E-controlling n2

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B2C E-CONTROLLING MAGAZINE Innovare per competere pag. 32 Il Controller e i nuovi orizzonti di Compliance dei Sistemi di Controllo pag. 1 La Gestione dei Costi della Qualità pag. 12 Il reporting per monitorare i segmenti e la loro profittabilità pag. 39 Il Caso Alfa: il lancio di un nuovo prodotto pag. 23 IN QUESTO NUMERO: La prima rivista di e-controlling online scritta e creata dagli utenti Copyright 2008 - B2Corporate.com - Numero 2 Gennaio 2009 Introduzione alla Balanced Scorecard pag. 3

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Managerial accounting issuess - controllo di gestione

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B2CE-CONTROLLINGMAGAZINE

Innovare per competerepag. 32

Il Controller e i nuovi orizzontidi Compliance dei Sistemidi Controllopag. 1

La Gestione dei Costidella Qualitàpag. 12

Il reporting per monitorarei segmenti e la loroprofittabilitàpag. 39

Il Caso Alfa: il lanciodi un nuovo prodottopag. 23

IN QUESTO NUMERO:

La prima rivista di e-controlling onlinescritta e creata dagli utenti

Copyright 2008 - B2Corporate.com - Numero 2 Gennaio 2009

Introduzione allaBalanced Scorecardpag. 3

Page 2: E-controlling n2

Introduzione al secondo numero di

E-controlling: IL CONTROLLER E

I NUOVI ORIZZONTI DI

COMPLIANCE DEI SISTEMI DI

CONTROLLO

di Alessio Di Angelantonio Consulente di

Direzione

Una moderna ed efficace gestione d’azienda, in un

ambiente competitivo estremamente turbolento e

variabile, dove le vecchie certezze dei tradizionali

modelli di sviluppo e management si sono

“sgretolate” di fronte alle nuove problematiche di

stabilizzazione e crescita sui mercati di

riferimento, non può prescindere dall’adozione di

sistemi di governo in grado di supportare gli

imprenditori stessi nella direzione ordinata,

programmata, efficiente ed efficace delle imprese.

La guida di un’azienda, sia essa di piccole o

grandi dimensioni, impone la necessità di una

continua massimizzazione delle performance

economiche, finanziarie, operative e di mercato,

gestendo contemporaneamen-te diverse

“dimensioni” operazionali.

Ma, ora, tutto questo non è più sufficiente.

L’attenzione degli organismi di controllo,

nazionali ed internazionali, in ordine ai sistemi di

controllo interno, e all’informativa societaria di

natura amministrativa e finanziaria si è

particolarmente intensificata in seguito alle crisi in

atto.

Alcuni esempi:

• Riforma del diritto societario

• Istruzioni Banca d’Italia in materia di

vigilanza

• Trattato di Basilea II

• Codice di Autodisciplina (Borsa Italiana SpA)

• D. Lgs. 231/01 (e successive evoluzioni)

• Sarbanes-Oxley Act, 2002

• Legge n. 262 del 28 dicembre 2005.

Gli strumenti citati si propongono, tra i vari

obiettivi, il miglioramento della qualità e della

trasparenza dell’informativa societaria,

inducendo le imprese a rendere più efficace il

sistema dei controlli interni. Abbiamo potuto,

però, constatare con i nostri stessi occhi la

fragilità (e la fallibilità) di questi dispositivi,

in particolare Basilea II in Europa, e Sarbanes

negli States.

Nonostante queste problematiche, il controller

(sia che coincida con la figura del Direttore

Amministrativo, sia che occupi una posizione

di staff, piuttosto che di line), deve comunque

confrontarsi con le esigenze manifestate dai

vari organismi di controllo, sia statali che

sovrastatali, nell’interesse dell’azienda.

Il “cuore” comune dei vari dispositivi

regolatori, può essere riassunto nei seguenti

interventi:

• Identificare e valutare i principali rischi in

ambito financial reporting

• Progettare le procedure di controllo in

ambito amministrativo-contabile

(compreso il controllo di gestione)

• Verificare periodicamente l’adeguatezza

ed effettiva operatività delle procedure

predisposte.

I descritti interventi ridisegnano la

governance delle società e dei gruppi al fine

di:

accentuare i meccanismi di presidio e

di tracciabilità dell’impianto

amministrativo;

rafforzare i controlli e la trasparenza

degli atti;

migliorare, oltre che la trasparenza

societaria, anche l’affidabilità e la

credibilità delle informazioni fornite

agli stakeholders.

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Il controller, perciò, sta per esser chiamato a

partecipare alla costituzione di nuovi meccanismi

di controllo in ambito aziendale, che non si

limiteranno più al presidio delle performance

reddituali e finanziarie d’azienda, ma

involveranno nuovi ambiti di operatività.

Evoluzione del risk management.

In estrema sintesi, le fasi di processo di creazione

del nuovo modello di controllo, in cui la funzione

e la formazione del controller saranno cruciali,

sono elencabili nel seguente schema:

Buon lavoro ….. sperando che non ci cada ancora

qualcos’altro in testa!!

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SCORECARD

Un primo approccio ad un sistema di “controllo strategico integrato” Di Danilo Rantucci - Controller

L’articolo si propone di introdurre sinteticamente i concetti fondamentali della Balanced Scorecard, cercando di

apportare degli spunti operativi per l’introduzione di questo innovativo strumento di Controllo Direzionale.

Si vuole così dare una definizione del concetto di BSC definendone i legami con il concetto di Creazione del Valore;

fornire dei riferimenti per la creazione e il monitoraggio dei KPI più significativi indicando alcune idee con cui

rendere subito operativa una BSC all’interno di una realtà aziendale già organizzata.

DEFINIZIONE DELLA BALANCED SCORECARD

Nell’attuale contesto Macroeconomico gli strumenti di Controllo di Gestione stanno assumendo un’importanza sempre crescente. La continua evoluzione dei mercati impone degli strumenti innovativi che possano permettere all’azienda di confrontarsi con successo con le nuove sfide del futuro.

Tra gli strumenti di “nuova generazione” sta acquisendo sempre maggiore importanza la Balanced Scorecard. Il concetto di BSC ha cominciato a diffondersi già nei primi anni ’90 quando apparve il primo articolo di Robert Kaplan e David Norton dal titolo: “The Balanced Scorecard”.

Ad oggi la BSC è uno strumento ampiamente riconosciuto che comincia a diffondersi in molte realtà italiane, avendo grandi potenzialità di applicazione non solo nei Gruppi Multinazionali, ma anche nella piccola e media impresa.

Per dare sinteticamente una definizione di BSC si potrebbe parlare di un “sistema di controllo per la realizzazione e il monitoraggio della strategia aziendale”. In altre parole si vuole con la BSC creare ed utilizzare delle informazioni aggiuntive alle canoniche informazioni economiche, finanziarie e patrimoniali già conosciute dalla Contabilità e dal Controllo di Gestione.

LA STRATEGIA

Presupposto essenziale per la realizzazione di una BSC è l’individuazione chiara degli obbiettivi strategici aziendali. Il successo della BSC è strettamente collegato alla capacità del management di formalizzare con chiarezza degli obbiettivi strategici concreti di breve e soprattutto medio e lungo periodo.

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Il passo successivo sarà rappresentato dalla condivisione di tali obbiettivi strategici con tutte le aree aziendali, comprese quelle più operative. Per poter ottenere dei risultati concreti nell’applicazione della BSC, tale strumento deve essere infatti considerato come il mezzo di partecipazione di tutte le forze aziendali (direttive e operative) per il raggiungimento comune di precisi obbiettivi strategici. Nella pratica tuttavia, la comunicazione di obbiettivi strategici non è sempre possibile. Starà quindi al management decidere il livello di “coinvolgimento” a cui ricorrere.

Si vuole tuttavia ricordare che tra gli obbiettivi primari della BSC vi è proprio la responsabilizzazione e la partecipazione anche delle aree cosiddette operative al raggiungimento degli obbiettivi aziendali. Come prima introduzione, la BSC può essere quindi vista come uno strumento di collegamento che unisca management-strategia-reparti operativi.

I KEY PERFORMANCE INDICATORS

Una volta superati quelli che possono essere gli ostacoli legati all’attività di formalizzazione e comunicazione degli obbiettivi strategici, il funzionamento della BSC è basato sulla creazione e l’individuazione di indicatori, che possiamo sostanzialmente ricondurre al concetto di Key Performance Indicators, che permettano la misurazione di tali obbiettivi. Fondamentale per il successo della BSC sarà quindi l’individuazione di precisi KPI e la loro corretta e costante misurazione. Tra gli ostacoli principali vi è quindi l’ideazione e la scelta degli indicatori da utilizzare.

