DIRIGENZA MEDICA N. 1/2014

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“Siamo alla catena di montaggio, ma non c’è nulla di meccanico” LA CRONACA DI 12 ORE DI UN COLLEGA DELL’OSPEDALE MAGGIORE DI BOLOGNA UNA NOTTE IN PRONTO SOCCORSO d m dirigenza medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED NUMERO 1 - 2014 Dirigenza Medica - Anno XIII - n. 1 - 2014 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma N.11/2006 - www.anaao.it Rapporto Sdo 2012 Diminuiscono ricoveri, giornate di degenza e mobilità sanitaria a pagina 6 Le politiche di genere Le cose realizzate e quelle in agenda a pagina 12 Tutela lavoro La disciplina dell’Alpi tra riforma Balduzzi e negoziazione aziendale a pagina 15 DM 01-2014:Layout 1 18-02-2014 14:17 Pagina 1

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“Siamo alla catenadi montaggio,ma non c’è nulladi meccanico”

LA CRONACA DI 12 OREDI UN COLLEGA DELL’OSPEDALEMAGGIORE DI BOLOGNA

UNA NOTTEIN PRONTOSOCCORSO

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I L M E N S I L E D E L L ’ A N A A O A S S OM E D N UM E R O 1 - 2 0 1 4

Dirigenza Medica - Anno XIII - n. 1 - 2014 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma N.11/2006 - www.anaao.it

Rapporto Sdo 2012Diminuiscono ricoveri,giornate di degenzae mobilità sanitariaa pagina 6

Le politiche di genereLe cose realizzatee quelle in agenda

a pagina 12

Tutela lavoroLa disciplina dell’Alpitra riforma Balduzzi enegoziazione aziendale

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Ore 21:00, chiama un amico, mi chiede se pos-siamo vederci domani nel pomeriggio, guardol’orario appeso al frigo: domani faccio notte…Quindi… quindi niente… devo riposarmi, altri-menti non reggo…Lui rilancia sul giorno dopo,ma… niente da fare, non posso garantire che sa-rò in grado di stare sveglio, dipende tutto da co-me sarò tornato a casa l’indomani mattina. Giàè così. Perché il lavoro notturno non è solo cheti costringe a stare sveglio per una nottata, macoinvolge in maniera complessa anche il gior-no prima e il giorno dopo le dodici ore… Già apensarci adesso, a ventitré ore di distanza si sen-te quello strano stato di tensione.Il giorno in cui fai la notte deve essere neces-sariamente “a basso consumo”, perché altri-menti 12 ore non reggi e in Pronto Soccorso,che tu sia medico o infermiere non cambia, nonhai tregua, sono dodici ore di trincea vera, per-ché possono anche non esserci troppi codicirossi (i più gravi), ma non ti puoi permettere disbagliare, devi sempre e solo essere al top, an-che alla decima ora… anche quando la fatica ètale da fare male.Arrivo in servizio, scivolo tra gli habitué dellasala d’aspetto, i soliti senzatetto che se la sfan-gano al caldo in inverno e al fresco in estate…,non è logico che stiano lì, ma non ha senso nem-meno allontanarli, e se poi dovessero stare ma-le…? Il collega che smonta dal turno pomeri-diano mi lascia le consegne; in attesa ci sonogià (per loro è ancora…) almeno una ventina dipersone, alle volte anche di più. Mi concentro,non devo pensarci, perché se ci pensi, se ti im-medesimi in chi fa la fila finisce che non riescia prestare la giusta attenzione a chi hai davan-ti e il tuo lavoro è trovare la soluzione giusta,comprendere cosa sia meglio per quella perso-

“Le cose si fanno dure dalle due in poi.Il collega che fa il turno con me lavora atesta bassa, non riusciamo nemmeno ascambiarci una consulenza, siamo troppopresi… Siamo alla catena di montaggio, manon c’è nulla di meccanico...C’è stato un incidente stradale, due giovani…Parte la procedura, valutazione, chiama larianimazione… Ripenso alla notte appenapassata, alla stesura di tutte le diagnosi e leprestazioni, forse ho prescritto qualcheesame di troppo, forse, ma con l’aria chetira meglio non sottovalutare nulla, perchébasta un leguleio qualunque pertrascinarmi in tribunale e trovarmi adaffrontare un calvario di anni perdimostrare che meglio di come ho fattonon avrei comunque saputo e potuto fare”.

Sono questi alcuni stralci del racconto di unalunga notte in Pronto soccorso. Una notte di“ordinaria follia” con medici e infermierisempre in “prima linea”.

Il racconto di una notte in pronto soccorso

Notizie dal fronteinterno

Lorenzo GiorgiOspedale MaggioreBologna

na, non smaltire la coda. Nella maggioranza deicasi si tratta di persone anziane. Da questo os-servatorio ci si accorge bene di come stia evol-vendo la società, sia demograficamente, sia cul-turalmente. Arrivano persone con problemi se-ri, ma anche persone spaventate da un mal dipancia che dura da qualche ora e queste arriva-no anche di notte, preferiscono aspettare se-duti su una sedia del Pronto soccorso, dopo l’ac-cettazione al Triage, piuttosto che chiamare laGuardia medica notturna o aspettare il medi-co curante l’indomani mattina. Arrivare a mez-zanotte è relativamente facile, sono solo quat-tro ore e poi, con i ritmi alterati del sonno, do-po anni di notti e di turni faticosi, non è nem-meno un grosso problema. Le cose si fanno du-re dalle due in poi. Il collega che fa il turno conme lavora a testa bassa, non riusciamo nem-meno a scambiarci una consulenza, siamo trop-

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ziente, ora possiamo trasportarlo in Tac, ma in-tanto è stabilizzato. Il collega ha preso in cari-co l’altro, altrettanto complicato. Riusciamo aincrociarci un attimo, il suo sguardo è stanco,mi sembra di guardarmi allo specchio, vedo inlui e in chi lavora con noi la stessa stanchezzache sento addosso. Il paziente scomparso è riap-parso, lo ha trovato la vigilanza, era uscito a fu-mare, sulla rampa: anche questa è risolta, peroggi.Sono le sei, ancora due ore. In sala di attesasono rimasti in cinque, sono sette ore che aspet-tano, codici bianchi, si sa che va così, ma que-sto non trasforma la notte in bianco nella saladi attesa in qualcosa di meno pesante per loro.Alle otto meno venti arriva il collega che farà ilturno della mattina, passo le consegne, il mioturno si chiude alle 8 e un quarto, nemmeno iltempo di andare in bagno stanotte. Lascio que-sto posto, come uno zombie.Ripenso alla notte appena passata, alla stesuradi tutte le diagnosi e le prestazioni, forse hoprescritto qualche esame di troppo, forse…macon l’aria che tira meglio non sottovalutare nul-la, perché basta un leguleio qualunque per tra-scinarmi in tribunale e trovarmi ad affrontareun calvario di anni per dimostrare che megliodi come ho fatto non avrei comunque saputo epotuto fare…

