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Enzo Restagno LA TESTA SCAMBIATA Apollinaire fra Picasso e Dora Maar Il 5 giugno 1959, a Parigi, una piccola folla si raduna nel giardi- no accanto all’abbazia di Saint-Germain-des-Prés. Fra i presenti, Jean Cocteau: eccolo declamare versi in attesa dell’evento che tutti aspettano con trepidazione: oggi si inaugura il monumento che Pablo Picasso ha realizzato in onore di Guillaume Apollinaire. All’appello, però, manca proprio Picasso, e con lui Dora Maar. So- no loro i protagonisti di questa storia. Dal 1918, anno in cui il suo fraterno amico Apollinaire era mor- to, portato via dalla spagnola, l’astro di Picasso aveva iniziato a brillare di luce accecante: non c’era artista più acclamato di lui, in Europa e nel mondo. In quei quarant’anni aveva cambiato stili, case, amici, donne, ma il suo carattere era rimasto lo stesso: irri- verente, sulfureo. E così la folla riunita a Saint-Germain, in quel pomeriggio di giugno, si trova davanti una testa in bronzo: bella, bellissima – come avrebbe potuto non esserlo? – e inequivocabil- mente femminile. Eppure nessuno ebbe niente da ridire, e meno di tutti Dora Maar, che di quella testa fu la modella. Dora, la fotografa, l’amica dei surrealisti, la musa di Guernica che la brutalità di Picasso aveva trasformato nella Femme qui pleure, soggetto straziato della sua produzione a cavallo fra gli anni trenta e quaranta. La testa scambiata è la storia delle vicende che legarono questi artisti, amici, amanti; una storia in cui il più potente motore del- le sorti umane, l’amore, è declinato in tutte le sue forme, dalle più lievi alle più torbide. Ma La testa scambiata è anche la sto- ria dell’arte del Novecento vista attraverso la lente di chi quella storia l’ha costruita: a raccontarcela è Enzo Restagno, profondo conoscitore degli intrecci infiniti e inestricabili che congiungono vita e arte. Girovagando per la Parigi che vide il genio di Picasso all’opera, osservando con acutezza le sue sculture e i suoi dipinti, Restagno racconta una fiaba moderna, che della fiaba ha i toni drammatici, il valore paradigmatico, ma non il lieto fine. Enzo Restagno, critico e storico della musica, è stato per trent’anni il direttore artistico di Torino Settembre Musica e MiTo. È autore di numerosi saggi su compositori del Novecento, tra cui Nono, Berio, Reich, Ligeti e Henze. Per il Saggiatore ha scritto Ravel e l’anima delle cose (2009) e Schönberg e Stravinsky (2014), e curato, fra gli altri, Arvo Pärt allo specchio (2006). € 18,00 pp. 160 IN LIBRERIA DAL 9 FEBBRAIO

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Enzo RestagnoLa testa scambiataApollinaire fra Picasso e Dora MaarIl 5 giugno 1959, a Parigi, una piccola folla si raduna nel giardi-no accanto all’abbazia di Saint-Germain-des-Prés. Fra i presenti, Jean Cocteau: eccolo declamare versi in attesa dell’evento che tutti aspettano con trepidazione: oggi si inaugura il monumento che Pablo Picasso ha realizzato in onore di Guillaume Apollinaire. All’appello, però, manca proprio Picasso, e con lui Dora Maar. So-no loro i protagonisti di questa storia.Dal 1918, anno in cui il suo fraterno amico Apollinaire era mor-to, portato via dalla spagnola, l’astro di Picasso aveva iniziato a brillare di luce accecante: non c’era artista più acclamato di lui, in Europa e nel mondo. In quei quarant’anni aveva cambiato stili, case, amici, donne, ma il suo carattere era rimasto lo stesso: irri-verente, sulfureo. E così la folla riunita a Saint-Germain, in quel pomeriggio di giugno, si trova davanti una testa in bronzo: bella, bellissima – come avrebbe potuto non esserlo? – e inequivocabil-mente femminile. Eppure nessuno ebbe niente da ridire, e meno di tutti Dora Maar, che di quella testa fu la modella. Dora, la fotografa, l’amica dei surrealisti, la musa di Guernica che la brutalità di Picasso aveva trasformato nella Femme qui pleure, soggetto straziato della sua produzione a cavallo fra gli anni trenta e quaranta.La testa scambiata è la storia delle vicende che legarono questi artisti, amici, amanti; una storia in cui il più potente motore del-le sorti umane, l’amore, è declinato in tutte le sue forme, dalle più lievi alle più torbide. Ma La testa scambiata è anche la sto-ria dell’arte del Novecento vista attraverso la lente di chi quella storia l’ha costruita: a raccontarcela è Enzo Restagno, profondo conoscitore degli intrecci infiniti e inestricabili che congiungono vita e arte. Girovagando per la Parigi che vide il genio di Picasso all’opera, osservando con acutezza le sue sculture e i suoi dipinti, Restagno racconta una fiaba moderna, che della fiaba ha i toni drammatici, il valore paradigmatico, ma non il lieto fine.

