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E Lichtbericht 88 Pubblicato nel luglio 2009 Moschea Sheikh Zayed Capolavori di artisti, artigiani e tecnici di tutto il mondo, uniti con gesta maestose per dar vita ad un’opulenza affascinante: la moschea Sheikh Zayed di Abu Dhabi, una costruzione sacra che ha del superlativo. I progettisti illuminotecnici della Speirs and Major Associates hanno puntato sull’illuminazione delle superfici verticali e sulle sorgenti luminose nascoste, concependo un progetto che sembra nato per essere realiz- zato con gli strumenti di illumina- zione ERCO.

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E Lichtbericht 88

Pubblicato nel luglio 2009

Moschea Sheikh ZayedCapolavori di artisti, artigiani e tecnici di tutto il mondo, uniti con gesta maestose per dar vita ad un’opulenza affascinante: la moschea Sheikh Zayed di Abu Dhabi, una costruzione sacra che ha del superlativo. I progettisti illuminotecnici della Speirs and Major Associates hanno puntato sull’illuminazione delle superfici verticali e sulle sorgenti luminose nascoste, concependo un progetto che sembra nato per essere realiz-zato con gli strumenti di illumina-zione ERCO.

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Negli ultimi 75 anni ERCO si è trasformata da produttore di singoli apparecchi per uso priva to in una dei leader nella produzione di sistemi di illuminazione professionale per l’illuminazione delle architetture. Con il sempre attuale con­cetto «luce più che apparecchi» ci troviamo ben attrezzati per affrontare attivamente i cambia­menti del mercato degli apparecchi di illumina­zione dei prossimi anni. Forti in particolare delle innovazioni nel campo dell’efficienza energetica degli impianti di illuminazione che coniugano la programmazione luminosa ed i sistemi di illumi­nazione a LED, sentiamo di possedere un grande potenziale per poter dare anche in futuro un importante contributo all’illuminazione delle architetture.

Dopo 75 anni siamo quindi all’inizio di un periodo di sviluppo affascinante, che nei prossi­mi anni non potrà che tornare a cambiare l’im­presa in modo significativo. Anche per questo siamo lieti di giungere a questo anniversario con numerosi prodotti e tecnologie nuove e con lo sviluppo dei LED e dei sistemi di programma­zione luminosa. I concetti alla base del «comfort visivo efficiente» si completano a vicenda e si incontrano in un moderno impianto di illumina­zione: efficienza in termini energetici ed effica­cia del comfort visivo utilizzando l’illuminotec­nica più moderna.

Sviluppiamo i nostri prodotti in un cam­po che si estende tra la cultura e la tecnologia. Per noi è sempre affascinante riuscire ad esse­re partecipi in modo del tutto particolare, con soluzioni tecniche che contribuiscano a vince­re le sfide culturali. Ciò è successo ad esempio con la moschea Sheikh Zayed ad Abu Dhabi. Una moschea che anche per un esperto professio­nista della luce sembra uscire da un sogno del­le mille e una notte. Lo studio Speirs and Major Associates ha fatto diventare questo sogno una realtà illuminotecnica. Abbiamo quindi il piace­re di accompagnarvi all’interno e all’esterno di questo progetto.

Uno dei segreti del successo del fondatore di ERCO Arnold Reininghaus è stata la sua irre­frenabile fiducia nei giovani. Ma se la fiducia va bene, la formazione è ancora meglio. Oltre alla formazione ed alla specializzazione all’interno dell’impresa, ERCO da alcuni anni offre anche dei seminari sulla luce per studenti ed architetti. Un workshop del tutto particolare è stato quello al quale gli studenti hanno potuto partecipare nell’ambito della grande retrospettiva di Annie Leibovitz a Berlino, nella quale hanno avuto la possibilità, sotto la guida del curatore Felix Hoff­mann e con l’aiuto dei tecnici ERCO, di mettere essi stessi mano all’allestimento della luce per l’esposizione: certamente un’esperienza inten ­sa ed un arricchimento per tutti i partecipanti.

ERCO LichtberichtImpressumEditore: Tim H. MaackRedattore capo: Martin KrautterDesign: Simone Heinze, Christoph SteinkeStampa: Mohn Media Mohndruck GmbH, Gütersloh

1028736000© 2009 ERCO

Tim Henrik Maack

Sfondo

Sfondo: La luce segue il curatore, e non viceversadi Werner Lippert

La luce del curatoreUno studio su di un oggetto

Lighting LeibovitzA Berlino, nell’ambito di un light work­shop ERCO, alcuni studenti hanno messo la grande retrospettiva di Annie Leibovitz sotto i riflettori.

Progetti

Storia

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Oltre ai molti progetti, nel Lichtbericht del giu­bileo abbiamo anche un contributo tutto parti­colare. «75 anni luce» descrive la storia di ERCO ed il suo percorso: dall’idea della sua creazione alla produzione industriale degli apparecchi di illuminazione, alla trasformazione in fornitore di luce per le architetture, fino a diventare uno specialista di software ed hardware illumino­tecnico. Nel passaggio dall’analogico al mondo dell’illuminazione digitale si trova un pezzo di storia industriale, rappresentata quasi nella sua accelerazione e che riflette la cultura dell’inno­vazione di ERCO. Un importante pezzo di que­sta strada l’abbiamo già percorso ed ora siamo curiosi di vedere cosa ci attende. In questa occa­sione un grazie di cuore va ai nostri clienti, che hanno reso possibile questa crescita, ed ai nostri collaboratori, che hanno accompagnato questo sviluppo con tutta la loro creatività.

Novità 2009Faretti con tecnica LED

Comfort visivo efficiente

ZoomProgettazione illuminotecnica per classi di lumen: Illuminotecnica

Doppio zoomProgettazione illuminotecnica per classi di lumen: Progettazione

Introduzione

Articolo

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Museo Superior de Bellas Artes Palacio Ferreyra, CórdobaNel ristrutturato Palacio Ferreyra un impianto Light System DALI garantisce sempre le condizioni di luce ottimali.

Centro archeologico L'Almoina, ValenciaIl nuovo centro archeologico mette efficacemente in scena un affascinante viaggio nel passato.

Museo de Bellas Artes, GranadaNuova luce per la collezione artistica nel famoso complesso di edifici dell’Alham­bra, a Granada

Igreja da Santíssima Trindade, FátimaNella località di pellegrinaggio porto­ghese è sorto un moderno edificio sacro che, disponendo di circa 8800 posti a sedere, viene annoverato tra i più grandi al mondo.

75 anni luceUno sguardo alla storia imprenditoriale di ERCO in occasione del 75° anniversa­rio della fondazione dell’impresa.

In questa edizione

Flash

Sprazzi di luce

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Moschea Sheikh Zayed, Abu DhabiLa visione di un moderno governatore islamico è diventata realtà, con capo­lavori artistici e tecnologici da tutto il mondo.

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60 Luci di chiusura

Indice In questa edizione

Luce & Tecnica

Foto (Pagina): Andreu Adrover (61), Frieder Blickle (3), Charles Crowell (U1, 6­15), Archivio di immagini ERCO (32­47), Andreas J. Focke (2, 3), Bernd Hoff (2, 58­59), Aksel Karcher (28), David Kuntzsch (22­25), Joshua Lieberman (3), Thomas Mayer (3, 52­55, 56­57), Rudi Meisel (2, 4­5), Thomas Pflaum (3), Rogerio Reis (49­51), Alexander Ring (20­21, 26­27), Rupert Steiner (2), Kay­Chin Tay (61), Dirk Vogel (1, 60), Sabine Wenzel (U4).

Traduzione: Lanzillotta Translations, Düsseldorf

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Flash

BarcellonaIl centro culturale della fondazio­ne del «Circulo de Lectores», che in Spagna rappresenta un’istituzione che conta membri onorari del cali­bro di Re Juan Carlos o del premio nobel Günter Grass, denota una sobria eleganza. Il pavimento e le colonne in marmo nero determina­no l’aspetto degli spazi polifunzio­nali, suddivisi tra biblioteca, galleria per le esposizioni e sala delle ceri­monie. I locali sono illu minati con apparecchi ERCO: i faretti Optec pongono degli accenti sugli oggetti in esposizione, mentre i downlight creano l’illuminazione di fondo.

Centro Cultural Fundación Círculo de Lectores, BarcellonaArchitetto e progettista illumino­tecnico: Jordi Garcès, Barcellona

DüsseldorfIl gruppo del settore energetico E.ON, con il suo Corporate Center, si dota di un nuovo volto, moderno e rappresentativo. I nuovi e pregiati materiali e l’illuminazione ottenuta con downlight e wallwasher scher­mati creano una sintesi elegante tra la luce ed il chiaro linguaggio formale dell’architettura.

E.ON Corporate Center, Düsseldorf Architetto: bsp archtitekten, Bochum

KarlsruheNel moderno parco acquatico, con il tetto formato da due ali che si estendono sopra la vasca, i wall­washer Parscoop, i faretti da incas­so Paratec e i downlight Zylinder con grado di protezione IP65 crea­no un’illuminazione sicura e varia­bile delle diverse aree della piscina e delle diverse zone dell’ambiente.

Europabad, KarlsruheArchitetto: Geier & Geier, Stoccarda www.europabad­karlsruhe.de

MeranoCastel Trauttmansdorff, vicino a Merano, è la sede del museo regionale del turismo tirolese. All’interno dei locali si impiegano i faretti Pollux e Jilly e gli apparec­chi a sospensione Starpoint. Al più famoso ospite che l’abbia mai visi­tato, l’imperatrice Sissi, è dedicata una scultura nell’area dell’ingres­so, messa in scena con i proiettori Beamer.

Touriseum, MeranoArchitetto: Tacus & Didonè, Bozenwww.touriseum.it

StoccardaIl progetto di illuminazione della nuova caffetteria delle assicura­zioni WGV ha vinto nel maggio del 2009 il premio IALD Award of Merit. Il gioco di luci dirette e diffuse è creato dall’interazione dei down­light Skim, dalla forma del soffitto e dai corpi riflettenti sospesi.

Caffetteria WGV, StoccardaInterior Design: ippolito fleitz group, StoccardaProgettazione illuminotecnica: Gerd Pfarré, Pfarré Lighting Design, Monaco di Baviera

Esch-sur-AlzetteL’illuminazione della piazza anti­stante il comune della seconda città del Lussemburgo si concentra sull’essenziale. Gli apparecchi da incasso nel pavimento Tesis illu­minano gli alberi, mentre i faretti Beamer pongono degli accenti luminosi nella piazza.

Place de l’hôtel de ville, Esch­sur­AlzetteArchitetti: cba Christian Bauer & Associés Architectures, LussemburgoProgettazione illuminotecnica: Gerd Pfarré, Pfarré Lighting Design, Monaco di Baviera

ViennaL’installazione di Olafur Eliassons crea lungo la facciata dell’edifi­cio della Verbund uno spettacolo affascinante: al calare della sera si alza una nebbia artificiale che vie­ne illuminata di giallo dai washer varychrome Focalflood nascosti alla vista, simbolizzando il ritmo del giorno e il passaggio dal giorno alla notte.

Yellow Fog, Verbund AG, ViennaArtista: Olafur Eliasson, Berlino

BerlinoUn ex distributore di benzina degli anni ’50 si è trasformato, con degli intensi lavori di ristrutturazione, in una delle più esclusive gallerie del centro di Berlino. I faretti Optec, i downlight e gli apparecchi da incasso nel pavimento Tesis illu­minano l’inusuale combinazione costituita dall’appartamento e dagli spazi della galleria e della sua reception.

Galleria Jürg Judin, BerlinoArchitetto: bfs d architekten, Berlino

OsloL’esposizione inaugurale del museo era dedicata all'architetto Sverre Fehn, scomparso nel febbraio del 2009, che aveva completato lo sto­rico edificio dell’ex Banca di Norve­gia proprio con questo padiglione in vetro. Gli spazi sono illuminati con faretti Parscan montati su bi ­nari elettrificati Hi­trac.

Museo Nazionale dell'Architettura, OsloArchitetto: Prof. Arch. Sverre Fehnwww.nationalmuseum.no

TokyoUno dei più importanti musei del Giappone, il NAC, si estende su diversi, ampi piani, per una super­ficie complessiva di 48.000 m2. Le circa 600 opere esposte, principal­mente del XX° secolo, sono accen­tuate dai faretti Eclipse, mentre le superfici di fondo sono illuminate in modo diffuso da un soffitto luminoso.

The National Art Center, TokyoArchitetto: Kisho Kurokawa Architect & Associates, Tokyo; Nihhon Sekkei, Tokyowww.nact.jp

LisbonaJorge Welsh e Luisà Vinhais sono degli esperti di fama internaziona­le in tema di porcellane antiche di origine asiatica ed africana, e han­no delle proprie gallerie in Inghil­terra ed in Portogallo. Nella loro dependance di Lisbona sono stati impiegati esclusivamente i faretti Pollux di ERCO per accentuare con l’illuminazione i preziosi esemplari.

Galleria Jorge Welsh, Lisbonawww.jorgewelsh.com

LisbonaNei nuovi locali del museo della malinconica musica tradizionale portoghese, il fado, si è impiegata in modo intenso l’illuminazione delle superfici verticali. Il concetto è stato realizzato con wallwasher Quadra, per garantire un comfort visivo efficiente.

Museu do Fado, Lisbonawww.museudofado.egeac.pt

LondraIl complesso di edifici Kings Place non comprende solo degli uffici, come la redazione del «Guardian», ma anche delle strutture culturali: gallerie, sale concerti e ristoranti, immersi in una chiara ed appro­priata atmosfera creata dalla com­binazione di downlight e faretti ERCO e luce diurna, che invita gli ospiti a trattenersi.

Kings Place, LondraArchitetto: Dixon Jones, Londrawww.kingsplace.co.uk

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Sprazzi di luce Saatchi Gallery, Duke of York's HQ, LondraArchitetto: Allford Hall Monaghan Morris, LondraFoto: Rudi Meisel, Berlino

www.saatchi-gallery.co.uk

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L’imponente moschea Sheikh Zayed è situata tra l’aeroporto di Abu Dhabi e Abu Dhabi City, nell’estremità orientale dell’isola del Golfo Persico che costituisce il centro dell’Emirato di Abu Dhabi. La Casa del Signore, intitolata a Sheikh Zayed bin Sultan Al Nahyan, il defun­to governatore di Abu Dhabi e fondatore degli Emirati Arabi Uniti, è un edificio superlativo: completamente rivestito in marmo bianco, costituisce la più grande moschea degli Emirati Arabi Uniti e la terza al mondo. Con un’altezza di 70 metri, è dotata della cupola più grande che una moschea abbia mai avuto, e conta in tutto 82 cupole. Quattro minareti alti 107 metri fiancheggiano il cortile interno di 17.000 metri quadrati di superficie; anche questo rivestito in marmo con decorazioni floreali. Nella sala principale della preghiera si ha il più grande tappeto intessuto a mano del mondo; per rea­lizzarlo 200 tessitrici persiane hanno lavorato lana neozelandese ed iraniana di 25 diversi colo ­ ri naturali, per un peso complessivo di 47 ton­nellate. La moschea dispone di uno spazio che

Moschea Sheikh Zayed bin Sultan Al Nahyan, Abu Dhabi

La visione di un moderno governatore isla-mico è diventata realtà, con capolavori arti-stici e tecnologici da tutto il mondo: nella moschea Sheikh Zayed, ad Abu Dhabi, affa-scina la raffinata drammaturgia ottenuta con la luce diurna e con quella artificiale.

Luce da osservare: un gigante lampadario, prodotto dalla Faustig di Monaco di Baviera, splende con 15.500 LED disposti su 10 metri di diametro e sospesi ad un’altezza di 15,5 metri. L’acciaio dorato, l’ottone dorato, gli elementi in vetro colorato e i cristalli Swarovski adornano que­

Architettura: Yusef Abdelki; Halcrow (Architetti esecutivi); Spatium Architects, Milano (Progetta­zione degli interni)Progettisti illuminotecnici: Speirs and Major Associates, EdinburghFotograf: Charles Crowell, Black Star

può accogliere 40.000 fedeli. L’iniziatore di que­sto ambizioso progetto, Sheikh Zayed, riposa dal 2004 in un piccolo mausoleo nelle immediate vicinanze dell’ingresso della moschea stessa.

