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1 Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Foggia “Esame di Malattie dell’Apparato Respiratorio” Pneumologia Fisiopatologia Respiratoria Chirurgia Toracica Prof.ssa Maria Pia Foschino Barbaro Dott. Francesco Sollitto

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Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Foggia

“Esame di Malattie dell’Apparato Respiratorio”

Pneumologia Fisiopatologia Respiratoria

Chirurgia Toracica

Prof.ssa Maria Pia Foschino Barbaro

Dott. Francesco Sollitto

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Programma di Malattie dell’Apparato Respiratorio Prof.ssa Maria Pia Foschino Barbaro

- Elementi di Fisiologia dell’Apparato Respiratorio - Volumi Polmonari e Deficit Ventilatori - Emogasanalisi - Asma Bronchiale - Bronchite Cronica - Enfisema - Insufficienza Respiratoria - Tubercolosi Polmonare - Interstiziopatie - Polmoniti - Tromboembolia Polmonare - Disturbi Respiratori nel Sonno - Cuore Polmonare Cronico

Programma di Chirurgia Toracica Prof. FRANCESCO SOLLITTO

Anatomia del distretto toracico Semeiotica generale e fisica dell’apparato respiratorio

anatomia topografica del torace, anamnesi ed esame obiettivo del torace Diagnostica per immagini nello studio dell’apparato respiratorio

esame radiologico tradizionale

esami contrastografici tradizionali

TC, RMN, Ecografia, Medicina nucleare Diagnostica radioisotopica nelle malattie dell’apparato respiratorio

scintigrafia polmonare, scintigrafia con indicatori positivi Diagnostica broncologica nelle malattie dell’apparato respiratorio

broncoscopia rigida, broncofibroscopia Traumi del torace

traumi chiusi e aperti Patologia tracheobronchiale

bronchiectasie, corpi estranei, affezioni della via aerea di interesse chirurgico Neoplasie polmonari

carcinoma broncogeno

tumori neuroendocrini dell’apparato respiratorio Patologia pleurica

pneumotorace

versamento pleurico e pleuriti

empiema pleurico

neoplasie pleuriche Patologia mediastinica

sindromi da occupazione mediastinica

diagnostica malattie del mediastino

neoplasie timiche Trapianto di polmone Riduzione di volume polmonare

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Semeiotica del Torace

Per un accurato esame obiettivo dobbiamo conoscere la Topografia del torace.

Le Linee di Delimitazione del Torace sono in alto la linea cervico-toracica, in basso la linea

toraco-addominale, lateralmente le linee omo-brachiali.

linea cervico-toracica: decorre dall’incisura del giugulo, cioè dal margine superiore del manubrio

dello sterno e si porta posteriormente fino all’apofisi spinosa della C7 cioè alla vertebra cervicale

prominente (prominens), punto di repere importante.

linea toraco-addominale: decorre dall’apofisi ensiforme dello sterno lungo il bordo inferiore

dell’arcata costale dx e sx, portandosi indietro fino alla apofisi spinosa della T12.

Inoltre, per l’esame obiettivo del torace dobbiamo conoscere i Limiti Topografici del Torace cioè

le Linee di Repere che consentono di dividere il torace in varie regioni.

I Limiti Topografici Anteriori del Torace sono:

linea medio-sternale: decorre lungo il piano sagittale mediano dal giugulo fino all’appendice

ensiforme dividendo lo sterno a metà e che si continua in basso con la linea xifo-pubica addominale.

linee margino-sternali dx e sx: decorrono lungo i margini laterali dello sterno dx e sx,

parallelamente alla linea medio-sternale.

linea para-sternale: decorre a 3 cm dalle linee margino-sternali.

linea emiclaveare: linea verticale che decorre dall’alto verso il basso dal punto medio della

clavicola, passando attraverso il capezzolo, per cui è detta anche linea mammillare, dividendo ogni

emitorace in una parte mediale adiacente allo sterno e una parte laterale adiacente al braccio.

linea clavicolare: passa attraverso il bordo inferiore della clavicola.

linea angolo-sternale: passa attraverso l’angolo di Louis, angolo ottuso, anteriore, localizzato

tra manubrio e corpo dello sterno, su cui si inserisce la 2^ costa che rappresenta un importante

punto di repere perchè a sx corrisponde al focolaio di auscultazione del II tono, delle valvole

semilunari, aortica e polmonare e dell’arteria aorta.

linea sottomammaria: decorre lungo il margine inferiore della 6^ costa e a livello del V spazio

intercostale sx, 2 cm all’interno della linea emiclaveare, possiamo apprezzare l’itto cardiaco, cioè

la pulsazione del ventricolo sx dovuta all’urto dell’apice del ventricolo sx contro la parete

toracica. In caso dilatazione della cavità ventricolare o ipertrofia, l’itto scende in basso fino a

raggiungere o superare la linea sottomammaria.

I Limiti Topografici Laterali del Torace sono:

linea ascellare anteriore: si diparte dal pilastro ascellare anteriore, seguendo il margine laterale

del muscolo grande pettorale.

linea ascellare media: si diparte dal fondo del cavo ascellare.

linea ascellare posteriore: si diparte dal pilastro ascellare posteriore, seguendo il margine laterale

del muscolo grande dorsale.

I Limiti Topografici Posteriori o Dorsali del Torace sono:

linea spondiloidèa, dorsale o vertebrale: decorre lungo le apofisi spinose delle vertebre,

partendo dalla apofisi spinosa della C7 fino all’osso sacro.

linee paravertebrali dx e sx: decorrono lateralmente alla linea spondiloidèa, poste a 3 cm da essa

e a 3 cm dal margine laterale dei muscoli paravertebrali.

linea angolo-scapolare: diretta dall’angolo inferiore della scapola (punto di repere) alla cresta iliaca.

linea soprascapolare: linea orizzontale che decorre lungo il margine superiore della scapola.

linea spinosa: linea orizzontale che decorre dalla spina della scapola, che è la parte più

sporgente della scapola, fino alla T3, utile per delimitare le scissure interlobari tra i lobi

polmonare superiore e inferiore a dx e lobi superiore e medio a sx.

linea basilare del torace: linea orizzontale posteriore che decorre lungo la 12^ costa, corrisponde

alla linea toraco-addominale anteriore.

Le linee di repere consentono di delimitare le regioni anteriori, posteriori e laterali del torace.

Tra le Regioni Anteriori del Torace abbiamo:

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regione sternale: regione anteriore impari e mediana occupata dallo sterno, delimitata

superiormente dall’incisura giugulare del manubrio dello sterno, lateralmente dalle linee

margino-sternali, inferiormente dalla base del processo xifoideo dello sterno.

regione costale: regioni anteriore pari e laterale, delimitata superiormente da un piano passante

lungo la 1^ costa, inferiormente dalla linea toraco-addominale, medialmente dalla linea

marginosternale, lateralmente dalla linea ascellare anteriore.

La regione costale è costituita dalle coste e muscoli intercostali che proteggono le logge pleuro-

polmonari e comprende la regione mammaria compresa tra la 2^ e 6^ costa (linea

sottomammaria), linea parasternale e linea ascellare anteriore.

regione sopraclavicolare o sovraclaveare: regione di forma triangolare, compresa tra margine

posteriore del muscolo sternocleidomastoideo, dal margine anteriore del muscolo trapezio

(cucullare) e 3° medio della clavicola.

regione sottoclavicolare: corrisponde alla fossetta di Morenheim compresa tra clavicola, deltoide

e gran pettorale.

Tra le Regioni Posteriori del Torace abbiamo:

regione soprascapolare: al di sopra del limite superiore della scapola.

regione scapolare: compresa tra il limite superiore della scapola e la linea angolo-scapolare.

regione interscapolo-vertebrale: delimitata dalla linea spondiloidea e margine mediale della

scapola, importante dal punto di vista clinico perchè in caso di distensione o compressione dei

bronchi principali di natura neoplastica si può avere un dolore interscapolo-vertebrale di tipo

sordo, gravativo, cupo, profondo, notturno, insistente.

regione sottoscapolare: compresa tra la linea angolo-scapolare e la linea basilare del torace.

regione dorsale: regione posteriore del torace, impari e mediana, di forma quadrilatera

delimitata superiormente dalla linea cervico-toracica, inferiormente dalla linea toraco-

addominale, lateralmente dalle linee paravertebrali. Le superficie dorsale è pianeggiante ed è

solcata lungo la linee mediana da una doccia verticale corrispondente alla colonna vertebrale,

mentre sul fondo si apprezzano i processi spinosi vertebrali all’ispezione e palpazione.

Tra le Regioni Laterali del Torace abbiamo:

regione ascellare e sottoascellare.

NB: Mediastino vai a pagina 93.

Anamnesi

La raccolta dell’anamnesi patologica remota e prossima, familiare e fisiologica, è molto

importante nella patologie dell’apparato respiratorio perchè spesso ci consente di fare diagnosi di

una malattia, altre volte consente al medico di orientarsi o sospettare la presenza di una malattia e di

stabilire quali indagini strumentali usare per una diagnosi di certezza e per fare la scelta terapeutica

più appropriata, favorendo la guarigione del pz.

Tra i sintomi più importanti e frequenti che caratterizzano le malattie dell’apparato respiratorio

abbiamo: dolore toracico, tosse, dispnea, ippocratismo digitale e cianosi.

Il DOLORE TORACICO può essere di tipo somatico, parietale o viscerale anche se è difficile

stabilire la natura esatta del dolore toracico considerando tutte le strutture che costituiscono il

torace e che sono ospitate nella cavità toracica.

Il dolore somatico o parietale può essere dovuto a patologie della parete toracica o della pleura

parietale, il dolore viscerale a patologie che interessano il cuore, pericardio, grossi vasi ed

esofago, mentre ci sono strutture prive di fibre sensitive algogene per cui non generano dolore

come il parenchima polmonare, pleura viscerale e parte periferica dell’albero respiratorio.

Il Dolore Toracico Somatico Parietale è un dolore superficiale, ben localizzato o puntorio,

veicolato da fibre dei nervi intercostali e frenici, può essere evocato dalla digito-pressione e

influenzato dai movimenti respiratori e del cingolo scapolare.

Tra le Cause principali del dolore toracico somatico o parietale abbiamo:

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nevralgie intercostali da reumatismi, malattia influenzale, metastasi tumorali, plasmocitoma,

fratture costali...

nevralgie radicolari toraciche da:

– herpes zoster.

– compressione delle radici spinali all’uscita dei corrispondenti forami vertebrali, come in caso di

neoplasie vertebrali, schiacciamenti vertebrali da traumi, osteoporosi, osteomalacia, morbo di

Paget, spondiloartrosi, ernia del disco intervertebrale (discopatie) con dolore dorsale spontaneo

o alla digito-pressione delle apofisi spinose delle vertebre interessate, esacerbato dai

movimenti di flesso-estensione della colonna vertebrale e dalla succussione ippocratica cioè

dalla compressione energica verso il basso sul vertice della testa.

osteo-condro-costalgie o sindrome di Tietze: tumefazione di natura traumatica, reumatica a

livello della 2^ e 3^ articolazione condrocostale con dolore precordiale intenso simil-anginoso,

esacerbato dalla palpazione delle articolazioni colpite.

dolori muscolari alle basi emitoraciche da bronchite acuta, pertosse, asma con uso eccessivo dei

muscoli respiratori.

Il Dolore Toracico Viscerale è un dolore difficile da localizzare, profondo, diffuso, irradiato in

varie sedi, dovuto a varie cause:

tracheo-bronchite acuta con sensazione di bruciore retrosternale.

broncopolmonite con dolore toracico non trafittivo, discontinuo che tende ad irradiarsi verso

la mandibola e braccio, spesso con diagnosi sbagliata di IMA. In caso di polmonite il dolore si

manifesta solo in seguito all’interessamento della pleura parietale.

carcinoma polmonare con dolore sordo, profondo, continuo associato ad astenia e dimagrimento.

pleurite: dolore toracico dovuto all’irritazione delle fibre nervose della pleura parietale con

dolore puntorio, urente, trafittivo, esacerbato dalla inspirazione profonda e dalla tosse, molto

intenso e tale da impedire l’espansione della gabbia toracica (respiro obliquo) con blocco della

ventilazione e dispnea, si attenua con la comparsa del versamento pleurico, detto dolore

epicritico quando è localizzato in corrispondenza di uno sfregamento pleurico. In caso di pleurite

diaframmatica si ha un dolore riferito di tipo radicolare in corrispondenza di dermatomeri

cervico-toracici specifici, infatti, la parte centrale del diaframma è innervata dal nervo frenico

che invia fibre della sensibilità alle radici C4-C5 mentre la parte periferica del diaframma è

innervata dai nervi intercostali che inviano fibre della sensibilità alle radici T8-T11.

enfisema polmonare: dolore toracico improvviso, oppressivo, senza febbre e la diagnosi deve

essere tempestiva per evitare il collasso polmonare da ingresso di aria nel cavo pleurico e la morte

del pz nel giro di 30-60 min per asfissia.

embolia polmonare: dolore improvviso acuto, retrosternale, accompagnato da febbricola,

dispnea, tachicardia e soprattutto emoftoe cioè presenza di sangue nell’espettorato.

dolore di origine cardiaca: in genere da angina pectoris e IMA, pericarditi, aneurisma dell’aorta,

(dolore riferito di tipo radicolare).

L’angina pectoris si deve a insufficienza coronarica con ischemia acuta del miocardio transitoria

da maggior consumo di O2 a livello miocardico dopo un pasto abbondante, forte emozione,

sforzi, e si parla di angina da sforzo, o da improvvisa < dell’apporto di O2 al miocardio per

spasmo dei vasi coronarici, e si parla di angina spontanea, raramente il dolore insorge a riposo, e

si parla di angina da decubito. Nell’angina il dolore insorge all’improvviso, è di tipo costrittivo,

oppressivo o urente, sottoforma di sensazione di compressione o costrizione marcata in sede

retrosternale (morsa) a livello del manubrio-corpo dello sterno che si irradia alla spalla sx, lato

ulnare dell’arto superiore sx fino alle ultime 2 dita della mano sx, inoltre si irradia al lato sx del

collo, mandibola e regione mastoidea, talvolta si irradia posteriormente in regione

interscapolare a livello delle vertebre T2, T3 e T4. Il dolore è associato a pallore, pelle fredda e

sudata, agitazione, ha una durata variabile da 1 a 15-20 min, scompare spontaneamente o dopo

la somministrazione di nitroglicerina che dilata le arterie coronarie.

Nell’IMA il dolore è dovuto a insufficienza coronarica con ischemia acuta del miocardio di lunga

durata fino a necrosi dei miocardociti: in genere, il dolore insorge a riposo, in modo brusco,

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intenso, persiste per molte h, con costrizione retrosternale, si irradia ai dermatomeri cervicali

e toracici (C3-C4, T1-T5), in genere polarizzato a sx, raramente a dx, ma può essere bilaterale,

può irradiarsi all’epigastrio simulando patologie dell’apparato gastro-enterico, con diagnosi di

addome acuto che induce il chirurgo ad intervenire d’urgenza. Il dolore dell’IMA non è influenzato

da farmaci coronaro-dilatatori (nitroglicerina)

Le pericarditi acute si manifestano con un senso di peso retrosternale senza irradiazioni in altre

sedi, mentre in caso di aneurisma dissecante dell’aorta ascendente o toracica con fissurazione

della parete dell’aorta, si ha un dolore retrosternale molto intenso ad insorgenza brusca,

trafittivo, parossistico, irradiato alla base del collo e regione interscapolare, associato a

ipotensione arteriosa e insufficienza cardiocircolatoria da perdita di sangue fino a shock

ipovolemico.

esofagite da RGE con dolore urente, oppressivo, in sede retrosternale che si irradia alla base

del collo e si esacerba durante la notte in clinostasi cioè in decubito supino per il reflusso del

succo acido gastrico nell’esofago. Se il dolore si manifesta durante il passaggio del bolo

alimentare nel faringe si parla di odinofagia.

Dal punto di vista Clinico bisogna valutare le caratteristiche del dolore: esordio acuto o lento, sede

di insorgenza e irradiazione, intensità, durata, rapporto con respiro, tosse, attività fisiche e

decubito, se è associato a febbre, dispnea, sfregamenti.

La TOSSE è un atto respiratorio volontario o riflesso che ha lo scopo di liberare le vie respiratorie da

corpi estranei penetrati in modo accidentale o da materiale purulento raccolto nelle vie aeree.

La tosse è preceduta da una veloce e profonda inspirazione, a cui segue una rapida espirazione a

glottide chiusa che si riapre in maniera brusca in seguito alla fuoriuscita di aria ad alta P con

vibrazione delle corde vocali, mentre la chiusura del velopendulo consente l’espulsione dell’aria

sotto pressione attraverso la cavità orale. L’espirazione a glottide chiusa ostacola

transitoriamente il deflusso del sangue venoso dal segmento cefalico, provocando la

caratteristica congestione venosa del volto.

Il meccanismo della tosse si verifica in seguito alla stimolazione dei recettori specifici della tosse da

parte dell’essudato o corpi estranei, tra cui i recettori della zona tossigena dei bronchi a livello

della carena bronchiale, nei bronchi di grosso calibro e laringe.

In realtà, la tosse può essere scatenata anche dalla stimolazione delle fibre vagali estranee

all’albero respiratorio, come quelle dell’esofago e del condotto uditivo esterno.

Dal punto di vista Clinico si fa una distinzione tra tosse produttiva e secca.

La Tosse Produttiva con emissione di catarro (tosse umida) è dovuta a processi infiammatori

catarrali o purulenti con ipersecrezione di muco da parte dell’apparato muco-secernente

(ghiandole e cellule caliciformi) come la bronchite, bronchiectasie, processo tubercolare ulcerato,

ascesso polmonare, polmonite, BPCO. Tra le forme cliniche particolari abbiamo:

– tosse con vomica: brusca emissione di una grande quantità di materiale purulento che

insorge in particolari decubiti con esigenza di espellere il secreto raccolto in cavità ascessuali o

bronchiectasiche.

– tosse con emottisi: espulsione di sangue con la tosse, accumulatosi nell’albero respiratorio,

spesso di provenienza polmonare o bronchiale.

– tosse con escreato schiumoso: tipica dell’edema polmonare acuto.

Ricordiamo che in condizioni normali si ha la produzione di una quantità impercettibile di

muco che giunge alla gola e viene ingerito con la saliva, ma se il muco viene prodotto in

quantità maggiori si innesca il meccanismo di protezione della tosse che consente di espellere il

catarro verso l’esterno, evitando il suo ristagno nelle vie respiratorie, la proliferazione di germi

e l’insorgenza di alcune complicanze, come la broncopolmonite, per cui bisogna evitare i sedativi

perchè possono < il movimento delle ciglia vibratili e provocare il ristagno del muco nelle vie aeree.

E’ inutile sedare la tosse anche in caso di infezioni da virus dell’influenza perchè le lesioni delle

cellule epiteliali richiedono alcune settimane per rigenerarsi e solo quando è avvenuta la guarigione,

si avrà anche la scomparsa della tosse.

La Tosse Secca, stizzosa, senza catarro può essere dovuta a:

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inalazione accidentale di polveri o sostanze irritanti (fumo, gas...)

penetrazione di corpi estranei nelle vie respiratorie.

flogosi delle vie aeree:

– laringite con tipica tosse a timbro abbaiante.

– tracheite con tosse associata a dolore retrosternale.

– asma bronchiale con tosse associata a inspirazione sibilante ed espirazione prolungata.

– processi infiltrativi polmonari.

– pertosse: il soggetto ha delle crisi di tosse in successione, senza pause inspiratorie, seguite da

una inspirazione profonda e stridula. L’attacco presenta un carattere abbaiante, per cui si parla

di tosse canina, e può concludersi con conati di vomito (tosse emetizzante).

stenosi mitralica con sovraccarico sul piccolo circolo polmonare: in genere la tosse si manifesta

durante la notte o durante sforzi fisici.

insufficienza ventricolare sx: inizialmente la tosse è secca e stizzosa.

neoplasie del laringe: tosse con timbro afono a causa delle lesioni delle corde vocali.

carcinoma polmonare: inizialmente la tosse è irritativa, continua, secca, poi diventa produttiva

con emissione di secreto di colore rosso simile alla gelatina di lampone.

pleurite, pericardite, adenopatia mediastinica: la tosse si deve a stimoli vagali estrinseci

all’albero bronchiale. Nei tumori mediastinici e negli aneurismi aortici, la tosse può assumere un

timbro bitonale (tosse di Marfan), cioè ogni colpo di tosse è composto da 2 rumori distinti, uno

profondo dato dal fisiologico restringimento laringeo che accompagna la tosse, l’altro più alto e

tremulo dovuto alle vibrazioni insorte nel punto stenotico della trachea o del bronco al momento

della brusca apertura della glottide.

tosse psicogena da isterismo o simulazione: tosse volontaria, secca, in assenza di una causa

che possa giustificarla e con esame obiettivo e strumentali negativi.

La trasformazione tosse produttiva-tosse secca è tipica dei soggetti fumatori, oppure è dovuta ad

amiloidosi, tumori... In caso di tosse insistente da molti mesi associata ad emoftoe possiamo

ipotizzare la presenza di TBC, neoplasia polmonare, tromboembolia polmonare, bronchiectasia...

L’ESPETTORAZIONE si verifica quando il materiale siero-mucoso viene prodotto in quantità

superiori rispetto alla norma e presenta dei caratteri alterati. L’espettorato può essere:

sieroso: fluido, schiumoso, spesso tinto di rosa per la presenza di sangue, ricco di albumina.

tipico dell’edema polmonare.

mucoso: trasparente, biancastro, gelatinoso, tipico della bronchite acuta in fase iniziale.

fibrinoso: costituito da masse di fibrina spesso sottoforma di stampi bronchiali, può osservarsi

in alcune forme di bronchiti.

purulento: fluido, giallo-verdastro come nelle vomiche da bronchiectasie, ascesso e gangrena.

muco-purulento: denso, vischioso, giallastro da flogosi acute e riacutizzazioni di forme croniche.

emorragico: si ha l’emissione di espettorato striato di sangue o emissione di sangue puro,

come in caso di TBC, bronchiectasie, infarto polmonare, ascesso, gangrena polmonare e polmoniti.

L’EMOTTISI è l’emissione di sangue proveniente dalle vie aeree inferiori, associata o meno a

secrezione mucosa o muco-purulenta, mentre l’EMOFTOE è l’emissione di secrezioni mucose o

mucopurulente striate di sangue provenienti dalle vie aeree inferiori.

Le Cause principali sono:

TBC: emottisi improvvisa, rappresenta l’esordio clinico della malattia.

Bronchiectasia: l’emottisi persiste per tutta la durata della malattia.

Edema polmonare acuto: emissione improvvisa di espettorato fluido-roseo da trasudazione di

liquidi e diapedesi di emazie negli alveoli.

Stenosi mitralica: emissione cronica di materiale giallastro-rugginoso.

Ascesso polmonare: caratterizzato dalla vomica cioè emissione a bocca piena di un’abbondante

quantità di materiale purulento-necrotico-emorragico.

polmoniti, neoplasie primitive o metastatiche, tromboembolia polmonare, diatesi emorragica,

traumi del torace, sindrome di Goodpasture.

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La DISPNEA è una sensazione di difficoltà respiratoria con respiro frequente e affannoso o

sensazione di fame d’aria, distinta in:

o dispnea inspiratoria: si ha un prolungamento della fase inspiratoria rispetto a quella

espiratoria con intervento dei muscoli ausiliari della respirazione, come in caso di paralisi dei

muscoli dilatatori della glottide, edema della glottide, ostruzione delle vie aeree inferiori da corpo

estraneo.

o dispnea espiratoria: si ha un prolungamento della fase espiratoria rispetto a quella

inspiratoria con intervento dei muscoli intercostali interni, in genere dovuta ad asma bronchiale,

broncostenosi o ostruzioni bronchiali da corpo estraneo.

o dispnea mista, inspiratoria-espiratoria: è la forma più frequente dovuta a cause respiratorie,

cardiache, muscolari...

Dal punto di vista Eziologico si fa una distinzione tra dispnea da alterazioni dell’aria atmosferica,

dispnea da alterazioni del centro respiratorio, dispnea di origine muscolare, dispnea da alterazioni

dell’apparato respiratorio, dispnea da alterazioni dell’apparato cardiovascolare, dispnea da

alterazioni del sangue, dispnea di origine psicogena.

La Dispnea da alterazioni dell’aria atmosferica si verifica in seguito a < della PaO2 nell’aria

con insufficiente apporto di O2 per gli scambi gassosi, con tachipnea come tentativo di

compenso, a cui segue la dispnea fino alla poliglobulia, come nei soggetti che si recano in alta

montagna o che si trovano in un ambiente viziato con inalazione di CO2 o gas inerti.

La Dispnea da alterazioni del centro respiratorio può essere dovuta a 2 cause principali:

sollecitazione meccanica anomala del centro del respiro in caso di trauma cranico, meningo-

encefalopatie, tumori cerebrali.

sollecitazione chimica o riflessa anomala del centro del respiro come in caso di acidosi

metabolica da diabete mellito scompensato o chetoacidosi diabetica, insufficienza renale,

intossicazioni da alcool o oppiacei, caratterizzata da ipercapnia con > della [ ] di CO2 nel sangue e

> PaCO2 che stimola il centro del respiro inducendo prima tachipnea, poi dispnea come

tentativo di allontanare mediante l’iperventilazione polmonare la CO2 in eccesso; < pH ematico

da > della [ ] H+ nel sangue e ipossia con < pO2 nel sangue che stimola i recettori aortici e

carotidei nel tentativo di garantire mediante l’iperventilazione polmonare un migliore apporto

di O2.

La Dispnea di origine muscolare può essere dovuta a miastenia pseudoparalitica, miopatie

croniche, tetano con compromissione dei muscoli respiratori, pertosse con esaurimento

transitorio dell’attività dei muscoli respiratori, paralisi del diaframma da lesione del nervo

frenico, distensioni diaframmatiche da ascite, grossi tumori o cisti, gravidanza, meteorismo

caratterizzate da dispnea mista.

La Dispnea da alterazioni dell’apparato respiratorio si verifica in tutte quelle situazioni in cui si

ha la < PaO2 nell’aria alveolare (< 103 mmHg), come succede in caso di:

ostruzione delle vie aeree superiori: corpi estranei, ostruzioni laringee come il croup difterico,

laringo-tracheiti catarrali, edema della glottide, tumori del laringe, spasmi della glottide. In tal

caso si osserva stridore laringeo in fase inspiratoria, pallore cianotico al volto con espressione

di profonda angoscia, atteggiamento in opistotono con muscoli sterno-cleido-mastoidei, scaleni

e pettorali violentemente contratti, rientramenti inspiratori delle fosse sovraclaveari e degli

spazi intercostali a causa della difficile penetrazione di aria nell’albero bronchiale che

condiziona una maggiore negatività della P endopleurica durante l’inspirazione. La voce può

essere rauca o bitonale e la tosse abbaiante.

ostruzione bronchiale soprattutto da asma bronchiale caratterizzata da dispnea espiratoria

rumorosa e sibilante perchè le forze espiratorie sono deboli e hanno difficoltà a vincere l’ostacolo

rappresentato dallo spasmo bronchiale ed edema della mucosa (insufficienza respiratoria ostruttiva),

per cui si ha l’intervento dei muscoli ausiliari della respirazione.

dispnea di origine polmonare ed extrapolmonare:

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– enfisema polmonare con perdita dell’elasticità polmonare, < del letto capillare, ipertensione

polmonare, modificazioni della gabbia toracica con ossificazione delle cartilagini costali che

fissano il torace in posizione inspiratoria.

– atelettasia polmonare e polmonite con shunt artero-venoso, cioè il sangue venoso refluo della

zona atelectasica si riversa nella circolazione sistemica con cianosi, tachipnea come tentativo

di compenso fino a dispnea.

– interstiziopatie o neoplasie estese a più lobi.

– infarto polmonare.

– malattia delle membrane jaline del neonato, edema polmonare, caratterizzate da dispnea per

alterazioni della membrana alveolare e compromissione degli scambi gassosi.

– pneumotorace massivo con dispnea acuta.

– pleuriti essudative con versamento abbondante con dispnea da spostamento del mediastino e <

della ventilazione del polmone controlaterale, sofferenza del cuore e azione delle tossine sul centro

respiratorio.

La Dispnea da alterazioni dell’apparato cardiovascolare può essere dovuta a:

insufficienza cardiaca: la dispnea rappresenta un sintomo precoce quando il cuore sx non è in

grado di spingere il sangue nelle vene polmonari, con distinzione tra:

o dispnea da sforzo: si ha nelle fasi iniziali dell’insufficienza ventricolare sx dovuta ad una

persistente ipertensione polmonare o alterata emodinamica polmonare, con insufficiente

apporto di O2 ai tessuti, per cui in caso di sforzo, per soddisfare le maggiori richieste metaboliche

e respiratorie delle masse muscolari impegnate, l’organismo agisce > la portata circolatoria e la

velocità di circolo, ma a causa dell’insufficienza cardiaca si ha un sovraccarico della circolazione

polmonare che non viene smaltito con insufficienza degli scambi gassosi. Nelle fase avanzate

dell’insufficienza ventricolare sx si ha la dispnea a riposo.

In realtà, la dispnea da sforzo e a riposo si verificano anche nei pz con insufficienza respiratoria.

– ortopnea: tipica dei pz con insufficienza cardiaca in cui il pz riesce a respirare bene in piedi e

in posizione seduta mentre ha difficoltà a respirare in decubito supino poiché si ha un > ritorno

di sangue venoso dalla parte inferiore del cuore che sovraccarica il circolo polmonare e, a causa

dell’insufficienza propulsiva cardiaca, rende ancora più precari gli scambi respiratori.

– dispnea parossistica notturna: rappresenta un sintomo premonitore di edema polmonare, in

genere dovuto a insufficienza ventricolare sx con dispnea che si verifica in seguito al

riassorbimento dell’edema che va a sovraccaricare il circolo polmonare con conseguente

ipertensione polmonare. La dispnea parossistica notturna può verificarsi anche nel polmone da

stasi della stenosi mitralica. Il pz si sveglia durante la notte con tachipnea e sudorazione, poi

dispnea intensa che regredisce se il pz si alza dal letto o si mette in posizione seduta.

– asma cardiaco: è una varietà della dispnea parossistica che si manifesta con una dispnea

espiratoria sibilante che può essere confusa con l’asma bronchiale.

edema polmonare acuto: rappresenta la massima espressione della dispnea parossistica delle

cardiopatie scompensate, dovuto alla presenza di liquido all’interno degli alveoli polmonari per

eccessiva trasudazione capillare che realizza una specie di annegamento interno. In tal caso il pz

presenta prima una tosse stizzosa, poi una dispnea progressiva e ingravescente e tosse con

espettorato schiumoso roseo o francamente emorragico.

La Dispnea da alterazioni del sangue si verifica in caso di:

anemia grave con deficit dell’Hb circolante e del trasporto di O2 dagli alveoli polmonari ai

tessuti con dispnea. La presenza di una Hb patologica, come la metaemoglobinemia,

solfoemoglobinemia, oppure gli avvelenamenti da monossido di carbonio (CO) o cianuro,

impediscono all’Hb di legarsi all’O2 e di trasportarlo ai tessuti con dispnea, perdita di

coscienza e morte.

La Dispnea di origine psicogena è tipica dei soggetti molto ansiosi che presentano una notevole

sensibilità e percezione di questo fenomeno con iperventilazione.

Nei soggetti normali adulti di sesso M il respiro è di tipo costo-addominale mentre nelle donne e

nei bambini è di tipo addominale. Il respiro è prevalentemente di tipo costale in caso di versamento

Page 10: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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addominale, paralisi del diaframma e donne in gravidanza. Il respiro è di tipo diaframmatico-

addominale in caso di patologie del torace che limitano le escursioni delle coste, ad esempio

fibrotorace bilaterale, in assenza di paralisi del diaframma.

Inoltre, in un soggetto adulto, in condizioni normali la frequenza respiratoria o n° atti

respiratori/min è pari a 16-20/min: l’> della frequenza respiratoria può essere dovuto a

emozione, sforzo muscolare, pasto abbondante, febbre, malattie che alterano gli scambi

respiratori a livello del polmone o dei tessuti cioè polmonite, broncopolmonite, pleurite secca,

pleurite essudativa, pneumotorace a valvola, enfisema polmonare, patologie che ostacolano

l’ingresso di aria nell’albero tracheo-bronchiale cioè paralisi del nervo ricorrente, tumori e corpi

estranei nella laringe, trachea e bronchi, stenosi cicatriziale dell’albero tracheo-bronchiale.

Nelle stenosi laringo-tracheali l’> frequenza respiratoria si accompagna ad un rumore detto

cornage. Si parla di tachipnea se il respiro è superficiale, rapido o breve, polipnea se la profondità

del respiro resta normale.

Tra i Respiri Patologici abbiamo:

─ respiro di Cheyne-Stokes: caratterizzato dal progressivo > di ampiezza della frequenza

respiratoria a cui segue una progressiva < dell’ampiezza e un intervallo di apnea in cui la CO2

ematica stimola nuovamente il centro respiratorio. Per cui il respiro di Cheyne-Stokes si deve

ad una < eccitabilità del centro respiratorio a prognosi sfavorevole, come in caso di gravi

encefalopatie, stati di intossicazione endogena o esogena, scompenso cardiaco.

─ respiro di Biot: caratterizzato dall’alternanza tra periodi di respirazione normale e periodi di

breve apnea con arresto brusco degli atti respiratori, come in caso di meningite, encefalite,

tumori cerebrali, edema cerebrale.

─ respiro grosso di Kussmaul: caratterizzato da una profonda e rumorosa inspirazione, da una

pausa inspiratoria, da una espirazione breve e da una pausa post-espiratoria prolungata, tipica

di alcuni stati di acidosi (coma diabetico).

─ respiro dissociato o atasso-cinetico di Grocco: dovuto a incoordinazione costo-frenica cioè dal

mancato sincronismo tra la contrazione del diaframma e dei muscoli della parete toracica, a

prognosi severa perchè si deve ad un grave deficit bulbare.

─ respiro glosso-faringeo: si osserva nella poliomelite o altre situazioni responsabili di paralisi del

centro respiratorio, in cui l’aria viene forzata ad entrare nel laringe e polmone con opportuni

movimenti della bocca, lingua, palato molle e faringe. Il palato molle e le corde vocali si

comportano a mò di valvole che impediscono la fuoriuscita dell’aria dal naso e dall’apparato

respiratorio (respiro a rana).

L’IPPOCRATISMO DIGITALE è l’aumento di volume del segmento distale delle dita delle mani e

dei piedi con dito a bacchetta di tamburo in seguito alla alterazione proliferativa dei tessuti molli

delle falangi, con alterazione della curvatura delle unghie che diventano più convesse con forma a

becco di pappagallo o a vetrino di orologio.

Le Cause più frequenti sono: BPCO, bronchiectasie, ascessi polmonari cronici, polmone

policistico, polmoniti croniche, restrittive, infettive, neoplasie polmonari, pleuriti croniche,

empiema pleurico, neoplasie primitive e metastatiche della pleura, patologie extrapolmonari

cioè cardiache (cardiopatie congenite cianogene, endocardite batterica subacuta, stenosi mitralica),

epatiche (cirrosi) e gastroenteriche (colite ulcerosa, morbo di Crohn, celiachia, neoplasie colon).

La CIANOSI è il colore bluastro della pelle e delle mucose dovuto alla presenza nel sangue di un

eccesso di Hb ridotta o non ossigenata, > a 5 gr/100 cm3, distinta in:

cianosi periferica di origine cardiaca con mani fredde da insufficienza cardiocircolatoria da

cardiopatie con rallentamento della circolazione del sangue nei tessuti, > della fissazione di O2 da

parte dei tessuti e > del tasso di Hb ridotta.

cianosi centrale di origine polmonare con mani calde da notevole < della sat.ossiHb da

pneumopatie di diversa natura con alterazioni degli scambi gassosi O2-CO2 a livello alveolare con >

Hb ridotta non ossigenata o cardiopatie con shunt dx-sx.

Altre Cause sono:

anemia con perdita di globuli rossi e Hb < 5 gr/100 cm3.

Page 11: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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presenza di Hb patologiche (solfoHb o metaHb) che non riescono a legare l’O2.

fumatori policitemici: si ha un > n° globuli rossi nel sangue e > di Hb fino a 17-18 gr/dl, per cui

c’è una grossa quantità di Hb e una scarsa quantità di O2 da legare.

In un pz cianotico occorre subito valutare la funzione respiratoria, movimenti dei muscoli

respiratori toracici e addominali, osservando il pz in posizione semiseduta o in decubito ortopnoico.

In presenza di dispnea, insufficienza respiratoria, affaticamento muscolare...occorre subito

ripristinare la meccanica ventilatoria intubando il pz, per evitare l’ipercapnia.

Ricordiamo che i pz affetti da malattie dell’apparato respiratorio possono assumere un decubito

attivo o passivo, indifferente o obbligato:

– decubito attivo e indifferente: il pz riesce ad assumere e mantenere una qualsiasi posizione,

mentre nel decubito passivo il pz giace abbandonato nel suo letto ed è incapace di modificare con

le sue forze la posizione in cui viene messo.

– decubito obbligato: tipico dei pz con accesso di asma bronchiale o pneumotorace spontaneo a

valvola, in cui il pz è seduto con le mani aggrappate ai bordi del letto, cerca di mettere in azione i

muscoli respiratori ausiliari cioè muscolo sternocleidomastoideo e grande pettorale,

immobilizzando il cingolo scapolare e si parla di decubito ortopnoico.

Alcune volte il pz si siede sul bordo del letto con le gambe penzoloni per favorire maggiori

escursioni del diaframma rispetto alla posizione seduta con gambe distese sul letto.

I pz con pleurite, ascessi polmonari, bronchiectasie o empiema perforante nei bronchi, in genere

assumono un decubito laterale obbligato, mentre nelle pleuriti secche il pz è in decubito supino o

semiseduto.

Il pz con pleurite tende a decombere sull’emitorace interessato in modo da < le escursioni

respiratorie della parete toracica di quel lato: infatti, lo spostamento del mediastino con turbe della

ventilazione del polmone sano e sofferenza cardiaca, sono attenuati dal decubito sul lato del

versamento poichè le escursioni respiratorie sono più ampie a livello del polmone sano mentre per

effetto della gravità il cuore e il mediastino tendono a riprendere la loro posizione mediana.

In caso di bronchiectasie, ascessi polmonari ed empiema fistolizzato nei bronchi il pz non decombe

sul lato sano per evitare il deflusso del pus nei bronchi con conseguente tosse stizzosa ed

espettorazione.

Esame Obiettivo del Torace

L’Esame Obiettivo del Torace si basa su ispezione, palpazione, percussione, ascoltazione. L’ISPEZIONE del torace consente di valutare la forma del torace, simmetria del torace o

eventuali malformazioni, rientramenti inspiratori, presenza di masse.

In condizioni normali il torace ha la forma di tronco di cono rovesciato, ma nella pratica clinica

bisogna tener conto anche di altre forme che rientrano nei limiti della norma, cioè:

torace allungato: tipico dei longilinei con angolo di Louis sporgente, Ø longitudinale

prevalente, regioni sopra-sottoclaveari e giugulari molto infossate, epigastrio ristretto, spesso

con segno di Stiller cioè 10^ costa fluttuante.

torace paralitico o astenico: ha le stesse caratteristiche del torace allungato ma con spiccata

ipotonia e ipotrofia muscolare toracica e scapola alata bilaterale.

torace picnico o quadrato: tipico dei brevilinei (brachitipi) con prevalenza del Ø trasversale e

antero-posteriore, spazi intercostali ristretti e coste orizzontali.

torace atletico: torace ampio con maggiore sviluppo delle masse muscolari.

torace enfisematoso o torace a botte: caratterizzato da coste a decorso quasi orizzontale, spazi

intercostali allargati, clavicole orientate in dietro e in alto, angolo di Louis pianeggiante,

angolo epigastrico ottuso, lordosi del rachide dorso-lombare, prevalenza del Ø antero-

posteriore su quello trasversale con aspetto del torace a botte, tipico dei bronchitici cronici con

evoluzione enfisematosa della bronchite che presentano un respiro corto, frequente, superficiale

con atteggiamento di inspirazione profonda costante, per cui le escursioni respiratorie sono

scarse, le coste sono immobili, il pz è dispnoico e cianotico perchè buona parte del parenchima

polmonare è stato distrutto con conseguente < della ventilazione, ecco perchè si ha anche

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l’intervento dei muscoli ausiliari della respirazione, cioè muscolo sternocleidomastoideo e muscolo

scaleno.

Le Malformazioni o Deformità della parete toracica possono interessare lo sterno, coste,

clavicola, scapola e vertebre.

deformità sternali: abbiamo il torace ad imbuto o torace da calzolaio con infossamento

marcato dello sterno e cartilagini costali adiacenti e comparsa di una concavità sulla parete anteriore

per cui si parla di pectus excavatum che è la malformazione congenita della parete toracica più

frequente, con infossamento che può interessare solo il corpo dello sterno o tutto lo sterno, le

coste adiacenti fino alle linee emiclaveari, con concavità accentuata e notevole < del Ø antero-

posteriore con atteggiamento posturale scorretto, spostamento del cuore e alterazioni della

funzione cardio-respiratoria, tali da richiedere l’intervento chirurgico di sterno-condroplastica.

Il petto carenato o pectus gallinaceum è una malformazione sternale caratterizzata da una

notevole protrusione del piastrone sterno-condrale cioè lo sterno è più sporgente in avanti

come la carena di una nave, distinto in 3 varietà:

− la protrusione interessa tutto lo sterno, le cartilagini costali presentano un’evidente

concavità antero-laterale che rende più accentuata la protrusione sternale (chicken breast).

− la protrusione interessa il manubrio sternale con infossamento del corpo ed estroflessione in

avanti dell’appendice ensiforme, per cui il piastrone sternale assume una forma a Z (pigeon breast).

− petto carenato laterale con protrusione unilaterale della parete anteriore del torace dovuta ad

un’enorme prominenza delle cartilagini costali di un lato e rotazione dello sterno sul suo asse

longitudinale verso il lato opposto alla protrusione.

La fissurazione sternale è una malformazione molto rara da mancata fusione degli abbozzi

sternali che normalmente origina all’inizio della 6^ settimana e si completa alla fine della 10^

settimana, distinta in fessura parziale cioè fessura superiore o cervico-toracica, fessura inferiore o

toraco-addominale e fessura totale. A livello della fessura la parete toracica perde la sua rigidità e

in seguito all’> P endotoracica (tosse, pianto) si possono apprezzare gli organi mediastinici,

soprattutto il cuore rivestito dal pericardio. Il difetto si accentua durante la fase di crescita del

soggetto, favorendo l’erniazione di numerosi visceri e compromissione della funzione respiratoria

con dispnea, cianosi, broncopneumopatie ricorrenti per cui è importante l’intervento chirurgico

avvicinando i due monconi o interponendo una rete di protezione.

deformità costali: coste soprannumerarie o in difetto, anomalie di fusione e alterazioni

morfologiche come il rosario rachitico con presenza di noduli rilevati, simili a grossi grani di

rosario, a livello del punto di unione tra coste e cartilagini costali.

deformità clavicolari: disostosi cleidocranica con clavicole assenti o ipoplasiche, per cui il pz

riesce a muovere in modo abnorme le spalle.

deformità scapolari:

– scapola alata unilaterale o bilaterale con scapola molto sporgente rispetto alla parete toracica

normale nei soggetti molto magri oppure da scoliosi o paralisi dei muscoli del torace.

deformità spinali: deviazioni della colonna vertebrale cioè la scoliosi e la cifosi a grande arco da

osteoporosi senile, cifosi angolare da distruzione limitata di un corpo vertebrale o morbo di Pott,

cifoscoliosi con deviazione della colonna vertebrale antero-posteriore e trasversale da alterazioni e

deviazioni complesse costo-sternali molto appariscenti. Inoltre, è molto importante l’Ispezione Comparativa dei 2 emitoraci, considerando che in

condizioni normali l’emitorace dx e sx sono simmetrici e ugualmente espansibili negli atti

respiratori mentre le asimmetrie toraciche sono dovute a dilatazioni o retrazioni di un emitorace.

Le dilatazioni toraciche con espansione di un emitorace ed asimmetria sono dovute a:

─ versamento pleurico: spazi intercostali allargati, dinamica respiratoria < con respiro asimmetrico

cioè < dell’espansione e ritardo nel movimento rispetto all’emitorace controlaterale.

─ pneumotorace spontaneo esteso a tutta la cavità pleurica con dinamica respiratoria compromessa.

─ masse intratoraciche da enormi cisti da echinococco del polmone.

─ epatomegalia e splenomegalia notevoli: provocano dilatazioni circoscritte alla base di un

emitorace oppure in sede precordiale con formazione della bozza precordiale.

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Le retrazioni toraciche sono dovute a:

o interventi demolitori: toracoplastica o pneumectomia.

o fibrotorace come esito di una pleurite o evoluzione fibrosa di una polmonite, TBC o silicosi

polmonare con spazi intercostali ristretti e dinamica respiratoria profondamente compromessa.

o atelectasia polmonare da carcinoma polmonare con rientramenti inspiratori degli spazi

intercostali in seguito > della P negativa intratoracica durante l’inspirazione per ostacolo alla

ventilazione del polmone colpito.

o atelettasia lobare con retrazioni circoscritte alla base di un emitorace.

All’ispezione del torace possiamo valutare anche la presenza di:

─ ectasie venose toraciche: reticolo venoso da ostruzione al deflusso della vena porta o della vena

cava inferiore, per cui il flusso ematico è diretto verso l’alto grazie alla formazione di un circolo

collaterale anastomotico cava-cava o porta-cava, oppure da ostruzione al deflusso della vena cava

superiore, per cui la corrente ematica è diretta dall’alto verso il basso.

─ edemi toracici circoscritti come l’edema a mantellina nei tumori mediastinici con compressione

della vena cava superiore e l’edema circoscritto alla parete da empiema pleurico che si fa strada

verso l’esterno o “empiema necessitatis”.

I Rientramenti Inspiratori si evidenziano al giugulo, spazi sovraclaveari, spazi intercostali,

regione epigastrica, in caso di ostacolo al flusso di aria tracheo-bronchiale con difficoltà

inspiratoria e intervento dei muscoli ausiliari della respirazione, cioè muscoli scaleni,

sternocleidomastoidei.. (asma, atelettasia polmonare, ostruzione da corpi estranei). La PALPAZIONE consente di valutare l’espansibilità del torace, f.v.t., presenza di crepitii.

espansibilità toracica: l’osservatore si pone alle spalle del pz e mette le mani a piatto sulle

regioni sovraclaveari con i pollici a livello delle linee paravertebrali, per valutare l’espansibilità

degli apici durante l’inspirazione. Si parla di respiro obliquo se un emitorace si espande con

ritardo rispetto al controlaterale, asimmetrico se si espande di meno rispetto al controlaterale.

fremito vocale tattile (f.v.t.): è la sensazione vibratoria che si apprezza mettendo la mano a

piatto sulla parete toracica quando il pz pronuncia delle parole ricche di consonanti come il classico

“dica 33”. Le vibrazioni delle corde vocali si trasmettono agli alveoli polmonari e alla parete

toracica lungo la colonna aerea contenuta nella trachea e nei bronchi.

Il f.v.t. è più facile da apprezzare a livello delle regioni sottoclaveari e interscapolo-vertebrali

perchè sono più vicine alla biforcazione tracheale mentre è difficile da apprezzare nei punti in cui si

interpongono strutture osteo-muscolari come nella regione scapolare.

In Condizioni Patologiche possiamo avere una <, > o scomparsa del f.v.t..

La < del f.v.t. può essere dovuta a:

─ patologie delle corde vocali cioè paralisi, laringite cronica, neoplasie della laringe con afonia.

─ edema polmonare con < o scomparsa del f.v.t..

L’> del f.v.t. può essere dovuto a:

─ bronchiectasie con dilatazione bronchiale.

─ escavazioni del parenchima polmonare comunicanti con un bronco.

─ addensamento del parenchima polmonare senza ostruzione bronchiale da polmonite, atelettasia

polmonare con bronco pervio, infiltrazione polmonare tubercolare, infarto polmonare con

addensamento del parenchima polmonare che favorisce la trasmissione delle vibrazioni e l’> f.v.t..

L’assenza o abolizione del f.v.t. può essere dovuto a:

─ occlusione bronchiale da corpi estranei, neoplasie, materiale purulento...che impediscono il

passaggio della colonna d’aria tracheo-bronchiale e la trasmissione delle vibrazioni, per cui il f.v.t.

non può essere percepito a livello della zona polmonare corrispondente al bronco occluso.

─ atelettasia da occlusione bronchiale.

─ enfisema polmonare da bronchite cronica ostruttiva con < elasticità parenchima polmonare.

─ versamento pleurico: provoca un ostacolo alla trasmissione delle vibrazioni tra parenchima

polmonare e parete toracica. Se il versamento occupa tutta la cavità pleurica si ha l’abolizione

del f.v.t. esteso a tutto l’emitorace, mentre se il versamento occupa solo la parte più declive il

polmone durante l’inspirazione si avvicina alla parete toracica con > f.v.t. al margine superiore

Page 14: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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del versamento. Se il versamento è sepimentato dalla presenza di aderenze pleuriche si possono

creare condizioni di migliore trasmissibilità con > f.v.t..

─ evoluzione fibrinosa della pleurite con formazione di cotenne e scomparsa del f.v.t..

─ pneumotorace.

crepitii: sono rumori simili a quello che si ottiene camminando sulla neve asciutta, tipico

dell’enfisema sottocutaneo da traumi aperti o fratture costali con comunicazione anomala tra

albero respiratorio e mediastino con passaggio di aria. La PERCUSSIONE del Torace in condizioni normali consente di apprezzare il Suono Chiaro

Polmonare che è il tipico suono del parenchima polmonare la cui intensità dipende dalla forza di

percussione e dalle caratteristiche fisiche delle strutture vibranti, con distinzione tra suono

iperfonetico quando l’ampiezza delle vibrazioni è > alla norma, mentre si parla di suono

ipofonetico o ottuso quando l’ampiezza delle vibrazioni è < alla norma. La percussione del

torace può essere immediata o mediata. La Percussione Immediata o Diretta viene esercitata direttamente senza l’interposizione di

un dito che funga da plessimetro, distinta in percussione immediata sulla clavicola mediante il

polpastrello del dito medio della mano dx, a martello, e percussione immediata sulle fosse

sovraclavicolari con dita semiflesse sul metacarpo articolando con scioltezza il movimento del

carpo, usate per valutare le alterazioni degli apici polmonari, ma ormai abbandonata. La Percussione Mediata si basa sul metodo digito-digitale, cioè il dito medio della mano sx

funge da plessimetro e viene posto a contatto della regione da esplorare mentre il dito medio della

mano dx funge da martelletto e percuote in senso ortogonale il dito che funge da plessimetro.

Durante la percussione le dita della mano sx devono essere parallele agli spazi intercostali.

La percussione mediata viene distinta in percussione topografica e percussione comparativa. La Percussione Topografica viene distinta in percussione superficiale e profonda in base alla

forza di percussione:

─ percussione topografica superficiale: percussione digito-digitale leggera per delimitare il

confine tra i lembi polmonari e gli organi solidi sottostanti cioè cuore, fegato e milza, valutando

il cambiamento del suono plessico tra il sottile lembo polmonare e l’organo che ricopre.

─ percussione topografica profonda: percussione digito-digitale forte per valutare l’eventuale

cambiamento di struttura in profondità come il margine sx del cuore e la cupola epatica.

La percussione topografica consente di delimitare i confini degli organi contenuti nel torace,

come gli apici polmonari, margini polmonari e lobi polmonari.

delimitazione degli apici polmonari: corrispondono ai campi di Krönig cioè 2 larghe

bretelle di 4-5 cm, che si proiettano lungo il margine del muscolo cucullare (trapezio) dalla testa

omerale al collo, consentendo di valutare se l’apice polmonare è ventilato in modo normale.

L’> dell’area di Krönig con iperfonesi apicale si ha in caso di enfisema polmonare, mentre la < dell’

area di Krönig con ipofonesi apicale si ha in caso di coartazione del parenchima polmonare da

atelettasia o processi fibrosclerotici da pleurite secca (TBC) per cui si parla di domo pleurico per

associazione tra fibrosi parenchimale e pleurica.

delimitazione dei margini polmonari anteriori: avviene con una percussione digito-digitale

leggera, ponendo il dito plessimetro perpendicolarmente negli spazi intercostali, partendo

dalla linea emiclaveare e procedendo verso la linea parasternale, individuando il passaggio dal

suono chiaro polmonare al suono ottuso dello sterno, considerando che normalmente i margini

anteriori dei polmoni dx e sx non sono simmetrici.

Il margine anteriore del polmone dx si dirige obliquamente in basso fino a livello della 2^ costa

superando la linea mediosternale, poi discende verticalmente fino alla 4^ costa, lungo la linea

medio-sternale fino al margine inferiore a livello della base polmonare.

Invece, il margine anteriore del polmone sx a livello della 4^ costa si porta lateralmente

descrivendo un’ampia curva a concavità mediale fino alla 6^ cartilagine condrosternale dove si

congiunge con al margine inferiore, dovuto alla presenza del ventricolo sx del cuore che ricopre il

parenchima polmonare, delimitando l’aia di ottusità assoluta del cuore dove il pericardio non è

Page 15: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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ricoperto dal polmone, caratterizzata da suono cupo, ottuso, circondata dall’aia di ottusità relativa

del cuore o grande aia cardiaca con suono polmonare leggermente ipofonetico.

Lo spostamento verso dx o sx dei margini polmonari anteriori può essere dovuto a masse

mediastiniche, versamento pericardico, versamento pleurico, attrazione del mediastino in caso

di fibrotorace o atelettasia polmonare.

delimitazione dei margini polmonari posteriori: è impossibile perchè hanno un decorso

verticale lungo la linea paravertebrale dall’apice fino all’11° spazio intercostale.

delimitazione dei margini polmonari inferiori (basi polmonari): richiede una percussione

leggera tranne nei punti in cui le basi polmonari sono in contatto con altri organi parenchimatosi,

come fegato e milza. Il dito plessimetro viene posto parallelamente agli spazi intercostali lungo

la linea emiclaveare e margino-sternale, linea ascellare media, linee paravertebrali e angolo-

scapolari.

Il margine inferiore del polmone dx corrisponde al 6° spazio intercostale lungo la linea

emiclaveare, 7° spazio intercostale lungo la linea ascellare media e 10° spazio intercostale

lungo la linea angolo-scapolare.

Il margine inferiore del polmone sx ha un decorso simile a ma anteriormente assume particolare

valore la delimitazione dell’area semilunare di Traube.

Lo spostamento verso il basso dei margini polmonari inferiori si osserva in caso di enfisema

polmonare con scomparsa dell’aia di ottusità assoluta del cuore, mentre lo spostamento verso

l’alto si deve a fibrosi polmonare, versamenti pleurici, innalzamento del diaframma da

meteorismo, pneumoperitoneo, ascite, epato-splenomegalia, tumori e paralisi del diaframma.

L’immobilità o ipomobilità dei margini polmonari si osserva in caso di enfisema polmonare o per

completa obliterazione dello cavo pleurico da esiti fibrotici di pleurite.

L’Area Semilunare di Traube è una zona di timpanismo localizzata anteriormente in

corrispondenza della base dell’emitorace sx, delimitata da:

─ confine gastro-epatico a dx: segna il passaggio da timpanismo gastrico all’ottusità epatica.

─ confine gastro-cardiaco in alto e a dx: segna il passaggio da timpanismo gastrico a ottusità

cardiaca.

─ confine gastro-polmonare in alto: difficile da apprezzare a causa della sovrapposizione tra

timpanismo del sottile lembo polmonare e timpanismo gastrico.

─ confine gastro-splenico a sx: segna il passaggio dal timpanismo gastrico alla ottusità splenica.

─ confine gastro-colico in basso: difficile da apprezzare a causa della sovrapposizione tra

timpanismo gastrico e colico.

Le modificazioni dell’area di Traube possono essere dovute a ingrandimento del lobo sx del fegato,

ingrandimento o spostamento della ottusità cardiaca da ipertrofia ventricolare sx, pericardite

essudativa, spostamenti del mediastino, splenomegalia, mentre in caso di versamento pleurico

l’area di Traube scompare completamente.