Enzo Restagno, critico e storico della musica, è stato per trent’anni il direttore artistico di Torino Settembre Musica e MiTo. È autore di numerosi saggi su compositori del Novecento, tra cui Nono, Berio, Reich, Ligeti e Henze. Per il Saggiatore ha scritto Ravel e l’anima delle cose (2009) e Schönberg e Stravinsky (2014), e curato, fra gli altri, Arvo Pärt allo specchio (2006).

€ 18,00pp. 160

In lIbRERIa dal 9 fEbbRaIo

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Jean Genet è nato a Parigi nel 1910 e morto, sempre a Parigi, nel 1986. Il Saggiatore pub-blica in Italia tutte le sue opere narrative.

Traduzione di Giorgio Caproni

Prefazione di Walter Siti

€ 23,00pp. 264

Jean GenetDiario DeL LaDroPubblicato clandestinamente nel 1948, e poi in un’edizione cen-surata l’anno successivo, il Diario del ladro – che il Saggiatore propone nella storica traduzione di Giorgio Caproni e con un’i-nedita prefazione di Walter Siti – è il più impudente, scandaloso autoritratto di Jean Genet.Scritto con ispirazione agiografica, raccoglie gli anni di miseria e vagabondaggio del grande scrittore francese, che tra il 1933 e il 1939 viaggiò attraverso l’Europa vivendo di espedienti e rispon-dendo a leggi istintuali, in un lungo e picaresco calvario costellato di fughe, carcerazioni e dissolute liaisons sessuali. È stato accat-tone nel Barrio Chino di Barcellona, spacciatore di monete false in Cecoslovacchia, ha affrontato i «mostri nascosti dalla notte» che difendevano l’ingresso in Italia, ha passeggiato tra i bordelli di un Belgio intemperante e sornione, sempre fuggendo dai soldati na-zisti, in Austria e in Germania, in Polonia e in Iugoslavia.Genet il milite, il mendicante, il ladro. Genet il girovago, la pro-stituta, l’angelo precipitato. Genet il santo che anela alla beati-tudine terrestre, attraverso le sue nuove virtù teologali – furto, tradimento e sodomia –, e scrive il libro della propria Genesi, con-sacrandolo al culto del turpiloquio e dell’indecenza.Una storia spesso falsata, quella di Genet, dallo sguardo sublime dello stesso narratore che continuamente e imprevedibilmente la scompone e rimonta, spostando le cronologie, inventando i fatti, riscrivendo versioni sempre diverse che si contraddicono pagina dopo pagina, manipolando e correggendo gli eventi alla luce di una più grande verità: la letteratura mistifica la vita per avverarla. Ne emenda gli errori, ne nobilita le brutture, le deformità, le spro-porzioni. Spezza il destino per consegnarci al mito, alla santità eterna degli eroi.

«Il pericolo per me non esiste soltanto quando rubo, ma in ogni momento della mia vita, perché ho rubato.»

«La narrativa di Genet si ha l’impressione, e azzarderei la cer-tezza, di ritrovarla immobile e fulgida laddove la si era lasciata, remota sebbene abbagliante.»

Enzo Di Mauro, Alias

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Gustav Mahler (1860 -1911) è stato un com-positore e direttore d’orchestra austriaco.