Identificare un KPI che sia condivisibile con il management e gli operativi può quindi rappresentare l’ostacolo principale. Per aiutarsi nella creazione di appositi KPI è di utile riferimento la loro classica definizione. Caratteristica principale di un KPI è l’essere SMART: Specific, Measurable, Achievable,

Result-oriented or Relevant, Time-bound. Queste caratteristiche possono essere già sufficienti per ideare e scegliere il giusto indicatore. Nella pratica il successo di un KPI e quindi della relativa BSC, è quindi legato a molteplici fattori.

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Oltre alla caratteristica di essere SMART i KPI devono essere sempre condivisi sia dall’operativo che dal management. In molti casi, proprio per aumentare il livello di coinvolgimento la creazione dei KPI dovrebbe prevedere la partecipazione degli stessi reparti operativi, che dovranno poi utilizzare gli stessi indicatori per confrontare sistematicamente i risultati quotidiani con gli obbiettivi strategici. Il coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali è uno degli elementi fondamentali per raggiungere una corretta implementazione della BSC. E’ infatti tramite il coinvolgimento della più ampia parte delle forze aziendali nel processo di creazione e utilizzo della BSC che si può raggiungere quell’obbiettivo di congiungimento tra il management e i reparti operativi, comunemente impegnati nel raggiungimento della strategia aziendale. Per questo motivo l’implementazione di una BSC può essere l’opportunità di avviare nuovi processi di comunicazione interaziendale stabilendo nuovi contatti tra aree aziendali fino ad ora non integrate tra loro.

Sempre a riguardo dei KPI è importate ricordare come il primo elemento da salvaguardare sia la misurabilità. Ovvero deve sussistere la possibilità di quantificarlo in modo preciso e costante per poterlo monitorare. Nella pratica tuttavia molte indicazioni chiave per gli obbiettivi aziendali non sono sempre quantificabili con numeri. In tale situazione, in molti casi, è possibile ricorrere alla creazione di indicatori numerici come risultato di processi di survey, interviste o sondaggi svolti presso risorse interne (per esempio dipendenti) o anche presso risorse esterne (per esempio clienti, fornitori, ecc…).

LE 4 PROSPETTIVE E LA CREAZIONE DEL VALORE

L’introduzione della BSC è ricollegabile all’obbiettivo primario dell’azienda rappresentato dalla Creazione del Valore. L’applicazione della BSC sintetizza la Creazione di Valore nel raggiungimento di obbiettivi di Soddisfazione del Cliente, di Miglioramento dei Processi Interni, raggiungimento di obbiettivi Economico-Finanziari e di Sviluppo Futuro. Questi elementi costituiscono 4 aree di interesse strategico che rappresentano le 4 prospettive di riferimento della “Mappa Strategica” che si vuole costruire implementando una BSC.

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Alcune idee per i concetti di riferimento da cui partire per creare le 4 prospettive:

La prospettiva del Cliente ha lo scopo di monitorare quelle grandezze che permettono di assicurare la Creazione di Valore per il cliente. Si ripone solitamente l’attenzione su indicatori incentrati sulla qualità del prodotto, sulla soddisfazione del cliente o sull’attività di promozione.

Alcuni esempi di indicatori da utilizzare per l’introduzione di una BSC potrebbero essere:

- percentuale di reclami mensile

- qualità percepita dal cliente (survey)

- tasso di fidelizzazione dei clienti

- numerosità nuovi clienti

- indici di concentrazione del fatturato

- indici di penetrazione di prodotti/servizi

- immagine aziendale presso i clienti (survey)

- percentuale di fatturato impiegata per la promozione

- scostamento medio data di consegna richiesta e data di consegna eseguita

- percentuale resi

QUALE DEVE ESSERE LA

PERCEZIONE DA PARTE

CLIENTE DELLA NOSTRA

ORGANIZZAZIONE E DEL

NOSTRO PRODOTTO?

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- numero di eventi organizzati

- tasso di fidelizzazione della clientela

- concentrazione dei clienti e del fatturato

- (….)

Una prima introduzione della BSC non richiede particolari software gestionali.

Esempio di indicatore della Prospettiva Cliente estratto da una BSC costruita interamente con Excel.

La variabile “peso” è utilizzata per attribuire ad ogni indice un valore differente a seconda dell’importanza all’interno della Prospettiva. Con un sistema di pesi si può così ottenere il voto della singola Prospettiva.

La prospettiva dei Processi Gestionali Interni ha l’obbiettivo di monitorare quelle grandezze interne all’azienda che possano assicurare la crescita e la Creazione del Valore nell’ottica strategica dell’impresa.

Idee per alcuni indicatori da utilizzare per tale prospettiva potranno essere:

- indicatori di produttività

- indicatori di mobilità

- indici di frequenza infortuni

- indici di gravità infortuni

- percentuale di raggiungimento degli obbiettivi del Management

- immagine aziendale percepita presso i dipendenti (ricorso a survey)

- soddisfazione dei dipendenti (ricorso a survey)

COME POSSIAMO

CONTROLLARE I NOSTRI

PROCESSI INTERNI PER

UN MIGLIORAMENTO

CONTINUO?

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- livello di scolarizzazione del personale

- turnover dipendenti

- scostamento consegna Materie Prime prevista e effettiva

- costi per qualità e sicurezza

- tempo medio di evasione ordini

- (….)

La prospettiva Economico-Finanziaria ha lo scopo di individuare e monitorare degli indicatori che hanno una valenza economico-finanziaria con gli obbiettivi strategici dell’azienda. Si può incorrere in tal caso nella duplicazione di informazioni già in possesso quali gli indicatori classici (ROI,ROE,CASH-FLOW,CCN,ecc…). In molti casi comunque tali grandezze vengono considerate come facenti parte della prospettiva Economico-Finanziaria della BSC proprio perché rappresentano le grandezze necessarie sempre e comunque per la realizzazione della strategia aziendale. La prospettiva in oggetto è quindi quella che più si avvicina alle grandezze che tutti conosciamo e che già utilizziamo. Tuttavia è buona norma ricorrere alla creazione di ulteriori indicatori ad-hoc per gli obbiettivi dell’azienda.

Esempi di indicatori da utilizzare oltre ai classici, potrebbero essere:

- percentuale di solvibilità per mercato

- indicatori di liquidità

- indicatori di struttura

- (…)

La Prospettiva di Sviluppo e Apprendimento è tesa all’individuazione di indicatori che permettano all’azienda di monitorare l’applicazione della strategia nel lungo periodo tramite processi di innovazione dei prodotti dei mercati di riferimento e delle risorse interne ed esterne.

Così degli indicatori di riferimento potranno essere per esempio:

- la numerosità dei nuovi prodotti

- il peso del fatturato dei nuovi mercati conquistati

- il risparmio generato da nuove materie prime utilizzate

- numero progetti innovativi

QUALI SONO LE

GRANDEZZE CHIAVE DEL

NOSTRO EQUILIBRIO

ECONOMICO E

FINANZIARIO?

QUALI SONO LE

GRANDEZZE CHE

ASSICURANO UNA

COSTANTE CAPACITÀ DI

SVILUPPO E

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- percentuale di fatturato investita in R&D

- percentuale di fatturato investita in innovazioni di processo

- percentuale di fatturato investita in formazione

- turnover personale direttivo

- percentuale di crescita contrattuale media dei dipendenti

- età media management

- numero di nuovi brevetti

- (…)

Per ogni indicatore sarà necessario indicarne l’obbiettivo, il valore consuntivo e il relativo target prefissatoci, le azioni da intraprendere per il miglioramento o il mantenimento dei risultati ottenuti e la Direzione Responsabile.

Si è voluto qui fornire delle idee di indicati che sono solo alcuni esempi di KPI “generici” a cui ricorrere. Il grande valore aggiunto della BSC sarà però proprio rappresentato dall’utilizzo di KPI personalizzati in funzione del settore di appartenenza, dei mercati di riferimento, del business aziendale e degli obbiettivi strategici.

Si può quindi capire come sia fondamentale la capacità di individuazione di KPI significati e funzionali affinchè l’implementazione di una BSC possa portare valore aggiunto ad una realtà aziendale già organizzata.

APPLICAZIONI PRATICHE

Come si può notare il passaggio dalle nozioni teoriche all’applicazione pratica può spesso passare attraverso “compromessi” o personalizzazioni del concetto base di Balanced Scorecard. Nelle applicazioni pratiche si può ricorrere con facilità ad una personalizzazione dello strumento BSC sempre nell’ottica cardine di condivisione e monitoraggio degli obbiettivi strategici dell’azienda.