L’Area di Weill è la parte inferiore dell’area di Traube, corrispondente alla parte anteriore del

seno costo-diaframmatico o costo-frenico sx, importante in caso di versamenti pleurici di sx

modesti (declivi) con suono ottuso.

delimitazione dei lobi polmonari: avviene proiettando le scissure interlobari sulla parete

toracica. Le scissure interlobari dx e sx si portano dalla T3 obliquamente in basso fino alla linea

ascellare posteriore a livello del IV spazio intercostale, dove la scissura interlobare dx si divide in

una branca superiore che decorre lungo lo spazio intercostale fino allo sterno e una branca

inferiore che discende fino alla linea emiclaveare dx a livello del margine anteriore della 7^

costa. Invece, la scissura interlobare sx discende obliquamente dal IV spazio intercostale fino

alla linea emiclaveare sx a livello dell’apice della 7^ costa.

Il polmone dx presenta un lobo superiore che si proietta in minima parte nel IV spazio

intercostale, un lobo medio che si proietta nel IV spazio intercostale disegnando un triangolo

con apice sulla linea ascellare posteriore e base nel IV spazio anteriormente, e un lobo inferiore

che si proietta posteriormente a livello della branca inferiore della scissura interlobare.

Page 16: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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Il polmone sx presenta un lobo superiore che si proietta su un’ampia zona della parete toracica

anteriore al di sopra della scissura interlobare e in parte posteriormente, e un lobo inferiore che

si proietta al di sotto della scissura interlobare. La Percussione Comparativa viene eseguita simmetricamente sui due emitoraci per valutare la

presenza di anomalie di risonanza del parenchima polmonare, cioè del suono chiaro polmonare

da alterazioni anatomiche, della ventilazione o per interposizione di liquidi, solidi o gas tra

parenchima polmonare e parete toracica.

L’Iperfonesi è un > di intensità del suono chiaro polmonare dovuto ad un > del contenuto aereo

delle strutture vibranti, come in caso di:

─ presenza di aria nella cavità pleurica da pneumotorace totale con iperfonesi diffusa su tutto

l’emitorace colpito, pneumotorace parziale o ridotto ad una semplice bolla con iperfonesi minore.

Il suono può presentare un timbro metallico.

─ > del contenuto aereo del parenchima polmonare come in caso di enfisema polmonare con

iperfonesi diffusa all’emitorace che tende a coprire l’ottusità cardiaca o epatica dovuta alla

formazione di grosse bolle piene d’aria o iperfonesi circoscritta in caso di enfisema distrettuale.

─ presenza di una grande caverna superficiale a livello dello fosse sopra e sottoclavicolari con

suono timpanico, tipiche della TBC con necrosi caseosa.

L’Ipofonesi è una < di intensità del suono chiaro polmonare che si presenta cupo, sordo, debole

e di breve durata, dovuta a:

─ < del contenuto aereo del polmone da broncopolmonite, polmonite lobare, TBC, cisti piene,

tumori, infarto polmonare...

─ versamento pleurico o massa solida interposta tra parenchima polmonare e parete toracica.

L’Ottusità o Afonesi indica l’assenza del suono chiaro polmonare durante la percussione

dovuta a perdita completa del contenuto aereo del polmone o da versamento pleurico massivo

che allontana il polmone dalla parete toracica con ottusità di coscia simile al rumore che si

ottiene con la percussione delle masse muscolari.

Le ottusità sono distinte in apicali, basilari, lobari e paramediastiniche:

ottusità apicale:

─ TBC nodulare produttiva dell’apice.

─ tumore di Pancoast: carcinoma dell’apice polmonare responsabile di nevralgia del plesso

brachiale con atrofia muscolare, compromissione del simpatico cervicale con sindrome di Claude

Bernard-Hörner cioè enoftalmo, restringimento della rima palpebrale, miosi, iperemia della

emifaccia con anidrosi o iperidrosi, emiatrofia facciale del lato colpito.

ottusità basilare: è tipica della pleurite essudativa da polmonite batterica con interessamento

della pleura, neoplasie primitive o secondarie a metastasi con essudato di tipo siero-ematico o

francamente emorragico.

In caso di versamento pleurico lieve si osserva ipomobilità dell’emitorace interessato con

tendenza del pz a decombere sul lato affetto per favorire le escursioni ventilatorie del polmone

controlaterale, ottusità alla percussione dell’emitorace colpito con limite superiore dell’ottusità

dato dalla linea di Damoiseau-Ellis che rappresenta la linea di demarcazione tra suono ottuso e

suono chiaro polmonare ed è una linea curva a convessità superiore che parte dalla colonna

vertebrale, dall’apice del triangolo paravertebrale di Grocco, si sposta verso l’esterno e verso

l’alto fino alla linea ascellare posteriore e poi discende verso la linea ascellare anteriore.

Il triangolo di Garland è localizzato tra la colonna vertebrale e la parte ascendente della linea

di Damoiseau-Ellis, presenta un suono iperfonetico.

Il triangolo paravertebrale di Grocco è adiacente al triangolo di Garland nell’emitorace opposto:

è una zona triangolare con apice in alto, con suono ottuso che si apprezza in caso di versamento

massivo con spostamento del mediastino postero-inferiore verso il lato opposto.

Inoltre, alla palpazione si apprezza un < f.v.t., all’auscultazione una < o abolizione del m.v. e

spesso in corrispondenza del margine superiore del versamento si apprezza il soffio bronchiale da

abolizione della componente parenchimale del m.v. da atelettasia secondaria al versamento.

Page 17: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

17

In caso di versamento pleurico massivo si ha ottusità estesa all’intero emitorace con

abbassamento dell’emidiaframma omolaterale e spostamento controlaterale del mediastino.

ottusità lobari: l’ottusità lobare non è sempre evidente mediante la percussione perchè il

passaggio tra suono ottuso e risonanza chiara polmonare è graduale poichè il decorso delle

scissure non è orizzontale ma è obliquo e in vicinanza delle scissure il parenchima infiltrato o

atelettasico è di spessore ridotto. (Rx torace, TC). L’ottusità lobare può essere dovuta a:

─ polmonite lobare o franca: l’ottusità si apprezza durante la fase di epatizzazione, mentre non

si apprezza nelle fasi iniziali quando non si è ancora avuta una completa obliterazione degli alveoli

e nel periodo risolutivo della polmonite.

─ atelettasia polmonare da occlusione di un bronco lobare in genere da carcinoma polmonare.

ottusità paramediastiniche: originano da masse mediastiniche che in un secondo tempo

possono sconfinare e invadere i polmoni. Spesso si tratta di masse di origine linfonodale, come in

caso di adenopatie da linfomi Hodgkin e non Hodgkin, raramente da metastasi tumorali. L’ASCOLTAZIONE del Torace può essere immediata applicando direttamente l’orecchio sulla

parete toracica oppure mediata mediante lo stetoscopio o fonendoscopio, avviene in maniera

comparativa su zone simmetriche dei 2 emitoraci, invitando il pz a respirare profondamente a

bocca aperta. La respirazione genera 2 tipi di rumori: murmure vescicolare e soffio bronchiale.

Il Murmure Vescicolare si deve al passaggio turbolento dell’aria dai bronchioli agli alveoli

polmonari e viceversa, per cui presenta una fase inspiratoria lunga poiché l’inspirazione è un

fenomeno attivo che richiama violentemente aria negli alveoli polmonari e una fase espiratoria

lieve poiché l’espirazione è un fenomeno passivo, meno percepibile all’ascoltazione.

Le Alterazioni del Murmure Vescicolare possono essere quantitative cioè murmure vescicolare

o respiro indebolito, rinforzato e interciso, o qualitative cioè respiro aspro e soffio bronchiale.

Il murmure vescicolare indebolito può essere dovuto a:

─ difficile trasmissione del m.v. da pannicolo adiposo sottocutaneo abbondante (obesità).

─ ostruzione vie aeree da corpi estranei tracheo-bronchiali, stenosi bronchiale.

─ < delle escursioni respiratorie della gabbia toracica da causa nervosa centrale o periferica come

le nevralgie intercostali, da causa muscolare come la paralisi del diaframma, da causa

scheletrica come le fratture costali e la cifoscoliosi, da causa pleurica come il fibrotorace.

─ interposizione di aria o liquidi tra polmone e pleura con < distensibilità del parenchima polmonare, cioè pneumotorace, pleurite, fibrosi polmonare.

─ < della superficie di ventilazione alveolare da processi miliariformi tubercolari o carcinomatosi.

In caso di deficit della ventilazione bronchiolo-alveolare si parla di silenzio respiratorio (atelettasia).

Il respiro rinforzato si deve ad un > della velocità del flusso di aria e ventilazione come in caso di

sforzi muscolari, pneumotorace controlaterale, pneumectomia con polmoni in funzione vicariante.

Il respiro interciso è caratterizzato da una discontinuità del murmure vescicolare, interrotto da

brevi pause tipico delle stenosi parziali di un bronco da catarro mucoso o stenosi a valvola.

Il respiro aspro, rude o granuloso è caratterizzato da murmure vescicolare indebolito in seguito

a ridotta ventilazione alveolare, con presenza del soffio bronchiale all’auscultazione, come

succede in caso di bronchite o TBC con < lume bronchiolare, rugosità della superficie interna,

comparsa di vortici d’aria spesso con espirazione prolungata sovrapponibile all’inspirazione.

Il soffio bronchiale si deve al passaggio turbolento dell’aria attraverso la rima della glottide,

trachea e bronchi, ma in condizioni normali non si apprezza all’auscultazione perché viene

coperto dal m.v., mentre si apprezza in condizioni patologiche a livello della superficie anteriore

del collo, fossetta giugulare e a livello della C7 posteriormente, come in in caso di:

− deficit della ventilazione alveolare con bronchi pervi come in caso di addensamento atelectasico

da versamento pleurico, infiammazioni polmonari essudative.

− escavazioni polmonari comunicanti con un bronco da caverne TBC, ascesso polmonare,

bronchiectasie e fibrosi cistiche polmonari, caratterizzate da soffio anforico simile al suono che si

genera soffiando energicamente sulla bocca di un’anfora vuota o rasente all’orifizio di una bottiglia.

– compressione degli alveoli con deficit della ventilazione alveolare e ventilazione bronchiale

conservata, come in caso di versamento pleurico o pneumotorace con soffio anforo-metallico. In

Page 18: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

18

realtà in caso di versamento pleurico massivo non si ha la trasmissione delle vibrazioni del

soffio alla parete toracica e in caso di pneumotorace con collasso polmonare con abolizione

completa della ventilazione alveolare e silenzio respiratorio.

I Rumori Aggiunti o Accessori si apprezzano in condizioni patologiche, distinti in rumori di

origine bronchiale, tracheale, polmonare e pleurica.

I Rumori Bronchiali sono dovuti ad alterazione del calibro dei bronchi o alla presenza di

liquido nel lume bronchiale e sono distinti in rumori bronchiali secchi e umidi.

I rumori bronchiali secchi sono i ronchi e i sibili:

ronchi: rumori profondi generati dalla vibrazione dell’essudato denso presente nei bronchi di

grosso calibro da passaggio dell’aria in fase inspiratoria ed espiratoria, tipici dei bronchitici.

sibili: rumori sibilanti inspiratori ed espiratori dovuti al transito dell’aria attraverso bronchi

e bronchioli stenosati, come succede nell’asma bronchiale e bronchite in seguito alla contrazione

spastica della muscolatura bronchiale, edema della mucosa e presenza di secrezioni dense,

adese alle pareti bronchiali. L’asma è caratterizzata da dispnea sibilante espiratoria con

espirazione prolungata.

I rumori bronchiali umidi sono rappresentati dai rantoli che originano al passaggio dell’aria

attraverso un liquido che si è formato o riversato nel lume bronchiale, percepiti meglio durante

l’inspirazione con formazione di bolle idroaeree di dimensioni variabili in base al Ø del bronco

con rantoli a grosse, medie e piccole bolle. I rantoli > con i colpi di tosse, per cui si invita il pz a

tossire, e sono distinti in rantoli consonanti e tracheali:

rantoli consonanti o sonori: sono molto distinti, forti, superficiali, nascono nei bronchi di

piccolo calibro quando sono circondati da parenchima polmonare addensato, tipico delle

polmoniti e broncopolmoniti. I rantoli sonori possono presentare un carattere metallico in caso di

pneumotorace o idro-pneumotorace iperteso e alcune volte sono discontinui determinando il

fenomeno della goccia cadente tipico delle bronchiectasie, pneumotorace e soprattutto in presenza

di grosse caverne polmonari con un unica bolla che si forma ed esplode ritmicamente con gli atti

respiratori, generando un suono simile alla goccia che cade da un rubinetto chiuso male.

rantoli tracheali: rantoli a grossissime bolle che originano nella trachea o bronchi principali,

udibili anche a distanza nei pz moribondi o in caso di edema polmonare (rantolo orale).

I Rumori Polmonari sono rappresentati dai rantoli crepitanti che originano negli alveoli

polmonari per la contemporanea presenza di aria ed essudato, si ascoltano durante

l’inspirazione, simili al rumore che si ascolta sfregando i capelli tra le dita o schiacciando la neve

nelle mani, poco modificabili con i colpi di tosse, tipici della broncopolmonite e edema polmonare.

In caso di Broncopolmonite l’Ispezione alcune volte evidenzia polipnea o dispnea, la Palpazione

evidenzia un > f.v.t,, la Percussione evidenzia ottusità, l’Auscultazione i rantoli crepitanti nella

fase iniziale della polmonite per la formazione sulla parete alveolare di un tenace essudato

(crepitatio indux) e nella fase risolutiva della polmonite da riassorbimento dell’essudato alveolare

(crepitatio redux), nella fase di epatizzazione si apprezza un soffio bronchiale aspro, il murmure

vescicolare è assente in tutte e 3 le fasi.

Nell’edema polmonare i rantoli crepitanti si devono a trasudazione fluida dai capillari negli alveoli.

I Rumori Pleurici sono rappresentati dagli sfregamenti pleurici: normalmente i foglietti

pleurici sono lisci e scorrono tra loro durante la respirazione senza generare vibrazioni sonore,

mentre gli sfregamenti pleurici sono tipici delle pleuriti con alterazione della superficie dei

foglietti pleurici, deposito di fibrina e rumore variabile dal lieve fruscio ad un rumore rude simile

al cuoio delle scarpe nuove che può essere palpato con la mano detto fremito pleurico.

Gli sfregamenti non si modificano con i colpi di tosse, sono più evidenti se si esercita una > P

con lo stetoscopio sul torace perchè > la frizione tra i foglietti pleurici, sono più facili da

apprezzare alle basi polmonari dove l’espansione polmonare e la dinamica pleurica sono

maggiori rispetto agli apici.

Gli sfregamenti pleuro-pericardici sono dovuti alla frizione tra pericardio e pleura, si ascoltano

a livello della zona precordiale, in sincronia con le contrazioni cardiache e gli atti respiratori.

Page 19: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

19

In caso di idro o piopneumotorace, imprimendo al torace delle brusche scosse si apprezza un

rumore di sguazzamento o succussione ippocratica, avvertito anche dal pz.

Diagnostica per Immagini

L’Esame Radiologico Tradizionale è un’indagine fondamentale per la diagnosi delle patologie

dell’apparato respiratorio, rappresentato soprattutto dalla Radiografia Standard del Torace mentre

l’Esame Radioscopico non è più utilizzato rispetto al passato a causa dell’elevata dose di radiazioni

erogate al pz. La Radiografia Standard del Torace è fondamentale nello studio dell’apparato respiratorio

perchè l’aria presente negli alveoli e vie aeree crea un contrasto naturale ottimale, i raggi X

attraversano facilmente gli spazi aerei determinando sulla pellicola radiografica zone più nere che

contrastano con i tessuti più densi solidi che appaiono più opachi (cuore e ossa).

Per cui l’Rx del torace consente di riprodurre l’anatomia macroscopica del polmone.

In genere viene eseguita in proiezione sagittale dorso-ventrale con la cassetta radiografica

contenente la pellicola appoggiata al torace del pz, eventualmente associata alla proiezione

laterale con braccia sollevate e cassetta radiografica appoggiata sul lato dx o sx del torace per

evidenziare lo spazio retrosternale e retrocardiaco, e in alcune condizioni le scissure interlobari.

In condizioni normali la radiografia evidenzia:

– campi polmonari: chiari e ben delimitati, circondati dalla gabbia toracica; i campi polmonari

si presentano con disegno reticolare fine dove si inseriscono piccole immagini rotondeggianti

dense dovute a vasi presi di infilata, spesso vicine a piccoli anelli dovuti alla proiezione di

sezioni bronchiali (complesso vascolo-bronchiale).

– coste: ben visibili, mentre le cartilagini costali sono visibili solo se sono calcificate.

– sterno e colonna dorsale: sono mascherati dall’ombra mediana.

– scapole: non si osservano perchè allontanate dalla proiezione radiografica facendo disporre il

pz con le mani sui fianchi.

– ombra mediana: rappresenta la somma di tutte le strutture mediastiniche, cioè cuore e grossi

vasi, più lo sterno e colonna dorsale.

– ilo polmonare: appare più denso e più strutturato rispetto al parenchima polmonare

circostante, in cui si osservano soprattutto le arterie polmonari dx e sx con le loro diramazioni

principali,mentre le vene polmonari e i gangli linfatici non sono molto evidenti.

– diaframma: delimita in basso i campi polmonari.

In caso di masse muscolari o mammelle molto sviluppate si ha un’area opaca che si proietta sul

campo polmonare disturbando la lettura radiografica; i capezzoli si presentano come strutture

opache rotondeggianti che possono trarre in inganno.

La Topografia Radiologica Polmonare comprende:

suddivisione dei polmoni in campi:

– campi superiori (sovraclaveari): comprendono gli apici polmonari.

– campi medi: dalla clavicola alla 3^ costa.

– campi inferiori: dalla 3^ costa al diaframma.

suddivisione in mantelli:

– mantello ilare, mantello parailare, mantello polmonare.

suddivisione in lobi e zone:

– lobo superiore: zona apicale, zona dorsale, zona ventrale.

– lobo medio a dx e lingulare a sx: zona superiore e zona inferiore.

– lobo inferiore: zona apicale, zona basale posteriore, zona basale media, zona basale anteriore.

Le Alterazioni Patologiche Elementari che si possono riscontrare sui radiogrammi sono distinte

in due gruppi fondamentali, cioè le opacità e le ipertrasparenze.

Le Opacità sono dovute a condizioni che determinano la < o scomparsa dell’aria alveolare, come

in caso di atelettasia polmonare con compressione da parte di un versamento pleurico o di una

occlusione bronchiale, oppure quando l’aria viene sostituita da liquido o materiale solido, come

Page 20: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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in caso di edema polmonare, infarto polmonare, processi infiammatori e/o granulomatosi

polmonari, cisti, tumori.

Le Ipertrasparenze sono dovute a sostituzione di aria al normale disegno polmonare, come in

caso di pneumotorace, enfisema polmonare, caverne, ascessi, cisti aeree, bronchiectasie.

I vantaggi sono che è disponibile in tutte le aziende ospedaliere, è una tecnica semplice, poco

costosa e rapida da eseguire, mentre gli svantaggi sono che non è molto utile per lo studio delle vie

aeree superiori perchè hanno una scarsa risoluzione anatomica, l’immagine è bidimensionale con

incompleta visualizzazione di tutte le strutture, spesso i reperti a livello del parenchima polmonare

sono aspecifici, facilità di errore tecnico per cui occorre ripetere l’esame sottoponendo il pz ad un

sovradosaggio. Questi inconvenienti oggi sono più rari grazie all’uso di nuove apparecchiature

digitali con elaborazione elettronica delle immagini. Gli Esami Contrastografici Tradizionali sono rappresentati dalla broncografia e

angiopneumografia bronchiale che sono invasive perchè si usa il m.d.c.. La broncografia viene usata nei casi dubbi in pz affetti da bronchiectasie, stenosi, anomalie

congenite tracheali o bronchiali, fistole mediastiniche o esofagee e tumori broncopolmonari

periferici prima di un intervento chirurgico per stabilire con precisione il segmento bronchiale

interessato. Anche questa tecnica è stata sostituita dalla TAC. L’angiopneumografia tradizionale è stata quasi del tutto sostituita dall’angiografia

digitalizzata, consente lo studio del circolo polmonare arterioso e venoso mediante cateterismo

dell’arteria polmonare e dei suoi rami principali, è utile per la diagnosi della malattia

tromboembolica consentendo anche di intervenire direttamente con trombectomia o trombolisi. La TC è importante per la diagnosi delle patologie dell’apparato respiratorio, consentendo lo studio

degli organi sul piano assiale, con risoluzione di contrasto 10 volte > rispetto a quella dell’Rx standard del torace. Inoltre, i programmi ad alta risoluzione spaziale HRTC consentono uno studio

accurato del parenchima e interstizio polmonare, osservando formazioni nodulari di 0,5-1 mm. La

TAC è importante per la stadiazione delle neoplasie, valutando la presenza di metastasi linfonodali

e a distanza, utile per la scelta terapeutica e nei casi dubbi è possibile eseguire una biopsia

transparietale sottoguida TAC per una diagnosi istologica di certezza. La RMN rispetto alla TAC fornisce immagini multiplanari usando diversi piani di scansione, per

cui è molto utile per la stadiazione dei carcinomi, osservando eventuali infiltrazioni della parete

toracica e delle strutture mediastiniche, pericardio (resecabile) o miocardio (non resecabile)

consentendo la diagnosi differenziale tra neoplasia e atelettasia polmonare o polmonite ostruttiva. L’Angio-RMN consente di studiare con alta precisione le strutture vascolari.

L’Ecografia non è utile per lo studio delle patologie dell’apparato respiratorio poichè il contenuto

aereo polmonare e il tessuto osseo della parete toracica ostacolano la progressione degli ultrasuoni

mentre è utile solo per patologie del diaframma, patologie adese alla parete toracica o alla pleura di

grandi dimensioni oppure per il drenaggio dei versamenti pleurici saccati. Recentemente è stata introdotta l’Ecografia endoesofagea per lo studio dei linfonodi e aorta toracica.

La Medicina Nucleare è utile per lo studio della fisiologia e fisiopatologia polmonare, per

valutare le caratteristiche morfologiche e funzionali del polmone e del mediastino.

Abbiamo la scintigrafia polmonare perfusionale, ventilatoria e con indicatori positivi in proiezione

anteriore, posteriore e obliqua. La Scintigrafia perfusionale consiste nell’iniettare per via e.v. macroaggregati di albumina

marcata con Tc99

, fornendo dati sul circolo polmonare e sui singoli segmenti dei lobi polmonari. Il

Tc viene eliminato per via renale rapidamente. E’ molto utile per la diagnosi di:

- embolia o compressione di un tronco arterioso valutando i difetti di perfusione con aree di

assente o ridotta fissazione del radiofarmaco, irregolari e non circoscritte cioè mono o pluri-

segmentarie o estese all’intero lobo.

- enfisema e ipertensione arteriosa polmonare con difetti di perfusione in intere aree del lobo

polmonare e non segmentarie. La Scintigrafia ventilatoria si esegue facendo inalare al pz soluzioni di particelle, gas o

pseudogas radioattivi, utile per lo studio della ventilazione polmonare, oppure si usa un aerosol

Page 21: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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radiomarcato per valutare la clearance muco-ciliare e la permeabilità della membrana alveolo-

capillare. Tra i gas radioattivi abbiamo lo Xenon133

con cui si valuta la fase di ingresso dell’aria nei

polmoni e la fase di allontanamento e il Kripton81

.

I difetti di ventilazione appaiono come aree di assente o ridotta e ritardata fissazione distrettuale del

radiofarmaco. Il radioisotopo viene eliminato dai polmoni nel giro di 2 h.

La Scintigrafia perfusionale e ventilatoria possono essere eseguite contemporaneamente iniettando

per via e.v. lo Xe133

valutando la perfusione, integrità della membrana alveolo-capillare e la

ventilazione polmonare: lo Xe133

è un gas poco solubile nel sangue, raggiunge mediante la piccola

circolazione la rete capillare alveolare, diffonde rapidamente attraverso la membrana alveolo-

capillare nell’aria alveolare e viene allontanato dai polmoni mediante la ventilazione.

In caso di embolia polmonare la scintigrafia di perfusione evidenzia la sede ed estensione dei difetti

di perfusione ma nei casi dubbi e in presenza di patologie concomitanti (bronchite, enfisema,

atelettasia) si esegue anche la scintigrafia di ventilazione: nell’embolia polmonare si notano difetti

di perfusione mono o plurisegmentari con ventilazione normale.

La diagnosi di certezza di embolia polmonare si ha quando si ha un > dell’estensione dei difetti di

perfusione, più ampi di un segmento, mentre la ventilazione è normale.

La scintigrafia di perfusione è utile anche per valutare l’evoluzione della tromboembolia polmonare

e l’efficacia della terapia tromboembolitica: il primo controllo si esegue già dopo 24 h mentre i

risultati definitivi si hanno nel giro di 3-4 settimane.

La scintigrafia di perfusione e di ventilazione sono utili per la diagnosi delle BPCO e di enfisema

polmonare, caratterizzate da difetti di perfusione e di ventilazione nella stessa sede, spesso multipli

e non segmentari, con rapporto V/Q stabile o <.

Nel carcinoma polmonare la scintigrafia mostra difetti di perfusione e ventilazione nell’area

infiltrata dal tessuto neoplastico ed è molto utile nella fase preoperatoria per lo studio del polmone

sano controlaterale e per valutare la % di funzione residua dopo resezione chirurgica. La Scintigrafia con indicatori positivi di lesione prevede l’uso di radiofarmaci che si fissano

direttamente al tessuto patologico, senza fissarsi ai tessuti sani, valutando la natura flogistica o

neoplastica di una lesione, tra cui il più utilizzato è il Gallio radioattivo (67

Ga citrato) somministrato

per via endovenosa, poi sarà in parte eliminato per via renale ed intestinale.

La radioterapia, chemioterapia, antiinfiammatori e antibiotici < la captazione del Gallio nelle

patologie caratterizzate da iperproliferazione cellulare, soprattutto le neoplasie.

Infatti, la Scintigrafia con Gallio è importante per la diagnosi dei linfomi maligni di Hodgkin e non

Hodgkin, consentendo la stadiazione della neoplasia mediante scintigrafia total-body associata

alla TAC, valutando l’interessamento massivo dei linfonodi mediastinici, la diffusione extratoracica

della malattia, la risposta durante la chemioterapia, i risultati al termine della radioterapia e

monitorando il pz durante il follow-up.

Nei pz con carcinoma polmonare la scintigrafia con Ga radioattivo è utile per valutare

l’interessamento dei linfonodi ilari e mediastinici, in modo da fare la scelta terapeutica, per valutare

l’efficacia della radio e chemioterapia.

La scintigrafia con Ga radioattivo è utile nelle fasi iniziali reversibili delle pneumopatie interstiziali

con addensamento parenchimale, come la TBC miliare evolutiva, sarcoidosi, silicosi e le

pneumopatie interstiziali essenziali, caratterizzate da un infiltrato granulomatoso costituito da

granulociti, macrofagi, cellule epitelioidi, istiociti, linfociti, dotato di intensa attività metabolica: si

osserva un’intensa captazione diffusa ai due polmoni, mentre nelle fasi avanzate la captazione del

Ga è molto attenuata o assente e sono più evidenti i reperti radiologici. La Scintigrafia con Tallio (

201Tl) è utile per la diagnosi delle neoplasie benigne e maligne,

metastasi ai linfonodi mediastinici, iperplasie, flogosi acute e croniche. La Scintigrafia con Ab monoclonali marcati con I131 o Tc99 è utile solo se le neoplasie

esprimono un’alta densità di Ag sulla superficie cellulare, come il CEA o Ag carcinoembrionario. La Scintigrafia con Ig umane policlonali purificate marcate con Tc99m iniettate per via e.v.

non è molto specifica perchè le Ig si fissano sia ai recettori presenti sulle cellule di un infiltrato

infiammatorio, sia a recettori di cellule neoplastiche. Comunque, è indicata nei pz con febbre di

Page 22: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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origine sconosciuta, polmoniti batteriche o da batteri atipici (Micoplasma, Pneumocisti,

Histoplasma) e da Candida albicans.

Altri indicatori positivi sono gli analoghi della somatostatina come l’octreotide fissato allo

I131

, I123

, In111

(Indio) utili per la diagnosi delle neoplasie di origine neuroectodermica, carcinoma

polmonare a piccole cellule, processi granulomatosi, carcinomi polmonari non a piccole cellule. Infine, abbiamo la PET o Tomografia ad Emissione di Positroni che fornisce immagini

scintigrafiche molto utili per valutare in vivo il metabolismo cellulare ossidativo, glicidico, la

sintesi proteica e la replicazione cellulare, sia in pz sani che in condizioni patologiche.

La PET con 18F-fluoro-deossi-glucosio consente di riconoscere lesioni di piccole dimensioni (<

1 cm), evidenziare l’iperattività glicolitica delle cellule neoplastiche, differenziare e stadiare le

neoplasie polmonari, monitorare il pz dopo trattamento chemio o radioterapico.

Diagnostica Broncologica nelle malattie dell’apparato respiratorio

Il Broncoscopio Rigido è un tubo metallico, cilindrico, lungo fino a 43 cm e con Ø max di 14

mm, oggi è usato nella endoscopia operativa per la rimozione di corpi estranei, disostruzione della

via aerea principale mediante dilatatori, posizionamento di tutori tracheo-bronchiali e trattamento

endoscopico delle emottisi massive, garantendo la ventilazione del pz, aspirando le secrezioni e il

sangue nella sede dell’intervento. Per la diagnosi si ricorre alla Broncofibroscopia o Fibrobroncoscopia con broncoscopio

flessibile a fibre ottiche con Ø max di 6 mm, estremità angolabile nei due sensi fino a 180-130°,

per cui sono facili da manovrare e sono più tollerati dal pz. Si esegue dopo preanestesia o anestesia

locale, introducendo il fibrobroncoscopio per via nasale o orale, consentendo di osservare la

trachea, bronchi principali, bronchi lobari fino all’origine dei bronchi segmentari.

Il fibrobroncoscopio è dotato di un canale operativo che consente la somministrazione di soluzioni

fisiologiche o farmaci e il passaggio degli strumenti necessari per eseguire la biopsia

endobronchiale o transbronchiale, il lavaggio bronchiale, lavaggio bronchiolo-alveolare BAL,

brushing, agoaspirato transparietale.

Le Indicazioni principali sono l’accertamento di neoplasie bronchiali, mentre tra le

controindicazioni non assolute abbiamo i pz cardiopatici, asmatici e cachettici. La Biopsia Bronchiale avviene con pinze bioptiche monouso, prelevando dalla lesione il

materiale da sottoporre a studio istologico per la diagnosi di natura delle neoplasie tracheo-

bronchiali, valutando la diffusione prossimale del tumore, delimitando i confini, consentendo al

chirurgo di fare la scelta terapeutica più adeguata.

Sfruttando la proprietà di fluorescenza delle neoplasie è possibile valutare la presenza di cellule

neoplastiche e differenziare i tessuti sani da quelli neoplastici maligni: se iniettiamo delle sostanze

fotosensibilizzanti (derivati dell’ematoporfirina) per via parenterale o per via inalatoria e irradiamo i

tessuti con la luce laser, si può osservare la fluorescenza tipica del tessuto neoplastico. Recentemente è stato introdotto un apparecchio chiamato LIFE cioè un laser ad elio-cadmio

connesso ad un broncofibroscopio flessibile che emette una luce blu sulla superficie bronchiale, la

fluorescenza viene raccolta dall’ottica del fibroscopio ed elaborata da un computer che fornisce una

immagine digitale su un monitor, dove il tessuto neoplastico è di colore rosso-scuro mentre il

tessuto normale è di colore verde. Il Lavaggio Bronchiale consiste nell’iniettare la soluzione fisiologica attraverso il canale

operatore del broncofibroscopio fino all’area della lesione e poi si esegue la raccolta mediante

blanda aspirazione della soluzione, su cui si esegue lo studio citologico per valutare la natura

della lesione e studi microbiologici anche se il liquido può essere contaminato dalla flora

batterica presente in altre sedi, come cavità nasali e rinofaringe, falsando i risultati. Il Brushing si esegue mediante uno spazzolino o brush che viene introdotto attraverso il

broncofibroscopio fino alla sede della lesione e strofinato sulla parete bronchiale in modo da

ottenere materiale di esfoliazione utile per lo studio citologico di una neoplasia.

Lo spazzolamento può essere usato anche per studi microbiologici, usando spazzole contenute in un

sondino chiuso da un cappuccio di gelatina riassorbibile, in modo da evitare la contaminazione della

Page 23: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

23

spazzola durante il passaggio attraverso lo strumento endoscopico: a livello della lesione si fa uscire

lo spazzolino facendo cadere il cappuccio di protezione, si esegue il prelievo, si estrae lo spazzolino

dallo strumento endoscopico, viene tagliato con strumenti sterili e messo in un contenitore sterile,

viene inviato per l’esame batteriologico.

E’ la tecnica più affidabile nei pz immunodepressi, pz sottoposti ad interventi chirurgici o ricoverati

in unità di terapia intensiva. La Biopsia Transbronchiale consente di eseguire il prelievo oltre il campo di visione diretta dello

strumento flessibile, con lo scopo di raggiungere focolai di lesione localizzati alla periferia del

polmone o per raccogliere campioni di tessuto dal compartimento bronco-alveolare per lo studio di

malattie diffuse del polmone di tipo interstiziale.

E’ preferibile eseguire la biopsia sotto guida fluoroscopica per controllare la progressione della

pinza bioptica lungo l’albero respiratorio, per centrare la presa nell’area della lesione e per

controllare la posizione della punta della pinza in caso di biopsia nelle interstiziopatie.

La biopsia transbronchiale è utile anche nei pz sottoposti a trapianto polmonare per valutare la

presenza di infezioni, rigetto acuto e la bronchiolite obliterante che è espressione del rigetto cronico.

Tra le complicanze della biopsia transbronchiale abbiamo il pneumotorace nel 10% dei casi, mentre

è controindicata in presenza di enfisema bolloso, insufficienza respiratoria grave e in presenza di

emottisi in un pz con deficit della coagulazione del sangue e ipertensione del piccolo circolo. L’Agoaspirato Transparietale consente la raccolta di tessuto patologico mediante un ago che

viene introdotto nella parete tracheobronchiale, nei linfonodi o masse neoplastiche contigue alla

parete stessa. Il materiale raccolto viene strisciato su un vetrino e si esegue uno studio citologico.

Preventivamente si esegue una TAC per valutare la sede della lesione e i rapporti con le strutture vascolari.

Tra le complicanze abbiamo il pneumotorace, mentre è controindicata in presenza di processi

infettivi poichè l’ago può veicolare nel mediastino germi responsabili di una mediastinite.

FISIOLOGIA dell’apparato respiratorio

Il processo della Respirazione ha il compito di fornire O2 indispensabile per tutti i processi

metabolici dell’organismo e di rimuovere la CO2, prodotto finale del metabolismo tissutale, dal

sangue arterioso polmonare.

La respirazione si deve all’integrità del sistema nervoso, vie aeree, membrana alveolo-capillare,

sistema vascolare e muscoli e la regolazione della respirazione è sia nervosa che chimica,

consentendo all’organismo di adattarsi a varie situazioni fisiologiche e ambientali cioè attività

fisica, sonno-veglia, temperatura e P atmosferica, in modo da mantenere livelli ottimali di pH, PaO2

PaCO2 con il minimo dispendio energetico.

La Regolazione Nervosa si deve ai centri respiratori situati nel bulbo e nel ponte, e a riflessi

nervosi che originano dalla parete bronchiale e dal parenchima polmonare.

A livello del bulbo sono localizzati i centri di ritmicità bulbare cioè il centro inspiratorio e il

centro espiratorio che si inibiscono reciprocamente perché l’attività di un centro comporta il

riposo funzionale dell’altro.

A livello del ponte sono localizzati il centro apneustico che stimola e attiva il centro inspiratorio e

il centro pneumotassico che inibisce il centro inspiratorio e stimola il centro espiratorio.

Inoltre, nel parenchima polmonare e nelle pareti bronchiali sono localizzati dei recettori vagali di

stiramento che durante l’insufflazione polmonare inviano impulsi nervosi che inibiscono il centro

apneustico, determinando un arresto della fase inspiratoria e si parla di riflesso di Hering-Breuer,

mentre durante l’espirazione i recettori, che sono sensibili alla < del contenuto aereo alveolare,

determinano l’inibizione della espirazione.

La Regolazione Chimica si deve ai livelli ematici di CO2, O2 e pH.

La risposta ventilatoria alla CO2 può essere mediata da chemiocettori centrali e periferici.

La superficie ventrale del bulbo presenta recettori sensibili alle [ ] liquorali di CO2 che attraversa

facilmente la barriera ematoencefalica, per cui un > CO2 ematica determina un > CO2 liquorale che

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idratandosi libera ioni H+ che stimolano i chemiocettori centrali provocando iperventilazione (H2O

+ CO2 ↔ H2CO3 ↔ H+ + HCO3

-).

I chemiocettori centrali sono sensibili solo alla CO2 liquorale e non a quella ematica per cui si

possono avere delle importanti conseguenze fisiopatologiche: il liquor ha uno scarso contenuto

proteico con un limitato potere tampone rispetto al sangue: in caso di ipercapnia acuta si ha un

rapido passaggio di CO2 nel liquor e la < del pH con conseguente iperventilazione.

La barriera emato-liquorale tende immediatamente a ristabilire una situazione di equilibrio

mediante trasporto attivo di HCO3- che permette una normalizzazione del pH liquorale prima che

ciò avvenga a livello ematico. Per cui nelle ipercapnie croniche con rapida correzione del pH

liquorale, la PaCO2, seppur elevata, non determina iperventilazione, ma l’unico stimolo alla

ventilazione è dato dall’ipossiemia che deve essere corretta con molta cautela perché la

somministrazione di O2 può ridurre lo stimolo alla ventilazione con conseguente coma ipercapnico.

La risposta periferica alla CO2 è meno importante dal punto di vista fisiologico e avviene mediante

recettori carotidei innervati dal nervo glosso-faringeo e recettori aortici innervati dal nervo vago.

Quindi in condizioni fisiologiche il livello della ventilazione è sotto il controllo della PaCO2.

La risposta ventilatoria all’O2 è mediata quasi esclusivamente dai chemocettori periferici, aortici e

carotidei, che rispondono all’ipossiemia determinando iperventilazione.

Inoltre, i chemocettori periferici sono sensibili all’abbassamento del pH.

Quando questi meccanismi fisiologici sono alterati si ha la comparsa di respiri patologici: respiro

di Cheyne-Stokes, respiro di Kussmaul, respiro di Biot.

La Meccanica Respiratoria studia le forze che muovono il polmone e le resistenze che queste

forze vincono nel meccanismo della respirazione che è caratterizzato da due fasi:

inspirazione con ingresso di aria nei polmoni o ventilazione alveolare garantita dal gradiente

pressorio che si ha tra l’aria atmosferica ad alta P e alveoli a bassa P che consente di vincere le

resistenze al flusso nelle vie aeree di conduzione, favorendo l’ingresso di aria nei polmoni.

espirazione con fuoriuscita di aria dall’apparato respiratorio nell’atmosfera.

L’Inspirazione è un fenomeno attivo favorito dalla contrazione dei muscoli inspiratori con > della

negatività intrapleurica fino a -8 cmH2O, dilatazione degli alveoli, < della P alveolare al di sotto

della P atmosferica e ingresso di aria negli alveoli.

Le forze che si sviluppano nella fase inspiratoria sono rappresentate da:

muscoli inspiratori cioè diaframma, muscoli intercostali esterni e muscoli accessori o ausiliari.

ritorno elastico della gabbia toracica che agisce fino al 70% della CV.

Le resistenze che si sviluppano durante l’inspirazione sono dovute a:

ritorno elastico del polmone favorito da fibre elastiche e collagene che costituiscono il polmone

e dalla forza di tensione superficiale che si sviluppa a livello della superficie alveolare in seguito al

contatto con l’aria. Il surfactant presente sulla superficie alveolare < notevolmente la tensione

superficiale, evitando il collasso alveolare.

ritorno elastico della gabbia toracica al di sopra del 70% della CV.

resistenze delle vie aeree: dovute all’attrito tra molecole gassose e le pareti, > con il diminuire

del calibro delle vie aeree (R = P/F) dove il flusso aereo può essere di tipo:

- flusso laminare: si sviluppa nelle vie aeree di piccolo calibro dove la velocità lineare del flusso è

bassa, per cui le particelle presentano una direzione retta e parallela alla parete delle vie aeree.

- flusso turbolento con movimento vorticoso dell’aria nelle vie aree di calibro maggiore.

- flusso di transizione: è l’insieme tra flusso laminare e turbolento che si sviluppa nei punti di

ramificazione o distalmente ad ostruzioni bronchiali.

resistenze tissutali: rappresentano il 45% ~ delle resistenze totali, dovute all’attrito che si

sviluppa durante il movimento dei tessuti polmonari, tra i foglietti pleurici, gabbia toracica,

diaframma e addome.

Durante l’inspirazione la P elastica di ritorno viene vinta dalla P della gabbia toracica che si

espande. Giunti al 70% della CPT, cioè quando manca un 30% per completare l’inspirazione, la P

della gabbia toracica segue la P elastica di ritorno del polmone, per cui la gabbia toracica e il

polmone tendono ad essere centripeti, opponendosi all’inspirazione.

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Inizia così la fase della Espirazione che è un fenomeno passivo dovuto al rilassamento dei

muscoli inspiratori con sviluppo della forza di ritorno elastico polmonare, la P pleurica > fino a -3 ÷

- 2 cmH2O, si ha l’intervento dei muscoli espiratori che però non giocano un ruolo molto

importante.

Le resistenze che si sviluppano durante l’espirazione sono il ritorno elastico della gabbia

toracica fino al 70% della CV e le resistenze dinamiche.

Per effetto delle forze e delle resistenze, i bronchi vengono dilatati durante l’inspirazione e ristretti

durante l’espirazione. Il calibro bronchiale dipende sia dalla P pleurica che agisce sulla parete

esterna sia dalla P endobronchiale e dalla compliance (P transmurale = P alv – P pl).

Nella espirazione forzata la P transmurale è molto bassa e tale da garantire la pervietà delle vie

aeree anche se possono essere lievemente compresse e generare una resistenza al flusso più grande

rispetto alla espirazione normale. L’> di resistenza che si sviluppa durante un’espirazione forzata è

detta compressione dinamica delle vie aeree.

Durante l’espirazione forzata si genera il cosiddetto PEP o punto di uguale pressione cioè il

punto dove la P interna ed esterna sono uguali, con P transmurale = 0.

In condizioni normali il PEP si raggiunge a livello della bocca, mentre in caso di ostruzione

bronchiale il PEP si raggiunge a livello degli alveoli: in tal caso il pz ha difficoltà a respirare, si ha

una < dei volumi e un > frequenza respiratoria, per cui il PEP viene raggiunto a livello alveolare

quando è stato buttato fuori il 25% di aria con chiusura precoce delle vie aeree come succede in

caso di enfisema. Il PEP consente di valutare in che punto è avvenuta un’ostruzione delle vie aeree.

Volumi Polmonari

I Volumi Polmonari sono distinti in dinamici e statici a seconda che la misurazione del volume

polmonare avvenga in rapporto al tempo oppure no.

Tra i Volumi Polmonari Statici abbiamo:

Volume Corrente VC: quantità di aria che entra e che esce dai polmoni durante il ciclo

respiratorio normale a riposo ed è pari a 500 cc, anche se questa quantità di aria non arriva tutta a

livello degli alveoli polmonari per gli scambi gassosi ma bisogna eliminare la quantità di aria

presente nello spazio morto anatomico SMA costituito da naso, bocca, faringe, laringe, trachea,

bronchi, bronchioli che rappresenta la quantità di aria che partecipa alla ventilazione ma non

alla perfusione ed è pari a 150 cc. Per cui la ventilazione alveolare cioè la quantità di aria che

partecipa agli scambi gassosi è pari a: Valv = VC – VSMA = 500 – 150 = 350 cc.

In condizioni patologiche la < V alveolare provoca un > [ ] arteriosa della CO2 cioè ipercapnia con

conseguente ipossiemia arteriosa (PaCO2 = produzione di CO2/Valv × K).

Volume di Riserva Inspiratorio VRI (2000÷2500 cc): quantità di aria che può essere

inspirata dopo un’inspirazione tranquilla, cioè il volume di aria che può essere introdotta a

partire dalla fine di un’inspirazione e che può essere utilizzata in condizioni di necessità (sforzi

fisici).

Volume di Riserva Espiratorio VRE (1000÷1500 cc): quantità di aria che può essere

espirata dopo un’espirazione tranquilla.

Capacità Vitale CV: volume di aria espulso dai polmoni durante una espirazione massimale

dopo aver eseguito una inspirazione massimale: CV = VC + VRI + VRE = 4500 cc.

Inoltre, la CV è un indice di distensione dei polmoni e della parete toracica, il cui valore dipende

dall’altezza, peso, età, sesso del pz e allenamento fisico.

Capacità Inspiratoria CI: quantità di aria che può essere inspirata con una inspirazione

massimale a partire dalla fine di una espirazione normale: CI = VC + VRI = 3500 cc.

Volume Residuo VR (1500 cc): quantità di aria che resta nei polmoni anche dopo

un’espirazione forzata ed è molto importante perchè impedisce il collassamento dei polmoni

opponendosi alla P di ritorno elastica polmonare.

Capacità Funzionale Residua CFR: quantità di aria che resta nei polmoni al termine di una

espirazione normale: CFR = VR + VRE = 3000 cc.

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Capacità Polmonare Totale CPT: quantità di aria presente nei polmoni dopo una

inspirazione massima: CPT = CV + VR = 6000 cc. Tra i Volumi Polmonari Dinamici abbiamo:

Volume Espiratorio Massimo al Secondo VEMS o FEV1 (3500 cc): volume di aria espirato

durante il primo secondo di una espirazione forzata a partire dal punto di massima

inspirazione. La VEMS è correlata alla pervietà dei bronchi e alla elasticità del parenchima

polmonare, consentendo di valutare la resistenza al flusso nelle grandi vie aeree.

Il rapporto VEMS/CV × 100 ci dà l’Indice di Tiffenau (IT) che è un parametro sensibile di pervietà

bronchiale: nei soggetti normali è sempre > all’80% del valore teorico, mentre la sua < è sempre

espressione di ostruzione delle vie aeree o insufficienza respiratoria.

Ventilazione Massima al Minuto VMM: quantità di aria che viene inspirata ed espirata con

sforzo massimale in un minuto (~ 170 lt/min).

Capacità Vitale Forzata CVF (FVC): quantità di aria espirata più rapidamente e

completamente possibile con sforzo massimale dopo un’inspirazione massimale che in

condizioni normali non differisce dalla CV ottenuta con respirazione tranquilla, mentre si nota una

certa differenza in caso di malattie con ostruzione al flusso aereo.

Flusso Espiratorio Forzato Medio FEF 25-75% o MMEF: flusso medio calcolato nella

porzione di curva espiratoria forzata compresa tra il 25% e il 75% della CVF. Questo parametro

consente di valutare le resistenze a livello delle piccole vie aeree.

Flusso Espiratorio Forzato al 75% della CVF o FEF 75%: flusso medio forzato calcolato

sulla porzione finale della curva espiratoria forzata e sembra in relazione alle resistenze delle

vie aeree distali.

Per Misurare i Volumi Polmonari abbiamo metodi diretti e indiretti. Tra i Metodi Diretti abbiamo la Spirometria utile per misurare i volumi statici e dinamici, ad

eccezione del VR per il quale ricorriamo a metodi indiretti.

Oggi si usano gli spirometri computerizzati: si chiude il naso del pz con una molletta per evitare l’ingresso

di aria, la respirazione avviene mediante il boccaglio e il computer fornisce la misura dei volumi polmonari.

In passato si usavano gli spirometri a campana che si muoveva con gli atti respiratori, mentre un

pennino tracciava i volumi polmonari su carta millimetrica. La velocità di movimento della

campana dipende dalla frequenza respiratoria cioè al n° di atti respiratori/minuto.

In base alla frequenza respiratoria si fa una distinzione tra:

– soggetto eupnoico: frequenza respiratoria normale.

– soggetto tachipnoico: frequenza respiratoria >.

– soggetto bradipnoico: frequenza respiratoria <.

– soggetto dispnoico: frequenza respiratoria alterata.

Inoltre, possiamo valutare il Tipo di Respiro:

– gli uomini respirano con la parte bassa del torace, cioè hanno una respirazione costale bassa.

– le donne hanno una respirazione costale alta.

– i bambini hanno una respirazione più addominale che toracica. I Metodi Indiretti, utili per misurare il VR, CFR e CPT, sono il metodo della diluizione dell’elio e

il metodo pletismografico. Il Metodo della Diluizione dell’Elio misura il volume di aria in comunicazione con le vie aeree

usando l’elio che è un gas inerte, non diffusibile cioè non partecipa agli scambi gassosi: si prepara

nella campana dello spirometro una miscela a concentrazione nota di elio, il pz viene collegato allo

spirometro per 5-6 minuti, favorendo la distribuzione dell’elio nel sistema spirometro-polmoni.

Possiamo calcolare la CFR e il VR: CFR = [V1 × (C1 – C2)]/C2

dove V1 è il volume dello spirometro, C1 è la [He]iniziale, C2 è la [He]finale,

per cui: VR = CFR – VRE.

In caso di enfisema l’elio non riesce ad attraversare la membrana della bolla e non possiamo misurare il VR. Il Metodo Pletismografico consente di misurare anche il volume di aria non in comunicazione

con le vie aeree: il pletismografo è costituito da una camera a tenuta dove il pz entra e si può sedere

comodamente. Il naso del pz viene chiuso e il pz respira mediante un boccaglio collegato ad un

Page 27: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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computer. Il boccaglio viene chiuso impedendo la comunicazione tra apparato respiratorio e

ambiente esterno: il pz esegue una inspirazione forzata e si misurano le variazioni di P alla bocca e

al pletismografo. Il metodo pletismografico si basa sulla Legge di Boyle-Mariotte cioè le

variazioni di volume sono uguali alle variazioni di pressione (V × P = K), per cui possiamo

calcolare il volume di gas intratoracico attraverso le variazioni di P e V che si registrano all’interno

della cabina a tenuta d’aria durante la fase inspiratoria ed espiratoria, contro una membrana che

occlude il flusso di aria nelle vie aeree.

In condizioni fisiologiche la CFR calcolata con il metodo della diluizione dell’elio è sovrapponibile

a quella misurata con il metodo pletismografico, mentre in condizioni patologiche con presenza di

aria non in comunicazione con le vie aeree si nota una differenza ≥ a 1 litro tra i due parametri e si

parla di effetto bolla (bolla enfisematosa). La Pneumotacografia consente di misurare i volumi dinamici cioè la VEMS o FEV1.

Si collega lo spirometro al pneumotacografo costituito da lamine attraverso cui passa l’aria, mentre

il pz respira mediante il boccaglio. Dopo un’inspirazione massima, il pz trattiene brevemente il

respiro e quindi espira il più velocemente e profondamente possibile, ottenendo la Curva Flusso/

Volume che esprime la relazione tra la velocità del flusso aereo ed i rispettivi volumi

polmonari durante un ciclo respiratorio forzato.

Lo studio della curva fornisce utili informazioni sulle alterazioni quantitative ventilatorie e permette

di misurare la CVF, VEMS, MMEF e il PEF o picco espiratorio o di flusso che è la massima

quantità di aria che il pz può espirare. Dividendo la CVF al 75%, 50%, 25%, misuriamo il PEF 75,

50 e 25. Nel soggetto normale il PEF 75 e il MMEF coincidono: tutto ciò dipende dalla pervietà dei

bronchi ed elasticità del polmone.

Il MEF 75 è espressione delle grosse vie aeree, il MEF 50 è espressione delle vie aeree medie, il

MEF 25 è espressione delle vie aeree più piccole.

Per cui le curve di flusso-volume consentono di valutare lo stato di tutte le vie aeree.

Nei fumatori si ha prima l’interessamento delle vie aeree piccole con alterazione del MEF 25 che si

manifesta nella prima fase della bronchite cronica, poi si ha l’interessamento delle vie aeree medie e

grandi con alterazione del MEF 50 e 75.

Inoltre, le curve flusso-volume consentono di misurare le resistenze vie aeree al flusso RAW. Lo Studio dei Volumi Polmonari è di tipo quantitativo importante per la diagnosi delle sindromi

disfunzionali ventilatorie distinte in sindromi ostruttive, restrittive e miste.

La Sindrome Ostruttiva è tipica delle patologie con ostruzione bronchiale cioè asma bronchiale,

BPCO e neoplasie ostruttive dei bronchi.

Nelle sindrome ostruttiva la spirometria evidenzia una < VEMS, CV normale o lievemente < con

conseguente < Indice di Tiffenau, > VR, CPT > o normale per cui l’Indice di Motley è >

(VR/CPT), la compliance cioè la capacità del polmone di distendersi è normale o >, RAW >, la

curva flusso/volume evidenzia una < CVF, PEF e MEF.

In caso di enfisema con bronchi chiusi ed elasticità parenchimale alterata si ha il cosiddetto cec-

vool o VEMS a scalino dovuta al fatto che il pz inspira ma riesce a buttare solo il 25% dell’aria e

poi la riprende tutta con la successiva inspirazione, per cui la VMM ha un aspetto a muro merlato e

il pz presenta il torace a botte in seguito all’> del Ø antero-posteriore della gabbia toracica.

La curva espiratoria della VEMS è molto ripida dopo l’espirazione della quota iniziale della CV,

per cui la curva F-V presenta il tipico aspetto a gradino o a dito indice.

La Sindrome Restrittiva è caratterizzata dalla < armonica dei volumi con indice di Tiffenau e di

Motley normali. Le restrizioni possono essere dovute a:

- alterazioni della parete toracica muscolo-scheletrico-pleurica.

- alterazioni del parenchima polmonare da interstiziopatie.

Si nota una < CPT da < CV e VR, per cui l’indice di Motley è normale, la diffusione e la

compliance polmonare sono <.

Le Sindromi Miste presentano sia i caratteri dell’ostruzione che della restrizione, sono le più

invalidanti e richiedono un adeguata terapia medica associata alla fisiokinesiterapia. Un tipico

esempio è dato dai pz sia obesi che asmatici.

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Diffusione dei Gas Respiratori

La Diffusione dei Gas Respiratori O2 e CO2 avviene a livello della membrana alveolo-capillare

mediante un processo passivo, spostandosi da zone ad alta P verso zone a bassa P, grazie alla P

parziale dei gas che dipende dalla T°C e dal volume in cui il gas è contenuto.

La Legge di Fick dice che la diffusione di un gas attraverso un tessuto dipende dalla estensione

della superficie di scambio, differenza della P parziale dei gas ai due versanti della membrana,

spessore della membrana, solubilità e PM del tessuto e del gas: V = (A/S) × D × (P1 – P2) dove V

è il volume di gas che attraversa la membrana, A è la superficie della membrana, S è lo spessore della

membrana, D è il coeff. di diffusione del gas, P1 e P2 sono le P parziali del gas ai lati della membrana.

Poiché nell’uomo non è possibile calcolare la superficie e lo spessore della membrana, si semplifica

la formula ottenendo: DL = V/(P1 – P2). L’O2 passa dagli alveoli nei capillari perché la PaO2 alveolare = 100 mmHg, la PaO2 capillare =

40 mmHg (ΔP = 60 mmHg).

La CO2 passa dai capillari negli alveoli perché la PaCO2 capillare = 47 mmHg, la PaCO2 alveolare

= 40 mmHg (ΔP = 7 mmHg).

La solubilità della CO2 è circa 20 volte > di quella dell’O2 per cui la CO2 è più diffusibile, anche se

il PM dell’O2 è più basso.

In base a questi valori della P parziale dei gas, l’O2 è il gas che si muove di più e in condizioni

patologiche si ha prima l’alterazione della diffusione dell’O2, come succede in caso di

insufficienza respiratoria con ipossiemia, poi si ha l’alterazione della diffusione della CO2 con

ipercapnia, dato che la CO2 è più diffusibile dell’O2, per cui riesce a diffondere anche quando non

dovrebbe.