Traduzione di Silvia Albesano

€ 42,00pp. 440

Gustav Mahlercaro coLLegaLettere a compositori, direttori d’orchestra, intendenti teatraliIl Saggiatore prosegue l’indagine sulla vita e le opere di Gustav Mahler, protagonista del passaggio dal postromanticismo alla mu-sica moderna. Prezioso epistolario a una voce, Caro collega custodisce le lettere che Gustav Mahler inviò, tra la fine del xIx e l’inizio del xx secolo, a personalità come Bruckner, Dvorák, Strauss, Busoni, Schönberg, Walter, Bülow e Cosima Wagner. Sono lettere intense, che co-stantemente fondono vita e arte, preoccupazioni professionali e riflessioni estetiche, e che hanno il dono prodigioso di far rivivere al lettore la storia di uno dei musicisti che più hanno segnato la contemporaneità e di proiettarlo nell’articolata vita musicale della colta élite mitteleuropea di fine Ottocento. In questa corrispondenza, che si estende dagli anni dell’apprendi-stato fino al grande successo americano della Metropolitan Ope-ra House, si sente vibrare la voce di Mahler: velata di timidezza ma pregna del più sincero entusiasmo nei primi anni di carriera, quando ventenne si presenta al mondo della musica, si fa di let-tera in lettera sempre più sicura nel gestire i continui problemi e imprevisti che un affermato direttore d’orchestra deve affrontare: dalla scelta dei cantanti ai rapporti con i colleghi, dalla richiesta di consigli e informazioni alle relazioni con istituzioni, giornalisti e mecenati. Accompagnate da un rigoroso apparato critico che restituisce il substrato di uno dei periodi più fecondi della storia della musica, queste lettere avvincono per la forza con cui da ogni riga tra-spaiono, inconfondibili, il garbo dell’intellettuale, la passione del direttore d’orchestra, l’intraprendenza del direttore di teatro e so-prattutto la grandezza poliedrica del compositore, che nemmeno di fronte alle pur pressanti esigenze economiche impostegli dal suo ruolo viene meno alla fedeltà, all’arte e al genio dell’ispira-zione che sempre lo contraddistinse.

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David Peace (Ossett, 1967) è uno scrittore inglese. Con i suoi libri ha vinto numerosi premi e riconoscimenti. Vive a Tokyo con la moglie e i figli.

Traduzioni di Giuliana Zeuli e Marco Pensante

€ 45,00 | pp. 1488

«Un’opera brutalmente autentica.»

The Times

«Il Red Riding Quar-tet è una poesia

apocalittica.»

The Independent

«Thriller, monologo, documentario,

sceneggiatura tea-trale. David Peace ha scritto un romanzo

epico e ambizioso

che non ha eguali.»

The Guardian

«Con uno stile ossessivo, in cui le stesse parole ritornano per scandire in modo

maniacale lo smarrimento e l’incertezza, David Peace osserva il fluire degli

eventi fino a farne materia palpitante. Le sue pagine sono intrise di

sangue, sudore, lacrime.»

Guido Caldiron, il Manifesto

«David Peace, uno dei maggiori autori inglesi viventi, sceglie di andare contro

le regole del bello scrivere, usando una tec-nica ripetitiva e martellante, più vicina alla

poesia che alla narrativa.»

Marco Imarisio, Corriere della Sera

«David Peace è uno dei più grandi romanzieri

inglesi viventi. I suoi noir nudi e bruschi sono paragonabili a quelli di James

Ellroy.»

Antonello Guerrera, la Repubblica

In lIbReRIA dAl 9 febbRAIo

la tetralogia del ReD RiDing QuaRtet viene proposta per la prima volta al mondo

in un unico volume

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oliver Morton è uno scrittore e giornalista scientifico inglese. Attualmente è caporedat-tore dell’Economist. Ha collaborato con Wi-red, Nature, National Geographic, New Yor-ker, Newsweek ed è autore di Mapping Mars (2001) e Eating the Sun (2009). Gli è stato intitolato l’asteroide 10716 Olivermorton.

