Economia Della Generativita Mauro Magatti

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    L'economia della generativit

    Possiamo benedire la crisi?

    La disgregazione del modello socio-economico sorto nel corso degli anni '80 e

    affermatosi dopo la crisi del Muro di Berlino ormai conclamata. La crisi finanziaria

    scoppiata quattro anni fa si trasformata, dapprima, in crisi economica, poi in crisi

    occupazionale e in crisi sociale per arrivare a far traballare alcune democrazie.

    Televisioni e giornali, inseguendo una cronica con tonalit drammatiche, amplificano

    l'ansia diffusa e rischiano, pi o meno inconsapevolmente, di aggravare la situazione.

    Come tutte le crisi di questo genere, al fondo c'

    un crollo della fiducia. Nella grandeTorre di Babele che abbiamo edificato negli anni della globalizzazione sembra regnare

    un caos da panico dove si cercano vie d'uscita individuale al crollo che rischia di

    travolgere tutti e tutti.

    Il sentimento diffuso un misto tra sconcerto, rabbia, paura. Non si capisce quello che

    sta accadendo, non si riescono ad attribuire le responsabilit, non si riesce a prevedere

    il futuro. I nostri sistemi esperti sono in panne cos che a prevalere sono sentimenti

    negativi, a loro volta forieri di nuovi problemi.

    In un momento difficile come quello che stiamo attraversando, facile limitarsi a

    maledire. Come se tutto fosse da buttare o come se il problema fosse semplicemente

    ritornare indietro a quando le cose "funzionavano" (o almeno cos sembrava).

    Ma, quanto pi avanziamo nel mare ignoto della crisi, tanto pi ci rendiamo conto,

    come sempre accade nella storia, che la soluzione non quella di far ripartire la

    macchina. La transizione in corso, per quanto difficile e incerta, la via per arrivare a

    costruire un mondi nuovo. Auspicabilmente migliore di quello (molto problematico) che

    abbiamo lasciato.

    Per questo maledire non serve a nulla.

    In realt, se non si arriver, un po per volta, a benedire questo tempo - cio a coglierne

    anche gli elementi promettenti - non sar possibile riattivare la crescita. E questo

    perch la crescita si fonda sempre su una certa capacit di attivazione delle energie

    psichiche personali. questo uno dei grandi insegnamenti lasciati in eredit da Weber,

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    il quale parlava di spirito del capitalismo per indicare il fatto che la risorsa soggettiva

    costituisce il presupposto di ogni ondata di sviluppo.

    Guardare alla crisi come opportunit significa, dunque, capire che a essere chiamate in

    causa sono la nostra stessa libert, la nostra intelligenza, la nostra creativit, tutti

    aspetti che devono essere mobilitati per portarci oltre le profonde contraddizioni che

    hanno attraversato la stagione ormai alle nostre spalle, contraddizioni che sono poi

    all'origine di quanto sta accadendo. Proprio per questo, per, per benedire necessario

    disporre di una critica del tempo che viviamo. Perch solo da qui, da una comprensione

    delle cause profonde della sbandata che abbiamo preso, possiamo sperare in una uscita

    positiva e non regressiva.

    Espansione

    Nella prima globalizzazione, i Paesi sviluppati hanno esportato lavoro e capitale in quelli

    emergenti, sfruttando la propria superiorit, economica, tecnologica, politica,

    culturale, coinvolgendo i paesi terzi nell'ordine economico capitalistico1. Questo modello

    di sviluppo adottato negli ultimi decenni dalle democrazie occidentali, sul piano

    internazionale, non funziona pi, proprio in ragione del suo successo, che ha portato ai

    mutati equilibri geo-economici, e di conseguenza politici.

    Sul piano interno, una crescita basata sul consumo individualizzato, e a debito, non ha

    margini significativi di crescita ulteriore. Il modello deve, dunque, essere ripensato, in

    un quadro in cui molti paesi occidentali si trovano stretti tra esigenze antagoniste

    rispetto a diversi punti operativi: smaltire un debito e, nello stesso tempo, alimentare la

    crescita, mantenere un equilibrio finanziario e rilanciare loccupazione.

