a Pechino sono i primi passi: le tecnologie più avanzate si collegano a dei pensieri senza tempo. Come sosteneva Margarete Schütte-Lihotzky in relazione agli edifici abitativi tradizionali cinesi, il loro ele-mento più stimolante era costituito dalle «generali transizioni tra le strade in pietra, affollate di persone, e lo spazio abitativo vero e proprio, l’atrio [...] Già qui ci si lascia la metropoli completamente alle spalle.»7 Kuma non potrà offrire niente di più, ma non offre niente di meno.

Letteratura (selezione)Bert Bielefeld, Lars­Phillip Rusch: Bauen in China. Handbuch für Architekten und Ingenieure. Birkhäuser, 2006.Uta Grosenick, Caspar H. Schübbe: China Art Book. Dumont, 2007.Philip Jodidio: CN. Architecture in China. Taschen, 2007.Margarete Schütte­Lihotzky: Millionenstädte Chinas. Bilder­ und Reisebuch einer Architektin (1958). Springer, 2007.

Note1 Margarete Schütte­Lihotzky: Millionenstädte Chinas. Bilder­ und Reisebuch einer Architektin (1958). Springer, 2007, pag. 34.2 Dercon, Chris: Lang lebe die Partei! Kunstgalerien schießen wie Pilze aus dem Boden, und alle malen Sarkozy – Eine Reise durch Chinas brodelnde Kultur­szene. Süddeutsche Zeitung di lunedì 11 febbraio 2008, pag. 133 Un comunicato stampa del museo d’arte di Berna descrive i fini del CCAA: http://www.kunstmuseum­bern.ch/index.cfm?nav=567,1250,1610,1639&DID=9&SID=14 Uta Grosenick, Caspar H. Schübbe: China Art Book. Dumont, 2007, pag. 129.5 Philip Jodidio: CN. Architecture in China. Taschen, 2007, pag. 92­97, qui citata pag. 92.6 Uta Grosenick, Caspar H. Schübbe: China Art Book. Dumont, 2007, pag. 345.7 Margarete Schütte­Lihotzky: Millionenstädte Chinas. Bilder­ und Reisebuch einer Architektin (1958). Springer, 2007, pag. 45.

Basato sui più recenti sviluppi illuminotecnici di ERCO, il pro­gramma Cantax costituisce un sistema logicamente strutturato per l’impiego in negozi, gallerie, ristoranti o abitazioni, per una qualità professionale della luce e allo stesso tempo per affermare uno stile marcante, molto attuale nelle sue forme composte da ele­menti geometrici di base. Come

Molti effetti e tecniche di illumi­nazione, ideati per le scene teatrali, sono stati poi adottati nei locali di vendita e nelle vetrine, nelle presentazioni o negli stand fieri­stici e quindi nell’architettura. I tempi erano maturi per sviluppare una serie di faretti radicalmente nuova per questi ambiti di appli­cazione, un sistema che racchiuda i progressi dell’illuminotecnica degli ultimi anni e che consenta di trasportare facilmente nella prassi il principio «tune the light» con una progettazione creativa. Strumenti di illuminazione con i quali sia possibile realizzare anche negli impieghi quotidiani gli effetti scenografici che i clienti sono soliti vedere sui palcoscenici. Questa nuova serie di faretti dal design molto caratteristico ed integrativo si chiama Emanon e comprende strumenti di illumi­nazione molto differenziati: dagli strumenti standard come i faretti per lampade alogene a bassa ten­sione o per lampade HIT, fino ai prodotti ERCO più esclusivi, come i faretti varychrome con LED, e alle ultime novità tecnologiche, come i Goborotator con tecnologia di comando DALI. Anche la gestione del calore percorre delle nuove vie: i componenti sollecitati ter­

I faretti Cantax vary­chrome per LED dispon­gono della esclusiva tecnologia ERCO della compensazione croma­tica e possono essere comandati comodamente mediante il Light System DALI ed il software Light Studio.

Per l‘illuminazione d‘accento sono pre­visti quattro riflettori Spherolit con angoli di distribuzione narrow spot, spot, flood e wide flood.

In alternativa al riflettore per faretti, il riflettore Spherolit wallwasher può essere impiegato per l‘illuminazione verticale. Nel terzo superiore è individuabile una lieve concentrazione dell‘illu­minamento per un’ulte­riore accentuazione.

La sostituibilità del tipo di riflettore senza impie­go di attrezzi consente di adattare in modo veloce e flessibile i faretti con tecnologia Spherolit alle modifiche del progetto di illuminazione.

Con il Goborotator Emanon si possono mettere in scena gli ambienti con degli affa­scinanti giochi di luce dinamici. Con l’impiego di gobo in metallo, in vetro o di lenti struttura­te, il progettista può cre­are degli effetti luminosi poliedrici. Le velocità di rotazione pos sono essere impostate separatamente per i due gobo, in un intervallo tra i quattro secondi e i quattro minu­ti. La sostituzione dei gobo è semplice e richie­de poche operazioni. Dopo aver smontato la parte anteriore del corpo dell’apparecchio si può girare di lato l’elemento del Goborotator.