Dalla sua idea di costruire la moschea, con­cepita nel 1989, sono trascorsi 13 anni fino all’erezione della struttura grezza, nel maggio del 2002. Lungo l’intera fase di realizzazione il progetto ha richiesto a tutti i partecipanti di praticare le virtù che il progetto stesso simboli­camente rappresenta: la tradizione, l’ospitalità e l’apertura hanno caratterizzato l’intensa col ­ laborazione di progettisti, fornitori e operai di tutto il mondo. L’architettura ed i dettagli si richiamano ad un linguaggio formale orientale, ma solo i materiali high tech e le più moderne tecniche di produzione e di soluzioni logistiche hanno reso possibile il brillante risultato com­plessivo del capolavoro architettonico. Sotto la pelle di marmo della moschea si nasconde uno scheletro in acciaio, progettato con efficienti tecniche di armatura supportate da sistemi CAD. Più di 1.000 colonne sono state rivestite da più

di 20.000 lastre di marmo decorate da raffinati intarsi in oro e pietre semipreziose che adornano il tutto. L’allestimento degli interni è stato pro­gettato dallo studio italiano Spatium, specia­lizzato nell’allestimento di ville di lusso, hotel e boutique, tra l’altro per Versace. La stessa cura è stata usata per gli ambienti esterni: la moschea è circondata da laghetti artificiali pavimentati con piastrelle scure. Servono da vasche di rifles­sione e creano degli affascinanti effetti di spec­chiamento sia di giorno che di notte. La posa del verde urbano nell’intera area di 550.000 m2 di superficie, con centinaia di palme e di pas­seggiate, sarà completata nei prossimi anni per creare una meta per le famiglie, le scolaresche ed i turisti di tutto il mondo.

In questo progetto eccezionale un ruolo im ­ portante è svolto dalla drammaturgia della luce, naturale ed artificiale, che costituisce un elemen ­ to unificante e si assume il compito di definire il complesso continuum esterni­interni in tutte le fasi del giorno e per tutte le varie attività svolte, per dar vita ad un’atmosfera densa ed armoniosa.

sto apparecchio pesante 12 tonnellate, dotato al suo interno di una scala per i lavori di manuten­zione.

I committenti hanno ingaggiato dei maestri di diverse specialità prove­nienti da tutto il mondo per la realizzazione della moschea. La visita al di fuori degli orari di pre­ghiera è aperta anche ai non mussulmani, purché l’abbigliamento sia ade­guato. Per informazioni contattare l’ufficio del turismo di Abu Dhabi (www.visitabudhabi.ae).

I progettisti illuminotecnici dello studio ingle­se Speirs and Major Associates hanno a tal fine formulato un approccio rigoroso basato sull’illuminazione delle superfici verticali e sull’illuminazione d’accento, con l’ausilio di faretti, wallwasher ed apparecchi da incasso nel pavimento. Gli strumenti di illuminazione sono celati in nicchie, in cavità del soffitto o dietro griglie ornamentali, fedelmente alla filo­sofia di progettazione che vuole proporre «luce più che apparecchi». I progettisti hanno ricevu ­to per il loro lavoro tutta una serie di riconosci­menti, tra i quali il premio «Middle East Lighting Design Award 2008» per il miglior progetto illu­minotecnico di tutto il medio oriente e lo «IALD Award of Merit 2009».

L’illuminazione di fondo nelle aree di transito tra l’interno e l’esterno è celata alla vista in delle cavità che corrono lungo il perimetro del soffit­to. La luce bianca brillante dei faretti direzionali Lightcast per lampade ad alogenuri metallici da 35W fa splendere le preziose superfici dei marmi. Le lenti per sculture disperdono il cono luminoso del faretto direzionale per creare un effetto di illuminazione diffusa delle pareti. Grazie al tipo di protezione IP65 gli apparecchi sono resistenti a polveri ed umidità e garanti­scono una qualità della luce pari a quella degli ambienti interni. L’illuminazione negli interni, ad esempio nella sala di preghiera principale, funziona secondo un principio simile: i faretti Stella per lampade ad alogenuri metallici da 150W sono nascosti e dotati di riflettori che generano un fascio luminoso stretto, e sono combinati con wallwasher Stella con lampade

dello stesso tipo per mettere in scena una dram­maturgia luminosa fatta di accenti luminosi e illuminazione omogenea delle pareti. Tutti i componenti di illuminazione condividono lo scopo di offrire una precisa preven zione dell’ab­bagliamento, per garantire il massimo comfort visivo in tutte le varianti di utilizzo degli spazi.

Il grande numero di componenti di illumi­nazione e la varietà delle opzioni di impiego degli spazi hanno reso necessaria un’accurata progettazione dell’intera tecnologia di gestione della luce. Speirs and Major ha concepito una soluzione in grado di coniugare la semplicità d’impiego e la flessibilità. Sono state integrate le diverse posizioni del sole e della luna, tutti gli apparecchi collocati all’interno e all’esterno e, naturalmente, le diverse varianti di impiego degli spazi, come ad esempio l’orario di preghie­ra, l’apertura al pubblico o l’ottimizzazione per le riprese televisive. Per mantenere l’intensità luminosa della sala principale costantemente pari ai 150lx richiesti, durante la fase di pro­gettazione i progettisti illuminotecnici hanno

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eseguito dei test in una sala mock­up realizzata in scala 1:1 nel teatro della loro città, ad Edim­burgo.

Attualmente i paesaggisti ed i giardinieri stanno lavorando alacremente al riordino dell’area esterna, che non sarà seconda all’edi­ficio stesso in quanto a splendore. Anche negli esterni l’immagine notturna del complesso sarà caratterizzata da uno scenario di illuminazione ricco di variazioni: diverse centinaia di proiettori e di apparecchi da incasso nel pavimento e più di mille apparecchi per gradini con moderne tecnologie LED a risparmio energetico sono già in viaggio su di una nave diretta verso gli Emi­rati e aspettano solo di essere montati. In breve questo progetto elefantesco sarà finalmente dedicato al suo scopo; gli indigeni ed i visitatori di tutto il mondo, di qualsiasi religione o nazio­nalità, sono invitati ad ammirare il meglio che la tradizione e la modernità possono offrire ad Abu Dhabi, e ad incontrarsi in un dialogo fondato sul rispetto reciproco.

Una squisitezza artigia­nale ed illuminotecnica: la parete Qibla, nella sala centrale, alta 23 metri e lunga 50 metri. I 99 nomi di Allah ed i tradizionali ornamenti floreali islami ­ci sono stati realizzati sui rivestimenti in marmo con un lavoro certosino. L’illuminazione dal retro avviene mediante un sistema in fibre ottiche della Fiberstars EFO.

Anche nelle zone di transi­zione tra interno ed ester­no domina l’illuminazione delle superfici verticali. I faretti direzionali Lightcast IP65 con lenti per sculture sono dotati di una carat­teristica di distribuzione della luce simile ai wall­washer. Montano lampade ad alogenuri metallici e sono nascosti in una cavi­tà che corre lungo tutto il perimetro del soffitto.

La cupola principale si solleva per circa 70 metri sul cortile interno ed è la più grande cupola al mondo in una moschea. L’intera superficie del cor­tile, pari a 17.000 metri quadrati, è pavimentata in marmo e decorata con ornamenti floreali.

Uno sguardo nella cupola principale della moschea: con l’aiuto di un complesso impianto di programmazione e con la combinazione di elementi di illuminazio­ne per architetture e da palcoscenico si possono richiamare diversi scenari luminosi adatti alle varie situazioni. La componen ­te cro matica scelta dai progettisti è quella del­le tonalità bluastre, alle quali essi riconoscono una «caratteristica spirituale». Non visibili, i proiettori Beamer per lampade ad alogenuri metallici da 35W montati su cornicio­ni e capitelli accentuano le decorazioni ornamen­tali.

Le sorgenti luminose nascoste alla vista por­tano in primo piano l’effetto luminoso negli spazi e creano un’atmo­sfera quasi magica. Nelle cavità del soffitto, nelle nicchie e dietro le grate ornamentali della sala di preghiera principale sono montate centinaia di faretti e di wallwasher Stella.

Speirs and Major AssociatesLo studio britannico Speirs and Major Asso­ciates concepisce la luce come un mezzo per migliorare la percezione e la vivibilità dell’ambiente visivo. Il lavoro di progettazio­ne è ad ampio raggio in termini di tipologie e di dimensioni dei progetti e comprende architettura, strategia e sviluppo di prodot­ti innovativi. Tra i progetti si annoverano l’aeroporto internazionale Barajas (Madrid), The Sackler Crossing (Kew), l’Opera di Copen­hagen e gli interni della Cattedrale di St. Paul (Londra). Esempi di sviluppo di piani di urbanistica illuminotecnica strategica per diverse città e per lo sviluppo di aree urbane sono Cambridge, Coventry, Durham, Al Raha, Abu Dhabi e Burj Dubai. Lo studio ha contri­buito in modo determinate ad accrescere nel pubblico britannico la considerazione della progettazione illuminotecnica come pro­fessione. Oggi Speirs and Major Associates

impiega circa 30 dipendenti provenienti dai set­tori dell’architettura, dell’arte, dell’illuminazione, della progettazione di interni, della grafica e del­la tecnica da palcoscenico. Ha due sedi situate a Londra ed a Edimburgo.

www.lightarch.com

Da sinistra a destra: Keith Bradshaw, Mark Major e Jonathan Speirs, direttori dello studio Speirs and Major Associates.

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Parliamo dunque della luce nell’esposizione. Ciò che oggi spesso vediamo come il mero risultato di opportunità offerte da architet-ture e tecniche di illuminazione, riguarda in realtà innanzitutto una decisione del cura-tore. E siccome essa matura in un confronto con l’opera d’arte, si tratta di un risultato estetico, non architettonico. O almeno così dovrebbe essere.

L’estetica della contemplazione è sog-getta alle mode ed agli sviluppi della nostra vita culturale ed è determinata anche da ciò che siamo soliti riassumere in un sem-pre più ampio concetto di cultura. Il museo infatti non si occupa più solamente di arte ma, dopo che i confini tra arte alta e bassa sono caduti, ha accolto nelle sue esposizio-ni (e collezioni) tutta una serie di altri tipi di artefatti. Oltre ai quadri e alle sculture, oggi si espongono anche oggetti del quotidiano, automobili, moda, video, sculture luminose e quant’altro. Si ampliano così le esigenze poste all’illuminazione. I moderni concetti di presentazione fanno di tutto per accrescere ulteriormente tali esigenze, tanto che nelle esposizioni oggi parliamo di drammaturgia, messa in scena, o addirittura di mitologia.

È interessante il fatto che la luce sia sem-pre stata un elemento «da curatore»: l’illumi-nazione è stata vista come una parte dell’im-magine. Per questo già negli affreschi del rinascimento valeva la regola per cui l’illumi-nazione costante della parete vuota dovesse essere trasferita «sull’immagine». Una regola formulata dal pittore Cennino Cennini, che in seguito fu ripresa da Giovanni Paolo Lo -mazzo anche per la pittura su tela. Lomazzo sosteneva infatti che la luce della sala espo-sitiva doveva essere ripresa nell’opera.

Già da questo esempio si vede come l’il-luminazione delle opere d’arte sia sempre anche il prodotto di una data epoca. Fino all’inizio del XIX° secolo la luce artificiale era la luce delle candele o delle lampade ad olio, e consentiva di generare solo dei flus-si luminosi limitati. I pittori e gli esposito-ri erano quindi vincolati alla luce diurna e si basavano sulla luce proveniente da nord, quella meno variabile. Solo nel XIX° secolo si è sviluppata la tecnologia che consentiva di generare la luce a gas od a petrolio, con le reticelle Auer o con l’elettricità.

Si dovette però attendere ancora del tempo perché la luce artificiale potesse essere accet-tata per l’illuminazione delle opere d’arte. Gli edifici dei musei pubblici costruiti nella pri-ma metà del XIX° secolo si servivano ancora esclusivamente della luce diurna. E anche in seguito, per lungo tempo, nonostante la pre-

La luce segue il curatore, e non viceversa

di Werner Lippert

senza della luce artificiale, anche le nuove costruzioni erano sempre dei musei illumi-nati con la luce diurna. Ancora nel 1879, in un’esposizione al Salone di Parigi, un artista protestò perché le sue opere erano sottoposte alla violenta luce delle lampade ad incande-scenza. Solo negli anni ’50 e ’60 del XX° seco-lo l’architettura dei musei iniziò a focalizzarsi principalmente su gallerie senza finestre.

Il White Cube e le sue conseguenzeIn quel tempo il critico d’arte irlandese- americano Brian O'Doherty nei suoi leggen-dari saggi sul «White Cube» sulla rivista Art-forum sviluppava la storia dell’emancipazione dell’immagine, a partire dal Salone delle Esposizioni del XIX° secolo quale prima gal-leria aperta al pubbli co. Nel suo intervento fece notare la recipro ca relazione tra la sto-ria dell’arte moderna e quella delle gallerie espositive.

Il suo «Inside the White Cube – la nascita e lo sviluppo della cella bianca» è certamente il più importante testo mai scritto sulla sto-ria dello sviluppo dei musei. Il quarto saggio, comparso a grande distanza temporale dai primi tre testi ed intitolato «La galleria come gesto», tratta in definitiva la questione se la spazio vuoto di una galleria non sia poi la vera conquista della modernità. Sulla sua funzio - ne O’Doherty si esprime in questi termini: «La galleria ideale tiene lontani dall’opera d’arte tutti gli elementi che potrebbero disturbare il fatto che si tratta di ‘arte’. Costituisce uno schermo che protegge l’opera da tutto ciò che ostacola lo scopo per cui l’opera stessa è stata creata. Ciò conferisce al locale un’accresciuta presenza, come altri spazi ne hanno, in cui viene mantenuto in vita un sistema di valori chiuso.»

Da allora sono stati richiesti allestimenti basati su questi principi ed un’illuminazione adeguata, tra gli altri dai pittori del movimen-to del Color Field, e gli edifici dei musei sono stati adattati a queste esigenze. Così si espri-me il progettista illuminotecnico Scott Rosen-feld in relazione al suo lavoro per la cosid-detta «Color Field Gallery» nel Smithsonian American Art Museum di Washington:

«Our ob�ective �hen lighting our mod-Our ob�ective �hen lighting our mod-ern galleries, especially the one dedicated to Color Field painting, is to help art�orks appear as a natural extension of the �hite �all. The lighting should subtly ‘pop’ �orks off the �all �ithout making them look ‘spot lit.’ If the relationship bet�een the �all and the �ork is perfect, it �ill appear almost to float on the �all.»E conclude: «This is opposite from the �ay �e

light installations in our nineteenth-century galleries �here paintings are hung on deeply colored �alls.»

Le riflessioni di O'Dohertys erano però soprattutto congruenti con le idee dell’arte minimalista, i cui artisti creavano le loro ope-re per una data funzione di spazio, luce e campo visivo, come ha notato Robert Morris nel suo saggio «Notes on Sculpture» (1966). L’osservatore si trova con l’opera in uno spa-zio strutturato e ha la possibilità di creare da sé i diversi rapporti con l’opera. Ciò viene supportato dall’assunzione di diverse posi-zioni nello spazio e dal cambio di condizioni di luce che ciò comporta.

Donald Judd, influente artista e critico di quel tempo, ha sviluppato ulteriormente questa idea. Dal 1977 ha vissuto principal-mente a Marfa, in Texas, dove ha acquista-to della terra e diversi edifici per installare le sue opere in modo esemplare, al di fuori dell’industria dell’arte. A Marfa quindi salta agli occhi l’immenso significato che Judd attribuiva a luce e spazio nella sua arte. La luce è intesa come luce diurna che incide da entrambe i lati. In questa installazione l’illu-minazione delle opere d’arte si modifica al passaggio dell’osservatore davanti ad esse ed anche con la variazione della posizione del sole nel corso della giornata o con il variare delle condizioni atmosferiche. In questo modo Judd ha creato quello che per lui è il museo «ideale».

