DIRIGENZA MEDICA N. 3/2014

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Da qui al 2023 andranno in pensione circa 58 mila camici bianchi, mentre saranno solo 42 mila i nuovi specialisti arruolati per sostituirli STUDIO ANAAO-ASSOMED SUL TREND OCCUPAZIONALE VI SEMBRAN POCHI... SE 15.000 MEDICI IN MENO d m dirigenza medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED NUMERO 3 - 2014 Dirigenza Medica - Anno XIII - n. 3 - 2014 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma N.11/2006 - www.anaao.it Intervista La sanità greca? In caduta libera a pagina 9 Contributi La mia esperienza in Francia a pagina 10

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La rivista mensile dell'Anaao - Anaao's monthly magazine

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Da qui al 2023andrannoin pensionecirca 58milacamici bianchi,mentre sarannosolo 42milai nuovi specialistiarruolatiper sostituirli

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Una vivace polemica si è sviluppata recentemen-te riguardo la consistente riduzione dei contrattidi specialità per i laureati in Medicina e Chi-rurgia disposta dalMiur. Ancora una volta l’Uni-versità tenta di liquidare il problema della ridu-zione dei contratti di formazione post laurea edinsieme degli accessi alle scuole di Medicina eChirurgia, come responsabilità della sola poli-tica. In realtà fino ad ora i contratti di speciali-tà sono stati distribuiti a pioggia, senza una cor-retta programmazione dei fabbisogni per Re-gione e per disciplina, ma nel solo interesse del-le cattedre, con percorsi formativi deficitari su-gli aspetti professionalizzanti, pure richiesti dal-la normativa, e poco adatti ad unaMedicina incontinua evoluzione. Oggi, pertanto, occorrecominciare a porsi qualche domanda sull’offer-ta formativa dei singoli Atenei, certo molto di-somogenea, se si vuole comprendere perchémolti medici in formazione decidono di ab-bandonare l’Italia e ricercare la difesa della pro-pria dignità umana e professionale in altri Pae-si europei.Non esistendo, al momento, a livello nazionaleuna banca dati unica ed esaustiva contenente leinformazioni anagrafiche, di specialità e di rap-porto di impiego dei medici italiani, per arriva-re ad una seria programmazione e garantire

Da qui al 2023 andranno in pensionecirca 58 mila camici bianchi, mentre sarannosolo 42 mila i nuovi specialisti arruolati persostituirli. È quanto emerge da questo studiodell’Anaao Assomed che ha analizzato curvedi pensionamento, fabbisogni specialisticie numero chiuso per l’accesso alle scuoledi Medicina e Chirurgia

STUDIO ANAAO / La programmazione del fabbisognodi personale medico nel decennio 2014-2023

15mila medicinei prossimi

Carlo PalermoCoordinatore SegretariRegionali Anaao AssomedDomenico MontemurroAnaao GiovaniFabio RagazzoAnaao Giovani

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specialisti in menodieci anni

sbocchi lavorativi è necessario conoscere ed in-tegrare vari registri.Lo studio realizzato elabora le fonti informati-ve presenti nei seguenti registri: Banca datiMiur,Undicesimo rapporto sullo stato del SistemaUniversitario Miur 2011, Annuario StatisticoEnpam 2012, Conto Annuale del Tesoro 2010e 2012 (da adesso in poi Cat), Ced FNOMCeO2012 e 2013, verbali Conferenza Stato Regioni,documento della DirezioneGenerale delle Pro-fessioni Sanitarie e delle RisorseUmane del SSN2012 allo scopo di definire una cornice entro laquale realizzare una programmazione sanitariache consideri curve di pensionamento, borse distudio Miur, fabbisogni specialistici richiestidalle Regioni e numero chiuso per l’accesso al-le scuole di Medicina e Chirurgia.I medici attivi in Italia al 2013, sino all’età di 70anni, sono circa 327.900 (fonte: Ced FNOM-CeO 2013). Il personale medico dipendente delSsn che opera nelle Asl, nelle AziendeOspeda-liere, negli istituti di ricovero e cura pubblici acarattere scientifico e nelle Ares, ammonta acirca 116.000 unità, di cui a tempo indetermi-nato 109.000 unità e con rapporto flessibile7.000 unità (fonte: Conto annuale dello Stato2012); il personalemedico universitario che ope-ra nei policlinici e nelle aziende ospedaliero-

universitarie è pari a circa 11mila unità (fonte:BancaDati Ufficio StatisticoMiur 2012); i me-dici specialistici ambulatoriali convenzionati(con esclusione degli odontoiatri) insieme ad al-tri settori specialistici rappresentano circa15.000 unità (fonte: Annuario Statistico Enpam2012). I calcoli ai fini della programmazione deifabbisogni sono stati effettuati su questi 3 ma-cro aggregati di medici specialisti.Secondo il CAT del 2012, i medici dipendentidel Ssn cessati (escludendo i passaggi ad altreamministrazioni dello stesso comparto o di al-tro comparto, i licenziamenti, i passaggi peresternalizzazioni e le cessazioni non specifica-te) sono risultati pari a 2784 unità (figura 1).La figura 1 mostra una netta riduzione dei pen-sionamenti nel 2011 e nel 2012 dopo il picco avu-to nel 2010. È il primo effetto dello “scalone”previdenziale creato con la riforma “Fornero”che ha spostato in avanti di circa 3-4 anni la pos-sibilità di pensionamento dei nati dopo il 31 di-cembre 1951. La riduzione dei pensionamentidovrebbe continuare fino al 2015/2016, quandoi medici nati dal 1952 in poi incominceranno adacquisire i nuovi criteri di pensionamento: al-meno 62 anni di età e 42 anni e 6 mesi di con-tributi versati ovvero 66 anni e 3mesi per la pen-sione di vecchiaia.

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Figura 1Numero di medicispecialisti cessatidal SSN,suddivisi per anno

Fonte: CAT 2012

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per anzianità (42 anni e 6mesi di contributi ver-sati) entro il 65° anno di età.È ragionevole prospettare che nel decennio2014 2023 l’uscitamedia dal Ssn interesserà cir-ca il 40-45% dell’attuale dotazione, considera-to il trend anagrafico riportato nelle figure 2 (a,b) da cui risulta che circa il 64% dei medici di-pendenti del Ssn ha più di 50 anni. D’altra par-te, vi sono aspetti organizzativi che giocano con-tro la permanenza in servizio, come la bassa pro-babilità di raggiungere posizioni elevate di au-tonomia professionale (solo il 9% dei dirigentimedici diventa direttore di struttura comples-sa), la mancata applicazione delle raccomanda-

La figura 2 (a,b) mostra la distribuzione dei me-dici dipendenti del Ssn (ospedalieri, servizi diprevenzione e territoriali) secondo la rilevazio-ne CAT 2012, suddivisi per fasce d’età anagra-fica; la fascia d’età 65-67 anni (anno di nascitaante ‘49) risulta poco rappresentata essendosirealizzate le condizioni di anzianità pensioni-stica (pre legge “Fornero”) facilitate dai riscat-ti previdenziali degli anni di laurea e dalle pre-coci assunzioni nelle strutture pubbliche in as-senza di obbligo di titolo di specializzazione.L’invecchiamento della popolazione medicacomplessiva regionale e la sua sostenibilità pre-videnziale possono essere analizzate attraversoun modello prospettico. La figura 3 descrive il“trend di invecchiamento” dei contingenti me-dici complessivi nazionali fino al 2023, ipotiz-zando un’invarianza di programmazione edestrapolando quindi la media dei fabbisogni (ri-chieste delle Regioni) espressi negli ultimi 5 an-ni (2007 2013: 8531; fonte: verbali conferenzaStato-Regioni). Appare evidente come nei pros-simi 10 anni il trend dell’età media risulterebbein aumento in 9 Regioni su 20 (Calabria, FriuliVeneziaGiulia, Lombardia,Marche, P.A. Tren-to, Puglia, Sardegna, Toscana, Veneto).Per i medici dipendenti del Ssn il trend pensio-nistico dal 2014 è stato calcolato, su base previ-sionale, per fasce d’età quinquennali, piuttostoche attraverso una stima annuale, resa poco af-fidabile dalla revisione del sistema previdenzia-le e dalla variabilità dei comportamenti indivi-duali a fine carriera. È stato ipotizzato che i me-dici ospedalieri dopo la riforma “Fornero” pos-sano raggiungere i nuovi criteri di quiescenza

zioni contrattuali secondo cui ai medici con piùdi 55 anni di età si sarebbero dovuti evitare i tur-ni di guardia notturna, le difficoltà crescenti digodere delle ferie e perfino dei turni di riposogiornaliero e settimanale previsti dalla legisla-zione nazionale e dalle direttive europee. Nonmeraviglia, quindi, che un medico il quale nonabbia ricevuto sufficienti gratificazioni profes-sionali, costretto dal peggioramento delle con-dizioni lavorative a svolgere turni di guardia not-turni e una gravosa mole di lavoro straordina-rio, in condizioni di elevato rischio professio-nale, all’età di 64-65 anni, o prima se la sua si-tuazione previdenziale lo consente, magari ac-

Figura 2 (a)Distribuzione delnumero di medicidipendenti del Ssn atempo determinato eindeterminato secondole principali fasced’età anagrafica

Fonte: CAT 2012

Figura 3Età anagrafica mediadei contingenti mediciregionali nel 2010-13 e2023, ad invarianza diprogrammazione

