Economia Politica

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OLIGOPOLIO L’oligopolio è la forma di mercato empiricamente più rilevante e diffusa. Es. Industria dell'auto. E’ una forma di mercato in cui esistono poche grandi imprese. Non è una definizione tecnica. Se abbiamo un duopolio (N=2 imprese) e queste due imprese si trovano di fronte la stessa curva di domanda di mercato (relazione inversa tra prezzo unitario e quantità domandata), se le due imprese decidono entrambe di produrre quantità consistenti, la quantità complessiva prodotta porterà a un certo prezzo In altre parole si ha un fenomeno di interdipendenza o rivalità oligopolistica, cioè il profitto di un’impresa in oligopolio non è solo funzione delle sue decisioni di produzione o di prezzo, ma dipende anche dia quelle delle altre imprese rivali, a differenza del monopolio e della concorrenza perfetta in cui il comportamento della singola impresa e il suo profitto dipende solo dalle sue decisioni. Ciò significa che riuscire a individuare l'equilibrio di mercato in una situazione di monopolio è più complesso a causa di questo fenomeno di interdipendenza. Grazie alla teoria dei giochi però abbiamo degli strumenti di analisi atti a esaminare tali situazioni. Il primo gioco è il dilemma del prigioniero: è un gioco nell'ambito della teoria dei giochi per studiare le situazioni interdipendenza. Abbiamo N=2 persone A e B che hanno commesso un delitto ma non ci sono prove per sanzionarli. La prova c'è solo se uno dei due confessa. L'autorità interroga i due in luoghi separati e i due si trovano di fronte a due scelte possibili: A può: 1. Confessare 2. Negare

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Oligopolio, DME, Teorema di Coase

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OLIGOPOLIO

L’oligopolio è la forma di mercato empiricamente più rilevante e diffusa. Es. Industria dell'auto.

E’ una forma di mercato in cui esistono poche grandi imprese. Non è una definizione tecnica. Se abbiamo un duopolio (N=2 imprese) e queste due imprese si trovano di fronte la stessa curva di domanda di mercato (relazione inversa tra prezzo unitario e quantità domandata), se le due imprese decidono entrambe di produrre quantità consistenti, la quantità complessiva prodotta porterà a un certo prezzo

In altre parole si ha un fenomeno di interdipendenza o rivalità oligopolistica, cioè il profitto di un’impresa in oligopolio non è solo funzione delle sue decisioni di produzione o di prezzo, ma dipende anche dia quelle delle altre imprese rivali, a differenza del monopolio e della concorrenza perfetta in cui il comportamento della singola impresa e il suo profitto dipende solo dalle sue decisioni.

Ciò significa che riuscire a individuare l'equilibrio di mercato in una situazione di monopolio è più complesso a causa di questo fenomeno di interdipendenza. Grazie alla teoria dei giochi però abbiamo degli strumenti di analisi atti a esaminare tali situazioni.

Il primo gioco è il dilemma del prigioniero: è un gioco nell'ambito della teoria dei giochi per studiare le situazioni interdipendenza.

Abbiamo N=2 persone A e B che hanno commesso un delitto ma non ci sono prove per sanzionarli. La prova c'è solo se uno dei due confessa. L'autorità interroga i due in luoghi separati e i due si trovano di fronte a due scelte possibili:

A può:

1. Confessare 2. Negare

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B può:

1. Confessare 2. Negare

Si ha una matrice dei pay­off (risultati) dei mesi che passeranno in galera.

confessare negare

confessare ­3,­3 0,­5

negare ­5,0 ­1,­1

1º caso: se tutti e due decidono di confessare viene loro comminata una pena di tre mesi (­3;­3).

2º caso: se tutti e due decidono di negare viene loro comminata una pena di un mese (­1;­1), risultato preferibile per entrambi alla condanna.

