Dispensa Taekwondo, Universita Di Palermo

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_____________________________________________________________________________________ UNIVERSITA’ DI PALERMO FACOLTA’ DI SCIENZE MOTORIE _____________________________________________________________________________________ www.accademiataekwondosicilia.it www.fitasicilia.it MATERIA TTD DELLE ARTI MARZIALI Taekwondo WTF Comitato Regionale Siciliano ______________________________ Responsabile del Corso di Taekwondo Docente Prof. Giovanni Caramazza Maestro Giuseppe Giorlando Assistenti Rosario Tetamo - Marco Geco Lucchino __________________________________________________________________________________ F.I.T.A. Federazione Italiana Taekwondo WTF - CONI Segretario Nazionale M° Angelo Cito Presidente Comitato Regionale Sicilia M° Bartolo Taormina

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UNIVERSITA’ DI PALERMO

FACOLTA’ DI SCIENZE MOTORIE _____________________________________________________________________________________

www.accademiataekwondosicilia.it

www.fitasicilia.it

MATERIA TTD DELLE ARTI MARZIALI

Taekwondo WTF – Comitato Regionale Siciliano

______________________________ Responsabile del Corso di Taekwondo

Docente Prof. Giovanni Caramazza Maestro Giuseppe Giorlando

Assistenti Rosario Tetamo - Marco Geco Lucchino

__________________________________________________________________________________ F.I.T.A. Federazione Italiana Taekwondo WTF - CONI

Segretario Nazionale – M° Angelo Cito

Presidente Comitato Regionale Sicilia – M° Bartolo Taormina

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STORIA DEL TAEKWONDO

Le origini delle arti marziali coreane furono sicuramente

influenzate ed ispirate dai vicini fratelli cinesi. Gli studi

archeologici hanno trovato tracce di affreschi su tombe risalenti

al IV secolo del regno di Koguryo, più di due mila anni fa.

Queste raffigurazioni, ritraggono antichi guerrieri in posizioni di

guardia e tecniche che, nel lontano periodo delle rappresaglie e

dei continui attacchi, misero a dura prova i valorosi coreani.

La Corea del VI secolo era divisa in tre stati:

SILLA, KOGURYO E PAEKCHE.

Questi stati erano spesso in lotta tra loro ed il regno di Silla,

storicamente, è sempre stato minacciato dai guerrieri Koguryo.

Il re del regno Silla sapeva che non poteva avere la meglio sui

koguryo poiché essi erano più numerosi, possedevano armi

migliori ed erano più addestrati e violenti.

Il re si rivolse allora ad un monaco buddista:Won Kwang Bopsa

affinchè scegliesse tra i giovani nobili del regno i più valorosi e

istituisse un ordine di guerrieri in grado di difendersi contro più

avversari, utilizzando il proprio corpo come arma.

Nasce così l'ordine dei guerrieri Hwarang-Do (fior di gioventù)

addestrati ad un metodo segreto di combattimento denominato

TAEKYEON, che significa combattimento con le gambe che

prevedeva anche lo studio degli stili:

SUBAK KI Studio delle tecniche di braccia;

KU SUL studio tecniche di leve e di proiezioni;

SIPAL KI studio delle armi bianche dell’epoca.

I maestri educarono i loro allievi secondo 5 principi morali:

LEALTA' VERSO LA PATRIA

RISPETTO PER I GENITORI E I MAESTRI

FRATELLANZA VERSO I MEMBRI HWARANG

CORAGGIO

GIUSTIZIA E VERITA’

________________________________________________________________________________

Con il passare del tempo e delle continue lotte di potere in cui i coreani

subirono molte perdite e imposizioni, pian piano molte di queste originali

pratiche scomparvero. Ma l’arte non poteva morire o venir soppressa da

altre pratiche simili non coreane. La necessità, l’istinto, le tracce dei

racconti e dei testi rimasti fecero riaffiorare, dopo la seconda guerra

mondiale, il desiderio di libertà e di riappropriarsi delle loro originali

pratiche. Nel 1955 su consiglio del Generale Choi, studioso e

ricercatore dell’arte coreana, si tenne una storica tavola rotonda con i

più prestigiosi maestri coreani per cercare di raggruppare i vari kwans

(stili) e dare una nuova vita all’arte coreana sotto un unico nome. In

questo congresso venne discusso il nome per la “nuova" arte marziale

coreana che fu Taekwon-Do .

