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Project EmPoWEring - Educational Path for Emotional Well-being Empatia Il termine “empatia” descrive un’ampia gamma di esperienze. I ricercatori nel campo delle emozioni definiscono l’empatia come la capacità di sentire le emozioni delle altre persone e insieme quella di riuscire ad immaginare ciò che qualcun altro può pensare o provare. L’empatia è la capacità di comprendere o sentire quello che un altro sta vivendo rimanendo all’interno del suo stesso sistema di riferimenti (Bellet, Maloney: The importance of empathy as an interviewing skill in medicine). Esistono molte definizioni di empatia che abbracciano una vasta tipologia di stati emotivi. Nello sviluppo dell’empatia umana compaiono differenze individuali che vanno dall’assenza almeno apparente di qualunque abilità empatica o da forme di empatia dannose per sé o per gli altri, ad un’empatia ben equilibrat a che comprende l’abilità di distinguere tra sé e gli altri. Non comprenderai mai realmente una persona finché non considererai le cose dalla sua prospettiva finché non entri nella sua pelle e vai in giro indossandola.” (Harper Lee, To Il buio oltre la siepe). L’empatia è l’atto simbolico di mettersi nei panni di un altro e guardare al mondo da quella prospettiva. Ciò significa provare a comprendere veramente da quale percorso arriva l’altro , quali sentimenti, convinzioni, speranze ed esperienze connotano la sua visione sul mondo. Si tende a definire l’empatia su due livelli: 1. In primo luogo si dà una definizione concettuale dell’empati a come di un atteggiamento (un modo di essere con qualcun altro). Questo livello include condizioni di accoglienza, autenticità e ascolto empatico. Tali elementi possono essere simili o influenzati da componenti morali ed emotive dell’empatia. Si tratta di un approccio emozionale. 2. Un secondo livello operativo dell’empatia la connota come una competenza e comprende la capacità di colui che ascolta di comunicare accoglienza e autenticità (la nostra capacità di comprendere il mondo interiore di un’altra perso na, la consapevolezza cognitiva del mondo altrui). Questi aspetti sono componenti cognitive. (Carl Rogers, 1975) I ricercatori contemporanei distinguono spesso due tipi di empatia: 1. “l’empatia affettivasi riferisce alle sensazioni e ai sentimenti che proviamo in risposta alle emozioni che sentono gli altri e può comprendere rispecchiare i sentimenti altrui o sentirsi agitati quando recepiamo lo stato di ansia o paura di un’altro. 2. “L’empatia cognitiva,” definita talvolta assunzione di prospettiva,” si riferisce alla nostra abilità di identificare e comprendere le emozioni della gente. I ricercatori che operano nel campo dell’intelligenza emotiva hanno definito un terzo tipo di empatia: “l’empatia compassionevole” che non si ferma alla comprensione del punto di vista altrui ma si attiva per aiutare se necessario.

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Empatia

Il termine “empatia” descrive un’ampia gamma di esperienze. I ricercatori nel campo delle

emozioni definiscono l’empatia come la capacità di sentire le emozioni delle altre persone e

insieme quella di riuscire ad immaginare ciò che qualcun altro può pensare o provare.

L’empatia è la capacità di comprendere o sentire quello che un altro sta vivendo rimanendo

all’interno del suo stesso sistema di riferimenti (Bellet, Maloney: The importance of empathy

as an interviewing skill in medicine). Esistono molte definizioni di empatia che abbracciano

una vasta tipologia di stati emotivi. Nello sviluppo dell’empatia umana compaiono differenze

individuali che vanno dall’assenza almeno apparente di qualunque abilità empatica o da

forme di empatia dannose per sé o per gli altri, ad un’empatia ben equilibrata che comprende

l’abilità di distinguere tra sé e gli altri.

“Non comprenderai mai realmente una persona finché non considererai le cose dalla sua

prospettiva – finché non entri nella sua pelle e vai in giro indossandola.” (Harper Lee, To Il

buio oltre la siepe).

L’empatia è l’atto simbolico di mettersi nei panni di un altro e guardare al mondo da quella

prospettiva. Ciò significa provare a comprendere veramente da quale percorso arriva l’altro,

quali sentimenti, convinzioni, speranze ed esperienze connotano la sua visione sul mondo.