Fonte: elaborazioneAnaao Assomed su datiCED FNOMCeO 2013

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cettando le penalizzazioni economiche previ-ste, decida di abbandonare il posto di lavoro.Le osservazioni sopra esposte, consentono dimettere a confronto, per le principali Speciali-tà, i flussi pensionistici nel Ssn nei prossimi 10anni (fonte: CAT 2010, Ced FNOMCeO 2012e Ministero della Salute 2012), con le capacitàformative post laurea (contratti di formazionespecialistica MIUR, ad invarianza di program-mazione) nello stesso decennio (Tabella 1 e Fi-gura 4). Quasi tutte le specialità analizzate su-biranno un deficit che rischia di impoverire laqualità dei servizi offerti dal Ssn.Imedici nati tra il ‘49 e il ‘58, dipendenti del Ssn,hanno giàmaturato omatureranno i criteri pen-sionistici pre o post “Fornero” nell’arco dei pros-simi 10 anni (2014-2023) e costituiranno un nu-mero di cessazioni stimabili in circa 47.200 uni-tà (fasce d’età 55-59, 60-64 anni e oltre), di cuicirca 14.150 nel primo quinquennio e circa 33.050nel secondo quinquennio. Nel quinquennio2024-2028 imedici in possesso dei criteri di quie-scenza dovrebbero essere circa 25.500, con unamedia annuale di 5100 unità. Solamente nel de-

Figura 4Specialitàprincipali del Ssn:pensionamenticonfrontati con icontratti di formazioneMiur ad invarianza diprogrammazione

Fonte: proiezione decennale,2014-2023

Figura 2 (b)Distribuzionepercentuale delnumero di medicidipendenti del Ssn atempo determinato eindeterminato secondole principali fasced’età anagrafica

Fonte: CAT 2012

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Tabella 1Specialità principalidel Ssn:pensionamenti deimedici specialistioperanti nel Ssnconfrontati con icontratti di formazioneMiur ad invarianza diprogrammazione

Fonte: proiezione decennale,2014-2023

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cennio 2029-2038 si registrerà una contrazionedel numero di cessazioni annuali, sostenute dal-le fasce d’età 40-44 anni e 45-49 anni del Cat2012, conmedia annuale di circa 2.800 unità, ri-tornando al livello in essere prima della riforma“Fornero”.In aggiunta alle cessazioni del personale medi-co dipendente, vanno considerate le uscite re-lative al personale medico universitario e spe-cialista ambulatoriale convenzionato. Ancheper queste altre 2 categorie si può stimare untrend prudenziale di cessazioni, nel corso delprossimo decennio (2014-2023).A nostro parere il diverso criterio di pensiona-mento (65 anni per i ricercatori e 70 anni per iprofessori di 1a e 2a fascia) del personale medi-co universitario dovrebbe essere “riassorbito”dall’età media più elevata (61 anni per i profes-sori ordinari che rappresentano il 21% della po-polazione; 55 anni per i professori associati cherappresentano il 29%; 45 anni per i ricercatoriche rappresentano il 50%) portando ad una per-centuale di cessazioni sovrapponibile a quella

dei dipendenti del Ssn (40-45%). Per i medicispecialisti ambulatoriali, nonostante la compo-sizione anagrafica più anziana rispetto a quelladei medici dipendenti (oltre il 70% ha un’etàsuperiore a 50 anni), i nuovi criteri pensionisti-ci (pensione di vecchiaia crescente da 66 a 68anni nei prossimi anni) dovrebbero comporta-re una percentuale di pensionamenti intorno al40%.In sintesi, le uscite del personale medico uni-versitario nel decennio sono stimabili in circa5.000 unità (500 unità per anno), quelle dei me-dici specialisti ambulatoriali in circa 6000 uni-tà (600 unità per anno).La stima complessiva, espressa anche su basemedia annuale, delle cessazioni attese nei pros-simi 3 quinquenni per tutte le categorie di spe-cialisti, operanti nel Ssn, risulta come sotto ri-portato:• quinquennio 2014-2018: circa 19.650 unità,pari a 3930 unità per anno;

• quinquennio 2019-2023: circa 38.550 unità,pari a 7710 unità per anno;

• quinquennio 2024-2028: circa 31.000 uni-tà, pari a 6200 unità per anno.

Pertanto nei prossimi 10 anni (2014-2023) le ces-sazioni complessive (personalemedico Ssn, per-sonale medico universitario, medici specialistiambulatoriali) saranno stimabili in circa 58.200unità, ben al di sopra del numero di contratti diformazione specialistica previsti dall’attuale pro-grammazione (42.700 nel decennio, conside-rando la media degli ultimi 3 anni).Queste criticità, impongono una nuova pro-grammazione sanitaria. Le urgenze da risolve-re, per le implicazioni che hanno su qualità e so-stenibilità del Ssn sono l’imbuto formativo, ri-sultato dal gap tra numero chiuso , ma in cre-scita costante negli ultimi anni, per l’accesso al-le scuole diMedicina e Chirurgia e l’offerta for-mativa post-laurea, sofferente di una variabili-tà tra contratti di formazione specialisticaMIUR, vincolati a risorse economiche in con-trazione, e richieste regionali (figura 5). Senzadimenticare il precariato medico generato siadal blocco del turnover che da riforme pensio-

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Figura 5Confronto trafabbisogni specialistici(richieste regionali),contratti Miur e posti anumero chiuso diMedicina e Chirurgiaper anno accademico

Fonte: atti ministeriali Miur,verbali ConferenzeStato-Regioni

Figura 6Schema e timelinedella nuovaprogrammazionesanitaria per gli anniaccademici 2013/14 -2022/23

Fonte: elaborazioneAnaao Assomed su datiCED FNOMCeO 2013

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nistiche sempre in itinere che spostano in avan-ti l’uscita dal sistema. Entrambi i fenomeni spin-gono le Regioni, a torto o a ragione, ad un erra-to calcolo programmatico dei fabbisogni di per-sonale.Va considerato che i fabbisogni specialisticiespressi dalle Regioni, rappresentando verosi-milmente una stima più aderente alla realtà enonostante le disomogeneità programmatiche,costituiscono il fattore modulabile della pro-grammazione, e quindi l’obiettivo di ogni in-tervento.La sostenibilità previdenziale, il precariato e lacontinuità formativa devono essere quindi labase per una revisione del numero dei posti di

accesso alle scuole diMedicina e Chirurgia, deifabbisogni specialistici (richieste regionali), se-condo una vision prospettica che tenga contodelle cessazioni previsionali dei medici specia-listi nei prossimi 10-15 anni, pur scontando l’in-certezza derivante da diversi modelli di orga-nizzazione del lavoro.La figura 6mostra come le cessazioni attese dal2018/19 al 2027/28 siano determinanti per il cal-colo dei nuovi fabbisogni specialistici per i pros-simi futuri 2 quinquenni (considerando che ladurata media delle specialità è di 5 anni). Nelcalcolo proposto, la distribuzione regionale deinuovi fabbisogni è stata corretta in base alleme-die regionali dei posti a numero chiuso allora

stabiliti per i trienni accademici 2007/8-09/10,e 2011/12-2013/14, rispettivamente. I fabbisogni,sempre intesi come richieste regionali, calcola-ti per gli anni accademici 2018/19 2022/23 con-corrono infine a determinare il numero chiusoper l’accesso alle Scuole di Medicina e Chirur-gia dal 2014; il calcolo ha previsto una maggio-razione stimata del 25% del numero dei fabbi-sogni da cui deriva, in considerazione del tassodi laurea in 6 anni (circa 80-85% degli iscritti),del tasso di abbandono del Corso di Laurea (cir-ca 3-5%), della quota di studenti fuori corso edelle borse per la scuola di Medicina Generale(circa 10%) (Tabelle 2 e 3).La strategia di contenimento della spesa for-

Tabella 2Calcolo dei nuovifabbisogni specialisticiper i prossimi 2quinquenni (2013/14-2022/23) corretti inbase alle medieregionali dei posti anumero chiuso per itrienni accademici2007/08-09/10 e2011/12-2013/14,rispettivamente.

Tabella 3Calcolo dei posti anumero chiuso perl’accesso alle scuole diMedicina e Chirurgiasulla base dei nuovifabbisogni calcolatiper il 2° quinquennioaccademico (il calcolodei posti a numerochiuso ha previsto unamaggiorazione stimatadel 25% del numerocomplessivo deifabbisogni, inconsiderazione deltasso di laurea in 6anni (circa 80-85%),del tasso di abbandonodel CdL (3-5%), dellaquota di studenti fuoricorso e delle borse perla scuola di MedicinaGenerale (10%)

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mativa, fino ad oggi applicata, non appare fon-te di equilibrio e di risparmio reale, soprattut-to se la distribuzione di pochi contratti di for-mazioneMiur viene indirizzata versoAtenei ca-pofila con grandi reti formative, talvolta ancheinter-regionali. Risulta quindi necessario iden-tificare e adottare misure correttive, soprattut-to per le branche specialistiche evidenziate intabella 1, che agiscano in controtendenza allacontrazione complessiva dei contratti propostaoggi dal Ministero.I fabbisogni specialistici (richieste regionali) eil numero chiuso, calcolati attraverso la meto-dologia sopra descritta, sono stati riportati nel-le tabelle 2 e 3 come nuovi previsionali Regioneper Regione. I risultati su scala nazionale sono:• 7750 posti annuali complessivi nazionali (nu-mero chiuso) per l’accesso alle Scuole diMe-dicina e Chirurgia, calcolati per il 1° quin-quennio accademico 2013/14-2017/18;

• 7710 fabbisogni specialistici annuali com-plessivi nazionali, calcolati per il 1° quin-quennio accademico 2013/14-2017/18;

• 6200 fabbisogni specialistici annuali com-plessivi nazionali, calcolati per il 2° quin-quennio accademico 2018/19-2022/23.

