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Collana Perle d’Occidente - Edizioni Circolo Virtuoso

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DANIELE DE BLASI

Eclypse

Edizioni Circolo Virtuoso

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Eclypse - Daniele De Blasi

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A chi si è trovato,

e a chi si sta cercando...

A chi ha tante certezze,

e a chi ha soltanto dubbi...

A chi è già arrivato,

e a chi è ancora in viaggio...

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Presentazione

Questo libro è breve... Ma il suo potere è lungo.Questo libro è scritto con l’asprezza della quotidianità, con un sorriso ironico sulle labbra... Ma questo libro non ha la grossola-nità del giornaliero.Tutto è permeato di pudore e di delicatezza.L’inchiostro steso su queste pagine è liquido ed ha lo stesso profu-mo di quei grandi autori lontani, dell’America del Nord, di un’e-poca in fondo vicina, che nascondono un segreto impenetrabile, ma senza alcun intento d’imitazione, tuttavia con uno spirito d’e-mulazione rispettoso e lieve di ciò che è grandemente smisurato.Questi Hemingway, questi Chandier, questi Hammett, questi Cal-dwel, questi Cain, questi Steinbeck, ... non descrivono mai l’at-titudine ed il percorso interiore dei loro personaggi. Né indicano l’azione generativa dei loro atti e delle loro decisioni; anzi, evi-tano anche di farli pensare. Sembrano dire: “Ecco quello che ha fatto quest’uomo. Ecco quello che ha fatto questa donna... Il resto non c’interessa. Né m’interessa”.Un avvicinamento a questi personaggi così supericiale in appa-renza dovrebbe, logicamente, escludere tutte le percezioni pro-fonde degli esseri e – in loro – tutti i processi spirituali. In questo modo non dovrebbero avere sostanza, densità umana, verità. Ep-pure...Eppure – è questo il mistero di cui accennavo – essi vivono tutti con un’intensità ed in un’integrità meravigliose: con i loro pesi della carne, con i loro movimenti del cuore ed i rilessi delle loro anime martoriate di un’origine che – in in dei conti – non cono-sciamo.

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Allo stesso modo, in Eclypse si riproducono in un simile stile i contorni più semplici e si ripetono con parole banali dei senti-menti “dejà vus”, ma mai volgarmente parafrasati.Attraverso quest’indigenza, obliquamente a questa negligenza barbara, l’autore compie un miracolo: sortite dal niente in cui sonnecchiavano, queste creature sono gettate in un appartamento afoso di una città che potrebbe essere un’altra. E là, esistono!Ne sentiamo il loro alito, la loro presenza, il loro particolare pi-randelliano alito della vita di ciascuno... S’impongono. Ossessio-nano.Un sangue autentico le “vitalizza”.Quello – poi – che l’autore non si preoccupa di farci sapere su di loro, noi lo indoviniamo, lo ascoltiamo, lo percepiamo, ne abbia-mo una certezza intuitiva.Un’intenzionalità che ci porta a riempire i vuoti e i bianchi di un disegno appena abbozzato e che la nostra fantasia conclude. Completa i canovacci. Riempie le trame.Una volta concluso il libro, i personaggi ci hanno attraversato, non solo con i loro corpi, i loro volti, i loro sorridere e/o i loro piangere e gemere, ma anche con la loro più segreta identità, la loro più sotterranea verità.L’“Eclypse” di De Blasi è come il giovane “Boccadoro” che vuo-le tutto imparare e che segue le orme del suo grande maestro, po-nendosi in una sornione appendice, in attesa di riempirsi d’espe-rienza ed esplodere – inine indipendente –, ma nutrito dai grandi maestri.In questa ottica, di buon grado trova il suo posto – per ora – come appendice ed in evoluzione a questa magica serie.Niente di più povero come mezzi.Niente di più brutalmente quotidiano come tono.

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Il “retorismo” giornaliero dei dialoghi forma gran parte di que-sto breve romanzo e le parole logore ritornano senza soluzioni di continuità...Eppure i sentimenti informi ed invincibili che legano Leonardo ed Anita, ma anche gli altri che intrecciano i loro cammini, hanno una bellezza e una forza di un mito contenuti. Un dramma che bagna in una città d’una malinconia “jazzata”: quello della vita!In questo deserto afoso d’una città che – in fondo – è una città qualunque, di una città selvaggia ed umida che non ha niente a che vedere – forse – con quelle degli anni Venti newyorkesi, di cui restano solo grandi tristezze... dicevo: in questa città “inta tonta” – certo – si disfa un sacriicio atroce e magniico: l’amore innocente di un sognatore che resta sognatore e di una donna stu-pefatta e perversamente lieve, creati da un autore del Sud Italia che – in poche pagine – con parole semplici e senza troppo spie-gare, ha fatto vivere lontano, profondamente e forte...

Parigi, 23 agosto 2004

MASSIMILIANO VERARDI regista

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C’è chi non crede assolutamente nel potere “condizionante” degli astri. C’è chi ci crede, ma solo in parte. E c’è invece chi pensa che l’inluenza delle stelle sulla nostra vita sia assoluta e deter-minante.Non si sa chi abbia ragione. Si sa però che nei giorni che prece-dono un’eclisse ogni gesto e ogni comportamento sembrano assu-mere sfumature altre, diverse, distanti. È come se all’improvviso la percezione che abbiamo della realtà si arricchisse di nuovi echi e corrispondenze misteriose.Sarà l’attesa. Sarà l’inquietudine. Sarà il fascino che i fenomeni cosmici hanno sempre esercitato sull’animo umano. Sarà chissà cosa. Fatto sta che in quei giorni, forse per caso o forse no, di cose “insolite” ne accadono davvero in quantità impressionanti...