    Il problema che, pensandosi come volont di potenza, il cittadino del capitalismo

    tecno-nichilista non pi abituato ad obbedire a norme morali e ad esercitare la propria

    responsabilit; al contrario, egli sistematicamente sollecitato a "liberarsi" e ad

    esprimere se stesso e la propria autenticit nel rispetto delle norme formali e delle

    procedure tecniche di funzionamento. Su queste basi, l'"economia psichica" degli ultimidecenni ha organizzato, in modo sistematico, lo sfruttamento del desiderio (per

    definizione mai esauribile) che, ridotto in godimento, diventato, per cos dire,

    produttivo. Nellimmaginario della libert contemporanea, libero colui che sa

    1Non parlo di neocolonialismo, perch lo sfruttamento avvenuto senza un dominio politico militare esplicito e

    tramite un diretto coinvolgimento dei paesi terzi che ha permesso ad essi quel salto nello sviluppo che ha mutato le

    condizioni geo-economiche globali.

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    esprimere se stesso, sciolto dai condizionamenti esterni e dalle limitazioni imposte da

    una qualsivoglia autorit.

    In questo modo, negli ultimi due decenni il capitalismo tecno-nichilista ha sviluppato un

    immaginario della libert che si radica nellidea di apertura come esposizione ed

    esplorazione. La libert non consta tanto di una volont, di una decisione che costruisce

    una biografia unitaria e congruente, capace di imprimere una direzione di senso, quanto

    dellessere aperti all'inatteso e alla sorpresa oppure del performare oltre ogni limite; ci

    implica la disponibilit ad andare oltre se stessi e a non avere limiti, almeno nella parte

    di cui siamo coscienti. Come contemporanei, noi, pi che "cercare"secondo il vecchio

    modello soggettivistico "troviamo". Tutto quello che possiamo fare trovare, in un

    mondo che riconfigura di continuo il paniere delle alternative. In un mondo che cambia

    rapidamente, la libert

    di scopo non si d

    nella modalit

    tipica del passato, ossia quelladel soggetto che predetermina i propri scopi e li persegue in modo convinto,

    mettendoci tutto se stesso, ma consiste piuttosto nellessere sempre disponibile ad un

    eventuale nuovo scopo che nemmeno si conosce, ma che comunque ci disponiamo ad

    abbracciare.

    Per essere liberi occorre, dunque, essere aperti, persino al di l della propria volont e

    dei propri disegni: necessario essere disponibili allevento che mi viene incontro, mi

    sorprende e mi sovrasta. Io sono, dunque, tanto pi libero quanto pi non pongo limiti a

    priori a ci che posso incontrare. In questo modo, ci che si determina unespansione

    senza signoria, dove il motore non pi interiore ma esteriore: sono gli avvenimenti, gli

    incontri, le combinazioni che attraversiamo a segnare la nostra vita. A noi il compito di

    vederle, di coglierle, di goderne appieno.

    C. Melman (2002) ha parlato di un Io senza gravit. M. Recalcati (2011) di un Io senza

    inconscio. Ma, al di l delle scelte lessicali, i termini della questione sono chiari:

    l'economia psichica del mondo contemporaneo si configura in modo tale che, per la

    prima volta, invece della rimozione del desiderio, l'ordine sociale afferma lingiunzione

    a godere. L'economia psichica del tecno-nichilismo , dunque, costituita dallimperativo

    super-egoico del godere che segna il passaggio dal dovere al piacere come principio di

    realt. Titolati ad una espansione senza limiti, vaghiamo alla ricerca di una realt

    capace di "fare resistenza" e, in questo modo, di darci dimostrazione di esistere. Perch,

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    come scrivono Benasayag e Schmidt (2008) l dove tutto possibile, nulla esiste. Non a

    caso gli psicanalisti parlano di "clinica del vuoto" ad indicare la difficolt dell'individuo

    contemporaneo a sostenere il desiderio come comando.

    Seconda globalizzazione e collasso dell'economia psichica tecno-nichilista

    Il collasso finanziario avvenuto nell'autunno del 2008 mette fine alla stagione espansiva

    che ha caratterizzato gli ultimi decenni. Bruscamente si passa dalla espansione alla

    contrazione.