CantaxDesign: Naoto Fukasawa

EmanonDesign: Yves Béhar, fuseproject

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Novità per ambienti interni 2008 L’essenza dell’innovazione consiste nel non limitarsi a raccogliere idee creative, invenzioni o risultati della ricerca, ma nell‘applicarle in modo utile. Tra le innovazioni si annove­rano i completamenti e gli aggior­namenti dei sistemi esistenti, ma soprattutto le diverse famiglie di prodotti sviluppate ex novo. Questi nuovi sviluppi colgono l’oppor­tunità di tradurre in prodotti le

nuove tecnologie e i risultati della ricerca e dello sviluppo ERCO in un design altrettanto innovativo. Nelle seguenti pagine presentiamo le innovazioni più importanti svi­luppate per gli ambienti interni.

modificare quindi le caratteristiche di distribuzione della luce. Con il giusto riflettore Spherolit si può creare anche una distribuzione adatta all’illuminazione diffusa delle pareti, senza modificare in nessun modo l’aspetto esterno dell’apparecchio. Per l’illuminazio­ne delle superfici verticali, Cantax è disponibile anche con la classica tecnologia dei wallwasher con lenti. Naturalmente il programma Cantax, con i suoi faretti, wall­washer ed accessori, comprende anche le tecnologie esclusive ERCO, come i Light Client compa­tibili DALI o i faretti varychrome con tecnologia LED a compensa­zione cromatica. I corpi e i bracci laterali con i cablaggi a scomparsa sono in fusione di alluminio ad alta pressione, verniciati a polvere, bianchi o neri.

per i faretti Emanon, ERCO impiega anche nel programma Cantax i nuovi riflettori Spherolit, disponi­bili in 4 caratteristiche di distribu­zione dell’intensità luminosa, da narrow spot a wide flood, e nella versione wallwasher Spherolit. Oltre ad una qualità superiore della luce, si ha la possibilità di sostituire con poche operazioni i riflettori intercambiabili e di

micamente, come la lampada, il portalampada e il riflettore, sono montati in un supporto cilindrico in metallo situato nel guscio in materiale sintetico che costituisce il corpo del faretto ed è sottopos­to ad un’aerazione controllata. L’elemento piatto del corpo offre un vano con disaccoppiamento termico per la componentistica elettronica, compresa quella DALI. Delle superfici strutturate mar­cano la parte su cui far presa per orientare gli apparecchi.

30°

100

50

130

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Novità per ambienti interni 2008

Lo sviluppo dei faretti da incasso Compar è stato influenzato in particolare dalle esigenze del set­tore dell’illuminazione dei locali di vendita. Il programma Compar offre una combinazione di illumi­notecnica innovativa, soluzioni di dettaglio razionali e un design di sistema flessibile. Per ottenere la massima qualità della luce, tutti i faretti sono dotati di riflettori Spherolit. Per quanto riguarda la distribuzione dell’intensità lumi­nosa, sono disponibili riflettori a simmetria rotazionale narrow spot, spot, flood e wide flood, nonché un riflettore Spherolit wallwasher con

Compact HIT rappresenta un approccio completamente nuovo all’illuminazione con downlight, divenuto possibile solo con l’inno­vazione esclusiva dei riflettori Spherolit ERCO. Per ottenere una combinazione rivoluzionaria di efficienza luminosa, dimensioni di incasso compatte, comfort visivo ed economicità, il Compact HIT effettua un percorso alternativo rispetto alla tecnologia darklight che caratterizza gli altri prodotti del programma di downlight ERCO: impiega esclusivamente lampade ad alogenuri metallici a contenuto consumo energetico,

Dato che il loro orientamento della luce attira l‘attenzione dell‘osser­vatore, i progettisti illuminotec­nici impiegano gli apparecchi da incasso nel pavimento anche negli ambienti interni. Tecnicamente l‘incasso nel pavimento è di regola più complesso del montaggio degli apparecchi sul o nel soffitto. Per questo, nello sviluppo ex novo degli apparecchi da incasso nel pavimento per interni Nadir, ERCO ha posto particolare attenzione, oltre che all‘illuminotecnica di qualità, anche alla sicurezza e alla semplicità del montaggio e alla qualità delle finiture. Così il

Nello sviluppo completamente rin­novato del programma di washer per pavimento ERCO due aspetti hanno avuto un ruolo di primo piano: l’integrazione delle moder­ne sorgenti luminose come i LED e la maggiore flessibilità nell’allesti­mento del dettaglio Trim. Inoltre i ricercatori illuminotecnici di ERCO hanno sviluppato dei riflettori con una nuova superficie, particolar­mente resistente ai graffi e sem­plice da curare. Lo strato argentato ed opaco ha delle buone caratte­ristiche di riflessione e allo stesso tempo, data la discreta luminanza sulle superfici del riflettore, fa sì

Compar Compact HIT Nadir IP67 Washer per pavimenti

distribuzione della luce asimmetri­ca. La nuova lente per display crea un cono di luce brillante, preciso, allargato in senso orizzontale. A differenza delle lenti per sculture non è strutturata, a parte le sca­nalature per l’allargamento del cono luminoso, ed è dotata di un cilindro antiabbagliamento per un buon comfort visivo. L’angolo di distribuzione varia a seconda che la lente per display sia combinata con un riflettore spot o flood.