Tae = mezzo dinamico per calciare

Kwon = boxare

Do = via

Il generale Choi Hong Hi

riunificò i vari stili coreani

Muro dipinto di una tomba del IV secolo

del regno di Koguryo

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La bandiera coreana (Do e Taoismo)

La Bandiera coreana ha un ruolo determinante per i

praticanti di Taekwondo. Al centro vi è posto un primo

simbolo, un cerchio perfetto diviso in eguale misura con

un’onda che va a rappresentare il simbolo della filosofia

taoista dello Ying e dello Yang. Attorno al cerchio vi

sono i simboli dei trigrammi, che assieme formano il

senso della filosofia che muove ogni studio e arte in oriente (DO dal coreano e giapponese - TAO dal cinese).

Il taoismo (Do) rappresenta un movimento di pensiero

che, attraverso lo studio delle leggi che regolano il

comportamento della natura, conduce l’uomo ad

acquisire equilibrio nella vita.

M° Giuseppe Giorlando Direttore Tecnico dell’Accademia Taekwondo Sicilia – (Squadra della Marina Militare 1992)

Parte del gruppo dellaAccademia Taekwondo Sicilia 2008

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Storia del Generale Choi e dell’unificazione degli stili

coreani in un'unica scuola denominata Taekwondo

Il Taekwon-Do è frutto dell'instancabile opera di un Maestro coreano Generale Choi Hong Hi, il "padre del

Taekwon-Do moderno", colui che ha codificato e creato quest'arte marziale.

Il Generale Choi Hong Hi è nato il 9 novembre 1918 nell'attuale Corea del Nord. Da bambino è sempre

stato fonte di “pensiero” per i propri genitori a causa dello spirito idealistico verso gli ideali di giustizia e

libertà. All'età di dodici anni fu espulso dalla scuola per agitazioni contro le autorità giapponesi che a quel

tempo avevano il controllo della Corea. Questo fu l'inizio di quello che sarebbe diventato il movimento

d'indipendenza degli allievi di Kwang Ju. Dopo l'espulsione dalla scuola, il padre del giovane Choi, spinse il

figlio a studiare l’arte della calligrafia sotto uno degli insegnanti più famosi della Corea: il Maestro Han Il

Dong. Oltre che essere conosciuto come maestro di calligrafia, Han Il Dong era Maestro di Taek Kyon,

un'antica arte marziale coreana proibita a quei tempi. Nel 1937, Choi si trasferì in Giappone per

incrementare la propria cultura personale. Poco prima di lasciare la Corea, si trovò a discutere

animatamente di un argomento piuttosto scottante con un lottatore professionista. Questa minaccia dette

un nuovo slancio all'addestramento del giovane Choi nelle arti marziali. A Kyoto, Choi, venne in contatto

con un coreano, Him, che insegnava il Karate. In due anni d'addestramento intensificato, Choi raggiunse il

grado di cintura nera primo Dan. Queste tecniche unite alle tecniche del Taek Kyon (tecniche di piede),

furono i precursori del Taekwon-Do moderno.

Choi seguì un periodo di addestramento sia mentale che fisico all'università di Tokyo. In questi anni,

l'addestramento e la sperimentazione delle nuove tecniche di lotta vennero intensificati fino al personale

raggiungimento della cintura nera secondo Dan di Karate e con l'insegnamento in una palestra di Tokyo.

