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Elementi di Fisica Nucleare e Subnucleare Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo Universit´ a di Roma Tor Vergata Lezione 2 A.A. 2019-2020 Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universit´ a di Roma Tor Vergata) Elementi di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 2 A.A. 2019-2020 1 / 52

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Elementi di Fisica Nucleare e Subnucleare

Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo

Universita di Roma Tor Vergata

Lezione 2A.A. 2019-2020

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Il decadimento

Il decadimento e la trasformazione di una particella elementare o di un nucleoatomico in uno o piu oggetti differenti.A seconda che a decadere sia una particella elementare o un nucleo atomico siparla rispettivamente di decadimento particellare e decadimento radioattivo.

Il decadimento in fisica delle particelle e il decadimento di una particellaelementare. Si tratta di un processo spontaneo mediante il quale una particellainstabile si trasforma in una differente particella elementare. Durante ildecadimento si generano una particella ”figlia” di massa minore ed una particellamediatrice. Se il prodotto del decadimento, la particella ”figlia”, non e stabile,esso decadra nuovamente.La tendenza a decadere e una delle proprieta piu evidenti della particelleelementari, che si puo enunciare in un principio universale: ogni particelladecade in una piu leggera, a meno che il decadimento sia proibito daqualche principio di conservazione.

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Il decadimento particellare

Il neutrino e il fotone sono stabili perche , non avendo massa, non possonodecadere in una particella piu leggera.L’elettrone e stabile perche e la particella carica piu leggera, e la conservazionedella carica gli impedisce di decadere.Il protone e verosimilmente stabile (vedremo nel seguito) perche e il barione piuleggero e la conservazione del numero barionico gli impedisce di decadere.Parimenti, sono stabili le loro antiparticelle, cioe l’antiprotone e il positrone.

Tutte le altre particelle sono prodotte in esperimenti di diffusione, ma poidecadono con un tempo di vita medio caratteristico. Inoltre, una stessa particellapuo avere diversi canali di decadimento.

Ogni determinato decadimento e governato da una delle tre forze: forte,elettromagnetica o debole. Per capire di che interazione si tratta, si possonovedere i prodotti di decadimento. Ad esempio:se c’e un fotone, allora e sicuramente un decadimento elettromagnetico;se c’e un neutrino, allora e sicuramente un decadimento debole;se nessuna delle due particelle e presenti, possiamo capire la natura deldecadimento dalla vita media della particella, come vedremo dopo.

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Il decadimento radioattivo

Il decadimento radioattivo e un insieme di processi tramite i quali alcuni nucleiatomici instabili (nuclidi) emettono particelle subatomiche per raggiungere unostato di stabilita. Quando il nucleo e instabile, esso tende spontaneamente araggiungere uno stato di maggiore stabilita attraverso l’emissione di una o piuparticelle.

I decadimenti nucleari sono stati raggruppati in tre classi principali:

Decadimento alfa (un nucleo di He)

Decadimento beta (un elettrone)

Decadimento gamma (un fotone)

A questa prima classificazione si aggiungono l’emissione di neutroni, l’emissione diprotoni e la fissione spontanea. Mentre il decadimento alfa ed il decadimento betacambiano il numero di protoni nel nucleo e quindi il numero di elettroni che viorbitano attorno, il decadimento gamma avviene fra stati eccitati dello stessonucleo e comporta solo la perdita di energia.

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Il decadimento

Paragoniamo l’elettrone con il muone. L’elettrone e stabile mentre il muonedecade con una vita media di 2.2 µs.L’elettrone allora e piu fondamentale del muone?

Consideriamo un insieme di particelle che hanno una probabilita λ di decaderenell’unita di tempo. Il numero di decadimenti in un tempo dt e dato da:

dN = −λN(t) dt ,

da cui

N(t) = N(0)e−λt .

La vita media, cioe il tempo medio per cui una particella esiste prima didecadere, e data da:

τ =1

λ=

t1/2

ln2∼ 1.44 t1/2 ,

dove t1/2 e il tempo nel quale una meta delle particelle decadono.

