Economia Politica: Introduzione ECONOMIA POLITICA (Cooperazione e Sviluppo)PROF. PASCA DI MAGLIANO.
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Economia Politica: Introduzione
ECONOMIA POLITICA (Cooperazione e Sviluppo) PROF. PASCA DI MAGLIANO
Economia Politica (Cooperazione e Sviluppo) – 2012/13
• docente: prof. Roberto Pasca di Magliano [email protected]
• Lezioni: Aula B– Martedì (17:30)– Giovedì (10:00)– Venerdì (10:00)
• Ricevimento: Martedì, ore 15, Giovedì ore 12• sito web didattica: www.uniroma1.it• Sito web info: www.cooperazionesapienza.it
ECONOMIA POLITICA PROF. PASCA DI MAGLIANO
Programma: parte generale (7 crediti)
• INTRODUZIONE– Cosa studia l’economia politica– Strumenti di analisi: funzioni e rappresentazioni grafiche
• MICROECONOMIA– Il mercato (domanda, offerta, prezzi)– Teoria del consumo individuale– Teoria della produzione– Forme di mercato (concorrenza, monopolio, oligopolio, ecc…)
• MACROECONOMIA– Introduzione alla macroeconomia– Problematiche macroeconomiche: occupazione, inflazione, crescita– modello Reddito-Spesa– modello IS-LM
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• SVILUPPO e POLITICHE INDUSTRIALI– Effetti della globalizzazione– Sfide competitive– Ricerca ed Innovazione– Governance delle politiche industriali– Esperienze di intervento
• SEMINARI
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Programma: modulo integrativo(2 crediti)
Testi d’esame
PARTE GENERALE (7 crediti)
John Sloman, “Elementi di economia”, Il Mulino, 2011
MODULO INTEGRATIVO (2 crediti)
Roberto Pasca di Magliano, “La governance dello sviluppo”, Il Sole 24 Ore, Milano, 2007 (escluso parte sesta)
oppure:
Roberto Pasca di Magliano, “Percorsi dello sviluppo”, in corso di pubblicazione (parti scelte, rivolgersi al docente)
ECONOMIA POLITICA (P-Z) PROF. PASCA DI MAGLIANO
Di cosa si occupa l’economia?
Anche chi non conosce la materia avrà, probabilmente, un’idea degli argomenti di cui l’economia si occupa
Un primo elenco, seppure rappresentativo e parziale potrebbe essere il seguente:
• mercati, concorrenza, monopolio• lavoro, imprese, produzione• disoccupazione, inflazione• spesa pubblica, tasse, debito pubblico, pensioni• azioni, borsa• multinazionali, globalizzazione• ecc…
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Gli argomenti non bastano
L’elenco (anche arricchito) non è sufficiente, però, a definire la scienza economica.
Sono argomenti di cui non si occupa solo la scienza economica, ma anche:
• altre discipline (sociologia, diritto, ecc...)• attori sociali (imprese, banche, sindacati, ecc...)• istituzioni (locali, nazionali, internazionali)
È necessario specificare il punto di vista e il metodo con cui l’economista studia questi argomenti
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Cos’è l’economia politica?
L’Economia Politica è una scienza sociale che studia le scelte degli agenti economici e l’interazione che si stabilisce fra le singole scelte.