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po presi. L’infermiere del Triage lavora con rit-mo costante, stabilisce le priorità, passa i casinon appena il paziente che mi ha assegnato hafatto i prelievi e la prima parte della valutazio-ne. Siamo alla catena di montaggio, ma non c’ènulla di meccanico. Per fortuna (o per maledi-zione) esistono le check list… scorrerle men-talmente aiuta. Il computer è lento, si inceppa,controllo gli esiti del laboratorio, richiamo den-tro la paziente che ho visto oltre un’ora fa.Men-tre contatto il reparto per sapere se c’è ancoraun posto letto (deve essere ricoverata), l’infer-miere le parla, stabilisce un ulteriore contattoumano, perché anche se dobbiamo correre, es-sere precisi e per qualcuno anche infallibili, dob-biamo e vogliamo essere umani, gentili, nonpossiamo e non vogliamo essere frettolosi; ve-loci, ma non frettolosi.Quando uscirà non si ricorderà nemmeno dinoi, ma non è questo che conta. Ora è troppospaventata dal suo dolore e da quello che nellamente immagina le accadrà. Ma non posso piùpensare a lei, devo passare oltre, devo occu-parmi del nuovo caso, il ventesimo di questa

notte e sono solo ledue emezza… L’infer-miere mi dice che inattesa adesso ce ne so-no venti, ne sono arri-vati altri, da quandosono montato in tur-no. Riprendo con ilritmo cadenzato disempre. Le domande,

le ansie dei familiari, le risposte. La barella vi-cino all’ingresso è vuota… il paziente non è lì…dove è finito? Sono passati cinque minuti daquando lo abbiamo spostato dal box delle visi-te al corridoio, ci separano solo dei tendaggi pe-santi, non ha chiesto di andare in bagno… erain stato confusionale, dopo una serata di ec-cessi. Mando l’infermiere a cercarlo, chiamo lavigilanza, scatta l’allarme… sale l’adrenalina, maintanto arriva un codice rosso. I colleghi del 118arrivano trafelati, c’è stato un incidente stra-dale, due giovani… Parte la procedura, valuta-zione, chiama la rianimazione, l’infermiere chemi accompagna in questa notte è veloce, ha la-sciato le ricerche del paziente alla vigilanza edè arrivato al mio fianco facendo quello che vafatto, arriva la rianimazione, chiudiamo le ten-de, si procede, ci consultiamo, raccogliamo tut-te le informazioni e le idee. Stabilizziamo il pa-

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Contenendo la spesa perogni singolo fattoreproduttivo (personale,medical device, priva-to accreditato, ecc.) econtraendo gli investi-menti in tecnologie erinnovo infrastruttura-le la sanità pubblica si-stema i conti nel breveperiodo, ma a discapi-to della performancesanitaria presente e futura, tanto che in alcuneregioni si fa concreto il rischio dell’undertreat-ment, ovvero dell’impossibilità di far fronte allenecessità sanitarie della popolazione.Dilatandoi tempi di pagamento, in casi estremi, fino a 1.500giorni (lamedia è di 236 giorni per i farmaci e 274per le attrezzature) e non rinnovando le attrez-zatura le aziende si espongono a costi futuri – ecreano perciò debito sommerso - in termini diprezzi più alti per le forniture, interessi dimora,contenziosi e personale impiegato per far fron-te alle richieste dei creditori e futura obsolescenzatecnologica e inadeguatezza infrastrutturale.Il Rapporto Oasi 2013 sul sistema sanitario ita-liano, presentato alla Bocconi dal Cergas (Cen-tro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sa-nitaria e sociale) ribadisce la natura “sobria” delnostro sistema sanitario, con una spesa pubbli-ca pro capite, pari a 2.419 $PPA (dollari parità dipotere d’acquisto), significativamente più bassadi quella diGermania (3.318), Francia (3.133) eRe-gno Unito (2.747) e un disavanzo in forte dimi-nuzione a 1,04 miliardi di euro nel 2012 (-17,3%rispetto all’anno precedente), il che equivale al-lo 0,9% della spesa sanitaria pubblica corrente.I risultati sono notevoli soprattutto nelle regio-ni soggette a Piani di rientro: il disavanzo dellaCampania, nel 2012, è un decimo di quello del

2005, quello del Lazio un quinto e quello dellaSicilia è sostanzialmente azzerato. Rimane peròrilevante il gap di performance tra i diversi siste-mi sanitari regionali ed è evidente la disparità trale regioni in Piano di rientro e le altre “dal mo-mento che tutte e sole le regioni in Piano di rien-tro (Abruzzo, Campania, Calabria, Lazio,Moli-se, Puglia e Sicilia)”, scrivono i coordinatori delRapporto, Elena Cantù e Francesco Longo, “ri-sultano inadempienti o parzialmente inadem-pienti” nelmantenimento dei livelli essenziali diassistenza. Questo è un pericoloso campanellodi allarme sul potenziale livello di iniquità nel-l’accesso alle cure tra nord e sud.La spesamaggiormente penalizzata, perchéme-no rigida, risulta essere quella per investimenti,che si attesta a 59 euro pro capite nellamedia na-zionale, ma con una forte variabilità, dai 111 eu-ro dell’EmiliaRomagna ai 20 euro dellaCalabria.Le regioni del Sud sono sistematicamente al disotto dellamedia nazionale, pur avendo un qua-dro infrastrutturale più fragile già in partenza.La riduzione della spesa pubblica non è com-pensata da un aumento di quella privata, che se-gue, invece, il ciclo economico e il reddito di-sponibile dei consumatori. Anche in questo ca-so la variabilità regionale è molto forte. La me-dia italiana è di 463 euro pro capite, ma si va dai

707 euro del Trentino Alto Adige ai 239 dellaCampania e le ultime posizioni sono tutte occu-pate dalle regioni meridionali. In altri termini,non vi è una correlazione tra spesa sanitaria pri-vata e quali/quantità di quella pubblica.Nelle re-gioni più ricche, con la migliore sanità, si spen-de di più anche per quella privata a pagamento.Ciò significa che nelle regioni più povere si faconcreto il rischio di undertreatment, come giàdimostra l’inadempienza di alcune di queste re-gioni rispetto ai livelli essenziali d’assistenza.

Uno degli espedienti utilizzati per alleggerire la si-tuazione economica delle aziende è stato, finoad ora, l’allungamento dei tempi di pagamento.La sanità italiana, in media, paga i farmaci a 236giorni e le attrezzature a 274, con una diminu-zione di una ventina di giorni ametà 2013 rispettometà 2012. La variabilità è altissima e, per le at-trezzature, si va dagli 83 giorni della Valle d'Ao-sta ai 929 della Calabria, mentre per i farmaci sipassa dai 75 giorni del TrentinoAltoAdige ai 797del Molise. In generale, la situazione più com-promessa è quella di Campania, Calabria eMo-lise,ma sonodamonitorare anchePiemonte, Pu-glia eVeneto. InCampania esistono aziende sa-nitarie che pagano a 103 giorni, altre a 1.509. Leregioni assoggettate a Piani di rientro per ridur-re il debito pagano, inmedia, 280 giorni dopo lealtre.

“I recenti provvedimenti normativi per liquidareparte del debito commerciale accumulato dallapubblica amministrazione”, puntualizzanoCan-tù e Longo, “hanno sicuramentemigliorato la si-tuazione.Mettere le aziende sanitarie nella con-dizione di saldare i debiti pregressi non è, però,sufficiente. È necessario che le aziende siano po-ste in condizioni di pagare puntualmente anchequelli futuri”.