    Dal punto di vista del debito, l'interruzione avvenuta negli ultimi anni ha ormai

    definitivamente compromessa la fiducia necessaria a mantenere la dinamica espansiva.

    Qualunque soluzione alla fine si trover, una cosa certa: e cio che non si potr pi far

    finta di nulla, come invece si

    potuto fare in questi anni.D'altro canto, i mutati equilibri economici e politici internazionali, di cui la crisi

    acutizza la consapevolezza, definiscono lera di una "seconda globalizzazione". Pur

    conservando un notevole vantaggio, i paesi avanzati si dibattono in uno stato di

    difficolt da cui stentano ad uscire. Il Giappone ha alle spalle oltre un decennio di

    stagnazione che ha prodotto un enorme debito pubblico e si trova ora a dover gestire

    anche le conseguenze dello tsunami; l'Europa alle prese con un passaggio difficilissimo,

    con bassissimi tassi di crescita elo spettro del default che si aggira per il continente,

    minacciando la tenuta dell'euro; gli USA fanno i conti con le distorsioni profonde del

    modello di sviluppo: alto debito pubblico, bilancia dei pagamenti fortemente negativa,

    tassi di disoccupazione in crescita, crisi del mercato immobiliare. USA che si trovano, da

    un lato, con un alto grado di esposizione finanziaria rispetto al resto del mondo - la sola

    Cina al momento della crisi deteneva il 23% dei titoli di Stato americani e ne rimane

    anche oggi il primo creditore - e, dall'altro, con una difficolt crescente a sostenere i

    costi dellunilateralismo. Sull'altro versante, negli ultimi anni, le previsioni ancora

    ottimistiche sulla crescita dei paesi emergenti nascondono i tanti nodi che rimangono dasciogliere. Se vero che lo sviluppo di questipaesi potrebbe indurre effetti ridistributivi

    maggiori su scala planetaria e stravolgere la gerarchia geopolitica ed economica globale,

    resta da vedere la loro capacit di tenuta del ritmo di crescita, che appare minacciata

    innanzitutto dallinstabilit politica derivante dallaumento delle disuguaglianze

    allinterno di questi paesi. La capacit di sostenere uno sviluppo accelerato dipende,

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    infatti, non solo dalla creazione di un ampio mercato di consumo interno e di alleanze

    trasversali tra questi paesi, ma anche da riforme istituzionali a favore dello sviluppo

    sociale, umano e ambientale: ovvero, in ultima istanza, dal progresso della

    democratizzazione che permetta di stabilire un nesso tra crescita e giustizia sociale.

    D'altro canto, ancora non chiaro quale ruolo questi paesi vorranno giocare sullo

    scenario internazionale, quanto adotteranno politiche di potenza o di collaborazione,quanto chiederanno di assumersi responsabilit di governance mondiale, quanto saranno

    disposti ad assumersenegli oneri. Tutto ci porta alla conclusione che, nella "seconda

    globalizzazione", la mera espansione non si potr pi assumere con un dato di fondo,

    dato che i processi saranno molto pi contrattati. Oltre all'economia torner a contare

    la politica e a fianco della tecnica riacquisteranno peso il dialogo e la negoziazione.

    Sul piano culturale, una contrazione destinata a durare diversi anni destinata a

    incidere sui comportamenti diffusi.Dal lato del consumo, si osserva che una quota, minoritaria ma significativa e crescente,

    di consumatori cerca il modo di delineare, rispetto al benessere e alla felicit

    individuali, una scala gerarchica diversa, in grado di interrompere la differenziazione pi

    superficialesia essa quantitativa (elaborata a partire dallintensit della soddisfazione

    provata nel consumo di certi beni) oppure qualitativa (capace di realizzare un piacere

    individuale, spirituale o fisico) e di intrecciare la domanda di felicit individuale e di

    autenticit con un'offerta rispettosa di alcuni criteri valutativi (come la sostenibilit

    ambientale, lequit e la giustizia sociale, l'attenzione agli aspetti relazionali). Le