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Il decadimento

Si consideri una particella a riposo (~p = 0):

Ψ(t) = Ψ(0)e−i Et/~ .

L’energia di questo stato e reale:

|ψ(t)|2 = |ψ(0)|2

non dipendente dal tempo. Una tale particella non decade.

Per introdurre un decadimento esponenziale si deve aggiungere all’energia unapiccola parte immaginaria:

E = E0 − 12 iΓ ,

ove 1/2 e messo per comodita di calcolo. L’energia dello stato diventa:

|ψ(t)|2 = |ψ(0)|2e −Γt~

che e in accordo con la legge di decadimento se: Γ = λ~ .

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Il decadimento

La funzione d’onda di uno stato che decade e allora data da:

Ψ(t) = Ψ(0)e−iEt/~ · e−Γt/2~

Ψ(t) e funzione del tempo: quale e la probabilita che la particella emessaabbia un’energia E?

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Il decadimento

Un cambio da Ψ(t) a Ψ(E ) e effettuato mediante una trasformata di Fourier :

f (t) = (2π)−12

∫ ∞−∞

dω g(ω)e−iωt

g(ω) = (2π)−12

∫ ∞−∞

dt f (t)e iωt

Poniamo f (t) = Ψ(t); t e ω siano il tempo e la frequenza. Se il decadimentoinizia a t = 0, si ha:

g(ω) = (2π)−12 ·Ψ(0)

∫ ∞0

dt e i(ω− E0~ )t · e− Γt

2~ ,

che equivale a:

g(ω) =Ψ(0)

(2π)12

· i~(~ω − E0) + i Γ

2

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Il decadimento

g(ω) e proporzionale alla ampiezza di probabilita che la frequenza ω sia presentenella espansione di Fourier di Ψ(t). Poiche E = ~ω, la densita di probabilita P(E)di trovare un’energia E e ancora proporzionale a:

|g(ω)|2 = g∗(ω) · g(ω)

P(E ) = cost · g∗(ω)g(ω) = cost · ~2

|Ψ(0)|2

(E − E0)2 + Γ2

4

Con la condizione: ∫ +∞

−∞P(E )d(E ) = 1

si ha:

cost =Γ

~2 |Ψ(0)|2

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Il decadimento

per cui:

P(E ) =Γ

1

(E − E0)2 + ( Γ2 )2

L’energia di uno stato che decade non e esattamente definita.La piccola parte immaginaria introdotta porta al decadimento ma da anche luogoad un allungamento dello stato.La larghezza dello stato e chiamata ’‘larghezza naturale della riga”.

La forma della funzione P(E) e chiamata Lorentziana o curva di Breit-Wigner.Γ e la larghezza completa a meta altezza della curva.

Inoltre da: τ = 1λ e Γ = λ~ otteniamo:

τΓ = ~

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Curva di Breit-Wigner

Questa relazione puo essere interpretata come la relazione di incertezza diHeisenberg :

∆t∆E ≥ ~

Figure: Curva di Breit-Wigner

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I tre decadimenti

La larghezza strumentale (cioe la risoluzione in energia dello strumento), e moltopiu piccola, spesso, di quella naturale.

Particella Massa(MeV /c2) Decadimento τ(s) Interazioneµ 106 eνν 2.2× 10−6 Deboleπ± 140 µν 2.6× 10−8 Deboleπ0 135 γγ 8.7× 10−17 Elettromag.η 549 γγ, πππ 6.3× 10−19 Elettromag.ρ 769 ππ 4.3× 10−24 Forten 940 pe−ν 0.90× 103 DeboleΛ 1116 p π−, nπ0 2.6× 10−10 Debole∆ 1232 Nπ 6× 10−24 ForteBe∗ 3726 2α 6×10−22 Forte

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Il decadimento

Da questa tavola si puo notare:

(1) Non vi e alcun rapporto fra semplicita e decadimento.L’elettrone e il µ differiscono solo per la massa, ma il muone decade. Ildeutone, composto da un protone ed un neutrone, e stabile, ma il neutronelibero decade. I pioni carichi decadono lentamente, mentre il π0 decaderapidamente.I dati suggeriscono che una particella decade se cio e possibile, e che e stabilesolo se non vi e alcuno stato di piu bassa energia (massa) nel quale le siapermesso decadere.