Choi racconta una particolare esperienza vissuta in questo periodo. Non vi era nessun palo di sostegno dei

fili elettrici, in città, che non avesse colpito per vedere se i fili di rame avessero vibrato. Con lo scoppio

della Seconda Guerra Mondiale, Choi fu costretto, contro la sua volontà, ad arruolarsi nell'esercito

giapponese. Fu rimpatriato ma, mentre era a Pyongyang (Corea del Nord), fu implicato come il

pianificatore del movimento d'indipendenza coreano e fu internato in una prigione giapponese per circa

otto mesi. Mentre era in prigione, per alleviare la noia e conservare il fisico, Choi cominciò ad esercitarsi in

quest'arte marziale nella solitudine della sua cella. In breve tempo i compagni di cella diventarono i suoi

allievi e, coinvolgendo altri detenuti, trasformarono il cortile in una gigantesca palestra. La liberazione

avvenuta nel mese d'agosto 1945, risparmiò a Choi di scontare una pena di sette anni. Il gennaio dell'anno

seguente Choi divenne secondo tenente del nuovo esercito sud coreano: questo gli permise di mettere il

Taekwon-Do in una nuova orbita. Divenne comandante del distretto di Kwan Ju, dove insegnò la sua arte

all'intera compagnia. Fu promosso primo tenente e trasferito a Tae Jon nel secondo reggimento di fanteria.

Choi iniziò ad insegnare la sua arte marziale non soltanto ai soldati coreani ma anche agli americani.

Questa fu la prima introduzione agli americani di quello che avrebbero poi conosciuto come Taekwon-Do.

Seguirono anni di rapide promozioni militari e di continuo progresso di quest’arte marziale.

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Tecnicamente il 1955 segna l’inizio del Taekwon-Do come arte ufficialmente riconosciuta in

Corea. Durante quest’anno, infatti, fu formato uno speciale comitato, dove parteciparono i

principali maestri istruttori, storici, e prominenti guide della società. E furono presentati un gran

numero di nomi per questa nuova arte marziale. L’11 aprile 1955, il comitato convocato dal

Generale Choi decise per il nome di Taekwon-Do, che era stato presentato dallo stesso Choi.

Questo unico nome unificato di Taekwon-Do prese il posto dei diversi e confusi termini presenti

fino ad allora ( Tang Soo Do, Gong Soo, Taek Kyon, Kwon Bup, ecc). Nel 1959 il Taekwon-Do si

diffuse al di fuori dei suoi confini nazionali. Iniziarono una serie di viaggi che portarono il

Generale Choi in giro per il mondo, allo scopo di diffondere questa nuova arte marziale.

Durante la guerra del Vietnam, quando la Corea del Sud si alleò all’America, si fece uso del

Teekwondo negli scontri corpo a corpo. Molti maestri coreani, infatti, furono incaricati di

insegnare il Teekwondo alle truppe alleate. La temuta divisione coreana si chiamava “TIGRE”, la

cui sigla R.O.K., era composta da esperti maestri di Taekwondo.

I soldati statunitensi tornati in patria, (tra questi si ricorda il Marins, meglio conosciuto con il

nome Chuck Norris), invitarono i maestri coreani a continuare il loro insegnamento negli Stati

Uniti. Tra i più importanti ricordiamo i maestri Sang Kyu Shin e Hee il Cho i quali, inviati

dall’Associazione di Subak-Do, passarono successivamente alla Word Taekwondo Federation.

Il maestro Jhoon Rhee avviò 65 scuole in tutti gli Stati Uniti, dove molti atleti primeggiarono ai

campionati americani interstili di full-contact. Jhoon Rhee è stato anche maestro e amico del

famoso attore Bruce Lee, il quale arricchì il personale metodo di difesa personale, denominato

Jeetkunedo creando un compromesso tecnico tra lo stile efficace di Kungfu Wingtsun e la lotta,

la box e altre tecniche di Taekwondo.