Nelle altre due caselle i due non adottano lo stesso comportamento ma in una A confessa e B nega, e viceversa, perchè i due non possono coordinarsi e attenersi a un accordo preventivo. Chi confessa quando l'altro nega assume il ruolo del pentito che viene premiato dall'ordinamento. Se A nega e B confessa, A viene punito a 5 anni (perché non si è pentito e ci sono prove per condannarlo) mentre B viene liberato. E viceversa.

Questo ordinare i numeri per riga a per colonna si chiama MATRICE, e quando è 2x2 si chiama MATRICE DEI PAY­OFF.

Consideriamo DUE AGENTI ECONOMICI AUTOINTERESSATI E RAZIONALI (ciascuno persegue la massimizzazione del proprio obiettivo, che nel caso dei prigionieri è la minimizzazione della durata del periodo detentivo).

I due si trovano a compiere una scelta NON COOPERATIVA, in quanto gli agenti non possono vincolare ex ante il loro comportamento. Il risultato aggregato (dei due risultati individuali) che i prigionieri ottengono se negano è (­1) + (­1) = ­2 che è il miglior risultato possibile. Il gioco però è non cooperativo e i due non possono vincolarsi a negare perché c'è una autorità inquirente che lo impedisce (vengono interrogati in stanze separate).

L'informazione dei prigionieri è perfetta e completa.

Questo gioco costituisce uno strumento utile per esaminare situazioni di interdipendenza: infatti il risultato che ottiene A non dipende solo della decisione di A ma anche dalla contestuale decisione di B (se A confessa ottiene ­3 se B confessa, ma 0 se B nega).

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Quale sarà l'equilibrio del gioco? Equilibrio è una situazione abbastanza conclusiva per la situazione che si vuole analizzare perché scelta dagli agenti economici o perché determinata come stato di quiete (come il reddito di equilibrio).

A è un agente autointeressato e razionale. Se suppone che B confessa, cosa gli conviene fare? Gli conviene confessare. Se B nega? Gli conviene confessare. Confessare è sempre la strategia migliore, detta STRATEGIA DOMINANTE, cioè la più conveniente indipendentemente dalla scelta dell’altro. Siccome il gioco è simmetrico, anche per B la strategia dominante sarà quella di confessare.

Il dilemma del prigioniero presenta un EQUILIBRIO DI STRATEGIE DOMINANTI, una strategia che definisce la scelta ottima quale che sia la scelta dell'altro (diversamente dall'EQUILIBRIO DI NASH, che definisce la scelta ottima di un individuo data la scelta ottima dell'altro).

Il dilemma del prigioniero dimostra che in situazioni di interdipendenza le scelte di agenti autointeressati e razionali non consentono di ottenere la massimizzazione dell'obiettivo della società nel suo complesso, cioè il benessere sociale.

Ritorniamo all’oligopolio. Il profitto di una impresa in oligopolio non dipende solo dalle decisioni dell'impresa ma anche dalle decisioni delle altre imprese, infatti siamo in una situazione di interdipendenza.

= (Di ; D. )πi f =/ i

La performance di profitto dell’impresa iesima non dipende sono dalle decisioni di essa, ma anche da quelle delle altre imprese).

Supponiamo un duopolio omogeneo (prodotti non differenziati) e prendiamo in considerazione le politiche di prezzo che le due imprese effettuano. C'è una relazione tra prezzo e quantità prodotta.

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PALTO PBASSO

PALTO 20,20 10,30

PBASSO 30,10 15,15

Matrice dei pay­off (in relazione ai profitti).

Se le imprese producono poco e vendono a un prezzo alto realizzano un extra profitto (20;20).

Se producono molto e vendono a un prezzo basso realizzano solo il profitto normale (15;15).

Nelle altre due caselle invece, l'impresa che produce a prezzi più alti rispetto all'altra che produce a prezzi più bassi perderà quota di mercato (non sarà competitiva in termini di prezzi), mentre l'altra guadagnerà quota di mercato. I profitti dell'impresa A saranno penalizzati, quelli dell'impresa B saranno invece alti. Se A sceglie prezzi alti, a B conviene praticare prezzi bassi. Se A sceglie prezzi bassi, a B conviene sempre una politica di prezzi bassi.