La nostra spesa procapite è ferma a 2.419 dollari l’anno.Rispettivamente, 899, 714 e 328 in meno di Germania, Francia e UK.Se proseguiranno la contrazione degli investimenti e la riduzionedella spesa dei cittadini, in alcune regioni c’è il rischio di non riuscirepiù a far fronte alle necessità della popolazione. Per il Cergas Bocconi:“Senza investimenti e con questi budget la sanità è a rischio”.

Ormai spendiamo molto meno diGermania, Francia e Regno Unito

Rapporto Oasi 2013

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L’Emilia Romagna continua ad essere la Regionepiù attenta al rispetto dei 21 indicatori del “ta-volo Lea” che ogni anno monitorizza la qualitàdell’assistenza sanitaria in tutte le realtà. Conun punteggio finale di 208 punti (si viene con-siderati “adempienti” da 160 punti in su) si con-ferma al primo posto anche nel 2012. Come al-l’ultimo si conferma purtroppo la Campania,con un punteggio di 116 punti, 15 in più rispet-to al 2011 ma non sufficienti a lasciare l’ultimogradino della classifica.Le novità principali le troviamo invece nella ro-sa di testa dove la Lombardia passa dal 2° al 4°posto con 182 punti (ne aveva 195 nel 2011) so-pravanzata da Veneto e Toscana con 192 pun-ti ciascuna che si collocano così insieme al 2°posto.Come dicevamo il punteggio si basa su una se-rie di calcoli legati all’adempimento nei con-fronti di 21 indicatori di performance nei varilivelli di assistenza (prevenzione, ospedaliera,farmaceutica, di base, ecc.) ed è suddiviso in trefasce: sopra i 160 punti la regione viene consi-derata “adempiente”, tra i 130 e i 160 “adem-piente con impegno”, ovvero con alcune criti-cità su cui impegnarsi, sotto i 130 “inadem-piente”.Dalla lettura complessiva della classifica, solola Campania è “inadempiente”, mentre sei re-gioni (Calabria, Puglia,Molise, Abruzzo, Lazioe Sicilia) si collocano nella fascia di “adempien-te con impegno” e le restanti 9 (Basilicata,Mar-che, Liguria, Umbria, Piemonte, Lombardia,Toscana, Veneto ed Emilia Romagna) in quel-la di “adempienza” all’erogazione dei Lea (le Re-gioni e Province autonome non sono compre-se nella graduatoria).Ma il ministero ha anticipato anche il risultatodi un’altra verifica dell’erogazione Lea, quellalegata agli aspetti organizzativi e funzionali ag-giornando le criticità 2012 già evidenziate in unaprima riunione del 6 dicembre scorso.

Il rapporto indica che solo il Veneto risulta to-talmente adempiente a quest’altro tipo di indi-catori più legati appunto a funzioni e compitiorganizzativo-burocratici, mentre tutte le al-tre regioni, anche se con differenze notevoli intermini di importanza dei rilievi, presentano co-munque o “inadempienze” o “adempienze conimpegno”.

Il ministero della Salute ha anticipato i risultati della nuova verifica sulmantenimento dell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza.In coda Campania e Calabria con le performance peggiori. Valutati anche gliindicatori organizzativi: solo il Veneto li supera tutti.

Qualità dell’assistenza:la classifica

Al 1° posto resta l’Emilia Romagna,ma Veneto e Toscana salgono al 2°scalzando la Lombardia (quarta)

Verifica Lea 2012

Valutazione1° Emilia Romagna 2132° Lombardia 1953° Umbria 1844° Veneto 1825° Piemonte 1706° Toscana 1687° Basilicata 1678° Liguria 1669° Marche 16110° Lazio 15211° Sicilia 14712° Abruzzo 14513° Molise 14214° Calabria 12815° Puglia 12316° Campania 101

Valutazione1° Emilia Romagna 2082° Veneto 1922° Toscana 1924° Lombardia 1825° Piemonte 1806° Umbria 1747° Liguria 1738° Marche 1658° Basilicata 16510° Sicilia 15611° Lazio 15412° Abruzzo 14613° Molise 14414° Puglia 13815° Calabria 13216° Campania 116

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pervenute ammontano come dicevamo a10.259.780 unità, con una diminuzione di circail 4,6% rispetto all’anno precedente. La quali-tà della compilazione è ulteriormente miglio-rata rispetto all’anno precedente: il numerocomplessivo di errori si riduce da 12.387.798 nel2011 a 7.693.650 nel 2012, con una diminuzio-ne di poco più del 40%. In particolare, si os-serva un significativomiglioramento della com-pilazione delle nuove variabili introdotte a par-tire dal 2010, ovvero “Livello di istruzione” (da34,24% di errori nel 2011 a 25,05% nel 2012),“data di prenotazione” (da 28,87% nel 2011 a21,03% nel 2012), “classe di priorità” (da 32,29%nel 2011 a 15,78% nel 2012) e “codice di causaesterna del traumatismo” (da 5,69% nel 2011 a5,38 nel 2012).Il numero complessivo di schede con almenoun errore di compilazione si riduce notevol-mente, passando da 7.157.153 nel 2011 (pari al66,5% delle schede pervenute) a 5.082.154 nel

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Nel 2012 i ricoveri effettuati presso le strutture delSsn sono stati 10.257.796 in calo del 4,6% ri-spetto ai 10.749.246 del 2011. Giù anche l’am-montare delle giornate di degenza erogate chenel 2012 sono state 66.707.607, il 4% in menorispetto alle 69.417.699 del 2011. Come per ri-coveri e giornate si riduce anche la mobilità sa-nitaria che se nel 2011 aveva coinvolto 807.981persone, nel 2011 ha riguardato invece 770.233persone (-4,7%).A scattare la fotografia sull’attività di ricoveronelle strutture sanitarie italiane è il Rapporto2012, elaborato dal ministero della Salute in ba-se ai dati ricavati dalle schede di dimissioneospedaliera (Sdo).Per quanto riguarda le giornate di degenza ri-mane stabile rispetto al 2011 il dato per gli acu-ti in regime ordinario (media di 6,8 giornate).In lieve diminuzione le giornate medie di de-genza per riabilitazione in regime ordinario chepassano da una media di 26,6 a 26,2. Calo piùvistoso per la degenza media in lungodegenzache passa dalle 30,6 giornate di media a 28,8.

