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“Lascia che ti racconti una storia” disse Chenoch Lieberman, spiegando la sua insolita carriera. “Un giorno, molti anni fa, venni dal Rabbi Menachem Mendel Schneerson, il Rebbe Lubavitcher. “Come sta procedendo la tua arte?” Egli chiese. “Voglio tenere una mostra” risposi. “Sì, sì, certo,” rispose il Rebbe “Dovresti. A ogni persona, su questa terra è assegnato un compito. Tu hai un talento. Usalo. Usalo per incoraggiare gli Ebrei a ritornare al loro Ebraismo. In verità, in passato, la pittura non era considerata un modo accettabile per raggiungere questo obiettivo. Oggi lo è. E’ il tuo modo.” E così fu. Chenoch Lieberman

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“Lascia che ti racconti una storia”

disse Chenoch Lieberman,

spiegando la sua insolita carriera.

“Un giorno, molti anni fa, venni dal

Rabbi Menachem Mendel Schneerson,

il Rebbe Lubavitcher.

“Come sta procedendo la tua arte?”

Egli chiese.

“Voglio tenere una mostra” risposi.

“Sì, sì, certo,” rispose il Rebbe “Dovresti. A ogni persona, su questa terra è

assegnato un compito.

Tu hai un talento. Usalo.

Usalo per incoraggiare gli Ebrei

a ritornare al loro Ebraismo.

In verità, in passato, la pittura

non era considerata

un modo accettabile

per raggiungere questo obiettivo.

Oggi lo è. E’ il tuo modo.”

E così fu.

Chenoch Lieberman

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“COME SAI BENE,

IL TALENTO PRINCIPALE DI UN ARTISTA

CONSISTE NELLA SUA CAPACITA’

DI OLTREPASSARE

LA SUPERFICIALITA’ DI OGNI COSA,

SENZA FERMARSI ALLA SUA FORMA ESTERIORE,

E FISSARE LO SGUARDO SULLA SUA INTERIORITA’

IN MODO DA PERCEPIRNE L’ ESSENZA

ED ESSERE IN GRADO DI TRASMETTTERE

TUTTO QUESTO NELLA PITTURA.

COSI’ L’OGGETTO SI RIVELA

COME NON E’ MAI STATO VISTO PRIMA,

DAL MOMENTO CHE IL SUO CONTENUTO PROFONDO

ERA OSCURATO DA COSE SECONDARIE.

L’ARTISTA ESPONE L’ESSENZA

DELLE COSE CHE RITRAE,

FACILITANDO IN COLUI CHE GUARDA IL DIPINTO

LA POSSIBILITA’ DI INTRAVVEDERE

UNA LUCE PIU’ VERA

E RENDERSI CONTO CHE PRIMA

LA SUA PERCEZIONE ERA CARENTE.

E QUESTO E’ UNO DEI FONDAMENTI

DEL SERVIZIO DELL’ UOMO

DI FRONTE AL SUO CREATORE.

Rabbi Menachem Mendel Schneerson

Creazione: Passato e Futuro, 1966, olio su tela

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Chenoch Lieberman nasce il 12 Aprile del 1900 a Polotsk, in Russia, in una famiglia di tradizione chassidim. La vena artistica del padre Menachem Mendel viene trasmessa al figlio Chenoch già in tenera età, anche se, purtroppo, Chenoch resta orfano ad appena 7 anni. Fin da giovane Chenoch è un disegnatore accanito: ogni superficie è un facile bersaglio per i suoi disegni. Le pareti della sua stanza vengono ben presto trasformate in murales, e perfino i libri di preghiera non sono al sicuro di fronte alla penna del ragazzo. A 12 anni viene iscritto alla Yeshiva in Lubavich della Russia Bianca e a 20 anni si trasferisce a Mosca, dove, insieme allo studio dell’arte, cerca di perfezionare le proprie competenze per portare avanti l’azienda tessile di famiglia. Nel 1925 sposa Bryna Friedman, dalla quale, quattro anni dopo, avrà due figlie.