A differenza del dilemma del prigioniero (gioco non cooperativo), nell’oligopolio le imprese si possono accordare se manca l’Antitrust. Il loro interesse congiunto sarebbe accordarsi su prezzi alti, ottenendo quasi tutto l’extra profitto del monopolista, ottendendo un profitto aggregato (somma dei profitti individuali) maggiore (20+20=40).

Supponiamo invece che ci sia l’Antitrust: allora praticare prezzi bassi è una strategia dominante (vicino alla C.P, πN). Se c'è interdipendenza l'equilibrio che si determina in assenza di cooperazione non è coerente con l'obiettivo della massimizzazione del profitto dell'impresa, perché essa sceglie prezzi bassi, ma è coerente con il benessere sociale.

Supponiamo che non ci siano società antitrust: le imprese tendono a collocarsi a un prezzo alto,

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cioè scelgono di colludere sul prezzo decidendo di praticare prezzi alti, perché il profitto derivante è preferibile (20+20=40) ma a scapito del benessere sociale.

Nell'oligopolio gli equilibri di mercato sono:

multipli perché si può avere un livello di equilibrio con prezzi bassi che rispetta l'efficienza allocativa (vicino alla concorrenza perfetta), oppure un equilibrio di prezzi alti derivante da collusione, che si avvicina all'equilibrio (prezzo quantitativamente vicino al monopolio) ma con perdita secca di benessere.

instabili perché l’accordo collusivo, una volta siglato, crea l’incentivo a non essere rispettato (per la strategia dominante dei prezzi bassi) creando la c.d guerra dei prezzi.

Se c'è antitrust gli equilibri risulteranno coerenti con l'efficienza allocativa.

Un esempio di collusione sul prezzo è offerto dall’OPEC, cartello dei numerosi produttori di petrolio, poiché a livello globale non esiste un’autorità antitrust. L’OPEC sigla i suoi accordi collusivi espliciti (normalmente invece sono impliciti, ci sia o meno l’antitrust).

Altro esempio sono le quote del latte proteggere i produttori europei: puntano a limitare le quantità prodotte per alzare i prezzi.

Benessere sociale:

C.P E.A + SURPLUS CONSUMATORI→ → Monopolio PERDITA SECCA ­ SURPLUS CONSUMATORI→ → Oligopolio →

Dimensione minima efficiente di un'impresa e struttura del mercato

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L’economia di mercato ha delle virtù, dette nozioni di efficienza:

Efficienza allocativa (EA): assicura poche esternalità Efficienza dinamica: qualità e innovazione della produzione Efficienza produttiva (EP): in un sistema produttivo si ha efficienza produttiva quando

quel sistema produce a costi unitari di produzione minimi.

Il costo unitario o costo medio (costo di produzione di una unità di prodotto) risulta da:

= CMeqCT

Se rappresentiamo sul grafico il rapporto tra costo medio e quantità prodotta da un’impresa si nota una relazione a L. Cioè il costo medio si riduce all’aumentare della quantità prodotta.

C’è un tratto della curva lungo il quale il costo medio si riduce, e un tratto in cui rimane sostanzialmente allo stesso livello (si avvicina asintoticamente all’asse x).

Se la curva ha un andamento a L vuol dire che esiste una dimensione minima efficiente, perchè finché l'impresa non arriva a produrre questa quantità non minimizza il costo di produzione.

Es. l’impresa B, rispetto all’impresa A, produce a un costo CB,che si configura come un costo minimo. Quindi l’impresa B, rispetto all’impresa A, è più efficiente in termini di produzione, cioè produce a costi unitari inferiori, quindi ha un vantaggio competitivo dal lato dei costi.