Ci si potrebbe così trovare ad individuare delle nuove prospettive alternative alle 4 basilari discusse sopra. Non infrequenti possono essere i casi di creazione di più BSC, tante quante possono essere le aree aziendali ritenute chiave, o la creazione per esempio di BSC per Business Unit. In sostanza per favorire l’introduzione di questo nuovo strumento sarà possibile non legarsi troppo all’inquadramento teorico ma utilizzare le nozioni “base” per sfruttare l’occasione di creare uno strumento innovativo che possa apportare del valore aggiunto all’attività del controller.

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La BSC, in una fase iniziale di implementazione, si può anche configurare come uno strumento con cui mettere ordine negli indicatori magari già utilizzati dalle diverse aree aziendali ma in modo tra loro non integrato.

In questa ottica di personalizzazione dello strumento, varie possono essere gli utilizzi di una BSC:

BSC per aree aziendali: in organizzazioni molto strutturate sintetizzare informazioni chiave in un unico documento può risultare riduttivo. Si può così pensare di creare versioni di BSC per singole Business Unit o per singole aree aziendali come l’area produttiva, commerciale, promozionale e così via;

BSC di progetto: la versatilità dello strumento ci potrebbe permettere di creare una BSC per progetto. Particolarmente indicato come campo d’impiego potrebbe essere il project controlling o controllo legato a progetti d’investimento o commesse;

BSC come strumento di Benchmarking: utilizzare dei KPI versatili e riconosciuti comuni nel settore di appartenenza potrebbe permettere di eseguire dei confronti con realtà concorrenti o collegate;

BSC collegata al Budget: una volta implementato correttamente lo strumento, la BSC può diventare un efficace integrazione del Master Budget o dei Budget Operativi, fissando dei target di riferimento anche per gli indicatori oggetto della BSC;

BSC come integrazione del Business Plan: la visione strategica di medio-lungo periodo alla base della BSC bene si sposa con l’orizzonte temporale del Business Plan di cui la BSC può rappresentare una valida integrazione;

BSC e sistema di MBO: vista l’interdipendenza della BSC con gli obbiettivi strategici aziendali, realistica potrebbe essere l’ipotesi di creazione di una politica retributiva in funzione di alcuni KPI identificati dalla BSC;

BSC come strumento di promozione: la creazione di un sistema di BSC può portare valore aggiunto anche nell’attività di promozione, manifestando all’esterno i risultati raggiunti dall’implementazione dello strumento. L’utilizzo di un tale strumento può quindi diventare un elemento distintivo per il cliente rispetto ai nostri concorrenti;

BSC come strumento di comunicazioni interna: in fine ma non ultimo non dimenticare come l’implementazione di un sistema di BSC abbia anche lo scopo di portare ad una maggiore comunicazione interna e interrelazione tra le diverse aree aziendali, formalizzandone la partecipazione agli obbiettivi strategici aziendali.

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In conclusione l’obbiettivo di questo contributo non è stato quello di fornire delle nozioni teoriche sulla BSC ma quello di apportare una visione personale e il più pratica possibile di questo innovativo strumento cercando di dimostrare le sue grandi potenzialità anche nelle realtà aziendali medio-piccole offrendo importanti opportunità di crescita alla figura del controller con il principale obbiettivo di perseguimento della strategia aziendale.

Danilo Rantucci

Controller

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LA GESTIONE DEI COSTI DELLA QUALITÀ

Nuove frontiere per il controller ______________________________________

Parlando di “costi della qualità”, viene da pensare che il percorso verso la certificazione sia una spesa fine a

se stessa e, come tale, possa essere sostenuta solo da quelle organizzazioni che hanno una struttura in grado

di accollarsi questo onere finanziario.

In realtà un Quality Management System è un investimento discrezionale per il futuro dato che permette di

evitare una serie di costi che, spesso, le organizzazioni non sono in grado di quantificare perché occulti.

Una ricerca americana che va avanti dal 1972 (la “Profict Impact of Market Strategy”) evidenzia che, tra

tutte le scelte strategiche fatte dalle aziende, quella che “paga” di più è proprio l’implementazione efficace di

un QMS.

È stato dimostrato, infatti, che le aziende che “gestiscono qualità”, infatti:

• hanno una retention dei clienti maggiore

• gli stessi clienti acquistano in maniera maggiormente ripetitiva e, quindi, controllabile

• sono meno vulnerabili alle guerre dei prezzi

• possono investire meno nel marketing.

I costi della qualità sono i costi che un’organizzazione sopporta per produrre un prodotto/servizio conforme,

quindi per cercare di prevenire errori, difetti, scarti, rilavorazioni, ecc…. Gli errori non sono scontati, si

possono evitare, è necessario comprendere che:

• ogni errore ha una causa

• le cause si possono prevedere

• la prevenzione è sempre più economica della correzione.

Il termine “costi della qualità”, in realtà, non è corretto, almeno per lo scrivente, perché un QMS portato a

regime permette di ottenere importanti savings. Si dovrebbe, piuttosto, parlare di “costi della non qualità”,

cioè di costi non immediatamente palesi, rappresentati dalla differenza tra i costi di un prodotto/servizio e i

costi dello stesso prodotto/servizio se non ci fosse alcuna possibilità di errore nel realizzarli, e di costi di

assicurazione della qualità, finalizzati alla prevenzione di errori, difetti, scarti, ritardi, rilavorazioni, ecc.

La gestione dei “costi di Qualità” rientra tra le tecniche di gestione dei costi di processo (controllo delle root

cause dei costi, visione trasversale, team interfunzionali…). Inoltre, analogamente al target costing, è una

tecniche di TLCC (Total Life Cycle Costing), ossia un insieme di metodologie e di strumenti per la gestione

dei costi “dalla culla alla tomba”.

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IEC 60.300-3-3-1998 e CEI EN 60.300-3-3 2006 Life cycle costing

Quindi la gestione dei “costi della qualità”, ha obiettivi molto simili a quelli del TLCC:

• Definire l’estensione del ciclo di vita totale del prodotto, articolato in fasi intermedie

• Determinazione dei costi delle fasi del ciclo di vita

• Analisi delle relazioni tra i costi di una fase e quelli delle fasi a monte e a valle

• Gestione integrata dei costi e dei profitti

o per evitare sub-ottimizzazioni

o per cercare la massimizzazione dei profitti dell’intero ciclo di vita del prodotto.

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Esempio di applicazione di analisi del costo sul ciclo di vita

Adattamento da IEC 60.300-3-3-1998

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Concetti degli elementi di costo Adattamento da CEI EN 60.300-3-3 2006

Tipologie di Costi della Qualità e loro impatto.

1- COSTI di PREVENZIONE

Sono i costi sostenuti per la pianificazione,

realizzazione e mantenimento di un sistema che

assicuri la conformità ai requisiti di qualità

richiesti.

2- COSTI DI ISPEZIONE E VALUTAZIONE

Sono i costi sostenuti per verificare la qualità in

tutte le fasi.

Costi per

l’Assicurazione

Qualità

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La riduzione complessiva dei costi-Qualità è ottenuta operando con i costi per l’Assicurazione Qualità, al

fine abbattere le perdite della “non Qualità”.

Infatti, è ormai lapalissiano che non è sufficiente una semplice mappatura e suddivisione fra attività a valore

aggiunto e attività NVA per un’ efficace attività di gestione dei processi aziendali, ma è necessario andare ad

individuare il livello di efficienza e di efficacia delle stesse attività V.A.

Occorre cioè individuare le cause radice di sprechi, errori, difetti, ritardi, rilavorazioni, colli di bottiglia, fasi

a rischio, che inficiano le attività V.A., e che distruggono valore per il cliente.

È necessario ricordarsi che è stato staticamente verificato che solo il 10% circa di tali fenomeni è imputabili

ad errori del personale (cause speciali), mentre il 90% di essi dipende generalmente da una non corretta

progettazione ed implementazione del sistema generale dei processi aziendali (cause comuni).

Ciò che realmente un cliente compra da un’azienda non sono solo i beni ma anche il come i beni stessi sono

forniti. Juran e Gryna hanno evidenziato come il compratore deve aggiungere al prezzo d’acquisto tutto

l’insieme dei costi della qualità quali:

• Il costo di nuove ispezioni

• Il costo della revisione dei materiali

• Il costo per ritardi nelle linea di produzione

• Il costo per fallimenti interni

• Il costo dovuto a maggiori scorte

• Il costo per interruzioni della linea di produzione

• Il costo per fallimenti esterni.