Stabilita non e un criterio per elementarieta.La stabilita , come abbiamo detto, dipende solo dalla possibilita di decaderein una particella piu leggera!

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Il decadimento

(2) Esistono tre diversi modi di decadimento, corrispondenti alle tre forze:debole, elettromagnetica e forte. Alle tre forze corrispondono tempi didecadimento su scale completamente diverse.Infatti:

• Decadimenti deboli → τ ≥ 10−12 s• Decadimenti elettromagnetici → τ ≤ 10−16 s• Decadimenti forti → τ ∼ 10−23 s

Questi numeri sono estremamente importanti in fisica delle particelle, evanno ricordati!

(3) Il tipo di particella o di ”quanto” emesso non e sempre una indicazionedell’interazione in gioco.Λ e ∆ decadono ambedue tramite un protone ed un pione, ma la ∆ decade1014 volte piu rapidamente.

Ci debbono essere delle Regole di Selezione.

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Regole di selezione

Vediamo quindi quali sono i principi di conservazione (Regole di selezione) ai qualidevono obbedire tutte le reazioni di particelle elementari, e quindi anche idecadimenti.

1 Leggi di conservazione cinematiche: energia, momento, momentoangolare. Si applicano chiaramente a tutte le tre interazioni;

2 Conservazione della carica elettrica: tutte e tre le interazioni conservanola carica elettrica;

3 Conservazione del colore: anche se la forza e.m. e la forza debole nonsentono la carica di colore, tutte e tre le interazioni conservano il colore;

4 Conservazione del numero barionico: tutte e tre le interazioni conservanoil numero barionico;

5 Conservazione del numero elettronico, muonico e tauonico: tutte e trele interazioni li conservano, anche se le forze forti non toccano i leptoni;

6 Conservazione del flavour: e l’unica legge di conservazione che non ecomune a tutte le tre interazioni, quindi non e assoluta. Il flavour infattie conservato nelle interazioni forti ed e.m., ma non in quelle deboli. E’proprio la violazione del flavour che consente a molte particelle di fare undecadimento di tipo debole.

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La diffusione di particelle

Gli esperimenti di diffusione sono uno strumento importante sia in fisicanucleare che in quella delle particelle. Essi vengono utilizzati per studiareinterazioni fra particelle, nonche per ottenere informazioni sulla strutturainterna dei nuclei atomici e dei loro costituenti.

In un tipico esperimento di diffusione, il bersaglio viene bombardato con un fasciodi particelle di energia solitamente ben definita. Tra i proiettili e il bersaglioavverranno un certo numero di reazioni del tipo:

a + b → c + d

Il numero di particelle prodotte nell’unita di tempo, le loro energie, le loro masse eangoli di emissione possono essere determinati per mezzo di opportuni strumentidi rivelazione.

Torneremo a trattare ampiamente la diffusione di particelle quando introdurremole interazioni elettromagnetiche.

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Diffusioni elastiche ed anelastiche

Ci sono due particolari tipi di diffusione:

1 1. Diffusione elastica:in un processo di diffusione elastica, del tipo

a + b → a′ + b′

le particelle prodotte nella reazione sono le stesse presenti prima dellainterazione. Si noti che l’energia cinetica totale e conservata.

2 2. Diffusione anelastica:in un processo di diffusione anelastica, del tipo

a + b → a′ + b∗ → a′ + c + d

parte dell’energia cinetica trasferita dalla particella a al bersaglio b portaquest’ultimo in uno stato eccitato b∗, che tornera dopo un certo tempoallo stato fondamentale emettendo una particella leggera (mesone o fotone)oppure decadra in due o piu particelle.