Perché le curve dei costi unitari presentano andamento a L? Per il fenomeno delle economie di

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scala. All'aumentare della scala dimensionale di un’impresa è possibile ottenere una riduzione dei costi unitari.

E’ importante sapere quale è la DME nel settore in cui si opera. Le acquisizioni o le fusioni sono modalità con cui più imprese piccole si fondono per raggiungere la DME e sfruttare le economie di scala.

Vi sono anche complicazioni di natura istituzional­giuridica: cioè le economie di scala possono essere così rilevanti da determinare una elevata concentrazione di mercato, cioè un numero limitato di imprese. Ma quante imprese?

S = dimensione del mercato (ingl. size)

DME = dimensione minima efficiente

= N (numero imprese presenti sul mercato)S

DME

Es. S=100, DME=1, N=100

Quando le economie di scala sono così rilevanti da far si che una impresa debba coprire tutta la dimensione del mercato allora siamo in una situazione di monopolio, perché solo una impresa può arrivare a raggiungere costi di produzione minimi e avere EP. In tal caso si ha 100/100=1 si crea un MONOPOLIO NATURALE: monopolio creato dal fatto che per produrre a costi minimi è necessario che una sola impresa copra tutto il mercato. Ma il monopolista determinerà una perdita secca.

Con il monopolio naturale emerge un trade off tra efficienza allocativa ed efficienza produttiva:

Se si vuole l’EA bisogna dare spazio a più imprese, ma in tal casso nessuna raggiungerà le economie di scala, quindi si avrà una bassa EP, e viceversa. Ci sono dei monopoli naturali, come nel campo dei servizi locali e del trasporto. Però si crea o un monopolio o un oligopolio con rischio di accordi collusivi. Allora si è ricorso alle imprese pubbliche o municipalizzate (es. campo dell’energia e del trasporto). In USA si è puntato invece a lasciare le imprese private ma

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sottoposte a stringenti regolazioni antitrust.

Quali sono i fattori che spiegano l'esistenza di economie di scala e l'andamento a L?

Le economie di scala dipendono da diverse cause:

Tecnologia produttiva: ammette rendimenti di scala (es. per produrre auto si usano catene di montaggio, le quali consentono vantaggi solo per grandi volumi di produzione). La tecnologia spiega quindi l'andamento dei costi di produzione.

Economie pecuniarie: riduzioni nel costo di acquisto delle merci in relazione ai volumi acquistati. Se un'impresa ha maggiori dimensioni acquisterà input intermedi a prezzi unitari inferiori rispetto alle imprese più piccole.

Costi fissi di produzione: i costi totali di una impresa si dividono tra costi fissi e costi variabili (CT=CF+CV). I costi fissi sono costi che non variano al variare della quantità prodotta (es. spese di ricerca e sviluppo di una impresa, o spese per politica di marketing). Quanto più è intensa la competizione non­di­prezzo (o non­price­competition), cioè ad esempio la politica di marketing per differenziare un prodotto, tanto maggiori sono i costi fissi. In ambienti competitivi in cui le imprese devono essere più forti, i costi fissi saranno più rilevanti. I costi fissi contribuiscono a determinare l'andamento a L dei costi medi, quindi rientrano nei fattori che determinano le economie di scala. Quanto maggiore è la DME rispetto alla dimensione del mercato tanto più la struttura del mercato e concentrata. I mercati dove le economie di scala sono più elevate hanno più imprese.

BENI PUBBLICI

Sono non rivali e non escludibili, mentre i beni privati sono beni rivali ed escludibili.

Il mercato, con i suoi meccanismi funziona bene sotto l'aspetto dei beni privati ma il funzionamento del mercato può andare incontro a limiti che portano a un fallimento del mercato in relazione all'offerta di beni pubblici.

Rivalità: possibilità che un bene consumato da un agente economico possa essere usato anche da un altro. L'illuminazione pubblica di una città è un bene non rivale perché può essere utilizzato da più agenti economici.