Niente luce artificiale nella fabbrica di biscottiUn’altra concezione della luce è stata invece scelta per il progetto americano per il museo Dia:Beacon. Il più grande museo di arte con-temporanea al mondo è stato inaugurato nel 2003 in una ex fabbrica, nella quale fino al 1991 sono stati prodotti scatoloni per cracker. L’enorme superficie espositiva, quattro volte più grande del Whitney Museum of American Art di Ne� York, consente di presentare in uno spazio ottimale anche le opere artistiche più grandi. In Europa c’è qualcosa di simile nelle Hallen für Neue Kunst a Schaff hausen, in Svizzera.

«Vogliamo mostrare l’arte così come la si dovrebbe osservare, in un ambiente che si addica alle intenzioni dell’artista»: così il direttore Michael Govan spiega il concetto alla base del museo. Nella nuova «meta di pellegrinaggio degli amanti dell’arte globa-lizzati», come la chiama il Ne� York Times, si è rinunciato completamente alla luce elettri-ca, salvo che per l’illuminazione d’emergenza. Al suo posto, 3.000 metri quadrati di lucer-

nai offrono una luce omogenea e non troppo violenta, proveniente dall’alto. Di conseguen-za il Dia:Beacon in inverno chiude alle 16, in estate alle 18.

Gallerie, collezionisti, espositori e musei hanno reagito a questo concetto di illumina-zione impiegando anch’essi la luce diurna oppure con installazioni che soddisfacessero le esigenze dell’artista in altro modo: si sono così montate quantità industriali di appa-recchi al neon, che immergono lo spazio in una luce uniforme, impersonale, e piuttosto abbagliante.

Ciò che era particolarmente adatto agli oggetti dell’arte minimalista, come l’illumi-nare una scultura di Carl Andre sparpaglia-ta sul pavimento in modo diverso che con la luce omogenea dall’alto, poteva essere uti-lizzato anche per una nuova forma artisti-ca che si andava definendo: la fotografia. In particolare Bernd e Hilla Becher (caldamente recepiti e supportati dagli artisti minimalisti come Carl Andre) hanno trasformato la foto-grafia documentaristica in una forma artisti-ca. Hanno ripreso i loro oggetti, torrette dei convogliatori, serbatoi del gas e simili, prefe-ribilmente da un punto di vista leggermente rialzato e con luce diffusa, in modo da farli comparire con il loro sfondo naturale.

Per consentire l’astrazione dal tempo, nessuna nuvola doveva disturbare le espo-sizioni prolungate. «Il cielo non è blu», ha detto Hilla Becher. Lo sembra. Per questo il colore non dovrebbe mai intorbidire il per-corso «verso una data verità oggettiva». Ciò corrispondeva ad una nota analisi di Roland Barthes sui «miti della quotidianità»: «le cose danno l’impressione di avere un significato di per sé.» E proprio questa era una delle pre-messe dell’arte minimalista.

Neutro contro drammaticoMa anche un esponente della generazione dei «seguaci» di Bernd e Hilla Bechers, Tho-mas Demand, risponde alla domanda sull’il-luminazione delle sue foto in modo laconico: «Lavoro solo con luce artificiale», e da que -sta fa derivare un’illuminazione «adeguata» alla sua esigenza di avere una luce appunto artificiale, piatta, non gerarchizzante e per niente drammatizzante. E chi vede lo studio del suo collega Thomas Struth a Düsseldorf è impressionato innanzitutto da una intermi-nabile fila di luci al neon che crea un intenso tappeto di luce.

L’installazione di tali immagini, che quasi negano la luce in sé, o almeno qualsiasi for-ma di drammatizzazione con la luce, richiede una luce particolare, nel caso specifico una

Parliamo della luce nel museo. O per meglio dire: della luce nell’esposizione. Infatti il museo non è più l’unico luogo in cui si pre­sentano le esposizioni d’arte. Ad esso si sono aggiunti negli scorsi decenni i circoli dell’arte, le sale d’arte, le case d’esposizio ­ ne e le gallerie.

Fotografie di Mario Testino nel NRW-Forum, Düssel-dorf: l’illuminazione pone degli accenti marcati e fa vivere i motivi, proprio come voluto dall’artista.

Il Dia:Beacon: in una ex fabbrica di biscotti nella Hudson Valley è sorto un museo illuminato solo con luce diurna, con spazio sufficiente per ospitare delle opere monumentali (Donald Judd, untitled, 1975. © Donald Judd Founda-tion/Licensed by VAGA. Foto: Bill Jacobson)

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luce neutra, non drammatica e contenuta quanto la luce nelle immagini esposte. Tutto ciò assume un maggiore significato anche sullo sfondo della storia (dell’arte), in quan-to l’illuminazione dell’atelier è sempre stata anche l’illuminazione dominante nel museo. Per secoli i pittori si sono rivolti alla luce diurna naturale, e ciò si rispecchiava nell’illu-minazione del museo. Oggi che le circostan-ze sono ad esempio quelle date dal loft, gli artisti utilizzano un’illuminazione ottenuta con lampade al neon o soffitti luminosi. E quelli che hanno impiegato questa illumina-zione non drammaturgica o gerarchizzante nei loro atelier richiedono oggi una luce simile nei musei.

Per il principe degli artisti Markus Lüpertz il museo «classico» è quindi costruito così: «quattro pareti, luce che viene dall’alto, due porte, una per quelli che entrano, l’altra per quelli che escono.» E ci sono quindi edifici di musei che soddisfano le esigenze di Lüpertz (e in una certa misura anche quelle di Brian O'Doherty) sfruttando la luce diurna, come il Kirchner Museum a Davos o la Kunsthaus a Bregenz, od edifici di architetti come Her-zog & de Meuron (Tate Modern) e Stephan Braun fels (Pinacoteca del moderno), che sfruttano la tecnica del soffitto luminoso. Ma anche contro questa soluzione (re)agi-scono alcuni artisti, come di recente Gerhard Richter nel Museo Lud�ig di Colonia, che fece togliere il rivestimento diffusore della luce e che moltiplicò di colpo i flussi lumi-nosi.

Da Rembrandt a GurskyCome si vede, a volte i concetti dei curatori variano con gli sviluppi dell’estetica, ma altre volte anche con l’introduzione di nuovi modi di osservare l’arte: «È la mia prima immagine fotografata puramente in digitale; la luce deve essere identica su tutte le impressioni. Prima ho spesso lavorato con apparecchi fotografici a lastre, con attrezzatura pesan- te. Questa impressione è composta da mol - te scene in dettaglio, è un mix delle piste di Nürburgring e di Shanghai. Ho eliminato le diverse prospettive.» Con queste parole Andreas Gursky descrive le sue nuove imma-gini della Formula 1.

Si confronti ora Gursky con Rembrandt, con il fascino del chiaroscuro, e anche con Caravaggio, il maestro dei contrasti di luce del realismo eccessivo. Non si può ancora prevedere se da ciò scaturirà una richiesta di un nuovo tipo di illuminazione. Per il momento comunque Andreas Gursky prefe-risce un’illuminazione omogenea delle sue immagini, proprio come sono state messe in scena alla perfezione nella sua grande espo-sizione nella Haus der Kunst di Monaco di Baviera. A tal fine sono state completamen-te tolte le installazioni luminose e sono sta-ti illuminati i soffitti a volta con dei potenti proiettori in modo che nelle sale espositive ci fosse una forte luce indiretta che illuminava tutto omogeneamente. Di solito egli afferma di preferire le lampade al neon. In realtà però si adegua alle caratteristiche dei locali. Così nella sua esposizione nella National Gallery

of Victoria a Melbourne erano le lampade alogene a determinare l’effetto complessivo. Andreas Gursky volle che la luce venisse un po’ dimmerata e che si accentuasse ad esem-pio il lavoro delle soste ai box.

Il giorno e la notte nel museoArtisti come Jeff Wall hanno esigenze ancora più differenziate nei confronti dell’illumina-zione. Egli afferma: «La parola museo appare associata alla luce diurna, mentre il cinema presuppone una sala buia. Fin dall’inizio il museo ha avuto l’ambizione di essere un museo universale. Poi però oltre al giorno si deve contemplare anche la notte, e quindi il museo deve dotarsi anche di stanze buie. Forse dovremmo suddividerlo nell’ala solare e nel tratto lunare.»

Con questo discorso Wall apre un ampio campo di discussione: cos’è adegua - to all’esposizione? Cosa si espone? Come si amplia il nostro canone dell’esponibile? Esso si amplia anche con l’effimero, con i modelli, le proiezioni, gli oggetti luminosi, gli oggetti quotidiani, i mezzi a stampa od elettronici ed i tessuti. Gli oggetti che appar-tengono ad una data estetica merceologica, come ad esempio le fotografie della moda o gli stessi lavori degli stilisti della moda, richie-dono però un’illuminazione che corrisponde più a quella del settore della distribuzione al dettaglio e dei centri commerciali, piuttosto che all’illuminazione convenzionale di un museo. D’altra parte in questo modo si crea-no dei nuovi elementi con i quali orientarsi. Mentre qualche artista si orienta sulla luce diurna, altri introducono i media come siste-ma di riferimento, come ad esempio il foto-grafo Mario Testino, che assimila la presen-tazione delle sue immagini nel museo alla loro rappresentazione nelle riviste e nel far-lo ricorre anche al comportamento ricettivo dei visitatori: «Beams of light concentrate the eyes of the beholder on the image �hich is the same that magazines do due to the nature of their sizes and distance bet�een the vie�er and the maga zine. As most of the images sho�n �ere shot for magazines, these lights made sense. On another note, in gen-eral �hen looking at pictures on a �all they tend to lose some of the light that actually exists �hilst I take an image. I like life and these lights seem to bring the images to life.»

La reazione dei curatori a questo punto di vista di Testino è stata l’impiego di potenti proiettori con una forte limitazione del fascio di luce, in modo da illuminare solamente l’im - magine mentre l’ambiente circostante rima-neva relativamente al buio. L’effetto è stato enorme: la foto sembrava una diapositiva luminosa e attirava magicamente l’osserva-tore verso di sé.

Che gli artisti indichino l’illuminazione che vogliono per le loro opere è ormai nor-male. Un caso a parte costituisce Constantin Brancusi, che ha lasciato una documentazio-ne fotografica su come si debbano presen-tare ed illuminare le sue opere plastiche. Le fotografie sono conservate nel Musée d'art moderne di Parigi, e anche la Kunsthaus di Zurigo ne possiede un fascicolo. Per Brancusi

è di grande significato l’effetto delle sue scul-ture sul basamento e nello spazio. Secondo lui per creare questo effetto spaziale è impre-scindibile una luce indiretta. Una idea alla quale abbiamo fatto ricorso per l’illumina-zione della nostra esposizione «U.F.O. – ai confini tra l’arte e il design», per accentuare con la luce l’effetto di riempitivo degli spazi da parte delle sculture (che si tratti di opere d’arte o di oggetti di design). Un primo test è stato realizzato con il lavoro di Ron Arad intitolato «Box in four movements».

I testi e le guide sul tema dell’illuminazio-ne nei musei sono fin troppo spesso redatti da restauratori che partono dal presupposto che la luce sia dannosa per le opere esposte. Oppure sono scritti da architetti che presen-tano delle idee tutte loro. Per questo un col-lega ha espresso la sua perplessità: «Il proble-ma per molti musei di arte contemporanea è che gli architetti pensano ancora in termini di quadri appesi al muro che devono essere illuminati singolarmente.»

Una questione della concezione del curatoreOltre a tutte le precauzioni volte a conservare l’opera, l’allestimento dell’illuminazione di un museo, almeno dal mio punto di vista, è una questione della concezione del curato-re, che in ogni caso deve partire delle idee dell’artista. Una concezione il cui oggetto nel corso del tempo è variato molto, andan-do dalla concentrazione sull’adeguata illu-minazione di una singola opera fino alla disposizione indistinta di gruppi di oggetti e quadri di un dato artista, come ad esempio per i quadri di Rothko nella Tate Gallery di Londra. Una concezione che, vedendola in retrospettiva, è sottoposta essa stessa ad un continuo variare, non solo perché cambiano le condizioni di produzione dell’arte, ma anche perché cambiano le esigenze sociali in merito alla sua presentazione. Questa concezione ha comunque sempre come fine l’impiego della luce con amore per l’arte, concetto che il designer dell’illuminazione

Sull’autore: Werner LippertDa 10 anni Werner Lippert guida assieme a Petra Wenzel l’ufficio esposizioni del NRW-Forum Kultur und Wirtschaft di Düsseldorf. Il NRW-Forum Kultur und Wirtschaft si è con-quistato una posizione autonoma nell’ambito dei musei ed ha quindi fissato degli standard popolari e pubblicamente riconosciuti nella messa in scena nei campi della fotografia, dei video, della moda, del design e dell’architettura. I nuovi grandi trend che si identificano a partire dalla fine degli anni ’90 nella teoria dell’arte, dei media e dell’economia, come la fotografia del-la moda o la convergenza tra moda ed arte, tra video ed arte, tra pubblicità ed arte, sono stati individuati in anticipo e sfruttati di conseguenza per la realizzazione di un programma espositivo unico.

«Nessun’altra istituzione è riuscita a coniuga-re con altrettanta eleganza arte, moda, design, architettura, nuovi media, dibattito ed econo-

mia.» scrive Vogue, ed afferma inoltre: «NRW-Forum porta moda, arte e fotografia a dialo-gare tra loro.»

Werner Lippert è anche consulente di Cor-porate Culture. In qualità di socio e direttore generale della Projects Corporate Culture Consultants GmbH di Düsseldorf segue dei progetti nel settore della Corporate Culture e della comunicazione d’impresa per impre-se come la Münchener Rück AG, la Cassa di Risparmio di Düsseldorf e la Daimler AG ed ha seguito la sponsorizzazione di Hugo Boss al Guggenheim Museum.

È autore di testi come «Corporate Collecting» o «Future Office» e di numerose pubblicazioni sull’arte contemporanea.

www.nrw-forum.de

Luce neutra, pratica e senza ombre, per un’in-stallazione di Bruce Nauman nella Galleria Konrad Fischer, Düssel-dorf.

Christopher Cuttle ha formulato perfetta-mente con il titolo del libro «Light for Art's Sake».

L’autore ringrazia per le opinioni raccolte in conversazioni e corrispondenze con il Dr. Julian Heynen (K21 Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen), con Thomas Demand e Andreas Gurky, con i fotografi Mario Testino e Albert Watson e durante il lavoro svolto con i fotografi, i designer e gli artisti esposti nel NRW-Forum.

Couture di Alexander McQueen nel NRW-Forum, Düsseldorf: i fasci di luce estremamente stretti dai faretti proiet-tori fanno emergere dal buio gli oggetti esposti.

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Washer con lampada fluorescente da due latiDue sorgenti luminose laterali a fascio largo generano un’illuminazio-ne povera di contrasti, con ombre deboli. La luce omogenea fa quasi sparire sullo sfondo l’oggetto e il suo basamento.

Faretti con riflettori Spot da due latiÈ l’illuminazione classica con due sorgenti lumino-se a fascio stretto orienta-te, per una buona rappre-sentazione di materialità e forma, ma anche per una creazione di ombre dure e drammatiche.

Faretti con riflettori Flood da due latiLe sorgenti di luce orienta-te con coni di luce a fascio largo hanno un effetto simile ma generano delle ombre più tenui ed illu-minano di più l’ambiente circostante.

Washer con lampada fluorescente da destraL’illuminazione a fascio largo da un lato crea ombre tenui. Per la man-canza di brillantezza l’oggetto in sé viene rap - presentato con scarsa chiarezza e plasticità.

Ron Arad: Box in Four Movements, 1994, acciaio inox lucido e acciaio patinato, 42x42x42 cm (chiuso), edizione limitata di 20 esemplari. Per gentile concessione della Designer's Gallery/ Gabriele Ammann, Colonia.