La capacità di diffusione dipende anche da un ottimo rapporto ventilazione/perfusione (V/Q)

normalmente = 0,8-1 che non è omogeneo nei vari settori polmonari, infatti per effetto della

gravità abbiamo all’apice la ventilazione > alla perfusione con rapporto V/Q > 0,8 fino all’∞ e si

parla di spazio morto fisiologico cioè una zona alveolare ventilata ma poco perfusa che non

partecipa allo scambio gassoso per un deficit di perfusione.

Alla base la ventilazione è < alla perfusione, per cui il rapporto V/Q è < 0.8 fino a 0 e si parla di

effetto shunt cioè una zona alveolare perfusa ma poco ventilata per cui non arriva la quantità di O2

necessaria per ossigenare tutto il sangue.

Le alterazioni del rapporto V/Q sono le principali responsabili dell’insorgenza di ipossiemia.

Al termine della diffusione inizia il Meccanismo di Trasporto dei gas: l’O2 si lega in maniera

reversibile all’Hb presente nei globuli rossi formando l’ossiemoglobina (HbO2) che diffonde verso

il centro del globulo rosso: l’O2 viene trasportato e rilasciato a livello dei tessuti, favorendo la

respirazione interna che è fondamentale per la produzione di energia a livello cellulare.

L’affinità di legame tra O2 ed Hb è maggiore a livello alveolare mentre a livello periferico è molto

bassa poichè l’Hb deve liberarsi dell’O2.

Il legame O2-Hb dipende da diversi fattori cioè T°C, pH e 2,3-difosfoglicerato e soprattutto PaO2: la

relazione tra PaO2 e saturazione ossiemoglobinica è rappresentata dalla curva di dissociazione

dell’ossiemoglobina che ha la forma ad S italica e ci dice che la PaO2 può diminuire da 100 fino

a 60 mmHg senza che si abbia una desaturazione ossiemoglobinica tale da provocare dei gravi

disturbi ipossici.

In caso di > PaCO2 e T°C e < del pH la curva si sposta verso dx come succede nei pz con

insufficienza respiratoria dove l’affinità di legame tra Hb ed O2 è molto bassa e si ha una maggiore

liberazione di O2, con PaO2 < 60 mmHg e sat. ossiHb molto bassa.

In caso di < PaCO2 e T°C e > pH la curva si sposta verso sx cioè si ha una maggiore affinità di

legame tra Hb ed O2 e una minore cessione di O2 ai tessuti.

La CO2 viene trasportata in parte nel plasma interagendo con alcune proteine plasmatiche e in gran

parte entra negli eritrociti: una piccola parte è disciolta fisicamente ma è di scarsa importanza,

mentre il 70% di CO2, grazie all’enzima anidrasi carbonica, si combina con l’H2O formando l’acido

carbonico H2CO3 che si dissocia subito in ioni H+ e HCO3

-: H2O + CO2 ↔ H2CO3 ↔ H

+ + HCO3

-.

Page 29: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

29

Gli ioni H+ sono neutralizzati dall’Hb grazie alla trasformazione dell’ossiHb in Hb ridotta, non

ossigenata, in seguito a cessione di O2. Gli ioni bicarbonato HCO3- diffondono dai globuli rossi nel

plasma mentre alcuni anioni passano dal plasma nei globuli rossi in modo da mantenere la neutralità

elettrica.

La curva di dissociazione della CO2 ha un andamento lineare ed è influenzata dal livello di

saturazione ossiemoglobinica: l’> della PaO2 riduce l’affinità per la CO2.

EQUILIBRIO ACIDO BASE

L’Equilibrio Acido-Base ha il compito di regolare la [ ] degli idrogenioni H+ dei liquidi

extracellulari e quindi il pH molto importante per varie funzioni dell’organismo.

Infatti, ogni giorno, per effetto del metabolismo si ha la produzione nell’organismo di una

notevole quantità di acidi, cioè sostanze che hanno una certa tendenza a liberare idrogenioni,

ma parallelamente questi acidi sono eliminati attraverso la ventilazione polmonare, le urine o

in seguito a conversione metabolica, grazie all’intervento di meccanismi di regolazione che

consentono di mantenere il pH dei fluidi corporei entro i limiti fisiologici.

L’acido più importante è l’anidride carbonica (CO2), poi abbiamo l’acido lattico, i corpi chetonici,

acido β-idrossibutirrico, acido aceto acetico, gli acidi fissi, come l’acido solforico derivante dal

metabolismo degli amminoacidi solforati e acido fosforico derivante dal catabolismo di

composti organici fosforati.

L’acido solforico e l’acido fosforico (H3PO4) hanno una soglia renale molto bassa e sono

eliminati totalmente con le urine, grazie a dei meccanismi di compenso renale che consentono

di contenere la < di pH delle urine, attraverso la produzione di ammoniaca e conversione di

HPO42-

(ione idrogeno-fostato o bifosfato) in H2PO4- (ione fosfato biacido o diidrogeno fosfato, cioè

privato di un H+).

Gli acidi organici presentano un pK molto basso, per cui sono presenti nei fluidi corporei in

forma dissociata, hanno una soglia renale più alta e sono eliminati per via urinaria solo quando

la loro [ ] nel sangue è > rispetto alla norma, specie nel caso del lattato, mentre i corpi chetonici

hanno una soglia renale più bassa e sono eliminati con le urine anche quando la loro [ ] nel

sangue > moderatamente.

La [H+] viene espressa dal pH che è il logaritmo negativo a base 10 della [H+]:

pH = log 1/[H+] = - log [H+].

Ricordiamo che gli acidi sono sostanze capaci di cedere H+ ad una soluzione mentre le basi sono

capaci di accettare H+ da una soluzione.

Il pH ematico è regolato dall’equazione di Henderson-Hasselbach:

pH = pK + log __[HCO3-]__ = [HCO3-]

[CO2][ HCO3−] PaCO2

Da questa equazione si nota che le variazioni del pH ematico dipendono soprattutto dalle variazioni

della PaCO2 che a sua volta dipende dall’entità della produzione di CO2 e dalla ventilazione

alveolare secondo la formula: PaCO2 = (VCO2/Valv) × K, dove VCO2 è la quantità di CO2

prodotta (ml/min), Valv è la ventilazione alveolare in lt/min, K è una costante.

In caso di ipoventilazione alveolare la PaCO2 > e il pH < cioè si ha acidosi respiratoria, mentre in

caso di iperventilazione il pH tende ad > e si parla di alcalosi respiratoria.

A livello renale invece succede che per ogni H+ che viene secreto dai tubuli renali un HCO3- viene

riassorbito, consentendo di generare costantemente ioni bicarbonato, impedendo che venga

consumata totalmente la base del sistema tampone dei bicarbonati, infatti gli H+ che

eventualmente si accumulano nell’organismo reagiscono con HCO3− la reazione:

H+ + HCO3− → H2O + CO2

cioè gli ioni bicarbonato sono consumati dagli H+.

Questi meccanismi di regolazione sono essenziali per mantenere costante il pH del sangue

arterioso.

Infatti, in caso di alterazione metabolica con < della [ ] ematica di HCO3−, ne deriva una < del pH

che stimola i chemorecettori dell’arco aortico e del glomo carotideo, in modo da incrementare la

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30

ventilazione, con conseguente < della PaCO2, normalizzazione del rapporto dell’equazione di

Henderson-Hasselbach, in quanto il numeratore e denominatore della frazione sono <

parallelamente, e ripristino dei valori del pH del sangue arterioso.

Invece, in caso di > della PaCO2, ad es. in corso di insufficienza respiratoria con ipoventilazione

alveolare, il rene viene indotto a secernere una > quantità di H+ in modo da produrre più

HCO3− che saranno inviati nel sangue, in modo da ripristinare il rapporto dell’equazione di

Henderson-Hasselbach e il pH del sangue arterioso.

In caso di < della PaCO2 per iperventilazione, si ha un meccanismo opposto.

E’ stato dimostrato che questi meccanismi di compenso metabolico si verificano in tempi brevi se il

disordine è di natura metabolica, mentre richiedono alcuni giorni se il disordine è respiratorio,

specialmente nelle forme cliniche croniche.

Lo Studio dell’equilibrio acido-base avviene mediante l’Emogasanalisi: si esegue un piccolo

prelievo di sangue mediante una puntura a livello dell’arteria radiale, brachiale o femorale con una

siringa eparinizzata per evitare la coagulazione del sangue, evitando che il sangue entri in contatto

con l’aria. Si valuta il pH ematico, PaCO2, PaO2, bicarbonati HCO3-, basi in eccesso BE e la

saturazione dell’ossiHb, elaborando i dati rapidamente mediante un sistema computerizzato.

La valutazione della PaCO2 e PaO2 consente di studiare la funzionalità dei polmoni mentre la

valutazione dell’HCO3- e BE consente di studiare la funzionalità dei reni.

In condizioni normali l’emogasanalisi fornisce i seguenti valori: pH = 7.37-7.43, valore medio 7.40.

PaCO2 = 36-44 mmHg, valore medio 40 mmHg.

PaO2 = 96-100 mmHg, valore medio 98 mmHg.

[HCO3-] = 22-25 mEq/l ([ ] bicarbonato nel sangue intero a PaCO2 = 40 mmHg e a 38°C).

BE o Basi in Eccesso (Base Excess) = ± 2 mEq/l: indica la quantità in mmol di alcali che

occorre aggiungere o togliere ad 1 litro di sangue del soggetto, in presenza di una PaCO2

normale (40 mmHg), per riportare i valori del pH nella norma (7,40).

Se il valore delle BE è – significa che abbiamo un deficit di basi o un eccesso di acidi, se il valore

delle BE è + significa che abbiamo un eccesso di basi o un deficit di acidi.

Se un pz ha BE = – 10 significa che ha un eccesso di acido metabolico o acidosi pari a 10 mEq/lt.

Per cui l’eccesso di basi è utile per stabilire come neutralizzare l’acidosi o l’alcalosi metabolica. Saturazione di O2 = 95-99%: indica la % di O2 legata all’Hb e la quantità di O2 che potrebbe

effettivamente legarsi all’Hb, non è mai pari al 100% perché nei polmoni ci sono delle regioni in cui

è più alta la ventilazione e delle regioni in cui è più bassa.

L’emogasanalisi consente di studiare le situazioni di acidosi e di alcalosi in base ai valori del pH:

− nell’acidosi abbiamo un pH acido < 7.40 in seguito ad un > della [H+] (acidemia).

− nell’alcalosi abbiamo un pH alcalino > 7.40 in seguito alla < della [H+] (alcalemia).

Si parla di acidosi e alcalosi respiratoria in caso di alterazione dei meccanismi di rimozione di CO2

a livello polmonare, in difetto nell’acidosi, in eccesso nell’alcalosi.

Si parla di acidosi e alcalosi metabolica in caso di alterazione dei meccanismi di compenso a

livello renale, e si parla di acidosi mista in caso di alterazione respiratoria-metabolica.

Il disordine primitivo fa variare il denominatore dell’equazione di Henderson-Hasselbach

nell’acidosi e alcalosi respiratoria e fa variare il numeratore nell’acidosi e alcalosi metabolica.

L’organismo cerca di ripristinare l’equilibrio acido-base mediante dei meccanismi di compenso

cioè il sistema tampone bicarbonato-acido carbonico che ha lo scopo di assorbire o liberare H+

per mantenere il pH costante e i tamponi fisiologici cioè i polmoni ad azione rapida che regolano la

CO2 e i reni ad azione lenta che regolano gli HCO3-.

La produzione di HCO3- e acido carbonico avviene mediante la reazione di idratazione della CO2:

Enzima

Anidrasi Acido

Carbonica Carbonico

CO2 + H2O ↔ H2CO3 ↔ H+ + HCO3-

I polmoni cercano di compensare i disturbi metabolici regolando la produzione di acido carbonico

cioè regolando il meccanismo di eliminazione della CO2 attraverso la meccanica respiratoria. Gli

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H+ prodotti in eccesso sono eliminati sottoforma di H2CO3 in seguito alla reazione con i HCO3

-:

infatti, nei globuli rossi l’H2CO3 si scinde in H+ e HCO3

- da cui viene allontanato l’anione HCO3

-

che diffonde dai globuli rossi nel plasma, mentre l’Hb funge da tampone per gli H+ cioè si ha il

legame tra Hb e H+ e a livello polmonare l’Hb rilascia gli ioni H

+ che reagiscono con l’anione

HCO3- producendo CO2 che viene eliminata rapidamente mediante l’espirazione, regolando il pH

ematico e la PaCO2.

Per cui in caso di insufficienza respiratoria si hanno delle alterazioni dell’equilibrio acido-base.

I reni cercano di compensare i disturbi respiratori regolando l’equilibrio acido-base attraverso il

riassorbimento a livello del tubulo renale prossimale di tutto il HCO3− filtrato in caso di acidosi o di

quantità minori in caso di alcalosi con > [HCO3−] ematica che insieme alla PaCO2 regolano il pH

ematico. Il riassorbimento dei HCO3− si associa ad una secrezione di quantità maggiori di H+ in

caso di acidosi e minori in caso di alcalosi e assorbimento di Na+ che si trascina passivamente i

HCO3−

per mantenere l’equilibrio delle cariche elettriche.

In caso di ipoventilazione con insufficiente eliminazione di CO2 da parte del polmone, si ha

l’intervento dei reni che eliminano gli ioni H+ sotto forma di ammonio NH4

+ (ammoniaca) a livello

delle cellule del tubulo distale e assorbono i HCO3-, per cui l’equilibrio della reazione viene

spostato verso dx (> HCO3-) mentre in caso di iperventilazione l’equilibrio si sposta verso sx.

Per cui in caso di insufficienza renale si possono avere alterazioni dell’equilibrio acido-base.

L’ACIDOSI RESPIRATORIA si verifica in condizioni di ipoventilazione alveolare che può essere

dovuta a 3 cause principali:

alterazioni del centro del respiro indotte da malattie organiche del SNC, come traumi,

encefaliti, patologie vascolari cerebrali o intossicazioni da farmaci, come oppiacei, barbiturici,

anestetici; nei casi estremi si ha l’arresto respiratorio.

alterazioni neuromuscolari e meccaniche che interferiscono con la ventilazione polmonare,

come le polineuropatie, sclerodermia, miopatie, cifoscoliosi, obesità grave che può determinare

la sindrome di Pickwick con acidosi respiratoria da ipossia per ridotta sensibilità dei recettori

periferici.

broncopneumopatie ostruttive o restrittive con astenia muscolare e iperventilazione per

compensare gli squilibri tra ventilazione e perfusione, gli effetti shunt e i difetti di

trasferimento dell’O2 attraverso la membrana alveolo-capillare.

In pratica, l’acidosi respiratoria si deve a ipoventilazione alveolare con insufficiente rimozione di

CO2, > degli H+ e >> PaCO2.

Dall’equazione di Henderson-Hasselbach abbiamo che:

pH = pK + log [HCO3-]___ = [HCO3-]

[CO2][H2CO3] PaCO2 per cui in caso di acidosi respiratoria l’> PaCO2 provoca l’ > del denominatore della formula di H-H

con conseguente < del pH. L’emogasanalisi fornisce i seguenti valori:

pH <, ad es. pari a 7.30, oppure non modificato se c’è compenso.

PaCO2 >>, ad es. pari a 70-80 mmHg.

PaO2 <, ad es. pari a 55 mmHg,

HCO3− >>, ad es. 30-50 mEq/L per esaltato riassorbimento renale.

BE <, ad esempio pari a - 1.

Saturazione ossiHb < 98%, ad es. pari a 80%.

Dal punto di vista Clinico l’acidosi respiratoria è correlata all’insufficienza respiratoria con

ipoventilazione alveolare che determina ipercapnia e ipossiemia che può incrementare la

produzione tissutale di acido lattico. Il pz presenta cianosi e iperventilazione polmonare da

ipercapnia che stimola i centri del respiro, cefalea, sudorazione, confusione mentale fino al coma

ipercapnoico (PaCO2 > 70 mmHg).

Il meccanismo di compenso avviene a livello renale ed è un meccanismo ad azione lenta: l’eccesso

di H+ viene compensato con il riassorbimento tubulare dei HCO3

− in modo da > [HCO3-] plasmatica

fino a 30 mEq/l, > BE fino a + 4, mentre la saturazione dell’ossiHb resta a 80.

In questo modo il pH ematico viene portato ai valori normali.

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L’> della [ ] plasmatica dei bicarbonati viene definito come alcalosi metabolica: l’ipercapnia

provoca un > [CO2] nelle cellule tubulari renali con conseguente > [H+] che vengono eliminati con

le urine in seguito al riassorbimento di Na+ che si trascina i HCO3

-. Le urine sono acide.

Se il pH resta sempre a valori bassi, significa che il rene non è riuscito a compensare l’acidosi

respiratoria, per cui si parla di acidosi respiratoria con tentativo di compenso.

La Terapia dell’acidosi respiratoria si basa sulla ventilazione meccanica o assistita per <

l’eccesso di CO2 nell’organismo.

L’ACIDOSI METABOLICA è dovuta alla ritenzione dei radicali acidi dell’organismo, non volatili

così come la CO2, che devono essere neutralizzati, metabolizzati o escreti per via renale, con > [H+]

che consumano i bicarbonati in quantità proporzionale alla quantità di acido prodotta, per cui

nell’acidosi metabolica si ha una < HCO3- e < pH ematico (< numeratore equazione HH).

L’acido può derivare da: produzione endogena attraverso i processi metabolici, può essere

ingerito o infuso per via e.v. come l’acido salicilico, può essere prodotto nell’organismo da precursori neutri ingeriti come il cloruro di ammonio, può essere prodotto dall’organismo per

alterazione dei normali processi biochimici come l’acido l’attico nell’acidosi lattica idiopatica o

da anossia, β-idrossi-butirrico nella chetoacidosi diabetica, oppure acidosi per perdita di basi cioè

perdite gastroenteriche di bicarbonati da diarrea, fistole biliari, fistole pancreatiche…

L’emogasanalisi fornisce i seguenti valori:

pH <, ad es. pari a 7.30.

PaCO2 <, ad esempio pari a 20-30 mmHg.

PaO2 = 98 mmHg (normale).

HCO3− <, ad es. 10 mEq/l.

BE <, ad esempio pari a – 4.

Sat.ossiHb = 80%.

Tra i criteri di valutazione dell’acidosi metabolica più utili abbiamo il calcolo del gap degli

anioni: nel sangue e liquidi biologici la somma dei cationi e la somma degli anioni devono essere

uguali. Se consideriamo gli ioni principali, Na+ e K+ tra i cationi, HCO3− e cloruri tra gli anioni,

si osserva che le rispettive somme non si pareggiano, infatti la somma delle [ ] molari di Na+ e

K+ eccede nel sangue la somma delle [ ] molari di HCO3− e cloruri di una modesta quantità,

pari a 10-18 mmol/l e che costituisce il gap degli anioni.

Questa differenza è dovuta al fatto che il calcolo eseguito in questo modo non tiene contro di

alcuni anioni, come gli acidi organici e proteine, che, se fossero stimati, riempirebbero il gap.

A tal proposito l’acidosi metabolica viene distinta in 2 tipi:

acidosi metabolica con gap anionico >.

acidosi metabolica con gap anionico invariato.

In caso di acidosi metabolica con gap anionico > l’acidosi deriva dall’accumulo di acidi organici o

acidi fissi con conseguente < HCO3− nel sangue arterioso, in quanto sono consumati dagli H+

forniti dagli acidi accumulati nell’organismo, mentre i cloruri restano nei valori normali.

L’acidosi metabolica con gap anionico > può essere dovuta a:

− < escrezione urinaria di acidi (uremia) con accumulo di acidi fissi, come in caso di insufficienza

renale e acidosi tubulare renale.

− > produzione di acidi con accumulo di corpi chetonici o chetoacidosi da diabete, digiuno

prolungato, alcol etilico, ad alto rischio di mortalità, accumulo di acido lattico o acidosi lattica da

ipossia dei tessuti, etanolo, biguanidi, infusione di fruttosio, epatopatie gravi, glicogenosi di

tipo I.

− perdita di HCO3− da diarrea, acidosi tubulare renale prossimale, farmaci.

− intossicazioni da salicilati, metanolo, glicole etinelico.

In caso di acidosi metabolica con gap anionico invariato: in tal caso l’acidosi è causata dalla

perdita primitiva di HCO3−, che vengono sostituiti dai cloruri, o dall’apporto di sostanze come il

cloruro di ammonio (NH4Cl) o il cloridrato di arginina, in cui il catione è metabolizzabile e

residua un eccesso di cloruri che sostituiscono i bicarbonati. In tutte queste circostanze i

bicarbonati sono sempre < nel sangue ma i cloruri sono >, per cui si parla di acidosi ipercloremica.

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L’acidosi metabolica con gap anionico invariato può essere dovuta a:

− perdita gastrointestinale di HCO3−: diarrea, fistole pancreatiche.

− perdite urinarie di HCO3−: acidosi tubulare renale distale e prossimale con deficit di

assorbimento dei bicarbonati.

− insufficienza renale acuta o cronica con incapacità dei reni di eliminare gli H+ (acidi).

− uretero-enterostomia.

− introduzione di agenti acidificanti: cloruro di ammonio, cloridrato di arginina, aminoacidi

cationici (arginina, lisina, istidina).

La < del pH ematico stimola i meccanismi di difesa per cui l’acidosi metabolica viene

compensata dai polmoni con iperventilazione in modo da eliminare con un’azione veloce la

CO2, con < del denominatore della formula di H-H cioè si ha ipocapnia con < PaCO2 e > pH

ematico, anche se l’equilibrio acido-base viene ripristinato nel giro di qualche giorno grazie

all’escrezione renale tubulare degli acidi in eccesso sottoforma di H+ che si combinano con i

tamponi urinari, soprattutto i fosfati e NH3 (H+ + NH3 = NH4

+) e vengono eliminati con le urine, per

cui si parla di acidosi metabolica compensata. Ecco perché le urine sono acide.

Se il pH resta sempre basso nonostante la < PaCO2, si parla di tentativo di compenso dell’acidosi

metabolica da parte del polmone.

Dal punto di vista Clinico l’acidosi metabolica si manifesta con:

− sintomi gastrointestinali: anoressia, nausea e vomito, raramente diarrea.

− respiro frequente, profondo e rapido, detto respiro di Kussmaul.

− stato soporoso che progredisce fino al coma.

La Terapia si basa sulla somministrazione di bicarbonato di sodio o citrato per os nelle forme

croniche, per via parenterale nelle forme acute.

La somministrazione dei bicarbonati deve essere moderata in quando non appena le condizioni

del pz migliorano, la metabolizzazione degli acidi favorisce la rigenerazione di una equivalente

quantità di bicarbonato a rischio di alcalosi metabolica se l’infusione di bicarbonati è stata

eccessiva.

Se l’entità dell’acidosi non è grave e non rappresenta un pericolo immediato per la vita del pz,

bisogna eliminare o correggere la causa responsabile dell’acidosi e se l’acidosi tende a progredire si

somministra il bicarbonato.

Per quanto riguarda la Chetoacidosi noi sappiamo che normalmente gli acidi grassi liberi sono

trasformati nel fegato in trigliceridi o in chetoacidi cioè acido acetoacetico e β-idrossibutirrico.

In caso di chetoacidosi si ha una > produzione di chetoacidi per > afflusso epatico di acidi grassi

liberi.

Le cause più frequenti di chetoacidosi sono: diabete mellito, digiuno, alcolismo e forme congenite.

La chetoacidosi diabetica si deve ad un grave deficit di insulina tipica dei pz affetti da diabete

mellito scompensato.

I Sintomi sono: iperventilazione da acidosi, shock e coma, ipeglicemia, > chetoni plasmatici,

iponatriemia e iperpotassiemia.

La Terapia si basa su: ripristino del volume circolante, infusione di soluzioni saline

idroelettrolitiche, correzione dell’acidosi con infusione di bicarbonati, correzione dell’iperglicemia

con terapia insulinica.

L’ACIDOSI MISTA o Metabolico-Respiratoria si verifica nei pz che hanno insufficienza

respiratoria e diabete. L’emogasanalisi fornisce i seguenti valori:

pH < (7.25)

PaCO2 > (65 mmHg)

PaO2 < (55 mmHg)

HCO3− < (15 mEq/l)

BE < (-7).

Sat.ossiHb = 80%.

Il meccanismo di compenso avviene a livello renale con riassorbimento dei bicarbonati e se

necessario si somministrano bicarbonati per via generale.

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L’ALCALOSI METABOLICA si deve ad un’eccessiva perdita di H+ o eccessiva somministrazione o

produzione di alcali (basi o bicarbonati) dovuta a:

− perdita di cloruri da vomito abbondante e ripetuto, impiego di diuretici.

− ipersecrezione di steroidi surrenalici: iperaldosteronismo secondario (ipovolemia),

iperaldosteronismo primario, sindrome di Cushing...

− grave deplezione di potassio con ipopotassiemia.

− eccesso di alcali: endogeni (alcalosi post-ipercapnica), esogeni (milk-alkali syndrome).

L’emogasanalisi fornisce i seguenti valori:

pH >, ad es. 7.50, oppure normale in caso di compenso.

PaCO2 normale o lievemente >, ad es. 49 mmHg.

PaO2 normale o variabile perchè l’alcalosi inibisce il centro del respiro.

HCO3− >, ad es. 25 mEq/l, mentre se < significa che c’è stato un consumo di bicarbonati con

acidosi metabolica.

BE >, ad es. pari a - 1.

Sat.ossiHb = 80%. Il meccanismo di compenso dell’alcalosi metabolica avviene a livello polmonare con

ipoventilazione con respiro lento e superficiale e > PaCO2 cercando di < pH ematico, per cui si ha

<< PaO2 fino a 60 mmHg cioè ipossiemia che stimola il centro del respiro limitando notevolmente

la capacità di compenso respiratorio dell’alcalosi metabolica.

Infatti, l’alcalosi metabolica è l’alterazione dell’equilibrio acido-base meno compensata.

Dal punto di vista Clinico raramente l’alcalosi metabolica è sintomatica, mentre la tetania si

osserva solo nei pz con ipocalcemia e alcalosi acuta. Spesso i disturbi sono dovuti

all’ipopotassiemia con alterazioni dell’ECG e disturbi del ritmo cardiaco.

Molto importante è l’alcalosi metabolica gastrica: è dovuta alla perdita di H+ mediante il

vomito con perdita del succo acido gastrico contenente HCl oppure aspirazione naso-gastrica

protratta determinando una > [HCO3-] ematica con conseguente > filtrazione di HCO3

- a livello

renale ed escrezione urinaria.

Le perdite idro-elettrolitiche provocano disidratazione e il meccanismo di compenso avviene a

livello renale con riassorbimento di Na+ che determina una > escrezione di K

+ con ipokaliemia

intracellulare che favorisce l’escrezione di H+ e ritenzione dei bicarbonati a livello del tubulo renale

prossimale con alcalosi, per cui non è possibile correggere l’alcalosi metabolica se prima non

reintegriamo le perdite di K+.

La Terapia dell’alcalosi metabolica prevede: correzione della patologia di base, interrompere

l’aspirazione naso-gastrica, tenere sottocontrollo il vomito, somministrare spironolattone o

amiloride che agiscono contro i mineralcorticoidi, infusione e.v. di NaCl− per compensare la

deplezione di HCl, infusione e.v. di KCl per compensare l’ipopotassiemia, dialisi a bassa [ ] HCO3

nei pz con alcalosi metabolica e insufficienza renale.

Ricordiamo che i pz con insufficienza respiratoria cronica hanno alcalosi metabolica con PaCO2 =

65-70 mmHg e PaO2 = 30-40 mmHg cioè ipossiemia e iperventilazione nel tentativo di < PaCO2:

bisogna evitare la somministrazione di O2 al 100% perchè i centri del respiro tenderebbero a ridurre

la ventilazione favorendo l’ulteriore > della PaCO2 fino a 80-90 mmHg con coma ipercapnoico,

ma si somministra O2 al 24%, 28%, 31%.

L’ALCALOSI RESPIRATORIA è la più frequente tra le alterazioni dell’equilibrio acido-base,

dovuta a iperventilazione con conseguente < della PaCO2 e ipocapnia, come si verifica in caso di

varie broncopneumopatie in cui l’iperventilazione è messa in atto per impedire l’ipossiemia,

anche se l’alcalosi non è tale da influenzare il quadro clinico.

Invece, è più importante l’iperstimolazione diretta del centro del respiro come succede in corso di

febbre, malattie organiche cerebrali (tumori, encefaliti), intossicazioni da salicilati, turbe

psichiche con ansia eccessiva.

L’iperventilazione con < PaCO2 e ipocapnia provoca un > del pH ematico.

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Dal punto di vista Clinico si ha ipereccitabilità neuromuscolare con delirium, parestesie, tetania con

atteggiamento tipico di mano d’ostetrico, sincope, attacchi epilettici, aritmie cardiache e

l’emogasanalisi fornisce i seguenti valori:

pH >, ad es. 7.50.

PaCO2 <, ad es. 30 mmHg con conseguente iperventilazione.

PaO2 >, normale o < ridotta.

HCO3− <.

BE <, ad esempio pari a + 2 (portare a -3)

Sat.ossiHb = 80%. Il meccanismo di compenso avviene a livello dei reni con minore riassorbimento dei bicarbonati nei

tubuli renali, > dell’escrezione urinaria dei bicarbonati e < dei loro livelli ematici fino a < il pH a

livelli normali, per cui avremo urine alcaline.

La Terapia si basa sul trattamento della malattia di base, in assenza di ipossia l’iperventilazione

viene bloccata facendo respirare ripetutamente il pz in un sacchetto di carta o di plastica in modo

da restituire all’organismo la CO2 che è stata eliminata in eccesso.

In caso di insuccesso si passa alla respirazione assistita.

ASMA BRONCHIALE

L’Asma Bronchiale secondo l’OMS è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree caratterizzata

da iperreattività bronchiale cioè esagerata risposta della muscolatura liscia bronchiale a stimoli di diversa natura, specifici o allergeni e aspecifici con ostruzione bronchiale che è reversibile spontaneamente o con terapia medica, a differenza delle BPCO dove l’ostruzione dei bronchi è irreversibile, associata a

flogosi delle vie aeree che persiste in maniera attenuata nelle fasi intercritiche cioè asintomatiche.

Dal punto di vista Epidemiologico l’asma è più diffuso nei paesi industrializzati con prevalenza

intorno al 3-5%. La morbilità è elevata, mentre la mortalità è insignificante (scarsa).

Nella maggior parte dei casi l’esordio della malattia avviene entro i primi 20 anni di vita, le forme

ad esordio tardivo sono più severe e meno reversibili.

Nel periodo dell’infanzia il rapporto M/F è di 2/1, durante l’adolescenza si raggiunge quasi

l’equilibrio tra M e F, mentre nei soggetti adulti c’è una lieve prevalenza nelle donne.

L’asma rappresenta una delle cause principali di assenteismo scolastico e dal posto di lavoro.

L’asma professionale rappresenta il 2% di tutti i casi di asma.

Dal punto di vista Eziopatogenetico l’ostruzione bronchiale da ipereattività bronchiale con crisi

asmatica si deve ad una maggiore risposta dei bronchi a stimoli di varia natura distinti in:

stimoli specifici o allergenici con reazione immunitaria di ipersensibilità di I tipo.

stimoli non allergenici o aspecifici. stimoli professionali specifici o immunologici o aspecifici o irritativi come le vernici.

Per cui si fa una distinzione tra:

Asma Estrinseco o Specifico di natura allergica da stimoli specifici, allergenici o

allergeni:

Allergeni inalanti perenni o stagionali: la polvere è irritante e presenta i detriti organici degli acari

dermatophagoides che crescono soprattutto in ambiente caldo-umido, come materassi e moquette.

Allergeni di origine epidermica animale: peli e forfora di cani, gatti etc.

Pollini: polline di graminacee (aprile-giugno), parietaria (presente tutto l’anno ma le

recrudescenze si hanno in primavera), olivo.

La Patogenesi avviene in 3 fasi:

o sensibilizzazione: l’allergene entra nell’organismo e si ha l’intervento delle cellule dendritiche

presenti nella mucosa delle vie aeree che elaborano l’Ag ed esprimono in superficie il complesso

peptide-molecole di classe II del sistema HLA che viene riconosciuto dal recettore specifico dei

linfociti Th, fenotipo funzionale Th2, innescando la reazione di sensibilizzazione con liberazione di

linfochine che attivano i linfociti B che si trasformano in plasmacellule responsabili della

produzione delle IgE specifiche.

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o reazione immediata: le IgE si legano a recettori specifici di membrana, soprattutto dei

mastociti e basofili determinando la liberazione di mediatori flogistici, soprattutto istamina, LT, PG

che richiamano e attivano cellule infiammatorie costituite da PMN, basofili e eosinofili, con

conseguente reazione immunitaria di ipersensibilità immediata di tipo I o IgE mediata, per cui

se lo stesso allergene penetra di nuovo nell’organismo, trova le IgEs legate ai mastociti della

mucosa bronchiale con cui reagisce provocando broncospasmo e flogosi allergica con iperreattività

bronchiale e broncostruzione. Anche i macrofagi alveolari sono attivati dagli allergeni ma in

quantità minore rispetto ai mastociti perché presentano sulla loro superficie un recettore a bassa

affinità per le IgE, rilasciando mediatori della fase acuta, fattori chemiotattici e sostanze citolesive.

o reazione tardiva: è una risposta infiammatoria che esacerba la broncocostrizione e provoca

iperreattività nel momento in cui la broncostruzione termina poiché i mastociti stimolati dalle IgE

rilasciano IL3, IL-4, IL-5 cioè citochine che stimolano la flogosi con prevalenza di eosinofili sia nel

sangue periferico sia nella mucosa bronchiale dove rilasciano mediatori flogistici e citolesivi, come

la proteina basica maggiore MBP e le proteine eosinofiliche cationica ECP e EPX.

Spesso si tratta di pz con anamnesi + per altre malattie allergiche: rinite, orticaria, eczema in età infantile.

L’asma estrinseco o specifico spesso si verifica in soggetti predisposti geneticamente (atopia)

con alterazione genetica dominante con interessamento del braccio lungo del cromosoma 11 che

provoca una maggiore produzione di IgE specifiche nei confronti di allergeni di vario tipo.

Tutto ciò può essere dimostrato alla nascita con il dosaggio delle IgE nel cordone ombelicale: la

presenza di IgE totali > 0.9 U/ml indica un rischio di sviluppare una malattia allergica nell’80% dei

casi. E’ una malattia “atopica” dell’età pediatrica con prevalenza di una sintomatologia

gastroenterologica nei primi mesi di vita cioè intolleranza al latte vaccino che contiene β-

lattoglobulina, sintomatologia cutanea nei primi 2 anni di vita cioè eczema atopico ed orticaria e

successivamente sintomatologia respiratoria cioè rinite allergica e asma.

Asma Intrinseco o Aspecifico non dovuto ad allergeni, per cui le IgE totali sono normali e le

IgE specifiche sono assenti, ma può essere scatenato da altri fattori:

Farmaci: FANS soprattutto l’Aspirina o acido acetilsalicilico che provoca broncostruzione nel

10-15% dei pz e si parla di asma da Aspirina o ASA dipendente: l’aspirina interferisce con il

metabolismo dell’acido arachidonico, agendo sulla lipossigenasi con > produzione di Leucotrieni

LT, potenti broncocostrittori, oppure agisce sulla ciclossigenasi provocando una > produzione di

PGF2α che sono broncocostrittori e una < produzione di PGE che sono broncodilatatori. Ecco

perchè è importante l’uso del cortisone per bloccare la cascata enzimatica che porta alla formazione

dell’acido arachidonico.

L’aspirina provoca broncodilatazione nell’1-2% dei casi e si parla di asma ASA sensibile dove

l’aspirina non è la causa dell’asma ma rappresenta una possibile cura.

Fattori occupazionali: molte sostanze presenti nell’ambiente di lavoro (formaldeide, toluene,

isocianato, gluteraldeide) possono indurre sensibilizzazione e si parla di asma professionale.

Inquinanti atmosferici: ozono da ossidanti fotochimici, diossido di azoto e biossido di zolfo.

Esercizio fisico: l’iperventilazione provoca una perdita di calore e umidità delle vie aeree con

disidratazione e stimolazione dei recettori vagali (asma da sforzo).

Ciò non si verifica nel nuoto dove invece l’ambiente umido riduce la sintomatologia.

Infezioni delle vie aeree: infezioni virali da Virus sinciziale respiratorio e Paramixovirus

specie nei bambini con lisi epiteliale, stimolazione dei recettori irritativi e lisi ciliare con

iperreattività bronchiale e sviluppo di un’intensa risposta infiammatoria caratterizzata da un >

numero di leucociti e eosinofili.

Nei bambini normali questi virus provocano uno o più episodi di bronchiolite.

Se invece l’infezione virale si sovrappone ad uno stato di iperreattività bronchiale si verificano crisi

ripetute che durano fino a 5-6 anni ma che con il passare del tempo diventano sempre meno

frequenti per poi scomparire, ma in età adulta si potrà manifestare un asma intrinseco.

Fattori ambientali: aria fredda e umida, fumo di sigaretta, smog, gas di scarico.

Page 37: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

37

Fattori emozionali: agiscono determinando iperventilazione: nel bambino anche un eccesso di

riso o di pianto può scatenare la crisi asmatica. Anche l’ansia legata alla paura della crisi asmatica

può facilitare l’insorgenza della crisi stessa creando un circolo vizioso.

Reflusso gastro-esofageo può provocare l’irritazione della mucosa esofagea con ipertono

vagale e risposta riflessa di broncocostrizione oppure il materiale refluito in esofago può essere

aspirato nelle vie aeree determinando una risposta irritativa diretta.

Asma Misto estrinseco-intrinseco con caratteristiche intermedie.

La Pervietà dei Bronchi in condizioni normali dipende dalla regolazione del tono bronco-

motore per intervento di vari sistemi che devono essere in equilibrio:

Sistema parasimpatico colinergico provoca broncocostrizione attraverso il nervo vago

(acetilcolina) e deve essere in equilibrio con il Sistema ortosimpatico adrenergico che mediante

l’azione di adrenalina e noradrenalina provoca il rilasciamento della muscolatura liscia bronchiale e

broncodilatazione.

In caso di iperattività del parasimpatico e/o ipoattività del simpatico si ha iperreattività bronchiale.

Sistema non adrenergico/non colinergico NANC: formato da fibre che decorrono nel nervo

vago e modulano l’attività del parasimpatico vagale, eccitando o inibendo l’attività del nervo vago:

- sistema non adrenergico (sostanza P e tachichinine) provoca broncocostrizione.

- sistema non colinergico (sostanza simile al VIP e Peptide Istidina-Isoleucina PHI) provoca

broncodilatazione.

L’iperreattività bronchiale si ha in caso di > attività del sistema non adrenergico e/o < attività del

sistema non colinergico.

Recettori β2 favoriscono la broncodilatazione; la loro < provoca iperreattività bronchiale.

Derivati dell’Acido Arachidonico: dalla ciclossigenasi derivano le PGE1, PGE2 ad azione

broncodilatatrice e le PGF2α, PGG2, PGD2 e trombossani ad azione broncocostrittrice, mentre

dalla lipossigenasi derivano LTC4, LTD4, LTE4 ad azione broncocostrittrice.

Le alterazioni Anatomo Patologiche tipiche dell’asma sono valutate mediante l’esame

morfologico dell’espettorato emesso spontanemante o indotto da inalazione di una soluzione

ipertonica di cloruro di sodio: si nota cellularità spiccata con presenza di neutrofili, macrofagi ed

eosinofili e inoltre si osservano le spirali di Curschman costituite da un secreto denso PAS+ e

cellule di sfaldamento della parete bronchiale,i cristalli di Charcot-Leyden costituiti da proteine di

membrana degli eosinofili e i corpi di Creola cioè ammassi di cellule epiteliali desquamate.

Le alterazioni istopatologiche sono valutate mediante la fibrobroncoscopia con biopsia

bronchiale, brushing dell’epitelio e il BAL: si osserva soprattutto la flogosi cronica delle vie aeree

sin dalle fasi iniziali della malattia e persistente nelle fasi asintomatiche tra le crisi.

La parete delle vie aeree presenta edema e vasodilatazione di grado variabile, alterazioni

dell’epitelio con perdita delle ciglia, esfoliazione completa o sfaldamento, che accentua

l’iperreattività bronchiale. Si ha infiltrazione dell’epitelio da parte delle cellule infiammatorie,

soprattutto eosinofili, ispessimento della membrana basale, impropriamente detto fibrosi, in seguito

alla deposizione di collagene di tipo I, III e V e di fibronectina dovuto alla presenza di

miofibroblasti in sede sottoepiteliale. Queste alterazioni strutturali sono definite alterazioni di

rimodellamento bronchiale e rendono meno reversibile la broncoostruzione.

Inoltre, si nota spasmo della muscolatura liscia bronchiale in caso di accessi episodici e iperplasia-

ipertrofia nelle forme croniche.

La broncoostruzione serrata si deve a tappi di muco denso e vischioso, ricco di eosinofili e cellule

cilindriche desquamate, provocando iperdistensione alveolare, atelettasia polmonare con accumulo

di secreto denso PAS+, eosinofili e PMN ma, a differenza dell’enfisema, non si ha la distruzione

degli spazi alveolari.

I Sintomi tipici dell’asma bronchiale sono:

dispnea espiratoria con sibili o fischi da ostruzione bronchiale.

Il pz presenta tachipnea, inspirazione rapida e breve, espirazione prolungata e difficoltosa,

costrizione o oppressione toracica: si parla di sensazione di mancanza d’aria o fame d’aria.

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La dispnea da asma va differenziata dalla dispnea cardiaca o asma cardiaco perchè quest'ultima

migliora con la posizione seduta, è caratterizzata da un espettorato non vischioso ma trasudatizio

schiumoso e rosato da edema polmonare e si associa a rantoli crepitanti alle basi e non a sibili.

Invece, la dispnea da edema della glottide, da ostruzioni da corpo estraneo o da neoplasia è

prevalentemente inspiratoria e non espiratoria.

tosse inizialmente secca e stizzosa con modesta espettorazione di muco vischioso biancastro. Alla

fine della crisi asmatica si ha una fase catarrale con espettorazione di materiale mucoso o

schiumoso, talora denso, gelatinoso e vischioso, biancastro, bianco-grigiastro o mucopurulento in

caso di sovrainfezione.

Spesso questi sintomi sono notturni o si manifestano alle prime ore del mattino: il pz si sveglia e si

porta verso la finestra perchè ha difficoltà a respirare, senza ottenere benefici, mentre la crisi si

risolve spontaneamente o con terapia medica, associata a tosse produttiva con espettorazione di

tappi di muco. L’asma notturno è favorito dalla posizione supina perchè il clinostatismo determina

incremento del letto capillare, sonno profondo, < della T°C, < della ventilazione e clereance muco-

ciliare, > dell’attività vagale e < dell’attività del NANC, < notturna di adrenalina, cortisolo e

istamina a causa del ritmo circadiano, esposizione ad allergeni presenti nel letto cioè gli acari.

Il pz può presentare anche tachicardia e cianosi alle labbra ed estremità.

Nei casi molto gravi con ostruzione massiva, il respiro sibilante può ridursi nettamente o

scomparire, la tosse non ha più alcun effetto, il paziente rantola fino a crisi di soffocamento e

insufficienza respiratoria. In questi casi è necessaria l’assistenza ventilatoria meccanica.

Poiché l’asma è una malattia infiammatoria cronica è importante la gestione dell’asma con

diagnosi, classificazione dell’asma, scelta terapeutica e gestione delle recrudescenze.

La Diagnosi di asma bronchiale si basa su:

Anamnesi: il pz riferisce i sintomi caratteristici dell’asma.

- Anamnesi familiare può essere + per altre malattie allergiche cioè rinite, orticaria, eczema.

- Anamnesi fisiologica: abitudini di vita del pz, ambiente in cui vive, presenza in casa di moquette,

tappeti, tendaggi, peluche, animali e in quali circostanze insorgono i disturbi.

- Anamnesi patologica remota e prossima: anamnesi + per altre malattie allergiche o malattie

infettive respiratorie, età e modalità di insorgenza dei disturbi, frequenza e durata delle crisi,

periodicità, variazioni in rapporto a spostamenti ambientali e stagionali con anamnesi + per le

allergie primaverili da parietaria, graminacea, olivo, cipresso, mimose, palme, l’influenza di vari

fattori individuali (stress, farmaci-Aspirina) e ambientali (nebbia).

- Anamnesi lavorativa: tipo di lavoro e sostanze usate, fenomeni di arresto-ripresa ad esempio la

crisi non avviene durante il fine settimana e le vacanze.

Esame Obiettivo:

- Ispezione: torace in posizione inspiratoria con rientramento degli spazi intercostali e sovraclaveari,

contrazione dei muscoli accessori (sternocleidomastoidei) durante la fase espiratoria, < movimenti del

diaframma, > frequenza respiratoria con respiro corto e superficiale.

- Palpazione: Fremito Vocale Tattile (FVT) normale o <.

- Percussione: iperfonesi timpanica soprattutto nelle parti inferiori del torace, scomparsa dell’aia di

ottusità assoluta cardiaca.

- Auscultazione: espirazione prolungata con emissione di rumori secchi da stenosi bronchiale cioè

fischi, gemiti e sibili espiratori.

In caso di ostruzione serrata la ventilazione è abolita e i rumori respiratori sono assenti: il silenzio

auscultatorio è un segno prognostico negativo.

Nelle forme severe si ha l’intervento dei muscoli accessori della respirazione nel tentativo di

superare le resistenze e si osservano segni cardiovascolari cioè tachicardia riflessa con polso

piccolo e frequente e polso paradosso poiché la broncoostruzione provoca un > della P negativa

intratoracica, ostacolando la dinamica cardiaca con < della gittata ventricolare sx, fino alla

comparsa di ipossiemia (PaO2 < 60 mmHg) con cianosi, frequenza cardiaca > 110 b/min,

frequenza respiratoria > 25 atti/min, PaCO2 >> con acidosi metabolica e respiratoria.

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Comunque, il quadro clinico può variare da soggetto a soggetto e anche nello stesso soggetto con il

passare degli anni o in relazione all’esposizione ai fattori scatenanti e possiamo parlare di:

- asma accessionale intermittente caratterizzato da accessi broncospastici di durata variabile da

poche h a qualche giorno che si risolvono spontanemante o con terapia medica, a cui seguono dei

lunghi periodi di remissione con completo benessere per il pz.

- asma continuo con ostruzione bronchiale persistente nel tempo da flogosi cronica, poco

reversibile.

- asma instabile caratterizzato da notevole iperreattività bronchiale che provoca nel giro di qualche

h o giorni una ostruzione marcata, alternata a periodi di relativa attenuazione.

- asma notturno con crisi asmatica che si verifica durante la notte o alle prime h del mattino.

- stato di male asmatico: è la forma più grave con ostruzione severa e poco sensibile alla terapia

con broncodilatatori perché l’ostruzione è dovuta a tappi di muco densi e vischiosi perché

l’iperventilazione provoca notevoli perdite idriche e disidratazione oppure perché l’abuso dei

broncodilatatori provoca fenomeni di tachifilassi, con conseguente insufficienza respiratoria grave

per cui si ricorre a ventilazione meccanica assistita e a terapia intensiva.

Spirometria: è la prima indagine da eseguire. La broncostruzione provoca: < CV, > VR, <

VEMS o FEV1 ma in quantità minore della CV da cui deriva una < indice di Tiffenau (intorno a

40%). La curva flusso-volume è caratterizzata da una < del PEF e concavità verso l’alto nella

fase discendente della curva che corrisponde all’espirazione.

E’ importante il monitoraggio del PEF nelle 24 h e tra giornate lavorative e non lavorative.

Test di provocazione cutanea o Prick Test (in vivo) consente di identificare gli allergeni

responsabili della reazione allergica e dell’asma: si applica sulla superficie flessoria della cute

dell’avambraccio una goccia dell’estratto dell’allergene da testare e con una lancetta si effettua una

lievissima puntura degli strati superficiali del derma per permettere il contatto tra allergene e

mastociti. Se sui mastociti sono fissate le IgE specifiche per l’allergene testato si verifica la

liberazione di istamina con comparsa di un piccolo pomfo eritematoso e pruriginoso.

La risposta cutanea si esamina dopo circa 20 minuti: se il pomfo è > di 3 mm il test è +, mentre in

caso di risultato dubbio oppure in caso di test negativo ma con anamnesi + di patologia allergica, si

passa ai test immunologici.

Test Immunologici: Rast e Prist sono test in vitro radioimmunologici: Si esegue un prelievo di sangue che viene messo in contatto con allergeni che sono contenuti in

dischetti di carta e si esegue il dosaggio radioimmunologico delle IgE.

Il RAST consente il dosaggio delle IgE specifiche: è utile per la diagnosi di conferma o nel caso di

anamnesi + per malattie allergiche ma con test cutanei negativi o dubbi, oppure nei bambini dove

l’esecuzione delle prove cutanee è più difficile.

Il PRIST consente il dosaggio delle IgE totali che sono >>> nelle patologie allergiche con reazione

immunitaria di tipo I.

Se l’esame obiettivo è + e la FEV1 è <, per la diagnosi differenziale con altre patologie ostruttive,

cioè bronchite cronica ed enfisema, possiamo ricorrere ad alcuni Test.

Test di reversibilità alla broncostruzione (in vivo): nell’asma bronchiale la broncostruzione

è reversibile dopo somministrazione del broncodilatatore. Nel test di reversibilità si somministra un

broncodilatatore cioè un β-agonista a breve durata d’azione, come il sambutamolo e si valuta la

variazione dei parametri forniti dalla spirometria e della curva F-V rispetto ai valori di base: il test è

+ se dopo circa 20 min dalla somministrazione del broncodilatatore c’è stato l’> VEMS del 15%.

Il limite del test di reversibilità è che valuta la reversibilità solo in funzione della risoluzione dello

spasmo bronchiale ma è importante la valutazione dell’iperreattività bronchiale mediante il test di

stimolazione bronchiale (in vivo).

Test di Provocazione Bronchiale TPB può essere specifico o aspecifico.

Il Test di Provocazione Bronchiale Specifico è utile per la diagnosi di asma bronchiale estrinseco

o specifico di natura allergica, deve essere usato con molta cautela solo nelle fasi intercritiche,

asintomatiche, con FEV1 non < al 75% del valore teorico, possibilmente dopo 1 settimana di

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assenza dall’ambiente di lavoro o di esposizione all’allergene sospetto, per cui è importante ottenere

il consenso del pz, spiegando in maniera dettagliata obiettivi, vantaggi e svantaggi del test.

Inoltre, l’esposizione alla sostanza deve essere breve e a bassa [ ], il pz deve essere tenuto sotto

stretta osservazione per 24 h.

Il test consiste nel far inalare allergeni specifici a dose crescente, molto purificati, valutando la

risposta del pz dopo ~ 10-15 min mediante una spirometria, poi si esegue una spirometria ogni ora

per 12 h e una spirometria alla 24^ h.

Se il pz è sensibile ad un determinato allergene si ha broncostruzione e abbiamo vari tipi di risposta:

- risposta precoce o immediata: il picco negativo con < FEV1 si ha entro la 1^ h, seguita da

una fase di benessere e da un eventuale secondo picco negativo meno intenso dopo alcune h.

- risposta tardiva: il picco negativo si ha dopo 10-12 h, seguito da una progressiva ripresa con

normalizzazione entro 12 h.

- risposta bifasica: il picco negativo si ha entro la 1^ h, a cui segue una fase di completo

benessere e un secondo picco negativo dopo 9-10 h, con progressiva e definitiva ripresa entro le 24

h, come succede in caso di vernice poliuretanica a due componenti caratterizzata da catalizzatore e

diluente usata nella verniciatura a spruzzo.

- risposta immediata persistente: si ha un picco negativo a cui non segue la completa

normalizzazione e un altro picco negativo dopo diverse h a cui segue la normalizzazione definitiva.

- risposta ricorrente notturna: il picco negativo è ritardato e si hanno picchi negativi notturni

per diverse notti.

In particolare possiamo fare una distinzione tra:

- risposta intensa se la reazione è scatenata da basse dosi di allergene.

- risposta media se la reazione è scatenata da dosi medie di allergene.

- risposta lieve se la reazione è scatenata da alte dosi di allergene.

Se il TBP Specifico è negativo si ricorre al Test di Provocazione Bronchiale Aspecifico utile per

la diagnosi di asma aspecifico: il pz entra in una cabina e attraverso un aerosol si fanno inalare al pz

getti di aria contenente piccole dosi di una sostanza nebulizzata, come la metacolina (farmaco

parasimpaticomimetico, derivato dell’acetilcolina) in grado di provocare broncostruzione solo nei

pz affetti da asma. La metacolina viene inalata dal pz a dosi crescenti ogni 3 minuti fino a valori

elevati: il test è + se la VEMS <.

Per distinguere un soggetto normoreattivo da uno iperreattivo si valuta la dose soglia cioè la [metacolina] in grado di determinare una < VEMS del 20%, ottenendo la curva dose- risposta: la

risposta è intensa se il pz risponde a dosaggi molto bassi.

Si studia la pendenza della curva che è espressione della reattività bronchiale, importante per la

diagnosi e scelta terapeutica, valutando se la terapia è efficace con < della reattività bronchiale.

Nel soggetto normale la dose soglia è più alta, la pendenza della curva dose-risposta è minore e

raggiunge un picco a livelli di ostruzione medio-lieve, la VEMS non < ulteriormente anche se > la

dose. Nel soggetto iperattivo la dose soglia è più bassa, la pendenza della curva è maggiore e il

picco viene raggiunto a livelli di ostruzione marcati oppure non può essere raggiunto durante il test

perchè è troppo pericoloso.

La pendenza della curva tende a crescere passando dall’asma lieve all’asma grave.

Questo test viene usato negli ospedali militari perchè i soggetti asmatici hanno diritto al congedo, è

utile per ottenere una documentazione medico-legale nelle categorie professionali a rischio ed è

utile per valutare la risposta ai farmaci antiasmatici.

Oltre ai farmaci si può usare la nebbia artificiale che provoca broncocostrizione e < VEMS che

deve essere misurata entro 5 min dalla esposizione alla nebbia: il test è + se la VEMS < del 20%.

Per la diagnosi di asma da sforzo abbiamo:

Test da sforzo: i bambini devono correre per circa 6 minuti in modo da > la frequenza cardiaca

fino a 160-180 b/min, con broncodilatazione seguita da ostruzione bronchiale se il soggetto è

asmatico. Il test è + se dopo 15-20 minuti dall’esercizio fisico la VEMS è < del 20%.

Negli adulti si ricorre al cicloergometro > la frequenza cardiaca fino al 90% della FC massima

teorica riferita all’età del pz secondo la formula: 220-età nei M e 200-età nelle F.

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Emogasanalisi: è utile nelle forme più gravi con alterazione del rapporto V/Q, con passaggio

dalla condizione di iperventilazione con > PaO2 e ipocapnia durante gli accessi, ad una progressiva

normo o ipoventilazione con ipercapnia e ipossiemia.

L’ipercapnia si deve all’ipoventilazione da esaurimento dei muscoli respiratori che non riescono a

far fronte all’> del lavoro imposto dalla broncoostruzione. Per cui in caso di attacco asmatico

intenso e prolungato la presenza di normocapnia non deve trarre in inganno, non è un indice di

miglioramento ma segnala il cessare della iperventilazione ed è un fattore prognostico sfavorevole.

Laboratorio: >> eosinofili soprattutto nelle fasi iniziali.

Considerando tutti i criteri clinico-funzionali è possibile CLASSIFICARE l’asma in base alla sua

gravità e fare una scelta terapeutica appropriata:

o asma di I livello, intermittente o episodico: sintomi intermittenti di breve durata, < 1-

2 volte/settimana, sintomi di asma notturno < 1-2 volte/mese, assenza di sintomi nelle fasi

intercritiche, PEF o FEV1 > 80% del teorico, variabilità del PEF < 20% del valore teorico.

o asma di II livello, lieve ma persistente: il pz presenta riacutizzazioni 1-2 volte/settimana,

sintomi di asma notturno > 2 volte/mese, PEF o FEV1 tra 60-80% del teorico, variabilità del PEF

del 20%-30%.

o asma di III livello, moderato persistente: il pz ha crisi quotidiane che interferiscono con il

sonno e le normali attività, la crisi notturna è > 1 volta/settimana, con PEF o FEV1 tra 60-80% con

variabilità del PEF > 30%.

o asma di IV livello, grave, persistente e frequente: il pz può avere diverse crisi durante la

giornata che limitano l’attività del pz, le crisi notturne sono frequenti, con PEF < 60% rispetto al

valore teorico con variabilità del PEF > 30%. Il pz deve prendere continuamente i broncodilatatori.