    attitudini innovative che da tempo si vanno sviluppando dal lato delle pratiche di

    consumo sono un sintomo, certo ancora flebile e tuttavia significativo, dell'emergere di

    nuove domande sociali che lo stesso atto del consumare pu contribuire a soddisfare;

    domande volte prima di tutto alla valorizzazione del contesto ambientale e sociale. Ci

    lascia pensare che tali attitudini innovative possano preludere al superamento del

    modello dell'iperconsumo individualizzato, in cui il bene consumato non rappresenta

    altro che il soggetto che lo acquista e in cui, di conseguenza, latto di consumo rimane

    chiuso tra il soggetto-consumatore, in cerca di soddisfazione, e l oggetto-prodotto. G.P.

    Fabris, forse con un eccesso di enfasi, parla a questo proposito di una terza fase della

    societ dei consumi, coesistente con le precedenti, "che ha come protagonista non un

    soggetto passivo, vittima del mercato e delle sue logiche, incapace di acquietare il

    costante aumento per i consumi... il nuovo protagonista non pi volto a rivendicare i

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    propri diritti, ad ampliare la sfera della propria discrezionalit e del best buy, ma un

    consumatore impegnato e critico, che rende etico l'atto di acquisto, che rivede i propri

    modelli di consumo e i propri stili di vita all'insegna di nuove consapevolezze. In lui la

    sensibilit civica evolve dal modo depressivo della rinuncia per approdare alla proattiva

    salvaguardia...con richiesta di misura e di durata, di lotta allo spreco, di rivalutazione

    della semplicit, di domanda di beni e servizi a contenuto relazionale, di sobriet, di

    attenzione alle miserevoli condizioni di vita di altri esseri umani" (Fabris,2010: 67).

    Dal lato delle imprese, si osserva che una buona parte del mondo imprenditoriale ha

    cominciato a comprendere la necessit di un riposizionamento nella direzione di un

    modello di impresa pi attento alle dimensioni sociali e ambientali e, come tale, capace

    di internalizzare le esternalit e assumere, direttamente nella strategia dimpresa, la

    valorizzazione delle risorse contestuali. In un recente numero monografico, l'Harvard

    Business Review d il suo autorevole sigillo a queste nuove sensibilit indicando i sette

    parametri che qualificano quella che viene definita la "buona azienda"(Kanter, 2011: 35-

    6):

    - centralit delle finalit e dei valori, veri e propri cuscinetti protettivi contro

    l'incertezza e il cambiamento;

    - orientamento al medio-lungo periodo, secondo l'idea di sviluppo sostenibile;

    - capacit di stimolare le motivazioni intrinseche e di promuovere

    l'autoregolamentazione o la regolazione orizzontale;

    - attenzione per la dimensione sociale considerata come via per apprendere e

    innovare;

    - valorizzazione delle risorse umane di cui si favorisce l'auto-organizzazione;

    - disponibilit a forme di partnership pubblico-privato in nome di interessi pubblici

    particolarmente delicati.

    Per una nuova economia psichica generativa

    Non si uscir dalla crisi tornando indietro, ma andando avanti. Il problema non

    tornare al settembre 2008, facendo ripartire la macchina. Oltre a non essere possibile,

    non desiderabile.

    Si tratta, piuttosto, di fare una traversata. A partire dalla lezione che la crisi intende

    insegnarci: apparentemente liberatoria, la condizione di libert diffusa di cui abbiamo

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    goduto e che abbiamo pensato come ab-soluta ha le sue trappole sia a livello soggettivo

    che collettivo. La crisi, in fondo, ci parla di questo.

    Lungo il percorso che occorrer tracciare negli anni che ci aspettano si tratter di

    costruire nuovi equilibri economico-politico e di trovare nuove forme istituzionali. Ma

    tutto ci sar possibile solo a partire da un diverso immaginario della libert e, per

    questa via, dal radicarsi di una nuova economia psichica. La crisi strutturale

    dell'espansione preme, infatti, per una ristrutturazione del piano culturale e simbolico.