Altri maestri andarono in Europa, in Medio Oriente ed in Africa.

In seguito, per far si che il Taekwondo avesse una larga diffusione in tutto il mondo, sorse la

necessità di rendere questa Arte Marziale competitiva e sportiva. Furono fondate così due

diverse Federazioni con regolamento di combattimento diverso:

La I.T.F. (International Tekwondo Federation), più tradizionale, affiliata alla Corea del Nord e

La W.T.F. (Word Taekwondo Federation), più evoluta, affiliata alla Corea del Sud. Quest’ultima

nel 1988 esordì per la prima volta alle olimpiadi di Seoul come disciplina dimostrativa e nel 2000

divenne sport olimpico effettivo.

Attualmente il Taekwondo è praticato in tutti i continenti (167 le Nazioni, 47 in Europa) da circa 50

milioni di persone.

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LA STORIA DEL TAEKWONDO IN ITALIA - LA STORIA DELLA FITA

La storia del Taekwondo in Italia ha inizio nel 1965, quando i giovani fratelli Maestri Park Sun Jae e

Park Young Ghil aprirono la prima scuola a Napoli e successivamente a Roma.

L'interesse che si creò intorno a questa disciplina suggerì la creazione della FITKD, Federazione

Italiana Taekwondo,

Nei primi anni del 1970 il missionario Salesiano Maestro Francesco Gippetto, tornato da una missione

di 10 anni in Corea, aprì la prima scuola a Palermo e successivamente il suo allievo Maestro Lorenzo

Ragona chiese l’affiliazione della prima scuola siciliana alla FITKD.

Grazie agli anni di duro lavoro si formarono i primi nuclei di praticanti nell'Italia centro-meridionale ed

in Sicilia..

Negli anni a venire la FITKD, per ragioni politiche, transitò nella Federazioni FIKDA e

successivamente nella FITAK (Federazione Italiana Taekwondo e Karate).

Successivamente la grandissima espansione del Taekwondo in tutto il territorio Nazionale ed i risultati

conseguiti a livello internazionale suggerirono, nel 1995, la creazione di una nuova federazione

autonoma F.I.T.A. (Federazione Italiana di Taekwondo).

In campo internazionale il Taekwondo venne considerato l'astro nascente degli sport moderni e in

pochi anni ha conquistato una posizione non più marginale. Il Dr. Kim Un Yong, Presidente della WTF,

diventa membro del Consiglio Esecutivo e poi Vice Presidente del CIO. Il Taekwondo partecipa anche

alle XXV Olimpiadi di Barcellona '92 (con gli azzurri nuovamente in evidenza con un argento e due

bronzi).

Federazione Ufficiale nel CONI

A dicembre 2000 il CIO conferma il Taekwondo ai Giochi Olimpici di Atene 2004 e sempre a dicembre

2000 il CONI riconosce la FITA ai fini sportivi come Federazione Sportiva Nazionale. Nel mese di luglio

2001 la FITA viene inserita nel registro delle persone giuridiche e ad agosto 2001 il Presidente

partecipa per la prima volta, con diritto di voto, al Consiglio Nazionale del CONI.

Alle Olimpiadi di Pechino 2008 l’Italia consegue un argento.

La Sicilia si è sempre contraddistinta a livello nazionale per numero di scuole e di allievi, nonché per i

risultati nazionali ed internazionali conseguiti.

Attualmente il Segretario Nazionale della F.I.T.A. è il M° Angelo Cito ed in Sicilia ,il Presidente del

Comitato Regionale, è il M° Bartolo Taormina.

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IL PROCESSO DI COMPETIZIONALIZZAZIONE DELLE ARTI MARZIALI

L’espansione in occidente del Taekwondo ed in genere di tutte le discipline marziali che

hanno subito il processo della competizionalizzazione., ha cambiato nettamente gli obiettivi e

quindi la metodologia di allenamento e di studio.