Escludibilità: allude alla circostanza che un agente economico che non è disposto a rivelare le proprie preferenze per acquistare un determinato bene, possa o meno essere escluso dall'utilizzo di quel bene. Es. se non manifesto la volontà di acquistare una mela vengo escluso dall'utilizzo di un bene. Un bene pubblico è non escludibile (es. nessuno può essere escluso dall'utilizzo dell'illuminazione pubblica).

Per i beni privati solo chi rivela la disponibilità a pagare per avere quel bene non viene escluso e può consumare quel bene e ciò fa scattare l'impossibilità per gli altri di utilizzarlo. Ciò vuol dire

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che il meccanismo di mercato (i consumatori in base al reddito esprimono una domanda pagante per merci) presenta un lato offerta (domanda pagante per merci) e quindi un lato domanda, che formano così il mercato dei beni privati.

Cosa succede per i beni pubblici?

Per i beni pubblici ciò comporta il collasso della curva di domanda, e se non c'è una domanda non c'è nemmeno un'offerta, quindi si ha un fallimento del mercato dei beni pubblici.

Se gli agenti sono autointeressati e razionali e se parliamo di beni non rivali allora non ci dovrebbe essere una curva di domanda di beni pubblici. La non rivalità e la non escludibilità fa si che gli agenti autointeressati e razionali siano tutti indotti a comportarsi da “free rider” o "portoghesi", cioè comportamenti opportunistici. Essi aspettano che siano gli altri a pagare per poter utilizzare i beni gratuitamente.

L'offerta di beni pubblici puri (quelli per cui la non rivalità e la non escludibilità sono al massimo livello) dipende quindi da una decisione pubblica. L'offerta viene garantita attraverso la tassazione determinata da una autorità pubblica. L'offerta di un bene pubblico puro quindi c'è nel momento in cui interviene la pubblica amministrazione. L'offerta passa inevitabilmente da una decisione pubblica: la decisione di realizzare il bene (che passa attraverso il gettito fiscale) è pubblica.

Non si parla di produzione ma di offerta: la produzione fisica di un bene pubblico puro può essere anche affidata a una impresa privata, mentre l'offerta, cioè quali risorse allocare per la produzione, spetta alla pubblica autorità.

Esiste però una spiegazione più rigorosa del fallimento del mercato nell’offerta dei beni pubblici. Occorre la teoria dei giochi. Supponiamo che un intervento infrastrutturale di costruzione di un bene pubblico (es. un semaforo a un incrocio) in un una comunità locale (N=2 agenti) abbia un costo pari a 100 €. I due agenti possono scegliere se contribuire a finanziare la realizzazione di questo bene pubblico.

Pagare Non pagare

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Pagare 50,50 100,0

Non pagare 0,100 0,0 ma non si ha illuminazione

Si ha una matrice dei pay off che ha come strategia dominante sia di A che di B quella di non pagare (meccanismi decentrati portano a non realizzare il bene). Occorre una decisione pubblica (es. il comune).

Bene pubblico complesso: risultante di una sommatoria di decisioni pubbliche prese da diverse amministrazioni pubbliche (Σ). Ad esempio una città con una buona amministrazione e governance (una “città amica e solidale”).

Beni e servizi pubblici puri vengono pagati con le imposte.

Tra beni privati e pubblici ci deve essere un mix equilibrato: per massimizzare il benessere sociale (SW o social welfare) non è bene che ci siano solo beni privati o pubblici. Infatti se si pensa alle disuguglianze derivate dalla diversa distribuzione del reddito i beni pubblici, che sono a disposizione di tutti, possono avere funzione di ammortizzamento delle disuguaglianze, una funzione cioè correttiva.

Esiste tuttavia una tensione tra beni privati e beni pubblici. Nelle società di mercato avanzate può crearsi una tensione a danno dei beni pubblici. Gli individui non vogliono pagare le imposte per avere reddito disponibile per acquistare beni privati.