La Terapia dell’asma si basa sulla prevenzione e sull’uso dei farmaci.

La Profilassi Primaria si attua nei soggetti a rischio: le donne in gravidanza e durante l’allattamento

devono evitare gli alimenti allergizzanti cioè proteine del latte vaccino, dell’uovo, pesce, arachidi,

nocciole, crostacei. Nel neonato a rischio è raccomandato l’allattamento materno, privo di sostanze

allergizzanti o il latte ipoallergenico. Si possono gradualmente introdurre i cibi allergizzanti dopo i

2 anni di età.

La Profilassi Ambientale si basa su: pulizia accurata della casa, cambiare frequentemente l’aria, non

deve essere presente umidità o muffa, arredamento privo di moquette, tendaggi, tappeti, evitare il

contatto con peluche e animali domestici.

La Terapia Medica si basa sull’uso di farmaci sintomatici e antiinfiammatori.

Tra i farmaci sintomatici abbiamo i broncodilatatori: β2-agonisti e teofillinici.

I broncodilatatori sono distinti in long acting e short acting.

I long acting hanno una copertura di 12 h, tra cui abbiamo: serevent spray, serevent discus

(compresse da mettere su un disco), oxis turbohaler (polvere da inalare con turbohaler)

I short acting hanno una copertura minore, sono usati al momento del bisogno, tra cui abbiamo:

ventolin sottoforma di aerosol pressurizzato predosato (il pz inspira profondamente a bocca aperta e

spruzza il farmaco).

I β2-antagonisti per via inalatoria agiscono sui recettori β2 bronchiali provocando rilassamento

della muscolatura liscia bronchiale, stimolazione della clearance muco-ciliare, < la liberazione dei

mediatori chimici, < l’edema e permeabilità vascolare con broncodilatazione.

Tra i β2-antagonisti abbiamo: salbutamolo, fenoterolo, salmeterolo, formoterolo.

La Teofillina è un antinfiammatorio con azione anti-PG, inibisce la liberazione dell’istamina da

parte di mastociti e basofili, inibisce il rilascio di IL1 e IL2 da parte dei linfociti T, inibisce

l’espressione del recettore per l’IL2.

Gli effetti collaterali si verificano in caso di sovradosaggio: nausea, vomito, cefalea, tremori,

ipotensione arteriosa, tachicardia...

Tra i farmaci antiinfiammatori: corticosteroidi, cromoni, antileucotrieni che inibiscono la sintesi dei

LT (Zileuton) o il legame con i recettori specifici (Montelukast e Zafirlukast).

La terapia dipende dalla gravità dell’asma, per cui deve essere personalizzata:

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In caso di Asma di I livello intermittente o episodico si usano broncodilatatori short acting per via

inalatoria al momento del bisogno associati ai cromoni se le crisi sono ricorrenti.

In caso di Asma di II livello lieve ma persistente la terapia si basa su cromoni o corticosteroidi per

via inalatoria a basse dosi e broncodilatatori long acting per garantire la copertura durante la notte.

In caso di Asma di III livello moderato persistente è utile l’associazione tra cromoni,

corticosteroidi per via inalatoria, β2-agonisti e teofillina oppure anticolinergici inalatori.

In caso di Asma di IV livello grave la terapia è aggressiva per controllare subito la crisi e prevede:

- corticosteroidi topici o per via inalatoria per 15 gg: Pulmaxan, Flixotide (Fluticasone).

I corticosteroidi (cortisone) inibiscono i fenomeni infiammatori, la liberazione di PG e LT e

provocano effetti collaterali molto scarsi perchè sono ad uso topico cioè il mughetto o candidosi

della cavità oro-buccale che tende a regredire usando acqua e bicarbonato.

Ai corticosteroidi topici possiamo associare gli antinfiammatori non steroidei cioè i cromoni per

via inalatoria che impediscono il legame tra allergene e membrana dei mastociti: il più usato è il

Nedocromil Sodium (Tilade). I cromoni sono utili soprattutto per la prevenzione dell’asma da

sforzo, quindi devono essere usati prima dell’attività fisica.

- corticosteroidi per os: Flantadin (Deflazacort), Deltacortene (Prednisone).

- broncodilatatori: β2-agonisti.

Il pz deve evitare le somministrazioni ripetute perchè potrebbe abituarsi al farmaco e non rispondere

più alla terapia, fino ad andare incontro a delle recrudescenze severe e morte asmatica.

Inoltre, il programma di gestione o management dell’asma prevede che il pz debba misurare a casa

il PEF soffiando in un apparecchietto munito di una lancetta: il pz deve compilare il calendario

sintomatologico riportando i valori del PEF ottenuti prima e dopo l’uso dei farmaci, l’entità dei sintomi con

valori compresi tra 0-4 e quante volte/giorno ha usato lo spray.

In questo modo si valuta l’evoluzione della malattia e l’entità dei sintomi col passare del tempo.

Il pz deve rivolgersi al medico solo in caso di recrudescenze severe che non rispondono alla terapia

medica e sintomi notturni. In questi casi si ricorre ad un “piano di azione”:

- bisogna sempre avere a portata di mano i farmaci soprattutto durante la notte e si esce di casa.

- in caso di attacco d’asma bisogna misurare il PEF, somministrare 2 spruzzi di Ventolin e dopo 20

min. misurare ancora il PEF: il PEF può essere migliorato e si mantiene stabile nel tempo oppure

può essere peggiorato e il pz presenta una nuova crisi asmatica.

In tal caso il pz deve assumere Flantadin e Ventolin e controllare dopo 2 h il PEF: se il PEF è

migliorato possiamo interrompere il trattamento, mentre se è peggiorato occorre somministrare

l’adrenalina o il Fastject oppure rivolgersi immediatamente al Pronto Soccorso.

Il Fastject è un farmaco costituito da adrenalina predosata, venduto in farmacia sotto prescrizione

medica e iniettato mediante una specie di penna nella coscia in presenza crisi asmatica molto grave,

L’Immunoterapia Specifica è indicata in caso di asma di esordio recente, alterazione reversibile

della funzione respiratoria, progressione evidente dell’asma, impossibilità di allontanare l’allergene,

resistente alla terapia medica: si somministra per via sottocutanea o per os un estratto allergenico

specifico a dosi progressivamente crescenti per < la sensibilità del pz verso l’allergene, fino ad

indurre resistenza. In tal modo abbiamo un > degli Ab allergene specifici della classe IgG e una <

della sintesi delle IgE specifiche.

Gli obiettivi sono di < al minimo le riacutizzazioni e l’uso dei farmaci, normalizzare il PEF,

favorire la normale ripresa delle attività quotidiane.

BRONCOPNEUMOPATIE CRONICHE OSTRUTTIVE BPCO

Le BPCO sono malattie caratterizzate da un’ostruzione al flusso delle vie aeree di tipo progressivo

che può essere parzialmente reversibile e accompagnato da uno stato di iperreattività bronchiale.

Le BPCO sono rappresentate dal complesso bronchite cronica-enfisema polmonare.

La BRONCHITE CRONICA secondo l’OMS è una malattia infiammatoria cronica caratterizzata

da ipersecrezione con tosse ed espettorato, dispnea che si manifestano tutti i giorni per

almeno 3 mesi l’anno, per 2 anni consecutivi.

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La bronchite cronica è una malattia molto diffusa e sottostimata nei Paesi industrializzati, colpisce

~ il 10% della popolazione, con rapporto M/F pari a 2/1÷3/1, provocando un danno economico sia

per le spese sanitarie sia per le giornate di lavoro perse.

L’Eziologia è legata a fattori esogeni ed endogeni:

- fattori esogeni: fumo di sigaretta, inquinamento, infezioni, sostanze professionali.

- fattori endogeni: alterazioni genetiche dei meccanismi di difesa locale (deficit congenito dell’ά1-

antitripsina), malattie debilitanti (diabete), iperreattività bronchiale.

I danni provocati dal fumo di sigaretta dipendono da diversi fattori: predisposizione genetica, n°

sigarette fumate/giorno, tipo di sigarette, modalità di aspirazione, alimentazione poiché alcuni

alimenti possono alterare il metabolismo della nicotina.

Il fumo di sigaretta provoca:

iperplasia delle ghiandole presenti nella sottomucosa delle vie aeree di calibro maggiore, > del

n° ed estensione delle cellule caliciformi, con ipersecrezione di muco più denso.

il fumo induce la flogosi richiamando i macrofagi dagli alveoli nelle vie aeree periferiche: il

fumo altera le funzioni dei macrofagi con maggiore rilascio di enzimi proteolitici, radicali

ossidanti e del fattore chemiotattico per i neutrofili (NCF) che, insieme alla nicotina, richiamano

i PMN dal torrente ematico a livello parenchimale, dove sono danneggiati dal fumo e rilasciano altri

radicali ossidanti e proteasi, cioè elastasi, catepsina G, collagenasi che non sono sufficientemente

controbilanciati da fattori antiossidanti e antiproteasici endogeni, facilitando l’insorgenza delle

infezioni.

il fumo altera la clearance muco-ciliare provocando la lesione dell’epitelio ciliato della mucosa

con metaplasia, paralisi del battito ciliare, deficit del riflesso della tosse e ristagno di

secrezioni dense che facilitano l’insorgenza di infezioni soprattutto da Streptococcus pneumoniae e

Haemophilus influenzae.

il fumo provoca broncospasmo con iperreattività bronchiale.

Il fumo di sigaretta contiene varie sostanze tossiche:

- ossido di carbonio: è molto tossico, interferisce col meccanismo di trasporto dell’O2 da parte

dell’Hb, infatti l’Hb ha una notevole affinità per il CO, per cui in presenza di CO, l’Hb lascia l’O2 e

si lega al CO, con > PaCO2 e iperventilazione provocando gravi danni soprattutto nei pz che già

presentano problemi di ossigenazione.

- idrocarburi aromatici policiclici come il benzopirene che si libera dalla combustione della carta di

sigaretta e può provocare metaplasia della mucosa bronchiale ad alto rischio di cancerizzazione.

- sostanze irritanti e flogogene cioè ossidanti e radicali liberi: provocano gravi danni alla membrana

cellulare e trasformazioni del tessuto connettivo.

- nicotina: è un fattore di tossicodipendenza (OMS 1996).

L’inquinamento ambientale viene distinto in:

- inquinamento degli ambienti chiusi da fumo di sigaretta, gas propano inalato in cucina, detersivi...

- inquinamento atmosferico da anidride solforosa (SO2), monossido di azoto (NO), biossido di

azoto (NO2), piombo degli autoveicoli, idrocarburi policiclici, ozono (O3) e sostanze ossidanti

responsabili della produzione di radicali liberi che facilitano il processo dell’invecchiamento,

mentre sono antiossidanti il selenio, glutatione, Vit. E, C...

Le infezioni batteriche e virali giocano un ruolo importante perchè sono responsabili delle

riacutizzazioni della malattia, accentuando danni strutturali con estensione verso il parenchima

polmonare. Tra i Gram- abbiamo: Haemophilus i., Pseudomonas a., Proteus... che producono enzimi

litici contro le IgAs deputate alla difesa dell’organismo, provocando gravi danni all’epitelio ciliato.

Tra i Gram+ abbiamo: Streptococco pneumoniae, Staphilococcus aureus, Branamella catharralis...

che nei fumatori provocano il ristagno delle secrezioni.

Le sostanze esogene professionali sono: vernici, veleni, nichel, alluminio...

Dal punto di vista Anatomo Patologico la bronchite cronica può interessare i bronchi di maggior

calibro, bronchioli e parenchima polmonare.

Nelle fasi iniziali o malattia delle piccole vie aeree la mucosa dei bronchi si presenta arrossata, con

abbondanti secrezioni superficiali, desquamazione dell’epitelio, formazione di aree di metaplasia

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pavimentosa e nella fase conclamata della bronchite cronica si ha la proliferazione delle cellule

caliciformi che sono in numero > rispetto alle cellule ciliate: normalmente il rapporto cellule

caliciformi/cellule ciliate è di 1/4 nelle vie aeree prossimali e 1/25 in quelle distali.

Nella sottomucosa si nota vasodilatazione, edema, infiltrazione di PMN, linfociti T CD8+, istiociti,

macrofagi, ipertrofia-iperplasia delle ghiandole mucipare che è espressa quantitativamente

dall’indice di Reid cioè dal rapporto tra spessore dei corpi ghiandolari e spessore totale della

sottomucosa, misurato tra la membrana basale e cartilagine bronchiale che nei soggetto normali è

compreso tra 0,14 e 0,36 mentre nel bronchitico cronico è > 0,4.

Nelle fasi avanzate si ha l’interessamento dei bronchioli terminali e respiratori con edema,

infiltrazione di cellule infiamatorie e scompaginamento delle fibre elastiche e muscolari che insieme

ai tappi di muco provocano l’ostruzione delle vie aeree con conseguente enfisema centrolobulare.

Dal punto di vista Clinico possiamo distinguere 3 forme:

1) Bronchite cronica semplice (fase preclinica): si verifica in seguito all’azione irritativa cronica

provocata dal fumo e inquinamento ambientale, interessa la mucosa bronchiale o i recettori nervosi

la cui stimolazione provoca ipersecrezione di muco con ostruzione del lume bronchiale.

Si ha < del Ø delle vie aeree maggiori senza provocare un significativo > delle resistenze delle vie

aeree, ma possono aversi alterazioni microenfisematose che determinano la cosiddetta malattia

delle piccole vie aeree. Si manifesta con tosse produttiva cioè con emissione di catarro, spesso al

mattino perchè hanno ristagnato durante la notte nelle vie aeree.

2) Bronchite cronica muco-purulenta (fase sintomatica) dovuta a sovrainfezioni batteriche

ricorrenti a causa del ristagno delle secrezioni con riacutizzazione delle bronchiti croniche, il pz

presenta tosse con espettorato mucopurulento, verdastro e dispnea.

3) Bronchite cronica ostruttiva (fase dell’invalidità): si ha l’interessamento anche dei bronchioli

non cartilaginei e si crea un meccanismo a valvola perchè l’aria penetra in inspirazione ma resta

intrappolata in espirazione, distendendo gli spazi alveolari con rottura dei setti intralveolari

(enfisema). La situazione è irreversibile e per evitare altre complicanze il pz deve smettere di

fumare. Tra le complicanze abbiamo l’enfisema post-bronchitico o centrolobulare con alterazione

degli scambi gassosi, ipoventilazione, ipossiemia e ipercapnia con conseguente acidosi respiratoria.

All’ipossia segue l’ipertensione polmonare con insufficienza ventricolare dx cioè si ha il cuore

polmonare cronico che si manifesta perchè il circolo polmonare che è a bassa pressione, a bassa

resistenza e ad alta capacitanza, subisce un > della P che si ripercuote sull’arteria polmonare, sul

cuore dx e gli altri vasi.

La Diagnosi di bronchite cronica si basa su:

Anamnesi: pz fumatore, n° sigarette fumate/giorno, qualità delle sigarette, ambiente dove vive e

lavora il pz.

Esame Obiettivo: all’auscultazione rumori umidi da ipersecrezione di muco cioè rantoli

grossolani e crepitanti, centrali o periferici o rantoli e bronchi secchi nelle forme ostruttive. I

segni di enfisema polmonare sono atteggiamento inspiratorio del torace con ridotta escursione, <

del f.v.t., iperfonesi e < murmure vescicolare

Spirometria: < MEF 25 in caso di ostruzione bronchiale (Flusso Espiratorio Medio nelle piccole vie aeree).

Rx Torace in proiezione antero-posteriore e latero-laterale: accentuazione della trama

bronco-vasale da infiammazione della parete bronchiale, segni di enfisema cioè basi polmonari

abbassate, < degli spazi aerei retrosternale e retrocardiaco.

Esame dell’Espettorato indotto da inalazione di una soluzione ipertonica di cloruro di sodio su

cui si esegue l’esame citologico valutando la presenza di cellule della flogosi cioè macrofagi,

linfociti e PMN, degenerazioni dell’epitelio bronchiale e germi responsabili dell’infiammazione. In passato si ricorreva al BAL o Lavaggio Bronchiolo-Alveolare: il broncoscopio è introdotto

attraverso le narici o la bocca fino ai rami sottosegmentari del lobo medio o della lingula, si inietta

per via endoscopica una quantità di 250-300 ml di soluzione fisiologica a 37°C per eseguire il

lavaggio e il materiale viene aspirato e messo in alcune provette di vetro o plastica, viene

centrifugato ottenendo il sedimento cellulare sul fondo della provetta, il sopranatante nella parte

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superiore della provetta che presenta una fase schiumosa superficiale ricca di lipidi e surfactant e una

fase sierosa intermedia ricca di IgAs, frazioni del complemento ed enzimi litici.

Si studia così il microambiente bronco-alveolare (MABA) cioè un settore polmonare funzionale

deputato allo scambio gassoso e che funge da membrana di difesa contro sostanze esterne che

giungono con la ventilazione oppure sostanze interne che giungono con il sangue.

In condizioni normali il MABA presenta una notevole stabilità meccanica grazie alla presenza del

surfactant endoalveolare e al tono delle strutture di sostegno cioè la parete endoalveolare.

In un soggetto normale il BAL evidenzia una composizione cellulare formata da macrofagi 80-

90%, linfociti 10-15%, PMN < 10%.

Nei pz fumatori con bronchite cronica il BAL evidenzia un >>> delle cellule infiammatorie e

la presenza di cellule dell’epitelio bronchiale degenerate.

Nella fase schiumosa o superficiale si nota un > lipidi, mentre nella fase sierosa intermedia si ha un

> delle proteine, IgAs per trasudazione del siero, < IgM, si notano frazioni del complemento ed

enzimi cioè glicosidasi, proteasi...

Nei pz fumatori sani, senza segni di bronchite cronica, la composizione del BAL prevede

ipercitosi, > macrofagi, < fagocitosi batterica, > enzimi litici, < proteine, rapporto IgG/IgA normale.

La Terapia è innanzitutto di prevenzione con astensione dal fumo di sigaretta.

In caso di riacutizzazione si usano antibiotici, mucolitici, broncodilatatori nelle forme ostruttive cioè

β2-antagonisti e Teofillina.

L’ossigenoterapia è indicata in caso di PaO2 < 55 mmHg, danni d’organo (cuore polmonare

cronico), usando cannule nasali cercando di portare la PaO2 a 60 mmHg.

L’efficacia dell’ossigenoterapia va monitorata tramite ripetute emogasanalisi.

La ventilazione meccanica è indicata nei pz con insufficienza ventilatoria acuta.

La ventilazione non invasiva a pressione positiva con maschera nasale o facciale rappresenta

un'alternativa all’intubazione nei pz vigili e collaboranti, stabili emodinamicamente, in grado di

mantenere la pervietà delle vie aeree e di espettorare.

L’ENFISEMA POLMONARE è una BPCO che nasce come evoluzione o complicanza naturale della

bronchite cronica, caratterizzata dalla dilatazione degli spazi aerei posti distalmente al bronchiolo

terminale (lobuli), distruzione delle pareti alveolari e deficit degli scambi gassosi a livello della

membrana alveolare.

Dal punto di vista Epidemiologico l’enfisema polmonare colpisce il 3% ~ della popolazione, con

mortalità pari a ~ 650 casi ogni 100000 abitanti/anno.

L’Eziopatogenesi si deve ad uno squilibrio del rapporto tra sistema proteasico/ antiproteasico,

ossidanti/antiossidanti favorita dal fumo di sigaretta, inquinamento atmosferico e predisposizione

genetica.

Il sistema proteasico è rappresentato da una serie di enzimi proteolitici che derivano dalle cellule

infiammatorie, soprattutto macrofagi e neutrofili attivati: abbiamo le proteasi neutre cioè elastasi e

collagenasi, e le idrolasi acide come le catepsine.

Questi enzimi da un lato esercitano un effetto positivo perchè distruggono batteri e proteine

eterologhe ma, se prodotte in eccesso, possono degradare l’elastina, collagene e proteoglicani che

costituiscono l’impalcatura elastica-connettivale del parenchima polmonare.

Inoltre, abbiamo gli ossidanti di natura esogena che derivano dal fumo di sigaretta o

dall’inquinamento atmosferico e gli ossidanti di natura endogena che si formano nel nostro

organismo, come l’anione superossido O2-, perossido di idrogeno o acqua ossigenata H2O2 e

radicale idrossile HO-.

In condizioni normali le proteasi prodotte in eccesso sono neutralizzate da sostanze ad attività

antiproteasica, soprattutto l’α1-antitripsina, l’α2-macroglobulina e la chimostatina.

L’α1-antitripsina è una glicoproteina di PM pari a 50000 D, sintetizzata dal fegato che inibisce

l’elastasi neutrofila e macrofagica. Esistono oltre 70 varianti dell’α1-antitripsina.

L’α2-macroglobulina e la chimostatina contrastano l’azione delle proteasi e idrolasi.

I sistemi antiossidanti che agiscono nell’organismo in condizioni normali sono:

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antiossidanti intracellulari: la perossidasi agisce contro il perossido di idrogeno.

antiossidanti di membrana: vitamina E.

antiossidanti extracellulari: catalasi, vitamina A, glutatione e α1-antitripsina.

Dal punto di vista Anatomo Patologico si fa una distinzione tra 3 tipi di enfisema:

enfisema centrolobulare, secondario a bronchite cronica ostruttiva: è la forma più frequente,

interessa soprattutto i lobi polmonari superiori, con distruzione dell’area centrale dell’acino associata

ad alterazione dei bronchi, in seguito ad uno squilibrio del sistema elastasi-antielastasi con prevalenza

dell’attività elastasica favorita dal fumo di sigaretta perché favorisce il rilascio di elastasi e radicali

ossidanti da parte di macrofagi e neutrofili attivati e, in particolare, gli ossidanti disattivano l’α1-

antitripsina in seguito all’ossidazione del gruppo metioninico.

L’enfisema centrolobulare è caratterizzato da alterazioni della meccanica ventilatoria in seguito

alla compromissione dell’elasticità polmonare, ostruzione flogistica dei bronchioli, con < CV, <<

VEMS (sindrome ostruttiva), per cui l’Indice di Tiffenau è << (VEMS/CV).

Inoltre, poichè nell’enfisema < soprattutto la componente espiratoria, la CPT può essere normale

poichè il VR > a discapito della CV con conseguente > Indice di Motley (VR/CPT) che indica la

presenza di iperdistensione parenchimale o il ristagno di aria nei polmoni.

La CFR > in seguito all’> VR, si ha un > delle resistenze delle vie aeree (RAW) dovuta all’ostacolo

al passaggio dell’aria durante l’espirazione e alterazione dell’elasticità parenchimale.

In genere questi pz sono brachitipici e obesi, forti fumatori e sono detti blue and bloated cioè blu e

gonfi perché si hanno alterazioni degli scambi gassosi e del rapporto V/Q con ipossiemia da

distruzione del letto vascolare e successivamente ipercapnia da ipoventilazione. L’ipossiemia

determina vasocostrizione ipossica delle arterie polmonari con conseguente > delle resistenze e

cuore polmonare cronico e scompenso ventricolare dx con turgore delle giugulari,

epatomegalia da stasi ed edemi declivi agli arti inferiori.

enfisema panlobulare, primitivo o idiopatico: è causato da un deficit congenito dell’α1-

antitripsina per alterazione del cromosoma 2 (omozigoti) con maggiore azione delle proteasi che

provocano danni strutturali uniformi in tutto il lobulo polmonare, soprattutto ai campi inferiori del

polmone, con interessamento della componente ventilatoria e circolatoria perfusionale per cui si ha

una modesta alterazione del rapporto V/Q e il pz viene definito pink-puffer o roseo soffiante

perchè l’iperventilazione consente di mantenere una adeguata ossigenazione, l’ipossiemia e

ipercapnia sono tardive. Spesso si tratta di soggetti magri, alti, longilinei, giovani, presentano

dispnea soprattutto da sforzo, tosse ed espettorato modesti, mentre il cuore polmonare cronico

insorge tardivamente cioè in caso di grave distruzione del parenchima e letto vascolare polmonare.

enfisema parasettale: è la forma più rara, interessa le porzioni di parenchima polmonare

adiacenti ai setti interlobulari o in sede sottopleurica, spesso caratterizzata da pneumotorace in

seguito alla rottura delle bolle sottopleuriche o blebs a contenuto aereo.

La Diagnosi di enfisema polmonare si basa su:

Anamnesi: soggetto fumatore, bronchitico cronico.

Esame Obiettivo: all’Ispezione si nota iperdistensione del torace con > del Ø antero-posteriore

del torace con tipica forma a botte e ridotta espansibilità con coste disposte in senso orizzontale e

appiattimento degli emidiaframmi più evidenti nell’enfisema panlobulare mentre nell’enfisema

centrolobulare si apprezzano soprattutto ronchi e rantoli all’Auscultazione.

Il pz presenta difficoltà respiratoria durante l’espirazione con intervento dei muscoli accessori che

durante l’inspirazione determinano lo spostamento dello sterno in senso antero-superiore.

È presente tachipnea con espirazione prolungata a labbra socchiuse.

Alla Palpazione è possibile evidenziare un rientramento della parete toracica e la < del f.v.t.. In posizione seduta spesso il pz si china in avanti e incrocia le braccia.

Alla Percussione si apprezza iperfonesi e all’Auscultazione il murmure vescicolare è <.

Rx del Torace: nell’enfisema panlobulare si nota ipertrasparenza dei campi polmonari,

appiattimento degli emidiaframmi, > dello spazio retrosternale e del Ø antero-posteriore, <

della trama vascolare da distruzione del letto vascolare mentre nell’enfisema centrolobulare si nota

un’accentuazione della trama vascolare da sovrainfezione.

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In caso di enfisema parasettale spesso si notano bolle multiple a contenuto aereo e si parla di

enfisema bolloso che in caso di rottura provocano pneumotorace spontaneo con insufficienza

respiratoria acuta.

Spirometria.

ECG: scompenso cardiaco da cuore polmonare cronico ad insorgenza tardiva.

Test della Reversibilità dell’ostruzione bronchiale: somministrando i broncodilatatori si nota

che nel pz con enfisema l’ostruzione è irreversibile nella fase di distruzione parenchimale, a

differenza del pz con asma dove l’ostruzione è reversibile.

La Terapia dell’enfisema polmonare si basa su: astensione dal fumo, mucolitici e antibiotici in

presenza di tosse e ipersecrezione, evitando le riacutizzazioni e le infezioni.

L’ossigeno-terapia è utile nei casi più gravi con ipossiemia, evitando il coma ipercapnoico.

E’ utile la Fisiochinesi Terapia Respiratoria FKT (ginnastica diaframmatica) associata a terapia

farmacologica per migliorare la ventilazione. Nei casi più gravi si ricorre alla ventilazione

meccanica anche a domicilio con maschera nasale, non invasiva rispetto all’intubazione.

I broncodilatatori sono utili solo nelle fasi ostruttive reversibili (β2-stimolanti, teofillina).

I calcio-antagonisti, diuretici e nitroderivati sono utili per contrastare l’ipertensione polmonare ed

evitare lo scompenso cardiaco e il cuore polmonare cronico.

La chirurgia è indicata nei casi più gravi: exeresi delle bolle, riduzione di volume polmonare,

trapianto polmonare (doppio).

Diagramma di Venn

L’enfisema e la bronchite cronica rientrano nelle BPCO mentre l’asma bronchiale con iperreattività

bronchiale non ha manifestazioni in comune con bronchite cronica ed enfisema.

Nel diagramma di Venn si notano zone di bronchite cronica e di enfisema senza ostruzione: le

zone più gravi sono quelle situate nelle zone I e II cioè zone cliniche di sovrapposizione, in cui la

zona I ha in comune i caratteri della bronchite e dell’enfisema.

Si tratta di pz che devono essere ospedalizzati perchè hanno bisogno di una terapia medica

adeguata.

Alcune volte i fattori patogenetici responsabili dell’asma e delle BPCO, cioè fumo e iperreattività

bronchiale, possono sovrapporsi, per cui si hanno forme miste o bronchite cronica asmatiforme,

soprattutto nei soggetti anziani con anamnesi + per asma contratto nell’infanzia o adolescenza.

CUORE POLMONARE

Il cuore polmonare o cardiopatia ipertensiva destra è l’ingrandimento del cuore dx, cioè

dilatazione e/o ipertrofia, secondario all’ipertensione arteriosa polmonare causata da malattie dei

polmoni o della circolazione polmonare.

In relazione alla sua evoluzione nel tempo si fa una distinzione tra cuore polmonare acuto e cronico.

Il Cuore Polmonare Acuto in genere è causato dall’embolia polmonare massiva da embolo a

sella cioè posto a cavallo del tronco polmonare, con brusca < del letto vascolare polmonare di

almeno il 50% che evolve rapidamente nell’insufficienza ventricolare dx e non permette al cuore

di adattarsi con meccanismi compensatori quali l’ipertrofia.

I Sintomi sono dolore toracico simil-anginoso, dispnea, tachipnea e ipossiemia.

Il Cuore Polmonare Cronico più frequente della forma acuta, si deve a malattie polmonari

croniche, ostruttive e restrittive, malattie neuromuscolari in fase avanzata e alterazioni vascolari

polmonari cioè embolia polmonare, ipertensione arteriosa polmonare primitiva e secondaria.

Noi sappiamo che il circolo polmonare è ad alta capacitanza cioè è in grado di ospitare tutto il

sangue circolante nell’organismo ed è a bassa resistenza con P media nell’arteria polmonare PAP

pari a 15 mmHg (valutabile con il cateterismo dx) contro i 90 mmHg dell’aorta.

In condizioni di sforzo il circolo polmonare è in grado di > il volume ematico senza far > la P grazie

all’apertura di circoli collaterali, evitando l’ipertensione arteriosa polmonare.

In condizioni patologiche la PAP media è > 25 mmHg perchè non si aprono i circoli collaterali con

conseguente dilatazione del cuore dx e cuore polmonare cronico.

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L’ipertensione arteriosa polmonare può essere primitiva o secondaria:

Ipertensione Polmonare Primitiva o Idiopatica: rara ma grave, ad eziopatogenesi incerta

ma un ruolo importante è svolto dalla disfunzione endoteliale polmonare con ipertrofia muscolare

della parete vascolare con fibrosi eccentrica e concentrica e trombosi con ostruzione dei vasi

polmonari. Esistono anche forme familiari a trasmissione autosomica dominante.

Esordisce con dispnea da sforzo o dolore toracico di tipo anginoso poi compaiono i segni di

insufficienza cardiaca dx e il pz spesso va incontro a morte nel giro di 5 aa, oppure si ha morte

improvvisa da gravi aritmie, embolia o emorragia polmonare o ischemia acuta del ventricolo dx.

Ipertensione Polmonare Secondaria a:

malattie polmonari parenchimali cioè BPCO, sindromi restrittive cioè fibrosi polmonare,

interstiziopatie, pneumoconiosi, interventi di lobectomia, pneumonectomia.., disordini della

ventilazione primitivi e secondari, bronchiectasie, fibrosi cistica, sindrome delle apnee ostruttive

del sonno associate a BPCO. In queste malattie l’ipossia gioca un ruolo importante perché agisce

direttamente sui vasi arteriosi polmonari provocando vasocostrizione. In caso di ipossia cronica si

ha anche una modificazione strutturale dei vasi arteriosi polmonari con < del Ø dei vasi irreversibile

per ispessimento dell’intima vascolare, ipertrofia della tonaca media che può interessare anche le

arteriole polmonari.

Ricordiamo anche la malattia dell’alta montagna o di Mouge che colpisce soggetti che vivono ad

alte quote con < PaO2 nell’aria inspirata cioè ipossia che provoca un > resistenze vascolari,

ipertrofia ventricolare dx e cuore polmonare cronico. Se all’ipossia si associa l’ipoventilazione

alveolare con ipercapnia con maggiore produzione di H+ (acidosi), il midollo osseo viene stimolato

a produrre più globuli rossi con conseguente policitemia secondaria e ipervolemia (> HCT ed Hb),

con maggiore viscosità del sangue e > delle resistenze al flusso ematico, per cui il cuore avrà più

difficoltà a pompare il sangue nei polmoni ad alto rischio di flebotrombosi ed ambolia polmonare.

malattie neuromuscolari e della parete toracica cioè distrofie muscolari, cifoscoliosi…

tromboembolie polmonari da trombosi venosa profonda. Dal punto di vista Anatomo Patologico si ha una notevole ipertrofia del ventricolo dx con

dilatazione fino all’insufficienza della valvola tricuspide, dilatazione atriale dx e stasi che

facilita l’insorgenza di trombosi. La stasi può essere facilitata anche dalla fibrillazione.

L’ipertensione polmonare cronica provoca anche aterosclerosi polmonare con presenza di placche

aterosclerotiche soprattutto a livello del tronco polmonare.

Dal punto di vista Clinico lo scompenso cardiaco dx si manifesta con turgore delle vene

giugulari da < del ritorno del sangue venoso al cuore con iperafflusso di sangue alle vene giugulari,

fegato da stasi con epatomegalia ed edemi declivi agli arti inferiori con fovea persistente alla

digitopressione. Il pz presenta cianosi centrale di origine polmonare da ipossiemia e ipercapnia

oppure cianosi periferica di origine cardiaca da < della portata cardiaca del cuore sx.

L’ipertensione polmonare determina edema con dispnea da sforzo che non regredisce con la

posizione seduta, respiro frequente e superficiale a riposo.

All’Esame Obiettivo l’ipertrofia ventricolare dx provoca itto palpabile in sede parasternale dx o

sottoxifoidea, mentre all’auscultazione cardiaca si apprezza una accentuazione della componente

polmonare del II tono, sdoppiamento costante del II tono perchè la sistole del ventricolo dx è più

lunga e ritmo di galoppo protodiastolico ventricolare dx a causa della dilatazione che > durante

l’inspirazione e determina un > riempimento ventricolare dx.

Spesso si apprezza un soffio sistolico da insufficienza tricuspidale che > durante l’inspirazione.

La causa di morte più frequente è l’insufficienza ventricolare dx o infezioni polmonari ricorrenti. La Diagnosi si basa su:

Rx Torace: segni dell’ipertensione arteriosa polmonare cioè accentuazione del secondo arco di

sx del tronco polmonare, ingrandimento dei vasi ilari con < della trama vascolare periferica.

ECG: tachicardia sinusale, onde P polmonari, blocco di branca dx completo o incompleto,

raramente l’ipertrofia-sovraccarico del ventricolo dx con alterazioni del tratto S-T e onde T invertite

in V1-V4. L’ipossia favorisce l’insorgenza di aritmie soprattutto extrasistoli ventricolari isolate.

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Ecocardiografia: dilatazione-ipertrofia del ventricolo dx e segni di ipertensione arteriosa

polmonare cioè insufficienza della valvola polmonare e tricuspidale mediante il Doppler.

Emogasanalisi: ipossiemia, ipercapnia, acidosi.

Scintigrafia ventilatoria e perfusoria: zone estese poco ventilate e poco perfuse (embolia).

Arteriografia polmonare: alterazioni delle arterie polmonari, placche aterosclerotiche, trombi..

La Terapia del cuore polmonare cronico dipende dalla causa, per cui può essere medica con

farmaci, ossigenoterapia e chirurgica fino al trapianto cuore-polmoni.

INSUFFICIENZA RESPIRATORIA ACUTA

L’Insufficienza Respiratoria è una sindrome clinica caratterizzata dall’incapacità del sistema

respiratorio di mantenere i gas respiratori in [ ] normali cioè di assicurare l’apporto di O2 e la

rimozione della CO2 necessarie per le esigenze metaboliche dei tessuti.

L’insufficienza respiratoria può essere di origine polmonare o extrapolmonare da alterazione dei

meccanismi di regolazione nervosa e chimica della ventilazione, del sistema vascolare polmonare,

parete toracica e muscoli respiratori.

Mediante l’emogasanalisi è possibile fare un’importante distinzione tra:

Insufficienza Polmonare o Insufficienza Respiratoria Parziale Ipossiemica: dovuta ad

alterazioni del parenchima polmonare con < degli scambi gassosi a livello della membrana alveolo-

capillare, soprattutto a carico dell’O2 cioè PaO2 < 60 mmHg o ipossiemia cioè < dell’apporto di

O2 al sangue e cessione di O2 ai tessuti mentre l’ipossia è la < dell’apporto di O2 alle cellule come

succede in caso di < della portata cardiaca e l’anossia è la mancanza totale di O2.

Le CAUSE principali di insufficienza respiratoria parziale con ipossiemia sono: polmonite, ARDS,

edema polmonare, fibrosi polmonare all’ultimo stadio, embolia polmonare massiva.

Insufficienza di Pompa respiratoria o insufficienza respiratoria globale: dovuta a cause

extrapolmonari che determinano ipoventilazione con ipossiemia e ipercapnia cioè PaCO2 > 45

mmHg perchè la ventilazione polmonare non riesce ad eliminare la CO2 prodotta dall’organismo.

Le CAUSE principali di insufficienza respiratoria globale con ipossiemia e ipercapnia sono:

- malattie ostruttive delle vie aeree: BPCO, fibrosi cistica, asma, ostruzione delle vie aeree centrali.

- malattie neuromuscolari: tetraplegia cervicale, malattia di Huntington, miastenia gravis,

botulismo, poliomelite, miopatie congenite e acquisite, paralisi bilaterale del diaframma.

- malattie della parete toracica: cifoscoliosi, pneumotorace tensivo.

L’insufficienza respiratoria con ipossiemia e ipercapnia possono manifestarsi nel periodo post-

operatorio: il dolore post-operatorio con ridotta contrazione dei muscoli respiratori e deficit del

riflesso della tosse, favoriscono il ristagno delle screzioni nelle vie aeree inferiori, che diventano

dense, favorendo la proliferazione di germi con conseguente bronco-polmonite, per cui i polmoni

sono più rigidi e > il carico di lavoro dei muscoli respiratori e contemporaneamente l’ipossiemia <

la resistenza alla fatica dei muscoli respiratori con conseguente respiro rapido e superficiale fino ad

atelettasie con ulteriore < dell’ossigenazione e della funzione di pompa respiratoria.

Se la terapia è tardiva si ha un progressivo > PaCO2, acidosi e arresto cardio-respiratorio.

Dal punto di vista Eziopatogenetico le CAUSE responsabili di insufficienza respiratoria sono

distinte in 4 gruppi: alterazione del rapporto V/Q, shunt veno-arterioso dx-sx, alterazione della

diffusione alveolo-capillare dei gas e ipoventilazione alveolare, cioè l’insufficienza respiratoria si

verifica in seguito all’alterazione di una o più fasi della respirazione cioè fase ventilatoria,

alveolo-capillare, tissutale e circolatoria.

La FASE VENTILATORIA è un fenomeno ciclico caratterizzato dall’inspirazione con ingresso di

aria fino agli alveoli ed espirazione con eliminazione di aria verso l’esterno, caratterizzato da

un’ampiezza o VC e da una frequenza respiratoria o n° di atti respiratori/min dal cui prodotto

otteniamo la ventilazione polmonare distinta in globale misurata a livello della bocca,

considerando anche la ventilazione dello spazio morto e alveolare cioè il volume di aria eliminato

al minuto dagli alveoli.

Le Cause responsabili di ipoventilazione alveolare sono:

polmonari: polmoniti, atelettasie, enfisema, edema polmonare acuto.

Page 50: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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extrapolmonari:

- traumi con fratture costali, versamento pleurico, pneumotorace.

- alterazioni del SNC da farmaci tossico-depressivi cioè barbiturici, anestetici, oppiacei o da

infezioni cioè encefaliti e meningiti.

- alterazioni del midollo osseo di natura infettiva (poliomelite), traumatica, metabolica da porfiria.

- interessamento nervoso periferico di natura tossica, infettiva, chirurgica da deplezione.

- patologie neuro-muscolari di natura tossica da farmaci e veleni, di natura infettiva da tetano e

botulino, traumatica da lesioni del diaframma, metabolica da deplezione potassica.

pz in coma, obesità grave.

Tutte queste patologie provocano ipoventilazione con insufficiente eliminazione di CO2, > della

PaCO2 cioè ipercapnia con acidosi respiratoria e ipossiemia che può essere corretta mediante la

somministrazione di O2 supplementare ma bisogna correggere anche l’acidosi respiratoria.

Se l’ipossiemia è dovuta ad ostruzione delle vie aeree al flusso si somministrano broncodilatatori e

si rimuovono le secrezioni mentre se l’ipossiemia è dovuta ad alterazione del SNC da farmaci

tossico-depressivi si ricorre alla ventilazione meccanica per il periodo di tempo necessario per il

completamento del metabolismo ed eliminazione dei farmaci.

Nella FASE ALVEOLO CAPILLARE si ha la ventilazione alveolare, diffusione dei gas attraverso la

membrana alveolo-capillare, perfusione sanguigna cioè passaggio dei gas dagli alveoli al sangue.

I gas devono superare la membrana alveolo-capillare e la velocità di diffusione dei gas O2 e CO2

dipende dal gradiente di P dei gas ai lati della membrana, superficie e spessore della membrana,

tenendo presente che la CO2 è circa 20 volte più diffusibile dell’O2.

Le alterazioni del rapporto V/Q sono tipiche di tutte le patologie polmonari diffuse.

Normalmente il rapporto V/Q = 0.8.

La < del rapporto V/Q è la causa principale di ipossiemia perchè si ha una < del contenuto di O2

disciolto nel plasma e soprattutto dell’O2 legato all’Hb, per cui il sangue lascia gli alveoli con una

PaCO2 più alta rispetto alla norma. La < del rapporto V/Q con < della ventilazione si deve a

problemi della pervietà delle vie aeree, malattie interstiziali polmonari cioè BPCO, asma

bronchiale, cifo-scoliosi, silicosi.

L’> del rapporto V/Q da < della perfusione è tipico delle embolie polmonari.

Normalmente i centri nervosi reagiscono provocando un > della ventilazione (riflesso chemicettivo)

che riesce a risolvere l’ipercapnia ma non l’ipossiemia a causa della disomogeneità del rapporto

V/Q nei vari campi polmonari, determinando un quadro di normocapnia con ipossiemia.

L’ipossiemia da alterazione del rapporto V/Q può essere corretta mediante un lieve > della frazione

di O2 inspirata in modo da > la PaO2.

Lo shunt veno-arterioso è il mescolamento tra sangue ossigenato e sangue desaturato in O2 con

conseguente < del contenuto in O2 nel sangue arterioso come si verifica in caso di polmoniti, edema

polmonare, atelectasie, dove lo shunt è la condizione estrema della < del rapporto V/Q perchè

provoca l’assenza della ventilazione mentre la perfusione è normale, cioè il sangue attraversa

capillari polmonari che sono a contatto con alveoli non ventilati.

Anche in tal caso l’> della ventilazione tende a normalizzare la PaCO2 ma non la PaO2.

Inoltre, la somministrazione di O2 in caso di shunt non è in grado di > la PaO2 poichè l’O2 non

riesce a raggiungere gli alveoli a causa dell’assenza della ventilazione con collasso alveolare.

La scintigrafia evidenzia delle zone a macchia di leopardo in seguito alla distribuzione disomogenea

dell’aria e del sangue.

La FASE TISSUTALE con limitazione della diffusione di O2 raramente provoca ipossiemia

significativa dal punto di vista clinico perchè l’Hb che perfonde il letto capillare ha il tempo

necessario per raggiungere la quasi totale saturazione di O2.

Alcune eccezioni si hanno in caso di sforzo fisico, notevole > della gittata cardiaca che provoca una

notevole < del tempo di transito nei capillari oppure alle altitudini elevate.

Infine, abbiamo la FASE CIRCOLATORIA con trasporto di O2 in seguito al legame con l’Hb: l’Hb

umana normale dell’adulto HbA è formata dalla globina a cui sono uniti 4 complessi ferro-emimici.

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La molecola della globina è formata da 2 catene α formate da 141 aminoacidi e 2 catene β formate

da 146 aminoacidi, ognuna legata al gruppo eme.

Ci sono varie forme di Hb patologiche responsabili di ipossia: HbH con affinità per l’O2 12 volte

superiore all’HbA, HbS meno solubile dell’HbA, con eritrocita falciforme, fragile, HbM o metaHb

che non cede l’O2 al ferro, fino a provocare la morte del pz in caso di alte [HbM] e la CarbossiHb

da intossicazione di CO: l’Hb ha un’affinità per il CO pari a 210 volte superiore all’O2, per cui la

curva di dissociazione dell’Hb si sposta a dx e la liberazione di O2 nei tessuti viene impedita. La

perdita di CO da parte di stufe, caminetti... provoca una morte silenziosa, senza dispnea, tachicardia

e cianosi.

Inoltre, l’insufficienza respiratoria ipossica da turbe della fase circolatoria può essere

dovuta anche ad una < [Hb] nel sangue da anemia grave, < della gittata cardiaca da IMA o shock

ipovolemico. La [Hb] ematica in un soggetto normale è di 14-16 gr/dl nel M, 12-14 gr/dl nella F e

16-19 gr/dl nel neonato: ogni grammo di Hb può trasportare 1.34 ml di O2, per cui per ogni litro di

sangue vi è una capacità massima di trasporto pari a 201 ml di O2.

A riposo, a livello del mare, PaO2 = 95 mmHg, si ha una saturazione dell’Hb pari al 97%, per cui la

capacità di trasporto dell’O2 combinato con l’Hb è di 194.97 ml di O2 per litro di sangue, cioè

lievemente < alla sua capacità massima di trasporto, a cui si aggiunge l’O2 disciolto nel plasma e

non legato all’Hb pari a 2.87 ml/lt di plasma, per cui il contenuto totale di O2 è di 197.84 ml/lt di

sangue arterioso. La portata circolatoria normale è di 5 lt/min capace di trasportare ai capillari

tissutali una quantità di 989.2 ml/min di O2.

In caso di < della gittata cardiaca si ha una drastica < del trasporto di O2 ai tessuti.

Il Quadro Clinico dell’insufficienza respiratoria prevede 3 stadi:

I Stadio:

- segni respiratori: ↑ dispnea, ipersecrezione bronchiale da irritazione della CO2 con espettorato

purulento, cianosi, ronchi e rantoli.

- segni cardiovascolari: tachicardia e edemi declivi.

- segni neurologici assenti.

- emogasanalisi: PaO2 > 40 mmHg, PaCO2 < 70 mmHg, pH ematico > 7,75.

II Stadio:

- segni respiratori: dispnea a riposo, impiego dei muscoli accessori, cianosi marcata.

- segni cardiovascolari: epatomegalia, turgore giugulari, insufficienza valvola tricuspide.

- segni neurologici: sonnolenza, agitazione, confusione mentale, tremori.

- emogasanalisi: PaO2 = 30-40 mmHg, PaCO2 = 70-80 mmHg, pH ematico = 7,20-7,25.

III stadio:

- segni respiratori: fatica muscolare, asincronia del respiro, apnee.

- segni cardiovascolari: aritmie, ipotensione arteriosa, shock (bradicardia e arresto cardiaco).

- segni neurologici: coma.

L’encefalopatia respiratoria è legata all’ipossiemia, acidosi, PaCO2 > 70 mmHg. L’> acuto della

CO2 provoca cefalea da vasodilatazione cerebrale, ipersudorazione e iper o ipotensione sistemica.

- emogasanalisi: PaO2 < 30 mmHg, PaCO2 > 80 mmHg, pH ematico < 7,20.

La Prognosi è sfavorevole in presenza di encefalopatia, fatica dei muscoli respiratori associata ad

intensa attività dei muscoli accessori con asincronismo toraco-addominale, per cui è necessaria

l’intubazione endotracheale e la ventilazione meccanica.

La Diagnosi di insufficienza respiratoria si basa su:

Anamnesi + Esame Obiettivo: valutiamo sintomi e segni, aggravamento di patologie preesistenti.

Emogasanalisi: alterazioni equilibrio acido-base, ipossiemia, ipercapnia, acidosi…

Spirometria: entità e tipo di compromissione ventilatoria.

ECG: stato di sofferenza ipossica del miocardio, aritmie, ipertensione polmonare e cuore

polmonare cronico. Per studiare l’emodinamica polmonare possiamo ricorrere alla Ecocardiografia,

Scintigrafia polmonare, angiografia e cateterismo cardiaco.

Laboratorio: HCT, diuresi/24 h, azotemia e creatininemia perché la < della portata cardiaca o la

vasocostrizione renale provocano ipoperfusione renale con < della diuresi.

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La Terapia dell’insufficienza respiratoria si basa su:

mantenimento della pervietà delle vie aeree.

ossigenoterapia: per correggere l’ipossiemia.

pressione positiva di fine espirazione PEEP o pressione positiva continua delle vie aeree

CPAP per incrementare il volume polmonare (CFR) e migliorare l’ossigenazione.

L’O2 può essere somministrato mediante le maschere nasali oppure con intubazione endotracheale.

correzione dell’acidosi respiratoria: il bicarbonato può neutralizzare l’acidosi respiratoria ma può

favorire l’alcalosi metabolica e una depressione funzionale della ventilazione, per cui viene usato

solo nei casi più gravi. Si ricorre a ossigenoterapia non invasiva con maschera nasale o oronasale

utile per la correzione dell’acidosi respiratoria oppure a ventilazione meccanica con intubazione

endotracheale nei casi più gravi > PaO2, < PaCO2 e normalizzando il pH ematico.

correggere l’anemia e la volemia mediante reinfusione di sacche di sangue intero o emoderivati,

plasma expanders, albumina plasmatica... ripristinando la gittata cardiaca e favorendo il trasporto

di O2 ai tessuti.

trattamento della malattia di base: broncodilatatori, antibiotici, antiinfiammatori...

evitare il fumo di sigaretta, bevande alcoliche, sedativi, i pz obesi devono ridurre il peso

corporeo.

evitare l’insorgenza di complicanze: infezione respiratoria e sepsi.

TUBERCOLOSI POLMONARE

La TBC è una malattia infettiva cronica che in genere colpisce i polmoni ma può interessare anche

le meningi con meningite tubercolare, ossa e apparato urogenitale con quadri anatomo-clinici

diversi, legati all’entità della carica microbica, grado di virulenza e meccanismi di difesa

immunitaria dell’organismo ospite.

Dal punto di vista Epidemiologico la TBC rispetto al passato ha subito una forte diminuzione

grazie al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie ed economiche, terapie più efficaci e alla

profilassi, ma negli ultimi anni c’è stata una inversione di tendenza in America e in Europa legata

alla diffusione dell’AIDS e ai flussi migratori da Paesi sottosviluppati dove la TBC è molto diffusa.

Comunque rispetto al passato la mortalità si è ridotta del 99%, tenendo conto che ogni anno si

verificano ~ 8 milioni di nuovi casi con mortalità pari a ~ 2,7 milioni, soprattutto nei Paesi

sottosviluppati (85%).

Tra i fattori predisponenti abbiamo: malnutrizione, alcolismo, cirrosi, malattie croniche

debilitanti, diabete, linfoma di Hodking, AIDS, trattamento con corticosteroidi o

immunosoppressori, malattie croniche polmonari, età avanzata, infatti, i pz con età > 65 aa sono più

suscettibili alla riattivazione. Nei paesi in via di sviluppo i fattori di rischio sono: affollamento,

cattive condizioni igieniche, guerre civili, condizioni economiche scadenti.

Dal punto di vista Eziologico la TBC è causata dal Mycobacterium tuberculosis o bacillo di

Koch (BK) dal nome del medico che lo identificò nel 1882.

Esistono varie specie patogene per l’uomo:

- Mycobacterium bovis: provoca la mastite nella mucca e l’infezione si trasmette all’uomo

mediante il latte non pastorizzato con TBC intestinale, rara rispetto al passato (pastorizzazione).

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- Mycobacterium avium provoca la TBC aviaria che si trasmette all’uomo provocando delle gravi

forme generalizzate, anche mortali.

- Mycobacterium ulcerans e balnei responsabili di ulcere torbide croniche della pelle.

- Mycobacterium lepare o bacillo di Hansen responsabile della lebbra umana.

- Micobatteri atipici che provocano nell’uomo delle infezioni molto simili a quelle del M.

tuberculosis, tra cui abbiamo il M. kansasii, M. acquae, M. fortuitum...

Il Mycobacterium Tuberculosis è un batterio Gram+ asporigeno, bastoncellare, immobile perchè

privo di ciglia, privo di capsula, mentre la proprietà più importante è quella dell’acido-alcol

resistenza su cui si basa la colorazione di Ziehl-Nielsen che è specifica per i micobatteri: i

micobatteri colorati con fucsina fenicata basica al 5% non sono decolorati con alcool etilico ed

acido solforico mentre gli altri batteri sono decolorati.

Il M. tuberculosis è aerobio ecco perchè infetta soprattutto le zone apicali del polmone che sono

ben ventilate e si accresce più rapidamente nelle caverne mentre non sopravvive in condizioni di

necrosi caseosa con anaerobiosi. E’ molto labile alla luce del sole, negli ambienti molto illuminati e

ai raggi U.V., mentre è molto resistente ai comuni disinfettanti, cresce lentamente alla T di 37°C nei

terreni arricchiti con tuorlo d’uovo o albumina, è costituito soprattutto da proteine come l’Ag

tubercolare o tubercolina responsabile di un’ipersensibilità di tipo ritardata.

Raramente la Diffusione avviene per contatto negli addetti all’allevamento e alla macellazione dei

bovini (infetti), per via aerea linfo-ematogena cioè i bacilli stazionano nella mucosa orale e poi

sono trasportati per via linfatica nel torrente circolatorio oppure per via transplacentare con

infezione del feto attraverso i vasi ombelicali in presenza di lesioni TBC della placenta.

In genere la trasmissione dell’infezione avviene per via aerea in seguito all’inalazione di

goccioline di espettorato emesse con la fonazione, starnuti, tosse da pz portatori di lesioni attive e

aperte. Le goccie più grandi sono bloccate nelle vie aeree e drenate mediante la clearance muco-

ciliare, mentre le goccioline più piccole raggiungono gli alveoli soprattutto a livello dei lobi

inferiori e i segmenti anteriori dei lobi superiori che sono le parti più ventilate.

A livello degli alveoli si verifica una flogosi o alveolite aspecifica desquamativa con essudato

ricco di proteine e leucociti polimorfonucleati, poi intervengono i macrofagi alveolari che

fagocitano attivamente i microrganismi: i micobatteri riescono a sopravvivere nei macrofagi a basso

livello di attivazione mediante il “fattore cordale” cioè inibiscono la fusione tra fagosoma e

lisosoma, bloccando la risposta immunitaria. Invece, i macrofagi attivati sono in grado di fagocitare

i micobatteri producendo enzimi e radicali ossidanti che innescano il meccanismo di inibizione o il

killing batterico. Se i batteri resistono alla fagocitosi possono essere veicolati dai fagociti

nell’interstizio e verso i linfonodi satelliti ilari, favorendo la formazione del complesso primario

rappresentato dalla flogosi parenchimale, linfoadenopatia ilare e fenomeni di linfangite.

Gli Ag micobatterici derivanti dalla fagocitosi macrofagica vengono presentati ai linfociti T CD4+

attraverso le molecole di classe II del complesso maggiore di istocompatibilità: i linfociti T

producono una serie di citochine che richiamano e attivano altri macrofagi e linfociti che infiltrano

le lesioni polmonari dove rilasciano le citochine. I linfociti Th2 rilasciano IL-4, IL-5, IL-6, IL-10

ma è più importante il ruolo svolto dai linfociti Th1 che rilasciano interferone-γ e IL-2 responsabili

di una reazione immunitaria specifica cellulo-mediata di tipo IV o di ipersensibilità ritardata

(secondo Gell e Coombs) nel tentativo di circoscrivere l’infezione, favorendo la formazione del

granuloma tubercolare o tubercolo o nodulo primario, in seguito all’intervento del TNF-ά

che richiama e attiva i monociti circolanti. Il meccanismo di difesa immunitaria contro i bacilli è

completato dall’azione citotossica dei linfociti T CD4+ e CD8

+ mentre i linfociti B producono IgM e

IgG ad azione opsonizzante. Successivamente la lesione viene circoscritta da un processo di fibrosi

che impedisce la diffusione della flogosi e si può avere un processo di necrosi caseosa centrale con

anaerobiosi e pH acido che impediscono ai micobatteri di sopravvivere, generando una lesione

sterile oppure i micobatteri riescono a sopravvivere in condizioni di metabolismo molto blando per

tutta la durata della vita del pz e si parla di micobatteri murati vivi da cui si può avere la

reinfezione o riattivazione endogena di una lesione quiescente.