da 20 a 70W di potenza, che gene­rano degli elevati illuminamenti, e riflettori Spherolit con distribu­zione dell’intensità luminosa wide flood che generano un ampio fascio di luce. I riflessi brillanti del riflettore e il vetro di protezione antiriflesso caratterizzano un'at­traente e quasi magica apparizio­ne sul soffitto degli apparecchi Compact HIT, ideali per i locali di rappresentanza, nel settore del dettaglio o negli edifici ammini­strativi.

telaio del corpo da incasso nel pavimento, regolabile nell‘altezza, compensa le diverse altezze tra il pavimento grezzo e quello finito. La profondità di incasso limitata a 100mm consente un’ampia varie­tà di impieghi nell‘architettura. Le superfici di emissione della luce sono rotonde o quadrate; i prodotti di punta del programma sono costituiti dagli apparecchi con particolari caratteristiche di distribuzione della luce, come i wallwasher per luce radente, o dagli apparecchi che impiegano strumenti di illuminazione inno­vativi, come i LED.

che i washer per pavimento siano efficaci anche come elemento architettonico. Le sorgenti lumi­nose stesse sono completamente schermate e invisibili all’osservato­re, e una lente Softec fa da vetro di chiusura e protegge l’apparecchio da polvere e sporco. Le lampade ad alogenuri metallici richiedono poca manutenzione e i LED non ne richiedono alcuna, e ciò contribu­isce a far sì che i washer per pavi­mento ERCO siano degli strumenti di illuminazione economici, poten­ti e dalla una lunga durata utile.

La possibilità di scegliere tra apparecchi per lampa­de ad alogenuri metallici e lampade ai vapori di sodio ad alta pressione, tra diversi livelli di poten­za e tra diverse caratte­ristiche di distribuzione dell’intensità luminosa consente di realizzare diversi tipi di illuminazio­ne senza modificare l’im­patto visivo del soffitto.

I faretti con lenti per display sono particolar­mente adatti per un’ef­ficiente illuminazione delle merci disposte linearmente, ad esem ­ pio su tavoli o scaffali.

La semplicità del mon­taggio e le dimensioni compatte di Compact HIT sono aspetti che si riflettono positivamente sull’economicità com­plessiva di un progetto edilizio.

Per un montaggio a livel­lo delle superfici e per compensare le tolleranze al momento del montag­gio si può impostare in modo preciso la posizio­ne dell’apparecchio con delle viti di regolazione dell’altezza.

Il telaio da incasso consente due opzioni di montaggio con det­taglio Trim: con cornice coprente o incassato a filo dell’intonaco.

Sia per i washer per pavi ­ mento quadrati che per quelli rotondi la posizione delle alette di supporto è regolabile per adattarsi a tutti i comuni spessori dei pannelli per pareti.

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Zoom Doppio zoom

L'orientamento della luce con la tecnologia SpherolitSe fino ad oggi a definire l'orienta­mento della luce era il contorno dei riflettori, la tecnologia dei riflettori Spherolit si basa sulla struttura delle superfici dei riflettori stessi. In modi simili ai riflettori sfaccettati, i riflettori vengono scomposti in tante singole superfici. Queste sin­gole superfici però non sono piane, ma formano una convessità sfe­rica tridimensionale. Realizzando convessità di raggi diversi si hanno ampie possibilità di regolazione delle caratteristiche di riflessione. Si hanno così riflettori per apparec­chi che con una uguale geometria di base, ossia con uguale diametro, profondità e punto focale, possono avere diversi angoli di distribuzione, da narrow spot a wide flood. Ciò consente di costruire apparecchi adatti ad impieghi flessibili, nei quali è possibile cambiare semplice­mente i diversi riflettori che sono però caratterizzati dalla stessa sagoma.

Con le sue molteplici riflessioni all'interno del cono luminoso, la luce orientata dagli sferoliti offre una particolare omogeneità ed un bordo leggermente sfumato. La grande dispersione dei raggi luminosi previene al tempo stesso la riproduzione delle lampade su oggetti o superfici, come succede per i riflettori lucidi convenzionali. La combinazione della tecnologia Spherolit con l'alluminio anodizza­to lucido consente di ottenere un ottimo rendimento.

Mentre dagli sferoliti uguali di un riflettore risulta una distri­buzione dell'intensità luminosa sim metrica, prevedendo un seg­mento del riflettore con sferoliti di forma diversa si può ottenere una distribuzione dell'intensità luminosa asimmetrica, per creare delle caratteristiche di distribuzio­ne adatte all'illuminazione diffusa delle pareti.

Allestimenti flessibili con i riflettori intercambiabiliOltre alle qualità della luce, un van­taggio della tecnologia Spherolit particolarmente significativo per i progettisti è costituito dalla pos­sibilità di adattare in modo flessi­bile la distribuzione della luce a seconda delle diverse necessità. La presentazione di oggetti di diverse dimensioni nei negozi o nelle espo­sizioni o la modifica dei progetti di illuminazione richiedono un adattamento dell'illuminazione per ottimizzare l'accentuazione dei diversi elementi. Per un'illumina­zione d'accento differenziata sono quindi disponibili per i faretti quat­tro diversi tipi di riflettori Spherolit con diversi angoli di distribuzione. Essendo fissati meccanicamente con delle molle di tenuta, la sosti­tuzione dei riflettori richiede poche operazioni e nessun attrezzo. Le versioni per lampade ad alogenuri metallici sono dotate di cilindri antiabbagliamento applicati al vetro di protezione per minimizza ­re le eccessive luminanze, soprat ­tutto nei riflettori Spot.