    Per dirla con Weber, ci serve un nuovo spirito, dato che l'immaginario della libert

    forgiato dalla logica espansiva, materialista e individualista, si rivela ormai non solo

    deludente ma semplicemente insostenibile. Dallo stato di crisi a cui giunta, questa

    idea di libert non pu che evolvere verso qualcosa daltro, pena rinunciare a esistere. Il

    punto che la decisione rispetto alla direzione da prendere costituisce, a sua volta, un

    atto di libert: per questo, la libert dei liberi si presenta, oggi pi che mai, come una

    sfida impegnativa.

    Significativamente uno dei maggiori psicologi sociali del Novecento E. Erikson (1982;

    1995) riconosce nellet adulta la fase in cui avviene il superamento di quella logica

    identificatoria, autoreferenziale e confusa, propria dei movimenti espansivi, in nome di

    altre dinamiche, pi appropriate alle esigenze della crescita. Egli parla a proposito della

    possibilit di una evoluzione, con let matura, verso la generativit che, opposta

    alla stagnazione, va vista come una tappa dello sviluppo verso lo stadio della maturit

    da parte di un individuo, di una organizzazione, di una societ.

    Intesa in questo senso, la libert generativa pu suggerire la direzione per uscire dalla

    crisi attuale.

    Il passaggio dalla adolescenza alla maturit, per non implodere, richiede lincontro e lo

    scontro con la realt (intendendo questultima come vita), la cui riammissione pu

    condurre agenerare qualcosa di nuovo, un mondo prima sconosciuto.

    Non a caso il richiamo evocato dal termine stesso va, anzitutto, alla vita. La generativit

    si caratterizza, infatti, per la capacit di mettere al mondo e di curare e custodire ci

    che viene fatto esistere. Essa dunque attraversata da una pro-tensione contrassegnata

    dai tratti del dispendio e della gratuit, come mostra la sua preoccupazione di creare e

    dirigere una nuova generazione (Erikson, 1995: 249): preoccupazione da intendersi, in

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    senso lato, come cura delle premesse favorevoli per allestire le condizioni in chiave

    sostenibile verso il futuro (attenzione generazionale), innovativa (geniale) e di

    eccedenza (che riapre la generosit) della convivenza sociale rispondendo alle sfide

    del tempo, senza regressioni allindietro. Rischio, peraltro, che lo stesso Erikson prevede

    nellindicare la generativit come una potenzialit che potrebbe essere addirittura

    offuscata dal suo contrario, cio dalla stagnazione, ossia da un ripiegamento passivo

    nellinazione, nellimproduttivit e nellimpoverimento culturale: tratti emergenti

    laddove si cade nel vicolo cieco di soluzioni de-generative, semplicistiche e deprivanti,

    che mirano a una qualche forma di contenimento della libert piuttosto che di

    assunzione del rischio della libert e, pi in particolare, di una libert che

    probabilmente non abbiamo ancora conosciuto e fatto esistere.

    Generare implica, dunque, la volont del soggetto, il quale pu immettere novit e

    discontinuit nellambiente. Esprimendo il sovrappi dell'iniziativa personale, la

    generativit ha a che fare con la possibilit di agire diversamente perch disponibili a

    pagare il costo di quellazione e, quindi, di agire in libert. Ma, al contempo, essa

    chiede la disponibilit a riconoscere che questo atto creativo pu avvenire solo dentro e

    grazie ad un mondo che lo costituisce e lo abilita. Generare significa far esistere

    qualcosa in un modo da demistificare la volont di potenza di una libert che si

    concepisce come inizio assoluto e autoreferenziale (Botturi, 2009).

    La generativit, infatti, non costituisce una mera prerogativa individuale n

    autoreferenziale. Non cos, del resto, nemmeno dal punto di vista biologico. Tanto

    meno quando si tratta di generativit sociale, di una generativit cio che avvia dei

    processi senza un termine definito, poich hanno a che fare con aspetti della vita

    individuale e collettiva che si ripropongono continuamente dentro le relazioni (come,

    per esempio, la costruzione dellidentit, la realizzazione di unopera,

    listituzionalizzazione di pratiche, ecc.). Gli studi, a proposito, mettono in luce la

    crucialit della dimensione relazionale e, in senso ampio, del contesto ambientale. Ed

    per questo che, come attori, siamo poi anche interpellati ad assumerci la responsabilit

    per le generazioni successive, sia dal punto di vista delle realizzazioni che della

    trasmissione di significati.