L’imbuto che si è creato tra numero annuo dilaureati in medicina, crescente grazie a miopiadelle politiche di accesso ed invasioni del Tar,e posti nelle scuole di specializzazione, in pro-gressiva riduzione a causa della esiguità delle ri-sorse economiche rese disponibili dalla legge distabilità, ha già creato ampie e preoccupanti sac-che di disoccupazione e sottoccupazione me-dica. E’ evidente che “togliendo” e “tagliando”il futuro alle nuove generazioni di medici, e im-pedendo loro un accesso al Ssn, di fatto si vuo-le costringerle a cambiare Paese facendomori-re lo stesso sistema sanitario. A nostro parere,oltre a denunciare l’imbuto formativo, per one-stà intellettuale, si dovrebbe pensare critica-mente ai decreti del Miur che hanno aumenta-to la durata dei percorsi formativi, introdotto ilbonus per chi partecipava al concorso per l’am-missione alle scuole di Medicina e Chirurgia,per poi toglierlo e reintrodurlo, modificando difatto le graduatorie e spingendo chi non era en-trato a ricorrere alle vie legali. La programma-zione non è da intendersi come uno sterile edinsignificante vocabolo, spesso utilizzato e abu-sato dai politici e dai funzionari ministeriali eregionali come scorciatoia per sfuggire ad unadoverosa e corretta allocazione delle risorse chegarantisca al contempo una puntuale definizio-ne dei fabbisogni ed una buona qualità della for-mazione.Se il precariato medico è diventato un’emer-genza sociale, si deve anche rivedere la forma-zione, oggi affidata solo alle Università, ripen-sando gli Ospedali italiani come occasione pro-fessionalizzante per i medici neo-laureati e disviluppo di expertise per i medici a fine specia-

lità. Occorre quindi mettere in discussione lecaratteristiche di un sistema autoreferenzialeche si interpreta e si comporta come privo di li-miti e di obblighi sociali, rendendo sempre piùevidente come l’attuale sistema formativo me-dico post-laurea, che di fatto esclude le com-petenze e le prerogative del Servizio Sanitario,necessiti di un profondo ripensamento e di unvero e proprio cambio di paradigma. Va in que-sta direzione la discussione in merito all’istitu-zione omeno di una graduatoria nazionale nonsolo per l’accesso alle scuole diMedicina e Chi-rurgiama anche per le Scuole di Specialità, e l’in-contro facilitato di formazione universitaria emondo del lavoro.A questo proposito un ipotetico “scenario” di in-contro, potrebbe essere sintetizzato come segue:• 50% della durata della specialità con con-tratto di formazione specialistica in ambitouniversitario;

• 50% in ambiente extra-universitario (scel-ta personale di almeno una sede ospedalieraextra universitaria, ma della rete formativa,in cui turnare, con eventuale possibilità di as-sunzione con contratto di formazione spe-cialistica a carico dei bilanci regionali o azien-dali, anche per l’aspetto contributivo) senzal’obbligo di aver già conseguito il titolo di spe-cialista. Questo permetterebbe anche di li-berare risorse per colmare il gap fabbiso-gni/contratti Miur;

• frequenza finale di 6 mesi nella sede ospe-daliera di preferenza, tra le massimo 3 fre-quentate (praticantato valutato ai fini di unapossibile assunzione post specialità), oppu-re facoltà di svolgere il praticantato presso lastessa sede universitaria, qualora lo specia-lizzando decidesse di concorrere per una bor-sa di dottorato di ricerca;

• abolizione dei dottorati di ricerca senzaborsa.

In conclusione, noi riteniamo che da queste con-siderazioni si possa partire per recuperare unruolo formativo del sistema sanitario pubblico.Tale esigenza non nasce da particolari rivendi-cazioni categoriali, per quanto legittime, madalla consapevolezza del contributo fonda-mentale che il Ssn può dare alla formazionemedica orientando i nuovi professionisti ver-so il “saper fare” e verso quei valori di quali-tà, efficacia, appropriatezza, corretto uso del-le risorse e attenzione al sociale che possonorendere equo e sostenibile il servizio sanita-rio pubblico in un’epoca di risorse economi-che limitate.In concreto, pensiamo che aumentare il nu-mero degli studenti iscritti al corso di laureainMedicina non risolva il problema della pros-sima mancanza di Medici specialisti perché iprimi risultati si vedrebbero solo dopo 10-11anni. Inoltre si rischia di ripetere, nel lungoperiodo, il fenomeno della pletora medica.La strozzatura è data dall’imposizione deltitolo di specializzazione come requisito diaccesso al sistema. Occorre, pertanto, anti-cipare l’incontro tra il mondo della forma-zione e quello del lavoro, oggi estranei l’unoall’altro, animati da conflittualità latenti omanifeste e contenziosi infiniti, consen-tendo ai giovani medici di raggiungere ilmassimo della tutela previdenziale ed al si-stema sanitario di utilizzare le energie piùfresche. La soluzione consiste nella trasfor-mazione del contratto di formazione-lavo-ro in contratto a tempo determinato cononeri previdenziali ed accessori a carico del-le Regioni e nel conseguente inserimentodei giovani medici nella rete formativa re-gionale. Recuperare il ruolo professionaliz-zante degli Ospedali rappresenta la stradamaestra per garantire insieme il futuro dei gio-vani medici e quello dei sistemi sanitari.

-15milaspecialist

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A quattro anni dai primi interventi dellaTrojka eu-ropea (Fmi,Ue eBce) per ripianare il deficit del-lo Stato ellenico, la mannaia dei tagli continua amietere vittime. L’ultimo atto, alla fine di feb-braio, ha avuto come obiettivo la rete statale de-gli ambulatori specialistici del paese (l’Eopyy, os-sia l’Ente nazionale per la prestazione dei servi-zi sanitari). Un ennesimo giro di vite che ha pro-vocato le reazioni deimedici greci (alcuni dei qua-li si sono rifiutati di consegnare gli edifici pub-blici che ospitano i poliambulatori del serviziosanitario pubblico), ed anche le immediate ri-torsioni del Governo che, al grido di chi rompepaga, haminacciato sanzioni a carico dei camicibianchi per eventuali danni a strutture e mac-chinari. Un atto che potrebbe rendere l'accessodei pazienti all'assistenza sanitaria di base sem-pre più difficile, soprattutto considerando chemolte strutture potrebbero essere chiuse.Un en-nesimo colpo basso alla sanità greca che va ad ag-giungersi a una lunga lista di fendenti che ha pro-vocato un impoverimento della sanità pubblica:gli ospedali sono sottofinanziati, in grado di sup-portare solo le operazioni di prima necessità afronte di carenze significative di materiali, ciboe medicine. A questo si aggiungono una smisu-rata contrazione dei redditi e una preoccupantecarenza di personale (oltre 15mila medici an-dranno in pensione e non saranno sostituiti), edanche l’abolizione delle guardie notturne negliospedali.Il presidente della Federazione deimedici ospe-dalieri della Grecia (Oenge), Dimitris Barnabaparla di “fallimento totale della prima rete di as-sistenza del Ssn” e di tentativi di nascondere que-sto fallimento, prima delle elezioni, per dare lasensazione che i problemi sono risolti.E così le proteste deimedicimontano sempre dipiù. Il mese di aprile si preannuncia caldissimo:l’ 11 aprile, i medici degli ospedali di tutto il pae-se hanno incrociato le braccia. E questa è solo laprima di un’ennesima lunga serie di proteste checulminerà in un nuovo sciopero generale di tut-to il mondo sanitario.Soprattutto cresce, tra le associazioni sindacalidi categoria, il “ragionevole sospetto”, così lo han-no definito in una nota, chemolte funzioni del-la sanità pubblica vengano assegnate a societàprivate. Con tutte le conseguenze negative chequesto comporterà per la qualità e la sicurezza

dei servizi e dei relativi costi a carico dei pazienti.Insomma, uno scenario che in questa intervistail dottorKristosPapafrangos, direttore in un cen-tro di cure primarie, non esita a definire “tragi-co”. E lo ripete più e più volte.Dottor Papafrangos, le notizie che arrivanodalla Grecia sono sempre più preoccupanti.Com’è la situazione?Tragica. Fino al 2009 la situazione era sotto con-trollo, ma da quando la trojka ha imposto al go-verno greco di fare sostanziosi tagli nel settorepubblico è iniziato il declino. I primi a essere col-piti sono stati i nostri stipendi: ho la qualifica diDirettore (in Grecia non ci sono differenze tramedici del territorio e medici ospedalieri, dalpunto di vista contrattuale siamo equiparati), nel2009 guadagnavo circa 4mila euro netti, ora ar-rivo a 1.600 euro al mese. Poi sono arrivati i ta-gli negli ospedali. Nelle strutture scarseggiano imateriali di prima necessità, cibo e medicine.Praticamente le strutture rimangono in piedi gra-zie al nostro contributo.Questa situazione è omogenea in tutto ilPaese?Sì la situazione di crisi è ovunque. Tutte le strut-ture, sia i centri di cure primarie sia i grandi ospe-dali, sono in ginocchio. Non è raro vedere i pa-renti dei pazienti costretti a portare i farmaci ne-gli ospedali. Un’esperienza che ho vissuto sullamia pelle: ho dovuto portare le siringhe da casamia per poter assistere un parente ricoverato, edanche l’insulina perché era impossibile averla inospedale. E non ci sono privilegi, se dovessi es-sere ricoverato in ospedale non riceverei un trat-tamento più favorevole nonostante le mia pro-fessione.Ogni giorno l’Oenge, l’organizzazione deimedi-ci ospedalieri, che comprende anche noi medi-