Per l'illuminazione delle superfici verticali si ha inoltre un riflettore Spherolit wallwasher, dotato di uno speciale segmento plasmato per ottenere una distribuzione asim­metrica della luce. Esso genera una buona omogeneità complessiva ma con una maggiore luminosità nel terzo superiore della parete, per accentuare e far risaltare anche da lontano le scritte o gli elementi decorativi nei locali di vendita o nella presentazione delle merci. La tecnologia dei wallwasher offre inoltre delle elevate intensità lumi­nose sulle superfici illuminate.

Per gli ambiti di impiego come ad esempio l'illuminazione dei musei o per ambienti architettonici particolarmente rappresentativi la classica tecnologia dei wallwasher con lenti si qualifica meglio per la sua perfetta omogeneità dell'illu­minazione su tutta l'altezza della parete. L'elemento wallwasher costituisce in questo caso un ulte­riore fattore di schermatura.

Thomas Schielke

Wallwasher con lentiElemento wallwasher per un'illuminazione omogenea e un buon comfort visivo.

WallwashDistribuzione asimme­trica per l'illuminazione diffusa delle pareti foca­lizzata nel terzo superiore del cono di luce.

Narrow spotDistribuzione dell‘inten­sità luminosa rotazional­mente simmetrica, angolo di distribuzione <10°

SpotDistribuzione dell‘inten­sità luminosa rotazional­mente simmetrica, angolo di distribuzione di 10°­20°

FloodDistribuzione dell‘inten­sità luminosa rotazional­mente simmetrica, angolo di distribuzione di 25°­35°

Wide floodDistribuzione dell‘inten­sità luminosa rotazional­mente simmetrica, angolo di distribuzione >45°

Dettaglio di un riflettore Spherolit narrow spot.

Dettaglio di un riflettore Spherolit wide flood.

Gli sferoliti, lucidi e convessi, caratterizzano i riflettori Spherolit. Consentono di ottenere un ottimo rendimento e diverse distribuzioni dell'intensità luminosa mantenendo una stessa sagoma del riflettore.

A seconda della convessi­tà del segmento di super­ficie del riflettore la luce incidente verrà dispersa con un angolo maggiore o minore. Il riflettore Spherolit narrow spot ha pertanto gli sferoliti più appiattiti, mentre nel riflettore Spherolit wide flood la curvatura è la più accentuata.

I diversi modelli dei riflettori intercambiabili, sostituibili manualmente, consentono di adattare i faretti con tecnologia Spherolit alle modifiche dei compiti di illumina­zione in modo veloce e flessibile. I riflettori sono disponibili come acces­sori per diverse famiglie di faretti ERCO, come ad esempio i faretti Emanon o Cantax.

La tecnologia Spherolit consente una particolare omogeneità del cono luminoso, con un bordo leggermente sfumato. Questa nuova ed esclusi­va tecnologia dei riflet­tori viene impiegata da ERCO soprattutto nei faretti per binari elettrifi­cati, ma anche nei faretti da incasso nel soffitto e addirittura nei downlight.

Oggetti di diversa gran­dezza vengono accentua­ti con un cono luminoso adeguato grazie ai diversi angoli di distribuzione previsti nel sistema di riflettori. Quando cam­biano gli oggetti esposti si può adattare il diame­tro del cono luminoso semplicemente sostituen­do il riflettore.

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Gli altoparlanti del treno suonano una canzo-ne pop cinese. «Il tuo cuore è troppo tenero», sussurra la sua voce. Xiao Wang versa l'acqua calda di un thermos sulla pasta. È mezzogiorno, dal finestrino dello scompartimento si vede la neve che ammanta le sagome imponenti dell'Himalaia. Xiao Wang ha ancora un lungo viaggio davanti a sé, almeno 24 ore ancora. Su di un'insegna luminosa alla fine del vagone si vede scintillare una scritta: «Lhasa, capolinea». Xiao Wang sta percorrendo la linea tibetana, una delle tratte ferroviarie più spettacolari del mondo.

«Prima si doveva superare i passi con i bus», ci racconta. Questo falegname nato a Sichuan ci racconta di quanto il viaggio fosse affatican-te e pericoloso. Fino al 2006 la strada Golmud- Lhasa era l'unico collegamento con il Tibet aperto anche in inverno. La benzina, i materiali edilizi, le macchine, le verdure, la gran parte dei beni da e per il Tibet veniva trasportata fatico-samente su quella tratta. I camion sferragliava-no giorno e notte sulla carreggiata sconnessa. Se tutto andava bene, un viaggio durava 30 ore. Se invece, come spesso accadeva, una frana aveva interrotto la strada, si potevano perdere anche tre giorni.

Ora il viaggio di Xiao Wang è più comodo. In treno sta disteso su di una branda che in Cina chiamano «posto letto rigido». Nello scomparti-mento a fianco siedono due monaci tibetani nei loro abiti rossi. Mentre fuori scorrono i ghiacci eterni delle catene dell'Himalaia, nello scom-partimento il calore è piacevole. Su ogni posto pende un tubo di plastica trasparente dal quale fuoriesce dell'ossigeno. Senza questo ausilio per la respirazione la maggior parte dei passeg-geri si ammalerebbe gravemente durante il viaggio. La gran parte delle tratte verso il Tibet è situata sopra i 4000 metri. Il passo più alto che la locomotiva diesel modello «Dongfang 8» deve superare si trova a 5072 metri di altitudi-ne, 200 metri più in alto della linea ferroviaria andina in Perù. La ferrovia tibetana, la cui costruzione ha richiesto circa 3,3 miliardi di euro, è quindi la tratta ferroviaria più in alto al mondo.

