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STUDIO DI RISONANZE BARIONICHE ATTRAVERSO LA FOTOPRODUZIONE DI MESONI SCALARI, VETTORIALI E DI PARTICELLE STRANE (I Parte) Rachele Di Salvo Lezione 19 Rachele Di Salvo STUDIO DI RISONANZE BARIONICHE ATTRAVERSO LA FOTOPRODUZION Lezione 19 1/1

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  • STUDIO DI RISONANZE BARIONICHE ATTRAVERSO LAFOTOPRODUZIONE DI MESONI SCALARI, VETTORIALI E DI

    PARTICELLE STRANE (I Parte)

    Rachele Di Salvo

    Lezione 19

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  • RICHIAMI DI QCD

    PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA QCD (Cromodinamica Quantistica)La QCD è considerata attualmente come la teoria più accreditata per la descrizione delleinterazioni forti.Ricordiamone gli elementi fondamentali:

    I quark sono i costituenti elementari che risentono delle interazioni forti e i mediatorisono i gluoni, che non risentono nè dell’interazione e.m. nè di quella debole.

    I quark esistono in 6 varietà di sapore (flavour): u, d, s, c, b, t.

    Ciascun quark di un determinato sapore può esistere in tre varietà di “colore”: R, G, B.

    Il “colore” è la sorgente del campo forte, come la carica elettrica lo è del campo e.m.

    Gli unici stati che si realizzano in natura sono quelli completamente antisimmetrici nellevariabili di colore (singoletti di colore). Gli adroni sono quindi globalmente neutri dalpunto di vista del colore, cioè non portano colore.

    I quark all’interno del nucleone si comportano come se fossero liberi (proprietà dellalibertà asintotica), come si osserva dalla diffusione di elettroni sul nucleone ad elevatomomento trasferito (Q2 →∞ che equivale a r → 0).I quark non esistono allo stato libero (proprietà del confinamento), come si osserva dalladiffusione a basso momento trasferito (Q2 → 0 che equivale a r →∞). Nel regime delconfinamento la costante di accoppiamento è molto grande.

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  • RICHIAMI DI QCD

    Dagli ultimi due punti precedenti si evince il comportamento della costante di accoppiamentoαS(Q

    2) delle interazioni forti, nei limiti di r → 0 e di r →∞:

    αS(Q2) −→Q2→∞,r→0

    0 regime di libertà asintotica

    αS(Q2) −→

    Q2→0,r→∞∞ regime di confinamento

    Tale comportamento può essere confrontato con quello della costante di accoppiamento e.m.:

    αE.M.(Q2) −→

    Q2→∞,r→0∞

    αE.M.(Q2) −→

    Q2→0,r→∞1/137

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  • RISONANZE BARIONICHE

    Il nucleone possiede un ricco spettro di risonanze, il che dimostra che esso è un oggettocomposito, cioè non puntiforme (al contrario, ad esempio, dei leptoni).Quando infatti il nucleone viene eccitato dal proiettile, ciò significa che l’urto del proiettilecon il nucleone non è più elastico e che una parte dell’energia del proiettile viene ceduta alnucleone non per produrre energia cinetica, ma per eccitare i quark all’interno del nucleonestesso. Lo stato eccitato di un protone o di un neutrone è detto “risonanza” del nucleone.

    La risonanza del nucleone è a tutti gli effetti una particella, cioè ad essa possono essereassociati numeri quantici, come la massa, la parità, il momento angolare. In particolare larisonanza del nucleone è essa stessa un barione, cioè ha numero barionico=1 e ha stranezzanulla.Si tratta tuttavia di uno stato che ha una vita media brevissima, dell’ordine di10−23 ÷ 10−24s, in quanto decade principalmente attraverso le interazioni forti e quindimolto rapidamente.Un discorso analogo può essere fatto per qualunque altro barione (cioè particella di spinsemi-intero composta da quark). Si parla in tal caso, più genericamente, di risonanzebarioniche che possono avere anche stranezza non nulla (o charm o bottom).Essendo anche i mesoni oggetti compositi, anche essi sono eccitabili e si parla in tal caso dirisonanze mesoniche.Nel seguito ci concentreremo unicamente sulle risonanze barioniche che hanno originedall’eccitazione di un nucleone.

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  • RISONANZE BARIONICHE NELLA DIFFUSIONE PIONE-NUCLEONE

    Le risonanze nucleoniche sono state osservate per la prima volta nelle reazioni pione-nucleone(le vide Fermi per la prima volta tra la fine degli anni ’40 e gli inizi degli anni ’50).