Crosby, inoltre, stimò che il costo medio della qualità per la maggior parte delle imprese varia tra il 15% e il

20% del valore delle vendite.

3- COSTI DEGLI INSUCCESSI INTERNI

Sono i costi sostenuti per errori verificatisi

nell'ambito dell'intero processo di realizzazione.

4- COSTI DEGLI INSUCCESSI ESTERNI

Sono i costi sostenuti a causa di non conformità

rilevate dal cliente.

Costi della non

Qualità

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Tom Varian, (Organization Dynamics Incorporated) è arrivato a formulare la famosa regola “1-10-100”. Se

si riesce a prevenire un difetto, il costo è di 1 . Se invece si riesce a impedire, tramite le ispezioni, che il

prodotto difettoso raggiunga il mercato, il costo è di 10 . Ma se il difetto raggiunge il cliente causando la

sua insoddisfazione, il costo è di 100 , perché si perde non solo quel cliente, ma si rischia che questi

comunichi ad altri la sua esperienza negativa.

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D’altra parte, l’implementazione di un sistema di misurazione dei COQ rappresenta il primo passo per dar

vita un efficace intervento di cost-reduction. Infatti, i migliori risultati sulla riduzione dei costi sono stati

ottenuti agendo su quelle leve che costituisco l’oggetto privilegiato dei QMS (e dell’ABM, nrdr):

man

materials

machines

methods

management.

Gli strumenti al riguardo sono diversi: dalle tecniche classiche del ciclo PDCA (a partire dal Controllo

Statistico di Processo), all’utilizzo di tecniche evolute di ingegnerizzazione ed industrializzazione (Design

for Assembly, Design for Manifacturing, Variety Reduction Part, Robust Design, DoE, ecc..), fino

all’utilizzo di metodologie estremamente evolute come il ciclo di DMAIC in ambito di interventi Lean

Sigma e Six Sigma, che hanno permesso ad aziende come Motorola, IBM, Dell ed Honeywell ad es., di

ottenere cost savings nell’ordine di diverse centinaia di milioni di dollari.

È importante, quindi, che l’efficacia di un sistema qualità venga misurata in termini economici. Tale attività

di misurazione (naturalmente estendibile anche ad aziende non in possesso di un QMS) porta ad un impatto

estremamente significativo sotto gli aspetti:

• miglioramento delle operazioni

• riduzioni delle perdite

• miglioramento della soddisfazione dei clienti.

Da un reporting economico delle attività e dell’efficacia del sistema qualità, la direzione potrà ricevere

risultati in un linguaggio economico comune a tutti i reparti.

Il reporting sui Cost of Quality dovrebbe essere regolarmente fornito alla direzione, e da questa tenuto sotto

controllo e correlato agli altri dati aventi valenza economica derivanti dall’attività di reportistica classica, per

fornire una realistica:

• valutazione dell’adeguatezza e dell’efficacia dell’attuale sistema di gestione

• identificazione di aree che richiedono attenzione e miglioramento

• individuazione delle aree critiche per inefficienza e sprechi

• monitoraggio della tendenza al miglioramento in seguito ad interventi correttivi intrapresi

• istituzione di obiettivi di qualità e relativi costi per il periodo di riferimento.

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Gli elementi dei reporting in oggetto sono normalmente già disponibili nell’organizzazione, ma sotto altre

forme; la loro presentazione può richiedere un riaccorpamento di determinati elementi appartenenti ad altri

report.

Alcuni esempi di costi analizzabili:

COSTI ESEMPI DI MISURE

COSTI DI PREVENZIONE

• assicurazione e metodologie per la Q

• prove e test di laboratorio

• attività sui fornitori

• tracciabilità del processo

• programmi – gestione del miglioramento.

ISPEZIONI E VALUTAZIONI

• controlli in accettazione

• controllo processo - prodotto

• valutazione qualità prodotto

• benestare prodotto del processo

• auditing sistema qualità

• auditing processo.

INSUCCESSI INTERNI

• rilavorazioni e riparazioni

• materiali

• ripristino macchine e attrezzature

• scarti di produzione

• diagnosi – perizia insuccessi

• declassamento prodotto

• riprogettazioni

• scorte fuori controllo

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INSUCCESSI ESTERNI

• resi da clienti

• addebiti clienti

• analisi insuccessi

• perdita immagine - clienti

• rilavorazioni - selezioni

• riprogettazione

• errori logistici

Obiettivo:

Le tecniche di cost accounting che possono essere impiegate per la rilevazione di queste tipologie di costi, e

che al contempo possono dare i migliori risultati, sono sicuramente quelle activity based; fase critica, sarà

quella di progettazione del diagnostico aziendale ABM, che però potrebbe essere efficacemente supportato

dall’intervento di un RGQ (eventualmente coadiuvato dall’utilizzo di una P-FMEA).

Anche i metodi tradizionali full-cost possono essere utilizzati in maniera sufficientemente efficace; di

estrema importanza sarà, però, la riprogettazione di un adeguato piano dei conti, e la previsione di specifici

centri di costo, eventualmente da far poi “riassorbire”, nelle componenti di costo ivi allocate, dai centri di

produzione.

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Di seguito, due esempi di reporting sui COQ:

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Alessio Di Angelantonio

Consulente di Direzione

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IL CASO ALFA: IL LANCIO DI UN NUOVO PRODOTTO

di Luca Vanzulli - Controller

Scopo del seguente articolo, attraverso un caso pratico aziendale è quello di passare in rassegna i principali strumenti excel utili ai fini di supportare in maniera adeguata, coloro che devono prendere decisioni strategiche per valutare se un determinato investimento possa essere conveniente o meno. L’incertezza e la complessità progressivamente sempre più crescente richiedono un’attenta analisi di tutte le variabili in gioco. A tal proposito Excel può essere di grande aiuto grazie alla possibilità di realizzare modelli dinamici ed intuitivi. In particolare, in questa sezione utilizzeremo funzioni come: definisci nome, van e la funzione scarto. Il caso che andremo a trattare riguarda l’azienda Alfa, produttrice di macchine fotografiche digitali. Il management deve decidere se lanciare sul mercato un nuovo prodotto super accessoriato e più costoso rispetto alle attuali fotocamere in commercio. Che impatto avrà sul mercato? Quali benefici? Quali costi emergenti? Quali ritorni si avranno? Che tempi di recupero? Quali gli scenari possibili?

Caso Alfa: scenari attuali e futuri

L’azienda Alfa, sta valutando l’ipotesi di immettere sul mercato un nuovo tipo di macchina fotografica digitale con alcune componenti innovativi come la resistenza all’acqua e l’aggiunta di lettore mp3. Il progetto d’investimento appare molto ambizioso ma contemporaneamente richiede un’attenta analisi strategica e finanziaria prima di essere presentata al consiglio di amministrazione per l’approvazione finale.

Il forecast delle vendite dei successivi 6 anni potrebbe essere la seguente:

Il trend di crescita è molto aggressivo nei primi tre anni per poi calare lentamente. Il CAGR (Compound Annual Growth rate) previsto è pari al 18% .

La direzione ha individuato come target obiettivo quello di avere costi variabili di produzione (costo manodopera e materiali) par al 45% delle sales al fine di ottenere un margine industriale del 55%.

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Per rendere più intuitivo il modello che andiamo a definire utilizziamo la funzione definisci nomi per le celle o i range di celle che più ci interessano; ad esempio se consideriamo il range di valori C4:H4.

E’ sufficiente selezionare il suddetto range scegliere definisci nome ed inserire il nome Previsione_vendite nella finestra.

Eseguiamo la medesima operazione per il range C5:H5 inserendo il nome Costi_Variabili.

I costi variabili saranno calcolati moltiplicando il target obiettivo del 45% rispetto per le vendite e la formula da utilizzare sarà:

= Previsione_Vendite * $C$9

La stessa modalità vale per tutte le altre celle D5:H5, trascinando la formula appena calcolata.

Il Margine di contribuzione sarà invece determinato come differenza tra la previsione di vendita e i costi variabili, come si può notare nella cella C6 della figura sottostante.

Trattandosi di un nuovo prodotto il margine che si ottiene, rappresenta un valore incrementale, che sicuramente sarà da catalogare come un importante fattore in termini di ritorno economico. Ma a quali svantaggi si potrebbe andare incontro?