Originariamente gli obiettivi primari delle arti marziali erano: esaudire le esigenze belliche e

di difesa personale senza limitazioni al combattimento.

La sportivizzazione delle arti marziali e quindi la ricerca del regolamento agonistico doveva

assolvere all’esigenza di creare uno sport che fosse realistico ma allo stesso tempo sicuro

per chi lo praticava. In questo desiderio c’era un’ovvia contraddizione.

Lo sforzo di superare questa incongruenza coincide con la storia dello sviluppo tecnico del

Taekwondo e questo sviluppo ha preso due direzioni fondamentali:

1) TAEKWONDO - STUDIO DELLE FORME (POOMSE)

Le forme, anche definite Poomse sono simulazioni di combattimento contro avversari immaginari, capaci di dare un concreto assaggio della tecnica più pura in possesso di un praticante di Taekwondo. Si tratta quindi una serie di tecniche di attacco e difesa unite fra loro in una miscela ricca di tradizione, di arte e coordinazione.

Grazie al continuo allenamento sulle poomse l’atleta migliora la tecnica, acquisisce equilibrio e ritmo interiore nonché concrete dosi di potenza ed energia da convogliare tutte in un solo ed unico punto, sul quale andrà ad abbattersi il colpo, con tutto il suo carico di esplosività.

Questo tipo di equilibrio psico-fisico, che ci consente di eseguire le poomse in maniera corretta lo si ottiene attraverso il continuo esercizio specifico sulle forme stesse. Esistono atleti che dedicano l’intera propria esistenza (sotto il profilo atletico) a questa branca del Taekwondo, recentemente premiata con l’organizzazione di campionati internazionali di forme. Inoltre le stesse tecniche possono essere allenate per la difesa personale in ambito reale.

Alcune cinture nere durante l’esecuzione di forme superiori

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2) TAEKWONDO - COMBATTIMENTO AGONISTICO (FULL CONTACT)

Taekwon

do –

Olimpiad

i di

Pechino

2008

v

Gli atleti, divisi per sesso, età e categorie di peso (otto), indossano la tradizionale divisa bianca

(dobok) con cintura, sono muniti di protezioni (casco e corpetto) e si affrontano su un quadrato di 8

m x 8 m.

I colpi validi per il punteggio possono essere diretti solo sul tronco o al volto dell'avversario usando il

piede; usando il pugno il solo bersaglio valido è il tronco. Il combattimento, della durata di tre riprese

di tre minuti ciascuna con 60" di intervallo, è diretto da un arbitro centrale coadiuvato da tre giudici

d'angolo. Dai punti validi si sottraggono le eventuali penalizzazioni per tecniche proibite (spingere,

colpire il viso col pugno, colpire col ginocchio, atterrare l'avversario ecc.). L'incontro di Taekwondo,

oltre che con la vittoria ai punti, può concludersi per abbandono, squalifica, K.O., intervento

arbitrale.

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SPORT DI COMBATTIMENTO – SCELTE TECNICHE

Tutte le Arti Marziali che hanno subito il processo di competizionalizzazione (Taekwondo, Karate,

Judo, Jiujitsu, Kick Boxing e anche la lotta e la Box), possono essere analizzati sulla base di scelte

agonistiche.

La difficoltà originale nel trovare un compromesso tra la sicurezza ed il realismo nel combattimento

fu risolta, fino ad un certo punto, dal grado di limitazioni imposte al sistema usato.

a) QUANTITA’ DI TECNICHE PERMESSE E LIMITE POSTO ALL’AMPIEZZA DELLE AREE DA COLPIRE;

b) LIVELLO DI CONTATTO PERMESSO.

Nell’analizzare la metodologia delle gare di Arti Marziali, specialmente quelle che usano gli

attacchi di mano e di piede, si può trovare un interessante rapporto inversamente proporzionale

tra il grado di contatto permesso e la quantità di tecniche permesse.