Domande d'esame:

1. definizione di bene pubblico, 2. ragioni del fallimento del mercato nell'offerta dei beni pubblici:

a. Collasso della curva di domanda a zero perché nessuno rivela le proprie

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preferenze (spiegazione intuitiva). b. Spiegazione più strutturata

ESTERNALITÀ

Significa esistenza di effetti esterni. In relazione a una transazione di mercato vi sono degli effetti configurabili come costi o benefici di cui il meccanismo di mercato in quanto tale non tiene conto.

Intuitivamente si capisce che il meccanismo di mercato diventa uno strumento imperfetto, e quindi la presenza di esternalità negative porta a un fallimento del mercato, cioè le decisioni decentrate prese attraverso il mercato da agenti autointeressati e razionali non conducono all'efficienza allocativa, cioè si hanno risultati non coerenti con la massimizzazione del benessere sociale.

Esempio di esternalità negativa di tipo ambientale. Prendiamo un'impresa (organizzazione che ha capitale e lavoro e trasforma input in output) che oltre a produrre le sue merci emette emissioni inquinanti. Essa decide l'acquisto degli input, la remunerazione dei lavoratori, le strategie aziendali, ecc... ma tutte queste decisioni aziendali sono prese indipendentemente dalle emissioni inquinanti. Cioè il meccanismo di mercato incentiva l'impresa a massimizzare il suo profitto (e quindi agendo sulle variabili decisionali a sua disposizione) prendendo in cosiderazione solo i costi privati e non il costo sociale delle emissioni. L'impresa non si assume responsabilità sociali. In assenza di esternalità ambientali i costi privati coincidono con i costi sociali. In presenza di esternalità assistiamo a un a un fallimento del mercato.

Impresa in concorrenza perfetta (ma vale per tutte)

CMP = Costi marginali privati

CMT = Costi marginali totali (costi privati + costi sociali)

La curva dei costi rilevanti per l'analisi è spostata più in alto. L’impresa quindi dovrebbe prendere una decisione di produzione inferiore, tenendo conto anche del costo sociale. Quindi il livello di produzione q* non è più il livello ottimo di produzione.

Se prendiamo un mercato in concorrenza perfetta, la curva di offerta di mercato è

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l'aggregazione orizzontale delle curve di offerta individuali, cioè la sommatoria dei costi marginali privati delle singole imprese.

SP= curva di offerta di mercato che tiene conto dei soli costi marginali privati

ST=curva di offerta che tiene conto anche dei costi marginali totali

Però ciascun produttore decide solo in relazione ai suoi costi privati. Il risultato è che, data la curva di domanda di mercato, il mercato punta ad allocare risorse produttive per raggiungere la quantità QC, che non è più coerente con l'efficienza allocativa, dato che la quantità ottima dal punto di vista della società nel suo complesso è QO.

Domanda esame: esternalità e fallimento del mercato. Definire esternalità, fare un esempio di esternalità negativa di tipo ambientale.

Esternalità positive

Anche in presenza di esternalità positive il mercato va incontro a un fallimento. Esempio di esternalità positiva è la spesa di investimento in istruzione. Le decisioni prese dalle famiglie su quanto investire in capitale umano K sono decisioni private. L'istruzione non comporta solo benefici privati (calcolati dal privato) ma anche benefici sociali (cittadini migliori). Si può sperare che ci siano esternalità positive associate all'istruzione. Il privato però ragiona solo in termini di benefici privati.

Se prendiamo un mercato dell'istruzione:

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QC è coerente con l’EA solo se non ci sono esternalità. Se queste ci sono allora la curva totale della domanda sarebbe spostata verso l’alto e verso destra (D’). La quantità di servizi di istruzione richiesti dalle famiglie sarebbero maggiori e corrispondenti all’efficienza allocativa.

Ci possono essere pluralità di fallimento del mercato. Talvolta più fallimenti possono compensarsi. Immaginiamo un mercato in CP che viene poi monopolizzato. Il monopolista riduce la Q prodotta, avvicinandola al livello coerente con l’interesse generale. Il secondo fallimento del mercato mitiga il primo.