Si tende a definire l’empatia su due livelli:

1. In primo luogo si dà una definizione concettuale dell’empatia come di un atteggiamento

(un modo di essere con qualcun altro). Questo livello include condizioni di accoglienza,

autenticità e ascolto empatico. Tali elementi possono essere simili o influenzati da

componenti morali ed emotive dell’empatia. Si tratta di un approccio emozionale.

2. Un secondo livello operativo dell’empatia la connota come una competenza e comprende

la capacità di colui che ascolta di comunicare accoglienza e autenticità (la nostra capacità

di comprendere il mondo interiore di un’altra persona, la consapevolezza cognitiva del

mondo altrui). Questi aspetti sono componenti cognitive. (Carl Rogers, 1975)

I ricercatori contemporanei distinguono spesso due tipi di empatia:

1. “l’empatia affettiva” si riferisce alle sensazioni e ai sentimenti che proviamo in risposta alle

emozioni che sentono gli altri e può comprendere rispecchiare i sentimenti altrui o

sentirsi agitati quando recepiamo lo stato di ansia o paura di un’altro.

2. “L’empatia cognitiva,” definita talvolta “assunzione di prospettiva,” si riferisce alla nostra

abilità di identificare e comprendere le emozioni della gente.

I ricercatori che operano nel campo dell’intelligenza emotiva hanno definito un terzo tipo di

empatia: “l’empatia compassionevole” che non si ferma alla comprensione del punto di vista

altrui ma si attiva per aiutare se necessario.

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L’empatia affettiva può essere suddivisa in diversi gradi di intensità:

- Preoccupazione empatica: dispiacere e compassione per altri in risposta alla loro

sofferenza

- Afflizione personale: sentimento di sconforto e ansia centrato su di sé in risposta alla

sofferenza di un altro. Non c’è una ancora una posizione univoca sul fatto che

l’afflizione personale sia una modalità basica di empatia o se invece non sia da

considerarsi in alcun modo una forma di empatia. I bambini nell’età dell’infanzia

reagiscono all’afflizione altrui sentendosi loro stessi tristi; solo a partire dai 2 anni di

età rispondono in maniera attenta all’altro, cercando di aiutare, confortare e

condividere.

L’empatia cognitiva può essere suddivisa nella seguente gamma:

- Assunzione di prospettiva: la tendenza ad adottare spontaneamente la prospettiva

psicologica dell’altro

- Fantasia: la tendenza ad identificarsi con personaggi immaginari

L’empatia può anche essere considerata un’abilità socio-cognitiva. In questo caso la si può

suddividere in tre componenti collegate:

1. percettiva (riconoscere e interpretare i segnali)

2. socio-cognitiva (riconoscimento di pensieri, motivazioni, intenzioni, attribuzione di

significato e comportamento)

3. affettiva (riconoscimento delle emozioni)

È importante comprendere ciò che è empatia da quello che non lo è. Se si vede un senzatetto

che vive sotto un ponte ci si può sentire dispiaciuti per lui e dargli del denaro. Questa è pietà o

compassione, non empatia. Se invece si compie lo sforzo di osservare il mondo con i suoi

occhi, di pensare alla vita come fa lui o anche di conversare con lui trasformandolo da uno

sconosciuto senza un volto in un individuo unico, allora si sta empatizzando.

Le qualità dell’empatia sono assumere la prospettiva altrui, evitare il giudizio, riconoscere le

emozioni nelle altre persone e entrare in contatto con queste ultime.

L’empatia è un concetto più popolare oggi di quanto lo sia mai stato. Ne parlano tutti, dal Dalai

Lama ai consulenti relazionali, dai guru degli affari agli esperti di felicità, dai manifestanti

politici agli attivisti ecologisti. Non sorprende, tenuto conto che da oltre un decennio i

neuroscienziati hanno scoperto che il 98% degli esseri umani possiede la capacità empatica

insita nei circuiti neuronali del cervello. La storia secondo la quale gli esseri umani sono

essenzialmente creature egoiste e interessate a sé stesse è superata. Le nostre inclinazioni

interiori egoiste coesistono fianco a fianco con una metà empatica. L’uomo è homo

empathicus. (Roman Krznaric, Empathy: A Handbook for Revolution).