CHENOCH LIEBERMAN (1900-1976)

Ritratto espressionista 1930, matita

Ritratto di famiglia 1940, matita

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Nel 1927 accade un fatto inaspettato, che cambia profondamente la vita dell’artista: viene a fargli visita lo scultore Zhukov che, visti i suoi lavori, presenta uno dei suoi quadri ad un concorso d’arte nazionale. Il quadro vince il primo premio e a Liebermann viene assegnata una borsa di studio di sei anni per studiare alla famosa Accademia d’Arte di Mosca. Questo fatto spalanca le prospettive di Liebermann e conferma, innanzitutto a lui stesso, che è un artista sul serio. Nel 1929 si trasferisce a Birobidjan, in Siberia, a 6000 Km da Mosca, in seguito all’Editto di Stalin che l’anno precedente aveva assegnato questa zona remota agli ebrei sovietici, nominandola ufficialmente la loro “nuova patria”, insieme agli Armeni, agli Uzbeki, agli Azarbaijanis e ai Kazaki. E’ in questo ambiente duro e deserto, e nello stesso tempo carico di una bellezza incontaminata, che Lieberman comincia a narrare attraverso i suoi quadri, la cronaca del suo popolo: gli ebrei dell’Europa orientale.

Al mattino 1950, matita

In prigione, 1940, matita

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Nel 1939 Lieberman viene costretto ad arruolarsi nell’Armata Rossa contro l’avanzare dei Nazisti e a lasciare la propria famiglia. Viene ferito per ben due volte in combattimento e, quando dopo qualche anno torna a casa, scopre con orrore che tutta la sua famiglia è stata sterminata. La moglie e le figlie Bluma e Leah, infatti, si erano trasferite con i suoceri nella città di Brayan. Lì erano stati catturati dai Nazisti, costretti a scavare la propria fossa e uccisi. Disperato, scappa con molti altri della comunità Lubavitch a Samarcanda. Più tardi, cambiando il nome di famiglia Futerfas in Lieberman, dal suono più polacco, riesce a rifugiarsi in Polonia con la madre, le sorelle e il fratello più giovane Mendel, che verrà però catturato dalla Polizia segreta di Stalin e condannato a 15 anni di lavori forzati. Dalla Polonia fugge poi in Francia e si stabilisce a Parigi, per poi andare in Inghilterra e in seguito stabilirsi a New Jork, nella comunità chassidica di Crown Heighs a Brooklin, vicino al Rebbe di Lubavich.

Riflessioni, 1968, olio su tela Sulla montagna, 1964, olio su tela

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Durante la sua vita, soprattutto dopo la tragedia subita dalla sua famiglia, Lieberman viene assalito più volte dal dubbio che la pittura sia davvero la sua vocazione. Sempre, nel momento del bisogno chiede aiuto al Rebbe di Lubavich. E dal Rebbe viene sempre incoraggiato e consolato. Quando l’artista viene a sapere della scomparsa del Rebbe Joseph Isaac Schneerson, per esprimere tutto l’affetto che nutre nei suoi riguardi, dipinge uno dei suoi quadri più potenti ed espressivi: in un deserto desolato, dove i volti raffigurati esprimono tutto l’orrore vissuto in quegli anni dal popolo ebraico, si staglia in cielo il volto del Rebbe e dietro di lui si intravvedono i volti dei leaders spirituali defunti che accolgono la nuova anima in cielo.

Histalkus, 1950, olio su tela

Histalkus 1950, matita

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Dopo essere rimasto a Londra per parecchio tempo, Lieberman si trasferisce a New Jork, dove riceve grande conforto dalla sua comunità e dalla stretta vicinanza del nuovo Rebbe Menachem Mendel Schneerson. Qui la sua pittura fiorisce ed egli diventa un personaggio importante nella vita di Lubavich a Brooklin. Una inesorabile gioia di vivere lo accompagna fino alla fine.Continua, infatti, a realizzare fin dal suo letto di morte continui schizzi, personali e struggenti, come regalo per il suo Rebbe. In seguito a gravi problemi allo stomaco, muore il 15 marzo 1976.