In altre parole, studia le modalità attraverso le quali individui, organizzazioni e società impiegano risorse scarse per produrre vari tipi di beni e servizi, nonché i modi in cui li distribuiscono tra I soggetti (famiglie, imprese) per soddisfare i bisogni attuali o futuri
L’economia assume che le scelte degli agenti siano:• fondate su criteri di razionalità• e miranti a massimizzare obiettivi d’interesse individuale (profitti, utilità, ecc…)
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Principi generali: scarsità
Scarsità di risorse si configura tutte le volte in cui, dati i bisogni di una società in un determinato momento, i mezzi disponibili per soddisfarli non sono sufficienti
Come conseguenza della scarsità, società, istituzioni, organizzazioni e individui sono quasi sempre costretti a scegliere all’interno di un insieme limitato di possibilità fra fini e mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi
Le cose scarse diventano oggetto di attività economica e acquisiscono un valore (prezzo)
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Principi generali: informazioni certe
Si assume che tutti i dati relativi, ad esempio, ai prezzi e alle tecnologie disponibili, siano noti e disponibili a-priori sia alle imprese per produrre beni, sia ai consumatori per acquistarli
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Principi generali: razionalità
Un principio fondamentale su cui si basa la maggior parte delle analisi economiche è quello della razionalità delle scelte
Ciò equivale ad assumere che gli agenti economici si comportino secondo criteri di razionalità ed essendo perfettamente capaci di valutare costi e benefici di ciascuna possibile alternativa.
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Microeconomia e Macroeconomia
La scienza economica si articola in due grandi suddivisioni disciplinari: la microeconomia e la macroeconomia
MICROECONOMIA: pone l’accento sulla dimensione individuale dei vari problemi economici (la scelta del singolo consumatore, la scelta della singola impresa, il funzionamento di un determinato mercato, la determinazione di un prezzo, ecc…)
MACROECONOMIA: studia il funzionamento del sistema economico nel suo complesso (il prodotto nazionale, la disoccupazione, l’inflazione, ecc…)
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Microeconomia
I principali argomenti di cui si occupa sono:
1. Teoria del consumoCome un consumatore razionale decide di spendere il proprio reddito con l’obiettivo di massimizzare la soddisfazione (utilità) che trae dai suoi acquisti
2. Teoria della produzioneCome un impresa sceglie i fattori produttivi da impiegare e in quale quantità
3. Forme di mercatoCaratteristiche e grado di potere di mercato detenuto da venditori e compratori
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Macroeconomia
I principali argomenti di cui si occupa sono:
1. Reddito nazionaleCome si determina il Pil di un paese, il consumo nazionale, il risparmio, l’investimento, ecc…
2. OccupazioneCause, tipologie (strutturale, congiunturale), conseguenze
3. Politica economicaPolitiche fiscali (tasse, trasferimenti, investimenti pubblici) e politiche monetarie (Banca Centrale)
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Principali scuole di pensiero (1)
Scuola classica(1600/1700, fino alla seconda metà Ottocento)Principali rappresentanti: Galiani, Smith, Malthus, Ricardo, Mill, MarxL’Economia è una scienza sociale che studia questioni quali la distribuzione del reddito o il ritmo di accumulazione del capitale
Scuola marginalista o neoclassica(dal 1870 circa)Principali rappresentanti: Jevons, Walras, Marshall, von Hajek, Friedman, Say, PhilipsL’Economia studia come ottenere il massimo risultato in presenza di un dato ammontare di risorse disponibili
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Principali scuole di pensiero (2)
Scuola keynesiana(dal 1930 circa)Principali rappresentanti: Keynes, Galbraith, Stiglitz, Dornbusch, PhelpsLa crescita non è più trainata dall’offerta ma sostenuta dalla domanda, anche pubblica
Sviluppo diverso dalla crescita(dal 1950 circa)principali rappresentanti dello sviluppo: Lewis, Kuznets, Bauer, Myint, Streeten, Sen, YunusI problemi delle economie in via di sviluppo interessano aspetti, non solo economici, ma anche istituzionali e sociali; diversamente la crescita interessa l’economia e si concentra nei paesi avanzati
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Stato e mercato
