disturbi dissociativi

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sturbi dissociativi Dr.ssa Ariadna Báez Dipartimento delle Dipendenze ASS n° 1 Triestina

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Disturbi dissociativi

Dr.ssa Ariadna Báez

Dipartimento delle Dipendenze

ASS n° 1 Triestina

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Discontinuità della coscienza• Utilizzo indiscriminato dei termini “dissociazione” e “disturbo

dissociativo” crea confusione tra quella che può essere una modalità difensiva adattiva per l’individuo e una vera e propria patologia, che implica “un disagio clinicamente significativo oppure menomazioni nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre aree importanti” (DSM-IV); per questo quando parlerò di disturbi dissociativi farò riferimento ai disturbi elencati nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali.

“La caratteristica essenziale dei Disturbi Dissociativi è la sconnessione delle funzioni, solitamente integrate, della coscienza, della memoria, dell’identità o della percezione dell’ambiente”

• ovvero può essere ricondotto all’idea di discontinuità temporale (nella coscienza e nell’identità) invece che a quella di una perdita di struttura legata alla mera rottura dei nessi associativi (come succede nel pensiero schizofrenico)

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dissociazione

Sempre il DSM-IV avverte che “la dissociazione non dovrebbe essere considerata automaticamente patologica”, ma in questo caso il riferimento è più ad una prospettiva transculturale, in cui si richiede al clinico di considerare il background del paziente, in quanto stati di trance o esperienze di depersonalizzazione possono essere legati ad attività culturali e religiose normali in molte società;

• il disturbo dissociativo comporta invece una menomazione, un disagio, o la ricerca di aiuto.

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Criteri diagnostici per i disturbi dissociativi

• Amnesia dissociativa o psicogena

• fuga dissociativa

• Disturbo dissociativo dell’identità

(altrimenti conosciuto come disturbo da personalità multipla)

• Disturbo di depersonalizzazione

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Amnesia dissociativa

• Uno o più episodi di incapacità a ricordare dati personali importanti, di solito di natura traumatica o stressogena, che risulta troppo estesa per essere spiegata come una banale tendenza a dimenticare; non si manifesta esclusivamente nel corso di un dps, o fuga dissociativa;

• Non è secondaria a uso di sostanze, o farmaci, oppure ad una condizione medica generale medica o neurologica (trauma cranico)

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Fuga dissociativa• Comportamento integrato con la loro amnesia in modo

significativo;• Si allontanano fisicamente dalle loro case, situazioni

lavorative e non riescono a ricordare aspetti importanti delle loro precedenti identità (nome, famiglia, occupazione);

• Spesso il pz assume un’identità nuova, ma non si alterna con la precedente; anche se sovente il pz sperimenta confusione sull’identità personale;

• Non è secondaria a uso di sostanze, o farmaci, oppure ad una condizione medica generale medica o neurologica (trauma cranico)

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Alcune definizioni di identità:

Erikson (1950)• La percezione dell’essere se stessi e della continuità

della propria esistenza nel tempo e nello spazio• La percezione che gli altri riconoscano il nostro essere

noi stessi e la nostra continuità• La continuità del proprio significato per gli altri significativi

nel nostro ambiente più prossimo.

Palmonari (2002)• Qualità relazionale e temporale dell’esperienza del sé

Bonino, Cattelino, Clairano (2004)• Elaborazione personale di un senso di unità, coerenza e

continuità nel tempo

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Elementi costitutivi dell’identità:

• Certezza circa il proprio genere sessuale

• Maturità fisica

• Atteggiamento adulto verso l’esercizio della sessualità

• Capacità di ragionare in modo astratto

• Risposte adeguate alle attese sociali

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Alterazione dell’identità

Per compensare tale deficit alcuni soggetti possono affiliarsi a gruppi con caratteristiche fortemente connotate: tossicodipendenti, cultori di sport estremi, gruppi politici estremisti, ecc.;

altri, invece, proprio per la mancanza di un senso di identità definito, mostrano una persistente difficoltà nell’effettuare una scelta lavorativa, nello stabilire il proprio orientamento politico o sessuale, o nello stabilire il tipo di amicizie a cui accompagnarsi.