Da questa scelta nascono i regolamenti sportivi:

1) FULL CONTACT;

2) NO / LIGHT CONTACT

NUMERO TECNICHE

0

FONZA D’IMPATTO

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DISCIPLINE FULL CONTACT:

PREVEDONO LA VITTORIA PER K.O. (specializzazione di poche tecniche continuative e portate

all’estremo della forza d’impatto)

TAEKWONDO ha specializzato in maniera estrema le tecniche di calci;

BOX ha specializzato in maniera estrema le tecniche di pugno;

JUDO ha specializzato le tecniche di lotta corpo a corpo

LOTTA ha specializzato le tecniche di lotta corpo a corpo

DISCIPLINE NO O LIGHT CONTACT:

PREVEDONO LA VITTORIA SOLO A PUNTI (specializzazione di grandissime quantità di tecniche

singole o continuative senza o con leggerissimo

contatto).

KARATE grande quantità di tecniche, poca forza d’impatto;

JU JITSU grandissimo bagaglio tecnico, nessuna forza d’impatto.

WUSHU grandissimo bagaglio tecnico, nessuna forza d’impatto

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Principio tecnico del Taekwondo

In tutte le tecniche del Taekwondo è fondamentale la proiezione del peso del corpo sul

bersaglio. L’obiettivo è raggiungibile con la partecipazione coordinata di gruppi

muscolari del tronco e dell’anca. L’atleta, eseguendo un avvitamento lungo il proprio

asse baricentrico, in una superficie di contatto col terreno ridotto ma controllato,

esplica con l’allungo della gamba la massima potenza (vedi fig.1)

A campione prendiamo in esame la tecnica Thit Ciaghi (Calcio all’indietro)

Fig.1

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FONDAMENTI TEORICI PER IL COMBATTIMENTO DI TAEKWONDO

La posizione di guardia Nel combattimento non esiste nessuna posizione fissa. Per uno stesso combattente la guardia può cambiare più volte, a seconda dell'avversario o a seconda delle diverse fasi del match. Nonostante le guardia sia differente col variare dell'atleta, l'istruttore fornisce indicazioni di base, affinché la posizione sia proficua. Bisogna assumere, infine, una posizione quanto più neutra possibile, cioè che permetta l'uso di qualsiasi tipo di calcio o attacco e possa permettere qualsiasi uscita o spostamento, senza trascurare l'aspetto difensivo. Nel TKD non si adoperano posizioni basse e larghe. È ormai superata la concezione per la quale occorre essere molto caricati sulle gambe ed abbassare il baricentro ed essere più stabili: una differenza di 20 cm più in basso non varia la presa al suolo, ma da una posizione come questa risulta lentissimo tanto partire con un attacco, quanto uscire per difendersi. Le azioni Per azioni si intendono gli insiemi di tecniche di attacco e contrattacco, combinate tra loro attraverso spostamenti ed uscite. Il combattimento sportivo non viene svolto sempre sullo stesso ritmo di azioni, ma in ogni singolo round viene spezzettato in più azioni rapide. Anche in questo caso non è possibile una codificazione delle azioni, vuoi per le innumerevoli tecniche e combinazioni possibili, vuoi anche per le varie distanze di un combattimento. È possibile tuttavia, studiare tecnicamente gli attacchi e i contrattacchi e tatticamente le distanze di un match. Gli spostamenti In un combattimento, gli spostamenti sono una delle cose più importanti per quella che è la tattica e, quindi, la gestione del match stesso. Qual è lo scopo degli spostamenti? Cercare di entrare nella guardia dell'avversario; farlo scoprire o aprire; provocare un suo attacco, per poi entrare con un contrattacco; entrare nella distanza di combattimento o chiuderla entrando in contatto corpo a corpo, e così via. Di spostamenti, ne esistono tanti e non è difficile che ognuno possa inventarsi quelli che più si addicano alle sua caratteristiche. Ciò che è importante però, è che lo spostamento venga subito doppiato quanto meno da un calcio. Il tutto va fatto con un'azione così repentina che fa sembrare che il calcio provenga da un'azione di rimbalzo delle gambe, non appena terminato lo spostamento. In altre parole dovremmo immaginare di avere in dotazione delle grosse molle sotto ai piedi: lo spostamento fa in modo che la molla venga schiacciata verso il basso e compressa; il calcio non è altro il frutto dell'azione esplosiva della molla, un po' come la pallina lanciata all'inizio di una partita, in un vecchio flipper. Le uscite In analogia con gli spostamenti, le uscite rappresentano tutti quei movimenti, grazie ai quali è possibile evitare un attacco avversario. Ovviamente, un'uscita senza contrattacco è un movimento del tutto sterile. È per questo che è efficacissima la tecnica del "rimbalzo", anche e soprattutto sulle uscite; in effetti, mentre uno spostamento lancia all'avversario un input per il quale si prepara ad un attacco, per le uscite il discorso cambia: è l'avversario ad attaccare; lui ci fornirà l'input, con il quale attueremo il nostro contrattacco. Ed è per questo che la tecnica del "rimbalzo" a seguito di un'uscita, darà quella esplosività in più, per la quale è più probabile mettere a segno il punto. Come per gli spostamenti, esiste una varietà enorme di uscite ed è probabile che in un combattimento un atleta, al fine di evitare un attacco o con lo scopo di rendere più proficuo il suo contrattacco, compia un movimento di uscita mai provato in allenamento. Ovviamente, le uscite più proficue sono quelle laterali, cioè quelle che permettono di togliersi dalla visuale dell'avversario. Essa però non mai fine a se stessa: va sempre doppiata con un calcio.