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    Di fronte alla crisi storica che stiamo attraversando, la relazionalit della nostra

    condizione, pur essendo sempre problematica, non pu pi essere ignorata, pena

    l'aggravarsi dei problemi legati alla convivenza - aggravamento dovuto alla pericolosa

    tendenza a rimuovere la realt che costituisce uno dei difetti di fondo del tecno-

    nichilismo.Al contrario, essere generativi comporta il comporre la libert di scopo

    tendenzialmente dissipativa dellintorno nonch del S - con lesigenza di lasciare

    traccia in un modo discreto, rispettoso cio di chi sta attorno o verr dopo di noi.

    Tutto ci contempla la possibilit di assumere che l'esistenza dell'altro non una

    proiezione del proprio desiderio o un ostacolo alla propria soddisfazione, ma anzitutto

    dimora della propria identit. Il "prendersi cura", con le svariate tonalit che articolano

    questa dinamica, permette di personalizzare le esperienze che si compiono,

    ricomponendo luniversale con il particolare, lindividuale con il sociale, la libert con il

    legame.

    L'ipotesi che avanzo che questa idea di generativit, continuando a parlare di libert,

    pu essere in grado di liberare nuove energie psichiche all'interno delle societ mature,

    dando vita ad una nuova stagione di crescita, anche (ma non solo) economica.

    Qualitativamente diversa da quella alle nostre spalle.

    Prima di tutto, dimensione individuale e dimensione sociale si intrecciano

    profondamente nel delineare la generativit, in un equilibrio che mantiene il valore di

    entrambe i poli. Pertanto, la generativit non si riduce ad azione pro-sociale o

    altruistica che entra in scena, in genere, solo in un secondo momento, ma riguarda

    qualcosa che investe e d spazio alla soggettivit in quanto soggettivit che si

    comprende, per sua natura, relazionale in s e, di conseguenza, anche sempre

    generativa (o, al contrario, degenerativa): soggettivit generata mediante il

    riconoscimento e la stima di altere capace, a sua volta, di riconoscere e stimare di

    generare la soggettivit dellaltro. Citando ancora la prospettiva lacaniana, "questo

    significa che l'universo del desiderio, diversamente da quello del godimento, non mai

    un universo chiuso; significa che l'Altro sempre coinvolto nel desiderio, che il

    desiderio si nutre non di oggetti, ma di legami (Recalcati, 2011b:22).

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    In secondo luogo, generare vuol dire star dentro senza venirne sommerso in una

    situazione, una storia, un ambiente naturale, un contesto relazionale. Significa curare

    ci che viene fatto esistere e riconoscere, al contempo, che qualcosa ci supera e pu

    esistere a condizione di immergerci nella concretezza della realt come vita nel suo

    essere processo e forma, potenza e limite, funzione e significato. Essere generativi

    significa, in questo senso, accettare il rischio di mettere al mondo un valore che vale la

    nostra stessa vita e che pure mai potremo possedere: che sia un figlio, una scuola di

    pensiero, un'impresa, una associazione, un'opera d'arte, una famiglia, generare vuol dire

    entrare nel flusso della vita e quindi accettare che il generato trover le sue vie,

    diverse, in tutti i casi, dalle nostre. In questo modo, la libert generativa capace di

    spendersi, fino allo spasimo, senza per farsi catturare dalla tentazione mortifera

    dell'ossessione del controllo. Da questo punto di vista, occorre passa dal consumo

    all'investimento, dalla rendita alla produzione, dal godimento immediato al desiderio di

    senso.