Luce diffusa dall’altoLa luce diffusa dallo zenit, come nel caso di un sof-fitto luminoso, non dif-ferenzia gli oggetti nella stanza. I contrasti sono deboli, la materialità e la cromaticità dell’oggetto sono poco percepibili.

Washer con lampada fluorescente da sinistra La stessa situazione, ma illuminata dall’altro lato: a seconda della direzione della luce cambia la per-cezione dell’oggetto. Le normali direzioni della luce, ad esempio la luce obliqua dall’alto, appaio-no più naturali.

Un faretto da sinistra, luce diffusa da destraAnche la combinazione di una sorgente lumino-sa puntiforme a fascio stretto con una luce dif-fusa crea contrasti tenui nell’ambiente, illuminando l’oggetto con sufficiente brillantezza e plasticità.

Luce diffusa da destraLa luce diffusa laterale non crea ombre nette, ma la sua direzione consente di distinguere i volumi. Per la mancanza di bril-lantezza e di contrasti la materialità dell’oggetto risalta poco.

Faretti con riflettori Spot da due lati, illumi­nazione diffusa delle paretiUna ulteriore illuminazio-ne omogenea delle pareti attenua i contrasti e crea uno sfondo neutrale e tranquillo per l’oggetto, chiaramente accentuato dai faretti.

La luce costituisce uno strumento del curatore sotto diversi aspetti: innanzitutto la luce indi-rizza l’attenzione ed influenza la percezione. L’illuminazione di un oggetto modifica l’effetto prodotto dal materiale che lo costituisce e la sua tridimensionalità. Le qualità della messa in scena vanno dalla drammaticità e dalla teatra-lità fino alla neutralità ed alla sobrietà, come illustra in modo plastico questo studio su di un oggetto di design di Ron Arad, effettuato in occasione dell’esposizione «U.F.O. – ai confini tra l'arte e il design» (23.05. – 05.07.2009) nel NRW-Forum Kultur und Wirtschaft.

La luce del curatore:uno studio su di un oggetto

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«We are taking care of Berlin», dice il fotografo Stephan Erfurt, direttore dell’istituto C|O Berlin, a gestione privata. Con questa espressione lui e i due cofondatori dell’istituto, il designer Marc Naroska e l’architetto Ingo Pott, intendono esprimere il grande impegno personale nelle cariche onorarie di un progetto che per loro comporta, oltre ai rischi economici e al molto lavoro, anche successo e riconoscimenti. L’ulti­mo capitolo di questa storia di successo è una completa retrospettiva di Annie Leibovitz, con le opere private e quelle su commissione della fotografa di fama mondiale, risalenti al periodo che va dal 1990 al 2005. C|O Berlin ha riempito con più di 200 opere esposte la sua intera sede del Postfuhramt, la storica sede direzionale del­la posta nella Oranienburger Straße, nel centro pulsante di Berlino, tra il quartiere dei musei e quello dei palazzi governativi: un luogo perfetto, l’unico in Germania ad ospitare questa sensazio­nale mostra itinerante.

«We are taking care of your lighting», hanno detto 15 studenti di architettura e d’arredamen­

to d’interni, ed hanno accettato l’invito di ERCO a partecipare ad un insolito workshop per stu­denti. Da qualche anno ERCO si impegna nell’or­ganizzazione di seminari per trasmettere agli studenti più creativi le conoscenze sull’illumina­zione delle architetture. All’inizio di quest’anno è stata inviata un’insolita offerta agli alunni che avevano già partecipato ad un workshop di base: sviluppare un concetto di illuminazione per un’esposizione e realizzarlo sulla base di un compito di progettazione concreto. Illuminare Annie Leibovitz!

A quanto pare gli studenti contattati hanno subito capito che si trattava di una chance del tutto particolare: dopo qualche e­mail e qual­che telefonata in meno di sei ore i 15 posti del workshop erano già stati assegnati. Si è così formato un team competente e molto moti­vato che, con il supporto degli esperti di ERCO, ha creato e realizzato in soli quattro giorni un completo concetto di illuminazione per l’espo­sizione. Una prova notevole dal punto di vista progettuale e logistico, in quanto parallelamen­te all’allestimento dell’esposizione stessa si è dovuto posizionare e mettere a fuoco diverse centinaia di apparecchi, in parte prima ancora che le opere esposte avessero preso posto sulle pareti. Non un esercizio, quindi, ma lo svolgi­mento dell’attività di progettazione illumino­tecnica per eccellenza.

Per ottenere un’illuminazione perfetta per un’esposizione che conta opere che vanno dai 20 cm ai sei metri di dimensioni, e per fare in modo che nessuna idea andasse persa, due gruppi di progettazione hanno lavorato in con­

Lighting Leibovitz www.co­berlin.infoFoto: David Kuntzsch, Bochum

La luce è la quarta dimen­sione dell’architettura. I committenti discutono in loco con il team di pro­gettisti.

Tutto si basa sul piano ufficiale della disposi­zione delle opere, illumi­nate solo con apparecchi per l’illuminazione delle superfici verticali.

Nel mock­up dei pezzi di cartone rimpiazzano le opere non ancora conse­gnate.

Lo storico ginnasio fa da sipario ad un magico alle­stimento di grandi imma­gini di paesaggi. La luce omogenea fa emergere dal buio le opere esposte.

A Berlino, nell’ambito di un light work - shop ERCO, alcuni studenti hanno messo la grande retrospettiva di Annie Leibovitz sotto i riflettori.

Solo quando l’illumi­nazione è già montata entrano in scena le oltre 200 opere. La tensione è palpabile in tutti i par­tecipanti al progetto.

L’ora della verità: la pre­sentazione al committen­te dei concetti sviluppati. Un’intensa discussione per trovare le soluzioni migliori.

Il curatore Felix Hoffmann presenta le opere nel det­taglio e spiega il concetto di allestimento degli spazi concordato con l’artista.

correnza tra loro. Dopo che il lunedì mattina è volato via tra una dettagliata introduzione all’opera della Leibovitz e una visita alla sede con il curatore Felix Hoffmann ed il direttore Stephan Erfurt, è rimasta solo una giornata per lo sviluppo e l’illustrazione dei concetti dei due team, che già nel pomeriggio del giorno dopo hanno dovuto convincere i critici committenti della validità dei loro progetti. Sono state quin­di identificate le migliori idee dei due gruppi di lavoro e le si è integrate in un concetto com­plessivo, compiuto e coerente. In questa fase gli studenti hanno dimostrato concentrazione e tenacia ed i responsabili di C|O Berlin da parte loro hanno mostrato del coraggio nell’affidare a dei giovani professionisti una tale responsabi­lità. Dopo due soli giorni di allestimento, venerdì sera 160 giornalisti e 4.000 visitatori hanno po ­ tuto visitare regolarmente la mostra. Alla fine, dopo tutto questo lavoro assieme, tutti i parte­cipanti si sono trovati d’accordo sul risultato: un concetto di illuminazione raffinato e compiuto, perfetto per illustrare l’opera di una maga della luce.

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foto che rendono spettacolare l’esposizione: le foto private di famiglia, degli amici e della sua vita personale costituiscono invece un elemento di rottura che disorienta l’osservatore. La mostra, basata sul libro «A Photographer’s Life», pone in contrapposizione, mescolandoli in modo inten­so, i ritratti dei personaggi famosi e i momenti più intimi, come la morte di suo padre, la nascita dei suoi figli ed il periodo in cui morì Susan Son­tags, la famosa intellettuale americana che per 15 anni, fino alla propria morte, fu compagna della Leibovitz.

Criticata da molti per la pubblicazione di queste foto, la Leibovitz stessa parlando con i giornalisti ammette che non tornerebbe mai a svelare la propria vita privata in questo modo, ma che è comunque lieta di averlo fatto una volta. Il privato divide il pubblico, rispetto e approvazione si incontrano con la perplessità e l’incomprensione. Dal punto di vista artistico appare comunque normale che una fotografa filtri e gestisca il mondo attraverso la sua mac­china fotografica, sia la vita quotidiana che i momenti più emozionanti. In definitiva gli animi si dividono solo sulla questione della pubblicazione.

In questo contesto è particolarmente inte­ressante il fatto che proprio Susan Sontag, già molto prima della sua relazione con la Leibovitz e prima che questa pubblicasse le foto della sua malattia e della sua morte, avesse analizzato questo conflitto nella sua ormai mitica opera «Sulla fotografia». Essa afferma che le fotografie semplicemente illustrano il mondo, ma che non lo possono trasportare nel suo mutare e con i suoi retroscena. Solo se sussistono determinate condizioni il significato emotivo dello scatto potrà essere quindi trasmesso dalla fotografa all’osservatore. Altrimenti le foto lo possono lasciare l’osservatore perplesso.

Comunque la si pensi, il visitatore si trova di fronte ad una ricca e polarizzante esposizione, che mostra in modo adeguato la personalità di Annie Leibovitz in tutti i suoi diversi aspetti.

David Kuntzsch

Altre informazioni:Annie Leibovitz: A Photographer‘s Life, 1990­2005Random House, New York (2006)ISBN­10: 0375505091 ISBN­13: 978­0375505096

Annie Leibovitz: At WorkSchirmer/Mosel (2009)ISBN­10: 3829603827 ISBN­13: 978­3829603829

Annie Leibovitz – Life through a Lens (DVD)Regia: Barbara LeibovitzKinowelt Home Entertainment (2008)

L'evento di venerdì 20 febbraio 2009 sembra aver fatto dimenticare a tutti che la Berlinale aveva già arrotolato i tappeti rossi nel weekend prece­dente: ciò che si stava svolgendo sulle gradinate e nel foyer del Postfuhramt non aveva niente da invidiare al trambusto del festival del cinema. Per spiegare questo affollamento di stampa e pub ­ blico qualcuno ha pensato che almeno alcune delle personalità ritratte nell’esposizione doveva essere presente. Effettivamente i 300 invitati, tra i quali 160 giornalisti selezionati, sono tutti accorsi per una sola persona: la star è Annie Leibovitz, che in genere sta dall’altra parte della macchina fotografica, ma che questa volta è sotto i riflettori.

Fin dall’inizio della sua carriera professionale come fotografa della rivista Rolling Stone, nel 1970, la Leibovitz ha posto le persone al centro della propria fotografia. Di solito erano perso­nalità che lei, ispirata da un colpo d’occhio da reporter alla Henri Cartier­Bresson o alla Robert Frank, fotografava per la rivista; altri erano sulla via della fama, alcuni diventarono famosi pro­prio per le sue foto. La serie di committenti, con il Rolling Stone Magazine, Vanity Fair o Vogue, ha lo stesso glamour della lista di soggetti foto­grafati: Johnny Depp, Nicole Kidman, George Clooney e tutti i presidenti degli Stati Uniti da Nixon in poi. Se da un lato nel suo lavoro gior­nalistico la provvidenza l’ha spesso portata nel posto giusto al momento giusto, come con la foto di John Lennon e Yoko Ono poche ore prima dell’omicidio di Lennon, con la quale scrisse un pezzo di storia, d’altro canto è considerata l’in­ventrice del ritratto messo in scena. Sono queste

L’illuminazione diffusa ed omogenea delle pareti accentua le opere sulle pareti espositive che non fanno parte dell’architet­tura. Le immagini appese direttamente alle pareti storiche sono invece illu­minate dai faretti con lenti per sculture, per una luce morbida ed individualiz­zata.

Alla corte di una star: quando Annie Leibovitz arriva con un adeguato ritardo, tutta l’attenzio­ne è rivolta a lei. Più di 160 rappresentanti della stampa si sono raccolti attorno alla fotografa, che sullo sfondo inusuale della collezione delle pro­prie immagini racconta i più importanti momenti della sua biografia.

L’illuminazione delle superfici delle pareti crea una chiara gerarchia della percezione e distingue ciò che è importante da ciò che non lo è. Una stri­scia di luce ben definita sul pavimento guida il visitatore nella sala del gimnasio, dove si trova no le immagini più grandi dell’esposizione.

Dopo un primo posizio­namento degli apparecchi «alla cieca», in un secondo momento si è provveduto ad una precisa messa a fuoco.

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Novità 2009: Faretti con tecnica LED

Questi nuovi faretti utilizzano le caratteristi -che nettamente migliorate dell‘ultima gene-razione di LED bianchi, soprattutto per quanto riguarda il flusso luminoso e la resa cromatica. Si ottengono così strumenti d‘illuminazione professionali che in molti settori applicativi dell‘illuminazione architettonica possono esse- re un‘alternativa intelligente alle sorgenti lumi-nose tradizionali.

I faretti con tecnica LED presentano tutti i vantaggi di principio di questa lampada, quali durata estremamente lunga e ridotte frazioni IR e UV. L‘efficienza luminosa dei LED impiegati è paragonabile a quella delle lampade ad aloge-nuri metallici, ma al tempo stesso sono dimme-rabili e permettono l‘accensione a caldo come le lampade alogene a bassa tensione. Ottimiz-zati per l‘efficienza del comfort visivo, i nuovi strumenti d‘illuminazione si integrano senza soluzione di continuità nel design di sistema del programma ERCO e permettono perfette com-binazioni con gli altri faretti della loro famiglia grazie alla continuità estetica.

Il corpo di alta qualità, ottimizzato dal punto di vista termico, garantisce condizioni d’esercizio ottimali per tutti i compo-nenti, sfruttando quindi a fondo il vantaggio della lunga durata dei LED.

Flood Il sistema di lenti flood (angolo di distribuzione 25°–35°) contiene una lente Spherolit in mate-riale sintetico trasparente.

SpotIl sistema di lenti spot (angolo di distribuzione 10°–20°) contiene una lente Softec in vetro trasparente.

Bianco diurnoI faretti a LED in bianco diurno da 5500K pre-sentano un’efficienza particolarmente elevata, con una resa cromatica accettabile. L’effetto cro-matico è simile alla luce del giorno.

Bianco caldoI faretti a LED in bianco caldo hanno un’effi-cienza luminosa un po’ più limitata rispetto al bianco diurno, ma in compenso una migliore resa cromatica. L’effetto cromatico da 3200K si avvicina alla luce delle lampade alogene.

Orientamento della luceIl collimatore ottico in materiale sintetico, calco-lato e prodotto da ERCO, inizialmente orienta la luce in senso parallelo. Una speciale lente realizza con precisione l’angolo di distribuzione desiderato.

Dal punto di vista del flusso luminoso, i faret-ti con LED bianco sono diventati nel frattempo un‘alternativa ai faretti con lampade alogene a bassa tensione da 50W. Anche se i LED non rag-giungono la perfezione della loro resa cromatica, essi sono in compenso superiori per durata ed efficienza energetica.

La loro luce inoltre è priva di frazioni IR e UV e quindi non danneggia gli oggetti più sensibili.

Potenziometro«tune the light»: i faretti a LED per binari elettri-ficati trifase ERCO sono dotati di un potenzio-metro per la regolazione individuale del valore di dimmerazione, nel modo già noto per molti faretti con lampade alogene a bassa tensione.

Light System DALIPer l’integrazione negli impianti Light System DALI sono a disposizione anche faretti a LED come Light Client DALI.

Plug and PlayGrazie alla codifica digi-tale, conferita all’origine con un codice d’identi-ficazione inserito nella componentistica dell’ap-parecchio, i Light Client ERCO associati al Light System DALI offrono un vero Plug and Play.

Moduli LEDLe caratteristiche dei LED esigono nuovi approcci dall‘illuminotecnica. ERCO ha sviluppato sistemi di lenti appositi per l‘illu-minazione d‘accento con faretti a LED. Tali sistemi sono composti da colli-matori e lenti. I risultanti angoli di distribuzione delle caratteristiche spot e flood si orientano sulle abituali caratteristiche di distribuzione dei faretti ERCO convenzionali.

Le famiglie di faretti Cantax, Emanon e Optec, con le quali ERCO già offriva faretti varychrome con tecnica LED, sono ora inte-grate da faretti con LED in bianco diurno e in bianco caldo.