Una prima considerazione riguarda la possibilità che i vecchi prodotti in commercio potrebbero subire un arresto nelle vendite in quanto si potrebbe creare una forte aspettativa della nuova foto camera super accessoriata; pertanto la direzione ha stimato questa concreta possibilità di mancata vendita dei prodotti già esistenti con una perdita pari a circa 4.500.000 di euro nel primo anno e un successivo trend decrescente del 5-10% negli anni successivi.

Page 26: E-controlling n2

Si sono poi ipotizzati nuovi costi per le campagne pubblicitarie, la formazione del personale, le ricerche di mercato e l’assistenza post vendita.

La tabella sottostante riepiloga i costi e benefici del nuovo prodotto:

Verso l’analisi del cash flow

L’analisi dei costi e benefici evidenziata precedentemente ci consente di predisporre una sorta di cash flow: la differenza tra il margine di contribuzione ottenibile dal lancio della nuova fotocamera digitale e costi emergenti determina un differenziale che rappresenta in pratica il nostro guadagno prima di dedurre ammortamenti e tasse, ovvero il reddito operativo, che risulta negativo nei primi due anni per poi assumere un trend positivo crescente nei successivi 4 anni.

Altri investimenti da considerare sono quelli relativi all’acquisto di nuovi macchinari per la produzione del nuovo prodotto per un investimento di 3 milioni di euro da ammortizzare in 6 anni, con un valore residuo pari a zero. Le tasse per semplicità sono poste pari al 40%. SI arriva a calcolare l’utile o la perdita netta. Il nocciolo della questione è tuttavia comprendere se conviene o no immettere sul mercato il nuovo prodotto e conseguentemente ai fini della nostra decisione dobbiamo ragionare in termini di flusso di cassa netto per anno ovvero aggiungendo all’utile netto gli ammortamenti in quanto non rappresentano un esborso di cassa ma degli accantonamenti e aggiungendo il costo del macchinario.

Page 27: E-controlling n2

L’arte di prendere decisioni: Valore attuale e tempo di rientro

Nei precedenti paragrafi abbiamo esaminato nel dettaglio costi e benefici emergenti nell’ambito dell’opportunità di lanciare una nuova macchina fotografica digitale super accessoriata; la nostra analisi può essere considerata prettamente di tipo quantitativo e ci ha condotto al flusso di cassa netto, che cumulativamente si presenta negativo nei primi 4 anni.

Tuttavia, quanto evidenziato è soltanto il punto di partenza della nostra analisi; ora andremo ad applicare i concetti di valore attuale, fattore di attualizzazione, e di payback period o tempo di rientro ovvero la lunghezza di tempo che intercorre tra l’investimento iniziale e il recupero del medesimo.

Meglio 100 euro oggi o 100 euro domani? Il fattore tempo influenza il valore del denaro. Infatti se volessimo sapere quanto valevano 100 euro che ho ricevuto oggi, tre anni fa, devo procedere al calcolo del valore attuale; ad esempio se supponiamo che il nostro tasso di attualizzazione sia pari al 12%, abbiamo:

100/(1+0,12)^3=71,17

Tornando all’esempio della nostra macchina fotografica se applicassimo un tasso di attualizzazione del 12% avremmo un discounted cash flow come indicato qui di seguito:

Il calcolo può essere effettuato fondamentalmente in due modi:

a) Applicazione della formula Flusso_di_cassa_netto /(1+ tasso interesse)^(Anno) e sommatoria dei valori ottenuti.

Page 28: E-controlling n2

b) Utilizzo della formula VAN di excel

Nel primo caso, una volta chiamata tasso_interesse la cella B11, è sufficiente collocarsi nella cella C13 e scrivere la formula e poi trascinarla anche nel range D13:H13.

Ritornando al ragionamento sul valore dell’Euro oggi e domani è curioso notare che se calcoliamo il fattore di attualizzazione notiamo che il valore tende a ridursi di anno in anno:

Se moltiplichiamo poi il fattore di attualizzazione per i flussi di cassa netti ottengo di nuovo i flussi di cassa scontati. La sommatoria di questi ultimi determina il valore attuale netto o cash flow. La seconda modalità è quella di utilizzare la funzione VAN di excel:

VAN (tasso interesse; valore1;valore 2,….)

La sua applicazione è molto comoda e nel nostro caso sarà sufficiente porsi nella cella B22 e scrivere: =VAN(Tasso_interesse;Flusso_di_cassa_netto) e otterremo il medesimo risultato.

Un altro modo per il calcolo del valore attuale netto, da considerarsi tuttavia più ingegnoso che pratico, è quello di partire dai flussi di cassa cumulati e di utilizzare all’interno della formula excel VAN, la funzione scarto; in altri termini è sufficiente impostare la seguente formula nella cella C17:

Page 29: E-controlling n2

=VAN(Tasso_interesse;scarto(Flusso_di_cassa_netto;0;0;1;Anno), che poi trascineremo anche nelle celle D17:H17.

Dove:

Tasso_interesse rappresenta la cella B12 (ipotesi del 12%)

La funzione scarto ci consente di creare un riferimento all’intervallo di celle rettangolare, da far muovere lungo i 6 anni di riferimento dell’esempio; la sintassi della funzione scarto è la seguente:

SCARTO(riferimento; righe; colonne;[altezza]; [larghezza])

Applicandola al nostro caso, si ottiene:

riferimento: rappresenta la cella o le celle adiacenti, dalle quali inzia lo spostamento ovvero la riga che avevamo chiamato Flusso_di_cassa_netto rappresentata dal range di celle: C7:H7;

righe: rappresenta il numero di righe verso l’alto o verso il basso cui ci si deve spostare; nel nostro caso abbiamo inserito valore pari a zero e conseguentemente non ci spostiamo

colonne: rappresenta il numero di righe verso l’alto o verso il basso cui ci si deve spostare; nel nostro caso abbiamo inserito valore pari a zero e conseguentemente non ci spostiamo;

altezza: è una parametro facoltativo che rappresenta il numero di righe dell’intervallo considerato, nel nostro caso abbiamo inserito valore 1, riferendoci alla riga Flusso_di_cassa_netto;

larghezza: è una parametro facoltativo che rappresenta il numero di colonne dell’intervallo considerato, nel nostro caso abbiamo inserito valore Anno, che fa riferimento alle colonne comprese nelle intervallo C e H.

In questo modo essendo i flussi netti cassa collegati al rispettivo anno di riferimento con la funzione scarto abbiamo che se siamo ad esempio nella cella F17, l’anno sarà uguale a 4, in G17, l’anno sarà uguale a 5 e così via; come possiamo notare il valore che abbiamo ottenuto in H17 è pari a 441.257,89 euro che è uguale alla sommatoria dei flussi di cassa scontati che abbiamo calcolato precedentemente.

Page 30: E-controlling n2

Il payback period o tempo di ritorno

Ma quanto tempo occorre per avere un ritorno dal lancio del nuovo prodotto? Esaminando il flusso di cassa progressivo si può verificare che dopo circa 5 anni abbiamo un valore positivo. Tuttavia se volessimo sapere con esattezza il fattore tempo potremmo ricorrere al payback period.

Se prendiamo in esame il nostro flusso di cassa cumulato il primo valore positivo che incontriamo è in corrispondenza dell’anno 5; in altri termini il tempo di recupero del lancio della nuova camera digitale è circa 4 anni. Tuttavia se vogliamo ragionare con più precisione possiamo procedere a quanto segue:

• Per ciascun anno calcoliamo il rapporto tra Cash flow netto e cashflow cumulato ( Range: C13:H13); • Nella riga B15 scriviamo anno-Cashflow netto/CashFlow progressivo e calcoliamo per ogni cella

relativa al range C15:H15 • Nella cella C18 scriviamo la formula : =SE(Cash_flow_netto<=0;1;0) e poi trasciniamo la formula

nelle celle D18:H18; in questo modo abbiamo individuato gli anni con flusso di cassa negativi, e sommandoli danno come tempo di recupero 4

A questo punto applicando una formula composta con Indice e somma e funzione se possiamo calcolare il nostro tempo di recupero con più precisione; la funzione indice è composta dalla seguente sintassi:

Indice (Matrice, riga; colonna):

• la matrice sarà composta dalla riga C15:H15 (anno-Cashflow netto/CashFlow progressivo) • riga; diamo valore 1 perchè c’è solo una riga da prendere in considerazione • Colonna; inseriamo la formula: SOMMA(SE(Flusso_di_cassa_cumulato<=0;1;0))+1), che ci da

come valore il primo anno in cui il flusso di cassa progressivo è positivo.

La formula è completata e si presenta così:

=INDICE((Anno___Flusso_di_cassa_cumulato);1;SOMMA(SE(Flusso_di_cassa_cumulato<=0;1;0))+1)

E’ bene ricordare che trattandosi di una formula a matrice, non può essere considerata come una funzione regolare; infatti digitando invio nella cella compare un errore di tipo #VALORE.