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Se l’azione dei batteri e superiore all’azione di difesa immunitaria dell’ospite, il focolaio non viene

circoscritto e si ha la colliquazione della necrosi che favorisce la proliferazione attiva del bacillo

con diffusione della malattia in altri distretti polmonari ed espulsione dell’espettorato mediante le

vie aeree al alto rischio di contagio in altri soggetti.

Il 90% ~ dei soggetti che subiscono l’infezione non va incontro alla malattia, i fenomeni

patogenetici sono asintomatici o si manifestano con sintomi generali aspecifici e si instaura

l’ipersensibilità di tipo ritardata o tubercolinica con esito fibroso delle lesioni fibrocalcifico.

Il 5% dei soggetti infettati va incontro a TBC conclamata nel periodo successivo al contagio o nei

primi 12 mesi, ma si tratta di forme lievi e circoscritte che esordiscono ancora prima che si

manifesti l’ipersensibilità tubercolinica o periodo primario, mentre nel restante 5% dei soggetti

contagiati la malattia conclamata si sviluppa nel periodo post-primario cioè dopo anni o decenni

dalla prima infezione, in seguito alla riattivazione della lesione (bacilli murati vivi).

Le alterazioni Anatomo Patologiche dipendono dall’aggressività dei microrganismi e

dall’efficienza dei meccanismi di difesa dell’ospite.

Nel periodo primario si forma prima un focolaio di essudazione plasmatica aspecifico, ricco di

fibrinogeno, macrofagi, linfociti e granulociti, poi si ha la reazione di ipersensibilità e la formazione

del granuloma tubercolare formato da un insieme di cellule di derivazione monocito-macrofagica

dette cellule epitelioidi dotate di intensa attività microbicida e secretoria (enzimi, citochine, radicali

ossidanti). Le cellule epitelioidi sono in parte fuse tra loro a formare le cellule giganti o di

Langhans costituite da numerosi nuclei disposti in periferia, circondate da un manicotto fibroso

costituito da linfociti e fibroblasti. In genere il granuloma va incontro a guarigione in seguito alla

reazione fibrosa, si ha la necrosi caseosa centrale ma se le capacità di difesa specifica acquisita con

l’infezione primaria si attenuano oppure la carica micobatterica è notevole e molto virulenta, si può

sviluppare il nodulo post-primario con lesioni non circoscritte, colliquazione del materiale caseoso

e formazione della caverna tubercolare o tisiogenesi con parete formata da 3 strati:

- strato interno, necrotico-caseoso da necrosi colliquativa e raccolta di materiale fluido che

favorisce la moltiplicazione del bacillo, drenato dal bronco di drenaggio, favorendo il contagio

tramite l’espettorato.

- strato intermedio, vascolo-connettivale formato da tessuto di granulazione, vasi neoformati e

fibre connettivali, con presenza di macrofagi.

- strato esterno pericavitario, atelettasico da occlusione flogistica dei bronchioli pericavitari.

Nei casi più gravi si ha la disseminazione del micobatterio per via ematogena e si parla di TBC

miliare con interessamento di polmone, cervello, fegato, milza, reni, midollo osseo, ossa, pleura,

pericardio e peritoneo.

Il lume e le pareti della cavità spesso sono attraversati da numerosi vasi ectasici, trombizzati con

aneurismi di Rasmussen che possono rompersi e dare emottisi.

Dal punto di vista Clinico si fa una distinzione tra TBC primaria e post-primaria:

La TBC PRIMARIA viene distinta in:

TBC primaria non morbigena: è la forma più frequente, asintomatica, scoperta casualmente

mediante un Rx che mette in evidenza l’esito fibroso o fibrocalcifico delle lesioni oppure perchè

reazione cutanea alla tubercolina è + in seguito al contatto con il bacillo ma il pz non presenta sintomi.

TBC primaria morbigena: più rara, si manifesta con sintomi generali aspecifici cioè febbricola,

tosse stizzosa in seguito alla stimolazione dei centri tussigeni situati a livello della carena

bronchiale, astenia, anoressia e sudorazione profusa notturna.

L’Rx torace mette in evidenza il complesso primario con opacità parenchimale in sede periferica da

flogosi essudativa iniziale, ingrandimento dell’ombra ilare omolaterale da linfoadenopatia satellite e

alcune volte strie di linfangite che collega la flogosi parenchimale alla linfoadenopatia.

Spesso la flogosi parenchimale e la linfangite si risolvono rapidamente per cui all’Rx si osserva solo

la linfoadenopatia ilare.

La reazione alla tubercolina è + mentre l’esame batteriologico dell’espettorato è – perchè la

TBC primaria morbigena è caratterizzata da focolai chiusi, per cui i bacilli difficilmente sono

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presenti nell’espettorato. Il laboratorio evidenzia un modesto > leucociti (8000-10000) con

neutrofilia relativa, > VES.

La terapia consente di ottenere buoni risultati già dopo 3-4 gg con attenuazione dei sintomi

generali, stabilizzazione del complesso primario con regressione precoce e spesso completa della

linfangite e del focolaio parenchimale, mentre la regressione della linfoadenopatia ilare è più lenta.

Ricordiamo che possono residuare i cosiddetti bacilli murati vivi di Calmette in stato di

quiescenza biologica, per cui la guarigione completa con scomparsa dei segni clinici e radiologici

avviene con un ciclo di terapia specifica per circa 7-9 mesi.

La TBC primaria può essere caratterizzata dall’insorgenza di Complicanze:

- formazione della caverna da necrosi colliquativa se la maturazione delle difese immunitarie

contro il micobatterio è tardiva.

- atelettasia in seguito a compressione e ostruzione di un bronco da parte delle ghiandole linfatiche

aumentate di volume, in genere interessa il lobo medio, per cui si parla di sindrome del lobo medio

e all’Esame Obiettivo si nota retrazione e ipomobilità dell’emitorace all’ispezione, ottusità marcata

alla percussione, < o scomparsa del murmure vescicolare all’auscultazione.

Nei casi più gravi si ha l’evoluzione dell’atelettasia verso la fibrosi, la deformazione del bronco e

l’insorgenza di gravi bronchiectasie.

- disseminazione dell’infezione per via broncogena in seguito all’aderenza flogistica tra linfonodo

interessato e parete del bronco adiacente, ad alto rischio di fistolizzazione e svuotamento del

materiale caseoso colliquato nel bronco, con conseguente broncopolmonite diffusa.

- diffusione linfoematogena del micobatterio, extrapolmonare ad alto rischio di mortalità.

La TBC POST-PRIMARIA può manifestarsi anche a distanza di molti anni dalla prima infezione e

viene distinta in 3 gruppi: miliarica, nodulare e cronica.

La TBC post-primaria miliarica si verifica in seguito alla diffusione per via ematica di un

focolaio riattivato con interessamento di vari organi, provocando meningite, pericardite, peritonite...

ad alto rischio di mortalità. Può essere circoscritta o disseminata.

Le forme miliariche circoscritte interessano la parte apicale del polmone, provocando sintomi

generali aspecifici, cioè malessere e astenia, ma alcune volte si ha hanno recidive e la migrazione

dell’elemento miliarico in altri distretti polmonari provocando sintomi generali e locali più marcati

e soprattutto emoftoe in caso di escavazione.

Le forme miliariche disseminate sono distinte in forme acute, subacute o croniche.

Le forme acute sono gravi, ad alto rischio di mortalità perchè la diffusione ematogena del

micobatterio è massiva, con interessamento polmonare ed extrapolmonare.

Il pz presenta febbre alta remittente, tachicardia, gravi segni di insufficienza respiratoria con

dispnea e cianosi, diarrea, epato-splenomegalia con ascite, meningite tubercolare fulminante.

Se la terapia è precoce si può avere la guarigione con restitutio ad integrum, altrimenti la prognosi è

sfavorevole con esito infausto.

Le forme subacute hanno un decorso più prolungato rispetto alla forma acuta e si manifestano con

sintomi modesti.

Le forme croniche sono molto frequenti, derivano dalle forme miliari circoscritte recidivanti e

migranti, sono ad insorgenza lenta e progressiva fino alla fibrosi polmonare diffusa, formazione di

caverne, anche multiple provocando insufficienza respiratoria cronica di tipo restrittivo, cuore

polmonare cronico e scompenso cardiaco congestizio, per cui la prognosi è riservata.

La terapia chemioantibiotica non è molto efficace a causa della ricca componente fibrosa, con

regressione lenta e scarsa.

La TBC post-primaria nodulare è una forma essudativa, circoscritta o diffusa, tra cui abbiamo il

tubercoloma cosiddetto perchè in passato era confuso per un tumore ed era trattato chirurgicamente.

La reazione alla tubercolina è + e all’Rx si nota una formazione rotondeggiante con Ø ≥ a 2 cm,

con limiti netti, massa omogenea ma talora nella parte centrale si nota una piccola zona iperchiara

a semiluna, dovuta alla coartazione per disidratazione della massa caseosa centrale. Il tubercoloma

può restare stabile o progredisce lentamente nel tempo.

I sintomi possono essere assenti o modesti con febbricola, astenia, anoressia, sudorazioni notturne.

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La TBC post-primaria cronica si verifica nel caso di forme tubercolari che non sono ancora

guarite dopo 1 anno e 1/2 dalla diagnosi e inizio della terapia, soprattutto se la terapia chemio-

antibiotica non è stata condotta in maniera corretta o se si tratta di micobatteri resistenti alla terapia.

Per cui questi soggetti rappresentano una fonte di contagio continua, sono emarginati dalla società,

non sono idonei al lavoro, con alti costi per il Sistema Sanitario Nazionale.

Si tratta di forme a lenta evoluzione, con periodi di quiescenza clinica, fino ad andare in contro a

insufficienza cardio-respiratoria, scompenso da cuore polmonare cronico e morte del pz.

I Sintomi della TBC sono distinti in sistemici e locali:

- sintomi sistemici: febbricola pomeridiana, senso di freddo, sudorazioni notturne, anoressia,

perdita di peso, mialgia, astenia.

- sintomi locali: tosse secca e stizzosa in caso di lesioni chiuse, oppure tosse produttiva in caso di

lesioni aperte con espettorato più o meno infettante, emoftoe o emottisi da erosione dei vasi

bronchiali, dolore toracico accentuato dal respiro profondo e dalla tosse dovuto a pleurite

tubercolare che limita i movimenti respiratori provocando dispnea. Nella TBC miliare sono presenti segni di insufficienza respiratoria acuta e di coinvolgimento

extrapolmonare: irritazione meningea con cefalea e rigidità nucale, epato-splenomegalia, ascite…

La Diagnosi si basa su:

Anamnesi: ambiente in cui vive il pz, fonte del contatto e la frequenza del contatto, infezione da

HIV e tossicodipendenza.

Esame Obiettivo: in caso di TBC primaria può essere – se il focolaio è piccolo e periferico, se

invece è superficiale ed associato a notevole adenopatia possiamo notare il segno di Kramer con

ipofonesi inter-scapolo-vertebrale a livello della C2-C4, il segno di De La Camp con ipofonesi

sulle prime vertebre dorsali. Nella TBC postprimaria si ha nella fase iniziale una modesta ipofonesi

sottoclaveare e rantoli crepitanti mentre nella fase avanzata si ha ottusità, soffio bronchiale e rantoli

bollosi o cavitari.

Indagini di Laboratorio: > VES, modesto > leucociti con linfocitosi, anemia ipocromica.

In caso di sospetto clinico di TBC si passa al test alla tubercolina, esame dell’espettorato, Rx:

Test alla tubercolina: prova intradermica per valutare la presenza di ipersensibilità cutanea

verso derivati proteici purificati del batterio (test di Mantoux); possiamo avere 3 tipi di reazione:

reazione locale con intensa congestione dei vasi nel punto di inoculazione, reazione di focolaio

intorno alle pregresse lesioni tubercolari, reazione generale con febbre.

Se il soggetto è infetto nel giro di 48-72 h si ha la reattività alla tubercolina cioè nel punto di

inoculazione si forma una zona rossa e dura, più o meno estesa e la reazione è + se il Ø è ≥ 6 mm.

La quantità di tubercolina iniettata deve essere ≤ a 1 U per evitare fenomeni di malessere generale:

cefalea, febbricola...

Esame dell’espettorato per la ricerca del bacillo che è acido-alcol resistente con esame

microscopico diretto: il materiale emesso spontaneamente o indotto, viene fissato su un vetrino e

colorato mediante il metodo di Zihel-Neelsen osservando i micobatteri con aspetto di bastoncini

rossi su campo blu.

L’esame colturale con terreni solidi o liquidi fornisce una risposta nel giro di 4 settimane, data la

lenta moltiplicazione dei micobatteri ed è usato per la ricerca dei micobatteri atipici o MOTT

(Mycobacteria Other Than Tuberculosis) cioè batteri saprofiti ubiquitari che non sono sensibili alla

terapia tradizionale per le forme tipiche, come il Micobacterium avium intracellulare che causa

infezione sistemica soprattutto nei pz con AIDS.

PCR o Reazione Polimerasica a Catena: metodo di biologia molecolare con sonde genetiche,

sensibile e specifica, per individuare rapidamente il micobatterio, in poche h ma è un metodo molto

costoso e poco usato.

Rx Torace: evidenzia il complesso della TBC primaria con opacità polmonare, ingrandimento

dell’ombra ilare omolaterale da linfoadenopatia satellite, strie a partenza ilare che si dirigono

verso il focolaio da linfangite. In caso di guarigione del complesso primario possono residuare

calcificazioni a livello del parenchima e dei linfonodi.

Le caverne sono ipertrasparenti e rotondeggianti delimitate da una parete sottile.

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57

La Terapia se il test alla tubercolina – si basa sulla vaccinazione inoculando ceppi attenuati di

Micobacterium bovis o bacillo di Calmette e Guerin BCG che induce lo stato di sensibilità.

Se il test alla tubercolina è + si ricorre alla polichemioterapia per 6-9 mesi a causa della crescita

lenta del batterio in modo da sterilizzare tutte le lesioni con associazione di almeno 3 farmaci

evitando fenomeni di resistenza crociata in seguito alla selezione di ceppi resistenti al farmaco o

ceppi mutageni, evitando l’uso contemporaneo di farmaci dotati di tossicità verso uno stesso

organo. Per le forme recenti si usano isoniazide, rifampicina, etambutolo per 3 mesi, poi si prosegue

con isoniazide e rifampicina per altri 6 mesi. L’isoniazide è epatotossico per cui si deve monitorare la fx

epatica. Raramente si ricorre alla streptomicina che è stato il primo farmaco usato per il trattamento

della TBC nel 1944, quando sostituì la collassoterapia per favorire la guarigione delle caverne

(pneumoperitoneo, pneumotorace extrapleurico o intrapleurico, toracoplastica).

Un altro schema prevede l’associazione tra 4 farmaci: isoniazide, rifampicina, streptomicina e

pirazinamide per 2 mesi, poi si continua per altri 4 mesi con isoniazide e rifampicina.

In caso di fenomeni di resistenza si esegue un antibiogramma e, in attesa dei risultati, si somministrano 3

farmaci diversi da quelli usati negli schemi precedenti: rifabutina più potente della rifampicina,

fluorochinoloni (ofloxacina, ciprofoxacina), macrolidi (roxitromicina, claritromicina).

Nelle forme croniche con fibrosi diffusa si ricorre a polichemioterapia + corticosteroidi che facilitano

la penetrazione dei chemioantibiotici nei focolai tubercolari, riducendo gli esiti fibrotici e alcune volte

consentendo la restitutio ad integrum. Tra i corticosteroidi si usa il metil-prednisolone: 40 mg nella 1^

sett., 30 mg nella 2^ sett., 20 mg per 2 sett., 10 mg per altre 2 sett., per cui il trattamento è di 40 gg.

È importante monitorare la risposta alla terapia tramite esame dell’espettorato microscopico e

colturale ogni settimana nelle prime 6 settimane di trattamento e 1 volta/mese quando l’esame

colturale è diventato –.

La Terapia Chirurgica è usata raramente in caso di terapia medica inefficace e complicanze,

stenosi bronchiali, bronchiectasie, fistole bronco-pleuriche, tubercolomi, emottisi ricorrenti o

persistenti...ricorrendo a segmentectomie, enucleazioni, lobectomie.

PNEUMOPATIE INTERSTIZIALI o INTERSTIZIOPATIE POLMONARI

Le Pneumopatie Interstiziali o Interstiziopatie sono un gruppo eterogeneo di malattie

caratterizzate dalla disorganizzazione morfo-funzionale dell’interstizio polmonare con evoluzione

fibrotica nelle fasi conclamate della patologia, per cui si parla di interstiziopatia o fibrosi

interstiziale.

L’interstizio è la parte meno nobile dell’apparato respiratorio perché, a differenza dell’alveolo

polmonare, non partecipa agli scambi gassosi: è rappresentato da un piccolo spazio costituito da

tessuto connettivo lasso che separa le cellule dell’alveolo polmonare dall’endotelio dei capillari

alveolari e si fa una distinzione tra interstizio portante e alveolare:

interstizio portante: detto peribroncovasale, separa vasi, bronchi e bronchioli, può essere

sottopleurico, intersegmentale, intralobulare o perilobulare, ha una funzione di sostegno, elastica e

dinamica ed è costituito da grosse fibre collagene e scarsa matrice.

interstizio iuxtalveolare: è situato tra alveoli adiacenti, separa il sangue dall’alveolo, ha una

funzione di scambio, sostegno e immunitaria, è la sede più colpita dalla fibrosi e viene distinto in un

versante sottile costituito dalla barriera alveolo-capillare e un versante spesso costituito dal nucleo

della cellula endoteliale e pneumocita di II tipo, fibroblasti, fibre elastiche e collagene e cellule

infiammatorie cioè linfociti, macrofagi e PMN.

Abbiamo vari tipi di classificazioni: eziologica, istopatogenetica, anatomo-patologica, clinica.

Nella Classificazione Eziologica si fa una distinzione tra:

interstiziopatie primitive ad eziologia sconosciuta o idiopatiche: fibrosi polmonare idiopatica.

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interstiziopatie primitive ad eziologia nota dovute a:

- infezioni virali, batteriche da clamidie e micoplasmi.

- polveri organiche in ambiente professionale: responsabili delle alveoliti allergiche estrinseche

con flogosi su base immunologica della parete alveolare e delle vie aeree terminali.

Spesso interessano i contadini per inalazione della polvere di fieno contaminato da miceti cioè

Micropolyspora fieni o Thermopolyspora polyspora che vivono in ambiente freddo-umido di media

montagna o collina, nella stagione autunnale e invernale specialmente dopo un’estate piovosa,

responsabili di interstiziopatie polmonari diffuse.

Poi abbiamo la malattia dei formaggiai, coltivatori di funghi e dei cereali, lavoratori della canna da

zucchero (bagassosi), lavoratori del legno, sughero (suberosi), condizionatori ed umidificatori d’aria

da Miceti e Legionelle, lavoratori del caffè, tabacco, tecnici di laboratorio in seguito al contatto con

le urine o le feci dei roditori o altri animali di laboratorio.

- polveri inorganiche con pneumoconiosi: silicosi, asbestosi, talcosi, berilliosi.

- polveri chimiche: nylon, acrilico, cloruro di vinile contenuti nelle fibre sintetiche.

- O2 somministrato a [ ] > 50% con grosse irritazioni nei nati prematuri.

interstiziopatie secondarie ad altre patologie: connettiviti (LES, AR, sclerodermia,

dermatomiosite), vasculiti (panarterite nodosa, granulomatosi di Wegener, sindrome di Goodpasture con

alveolite emorragica associata a glomerulonefrite), stasi cardiaca, intossicazioni, tossicodipendenza,

cuore polmonare da chemioterapici, anti-ipertensivi (Ace-inibitori), penicilline, metothrexate,

eritromicina, diuretici...

Nella Classificazione Isto-Patogenetica si fa una distinzione tra:

interstiziopatie flogistico-granulomatose: TBC, sarcoidosi, istiocitosi.

interstiziopatie flogistiche non granulomatose: fibrosi polmonare idiopatica.

interstiziopatie emodinamiche da > P arteriosa e permeabilità alveolo-capillare.

interstiziopatie da neofibrillogenesi irritativa.

Nella Classificazione Anatomopatologica (istologica) si fa una distinzione tra:

polmonite interstiziale usuale o comune (UIP) è la forma più frequente e benigna.

bronchiolite obliterante associata a polmonite interstiziale comune (BIP) con interessamento

di bronchioli e polmoni.

polmonite interstiziale desquamativa (DIP).

polmonite interstiziale linfoide (LIP).

polmonite interstiziale a cellule giganti (GIP).

Nella Classificazione Clinica si fa una distinzione tra forme acute, subacute e croniche.

Il Meccanismo Eziopatogenetico prevede 2 fasi evolutive:

- fase parenchimale precoce: la noxa patogena provoca un’infiammazione parenchimale alveolare

o alveolite acuta con infiltrazione cellulare e edema, formazione di essudato e granulomi.

- fase interstiziale tardiva: si ha l’estensione del processo infiammatorio all’interstizio ed ai vasi

con fibrosi interstiziale e interessamento delle vie aeree con bronchiolite obliterante.

Dal punto di vista Anatomo Patologico si ha:

danno endoteliale con > della permeabilità capillare, passaggio di essudato nello spazio

interstiziale e infiltrazione di cellule infiammatorie ed edema.

danno epiteliale con necrosi dei pneumociti di tipo I e iperplasia compensatoria dei pneumociti

di II tipo che tentano di ricostruire l’integrità dell’alveolo mentre i detriti cellulari derivati dalla

necrosi e l’essudato ricco di proteine e fibrina determinano la formazione di membrane ialine.

Dal punto di vista Fisiopatologico si hanno:

alterazioni degli scambi gassosi da ispessimento della barriera alveolo-capillare: nelle fasi

iniziali si ha ipossiemia con ipocapnia da iperventilazione compensatoria e si parla di pz fibrotico-

ipossiemico. L’ipossia determina vasocostrizione dei capillari polmonari che, insieme alle

alterazioni fibrotiche del letto vascolare, provoca un > resistenze polmonari con ipertensione

polmonare e cuore polmonare cronico.

alterazioni della meccanica ventilatoria da < o assenza delle fibre elastiche sostituite dalle

fibre collagene, per cui il polmone perde la sua elasticità e diventa rigido, non si espande, con

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respiro frequente e superficiale e la spirometria evidenzia << CV, < VEMS, < CVF, indice di

Tiffenau normale, > o <, < compliance, alterazione del rapporto V/Q da < della perfusione.

I Sintomi nelle fasi iniziali sono dispnea da sforzo con tosse secca, persistente mentre nelle fasi

avanzate si ha dispnea grave a riposo con tosse produttiva in caso di bronchiolite o bronchiectasie.

Il pz presenta sintomi generali cioè astenia, febbricola persistente o febbre, perdita di peso.

Nelle fasi terminali è presente insufficienza respiratoria con cianosi e ippocratismo digitale e

cuore polmonare cronico con ingrandimento delle cavità dx del cuore, sdoppiamento del II tono

sul focolaio polmonare e segni di insufficienza ventricolare dx cioè turgore giugulare,

epatosplenomegalia e edemi declivi

All’Esame Obiettivo si nota: ipomobilità del torace, ipofonesi diffusa, rantoli crepitanti basali

bilaterali inspiratori che non si spostano con i colpi di tosse, dita a bacchetta di tamburro, cianosi.

La Diagnosi si basa su:

Anamnesi lavorativa-ambientale, farmacologica per valutare le probabili cause della malattia.

Rx del Torace: nelle fasi iniziali si nota opacità reticolare o reticolo-nodulare alle basi

polmonari mentre nelle fasi successive si ha l’interessamento progressivo di tutto il polmone con

noduli diffusi con aspetto a vetro smerigliato, ispessimento dell’interstizio portante con strie di

Kerley visibili, ispessimento del tessuto connettivo peribronchiale e presenza di tessuto fibrotico

cicatriziale con formazione di cisti dove il catarro muovendosi genera i rantoli.

Il polmone presenta un aspetto cistico da enfisema parasettale con aspetto a nido d’ape (alveare)

caratterizzato da una serie di losanghe con interstizio ben evidente.

TAC ad alta risoluzione (HRTC) consente di valutare in maniera dettagliata tutte le alterazioni

polmonari consentendo di fare una scelta terapeutica adeguata, cioè:

- aspetto a vetro smerigliato, aspetto reticolonodulare e aspetto a nido d’api.

Scintigrafia con captazione del Gallio radioattivo viene usata solo in caso di sospetto di

sarcoidosi: il Ga si fissa alle cellule in proliferazione attiva come le cellule fibrotiche.

Biopsia trans-bronchiale con broncoscopio o percutanea a cielo aperto intraoperatoria: utile

per valutare la presenza dei granulomi (sarcoidei) o per escludere la presenza di una neoplasia.

BAL o Lavaggio Bronchiolo-Alveolare: si iniettano mediante un broncoscopio 200-300 cc di

soluzione fisiologica, si aspira il materiale presente nell’alveolo e si fa un’analisi del rapporto

linfociti Th/Ts per fare diagnosi eziologica e stabilire se si tratta di una forma acuta o cronica.

Normalmente il BAL è costituito da 80% macrofagi alveolari, 10% linfociti T, 1-5% linfociti B o

plasmacellule, 1-3% PMN, 0.5% eosinofili, rapporto CD4/CD8 = 1.5.

Se il rapporto Th/Ts è > del 20% si tratta di una malattia in fase attiva e si ricorre a terapia con

cortisonici. La predominanza di PMN ed eosinofili indica una malattia in fase avanzata, a prognosi

sfavorevole. La valutazione del BAL è importante anche per la prognosi e la terapia:

- elevato n° di linfociti: buona risposta ai corticosteroidi.

- elevato n° di PMN: possibile risposta a ciclofosfamide.

- elevato n° di PMN ed eosinofili: difficile risposta ai farmaci (prognosi peggiore).

La Terapia si basa sull’uso di Corticosteroidi come il prednisone e Immunosoppressori come la

ciclofosfamide per attenuare la risposta infiammatoria e immunitaria polmonare.

FIBROSI POLMONARE IDIOPATICA

La Fibrosi Polmonare Idiopatica è una pneumopatia interstiziale a eziologia sconosciuta, detta

anche polmonite interstiziale usuale UIP, alveolite fibrosante criptogenetica o sindrome di

Hamman-Rich, colpisce prevalentemente il sesso M di età 50-60 aa, con ~ 3-5 nuovi casi/100000

abitanti/anno, evoluzione progressiva con fibrosi fino alla morte per insufficienza respiratoria.

I macrofagi attivati da alcuni Ag liberano diversi mediatori cioè:

mediatori citotossici: radicali tossici dell’O2 cioè anione superossido O2– e perossido d’idrogeno

H2O2 responsabili di gravi alterazioni della parete alveolare ed enzimi litici cioè collagenasi ed

elastasi che provocano danni al connettivo interstiziale.

mediatori chemiotattici e di attivazione cellulare: IL-8 richiama e attiva numerosi PMN nel

distretto bronchiolo-alveolare dove rilasciano altri enzimi litici e radicali tossici dell’O2,

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potenziando il danno strutturale. Nel tentativo di riparare le lesioni parenchimali, i macrofagi

alveolari rilasciano la fibronectina che stimola la replicazione fibroblastica e l’evoluzione verso la

fibrosi interstiziale diffusa da iperproduzione di fibre collagene.

Dal punto di vista Anatomo Patologico nella fase precoce si ha alveolite con infiltrazione di

macrofagi alveolari, PMN, eosinofili e plasmacellule in sede alveolare e interstiziale.

Microscopicamente si ha un danno endoteliale e un danno epiteliale fino alla fibrosi.

I Sintomi nelle fasi iniziali (alveolite) sono dispnea da sforzo con tosse secca e sintomi generali

cioè astenia, malessere generale e perdita di peso. Nelle fasi avanzate (fibrosi) il pz presenta dispnea

grave a riposo con tosse produttiva da bronchiolite e bronchiectasiche fino ad insufficienza

respiratoria, ipertensione polmonare e cuore polmonare cronico.

L’Esame Obiettivo nelle fasi iniziali può essere negativo oppure abbiamo rantoli crepitanti e

subcrepitanti alle basi polmonari mentre nelle fasi avanzate abbiamo rantoli grossolani

all’auscultazione, segni di ipertensione polmonare come l’accentuazione e sdoppiamento del II tono

sul focolaio di auscultazione dell’arteria polmonare, segni di insufficienza ventricolare dx cioè

turgore delle giugulari, epatomegalia da stasi ed edemi declivi agli arti inferiori.

La Diagnosi si basa su:

Rx Torace: nelle fasi iniziali è normale oppure si notano reticolazioni circoscritte o diffuse alla

base, nelle fasi avanzate si notano infiltrati reticolari o reticolo-nodulari con aspetto cistico da

enfisema para e perifibrotico con aspetto del polmone ad alveare.

HRTC: aspetto del parenchima polmonare a vetro smerigliato e dalla fibrosi polmonare. Consente

di eseguire la biopsia transbronchiale con esame istologico per la diagnosi di certezza.

Spirometria: sindrome disventilatoria restrittiva con < volumi polmonari statici cioè CPT, CV,

CFR, VR, < del rapporto V/Q da < deficit della perfusione.

Emogasanalisi: ipossiemia da sforzo, ipocapnia da iperventilazione.

BAL: nella fase iniziale (alveolite) abbiamo linfociti T, eosinofili e soprattutto macrofagi e PMN,

nella fase terminale (fibrosi) c’è una netta prevalenza di PMN.

La Prognosi è buona se la diagnosi e la terapia sono tempestive con possibilità di sopravvivenza

pari a circa 4 anni; se la diagnosi è tardiva il pz va in contro a morte nel giro di 6 mesi.

La Terapia si basa sull’uso di corticosteroidi (prednisone) e immunosoppressori (ciclofosfamide)

per attenuare la risposta infiammatoria e immunitaria.

In presenza di insufficienza respiratoria e cuore polmonare cronico si ricorre a ossigenoterapia,

digitale, diuretici, riabilitazione respiratoria.

SARCOIDOSI

La Sarcoidosi (morbo di Besnier-Boeck-Schaumann) è un’interstiziopatia granulomatosa cronica,

multisistemica, più frequente nel Nord Europa mentre in Italia l’incidenza è < all’1%/100.000

abitanti, con rapporto M/F pari a 1/3 con età compresa tra 20-40 anni.

L’Eziologia non è chiara mentre la Patogenesi è di natura immunitaria cellulo-mediata:

inizialmente si ha la fase flogistica o alveolite con attivazione dei linfociti Th1 da parte di un Ag

esogeno o endogeno, con attivazione dei linfociti T CD4+ che passano dal sangue nei tessuti con

intervento dei macrofagi alveolari che processano l’Ag e producono le citochine IL-16, TNF-α,

IFN-γ che stimolano la proliferazione dei linfociti T che producono linfochine che favoriscono

l’attivazione policlonale dei linfociti B con ipergammaglobulinemia policlonale. Si formano così i

granulomi sarcoidei con distruzione del parenchima polmonare e nel tentativo di riparare le lesioni

i macrofagi alveolari rilasciano la fibronectina che stimola la proliferazione fibroblastica con

iperproduzione di fibre collagene con fibrosi interstiziale diffusa.

Dal punto di vista Anatomo Patologico il granuloma sarcoideo non caseoso si forma soprattutto

a livello dei polmoni e linfonodi ilo-mediastinici oppure a livello extratoracico in organi diversi,

formato da un nucleo centrale di cellule epitelioidi, macrofagi e cellule giganti, circondato da un

mantello periferico di linfociti (CD4+), plasmacellule e fibroblasti. All’interno delle cellule giganti

possono essere presenti inclusioni: corpi di Schaumann cioè stratificazioni di lipoproteine e

mucopolisaccaridi e corpi asteroidi di Wolbech cioè fibrille collagene intrecciate con aspetto

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stellato. I granulomi sarcoidei sono piccoli ma possono unirsi fino a raggiungere dimensioni di 3-4

cm, con assenza di necrosi caseosa, a differenza del granuloma tubercolare.

In base alle dimensioni e disposizione dei granulomi abbiamo 3 forme di sarcoidosi:

- micronodulare: noduli piccoli non confluenti.

- macronodulare: noduli più voluminosi ed abbondanti nelle regioni parailari.

- reticolonodulare: noduli disposti in catene lungo il connettivo peribronchiale e perivascolare.

I Sintomi in 1/3 dei casi insorgono all’improvviso e si parla di sarcoidosi acuta o subacuta, negli

altri casi i sintomi sono assenti e la diagnosi avviene casualmente mediante un Rx Torace o per la

presenza di lesioni in altre sedi, essendo la sarcoidosi una malattia multisistemica.

Possiamo distinguere 3 stadi:

I stadio: linfoadenopatia dei linfonodi ilo-mediastinici bilaterali (broncopolmonari,

tracheobronchiali, paratracheali) senza infiltrazioni del parenchima polmonare, il pz presenta tosse

secca e stizzosa, astenia, malessere generale, febbricola, calo ponderale.

L’Rx del Torace evidenzia lo slargamento dell’ombra mediastinica per l’interessamento dei

linfonodi ilo-mediastinici che viene valutato con alta precisione mediante la TAC.

Le adenopatie possono provocare una dislocazione dei bronchi e altre strutture mediastiniche.

Il BAL evidenzia una prevalenza di linfociti fino al 70% di tutta la popolazione cellulare,

soprattutto Th con rapporto Th/Ts > 4.

La Scintigrafia con Ga radioattivo evidenzia un’intensa captazione dei linfonodi ilo-mediastinici

e l’eventuale interessamento delle ghiandole parotidi, salivari e lacrimali.

II stadio: linfoadenopatia ilare bilaterale con infiltrazione del parenchima polmonare con ostacolo

alla diffusione dei gas e si manifesta con dispnea da sforzo e tosse.

L’Rx del Torace evidenzia una opacità nodulare o reticolo-nodulare a livello delle parti medio-

basali, adenopatie ilari meno voluminose rispetto al I stadio.

L’emogasanalisi evidenzia le alterazioni degli scambi gassosi con ipossiemia.

Il BAL evidenzia linfocitosi spiccata mentre la Scintigrafia con Gallio radioattivo mostra la

captazione da parte del parenchima polmonare e del mediastino.

III stadio: evoluzione verso la fibrosi polmonare mentre le adenopatie sono completamente

regredite. Il pz presenza dispnea intensa a riposo, tosse produttiva, segni di insufficienza

respiratoria con cianosi e ippocratismo digitale.

L’Rx Torace evidenzia opacità reticolonodulari diffuse e aree di enfisema parafibrotico con

aspetto del polmone ad alveare, mentre la Scintigrafia con Gallio è –.

Il BAL evidenzia una < delle cellule con linfociti che ritornano a valori normali ma si ha un > dei

PMN da sovrainfezioni broncopolmonari e cuore polmonare con esito infausto, oppure da

insufficienza respiratoria ipercapnica o scompenso cardiaco congestizio.

La sarcoidosi è una malattia multisistemica, per cui può interessare vari organi e apparati:

cute: eritema nodoso, con noduli bilaterali, dolenti e violacei sulle gambe; placche purpuree

indolenti, spesso rilevate a livello del viso, glutei ed estremità; papule maculari al viso, agli occhi e

intorno al naso; noduli sottocutanei alle estremità e al tronco.

midollo osseo e milza (30%): anemia e splenomegalia.

fegato: epatomegalia, raramente evoluzione cirrotica.

occhio: uveite granulomatosa con fotofobia, offuscamento del visus e lacrimazione, fino alla

cecità nei casi più gravi; congiuntivite con noduli giallastri, cheratocongiuntivite secca per

interessamento delle ghiandole lacrimali.

cuore: interessamento del ventricolo sx con alterazioni della conduzione e aritmie.

reni: sindrome nefrosica da glomerulonefrite membranosa.

SNC: paralisi del nervo facciale, disfunzioni ipotalamo-ipofisarie (diabete insipido).

apparato muscolo-scheletrico: aree di osteolisi situate nelle diafisi e zone periarticolari delle

falangi delle mani e piedi oppure cranio, ossa lunghe e vertebre a rischio di fratture patologiche;

artralgie diffuse e artrite poliarticolare, simmetrica, migrante, transitoria a livello delle grandi

articolazioni degli arti inferiori che si risolve in un paio di settimane senza lasciare reliquati,

raramente cronica fino allo sviluppo di deformità.

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Raramente si ha versamento articolare di tipo infiammatorio con prevalenza di PMN. La biopsia

della membrana sinoviale dimostra la presenza dei granulomi non caseosi.

A livello muscolare si ha un modesto dolore, noduli palpabili alla superficie muscolare, raramente

una miosite acuta con mialgie, affaticabilità muscolare, > enzimi muscolari, alterazioni

elettromiografiche, simile alla polimiosite.

La diagnosi di certezza avviene mediante la biopsia con esame istologico che può essere eseguita

a livello dei linfonodi superficiali o profondi mediante mediastinoscopia, a livello della mucosa

bronchiale durante una broncoscopia, a livello del parenchima polmonare per via transbronchiale

mediante broncoscopia a fibre ottiche oppure per via toracotomica o puntura transtoracica, a

livello di tonsille, noduli cutanei, fegato.

La Prognosi è buona nel I e II stadio se si interviene tempestivamente con terapia corretta, mentre

nel III stadio la prognosi è meno favorevole, progressivamente infausta.

La Terapia si basa sull’uso di corticosteroidi (Prednisone) o immunosoppressori nei pz non

responders al cortisone con methotrexate, azatioprina, ciclofosfamide. L’idrossiclorochina è

efficace nelle forme cutanee e nelle complicanze neurologiche della malattia.

ISTIOCITOSI X

L’Istiocitosi X comprende un gruppo di malattie granulomatose a tendenza sistemica ed eziologia

sconosciuta, caratterizzate dalla proliferazione di cellule istiocitarie morfologicamente simili alle

cellule di Langerhans cioè cellule fagocitarie mononucleate proprie della cute.

Tra le istiocitosi X abbiamo:

- malattia di Letterer-Siwe e la malattia di Hand-Schuller-Christian ad esordio precoce e

gravi con epato-splenomegalia, poliadenopatia, lesioni cutanee ed ossee.

- istiocitosi X polmonare primitiva o granuloma eosinofilo che interessa soprattutto il

polmone e le ossa, colpendo soprattutto soggetti di sesso M con età di 20-40 anni.

Inizialmente si ha un’intensa alveolite macrofagica, con presenza di cellule istiocitarie X,

valutabili mediante il BAL e l’esame istologico della biopsia polmonare osservando la forma

convoluta del nucleo, oppure mediante l’esame ultramicroscopico osservando la presenza di

inclusioni intracitoplasmatiche dette corpuscoli X o granuli di Birbeck cioè inclusioni laminari

a racchetta da tennis. Inoltre, le cellule istiocitarie X si differenziano da quelle cutanee per la

presenza di specifici Ag di superficie, come l’Ag CD1, T6 e T4.

I macrofagi e le cellule istiocitarie attivate si accumulano nell’interstizio polmonare e alveoli

rilasciando radicali tossici dell’O2 ed enzimi proteolitici che distruggono il parenchima polmonare

mentre la fibronectina favorisce il processo della fibrosi con formazione di numerosi noduli di Ø <

1 cm in sede subpleurica associate ad enfisema parafibrotico con formazione di cisti aeree di Ø ≤ 2

cm. Queste lesioni circondano le piccole vie aeree e interessano le strutture dei vasi arteriosi e

venosi del piccolo circolo fino all’obliterazione.

I Sintomi sono assenti in ¼ dei casi, spesso con diagnosi casuale mediante un Rx richiesto per altri

motivi. Le forme sintomatiche si manifestano con tosse secca, dispnea da sforzo, dolore toracico.

La malattia può esordire con febbre e calo ponderale o con pneumotorace spontaneo.

L’Rx del Torace evidenzia la presenza di piccoli noduli interstiziali, bilaterali e asimmetrici, poi

formazioni cistiche iperdiafane da enfisema parafibrotico.

Lo studio della funzione respiratoria evidenzia la presenza di insufficienza ventilatoria

restrittiva, < della compliance e della diffusione (ipossiemia, cuore polmonare cronico).

La Prognosi prevede dei lunghi periodi di stabilizzazione ma spesso l’esito è infausto per

insufficienza respiratoria.

La Terapia si basa sull’uso di corticosteroidi e citostatici.

PNEUMOCONIOSI

Le Pneumoconiosi sono delle interstiziopatie professionali secondarie a inalazione di polveri

inorganiche tra cui abbiamo la silicosi, asbestosi, talcosi e berilliosi.

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La SILICOSI è dovuta all’inalazione di polveri di biossido di silicio, tipica dei minatori, scalpellini,

macinatori di pietra di silice, lavoratori in industrie di ceramica o materiali refrattari.

Tra i fattori favorenti abbiamo: tempo di esposizione pari a 8-10 anni, granuli con Ø di 2-10 µ e [

] di polvere di silicio nell’aria molto alta.

La polvere di silicio inalata raggiunge l’interstizio polmonare, le vie linfatiche e il connettivo

peribronchiale, alcune volte direttamente, altre volte veicolata dai macrofagi che producono IL-1

che stimola la risposta istiocitaria e fibroblastica, stimola i linfociti T a produrre linfochine capaci di

richiamare e attivare altri macrofagi, fino alla formazione dei granulomi silicotici costituiti da una

parte centrale fibro-ialina con linfociti e macrofagi disposti circolarmente e da una parte periferica

formata da istiociti e plasmacellule. Questi granuli si fondono dando origine a noduli grigio-

biancastri, duri, di dimensioni variabili, con tendenza a confluire tra loro fino alla fibrosi massiva

e alterazione dell’interstizio.

I Sintomi dopo una fase di quiescenza il pz presenta dispnea da sforzo e tosse con espettorazione

muco-purulenta, emottisi da colliquazione di alcuni noduli con formazione di caverne, mentre nella

fase di fibrosi si hanno bronchiectasie con dispnea ingravescente, insufficienza respiratoria con

cianosi e ippocratismo digitale e cuore polmonare cronico.

Tra le Complicanze: BPCO, bronchiectasie, broncopolmoniti, pneumotorace spontaneo, TBC, carcinoma,

poliartrite reumatoide o sindrome di Kaplan-Collinet caratterizzata da noduli reumatoidi polmonari periferici

nelle metà superiori, di Ø di 0.1-1 cm, differenziabili solo istologicamente da quelli silicotici.

La Diagnosi si basa su:

- Anamnesi soprattutto lavorativa e valutazione dei segni di insufficienza ventilatoria di tipo

restrittiva con alterazione della diffusione e del rapporto V/Q, fino all’insufficienza respiratoria

globale e cuore polmonare cronico.

- Rx del Torace varia a seconda dell’entità delle lesioni: opacità lineari o reticolari diffuse oppure

opacità nodulari parailari, fino alle opacità massive pseudoneoplastiche, talora escavate.

E’ importante la Prevenzione: < la [ ] della polvere di silice con umidificazione della sorgente di polvere,

aspiratori d’aria, uso di maschere facciali, controlli periodici clinico-radiologici e reattività alla tubercolina.

L’ASBESTOSI è dovuta all’inalazione prolungata di polveri contenenti fibre o corpuscoli di

asbesto, distinte in crisotilo o asbesto bianco e anfiboli cioè amianto blu, amosite e tremolite.

I soggetti a rischio sono i minatori, i lavoratori di manufatti di cemento e amianto soprattutto nel

campo dell’edilizia.

Le fibre di asbesto inalate raggiungono la zona bronchiolare e alveolare, provocando una prima fase

irritativo-meccanica con alveolite a tendenza emorragica e una seconda fase con intervento e

attivazione dei macrofagi che rilasciano radicali tossici dell’O2 che danneggiano le cellule e la

liberazione di vari fattori di crescita che stimolano la replicazione dei fibroblasti con fibrosi.

Inizialmente si forma un mantello proteico intorno alle fibre di asbesto, poi si ha l’evoluzione verso

la fibrosi interstiziale che interessa prima i lobi inferiori e le regioni subpleuriche con ispessimento

della pleura e formazione di placche di natura calcifica, poi si estende alle strutture bronchiolari

provocando dislocazioni e bronchiectasie.

I Sintomi nelle fasi iniziali possono essere subdoli ma in tempi piuttosto brevi si può avere la

comparsa di dispnea fino a insufficienza respiratoria grave.

Le complicanze tipiche dell’asbestosi sono il carcinoma broncogeno e il mesotelioma pleurico.

La Diagnosi si basa su:

Anamnesi lavorativa.

BAL: > del n° di PMN e del rapporto CD4+/CD8+, fibre di asbesto.

Rx del Torace: reticolazione fine nei campi inferiori nelle fasi iniziali, fibrosi diffusa con

aspetto a vetro smerigliato e placche pleuriche calcifiche nelle fasi avanzate.

Spesso il pz presenza una notevole alterazione della funzione respiratoria senza segni molto

evidenti all’esame radiologico.

La Terapia si basa su cortisonici e immunosoppressori (azatioprina) o chelanti (D-penicillamina).

La TALCOSI si verifica in seguito alla inalazione del talco che è un silicato idrato di magnesio,

usato nell’industria della ceramica, plastica, carta, farmaceutica, cosmetici e isolanti elettrici.

Page 64: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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Inoltre, il talco può raggiungere il polmone per via ematica quando è usato nel taglio di sostanze

stupefacenti da parte dei tossicodipendenti.

In genere si ha un’interstiziopatia fibrosante di scarsa entità, caratterizzata da tosse secca.

La BERILLIOSI si deve all’inalazione di fumo o polvere di berillio, senza accumulo di polveri nel

polmone, usato nell’industria aerospaziale, nucleare, computer ed elettronica.

Si tratta di una granulomatosi polmonare progressiva localizzata all’interstizio, con risposta di

natura immunologica specifica nei confronti del berillio: la polvere di berillio funge da Ag attivando

linfociti T e macrofagi con formazione di granulomi non caseosi nell’interstizio polmonare che

tendono ad evolvere verso la fibrosi. Nelle fasi iniziali può essere asintomatica, e solo l’esame istologico evidenzia i granulomi, poi si

manifesta con tosse secca, dispnea progressiva, segni di insufficienza respiratoria restrittiva e

l’Rx del Torace evidenzia ombre interstiziali più o meno estese e gravi.

La Terapia è con corticosteroidi data la natura immunologica della malattia.

POLMONITI

La POLMONITE è un’infezione acuta del parenchima polmonare che interessa l’alveolo e/o

l’interstizio. In genere si tratta di polmoniti lobari (polmonite franca) con interessamento di un

intero lobo polmonare, raramente di polmoniti lobulari o broncopolmoniti se si ha

l’interessamento di uno o più lobuli con focolai multipli e sparsi che possono confluire interessando

un intero lobo (polmonite pseudolobulare), polmoniti segmentarie se interessano un segmento

polmonare (lingula).

In genere, la polmonite interessa i lobi inferiori, il lobo medio e la lingula che sono meno ventilate e

i germi sono eliminati con più difficoltà.

Dal punto di vista Eziologico le polmoniti sono Classificate in:

Polmoniti Alveolari o polmoniti tipiche batteriche:

─ batteri Gram+: Streptococcus pneumoniae, Streptococcus pyogenes, Staphylococcus aureus.

─ batteri Gram─: Haemophilus influenzae sierotipo b, Pseudomonas aeruginosa,

Enterobacteriaceae cioè Klebsiella pneumoniae, Proteus, Escherichia coli, Enterobacter,

Serratia.

─ batteri Anaerobi: Bacteroides, Fusobacterium.

Polmoniti Interstiziali o polmoniti atipiche da:

─ batteri Gram─ emergenti: Legionella pneumophila, Chlamydia pneumoniae, Moraxella o

Branhamella catarrhalis. ─ altri microrganismi: Mycoplasma pneumoniae, Rickettsie come Coxiella burnetii,

Chlamydia psittaci favorita dall’inalazione delle feci contaminate da pappagalli, polli, anatre...

Polmoniti da Protozoi: Pneumocystis carinii.

Polmoniti Virali:

─ virus respiratori: virus influenzali di tipo A e B, Adenovirus, VRS, virus parainfluenzali.

─ virus sistemici: CMV, EBV, Virus del morbillo, varicella ed Herpes zoster.

Polmoniti da Funghi o Miceti: Aspergillus, Candida albicans, Cryptococcus neoformans,

Istoplasma, Actinomyces...

Ricordiamo che tra le polmoniti atipiche abbiamo anche la SARS da Coronavirus (virus

influenzale) che ha provocato delle epidemie nel 1918 e nel 2003.

Attualmente si considera la Classificazione di tipo Epidemiologica con distinzione tra polmoniti

extraospedaliere o comunitarie, polmoniti ospedaliere o nosocomiali e polmoniti

opportunistiche negli immunodepressi.

Polmoniti Extraospedaliere o Comunitarie: tipiche delle comunità cioè luoghi molto

affollati come scuole, asili, carceri, caserme, case di riposo per anziani.

Nel bambino nell’80% dei casi sono dovute a virus, mentre solo il 20% è dovuto a batteri

soprattutto Gram+ come lo Streptococcus pneumoniae o Pneumococco e Staphilococcus aureus,

mentre tra i Gram─ abbiamo l’Haemophilus influenzae, e nel 20% dei casi si tratta di forme

Page 65: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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batteriche miste. Nei primi mesi di vita del neonato le polmoniti sono dovute a Chlamydia

trachomatis, CMV e Pneumocystis carinii.

Nei soggetti giovani le polmoniti comunitarie nel 40-50% dei casi sono di origine virale da

Rinovirus e Adenovirus e possono essere complicate da batteri con conseguente broncopolmonite

o polmonite grave e letale soprattutto negli immunodepressi.

Nell’adulto-anziano le polmoniti comunitarie nel 20% dei casi sono dovute a virus influenzali e

mycoplasma, mentre nell’80% dei casi sono dovute a batteri. Spesso si tratta di bronchitici cronici

con infezione da batteri Gram─ resistenti agli antibiotici cioè Pseudomonas, Escherichia coli,

Proteus, Serratia, Actinobacter soprattutto negli anziani con problemi alla cavità orale, dentizione,

gengive sanguinanti che facilitano l’ingresso e la proliferazione dei germi.

Lo Streptococcus pneumoniae o Pneumococco è il responsabile del 60% ~ di tutte le polmoniti,

poi c’è lo Staphilococco aureus e la Legionella pneumophila che è un Gram─ responsabile negli

ultimi anni di frequenti piccole epidemie come la malattia dei legionari, cosiddetta perché la prima

epidemia fu documentata a Philadelphia nel 1976 nei partecipanti ad un raduno della 2^ guerra

mondiale, con sviluppo di broncopolmoniti a focolai multipli confluenti o non confluenti, spesso

complicata da microascessi, con lesioni a carattere distruttivo e riparate da cicatrici.

L’infezione da Legionella può avvenire mediante l’acqua potabile contaminata, apparecchiature

idrauliche, condizionatori d’aria, strumenti usati nella diagnosi e terapia respiratoria, per cui

si tratta di infezioni opportunistiche.

Polmoniti Ospedaliere o Nosocomiali: compaiono dopo 48-72 h dal ricovero in ospedale,

rappresentando le infezioni più frequenti acquisite in ambiente ospedaliero, soprattutto nei reparti di

terapia intensiva e chirurgia nei pz sottoposti a ventilazione meccanica, particolarmente debilitati e

immunocompromessi. In genere sono dovute a batteri Gram─ cioè Klebsiella pneumoniae, E. coli,

Pseudomonas aeruginosa, Legionella pneumophila nel 3-10% dei casi.

I Fattori di Rischio sono: tecniche diagnostiche invasive con strumenti non sterili ad esempio la

broncoscopia, terapia immunodepressiva o citostatica, antibioticoterapia indiscriminata con

chemioresistenza, terapia cortisonica protratta in caso di asma e sarcoidosi, spostamento dei malati

da un reparto ad un altro, edifici ospedalieri malsani.

Polmoniti Opportunistiche negli immunodepressi: tossicodipendenti, malati di AIDS,

ospedalizzati, debilitati, trapiantati... da Pseudomonas aeruginosa, Legionella, Mycoplasma

pneumoniae, Chlamydia pneumoniae, Pneumocystis carinii, CMV... spesso gravi e mortali.

Le Modalità di Trasmissione dei microrganismi sono:

per via aerea con inalazione di goccioline di muco (flügge) contenenti i microrganismi.

per via ematica in corso di batteriemie, tromboflebiti con microemboli che vengono intrappolati

dal filtro polmonare, tossicodipendenti con inoculazione del microrganismo in vena, endocardite...

per inoculazione diretta attraverso una ferita o intubazione.

per contiguità da una sede adiacente ai polmoni, transtoracica attraverso una ferita settica o

transdiaframmatica da flora batterica intestinale.

per aspirazione dei microrganismi che colonizzano normalmente l’orofaringe o all’inalazione di

materiale esofago-gastrico in seguito a rigurgiti o vomito, tipici degli alcolisti con perdita di

coscienza e alcune malattie del tratto gastro-esofageo, per cui si parla di Polmoniti ab-ingestis.

Il succo acido gastrico provoca un danno chimico dei bronchi e alveoli con digestione del

parenchima polmonare fino all’ascesso polmonare e insorgenza di gravi infezioni da

Staphilococchi e anaerobi che sopravvivono anche in ambiente polmonare che è ricco d’O2.

In condizioni normali il polmone è sterile ed intervengono vari Meccanismi di Difesa nei confronti

dei microrganismi cioè:

─ filtro naso-faringeo: depura l’aria inspirata con arresto delle particelle di Ø > a 2-4µ.

─ clereance mucociliare tracheobronchiale: l’epitelio cilindrico pseudostratificato è provvisto di

ciglia che si muovono in maniera ritmica e coordinata determinando un movimento del muco verso

l’orofaringe dove viene inghiottito o espettorato.

─ turnover delle cellule epiteliali: si ha l’eliminazione delle cellule epiteliale invecchiate e dei

batteri ad esse adesi.

Page 66: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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─ lisozima presente nella saliva e IgA secretorie prodotte dal MALT (tessuto linfatico associato

alle mucose), hanno azione di difesa contro vari microrganismi.

─ macrofagi alveolari: sono responsabili del killing batterico a livello alveolare, ad eccezione della

Klebsiella pneumoniae (capsulata).

─ riflesso della tosse, riflesso epiglottideo.

Questi meccanismi di difesa possono essere alterati da vari fattori, in particolare, fumo di sigaretta,

accumulo di secrezioni da fibrosi cistica, BPCO, infezioni virali con necrosi delle cellule ciliate,

deficit delle difese immunitarie dell’ospite congenite o acquisite, coma con assenza del riflesso

dell’epiglottide e della tosse, neoplasie, diabete, farmaci immunosoppressori o citostatici,

terapia immunosoppressiva post-trapianto, malnutrizione.

Dal punto di vista Clinico le polmoniti batteriche tipiche, atipiche e virali sono eterogenee.

Le polmoniti batteriche tipiche sono forme alveolari lobari, hanno un esordio brusco con

febbre alta pari a 39-40°C, spesso preceduta da brividi, malessere generale, tachicardia,

cefalea, tosse produttiva con espettorato rosaceo o rugginoso in caso di infezione da

Pneumococco, francamente purulento giallo-verdastro in caso di infezione da H. influenziae,

purulento-emorragico in caso di infezione da Staphylococcus aureus, marrone scuro con aspetto

a gelatina di lampone in caso di infezione da Klebsiella pneumoniae.

Il pz può presentare segni di insufficienza respiratoria da ispessimento della barriera alveolo-

capillare cioè dispnea e cianosi, dolore toracico di origine pleurica cioè fisso, puntorio, accentuato

dai respiri profondi con tachipnea e polipnea, leucocitosi neutrofila spiccata > 15.000, >> VES.

In caso di polmonite da Legionella pneumophila si possono avere anche manifestazioni

extrapolmonari, come nausea, vomito, diarrea, pericardite, endocardite, insufficienza renale e

morte nel 7-15% dei casi, perché la Legionella produce 1 endotossina e numerose esotossine.