TEOREMA SI COASE

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Quando ci sono delle esternalità il mercato va incontro a fallimenti, cioè sulla base delle forze del mercato non si arriva all'efficienza allocativa, e questo sia nel caso di esternalità positive che negative. Quando c'è un fallimento del mercato, con risultati incoerenti con il benessere sociale (quando cioè le scelte decentrate dei singoli agenti economici non permettono di raggiungere l'interesse generale) abbiamo visto come attraverso l’intervento pubblico i fallimenti del mercato possono essere mitigati, migliorando il benessere sociale.

Nel caso delle esternalità Coase (premio Nobel 1991 per un articolo scritto nel 1937) riuscì a dimostrare che, a certe condizioni, la presenza di esternalità negative può essere evitata attraverso la contrattazione tra parti private. Cioè agenti economici che potrebbero subire una riduzione di benessere per l'emergere di esternalità negative potrebbero, attraverso la libera contrattazione privata, evitare il problema. La mitigazione quindi non avviene attraverso l'intervento pubblico ma attraverso decisioni decentrate dei privati attraverso la libera contrattazione.

Il teorema di Coase enuncia che:

a certe condizioni (la contrattazione tra le parti deve rispettare delle condizioni):

1. Che i diritti di proprietà siano ben­definiti 2. Che il numero N degli agenti coinvolti sia limitato 3. Che i costi di contrattazione siano bassi

soggetti privati possono trovare conveniente stipulare un contratto che consenta di evitare l'emergere della esternalità negativa.

Esempio: supponiamo che ci sia un hotel con un proprietario ben definito, e che questo hotel sia di fronte a un bosco che ha un proprietario ben definito, che si ritiene libero di utilizzare il suo asset come meglio crede. Potrebbe infatti tagliare il bosco e vendere la legna, ma ciò causerebbe un danno pari a x al proprietario dell'albergo, che si vedrebbe rovinare il panorama davanti all’albergo che attira la clientela. Il proprietario dell'hotel, sapendo le intenzioni del proprietario del bosco, sarà disposto a pagare al proprietario del bosco una cifra x minore o uguale al danno che subirà a causa dell'esternalità negativa. I due allora stipulano un contratto. Ciò che il proprietario dell'hotel è disposto a riconoscere al proprietario del bosco si configura come un costo­opportunità. Entrambe le parti hanno interesse a stipulare. Quando due privati razionali e autointeressati hanno interesse a stipulare un contratto, allora procedono in tal senso. Così l'esternalità negativa non emerge.

Questo teorema è importante perché il rischio di esternalità negative può essere mitigato dalla contrattazione privata senza l'intervento pubblico.

Tuttavia il teorema di Coase si limita solo alle condizioni viste. Se abbiamo esternalità negative e siamo fuori da queste condizioni dobbiamo pensare a un intervento pubblico di politica

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ambientale.

Strumenti di politica ambientale: sono strumenti atti a correggere le esternalità negative di tipo ambientale.

1. Strumenti di comando e controllo: consistono in prescrizioni della autorità pubblica alle imprese di dotarsi di determinate tecnologie per limitare emissioni inquinanti. Questo strumento però è abbastanza invasivo per le imprese e non è sempre idoneo.

2. Strumenti di imposte mirate: sono politiche pubbliche basate sul principio "chi inquina, paga". Le imposte mirate sono considerate migliori rispetto agli strumenti di comando e controllo perché lasciano libera l'impresa di inquinare, ma poi deve pagare. L'impresa, per definizione, prende in considerazione solo i suoi costi privati. L'imposta mirata invece fa si che l'impresa tenga conto di tutti i costi (si muove lungo ST e raggiunge l'efficienza allocativa). Questo strumento è meno invasivo.