Pertantouna volta digitata la sintassi della formula va premuto CTRL+MAIUSC+INVIO; la formula verrà racchiusa da due parentesi graffe.

Page 31: E-controlling n2

Il tempo di recupero determinato sarà pari a 4,88.

L’adjusted payback period

Il precedente modo di calcolo del tempo di ritorno è spesso criticato perché non tiene tempo del valore del tempo. Pertanto se vogliamo ovviare a questo problema dobbiamo considerare in primo luogo l’attualizzazione dei flussi di cassa della nostra azienda Alfa, come abbiamo già precedentemente fatto e ricalcolare il payback period su questi valori.

Il secondo passo sarà quello di definire il nome del range C13:H13 che chiameremo DCF e di determinare il DCF cumulato IN C15:H15 a cui daremo l’omonimo nome. Procediamo poi a rapportare il DCF cumulato con il DCF in C17:H17 e a cui daremo il nome di DCF_CUMULATO_CUMULATO.

Page 32: E-controlling n2

Procediamo al calcolo della differenza tra l’anno e il DCF_DCF_CUMULATO e poniamo la condizione di dare valore 1 a tutti i DCF con valori negativi utilizzando la seguente formula:

=SE(DCF_Cumulato<=0;1;0)

La riga condizione ci evidenzia che 5 anni presentano flussi negativi e conseguentemente i tempi di recupero oscillano tra il 5° e il 6° anno.

Per il calcolo preciso inseriamo la formula indicata qui di seguito nella cella B27:

=INDICE((Anno-DCF_CUMULATO_DCF);1;SOMMA(SE(DCF_Cumulato<=0;1;0))+1)

Trattandosi di matrice, prima inseriremo le parentesi graffe cliccando CTRL + MAIUS + INVIO.

Contrariamente al risultato ottenuto con il payback period che non teneva conto del valore del tempo, in questo caso otteniamo 5,74.

Il file excel di esempio sarà pubblicato nell’area download dei sito ww.b2corporate.com.

Page 33: E-controlling n2

INNOVARE PER COMPETERE A cura di Massimiliano Gatti

Studio Barale – Dal 1946, Consulenti di Direzione

www.studiobarale.it

Il processo che sta modificando il modo con cui le persone imparano nel corso della loro vita (learning) è al

centro dei processi di innovazione nella società della conoscenza.

Questo è un argomento che ci riguarda tutti, sia perché siamo persone, sia perché siamo responsabili di

organizzazioni che lo stanno adottando. Imparare è una delle caratteristiche principali degli esseri umani

che attiva le potenzialità delle persone, di qualsiasi livello sociale. Potenzialità che possono essere

indirizzate verso obiettivi tecnici, economici e sociali. Nella società della conoscenza, infatti, l'innovazione

assume valore nella economia reale.

Innovazione, quindi, è il nome che diamo allo sviluppo e al miglioramento di un prodotto o di un processo

portando beneficio anche al nostro vivere quotidiano. Innovazione significa cambiamento, progresso ma,

necessariamente, anche rispetto per le risorse disponibili e attenzione all’impatto ambientale.

Tuttavia, non è possibile generare innovazione senza curare come si apprende nelle scuole e nelle imprese.

I grandi nemici dell’innovazione sono l’ottusità e la resistenza al cambiamento.

Le sessanta scuse

Tanti sono i tentativi di fermare l'innovazione da parte di persone, dipendenti, amici e dirigenti, clienti ecc. che vedono soltanto i limiti di una soluzione nuova (visione ristretta):

1. Lo abbiamo già provato.

2. La nostra azienda è diversa.

3. Costa troppo.

4. E' al di fuori della mia responsabilità.

5. Siamo troppo indaffarati per occuparci anche di questo.

6. Non mi compete.

7. E' un cambiamento troppo radicale.

8. Non c'è il tempo necessario.

9. Non c'è sufficiente aiuto.

10. Renderà obsoleti tutti gli altri macchinari.

11. Facciamo prima una ricerca di mercato.

12. Il nostro impianto è troppo piccolo per questo.

13. Non è pratico per gli operativi.

14. "Loro" non lo compreranno mai.

15. I sindacati si agiteranno.

16. Non l'abbiamo mai fatto prima.

17. E' contro le politiche aziendali.

18. Fa aumentare i costi indiretti.

19. Non ne abbiamo l'autorità.

Page 34: E-controlling n2

20. E' troppo "teorica".

21. Torniamo alla realtà.

22. Non è un nostro problema.

23. Perché cambiare, funziona già così.

24. Non mi piace l'idea.

25. E' corretto, ma …

26. Sei due anni avanti alle nostre necessità.

27. Non siamo pronti.

28. Non abbiamo i soldi.

29. Non si può addestrare un cane vecchio.

30. Non lo abbiamo in budget.

31. Buona pensata ma impraticabile.

32. Teniamolo in sospeso.

33. Pensiamo ancora un po’.

34. La direzione non lo accetterà mai.

35. Facciamo una richiesta scritta.

36. Saremo ridicoli.

37. No, di nuovo.

38. Perderemo dei soldi a lungo termine.

39. Dove l'hai sentito?

40. Questo non lo può aspettare dai nostri collaboratori.

41. Andiamo bene anche senza.

42. Non è mai stato provato prima.

43. Conserviamola per il momento opportuno.

44. Facciamo un gruppo di lavoro.

45. Non l'ha provato qualcuno prima?

46. Non piacerà ai clienti.

47. Non vedo la connessione.

48. Non funzionerà nel nostro stabilimento.

49. Quello che veramente dici è …..

50. Questo funzionerà nel vostro caso, ma non nel nostro.

51. Il consiglio d'amministrazione non l'approverebbe mai.

52. Non pensi che dovremmo pensarci un po’ di più prima di agire.

53. Cosa fanno i nostri concorrenti?

54. Dormiamoci su.

55. Non si può fare.

56. Ci sono troppi problemi per cambiare.

57. Non si paga da sola.

58. Conosco uno che ci ha provato.

59. E' impossibile!

60. Lo abbiamo sempre fatto così.

Page 35: E-controlling n2

L’INNOVAZIONE

Col termine “innovazione”, spesso abusato, non vogliamo riferirci soltanto alla (R&S) Ricerca e Sviluppo formalizzata, ma a tutte le attività che consentono di adeguare i prodotti ed anche i processi (organizzativi e produttivi), alle aspettative sia dei clienti (effettivi e potenziali), sia dei mercati.

In questa trattazione, in particolare, per “innovazione” s’intende la realizzazione, nel mondo aziendale, di:

un prodotto, o un servizio nuovi, o significativamente migliorati;

oppure, la messa a punto di un processo (organizzativo o produttivo);

oppure, nuove idee di marketing e, potendo,

… l’insieme di due o tre realizzazioni sopra elencate.

Con la locuzione “attività di innovazione”, poi, s’intendono tutti i passaggi scientifici, tecnologici, organizzativi, finanziari e commerciali volti a implementare la innovazione. Alcune attività di innovazione possono essere a loro volta innovative; altre, invece, non sono necessariamente nuove, ma sono necessarie per attivare l'implementazione dell'innovazione, come ad esempio la Ricerca e Sviluppo (R&S) semplicemente intesa come funzione aziendale.

Dalle Management Sciences, l’innovazione è stata definita come discontinuità nella conoscenza (knowledge) e del saper fare (know how), capace di generare un sensibile aumento di produttività. Vale a dire che, a parità di risorse, si fanno più cose (sviluppo), o si fanno le stesse cose con meno risorse (sostenibilità).

L’incentivazione UE

Data l'importanza dell'innovazione nella competitività delle imprese e delle nazioni, da tempo i Paesi industrializzati hanno intrapreso politiche volte a stimolare processi di innovazione nelle aziende, con incentivi mirati al finanziamento della ricerca e al miglioramento del capitale umano. L'Unione Europea ha avviato da anni specifiche politiche di sostegno, tramite programmi/quadro per rafforzare la ricerca e l'innovazione negli Stati membri. In particolare, nel vertice di Lisbona del 2000 - per migliorare la competitività dei Paesi europei - è stato deciso di portare la spesa dei singoli, per ricerca e innovazione, al 3% del PIL.

In Italia, purtroppo, il livello d’investimento nella ricerca è molto inferiore alla media europea e il Sud del nostro Paese è “il fanalino di coda” della ricerca italiana.