Traduzione di Sara Monsurrò

€ 26,00pp. 480

Oliver MortoniL Pianeta nuovoCome la tecnologia salverà il mondoUna flotta di aerei che raggiunge la stratosfera per formare un «velo» di solfati intorno al mondo e riflettere la luce del sole. Navi fabbrica-nubi che seminano nuclei di condensazione sopra gli oceani per ispessire e imbiancare le nuvole, rendendole più riflettenti. Fertilizzanti a base di ferro sparsi nei mari per rinfoltire la presenza di alghe avide di anidride carbonica. Speciali «lenzuo-la» plastiche che ricoprono i ghiacciai a rischio di scioglimento e i deserti troppo caldi. Tecniche per catturare l’anidride carbonica emessa dagli impianti a energia fossile e immagazzinarla sotto terra. È la geoingegneria climatica, e non è fantascienza, ma una possibilità concreta. Che forse si rivelerà inevitabile.I rischi del cambiamento climatico sono accertati e potenzialmen-te catastrofici, ma gli sforzi per ridurre le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera faticano a produrre risultati, o anche solo a essere avviati. La riconversione da un modello di svilup-po alimentato dai combustibili fossili a una società fondata sulle energie rinnovabili sta incontrando forti ostacoli politici, econo-mici e tecnici: ecco perché bisogna rivolgersi alla geoingegneria, non come alternativa salvifica, ma come opzione complementare. Oliver Morton, con sensibilità e appassionata competenza, esami-na i suoi pro e i suoi contro, i dubbi e le certezze scientifiche, i dilemmi morali, i rischi e le opportunità sociali. Intervenire in modo così deliberato e diretto sul clima globale è un’ipotesi che spaventa molti. Ma è da secoli che, di fatto, gli esseri umani interferiscono più o meno volontariamente con gli equilibri del pianeta che li ospita: le trasformazioni subite dai mari, dai venti, dai suoli, dai grandi cicli dell’azoto e del carbonio sono molto maggiori di quanto ci si renda conto. E allora perché rinunciare al tentativo di sfruttare le grandi conquiste della scien-za e della tecnologia per un’azione volontaria, volta a ristabilire un migliore equilibrio tra il mondo umano e il sistema Terra? Il pia-neta nuovo, uno dei migliori libri del 2015 per The Independent e The Guardian, non descrive un pianeta ideale, ma un futuro prossimo in cui l’ingegno umano sarà chiamato a prendersi cura del pianeta.

In lIbRERIa dal 23 fEbbRaIo

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lawrence ferlinghetti (New York, 1919) è poeta, editore, pittore e attivista politico. Vive a San Francisco.

Traduzione di Giada Diano

€ 42,00pp. 528

Lawrence FerlinghettiscrivenDo suLLa straDaDiari di viaggi e di letteraturaLawrence Ferlinghetti non avrebbe potuto che essere un viaggia-tore infaticabile, un cosmopolita a oltranza, un vagabondo avido di vita e paesaggio. Nato in America da madre di origine francese e padre italiano, che morì prima di conoscerlo, ha vissuto a Stra-sburgo e ha fatto poi ritorno in America. Ha studiato letteratura alla Sorbona, ha partecipato allo sbarco in Normandia, è stato travolto da quell’ondata di irrequietezza e desiderio, di scrittura e ribellione che ha preso il nome di Beat Generation. Ha continuato a viaggiare mentre scriveva capolavori come A Coney Island of the Mind, mentre fondava un faro dell’editoria indipendente come la City Lights e sconvolgeva l’America pubblicando libri come Urlo di Allen Ginsberg – per cui fu processato con l’accusa di aver diffuso oscenità – o prendeva parte alle battaglie politiche del tempo. Scrivendo sulla strada raccoglie i diari, finora inediti in Italia, scrit-ti durante più di cinquant’anni di corse su navi, aerei, treni a va-pore, furgoncini Volkswagen. Pagine che compongono un’unica opera-mondo, in cui si incontrano personaggi come Fidel Castro, scrittori e poeti come Ezra Pound, William Burroughs e lo stesso Ginsberg; un interminato viaggio dalla Parigi della nostalgia all’I-talia delle radici, da una Russia kafkiana a un Messico notturno, ubriaco ed esuberante, dai motel dell’America on the road fino a Marrakech, all’Australia, alla Spagna franchista. Con i suoi versi, i suoi disegni e la sua prosa, Ferlinghetti testimonia il proprio passaggio attraverso il Novecento e oltre, fra poeti e straccioni, grandi capitali e bidonville. Posa il suo sguardo su distese di neve sconfinate o minuscole gocce di pioggia, su baracche, campesi-nos, asini, cani, terra arida. E trasmuta il viaggio in una forma di meditazione, alla ricerca di ciò che è umano e di ciò che è eterno, in un canto fatto di incontri, parole, paesaggi.

«Coraggiosamente splendidi, ardenti e sensuali, i diari di Ferlin-ghetti si leggono come una lettera aperta, dispiegata davanti al lettore. Vi si può ascoltare la voce inconfondibile del poeta, del vagabondo americano che amiamo quanto la terra stessa.»