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Disturbo dissociativo dell’identità

• Presenza di due o + identità o stati di personalità distinti (ciascuno con i suoi modi relativamente costanti di percepire, relazionarsi e pensare nei confronti di se stesso e dell’ambiente)

• Almeno due di questi stati assumono in modo ricorrente il controllo del comportamento della persona;

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Disturbo dissociativo dell’identità-2

• Incapacità di ricordare importanti notizie personali è troppo estesa per essere spiegata con una banale tendenza alla dimenticanza;

• L’alterazione non è dovuta agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (blackout da intossicazione da alcol o sostanze psicoattive) o di una condizione medica generale

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Disturbo di depersonalizzazione

• Esperienza ricorrente e persistente di sentirsi distaccato o di sentirsi un osservatore esterno dei propri processi mentali; come se… come un sogno…

• Durante tale esperienza il giudizio di realtà rimane intatto;• la depersonalizzazione causa disagio clinicamente

significativo o compromissione nel funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti;

• Non si manifesta esclusivamente nel corso di un altro dx mentale: schizofrenia, disturbo traumatico o acuto da stress o secondario all’uso di alcol o sostanze

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Dissociazione come meccanismo di difesa

“Anche nelle persone normali si hanno stati di dissociazione dell’Io dal corpo .Per esempio i prigionieri dei campi di concentramento cercavano attivamente di provare questa sensazione, perché il campo non offriva nessuna via d’uscita, sia nello spazio che nel tempo. Non c’era altro modo di uscirne che con una fuga psichica...” (R.D. Laing, “L’Io diviso”1957)

In questo caso il forte impatto emotivo che il trauma ha sull’individuo e la sensazione di insottraibilità alla situazione traumatica può portare all’uso della dissociazione.

Non si tratta dei fenomeni dissociativi “normali” ,perché il materiale dissociato è minaccioso e la dissociazione è utilizzata come difesa per superare una situazione vissuta come inaffrontabile, paralizzante;

• essa permette tuttavia di allontanarsi, almeno col pensiero, dall’evento traumatico ma l’esperienza viene come congelata, relegata in una parte della memoria non accessibile alla coscienza, compartimentalizzata.

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La difesa dissociativa e gli altri meccanismi.

•Fare un confronto con gli altri meccanismi difensivi può aiutare a individuare certe “sfumature” del suo funzionamento.

Considerando il diniego come un gruppo di difese lungo un continuum (Lerner, 2000) porremo da un lato difese come la minimizzazione, in cui la distorsione della realtà è minima, e dall’altro lato il diniego vero e proprio, come rifiuto “di riconoscere un oggetto fisico o un evento che fa parte della sua esperienza presente” o “negazione psicotica” (Lingiardi e Madeddu, 1994).

Per le sue caratteristiche di forte distorsione della realtà al punto da non riconoscere eventi esterni come parte della propria esperienza; Un errore molto comune è poi pensare che il materiale dissociato sia “dimenticato” al pari del materiale rimosso nel meccanismo di rimozione.

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Dissociazione come meccanismo di difesa

• Specialmente quando parliamo di Disturbo Dissociativo dell’Identità, “è erroneo concludere che il disturbo abbia a che fare con la memoria repressa (repressed memory) che più tardi ritorna alla mente (diventando recovered memory)

• E’ importante fare chiarezza agli scettici sul fatto che questi individui (che hanno subito abuso) non hanno mai dimenticato l’abuso infantile, anche se lo hanno fatto i loro attuali stati di personalità. Con questo disturbo, la memoria non è repressa in un inconscio freudiano ma è dissociata in stati di coscienza alternativi (gli stati di personalità alternata) ” (Nadkimen, Klein et altri, 1999).

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Dissociazione come meccanismo di difesa

Entrambe le difese, rimozione e dissociazione, escludono alcuni contenuti mentali dalla consapevolezza; tuttavia “i processi differiscono per ciò che accade al materiale escluso.

Con la rimozione, per definizione, il materiale è relegato nell’inconscio, quell’ area della vita mentale che non può essere resa consapevole, nemmeno per scelta volontaria” e ciò implica una divisione orizzontale, in cui “ciò che è conscio si trova sopra e ciò che è inconscio è messo sotto; in mezzo vi è una barriera che separa le due parti”.