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La sezione d’urto

La misura di una reazione in cui solo la particella a′ viene osservata (mentre glialtri prodotti di reazione non sono rivelati) va sotto il nome di misura inclusiva.Se, viceversa, vengono rivelati tutti i prodotti della reazione, si parla di misuraesclusiva.

La quantita piu importante per la descrizione e l’interpretazione delle reazioni didiffusione tra particelle e la sezione d’urto σ, che e una misura della probabilitache avvenga una reazione tra le due particelle coinvolte.

Le informazioni che la sezione d’urto ci da sono:

1 Tipo di interazione (forte, e.m., debole) che e causa della diffusione, cio cherende la diffusione piu o meno probabile (le sezioni d’urto forti sono moltopiu grandi di quelle e.m. o deboli);

2 Potenziale dell’interazione e suo ”range”;

3 Struttura della particella bersaglio (supponendo il proiettile puntiforme).

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Sezione d’urto differenziale

La sezione d’urto differenziale dσ nell’elemento di angolo solido dΩ e definitacome il rapporto tra il numero di particelle deflesse in dΩ al secondo e il numerodi quelle incidenti per unita di superficie e per unita di tempo (il flusso diparticelle incidenti):

dσ(E , θ, φ) = σ(E , θ, φ)dΩ =numero di particelle deviate in dΩ/sec

numero di particelle incidenti/(cm2sec)=

dN

F

Si definisce quindi come sezione d’urto per unita di angolo solido dσ/dΩ:

dΩ=

1

F

dN

L’unita di misura della sezione d’urto e quella di un’area:

[σ] =[N]

[F ]=

1/sec

1/(cm2sec)= cm2

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Sezione d’urto differenziale

La sezione d’urto ci fornisce una stima della superficie effettiva del bersaglio”vista” dal proiettile, cioe delle dimensioni dell’oggetto. Per dimensioni, nonintendiamo le semplici dimensioni geometriche dell’oggetto ma quelle che tengonoconto anche della portata dell’interazione del bersaglio con il proiettile.

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La sezione d’urto

Se l’interazione fosse banalmente dovuta al contatto materiale tra un proiettilesupposto puntiforme e un bersaglio di raggio RB , cioe se il proiettile venissediffuso solo se tocca il bersaglio, allora la sezione d’urto totale corrisponderebbealla superficie geometrica in sezione del bersaglio (σ = πR2

B ).

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La sezione d’urto

Se invece anche il proiettile A ha raggio rA, allora le particelle A saranno diffuse sesono contenute entro una superficie di raggio pari a (rA + RB ) e pertanto lasezione d’urto sara σ = π(rA + RB )2, che non e piu l’area della sezione di B, maquella di un oggetto ideale avente un raggio dato dalla somma dei raggi di A e B,quindi non rappresenta solo la dimensione di uno o dell’altro, ma ha a che fare conla portata della loro interazione:

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La sezione d’urto

Se l’interazione puo anche avvenire a distanza, allora la sezione d’urto noncoincidera piu semplicemente con le dimensioni geometriche dell’oggetto,ma con le dimensioni effettive che ”vede” il proiettile, che tengono contoanche della portata dell’interazione.

Fino ad ora abbiamo supposto che il fascio incidente di particelle A incontri ununico bersaglio B, cioe un unico centro diffusore. Nella realta i bersagli sonocostituiti da molti centri diffusori del tipo B. Se abbiamo un unico centrodiffusore, il numero di particelle rivelate nell’angolo solido dΩ nell’unita di tempo e

dN = F · dσ(E , θ, φ)

Supponiamo invece che il fascio di particelle A abbia una certa sezione SA e che ilbersaglio sia un foglio di spessore Ltarg contenente nB centri diffusori per unita divolume ([nB ] = 1/cm3).In tal caso il numero di particelle diffuse e quindi rivelate nell’angolo solido dΩnell’unita di tempo sara dato dal numero di particelle diffuse da un singolo centrodiffusore B moltiplicato per il numero NB di centri diffusori contenuti in unvolumetto di sezione SA e spessore Ltarg che vengono intercettati dal fascio.