Le principali cause (acute) per cui si ricorreall’ospedaleSul totale dei ricoveri per acuti pari a 6.841.014dismissioni ben il 14,6% è rappresentato dama-lattie e disturbi dell’apparato cardiocircolato-rio. A seguire con il 12,4% dei casi vi sono lema-lattie e i disturbi del sistema muscolo-schele-trico e del tessuto connettivo. La terza causaper cui si va in ospedale riguarda invece (il 10%)la gravidanza, parto e puerperio, cui segue conil 9,4% le malattie e i disturbi dell’apparato di-gerente.Ma si riducono anche gli errori di compilazio-ne delle schede. Complessivamente le schede

Rapporto Sdo 2012

Calano ricoverie giornate di degenza

I ricoveri scendono del 4,6%, le giornate di ricovero del 4%, ma i dati delMinistero della Salute evidenziano anche una riduzione parallela (-4,7%)della mobilità sanitaria che riguarda 770.233 persone ricoverate fuori regione.In calo anche gli errori di compilazione delle schede. Si va in ospedaleprincipalmente per le malattie e i disturbi legati al sistema cardiocircolatorio

Le principali cause(acute) per cui siricorre all’ospedale

Apparatocardiocircolatorio

14,6%Sistemamuscolo-sche-letrico e del tessutoconnettivo

12,4%Apparato digerente

9,4%

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2012 (pari al 49,5% delle schede pervenute), conuna differenza di 17 punti percentuali.Infine, per avere una reale misura della dimen-sione dell’errore occorre considerare che unascheda Sdo contiene 45 variabili, per un totaledi 10.259.780 schede pervenute corrisponde a461.690.100 informazioni distinte raccolte. Ilnumero di errori riscontrato, pari a 7.693.650pertanto, incide per meno del 1,7%; conside-rando inoltre le informazioni calcolabili a par-tire dalle variabili raccolte, l’incidenza dell’er-rore si riduce ulteriormente. Il livello qualita-tivo della banca dati Sdo, pertanto, è estrema-mente elevato.

In calo i ricoveri per acuti e in day hospitalRispetto al 2011 il numero complessivo di ri-coveri ordinari per Acuti si riduce da 7.043.070a 6.837.823 (-2,9%), con una corrispondente di-minuzione delle giornate di ricovero da47.963.625 a 46.422.668 (-3,2%); il numero di ci-cli di Day Hospital effettuati si riduce da2.828.910 a 2.538.561 (- 10,3%) L’attività totaleper Acuti si riduce da 9.879.863 unità nel 2011

a 9.384.071 nel 2012, con una riduzione di cir-ca il 5%. Ad eccezione della Valle d’Aosta, cheaumenta il suo volume di attività da 20.791 uni-tà a 21.990 (+5,8%), del Friuli Venezia Giulia(+1,2% da 193.423 a 195.822 unità), tutte le altreregioni mostrano una riduzione dell’attività perAcuti, da unminimo di -0,2% nel Lazio e -1,7%in Campania ad un massimo di -14,6% in Basi-licata e -11,7% in Puglia. La composizione del-l’attività per Acuti mostra nel 2012 una ridu-zione del Day Hospital dal 28,7% al 27,1% deltotale; l’andamento è confermato pressoché intutte le regioni, con l’eccezione della Valled’Aosta (+1,0%), della Campania (+0,9%), delFriuli Venezia Giulia (+0,5%), del Lazio (+0,5%)e della Calabria (+0,2%). Le riduzioni più con-sistenti si osservano in Basilicata (-5,8%), Lom-bardia (-4,7%) e Puglia (-4,3%).

Mobilità sanitariaPer quanto riguarda il fenomeno della mobili-tà sanitaria interregionale totale ha coinvoltonel 2012 ben 770.233 persone. Il datomostra uncalo del 4,7% rispetto alle 807.981 persone del2011.Ma il fenomeno non è in diminuzione an-che perché occorre calcolare che sono dimi-nuiti anche i ricoveri totali del 4,6%.Ma a pre-scindere dai numeri sembra proseguire il co-stante afflusso dal sud al nord del Paese per far-si curare. Complessivamente in Italia, poco piùdi 8 ricoveri per 1.000 abitanti (attività per Acu-ti in regime ordinario) avvengono fuori regio-ne, con un’ampia variabilità regionale: la quo-ta più alta di ricoveri in regime ordinario fuoriregione si riscontra in Molise, Basilicata, Val-

le d’Aosta e Calabria, mentre la quota più bas-sa, sempre in regime ordinario, in Lombardia,P.A. di Bolzano, Toscana e Veneto. Confron-tando i dati con l’anno precedente, i ricoverifuori regione in regime ordinario presentanoun decrementomaggiore rispetto a quelli in re-gione, mentre per i ricoveri in DH si osservaun andamento inverso.In ogni caso la mobilità complessiva a livellonazionale per Acuti in Regime ordinario am-monta al 7,5% dei ricoveri complessivamenteerogati (circa 505 mila ricoveri su 6,7 milioni).I valori più alti di dimissioni di non residenti siosservano in Lombardia (106.259 dimissioni dinon residenti, pari al 9% dei ricoveri erogatidalla regione), Emilia Romagna (75.880 dimis-sioni, pari al 13,6 dei ricoveri della regione), La-zio (48.824 dimissioni, pari al 7,8% dei ricove-ri della regione) e Toscana (47.989 dimissioni,pari al 11,2% dei ricoveri della regione), le qua-li coprono circa il 55% della mobilità comples-siva. I valori più elevati di mobilità passiva siosservano in Basilicata (23,5% dei residenti sisono ricoverati fuori regione), Molise (22,3%),Calabria (18,3%), Valle d’Aosta (18%) e Abruz-zo (15,8%). L’attività per Acuti in Day Hospi-tal mostra una mobilità complessiva del 7,8%(circa 196 mila cicli Dh su 2,5 milioni). Il nu-mero più elevato di cicli di Dh di non residen-ti viene erogato nel Lazio (35.211 cicli Dh), Emi-lia Romagna (22.273 cicli Dh), Lombardia(20.659 cicli Dh) e Toscana (19.066 cicli Dh).La mobilità passiva più elevata si osserva in Ba-silicata (25,1%),Molise (21,1%), Umbria (20,5%),Abruzzo (18,2%) e Calabria (18,1%).

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Il Ssn spende 1.867 euro annui per abitante, unlivello molto inferiore rispetto ad altri Paesi eu-ropei. La spesa privata ammonta al 20,6% deltotale e assorbe l’1,8% del Pil. Spendono di piùle famiglie del CentroNord (1.222 euro l’anno),meno quelle del Sud (949 euro l’anno). Tumo-ri e malattie circolatorie si confermano le prin-cipali cause di ricovero ospedaliero.È quanto emerge dall’indagine “Noi Italia” del-l’Istat giunto alla sesta edizione. Il Rapporto,offre un quadro d’insieme dei diversi aspettieconomici, sociali, demografici e ambientalidel nostro Paese, della sua collocazione nel con-testo europeo e delle differenze regionali chelo caratterizzano. Il prodotto arricchisce la pro-duzione dell’Istat attraverso la proposta di 120indicatori, raccolti in 19 settori, che spazianodall’economia alla cultura, al mercato del lavo-ro, alle condizioni economiche delle famiglie,alle infrastrutture, alla finanza pubblica, al-l’ambiente, alle tecnologie e all’innovazione.Nel 2012 la spesa sanitaria pubblica è di circa111 miliardi di euro, pari al 7 per cento del Pil ea 1.867 euro annui per abitante, un livello mol-to inferiore rispetto ad altri importanti paesieuropei. Nel 2011 le famiglie contribuisconocon proprie risorse alla spesa sanitaria com-plessiva per una quota pari al 20,6 per cento (ol-tre 2 punti percentuali inmeno rispetto al 2001).La spesa sanitaria delle famiglie rappresental’1,8 per cento del Pil nazionale; ammonta me-diamente a 949 euro per le famiglie del Mez-zogiorno e a 1.222 euro per quelle del Centro-Nord.Nel 2011 le Regioni sono state interessate dacirca 588 mila ricoveri ospedalieri di pazientinon residenti (8,4 per cento dei ricoveri ordi-nari per “acuti”) e da oltre 523 mila ricoveri dipazienti provenienti da una regione diversa daquella di residenza (7,6 per cento, riferito ai so-li residenti in Italia). Gli indici di mobilità piùalti, superiori al 20 per cento, si riscontranonelle regioni più piccole (Basilicata, Valle d’Ao-