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La risposta empatica

Gli esseri umani sono quindi naturalmente inclini ad abbracciare questo messaggio;

nondimeno la maggior parte non attiva quotidianamente il suo pieno potenziale empatico. Si

passa facilmente dall’aiutare una madre alle prese con una carrozzina ad un incontro di

lavoro, o dal leggere la notizia di un tragico terremoto in un paese lontano al non pensarci più

quando clicchiamo su un altro link per vedere i risultati delle partite.

La buona notizia è che quasi tutti possono imparare ad essere empatici rafforzando il naturale

potenziale empatico attraverso:

- La consapevolezza che gli individui che ci circondano sono esseri umani

- La curiosità per gli altri, specialmente verso quelli che appaiono diversi da noi

- L’ascolto di sentimenti e bisogni delle persone senza interruzioni

La comunicazione empatica richiede che si riflettano le affermazioni dell’interlocutore senza

che questo si riduca alla mera ripetizione letterale. Piuttosto occorre riferirsi al contenuto di

ciò che viene detto con immaginazione, accettazione e comprensione autentica. Servono piena

attenzione e presenza emozionale.

Essere empatici significa anche chiedersi se si è compreso correttamente il mondo interiore

dell’interlocutore – se lo si sta guardando nella maniera in cui l’interlocutore lo sta vivendo in

quello stesso momento. Ogni fase del dialogo contiene la seguente domanda non espressa:

“dentro di te, in questo è momento è proprio così?”

Da questa prospettiva il dialogo non è solo rispecchiamento dei sentimenti ma, in misura

maggiore, verifica di comprensione.

Perciò, comunicare in maniera empatica non è solamente una tecnica per rimandare a chi

parla ciò che ha detto attraverso le parole; è sforzarsi di tradurre in parole la nostra

comprensione della totalità di ciò che viene comunicato (le parole e gli altri segnali psicologici

che abbiamo raccolto), e poi accettare di venire corretti, se non si è compreso.

In sintesi la risposta empatica significa assumere la prospettiva dell’altro, astenersi dal

giudicare, riconoscere le emozioni dell’altra persona ed essere capaci di entrare in sintonia

con lei:

­ Accoglienza calda

­ Ascolto dei sentimenti

­ Ascolto della persona

­ Ricerca di un buon contatto

­ Rispetto dell’altro

Le risposte empatiche e comprensive riflettono il tentativo di entrare sinceramente nel

problema così come esso è vissuto dall’altro. Dapprima volete assicurarvi di aver capito ciò

che è stato detto. Questo atteggiamento dà fiducia all’interlocutore e fa si che questo si

esprima maggiormente, poiché in questo modo egli ha la prova che voi ascoltate senza

pregiudizi.

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Altri atteggiamenti che tendiamo ad avere in una conversazione e che generalmente

non facilitano la persona a confidarsi e ad avere fiducia nelle sue capacità:

Le risposte valutative implicano un’opinione etica personale e comportano un

giudizio (di critica o di approvazione) nei confronti degli altri. In qualche misura, in

modo più o meno diretto, indichiamo alla persona come dovrebbe o potrebbe

comportarsi o agire.

Interpretazioni di ciò che viene detto: non si comprende che ciò che si vuole

comprendere, si cerca ciò che sembra essenziale a noi e nella nostra mente cerchiamo

una spiegazione soddisfacente per noi. Si opera una distorsione di ciò che l’altro voleva

dire. Vogliamo che l’altro diventi consapevole di qualcosa che siamo noi ad avere in

mente. Direttamente o indirettamente cerchiamo di indicare come l’altro dovrebbe

riesaminare la situazione.

Le risposte di rassicurazione mirano ad apportare incoraggiamento, consolazione o

compensazione. Si tende ad essere molto concilianti e si ritiene meglio evitare che gli

altri drammatizzino. Ci si comporta come se il problema non esistesse o non fosse così

grave o importante come sembra.

Con le risposte indagatrici si è smaniosi di saperne di più e si orienta il colloquio

verso ciò che sembra importante a noi, come se si rimproverasse all’altro di non voler

dire l’essenziale o di perdere tempo. Si tende ad essere sbrigativi e ad incalzare

l’interlocutore chiedendogli ciò che sembra essenziale a noi.

Con risposte che tendono a giungere ad una soluzione immediata del problema si

reagisce con l’azione e incitando all’azione. Vediamo subito la soluzione che

sceglieremmo per noi in una simile situazione; non aspettiamo di saperne di più. Con

questo sistema liquidiamo velocemente l’interlocutore e le sue lamentazioni.