Natura morta, 1960, olio su tela Il Samovar, 1962, olio su tela

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Per grazia di D-o 24 Adar II, 5711 [8 Marzo 1951] Brooklyn, NY Saluto e Benedizione:

... Sono stato molto contento di leggere che stai mettendo a frutto il tuo talento artistico, ti stai preparando a tenere una mostra e hai già ricevuto recensioni favorevoli dalla stampa. Sicuramente progredirai nell'utilizzo dei talenti che D-o ti ha concesso per incoraggiare gli Ebrei a ritornare al loro Ebraismo.

Mi soffermo sul punto principale della tua lettera, in cui lamenti le circostanze che ti sono accadute, la tua depressione, la tua disperazione, ecc, ed esprimi il desiderio che dovremmo incontrarci, in modo da poter discutere la questione faccia a faccia. Per due buoni amici, stare insieme è sempre una cosa positiva e un piacere spirituale per entrambi. Ma Dio non voglia che prima che ciò possa accadere, tu rimanga in uno stato di disperazione. Chi può permettersi una cosa del genere? Non sono descritte le cause che ti portano a questo stato d'animo, quindi non posso entrare nel dettaglio a riguardo per mostrare come queste "cause" siano immaginarie e derivino dall'inclinazione al male; cioè che, anche se sono fatti sostanziali, è una follia il fatto che essi portino alla disperazione e alla depressione...

Devo quindi limitarmi ad un commento generale con il quale spero di illuminare la tua situazione particolare.

Il mio commento si basa sul detto di Baal Shem Tov - che mio suocero, il Rebbe, ripeteva spesso - che una persona può trarre una lezione per servire D-o da tutto ciò che vede o ascolta.

Come sai bene, il talento principale di un artista consiste nella sua capacità di oltrepassare la superficialità di ogni cosa, senza fermarsi alla sua forma esteriore e fissare lo sguardo sulla sua interiorità in modo da percepirne l’essenza ed essere in grado di trasmettere tutto questo nella pittura.

Così l’oggetto si rivela come non è mai stato visto prima, dal momento che il suo contenuto profondo era oscurato da cose secondarie.

L’artista espone l’essenza delle cose che ritrae, facilitando in colui che guarda il dipinto la possibilità di intravvedere una luce più vera e di rendersi conto che prima la sua percezione era carente.

E questo è uno dei fondamenti del servizio dell’uomo di fronte al suo creatore.

Come sappiamo dalla Torah - e in particolare dall'insegnamento del chassidismo - la totalità della creazione deriva dalla parola di D-o. Essa è ciò che le consente di esistere e la sostiene in ogni istante di tempo. Soltanto che il potere soprannaturale di tzimtzum (costrizione) trattiene la forza vitale divina in uno stato di occultamento e di oscurità, e noi percepiamo solo la sua forma esteriore (vale a dire, la realtà fisica).

La nostra missione nella vita - in base alla semplice fede che "non c'è nessun altro all'infuori di Lui" - è quella di affrontare ogni cosa nella vita partendo da questa prospettiva. Dobbiamo dunque sforzarci di rivelare l'essenza divina presente in ogni cosa, e ridurre al minimo, nella misura in cui siamo capaci, il suo occultamento causato dalle forme esteriori...

Occorre, dunque, fare molta attenzione affinchè le questioni secondarie ed esteriori non oscurino gli elementi essenziali della vita e il suo scopo ultimo. Una persona potrebbe sperimentare le difficoltà, le prove e le sfide che separano il bene dal male. Ma questi non sono che i mezzi con i quali può raggiungere lo scopo della vita: che la sua anima possa elevarsi attraverso le proprie azioni positive in questo mondo ... Quindi, non si deve mai permettere alle difficoltà di scoraggiarci nelle prove e di travolgere – anche se si può occasionalmente fallire e inciampare - la gioia che si deve sentire come un bambino di D-o ...

Rabbi Menachem Mendel Schneerson