Patti Smith

In lIbRERIa dal 23 fEbbRaIo

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Carlo BordoniFine DeL monDo LiquiDoSuperare la modernità e vivere nell’interregnoLo stato di crisi delle società occidentali sembra ormai irrever-sibile: nello spaesamento e nell’insicurezza del caos globale, Zygmunt Bauman è stato un faro di insostituibile lucidità. Questo libro è il frutto di un decennale, intenso dialogo tra Bauman e Carlo Bordoni: un comune percorso intellettuale che finisce per divergere, e proprio intorno al concetto più noto del grande so-ciologo polacco, quello di «modernità liquida». La categoria della modernità liquida è ormai troppo vaga ed elu-siva. Non basta più a interpretare la nostra epoca, in cui vengo-no meno le sicurezze economiche del sistema produzione-lavoro-consumo-consumismo, ma anche le tradizionali idee di massa, comunità, uguaglianza, classe e, soprattutto, progresso. Spazio e tempo si contraggono grazie alla rapidità delle comunicazioni, all’immediatezza delle informazioni, all’omologazione dei com-portamenti umani, non più racchiusi entro i confini invalicabili de-gli Stati-nazione. Il disordine è avvertito in ogni parte del mondo, contemporaneamente. Per la prima volta non c’è un posto miglio-re in cui rifugiarsi: non c’è alternativa a un sistema globale che sta crollando.L’incertezza del futuro è dunque il tratto più caratteristico del-la nostra condizione, che si esprima sotto forma di resistenza, paura, egoismo o semplice senso di precarietà e impotenza. Da questo prolungato e sfaccettato «stato di crisi» – la fine della modernità, ma anche della modernità liquida – sorgerà una socie-tà radicalmente nuova, ancora sconosciuta. Nel frattempo, siamo sospesi in quello che Bordoni, sulla scorta di Gramsci, definisce «interregno»: il vecchio muore, ma il nuovo non riesce a nascere. A questa incertezza, però, corrisponde anche la possibilità di fare le scelte giuste: dopo l’interregno non ci aspetta una società già predefinita e connotata, ma solo quella, inedita, che avremo sa-puto costruire qui e ora, con le nostre umane forze.

Carlo bordoni, sociologo dei processi cultu-rali, ha insegnato alle Università di Firenze e Pisa. Collabora con il Corriere della Sera e le riviste Social Europe Journal e Prometeo. Tra i suoi libri ricordiamo Introduzione alla sociolo-gia dell’arte, L’identità perduta, Stato di paura e, con Zygmunt Bauman, Stato di crisi.

€ 17,00pp. 120

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Saki (1870-1916), pseudonimo di Hector Hu-gh Munro, è stato uno dei più importanti scrit-tori britannici del Novecento.

Traduzione di Ada Arduini e Gioia Guerzoni

€ 45,00pp. 700

SakiraccontiPrefazione di Graham Greene

Grottesco e pungente, il genio di Saki – pseudonimo dello scrit-tore britannico Hector Hugh Munro – ha attraversato come uno spettro il Novecento letterario europeo. I suoi racconti sono brevi e mordaci ritratti di un’epoca, quella moderna, che ha i contorni della fiaba orientale, chimerica e sospesa, e l’incalzare notturno di un incubo in cui realtà storiche e fantasie si confondono.Creature ripugnanti o angeliche abitano queste pagine: licantropi che adescano bambini nei boschi, gatti e folletti dai poteri por-tentosi, spettri di nobili defunti che perseguitano dall’aldilà i loro debitori, consiglieri demonici che instaurano un Parlamento Infer-nale, e re che vessano i poveri, poveri che detronizzano i principi, principi di regni votati alla perversione che diventano santi. Poco importa se i fatti narrati si svolgano in un Medioevo fantastico, sotto l’Impero di Augusto o nell’anticamera della Prima guerra mondiale, se i personaggi si muovano in una scena di caccia nel-le gelide campagne russe o sorseggino champagne a un garden party di aristocratici londinesi: le loro storie sembrano ordite dallo stesso inesorabile destino. Un Fato che agisce all’insegna della vendetta e della pantomima, del travestimento burlesco e dell’in-ganno, portando alla luce tutte le brutture, tutti i sogni e le me-ravigliose debolezze del genere umano.Nei Racconti di Saki – inediti in Italia e ora proposti dal Saggia-tore nella loro forma completa e con una prefazione di Graham Greene – riecheggiano le vanità opulente di Wilde, le tempeste di neve di Turner, l’efferatezza panica di Kipling, i grigiori infantili di Dickens, i motti arguti della commedia plautina e quelli sapienziali delle Sacre Scritture, in un rincorrersi di allusioni, echi e parodi-stiche citazioni. Un vortice inarrestabile all’interno del quale si muovono personaggi assoluti come Reginald e Clovis, destinati a entrare per sempre nell’Olimpo degli anti-eroi.

«Saki è sempre stato un maestro nello scrivere racconti strava-ganti e macabri, che mettevano alla berlina la società e la cultura inglese. La sua prosa è squisita e ricca di sfumature, ma sotto l’arguzia si cela una profondità sorprendente.»

Jeff VanderMeer

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