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Una brezza leggera muoveva appena le lunghe tende colorate e trasparenti che ornavano la porta-inestra socchiusa sul balcon-cino, al terzo piano di un palazzo signorile nel centro di Bolo-gna. Mentre dalla strada proveniva un confuso e caotico rumore di trafico.Leonardo, 29 anni, commesso in un negozio d’antiquariato, era seduto a gambe incrociate sopra un tappeto circolare che rafi-gurava un sole rosso, posto al centro dell’ampia camera da letto. Indossava una camicia bianca, cravatta blu col nodo allentato, pantaloni scuri. I capelli folti e appena scompigliati e la barba che non si faceva da alcuni giorni lo rendevano più affascinante del solito. Stava ritagliando alcune fotograie che lo ritraevano insie-me ad Anita, 24 anni, studentessa di scultura e da poco più di un anno sua convivente.Un moto perpetuo d’argento posto su di un piedistallo in ferro battuto ruotava sinuosamente. La sveglia elettronica sul comodi-no di Leo segnava “Lunedì 15 Marzo 14:25”.Al centro della scrivania, il suo portatile era aperto su un foglio di scrittura completamente bianco, tranne che nella parte superiore, in cui c’era scritto “Ultimo capitolo”.Leonardo stava lavorando a un romanzo poliziesco, il sesto da quando aveva cominciato a scrivere. Perché nella vita avrebbe voluto fare lo scrittore. Nella sua libreria personale c’erano molti romanzi gialli, trattati di criminologia, saggi sul noir. E alle pareti erano appesi numerosi poster di ilm polizieschi degli anni Qua-ranta e Cinquanta.Ma Leonardo aveva un problema: non riusciva a concludere una

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storia. Aveva cominciato diversi romanzi, ma sul punto di com-pletarli era sempre inciampato nel celebre “blocco” dello scritto-re. Ma un blocco del tutto particolare, nel suo caso. Perché non si trattava di un improvviso inaridirsi della sua ispirazione.Sapeva perfettamente come concludere le storie, cosa doveva ac-cadere in quei mondi da lui ricreati afinché la vita e le passioni dei suoi personaggi trovassero il loro equilibrio, il loro senso, la loro ragion d’essere nel cristallizzarsi dell’opera d’arte. E, tutta-via, non riusciva a scegliere il modo giusto di raccontarne il ina-le. Forse pensava che, inendo di scrivere quelle storie, in qualche modo le avrebbe perdute, per sempre. Forse credeva che, conclu-dendole, avrebbe dovuto liberarle, lasciarle volare via... E questo, forse, era per lui un tormento ancora più insopportabile di quello prodotto dalla sua incapacità di scrivere la parola “Fine” su una storia.Ma questa volta era diverso. Questa volta sentiva di potercela fare. Sentiva, forse, di dovercela fare. E forse, liberando la storia che stava raccontando, un po’ si sarebbe liberato anche lui...Nella camera da letto erano sparpagliate numerose sculture in stile neofuturista. La maggior parte rafigurava corpi di uomini e donne in movimento, igure slanciate, sinuose, delicate. E tut-te avevano una caratteristica in comune: i loro volti erano pri-vi di naso e bocca. Le sculture, in legno, plastica, bronzo, creta ed un’ininità di altri materiali, erano opera di Anita. Anche lei aveva un sogno: diventare scultrice e vivere del suo lavoro. Non si considerava un’artista. Per lei “scolpire” non era soltanto una passione. Era una vera e propria ragione di vita. Era nata a Fer-rara, 24 anni prima. E lì aveva trascorso la sua infanzia. Aveva frequentato l’Istituto d’Arte e si era diplomata col massimo dei voti. Poi aveva deciso di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di

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Bologna. Così si era trasferita. Anche i suoi genitori, con cui ave-va sempre avuto un rapporto conlittuale e che avrebbero voluto fare di lei un ingegnere o un avvocato, si erano trasferiti. Ma in Francia, a Parigi. Dove suo padre, funzionario d’ambasciata, era stato destinato dopo 15 anni di onorato servizio. Nei primi mesi lei e i suoi genitori si erano sentiti per telefono abbastanza spesso. Col passare del tempo, però, i loro contatti si erano fatti sempre più saltuari e occasionali.Leonardo e Anita vivevano insieme ormai da un anno, da quando avevano pensato che, forse, il loro destino era stare insieme e amarsi, per sempre...Leonardo aveva gli occhi di un colore che riletteva quello del cielo: nei plumbei giorni di pioggia si facevano quasi neri, se c’e-ra la nebbia erano grigi, se usciva il sole diventavano celesti.In quegli occhi Anita aveva trovato il suo amore. “Ti amo per i tuoi occhi...”, gli continuava a ripetere agli inizi della loro storia. “Spero che mi ami anche per qualcos’altro...”, commentava lui con una nota di ironia.Quel giorno gli occhi di Leonardo erano celesti. Ma nel suo sguar-do albergava adesso un’ombra di profonda amarezza. Si sarebbe detto che il suo sguardo fosse vuoto. Che il suo corpo certo era lì, ma che la sua mente fosse invece chissà dove...

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ECLYPSE

di Daniele De Blasi

A cura dell’Istituto di Arti Terapie e Scienze Creative

ISBN: 978-88-97521-31-0

Ed. Circolo Virtuoso

Data pubblicazione: 28 Agosto 2012

Prezzo: € 8,00