ci dei centri di cure primarie, denuncia questagrave situazione, ma la nostra voce rimane ina-scoltata. A dominare sono solo i diktat dellaTrojka.E la sanità privata?Stanno nascendo molti centri gestiti da privatiche dispensano ricette a prezzi contenuti.Recentemente l’organizzazione deimedici ospe-dalieri ha denunciato il caso di chirurghi privatiche hanno usato le strutture pubbliche per ope-rare a pagamento.Un’anomalia nel nostro siste-ma che vieta categoricamente ogni sorta di par-tecipazione privata in ospedale pubblico, e sullaquale sta indagando la magistratura. Soprattut-to le lunghe liste d’attesa nelle strutture pubbli-che fanno sì che le persone si rivolgono al priva-to per avere le cure. Almeno quelli che possonoancora permetterselo. Pensiamo che negli ospe-dali si aspetta più di unmese emezzo per la che-mioterapia. Diventa quindi inevitabile rivolger-si al privato dove tutto è più rapido.Lei ritiene che ci sia quindi la volontà di de-volvere la sanità verso il privato?È così. Credo che ci sia un disegno che va pro-prio in questa direzione.Lenotizie che arrivano in Italia ci dicono chemolti farmaci non sono disponibili e anchequelli che sono reperibili non si trovano intutte le farmacie del Paese. Com’è lo scena-rio?Il problema dei farmaci sta diventando esplosi-vo. Fino a un anno fa il sistema copriva una par-te dei farmaci “griffati”. Ora non possiamo piùprescriverli, il sistema rimborsa solo il farmacogenerico al prezzo più basso. Questa è una limi-tazione al diritto dei pazienti a poter scegliere li-beramente il farmaco senza doverlo pagare di ta-sca propria.

La sanità greca?In caduta libera

Intervista a Kristos Papafrangos

Gli ospedali pubblici sono allo stremo, mancano personale,materiali, cibo e medicine. E l’assistenza sul territoriopeggiora di giorno in giorno. In cinque anni i medici hannosubito un taglio dei due terzi dei loro stipendi. Le protestedei medici sono ormai all’ordine del giorno. Ne abbiamoparlato con il dottor Kristos Papafrangos, direttore in uncentro di cure primarie

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Gaia Gianola,Specializzanda inOstetricia e Ginecologia,IV anno Università degliStudi di Genova

La mia avventura inizia circa quattromesi fa, quan-do mi sono trasferita in un altro Stato, in un'al-tra città, in un altro ospedale, geograficamentenon molto distante e che non credevo, invece,così lontano ideologicamente.L’impatto è stato strano, subito ti accorgi chel’essere straniero e donna qui non conta, devi sa-per lavorare e darti da fare come tutti per tro-vare il tuo spazio e farti valere: non hai scuse néattenuanti, sei come gli altri, mentre provieni daantichi retaggi che ormai non avrebbero più ra-gione di esistere, in cui ancora l’essere donna ostraniero può essere un handicap.Gli specializzandi di Ginecologia e Ostetriciafanno dieci semestri di formazione, ogni seime-si cambiano mansioni e spesso anche ospedale,tutto viene organizzato in base alla posizionenella graduatoria nazionale, il loro piazzamentodetermina tutto il loro futuro. Infatti, gli spe-cializzandi meglio ‘classificati’ non solo scelgo-no la specialità alla quale possono iscriversi, maanche gli ospedali più prestigiosi nei quali for-marsi: è per questa ragione per cui, dovemi tro-vo io, arrivano solo quelli più preparati e deter-minati, i ‘migliori’.Descrivere l’organizzazione della scuola di spe-cialità francese non è per niente facile, perchéognuno degli specializzandi ha un suo percorso,ognuno si costruisce la sua carriera e sviluppa lesue attitudini e preferenze.Inserirsi, certo non è immediato… Le differen-ze sono molte e non si possono ignorare.A partire dalla struttura ospedaliera nuova, ric-ca, con molte risorse, ma in cui tutti gli opera-tori fanno economia, nessuno spreca niente,grande è il senso civico e il rispetto per la ‘cosadi tutti’, quella che per molti di noi Italiani in-vece è la ‘cosa di nessuno’: questo non può pas-sare inosservato.

La giornata inizia alle 8,meglio alle 8meno qual-che minuto, tutti presenti e già in tenuta da la-voro, allo staff. Tutti, ma proprio tutti, prima-rio, ginecologi, pediatri, ostetriche, specializ-zandi, allieve ostetriche, studenti, chiunque la-vori nell’Unità Operativa è ben accetto. Riuni-ti in rigoroso silenzio si assiste alla presentazio-ne dei dossier delle donne che hanno partoritonelle 24 ore precedenti e si proiettano i traccia-ti CTG inmodo da seguire i ragionamenti sullescelte emodalità di espletamento del parto, poisi discute dei casi ricoverati, delle donne in tra-vaglio, e infine i pediatri forniscono un direttoriscontro sull’outcome neonatale.Il confronto porta a una decisione, indiscutibi-le, e le idee sono chiare.Alla donne non viene mai fornito un parere di-scordante, le risposte di tutti gli operatori sonounivoche, non esiste confusione. Quando unapaziente entra in un reparto così organizzato, achiunque chieda informazioni, otterrà semprela stessa risposta. Questa ‘voce comune’ é mol-to rassicurante e le donne si affidano completa-mente alle cure, e nella maggior parte dei casi sirealizza una totale compliance da parte loro. Ècosì che nel giro di pochissimo ti ritrovi immersoin questa nuova realtà e ne resti travolto, forseanche perché in ospedale tutti lavorano a tem-po pieno con una media di 10 ore al giorno.Ai medici, che rappresentano l’eccellenza, vie-ne riconosciuta la loro professionalità e la lorodedizione con una retribuzione che gli permet-te di non aver bisogno di fare altro per guada-gnare. Comunque, dallo studente di medicinache fa tirocinio agli specializzandi, agli altri me-dici e al primario, nessuno va a casa prima delle18.30, e in questomodo realmente la continuitàassistenziale è garantita.Il lavoro è a tempo pieno, ad un ritmo apparen-

La mia “avventura” in Francia

“Vous n’avez pas besoin de maitriser une langue, Madame, pour fairecomprendre que vous aimez votre metier et vous faire exprimer confiance”“Non Le serve conoscere perfettamente una lingua, Dottoressa, per farcapire che ama il suo lavoro e per farle esprimere fiducia”

In un altro Stato, in un’in un altro ospedale

temente rilassato, non caotico o freneticoma inun susseguirsi di giornate infinite (le guardie perstrutturati e specializzandi sono di 24 ore… midicono che poi ci si abitua… io sono ancora nel-la fase che verso le 3 delmattino, dopo 19 oremiaggiro comeuno zombie), e comunque si va avan-ti e si lavora continuamente, scrupolosamente,

devi essere sempremoltometicoloso, perché inMedicina, le risposte spesso te le devi cercare...Quando sei di guardia c’è il pronto soccorso cheincombe, ci si divide tra la sala parto e le visitein urgenza.Spesso le donne in stato di gravidanza si spa-ventano e hanno bisogno di essere tranquilliz-zate sullo stato di benessere della loro creatura,ma, a volte, l’Ostetricia ti tende una delle suetrappole... Parte il ‘codice rosso’: qui questo si-gnifica che in 15 minuti quel bambino deve na-scere, ovunque si trovino imedici, le ostetriche,la sala operatoria e la donna... La scarica di adre-nalina arriva come una secchiata di acqua geli-da, non ti farà dormire il giorno dopo,ma il pen-siero di aver salvato una vita ed evitato una tra-gedia é il motore della passione per questo la-voro... Devo dire che, in questo, siamo bravi an-che noi italiani e quando c’é bisogno siamo ve-loci e pronti.Gli specializzandi e le ostetriche seguono le don-ne con gravidanze fisiologiche e gli strutturatiquelle patologiche. Gli specializzandi e le oste-triche abilitate eseguono le ecografie del primoe del terzo trimestre, quella del secondo trime-stre - per noi l’ecografiamorfologica - viene ese-guita da uno degli strutturati che si occupano didiagnosi prenatale, inmodo che, se venissero ri-scontrate patologie fetali, la donna possa esse-re monitorata a seconda della necessità, e chepossano essere organizzate tutte le consulenzenecessarie per il nascituro.In questa rete di visite e consulenze, l’interru-zione di gravidanza è solo una minuscola for-malità nella complessità di una gestione clinicaa tutto tondo, che qui viene chiamata di ‘ac-compagnamento’.Accompagnamento alla nascita, a quella di unbimbo che subirà un intervento a breve, di unbimbo che dovrà lottare per sopravvivere, ac-