    I picchi della sezione d’urto in corrispondenza di determinati valori dell’energia nel C.M.possono essere interpretati come la formazione di stati risonanti del nucleone di massa MRpari a quell’energia. Supponendo il nucleone fermo nel sistema del laboratorio, la massa dellarisonanza è data da (guardate le notazioni della figura):

    (MR)2 = (pπ + pN )

    2 = (ELABπ +mN )2 − (~p LABπ ) 2 =

    = (ELABπ )2 +m2N + 2E

    LABπ mN − (~p LABπ ) 2 = m2π +m2N + 2E

    LABπ mN

    dove: mN = massa del nucleone

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  • RISONANZE BARIONICHE NELLA DIFFUSIONE PIONE-NUCLEONE

    Ecco alcuni esempi di reazioni, nelle quali la risonanza coinvolta è la ∆, esistente in quattro diversi

    stati di carica (∆++,∆+,∆0,∆−):

    π+ + p→ ∆++ → π+ + pπ− + p→ ∆0 → π− + p

    ∆0 → π0 + n

    Quando la risonanza barionica si diseccita, essa decade generalmente in un nucleone e uno o più

    mesoni. Questi sono solitamente pioni, ma, anche se meno frequentemente, possono essere η, η′, ω.

    Il barione prodotto dal decadimento può non essere il nucleone, bens̀ı una Λ o una Σ, purchè sia

    conservato il numero barionico. In tal caso il mesone prodotto in concomitanza dovrà essere un

    kaone K, per la conservazione della stranezza nelle interazioni forti. La risonanza coinvolta può

    anche essere una N∗ che esiste in due soli stati di carica, (N∗)+, (N∗)0. Ecco alcuni esempi di

    decadimenti:∆++ → p+ π+ ∆+, (N∗)+ → p+ π0

    → p+ π+ + π0 → n+ π+→ p+ π+ + π+ + π− → n+ π+ + π0

    ∆0, (N∗)0 → p+ π− ∆− → n+ π−→ n+ π0 → n+ π− + π0→ n+ π+ + π− → n+ π− + π+ + π−

    (N∗)+ → p+ η (N∗)0 → n+ η(N∗)+ → Λ +K+ (N∗)0 → Λ +K0

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  • RISONANZE BARIONICHE NELLA DIFFUSIONE PIONE-NUCLEONE

    Nelle figure a lato è illustrata la sezioned’urto della reazione π+ + p→ X (fig.in alto) e π− + p→ X (fig. in basso) infunzione di:

    (nella scala sotto le due figure) infunzione dell’impulso del fascio dipioni nel sistema del laboratorio;

    (nella scala al centro tra le duefigure) in funzione dell’energiatotale disponibile nel centro dimassa, che corrisponde alla massadella risonanza prodotta: incorrispondenza di una massa paria 1232 MeV , nella cosiddetta“prima regione delle risonanze”, èchiaramente visibile un’unicarisonanza, la ∆(1232); nelleregioni di massa più elevata invece(2a, 3a, 4a regione) sono presentimolte risonanze e non è possibilesepararne il contributo a causadella loro larghezza.

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  • RISONANZE BARIONICHE NELLA FOTOPRODUZIONE DIMESONI (DIFFUSIONE FOTONE-NUCLEONE

    Gli stessi stati risonanti sono stati osservati successivamente anche nelle reazioni difotoproduzione (e di elettroproduzione, che vedremo nella prossima trasparenza), nelle qualiil fotone eccita elettromagneticamente il nucleone e produce una risonanza barionica, che poidecade fortemente in uno o più mesoni e un nucleone. In questo caso abbiamo, da un lato,nella stato iniziale, l’intervento delle interazioni elettromagnetiche, dall’altro, nello statofinale, l’intervento delle interazioni forti.

    Ecco qualche esempio di reazioni di fotoproduzione:

    γ + p→ π0 + p γ + n→ π0 + nγ + p→ π+ + n γ + n→ π− + pγ + p→ η + p γ + n→ η + nγ + p→ ω + p γ + n→ ω + nγ + p→ K+ + Λ γ + p→ K+ + Σ

    dove nello stato intermedio può essersi formata una risonanza come quelle viste prima.