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80%

Comfort visivo efficiente

Novità: la brochure «La luce per esterni»In oltre 60 pagine troverete informazioni e spunti per l’impiego della luce negli ambienti esterni, con un occhio di riguardo per il comfort visivo efficiente. Ci potete contattare ai seguenti indirizzi:www.erco.com/contact

L’illuminazione richiede energia. Chiunque interagisca con l’illuminazione, dai produttori ai progettisti e fino agli utenti finali, è tenuto ad agire in modo responsabile, tenendo conto della limitatezza delle risorse naturali. Negli ultimi anni, in uno scenario di costi energetici crescenti, l’illuminazione delle architetture ha fatto enormi progressi e raggiunto ottimi livelli di efficienza. Per ERCO comfort visivo efficiente significa il continuo miglioramento sia dell’ef-ficienza energetica che della qualità della luce, con approcci tecnici e progettuali innovativi.

Migliorare l’efficienza con il comfort visivoL’uomo e la sua percezione sono determinanti nella valutazione dell'efficienza dell'illumina-zione. Indipendentemente dal grado di rendi- mento tecnico di una sorgente luminosa, una luce che abbaglia e quindi riduce le capacità visive ed il benessere dell’utente è comunque uno spreco di energia: le pupille si chiudono e l’occhio è costretto all’adattamento. Così, in confronto alle sorgenti luminose abbaglian-ti, anche le zone con illuminamenti elevati appaiono relativamente buie. La luce piacevole e non abbagliante crea invece delle condizioni percettive ottimali per l’occhio umano. Essa consente al progettista di concepire fin dall’ini-zio degli ambienti con illuminamenti contenuti

Progettazione illuminotecnica qualitativaUn’accurata progettazione illumi-notecnica, orientata alla percezio-

ne, impiega la luce in modo mirato, dove essa soddisfa le esigenze dell’utente: ad esempio l’illuminazione delle superfici verticali provve-de ad una sensazione soggettiva di luminosità dell’ambiente. Allo stesso modo un’illuminazio-ne d’accento ben dosata è in genere più effica-ce di un livello di illuminazione uniformemente elevato. Gli strumenti di illuminazione con un elevato comfort visivo prevengono l’abbaglia-mento e consentono al progettista di concepire fin dall’inizio degli ambienti con illuminamenti contenuti e sottili contrasti, in modo efficiente dal punto di vista energetico. L’ampiezza e la struttura del programma di prodotti ERCO mira ad offrire una grande varietà di strumenti di illuminazione potenti e differenziati, sviluppati per soddisfare le esigenze della progettazione illuminotecnica qualitativa.

Illuminazione delle superfici verticaliL’illuminazione delle superfici verticali è un elemento caratteri-

stico dei progetti di illuminazione economici e di buona qualità. Per questo ERCO offre un programma particolarmente vario di strumen-ti di illuminazione adatti a realizzarla. Per la percezione soggettiva della luminosità l’illumi-nazione verticale ottenuta con gli speciali wall-washer è incomparabilmente più importante della luce proiettata sulle superfici orizzontali. Di essa si tiene conto nella progettazione illu-minotecnica orientata alla percezione, realiz-zando così un contributo importante non solo al soddisfacimento ottimale delle esigenze degli utenti dell’architettura, ma anche al risparmio energetico. Si può ad esempio ottenere una sensazione di luminosità in modo più efficiente con un concetto differenziato dell’illuminazio-ne, che impieghi l’illuminazione diffusa delle pareti, piuttosto che con un livello uniforme dell’illuminazione ottenuto solo con un’illumi-nazione generale diretta. Di conseguenza gli illuminamenti medi e quindi il numero di appa-recchi impiegati possono essere ridotti.

Illuminotecnica efficaceI moderni sistemi ottici, potenti e precisi, riducono i consumi energe-tici dell’illuminazione. Una gamma

completa di strumenti illuminotecnici consente di disporre in ogni situazione di una distribu-zione dell’intensità luminosa ottimale e quindi efficiente, dal wallwasher asimmetrico ai faretti dalle diverse caratteristiche di distribuzione dell’intensità luminosa e fino ai sistemi di riflet-tori e lenti per l’illuminazione degli espositori nei negozi. Con le sue innovazioni tecnologiche, come i riflettori Spherolit, ERCO coniuga elevati rendimenti e comfort visivo. Per via della loro irradiazione orientata, le nuove sorgenti lumi-nose come i LED ad alta potenza richiedono dei sistemi di direzionamento della luce realiz-zati secondo principi completamente diversi rispetto alle lampade comuni, e pongono l'illu-minotecnica di fronte a sfide completamente nuove. Solo gli strumenti che danno all’utente un pieno controllo sulla luce consentono una progettazione sostenibile.

Programmazione luminosa intelligenteCon la tecnologia DALI, ERCO rende l’illuminazione scenica

semplice ed economica. Le situazioni luminose adatte ad ogni occasione, selezionabili e rego-labili dall’utente o richiamate automaticamen - te con sensori o programmi a tempo, offrono un enorme potenziale di risparmio energetico. Sono tipiche situazioni l'impiego di rilevatori di presenza, interruttori crepuscolari o analoghi sensori di luce diurna per richiamare situazioni luminose in funzione dell'utilizzo dell'ambiente o delle condizioni di luce. La semplicità d'instal-lazione e allestimento e la comodità delle fun-zioni di comando garantiscono un alto grado di accettazione da parte dell'utente.

Lampade efficientiERCO si impegna nello sviluppo di strumenti di illuminazione per LED e rende così utilizzabili nella prassi

i grandi vantaggi dei LED in termini di efficienza luminosa e durata utile. Inoltre ERCO offre un programma di prodotti eccezionalmente ampio per l’impiego delle lampade ad alogenuri metal-lici, economiche e durature, e delle lampade fluorescenti compatte.

e sottili contrasti, in modo efficiente dal punto di vista energetico.

Ottenere di più consumando di menoL’investimento nella qualità della luce è sia eco-logico che economico: le illuminazioni proget-tate con cura e realizzate con prodotti di qualità sono più attraenti sia per il committente che per l’utente finale e nel lungo periodo, grazie ai costi di esercizio e di manutenzione più con-tenuti, fanno risparmiare. Nell’ambito di un progetto di illuminazione differenziato, gli stru-menti di illuminazione professionali svolgono i propri compiti con grande efficacia e sono spes-so in grado di svolgere la funzione di diversi pro-dotti più economici ma non specifici, relativiz-zando così il loro maggiore prezzo. Le efficienti lampade moderne consentono di ridurre sia le potenze allacciate dell‘impianto che i carichi termici, con una catena di effetti positivi che si riversano ad esempio sulle dimensioni e sui costi di esercizio degli impianti di condizionamento o di ventilazione. Con una progettazione intel-ligente e con degli strumenti di illuminazione di qualità si ottengono delle soluzioni per l’illumi-nazione che, con costi di esercizio inferiori, sono in grado di soddisfare tutte le esigenze di tipo estetico, funzionale ed ecologico.

Illuminazione delle superfici verticali

Progettazione illuminotecnica qualitativa

Illuminotecnica efficace

Programmazione luminosa intelligente

Lampade efficienti

5 fattori per un comfort visivo efficiente

Per aiutare progettisti ed utenti finali a ottimizzare i progetti di illuminazione ERCO ha formulato cinque fattori che si rafforzano a vicenda e consentono di otte-nere nella prassi dei grandi guadagni in termini di qualità della luce, preservazione delle risorse naturali ed economicità.

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h(lm/W)10080604020

LEDLED LED AQT-NVQT, QPARTCTHIT-CEHST

100W 150W

3.6W

3.6W 14W 42W28W

10W W41 W82 W241.7W

1.7W 10W

10W 20W

W001 W051W57W05W02

35W 70W W051 W052 W004

60W 100W 150W 300W 500W 1000W

9W 18W 26W 32W 42W

W85W53W42 W82

50W 100W

55W

20W

10 50 100 500 1000 2000 5000 10000 50000

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10 50 100 500 1000 2000 5000 10000 50000

Zoom Doppio zoom

Tipo di illuminazione

Illuminazione di orientamento in ambiente oscuro, evidenziazione di linee architettoniche, funzione segnaletica

Illuminazione d’accento di picco­li oggetti con distanze d’illumina­zione molto ridotte, luce radente, illuminazione d’orientamento

Illuminazione d’accento di ogget­ti di media grandezza con distan­ze d’illuminazione medie, illumina­zione diffusa di pareti fino a 3 m, luce radente, proiezione

Illuminazione d’accento di ogget ­ti grandi, illuminazione diffusa di pareti fino a 4 m, illuminazione diffusa, luce radente, proiezione

Illuminazione generale, illumina­zione diffusa e d’accento di ogget­ti grandi o da grandi distanze, illu­minazione diffusa di pareti fino a 6 m, luce radente, proiezione

Illuminazione generale ed illumina­zione diffusa di pareti in ambienti molto grandi, illuminazione diffusa e d’accento di oggetti molto grandi da distanze notevoli

Classe di lumen< 50 lm

< 500 lm

< 2.000 lm

< 5.000 lm

< 10.000 lm

> 10.000 lm

Esempi applicativi

Gradini, percorsi, sistemi di orien­tamento

Case, giardini, illuminazione di percorsi, illuminazione di vetrine, sistemi di orientamento

Gallerie, case, giardini, illumina­zione di percorsi

Musei, locali di vendita, illumi­nazione di percorsi ampi, alberi, parchi

Locali di vendita, locali di rappre­sentanza, musei, atrii, facciate

Capannoni, edifici industriali, aeroporti, facciate, monumenti, torri

Tecnologia Efficienza lumi-nosa (lm/W)

Flusso luminoso (lm)

Progettazione illuminotecnica per classi di lumenLa progettazione di un sistema di illuminazione basata su categorie di lumen facilita il processo con­sentendo una prima selezione di lampade e potenze adeguate. Indi­pendentemente dal tipo di lampa­da e dalla sua efficienza, il flusso luminoso indica la potenza lumino­sa utile. Il flusso luminoso dipende

Efficienza luminosaL’efficienza luminosa è definita come il rappor­to tra il flusso luminoso emesso e la potenza elet­trica utilizzata da una lampada. Unità di misura: lumen/watt (lm/W)

Flusso luminosoIl flusso luminoso descri­ve la potenza luminosa totale emessa da una sorgente, calcolata par­tendo dalla potenza spet­trale irradiata e tenendo in considerazione la sen­sibilità dell’occhio umano allo spettro.

Unità di misura: lumen (lm)

dalle esigenze d’illuminazione ed è dato da criteri quali la grandez­za dell’oggetto illuminato, la sua distanza e la luminosità dell’am­biente circostante. La tabella illu­stra le lampade e le loro classi di lumen. A parità di flusso luminoso possono essere necessarie poten­ze diverse per via della diversa effi­cienza luminosa delle lampade.

Lampade efficientiERCO è fortemente impegnata nello sviluppo di strumenti di illuminazione per LED, per rendere utilizzabili nella pratica i grandi vantaggi dei LED in ter­mini di rendimento e di durata utile delle lampade. Inoltre ERCO offre un ampio programma di prodotti per lampade ad alogenuri metallici e per lampade fluo­rescenti compatte.

LED varychromeLED bianco caldoLED bianco diurnoLampade ad incandescenzaLampade alogene a bassa tensioneLampade alogene Lampade fluorescenti compatteLampade fluorescentiLampade ad alogenuri metalliciLampade ai vapori di sodio alta pressione

LED vary chrome

LED bianco caldo

LED bianco diurno

Lampade ad incandescenza

Lampade alogene a bassa tensione

Lampade alogene

Lampade fluorescenti compatte

Lampade fluorescenti

Lampade ad alogenuri metallici

Lampade ai vapori di sodio alta pressione

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Oggi, la società in nome collettivo Rei-ninghaus & Co. è registrata nel nostro registro delle imprese A con il numero 1048 , con sede a Lüdenscheid e, come suoi soci personalmente responsabili, al n. 1 l’imprenditore Arnold Reininghaus di Brügge, al n. 2 il fabbro produttore di utensili Karl Reeber di Lüdenscheid, e al n. 3 lo stampista Paul Buschhaus di Lüdenscheid. La società è nata il 1° luglio 1934.

Lüdenscheid, lì 11 agosto 1934

La Pretura

In teoria gli anni luce sono una misura delle distanze astronomiche e non una misura del tempo, ma se una fabbrica di luce festeggia il suo settan-tacinquesimo anniversario ci si consenta il gioco di parole. In fondo è sta-to anche un lungo viaggio quello che attraverso gli anni, «per aspera ad astra», è iniziato con la visione di un giovane ambizioso e vede oggi fiorire un’impresa che nel settore dell’illuminazione delle architetture riveste un ruolo di «Global Player» e di leader tecnologico, e che con vigore inno-vativo, competenza creativa e con tutte le virtù di una moderna impresa familiare si prepara ad un futuro di dedizione e di successo.

1934: la fondazioneIl 1° luglio 1934 la Reininghaus & Co. è stata iscritta nel registro delle imprese, prima pietra di quella che ancora oggi è la Fabbrica di Luce di successo con sede a Lüdenscheid. Arnold Reininghaus (1907-2003) ha fondato l’impresa con i partner Paul Buschhaus e Karl Reeber, succes-sivamente usciti dalla società, in tempi difficili dal punto di vista eco-nomico, segnati da recessione e disoccupazione. Ciascun socio appor- tò 6.000 Reichs mark, e quindi nel giorno della costituzione il capitale disponibile era di 18.000 Reichsmark. Tutti e tre avevano lavorato in pre-cedenza nell’industria elettrica ed apportavano le esperienze tecniche e commerciali necessarie.

All’inizio furono prodotte delle parti di apparecchi di illuminazione: ad esempio sospensioni e sistemi a molla per gli apparecchi a sospen-sione regolabili nell’altezza. Nella fiera di Lipsia del 1935 questi prodotti furono offerti ai grossisti del settore, che li ordinarono prontamente e li completarono con dei cappelli per farne degli apparecchi completi.

Il bilancio del 1934 riporta un magazzino di merci per un valore di 11.056 Reichsmark. Dal nome originario Reininghaus & Co. derivò l’ab-breviazione fonetica ERCO, che è stata subito introdotta come marchio per i prodotti. Non si dovette attendere molto perché fossero offerti sul mercato dei modelli completi di apparecchi di illuminazione. Il fattu-rato si sviluppò positivamente, tanto che crebbe fino allo scoppio della guer ra fino ad un volume di 1 milione e mezzo di Reichsmark: in pochi anni l’impresa con 6 dipendenti era quindi diventata una media impresa di successo, che produceva industrialmente apparecchi per abitazioni e li distribuiva attraverso grossisti e dettaglianti. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale nel 1939 si ebbe una conversione per la pro-duzione di attrezzature militari, e nelle ultime settimane della guerra, nel marzo del 1945, l’azienda è stata colpita da due bombe e fortemente danneggiata.

75 anni luce

Il fondatore: Arnold Rei-ninghaus (1907-2003), un giovane degli anni ’30. Il suo motto «Non si può vivere di paure» ha segna-to fin dall’inizio la cultura dell’innovazione che con-traddistingue ERCO.

ERCO consegnava ai gros-sisti sistemi a molla pre-montati che poi potevano essere completati con i cappelli prodotti da altri fornitori.

Nelle ultime settimane della guerra, nel marzo del 1945, le bombe hanno distrutto gli edifici di pro-duzione.

Alcuni dei primi modelli, da un catalogo dell’ante-guerra.

Presentazione degli appa-recchi ERCO alla fiera di Lipsia del 1937.

Uno dei punti di forza del successo ERCO: il sistema a molla univer-sale, un dispositivo per la regolazione dell’altez-za degli apparecchi a sospensione.

Concezioni moderne, nello stile di quel tempo: un apparecchio a sospen-sione degli anni ’30 che proietta luce sia diretta che indiretta.

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La luce sopra i tavoli: colori e forme tipici degli anni ’50, da un catalogo ERCO di quel periodo.