«A Lhasa ci vado per lavorare», dice Xiao Wang. Un paio di anni fa ha già lavorato per tutta un'estate sui cantieri del tibet. L'economia in queste alture è in espansione, il salario per i lavori a cottimo è migliore che nelle province interne della Cina. «Se tutto va bene, mi ferme-rò in Tibet», ci racconta. Per il momento però sua moglie e suo figlio rimangono a Sichuan.

Il grande Presidente Mao Zedong sognò per primo di una ferrovia che arrivasse fino al Tibet. Nel 1973 disse al Re del Nepal: «Non potrò dor-mire finché non sarà completata una ferrovia

Lhasa, capolinea!Il nostro autore Harald Maass, corrispon­dente a Pechino per il quotidiano «Frank­furter Rundschau», ha compiuto un viaggio in treno sulla linea ferroviaria sul tetto del mondo, fino a Lhasa, in Tibet. Qui, negli spazi che circondano la nuova stazione, sono stati impiegati gli strumenti di illu­minazione realizzati da ERCO.

La tratta si sviluppa in mezzo ai panorami gran-diosi degli altipiani del Tibet. Prima della costru-zione della ferrovia i viag-giatori dovevano scegliere tra un volo molto costoso e un faticoso viaggio in autobus di diversi giorni.

Il viaggio in treno da Pechino a Lhasa dura circa due giorni. I pas-seggeri passano il tempo giocando a carte o dor-mendo dovunque trova-no un posto adatto.

Il Tibet Express supera passi innevati all’altezza di 5000 metri sul livello del mare: per i passeggeri vale proprio la pena di fare una foto. Nel vagone ristorante viene servita una colazione cinese.

che porti fino al Tibet.» Ma i tentativi di posare una tratta di binari fin sull'Himalaia fallirono per via dei ghiacci perenni, inadatti a fare da substrato per le rotaie.

Solo trent'anni più tardi gli ingegneri cinesi trovarono una soluzione per il problema, e il progetto divenne realtà. Dopo cinque anni di lavori, la Cina ha inaugurato nell'estate del 2006 la linea del Tibet che va da Qinghai a Lhasa, lunga 1142 chilometri. È uno dei progetti più spettacolari della storia del trasporto su rotaia. La tratta attraversa 7 tunnel e 286 ponti. Nella costruzione, migliaia di lavoratori hanno resistito all'aria rarefatta e alle temperature glaciali. Il problema del suolo perennemente ghiacciato, che nei decenni si sposta e forma delle onde, è stato risolto dagli ingegneri con un nuovo sistema di raffreddamento per i bina-ri. Nei tubi posati a diversi metri di profondità scorre dell'ammoniaca, il che garantisce che il suolo nei mesi estivi non si riscaldi e non diventi franoso.

Quando il treno raggiunge la piana di Lhasa il sole è quasi scomparso dietro i picchi delle mon - tagne. Xiao Wang raccoglie le sue carte da gioco con cui ha passato il tempo assieme ai suoi vicini di posto nello scompartimento. Si mette in spal-la una grande borsa di jeans con il suo bagaglio. Il treno lentamente entra nella nuova stazione di Lhasa, le cui pareti sembrano essere immerse nella luce chiara del crepuscolo. Xiao Wang salta giù dal treno e inspira l’aria rarefat ta delle altitu - dini. Per lui il viaggio in Tibet è appena iniziato.

Per lo Stato cinese il nuovo collegamento ferroviario è un progetto d’eccellenza sotto ogni aspetto. Sicurezza, com-fort e rispetto dell’am-biente soddisfano criteri rigorosi.

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Lhasa, capolinea!

Ormai il passaggio dei forestieri è diventato un importante fattore economico per il Tibet, e la sua promozione è chiaramente supportata da Pechino. Ma sulle strade, nei vicoli e nei ristoranti tradizionali si possono ancora vedere delle scene della quoti-dianità tibetana.

Icona della cultura tibe-tana e massima attra-zione a Lhasa: il palazzo Potala. Questo castello che fu la residenza del Dalai Lama è oggi un museo ma, oggi come allora, anche una meta di pellegrinaggio dei buddisti tibetani.

L’ampia area di fronte alla nuova stazione, che riprende dei motivi degli edifici tradizionali tibeta-ni, è articolata dalle sca-linate. Gli apparecchi Axis Walklights forniscono un’illuminazione dei gra-dini sicura impiegando la tecnologia LED, che non richiede manutenzione, ha lunga durata utile ed è efficiente sotto il profi-lo energetico.

Gli apparecchi di orienta-mento per LED marcano i percorsi e sottolineano l’asse architettonico del-la piazza antistante la stazione.

Gli uplight regolabili Tesis con lampade ad alogenuri metallici illuminano la bandiera nazionale cinese da diverse direzioni. Grazie alla loro eccezionale schermatura, questi apparecchi da incasso nel pavimento offrono ai passanti un elevato comfort visivo e non abbagliano chi si intrat-tiene vicino ad essi.