sta e Molise). I tumori e le malattie circolato-rie si confermano le principali cause di ricove-ro ospedaliero, con differenze poco significa-tive a livello regionale.Le malattie del sistema circolatorio rappre-sentano la principale causa di morte in quasitutti i paesi dell’Ue. In Italia, il tasso standar-dizzato di mortalità per questa causa è pari a30,4 decessi ogni diecimila abitanti, quello re-lativo ai tumori è pari a 25,9, con valori mag-giori negli uomini (35,5) rispetto alle donne(19,3). I tumori sono la seconda causa di mortesia in Italia sia nel gruppo dei 27 paesi Ue. InItalia, il tasso di mortalità infantile nel 2010 èdi 3,3 decessi per mille nati vivi. Negli ultimidieci anni il valore di questo indicatore ha con-tinuato a diminuire su quasi tutto il territorioitaliano, raggiungendo valori tra i più bassi inEuropa.Nel 2012 i fumatori sono il 21,9 per cen-to della popolazione over 14, i consumatori dialcol a rischio il 14,1 per cento. Risulta inveceobesa una persona di 18 anni e più su 10 (10,4per cento). Vediamo ora nel dettaglio le varievoci riguardanti il capitolo sanità.

Spesa sanitaria pubblicaLa spesa sanitaria pubblica misura quanto vie-ne destinato per soddisfare il bisogno di salutedei cittadini in termini di prestazioni sanitarie.La spesa sanitaria pubblica corrente dell’Italiarisulta nel 2012 (dato provvisorio) di circa 111miliardi di euro, pari al 7,0 per cento del Pil ea 1.867 euro annui per abitante.

Spesa sanitaria delle famiglieNell’area europea il finanziamento pubblicodei servizi sanitari rappresenta la scelta preva-lente. Nel 2011, le famiglie italiane hanno con-tribuito con proprie risorse alla spesa sanitariacomplessiva per una quota pari al 20,6 per cen-to, in calo di oltre due punti percentuali rispettoal 2001. La spesa sanitaria delle famiglie rap-presenta l’1,8 per cento del Pil nazionale.

Offerta ospedalieraIl settore della sanità in Italia si colloca in uncontesto nazionale ed internazionale di crisieconomico-finanziaria tale da dover prosegui-re al ridimensionamento delle risorse a dispo-sizione per l’erogazione dei servizi. Per il 2014è stata pianificata un’ulteriore consistente ri-duzione del livello di finanziamento del Servi-zio sanitario nazionale (1 miliardo di euro a de-correre dall’anno 2014, ex legge n. 228/2012), chesi inserisce in un contesto problematico rispettoal controllo della spesa pubblica, e del numerodei posti letto ospedalieri che a regime dovreb-be attestarsi a 3,7 posti letto ogni mille abitan-ti (di cui lo 0,7 riservato alla riabilitazione e al-la lungodegenza, ex legge 135/2012). A queste ri-duzioni si aggiunge la revisione dello standarddi riferimento pro capite per l’attività di rico-vero ospedaliero, passato da 180 a 160 ricoveriogni mille abitanti (di cui il 25 per cento fa rife-rimento ai ricoveri diurni). Gli indicatori di of-ferta ospedaliera, in questi ultimi anni, hannopresentato una forte tendenza alla riduzionetanto che sono stati presi diversi provvedimen-ti, di carattere nazionale e regionale, finalizza-ti a promuovere lo sviluppo di unmodello di re-te ospedaliera integrato con l’assistenza terri-toriale. Tale riorganizzazione continuerà ad es-sere richiesta alle regioni nei prossimi anni, so-prattutto se presentano un’offerta di posti let-to inferiore allo standard consentito dalla nor-mativa (4,5 posti letto per mille abitanti, chescendono a 3,7 con la normativa del 2012).

Mobilità ospedalieraIl fenomeno della mobilità ospedaliera interre-gionale è particolarmente rilevante sia in ter-mini quantitativi, sia perché riguarda quei pa-zienti che, per motivi di varia natura, si ricove-rano in una regione diversa da quella di resi-denza. Nel complesso, le regioni sono interes-sate da circa 588 mila ricoveri ospedalieri (o di-missioni) di pazienti non residenti (8,4 per cen-

Per la sanità pubblicaspesi 111 mld

Il Report 2012 dell’Istat

Spesasanitaria

Ma restiamo in coda ai principali partner europei. E le famiglie spendono ditasca propria fino a 1.200 euro l’anno, quelle del Centro Nord di più, menoquelle del Sud. È quanto emerge dall’indagine “Noi Italia” dell’Istat.

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to del totale dei ricoveri ordinari per “acuti” nel2011) e da oltre 523 mila ricoveri effettuati daipazienti in una regione diversa da quella di re-sidenza (7,6 per cento, riferito ai soli residentiin Italia). Lemotivazioni che conducono ad ef-fettuare il ricovero lontano dalla propria resi-denza sono diverse. In alcuni casi la mobilità sigiustifica con la vicinanza geografica con strut-ture di altre regioni, oppure dipende dalla pre-senza dell’assistito in altre regioni per motivi distudio o lavoro. In altri casi le motivazioni so-no legate alle condizioni di salute e quindi allanecessità di usufruire di prestazioni di alta spe-cializzazione non erogate dalla propria regioneo alla maggiore fiducia nei servizi ospedalieri dialtre regioni. I principali poli di attrazione so-no concentrati nelle regioni del Centro-Nord.

Ospedalizzazione per tumori e malattie delsistema circolatorioL’ospedalizzazione è di fondamentale rilevanzanella cura della salute, in quanto preposta al trat-tamento dellemalattie gravi; questa tipologia diassistenza assorbe la quota più consistente del-la spesa sanitaria pubblica totale. I tumori e lemalattie del sistema circolatorio sono le pato-logie per cui è più frequente il ricorso all’ospe-dale e anche quelle per cui è più elevata la mor-talità. I ricoveri in regime ordinario (con per-nottamento) per queste diagnosi sono diminui-ti nel tempo. Tale diminuzione è stata più rile-vante per le malattie del sistema circolatorio (-21,5 per cento tra 1999 e 2011) che per i tumori(-16,3 per cento). Ciò dipende dalla tendenza atrattare queste patologie in contesti assistenzialidiversi (day hospital o ambulatori), oltre che daun possibile miglioramento del quadro nosolo-gico. Nel 2011, in Italia si sono registrate 1.214dimissioni ogni 100 mila residenti per i tumorie 2.144 per le malattie del sistema circolatorio.

Mortalità infantileIl tasso di mortalità infantile, vista la correla-zione negativa che lo lega alle condizioni sani-tarie, ambientali e socio-economiche, si può in-terpretare come espressione del livello di svi-luppo e di benessere di un paese. A partire dal2000 il valore di questo indicatore ha conti-nuato a diminuire su tutto il territorio italiano,raggiungendo valori tra i più bassi in Europa,anche se negli anni più recenti si assiste ad unrallentamento di questo trend. Permangono,inoltre, differenze territoriali che vedono ilMez-zogiorno penalizzato. Nel 2010, il tasso di mor-talità infantile è di 3,3 decessi per mille nati vi-vi, valore di poco inferiore a quello osservatonel 2009 (3,4).