Gli anni ’50: ricostruzione e miracolo economico12 anni dopo la fondazione l’impresa doveva praticamente ricominciare da capo. Con un fatturato annuo di 288.500 Reichsmark sembrava dif-ficile poter credere ad una ricostruzione. Il cofondatore Paul Buschhaus era caduto in guerra, i suoi eredi si fecero liquidare la sua quota dopo la riforma monetaria, e Arnold Reininghaus e Karl Reeber continuarono a gestire l’impresa da soli. La prima fiera dopo la guerra ebbe luogo nel 1947 in delle tende allestite ad Hannover. ERCO presentò delle vecchie pagine dei cataloghi del periodo precedente la guerra, e cercò di ripren-dere contatto con i vecchi clienti, dispersi ovunque dalle tempeste della guerra. Dalle boccole per i dispositivi di accensione delle granate, prodotti in grandi quantità durante la guerra, furono realizzati dei basamenti per lampade da tavolo: così nacque il primo apparecchio prodotto dopo la guerra.

Con la riforma monetaria iniziò la ricostruzione dell’impresa. In locali di produzione affittati vennero realizzati in un primo momento i modelli di apparecchi del periodo precedente la guerra. Ed il «miracolo economico» prese il suo corso: tornarono gli ordini ed ERCO riuscì a riallacciarsi al pre-cedente successo.

Le condizioni eccezionali nel dopoguer-ra sono ben descritte da questo passag-gio di una lettera del 1949 inviata alla clientela:

«Grazie alla diminuzione delle diffi -coltà nell’ottenimento di diverse mate - rie prime abbiamo potuto riproporre degli articoli che per carenza di mate-riale avevamo dovuto temporaneamen - te eliminare dal nostro programma di prodotti. Anche le nostre modifiche di fabbricazione dovute alla carenza di materia prima sono in gran parte supe-rate, cosicché in alcuni casi possiamo introdurre delle riduzioni di prezzo che entreranno in vigore da subito.(...)Infine un breve avviso: come prima del -la guerra, siamo rimasti fedeli anche nei difficili tempi della guerra e del dopo-guerra ai nostri principi di distribuzione: i nostri APPARECCHI ERCO, che unisco -no qualità e convenienza, sono acquista-bili SOLO DA GROSSISTI SPECIALIZZATI. Siamo orgogliosi di appartenere alle poche industrie che sono state in grado di mantenere questo principio. Con il nostro principio «SERVIZIO AL CLIENTE E FEDELTA’ AI NOSTRI PARTNER COMMER-CIALI» continueremo ad impegnarci per ottenere la Vostra soddisfazione.»

Produzione industriale in serie, il credo di Arnold Reininghaus. Negli anni ’50 un anonimo fotografo fissa in bianco e nero alcu-ni momenti delle attività di produzione.

Con ottimismo nel mira-colo economico: Arnold Reininghaus con delle collaboratrici nel 1950 circa.

La reception della sede amministrativa di ERCO negli anni ‘50.

Scene della produzio-ne ERCO: nonostante i processi industriali e la produzione in serie la componente di lavora-zione manuale è ancora importante. L’impresa diventa un importante ed amato datore di lavoro a Lüdenscheid.

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Nell’era delle scherma-ture degli apparecchi in plastica l’artista Fred Backhove era una persona chiave avendo nell’impre-sa il ruolo del modellista: dalle sue mani talentuose nascevano gli stampi in gesso poi utilizzati per la produzione.

Il primo designer che ha collaborato con ERCO è stato Alois Gangkofner. Da esperto di lavorazione del vetro, sviluppò per ERCO a partire dal 1963 anche apparecchi in plastica, moderni e ben proporzionati. Fotografie nello stile

della nuova concretezza. Og getti di design del tem-po, come vasi o mixer della Braun, creano un’atmosfe-ra tipica degli anni ’60.

Anche questa presenta-zione in una fiera degli anni ’60 appare ordinata, chiara e perfettamente nello spirito dello «Inter-national Style».

Nella scelta dei colori di queste foto si intuisce già l’estetica Pop della fine degli anni ’60. Anche se il design appare più tec-noide e l’illuminotecnica è più precisa, continua ad essere prevalente il concetto di apparecchio come oggetto decorativo.

Il programma di apparecchi si ampliò per comprendere gli apparecchi a sospensione regolabili per la cucina, gli appa-recchi da comodino e gli apparecchi a parete. Gli apparecchi che consentirono di conseguire grandi fatturati furono però quelli da bagno. Nel luglio del 1959 ERCO festeggiò il suo 25esimo compleanno. Erano stati 25 anni difficili, nei quali era stata la dedizione al lavoro a consentire di sopravvivere, come era solito notare il fondatore nei suoi interventi. L’ex-port si sviluppò, grazie a dei rapporti di affari in Svezia, Norvegia, Belgio ed Olanda. ERCO era un’impresa fiorente, che ora poteva fare nuovi progetti per una ricostruzione in grande stile e per riportare nella città di Lüdenscheid le produzioni sparse in varie filiali.

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Un’immagine che ben conosciamo: in quasi ogni abitazione tedesca si trovavano degli appa-recchi per specchi simili a questo. Gli accessori come il rasoio Braun Sixtant danno all’imma-gine pubblicitaria un autentica nota di colore.

1963: inizia l’era MaackA metà degli anni ’60 Reininghaus chiamò suo genero Klaus Jürgen Maack nella direzione dell’impresa e gli trasferì la responsabilità del settore delle ricerche di mercato, dello sviluppo di nuovi prodotti e della comunicazio-ne. Fin dall’inizio il coraggioso suocero lo incaricò inoltre della progetta-zione e della realizzazione dei nuovi edifici di produzione che, su progetto dell’architetto Ernst Kuhlmann di Hagen, furono costruiti fino al 1969 nel-la piana di Brockhauser, a nord dell’area urbana: su di un «prato verde», con collegamento ottimale alla nuova autostrada A45 che collega attraverso la Sauerland la Germania settentrionale e la parte ad est della regione del Ruhr con Francoforte sul Meno. Le superfici di produzione ed amministra-tive disponibili si estendevano ora per circa 30.000 m2.

Parallelamente al trasloco della sede Maack, anche se gli affari proce-devano benissimo, analizzò la strategia dell’impresa, la ripensò completa-mente e reinventò il modello imprenditoriale ERCO. Il risultato delle sue riflessioni ha portato a radicali cambiamenti nei programmi di produzio-ne, che in un primo momento lasciò scioccati gli operatori del settore: ERCO si trasformò da fabbrica di apparecchi a fabbrica di luce.

Gli apparecchi in vetro e quelli per i bagni erano negli anni ’60 le «Cash Cow» dell’impresa. Il loro successo consentì di fatto a Klaus Jürgen Maack di avere le risorse necessarie per reinventare comple-tamente l’impresa su basi solide.

Op-Art: la consapevolez-za del design cresce in ERCO con dei cataloghi realizzati in tipografia e con la collaborazione dei designer nello sviluppo dei prodotti.

Gli apparecchi Linestra per l’illuminazione degli specchi, un classico con un’elevata qualità della luce, che allora fissava uno standard ma che oggi, per la sua scarsa efficienza energetica, rischia di diventare un modello obsolescente e vietato.

Progettazione orientata al futuro: i nuovi ampi stabilimenti sulla piana di Brockhauser offrono spazio per moderni edi-fici per la produzione ed amministrativi.

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Dieter Witte ha disegnato il leggendario faretto in pressofusione con il suo corpo in fusione di allu-minio caratterizzato dalle marcanti nervature che gli danno il nome (sopra). Il materiale e l’idea di questo faretto avrebbero caratterizzato il design ERCO per molti anni. L’archetipico faretto TM, del 1973 (a sinistra) viene continuamente attualiz-zato nell’illuminotecnica ma continua ancora oggi ad essere in catalogo.

Downlight a doppio fuoco: all’inizio degli anni ’70 una sensazione, ancora oggi una specialità di ERCO. La luce viene emessa da un'apertura del riflettore particolarmente piccola.

Presto sono state impiega-te per gli accenti con fasci di luce concentrati delle lampade a bassa tensione con riflettore incorporato montate su faretti con tra-sformatori integrati.

Discussioni ai piani alti di ERCO verso la fine degli anni ’60: Klaus Jürgen Maack ha dovuto svolge-re un grande lavoro per convincere tutti i respon-sabili dell’impresa a soste-nere la nuova filosofia aziendale.

Chiari segnali agli uti-lizzatori: con i diagram-mi di laboratorio che rappresentano le curve di distribuzione dell’in-tensità luminosa ERCO documenta la potenza dei propri strumenti di illuminazione e promuo-ve la comprensione degli aspetti tecnici da parte dei lettori del catalogo.

I faretti sferici hanno permesso di integrare in modo discreto la luce orientata anche nei soffitti.

Questo motivo pubbli-citario dell’inizio degli anni '70 mostra già molte caratteristiche dell’orien-tamento, della sistematica e della struttura che da allora caratterizza il pro-gramma di prodotti ERCO: dai faretti ai downlight e fino alla componentistica di comando elettronica.

Luce più che apparecchi: in primo piano nello stand fieristico del 1968 ci sono i giochi di luce sull’ar-chitettura e sulle forme, mentre gli apparecchi fanno un passo indietro.

1968: luce più che apparecchiSulla base della sua analisi sull’andamento dei mercati nell’industria degli apparecchi di illuminazione, Klaus Jürgen Maack guardava con scettici-smo alle prospettive di ERCO per il futuro, se non avesse cambiato la sua organizzazione. Questo scetticismo aveva due motivi: da un lato si stava delineando un cambiamento nel modo di vivere dei tedeschi e dei loro vicini europei. La grande offerta di tempo libero, la crescente esigenza di arredamenti funzionali ed individualizzati per gli spazi abitativi, il cresce-re degli stipendi e con essi del tenore di vita di tutti rendevano probabile una trasformazione del mercato degli apparecchi di illuminazione verso livelli di maggiore qualità. Dall’altro lato ERCO, come la gran parte dei concorrenti, doveva subire la brevità dei cicli di produzione, troppo sog-getti alle mode. I nuovi prodotti inseriti sul mercato, dato il loro ciclo di vita troppo breve, spesso non riuscivano a ripagare nemmeno i propri costi di sviluppo.

La sua proposta strategica che accompagnava questa analisi era fon-data su cinque punti: primo, la luce doveva diventare il compito centrale dell’impresa, e lo sviluppo degli apparecchi doveva orientarsi su di essa. Secondo, si dovevano sviluppare dei sistemi di prodotti, e non dei prodotti singoli. Terzo, si dovevano impiegare in modo approfondito le conoscen-ze illuminotecniche, ed applicarle nello sviluppo dei prodotti. Quarto, si dovevano sostituire i trend del momento con un nuovo linguaggio delle forme, in grado di restare valido per almeno dieci anni. Quinto, si dove-vano incaricare dei designer di fama internazionale per lo sviluppo del design dei prodotti.

Dopo un intenso lavoro di convincimento, le proposte di Maack si impo-sero: prima nell’impresa, poi nel sistema di distribuzione, nel commercio e infine anche presso i clienti. Con i binari elettrificati, i faretti e gli apparec-chi da incasso nei soffitti prese corpo la struttura del programma ancora oggi in vigore. ERCO conquistò il nuovo, crescente mercato dell’illumina-zione delle architetture e lo trasformò.

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Alla EuroShop di Düssel-dorf: la «Conferenza degli uomini bianchi», un’ori-ginale presentazione dei sistemi di luce ERCO.

Downlight con riflettore darklight antiabbaglia-mento: per la prima volta ERCO calcola il contor-no di un riflettore con l’ausilio di un programma per computer. L’illumino-tecnica e il comfort visi -vo diventano l’elemento centrale dello sviluppo dei prodotti.

Luce più che apparecchi: la stele a base quadrata con la sfera, una reminescenza della «pietra della buona fortuna» nel giardino di Goethe, a Weimer, diventa per ERCO il soggetto delle dimostrazioni con la luce e una sua immagine chiave.

Negli anni ’70 inizia la collaborazione con Otl Aicher e con tutta una serie di designer conosciuti sui mercati internazionali, come Terence Conran, Ettore Sottsass e Roger Tallon. Il «faretto Tallon» (a destra) con il suo caratteristico involucro a rete diventa un’icona del design di quel periodo.

Una collaborazione che è andata ben oltre il rapporto committente- fornitore: Klaus Jürgen Maack (a sinistra) e Otl Aicher in un colloquio nel 1990.

1974: assieme a Otl AicherL’idea fondamentale del marketing di Klaus Jürgen Maack può essere sin-tetizzata in una frase: ERCO vende luce, non apparecchi di illuminazione. «L’illuminazione» gli venne sfogliando un giornale: «Quando i circoli di marketing si chiamavano ancora circoli dei direttori delle vendite, lessi un giorno in una delle loro lettere: 'Se il vecchio produttore di forni avesse compreso che stava vendendo il calore e non il forno, oggi starebbe anco -ra in affari.'» Maack lesse e comprese che il marchio ERCO in futuro avreb-be dovuto significare luce di prima qualità. Ciò significava che si doveva rompere con l’attuale programma di produzione, ma anche che bisognava pensare in modo nuovo: pensare in termini di luce, un mezzo che rende tutto visibile, ma che esso stesso non è visibile.

Con questa base concettuale Maack incontrò nel 1974 il creativo di più alto profilo che la Germania abbia avuto nel dopoguerra, Otl Aicher (1922-1991), dapprima solo per chiedergli una licenza di utilizzo del famoso sistema di pittogrammi di Aicher per una serie di apparecchi segnaletici. Poi dai colloqui estemporanei sulla tipografia e sul design si sviluppò una reciproca simpatia e stima; seguirono dei progetti in comune: un nuovo logo, materiale a stampa, una brochure dell’impresa, cataloghi, con i quali si è formata l’immagine di eccellenza che ancora oggi ERCO mantiene e sviluppa. L’intenso connubio tra Maack e Aicher ha determinato una posizione sulle questioni estetiche che ha coinvolto tutti i settori dell’impresa: i mezzi di comunicazione, le partecipazioni alle fiere e l’architettura d’impresa sono diventate parte integrante ed espressione della sua Coporate Identity e della sua cultura d’impresa.

disegnata

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E

Gli esperti illuminotec-nici decidono: i tecnici ERCO testano i washer per soffitti per l’aeropor-to Stansted di Londra, un progetto di Norman Foster.

Nel 1988 viene realizzato il centro tecnico a Lüden-scheid. Il progetto del Prof. Uwe Kiessler ha destato ammirazione nel mondo dell’architettura. Il briefing era durato solo il tempo di una frase: l’edificio doveva essere una «tuta per inge-gneri».

Strumenti di illumina-zione specializzati per compiti di illuminazione sempre più complessi: i proiettori Eclipse, dise-gnati nel 1987 da Mario Bellini.

Per molti anni il designer industriale svizzero Franco Clivio ha contribuito al design dei prodotti ERCO: ad esempio con Lucy (sopra), Stella (a sinistra) e Lightcast (sotto).

High Tech degli inizi degli anni novanta: il potente proiettore Emanon, dise-gnato da Roy Fleetwood.

Raffinate costruzioni leggere: negli anni ’80 Roy Fleetwood ha costrui-to per ERCO le strutture luminose Axis.

Design di sistema di Mario Bellini (Eclipse, sopra) e del team di design indu-striale di ERCO (Pollux, a sinistra): accessori illumi-notecnici come i filtri o le ottiche di proiezione, che ampliano le possibilità di applicazione dei faretti. Le lampade alogene a bassa tensione hanno portato negli anni ’80 ad una miniaturizzazione degli apparecchi.

Faretti a bassa tensione Oseris con il sistema di accessori: l’estetica di questo motivo pubblici-tario, nata in collabora-zione con il fotografo Hans Hansen e il creativo della pubblicità Thomas Rempen, ha fissato nuovi standard nel mercato.