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• Nella dissociazione i contenuti non sono relegati nell’inconscio ma “si suppone possano esistere in parallelo, in una specie di co-consapevolezza, la divisione qui non è orizzontale come nella rimozione, ma piuttosto verticale, tra settori dell’esperienza conscia, separati da quella che Hillgard definisce una barriera dissociativa” (Lerner, 2000;

• Tuttavia “in nessuna delle due la divisione conscio-inconscio è un problema di fondo” ed “entrambe danno origine a un disturbo del senso di sé o del senso di identità” (Lerner, 2000)

• Ma la domanda che ci dobbiamo porre è: cosa è mantenuto separato nei due meccanismi di difesa? Nella scissione a provocare ansia è l’ambiguità dei concetti; un oggetto con qualità affettive opposte, in alcuni momenti buono e in altri cattivo, provoca una tale ansia che necessita della scissione per cui la rappresentazione mentale dell’oggetto sarà duplice: un oggetto buono e un oggetto cattivo.

Dissociazione come meccanismo di difesa

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La dissociazione, invece, è un concetto più ampio ed è usato per indicare una serie di suddivisioni che non sono tipicamente polarizzate in buone e cattive ma comprende fenomeni diversi tra loro, come:

• la perdita di memoria nell’amnesia,

• la perdita di consapevolezza negli stati di fuga e

• la suddivisione di ruoli nel disturbo di personalità multipla” (Lerner, 2000).

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• la dissociazione è “la rottura delle funzioni solitamente integrate della coscienza, della memoria e della percezione di Sé nell’ambiente” ed è “considerato essere un processo automatico: l’individuo non sa cosa lui o lei dissocia”;

• inoltre “mentre la soppressione è considerata essere una tra le strategie di coping più adattive,

• la dissociazione è generalmente vista come un meccanismo di difesa patogenico” (Muris, Merckelbach; 1996).

Dissociazione come meccanismo di difesa

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• trauma psicologico, ci si riferisce alle manifestazioni psichiche di un’esperienza particolarmente negativa

• in una circostanza, ambito o relazione da cui derivano una disorganizzazione e una disregolazione del sistema psicobiologico della persona.

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Trauma e dissociazione

• Nei disturbi dissociativi è stata clinicamente dimostrata la correlazione fra precisi eventi traumatici subiti nell’infanzia e discontinuità della memoria e della coscienza osservate in pazienti adulti:

• Gravi maltrattamenti emotivi, fisici e sessuali ad opera spesso dei genitori ( o di figure emotivamente significative);

• Abbandoni traumatici, umiliazioni gravi e ripetute, atteggiamenti seduttivi con sessualizzazione esplicita del rapporto genitore-bambino, incesto, percosse e altre violenze;

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Trauma e dissociazioneSpesso il bambino è costretto a non rivelare ad altri (inclusi gli altri membri della famiglia) la violenza di cui è stato vittima, e ciò è particolarmente vero ed evidente in casi di incesto. Si instaura così un clima di sistematica falsificazione dell’esperienza e di menzogna che può contribuire a mantenere dissociate, nella comunicazione intrafamigliare oltre che nelle strutture mnestiche intrapsichiche del pz, le memorie degli eventi traumatici dalle “altre” memorie che è possibile condividere con tutti i membri della famiglia

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• Il trauma psicologico è una reazione psichica – da intendere come una ferita causata da un fattore traumatico (stressor) – che comporta primariamente l’essere sopraffatti da emozioni molto dolorose e intollerabili, e tutto il coinvolgimento della persona per poterle gestire. Generalmente le manifestazioni psicopatologiche di un’esperienza traumatica possono derivare da ognuno o da entrambi i seguenti stressor:

• - da un evento stressante di natura violenta (morte, lesioni, minacce all’integrità fisica e psicologica) - da una serie di microtraumi relazionali avvenuti nelle prime fasi dello sviluppo emotivo (separazioni precoci, maltrattamento, trascuratezza psicologica, carenza di sintonizzazione affettiva) che si sono stabilmente ripetuti nel tempo, compresa l’adolescenza.

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La consistenza e il grado dell’esperienza

traumatica dipendono dalla vulnerabilità e dalla

resilienza individuale e, pertanto, la reazione

psichica ai traumi è prevalentemente soggettiva.

Possiamo infatti considerare il trauma da due

punti di vista diversi ma complementari: l’aspetto

oggettivo e quello soggettivo. Se consideriamo

l’aspetto oggettivo del trauma, valutiamo

prevalentemente la drammaticità intrinseca

all’evento: esistono eventi come l’abuso o la

tortura, per esempio, che sono esperienze

dolorose e insostenibili per chiunque le subisce,

con effetti potenzialmente distruttivi, e che si

connotano come esperienze oggettivamente

traumatiche. Considerando, invece, la

dimensione soggettiva, la nostra attenzione si

sposta dall’evento al soggetto dell’evento. In

questo caso, il modo individuale di elaborare

l’esperienza traumatica dal punto di vista

emotivo e cognitivo fa una grande differenza.