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La sezione d’urto

Si ha che: NB = V · nB = SA · Ltarg · nB .Il numero di particelle diffuse sara quindi:

dN = F · NB · dσ −→ dN = F · SA · Ltarg · nB · dσ

Se l’area del fascio SA e piu estesa di quella del bersaglio SB , l’area SA verrasostituita da SB o piu in generale da S, definita come l’area di sovrapposizione trail fascio e il bersaglio:

dN = F · S · Ltarg · nB · dσRoberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universita di Roma Tor Vergata)Elementi di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 2 A.A. 2019-2020 24 / 52

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La luminosita

Integrando la formula appena scritta rispetto all’angolo solido dΩ, otteniamo cheil numero totale di particelle diffuse in tutto l’angolo solido nell’unita di tempo e :

N = F · NB · σTOT = F · nB · Vtarg · σTOT = L · σTOT ,

dove la quantita L e della luminosita .

La luminosita dipende unicamente dalle caratteristiche del bersaglio (nB =numero di centri diffusori al cm3 nel bersaglio e Ltarg = spessore del bersaglio) edel fascio incidente (F = flusso e S sezione di sovrapposizione fascio-bersaglio).Essa ci fornisce il tasso (”rate”=numero di eventi/sec) di eventi che sarannodiffusi in tutti l’angolo solido per unita di tempo, nota la sezione d’urto:

N = L · σTOT ,

E’ un parametro importante che fornisce una misura della probabilita diincontro (1/sec) per unita di area in un processo di collisione. L’unita dimisura e [1/sec· cm2]. Per ricavare la sezione d’urto quindi, note le caratteristichedel fascio e del bersaglio e avendo misurato sperimentalmente un certo numero diparticelle N/sec nel rivelatore, la sezione d’urto sara data da: σTOT = N/L.

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Regola d’oro di Fermi

La sezione d’urto puo essere determinata sperimentalmente dal conteggio delleinterazioni, dN/N. Vogliamo pero mostrare che essa puo essere anche dedottateoricamente.

Il tasso di conteggi dipende dalle caratteristiche dell’interazione Hint . In unareazione, questo potenziale trasforma una funzione d’onda dallo stato iniziale ψi aquello finale ψf .L’elemento di matrice della transizione e dato da:

Mfi =< ψf |Hint |ψi >=

∫ψ∗f Hint ψi dV

Questo elemento di matrice rappresenta la ampiezza di probabilita dellatransizione in esame.

Il tasso di reazioni dipendera anche dal numero di stati finali disponibili per lareazione. Ogni particella occupa nello spazio delle fasi (lo spazio a 6 dimensionidefinito dall’impulso e dalla posizione della particella) un volume pari ah3 = (2π~)3 (principio di inderminazione).

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Regola d’oro di Fermi

Consideriamo una particella diffusa in un volume V e in un intervallo di impulsi trap′ e p′ + dp′. Nello spazio degli impulsi, questo corrisponde ad una calotta sfericache occupa un volume 4πp′2dp′. Il numero di stati finali disponibili e quindi datoda:

dn(p′) =V · 4πp′2

(2π~)3dp′

L’energia e l’impulso di una particella sono connessi da: dE ′ = v ′ dp′.La densita degli stati finali nell’intervallo di energia dE ′ sara, quindi, data da:

ρ(E ′) =dn(E ′)

dE ′=

V · 4πp′2

(2π~)3v ′

Il legame tra il tasso di reazioni, l’elemento di matrice della transizione e ladensita degli stati finali e espresso dalla regola d’oro di Fermi. Essa esprime iltasso di reazioni W (normalizzato a una particella del bersaglio e una del fascio)nella forma:

W =2π

~|Mfi |2 · ρ(E ′)

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Regola d’oro di Fermi

Il rapporto tra la sezione d’urto e W e il seguente:

W =σ · va

Vcon va = velocita della particella

La sezione d’urto e quindi data da:

σ =2π

~ va|Mfi |2 · ρ(E ′) · V

Se il potenziale di interazione e noto, la sezione d’urto puo essere calcolatateoricamente. Viceversa, la sezione d’urto sperimentale e quest’ultimaequazione possono essere utilizzate per determinare l’elemento di matricedella transizione in esame.