Gli anni ’80 e ’90: nasce un marchio mondiale per la luceCon il premio per il marketing tedesco il concetto «luce più che appa-recchi» ha ricevuto una conferma ed un riconoscimento ufficiali. Il suc-cesso non poteva passare inosservato: l’impresa si espandeva, il fattura -to e l’export crescevano, ERCO si sviluppava fino a diventare un marchio mondiale per la luce. La collaborazione con le personalità eccellenti di tutti i settori della creatività, come il fotografo Hans Hansen, il creativo pubblicitario Thomas Rempen, i designer Mario Bellini e Franco Clivio, solo per citarne alcuni, ispirava e rafforzava l’impresa. Molti premi per il design dei prodotti, per la grafica e per la Corporate Identity documenta-no i successi di questi anni. Il know how illuminotecnico è cresciuto con le esigenze dei primi grandi progetti internazionali ai quali ERCO ha colla-borato, come ad esempio la Hongkong and Shanghai Bank di Hong Kong, di Norman Foster o la piramide in vetro del Louvre di Parigi, di I.M. Pei.

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EL’era digitaleCon il boom di Internet, nel 1996 ERCO ha fatto la sua prima uscita online all’indirizzo www.erco.com. Dopo l’incidente mortale di Otl Aicher nel 1991 lo sviluppo di un’immagine per i media digitali costituiva una prima grande sfida creativa che l’impresa ha dovuto affrontare da sola. Gli strumenti di illuminazione ERCO illuminano il nuovo Parlamento tedesco dopo che Norman Foster nel 1999 ha progettato la ristruttura-zione del Reichstag di Berlino.

La rete commerciale mondiale si è estesa nel frattempo a più di 40 paesi: ad esempio nel 2000 negli USA, nel 2006 in Cina. L’elettronica digitale ha fatto il suo ingresso nella comunicazione e nella logistica, ma anche negli strumenti di illuminazione stessi: la componentistica elettronica con interfaccia digitale è diventata qualcosa di ovvio, e le sorgenti luminose con i semiconduttori, i LED, offre nel nuovo millennio sempre maggiori ambiti di applicazioni.

Cosa ci riserva il futuro?Nel 2003 Tim Henrik Maack ha assunto tra i quattro direttori il ruolo di portavoce di suo padre. Egli ha fissato dei nuovi cardini della politica di prodotto, senza con ciò abbandonare i vecchi principi: il concetto di «luce più che apparecchi» continua ad essere fondamentale. L’introduzione della programmazione luminosa digitale con Light System DALI, al motto «tune the light», che significa illuminazione scenografica e comfort visivo efficiente, è uno dei più importanti rinnovamenti degli ultimi anni. La sostenibilità acquista un valore sempre maggiore nella politica dell’impre-sa. ERCO punta sulle nuove tecnologie come quelle dei LED, che costitu-iscono un’alternativa alle lampade comuni che elimina la manutenzione e consente risparmi energetici, investendo in modo massiccio in ricerca e sviluppo. Il prossimo quarto di secolo può arrivare.

tune the light: con que -sto appello comprensibile a livello internazionale ERCO vuole stimolare tut - ti gli utenti della luce a sfruttare le possibilità creative degli strumenti di illuminazione più evoluti e ad ottimizzare l’efficien-za ed il comfort visivo nell’illuminazione delle architetture.

Oltre agli apparecchi per interni e per esterni, nel programma di prodotti ERCO assumono un signi-ficato sempre maggiore i sistemi di programmazio-ne luminosa come il Light System DALI.

L’elettronica digitale fa il suo ingresso nella costru-zione degli apparecchi di illuminazione: con la com-ponentistica, ma anche con l’impiego dei LED come sorgenti luminose.

La fabbrica di luce diventa un produttore di software: i sistemi di illuminazione sempre più versatili richie-dono delle interfacce pra-tiche per gli utenti, come ad esempio il Light Studio, per la configurazione del Light System DALI.

Il cuore ed il simbolo della logistica di prodotto e di informazione supportata da computer per ERCO: nel 2002 entra in funzio-ne il magazzino automa-tico ad alte scaffalature ERCO P3, progettato da Schneider + Schumacher e messo in scena con la luce del Prof. Uwe Belzner.

Dalla fine del 2001 ERCO offre un sempre più ampio programma di apparecchi per ambienti esterni, che riscuote un grande suc-cesso grazie alla potente illuminotecnica ed ai robusti corpi degli appa-recchi.

Già dal 2000 ERCO ha iniziato ad utilizzare i LED come apparecchi di orien-tamento. Oggi gli esperti sono concordi: i LED sono la sorgente luminosa del futuro.

La presenza sul web con ERCO Light Scout è diven-tata un crocevia della logistica dell’informazio-ne: tutte le informazioni sono disponibili sempre e dappertutto.

www.erco.com

I quattro direttori di ERCO (da sinistra a destra): Dr. Dirk Stahlschmidt, Kay Pawlik, Tim Henrik Maack, Mark Oliver Schreiter.

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DALIPLUG+PLAY

I tifosi di calcio tedeschi si ricorderanno di Córdoba come del luogo in cui si giocarono alcune partite del mondiale del 1978 in Argen­tina. Córdoba è la seconda delle metropoli argentine dopo Buenos Aires, è situata a circa 700 km a nord ovest della capitale, sullo storico «Camino Real» che conduce verso il Perù, ed ha circa 1.300.000 abitanti. Centro economico circondato da una grande area metropolita­na, negli scorsi decenni Córdoba è cresciuta rapidamente, mantenendo però il suo fascino coloniale che continua ad attirare i turisti. La vecchia e la nuova Córdoba si fondono nel quartiere «Nueva Córdoba». Qui, di fronte alla grande rotonda della Plaza España e vicino al parco Sarmiento, il «polmone verde» di Córdoba, si sta sviluppando un quartiere culturale ricco di musei che va incontro alle crescenti esigenze della popolazione residente e dei visitatori.

Il governo regionale ha acquistato nel 2004 il Palacio Ferreyra, uno splendido palazzo in stile neoclassico, che la famiglia patrizia dei Ferreyra fece costruire nel 1916 seguendo quella che allora era una moda francese. Alla fine del 2007, dopo un’ampia ristrutturazione, è stato inau­gurato nel palazzo il Museo Superior de Bellas Artes, che nel frattempo ha ricevuto il nome di «Evita» ed è quindi dedicato alla complessa figura della ex first lady Eva Peron (1919–1952). Quasi di fronte ad esso si trova la struttura di un altro museo, il Museo Provincial de Bellas Artes Emilio Caraffa, la cui ala principale risalente al 1915 è stata modernizzata negli scorsi anni e che è stato completato con un ampliamento. Con queste due costruzioni Córdoba, che è sem­

Museo Superior de Bellas Artes Palacio Ferreyra, Córdoba

In passerella: nel foyer d’ingresso i visitatori diventano attori di una drammatica messa in scena della luce e dello spazio.

Architetti: GGMPU Arquitectos, Córdoba. Progettazione illuminotecnica: Maestre Iluminación, Córdoba.Foto: Rogerio Reis, Rio de Janeiro

pre stato un centro culturale del Sud America, dispone ora di gallerie e sale espositive che dal punto di vista tecnico e strutturale possono competere con i migliori musei del mondo.

Il locale studio architettonico GGMPU ha messo in scena nel Palacio Ferreyra la fusione di tradizione e futuro, utilizzando in modo intenso quel «materiale immateriale» che è la luce: è solo la luce colorata dietro alle finestre della facciata principale a far presagire a chi guarda il palazzo da lontano che questo ora viene utilizzato per un nuovo scopo. Ma prima di accedere allo splendore della sala principale e delle gallerie, il visitatore deve attraversare una nuova, futuristica area di ingresso e di servizio che è stata aggiunta alla struttura: delle scul­toree scale e rampe di accesso nere tagliano lo spazio che collega i diversi piani; i rivestimenti metallizzati, trasparenti od ornati con delle serigrafie fanno solo intuire il substrato storico. La luce colorata programmata con tecnologia DALI e proveniente dagli apparecchi per faccia­te Focalflood per LED varychrome trasforma il visitatore in un attore di una scenografia dram­matica, per renderlo consapevole del fatto che sta attraversando il confine tra la quotidianità ed il mondo dell’arte.

Dall’esterno sono solo i colori delle finestre della facciata principale a far presagire gli eventi che si svolgono all’interno. Gli apparecchi per fac­ciate Focalflood per LED varychrome comandati dall’impianto DALI illu­minano dal retro le super­fici semitrasparenti e generano l’atmosfera in un flusso continuo.

L’intero museo è dotato di un Light System DALI per la programmazione luminosa. Nonostante le sue insolite dimensioni, l’impianto può essere configurato comodamen­te tramite un PC porta­tile, con il software Light Studio.

Con la realizzazione di prestigiosi musei la metropoli argentina di Córdoba esprime chiaramente le sue ambizioni in ambito cul-turale. Gli stili e le tecnologie utilizzate non temono alcun confronto internazionale: ad esempio, nel ristrutturato Palacio Ferreyra un impianto Light System DALI garantisce sempre le condizioni di luce ottimali.

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Soluzioni luminose negli spazi espositivi del museo: i binari elet­trificati Hi­trac sospesi e dotati di uplights per illuminare il soffitto mon­tano dei faretti Optec per lampade alogene a bassa tensione con componen­tistica compatibile DALI. L’indirizzamento indivi­duale di ciascun Light Client consente nel Light System DALI di determi­nare in modo comodo e preciso le intensità lumi­nose adatte a ciascuna opera esposta.

La sala centrale con le sue scale riccamente decorate ricorda i tempi d’oro della grande bor­ghesia argentina, agli inizi del XX° secolo.

Anche nel vicino Museo Emilio Caraffa si ha un potente impianto di illu­minazione ERCO, facile da gestire e dotato di binari elettrificati DALI montati su di una strut­tura portante sospesa, di faretti e wallwasher Optec e comandato con Light System DALI.

Faretti e wallwasher Optec

Rassegna dei prodotti ERCO impiegati

Binari elettrificati Hi­trac con uplight

Apparecchi per facciate Focalflood per LED varychrome

Binari elettrificati DALI Light System DALI

tune the lightL’utilizzo di Light System DALI in tutto il museo rende evidente un vantaggio fondamentale di questa tecnologia: essa integra i classici compi­ti di illuminazione richiesti in un museo, come la comodità dell’impostazione delle intensità luminose richieste per preservare le opere, con le ampie opportunità di realizzare concetti di illuminazione scenografica. Con un unico siste­ma, concepito fin dall’inizio per l’applicazione nell’architettura, e con un software di utilizzo unitario come il Light Studio, i tecnici del museo possono minimizzare la laboriosità della gestio­ne e della manutenzione dell’illuminazione. L’utilizzo del protocollo DALI per la programma­zione luminosa quale standard industriale rende l’impianto affidabile e ampliabile con gli attuali ed i futuri Light Client di ERCO, ma anche con i prodotti compatibili DALI di altre marche. Un aspetto significativo di Light System DALI con­siste nel dosare le intensità luminose in modo flessibile e mirato e quindi nel ridurre il consu­mo energetico: un passo importante verso il comfort visivo efficiente.

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Valencia, con l’adozione di una serie di grandi progetti urbanistici, negli ultimi decenni ha assunto un profilo da metropoli moderna: ad esempio ha destato scalpore quando, dopo l’ennesima devastante inondazione del fiume Turia negli anni ’60, in breve la città ha provve­duto a realizzare un nuovo letto artificiale del fiume e, dopo un intenso dibattito politico, nel 1984 ha affidato all’architetto catalano Ricardo Bofill il compito di realizzare un attraente pae­saggio in quello che prima era stato il letto del fiume. L’immagine moderna di Valencia è stata plasmata soprattutto da un celebre figlio della città: Santiago Calatrava, che con la sua «Ciudad des Artes y de las Ciencias» ha creato per il suo paese un ponte verso il futuro, sia nelle forme che nei contenuti. Anche altri grandi dell’archi­tettura internazionale, come Lord Foster con il suo «Palacio de Congreso», hanno lasciato la loro impronta negli spazi nei quali una volta scorreva il Turia.

L’altro aspetto di Valencia è dato dalla sua ricca storia: dopo la sua fondazione nell’anno 138 prima di Cristo, la città ha vissuto sotto il dominio dei romani, dei visigoti e degli arabi. Solo nel 1238 è venuta a far parte del mondo cristiano. La cattedrale di Valencia, costruita a partire dal 1262, si erge sulle fondamenta di una vecchia moschea. Se nella zona della città vec­chia si apre un cantiere, ci si imbatte per forza in antichi resti, come nella Plaza de la Almoina, nelle immediate vicinanze della cattedrale di Valencia.

Il nome di Almoina, che significa «elemosina», è dovuto ad una struttura risalente al quattordi­cesimo secolo che però fu demolita nel 1910. In seguito ad altri lavori di demolizione, nel 1985 gli operai si trovarono di fronte a dei reperti tal­mente ricchi che si decise di rinunciare all’am­pliamento della vicina «Basilica della Vergine dei senzatetto», di consolidare gli scavi e di aprirli al pubblico: ciò ha costituito il prologo della pro­gettazione del centro archeologico L'Almoina, che ha aperto i battenti sul finire del 2007.

Oggi questo particolare museo offre ai visi­tatori un viaggio attraverso più di 2000 anni di storia cittadina. Esso inizia al di sopra del livello del suolo, nel padiglione d’ingresso, e scende, gradino dopo gradino, nei diversi strati della storia di Valencia. Un accorgimento architetto­nico consente di tenere sempre un contatto con il mondo superiore, ma contemporaneamente lo mantiene estraneo: il grande lucernaio in vetro, che chiude il padiglione centrale con gli scavi delle terme romane, allo stesso tempo in super­ficie è una vasca che adorna la piazza e consente di vedere dall’esterno all’interno e dall’interno all’esterno, ma crea anche dei rispecchiamenti, dei riflessi di luce e delle distorsioni che fanno

Centro archeologico L'Almoina, ValenciaValencia, situata sulla costa mediterranea della Spagna, con la sua storia architetto-nica abbraccia il periodo che va dai romani a Calatrava. Il nuovo centro archeologico «L'Almoina» mette efficacemente in scena un affascinante viaggio nel passato.

Architetto: José María Herrera García, ValenciaProgettazione illuminotecnica: Julià Colomer, Emblemma, Barcellona.Foto: Thomas Mayer, Neuss

www.valencia.es/almoina

sì che durante il percorso nel sito archeologico si abbia la sensazione di trovarsi in un sogno. Sui 2.500 m² di superficie del sito si affronta l’intero sviluppo della città dal secondo secolo avanti Cristo fino al quattordicesimo dopo Cri­sto. L’esposizione è articolata in cinque diverse epoche: «Valentia, la prima città», «Valentia, la città della Roma imperiale», «Valentia, la prima comunità cristiana», «Balansiya, la città isla­mica» e «Valencia, la città cristiana». Le epoche sono rappresentate con elementi sacri e profani originali, come le vie, i fori con i portici monu­mentali, gli edifici abitativi e sacri, i bagni, le fortezze ed i fossati. L’architetto ha creato dei locali individualizzati a seconda dell’impres­sione che voleva creare, dalle piccole ed intime camere fino alle grandi sale a più piani di altez­za. L’elemento di collegamento è l’illuminazione, ottenuta sempre con faretti ERCO compatibili DALI per binari elettrificati DALI di ERCO e che, grazie a questa tecnologia, può essere adattata in modo flessibile alle diverse condizioni di luce diurna ed alle diverse esigenze di illuminazione.

I resti delle terme romane documentano le prime fasi della storia cittadina di Valencia. Durante la visita si vedono conti­nuamente degli scorci mutevoli dell’ambiente urbano che circonda gli scavi archeologici, ad esempio la cupola della «Basilica della Vergine dei senzatetto» (sopra) o la cattedrale di Valencia con la sua imponente torre

gotica (a destra). Con il rapporto equilibrato tra luce artificiale e luce diur­na si può anche regolare la possibilità di guardare dall’interno verso l’esterno o dall’esterno verso l’in­terno attraverso la spet­tacolare vasca d’acqua disposta sopra il lucernaio in vetro.

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Le grandi altezze delle sale fanno da cornice agli antichi reperti monu­mentali. Gli strumenti di illuminazione ottimali per superare queste distanze sono i potenti faretti del programma Stella. Sono dotati di transadapter DALI, montati su binari elettrificati DALI e dotati di lampade alogene a bas­sa tensione da 100W/12V.