IL MODELLO “3T”

Richard Florida, ricercatore americano che si occupa di politiche pubbliche per l’innovazione e la competitività, ha pubblicato il libro intitolato “L'ascesa della nuova classe creativa” sostenendo una tesi interessante che possiamo riassumere così: i presupposti del successo di un’area economica e geografica risiedono nella contemporanea presenza di tre fattori (il modello 3T):

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1. Talento

2. Tolleranza

3. Tecnologia.

L’Autore ha valutato tali fattori ottenendo una serie di classifiche di “creatività” per le città americane: classifiche che ritraggono la situazione attuale e le potenzialità di crescita. Ovvero: la concentrazione della classe creativa è più alta in quelle città caratterizzate dalla presenza di persone con un elevato livello di istruzione (il talento), dalla presenza di imprese high-tech e da un elevato numero di brevetti prodotti (la tecnologia) e dalla presenza di un numero rilevante di stranieri e omosessuali (la tolleranza).

Ma che cosa s’intende per “creatività”?

Il matematico Henri Poincare la definisce così:”Creatività è unire elementi esistenti utilizzando connessioni

nuove che siano utili”.

Le parole “nuovo” e “utile” illustrano adeguatamente il superamento delle regole esistenti (nuovo) e l’istituzione di una regola ulteriore, condivisa (l’utile). Vale a dire: l’essenza dell’atto creativo. Il processo creativo, infine, unisce “disordine” e “ordine”, “paradosso” e “metodo”. Le categorie di “nuovo” e “utile” ampliano le attività creative in cui sia riconosciuta utilità economica e sviluppi, uno dei tre possibili gradi di novità:

1. applicazione nuova di una regola esistente;

2. estensione di una regola esistente a un campo nuovo;

3. istituzione di una regola completamente nuova.

I tre fattori individuati da Richard Florida, rilevanti per un territorio e la sua comunità, potrebbero risultare altrettanto validi per una organizzazione aziendale. Vediamo.

Il modello “3T” in azienda

L’innovazione oggi diventa indispensabile per adattare rapidamente una organizzazione al mercato globale, consentendole di operare nella competizione sempre più aspra, anche sul mercato interno. Questo perché, nelle turbolenze che stiamo vivendo, è molto rischioso reagire con l’improvvisazione; è invece necessario pianificare e organizzare, sfruttando l’innovazione.

Per questo, il modello delle 3T può fornire utili suggerimenti anche alle organizzazioni aziendali, soprattutto alle PMI che vogliono affrontare in modo proattivo i problemi della globalizzazione.

Irene Tinagli, nel suo libro “Talento da svendere” si domanda:

”L'Italia sarà forse un paese di poeti e navigatori, ma proprio nell'era globale del talento il suo ruolo nella

competizione internazionale si è fatto sempre più marginale. Quali sono le ragioni del declino di una

nazione che si è sempre vantata della sua naturale indole creativa?”

Page 37: E-controlling n2

Da studente, ciascuno di noi acquisisce conoscenze, nozioni, e viene formato in accordo con il corso di studi superiori. Tutto ciò può costituire sicuramente un bagaglio valido e concreto da portare sempre con sé. Tuttavia, ciò che rende unico e che caratterizza un individuo, è il talento: dote innata, connaturata nell’individuo stesso. Il talento, quindi, è un'inclinazione naturale che si esplica in diversi campi ed in diversi interessi, qualificando l'essere umano in un campo specifico, rendendolo unico.

Le conoscenze, infatti, possono sempre essere ampliate in qualunque momento della propria esperienza lavorativa e bisogna sempre dedicare del tempo al relativo aggiornamento. Risulta pertanto possibile, a ciascuno di noi, imparare nuove applicazioni, nuove metodiche, addentrandosi in campi ancora inesplorati. Ciascun individuo attua un proprio percorso formativo, ma il punto di arrivo non è sempre chiaro e lineare sin dall'inizio del percorso; pertanto, è necessario cercare continuamente quale esso sia.

Strada facendo, si possono scoprire proprie attitudini e propri interessi, permettendo al talento di emergere. Ciascun individuo, quindi, ha il compito di stabilire se seguire la propria inclinazione e assecondare il talento, dedicando il proprio tempo a ciò che realmente può gratificarlo.

Il Talento, quale primo fattore del modello “3T”, viene spesso relazionato al livello di scolarità dei dipendenti. Questo perché la conoscenza appropriata aprirebbe la strada allo sviluppo. Va però osservato che la nostra Scuola odierna sforna ben pochi laureati di talento.

E, nella realtà delle PMI che rappresentano la parte prevalente delle imprese del nostro Paese, le mansioni di concetto che il laureato di talento potrebbe saper svolgere sono invero modeste; quindi, le prospettive di carriera per lui, lo sarebbero ancor meno.

La presenza dell’imprenditore che non sa delegare, poi, completa il quadro. Anche per questo motivo le PMI non attraggono diplomati e laureati di talento. Gli imprenditori forse non li cercano perché ritengono di non poterli pagare; fors’anche, perché gli imprenditori (generalmente “self made”) non riuscirebbero a dialogare costruttivamente con laureati di talento, ma privi di esperienza.

Il talento da affiancare all’imprenditore della piccola e media azienda si potrebbe individuare probabilmente nella persona intelligente, magari diplomata. In ogni caso, una persona con esperienza maturata in aziende più grandi, capace di esprimersi soprattutto attraverso la volontà di conoscere, di impegnarsi e di relazionarsi con gli altri: tutte qualità molto importanti che non s’imparano facilmente. Il talento per le PMI, quindi, deve essere individuato nelle capacità della persona, prima ancora che nella preparazione universitaria. Tuttavia, il problema più serio da risolvere va individuato nella volontà dell’imprenditore di delegare. E, per questo ci vuole un imprenditore … di talento.

La Tolleranza è un termine sociologico, culturale e religioso, relativo alla capacità collettiva ed individuale di vivere pacificamente con coloro che credono ed agiscono in maniera diversa dalla propria. I sistemi autoritari si fondano, al contrario, sull'intolleranza. Il termine “tolleranza” è solitamente collegato alla pratica della non-violenza, estende le sue implicazioni agli ambiti della religione, del sesso e della politica e, ben difficilmente, conduce ad un comportamento violento.

La tolleranza, pertanto, è un fattore non sempre presente nella cultura delle nostre aziende, nonostante costituisca un approccio efficace per promuovere, presso le risorse umane dell’azienda, la diversità di origini,

Page 38: E-controlling n2

di culture ed esperienze. Il “caos” che ne deriverebbe, infatti, potrebbe costituire il contesto nel quale si svilupperebbe il confronto e, quindi, la creatività.

Le soluzioni di collaborazione, infatti, sono efficaci dove c’è tolleranza, dove le persone sono incoraggiate ad aprirsi per imparare e dare il meglio di sé.

La creatività, quindi, sarebbe il frutto di una cultura aziendale aperta a opinioni e idee diverse, disponibile al rischio e all’errore, a tutti i livelli del management. Ovviamente, richiederebbe un giusto livello di autostima e flessibilità in ognuna delle persone coinvolte. Il cambiamento che deriverebbe sarebbe percepibile anche all’esterno dell’azienda e potrebbe catturare l’interesse di nuovi segmenti di clientela.

La Tecnologia è l'ambito multidisciplinare di ricerca e sviluppo di soluzioni, legate soprattutto ai processi produttivi. Si occupa dello sviluppo di macchine partendo dai principi della scienza, a differenza della tecnica che invece si occupa del loro funzionamento.

Il termine viene però utilizzato anche in senso più ampio; per questo lo si confronti anche con la definizione inglese di Technology: "Concetto ampio che si riferisce ai saperi ed all'uso da parte di una specie di utensili

ed abilità e di come questi influiscano sulla capacità della specie stessa di controllare ed adattare il proprio

ambiente".

Con l'espressione stato dell'arte della tecnologia si intende la più recente tecnologia disponibile sul mercato e la migliore in termini di qualità. Talora, l'ingresso di una tecnologia più moderna è intenzionalmente ritardato, per commercializzarne una precedente, con l'obiettivo di recuperare i precedenti investimenti in ricerca, o di prolungare il ciclo di vita del business. In questo senso il progresso della tecnologia è ritardato e ostacolato da considerazioni di marketing.

La tecnologia ha assunto, in alcune realtà aziendali, un ruolo molto positivo magari seguita da delusioni, mentre in altre è stata contrastata.

Tuttavia, la tecnologia è la premessa e il risultato dell’innovazione: incorpora il sapere e costituisce uno straordinario fattore competitivo, specie per coloro che non possono godere di posizionamenti strategici particolarmente favorevoli nei mercati.