Mortalità per malattie del sistema circolatorioLemalattie del sistema circolatorio, tipiche del-

le età adulte e senili, rappresentano la princi-pale causa di morte in Italia e nel gruppo dei 27paesi dell’Ue.Negli ultimi anni, la mortalità perqueste malattie è in diminuzione in tutti i pae-si europei. In Italia, dove il livello di mortalitàè tra i più bassi d’Europa, i tassi sono diminuitiin modo diffuso su tutto il territorio raggiun-gendo nel 2010 il valore di 30,4 decessi ognidiecimila abitanti rispetto al 31,9 osservato nel2009. Gli uomini, con un tasso di 37,3 deces-si per diecimila abitanti, risultano svantaggia-ti rispetto alle donne (25,6).

Mortalità per tumoriI tumori rappresentano la seconda causa dimorte subito dopo le malattie del sistema car-diocircolatorio, sia in Italia, sia nel gruppo dei27 paesi Ue. La diminuzione della mortalitàper tumore è legata al successo di misure diprevenzione primaria, che influiscono sulla ri-duzione del rischio di sviluppare la malattia,così come agli avanzamenti diagnostici e te-rapeutici che aumentano la sopravvivenza deimalati. Nel 2010 il tasso standardizzato dimortalità per tumori in Italia è pari a 25,9 de-cessi ogni diecimila abitanti, in leggero calo

rispetto al valore di 26,3 del 2009. I livelli dimortalità per tumori sono maggiori negli uo-mini (35,5) rispetto alle donne (19,3) sebbenela mortalità degli uomini stia diminuendo neltempo più rapidamente di quella delle donne.

Fumo, alcol e obesità: i fattori di rischioMolte delle malattie croniche, tra le princi-pali cause di morte, si possono prevenire adot-tando stili di vita salutari fin dall’età giovani-le. Il programma “Guadagnare salute” dellaRegione europea dell’Organizzazione mon-diale della sanità (Oms) è stato adottato an-che in Italia dal 2007. Esso sostiene gli inter-venti dei vari settori economici, sanitari e dicomunicazione, atti a contrastare la diffusio-ne dei principali fattori di rischio, quali fumo,alcol, stili alimentari non salutari e sedenta-rietà, questi ultimi strettamente connessi al-l’obesità. In Italia, nel 2012, con riferimentoalla popolazione di 14 anni e più, i fumatorirappresentano il 21,9 per cento, i consumato-ri di alcol a rischio il 14,1 per cento, mentre laprevalenza delle persone obese ammonta al10,4 per cento della popolazione adulta di 18anni e più.

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ImmigrazioneEmigrazione

Piemonte

Valle d'Aosta

Liguria

Lombardia

Bolzano

Trento

Veneto

Friuli-Venezia Giulia

Emilia-Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

6,512,111,59,810,810,8

8,89,4

14,712,0

15,611,1

9,211,3

26,33,2

4,516,0

3,72,42,5

6,620,8

13,73,84,3

15,56,26,35,75,9

10,811,1

7,416,5

20,78,3

7,322,2

17,26,7

5,3

Posti lettonei paesi Ue

Anno 2010(a) (b)(per 1.000 abitanti)

8,2

7,67,2 7,0 6,8

6,6 6,66,4 6,4 6,4 6,4 6,3

5,85,4 5,3

4,8 4,7 4,6 4,5

3,73,5 3,5 3,3 3,2 3,1 3,0

2,7

5,5

Indici di immigrazionee di emigrazioneospedaliera neiricoveri ordinariper acuti per regione

Anno 2011(valori percentuali)

Fonte: Eurostat, Public health

(a) I dati si riferiscono al settorepubblico e a quello privato. Il de-nominatore utilizzato per il cal-colo dellʼindicatore dei posti lettoper abitante è la popolazione re-sidente al 1° gennaio.

(b) Per Bulgaria, Grecia, PaesiBassi si riporta il dato 2009. Idati del Portogallo sono stime, idati del Regno Unito presentanouna discontinuità nella serie.

Fonte: Elaborazioni Istat su datiMinistero della salute

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Giacomo Delvecchio*,Luisella Bettineschi°*DIP. PAC NOCE Ricoveri e°Area Tecnico-patrimoniale della ASL diBergamo,*CommissioneScientifica FondazionePietro Paci

LavoroL’attività lavorativa in medicina , specie in unasocietà altamente strutturata e competitiva co-me l’attuale, una volta soddisfatti i bisogni ele-mentari di Maslow, è primariamente modalitàespressiva della persona declinata nelle sue fun-zioni e nei suoi ambiti individuale, relazionalee sociale.Nell’ambito individuale il lavoro è strumentogratificante per la maturazione della personali-tà nella responsabilità legata ad un compitoma-nuale e intellettuale che fa emergere le abilità,le capacità e le competenze individuali.Nell’ambito relazionale il lavoro del medico èpalestra di incontro cooperativo con gli altri escuola di democrazia secondo i dettati della so-cietà aperta così come la insegna Popper.Nell’ambito sociale il lavoro denota status e ruo-lo di ogni persona ma, oltre a questo, contri-buisce all’organizzazione sociale e all’andamentocoordinato della stessa in modo che, alla fine,quel che ne giova è il bene comune con tuttoquello che tale concetto può significare comecapitale sociale.

Attività prosocialeIl lavoro in sanità ha una peculiarità che lo dif-ferenzia da altre mansioni e professioni. Al pa-ri di pochi altri mestieri è un’attività prosocia-le, ossia, detto in maniera più semplice e im-mediata, è una professione di aiuto. Questa ca-ratterizzazione è ben più di una generica speci-fica etica e deontologica come ci deriva dallastoria della professione e non è ininfluente ri-spetto agli scopi pratici e alle modalità concre-

te dell’esercizio dell’arte medica. Rispetto allealtre professioni la pratica medica soffre quin-di di una “limitazione” oggettiva inerente le at-tività espletate: il limite è dato dalla fiducialitàdel rapporto di cura centrato sulla posizione digaranzia che appartiene alla responsabilità delprofessionista. Potremmo dire questo concet-to invocando l’“alleanza terapeutica” ma taleformulazione che va molto bene per caratte-rizzare la relazione duale tra medico emalato èinsufficiente per caratterizzare socialmentel’esercizio della medicina. L’alleanza terapeuti-ca, che pure è un ideale che va perseguito da tut-ti i clinici, prescinde infatti, in prima battuta,dal principio di giustizia che sottintendeun’equità distributiva delle risorse a disposi-zione per tutti i cittadini. Esercitare l’alleanzanel rispetto dell’equità diventa il nuovomodel-lo per essere medici nella sanità futura.