Le parate Benché si consiglia sempre di evitare che l'attacco dell'avversario finisca per colpire braccia e mani, è bene conoscere qualche modalità di parata su un calcio dell'avversario. Esistono delle fasi di combattimento in cui non si riesce ad evitare l'attacco dell'avversario con una semplice uscita. In tale circostanza qual'è l'obiettivo di chi si trova in questa impasse? Ovviamente evitare che l'attacco finisca a punto. Bisognerebbe evitare di mettere le mani in mezzo, dato che un calcio arriva sicuramente con una forza elevata; d'altra parte, però, è necessario evitare che l'attacco arrivi sul corpetto o al viso. Cosa, se non le braccia, possono aiutarci in ciò? È una buona regola tenere sempre le mani chiuse in pugni: non correranno rischi né le dita né i polsi, resi più stabili dalla chiusura delle mani. Gli avambracci, che per regolamento vengono ricoperti dalle protezioni, possono essere utilizzati per parare.

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Arriviamo, quindi, a poter dire di parare, quando non è possibile uscire. Tuttavia, la forza del calcio potrebbe sentirsi nelle braccia. È allora necessario che il nostro braccio assorbi ed attenui tale forza. Come? Un esempio: se il calcio viene dalla nostra sinistra, ovviamente la parata ve effettuata ruotando l'avambraccio sinistro, in modo abbastanza rilassato. Cosa succede se però mi trovo con il sinistro indietro? Il braccio non può reggere l'urto con il calcio, tantopiù che l'impatto anche se sul parabraccio, può ingannare l'arbitro che non ha una visuale del tutto libera. È consigliato, in tale condizioni, invertire la guardia, e proteggersi quindi in una posizione più chiusa.Ma non è tutto. È possibile parare un calcio di media altezza con il proprio stinco. Ciò avviene quando, ad esempio, un nostro attacco è andato a vuoto, facendoci sbilanciare e rendendoci sguarniti al contrattacco dell'avversario. In tale circostanza è abbastanza veloce e proficuo chiudersi alzando lo stinco, ben protetto con il parastinco. Tale movimento può essere effettuato ogni qualvolta vi è la necessità di ristabilire la posizione di guardia, facendo in modo di non aprirsi ulteriormente.