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  • SPETTRO DELLE RISONANZE BARIONICHE

    Le risonanze del nucleone sono osservabili anche nella sezione d’urto di diffusione di elettronesu protone:

    e+ p→ e′ +Xrappresentata in funzione dell’energia dell’elettrone diffuso, E′, a un angolo fissato didiffusione, o, il che è lo stesso, in funzione del modulo della massa invariante W del sistemafotone virtuale-protone e che rappresenta la massa dello stato intermedio creato.

    m2R = W2 = (pN + qγ∗ )

    2

    dove:pN = 4-impulso del nucleoneq∗γ = 4-impulso del γ virtuale scambiato

    Anche qui sono visibili le varie regioni di

    risonanze. L’ordine è invertito rispetto a quello

    del plot di πN in quanto l’energia residua E′

    dell’elettrone va in verso opposto alla massa delle

    risonanze prodotte (più è alta la loro massa più è

    bassa E′).

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  • CARATTERISTICHE DELLE RISONANZE BARIONICHE

    Poichè il principale modo di decadimento delle risonanze barioniche è il decadimento forte (inun nucleone e uno o più mesoni), la vita media di tali risonanze sarà molto breve e cioèdell’ordine dei tempi tipici delle interazioni forti:

    τ ' 10−23 ÷ 10−24s

    Per la relazione di indeterminazione di Heisenberg, questo equivale a dire chel’indeterminazione sull’energia della risonanza (cioè la larghezza della risonanza), che èinversamente proporzionale a τ , sarà molto grande:

    Γ =~τ

    =~cτc'

    200MeV ·

    =10−15m︷︸︸︷fm

    (10−24 ÷ 10−23)s · 3 · 108m/s' centinaio di MeV

    Le larghezze tipiche delle risonanze barioniche sono dell’ordine del centinaio di MeV .Considerando che i valori delle loro masse possono differire tra loro anche solo di pochedecine di MeV , questo significa che nella sezione d’urto totale le varie risonanze sisovrappongono. Fa unica eccezione la ∆(1232) in quanto nella prima regione è presente soloquesta risonanza. Nelle regioni di massa più elevata, dove sono presenti più risonanze aventimasse che differiscono anche solo di pochi MeV , le curve di eccitazione di queste risonanze sisovrapppongono rendendone praticamente impossibile la separazione attraverso la conoscenzadella sola sezione d’urto.

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  • CARATTERISTICHE DELLE RISONANZE NUCLEONICHE

    Ecco una lista di alcune delle risonanze del nucleone previste dai modelli nella secondaregione delle risonanze:

    P11(1440) D13(1520) S11(1535) F15(1680)

    ed ecco un dettaglio del contributo di tali risonanze che ci si attende per la fotoproduzionedel π0 (si intravede la coda della ∆(1232)).

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  • STUDIO DELLA STRUTTURA DEL NUCLEONE

    La scala delle energie alla quale il nucleone si eccita in una delle sue risonanze (senza quindivenire spaccato dal proiettile, come succede nella diffusione profondamente anelastica) e poisi diseccita, è la scala delle energie dette intermedie, in corrispondenza delle quali la costantedi accoppiamento delle interazioni forti (come abbiamo visto prima) è grande, perchè siamonel regime del confinamento.In tale regime energetico, i quark che compongono il nucleone (e che si scambiano gluoni traloro) non possono quindi essere descritti come liberi e quando il fotone li colpisce, l’effetto èquello di far transire lo stato in un livello eccitato (eccitazioni radiali, angolari), cioè i quarksi dispongono in uno stato energetico diverso, ma il nucleone non si spacca. Successivamenteesso ritorna allo stato fondamentale, diseccitandosi, e cioè emettendo uno o più mesoni.Non è possibile quindi descrivere le ampiezze di probabilità dei processi, usando quello cheviene definito un approccio “perturbativo” della teoria di QCD, come si fa alle alte energie(quando cioè si sviluppano le ampiezze in termini di potenze della costante di accoppiamento,termini che, essendo questa molto minore di 1, vanno decrescendo in importanza fino adessere trascurabili).Alle basse energie, occorre invece costruire dei modelli semi-fenomenologici che tentano didescrivere il nucleone in termini dei suoi gradi di libertà effettivi. Ciascuno di tali modelli sibasa sull’assunzione di una certa hamiltoniana per descrivere l’interazione quark-quark equindi prevede un diverso spettro delle risonanze del nucleone e loro modi di decadimento.Perchè un modello possa essere considerato valido, esso deve predire non solo lo spettro deglistati eccitati ma anche le ampiezze di transizione tra gli stati eccitati e lo stato fondamentale.