All’Esame Obiettivo del torace ci può essere silenzio respiratorio in caso di ostruzione da parte

dell’essudato che impedisce l’ingresso di aria mentre in caso di ostruzione parziale si possono

auscultare dei rumori umidi cioè rantoli crepitanti o sub-crepitanti che originano negli alveoli

polmonari o nei bronchioli alveolari per la contemporanea presenza di aria ed essudato, sono

finissimi, si ascoltano durante l’inspirazione, simili al rumore che si provoca facendo rotolare i

capelli tra i polpastrelli delle dita oppure schiacciando la neve tra le dita.

I rantoli crepitanti sono poco modificabili con i colpi di tosse, si ascoltano nella fase iniziale della

polmonite per la formazione sulla parete alveolare di un tenace essudato (crepitatio indux) e nella

fase risolutiva della polmonite poiché si ha il riassorbimento dell’essudato e l’alveolo torna ad

essere quasi del tutto libero (crepitatio redux).

In caso di versamento pleurico si ha ipofonesi o ottusità alla percussione con dispnea e nelle

forme più gravi si ricorre alla toracentesi: mediante la percussione del torace si delimita l’area di

ottusità corrispondente al versamento e si introduce un ago di plastica con mandrino in metallo

collegato ad un sistema di aspirazione poco al di sotto della parte ottusa, lungo il margine superiore

della costa e non lungo il margine inferiore della costa sovrastante per evitare di lesionare i vasi

intercostali e soprattutto per evitare il pneumotorace in seguito all’espansione polmonare.

La toracentesi è utile per aspirare il liquido pleurico per ripristinare la meccanica respiratoria e per

esaminare il liquido pleurico per la diagnosi eziologica della malattia: in presenza di pus nel liquido

pleurico si parla di empiema pleurico.

Le polmoniti interstiziali o atipiche si differenziano dalle forme alveolari perché sono

caratterizzate da una notevole discrepanza tra quadro clinico scarso e aspecifico e quadro

radiologico ben evidente: l’esordio è graduale con febbre remittente irregolare senza brividi,

tosse secca persistente, raramente espettorato scarso, mucoso, alcune volte striato di sangue in

caso di rottura dei vasi. All’esame obiettivo si possono apprezzare dei rumori secchi cioè sibili o

fischi inspiratori ed espiratori dovuti al transito dell’aria attraverso bronchi e bronchioli stenosati.

Le polmoniti virali si manifestano con malessere generale cioè cefalea, artromialgie, febbre <

39°C, tosse secca e stizzosa per lungo tempo, poi lievemente produttiva, si ha leucopenia con

linfocitosi, la VES quasi normale e l’esame obiettivo è – perchè spesso si tratta di un processo

flogistico interstiziale.

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Le Polmoniti da Mycoplasma pneumoniae sono tipiche degli adolescenti e giovani-adulti, si

manifestano con febbre < 39°C, tosse parossistica, a volte produttiva, dolore pleurico, rantoli

unilaterali, diffusi ad un lobo, versamento pleurico modesto (raro), leucociti < 15.000, > PCR,

mentre l’Rx torace evidenzia infiltrati interstizio-alveolari in uno o più lobi contigui.

La Diagnosi si basa su:

Rx del Torace: in caso di polmoniti alveolari si nota un’essudazione endoalveolare ad estensione

lobare o sublobare, con opacità omogenee più o meno estese oppure addensamenti multipli,

talora confluenti. In caso di polmoniti interstiziali si osserva il classico aspetto reticolare o

reticolonodulare o a vetro smerigliato soprattutto a livello dei lobi inferiori e strie di linfangite

che si raccordano con l’ilo.

L’Rx del torace in proiezione antero-posteriore e laterale consente di evidenziare l’eventuale

presenza del versamento pleurico che può essere massivo o modesto sottoforma di una sottile

pellicola che non scolla i due foglietti pleurici, definito versamento a camicia.

Antibiogramma: utile per la scelta dell’antibiotico verso cui i microrganismi sono più sensibili.

Esame batterioscopico dell’Espettorato: l’espettorato non rappresenta un campione ideale per la

ricerca del microrganismo perchè durante la raccolta viene contaminato dalla flora batterica

orofaringea, per cui bisogna sempre specificare se il materiale proviene dal cavo orofaringeo o dalle

vie aeree inferiori. Per cui la raccolta dell’espettorato avviene dopo lo sciacquo del cavo orale con

soluzione fisiologica sterile, si esegue un esame microscopico diretto dell’espettorato valutando

la composizione cellulare: la prevalenza di cellule epiteliali squamose indica che il materiale

proviene dall’orofaringe, mentre la prevalenza di cellule infiammatorie in genere indica che il

materiale proviene dalle vie aeree inferiori. Una maggiore precisione si ha sulle secrezioni

bronchiali prelevate mediante fibrobroncoscopia con strumento protetto: il materiale prelevato è

sottoposto a colorazione di Gram e osservato al microscopio in modo da stabilire se si tratta di un

Gram + o ─ ed è sottoposto all’esame colturale per isolare il microrganismo e valutarne la

sensibilità agli antibiotici.

Sierodiagnosi: i metodi immunologici sono utili per individuare gli Ag batterici specifici,

mentre la sierologia è utile per la ricerca dei Virus mediante la tecnica dell’emoagglutinazione

oppure i metodi d’immunofluorescenza diretta con Ab monoclonali evidenziando un > del titolo

anticorpale specifico di 2-4 volte dopo 15-20 giorni dal prelievo basale.

La Terapia prevede la somministrazione di antibiotici mirati, a dosi adeguate e per periodi di tempo

ben stabiliti per evitare fenomeni di resistenza al farmaco: benzilpenicillina in caso di polmonite da

pneumococco, ampicillina in caso di polmonite da H. influenziae, penicilline, vancomicina in caso di

polmonite da Staphylococcus aureus, eritromicina, rifampicina, azitromicina... in caso di polmonite

da Legionella pneumophila.

Spesso le forme batteriche sono trattate con antibiotici ad ampio spettro d’azione come le

cefalosporine di III generazione. Le polmoniti virali prevedono l’uso di farmaci sintomatici e

antibiotici per evitare le sovrainfezioni batteriche.

Le polmoniti micotiche da Aspergillus e Candida albicans prevedono l’uso dell’Amfotericina B.

E’ possibile anche l’immunoprofilassi mediante il vaccino antipneumococcico soprattutto nei

soggetti più a rischio cioè anziani, cardiopatici, bronchitici cronici, cirrotici, immunodepressi..

La Polmonite da Pneumocystis carinii è una forma interstiziale che negli anni 80 ha

consentito la diagnosi dell’AIDS, infatti, si manifesta nell’80% dei pz affetti da AIDS oppure

immunodepressi da terapia immunosoppressiva anti rigetto nei pz sottoposti a trapianto con

deficit dei linfociti T CD4+, soprattutto, quando sono < al 10% dei linfociti totali e numericamente

sono ≤ a 100 linfociti. La Profilassi antibiotica con cotrimossazolo ha consentito di < notevolmente

il rischio di recidive, mentre prima dell’avvento di questo farmaco le recidive erano pari al 18%

dopo 6 mesi dal primo episodio, 46% dopo 9 mesi e 65% dopo 18 mesi con alto rischio di mortalità.

Dal punto di vista Clinico la polmonite da Pneumocystis carinii si manifesta con dispnea da deficit

degli scambi gassosi a livello della membrana alveolo-capillare, tosse secca e stizzosa, raramente

espettorato mucoso scarso, all’esame obiettivo in genere non si apprezzano rumori, mentre l’Rx

del torace evidenzia il classico aspetto a vetro smerigliato.

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Embolia Polmonare

L’Embolia Polmonare è l’ostruzione acuta, ricorrente o cronica, di uno o più vasi arteriosi

polmonari, molto grave, a prognosi sfavorevole perchè è caratterizzata da segni e sintomi aspecifici,

con diagnosi spesso tardiva e in sede autoptica.

In Italia si hanno ~ 40000 nuovi casi/anno, con rapporto M/F pari a 3/1, con età media di 60-70 aa,

raramente interessa soggetti più giovani. La mortalità è pari ad ¼ dei casi diagnosticati.

L’occlusione dell’arteria polmonare in genere è dovuta ad emboli ematici che derivano da una

trombosi venosa profonda degli arti inferiori, soprattutto dalle vene femorali e iliache, raramente

dal plesso pelvico o uterino, spesso asintomatica ed esordisce proprio con embolia polmonare.

Raramente l’occlusione dell’arteria polmonare si deve a emboli gassosi tipici dei subacquei, pz

sottoposti a camera iperbarica, traumi penetranti del torace con pneumotorace, emboli grassosi o di

midollo osseo da fratture delle ossa lunghe, emboli settici o da particelle di talco nei

tossicodipendenti, emboli neoplastici, amniotici durante il parto, fenomeni di trombosi locale da

affezioni cardio-circolatorie e polmonari cioè ipertensione venosa polmonare cronica, BPCO

riacutizzate, neoplasie polmonari.

La Patogenesi degli emboli ematici prevede una fase trombotica a carico di un vaso venoso

periferico e una fase embolica polmonare.

fase trombotica: dovuta alla Triade di Virchow cioè ipercoagulabilità del sangue, stasi venosa

e alterazione della parete vasale venosa.

L’ipercoagulabilità del sangue può essere congenita da deficit della fibrinolisi cioè

antitrombina III, proteina C, proteina S, attivatore tissutale del plasminogeno t-PA, eccessiva sintesi

dell’inibitore del t-PA, ma sono più frequenti le forme acquisite ad alto rischio di stasi venosa,

trombosi venosa profonda ed embolia polmonare.

La stasi venosa è dovuta a scompenso cardiaco congestizio soprattutto se complicata da

fibrillazione atriale con trombosi atriale, pz immobili per lunghi periodi di tempo in caso di fratture

del femore, interventi chirurgici ortopedici, ginecologici, prostatici con degenza ospedaliera

prolungata, obesità, uso di contraccettivi orali, gravidanza con compressione del plesso pelvico...

L’alterazione della parete vasale venosa è dovuta a fratture, traumi contusivi del polpaccio,

alterazioni ossidative dell’endotelio da tossine, fumo di sigaretta.

fase embolica: è caratterizzata dall’occlusione segmentaria o plurisegmentaria dell’arteria

polmonare in seguito a lisi del trombo venoso periferico o frammentazione del trombo da cause

meccaniche o ad opera del flusso della corrente ematica.

Il pz con trombosi venosa profonda presenta edema o gonfiore agli arti inferiori, dolore intenso,

crampiforme, eritema e calore cutaneo nella zona interessata: l’embolo può staccarsi dal trombo e

attraverso il flusso ematico può raggiungere e ostruire un ramo dell’arteria polmonare con

Tromboembolia polmonare migrante con danni di entità variabile a seconda del grado di

interessamento del letto vascolare polmonare.

La circolazione polmonare è di tipo terminale cioè abbiamo zone di parenchima polmonare

contigue perfuse da rami diversi e non collegati da rami collaterali, per cui l’ostruzione di un vaso

polmonare provoca la < o scomparsa del flusso ematico a carico della zona polmonare

corrispondente, senza provocare l’infarto polmonare. Inoltre, poichè normalmente il flusso

polmonare > dagli apici verso le basi, gli emboli occludono preferenzialmente le arterie dei lobi

inferiori e si ha la redistribuzione del flusso ematico verso i segmenti non occlusi a livello delle

parti superiori del polmone. Alla scintigrafia perfusionale la zona colpita è ben ventilata ma poco

perfusa. Per cui dal punto di vista Clinico si fa una distinzione tra:

embolia polmonare microembolica o moderata: forma a carattere ricorrente ma difficile da

diagnosticare in vita perchè asintomatica o con sintomi lievi.

embolia polmonare massiva: è la forma più frequente e grave, dovuta a ostruzione del tronco

principale dell’arteria polmonare da parte di emboli di grosse dimensioni, responsabile di importanti

alterazioni fisiopatologiche cardiocircolatorie e respiratorie quando l’occlusione interessa almeno

il 50% del letto arterioso polmonare cioè 9 segmenti polmonari bilateralmente.

Page 69: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

69

Le Alterazioni Cardiocircolatorie sono rappresentate da:

ipertensione polmonare con cuore polmonare acuto e scompenso ventricolare dx.

< della portata cardiaca con caduta della P arteriosa sistemica, fino allo shock cardiogeno.

Le Alterazioni Respiratorie sono rappresentate da:

< dei volumi polmonari da deficit della sintesi del surfactant con collasso alveolare e atelectasia

segmentale dopo 24-48 h dall’ostruzione dei capillari polmonari.

alterazione degli scambi gassosi con ipossiemia arteriosa con normo o ipocapnia secondaria a

iperventilazione. L’ipossiemia si deve a > dello spazio morto fisiologico per la presenza di aree

ventilate e non perfuse e da > rapporto V/Q poichè il sangue viene deviato dai distretti non perfusi

verso quelli a perfusione e ventilazione conservata, dove la ventilazione diventa proporzionalmente

insufficiente. Se la circolazione bronchiale è normale e l’embolo non occlude tutto il lume, non si

ha infarto polmonare ma si formano anastomosi tra i vasi polmonari e le arterie bronchiali che

insieme ai bronchi riescono a mantenere un adeguato apporto di O2 e la vitalità del tessuto

polmonare. Se la circolazione bronchiale è compromessa si ha infarto spesso multiplo a livello dei

lobi inferiori.

L’embolo normalmente va incontro a risoluzione attraverso la retrazione e la fibrinolisi altrimenti si

ha l’organizzazione dell’embolo con formazione di placche fibrose.

In caso di episodi ricorrenti di embolia l’ostruzione arteriosa progressiva determina ipertensione

polmonare e cuore polmonare cronico.

L’embolia polmonare massiva può essere rapidamente mortale, oppure si manifesta con SINTOMI

molto aspecifici: dolore toracico improvviso, dispnea, tosse, emottisi, tachipnea (iperventilazione

compensatoria), tachicardia, sudorazione, < P arteriosa e sincope.

All’Esame Obiettivo raramente si apprezzano rantoli da atelettasia, sfregamento pleurico,

un’accentuazione del II tono sull’arteria polmonare o un ritmo di galoppo ventricolare dx.

La Diagnosi si basa su:

Anamnesi: sintomi e fattori di rischio di trombosi venosa profonda.

ECG: sofferenza fisiopatologica del cuore dx, tachicardia sinusale con sottoslivellamento del

tratto ST e onda T negativa in V1 e V2.

Emogasanalisi: ipossiemia con ipocapnia secondaria a iperventilazione e alcalosi respiratoria.

L’ipossiemia è refrattaria cioè non si modifica con l’O2 mentre nelle BPCO si ha ipoventilazione e

ipossiemia che si modifica con l’O2.

Indagini di Laboratorio: si valutano i parametri emocoagulativi PT, PTT, piastrine.

Rx del Torace: ingrandimento dell’arteria polmonare discendente con forma a salsiciotto nell’embolia estesa, sollevamento del diaframma spesso bilaterale da < del volume polmonare, <

della ventilazione da dolore toracico e < del surfactant nella zona interessata dall’ostruzione

vascolare con collasso del parenchima, comparsa di zone di iperdiafania a valle di brusche

interruzioni vascolari o segno di Westermark (corrispondente all’ipoperfusione scintigrafica).

Nel 50% dei casi si nota un ingrandimento delle sezioni dx del cuore.

Scintigrafia perfusionale polmonare con aggregati di albumina marcata con Tc99m o I131 per

via e.v.: evidenzia i difetti di perfusione in uno o più segmenti polmonari e la ridistribuzione del

flusso verso i segmenti non ostruiti nelle parti più alte. E’ un’indagine utile, sensibile ma aspecifica

perchè i difetti di perfusione possono verificarsi in varie patologie cardiopolmonari.

La Scintigrafia ventilatoria con inalazione di un gas radioattivo è usata nei casi dubbi perchè la

presenza di difetti di perfusione in aree dove la ventilazione è conservata, può indicare la presenza

di un’embolia polmonare, mentre nella BPCO si hanno difetti di perfusione e ventilazione non

segmentari.

Eco-color-doppler dell’arto inferiore: per la diagnosi di trombosi venosa profonda.

Angiopneumografia con m.d.c.: è un’indagine invasiva, non sempre utilizzabile a causa del

quadro clinico grave del pz, usata quando la scintigrafia perfusionale non ci consente di fare

diagnosi di embolia polmonare perchè i difetti di perfusione sono modesti e quando l’ecografia non

ci consente di fare diagnosi di trombosi venosa profonda.

Page 70: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

70

L’ostruzione provoca difetti di riempimento endoluminale a margine convesso con passaggio di

una scarsa quantità del m.d.c. a valle dell’ostruzione con immagini a coda di topo.

La Terapia ha lo scopo di eliminare l’ostruzione da embolo e di evitare le recidive mediante

l’eparina calcica per via e.v. continua nelle prime 24-48 h, alla dose complessiva di 25.000 U/die,

poi si prosegue con eparina calcica per via sottocutanea alla dose di 5.000 U per 2-3 volte/die.

Occorre monitorare il pz tramite il controllo del tempo di coagulazione che deve mantenersi tra i

20 ed i 40 minuti. In alternativa possiamo ricorrere ai fibrinolitici cioè streptochinasi, urochinasi, per

via e.v. lenta, fino a 100.000 U, monitorando il fibrinogeno, poi si passa ad un trattamento per via

orale. Considerando che l’embolia polmonare spesso è mortale, è molto importante la Prevenzione

soprattutto in presenza di una trombosi venosa profonda mediante l’uso della calciparina per via

sottocutanea oppure anticoagulanti per via orale a lungo termine.

DISTURBI RESPIRATORI LEGATI AL SONNO (SRDB)

I Disturbi Respiratori legati al sonno interessano il 4-6% della popolazione mondiale,

soprattutto soggetti di sesso M con età di 40-60 aa o bambini con ipertrofia delle adenoidi e tonsille

palatine. Sono patologie difficili da diagnosticare, spesso sottovalutate e passano completamente

inosservate. Si fa una distinzione tra:

disturbi respiratori con ostruzione delle vie aeree superiori come l’apnea ostruttiva che

comprende il russamento semplice e la sindrome da aumentata resistenza delle vie aeree superiori

(upper airway resistence syndrome UARS) riconosciuta recentemente.

disturbi respiratori senza ostruzione delle vie aeree superiori come le apnee centrali,

ipoventilazioni primarie o idiopatiche o Sindrome di Ondine, ipoventilazioni secondarie a malattie

polmonari, scheletriche, neuromuscolari, cerebrali, cardiovascolari e obesità severa.

Normalmente durante il giorno la ventilazione viene mantenuta in rapporto alle esigenze

fisiologiche del soggetto con stimolazione dei centri nervosi del respiro, mentre durante il sonno la

stimolazione centrale cessa: durante il sonno non-REM la ventilazione è garantita da stimoli chimici

con frequenza respiratoria irregolare quando il sonno è leggero (stadio 1 e 2 del sonno) mentre la

frequenza respiratoria è più regolare quando il sonno è profondo (stadio 3 e 4).

Nella fase REM la ventilazione dipende da stimoli neuronali e si ha la < fino alla scomparsa del

tono dei muscoli scheletrici, soprattutto i m. intercostali e accessori, mentre l’attività del muscolo

diaframma resta inalterata. Inoltre, si ha una < del tono dei muscoli faringei con < della pervietà

della faringe da collasso poichè non è dotata di strutture rigide ossee e cartilaginee.

In condizioni normali questi fenomeni provocano una modesta < PaO2, un modesto > PaCO2, una

lieve modificazione della sat.ossiHb del sangue arterioso, > resistenze delle vie aeree superiori al

flusso aereo con vibrazione delle pareti faringee, ugola e palato molle e russamento o roncopatie.

In condizioni patologiche il soggetto va incontro alle apnee del sonno.

La Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno OSAS è il disordine respiratorio più frequente

caratterizzata da ostruzione periferica delle vie aeree superiori, con apnea di tipo ostruttiva cioè

interruzione del flusso aereo oronasale per più di 10 secondi, associata a movimenti toraco-

addominali per vincere l’ostruzione.

Si parla di apnea centrale se si ha l’interruzione del flusso aereo oronasale e cessano i movimenti

toraco-addominali e apnea mista quando l’apnea presenta una parte iniziale di tipo centrale e una

parte finale di tipo ostruttiva.

L’ostruzione delle vie aeree superiori può essere dovuta a:

anomalie anatomiche: ipertrofia delle adenoidi o tonsille palatine, turbinati e ugola, ipoplasia

mandibolare, atresia o stenosi della coane nasali, deviazione del setto nasale, malformazioni

cranio-facciali (micrognazia).

obesità con accumulo di tessuto adiposo perifaringeo, alterazioni della forma e Ø dello spazio

faringeo e alterazione della dinamica toraco-polmonare.

stanchezza, consumo eccessivo di alcool, uso di sedativi che < il tono delle vie respiratorie alte.

Normalmente queste anomalie provocano ostruzione e difficoltà al passaggio dell’aria quando il pz

è in decubito supino con russamento continuo inspiratorio-espiratorio, per cui il flusso d’aria c’è

Page 71: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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sempre e il pz non va in apnea. Invece, la sleep apnea ostruttiva o apnea del sonno OSAS è

dovuta all’ostruzione delle vie aeree superiori con arresto totale o parziale del flusso orofaringeo,

per la durata di almeno 10 secondi e russamento maligno intermittente molto grave.

L’apnea avviene durante la fase REM in cui si ha la massima ipotonia dei muscoli dilatatori della

faringe: le apnee possono variare da un n° di 10 fino a 100 per h di sonno con una durata

variabile da 5 a 40 secondi fino ad 1 minuto nei casi più gravi con blocco della ventilazione,

ipossia e ipercapnia che stimolano la respirazione con notevole sforzo dei muscoli respiratori

provocando l’arousal cioè un sonno più leggero frammentato che raramente viene avvertito dal pz

come un vero e proprio risveglio caratterizzato da un notevole > dell’attività dei muscoli dilatatori

delle vie aeree superiori e la ripresa del flusso aereo con iperventilazione e intenso russamento

con > frequenza cardiaca e P arteriosa da vasocostrizione indotta dall’ipossia, associato a

sonnolenza diurna. L’iperventilazione riesce in breve tempo a riportare i valori dei gas arteriosi ai

livelli normali. In pratica si verificano reazioni cerebrali di risveglio ogni 30-40 sec. perchè il

cervello cerca di ripristinare la pervietà delle vie aeree superiori e l’attività muscolare ma si ha una

frammentazione del sonno, il pz non entra mai nella fase REM di sonno profondo perchè la

corteccia cerebrale è sempre in attività.

Lo sforzo respiratorio provoca una < P intratoracica con > ritorno venoso e bradicardia riflessa

con battiti ectopici sopraventricolari che possono favorire l’insorgenza di aritmie ad alto rischio

di morte cardiaca improvvisa. L’ipertensione polmonare può provocare il cuore polmonare cronico e l’insufficienza ventricolare dx.

Queste patologie devono essere tenute seriamente sottocontrollo perchè durante la notte si possono

avere alterazioni della frequenza cardiaca, P arteriosa e PaO2 del sangue.

I Sintomi sono: russamento molto intenso e intermittente, eccessiva sonnolenza diurna da

frammentazione del sonno da frequenti episodi di arousal.

Il pz durante l’apnea presenta bradicardia, > P arteriosa sistemica e polmonare, < PaO2 del sangue, < saturazione dell’O2 fino al 75-80%, mentre al termine dell’apnea con ripresa del respiro

presenta tachicardia, < P arteriosa.

Durante il giorno il pz non ha problemi respiratori e cardiocircolatori ma presenta ipersonnia, cefalea al risveglio, astenia, turbe dell’umore, perdita della memoria, sensazione di imbambolimento cerebrale fino a problemi cardiovascolari con aritmie, problemi cerebrali,

metabolici, polmonari...

La sonnolenza diurna associata all’obesità costituisce la Sindrome di Pickwick.

Nei casi più gravi l’ipoventilazione notturna provoca un’insufficienza respiratoria cronica con

ipossiemia, ipercapnia e ipertensione polmonare persistenti anche durante la veglia, soprattutto se

il pz soffre di altre patologie che determinano ipossiemia (BPCO) (sindrome da overlapping).

La Classificazione di Lungaresi della sindrome delle apnee ostruttive distingue 4 stadi:

Stadio 0 o preclinico: forte russamento associato o no a sporadiche apnee (AHI < 10).

Stadio I: ci sono frequenti apnee soprattutto in posizione supina e nella fase REM.

Stadio II: apnee ricorrenti per tutta la notte.

Stadio III o complicato: il pz presenta apnee associate a ipoventilazione notturna e diurna.

La Diagnosi delle patologie respiratorie legate al sonno si basa su:

Anamnesi: russamento intermittente e sonnolenza diurna.

Polisonnografia PSG consente il:

─ monitoraggio degli stadi del sonno mediante elettro-encefalogramma EEC.

─ monitoraggio dell’attività respiratoria: flusso aereo oronasale e i movimenti toraco-addominali.

─ monitoraggio della saturazione ossiemoglobinica mediante l’ossimetria: in condizioni

patologiche la desaturazione di ossiHb è > 4% per h di sonno

─ monitoraggio dell’attività cardiaca con l’ECG.

─ monitoraggio della posizione corporea.

Inoltre, si valuta il russamento mediante un microfono e la P arteriosa, P esofagea, gas ematici

tramite monitoraggio transcutaneo con alcuni sensori.

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Visita Otorinolaringoiatrica per valutare la pervietà nasale, ugola, tonsille e palato molle,

ostruzione retrolinguale e retroparietale.

La Terapia prevede innanzitutto di ridurre i fattori di rischio cioè fumo, alcool, sedativi,

dimagrimento nei pz obesi, variazione della posizione durante il sonno.

E’ importante la ventilazione a pressione positiva continua CPAP: è una respirazione contro-

corrente che consiste nell’erogazione di aria a P positiva attraverso una mascherina nasale collegata

ad un piccolo ventilatore: il pz respira contro una resistenza con > della P nella bocca in modo da

aprire la zona occlusa, eliminando il problema del russamento e le apnee, migliorando la qualità del

sonno ed evitando problemi durante il giorno mentre mediante l’ossigenoterapia si risolve il

problema della saturazione dell’ossiHb.

Questa tecnica va continuata a lungo termine poichè l’interruzione determina la recidiva delle apnee

ma non tutti i pz sono in grado di tollerarla a causa di effetti collaterali, come secchezza e bruciore

delle vie nasali e della bocca e sensazione di freddo.

La Terapia chirurgica si basa sulla uvulo-palato-faringoplastica UPPP (adulti) con asportazione

dei tessuti molli faringei per ampliare il Ø delle vie aeree superiori ma risolve solo la componente

anatomica e non quella funzionale. Alcune volte è necessaria l’asportazione di polipi nasali e

tonsille ipertrofiche (bambini). La laserterapia sul palato molle e la stimolazione elettrica

sottomentoniera sono utili per ristabilire la pervietà delle vie aeree superiori, interrompendo

precocemente l’insorgenza dell’apnea.

La Sindrome delle Apnee Centrali CSA è caratterizzata dall’assenza di flusso oro-nasale per

almeno 10 sec dovuta a disfunzioni del centro del respiro per cui non si hanno movimenti toraco-

addominali durante l’apnea e sforzi respiratori.

Durante il sonno cessa la stimolazione della veglia sulla ventilazione che talvolta si riduce fino a

determinare l’apnea centrale; se a questo punto interviene un risveglio, si ha iperventilazione come

risposta all’> della PaCO2, a cui segue il riaddormentamento e se il ciclo si ripete si ha il respiro

periodico di Cheyne-Stokes con alternanza tra periodi di incremento dell’ampiezza degli atti

respiratori e decremento fino all’apnea. Questo ciclo periodico termina se alla fase di risveglio

segue una veglia prolungata o quando il sonno, dopo l’addormentamento, diventa più profondo

anziché essere interrotto da un altro risveglio.

Le Cause sono:alterazioni del centro del respiro, malattie neuromuscolari, patologie associate a

iperventilazione e ipocapnia come malattie cardiovascolari e polmonari, permanenza ad alte quote

con ipossiemia o ipossia, sindrome da ipoventilazione alveolare primitiva o secondaria.

La sindrome da ipoventilazione alveolare primitiva o maledizione di Ondine è

caratterizzata da assenza del controllo chimico della respirazione soprattutto durante la fase non

REM dove la ventilazione dipende da stimoli chimici.

Si manifesta sin dai primi giorni di vita con ipoventilazione, cianosi, apnee e convulsioni.

La sindrome da ipoventilazione alveolare secondaria è dovuta a lesioni delle strutture

centrali secondarie a processi infettivi (encefalite) o vascolari (trombosi, emorragie).

La Terapia si basa sull’acetazolamide inibitore dell’anidrasi carbonica con buoni risultati

riducendo il n° e la durata delle apnee e somministrazione di O2 a basso flusso.

L’Apnea Mista si ha quando l’apnea presenta una parte iniziale di tipo centrale e una parte finale

di tipo ostruttiva. I sintomi sono identici alle forme ostruttive.

CHIRURGIA TORACICA

I Traumi del Torace rappresentano la 3^ causa di morte nel mondo dopo le patologie

cardiovascolari e le neoplasie, tenendo conto delle strutture che possono essere interessate dal

trauma, cioè il cuore, aorta, polmoni, bronchi, trachea, esofago, diaframma, parete toracica e

mammella ecco perchè spesso si tratta di una situazione di emergenza chirurgica con intervento di

diversi specialisti cioè chirurgo toracico, cardiochirurgo, chirurgo generale, rianimatore...

I traumi del torace sono distinti in traumi toracici chiusi e aperti:

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- trauma toracico chiuso: non c’è discontinuità dei tessuti della parete toracica cioè non si ha la

comunicazione tra il cavo pleurico e l’ambiente esterno.

- trauma toracico aperto: c’è discontinuità dei tessuti della parete toracica cioè si ha la

comunicazione tra cavo pleurico e ambiente esterno.

I TRAUMI TORACICI CHIUSI sono distinti in: traumi della parete toracica e lesioni viscerali.

I Traumi della Parete Toracica sono rappresentati dalle contusioni cutaneo-muscolari, fratture

delle coste, sterno, clavicola, scapola, vertebre.

I meccanismi responsabili delle lesioni parietali sono: compressione toracica, arrotamento

dove il corpo contundente o il torace subiscono un movimento di rotazione, brusca decelerazione

come l’urto violento contro il volante dell’auto in seguito ad un incidente stradale.

La Compressione Toracica si verifica in seguito allo schiacciamento del torace contro un muro,

suolo, seppellimenti sotto frane o crolli, schiacciamento tra la folla, arrotamenti sotto i veicoli per

lunghi periodi di tempo, per cui si ha la chiusura istintiva della glottide nel tentativo di trattenere

aria nei polmoni, ma si ha un brusco > P endotoracica fino a 200-300 mmHg che si trasmette alla

vena cava superiore generando un’onda di P retrograda che si dirige verso le vene ascellari e le vene

della base cranica che sono munite di valvole, per cui riescono a regolare il flusso sanguigno e a

proteggere gli arti superiori e il cervello dall’iperafflusso di sangue, mentre le vene del viso, collo e

spalle sono prive di valvole per cui si rompono in seguito al reflusso del sangue venoso, con

conseguente cianosi, ecchimosi congiuntivale, colore rosso vivo delle sclere, fino a

agitazione e perdita di coscienza, perdita immediata e temporanea della vista da edema

della retina o permanente distacco della retina.

Le Contusioni Cutaneo-Muscolari sono caratterizzate dalla rottura dei vasi sanguigni con

ecchimosi cioè infiltrazione di sangue nel tessuto sottocutaneo ed ematomi.

Le Fratture Costali rappresentano le lesioni più frequenti della parete toracica e interessano

soprattutto le coste medie mentre spesso sono risparmiate la 1^ costa che è protetta dal cingolo

scapolare e l’11^ e 12^ costa perchè sono mobili e fluttuanti.

La frattura delle coste libere o fluttuanti è pericolosa perché si può avere l’interessamento del fegato

e della milza.

Il trauma costale può essere distinto in:

- trauma diretto se la frattura avviene nel punto di impatto col corpo contundente con fenomeno

del raddrizzamento cioè < dell’angolo costale.

- trauma indiretto se la frattura avviene lontano dal punto di impatto col corpo contundente con

fenomeno di incurvamento cioè > dell’angolo costale.

Le fratture costali possono essere uniche o multiple, semplici o doppie sullo stesso arco costale,

con o senza dislocazione dei monconi, associate o meno a lesioni della pleura e del parenchima

polmonare e di altri organi e strutture toraciche.

Le Fratture Costali Semplici sono le più frequenti, sono caratterizzate da un dolore molto

intenso, esacerbato dalla palpazione e dalla tosse che provoca una < dei movimenti respiratori o

ipomobilità antalgica, ipoventilazione con < degli atti respiratori, meccanismo della tosse

inefficiente con ristagno delle secrezioni bronchiali, dense, viscide, che impediscono la

ventilazione dei lobi polmonari corrispondenti, ad alto rischio di complicanze, cioè

broncopolmoniti e atelettasie polmonari con assenza del murmure vescicolare all’ascoltazione.

La DIAGNOSI avviene mediante la digitopressione valutando le aree dove il pz avverte il dolore

corrispondenti alla sede della frattura e, mettendo le mani sulla parete toracica, si apprezzano degli

scatti durante la respirazione dovuti a movimenti anomali delle coste fratturate, spesso dovute a

frattura delle cartilagini costali. L’Rx del torace evidenzia la sede della frattura.

La TERAPIA delle fratture costali, a differenza di altre fratture come quelle degli arti dove è

possibile ingessare la parte colpita per fissare i monconi fratturati, non prevede l’uso del gesso

poiché le coste sono strutture attive nel meccanismo della respirazione e devono essere libere di

muoversi. E’ importante sedare il dolore con farmaci analgesici o anestetici locali somministrati

mediante cateterini direttamente nei nervi intercostali.

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74

Il pz deve cercare di tossire tenendo la mano sulla parete toracica per evitare di scatenare il dolore,

in modo da espellere le secrezioni bronchiali. Se la tosse è secca, non produttiva, si somministrano

mucolitici per rendere il muco più fluido e si aspira il muco con il broncoscopio mediante un

sondino inserito nel naso.

Si somministrano antibiotici per evitare l’insorgenza di infezioni batteriche.

Le Fratture Costali Doppie interessano due o più coste e spesso si forma il lembo parietale se la

rottura avviene in 2 punti di più coste contigue, come succede in caso di incidenti stradali, cadute

dall’alto, raramente per traumi sportivi, massaggio cardiaco esterno...

Si fa una distinzione tra lembo parietale fisso che non altera la meccanica respiratoria e lembo

parietale mobile che altera la meccanica respiratoria perché si genera un movimento paradosso:

durante la fase inspiratoria si ha un > dei Ø del torace e la < P endopleurica e il lembo parietale

viene risucchiato nel torace, mentre durante la fase espiratoria si ha un > P endopleurica e il lembo

parietale viene spinto verso l’esterno, per cui ad ogni atto respiratorio si ha la < della quantità di aria

che viene ventilata, fino a provocare una grave insufficienza respiratoria.

Si fa una distinzione tra lembo parietale anteriore, laterale e posteriore.

Il lembo parietale anteriore mobile è quello più grave: spesso è dovuto ad incidenti stradali con

frattura della coste vere, dello sterno e della clavicola e può provocare la morte del pz in tempi brevi

se non si interviene subito, per interessamento del cuore e dei grossi vasi.

Inoltre, si crea una certa ΔP tra emitorace dx e sx con fluttuazione o sbandieramento

mediastinico con inginocchiamento ritmico delle vene cave, < del ritorno del sangue venoso e della

gittata sistolica, contusione del miocardio ed emopericardio.

Si può avere il passaggio di aria povera di O2 da un polmone ad un altro detta “aria pendolare”

perchè si ha una < del sangue che circola tra cuore dx, polmoni, cuore sx e circolazione generale.

La PROGNOSI è severa in caso di COMPLICANZE:

- insufficienza respiratoria: i monconi costali irregolari e taglienti possono lacerare il parenchima

polmonare con edema, emorragie interstiziali e alveolari e alterazione degli scambi gassosi a livello

della membrana alveolo-capillare con ipossiemia e iperventilazione compensatoria nelle fasi iniziali,

poi ipossiemia e ipercapnia ed insufficienza respiratoria grave che richiede la ventilazione meccanica

assistita.

- rottura dei visceri endotoracici, cuore e grossi vasi (aorta, arterie polmonari, vena cava superiore e

inferiore) con ematoma parietale, pneumotorace ed emotorace con insufficienza respiratoria e

cardiocircolatoria. Inoltre, enfisema sottocutaneo con gonfiore e crepitio alla palpazione se l’aria

che esce dal polmone non si diffonde nel cavo pleurico ma nel tessuto sottocutaneo della parete

toracica. In caso di trauma a glottide chiusa l’aria presente nei polmoni non riesce ad uscire, per cui

si può realizzare il meccanismo di scoppio del polmone.

- infezione pleuro-polmonare da ristagno delle secrezioni.

La TERAPIA prevede: somministrazione di farmaci analgesici, farmaci mucolitici oppure

broncoaspirazione con sondino di gomma o con broncoscopio.

E’ importante il trattamento del lembo parietale:

Il lembo parietale posteriore non è pericoloso perché i suoi movimenti sono limitati dalla scapola e

dai muscoli del dorso, cioè muscoli dentati, muscoli lunghi del dorso, muscolo trapezio e muscolo

gran dorsale.

Il lembo parietale laterale può essere bloccato mediante sacchetti di sabbia fissati al torace con dei

cerotti o fasce elastiche.

Il lembo parietale anteriore bilaterale può essere bloccato con fissazione esterna cioè con mezzi

meccanici afferrando i bordi delle coste con delle pinze e si solleva il lembo mediante una carrucola

collegata ad un peso di 4-5 kg. Questa tecnica è eseguita in anestesia locale.

Oppure si ricorre alla fissazione interna con mezzi pneumatici come la tecnica di osteosintesi: si

apre il torace e i monconi fratturati sono bloccati mediante un sistema di placche, lamine o fili

metallici di Kirshing robusti e flessibili. Il pz viene sottoposto a ventilazione meccanica assistita,

insufflando l’aria ritmicamente, mettendo a riposo i muscoli della respirazione, < il dolore e si parla

di “stabilizzazione pneumatica”. Nell’arco di 2-3 settimane si ha la formazione del callo osseo.

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75

Le Fratture dello Sterno sono più rare rispetto alle fratture costali, possono essere dovute ad un

trauma diretto da urto del torace contro un oggetto, per un pugno o per una ferita da arma da fuoco

oppure ad un trauma indiretto come la brusca flessione o estensione della colonna vertebrale o per

effetto della violenta contrazione dei muscoli sternocleidomastoidei o addominali. In genere le

fratture costali si verificano in corso di incidenti stradali e si tratta di fratture uniche, complete,

trasversali, con monconi fissi e ingranati, raramente mobili, infossati nel torace.

Il pz presenta dolore intenso esacerbato dalla tosse e palpazione, ecchimosi, deformazione della

parete toracica.

Le LESIONI VISCERALI sono rappresentate dalle contusioni polmonari, lacerazione o rottura

polmonare, rotture tracheo-bronchiali, rottura del cuore e dei grossi vasi, traumi vertebro-midollari,

rottura del diaframma e dell’esofago.

La Contusione Polmonare è dovuta a traumi chiusi con improvviso > della P endotoracica ed è

caratterizzata da infiltrati emorragici nei setti e cavità alveolari, edema e atelettasia senza

discontinuità dei tessuti che nei casi più gravi provoca insufficienza respiratoria.

L’Rx Torace evidenzia aree ipodiafane più o meno estese mentre la TAC evidenzia zone di

addensamento polmonare e i rapporti con strutture contigue.

La TERAPIA si basa sulla somministrazione di antibiotici, mucolitici e fisiokinesi-terapia per

prevenire le infezioni sovrapposte e favorire una rapida guarigione della patologia.

La Lacerazione o Rottura Polmonare spesso è dovuta a traumi da cadute dall’alto, ferite da

arma da fuoco e incidenti ad alta velocità responsabili di lesioni con soluzioni di continuo di varia

entità, con segni clinici e radiologici di pneumo-emotorace e soprattutto emoftoe associata a

dispnea variabile a seconda dei danni del parenchima polmonare, parete toracica e del versamento

pleurico. La contusione polmonare e la < del riflesso della tosse da dolore con ipomobilità

antalgica, possono provocare broncospasmo, ipersecrezione bronchiale e ostruzione tracheo-

bronchiale con ipoventilazione alveolare con conseguente atelettasia e sovrainfezioni batteriche cioè

polmonite bronco-ostruttiva e si parla di polmone umido in presenza di sangue, muco, pus e

succo gastrico, ad alto rischio per la vita del pz. Questa situazione è tipica del pz anziano con

bronchite cronica, enfisema e cardiopatie, si manifesta con sudore, tachicardia, agitazione, respiro

rapido e superficiale, rumori tracheo-bronchiali, udibili anche a distanza, insufficienza

respiratoria.

Le Rotture Tracheo-Bronchiali sono dovute a traumi violenti del torace con interessamento della

parte membranosa della trachea, in stretto rapporto con l’esofago, oppure traumi con notevole < di

uno o più Ø della cavità toracica con spostamento del cuore e arco aortico che provocano una

fissurazione o disinserzione della trachea e bronchi dal proprio asse, lesione di un bronco lobare con

perdita continua di aria, oppure lesioni iatrogene da manovre endoscopiche o intubazione

endotracheale.

Il pz presenta dispnea, emottisi, pneumotorace ed enfisema sottocutaneo e mediastinico dovuti

alla diffusione dell’aria nel tessuto connettivo lasso del mediastino e nel tessuto sottocutaneo del

collo e volto che appaiono gonfi fino alla chiusura delle palpebre. Nei casi più gravi la diffusione

dell’aria interessa tutto il corpo e si parla di aspetto a palombaro.

La palpazione evidenzia un crepitio tipico della neve fresca mentre l’Rx Torace evidenzia

l’enfisema e lo slargamento del mediastino con scollamento della pleura mediastinica dall’arco

dell’aorta e dal cuore. Se la comunicazione tra cavo pleurico e vie aeree è ampia si ha

pneumotorace grave difficile da drenare con insufficienza respiratoria progressiva.

Alcune volte il drenaggio consente di ripristinare la funzione ventilatoria del polmone colpito ma la

guarigione della lesione bronchiale con tessuto di granulazione e sostituzione da parte di tessuto

fibroso possono favorire l’insorgenza di stenosi bronchiali fino all’ostruzione con ipoventilazione

polmonare e atelettasia. La fibrobroncoscopia consente di identificare la sede della lesione.

La TERAPIA è chirurgica per ripristinare l’integrità delle vie aeree.

La Rottura del cuore e dei vasi spesso è dovuta all’urto violento dello sterno contro lo sterzo

dell’automobile oppure a ferite da arma da fuoco o da taglio ad alto rischio di morte in seguito al

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tamponamento cardiaco cioè si ha la raccolta di sangue all’interno del pericardio che impedisce al

cuore di contrarsi e dilatarsi, per cui è molto importante drenare questa raccolta ematica per evitare

gravi conseguenze. Spesso la perdita di sangue provoca shock ipovolemico, mentre la rottura

dell’aorta è rapidamente mortale.

Il pz presenta dolore di tipo anginoso che tende a migliorare con l’O2 ed è refrattario alla

nitroglicerina, tachicardia, flutter atriali, fibrillazione e bradicardia, > enzimi di necrosi (CPK,

LDH, SGOT), segni di shock ipovolemico, ipotensione, turgore delle giugulari da compressione

della vena cava e < o scomparsa dei rumori cardiaci.

La DIAGNOSI avviene con angiografia ed ecocardiografia.

Nel 90% dei casi il soggetto va incontro a morte soprattutto in caso di rottura dell’aorta.

I Traumi Vertebro-Midollari spesso sono dovuti ad incidenti stradali, incidenti sul lavoro o

sportivi, con brusca estensione o flessione della colonna vertebrale o compressione assiale con

frattura dei corpi vertebrali, lesioni dei legamenti vertebrali, lussazione tra i corpi vertebrali con <

del Ø del canale midollare e interessamento del midollo spinale con sintomi neurologici cioè

paraplegia, paralisi muscolari, deficit della ventilazione.

La Rottura del Diaframma determina una grave insufficienza respiratoria, favorisce l’insorgenza

delle ernie diaframmatiche post-traumatiche con visceri addominali che passano dalla cavità

addominale nella cavità toracica (stomaco, milza, colon) ad alto rischio di volvolo gastrico e

occlusione intestinale. Si dice che i visceri addominali perdono il diritto di domicilio in cavità

addominale. I visceri addominali provocano la compressione dei visceri toracici con insufficienza

respiratoria e cardiocircolatoria spesso letali.

La Rottura dell’Esofago spesso è dovuta a traumi con meccanismi di schiacciamento oppure alla

ingestione di corpi estranei, come le lamette ingerite a scopo suicida, ad alto rischio di

mediastinite che è mortale nel 99% dei casi.

I traumi toracici possono provocare anche sindromi da occupazione del cavo pleurico cioè

pneumotorace, emotorace e chilotorace.

ANATOMIA, FISIOLOGIA e PATOLOGIE della PLEURA

Le PLEURE sono membrane sierose costituite da epitelio pavimentoso monostratificato detto

mesotelio che riposa su di uno strato di connettivo sottomesoteliale ricco di fibre collagene.

La pleura è costituita da 2 foglietti: pleura viscerale che riveste la superficie polmonare, separata

dal parenchima polmonare da uno strato di connettivo in cui decorrono vasi sanguigni e linfatici e

pleura parietale distesa sulle pareti delle logge pleuro-polmonari, distinta in pleura costale,

diaframmatica e mediastinica.

La pleura costale si estende dalla faccia posteriore dello sterno alla faccia laterale dei corpi

vertebrali, la pleura diaframmatica aderisce alle pareti laterali della faccia superiore del

diaframma, la pleura mediastinica è tesa tra lo sterno e la colonna vertebrale ed è formata da due

lamine che delimitano il mediastino.

La pleura diaframmatica e quella costale sono in continuità tra loro a livello dell’angolo compreso

tra il diaframma e la parete toracica costituendo il seno o recesso costo-diaframmatico o costo-frenico

cioè una cavità virtuale che il polmone occupa parzialmente quando > di volume nell’inspirazione.

La pleura mediastinica e quella costale sono in continuità anteriormente e danno origine al seno

costo-mediastinico che accoglie il margine anteriore del polmone.

A livello dell’ilo i foglietti pleurici sono in continuità tra loro costituendo la Cavità Pleurica cioè

una cavità virtuale che diventa reale in condizioni patologiche, presenta una P negativa, cioè <

rispetto alla P atmosferica, pari a – 2.5 mmHg alla fine della espirazione e a – 7 mmHg alla fine

della inspirazione. La P endopleurica – agisce come forza di legame tra pleura viscerale e parietale:

la pleura viscerale consente al parenchima polmonare di comprimersi grazie all’azione di forze di

retrazione elastica, occupando il minor volume possibile, mentre la pleura parietale consente alla

gabbia toracica di espandersi grazie al tono della sua muscolatura.

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La P endopleurica – controbilancia le forze di compressione ed espansione consentendo ai due

foglietti di seguire l’uno i movimenti dell’altro e ai polmoni di mantenersi solidali con le escursioni

del sistema gabbia toracica-diaframma.

Nel cavo pleurico c’è il liquido pleurico (4-5 cc, povero di proteine e cellule) che ha la funzione di

lubrificare la superficie pleurica e consente l’adesione tra i foglietti favorendo il loro scivolamento.

In condizioni normali la produzione del liquido pleurico dipende dall’equilibrio tra processi di

filtrazione e riassorbimento e dall’equilibrio tra le forze di Starling.

La vascolarizzazione della pleura parietale si deve a vasi arteriosi, venosi e linfatici della

circolazione sistemica (tributari dell’atrio dx) con livello pressorio compreso tra 90-130 mmHg,

mentre la vascolarizzazione della pleura viscerale si deve a vasi arteriosi sistemici provenienti dal

circolo bronchiale e a vasi venosi che drenano nelle vene polmonari della piccola circolazione

(tributari dell’atrio sx) con livello pressorio compreso tra 2-10 mmHg e 20 mmHg, per cui questa

ΔP consente il passaggio del liquido pleurico dalla pleura parietale a P maggiore alla pleura

viscerale a P minore (1 litro/24 h).

I processi di filtrazione-riassorbimento del liquido pleurico dipendono dall’equilibrio tra forze di

Starling cioè P idrostatica e P colloidosmotica tra compartimento microvascolare e spazio pleurico.

La filtrazione avviene maggiormente nella pleura parietale perchè la pleura viscerale presenta una

P indrostatica del microcircolo più bassa dovuta alla presenza dei capillari polmonari e soprattutto

al drenaggio di sangue nel circolo polmonare che ha P più basse di quello sistemico.

Il riassorbimento si deve soprattutto ai linfatici della pleura parietale tramite una serie di aperture

del mesotelio dette stomi che comunicano con la rete linfatica sottostante.

Il riassorbimento avviene in minima parte anche a livello della pleura viscerale dato che viene

drenata dal circolo polmonare che è a bassa P.

Il VERSAMENTO PLEURICO è un abnorme accumulo di liquido nella cavità pleurica dovuto ad

una alterazione dei processi di filtrazione e di riassorbimento del liquido pleurico, distinto in:

versamento trasudatizio da alterazione sistemica dei fattori che determinano il bilancio di

produzione del liquido pleurico, > filtrazione o < assorbimento del liquido, senza alterazioni

significative della permeabilità microvascolare dei vasi pleurici, in cui la pleura non partecipa

alla patologia ma funge solo da serbatoio per il versamento.

versamento essudatizio da patologie locali della pleura di natura flogistica con > della

permeabilità microvascolare o di natura neoplastica con alterazioni della pompa linfatica.

La PLEURITE è un processo infiammatorio della sierosa pleurica con > della permeabilità

microvascolare, ipersecrezione di liquido e versamento pleurico dovuta a:

Batteri: Staphilococco aureus, Streptococchi e Pneumococchi, più raramente virus e miceti che

penetrano nell’organismo dall’esterno in caso di trauma toracico, interventi chirurgici, oppure si

diffondono per via ematica in caso di sepsi o batteriemia.

fenomeni immunitari: pleurite allergica, pleurite TBC, LES, Artrite Reumatoide (connettiviti).

fenomeni dismetabolici: pleurite colesterolica, pleurite uremica...

fenomeni fisici: irradiazioni...

Dal punto di vista CLINICO e ANATOMO PATOLOGICO si fa una distinzione tra pleurite secca o

fibrinosa, pleurite essudativa e pleurite trasudativa.

La Pleurite Secca o Fibrinosa è un’infiammazione circoscritta o più o meno diffusa sulla

superficie pleurica, spesso secondaria ad una polmonite o broncopolmonite.

La superficie sierosa presenta un aspetto a vetro smerigliato, ricoperta da essudato fibrinoso,

grigiastro, con ispessimento della pleura da edema e infiltrazione cellulare.

I SINTOMI sono febbricola, tosse secca, stizzosa, dolore e ipomobilità dell’emitorace interessato, alcune volte astenia e anoressia e all’Esame Obiettivo si notano sfregamenti

pleurici, persistenti nel tempo, superficiali, fissi, non mutano con i colpi di tosse, a differenza

dei rantoli tipici delle bronchiectasie. Il decorso e la prognosi delle pleuriti secche sono buoni.

Le Pleuriti con versamento non infiammatorio o trasudativo sono dovute a:

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ipertensione venosa polmonare da insufficienza ventricolare sx, valvulopatia mitralica e edema

polmonare acuto cardiogeno responsabili di una > filtrazione di liquido pleurico da parte della

pleura viscerale. In caso di insufficienza ventricolare sx l’organismo cerca di mantenere una buona

gittata cardiaca mediante 2 meccanismi di compenso cioè > frequenza cardiaca e > volume cardiaco

ma si ha l’> del riempimento ventricolare sx e atriale sx e > della P atrio-ventricolare sx.

Poichè la P media dell’atrio sx è uguale alla P nei capillari polmonari, l’> P nell’atrio sx determina

l’> P nei capillari polmonari e della piccola circolazione che si ripercuote anche a livello della

pleura viscerale con > della P idrostatica e versamento pleurico abbondante e bilaterale, per cui si

ricorre al drenaggio con toracentesi e bisogna curare la malattia di base cercando di < l’ipertensione

venosa polmonare e il postcarico mediante diuretici e vasodilatatori e di > la contrattilità cardiaca

con la terapia digitale.

Nell’edema polmonare cardiogeno l’acqua extravascolare polmonare in eccesso si accumula

soprattutto a livello interstiziale, dato che la fase di edema alveolare è tardiva, per cui si ha il

passaggio diretto del liquido dall’interstizio polmonare allo spazio pleurico, rappresentando un

fattore positivo perchè facilita il drenaggio dell’edema polmonare, eliminando il 30% ~ dell’acqua

extravascolare polmonare, migliorando la meccanica polmonare e favorendo gli scambi gassosi.

Inoltre, l’ipertensione venosa polmonare non provoca l’> della P venosa sistemica per cui la

funzione di drenaggio linfatico è normale.

Invece in caso di ipertensione venosa sistemica si ha un > filtrazione di liquido a livello della

pleura parietale e la < dell’efficacia del drenaggio linfatico.

cirrosi epatica con insufficienza epatocellulare e deficit della sintesi di proteine plasmatiche con

ipoalbuminemia, < della P colloidosmotica e ascite: il versamento pleurico trasudatizio si verifica

in seguito al passaggio del liquido ascitico attraverso aree difettose del diaframma o attraverso i

linfatici del diaframma, spesso con versamento abbondante associato a dispnea, per cui è importante

il trattamento dell’ascite con somministrazione di albumina plasmatica e ripristino della diuresi.

sindrome nefrosica con proteinuria cioè eccessiva perdita di proteine plasmatiche con le urine e

ipoalbuminemia.

ipervolemia o iperidratazione da rapida ed eccessiva reinfusione di liquidi, con > P idrostatica,

< P colloidosmotica e > della filtrazione sia a livello parietale che viscerale.

ustioni gravi ed estese con notevoli perdite idro-elettrolitiche e proteiche.

La Pleurite Essudativa è un processo infiammatorio della pleura con notevole versamento siero-

fibrinoso o siero-emorragico.

Il Versamento Essudativo può essere legato a:

polmonite batterica con interessamento della pleura viscerale e > della permeabilità vascolare.

neoplasie primitive o metastatiche con versamento di tipo sieroso, siero-ematico o emorragico

(carcinoma mammario, linfomi e carcinoma polmonare) ricco di linfociti, macrofagi e cellule

mesoteliali e tende a recidivare rapidamente dopo il drenaggio.

In passato la causa principale era la TBC mentre oggi l’eziologia è reumatica o virale, dato che i

batteri sono tenuti sottocontrollo con gli antibiotici.

La sierosa pleurica assume un aspetto a vetro smerigliato, ricoperto da essudato fibrinoso,

grigiastro, con leucociti e globuli rossi. La sierosa è ispessita per iperemia, edema ed infiltrazione di

linfociti, neutrofili, eosinofili, plasmacellule... Nel cavo pleurico si nota un liquido sieroso, giallo-

citrino, alcune volte leggermente torbido o emorragico, ricco di PMN, linfociti e cellule di

sfaldamento. Con la cronicizzazione della malattia, l’essudato si organizza costituendo delle

pseudomembrane formate da collageno più o meno denso, ricco di vasi, con ispessimento pleurico,

formazione di cotenne e sinfisi più o meno estese che provocano l’incarceramento del polmone e la

formazione di sacche piene di essudato addensato, fino alla deposizione di sali di calcio, retrazioni

toraciche, scoliosi, spostamenti mediastinici, gravi alterazioni strutturali del parenchima polmonare.

I SINTOMI possono insorgere all’improvviso in uno stato di benessere del pz oppure dopo un

periodo di malessere generale: dolore toracico, dispnea di natura antalgica, febbricola serotina.

Il dolore di origine pleurica è di tipo gravativo, esacerbato dagli atti del respiro e dalla tosse, si

deve all’interessamento della pleura parietale (quella viscerale non è innervata), responsabile del

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respiro interciso cioè provoca l’interruzione dell’atto respiratorio e tende ad attenuarsi e a

scomparire quando compare la raccolta liquida.

Inoltre il pz presenta dispnea antalgica, febbricola soprattutto nelle h serali e tosse da

stimolazione dei recettori pleurici

Alcune volte, dopo una fase acuta con febbre alta per 2-3 giorni, si ha un periodo di defervescenza

a cui segue una brusca riacutizzazione in seguito al versamento pleurico, caratterizzata da dolore

acuto a livello dell’emitorace interessato, febbre alta remittente, tosse secca, stizzosa, dispnea

di entità proporzionale al versamento pleurico.