Le distanze di combattimento Il Taekwondo è famoso ed apprezzato proprio per il combattimento alla lunga distanza. Tuttavia, a ben vedere, in un combattimento la distanza tra i due atleti è variabile fino a raggiungere anche il corpo a corpo. Ma, ad un primo approccio, il discorso di distanza può sembrare alquanto teorico; tuttavia è proprio la distanza ad influenzare e ad incidere sull'andamento del match. Occorre, innanzitutto, dire che non esistono misure definite. E come allenare, quindi, la tattica del combattimento al variare di una distanza di cui poco si conosce? Prendendo punti di riferimento strettamente soggettivi. Quali? La misura della propria gamba posteriore, quella cioè che ha un raggio d'azione maggiore. Ciò premesso è facile distinguere 4 distanze di gara. 1. Distanza SUPERIORE al raggio d'azione della gamba posteriore 2. Distanza PARI al raggio d'azione della gamba posteriore 3. Distanza INFERIORE al raggio d'azione della gamba posteriore 4. Distanza del corpo a corpo È inutile ripetere che ad ognuna di tale distanza, si attua un combattimento tatticamente e tecnicamente diverso.

I contrattacchi (anticipi – rimessa) Esistono vari tempi nell'effettuazione di un contrattacco: il contrattacco anticipato; il contrattacco contemporaneo; il contrattacco posticipato. Nella scelta del contrattacco da effettuare molto dipende dalla distanza di combattimento e dal tipo di attacco che si riceve. Nella lunga distanza, non andrò mai ad anticipare il contrattacco, ma bensì potrò utilizzarne uno posticipato, forte dell'input datomi nell'attacco (vedi uscite); d'altra parte, anche un contrattacco contemporaneo può essermi utile, quando l'attacco è lento o è preparato con un lungo spostamento. Nella distanza di combattimento, invece, tutte le fattispecie di contrattacco sono realizzabili, sconsigliando comunque il contrattacco posticipato, perché la corta distanza dà il tempo all'avversario di intuire il contrattacco e prendere le misure. I punti validi Nel combattimento di TKD sono permesse le tecniche di pugno, utilizzando la parte frontale delle dita del pugno chiuso e le tecniche di piede utilizzando qualsiasi parte del piede al di sotto della caviglia. I bersagli validi sono il tronco e il viso. Il tronco, la zona racchiusa in alto da una linea orizzontale passante per la parte superiore delle clavicole e in basso da una linea orizzontale passante per le creste iliache può essere attaccata sia con tecniche di pugno e di piede.

Da questa zona sono escluse le parti posteriori non coperte dalla corazza. Il viso, la parte frontale e laterale (fino alle orecchie) del capo, può essere attaccata solo con tecniche di piede. I punti sono assegnati quando le tecniche permesse sono portate con decisione e forza sulle zone a punto. Il punteggio dell'incontro è dato dalla somma dei punti nei tre rounds. Azioni antisportive ed illegali possono comportare la deduzione o l'annullamento del punto conquistato. Alcune azioni non permesse sono: afferrare, trattenere o spingere l'avversario, colpire al di fuori delle zone permesse (ad esempio pugno al viso o calcio ai genitali), cadere di proposito per evitare contrattacchi, uscire di proposito dal quadrato di gara. Il combattimento può essere vinto ai punti, per K.O. oppure, se si ha punteggio pari, per superiorità, in tal caso è l'arbitro che assegna la vittoria all'atleta più aggressivo. I punti segnati vengono segnalati immediatamente durante l'incontro, ciò rende il combattimento avvincente anche per gli spettatori, che possono seguire con maggiore coinvolgimento la gara.

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