Nella città vecchia di Lhasa si assiste a un particolare miscuglio di spiritualità e com-mercio, di tradizione e di turismo. Innumerevoli negozi e venditori ambu-lanti offrono oggetti votivi buddisti, maschere tradizionali o abiti da monaco.

Architettura: China Architecture Design and Research Group, PechinoProgettista illuminotecnico: Beijing SIGN Electrical Engineering Co., Ltd.Foto: Michael Wolf, Hong Kong

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La storia del museo di Jinsha inizia con uno strano rumore. Mentre nel 2001 gli operai scavavano nei lavori per una nuova strada ai margini della metropoli di Chengdu, il bulldozer iniziò a gracchiare in modo inusuale. Nel terreno c'erano diversi oggetti duri, che si sono rivelati essere oggetti in giada, bronzo e oro. Erano i resti di un'antica civiltà, probabilmente del regno Jinsha, che più di 3000 anni fa dominava le montagne della Cina del sud-ovest.

Quegli operai tutto questo ancora non lo sapevano, ma avevano comunque capito che quegli oggetti sporchi erano preziosi. Raccol-sero tutto quello che potevano trasportare e se lo portarono via. Non gli fu comunque possibile tenersi a lungo quei tesori. Quando le ammi-nistrazioni seppero della scoperta e gli esperti controllarono i cantieri, fu subito chiaro che si trattava di una sensazionale scoperta archeolo-gica. In pochi giorni la polizia raccolse più di 100 oggetti ritrovati e sottratti dagli operai.

Jinsha Site MuseumI segreti della città di sabbia dorata

Nel futuristico edificio del museo situato presso Chengdu (nella provincia di Sichuan) sono presentati reperti arche-ologici di 3000 anni fa. La Cina antica e quella moderna si incontrano.

Alle pareti del museo, che con i rivestimenti in pie-tra naturale costituiscono un elemento rappresen-tativo dell'architettura, sono affissi dei pannelli informativi. I wallwasher Optec dotati di lenti e di lampade alogene a bassa tensione sono fissati sulle basette di montaggio e costituiscono gli stru-menti di illuminazione ideali per l'illuminazione delle superfici verticali.

La scenografia del museo si basa su di una ricca miscela di scene raffiguranti situazioni realistiche e di classiche presentazioni dei reperti in esposizione. La luce orientata modella gli oggetti nell'oscurità del padiglione delle espo-sizioni. I faretti Optec dotati di diversi angoli di distribuzione dell'illu-minazione e di diversi tipi di lampada sono montati su binari elet-trificati ERCO.

Il tetto in vetro della rotonda centrale è ador-nato con ornamenti caratteristici della cultu -ra Jinsha, un gioco affa-scinante di luci e ombre e il luogo preferito per le rituali foto ricordo.

La costruzione del nuovo museo si innalza come un cuneo nell'impianto dei siti archeologici struttu-rato come un parco alla periferia della città di Chengdu.

Architetti: Pan Solution International Design Co., Ltd, PechinoFoto: Michael Wolf, Hong Kong

www.jinshasitemuseum.com

Oggi, nel posto di quel ritrovamento, sorge un museo. Su di una superficie di 300.000 metri quadrati i visitatori possono ammirare i resti della città di «Jinsha», il cui nome significa «sabbia dorata». Ed infatti molti degli oltre 6000 reperti portati alla luce dal 2001 sono in oro e giada. Inoltre sono state trovate decine di migliaia di frammenti e di recipienti. «I cinesi impiegavano in genere l'oro per i gioielli: orec-chini, braccialetti e catenine. A Jinsha invece l'oro veniva utilizzato per delle cerimonie sacri-

ficali», spiega l'archeologo Sun Hua, dell'Univer-sità di Pechino.

Gli esperti ritengono che il luogo delle sco-perte fosse adibito ai riti sacrificali dei Jinsha. Tra gli oggetti esposti nel museo c'è una sot-tile maschera d'oro larga 20 centimetri e alta 11 centimetri. Per gli archeologi come Sun que-sto reperto è inusuale, perché in quel periodo non si producevano maschere in Cina, essendo queste diffuse solamente in Egitto e nel medio oriente. Anche le molte zanne di elefante trova-te a Jinsha costituiscono un enigma per i ricer-catori. Zhu ritiene che siano stati utilizzati come strumenti religiosi o come offerte. Un disegno su di un contenitore in oro mostra un uomo in ginocchio con una zanna d'elefante sulla schie-na. «Non sappiamo a quale Dio sia stata offerta questa zanna di elefante o in quale rito sia stata utilizzata», dice Zhu Zhangyi, vice curatore del museo. Non sono ancora state rinvenute descrizioni scritte che possano illustrare la vita del popolo di Jinsha.

Perché i visitatori possano scoprire il mondo di Jinsha il museo è strutturato come un parco eventi. Al centro dell'impianto si ha il padiglio-ne delle esposizioni, dall'aspetto di un grande cilindro tagliato da una sezione obliqua. Il tetto in vetro è decorato da simboli rituali Jinsha, le cui ombre nel corso della giornata vagano sulle pareti curve. Il padiglione delle esposizioni è circondato da un grande parco. La provincia di Sichuan ha investito nella costruzione del museo 389 milioni di yuan, circa 38 milioni di euro. Dalla sua apertura nell'estate scorsa si sono contati già più di 100.000 visitatori.