compagnamento alla scelta di interrompere lagravidanza. Alla sera quindi, torno a casa entu-siasta per le cose viste, imparate, e con un baga-glio sempre più ricco,ma con un po’ di amaro inbocca, delusa dal mondo da cui provengo, delu-sa di aver riposto tempo e fatica in pezzi di car-ta, in burocrazia inutile che sicuramente nonmihanno insegnato con questo approccio clinicoe formativo la professione, e con domande cheti riempiono la testa : ‘perche noi no? ‘E anche arrabbiata… dopo gli anni di specialitàqui si fanno due anni come ‘assistance’, e le due‘assistance’ sono due ragazze, più giovani di me,ma a vederle lavorare sembra che abbiano unaesperienza secolare e la sicurezza di insegnare anoi specializzandi tutto. Infatti, qui tutto vieneeseguito a 4 mani, le due dello strutturato gui-dano quelle dello specializzando fino a quandonon possano essere lasciate andare avanti da so-le. Non esiste niente che lo specializzando nonpossa fare insieme a un responsabile.E quindi, specializzandi al terzo trimestre fan-no forcipi, ventose, cerchiaggi e tutti i cesarei,anche quelli più complicati, ed é cosi che impa-rano giorno dopo giorno.‘Perché noi no? Perché a noi resta da scrivere lacartella clinica o il referto di un intervento chi-rurgico nel quale la nostra partecipazione è sta-ta assolutamente marginale?’‘Perché anche noi specializzandi italiani non pos-siamo essere ‘cresciuti’ professionalmente cosi?‘Perché noi non possiamo imparare dai nostrimaestri una professione in cui la trasmissionediretta dell’esperienza è indispensabile?’Non ho una risposta a queste domande ma miresta lo sconforto di pensare di aver imparato dimeno e di non essermi trasferita prima…con laferma consapevolezza che nella mia cara Italia,le troppe denunce e le tante polemiche non cirenderanno medici migliori, ma solo meno ca-paci e più timorosi, perché prudenti, e non perpaura di finire in tribunale, ma per la salute del-le nostre pazienti, lo siamo già...E alla fine, quindi, quella frase di quella donnache ti guarda negli occhi, ti fa capire di essereancora in tempo a imparare, e così…ci si alza ognimattina con l’entusiasmo di un neofita e si ri-parte nella speranza di ‘crescere’ ancora, giornodopo giorno.

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altra città,

L’abbiamo accompagnata nella sceltadella sede europea dove, pur avendoforti legami familiari qui, volevaassolutamente finire la suaesperienza di ginecologa informazione. Ha scelto la Franciaperché ne conosceva meglio lalingua, e quella città, Lione,quell’Ospedale, perché un altrocollega ci era già andato. Se sifermerà lì, come la normativaprevede, per un anno, ha già lasciatoalle spalle quattro anni di formazione.In cui ha imparato molto rispetto aquanto si imparava solo alcuni anni

fa, e rispetto a quanto oggi si imparamediamente in una Scuola diSpecializzazione italiana. Inparticolare da specializzanda haavuto modo di esercitare in libertà,con competenza crescente, un aiutoalle donne alle prese con i problemidella 194, perseguendo già in ambitoospedaliero quella continuità nellaprevenzione e sostegno cosìrichiesta ai ginecologi. Eppure. Quelloche può sembrare un incondizionatopeana per il modello d’oltralpe non èun j’accuse contro il nostro sistemaformativo tout court: è piuttosto la

tangibile soddisfazione di bisogni cheognuno di noi almeno una volta nellasua vita ha desiderato per sé, e chenon costerebbe niente soddisfare daparte dei formatori. “Riusciremoinfine a superare la solitudinedell’apprendimento e dellamaturazione della/nella professione,dialogando con i formatori su dovestiamo andando in questo comunenavigare in acque non nostre, dalquale alla lunga nessuno potrà tirarsifuori, perché, per dirla con don Milani”o si sorte tutti insieme o non sisorte?”, dicevamo all’inizio di questa

rubrica. L’abbiamo cercata apposta,nella solitudine dell’apprendimentoprofessionale, Gaia, una delle tantegiovani donne che curano, non perfarla sparlare di quello che abbiamo,ma per farle raccontare, daapprendista, della passione delproprio lavoro, di quello che manca alei (e a noi), e per farci suggerire “sulcampo” quello che si potrebbe faretutti insieme per soddisfare i bisogniformativi del nostro “capitale umano”.Sandra MoranoGinecologa RicercatriceUniversità degli Studi Genova

IL RACCONTO DI GAIA PER CAPIRE COSA MANCA “QUI”

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La lettera

La risposta

Nei miei giochi di bambino desideravoaiutare gli altri, facendo finta di cu-rarli, poi questo impulso è cresciu-to con me, l’ho coccolato, lo ho in-teriorizzato in un’età più matura, ealla fine è diventato la mia ragionedi vita e ilmio lavoro dopo la laurea.Credo che, per tutti noi, che faccia-moquestomestiere, l’aiutare il pros-simo è la spinta che ci fa alzare lamattina, andare a lavorare senzaguardare l’ora e che ci permette disuperare i tanti sacrifici ai quali sia-mo chiamati nel quotidiano. Pur-troppo però oramai da alcuni anni,la nostra professione e noi profes-sionisti siamo sempre meno ap-prezzati, forse troppo invidiati (mol-ta gente è ancora convinta che sia-mo ricchi, molto ricchi), e soprat-tutto dalla politica siamo conside-rati “umuru vasciu” (il muro basso),il capo espiatorio di colpe non no-stre, vedi spesa pubblica alle stelle.Per cui tagli alla sanità più o menovelati; anche lamancanza di ulterioricontributi rappresenta o no un ta-glio al Ssn? Ovviamente si, lo è.Mala situazione più umiliante e terri-bile, non è neanche quella di lavora-re in condizioni estreme con poco

personale, con turni di lavoro al li-mite della sopportazione, ma il fat-to di essere considerati comedei de-linquenti quando arriva un sinistro,perché prima o poi, lavorando suipazienti, arriva. Purtroppo arriva co-me unmacigno sulla vita nostra e suquella dei nostri familiari, che nonhanno neanche scelto la nostra pro-fessione,ma sono vittima anche lo-ro di qualche avvocato rampante incerca di notorietà e di qualche con-sulente, alle volte poco preparatoche spera di arrotondare lo stipen-dio, in periodo di crisi.Ma la colpa,purtroppo è anche nostra, perchénon siamomai stati capaci di difen-derci, abbiamo sempre mostrato ilnostro lato buono, o forse il lato de-bole, minacciando, facendo anchedelle manifestazioni, scioperando,mamai digrignando i denti emai lot-tando con la bava alla bocca. Ora-mai è guerra totale, siamo sotto unassedio mediatico senza preceden-ti. I giornali aprono con i titoloni incaso di sospetta malpractice, scri-vendo e raccontando la LORO ve-rità, e sottacendo dopo, i fatti reali,magari quando quegli eventi avver-si si dimostrano non avere niente di

malpractice. Io mi chiedo, adesso,ma cosa stiamo aspettando ancora,prima di mettere su i guantoni, inquesto match di box?Abbiamo nelle nostre mani un po-tere straordinario,ma non lo abbia-mo mai sfruttato a nostro vantag-gio, forse perché, nella nostra “for-ma mentis”, anteponiamo sempregli altri alle nostre esigenze. Cer-cherò di essere più chiaro. La sani-tà siamo noi, le nostrementi, le no-stre mani, se noi ci fermassimo perun solo istante tutti insieme sareb-be il collasso del Ssn. Immaginiamosolo per un istante che per 30 lun-ghissimi minuti tutti i camici bian-chi che operano nel Ssn incrocias-sero le braccia, cosa accadrebbe?Cisarebbeonoun caos?Qualcuno cer-tamentemorirebbe,ma in guerra levittime, purtroppo ci sono;ma per-ché ci sarebbero imorti? Perchénonpassa giorno che negli ospedali ita-liani questi medici italioti salvanovite umane, non uccidono, ma sal-vano vite, ma nessuno ci fa oramaicaso. Tutto viene considerato rou-tine e solo il sinistro, invece èmeri-tevole di attenzione. Allora cosapossiamo fare, per salvarci da que-

sta guerra impari?• Proclamare uno sciopero di 24ore, tutte le sigle sindacali medi-che, senza garantire le urgenze(ovviamente èunaprovocazione);ci precettassero tutti, ci sbattes-sero in galera, ma da quel giornoognuno si curerebbe da sé.

• Organizzare una lista di tutti gliavvocati che procedono, ingiu-stamente, contro un singolo col-lega, e rifiutare loro, successiva-mente, le cure mediche in tuttigli ospedali italiani.

• Pretendere dall’ordine deimedi-ci l’immediata espulsione dei col-leghi periti, quando scrivono, nel-le loro perizie, fandonie eviden-ti e dimostrabili.

• Pretendere un nuovo status giu-ridico dei medici, come avvieneper i magistrati.