La regola d’oro si applica non solo ai processi di diffusione, ma anche ai processispettroscopici come il decadimento di particelle, l’eccitazione di risonanze e letransizioni tra stati di diversa energia.

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Stati eccitati e Risonanze

Consideriamo la collisione di due adroni: quello incidente corrisponde ad unafunzione d’onda con lunghezza di de Broglie λ (quindi un certo impulso), e l’altroin quiete nel sistema del laboratorio.Se, al variare dell’energia della particella incidente (o al variare dell’energia nelcentro di massa), ad un certo valore di λ, e per un particolare valore del momentoangolare relativo tra i due adroni l, la sezione d’urto passa per un massimo, si diceche si ha una risonanza adronica.La risonanza e caratterizzata da:

un momento angolare J=l (per particelle senza spin);

una parita definita;

un valore unico dell’isospin I;

una massa uguale all’energia totale nel centro di massa alla quale si ha ilmassimo di risonanza;

una vita media definita, determinabile in base ai parametri della curva.

L’aumento di eventi, e quindi della sezione d’urto, e visibile con una tipicadistribuzione a campana, che e la stessa distribuzione di Breit-Wigner vistaper i decadimenti.

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Stati eccitati e Risonanze

Sezione d’urto totale per diffusione π+ su p e π− su p. I picchi sono da attribuire a statieccitati con vita media breve. Questi picchi sono detti risonanze. Il simbolo ∆ siriferisce a risonanze con I=3/2, mentre quello N a risonanze con I=1/2.

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Stati eccitati e Risonanze

In fisica atomica, la risonanza nucleare consiste nel presentarsi di valoriparticolarmente elevati della sezione d’urto fra una particella proiettile e un nucleobersaglio, in corrispondenza a determinati valori dell’energia disponibile perl’interazione.

L’energia cinetica depositata dal proiettile nel nucleo corrisponde all’energiacinetica di rinculo piu una energia di eccitazione ε∗ che lo fara transire o in unostato eccitato discreto o in uno stato eccitato colletivo vibrazionale o rotazionale(risonanze giganti del nucleo).

Il fenomeno e rappresentato nella prossima figura dove e riportato il numero diconteggi (la sezione d’urto) dell’urto tra elettroni e nuclei di 12Ca, in funzionedell’energia E3 dell’elettrone.In corrispondenza a un determinato valore di E si ha un picco la cui forma e la cuialtezza possono calcolarsi mediante la formula di Breit-Wigner.

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Stati eccitati e Risonanze

Spettro in energia (=numero di elettroni in funzione dell’energia) di elettroni diffusi adun angolo fisso (θ=65.4 gradi) su un nucleo di 12C. Il primo picco a destra e quelloelastico, seguono i vari livelli discreti eccitati del nucleo; il picco piu rilevante a E3=463MeV e quello della risonanza gigante di dipolo elettrico.

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Invarianze e leggi di conservazione

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Quantita conservate e simmetrie

Quando e conservata una grandezza fisica?Si abbia l’equazione di Schrodinger:

i~dψ

dt= Hψ (1)

Il valore di un osservabile F nello stato ψ(t) e dato dal valore di aspettazione<F>. Quando <F> e indipendente dal tempo?

Assumiamo che l’operatore F non dipenda dal tempo. Avremo:

d < F >

dt=

d

dt

∫d3xψ∗Fψ =

∫d3x

dψ∗

dtFψ +

∫d3xψ∗F

dt.