La tecnologia, infatti, è presente nel processo produttivo, nel prodotto e nei processi gestionali; in questi ultimi è presente sotto forma di tecnologie della informazione e della comunicazione (Sistemi informativi).

Il sistema informativo aziendale abbinato alla formazione costituisce ottimo supporto per facilitare la condivisione delle informazioni, lo scambio di esperienze e il rapido coinvolgimento: la vera collaborazione.

Page 39: E-controlling n2

Attivare la capacità di innovare

Per aumentare la capacità di innovare bisogna concentrarsi su:

tecniche di creatività;

sistemi di gestione della conoscenza;

metodi di valutazione e gestione di progetti.

Le tecniche di creatività, individuali o di gruppo, non servono solo per operazioni astratte, o di natura artistica, ma sono soprattutto utili per la progettazione e l’implementazione di attività.

Il problem solving, le tecniche analitiche sintetizzate dall’acronimi e morfologiche, o anche il più conosciuto brainstorming, aiutano a trovare nuove soluzioni attraverso un miglioramento graduale; quanto meno, attraverso un percorso più chiaro. In ogni caso, bisogna tenere conto del fatto che l’imprenditore italiano è eclettico; per questo egli è portato ad improvvisare, a inventare; quindi, è poco disponibile alla utilizzazione di metodi precostituiti.

Pertanto, bisogna tenere conto del fatto che i sistemi di gestione della conoscenza sono costituiti da elementi organizzativi, procedurali e tecnologici. Questo, per consentire la valorizzazione delle competenze e delle esperienze presenti in azienda. Tali sistemi possono essere impostati da persone esperte, o da conoscenza formalizzata (database) e costituiscono il miglior investimento a lungo termine.

In definitiva, i concetti di Talento, Tecnologia e Tolleranza mantengono, a nostro avviso, la validità riscontrata da Richard Florida per Città e Regioni, anche quando si tratta di realtà aziendali e queste ultime, per potersene giovare, richiedono pratica manageriale sperimentata.

Ostacoli all’innovazione

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IL REPORTING PER MONITORARE I SEGMENTI E LA LORO PROFITTABILITÀ

a cura della redazione di B2C

Segmenti e misurazione della redditività

Quando si vuole misurare le perfomance di un centro di ricavi è necessario predisporre un conto economico

finalizzato a mostrare i diversi segmenti di riferimento piuttosto che l’azienda nel suo complesso. Qui di

seguito sarà presentato un semplice case study sulla software house Thinking Tank, che opera

prevalentemente nel settore della realizzazione di programmi informatici sia in area business che consumer;

nello specifico le linee di business possono essere distinte come indicato qui di seguito:

- Programmi di tipo contabile-gestionale per piccole entità commerciali.

- Programmi di giochi e intrattenimento per privati.

La società grazie a prodotti molto flessibili e personalizzabili nel giro di cinque anni ha saputo conquistare

una discreta fetta di mercato. La gestione dell’azienda è stata sempre portata avanti in maniera molto

semplice, privilegiando gli aspetti meramente contabili piuttosto che analitici e monitoraggio dei risultati

raggiunti in termini di causa-effetto.

Il Management era dopo 5 anni aveva la necessità di approfondire i risultati complessivi raggiunti dalle

suddette linee di Business.

La suddivisione delle vendite e dei costi per segmento

Il management aveva convocato una riunione in fretta e furia e aveva richiesto la presenza di Eddy Nasoni,

neoassunto come controller e amministrativo “tuttofare”. L’ordine del giorno del meeting prevedeva

l’implementazione di un sistema di gestionee di analisi mandamentale delle due linee di business gestite

dall’azienda.

Nasoni prese immediatamente la parola e illustrò che quanto richiesto poteva essere predisposto secondo

una raccolta dati e una sua riaggregazione; il problema non era tanto nelle vendite, che potevano facilmente

essere attribuite ai due segmenti, ma bensì nei costi, che dovevano essere separati attentamente ed allocati ai

segmenti di competenza.

Page 41: E-controlling n2

Il passo più delicato da affrontare era il seguente: attualmente i costi di produzione sia fissi che variabili

venivano inseriti nel conto economico nella voce “costo del venduto” senza alcuna distinzione tra divisone

Business e Consumer

Il secondo punto riguardava la ripartizione dei costi fissi: era necessario fare distinzione tra quelli

direttamente e non direttamente attribuibili ai due segmenti. (Costi fissi specifici e comuni)

Nasoni, aveva chiaro il percorso da seguire per dare un valido supporto al management e chiese un paio di

giorni per raccogliere i dati e realizzare un reporting basato sui conti economici a margini di contribuzione.

Salutò tutti e si recò nel suo ufficio per mettersi subito al lavoro; adorava molto implementare modelli ex

novo perché lo allontanavano dalla routine del lavoro e si divertiva un mondo. Era entusiasta e già aveva

capito che quella giornata sarebbe finita molto tardi.

Il conto economico della Thinking Tank si presentava nel seguente modo:

Fig. 1 Conto economico a margine di contribuzione della Thinking Tank

Page 42: E-controlling n2

La suddivisione delle vendite, dei costi variabili e specifici attribuibili ai due segmenti oggetto di analisi,

avevano poi consentito la redazione di un reporting specifico per i due segmenti:

Fig. 2 Conto economico a margine di contribuzione della Thinking Tank suddiviso per segmento

Nasoni trasse subito alcune importanti conclusioni evidenziando le % di ciascuna voce di ricavo e costo dei

due segmenti rispetto al totale complessivo:

Fig. 3 % delle varie voci di ricavo, costi e margini di ciascun segmento rispetto agli ammontari complessivi

Il segmento Business aveva il maggior numero di vendite ma costi variabili più alti: sul totale complessivo

raggiungevano quota 56% vs i 44% del comparto consumer.

Tuttavia la linea di business dei giochi doveva fare i conti con costi fissi specifici superiori (54% vs i 46%

del segemnto Business).

A livello di % di margine di contribuzione rispetto alle vendite di segmento si rilevava la seguente

situazione:

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% Margini persegmento Business Consumer

1° Margine di contribuzione per segmento 52% 58%

2° Margine di contribuzione per segmento 30% 29%

Fig. 4 % Margini di contribuzione dei segmenti Business e Consumer

La minor redditività del segmento Business a livello di 1° margine di contribuzione era sicuramente

giustificabile con il fatto che i costi variabili erano superiori a causa di alcune personalizzazioni richieste dai

clienti e pertanto necessitavano ore aggiuntive di programmazione e modifiche dei software.

Nasoni ritenne opportuno andare a esaminare più nel dettaglio i costi fissi specifici del comparto consumer

al fine di ottenere informazioni che chiarissero quali erano le cause che portavano ad una riduzione così

elevata in termini di profittabilità (2° Margine di Contribuzione per segmento).

Fig. 5 % Margini a confronto

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Nasoni elaborò i dati e ottenne il seguente risultato di sintesi:

Fig. 6 Analisi area consumer per canale di vendita (negozi e commercio elettronico)

Qualcosa non funzionava a livello di canali di vendita; i costi fissi specifici relativi ai negozi al dettaglio

erano davvero alti e assorbivano oltre il 35% della redditività raggiunta a livello di primo margine di

contribuzione. I costi fissi specifici dell’aera e-commerce invece garantiva una minore perdita di

perfomance.

Nasoni era soddisfatto dei risultati raggiunti ed ora aveva in mano un’analisi completa da sottoporre al

management nella riunione programmata per il giorno dopo.

I costi fissi specifici del segmento Consumer, attribuiti al canale di vendita dei negozio al dettaglio,

avrebbero scatenato un’animata discussione e Nasoni ne era perfettamente consapevole. I risultati avevano

parlato chiaro.

Riepilogando

Il semplice case study presentato, mette in risalto il concetto di costi fissi, che, nell’ottica dell’analisi per

segmento, possono essere distinti in:

- Specifici

- Comuni

I primi sono quei costi fissi, che sono generati perché esiste il segmento; pertanto se io ho due segmenti A e

B e ciascuno ha rispettivamente costi fissi specifici di 1.000 euro e 1.500 euro, qualora decidessi di eliminare

A, parimenti saranno tagliati i relativi costi fissi specifici.

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I secondi sono costi che supportano più aree di attività ma che non sono facilmente riconducibile ad alcuna

di esse,se non tramite criteri soggettivi, che in questo contesto abbiamo tralasciato; pertanto in questo caso

l’eliminazione del segmento A non produrrebbe alcun taglio di costi fissi comuni.