In caso di versamento pleurico massivo si ha lo spostamento del mediastino verso il lato sano

controlaterale provocando turbe respiratorie e cardiocircolatorie.

In caso di pleurite sx si possono avere disturbi gastrointestinali con nausea, vomito, dispepsia.

La DIAGNOSI si basa su:

Laboratorio: lieve leucocitosi e > VES.

Esame Obiettivo:

- Ispezione: se il versamento è di modesta entità il pz è in decubito laterale sul lato sano poichè la

pressione sul lato malato esacerba il dolore pleurico, se il versamento è abbondante, scompare il

dolore e il pz è in decubito sul lato malato per favorire la meccanica ventilatoria del lato sano.

Il respiro è frequente e superficiale, l’emitorace interessato è ipomobile mentre nella fase di

cronicizzazione della pleurite l’emitorace interessato appare retratto e ipomobile.

- Palpazione: dolore alla pressione e < o scomparsa del f.v.t. da versamento massivo.

- Percussione: consente di delimitare l’area di ottusità nell’emitorace colpito e la linea di confine

con il normale suono plessico cioè la linea di Damoiseau-Ellis cioè una curva a convessità

superiore che parte posteriormente dalla colonna vertebrale, si dirige verso l’alto raggiungendo la

linea ascellare posteriore e ridiscende verso la linea ascellare anteriore.

Tra la linea di Damioseau-Ellis e la colonna vertebrale si ha un’area di iperfonesi detta triangolo di

Garland che corrisponde alla parte di polmone areato spinto verso l’alto e verso l’interno dal liquido.

In caso di versamento massivo con spostamento del mediastino verso il lato sano controlaterale si

può apprezzare alla base dell’emitorace sano un’area di ottusità di forma triangolare o triangolo di

Grocco con base in basso e con un lato costituito dalla colonna vertebrale.

- Auscultazione: sfregamenti pleurici nelle fasi iniziali con versamento modesto e nella fase di

guarigione quando il liquido è stato in parte riassorbito. Si tratta di un rumore aspro e grossolano

dovuto all’attrito tra i 2 foglietti pleurici, simile allo scricchiolio del cuoio nuovo, si ascolta

soprattutto al termine dell’inspirazione e all’inizio dell’espirazione e scompare quando il paziente

trattiene il respiro. Il murmure vescicolare è < o assente da atelettasia e in corrispondenza del

limite superiore del versamento spesso si apprezza un soffio bronchiale in seguito all’abolizione

della componente parenchimale del murmure vescicolare.

Esame chimico-fisico del liquido prelevato mediante la toracentesi, eseguendo la prova di

Rivalta con reazione – in caso di versamento trasudatizio con [ ] proteica < 3 g/dl, peso specifico

< 1015 e bassa cellularità e reazione + in caso di versamento essudativo con [ ] proteica > 3 g/dl,

peso specifico > 1015 e alta cellularità, soprattutto elementi ematici e cellule mesoteliali di

sfaldamento.

Più sensibili e specifici per valutare i versamenti essudativi sono i Criteri di Light:

- rapporto tra proteine del liquido pleurico e proteine del siero > 0.5.

- rapporto tra [ ] di LHD nel liquido pleurico e nel siero > 0.6.

- [ ] LHD liquido pleurico > di 2/3 rispetto alla [ ] sierica massima di LDH in condizioni normali.

Basta anche la positività di un solo criterio.

Esame Batteriologico consente di identificare eventuali ceppi batterici soprattutto se il liquido è

purulento e di verificare la loro sensibilità a vari antibiotici tramite l’antibiogramma.

Esame Citologico: importante per la diagnosi differenziale delle pleuriti, permette di identificare

elementi atipici in caso di pleurite neoplastica. La ricerca delle cellule neoplastiche può essere

eseguita con Ab monoclonali soprattutto in caso di mesotelioma in cui c’è una scarsa esfoliazione.

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La presenza di linfocitosi spiccata, cioè 85-90% della cellularità totale, è suggestiva di una pleurite

TBC ma nei 2/3 dei casi di pleurite neoplastica è presente linfocitosi > 50% della cellularità totale.

La presenza di eosinofilia > 10% della cellularità totale orienta verso la pleurite da infarto

polmonare, malattie parassitarie o infezioni fungine, mentre la presenza di basofilia > 10% della

cellularità totale può indicare il coinvolgimento della pleura da parte di una leucemia.

Rx torace in proiezione antero-posteriore e laterale: in caso di versamento modesto (100-300

ml) si nota un’area radiopaca di densità omogenea localizzata in posizione declive cioè alla base

dell’emitorace interessato perchè il versamento si dispone per gravità tra la superficie inferiore del

polmone e l’emidiaframma, poi si ha l’obliterazione del seno costofrenico posteriore, laterale e

anteriore, il liquido risale lungo la cavità pleurica circondando a mantellina il polmone.

In proiezione antero-posteriore l’opacità è delimitata da una linea disposta obliquamente dall’alto in

basso e dall’esterno verso l’interno o linea di Damoiseau-Ellis radiologica.

Se oltre al versamento coesiste uno pneumotorace il limite superiore appare orizzontale.

In presenza di versamento massivo l’emitorace appare completamente opacato e si verifica

abbassamento del diaframma, > ampiezza degli spazi intercostali e spostamento del

mediastino verso il lato sano. Se il versamento non è accompagnato da dislocazione mediastinica

e diaframmatica bisogna sospettare la presenza di una patologia del polmone omolaterale

(atelettasia o fibrosi) o della pleura (mesotelioma). La diagnosi dei versamenti saccati è difficile in

presenza di aderenza tra i foglietti pleurici poichè il versamento non si dispone in posizione declive

ma si raccoglie all’interno delle aderenze, per cui si osserva un’opacità omogenea, ovale o

lenticolare con contorni netti.

In questi casi la TAC consente di eliminare ogni dubbio, fornisce utili informazioni sulla natura del

versamento (neoplastica) e sulla situazione del parenchima polmonare e del mediastino.

L’Rx deve essere ripetuto dopo l’esecuzione di una toracentesi evacuativa poichè la < o scomparsa

della radiopacità dovuta al versamento consente di osservare la presenza di alterazioni

toracopolmonari, infettive o neoplastiche, responsabili del versamento.

Ecografia è in grado di evidenziare versamenti anche molto piccoli, non visibili all’Rx che

appaiono anecogeni. L’ecografia può essere effettuata al letto del pz e fa da guida per il drenaggio

del versamento.

Toracoscopia: si basa sull’introduzione di uno strumento ottico attraverso uno spazio intercostale

per avere una visione diretta del cavo pleurico ed effettuare prelievi bioptici mirati o il brushing.

La TERAPIA: antibiotici nelle forme infettive; drenaggio pleurico tempestivo in caso di versamento

massivo con insufficienza respiratoria e trattamento chirurgico nelle forme neoplastiche. L’EMPIEMA PLEURICO è un processo infiammatorio della sierosa pleurica con raccolta di

materiale purulento nel cavo pleurico tale da compromettere la funzione toraco-polmonare.

E’ più frequente nei soggetti di sesso M e gli AGENTI EZIOLOGICI sono:

Streptococco β-emolitico: l’empiema nasce come complicanza della rosolia, pertosse, morbillo,

faringite o tonsillite streptococcica.

Stafilococcus aureus: è la principale causa di empiema in età pediatrica, soprattutto prima dei 2

aa di età, è responsabile di infezioni nosocomiali nei soggetti adulti per intervento di ceppi resistenti

alla penicillina o per contaminazione batterica per via e.v. in tossicodipendenti

immunocompromessi.

Batteri Gram–: Klebsiella, Haemophilus i., Escherichia c., Pseudomonas a. colpiscono soprattutto

soggetti anziani, alcolisti, tossicodipendenti o immunocompromessi per malattie neoplastiche, renali

o diabete.

Batteri anaerobi: Peptostreptococcus, Peptococcus, Streptococcus, Fusobacterium, Bacteroides,

Clostridium e Lactobacilli che in genere fanno parte della flora delle vie aeree superiori e

raggiungono le vie aeree inferiori mediante un meccanismo di aspirazione soprattutto in caso di

interventi chirurgici ai denti o alla cavità orale, anestesia generale, perdita di coscienza con

alterazione del meccanismo di deglutizione e riflesso della tosse.

I microorganismi possono raggiungere la sede dell’infezione:

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– per contiguità a partire da un focolaio suppurativo del parenchima polmonare adiacente alla

pleura: broncopolmonite, ascesso polmonare, bronchiectasie infette.

– per continuità da mediastinite, flemmone della parete toracica, esofagite, pericardite...

– per via ematica o linfatica: setticemia o sepsi, pz politraumatizzati, interventi di cardiochirurgia.

– inquinamento diretto del cavo pleurico: ferite penetranti, interventi chirurgici, diagnosi invasiva.

– diffusione di infezioni addominali al cavo pleurico da ascessi epatici, splenici, pancreatici,

subfrenici, appendicite suppurativa, poichè pleura e peritoneo sono in contatto a livello di lacune

diaframmatiche e la circolazione linfo-ematica pleuro-peritoneale sono integrate tra loro.

L’empiema pleurico nel 50-60% dei casi è dovuto ad un processo infettivo del polmone poiché la

circolazione linfo-ematica della pleura viscerale è parte integrante della circolazione polmonare.

Nel 2-12% dei casi l’empiema è di natura iatrogena cioè nasce come conseguenza di un

intervento chirurgico, come la pneumectomia dovuto alla deiscenza del moncone bronchiale e alla

presenza di residui ematici ed essudato che favoriscono la proliferazione batterica.

Dal punto di vista ANATOMO PATOLOGICO si fa una distinzione tra:

empiema pleurico totale: il pus si raccoglie in tutto il cavo pleurico.

empiema pleurico saccato: il pus si raccoglie in un’area circoscritta del cavo pleurico ad

esempio interlobare, paramediastinica anteriore o posteriore rispetto al legamento polmonare,

apicale o sopradiaframmatica.

empiema pleurico pluriconcamerato: il pus si raccoglie lentamente in alcune tasche dovute alla

formazione di tenaci aderenze con sinfisi tra i foglietti pleurici.

Nel 1962 l’American Thoracic Society ha distinto il decorso della malattia in 3 fasi:

fase acuta o essudativa: caratterizzata dall’accumulo in cavo pleurico di un liquido sterile, a

bassa viscosità e a basso contenuto cellulare, con minima presenza di leucociti, bassi livelli di LDH

e livelli normali di glucosio e pH. L’essudato purulento può essere facilmente rimosso con la

toracentesi con guarigione del pz.

fase fibrino-purulenta o di transizione: il liquido è lievemente torbido e si notano numerosi

leucociti PMN, < pH, < glucosio, > LDH, inizia la deposizione della fibrina sulla superficie pleurica.

fase cronica: si ha la progressiva organizzazione dell’essudato con formazione dei fibroblasti,

sinechie pleuriche multiple e concamerazioni in cui resta intrappolato l’essudato ed è difficile da

rimuovere. Inoltre si formano delle cotenne pleuriche che ostacolano la meccanica toracopolmonare

con ispessimento e retrazione del foglietto pleurico parietale e retrazione della parete toracica con

rotazione delle coste verso il basso e < spazi intercostali, realizzando la situazione di fibrotorace.

Inoltre, nella fase cronica possono verificarsi altre complicanze: fistolizzazione dell’essudato verso

l’esterno attraverso la parete toracica cioè fistole pleuro-cutanea o empiema necessitatis o verso il

bronco o fistola broncopleurica che si verifica se il drenaggio dell’essudato non viene eseguito in

maniera adeguata sin dalle prime fasi della malattia.

I SINTOMI sono: pz sofferente con astenia, pallore, inappetenza, febbre alta associata a brividi

dolore pleurico puntorio, tosse produttiva e dispnea nelle fasi iniziali e tendono a regredire in

caso di drenaggio spontaneo nei bronchi o cutaneo oppure drenaggio chirurgico del pus.

La DIAGNOSI di empiema pleurico si basa su:

Esame Obiettivo:

- Ispezione: ipomobilità dell’emitorace interessato che può > di volume se il versamento pleurico è

massivo mentre < di volume nella fase tardiva per retrazione cicatriziale parietale.

- Palpazione: < o scomparsa f.v.t. in base all’entità del versamento.

Se il versamento è abbondante si ha la compressione verso l’alto del parenchima polmonare e si

possono distinguere due aree: un’area a livello del parenchima polmonare compresso con

accentuazione del fremito e un’area a livello della raccolta di pus con scomparsa del fremito. Il

confine tra le due aree corrisponde al limite superiore del versamento.

- Percussione: ipofonesi o ottusità nelle fasi conclamate della malattia dovuta alla presenza di una

quantità di liquido ≥ 500 cc.

- Auscultazione: < o scomparsa del murmure vescicolare.

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Rx Torace: nelle fasi iniziali il versamento determina opacità di densità omogenea in genere in

posizione declive, tra la superficie inferiore del polmone e l’emidiaframma, poi si ha l’obliterazione

del seno costofrenico e il liquido pleurico circonda a mantellina il polmone. In presenza di

versamento massivo l’emitorace appare completamente opacato, si ha l’abbassamento del

diaframma, > dell’ampiezza degli spazi intercostali e spostamento del mediastino verso il lato sano.

TAC Torace: diagnosi di natura del versamento e segni di cronicizzazione cioè cotenna fibrosa

che incarcera il polmone e fibrotorace.

Broncoscopia: evidenzia se l’empiema nasce come conseguenza di un’ostruzione endobronchiale

da neoplasie o corpi estranei oppure evidenzia una fistola bronco-pleurica.

Toracentesi: ha un valore diagnostico conclusivo, eseguito con il pz in posizione seduta per

favorire la rapida evacuazione per gravità del pus, eseguendo esami batteriologici e chimico-fisici

del materiale.

La TERAPIA si basa sulla somministrazione di antibiotici, toracentesi per drenare il pus presente nel

cavo pleurico da un punto declive per favorire la detensione del cavo pleurico e la riespansione del

parenchima polmonare. Poi si posiziona un tubo di drenaggio chirurgico sottoguida Ecografica o

TAC, nel 5° spazio intercostale lungo la linea ascellare media oppure mediante toracentesi

esplorativa. Attraverso il tubo di drenaggio è possibile eseguire anche il lavaggio del cavo pleurico

con soluzioni saline, agenti fibrinolitici (streptochinasi e urochinasi) per ostacolare la deposizione di

fibrina e antibiotici locali. In caso di cronicizzazione si ricorre al trattamento chirurgico di

decorticazione: si esegue una toracotomia e si asporta la cotenna a livello della pleura viscerale,

associato al drenaggio del cavo pleurico, ripristinando la meccanica respiratoria.

PNEUMOTORACE

Il Pneumotorace è la presenza di aria nel cavo pleurico con P endopleurica che diventa meno

negativa ed il polmone tende a collassare per intervento delle forze di retrazione elastica.

La CLASSIFICAZIONE Eziologica fa una distinzione tra: pneumotorace spontaneo idiopatico

benigno, secondario a patologie pleuropolmonari, iatrogeno, artificiale o terapeutico, traumatico.

Il Pneumotorace Spontaneo, Idiopatico, Benigno è ad eziologia e patogenesi sconosciuta, può

manifestarsi spontaneamente in seguito ad uno sforzo fisico, colpo di tosse, starnuto, durante la

defecazione che alterano la P polmonare ed è benigno perchè ha un decorso favorevole.

Colpisce soprattutto soggetti giovani di sesso M tra i 15 e 30 anni, alti e longilinei con polmoni più

deboli strutturalmente.

Le CAUSE non sono chiare ma spesso la TAC mette in evidenza la presenza di:

alterazioni congenite polmonari: distrofia polmonare progressiva da enzimi litici, come la

tripsina che non è controbilanciata dall’α1-antitripsina con conseguente enfisema bolloso

generalizzato e pneumotorace per rottura delle bolle piene d’aria.

eventi infiammatori evoluti verso la cicatrizzazione cioè non si ha la completa restitutio

ad integrum dei tessuti interessati dalla flogosi ma si formano delle cicatrici che vanno in contro a

retrazione provocando una < della superficie parenchimale e si formano delle bolle nel tessuto che

circonda la cicatrice piene d’aria in seguito a rottura alveolare.

endometriosi pleurica in seguito alla migrazione di isolotti di endometrio dalla pelvi al torace

attraverso i linfonodi diaframmatici, con formazione di blebs piene d’aria che si rompono nel

periodo mestruale (pneumopatia catamaniale)

Il Pneumotorace Secondario a patologie pleuro-polmonari cioè enfisema bolloso,

interstiziopatie, neoplasie polmonari.

Il Pneumotorace Iatrogeno può essere causato da manovre diagnostiche e terapeutiche.

toracotomia: è la causa più frequente, con comunicazione tra cavo pleurico ed ambiente esterno,

per cui è importante il drenaggio post-operatorio per ristabilizzare la P endopleurica –.

toracocentesi: usata per il prelievo di liquido pleurico mediante una siringa introdotta nel cavo

pleurico a livello del VI-VII spazio intercostale ma si può avere la perforazione della superficie

parenchimale con ingresso di aria.

broncoscopia flessibile, può provocare emo-pneumotorace e broncospasmo.

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agoaspirato toracico trans-parietale: responsabile del 10% dei casi di pneumotorace,

controindicato nei pz con enfisema bolloso, ipertensione polmonare o con alterazioni della

coagulazione a rischio di emorragie.

biopsia epatica sottoguida ecografica: il pneumotorace può insorgere in seguito ad un colpo di

tosse con deviazione della direzione dell’ago verso il polmone, oppure si inserisce l’ago a livello del

seno costofrenico dove c’è una piccola porzione di parenchima polmonare.

Il Pneumotorace Artificiale o Terapeutico era usato in era preantibiotica per provocare il

collasso dei settori polmonari lesionati dalla TBC e l’obliterazione delle cavità tubercolari. Oggi

non è più usata grazie all’efficacia degli antibiotici.

Il Pneumotorace Traumatico o Post-traumatico può essere dovuto ad un trauma toracico o

addominale con lacerazioni pleuro-polmonari da:

- moncone costale fratturato che penetra nel parenchima con perdita di aria e talvolta anche di

sangue, per cui si parla di emo-pneumotorace.

- trauma con meccanismo di compressione della parete toracica fino allo scoppio del polmone.

- rottura dei blebs cioè piccole bolle sottopleuriche o rottura di bolle di enfisema quando la P

endotoracica >, come in caso di traumi a glottide chiusa (l’aria non esce e la bolla scoppia).

- traumi aperti da ferita d’arma da fuoco o da taglio.

Ricordiamo che si fa una distinzione tra pneumotorace aperto, chiuso e iperteso.

Il Pneumotorace Aperto si verifica in caso di Trauma Toracico Aperto caratterizzato dalla

discontinuità dei tessuti con comunicazione tra cavo pleurico e ambiente esterno, come succede in

caso di ferite d’arma da fuoco, armi da punta o da taglio (arma bianca) cioè coltelli, lame,

frammenti di vetro o di metallo, per cui si parla di ferita penetrante del torace o soffiante cioè si

tratta di una ferita beante con pneumotorace aperto caratterizzato da un sibilo: infatti, durante la

fase inspiratoria (P endopleurica -) l’aria passa attraverso la breccia parietale nel cavo pleurico

provocando collasso polmonare, spostamento del mediastino verso il lato sano e compressione del

polmone controlaterale. Durante la fase espiratoria l’aria viene buttata fuori dal cavo pleurico, il

mediastino torna nella sua posizione iniziale e si parla di fluttuazione mediastinica che provoca

l’inginocchiamento della vena cava superiore e inferiore.

Per cui si ha insufficienza respiratoria da collasso polmonare e insufficienza cardiocircolatoria

da < del ritorno del sangue venoso al cuore dx con ipotensione arteriosa, polso piccolo e frequente,

dispnea, cianosi grave, turgore delle giugulari e sibilo durante la respirazione.

All’Ispezione si nota la fuoriuscita di sangue e bolle d’aria che sgorgano a spruzzo intermittente a

livello della ferita. In caso di ampia distruzione della parete toracica con formazione di un’ampia

breccia parietale, si può avere l’eviscerazione e morte del pz.

Il Pneumotorace Chiuso si verifica in caso di trauma toracico chiuso di entità variabile a seconda

dell’entità del trauma e integrità dei foglietti pleurici: se il pz aveva già prima del trauma un

processo flogistico della pleura con foglietti pleurici uniti tra loro (sinfisi) e scomparsa del cavo

pleurico, succede che il parenchima polmonare si addossa alla parete toracica e l’aria non trova lo

spazio necessario per uscire, più grave del pneumotorace aperto, caratterizzata da dolore toracico,

dispnea, tosse, cianosi, ipomobilità dell’emitorace interessato, > degli spazi intercostali, < f.v.t. alla

palpazione, iperfonesi alla percussione dovuto alla presenza di una grossa quantità di aria nel cavo

pleurico e < murmure vescicolare all’auscultazione da presenza di aria tra parenchima polmonare e

parete toracica, ostacolando la meccanica respiratoria.

Il pneumotorace chiuso può essere moderato o massivo a seconda della quantità di aria che si

accumula nel cavo pleurico.

Il Pneumotorace Iperteso o a Valvola è la forma più grave, si verifica in seguito alla rottura o

lacerazione della trachea o bronchi principali: si realizza un meccanismo a valvola cioè si ha il

passaggio di aria nel cavo pleurico durante l’inspirazione e l’intrappolamento dell’aria durante la

espirazione perché la breccia si chiude, per cui si ha un > progressivo della P intrapleurica con

collasso polmonare, iperespansione dell’emitorace interessato, abbassamento dell’emidiaframma e

spostamento del mediastino con compromissione del parenchima controlaterale e ostacolo al ritorno

del sangue venoso al cuore con < della gittata cardiaca, fino alla morte se non si interviene subito.

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I Sintomi del pneumotorace sono dolore toracico localizzato trafittivo o puntorio in regione

mammaria o sovraclaveare, esacerbato dagli atti respiratori, dispnea da sforzo e tosse secca,

ingravescente in caso di pneumotorace ipertensivo con insufficienza cardiocircolatoria cioè

cianosi, sudorazione, pallore, ipotensione arteriosa, tachicardia.

La Diagnosi si basa su:

Esame Obiettivo:

- Ispezione: l’emitorace interessato è ipomobile e in caso di pneumotorace ipertensivo si nota

iperespansione dell’emitorace con torace asimmetrico.

- Percussione: iperfonesi (timpanismo) sul lato interessato.

- Palpazione: assenza del f.v.t., l’enfisema sottocutaneo si manifesta con crepitio (sensazione di

palpare la neve fresca) causato dallo spostamento delle bolle d’aria con gonfiore del collo, volto...

- Auscultazione: < o scomparsa del murmure vescicolare.

Rx del Torace: iperdiafania dell’emitorace interessato con collasso polmonare, polmone piccolo e

retratto, iperespansione della gabbia toracica con > degli spazi intercostali, spostamento del

mediastino verso il lato sano controlaterale e abbassamento dell’emidiaframma.

Toracoscopia: indagine endoscopica del cavo pleurico eseguita in anestesia locale, mette in

evidenza le bolle pleuriche, isolotti endometriali...

La Terapia ha lo scopo di ristabilire la P endopleurica – e la meccanica respiratoria.

In caso di pneumotorace modesto il pz deve essere in assoluto riposo, favorendo il riassorbimento

dell’aria nel giro di qualche giorno, eventualmente si somministrano farmaci antidolorifici e

mucolitici. In caso di pneumotorace massivo si ricorre al drenaggio del cavo pleurico attraverso

l’inserimento per via toracostomica di un tubo collegato ad una valvola ad acqua (trocart) introdotto

nel torace a livello del 2° spazio intercostale, lungo la linea emiclaveare o a livello del 4°-5°-6°

spazio intercostale lungo la linea ascellare media o anteriore (punti di minore resistenza della parete

toracica): questo sistema impedisce il rifornimento del pneumotorace dall’esterno attraverso il tubo

di drenaggio. Negli ospedali poco attrezzati si ricorre alla Toracentesi Evacuativa con ago di grosso calibro, ma solo temporaneamente, in attesa di eseguire il drenaggio pleurico in un centro

più attrezzato.

La Terapia Chirurgica è indicata nei casi più gravi che non possono essere tenuti sottocontrollo

con il drenaggio pleurico cioè in caso di ampia comunicazione parenchimale.

EMOTORACE

L’Emotorace è la presenza di sangue nel cavo pleurico dovuto a traumi toracici chiusi o aperti,

interventi chirurgici endotoracici con lacerazione dei vasi polmonari, mammari interni o grossi vasi

mediastinici. Spesso le lacerazioni pleuro-polmonari sono caratterizzate da emo-pneumotorace

con presenza dei livelli idro-aerei all’Rx del torace cioè immagini di contrasto dovuta alla raccolta

di aria radiotrasparente, nera, in alto e del sangue radiopaco, bianco, in basso cioè nelle parti più

declivi del cavo pleurico, delimitate da una linea orizzontale di separazione.

A seconda della quantità di sangue che si accumula nel cavo pleurico abbiamo:

emotorace minimo: con accumulo di ~ 100-350 ml di sangue che avviene lentamente, nel giro di

2-3 settimane, spesso si riassorbe spontanemante e la situazione ritorna alla normalità.

emotorace moderato: con accumulo di 350-1500 ml di sangue che non tende a riassorbirsi ma si

formano dei coaguli di sangue che, insieme a tessuto di natura fibrosa, formano una cotenna che

avvolge il parenchima polmonare, inizialmente soffice e sottile, poi diventa sempre più spessa, tale

da incarcerare il polmone impedendone la sua espansione, provocando insufficienza respiratoria.

emotorace massivo: con accumulo > a 1500 ml di sangue con collasso polmonare, il mediastino

si sposta nell’emitorace sano schiacciando il polmone controlaterale, provocando insufficienza

respiratoria e cardiocircolatoria, più grave rispetto al pneumotorace perchè si ha una notevole

perdita di sangue anemia ingravescente e shock ipovolemico con pallore della cute e delle

mucose, pelle fredda e sudata, ipotensione arteriosa, tachicardia, alterazione dello stato di

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coscienza, contrazione della diuresi da ipoperfusione renale e alterazione della funzione di

filtrazione glomerulare plasmatica, sete persistente da disidratazione.

La Diagnosi si basa su:

Anamnesi: valutiamo sintomi e segni di anemia, disidratazione, shock ipovolemico.

Esame Obiettivo: assenza del murmure vescicolare e del f.v.t. in corrispondenza di un’area

ottusa alla percussione, con silenzio respiratorio in corrispondenza del versamento e soffio

bronchiale dolce sull’area sovrastante.

Rx e TAC Torace: opacizzazione dei settori basali con versamento libero endocavitario.

Toracentesi esplorativa: conferma la presenza di sangue nel cavo pleurico.

La Terapia in caso di emotorace minimo prevede la reinfusione di liquidi sostitutivi del sangue se

l’esame emocromocitometrico è normale. In caso di emotorace moderato si ricorre al drenaggio pleurico e alla toracotomia nelle forme persistenti.

In caso di emotorace massivo con anemia e shock ipovolemico oltre alla toracotomia e al drenaggio

pleurico è importante il Monitoraggio dello Shock Ipovolemico e la Terapia dello shock

ipovolemico (vedi dispensa di Chirurgia).

Il Chilotorace è il versamento della linfa o chilo nel cavo pleurico dovuto a patologie che

interessano il dotto toracico e i suoi rami: traumi, flogosi, neoplasie, anomalie congenite della

parete...

Alla toracentesi con analisi chimico-fisiche si nota che il liquido è lattescente e molto irritante per

la superficie pleurica.

La Terapia si basa sulla toracentesi evacuativa o drenaggio chirurgico della cavità ponendo il pz a

dieta priva di grassi, soprattutto trigliceridi. Nei casi più gravi ad alto rischio per la vita del pz, si

ricorre al drenaggio associato alla nutrizione parenterale totale.

Neoplasie della Pleura

Il Mesotelioma Pleurico è una neoplasia primitiva della pleura che origina dalle cellule di

rivestimento dei foglietti pleurici parietale e viscerale cioè dal mesotelio, ma può colpire anche

il pericardio e peritoneo. Può essere benigno, solitario, localizzato o fibroma di Klemperer e

soprattutto maligno che rappresenta solo l’1% di tutte le neoplasie, colpisce soggetti con età tra i

60-70 anni che per motivi professionali sono esposti a [ ] elevate di asbesto o amianto, per

decenni.

Le fibre di amianto più pericolose e cancerogene sono quelle con lunghezza > 8 µ e Ø < 0,25 µ, in

particolare le fibre di amianto bruno o blu o anfiboli che sono rigide, grandi e appuntite, penetrano

più facilmente nell’interstizio polmonare e sono resistenti alla degradazione da parte dei macrofagi

alveolari. Alcune volte si tratta di forme idiopatiche ad eziologia sconosciuta o di soggetti

predisposti interessando diversi membri della stessa famiglia.

La PCR ha evidenziato la presenza di sequenze geniche del DNA del Virus SV40 in frammenti

tissutali del mesotelioma, che negli anni 60 aveva contaminato il vaccino antipolio e che

probabilmente agisce come co-carcinogeno insieme all’asbesto.

Dal punto di vista ANATOMO PATOLOGICO il mesotelioma nel 95% dei casi è diffuso, raramente

circoscritto, determinando ispessimento pleurico e la formazione di una specie di corazza che

incarcera il polmone fino a provocare collasso polmonare.

La Classificazione Istologica di Donna e Betta distingue 2 forme di mesotelioma: forma prevalentemente epiteliale: è la forma più frequente e difficile da diagnosticare perchè

spesso è confusa con le iperplasie o forme secondarie a metastasi da carcinoma del pancreas,

mammella e rene, ma con prognosi favorevole perchè l’evoluzione è molto lenta e la comparsa delle

metastasi a distanza è tardiva.

forma prevalentemente mesenchimale di tipo fibroblastica, mioblastica, angioblastica,

linfoblastica, condroblastica o osteoblastica.

Dal punto di vista CLINICO il mesotelioma in genere esordisce con un versamento pleurico di

modesta entità, unilaterale, ingravescente e rapidamente recidivante, dolore toracico prima

sordo e profondo poi diventa intenso e costante, resistente agli analgesici e non regredisce con il

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formarsi del versamento, dispnea che > con il progredire del versamento nelle fasi precoci della

malattia mentre nelle fasi avanzate la dispnea è grave anche se il versamento è lieve, tosse, calo

ponderale, astenia e febbre.

La DIAGNOSI di mesotelioma avviene con:

Anamnesi: esposizione professionale all’asbesto.

Rx Torace: in caso di mesotelioma senza versamento pleurico si notano noduli irregolari

radiopachi mentre in presenza di versamento pleurico queste immagini sono mascherate.

Toracentesi con analisi citologica e chimico-fisica: il liquido pleurico è di tipo sieroso, siero-

ematico o francamente ematico.

Indagini di Laboratorio: l’analisi istochimica e biochimica del liquido pleurico evidenziano la

presenza di un’alta [ ] di acido ialuronico che è tipica del mesotelioma maligno, mentre tra i

markers tumorali si osserva la < livelli di CEA associata ad > livelli di TPA e Cyfra 21.1 nel siero

e nel liquido pleurico che è molto indicativa di mesotelioma maligno.

biopsia con esame istologico mediante broncofibroscopia o per via video-toracoscopica o

biopsia per via toracotomica, utili per la diagnosi di certezza.

TC: ispessimento pleurico con formazione di una cotenna che incarcera il polmone con o

senza versamento pleurico, stadiazione della neoplasia, presenza di metastasi.

Per la PROGNOSI e la scelta terapeutica è utile la CLASSIFICAZIONE TNM:

─ T1a: neoplasia limitata alla pleura parietale costale, mediastinica e diaframmatica.

─ T1b: presenza di focolai neoplastici a livello della pleura viscerale.

─ T2: la neoplasia interessa diaframma e/o parenchima polmonare.

─ T3: la neoplasia interessa la parete toracica, fino ai tessuti molli o il mediastino.

─ T4: la neoplasia interessa la pleura controlaterale o il peritoneo.

─ N0: nessuna metastasi ai linfonodi.

─ N1: presenza di metastasi ai linfonodi broncopolmonari o ilari.

─ N2: presenza di metastasi ai linfonodi mediastinici omolaterali.

─ N3: presenza di metastasi ai linfonodi mediastinici controlaterali e/o sovraclaveari.

─ M0: nessuna metastasi a distanza.

─ M1: presenza di metastasi a distanza.

La TERAPIA nelle fasi iniziali si basa sulla pleurectomia parziale associata alla radioterapia

neoadiuvante e chemioterapia adiuvante con buone possibilità di sopravvivenza, migliore qualità di

vita per il pz, < la frequenza del versamento pleurico che è responsabile del rapido decadimento

delle condizioni generali del pz. In caso di versamento pleurico resistente e recidivante si ricorre

alla pleurodesi chimica iniettando nel cavo pleurico delle sostanze irritanti, come il Talco medicale

depurificato, che induce la formazione di tenaci aderenze tra la sierosa viscerale e parietale.

PATOLOGIE TRACHEO-BRONCHIALI

BRONCHIECTASIE

La Bronchiectasia è una dilatazione patologica e permanente dei bronchi di piccolo e medio

calibro da alterazioni morfologiche e funzionali della parete bronchiale irreversibili.

Colpiscono soprattutto soggetti giovani di sesso M e F e dal punto di vista Eziologico si fa una

distinzione tra bronchiectasie primitive o congenite e secondarie o acquisite.

Le Bronchiectasie Primitive o Congenite sono dovute a:

malformazioni congenite bronchiali e broncopolmonari: agenesie, ipoplasie...

alterazione della cartilagine della parete bronchiale come la tracheo-broncomalacia o

sindrome di Williams-Campbel.

alterazione della struttura muscolo-elastica della parete bronchiale come la tracheo-

broncomegalia.

deficit dell’immunità umorale cioè lisozima, callicreina, α2-macroglobulina, α1-antitripsina che

normalmente svolgono un’importante azione di depurazione delle vie respiratorie.

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Le IgA, IgG, IgM svolgono un’importante azione di difesa antivirale, antibatterica e organizzazione

strutturale del muco. Le alterazioni di questi meccanismi di difesa possono favorire l’insorgenza di

infezioni delle vie respiratorie con gravi danni delle pareti bronchiali e bronchiectasie.

Sindrome di Kartagener o delle ciglia immobili con alterazione del movimento ciliare e del

meccanismo di depurazione o clearance mucociliare che favorisce l’insorgenza di frequenti

infezioni delle vie respiratorie che sono alla base delle bronchiectasie (rinosinusiti, salpingiti,

sterilità maschile da ipomobilità degli spermatozoi).

fibrosi cistica o mucoviscidosi da alterazione elettrolitica del muco con < del Na+, scarsa

idratazione del muco che diventa più denso e si blocca a livello delle pareti bronchiali con

conseguente bronchiectasie o atelectasie, infezioni recidivanti ed esito letale prima dell’età adulta.

Le Bronchiectasie Secondarie o Acquisite possono essere dovute a:

malattie infiammatorie broncopolmonari: polmonite batterica, pertosse, bronchiolite da VRS,

TBC primitiva con sindrome del lobo medio...

ostruzione dei bronchi da corpi estranei o per compressione estrinseca da neoplasie.

bronchiectasia secondaria ad un intervento chirurgico: il dolore post-operatorio e la < del

riflesso della tosse impediscono l’espulsione del muco.

bronchiectasie secondarie alle alterazioni del torace o cifoscoliosi, alterazioni dei muscoli

toracici con compromissione della meccanica respiratoria e problemi bronchitici.

La PATOGENESI si deve alla presenza di un’area di debolezza della parete bronchiale o locus

minoris resistenziae in genere di natura flogistica e a fenomeni meccanici interni o esterni al bronco

che provocano la deformazione del bronco stesso.

In condizioni normali si ha la produzione di circa 20-30 ml/giorno di muco limpido, sterile che

mediante le ciglia vibratili viene trasportato alla faringe e deglutito oppure viene espulso con la

tosse. In condizioni patologiche si ha il ristagno del muco con insorgenza di infezioni che alterano

la parete bronchiale e favoriscono l’insorgenza delle bronchiectasie con meccanismi di trazione e

pulsione responsabili della dilatazione bronchiale:

- meccanismo di trazione: agisce dall’esterno sui bronchi come succede in caso di retrazioni

cicatriziali di processi fibrotici o in caso di atelectasia, tra cui ricordiamo le bronchiectasie

secondarie alla sindrome del lobo medio tipica della TBC primaria. In tal caso l’atelectasia si deve

all’occlusione del bronco lobare medio che presenta un decorso orizzontale, allungato, Ø piccolo,

circondato da una ricca rete di linfonodi ed è interposto tra il bronco lobare superiore, inferiore e la

parete toracica anteriore. In caso di esito fibroso dell’atelettasia, le strutture interstiziali irrigidite e

retratte esercitano una trazione con deformazione del bronco corrispondente, alterazione della

clearance mucociliare, insorgenza di infezioni e bronchiectasie.

- meccanismo di pulsione: agisce dall’interno del bronco ed è il meccanismo più frequente, si

verifica in seguito all’ostruzione del lume bronchiale da corpi estranei o neoplasie con ristagno

di muco, > P endobronchiale soprattutto nei bronchi di piccolo Ø, dilatazione, distorsione e

distruzione del bronco..

Dal punto di vista ANATOMO PATOLOGICO il bronco lobare inferiore sx è quello più colpito

perchè ha un Ø minore e un’angolatura maggiore rispetto alla trachea, per cui drena di meno

rispetto al bronco lobare inferiore dx che è in asse con la trachea.

Macroscopicamente si notano dilatazioni più o meno regolari dei bronchi, circoscritte o diffuse,

spesso contenenti materiale muco-purulento.

Abbiamo la Classificazione di Ljnne Reid con distinzione in 3 gruppi:

bronchiectasie cilindriche: la dilatazione interessa tutto il bronco in maniera uniforme, con

aspetto a dito di guanto, parete sottile. Le forme più lievi sono reversibili.

bronchiectasie varicose: si notano restringimenti circoscritti con parete bronchiale irregolare

simile alle vene varicose. Si formano delle ampolle sulla parete del bronco in cui ristagna il muco e

può interessare anche il parenchima polmonare aggravando la situazione.

bronchiectasie sacculari o cistiche: la dilatazione bronchiale aumenta man mano che si procede

verso la periferia con aspetto sacculare o sacciforme. Le alterazioni delle pareti bronchiali sono

gravi e irreversibili, si possono formare delle cisti comunicanti con il lume del bronco principale

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con conseguente polmone policistico bronchiectasico con aspetto a favo d’ape costituito da una

serie di cavità piene di muco e germi.

Microscopicamente si notano alterazioni dell’epitelio con perdita delle ciglia, presenza di

ulcerazioni, metaplasia squamosa e alterazioni vascolari (le bronchiectasie sono caratterizzate da

frequenti fenomeni di sanguinamento).

I SINTOMI possono essere assenti per lunghi periodi di tempo e si manifestano solo quando il

ristagno di muco favorisce lo sviluppo di infezioni con febbre alta, tosse produttiva, muco-

purulenta oppure tosse secca ma con espettorazione abbondante al risveglio fino a 500 ml,

emoftoe nelle forme TBC con presenza di strie ematiche nell’espettorato mentre l’emottisi si

manifesta nelle bronchiectasie da inalazione di corpi estranei che provocano intensi fenomeni

reattivi locali con formazione di tessuto di granulazione molto vascolarizzato. Nei casi più gravi

dispnea da distruzione del parenchima polmonare e cuore polmonare cronico.

La DIAGNOSI si basa su:

Esame Obiettivo: spesso si nota ippocratismo digitale con dita a bacchetta di tamburo ed

unghie a vetrino di orologio con evidente arrossamento periungueale.

All’Ispezione si possono notare zone di retrazione e di ipomobilità soprattutto nei settori basali.

Alla Palpazione si nota un accentuazione del f.v.t. per la presenza di muco nei bronchi dilatatati.

La Percussione dà origine ad un suono ipofonetico o francamente ottuso.

All’Auscultazione si possono apprezzare ronchi e rantoli nella zona interessata.

Rx del Torace: ispessimento delle pareti bronchiali con aspetto a binario cioè coppie di strie

opache parallele e grossolane. Poi si notano tralci opachi cilindrici da ristagno delle secrezioni,

immagini atelettasiche con retrazione e carnificazione del segmento o lobo colpito, immagini ad

alveare o a grappolo con eventuali livelli idroaerei che è fortemente evocativo di bronchiectasie.

HRTC: per la diagnosi di certezza.

Esame microbiologico dell’espettorato: spesso + per Haemophilus i, Staphilococcus aureus,

Streptococco β-emolitico, Klebsiella, Proteus, Escherichia c., Pseudomonas a. L’antibiogramma è

utile per valutare a quale antibiotico è sensibile il microorganismo.

Broncoscopia: presenza di corpi estranei, aspirare il materiale muco-purulento, identificare la

sede del sanguinamento in caso di emottisi e l’estensione dell’infiammazione della mucosa prima di

eseguire un intervento di resezione.

La TERAPIA si basa soprattutto sulla prevenzione delle infezioni con igiene ambientale, astensione

dal fumo, vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica.

La terapia medica si basa su: mucolitici, broncodilatatori, antibiotici mirati in base

all’antibiogramma, drenaggio posturale cioè si fa mettere il paziente in decubito laterale in modo

che le secrezioni fuoriescono per gravità. Nelle fasi di riacutizzazione si aspira il materiale

purulento e si ricorre ad antibiotici ad ampio spettro d’azione per via sistemica. In presenza di

emottisi massiva e ostruzione del bronco si inserisce un catetere a palloncino sottoguida

endoscopica per rimuovere l’ostacolo.

La terapia chirurgica è indicata in caso di bronchiectasie post-stenotiche da corpo estraneo o da

adenopatie, sindrome del lobo medio, forme resistenti, recidivanti e complicate da emottisi.

Corpi Estranei Laringo-tracheo-bronchiali

L’inalazione di corpi estranei nelle vie aeree inferiori è molto frequente in età pediatrica, soprattutto

nei bambini di 1-2 aa perchè hanno la tendenza a mettere in bocca qualsiasi tipo di oggetto, mentre

è più rara nei soggetti adulti, spesso grave con morte improvvisa del pz per asfissia.

Le sostanze inalate possono essere di vario tipo: nel 70% dei casi si tratta di alimenti, negli altri casi

di frammenti di plastica, materiale di cancelleria o giocattoli...

Raramente l’ostruzione interessa la zona glottica-ipoglottica della laringe, nel 10% dei casi interessa

la trachea e nell’80% dei casi i bronchi, soprattutto a dx perchè il Ø è maggiore, l’angolo tra asse

tracheale e asse bronchiale di dx è più aperto rispetto a quello di sx, la carena bronchiale è spostata

verso sx rispetto all’asse tracheale e per il maggior ingresso di aria inspirata nel polmone dx.

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In genere si parla di Sindrome da Penetrazione con sintomi che si manifestano subito dopo

l’ingresso del corpo estraneo nelle vie aeree inferiori cioè tosse intensa e improvvisa, difficoltà

respiratoria, cianosi transitoria o ingravescente. In caso di ostruzione laringea si ha dispnea

inspiratoria grave associata a tirage e cornage per cui la diagnosi è precoce, mentre l’ostruzione

tracheo-bronchiale, dopo la prima fase sintomatica, è caratterizzata da una fase asintomatica, con

diagnosi tardiva, spesso confusa con i sintomi di patologie flogistiche bronco-polmonari.

Abbiamo la Stadiazione della Sindrome da penetrazione secondo Traissac e Attali del 1981:

Stadio I: sindrome di intensità variabile con disturbi respiratori modesti.

Stadio II: sindrome di intensità variabile con insufficienza respiratoria importante.

Stadio III: sindrome discreta o acuta che si aggrava progressivamente.

Stadio IV: sindrome grave ad alto rischio di mortalità in assenza di trattamento immediato.

Per la DIAGNOSI è importante l’Anamnesi con raccolta accurata di tutte le informazioni fornite dai

genitori o da persone che hanno assistito all’inalazione del corpo estraneo e sulla broncoscopia che

però può essere negativa nel 5-40% dei casi a seconda delle casistiche.

L’Rx non è sempre utile per la diagnosi, solo nel 10% dei casi si osserva la presenza di un corpo

estraneo radiopaco nelle vie aeree. Spesso si osservano segni radiologici indiretti da enfisema

ostruttivo a valvola espiratoria cioè durante l’inspirazione si ha la dilatazione e accorciamento

dell’albero bronchiale che favorisce l’ingresso di aria, mentre durante l’espirazione si ha il

restringimento che impedisce l’espulsione dell’aria con conseguente enfisema grave,

sbandamento mediastinico, compressione del polmone controlaterale e rotazione o compressione

del cuore e dei grossi vasi.

Un altro segno indiretto è l’atelettasia del parenchima polmonare da ostruzione totale di un

bronco con enfisema vicariante del polmone controlaterale.

La TERAPIA consiste nella rimozione del corpo estraneo per via endoscopica con la collaborazione

tra otorinolaringoiatra, radiologo e soprattutto dell’anestesista che deve garantire una buona

ossigenazione del pz mediante intubazione con broncoscopio rigido-ventilante, mentre il chirurgo

individua, blocca e rimuove il corpo estraneo, poi il broncoscopio viene rimosso e sostituito da un

tubo morbido orotracheale per continuare le manovre ventilatorie e anestesiologiche sino al

risveglio del pz.

In caso di ostruzione laringea si ricorre prima alla Manovra di Heimlic abbracciando il pz da dietro

ed esercitando un’energica e brusca compressione, non continuativa ma a scatti, nella regione

epigastrica con tutte e due le mani. Infatti, spesso l’ostruzione avviene in fase inspiratoria, con i

polmoni pieni d’aria, per cui la manovra di Heimlic provoca l’espulsione forzata e brusca della

massa d’aria presente nei polmoni cercando di favorire l’espulsione del corpo estraneo.

In caso di ostruzione laringea con grave dispnea inspiratoria si ricorre a tracheotomia ed

esplorazione delle vie aeree in anestesia generale.

Se la rimozione del corpo estraneo è difficile si ricorre a toracotomia con broncotomia o lobectomia.

Patologie di Interesse Chirurgico della Via Aerea Principale

Tra le patologie di interesse chirurgico delle vie aeree principali abbiamo le stenosi della

trachea congenite e acquisite.

Le stenosi congenite sono distinte in intrinseche ed estrinseche.

Le stenosi congenite intrinseche sono dovute ad anomalie di sviluppo come l’ipoplasia con

notevole < Ø tracheale, stenosi ad imbuto con progressiva < Ø del 3° inferiore della trachea e

stenosi segmentaria della trachea.

Si manifesta nei neonati con dispnea, cianosi e sibili respiratori o stridori in caso di ostruzione da

tappi di muco responsabili di infezioni respiratorie ricorrenti.

Le stenosi congenite estrinseche sono dovute a compressione della trachea da parte di vasi

arteriosi anomali come il doppio arco aortico, arteria polmonare sx che origina dalla dx o arteria

polmonare a fionda, arteria anonima che origina dall’arco aortico più a sx del solito.

Le stenosi acquisite sono più frequenti, possono essere post-traumatiche e neoplastiche.

Page 90: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

90

Le stenosi post-traumatiche sono dovute a traumi dell’asse tracheo-bronchiale, resezioni

chirurgiche con stenosi post-operatorie lungo le linee di sutura tracheo-bronchiali e le stenosi da

decubito dei tubi endotracheali o tracheostomici favorite da ischemia locale da sondino naso-

gastrico o cuffie ad elevata P. Le stenosi da cuffia sono più rare rispetto al passato grazie all’uso di

tubi per ventilazione tracheale con cuffia a bassa P di gonfiamento e ampia superficie di contatto

con la mucosa tracheale.

Le lesioni responsabili di stenosi post-traumatiche sono: formazione di granulomi, stenosi

cicatriziali in seguito alla riparazione del processo infiammatorio cronico, infezioni necrotiche ad

alto rischio di fistole tra trachea ed esofago o trachea ed arteria anonima, tracheomalacia o

indebolimento della parete tracheale da intubazione prolungata fino al collasso della parete

tracheale durante l’inspirazione.

Le stenosi da tumori sono molto rare: da tumori benigni e maligni come il carcinoma

squamocellulare o epidermoide, carcinoma adenoido-cistico che interessano soprattutto il 3°

inferiore della trachea e la carena bronchiale.

Le stenosi tracheali possono essere dovute anche a compressioni ab estrinseco da parte di neoplasie

dell’esofago, tiroide, timo, laringe, polmone...

La DIAGNOSI delle stenosi tracheali si basa su:

Rx Torace in proiezione antero-posteriore e laterale.

Fluoroscopia per studiare la fx laringea ed è l’unico esame radiologico che consente di osservare

la presenza di eventuali segmenti malacici.

TAC spirale: consente uno studio tridimensionale della trachea.

Tracheoscopia: valutiamo sede e causa della stenosi, eseguendo prelievi bioptici per valutare la

natura istologica di una neoplasia, utile per una scelta terapeutica adeguata, posizionare stents o

cannule tracheo-stomiche.

La TERAPIA dipende dalla causa, sede e urgenza del quadro clinico.

In presenza dispnea grave è importante la ricanalizzazione della via aerea con broncoscopio rigido

per rimuovere direttamente la stenosi o con laserterapia, criochirurgia soprattutto in caso di stenosi

da neoplasie. Poi si possono posizionare stents tracheo-bronchiali o cannule tracheostomiche

oppure si ricorre alla resezione chirurgica definitiva.

Lo stenting della via aerea è indicato in caso di neoplasie non suscettibili di resezione chirurgica,

neoplasie con fistole esofago-tracheo-bronchiali evitando le infezioni ricorrenti delle vie respiratorie

da passaggio di alimenti nelle vie aeree, patologia infiammatoria da intubazione prolungata o da

cicatrici esuberanti post-tracheostomiche, stenosi da pregressi processi infiammatori granulomatosi,

non suscettibili di resezione chirurgica, in alcuni casi di tracheomalacia dove lo stent fa da sostegno

per evitare il collasso della trachea.

Lo stent ideale dovrebbe essere biologicamente inerte, privo di conseguenze sulla parete tracheo-

bronchiale, impenetrabile o incorporabile, capace di adattarsi in parte alla morfologia della lesione,

non soggetto a dislocazione, resistente e tale da opporsi alla forza stenosante della lesione, facile da

applicare e da rimuovere. Attualmente non esiste ancora un’endoprotesi dotata di tutti questi

requisiti. Abbiamo gli stent non autoespandibili come il tubo a T di Montgomery, Stent di

Dumon, Dynamic Stent e gli stent autoespandibili come l’Ultraflex, Poliflex, Wallstent che sono

capaci di dilatarsi automaticamente in seguito al loro posizionamento e di esercitare una forza

sufficiente a garantire la pervietà delle vie aeree.

In caso di stenosi da neoplasie e stenosi post-intubazione si ricorre alla laserterapia per via

broncoscopica, cercando di ottenere una disostruzione totale o parziale della trachea, eventualmente

posizionando lo stent endotracheale per migliorare la sintomatologia.

Nei casi più gravi si eseguono delle resezioni più o meno estese della trachea con anastomosi

termino-terminale.

NEOPLASIE POLMONARI

Page 91: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

91

Le Neoplasie Polmonari possono essere benigne o maligne e sono distinti in tumori epiteliali,

tumori non epiteliali, tumori dei tessuti molli, pseudotumori e tumori secondari:

Tumori epiteliali benigni: papilloma spinocellulare e a cellule transizionali, adenoma polimorfo e monomorfo.

Tumori epiteliali maligni: carcinoma spinocellulare, adenocarcinoma, carcinoma a grandi

cellule, carcinoma a piccole cellule o microcitoma, carcinoma adenosquamoso, carcinoide,

carcinoma delle ghiandole bronchiali.

Tumori non epiteliali benigni: tumore a cellule chiare, paraganglioma, teratoma.

Tumori non epiteliali maligni: carcinosarcoma, blastoma polmonare, melanoma maligno,

linfomi maligni, tumore bronchiolo-alveolare intravascolare... sono rarissimi.

Tumori dei tessuti molli benigni: emangiopericitoma, tumore a cellule granulari, lipoma.

Tumori dei tessuti molli maligni: leiomiosarcoma, fibrosarcoma.

Pseudotumori: amartoma, emangioma sclerosante, pseudotumore infiammatorio, lesioni

linfoproliferative... rarissimi.

Tumori secondari a metastasi a partire da altre neoplasie.

Il CARCINOMA POLMONARE o Broncogeno o Cancro Primitivo Bronchiale rappresenta il

95-96% di tutti i tumori polmonari e la 1^ causa di morte per tumori maligni nel mondo, soprattutto

negli USA dove però negli ultimi anni si è registrata un’inversione di tendenza grazie ad una rigida

campagna di prevenzione contro il fumo di sigaretta che è la principale causa delle neoplasie

polmonari, mentre in Italia l’incidenza del carcinoma polmonare è aumentata negli ultimi decenni,

pari a 90 nuovi casi/100000 abitanti/anno, colpendo soprattutto soggetti di sesso M con età di 50-70

anni, anche se nel giro di pochi anni ci sarà un certo equilibrio tra M e F data la diffusione del fumo

di sigaretta nel sesso F.

I Fattori di Rischio più importanti sono:

fumo di sigaretta: contiene varie sostanze cancerogene o tumor promoters, soprattutto la

frazione del catrame contenente gli idrocarburi aromatici policiclici.

È importante la modalità con cui si fuma cioè età di inizio, n° di sigarette fumate/giorno, qualità

delle sigarette, presenza o meno del filtro, modo di aspirazione del fumo, senza dimenticare i danni

del fumo passivo nei soggetti non fumatori.

cancerogeni professionali come l’arsenico, asbesto, berillio, cloro-metiletere, cromo,

idrocarburi, nickel, radiazioni ionizzanti.

cancerogeni ambientali cioè inquinamento ambientale nei centri industrializzati.

predisposizione genetica: l’amplificazione o sovraespressione dell’oncogene c-myc è stata

dimostrata in ~ 1/3 dei pz affetti da microcitoma, la mutazione dell’oncogene Ki-ras è stata

osservata nel 30% dei pz forti fumatori affetti da adenocarcinoma polmonare primitivo,

rappresentando un fattore prognostico sfavorevole, infine sono state riscontrate mutazioni del gene

oncosoppressore p53 nel microcitoma e adenocarcinomi.

Dal punto di vista ANATOMO PATOLOGICO il carcinoma broncogeno può colpire qualsiasi tratto

del sistema bronchiale, dai bronchi principali ai bronchioli terminali, ecco perchè si parla anche di

carcinoma bronchiolo-alveolare e si fa una distinzione tra:

forma ilare: è la più frequente, origina dalla mucosa dei bronchi principali o lobari, si sviluppa

nel lume bronchiale con aspetto di papille e ulcerazioni e tende ad infiltrare la parete del bronco il

parenchima e la pleura.

forma massiva: origina dai bronchi lobari o segmentari, interessa uno o più lobi, linfonodi

satelliti e pleura.

forma a grosso nodo unico: origina dai bronchi segmentari o subsegmentari, si presenta come

una massa a contorni più o meno netti con possibili aree di necrosi centrale e nelle fasi avanzate

interessa la pleura e i linfonodi ilari.

forma a nodi multipli: molto rara, costituita da noduli di piccole dimensioni, può provocare

metastasi polmone-polmone per via ematica o linfatica.

forma con coinvolgimento pleurico: infiltrazione neoplastica lungo il sistema bronco-vasale e

interessamento notevole della pleura con ispessimento dei foglietti fino a qualche cm.

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92

La CLASSIFICAZIONE Istogenetica secondo Mc Dowell consente di fare una distinzione tra:

Tumori derivanti dalle cellule mucinose basali: carcinoma a cellule squamose o spinocellulare,

adenocarcinoma, carcinoma a grandi cellule, carcinoma adenosquamoso o combinato, che

costituiscono il gruppo dei carcinomi polmonari non a piccole cellule.

Tumori derivanti dalle cellule neuroendocrine: carcinoidi, carcinoma neuroendocrino ben

differenziato, carcinoma a piccole cellule o microcitoma.