Per valutare l’ultima espressione, prendiamo l’equazione di Schrodinger complessaconiugata:

−i~dψ∗

dt= (Hψ)∗ = ψ∗H ; (H e reale) (2)

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Quantita conservate e simmetrie

Mettendo insieme la (1) e la (2), avremo allora:

d < F >

dt=

i

~

∫d3xψ∗(HF − FH)ψ (3) .

HF - FH e chiamato commutatore di H e F:

HF − FH = [H,F ] (4)

<F> e conservato (e una costante del moto) se [H,F] = 0.

Se [H,F ] = 0 → d < F >

dt= 0 . (5)

Se H e F commutano, le autofunzioni di H possono essere scelte in modo chesiano anche autofunzioni di F:

Hψ = Eψ Fψ = f ψ ; (6)

E e l’autovalore dell’energia e f quello dell’operatore F nello stato ψ.Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universita di Roma Tor Vergata)Elementi di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 2 A.A. 2019-2020 35 / 52

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Operatori di simmetria

Come si puo trovare una quantita conservata?Un osservabile conservato puo essere trovato se l’invarianza di H sottoun’operazione di simmetria viene stabilita (teorema di Noether).

Per definire una operazione di simmetria introduciamo un operatore ditrasformazione U. Questo operatore cambia una funzione d’onda ψ(~x , t) inun’altra funzione ψ

′(~x , t). Una tale trasformazione e ammissibile solo se non viene

cambiata la normalizzazione della funzione d’onda:

ψ′(~x , t) = Uψ(~x , t) (7)∫

d3xψ∗ψ =

∫d3x(Uψ)∗Uψ =

∫d3xψ∗U+Uψ

Se A e un operatore, l’Hermitiano aggiunto e definito da :∫d3x(Aψ)∗φ =

∫d3xψ∗A+φ

L’operatore A e hermitiano se A+ = A, unitario se A+ = A−1, cioe se A+A = 1.Gli operatori unitari sono generalizzazioni di e iα, numeri complessi dal valoreassoluto 1.

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Operatori di simmetria

Tornando quindi all’equazione (7), affincha la normalizzazione della funzioned’onda non venga cambiata, l’operatore di trasformazione U deve essere unitatio:U+U = UU+ = I .

U e un operatore di simmetria se U soddisfa la stessa equazione di Schrodinger diψ. Quindi, da:

i~dUψ

dt= HUψ segue che i~

dt= U−1HUψ ,

dove U e assunto essere indipendente dal tempo.

Il confronto con i~ dψdt = Hψ da:

H = U−1HU = U+HU, oppure HU − UH = [H,U] = 0 .

L’operatore di simmetria U commuta con l’hamiltoniana.Questo e il modo di trovare osservabili conservate.

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Operatori di simmetria

Un generico operatore F sara osservabile, e quindi rappresentera una quantitafisica, se e hermitiano. Per corrispondere a determinati valori reali, infatti, F deveavere un valore di aspettazione reale. Conseguentemente F+ = F , quindi F ehermitiano.

Tornando all’operatore di trasformazione U, sara osservabile se e hermitiano.Se U non e hermitiano, si puo trovare un operatore hermitiano F relativo ad U eche soddisfi [H,F]=0.

In generale gli operatori di trasformazione non sono hermitiani e noncorrispondono, quindi, a degli osservabili. Tuttavia esistono eccezioni.

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Simmetrie non continue (discrete)

Notiamo innanzitutto che vi sono due tipi di trasformazioni, continue e noncontinue.

Le continue si connettono facilmente all’operatore unita; quelle non continue no.Tra quest’ultima categoria troviamo gli operatori che sono simultaneamentehermitiani ed unitari.

Consideriamo, per esempio, l’operatore Parita, che cambia ~x in ~−x . Questaoperazione non e continua.Se l’inversione viene fatta due volte, si ritorna alla situazione originale; glioperatori non continui hanno spesso questa proprieta:

U2n = 1 (da U+U = I e F+ = F ) (11)

Si ricava che Un e unitario e hermitiano, ed e quindi un osservabile.