MissioneLa missione non va confusa con la mission. Lamission è concetto moderno legato all’azien-dalismo in sanità e alla qualità e al managementorganizzativo e al loro efficientismo introdottiforzatamente in medicina recuperandoli dallecultura delle fabbriche e dalla sociologia del la-voro industriale e commerciale (del resto la sa-nità è, oggi, un’azienda e i grandi ospedali sonodegli hub di servizi!); la missione è storicamen-te connaturata con la professione e con la scel-ta motivazionale, che appartiene alla profondanatura delle persone, della professione di cura.Missione e mission possono essere in contrap-posizione. Se la troppa enfasi sul concetto di

Sanità e cambiamento

Che la medicina e la sanità – che non sonola stessa cosa – come istituzione e comeprofessione attraversino un periodo dicrisi è ormai noto a tutti gli osservatorisia dentro che fuori la professione. Senulla possiamo aggiungere alla diagnosi,ben chiara a tutti anche se è più difficileinvocare una via d’uscita che non abbia ilsapore di uno slogan, possiamo però

proporre come spunto per unariflessione condivisa alcune parolechiave, scelte arbitrariamente ma nonirrazionalmente per la loro importanza,tra le tante passibili di essere posteall’attenzione di tutti, mettendonaturalmente al primo posto quella deipraticanti e dei colleghi che lavoranonella sanità pubblica.

Quel lavoro di cuinon riusciamo più a parlare

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missione, per troppo tempo equiparata impro-priamente e retoricamente all’attività missio-naria, ha fatto danno all’immagine del moder-no professionista tecnologico, l’altrettanta en-fasi sulla modernamission – con l’aspetto di unanuova retorica e con tutto quanto comporta agliocchi di chi lavora accanto ai malati – sta pro-vocando danni d’immagine alla professione for-se peggiori di quelli che avrebbe voluto sanare.Basti pensare che la missione porta con sé unaspetto compassionevole, caratterizzato inmo-do negativo nella società moderna nella misurain cui si aggancia al paternalismo; lamission pro-mette, non tanto nascostamente, un efficienti-smo salvifico impossibile da realizzarsi perché,purtroppo, innaturale nel ripromettersi di esau-dire un diritto alla salute che è solo dichiarati-vo. Quel che esiste per tutti, ma solo nell’am-bito di una società solidaristica ed egualitaria,è il diritto alle cure e non alla salute intesa co-me datità biologica.

ComplessitàLa complessità ci accompagna e alla comples-sità, senza tante perifrasi e senza tanti discorsi,il medico è abituato da sempre e comunque benprima di tanti altri. La malattia, infatti, ha na-tura caotica e per questo può essere elevata aparadigma di ogni sistema complesso. Si lavo-ra, poi, così come si vive, in una società com-plessa. Bisogna, però, andare alle radici del con-cetto di complessità. Complessità si contrap-pone a linearità, e questo è palese. Un sistemalineare è un sistema semplice in cui una causadeterministica agisce invariantemente sull’ef-fetto che ne consegue. Complessità si contrap-pone, però, anche a complicato. Complicato èun sistema in cui tante cause diverse, sempre inmaniera deterministica ma dotate ognuna diuna forza diversa, interagiscono tra loro. L’esi-to che ne consegue, in questo caso, non è scon-tatoma non è nemmeno caotico; è un esito chesi può stimare deterministicamente se si cono-scessero tutte le variabili in gioco o, più prati-camente, si può stimare probabilisticamentemal conoscendo tutte le variabili in gioco. Com-plesso è, invece, un sistema in cui anche le va-riabili sono a loro volta variabili nonché impre-dicibili caso per caso, e in cui gli effetti sono le-gati alle cause in maniera esponenziale e il rap-porto tra causa ed effetto riproduce un circui-to a feed-back. In questi casi l’esito non è pre-determinabile se non inmaniera largamente ap-prossimata e smentibile con facilità. Ne conse-gue una cosa essenziale: ossia che, per chi vivein sistemi complessi, viene meno la pretesa or-dinatrice di chi vuole organizzare la realtà e ilsuo futuro secondo moduli rigidi e invarianti.La realtà si autoorganizza inmaniera largamenteindipendente dall’intenzione ordinatrice delle

singole persone. Per questo si dice che il siste-ma complesso, al massimo, si controlla ma nonsi governa. Lavorare nella complessità, infine,insegna al professionista la modestia scientifi-ca, l’umiltà di fronte all’errore e la responsabi-lità scevra però dell’onnipotenza terapeutica.

Selezione e formazionePer avere professionisti adeguati e capaci dimuoversi responsabilmente in una attività conle caratteristiche che sono state indicate si ren-de necessaria una strategia a monte che sappiaselezionare le persone per attitudini persona-li, capacità di critica e di ragionamento logico,intelligenza emotiva, motivazioni. Ora, rima-ne da capire se l’attuale sistema di reclutamentodegli studenti risponde a questi criteri. Ver-rebbe da pensare, piuttosto, ad un sistema direclutamento che privilegi criteri mnemonicie nozionistici funzionali ad una futura praticaprofessionale ripetitiva ed acritica, cioè so-stanzialmente valevole per le assai numerosesituazioni routinarie ma incapace di pianifica-re responsabilmente una divergente iniziativaautonoma di fronte alla complessità emergen-te. A sua volta la formazione di base e specia-listica, se vuol essere proiettata sul futuro, nonpuò essere formazione centrata solo sul pre-sente della professione, purtroppo destinato abreve emivita, ma deve essere formazione cen-trata sulle capacità di automantenimento del-le competenze professionali nel tempo. La for-mazione, per questo scopo, deve essere “in si-tuazione” ossia deve attiva in corsia e in labo-ratorio e non passiva in aula, ossia deve esserecritica sui casi e non nozionistica sui testi. Ildocente deve proporsi come esempio per quat-tro obiettivi didattici essenziali: acquisire unmetodo per lavorare e per imparare, indivi-duare le priorità su cui intervenire, esercitarecapacità assertive e di leadership, praticare unavicinanza empatica coi colleghi e coi malati.

ConoscenzaQuesti obiettivi chiedono un ripensamentodella professione e della formazione alla pro-fessione preliminari prima ancora che con-sensuali ad ogni altro ripensamento organiz-zativo della professione stessa. Perché ancheil ripensamento organizzativo deve essere pre-ceduto da un pensiero riflessivo e deve esserepiegato al ripensamento della professione pe-na un fallimento annunciato. Solo così il cam-biamento dal basso si può accompagnare ad uncambiamento dall’alto e insieme potranno rea-lizzarsi col concorso responsabile e partecipedi tutti gli attori coinvolti alla pari nelle dina-miche trasformative cui è chiamata la profes-sione in un tempo di crisi. Non sappiamo la so-luzione, possiamo però conoscere la strada perla soluzione. Questa passa attraverso la cono-scenza e se questa è la società della conoscen-za, anche la nostra medicina è la medicina del-la conoscenza. Non possiamo rigettare questocompito.

In queste contingenze potrà anche la Fonda-zione Pietro Paci farsi promotrice di riflessio-ni per il cambiamento che tutti vogliono?