E in ultimo e non meno importan-te: pretendere che, come avviene intutti i paesi almondo, tranne in Ita-lia, Polonia eMessico, gli eventualierrori medici, tranne il dolo, sianovalutati in base al codice civile e nonda quello penale.Carlo FontanaIscritto Anaao-Assomed

Credo che tu sia stato capace di rispec-chiare in poche frasi le condizioni dellanostra vita professionale comuni ad unaintera categoria, proponendo una rap-presentazione fedele di episodi quoti-diani dove i valori professionali si con-frontano/scontrano con una lunga se-quela di difficoltà di ordine organizzati-vo, amministrativo e non ultimo di ruolosociale, che affondano il nostro lavoro inuna palude da dove sembra difficile tro-vare una via di uscita. Siamo, insieme aipazienti, le vittime di provvedimenti cheper il primario ed unico obbiettivo del“raggiungimento dell’equilibrio econo-mico-finanziario” calpestano qualità e si-curezza delle cure e travolgono i dirittidei cittadini ed i diritti di una professio-ne per sua natura autonoma e liberale.A questo stato delle cose abbiamo rea-gito, certo che lo abbiamo fatto. Abbia-mo contestato ogni giorno la politica deitagli lineari ed i vuoti organizzativi da

queste politiche prodotte. Abbiamo de-nunciato le carenze organizzative ed i ri-tardi di ordine programmatico e politicoche hanno provocato nelle reti assi-stenziali voragini dove sono stati in-ghiottiti per primo il sistema di emer-genza-urgenza e poi a seguire gli startipiù deboli della popolazione, gli anziani,i malati cronici. Abbiamo portato le no-stre istanze nelle Commissioni parla-mentari dove si decidevano le leggi pu-nitive e nelle piazze dove abbiamo ma-nifestato in decina di migliaia. Abbiamomobilitato le nostre forze in manifesta-zioni, sit-in e scioperi generali pur co-stretti in una griglia di obblighi che re-golano i conflitti nei servizi pubblici es-senziali e dai quali è reato sottrarsi.Hai ragione, però. Avremmo dovuto rac-cogliere di più dai nostri sforzi e meri-tato più rassicuranti successi. Non in-tendo nascondere responsabilità che pu-re ci sono state ma potevamo contare

Cara Anaao, cosa aspetti a mettere i guantoniper difendere la nostra professione?

solo sulle nostre forze, contro un bloc-co di poteri mediatici, di interessi con-solidati ed antichi (vedi l’università) diistituzioni ostili (vedi le Regioni). Eppu-re siamo rimasti attivi e vivi e ancora og-gi non abbiamo nessuna intenzione diabdicare al nostro ruolo e tradire i nostridoveri. Siamo presenti sul fronte dellaresponsabilità professionale e delle as-sicurazioni, materia per le quali è statapresentata sotto la spinta delle nostrebattaglie una proposta legislativa che èun primo tentativo di distinguere il pro-filo civile da quello penale. Abbiamo pre-sente la criticità del nostro ruolo nel pub-blico impiego, dove la specificità delladirigenza medica e sanitaria è negata atutto vantaggio di una assimilazione in-naturale con gli altri profili dirigenzialidello stato, che nulla hanno in comunecon il nostro lavoro. Sarà questo uno deitemi centrali del nostro prossimo Con-gresso Nazionale del 17 giugno e alla fi-

ne troveremo il modo per salvaguarda-re le prerogative della nostra professio-ne. Conosciamo le dure condizioni di chilavora negli ospedali come se fosseropostazioni di una industria manifatturie-ra e di chi lavora nei servizi territoriali,isolato senza raccordi strutturali ed or-ganizzativi di un sistema a reti che retinon ha. Ed anche per questo abbiamoavanzato in ogni luogo istituzionale ri-chieste e consegnate proposte risoluti-ve. Terremo in grande considerazione ituoi suggerimenti ed anche le tue criti-che. Perfezioneremo i nostri strumentidi lotta e moltiplicheremo se necessa-rio il nostro impegno, senza arretrare,senza resa, nella convinzione che se vie-ne meno il nostro sindacato cade anchel’ultimo baluardo di resistenza controogni forma di sopruso e ogni violazionedei diritti.Domenico IscaroPresidente Anaao Assomed

Caro Collega, non sono i guantoni cherestituiranno dignità alla nostra professione

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muovere questo ostacolo che trattiene in servi-zio, inmodo discriminatorio, soggetti che spes-so avevano già programmato l’uscita dal lavoroe in particolare soggetti che avendo iniziato l’at-tività lavorativa non giovanissimi rischiano ditrascinarsi fino a 67 anni. Anche questo non sa-rebbe un prepensionamento, ma solo un’equaarmonizzazione dell’età pensionabile superan-do una discriminazione.Del resto la riforma Fornero ha nuovamente in-trodotto una diversificazione tra uomini e don-ne per quanto riguarda la pensione anticipataraggiungibile nel 2014 con 41 anni e 6 mesi perle donne e con 42 anni e 6 mesi per gli uomini.Tale determinazione è già oggetto di procedu-ra di infrazione da parte della comunità euro-pea. Viene spontaneo domandarsi come inten-de porvi rimedio il governo: allungando di unanno il requisito per le donne o come sarebbepiù ragionevole riducendo di un anno la contri-buzione necessaria per gli uomini?Del resto a regime l’anticipo di un anno ha co-sti molto limitati.Immaginiamo un dirigente di 62 anni che conun salario di 80.000 euro lordi matura una pen-sione di 64.000 euro lordi. Se questo dirigenteresta in servizio un anno in più, la sua pensionesi incrementerà di circa 1300 euro lordi e il co-sto complessivo per lo Stato, considerandol’aspettativa di vita, aumenterà di circa 28.000euro lordi. Certamente è cosa diversa l’esborsoimmediato di 64.000 euro rispetto ad un recu-pero nei 20 anni successivi. Tuttavia se si con-sidera il recupero fiscale, data l’elevata tassa-zione, nonché il fatto che un nuovo assuntocomporta un onere minore, si comprende co-me il costo per il rinnovamento della P.A. nonè eccessivo e determina con un investimentoimmediato un risparmio nel tempo che va va-lutato. Infine il recente bando per i pensiona-menti con le regole pre-Fornero per i titolari dipermessi di cui alla legge 104 limitato a 2500soggetti, ma illimitato per alcune categorie, hacreato ulteriori sperequazioni.In sintesi prima di parlare di prepensionamen-ti si rimuovino da subito le penalizzazioni cheritardano l’uscita ordinaria dei dipendenti pub-blici.È una questione di credibilità e di equità. Se iprepensionamenti si possono fare, per coeren-za si faccia ciò che si deve fare. Subito.

Il continuo parlare di prepensionamenti nel set-tore pubblico rinforza nell’opinione pubblical’idea che gli “statali” vadano in pensione primadei lavoratori dipendenti e autonomi.Scrivo “statali” tra virgolette poiché quasi lame-tà dei 3.300.000 dipendenti pubblici non sonodipendenti dello Stato, ma dipendenti degli en-ti locali (Comuni, Province e Regioni) o di am-ministrazioni governate dalle Regioni (in viaesclusiva per quanto riguarda il servizio sanita-rio nazionale o in parte per quanto riguarda ilsistema scolastico). Persiste la caricatura del di-pendente pubblico baby pensionato. Viene ri-cordato il pensionamento famigerato con 14 an-ni 6 mesi e 1 giorno, soppresso ormai 22 anni fa(correva l’anno 1992). In realtà quei baby pen-sionati, ormai almeno attempati, producono uncosto di 200milioni di euro all’anno, dato assainoto ai commentatori. Passa invece inosserva-to il buco di 5 miliardi annui delle gestioni di la-voratori autonomi che negli anni hanno versa-to contributi risibili su di una base imponibileridotta, non di rado, dall’evasione fiscale.È pur vero che per i militari e il comparto sicu-rezza l’età pensionabile è anticipata, come è sta-to confermato di recente.Così come è vero che in caso di esubero nellepubbliche amministrazioni è possibile il pen-sionamento con le regole pre-Fornero che com-porta peraltro la cancellazione dei posti nelledotazioni organiche. Fatte queste eccezioni larealtà è ben diversa e sorprendente. Ordinaria-mente le donne che lavorano nel settore priva-to accedono alla pensione di vecchiaia nel 2014a 63 anni e 6 mesi, le lavoratrici autonome a 64anni e 6 mesi, mentre le donne dipendenti del-la P.A. vi accedono a 66 anni e 3mesi. Altro cheprepensionamento, si tratta di un vero e pro-prio pensionamento posticipato. Solo nel 2018

le lavoratrici private e autonome raggiungeran-no l’età pensionabile delle dipendenti della pub-blica amministrazione. Tale divario venne spie-gato con la necessità di adeguare l’età pensio-nabile delle donne con quella degli uomini susollecito delle direttive europee. In realtà si ècreata una doppia discriminazione: quella trauomini e donne del settore privato e autonomoe quella tra le donne della P.A. e le restanti la-voratrici, con buona pace delle normative eu-ropee. Sul pianomediatico la lavoratrice del set-tore pubblico è vista come un’impiegata dedi-ta a lavoro ben tollerabile con l’età a differenzadelle lavoratrici del settore privato. Con questageneralizzazione si assiste al fatto che un’infer-miera o una dottoressa impegnate in pronto soc-corso, rianimazione con turni usuranti nottur-ni e festivi deve andare in pensione tre anni do-po rispetto ad un’impiegata del settore banca-rio o assicurativo. Non basta. Esiste l’articolo24 comma 15 bis della “riforma Fornero” (dl201/2011) che consente solo ai dipendenti pri-vati la pensione a 64 anni per la classe 1952 e pre-cedenti con 35 anni di contribuzione (20 per ledonne) o quota 96 entro il 2012.Su questa esclusione dei dipendenti della P.A.si attende il pronunciamento della Corte Co-stituzionale, ma farebbe bene il Governo, co-me dalla Cosmed più volte sollecitato, a ri-