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  • STUDIO DELLA STRUTTURA DEL NUCLEONE

    Molti modelli per la descrizione del nucleone partono dalla descrizione di tre quarkcostituenti equivalenti (Constituent Quark Models) con una funzione d’onda che può esserecos̀ı fattorizzata:

    Ψ3q = ψcolor × Φflavour × χspin × ψspaceL’interazione tra quark che determina la parte spaziale della funzione d’onda si basa su:

    un potenziale a lungo range (portata), responsabile del confinamento (ad esempio unpotenziale di tipo oscillatore armonico più un termine anarmonico perturbativo pereliminare le degenerazioni nel numero quantico principale N);

    un termine iperfine a corto range, dipendente dallo spin, che provoca la separazione trarisonanze che si trovano nello stesso livello di oscillatore armonico, ma hanno spindifferenti (come il nucleone e la ∆(1232)).

    Altri modelli, invece, considerano due dei tre quark più legati tra loro (“di-quark”) e il terzomeno legato. Gli stati eccitati predetti da tali modelli sono ovviamente in numero minore,perchè minore è il numero di gradi di libertà del sistema.

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  • STUDIO DELLA STRUTTURA DEL NUCLEONE

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  • STUDIO DELLA STRUTTURA DEL NUCLEONE

    La teoria è in grado di riprodurre in modo abbastanza soddisfacente l’andamento dei primilivelli sperimentali. Tuttavia il numero di risonanze previste dai modelli è di gran lungasuperiore a quello osservato sperimentalmente. Questo dà origine al problema dellecosiddette “risonanze mancanti” (missing resonances in inglese).Le risonanze vengono indicate con una notazione analoga alla notazione spettroscopica deilivelli eccitati nucleari:

    L2I 2J (mR)

    dove:

    L = S, P,D, ... è il momento angolare con il quale vieneemesso il pione rispetto al nucleone nel decadimentodella risonanza ⇒ determina diverse distribuzioniangolari dei prodotti finali nel sistema del C.M.

    I è l’isospin della risonanza;

    J è lo spin della risonanza;

    mR è la massa della risonanza.

    Le risonanze si dividono in due grandi categorie:

    isospin I = 1/2 → chiamate N∗: esistono in due stati di carica (+/0). Il protone e ilneutrone sono i livelli più bassi.

    isospin I = 3/2 → chiamate ∆∗: esistono in quattro stati di carica (++/+/0/-). Le∆(1232) sono il livello più basso.

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  • STUDIO DELLA STRUTTURA DEL NUCLEONE

    In generale l’ampiezza di una fotoreazione (e quindi la sua sezione d’urto) contiene ilcontributo di più risonanze simultaneamente.Ogni risonanza può venir eccitata da un multipolo elettrico e uno magnetico (a eccezione dialcuni casi particolari), a seconda dei numeri quantici del fotone incidente, e a questicorrispondono distribuzioni angolari diverse della sezione d’urto nel C.M.

    ⇒ Risonanze con diverso J producono distribuzioni angolari diverse nella sez. d’urto diff.⇒ Come si vede però dalla tabella, le risonanze con lo stesso J ma opposta parità hannostesse distribuzioni angolari.

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  • STUDIO DELLA STRUTTURA DEL NUCLEONE

    Problema delle “risonanzemancanti”⇒ è un problema teorico?(non sono stati individuati icorretti gradi di libertà delnucleone?)⇒ è un problema sperimentale?(non sono state adoperatetecniche adeguate per rivelaregli stati risonanti?)

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  • DAL PUNTO DI VISTA SPERIMENTALE...

    Il principale problema che si incontra è quello già descritto prima e cioè che il canale didecadimento dominante delle risonanze nucleoniche è il decadimento forte attraverso l’emissione diuno o più mesoni⇒ le vite medie degli stati eccitati sono quelle tipiche delle interazioni forti (τ ' 10−23 ÷ 10−24s)⇒ le larghezze degli stati risonanti sono dell’ordine del centinaio di MeV⇒ Dal momento che le masse delle risonanze spesso differiscono tra loro di appena una decina diMeV , vi è una grande sovrapposizione tra le diverse risonanze nella sezione d’urto totale delprocesso.

    ⇒ Questo rende molto difficile identificare e separare le varie risonanze nella sezione d’urto totaleinclusiva di fotoassorbimento su nucleone:

    γ + p→ X γ + n→ X

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  • DAL PUNTO DI VISTA SPERIMENTALE...

    ⇒ La situazione migliora se si seleziona uno specifico canale di decadimento nello statofinale. Si ha infatti il vantaggio che si riduce il numero delle risonanze coinvolte nel processoe quindi il quadro da analizzare è più chiaro. Vediamo ad esempio la differenza tra lerisonanze che contribuiscono in queste due reazioni di fotoproduzione:

    γ + p→ p+ π0 Fotoproduzione di π0

    γ + p→ p+ η Fotoproduzione di η

    Come si vede, nel caso della fotoproduzione di η, per ragioni che spiegheremo tra poco, lerisonanze che contribuiscono sono molte di meno e quindi possono essere individuate eseparate più facilmente.