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Simmetrie continue

L’operatore U per una trasformazione continua puo essere scritto nella forma :

U = e iεF , (12)

dove ε e un parametro reale ed F e chiamato il generatore di U. In generale, unatrasformazione continua puo essere fatta cosı piccola che il suo operatore siapprossima all’operatore unita.L’azione di un tale operatore esponenziale su una funzione d’onda ψ e definita da:

U ψ = e iεFψ = (1 + iεF +(iεF )2

2!+ ...)ψ .

Di regola, e iεF 6= e−iεF ed U non e hermitiana. Tuttavia la condizione diunitarieta U+U = I porta a:

e−iεF +

e iεF = e iε(F−F +) = 1 ovvero F = F+

Il generatore F dell’operatore di trasformazione U e un operatorehermitiano, ed e l’osservabile connesso ad U se U non e hermitiano.

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Simmetrie continue

Per trovare F, e usualmente piu vantaggioso considerare solo trasformazioniinfinitesimalmente piccole:

U = e iεF → U = 1 + iεF , εF << 1 . (14)

Se il sistema e invariante sotto trasformazioni finite, lo sara sicuramente anchesotto trasformazioni infinitesime. In particolare, se U e un operatore di simmetria,allora commuta con H.

Inserendo la (14) in [H,U], si ha:

H(1 + iεF )− (1 + iεF )H = 0 , o[H,F ] = 0 .

Il generatore F e un operatore hermitiano che e conservato se U e costante.

L’invarianza sotto trasformazioni continue porta ad una legge diconservazione additiva, mentre l’invarianza sotto trasformazioni noncontinue puo portare ad una legge di conservazione moltiplicativa.

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La carica elettrica

Come primo esempio di quantita conservata consideriamo la carica elettrica.In ogni reazione:

a + b → c + d + e

per la legge di conservazione della carica:

Σqiniziale = Σqfinale (16)

Poiche la carica e quantizzata, si ha q = Ne (17). Avremo quindi:

Na + Nb = Nc + Nd + Ne . (17)

La conservazione della carica elettrica richiede che N soddisfi una legge diconservazione additiva.L’equazione (16) e un esempio di legge di conservazione che, pertanto, deveessere collegata ad un principio di simmetria. Quale?

ψ descriva uno stato di carica q e soddisfi la

i~dψ

dt= Hψ (19)

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La carica elettrica

Se Q e l’operatore di carica, sappiamo che < Q > e conservato se H e Qcommutano. ψ puo allora essere scelto come una autofunzione di Q:

Qψ = qψ (20)

e l’autovalore q e anch’esso conservato. Quale simmetria garantisce che H e Qcommutano? Consideriamo una trasformazione di tipo continuo scritta in funzionedi un operatore:

ψ′

= e iεQψ (21)

dove ε e un parametro reale arbitrario e Q l’operatore di carica.La trasformazione (21) e chiamata trasformazione di gauge globale poiche eindipendente dalle coordinate spaziali e temporali.

Invarianza di gauge significa che ψ′

soddisfa la stessa equazione di Schrodingerdi ψ:

i~dψ′

dt= Hψ

′, cioe

i~d(e iεQψ)

dt= He iεQψ .

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La carica elettrica

Moltiplichiamo a sinistra per e−iεQ ; confrontando con la (19) (tenendo conto cheQ e un operatore indipendente dal tempo e hermitiano), otteniamo:

e−iεQHe iεQ = H . (22)

ε puo essere preso cosı che εQ << 1; espandendo l’esponenziale si ha:

(1− iεQ)H(1 + iεQ) = H . (23)

ovvero [Q,H] = 0.

L’invarianza sotto la trasformazione di gauge (21) garantisce laconservazione della carica.

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Traslazioni nello spazio

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Rotazioni nello spazio

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Rotazioni

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