3. Creazione di un mercato dei permessi negoziabili: è lo strumento migliore per effettuare politiche ambientali. Si tratta di un mercato, creato dall’autorità pubblica, in cui si negoziano i permessi per inquinare. In relazione al prezzo unitario dei permessi sull'asse verticale emerge una curva di domanda (relazione inversa tra prezzo e quantità domandata). Dal lato dell'offerta è l'autorità pubblica che decide in base al suo target di politica ambientale, quanti permessi emettere. Sul mercato si determina così il prezzo di equilibrio. Così le emissioni sono solo quelle determinate dall’autorità pubblica.

Se l'autorità pubblica decide di aumentare l'offerta di permessi il prezzo di equilibrio si abbassa.

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Questo è uno strumento che piace molto agli economisti per due ragioni:

1. da un punto di vista concettuale perchè permette di usare i meccanismi di mercato per correggere i fallimenti del mercato.

2. perché viene ritenuto lo strumento che consente di perseguire l'obiettivo al minor costo, perché lascia la massima libertà di azione alle imprese private all'interno delle regole definite dall'autorità. Se l’impresa vuole continuare a inquinare può farlo. Ma se ad esempio l'impresa cambia la tecnologia e passa a una tecnologia che, per un dato output, dimezza le sue emissioni inquinanti allora può vendere i permessi in eccesso rispetto alla nuova teconologia.

CONCLUSIONE DEL CORSO

Il mercato e l'intervento pubblico non sono due "istituzioni" perfette. Bisogna sapere quando utilizzare lo Stato, il mercato o la società civile organiazzata (c.d non profit) scegliendo un approccio multi istituzionale, sapendo che una economia di mercato va regolata in base alle diverse situazioni e fasi storiche.

Noi abbiamo sempre immaginato agenti economici autointeressati e razionali, dove razionali sta ad indicare il fatto che adottano un approccio di massimizzazione del benessere materiale o del profitto. Può sorgere un problema perchè una certa visione antropologica intuisce che l’uomo in quanto persona è qualcosa di più complesso, con una dimensione etica. Un’impresa attenta alla responsabilità sociale, e un consumatore attento alla sua responsabilità nella scelta dei suoi consumi, non rientrano nella nozione standard di agente autointeressato e razionale.

Temi d'esame microeconomia

1. Le quattro forme di mercato (concorrenza perfetta, concorrenza monopolistica, monopolio, oligopolio)

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2. Cosa si intende per costo marginale CM e ricavo marginale RM dell'impresa? 3. Teoria dell’impresa in concorrenza perfetta cosa può decidere e cosa no (può decidere

la q ottima che le consente di max il profitto scegliendo quella produzione in corrispondenza della quale il RM=CM), che RM=P di eq. di mercato

4. Perchè la quantità prodotta in monopolio è inferiore a quella prodotta in CP? Perche Pm ?c≻ P

5. Nozione di potere di mercato e potere monopolistico (che comporta una riduzione della efficienza allocativa e perdita secca per la società). Confronto tra equilibrio di CP e monopolio. Cosa è il surplus del consumatore?

6. Cosa è la forma di mercato dell’oligopolio? P=Pm Teoria dei giochi e dilemma del prigioniero per spiegare perché nell’oligopolio gli equilibri sono multipli e instabili, con conseguenze diverse sul SW.

7. Efficienza produttiva. Economie di scala (costo medio può ridursi all’aumentare della q prodotta). DME. Incentivi alle imprese ad aumentare la dimensione per sfruttare le economie di scala e produrre a costi minimi per essere competitivi.

8. Beni pubblici: definire i beni pubblici e mostrare le ragioni del fallimento del mercato nell’offerta di tali beni. Il mercato fallisce perché con agenti economici autointeressati e razionali scompare la curva di domanda. Utilizzare la matrice dei pay off.

9. Esternalità negativa e positiva. Spiegare utilizzando la rappresentazione formale grafica. Perchè se ci sono esternalità l'equilibrio di mercato non è coerente con l'efficienza allocativa?

10. Strumenti di politica ambientale