Gli scavi comunque non sono ancora conclu-si. Nell'area circostante il museo gli scienziati cercano ancora dei resti per apprendere di più sul misterioso regno dei Jinsha. Fino ad ora sono state scoperte 2000 tombe. I bulldozer non ven-gono più utilizzati: per non danneggiare i fragili reperti in oro e giada, gli archeologi oggi scava-no con i badili e a volte con le mani nude.

Harald Maass

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Jinsha Site Museum

I progettisti dei musei cinesi amano le diaposi-tive, i visitatori dei musei cinesi amano le macchine fotografiche digitali. A Baudrillard & Co. sarebbe piaciuto questo simula-cro fatto come scatole cinesi, con un'immagine nell'immagine nell'im-magine. Le presentazioni multimediali completano le complesse e detta-gliate rappresentazioni panoramiche.

Sotto un pavimento in vetro sono visibili gli scavi archeologici origi-nali, drammaticamente illuminati dai proiettori Beamer, montati sulla struttura portante in acciaio.

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Suzhou: quando i cinesi pronunciano questo nome si percepisce il rispetto e la venerazione per qualcosa di magico. Questa città giardino nel nord-est di Shanghai è famosa come nessun altro luogo per la sua bellezza. Dai tempi della dinastia Ming i signori della Cina vi hanno fatto realizzare uno splendore di giardini ed edifici. L’eleganza e i lineamenti di Suzhou fanno ancora oggi onore al detto cinese secondo cui «sopra c’è il paradiso, sotto ci sono Suzhou e Hangzhou».

Costruire un museo in una città simile è sicuramente una grande sfida per qualsiasi architetto. Per la stella dell’architettura ameri-cana I.M. Pei però c’era dell’altro: la sua famiglia proviene da Suzhou. Pei deriva da un’antica famiglia nobiliare che visse in quei posti fin dal quindicesimo secolo. Da bambino Pei trascorse molte estati con i nonni a Suzhou, che allora era il centro dell’industria della seta cinese, anche se poi si trasferì negli Stati Uniti, dove studiò architettura al Massachusetts Institute of Tech-nology e ad Harvard. I ricordi di Suzhou e del suo paese natale non abbandonarono mai Pei, che negli anni è diventato uno dei più grandi architetti del ventesimo secolo e ha festeggiato i suoi successi in tutto il mondo.

Nel 1974 andò con un gruppo di architetti americani nella Repubblica Popolare Cinese. Erano decenni che non tornava in Cina. In quel periodo la Cina e gli Stati Uniti non intrattene-vano nemmeno dei rapporti diplomatici. Nono-stante questo, Pei negli anni successivi tornò spesso nel suo paese d’origine. Su invito del Governo cinese progettò anche un hotel ai pie-

I Giardini del Cielo: Il Suzhou Historic Museum

La collezione del museo comprende degli antichi oggetti in ceramica e gia-da, opere calligrafiche e antichi dipinti. Il vaso qui sotto, ad esempio, risale al tempo dell’Imperatore Yongzheng della dinastia Qing, che regnò in Cina dal 1723 al 1735.

Le finestre dalle forme geometriche, che attirano lo sguardo dall’interno dell’edificio incorniciando la vista sul giardino, sono un elemento tradizionale dell’architettura cinese, reinterpretato nell’opera di I.M. Pei.

Uno dei pezzi più impor-tanti della collezione: il dipinto «Tianheng e i 500 ribelli» del Maestro cinese Xu Beihong (1895-1953). Xu è stato uno dei primi pittori ad applicare le tec-niche pittoriche europee all’arte cinese. Le sue ope-re possono avere oggi un valore di fino a 18 milioni di yuan (circa 1,8 milioni di euro) e sono per questo particolarmente sorve-gliate.

Architettura: Pei Cobb Freed & Partners / I.M. Pei, New YorkProgettista illuminotecnico: Fisher Marantz Stone, New York Fotos: Michael Wolf, Hong Kong

www.szmuseum.com

di delle Colline Profumate, vicino a Pechino. Nel 1990 è stata completata a Hong Kong la torre della Bank of China, da lui progettata, allora il grattacielo più alto del mondo e ancora oggi una pietra miliare della moderna architettura.

Pei dovette però aspettare un altro decennio perché il suo sogno si avverasse e perché potes-se realizzare un progetto a Suzhou. Questo pro-getto è il nuovo Suzhou Museum, che con i suoi 15.000 metri quadrati di spazi espositivi ed un costo di circa 40 milioni di dollari rappresenta uno dei più impegnativi ed interessanti edifici culturali della Cina.

«Non avevo mai fatto una cosa simile prima», disse poco tempo fa Pei in un’intervista. Il Suzhou Museum è una costruzione avanguar-dista e allo stesso tempo tradizionale fatta di elementi bianco-grigi che sembrano come delle casse che si inscatolano una nell’altra. «Ho utilizzato il grigio e il bianco perché sono i colori tradizionali di Suzhou. Ma le forme sono moderne», spiega Pei. Prima di arrivare a que-sto design ha avuto luogo un lungo processo di sviluppo. I funzionari del governo cittadino avevano posto la condizione che il nuovo museo soddisfacesse i requisiti di una moderna archi-tettura, ma nel rispetto dello stile di Suzhou. Però, ci dice Pei, nessuno sapeva come ciò potes-se essere fatto.