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• Esperienza di lutto non elaborato nei genitori (morte di un genitore, di un fratello o sorella, di un figlio o del coniuge) nella vita della madre di pz con disturbi dissociativi, nei primi anni della vita del pz:

• Proprio l’assorbimento del genitore nell’elaborazione incompleta di memorie personali traumatiche, mentre accudisce il proprio figlio, che determina la disorganizzazione del comportamento di attaccamento del bambino

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Secondo le precedenti differenziazione sono descritti diversi strumenti per misurare la difesa dissociativa, che qui mi limiterò ad elencare e per la cui trattazione rimando al capitolo quinto della mia tesi “la difesa dissociativa” presso l’Università di Bologna; per la diagnosi di disturbo dissociativo sono indicati strumenti oggettivi specifici come la Dissociative Disorder Interview Schedule (DDIS) di Ross,

• la SCID-D basata sui criteri del DSM-IV mentre la Dissociative Experience Scale ingloba all’interno degli items esperienze dissociative normali;

• vi sono inoltre scale dei meccanismi difensivi che prendono in considerazione il meccanismo della difesa dissociativa, tra cui la Defense Mechanism Rating Scale (DMRS) di Perry e il Defensive Functioning Scale;

• tra i test proiettivi il Test di Rorschach: oltre a fornire informazioni sulla struttura di personalità dell’individuo questi strumenti permettono di evidenziare l’uso della difesa dissociativa attraverso alcuni indicatori (per esempio nel Rorschach il movimento atipico e il punteggio dissociativo)

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L’entità “oggettiva” del trauma, infatti, non spiega come mai persone che sperimentano traumi oggettivamente “minori” rispetto ad altri, possano subire conseguenze psicologiche di portata superiore: ci sono, infatti, individui che tendono a sentirsi subito sopraffatti dagli eventi, ed altri che invece combattono fino all’estremo delle loro forze senza mai smettere di sperare di potercela fare.

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relazione tra trauma e memoria

• . Un trauma può infatti condurre a esasperate esperienze di ricordo o di oblio: le esperienze di eventi terrificanti possono essere ricordate con estrema vivezza, così come possono essere resistenti all’integrazione nella memoria. In alcuni casi invece si assiste alla combinazione di entrambi i fenomeni. Da cosa dipende?

• Da un punto di vista psicologico, oggi si ritiene che la nostra mente sia una sintesi esperienziale e concettuale di una realtà costituita da una pluralità di processi mentali, operanti a diversi livelli, organizzati gerarchicamente e coordinati attraverso una modalità di processamento cosciente superiore. Gli studi sulla neurofisiologia, infatti, mostrano come le informazioni vengono processate in forma frammentata in sistemi biologici separati ma interagenti.

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memoria• I recenti studi sulla memoria hanno dimostrato l’esistenza in ogni

individuo di un notevole grado di complessità nei sistemi mnemonici. La maggior parte delle funzioni della memoria hanno luogo al di fuori della consapevolezza individuale e ciascuna sembra operare con un relativo grado di indipendenza dalle altre.

• Come scrive Bergson, "la memoria non è la facoltà di classificar ricordi in un cassetto o di scriverli su di un registro. non c'è registro non c'è cassetto; anzi a rigor di termini non si può parlare di essa come di una "facoltà": giacché una facoltà funziona in modo intermittente, quando vuole o quando può, mentre l'accumularsi del passato su se stesso continua senza tregua. In realtà il passato si conserva da se stesso, automaticamente. Esso ci segue, tutt'intero in ogni momento: ciò che abbiamo sentito, pensato, voluto sin dalla prima infanzia è là, chino sul presente che esso sta per assorbire in sé, incalzante alla porta della coscienza, che vorrebbe lasciarlo fuori".

• La funzione del meccanismo cerebrale è appunto quella di ricacciare la massima parte di passato nell'inconsciente per introdurre nella coscienza solo ciò che può illuminare la situazione attuale, agevolare l'azione che si prepara, compiere un lavoro utile

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