Periodicamente, in concomitanza con avvenimenti economici di rilievo che sollevano l’attenzione della pubblica opinione,
la comunità scientifica e politica si interroga sul ruolo del libero mercato
Il dibattito è rivolto a comprendere l’ampiezza e la modalità dell’intervento dello Stato all’interno dei meccanismi del
mercato
Agli estremi di questo dibattito vi sono da un parte i difensori dell’intervento pubblico e dall’altra gli economisti di
orientamento liberista
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Le due posizioni a confronto
Difensori dell’intervento dello Stato1) I risultati prodotti dalle allocazioni di mercato possono essere socialmente non accettabili 2) Il mercato, lasciato a sé stesso e libero di seguire solo le sue proprie regole, funziona male
Difensori del mercato1) Efficienza nel funzionamento2) Capacità di aumentare il benessere3) Qualità morali (es. meritocrazia)
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Origine del liberismo: Adam Smith
Il padre storico è Adam Smith che, nel 1776, pubblicò un testo al quale viene fatta risalire la nascita stessa della
scienza economica: “La ricchezza delle nazioni”
Il libro nasce all’interno del clima illuminista e rappresenta la versione economica delle idee liberali che vanno
affermandosi nel pensiero politico
Fra le molte idee proposte da Smith, una ha avuto particolare successo: si tratta della celebre metafora della
“mano invisibile”
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La “mano invisibile”
La metafora della mano invisibile è alla base della visione liberista del mercato
Il mercato (proprio come se fosse guidato da una mano invisibile) se viene lasciato libero di operare secondo le sue
logiche, realizza un risultato inatteso e al tempo stesso auspicabile: massimizza la ricchezza della società
Tale risultato è raggiunto senza che nessuno persegua esplicitamente un obiettivo collettivo. Anzi, l’obiettivo
collettivo viene raggiunto grazie all’egoismo del singolo
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Conseguenze del libero mercato
La conseguenza di tale presupposto è fin troppo evidente:il mercato funziona bene se viene lasciato libero di fare
(da qui la famosa espressione “laissez faire”)
Perciò il mercato, non solo non ha bisogno di alcun aiuto ma, semmai, ha solo bisogno di essere liberato di ostacoli e
regolamenti che ne impediscono l’azione
A ben vedere bene è interessante notare come in questa ultima considerazione possiamo trovare un argomento spesso portato a sostegno del mercato ancora oggi: il mercato va lasciato libero, non deve essere ingabbiato
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Ruolo dello Stato in economia
Il fondatore teorico del ruolo dello Stato all’interno del mercato è John Maynard Keynes, il quale pubblica nel 1936
“General Theory of Employment, Interest and Money”
L’idea innovativa è che il ruolo dello Stato sia fondamentale. Infatti il mercato può, secondo Keynes, produrre risultati
non ottimali e lo Stato ha il ruolo di aiutare il mercato
Compito dello Stato è da un lato attenuare e controllare i cicli economici, dall’altro portare il mercato in una
situazione migliore (soprattutto dal punto di vista della disoccupazione) di quella che il mercato stesso sarebbe in
grado di realizzare operando da solo
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Scuole attuali di pensiero
• Liberismo– monetaristi– scuola neoclassica
• Intervento pubblico– scuole keynesiane– neo-keynesiani
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Posizioni intermedie (1)
In realtà la contrapposizione fra mercato e Stato si gioca all’intero delle due posizioni estreme, per loro natura più radicali. Possiamo fare qualche esempio:
• Antonio Martino liberista puro e idealmente vicino alla Scuola di Chicago e al suo massimo ispiratore Milton Friedman, si affida al libero mercato come fonte del progresso economico e sociale
• Jagdish Bagwati considera positiva l’integrazione economica, purché si correggano le distorsioni senza introdurre dazi
• Anthony Giddens ritiene che la crescente liberalizzazione crei problemi che la globalizzazione può, invece, contribuire a risolvere
• Lawerence Summers ritiene che nel mercato lo Stato si deve prodigare per la riduzione della disuguaglianza attraverso l’armonizzazione fiscale
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Posizioni intermedie (2)