Si decise allora per un compromesso: rinun-ciò ai classici tetti in tegole grigie ed integrò delle pietre grigie nelle pareti intonacate di bianco. «Mi serviva qualcosa che creasse del volume», racconta Pei, e fece quindi salire le pareti fino ai tetti come delle scale. Integrati

nell’architettura si hanno poi stagni, ponti in pietra ed aree verdi. «In occidente un edificio è un edificio, e un giardino è un giardino», dice Pei. In Cina le due cose si fondono.

Per l'inaugurazione dell’edificio l’architetto invitò 100 dei suoi migliori amici e familiari a Suzhou. «Mio nonno aveva una casa e un giar-dino, qui», disse Pei. Oggi a due dei giardini di Suzhou è stato conferito dalle Nazioni Unite lo stato di patrimonio culturale mondiale. Anche se molti canali ed edifici storici sono stati distrutti negli anni passati dal boom dell’edili-zia, il governo si sta prendendo cura del mante-nimento della storica città giardino di Suzhou. Per Pei questo museo è una specie di ritorno alle radici, ma non vuole che esso sia il punto conclusivo della sua opera, e a 90 anni arriva a dire che «ci sono sempre delle nuove sfide, nella vita».

Harald Maass

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Luci di chiusura

Immagini animate nel Light ScoutI filmati e le animazioni sono il mezzo di comunicazione ideale per descrivere gli strumenti di illu­minazione scenografica che intro­ducono nella progettazione illumi­notecnica le dimensioni del tempo e del movimento. ERCO impiega quindi sempre più spesso dei filma­ti come tutorial per rendere chiari anche i loro aspetti più complessi. La disponibilità sempre più diffusa di accessi internet a banda larga ha semplificato in modo rivoluzionario la disponibilità e la diffusione dei filmati. Tutti i filmati dei tutorial ERCO fino ad ora realizzati sono raccolti nella sezione dei download del Light Scout e sono disponibili anche in Podcast su iTunes.

www.erco.com/film

Premio per il Design tedesco 2008 a ERCOL’8 febbraio 2008 al proiettore Grasshopper ERCO è stato conferi­to l’argento al «Premio 2008 per il Design della Repubblica Federale Tedesca». Il ricevimento per l’inau­gurazione è stato un momento di incontro di molte personalità del mondo del design e l’esposizione dei 25 vincitori nell’ambito della fiera «Ambiente» ha destato un grande interesse. La laudatio per Manfred Lamy, onorato per la sua carriera con il Premio 2008 alla Personalità del Design, è stata pro­nunciata da Klaus J. Maack, che per diversi anni è stato l’amministratore di ERCO.

www.designpreis.de

EuroShop 2008, DüsseldorfERCO mostra nuovamente il suo profilo nella più importante fiera internazionale del mondo del com­mercio. Essendo stato approntato un padiglione appositamente per gli operatori del settore dell’illumi­nazione, si sono create le condizioni favorevoli perché ERCO vi parteci­passe nuovamente dal 23 al 27 feb­braio 2008 con prodotti innovativi e mirati: ad esempio con le nuove serie di faretti Cantax ed Emanon o con gli apparecchi da incasso nel soffitto Compar e Compact HIT. Lo stand ERCO, in linea con la propria filosofia d’impresa, era aperto e comunicativo e spiccava in mezzo alla massa di espositori. Il numero e la qualità dei contatti ha superato le migliori aspettative.

www.euroshop.de

Luce scenografica con Light System DALI (sopra) o effetti dinamici con il Goborotator Emanon (a sinistra): due esempi di innovazioni che vengono presentate in modo otti­male con film e anima­zioni.

A sinistra: Henk Kosche (primo da sin.) e Alois Dworschak (terzo da sin.) hanno ricevuto il Premio per conto del team di designer ERCO da Andrej Kupetz (Consiglio del Design, secondo da sin.) e Roland Heiler (Porsche Design, quarto da sin.).

L’idea di ERCO di pre­sentare in fiera i nuovi prodotti «da toccare» e di offrire le relative informazioni sui pannelli e sui display sullo sfondo ha funzionato anche a Düsseldorf. Per la prima volta in questa edizione gli schermi e gli apparec­chi portatili hanno pre­sentato anche i filmati dei tutorial ERCO.

Ad attirare l’attenzione sullo stand c’era un’inter­pretazione astratta di una vetrina fatta di oggetti e superfici, luce, movimento e colore, il tutto coman­dato e integrato con Light System DALI.

E ERCO Leuchten GmbHPostfach 246058505 LüdenscheidGermanyTel.: +49 2351 551 0Fax: +49 2351 551 [email protected]

Monumento TEDA, TianjinLa sigla TEDA sta per «Tianjin Economic-Technological Develop-ment Area». Fondato nel 1984, il complesso in periferia della città portuale di Tianjin costituisce una delle prime zone cinesi ad econo-mia speciale. Il progetto di Isozaki è costituito di gusci convessi in acciaio ed è stato realizzato nel 2004 per il ventesimo anniversa - rio della TEDA. In collaborazione con la filiale giapponese di ERCO, Isozaki ha sviluppato un progetto di illuminazione con uplight Tesis e proiettori Beamer.

(Realizzazione: Arata Isozaki & Associates, Tokyo)