PREVIDENZAGiorgio Cavallero

Vicesegretario nazionale Anaao-Assomed

I paradossidell’età pensionabile

Mentre si parla diprepensionamenti moltidipendenti pubblici sonocostretti per legge ad andarein pensione dopoi dipendenti privati

14 Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 3/2014

grafica minima richiesta dalla legge per matu-rare il diritto alla pensione di vecchiaia, attual-mente 66 anni e 3 mesi fino a tutto il 2015.Tenuto conto che, secondo la nota operativadell’Inpdap 22.12.2010 n. 56, nella locuzione “ser-vizio effettivo”, di cui all’art. 22 legge 183/2010,rientra non solo l’attività prestata come diri-gentemedico a favore del Servizio sanitario na-zionale, bensì anche i servizi ricongiunti ai sen-si della legge n. 29 del 1979, ossia tutte le attivi-tà lavorative prestate a favore di datori di lavo-ro pubblici e privati, è già attualmente possibi-le che, in alcuni rari casi, raggiunti i 40 anni diservizio, non si sia ancora maturata l’età ana-grafica richiesta per il pensionamento di vec-chiaia (come nel caso su cui il Tribunale di Ro-ma si è pronunciato, in cui il dirigente medicoal raggiungimento dei 40 anni di servizio, ave-va ancora compiuto 66 anni).Tale evenienza si proporrà con maggiore fre-quenza in futuro in conseguenza del progressi-vo incremento dell’età anagrafica per la pen-sione di vecchiaia in proporzione all’aumentodella speranza di vita, sempre secondo le previ-sioni dettate dall’art. 24 del d.l. 201/2011.Ma l’ordinanza in esame fornisce un ulterioreinteressante spunto, laddove consente che il li-mite ordinamentale di collocamento in quie-scenza possa essere superato anche per il “trat-tenimento in servizio”: il che equivale ad affer-mare che il collocamento a riposo del dirigentemedico al raggiungimento del quarantesimo an-no di servizio costituisce unamera facoltà e nonun obbligo a carico delle Amministrazioni, lequali possono acconsentire alla prosecuzionedel rapporto sino al settantesimo anno di età,vale a dire il limite massimo previsto dall’art. 22legge 183/2010.

Una recente ordinanza del Tribunale di Roma, Se-zione lavoro ha affermato alcuni interessantiprincipi in materia del collocamento a riposodei dirigenti medici.La questione verte sull’interpretazione dell’art.24, comma 4, d.l. 06.12.2011, n. 201 secondo cui“Per i lavoratori e le lavoratrici la cui pensioneè liquidata a carico dell’Assicurazione Genera-le Obbligatoria e delle forme esclusive e sosti-tutive della medesima, nonché della gestioneseparata di cui all’articolo 2, comma 26, dellalegge 8 agosto 1995, n. 335 la pensione di vec-chiaia si può conseguire all’età in cui operano irequisiti minimi previsti dai successivi commi.Il proseguimento dell’attività lavorativa è in-centivato, fermi restando i limiti ordinamenta-li dei rispettivi settori di appartenenza, dal-l’operare dei coefficienti di trasformazione cal-colati fino all’età di settant’anni (…)”. In altritermini, la disposizione in esame determina irequisiti anagrafici e contributivi per l’accessoalla pensione di vecchiaia ed a quella cosiddet-ta “anticipata”, che sostituisce la previgente pen-sione di vecchiaia, aggiungendo che è possibilela prosecuzione del rapporto oltre la data dima-turazione dei medesimi requisiti, fermi i limitiordinamentali.Al riguardo, ai sensi dei commi da 6 a 10 dell’art.24, a partire dello 01.01.2012, per i pubblici di-pendenti, i quali non hanno maturato il dirittoalla pensione di vecchiaia secondo le regole vi-genti anteriormente a tale data, i requisiti perl’accesso al pensionamento sono i seguenti.Per la pensione di vecchiaia è richiesta un’an-zianità contributiva minima pari a 20 anni dacontributi versati o accreditati a qualsiasi tito-lo ed un’età anagrafica di 66 anni e 3 mesi.In caso di richiesta della pensione anticipata,sono necessari almeno 42 anni e sei mesi di an-zianità contributiva ed un’età di almeno 62 an-ni. Quanto al limite ordinamentale per il collo-camento a riposo del dirigenti medici, que-st’ultimo aspetto è regolamentato ancora dallalegge 4 novembre 2010, n. 183 (c.d. CollegatoLavoro), la quale all’art. 22 (rubricato Età pen-sionabile dei dirigenti medici del Servizio sani-tario nazionale) ha introdotto rilevanti modifi-che all’art. 15-nonies del D.lgs. n. 502 del 1992(normativa speciale sulla dirigenzamedica), con-cernente il limite massimo di età per il pensio-

namento del dirigentemedico. Nello specifico,è stato stabilito che “Il limite massimo di etàper il collocamento a riposo dei dirigenti me-dici e del ruolo sanitario del Servizio sanitarionazionale, ivi compresi i responsabili di strut-tura complessa, è stabilito al compimento delsessantacinquesimo anno di età, ovvero, su istan-za dell’interessato, al maturare del quarantesi-mo anno di servizio effettivo. In ogni caso il li-mite massimo di permanenza non può supera-re il settantesimo anno di età e la permanenzain servizio non può dar luogo ad un aumento delnumero dei dirigenti”.Il Tribunale di Roma ha rilevato l’esigenza diarmonizzare tale limite ordinamentale per il col-locamento a riposo con i nuovi requisiti per ilpensionamento.Infatti, sebbene il Tribunale di Roma abbia ri-levato come “la recente norma interpretativadel d.l. 101 del 31.8.2013, all’art. 2, comma 5, haprevisto (…) che per i dipendenti delle pubbli-che amministrazioni, il limite ordinamentale,previsto dai singoli settori di appartenenza peril collocamento a riposo d’ufficio e vigente alladata di entrata in vigore del decreto-legge stes-so, non è modificato dall’elevazione dei requi-siti anagrafici previsti per la pensione di vec-chiaia”, il medesimoTribunale ha riconosciutocome tale limite ordinamentale sia superabile“per il trattenimento in servizio o per consen-tire all’interessato di conseguire la prima de-correnza utile della pensione, ove essa non siaimmediata”.In altri termini, per il collocamento a riposo del-la dirigenzamedica continuano a valere i 40 an-ni di servizio, ma il rapporto di lavoro deve pro-seguire oltre quest’ultimo limite, allorché l’in-teressato non abbia ancora conseguito l’età ana-

TUTELA LAVOROAvv. Francesco Maria Mantovani

Consulente legale Anaao Assomed

Collocamento a riposo dei dirigenti medici:gli ultimi orientamenti della giurisprudenza

“Il collocamento a riposo del dirigentemedico al raggiungimentodel quarantesimo anno di servizio costituisce unamera facoltà enon un obbligo a carico delle Amministrazioni, le quali possonoacconsentire alla prosecuzione del rapporto sino alsettantesimo anno di età, vale a dire il limitemassimo previstodall’art. 22 legge 183/2010”

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 3/2014 15

Ancora sulla responsabilità medica…Torniamo a riflettere ancora sull’articolo 3 della“legge Balduzzi”, norma concepita dal legisla-tore per arginare la pratica della cosiddettame-dicina difensiva, fonte di aumento di costi peril Servizio Sanitario nazionale a discapito di tut-ti gli operatori sanitari, dei pazienti e del dirit-to, costituzionalmente garantito, alla salute. Siricorda, come più volte già delineato, che conl’art. 3, c. 1 il legislatore ha introdotto un’esi-mente costituita dai seguenti elementi: il sog-getto attivo deve essere un esercente la profes-sione sanitaria, deve commettere il reato nellosvolgimento della propria attività, deve atte-nersi alle linee guida e alle buone pratiche ac-creditate dalla comunità scientifica. L’indeter-minatezza della norma, non superabile neppu-re attraverso unamera attività ermeneutica, nonha affatto soddisfatto i professionisti, i pazien-ti ed i togati, al punto che il Tribunale di Mila-no, nel marzo scorso, aveva sollevato una que-stione di legittimità costituzionale, in quantola previsione, contenuta nell'art. 3 della 189, se-condo la quale “l'esercente la professione sani-taria che ... si attiene a linee guida e buone pra-tiche accreditate dalla comunità scientifica nonrisponde penalmente per colpa lieve” va a vio-lare diversi principi di rango costituzionale: dalprincipio di uguaglianza, al principio di tassati-vità della norma penale, dal principio di ragio-nevolezza a quello connesso alla funzione rie-ducativa della pena (cfr. Dirigenza medican.5/2013)Purtroppo la Corte Costituzionale, con ordi-nanza n. 295/2013, non è entrata nel merito del-la questione di legittimità costituzionale, di-chiarando la sua manifesta inammissibilità, fa-cendo leva su un difetto del provvedimento dirimessione, vale a dire, l'insufficiente descri-zione della fattispecie concreta. A giudizio del-la Corte, «il rimettente non specifica la naturadell’evento lesivo, le modalità con le quali essosarebbe stato causato e il grado della colpa ascri-vibile agli imputati; ma, soprattutto, non pre-cisa se, nell’occasione, i medici si siano attenuti– o, quantomeno, se sia sorta questione in or-dine al fatto che essi si siano attenuti – a “lineeguida e buone pratiche accreditate dalla co-munità scientifica” proprie del contesto di ri-ferimento, così che possa venire effettivamen-te in discussione l’applicabilità della norma cen-surata».Per il momento, dunque, l'art. 3 della Legge Bal-duzzi è salvo, ma le incertezze, che dallo stessodiscendono, permangono e sono visibili anchenelle ultime pronunce giurisprudenziali.