Tumori derivanti dalle cellule di Clara: adenocarcinoma a cellule di Clara.

Il Carcinoma Spinocellulare è un tumore maligno di natura epiteliale che fino a qualche anno fa

era la forma più frequente soprattutto negli Stati Uniti, mentre oggi le forme più frequenti sono gli

adenocarcinomi. Si sviluppa in sede centrale, provoca metastasi ai linfonodi regionali e per via

ematica, spesso si presenta con aree escavate da necrosi cellulare e istologicamente si nota

cheratinizzazione e ponti intercellulari la cui valutazione quantitativa e qualitativa consente di

fare una distinzione tra forme ben differenziate, moderatamente e scarsamente differenziate.

L’Adenocarcinoma è il tumore maligno di natura epiteliale più frequente, distinto dall’OMS in:

─ adenocarcinoma acinare e papillare ben differenziati, moderatamente e scarsamente

differenziato o anaplastico a prognosi sfavorevole.

─ carcinoma bronchiolo-alveolare: può originare dai bronchioli a partire dalle cellule mucinose,

cellule di Clara e cellule ciliate, oppure dagli alveoli a partire dai pneumociti B di tipo II.

─ carcinoma solido con cellule disposte in strutture ghiandolari secernenti muco.

Tra le neoplasie neuroendocrine il tumore più frequente è il Carcinoma a Piccole Cellule o

Microcitoma rappresenta il 20% dei carcinomi polmonari, si sviluppa a livello delle strutture

bronchiali di calibro maggiore, colpendo soprattutto soggetti di sesso M. Nel 70% dei casi sono

state evidenziate localizzazioni extratoraciche, cioè ossa, fegato, midollo osseo e SNC. Si tratta di

un tumore molto aggressivo con sopravvivenza massima a 5 anni.

Dal punto di vista Istologico viene distinto in 3 sottotipi:

- forma a chicchi d’avena costituita da cellule piccole, scure con citoplasma scarso.

- forma a cellule intermedie costituita da cellule più grandi organizzate in strutture cordonali o a

pseudorosetta.

- forme combinate con caratteristiche intermedie alle forme precedenti.

Dal punto di vista CLINICO si tratta di forme asintomatiche nel 30% dei casi con diagnosi che

avviene casualmente mediante un Rx torace richiesto per altri motivi oppure si manifestano con

sintomi aspecifici, ecco perchè spesso la diagnosi è tardiva con presenza di metastasi linfonodali e a

distanza. Le forme periferiche sono le più silenti mentre le forme a sede ilare interessano le zone

bronchiali tussigene provocando tosse secca, resistente a sedativi e mucolitici, calo ponderale,

dispnea da versamento pleurico o da compressione ab estrinseco, febbre, emoftoe cioè

eliminazione di espettorato striato di sangue da rottura di piccoli vasi posti sulla superficie della

neoplasia, spesso di modesta entità ma può rappresentare il segno d’esordio della malattia.

Il dolore toracico si presenta solo nelle fasi avanzate, è sordo, profondo, non definito nelle forme

centrali oppure epicritico nelle forme periferiche con interessamento della pleura parietale.

In caso di tumore dell’apice polmonare si parla di Sindrome di Pancoast che si manifesta con

dolore alla parete toracica da lesioni osteolitiche delle prime coste e delle vertebre toraciche

superiori, sindrome di Bernard-Horner da interessamento delle strutture nervose vegetative del

simpatico cervicale con miosi, ptosi palpebrale, enoftalmo, vampate, cute secca nel viso

omolaterale alla lesione, interessamento del plesso brachiale con parestesie, dolore e ipotrofia

muscolare alla spalla-braccio cioè nel territorio del nervo ulnare, e compressione dei vasi

succlavi con stasi di sangue.

La DIAGNOSI si basa su:

Anamnesi: si valutano i fattori di rischio cioè fumo di sigaretta, cancerogeni professionali,

soggetti di sesso M con età > 40 anni.

Indagini di Laboratorio: la valutazione dei markers tumorali in particolare il CEA è utile per il

follow-up post-operatorio.

Rx del Torace: struttura radiopaca, aspecifica.

Page 93: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

93

Esame citologico dell’espettorato: l’espettorato viene raccolto alle prime ore del mattino perchè

è più ricco di cellule e deve essere eseguito per almeno 3 gg consecutivi, somministrando

eventualmente mucolitici per facilitare la sua espulsione. Se l’esame viene eseguito in maniera

corretta si osserva la presenza delle cellule tumorali nel 60-70% dei casi, ma per la diagnosi di

certezza è necessaria la Broncofibroscopia con biopsie ed esame istologico valutando la natura

della neoplasia oppure Agobiopsie tansparietali sottoguida TAC o Ecografica con esame cito-

istologico del materiale raccolto.

La stadiazione preoperatoria avviene mediante la TC e RMN del torace utili per valutare la sede e

dimensioni della neoplasia, interessamento di altre strutture toraciche, Ecografia addominale,

Scintigrafia ossea per valutare la presenza di metastasi linfonodali e a distanza, anche se la

presenza delle metastasi ai linfonodi mediastinici e di altre strutture del mediastino avviene

con maggiore sensibilità mediante la PET o Tomografia ad Emissione di Positroni.

Spesso la diagnosi e stadiazione della neoplasia avvengono solo in sala operatoria mediante

l’Esame istologico estemporaneo al congelatore di un frammento di neoplasia prelevato con

biopsia chirurgica a livello della massa neoplastica o di un linfonodo ilo-mediastinico.

Per la PROGNOSI e scelta terapeutica è importante la CLASSIFICAZIONE TNM:

─ Tx: presenza di cellule atipiche all’esame citologico dell’espettorato in assenza di lesioni

apprezzabili radiologicamente o broncoscopicamente.

─ T0: nessun segno di tumore primitivo.

─ Tis: carcinoma in situ.

─ T1: tumore con Ø ≤ 3 cm delimitato dal parenchima polmonare o dalla pleura viscerale, la

broncoscopia evidenzia che il tumore non è esteso oltre il bronco lobare.

─ T2: tumore con Ø > 3 cm con invasione della pleura viscerale, associata ad atelectasia o a

polmonite ostruttiva estesa alla regione ilare, senza interessare il polmone in toto. La

broncoscopia evidenzia che il tumore è esteso oltre il bronco lobare ad una distanza dalla

carena bronchiale ≥ 2 cm.

─ T3: tumore di Ø variabile che invade la parete toracica, pleura mediastinica, pericardio

parietale, diaframma e si estende al bronco principale a meno di 2 cm dalla carena bronchiale

senza invaderla.

─ T4: tumore di Ø variabile che invade mediastino, cuore, grossi vasi, trachea, esofago, carena

bronchiale, corpi vertebrali, caratterizzato da versamento pleurico emorragico (maligno).

─ N0: assenza di metastasi ai linfonodi regionali.

─ N1: presenza di metastasi ai linfonodi regionali peribronchiali o ilari omolaterali.

─ N2: metastasi ai linfonodi mediastinici omolaterali o ai linfonodi sottocarenali.

─ N3: metastasi ai linfonodi mediastinici o ilari controlaterali, linfonodi dei muscoli scaleni,

linfonodi sovraclaveari omo o controlaterali.

─ M0: assenza di metastasi a distanza.

─ M1: presenza di metastasi a distanza cioè epatiche, cerebrali, ossee...

La Prevenzione si basa su: campagna contro il fumo, tutela dell’ambiente di lavoro, screening con

Rx torace ed esame periodico dell’espettorato nei pz a rischio.

La TERAPIA è chirurgica radicale negli stadi iniziali, in assenza di metastasi linfonodali e a

distanza con resezione della neoplasia e linfoadenectomia mediastinica, associata a radioterapia e

chemioterapia adiuvante con sopravvivenza a 5 anni nel 50-80% dei casi.

La radioterapia avviene mediante la tecnica dei 2 campi contrapposti in senso antero-posteriore

irradiando la neoplasia primitiva e i linfonodi mediastinici con una dose totale di 45 Gray frazionata

in 4-5 sedute/settimana, poi si irradia il tumore primitivo e il tratto adiacente del mediastino con un

piccolo campo per evitare i danni mediastinici, con una dose totale di 70 Gray.

La radioterapia e la chemioterapia neoadiuvante preoperatoria sono utili per < le dimensioni della

neoplasia favorendo la resezione chirurgica.

In caso di microcitoma limitato il trattamento di prima scelta è la chemioterapia con remissione

completa o parziale della neoplasia mentre nelle forme avanzate si ricorre a radio-chemioterapia.

In presenza di metastasi linfonodali e a distanza la radio-chemioterapia è palliativa, sintomatica.

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SINDROMI PARANEOPLASTICHE

Le Sindromi Paraneoplastiche spesso si manifestano nei pz affetti da neoplasie polmonari,

soprattutto da carcinoma a piccole cellule, alcune volte rappresentando il primo sintomo della

neoplasia, altre volte si manifestano prima rispetto alla neoplasia consentendo la diagnosi precoce

della neoplasia stessa. Sono distinte in:

sindromi neuromuscolari: neuropatie periferiche, encefalopatie, sindromi miasteniche

sensitive con parestesie localizzate a livello degli arti e del capo o motorie con deficit dei muscoli

degli arti. Poi abbiamo le polinevriti miste sensitivo-motorie periferiche, le sindromi

cerebrali con atassia, vertigini, disturbi dell’equilibrio e le forme prevalentemente psichiche.

sindromi dermatologiche: dermatomiosite atopica, eritema multiforme e l’Achantosis

nigricans che è una ipercheratosi pigmentata.

sindromi endocrino-metaboliche: iperparatiroidismo con ipercalcemia da

iperproduzione del paratormone PTH e ipercalciuria, sindrome di Cushing, sindrome da

inadeguata produzione di ormone antidiuretico ADH, sindrome iperglicemica forse

legata ad una sostanza insulino-simile prodotta dal tumore stesso.

sindromi osteo-articolari: manifestazioni artritiche cioè dolore, gonfiore e limitazione

funzionale delle articolazioni distali degli arti, spalla e torace e ippocratismo digitale.

sindromi ematologiche e vascolari: tromboflebiti periferiche e migranti, porpora

fibrinolitica, eritrocitosi, anemie secondarie ipercromiche, poliglobulie, eosinofilie.

iperpiressia.

ANATOMIA, FISIOLOGIA e PATOLOGIE del MEDIASTINO

Il MEDIASTINO o Loggia Mediastinica è uno spazio localizzato al centro del torace, tra i due

polmoni, delimitato anteriormente dal piastrone sterno-costale (sterno e cartilagini costali),

posteriormente dal rachide toracico, in basso dal muscolo diaframma, lateralmente dai margini

mediali dei polmoni, in alto dall’apertura superiore del torace che permette il passaggio di organi

molto lunghi dal collo verso la cavità toracica e che è delimitata in avanti dall’incisura del giugulo,

lateralmente dal margine mediale della 1^ costa a dx e a sx, in dietro dal corpo della T1.

Possiamo dividere il mediastino in anteriore e posteriore mediante un piano ideale frontale che

passa davanti alla trachea e che si porta dalla apertura superiore del torace fino al diaframma, per

cui la trachea è l’organo più anteriore del mediastino posteriore.

Inoltre, mediante un piano ideale orizzontale, perpendicolare a quello frontale, è possibile

dividere il mediastino in antero-superiore, antero-inferiore, postero-superiore e postero-inferiore.

Il piano orizzontale parte dall’angolo di Lewis (tra manubrio e corpo dello sterno) e termina a

livello della carena bronchiale (biforcazione tracheale a livello della T3-T5).

Il Mediastino Antero-Superiore ospita il timo e suoi annessi, aorta ascendente, arco aortico con i

vasi epiaortici cioè le arterie che originano dal versante superiore dell’arco aortico, che da dx verso

sx sono l’arteria anonima o tronco arterioso brachio-cefalico, arteria carotide comune di sx e

arteria succlavia di sx, arteria polmonare, vena cava superiore, nervo laringeo ricorrente di sx,

nervi frenici, linfonodi mediastinici anteriori.

Il Mediastino Antero-Inferiore ospita il cuore, vena cava inferiore, nervi frenici.

Il Mediastino Posteriore non è necessario dividerlo in superiore e inferiore perchè è attraversato da

organi lunghi che dal collo si portano in torace, cioè trachea, esofago, aorta toracica, dotto toracico,

sistema della vena azygos, nervi vaghi, nervi splancnici, catena del gran simpatico, linfonodi

mediastinici posteriori, linfonodi tracheo-bronchiali.

Queste strutture sono immerse in un tessuto cellulare lasso che occupa lo spazio mediastinico

libero, formato da fibre collagene, reticolari ed elastiche e da elementi istiocitari mobili.

Il mediastino è posto al centro del torace per l’equilibrio delle P pleuriche nei due emitoraci, svolge

una funzione di equilibrio, isolamento e ammortizzamento su tutte le strutture in esso contenute e

partecipa in maniera determinante alla dinamica cardiocircolatoria.

Page 95: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

95

Il mediastino può spostarsi verso l’alto o in basso durante le fasi inspiratoria ed espiratoria e in

condizioni patologiche con variazioni della P pleurica il mediastino non è al centro del torace:

- pneumotorace ed emotorace: il mediastino si sposta verso l’emitorace sano controlaterale.

- atelectasia, lobectomia, pneumectomia: il mediastino si sposta verso l’emitorace interessato.

Sindromi da Occupazione Mediastinica

Le Sindromi da Occupazione Mediastinica si verificano in seguito alla compressione delle

strutture mediastiniche cioè vasi venosi e arteriosi, dotto toracico, strutture nervose, trachea e

bronchi principali, esofago, pericardio e cuore. Le CAUSE sono diverse:

neoplasie benigne o maligne o cisti timici, polmonari o neurogeni.

> di volume delle strutture mediastiniche ad esempio linfoadenopatie.

fibrosi del connettivo mediastinico da mediastiniti infettive o da esito di terapia radiante.

La Compressione dei Vasi Venosi interessa la vena cava superiore o i suoi rami di origine e si

parla di Sindrome della Vena Cava Superiore o della vena anonima con stasi di sangue venoso a

monte dell’ostacolo, >>> P venosa fino a 60-70 cmH2O (v.n. 7-11) con cianosi e edema a livello

cervico-brachiale cioè collo, arti superiori e parete toracica superiore o edema a mantellina, ronzii

auricolari, vertigini, sonnolenza e cefalea continua esacerbata dai colpi di tosse..

Se l’ostruzione è lenta e graduale si ha la formazione di circoli collaterali:

se l’ostruzione avviene al di sopra dello sbocco della vena azygos nella v.c.s. il sangue refluo

dalla testa e arti superiori raggiunge la vena azygos a valle dell’ostruzione grazie alla formazione di

un circolo collaterale anastomotico profondo, non visibile all’ispezione tra vena cava superiore e

vena azygos che consente al sangue di scaricarsi attraverso il plesso vertebrale e le vene intercostali

che drenano nella vena azygos a dx e nella vena emiazygos a sx.

se l’ostruzione avviene al di sotto dello sbocco della vena azygos nella v.c.s. si forma un circolo

collaterale anastomotico profondo, non visibile all’ispezione tra v.c.s. e v.c.i. che consente al sangue

di invertire la sua direzione e di defluire nella vena azygos, a partire dal plesso lombare, vena

lombare ascendente dx, vena iliaca comune e vena cava inferiore fino all’atrio dx del cuore.

se l’ostruzione avviene a livello dello sbocco della vena azygos nella v.c.s. si forma un circolo

collaterale anastomotico superficiale, visibile all’ispezione come un ampio reticolo venoso che

mette in comunicazione la v.c.s. con la v.c.i. attraverso la vena ascellare, vene toraciche laterali,

vene toraco-epigastriche superficiali, vena circonflessa, vena iliaca superficiale, vena femorale,

vena iliaca comune, v.c.i. fino all’atrio dx.

In realtà le anastomosi non sono sempre efficienti per cui si hanno i segni della stasi venosa.

La Compressione dei Vasi Arteriosi è più rara perché le arterie hanno una parete più resistente e

un regime pressorio maggiore rispetto alle vene, mentre spesso si hanno dislocazioni e compressioni

dei grossi tronchi sovraortici da masse mediastiniche che si manifesta con polsi differenti, > P a

valle della compressione e presenza di un soffio sistolico a livello della zona stenosata. La stenosi

dell’arteria polmonare o dei suoi rami si manifesta con un soffio sistolico sul focolaio di

ascoltazione dell’arteria polmonare, con < del flusso ematico nel territorio polmonare a valle,

valutabile mediante l’angiografia e la scintigrafia.

La Compressione del Dotto Toracico si deve a neoplasie primitive o secondarie originate dal

mediastino posteriore con ostacolo al deflusso della linfa nella vena succlavia sx e fenomeni di stasi

linfatica cioè edemi agli arti inferiori, parete addominale, organi genitali, parete toracica sx, arto

superiore omolaterale e versamenti pleurici mono o bilaterali a carattere pseudochiloso per la

contemporanea presenza di liquidi di natura trasudatizia (sindrome di Ménètriere).

Le Strutture Nervose possono essere compresse da tumori benigni con sindrome da irritazione

oppure possono essere infiltrate da tumori maligni con sindrome da paralisi.

nervo vago: l’irritazione provoca dolore in fossa sovraclaveare, dispnea espiratoria di tipo

asmatica, tosse (canina), bradicardia, scialorrea. La paralisi provoca tachicardia mentre la

compressione causa disturbi dell’apparato digerente cioè acidità, nausea, vomito, diarrea.

nervo ricorrente: la compressione è più frequente a sx dove il nervo passa sotto l’arco aortico e,

dopo un lungo tragitto intratoracico, decorre lateralmente alla trachea, passa al di sotto della vena

Page 96: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

96

toracica e risale verso il collo. L’irritazione provoca spasmo della glottide, stenosi laringea, mentre

la paralisi provoca disfonia e voce bitonale.

simpatico cervicale (ganglio stellato): l’irritazione provoca la rarissima sindrome di Petit con

esoftalmo, midriasi o dilatazione della pupilla, retrazione della palpebra superiore.

La paralisi del simpatico cervicale è più frequente e provoca la sindrome di Claude-Bernard-

Horner con miosi, enoftalmo, ptosi palpebrale.

simpatico toracico: l’irritazione provoca tachicardia e vasospasmo cutaneo, mentre la paralisi

provoca vasoparalisi cutanea con iperidrosi e bradicardia.

plesso cervico-brachiale: in genere viene interessato da neoplasie dell’apice polmonare e del

mediastino superiore provocando nevriti o parestesie a livello della spalla e braccio.

Alcune volte si ha la sindrome apico-costo-vertebrale di Pancoast-Ciuffini con dolori nevralgici a

carico dell’arto superiore, atrofia muscolare, ariflessia tendinea, sindrome di Claude-Bernard-

Horner, opacità radiologica dell’apice e lisi ossee costali o vertebrali.

nervo frenico: l’irritazione provoca singhiozzo insistente, dolori di tipo nevralgico alla base del

collo, mentre la paralisi provoca innalzamento e ipomobilità dell’emidiaframma omolaterale.

La Compressione Tracheo-Bronchiale in genere provoca solo una dislocazione dalla posizione

di origine poiché sono strutture rigide cartilaginee, tranne in caso di neoplasie maligne primitive o

metastatiche che possono comprimere o infiltrare la trachea e i bronchi con stenosi, dispnea,

cianosi, crisi di asfissia, rientramento inspiratorio degli spazi intercostali o tirage e presenza di

stridore o cornage da passaggio turbolento dell’aria attraverso la stenosi, tosse stizzosa, insistente,

espettorato scarso nelle fasi iniziali, abbondante nelle fasi avanzate perchè la stenosi favorisce il

ristagno delle secrezioni e l’insorgenza di fenomeni infiammatori.

La Compressione dell’Esofago in genere si deve a neoplasie che insorgono nel mediastino

posteriore e si manifesta con disfagia ingravescente, rigurgito, scialorrea, raramente dolore

retrosternale al passaggio degli alimenti o da invasione del plesso nervoso periesofageo.

La Compressione del Pericardio e del Cuore si deve a neoplasie secondarie responsabili di

emopericardio, aritmie... e la contrazione cardiaca può provocare la rottura della neoplasia in tanti

frammenti ad alto rischio di embolia.

La DIAGNOSI della Sindrome mediastinica si basa su:

Anamnesi ed Esame Obiettivo: valutazione dei sintomi e segni diversi a seconda della

patologia e della struttura mediastinica interessata.

Rx Torace in proiezione antero-posteriore e laterale con tecnica delle alte tensioni (120-150

kv): utile per definire i confini dello spazio mediastinico, le strutture contenute nel mediastino e

le deformazioni delle linee mediastiniche cioè: linea paratracheale dx, linee paravertebrali dx e

sx, linea para-azygos-esofagea, linea para-aortica sx, finestra aorto-polmonare che è un piccolo

spazio occupato da pleura e tessuto polmonare, delimitato in alto dall’arco aortico, in basso dal

ramo sx dell’arteria polmonare, in cui decorre anche il nervo ricorrente di sx.

Esofagogramma: metodo radiologico semplice per valutare le opacità dell’esofago, impronte,

spostamenti, compressioni con stenosi da masse mediastiniche o paramediastiniche.

TAC: è l’indagine più sensibile e specifica per lo studio delle patologie del torace e del

mediastino, valutando sede, forma, dimensioni e rapporti delle patologie mediastiniche.

RMN: indagine non invasiva molto utile per lo studio delle strutture vascolari e linfonodali del

mediastino.

Angiopneumografia, angiocardiografia, aortografia, arteriografie selettive: utili per valutare

la natura vascolare di un’opacità mediastinica da aneurismi, fistole artero-venose...

Scintigrafia della Tiroide consente di valutare la tiroide in sede anomala.

Malattie del Mediastino

Le malattie del mediastino sono rappresentate dalle malattie infiammatorie, masse mediastiniche,

patologie mediastiniche di difficile inquadramento.

Le MALATTIE INFIAMMATORIE del MEDIASTINO rappresentano il 7-10% di tutte le patologie

mediastiniche e sono rappresentate dalla mediastinite acuta e cronica.

Page 97: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

97

La Mediastinite Acuta è dovuta a:

perforazione esofagea da traumi toracici, ferite, carcinoma, ingestione di sostanze caustiche,

corpi estranei, cause iatrogene come l’endoscopia: la perforazione esofagea determina il

passaggio di aria nel tessuto cellulare del mediastino cioè enfisema mediastinico, di batteri presenti

nelle secrezioni salivari o rinofaringee deglutite con mediastinite suppurativa e alcune volte del

succo acido gastrico responsabile di una flogosi chimica del mediastino.

perforazione bronchiale da broncoscopio rigido.

diffusione di infezioni contigue a partire da un ascesso retrofaringeo o peritonsillare, più

raramente a partire da un’infezione dentaria, empiema pleurico…

contaminazione intra-operatoria per interventi sul torace: chirurgia cardiovascolare, deiscenza di

un’anastomosi esofagea intratoracica.

I SINTOMI della mediastinite acuta sono febbre alta fino a 39-40°C, dolore toracico intenso e

persistente, può irradiarsi verso il collo, l’addome e il dorso. Se la mediastinite è dovuta a

perforazione esofagea si ha un’esacerbazione del dolore durante la deglutizione, per cui il pz evita

addirittura di deglutire la saliva, con disfagia dolorosa e scialorrea. Il pz può presentare anche

dispnea, disfonia e in caso di perforazione esofagea o bronchiale presenta i segni di enfisema

mediastinico o sottocutaneo (gonfiore e crepitio tipo neve fresca alla palpazione).

Le condizioni generali del pz sono molto compromesse con sudore, tachicardia e segni di collasso

cardiocircolatorio e shock settico mortale nel 99% dei casi.

L’Rx Torace con eventuale esofagogramma è utile per evidenziare l’enfisema mediastinico e la

perforazione esofagea che viene confermata mediante l’endoscopia, utili per la scelta terapeutica

chirurgica e per il drenaggio della cavità.

La Mediastinite Cronica viene distinta in:

forma granulomatosa: ad eziologia sconosciuta o legata a istoplasmosi, TBC.

forma fibrotica: rappresenta la fase terminale dei processi granulomatosi infettivi predetti, anche

se alcune volte si tratta di una fibrosi idiopatica cioè a eziologia sconosciuta.

Le mediastiniti croniche spesso sono asintomatiche e la diagnosi spesso avviene solo per

esclusione di altre patologie mediante indagini invasive cioè mediastinoscopia o toracotomia

esplorativa con prelievi di materiale utile per la diagnosi istologica.

Le MASSE MEDIASTINICHE rappresentano l’80-90% di tutte le patologie mediastiniche, tra cui

abbiamo: adenopatie, neoplasie mediastiniche, masse timiche, masse tiroidee, masse congenite...

Le adenopatie possono essere di natura infiammatoria, sistemica e neoplastica:

Le adenopatie infiammatorie rappresentano ~ ¼ di tutte le adenopatie, dovute a TBC,

istoplasmosi da Histoplasma capsulatum, linfoadenite angio-immunoblastica che è una malattia

generalizzata con interessamento dei linfonodi superficiali, epato-splenomegalia, interessamento dei

linfonodi mediastinici nel 50% dei casi, febbre, astenia, dimagrimento, anemia, ipergamma-

globulinemia policlonale, presenza di vari autoAb, alterazioni dell’immunità cellulare con prognosi

sfavorevole nel 50% dei casi per sovrainfezioni polmonari e sepsi.

Poi abbiamo il tumore benigno di Castleman o iperplasia linfonodale ma in letteratura sono stati

segnalati un centinaio di casi a localizzazione mediastinica e le adenopatie mediastiniche da

mononucleosi infettiva con 3 casi segnalati in letteratura.

Le adenopatie da malattie sistemiche rappresentano il 60% di tutte le adenopatie, tra cui

abbiamo:

adenopatie di Hodgkin distinte in 2 forme istologiche: scleronodulare nei soggetti di sesso F e a

cellule miste nei soggetti di sesso M. Nell’85-90% dei casi interessano le stazioni latero-cervicali

senza infiltrare il parenchima polmonare, mentre nel 10-15% dei casi interessano le stazioni dell’ilo

polmonare con infiltrazione granulomatosa del parenchima polmonare. La prognosi è sfavorevole.

adenopatie non Hodgkin più rare, interessano i linfonodi ilari e paratracheali, e comprendono il

linfosarcoma e il reticolo-sarcoma. Dal punto di vista istologico si fa una distinzione tra: linfoma

maligno indifferenziato, linfoma maligno linfocitico poco o ben differenziato, linfoma maligno

istiocitico, linfoma maligno misto o istio-linfocitario.

Page 98: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

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macroglobulinemia di Waldenström: è una proliferazione neoplastica di un clone di

plasmacellule che sintetizza IgM e infiltrano i linfonodi e la milza ma raramente interessa i

linfonodi dell’ilo polmonare, parenchima polmonare e bronchi, raramente provoca adenopatie

mediastiniche, in genere interessa il midollo delle ossa piatte.

Le adenopatie neoplastiche in genere sono forme secondarie per metastasi da tumori del

polmone, mammella, vie digestive superiori, prostata e reni.

Le NEOPLASIE del MEDIASTINO benigne o maligne, spesso primitive, raramente secondarie.

Le Neoplasie Primitive sono rappresentate dai tumori neurogeni in genere localizzati nel

mediastino posteriore, originano dai nervi intercostali e dalla catena del simpatico, raramente dai

nervi spinali, nervo vago e nervo frenico.

Dal punto di vista istologico si fa una distinzione tra:

tumori che originano dalle guaine dei nervi, soprattutto intercostali: neurinomi e neurofibromi

(benigni) rappresentano il 60-70% di tutte le forme e i neurosarcomi (maligni).

tumori che originano dalle cellule gangliari simpatiche: ganglioneuromi (benigni) ed i

neuroblastomi (maligni) che sono silenti per lunghi periodi di tempo, poi si manifestano con

febbricola, anemia e provocano metastasi a distanza a livello del midollo osseo, fegato e polmone.

Inoltre, possono verificarsi sintomi da ipersecrezione endocrina cioè ipertensione arteriosa,

cefalea, diarrea e la presenza di metaboliti catecolaminici nelle urine, come l’acido vanilmandelico

e omovanilico. Il sintomo comune dei tumori neurogeni è il dolore intercostale tipo nevralgie,

oppure si tratta di un dolore sordo, indefinibile che si accentua col decubito.

Tra le neoplasie fibrose abbiamo i fibromi e fibrosarcomi mentre tra le neoplasie del tessuto

adiposo abbiamo i lipomi mentre la lipomatosi in genere è dovuta ad un notevole > ponderale.

Tra le neoplasie osteo-cartilaginee abbiamo osteomi e condromi (benigni), sarcomi (maligni).

Le Neoplasie Secondarie del mediastino rappresentano solo il 3-5% dei casi, spesso dovute a

metastasi da neoplasie renali oppure da neoplasie paramediastiniche.

Le MASSE TIMICHE sono rappresentate dalla iperplasia, cisti timiche e tumori del timo.

Le MASSE TIROIDEE sono rappresentate dai gozzi migranti nel mediastino antero-superiore,

gozzi ectopici, intratoraci, carcinoma tiroideo, adenoma paratiroideo, carcinoma paratiroideo. Le MASSE MEDIASTINICHE CONGENITE sono dovute ad anomalie dell’organogenesi durante

lo sviluppo degli organi mediastinici e sono rappresentate da:

- disembrioni omoplastici: cisti broncogene, cisti paraesofagee, cisti celomatiche o pleuro-

pericardiche, cisti del dotto toracico, cisti meningee (meningocele, mielomeningocele).

- disembrioni eteroplastici: cisti dermoidi e teratomi, corioncarcinomi, seminomi.

- diverticoli esofagei.

- anomalie congenite aortiche: anello vascolare aortico, pseudocoartazione aortica, arco aortico

cervicale, arco aortico dx.

- aneurismi congeniti delle arterie polmonari.

Le PATOLOGIE MEDIASTINICHE di DIFFICILE INQUADRAMENTO sono:

Spostamenti del Mediastino da:

- versamento pleurico massivo, pneumotorace iperteso, neoplasie voluminose, sclerosi retraente del

parenchima polmonare, atelettasie.

- deformazioni della gabbia toracica congenite o acquisite (cifoscoliosi).

- paralisi dell’emidiaframma dx o sx.

Enfisema Mediastinico: è l’ingresso di aria tra le maglie delle cellule del mediastino, può

insorgere spontaneamente oppure può essere di natura traumatica, iatrogena in corso di

pneumoperitoneo o retropneumoperitoneo diagnostici, oppure da rottura dell’esofago o dell’albero

tracheo-bronchiale o dell’interstizio polmonare.

Nei casi più gravi provoca dolore retrosternale, dispnea ingravescente, tosse stizzosa, cianosi,

disfagia, congestione dei vasi venosi del collo, agitazione, angoscia, polso piccolo e frequente,

enfisema sottocutaneo con gonfiore e crepitii alla palpazione. L’Rx evidenzia un > di volume del

mediastino con scollamento del profilo dei vari organi mediastinici, soprattutto del cuore.

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Ernia Mediastinica: è la protrusione nel mediastino di un’espansione sacciforme della pleura

mediastinica soprattutto a livello antero-superiore dove c’è un locus minoris resistenziae, causata da

pneumotorace o versamento pleurico, patologia retraente del polmone.

Emorragia Mediastinica: si deve alla rottura di uno o più vasi contenuti nel mediastino con

versamento ematico che infiltra il tessuto lasso mediastinico, dovuto a traumi aperti o chiusi del

torace, patologie intrinseche al mediastino cioè ulcerazione di un vaso da neoplasie, rottura di un

aneurisma. Nei casi più gravi si ha shock ipovolemico e morte del pz.

Neoplasie Timiche

Il Timo è un organo situato nel mediastino anteriore, dietro allo sterno, anteriormente alla trachea,

pericardio e grossi vasi mediastinici, costituito da un lobo dx e un lobo sx in parte fusi tra loro nella

parte centrale, per cui ha una forma ad “H”. Occupa la loggia timica.

Alla nascita pesa 10-12 gr, durante l’adolescenza pesa 20-50 gr, poi va in contro ad un’involuzione

fibroadiposa fino a pesare 25 gr nei soggetti adulti.

E’ rivestito da una capsula che circonda il parenchima che è costituito da uno strato esterno o

corticale e uno strato interno o midollare.

La vascolarizzazione arteriosa si deve alle arterie timiche superiori, arterie timiche laterali, arteria

timo-tiroidea, mentre il drenaggio venoso si deve alle vene di Keynes che si portano alla vena

anonima di sx (fare attenzione durante l’intervento chirurgico di isolamento)

Il timo è importante nello sviluppo della risposta immunologica dell’organismo: i linfociti provenienti dal sacco

vitellino nell’età embrionale e quelli che giungono dal midollo osseo nell’età adulta, acquisiscono

nel timo la competenza immunocellulare.

I TUMORI del TIMO sono distinti in:

Tumori che originano dalle cellule epiteliali timiche: il timoma è la forma più frequente

mentre il carcinoma e il carcinoide timico sono più rari ma più aggressivi, a prognosi infausta.

Il carcinoide è un tumore neuro-endocrino cioè origina dalla cresta neurale.

Tumori che originano dal connettivo fibro-adiposo: timolipoma benigno tipico dei

bambini e adolescenti, non invasivo.

Tumori che originano dai linfociti in sede timica: linfomi di Hodgkin e non Hodgkin, in

genere di tipo scleronodulare, più frequente nelle giovani donne.

Il TIMOMA è il tumore timico più frequente caratterizzato da una notevole proliferazione delle

cellule epiteliali e presenza di numerosi linfociti, colpisce M e F con età media di 30-50 anni,

raramente soggetti più giovani o in età geriatrica.

Nel 50% dei casi si tratta di timomi capsulati che non danno metastasi a distanza e sono facili da

enucleare, mentre nel restante 50% dei casi si tratta di forme con capsula incompleta o assente cioè

di timomi invasivi che infiltrano il pericardio, pleura mediastinica, vena cava superiore e vene

anonime e, nelle fasi avanzate i polmoni, cuore, vasi linfatici del connettivo sottopleurico formando

delle cotenne biancastre di 1-2 cm di spessore, con problemi di diagnosi differenziale con il

mesotelioma che è molto aggressivo, provoca dolore parietale, rapido decadimento delle condizioni

generali del pz e morte nel giro di 1 anno, rispetto ai pz con timoma che possono sopravvivere

anche 10 anni dopo resezione chirurgica.

Nel 50% dei casi le neoplasie timiche sono associate alla miastenia gravis mentre la miastenia

gravis è associata alle neoplasie timiche nel 10% dei casi.

Dal punto di vista ANATOMO PATOLOGICO il timoma si presenta come un nodulo carnoso

giallo-roseo, di dimensioni variabili da una ciliegia ad un pompelmo.

Abbiamo la CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA con distinzione tra:

timoma corticale: origina dalle cellule della corticale del timo, è più frequente nei soggetti di età

compresa tra 20-50 aa, associato a miastenia gravis nel 33% dei casi.

timoma midollare: origina dalle cellule della midollare del timo, è frequente nei soggetti con età

> 60 aa, associato a miastenia gravis solo nel 14% dei casi, non è molto aggressivo nei confronti

delle strutture adiacenti, facile da resecare.

timoma misto: ha caratteristiche intermedie al timoma corticale e midollare.

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I SINTOMI sono assenti nelle fasi iniziali poi si manifestano con tosse, dispnea, dolore toracico,

calo ponderale, febbre, edema a mantellina da sindrome della vena cava superiore.

La DIAGNOSI si basa su:

Rx Torace in proiezione antero-posteriore e laterale: slargamento del mediastino con

interessamento dello spazio anteriore.

TAC: sede, dimensioni, natura solida o cistica, presenza della capsula, rapporti con organi

adiacenti, presenza di metastasi a distanza.

Broncofibroscopia: utile nelle forme più voluminose con infiltrazione della mucosa tracheo-

bronchiale, eseguendo dei prelievi bioptici con esame istologico per valutare la natura della

neoplasia (timoma, linfoma, sarcoma).

Esplorazione chirurgica: utile nei casi dubbi con esame istologico estemporaneo al

congelatore per la scelta terapeutica.

Per la Prognosi e scelta terapeutica è utile la STADIAZIONE secondo Masaoka valutando

dimensioni, rapporti con strutture adiacenti, presenza di metastasi linfonodali e a distanza:

stadio I: tumore intracapsulare, senza sono segni di invasione capsulare.

stadio II: tumore che invade la capsula, tessuto adiposo peritimico o la pleura mediastinica.

stadio III: tumore che invade il pericardio, grossi vasi mediastinici o il polmone.

stadio IVa: presenza di metastasi pleurica e/o pericardica.

stadio IVb: presenza di metastasi a distanza per via linfatica ed ematica.

La TERAPIA nello stadio I si basa sulla chirurgia toracica mini-invasiva video assistita VATS o

video-toracoscopia con minima apertura del torace con sopravvivenza a 10 anni pari al 90%, negli

stadi II e III si esegue anche la radioterapia postoperatoria con sopravvivenza a 10 anni pari al 50%,

nel IV stadio la terapia è palliativa con radioterapia e polichemioterapia.

Le recidive dopo resezione chirurgica variano dal 2% nelle forme capsulate, al 20-40% nelle forme

invasive.

La Miastenia Gravis è una malattia neurologica caratterizzata da un blocco della trasmissione

neuromuscolare a livello delle sinapsi di natura autoimmune: si ha l’intervento dei linfociti che

favoriscono la formazione di Ab antirecettori che vanno a degradare e inglobare nel citoplasma

muscolare i recettori post-sinaptici dell’acetilcolina che è il mediatore chimico dell’impulso

nervoso, per cui si ha una norevole < del n° dei recettori che in tal caso presenteranno una vita

media di 6 h rispetto alle 30 h dei soggetti normali, l’acetilcolina non riesce a fissarsi e si ha il

blocco della trasmissione neuromuscolare i recettori.

I SINTOMI sono notevole e progressivo affaticamento ed esaurimento dei muscoli volontari striati,

durante l’attività fisica ma che si ripristina spontaneamente dopo il riposo.

Non interessa la muscolatura involontaria del miocardio e la muscolatura liscia dell’intestino, vasi

sanguigni e utero. Possiamo fare una distinzione tra 4 gradi:

I grado: forma oculare pura con interessamento dei muscoli estrinseci dell’occhio, ptosi

palpebrale, strabismo e diplopia.

II grado: interessamento dei muscoli oculari, lingua, labbra, muscoli della deglutizione e

masticazione, provocando sintomi più o meno gravi.

III grado: si ha anche l’interessamento dei muscoli degli arti e muscoli respiratori, con decorso

rapido e fulminante.

IV grado: forme miasteniche di vecchia data, ben compensate anche se possono riacutizzarsi

provocando delle gravi crisi respiratorie.

La TERAPIA si basa sulla somministrazione di corticosteroidi data la probabile natura immunitaria

della malattia ed è possibile ricorrere alla plasmaferesi che è una vera e propria pulizia del sangue

eseguita per 4-5 volte nel giro di 10-15 gg prima dell’intervento chirurgico di timectomia nel

tentativo di < le complicanze di insufficienza respiratoria post-operatoria da compromissione

chirurgica dei muscoli respiratori che già di per se sono compromessi dalla miastenia gravis.

Inoltre, si ricorre a farmaci anticolinesterasici come la piridostigmina che viene dosata dal neurologo

in base alla gravità della malattia per evitare le crisi colinergiche da alto dosaggio con scialorrea,

diarrea, crampi addominali, bradicardia.

Page 101: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

101

Trapianto di Polmone

Il Trapianto di Polmone è indicato in caso di patologie polmonari gravi e irreversibili.

Il pz viene inserito nelle Liste di Attesa solo dopo un’accurata selezione perché le condizioni del

pz devono essere sufficientemente severe da richiedere il trapianto ma anche sufficientemente

buone per sopportare il trauma chirurgico.

E’ importante lo studio della fx respiratoria mediante Rx Torace, TAC, spirometria, test da sforzo,

emogasanalisi e lo studio della fx cardiaca con ECG, Eco-color-doppler, Cateterismo cardiaco,

Coronarografia, scintigrafia miocardica a riposo e sotto sforzo con studio delle frazioni di eiezione

ventricolare e della perfusione miocardica.

Inoltre, si eseguono gli Esami di Laboratorio: esame emocromocitometrico con formula

leucocitaria, esame batteriologico su espettorato, lavaggio bronchiale e urine, esame parassitologico

delle feci, Esami Sierologici cioè sierologia virale (RBV, HCV, CMV, EBV, HIV), sierologia

fungina e parassitaria per Aspergillus, Candida, Plasmodium, Toxoplasma.

E’ importante stabilire il profilo psicologico del pz valutando la volontà del pz di sottoporsi a tutte

le indagini preoperatorie, al trapianto, alla terapia e monitoraggio postoperatorio.

La Selezione del Donatore di polmone si basa su criteri molto rigidi:

morte cerebrale del donatore e autorizzazione al prelievo come previsto dalla legge.

compatibilità del gruppo sanguigno AB0 tra donatore e ricevente.

dimensioni compatibili: diametri radiologici, circonferenza toracica.

età < 55 anni.

assenza di lesioni pleuroparenchimali apprezzabili all’Rx del torace.

PaO2 > 300 mmHg con somministrazione di ossigeno puro e con l’applicazione di una P positiva

di fine espirazione PEEP pari a 5 cmH2O.

assenza di secrezioni mucopurulente alla fibrobroncoscopia.

Abbiamo vari tipi di trapianto a seconda della patologia di base del pz:

In caso di Patologie Polmonari Ostruttive cioè BPCO è indicato il trapianto singolo o

monopolmonare con risultati funzionali buoni e notevole recupero del FEV1, anche se risultati più

soddisfacenti si hanno con il trapianto doppio o bipolmonare poiché non si verificano problemi di

compressione e disventilazione del polmone trapiantato in seguito alla sovradistensione del

polmone nativo.

In caso di Patologie Polmonari Suppurative cioè fibrosi cistica, bronchiectasie bilaterali e

diffuse con patologia settica evolutiva il trapianto singolo è controindicato perché l’infezione del

polmone nativo si diffonde al polmone trapiantato mentre si ricorre a trapianto polmonare doppio

con buone possibilità di sopravvivenza.

In caso di Patologie del Circolo Polmonare come l’ipertensione polmonare primitiva o

secondaria si ricorre al trapianto cuore-polmone con asportazione in blocco dei polmoni e del

cuore. In caso di ipertensione polmonare primitiva spesso il pz presenta cardiomegalia e dimensioni

ridotte della cavità toracica, per cui si avranno difficoltà tecniche nell’esecuzione del trapianto

cuore-polmoni.

In caso di Patologie Polmonari Restrittive cioè fibrosi polmonare primitiva o secondaria a

malattie del connettivo, sarcoidosi, granulomatosi eosinofila, bronchiolite obliterante,

pneumoconiosi si ricorre al trapianto singolo poiché l’infezione è assente, la ventilazione e la

perfusione del polmone trapiantato sono buone mentre il trapianto doppio e il trapianto cuore-

polmonare sono controindicati.

Il Trapianto Lobare da cadavere o da donatore vivente, singolo o bilaterale è indicato nei pz la cui

lista d’attesa è di lunga durata cioè superiore all’attesa di vita.

Il rischio di morbilità e di mortalità nel soggetto donatore vivente seppur basso è presente, per cui si

preferisce ricorrere al trapianto lobare del polmone sx del cadavere, impiantando il lobo inferiore

nel cavo pleurico sx mentre il lobo superiore viene ruotato e impiantato nel cavo pleurico dx,

rappresentando un’ottima scelta tenendo conto della carenza di organi disponibili.

Page 102: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

102

Il Trapianto Lobare è indicato in caso di patologie del circolo polmonare con volume toracico

piccolo, più raramente in caso di patologie polmonari restrittive, mentre in caso di fibrosi cistica

con grave compromissione della fx respiratoria, essendo tipica di pz in età pediatrica e giovanile, è

possibile la donazione da parte dei genitori o consanguinei stretti.

Nel Periodo Postoperatorio il pz viene sottoposto ad uno stretto monitoraggio perché nelle prime

ore dopo l’intervento si ha la Risposta al Reimpianto: il polmone trapiantato cerca di rispondere

all’ischemia, al danno da riperfusione, all’interruzione del drenaggio linfatico e dell’innervazione,

che dal punto di vista funzionale si manifesta con un elevato gradiente alveolocapillare mentre

all’Rx si nota un’opacità a margini sfumati in sede periilare che raggiunge l’acme nella 1^ settimana

e poi scompare progressivamente.

E’ necessario < l’edema interstiziale per facilitare gli scambi gassosi mediante restrizione

dell’apporto idrico, diuresi forzata e pressione positiva di fine espirazione PEEP nel periodo in cui il

pz si trova in ventilazione assistita.

Inoltre, nel periodo post-operatorio si verificano delle gravi COMPLICANZE: tutti i pz presentano

2-4 episodi di rigetto acuto nel primo mese dopo il trapianto nonostante l’uso di una pesante

terapia immunosoppressiva con ciclosporina, azatioprina, siero antilinfocitario sostituito con

prednisone a partire dalla 2^ settimana.

Il rigetto acuto si manifesta con < saturazione arteriosa, dispnea di grado variabile, > T°C

corporea di 0,5°C e presenza di un infiltrato polmonare all’Rx Torace.

Le infezioni rappresentano la complicanza più frequente dopo trapianto polmonare, possono

sovrapporsi ad un epidosio di rigetto, rendendo più difficile la diagnosi e il trattamento.

L’insorgenza delle infezioni è favorita dalla terapia immunosoppressiva, alterazione della clearance

mucociliare, contaminazione del polmone del donatore e ischemia di lunga durata.

Nelle prime 3 settimane dopo il trapianto nel 30-40% dei pz insorgono infezioni batteriche da

Gram– mentre dopo il primo mese sono più frequenti le infezioni virali soprattutto da CMV nei

pz che non hanno mai avuto contatto con il virus o CMV-negativi e che ricevono il polmone da un

donatore CMV-positivo. Per cui è importante la prevenzione con ganciclovir e immunoglobuline ad

alto tasso anti-CMV a dosaggio pieno.

Raramente insorgono infezioni da miceti cioè Candida albicans, Aspergillus e Criptococchi.

Bisogna valutare l’insorgenza di complicanze a livello dell’anastomosi bronchiale cioè deiscenza,

necrosi, ulcerazione, granulazioni, stenosi che rispetto al passato sono molto più rare grazie alle

nuove tecniche chirurgiche.

La bronchiolite obliterante è una complicanza tardiva ed è la principale causa di insuccesso,

caratterizzata da ostruzione e distruzione dei bronchioli da parte del tessuto fibroso, progressiva

ectasia e broncomalacia dei rami segmentari e subsegmentari a monte e si manifesta con

progressiva < della tolleranza allo sforzo e comparsa di deficit ostruttivo ingravescente.

E’ possibile rallentare l’evoluzione della malattia con terapia immunosoppressiva aggressiva.

I Risultati del Trapianto sono: mortalità pari a 10-25% da gravi infezioni batteriche da gram– o

virali nei primi 90 gg post-trapianto, da insufficienza polmonare acuta, insufficienza

cardiocircolatoria, deiscenza delle anastomosi, emorragie, mentre il rigetto acuto, è responsabile

solo del 5% dei casi di mortalità. Dopo i primi 90 gg le cause più frequenti di mortalità sono la

sindrome da rigetto cronico con bronchiolite obliterante.

La sopravvivenza a 5 anni è pari al 45% ~ dei pz sottoposti a trapianto, con ottimi risultati nella

ripresa dei parametri ventilatori (FEV1) e normalizzazione dell’emogasanalisi.

Ricordiamo che il fattore limitante al trapianto è la scarsa disponibilità di donatori, per cui la

realizzazione dei trapianti doppi e cardiopolmonari è bassa e l’attesa per il trapianto è lunga.

La Riduzione di Volume Polmonare è usata solo nei centri specializzati nei pz con enfisema

polmonare grave, rappresentando un’alternativa al trapianto, data la carenza di donatori, o un primo

provvedimento terapeutico per migliorare la qualità di vita del pz in attesa del trapianto.

Il pz viene selezionato accuratamente, valutando una serie di criteri di eleggibilità cioè:

- dispnea grave resistente alla terapia medica con notevole limitazione delle normali attività.

- astensione dal tabacco da almeno 6 mesi, età < 75 anni.

Page 103: DispensaMalattieApparatoRespiratorio

103

- enfisema grave valutato con Rx e TAC Torace osservando le aree interessate dall’enfisema,

presenza di bolle, conformazione della gabbia toracica e del diaframma, escludendo la presenza di

altre patologie cioè bronchiectasie, neoplasie, patologie vascolari.., mentre la scintigrafia

perfusionale e ventilatoria evidenzia aree ipoperfuse e iperdistese.

- FEV1 < al 35% del teorico, VR > 220%, CPT > 120%, DLCO < 25% (diffusione alveolo-capillare

del CO).

- PaCO2 < 55 mmHg, PaO2 > 55-60 mmHg, P in arteria polmonare PAP < 35 mmHg.

- funzione cardiaca normale cioè il pz non presenta cuore polmonare cronico e ipertensione

polmonare o cardiopatie ischemiche severe.

Consiste nella rimozione chirurgica delle aree di parenchima polmonare severamente danneggiate

dall’enfisema e iperdisteso, con < dell’iperinsufflazione toracopolmonare e miglioramento del

ritorno elastico polmonare, della meccanica diaframmatica e della performance del cuore dx.

L’intervento viene eseguito con via d’accesso in sternotomia mediana longitudinale oppure

toracotomia con risparmio dei muscoli e videotoracoscopia per gli interventi monolaterali: si esegue

la resezione del 20-30% di parenchima più compromesso mediante suturatrici meccaniche che

consentono di ottenere un’adeguata emostasi e aerostasi. Dopo circa 1 anno dall’intervento si nota

un > FEV1 del 50%, la dispnea migliora in maniera significativa.

Tra le complicanze abbiamo: perdite aeree persistenti, emorragie, infezioni, mortalità

perioperatoria è del 3-7% per insufficienza respiratoria.

Se dopo l’intervento di riduzione di volume il pz presenta segni di grave compromissione del

parenchima polmonare con FEV1 < 20% del teorico, associato a ipossemia e ipercapnia, è

necessario il trapianto polmonare.

ARDS

L’ARDS o Sindrome da Distress o Sofferenza Respiratoria dell’Adulto è una sindrome da

insufficienza respiratoria acuta caratterizzata da edema polmonare acuto da > della permeabilità

della barriera alveolo-capillare, spesso legata a complesse patologie sistemiche con coinvolgimento

di diversi organi.

L’ARDS spesso si verifica nella sindrome da insufficienza multiorgano MOF (Multiple Organe

Failure) causata da:

– traumi polmonari o extrapolmonari con shock settico, cardiogeno, ipovolemico (75% dei casi).

– sepsi.

– sindrome da aspirazione (annegamento).

– infezioni polmonari o extrapolmonari da Gram-.

– CID.

– reazioni trasfusionali.

– emorragie massive.

– pancreatite acuta necrotico emorragica PANE.

– sindrome uremica.

– sovradosaggi di farmaci: morfina, metadone…

Dopo una fase di shock iniziale, si ha insufficienza respiratoria da danno diffuso della membrana

alveolo-capillare con dispnea, ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia, comparsa di infiltrati

polmonari diffusi e bilaterali visibili radiologicamente e progressiva rigidità del parenchima

polmonare fino a richiedere la ventilazione meccanica.

Dal punto di vista Ezipatogenetico l’ARDS si deve ad un’esagerata risposta infiammatoria a stimoli

di natura tossica o infettiva. Un ruolo importante è svolto dai PMN che raggiungono l’alveolo

tramite i capillari e liberano fattori chemiotattici, enzimi proteolitici, radicali dell’O2 e derivati

dell’acido arachidonico come trombossani (TXA2 vasocostrittore) e leucotrieni (LTB2 ad azione

chemiotattica per i PMN, cistenil-leucotrieni broncocostrittori).

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Anche i macrofagi alveolari rilasciano fattori infiammatori che insieme ai mediatori rilasciati dai

PMN determinano un incremento della permeabilità capillare con edema che in caso di ARDS è di

tipo essudatizio, detto edema a bassa P in quanto non è dovuto all’> P idrostatica.

L’essudato si accumula prima nell’interstizio e poi passa rapidamente nell’alveolo poichè vi è anche

un danno dell’epitelio alveolare con edema alveolare che impedisce gli scambi gassosi.

Il liquido edemigeno contiene numerose proteine (perchè è un essudato) e cellule di sfaldamento

(dovute al danno alveolare) che determinano la formazione di membrane ialine.

Il rilascio di TNF stimola la coagulazione e l’aggregazione piastrinica contribuendo alla trombosi

dei piccoli vasi (fino alla CID) che determina ischemia cui può seguire una riperfusione con

produzione di radicali dell’ossigeno che aggravano e perpetuano il danno tissutale.

Inoltre, i leucotrieni determinano broncocostrizione.

Macroscopicamente i polmoni appaiono di forma normale, con volume e peso maggiori e

consistenza aumentata (polmone compatto e omogeneo). È assente il crepitio e il colore è rosso

scuro a causa della congestione. Istologicamente si possono distinguere 2 fasi:

fase essudativa acuta: è presente congestione capillare e edema interstiziale e alveolare,

numerosi infiltrati infiammatori costituiti soprattutto da PMN. Il danno endoteliale determina anche

fuoriuscita di eritrociti ed emorragie interstiziali e alveolari. La necrosi alveolare determina < del

surfactante con presenza di aree di atelettasia. Le pareti alveolari sono rivestite da membrane ialine

omogenee e vitreo simili a quelle della malattia a membrane ialine del neonato. Le membrane ialine

sono formate da liquido edemigeno ricco di fibrina, proteine e materiale citoplasmatico e lipidico

che deriva dalle cellule di sfaldamento. All’interno dei capillari sono presenti trombi di fibrina.

fase proliferativa: inizia il 3° giorno con picco massimo il 10° giorno.

Gli pneumociti di tipo II vanno in contro ad iperplasia nel tentativo di rigenerare l’epitelio di

rivestimento alveolare, ma si ha l’organizzazione dell’essudato con fibrosi intralveolare in seguito a

proliferazione dei fibroblasti con deposizione di collagene che determina distorsione

dell’architettura alveolare e ispessimento della membrana alveolocapillare con riduzione degli

scambi, fino alla fibrosi interstiziale con un quadro di patologia restrittiva.

Dal punto di vista CLINICO l’ispessimento della membrana alveolocapillare dovuto all’edema

determina una < degli scambi gassosi con ipossiemia che determina iperventilazione riflessa.

Le regioni scarsamente ventilate continuano ad essere perfuse contribuendo all’alterato rapporto

V/Q e all’ipossiemia.

Il primo segno clinico è rappresentato da una tachicardia seguito a breve termine da dispnea dovuta

alla < della compliance polmonare da edema diffuso. L’ossigenoterapia determina un > PaO2.

Con il progredire della patologia la dispnea peggiora, si ha cianosi e rantoli crepitanti.

La necrosi alveolare determina perdita del surfactante con atelettasia polmonare che compromette la

ventilazione per cui il pz è refrattario all’ossigenoterapia e si ricorre alla ventilazione meccanica.

Le cause più frequenti di morte sono l’insufficienza respiratoria acuta o la MOF.

La mortalità è pari al 60-70%, mentre dei pz che sopravvivono solo alcuni vanno in contro a

guarigione, la maggior parte presenta fibrosi polmonare con un quadro di tipo restrittivo.

La DIAGNOSI di ARDS si basa su:

Rx torace: infiltrati multipli diffusi a distribuzione prevalentemente periferica.

In genere nei polmoni coesistono aree infiltrate, consolidate o collassate ed aree con livelli quasi

normali di elasticità e di ventilazione.

Emogasanalisi: ipossiemia con ipocapnia secondaria a iperventilazione, fino ad evolvere verso

l’insufficienza respiratoria con ipossiemia, ipercapnia e acidosi respiratoria.

La P telediastolica ventricolare sx (espressione del precarico) è < 13 mmHg, criterio differenziale

importante con l’edema polmonare acuto e lo schok cardiogeno.

La TERAPIA si basa sull’ossigenoterapia continua associata ad una respirazione a P positiva per

impedire il collasso degli alveoli (CPAP).

Spesso viene applicata una P positiva di fine espirazione (PEEP) per > la capacità funzionale

residua.

Promettente sembra essere la terapia sostitutiva con tensioattivi.

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