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  • DAL PUNTO DI VISTA SPERIMENTALE...

    Nel caso della fotoproduzione dell’η si verifica che ad energie poco sopra la soglia di fotoproduzionedell’η, contribuisce solo la risonanza S11(1535) che è una risonanza di tipo N

    ∗. Infatti il contributodi tale risonanza è chiaramente visibile nella sezione d’urto totale di fotoproduzione di η:

    γ + p→ η + pLa situazione è simile a quella che si verifica nel caso della fotoproduzione di pione:

    γ + p→ π0 + p

    nella prima regione delle risonanze, nella quale è presente un’unica risonanza (la ∆(1232)). Nel

    caso dell’η però, ad energie poco superiori, iniziano comunque a contribuire anche risonanze diverse

    dalla S11(1535), il cui contribuito non è percepibile nella sezione d’urto totale, ma lo è, come

    vedremo subito, leggermente nelle sezioni d’urto differenziali e chiaramente invece nelle asimmetrie

    di fascio.

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  • DAL PUNTO DI VISTA SPERIMENTALE...

    Dato che le risonanze hanno momenti angolari definiti, i loro prodotti finali hanno distribuzioni

    angolari diverse nel C.M.; quindi, se le risonanze che contribuiscono al processo sono poche, è

    possibile individuarle anche nel comportamento delle sezioni d’urto differenziali della reazione.

    In questo esperimento il contributo delle altrerisonanze comincia ad essere visibile a partiredal terzo intervallo di energia e solo grazie alfatto che la risoluzione sperimentale è moltobuona (piccole barre d’errore).

    Se però le risonanze che contribuiscono simultaneamente nella stessa regione di energia sono molte,le distribuzioni angolari si mescolano e quindi lo studio può non essere sufficiente.

    ⇒ Un modo per ovviare a questo problema è quello di usare un fascio di fotoni polarizzato (e/o unbersaglio di nucleoni polarizzati) e ciò permette di separare meglio il contributo delle varie

    risonanze (per ragioni che non spieghiamo qui).

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  • DAL PUNTO DI VISTA SPERIMENTALE...

    L’osservabile “asimmetria di fascio” è legataalla differenza tra la sezione d’urto con unfascio di fotoni polarizzati linearmente lungouna direzione e quella con un fasciopolarizzato lungo la direzione perpendicolare.Nel grafico di tale osservabile, il contributodelle risonanze di massa diversa dallaS11(1535) è visibile a partire già dai primiintervalli di energia. Se infatti al processo difotoproduzione dell’η contribuisse solo larisonanza S11(1535), l’asimmetria di fasciosarebbe uguale a zero (non spieghiamoperché). Il fatto che essa sia diversa da zero,per energie comprese tra la soglia difotoproduzione dell’η e 900 MeV (negliintervalli di energia cerchiati in rosso infigura), e con andamento simmetrico rispettoa ϑCM = 90

    ◦ (l’andamento è proporzionale a(sin2 ϑCM )), indica che c’è stataun’interferenza tra le risonanze S11(1535) eD13(1520).

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  • DAL PUNTO DI VISTA SPERIMENTALE...

    Per energie superiori a 900 MeV , l’andamentodell’asimmetria diventa asimmetrico rispetto aϑCM = 90

    ◦ (diventa proporzionale a(sin2 ϑCM cosϑCM )) (intervalli di energiacerchiati in rosso in figura), e questo èinterpretabile come un’interferenza tra lerisonanze S11(1535) e F15(1680).

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  • REGOLE DI CONSERVAZIONE DI ISOSPIN

    L’isospin, come sappiamo, è un numero quantico che viene conservato nelle interazioni forti.Pertanto esso deve essere conservato nel vertice del decadimento forte della risonanza inmesone e nucleone.

    La fotoproduzione di un mesone conI = 0 può avvenire solo se nello statointermedio la risonanza prodotta haI = 1/2 (risonanze di tipo N∗)

    La fotoproduzione di un mesone con I = 1può avvenire se nello stato intermedio èstata prodotta sia una risonanza conI = 1/2 sia una con I = 3/2 (risonanze ditipo N∗ e di tipo ∆)

    ⇒ I mesoni isoscalari (η, η′, ω) sono un “filtro” di isospin.Rachele Di Salvo STUDIO DI RISONANZE BARIONICHE ATTRAVERSO LA FOTOPRODUZIONE DI MESONI SCALARI, VETTORIALI E DI PARTICELLE STRANE (I Parte)Lezione 19 24 / 1