In tema di responsabilità medica, la normaesclude la rilevanza della colpa lieve con riferi-mento a quelle condotte che abbiano osserva-to linee guida o pratiche terapeutichemedichevirtuose, purché esse siano accreditate dalla co-munità scientifica. È esclusa dunque la respon-sabilità penale del medico solo nel caso in cuiquesti abbia osservato effettivamente le indi-cazioni metodologiche elaborate dalla comuni-tà scientifica.Così la V sezione penale della Corte di Cassa-zione, nella sentenza n. 11804 di marzo, riaffer-ma il proprio orientamento interpretativo in te-ma di responsabilità medica alla luce della ri-forma introdotta dalla legge Balduzzi. Sul ban-co degli imputati una ginecologa accusata di rea-to di procurato aborto di cui all’articolo 17 del-la legge 194/1978. La ginecologa, tra i motivi diricorso, segnalava di essersi attenuta agli sche-mi diagnostici e terapeutici previsti “dall’artemedica”, e che, se errore ci fosse stato, esso at-teneva esclusivamente «all'adattamento delledirettive dimassima alle evenienze del caso con-creto». Pertanto la propria condotta non assu-meva alcuna rilevanza penale ai sensi dell'arti-colo 3 della legge Balduzzi. In modo completa-mente diverso si pronuncia la Corte di Cassa-zione, ritenendo nel caso di specie, la non ap-plicabilità della norma in esame. Infatti la Cor-te ha osservato che nel caso specifico non puòconsiderarsi corretta o virtuosa una condottache non abbia tenuto in nessun conto gli allar-manti segnali di pericolo che, anche in seguitoad accertamenti strumentali, si andavano con-centrando sulla gestante, segnali che il medicoaveva ignorato o comunque non aveva percepi-to nella loro effettiva gravità, tanto che, ancheimmediatamente prima del taglio cesareo, de-finito inutile, la ginecologa non rappresentò al-la paziente l'urgenza del suo ricovero e del con-seguente intervento e quest’ultima, una voltafatto ingresso nella clinica, si adattò a seguire lanormale trafila burocratica, quando ormai, in-consapevolmente, portava in grembo un feto inirreversibile stato preagonico. Ancora sull’arti-colo 3 la IV Sezione Penale con sentenza n. 2347del gennaio scorso condanna un chirurgo pla-stico per il reato di lesioni colpose gravi in quan-to, a seguito di due interventi di mastoplasticaadditiva, per imperizia dovuta a carente tecni-ca chirurgica e all’utilizzo di protesi inadegua-te, ha causato alla paziente un danno estetico efunzionale. La Corte ha ritenuto non applica-bile al caso di specie la normativa contenuta nel-la “Balduzzi” invocata dalla difesa, in quanto il

medico non ha dimostrato di aver osservato li-nee guida o pratiche terapeutiche virtuose, ac-creditate dalla comunità scientifica. Al contra-rio, la preesistenza dell'asimmetria mammariaavrebbe dovuto indurlo ad effettuare scelte piùopportune con riferimento al tipo di protesi daimpiantare e alla loro dimensione; pertanto, lacospicua entità delle lesioni cagionate non puòrapportarsi ad un grado di colpa talmente con-tenuto quale è quello previsto dalla Legge Bal-duzzi. È palese come nel caso di specie il sani-tario sia incorso in quella colpa grave, tutt'orarilevante nell'ambito della professionemedica,e rinvenibile nell'errore inescusabile. Ancora intema di responsabilità medica vanno menzio-nate altre due recenti pronunce, la prima sem-pre della IV Sezione penale del gennaio scorsoche esclude la responsabilità penale per il me-dico; quest’ultimo infatti, pur davanti ai risul-tati delle prime analisi eseguite, consiglia al pa-ziente di fermarsi in ospedale e di sottoporsi adaccertamenti più approfonditi esprimendo ilproprio dissenso rispetto alla scelta dello stes-so di andar via firmando la relativa liberatoria:il fatto, infatti, non costituisce reato atteso chein questa fattispecie gli accertamenti clinici (co-me da protocollo) non erano stati eseguiti a cau-sa della decisione del paziente; pertanto nessunaddebito poteva muoversi all'operato del me-dico, che aveva consigliato il paziente di fer-marsi in ospedale, in osservazione, e che avevaapertamente dissentito da tale decisione, comevisivamente attestato dalla doppia sottolinea-tura presente sul referto medico, ove risultavaannotato il rifiuto dell’uomo, sia della terapiafarmacologica sia dell'ulteriore osservazione. Laseconda, della III SezioneCivile, sempre di gen-naio scorso, in cui viene scagionato unmedico,chiamato a risarcire il danno per la morte di unbambino in conseguenza di un errore diagno-stico e terapeutico consistito nella sola sommi-nistrazione di farmaci antiemetici, senza pro-cedere ad un esame obbiettivo del torace e del-l'apparato respiratorio del piccolo paziente. LaCassazione ha confermato il ragionamento se-guito dai giudici d’Appello in ordine all’assen-za di responsabilità del sanitario sotto il profi-lo causale, attesa la natura della broncopolmo-nite che aveva colpito il piccolo, la cui asinto-maticità fu tale da rendere insospettabile l’esi-stenza di un così grave quadro infiammatorioche avrebbe poi interessato il miocardio, ca-gionando nel giro di pochi giorni l’eventomor-tale così come verificatosi: malattia asintoma-tica, nessuna responsabilità del medico.

A cura di Paola CarnevaleI testi integrali delle sentenze sono pubblicati su www.anaao.it - sezione “sentenze in sanità”

GIURISPRUDENZA

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Costantino TroiseSegretario Nazionale Anaao Assomed

La vicenda vissuta daMimmoRonga, storico espo-nente napoletano della nostraAssociazione, rac-contata con lucidità insieme con la giornalistaAngela Matassa nel libro “Rinviato a giudizio”(Pironti Editore), è emblematica da più punti divista. Innanzitutto, per la ostilità ambientale chedescrive con particolari realistici che avvolgechiunque,medici compresi, si trovi a subire pre-giudizi ideologici robusti fino a determinare unacondanna penale. Ma anche per le note surrea-li che, rendendo ragione del sottotitolo, fannoda sfondo al racconto di un calvario, una disce-sa agli inferi della solitudine e dell’isolamento,uno sconvolgimento della vita professionale epersonale che vede protagonista unmedico conuna lunga esperienza di seria ed onesta attivitàprofessionale. Come in un film di Alberto Sor-di, il libro descrive il vissuto quotidiano di chi siè trovato invischiato inuna vicenda kafkianache, attraverso una viacrucis lunga 8 anni, loconduce a provare uncaleidoscopio di emo-zioni ed a conoscere unconcentrato di variaumanità quale, forse,mai gli era accaduto in decenni di carriera. Col-pisce il lettore, e non poco, il clima di indiffe-renza, se non di ostilità, che nasce prima e so-prattutto in un ambiente professionale attra-versato da dinamiche, personali e di carriera, nonsempre improntate ad unamorale cristallina, dadebolezze ed invidia, ambizioni e ricatti che fan-no da cornice ad una vicenda che potremmode-finire grottesca se non fosse drammatica. Fuori

e dentro le corsie ed i laboratori, fuori e dentrole aule dei tribunali, fuori e dentro le redazioni,piccole e grandi miserie smitizzano da una par-te il luogo comune della corporazione medicadominata da solidarietà o complicità tra i suoimembri, dalla altra quello di una società civilevotata sempre e comunque alla affermazione del-la verità ed alla difesa della onestà dei compor-tamenti. Il pregiomaggiore del racconto è, for-se, però, nella descrizione di una coraggiosa bat-taglia di civiltà animata da una salda forza mo-rale e da una fede incrollabile nei propri princi-pi e nella propria innocenza, capace di rompereil muro, di scavare la pietra ed esitare in un lie-to fine. Una lezione per tutti. Il libro è cronacama soprattutto denuncia di una macchina giu-diziaria che appare arrogante quanto ignorante,lenta quanto superficiale, e di un clima, anchemediatico, dominato dalla ricerca di una sinto-nia con gli umori delle masse. C’è voluta la vo-glia di lottare, appresa ed affinata, forse, nella

lunga militanza sinda-cale, per sfuggire al ruo-lo di vittima designata,fare riconoscere la ve-rità e cambiare le leggi.Un caso di malasanitàall’incontrario, con unmedico nel ruolo nondi seconda, ma di pri-

ma vittima, candidato al ruolo di capro espiato-rio di ignoranza, pregiudizi, invidie. Un caso dimalasanità risoltosi solo grazie alla ostinazioneed alla passione civile di unmedico onesto, maivinto o rassegnato a soccombere. Una vicendache, in epoche di passioni tristi ed identità in-certe, dovrebbe insegnare aiMedici innanzituttodi che pasta deve essere fatto ilmestiere che han-no scelto.

IL LIBRO

Rinviato a giudizio:storia di un medico

Angela MatassaMimmo Ronga

“Rinviato a giudizioIl calvario di un medico”

Pagg.105Tullio Pironti Editore

Un caso di malasanitàall’incontrario, con un mediconel ruolo non di seconda, ma diprima vittima, candidato al ruolodi capro espiatorio