Un sistema discreto e flessibile di binari elet­trificati DALI e di modelli speciali di faretti Pollux, dotati di transadapter DALI per lampade aloge­ne a bassa tensione da 50W/12V, offre un’illu­minazione flessibile nelle zone espositive. «tune the light»: i faretti Pollux, con i loro riflettori Vario con angolo di distribuzio­ne dell’intensità luminosa

I rilevatori di presenza, assieme ad un comando DALI, aiutano a contene­re i consumi energetici dell’impianto di illumina­zione con una riduzione automatica delle intensità luminose.

La luce orientata dei faretti modella gli oggetti storici esposti; l’impiego di lampade alogene a bassa tensione offre una resa cromatica ottimale e naturale.

I faretti con tecnologia DALI indirizzabili indivi­dualmente consentono una concezione dell’at­mosfera luminosa che mette gradualmente in relazione gli ampi spazi sotterranei con la sala centrale del museo, piena di luce diurna.

Stella

Rassegna dei prodotti ERCO impiegatiStella, Pollux in versione DALI per lampade alogene a bassa tensione, binari elettrificati DALI di ERCO Pollux

Come le moderne finiture e gli interni del museo si distinguono dai resti archeologici con il loro linguaggio fatto di forme chiare, così l’illuminazio­ne degli elementi archi­tettonici e la messa in scena degli oggetti espo ­

Con l’impiego di 400 fa ­retti Pollux, di 200 faretti Stella e di diverse cen­tinaia di metri di binari elettrificati DALI, i proget­tisti illuminotecnici ed i committenti hanno scelto non solo degli strumenti di illuminazione precisi, ma anche una soluzione economica e sostenibile; l’affidabilità, la lunga durata utile e la semplicità dell’installazione e della

sti costituiscono due livelli diversi del proget­to di illuminazione de L'Almoina. La tecnologia DALI consente di gestire e di comandare questi due livelli di allestimento in modo differenziato.

manutenzione sono stati dei parametri decisivi di una progettazione attenta al lungo periodo.

che varia da 11° a 24° e con gli accessori ottici, possono essere adattati a qualsiasi applicazione in modo individualizzato e flessibile.

Binari elettrificati DALI

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Il Museo delle Belle Arti, Museo de Bellas Artes, si trova nel complesso di edifici del Palacio Carlo V, che è parte della fortezza dell’Alhambra. L’Alhambra è uno dei più importanti monumen­ti dell’Andalusia, inclusa nel 1984 nell’elenco dei patrimoni culturali dell’umanità. È situata nelle alture che sovrastano la città di Granada, ai piedi della Sierra Nevada. La fortezza è stata presa durante la «Reconquista», con la quale nel 1492 i re spagnoli hanno ripreso possesso dei territori occupati dai mori. Gli influssi dei diversi dominatori si rispecchiano nei diversi stili che caratterizzano l’edificio: l’architettura moresca e quella spagnola delle diverse epoche si fon­dono in un unicum che fa di questo complesso un’opera unica al mondo.

Il re spagnolo Carlo V fece demolire delle parti del moresco Palacio Nazaries e vi fece costruire il complesso di palazzi che, seppur incompiuto, viene annoverato tra le più importanti costruzio­ni dell’alto rinascimento. Con le sue facciate ric­che di rilievi, colonne e balconi, il castello a due piani affascina le centinaia di migliaia di turisti che ogni anno lo visitano. Il clou del palazzo è costituito dal cortile interno a forma circolare del diametro di 30 metri, circondato da due pia­ni di portici formati da 32 colonne ciascuno.

Il museo delle belle arti è stato recentemente ammodernato e sottoposto ad ampi lavori di restauro. La sua nuova veste, altamente tecno­logica, è chiaramente riconoscibile anche dalla luce impiegata: sono stati utilizzati i prodotti ERCO, dotati di speciali filtri e lenti per la pro­tezione delle opere esposte. Il museo si trova al secondo piano dell’edificio e presenta prin­

Museo de Bellas Artes, Granada L’Alhambra si suddivide in quattro parti: il com­plesso della fortezza dell’Alcazaba, il Palacio Nazaries e il Palazzo di Carlo V. Più in alto è situato il Generalife, che fu una residenza estiva e vanta dei giardini mera­vigliosi.

Da anni gli uplight Trion provvedono all’illumina­zione della passeggiata inferiore dei portici e for­niscono un’illuminazione generale indiretta che crea un’atmosfera unica.

I faretti Stella accen­tuano le singole opere; gli uplight Trion con lampade fluorescenti, montati a scomparsa sul ­ le rientranze delle pareti, creano l’illuminazione diffusa di fondo. L’intera apparecchiatura è stata montata nelle intercape­dini formate dalle pareti applicate sulla vecchia struttura dell’edificio, per non ledere quest’ultima. Nelle gallerie con finestre i filtri UV e le speciali ten­de filtrano la luce diurna che entra nei locali, ma consentono di guardare all’esterno dell’edificio.

Interni: Antonio Jiménez Torrecillas, GranadaProgettazione illuminotecnica: Juan José SendraFoto: Thomas Mayer, Neuss

www.alhambra.org

Per assicurare la prote­zione degli storici soffitti a cassettoni, i progettisti hanno scelto i faretti Stella montati su binari elettrificati Hi­trac. Que­ste strutture luminose sono in grado di coprire ampie campate e richie­dono quindi pochi punti di montaggio.

cipalmente opere di artisti granadini vissuti tra il XV° ed il XX° secolo. Inoltre al pian terreno del museo si trova l’arte spagnola musulmana, che presenta i reperti degli scavi rinvenuti nell’Al­hambra stessa.

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Il 13 maggio 1917, così hanno raccontato tre pastorelli portoghesi del villaggio di Fátima, è comparsa loro per la prima volta in un campo la Vergine Maria. In seguito ci sono state altre apparizioni, testimoniate da un numero sempre maggiore di fedeli e, dopo il riconoscimento della Chiesa Cattolica, Fátima è diventata una meta molto amata dai pellegrini. Oggi, più di 90 anni dopo, questa località a circa 130 chilo-metri a nord di Lisbona è uno dei luoghi di pel-legrinaggio più visitati al mondo. Diversi milioni di visitatori vengono qui ogni anno, alla ricerca della salvezza fisica e spirituale.

Questo flusso di pellegrini ha reso necessaria la costruzione della nuova Chiesa della Santa Trinità, che è stata inaugurata il 12 ottobre 2007 e che, con circa 8000 posti a sedere, è una del - le quattro più grandi chiese cattoliche al mon-do. La costruzione circolare è stata progetta - ta dall’architetto greco Alexandros Tombazis, misura 125 metri di diametro ed al suo interno è caratterizzata da un ampio spazio senza gra-dini con una leggera pendenza verso l’altare e

Igreja da Santíssima Trindade, Fátima Architetto: Alexandros Tombazis, AteneProgettazione illuminotecnica: Bartenbach LichtLabor, Innsbruck; Fernando Silva OHM-E, PortoFoto: Bernd Hoff, Düsseldorf

www.santuario-fatima.pt

La piazza antistante la chiesa della Trinità, vista dalla torre della vecchia basilica. Nei periodi di massima affluenza si riversano qui centinaia di migliaia di pellegrini.

Il gigante soffitto lumi-noso si articola in settori di diverse tonalità per via del diverso filtraggio della luce.

Nella costruzione del tetto gli uplight Trion sono montati a coppie e dotati di lampade ad alogenuri metallici, a completamento dell’illu-minazione con la luce diurna, e con lampade alogene dimmeraibli per l’illuminazione serale. La superficie di emissione della luce verso il basso è costituita dal soffitto luminoso in stoffa.

Anche al di fuori del periodo di punta dei pellegrinaggi ogni dome-nica nella nuova chiesa si celebrano diverse messe. Con un impianto di pro-grammazione luminosa si possono adattare sceno-graficamente la luce diur -na e quella artificiale alla liturgia.

Ovunque possibile, per motivi energetici i pro-gettisti hanno impiegato apparecchi con lampade ad alogenuri metallici. Un’eccezione in tal senso è costituita dall’illumi-nazione delle superfici verticali delle pareti retro-stanti l’altare: lo splendi-do dipinto dello sloveno Padre Marko Ivan Rupnik

La luce nella sua forma più arcaica: i pellegrini accendono delle candele votive in una cappella. In quasi tutte le religioni del mondo la luce ha un suo posto nelle metafore e nella simbologia spiri-tuale.

da eccellenti condizioni acustiche e climatiche. Il tetto in vetro a denti di sega lascia affluire la luce diurna nell’ambiente, garantendo un’il-luminazione di fondo diffusa. Nascosti nella costruzione del tetto, gli uplight Trion fornisco-no un’illuminazione complementare del retro dei soffitti luminosi in stoffa. Oltre a questa illuminazione, che accentua l’ampiezza dell’am-biente, i wallwasher integrati nel soffitto prov-vedono ad una leggera illuminazione delle aree più importanti, come le grandi immagini sulle pareti retrostanti l’altare. I downlight Lightcast IP65 mettono in risalto i 13 portali della chiesa, che simboleggiano Cristo ed i dodici apostoli. Con la stessa cura sono allestiti ed illuminati anche gli spazi accessori della chiesa, come i guardaroba, le gallerie e le cappelle.

è illuminato con un’otti-ma omogeneità e resa cromatica con wallwasher con lenti Lightcast per lampade PAR.

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Luci di chiusura

Designer’Saturday, Düsseldorf«Nuove soluzioni quotidiane nell’ar­chitettura e nel design»: con questo motto è stato presentato in Germa­nia l’11° Designer'Saturday, dal 26 al 27 settembre 2008 a Düsseldorf. La tradizionale manifestazione per i rappresentanti dei vari settori della creatività si svolge regolarmente dal 1985, ed in questa edizione ha combinato l’esposizione dei pro­dotti nella suggestiva cornice della «Altes Kesselhaus» (la vecchia cal­daia) degli ex stabilimenti Böhler con un programma di eventi ricco e vario. ERCO è stata presente in entrambe i momenti: un’occasione per incontri e colloqui interessanti.

www.designersaturday.de

ERCO Sud America festeggia i suoi 10 anniNell’occasione del suo complean ­ no il team di Edgardo Cappiello ha dato vita, assieme a dei rinomati specia listi illuminotecnici della regione, ad una ricca serie di inizia­tive. Il clou del programma è stato una festa con un ricevimento ed un cocktail il 20 novembre 2008. Più di 200 ospiti si sono ritrovati nella «Colección Fortabat», una galleria d’arte di recente apertura, illumi­nata da ERCO.

Contatto:ERCO Iluminación, S.A.Oficina de RepresentaciónAv. Alicia M. de Justo 2030, Of.2021106 Buenos Aires Argentina

Tel.: +54 11 431 314 00Fax: +54 11 431 254 65E­mail: [email protected]

«L´art de la Ilum» La Sala Vinçon, BarcellonaVinçon, oltre a trattare articoli di design contemporaneo per la casa, presenta anche delle esposizioni nei suoi locali nel Passeig de Gràcia: ad esempio nello scorso ottobre ha presentato delle fotografie d’archi­tettura in occasione della manife­stazione Arquiset '08. I faretti Pollux con sagomatori hanno provveduto a mettere in scena in modo efficace le sequenze fotografiche.

www.vincon.com

Presentazione dell’opera di Kengo Kuma, ERCO SingaporeIl giapponese Kengo Kuma, grazie alle sue costruzioni, gode di un’ot­tima considerazione nel mondo dell’architettura. La sua filosofia dell’architettura si riassume nella parola chiave «anti­object», che indica degli edifici che si fondono nel loro ambiente. Su invito della facoltà di architettura della Natio­nal University of Singapore, Kengo Kuma ha visitato il 29 agosto 2008 la città asiatica, tenendo dapprima una lezione all’università e quindi partecipando come ospite d’ono­re e relatore ad un seminario nel­la nuova sede della filiale locale di ERCO. ERCO dal 2007, dagli uffici e dallo showroom di Singapore, cura l’intero mercato asiatico e del Pacifico.

Contatto:ERCO Lighting Pte. Ltd.93 Havelock Road#03­532Singapore 160093 Singapore

Tel.: +65 6227 3768Fax: +65 6227 8768E­mail: [email protected]

„tune the light": Karl­Heinz Beckhoff, esper ­ to della luce e respon­sabile della formazione nella società commer­ciale tedesca di ERCO, ha presentato agli ospiti del Designer'Saturday la filosofia, i concetti ed i prodotti della fabbrica di luce.

Lo stand ERCO, piccolo ma prezioso, ha offerto la cornice e molti spunti per dei confronti tecnici tra specialisti.

Mark Oliver Schreiter (terzo da sinistra), diret­tore del settore commer­ciale globale di ERCO, e Antonio Merino (quarto da sinistra), direttore dell’organizzazione com­merciale spagnola, con il loro team responsa­bile per il Sud America

Gli esperti della luce conversano tra loro (da sinistra a destra): Carlos Sanchez Saravia (redat­tore della rivista LMD), Edgardo Cappiello e Luis Schmid (Marketing Mana­ger, OSRAM Argentina).

Una location perfetta per una conferenza di un maestro della luce e delle ombre: il moder­no showroom ERCO a Singapore. Kengo Kuma (a sinistra) conversa con Hendrik Schwartz, diret­tore della distribuzione ERCO in Asia/Pacifico (a destra).

Per maggiori informazioni su Kengo Kuma e sulla sua opera è possibile visitare il sito Internet del suo studio:www.kkaa.co.jp

Verborgene Gestaltung - Dinge sehen und begreifen(Forme nascoste – vedere e comprendere le cose)Franco Clivio, Hans Hansen, Pierre Mendell2009, Birkhäuser VerlagISBN: 978­3­7643­8967­3

Versione inglese: Hidden Forms – Seeing and Understanding Things ISBN: 978­3­7643­8966­6

Aloys F. Gangkofner. Glas und Licht / Glass and Light(Vetro e Luce)Ilsebill Gangkofner (Edit.), Xenia RiemannLingue: tedesco/inglese2008, Prestel VerlagISBN: 978­3­7913­4193­4

Nuovi libriDue creativi che hanno pla­smato un’epoca del design ERCO: Aloys F. Gang kofner con le sue opere in vetro e materie plastiche negli anni ’50 e ’60; Franco Clivio con apparecchi come Lucy, Stella o Lightcast, creati nel corso degli ultimi due decen­ni e ancora oggi parte inte­grante del programma ERCO. Su Gangkofner è stata pubbli­cata una monografia illustra­ta, mentre Clivio presenta nel libro la sua affascinante colle­zione di oggetti del quotidia­no con un design anonimo.

(da sinistra a destra): Martiniano Leguizamón, Rodrigo Jardim, Ana Alto­belli, Martín Massaglia ed Edgardo Cappiello.

Page 33: ERCO Lichtbericht 88 · bro di Re Juan Carlos o del premio nobel Günter Grass, denota una sobria eleganza. Il pavimento e le colonne in marmo nero determina no l’aspetto degli

E ERCO GmbHPostfach 246058505 LüdenscheidGermanyTel.: +49 2351 551 0Fax: +49 2351 551 [email protected]

Museo di Pergamo, BerlinoIn occasione dell’esposizione «Babilonia – mito e verità» pre-sentata dal 26 giugno al 5 ottobre 2008, le celebri ricostruzioni della strada delle Processioni e della Porta di Ishtar sono state dotate di una nuova illuminazione: ora gli antichi mattoni colorati e laccati splendono con la stessa vivacità e brillantezza di quando si trova-vano sotto il sole orientale della Babilonia del Re Nabucodonosor II (604 – 562 a. C.). L’uso dei faretti Cantax per lampade ad alogenuri metallici da 35W, oltre a migliorare la qualità della luce, offre anche una migliore efficienza energetica ed un comfort visivo ottimale.

Allestimento ed illuminazione dell’esposizione: Günter Krüger, Scala – Werkstatt für Gestaltung, Berlino.Foto: Sabine Wenzel, Berlino

www.smb.museum/babylon