• Amartya Sen e Peter Singer vedono rischi ma anche occasioni positive nelle dinamiche del mercato, sottolineando la necessità di regolamentazioni che spingano imprese e individui verso un percorso virtuoso• Joseph Stiglitz sostiene l’importanze del ruolo, non solo dello Stato, nazionale, ma anche delle Istituzioni internazionali per regolare i mercati• Edward Luttwak e Giulio Tremonti sottolineano i rischi che il mercato globale, se non adeguatamente regolato, impone ai lavoratori dei paesi avanzati (bassi salari, disoccupazione) e all’ambiente• John Gray non ritiene applicabile a sistemi diversi da quelli occidentali dal punto di vista storico il modello anglosassone di liberismo economico e apre a soluzioni nazionali• Paul Krugman (Nobel 2008) sottolinea la necessità di governance globale per far funzionare i mercati, da affidare a FMI
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Il mercato di fronte alle crisi- origini della crisi finanziaria del 2007/8
A partire dagli anni ’80 le spinte liberiste e la diffusione di nuove e rivoluzionarie tecnologie di comunicazione hanno prodotto un’enorme espansione delle attività finanziarie a livello internazionale.Ciò, da un lato è stata una delle pietre angolari della globalizzazione, ma dall’altro ha prodotto l’enorme espansione di un mercato meno stabile e prevedibile rispetto ai mercati reali.Dagli ’70 agli anni ’90 il volume degli scambi è cresciuto in modo esponenziale: basti pensare che dagli inizi degli anni ’80 alla metà degli anni ’90 il volume di scambi prodotto da fondi comuni di investimento, fondi pensione e investitori istituzionali si è decuplicato. Il combinato disposto tra espansione della ricchezza finanziaria, introduzione di nuovi contratti derivati, crescita dei debiti dei paesi avanzati, la finanza ha preso il sopravvento sull’economia reale. Questi fenomeni sono all’origine della diffusa crisi, deflagrata nel 2011, e che ha rallentato la crescita economica mondiale, provocando recessione e disoccupazione
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Mercati finanziari
• Muovono volumi di ricchezza costruiti sulla compravendita di derivati e altri prodotti sganciati dalle attività economiche, per cui ogni turbolenza genera ripercussioni psicologiche non solo sulle borse ma anche sul credito alle imprese
• Sono manovrati dalle banche d’affari e dai grandi investitori , ma preoccupano sempre più i piccoli risparmiatori
• Sono particolarmente volatili e, soprattutto, umorali: percezioni del mercato rispetto a scenari ipotetici possono dare luogo a reazioni a catena
• Influenzano le attività reali attraverso le banche e gli altri intermediari finanziari
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La crisi attuale: cause
Da più parti si denuncia la fine di un sistema finanziario privo di regole di vigilanza e sorveglianzaD’altra parte la stessa visione liberista, pur incoraggiando l’attività privata, la colloca in una equilibrata interazione tra mercato e istituzioniLa crisi attuale trae origine da una colpevole carenza di governance, espressione della cultura liberale assecondata in periodo in cui la forte crescita economica facilitava la finanza (Fed, Grennspan)Ma le banche di investimenti, e non solo, ne hanno approfittato spingendosi su leverage ratios ben più elevati delle banche commerciali, i quali si sono tradotti nella creazione di prodotti finanziari ad alto rischio
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La crisi attuale: possibili rimedi
• Partecipazione pubblica al capitale delle banche in crisi a condizione che vada ad alimentare l’offerta creditizia (UE su questa linea)
• Garanzia pubblica sia sui depositi ma anche sui prestiti interbancari • Alleggerire i vincoli patrimoniali di Basilea 2• Attrazione Ide promuovendo accordi cooperativi con Fondi sovrani• Rendere più flessibili i vincoli di bilancio imposti dal Trattato di
Maastricht, rivedendo una visione preoccupata solo della disciplina di bilancio e dell’inflazione Rilanciare la domanda, riducendo la pressione fiscale sulle famiglie, al fine di dare un segnale forte al recupero della capacità di acquisto
• Rivedere le regole dei mercati finanziari e borsistici per combattere gli intenti speculativi che antepongono la speculazione a valori reali e consistenza economica e patrimoniale delle imprese
• Abbassare la soglia minima per le Opa in aziende per evitare partecipazioni ostili
• Intervento dell’European Stability Mechanism (ESM)
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