    In terzo luogo, la libert che guadagna la sua maturit - diventando generativa -

    consapevole che linvestimento sul futuro significa anche tensione oltre il limite della

    propria finitezza, attraverso quelle tracce di s lasciate nelle proprie azioni, relazioni,

    realizzazioni. In questo senso, essa sta dentro la vita reale quale ambiente che offre una

    dimora (Heim) di cui si prende cura, ospitando a sua volta quell ambiente in s,

    contribuendo a generarlo e rigenerarlo continuamente, con lattenzione a contrastare le

    patologie che sempre possono insorgere nel momento in cui avviene uno sbarramento

    che si trasforma in chiusura rispetto allalterit. Questo prendersi cura si dirige verso

    realt concrete, esito della combinazione variabile di spazialit fisiche e simboliche

    (come per esempio la casa, la famiglia, la citt, un territorio, i legami, la natura), ma

    esito anche di diversi campi del sapere, quadri valoriali e autorit, forme culturali e

    istituzionali, ammettendo lesistenza di un prima, di un adesso e di un dopo, in relazione

    a cui si assume la responsabilit del proprio darsi restando aperti ae in ascolto di - ci

    che non prevedibile pur se non genericamente indistinto. Tale libert pertanto una

    esperienza anzitutto relazionale e di responsabilit, di risposta anche ma mai

    meramente (o, comunque, non solo) tecnica alle questioni, accettando piuttosto di

    esserne coinvolti, di lasciarsene interpellare e, per questa via, di restituire un senso.

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    Infine, come hanno messo in luce gli studi di di MacAdams, Hart e Maruna 2, la

    generativit fa nascere qualcosa che ha e si d tempo in un mondo in cui tutto

    istantaneo e gli d uno slancio di lungo periodo: dunque, qualcosa che risponde a chi

    verr dopo di noi, andando al di l dellistante. Le modalit proprie dellazione

    generativa divengono quelle del creare, mantenere e donare. Ne consegue che la libert

    che accetta la sfida della generativit, mentre fa esistere e cura ci che crea, non lo

    trattiene presso di s, ma lo lascia a disposizione di altri, senza tuttavia che termini la

    responsabilit nei suoi confronti. E questo perch non termina lessere situati e immersi

    nella relazione del rispondere-a-qualcosa e a-qualcuno, ben al di l dellidea dellessere

    umano come dotato genericamente della libert quasi che questultima sia una qualit

    che si aggiunge a tante altre che ci contrassegnano. Piuttosto, la persona

    un essere-di-

    libert, la cui individualitstrato portante della libert - una forma che, nel limite,

    rimanda continuamente ad altro da s, tanto che il limite (proprio della forma) diviene il

    varco per entrare in rapporto con la realt.

    In tutti questi modi, la libert generativa pu diventare capace di un rinnovamento

    continuo di quella presenza cui la forma rimanda: la realt della vita, nel suo essere

    mistero e limite, e perci pi della forma, pur sempre, al tempo stesso, forma la cui

    definitezza rimanda, come presenza, all'altro da s, cio ad un infinito.

    In questa dinamica, la libertgenerativa n meramente passiva ma nemmeno

    meramente attiva, e, in questo senso, "deponente"non trova la sua espressione, il

    suo senso n nella totale apertura incondizionata agli eventi, fino a rifuggire qualsiasi

    forma, n nella chiusura autoreferenziale e statica di una forma divenuta sostanza,

    bens nella dinamica propria della vita nel suo uscire da s pur rimanendo se stessa,

    evitando quindi che lindividuo si frammenti nei suoi prodotti o si lasci assorbire da

    sistemi (culturali, sociali, tecnici) che lo sovrastano oppure si chiuda in difesa passiva

    rispetto a ci che altro da s per non lasciarsene contaminare.

    2Si veda, in particolare, McAdams D., Hart H. M., Maruna S., 1998.

  • 7/30/2019 Economia Della Generativita Mauro Magatti

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    Trovando la sua dimora nel limite, la libert generativa cos capace di compiere il

    miracolo di spostare l'asse della crescita dall'espansione - puramente materiale,

    individuale e quantitativa - all'eccedenza - qualitativa, relazionale, spirituale. E, per

    questa via, essa capace di dare vita ad una nuova economia psichica capace di

    sostenere una nuova stagione di sviluppo. Il tutto ad una condizione: che, nel frattempo,

    diventiamo capaci di costruire forme istituzionali in grado di "ospitare" e far fiorire

    questo diverso immaginario della libert.