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Rosella ZerbiSegreteria nazionaleAnaao Assomed

Grande entusiasmo per poter organizzare a Romala prima conferenza nazionaleAnaao “Donne inmedicina: una nuova sfida per la sanità del futu-ro”, 15 dicembre 2012. Due questionari, uno sul-le condizioni femminili e uno sui Cug. Sono sta-ti gli ultimi questionari “su carta” prima cheAna-ao utilizzasse le rilevazioni on line. Poiché i datielaborati non hanno fornito una significativitàstatistica, abbiamo scelto di non diffonderli. Ab-biamo collaborato con Onaosi proponendo in-novazioni per l’accesso ai bandi a sostegno di fa-sce deboli che considerassero esigenze soprat-tutto dei colleghi più giovani.Abbiamopartecipato all’incontro promosso dal-l’Osservatorio Fnomceo della Professione me-dica e odontoiatrica al femminile in cui si sonoriuniti rappresentanti di tutti i sindacati di cate-goria per discutere su proposte per una riorga-nizzazione del lavoro in sanità. È stata un’occa-sione in cui abbiamo verificato che sullamaggiorparte dei temi c’è unitarietà di visioni e impegno.Le tematiche erano pressoché sovrapponibili aquelle già affrontate nel convegnodiRoma epro-prio in virtù di quei nostri precedenti approfon-dimenti il nostro contributo è stato molto ap-prezzato. E inoltre, proprio in rappresentanzadell’Anaao, abbiamo partecipato come relatricia convegni e congressi di società scientifiche e acorsi delle sedi regionali Anaao.Prossimi appuntamenti: abbiamopromosso e or-ganizzato per il 2014 due corsi di aggiornamen-to con la Fondazione Pietro Paci. Uno su “EbmeMedicina di Genere: strumenti irrinunciabilidi appropriatezza ed efficacia delle cure” e unosu “Cug come strumento di miglioramento del-l’organizzazione del lavoro e del benessere lavo-rativo”. Li consideriamo anche una preziosa oc-casione di incontro e discussione non limitata al-le donne di temi che ancora troppi consideranodi esclusivo interesse femminile.

Ebm e Medicina di Genere: strumentiirrinunciabili di appropriatezza ed efficaciadelle cureSullamedicina di genere da circa 20 anni si stan-nodiffondendo e consolidando le evidenze scien-tifiche chemaschi e femmine non sono uguali di

fronte allemalattie, ma presentano significativedifferenze nell’insorgenza, nello sviluppo, nel-l’andamento e nella prognosi delle stesse. È inol-tre noto che identici trattamenti farmacologicideterminino effetti, interazioni e reazioni avversediversi su uomini e su donne e che alcune pato-logie siano sottostimate nelle donne e altre ne-gli uomini. Conoscere tali differenze è indispen-sabile per l’appropriatezza delle cure, il buon usodelle risorse e l’ottimizzazione dell’organizza-zione dei servizi sanitari.

Il Cug: strumento di miglioramentodell’organizzazione del lavoro e del benesserelavorativoSui Cug occorre ammettere che sono spessomi-sconosciuti, sottovalutati nelle loro potenziali-tà. Eppure aiCug sono attribuite funzioni di stru-mento propositivo, di consultazione e verifica invari ambiti tra cui l’organizzazione del lavoro nel-le aziende e il benessere sui posti di lavoro.Hanno poteri consultivi su progetti di riorga-nizzazione, piani di formazione del personale,orario di lavoro, forme di flessibilità lavorativa,

interventi di conciliazione, criteri di valutazionedel personale, contrattazione integrativa sui te-mi che rientrano nelle proprie competenze.Hanno compiti di verifica sui risultati delle azio-ni positive, dei progetti e delle buone pratiche inmateria di pari opportunità, sugli esiti delle azio-ni di promozione del benessere organizzativo eprevenzione del disagio lavorativo, sugli esiti del-le azioni di contrasto alle violenze morali e psi-cologiche nei luoghi di lavoro –mobbing.

Modifiche "di genere" introdotte dal nuovoStatuto Anaao AssomedNonostante l’esperienza personale di alcune dinoi in Anaao si sia snodata in un ambiente aper-to, accogliente e inclusivo in egualmodo verso leiscritte e gli iscritti, è tuttavia evidente che perle donne Anaao gli organismi nazionali sono dasempre preclusi, con minimi cambiamenti nel-l’ultimoquadriennio. Infatti se è vero che le spin-te dal basso simoltiplicano, nel senso dimaggioriiscrizioni amedicina e di progressivo inserimen-to nella professione e maggior presenza nel sin-dacato, c’è da rilevare che l’accesso alle carriere

Sono molte le attività che hanno visto le donne dell’Anaao Assomed impegnateper sostenere e valorizzare il ruolo delle professioniste nella sanità. In questepagine le cose fatte e quelle in agenda

Donne in prima linea

Le politiche di genere dell’Anaao Assomed

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segue a pag 16

Proponiamo un contraddittorioche ci permette di evidenziareopinioni, giudizi e pregiudizi cheabbiamo spesso sentito in questianni. Con un sorriso e lo sguardosempre avanti.

1. Le donne iscritte al sindacato Anaao Assomedsono circa la metà degli iscritti, ma la loro par-tecipazione, stando ai numeri delle elette nel-le varie cariche, appare di gran lunga irrilevan-te rispetto ai colleghi maschi. È lo specchio didistacco e disinteresse?

VERO Non hanno mai tempo, preferiscono pensarealla famiglia……FALSO Le donne hanno più difficoltà oggettive a par-tecipare attivamente alla vita del sindacato. Se gio-vani e con figli piccoli se lo possono permettere esclu-sivamente quelle che hanno alle spalle un'organiz-zazione familiare che glielo consente.FALSO La partecipazione delle donne esiste, ma spes-so non appare …. Le donne si iscrivono al sindacatoperché credono nella tutela e nella partecipazione.È una distorsione/torsione del sistema quella che lelascia ai margini della partecipazione/organizzazio-ne sindacale. Ci sono colleghe che fanno il lavoro pre-paratorio degli incontri sindacali, tengono i collega-menti tra gli iscritti, scrivono lettere e documenti chespesso vengono utilizzati e/o firmati da altri.

2. È opportuna un’azione positiva per favorire l’in-serimento delle donne nei ruoli sindacali?

SI, perché abbiamo potuto riscontrare sopratutto nel-le realtà periferiche, che quando riescono ad occu-parsi di sindacato, essendo le donne multitasking pernatura e ricoprendo nella vita quotidiana molti ruoli,sono molto proattive e capaci di trovare soluzioni“non comuni”.SI, almeno transitoriamente è necessario forzare ilpregiudizio culturale per favorire il cambiamento econsolidarlo con l’esperienza. Il fatto di esserci di persé crea proselitismo.No, perché le quote rosa sono umilianti, come è umi-liante che le donne vengano trattate come una riser-va da proteggere. E poi si sa che chi merita riesce.Se si candidano e vengono votate, nulla in contrario!

3. Le donne hanno in modo significativo incom-benze extra lavorative e extra sindacali.

VERO Perché figli piccoli, genitori anziani o disabilisono prevalentemente incombenza femminile, so-prattutto perché in Italia non esiste ancora una retesociale capillare che sia d'aiuto , come esiste in tan-ti altri paesi europei.

FALSO Perché nella loro lunga vita lavorativa alter-nano periodi di maggiore e minore disponibilità. Nonsi può generalizzare. I figli ad esempio impegnanosolo una piccola percentuale delle colleghe (il 30%non ha figli e la metà del rimanente ne ha uno solo)e non tutte hanno genitori anziani….

4. Le donne non si candidano.FALSO Hanno solo più ritrosia a farlo per timore dinon poter dare il meglio. Sentono molto l’impegno espesso pretendono troppo da se stesse.VERO Forse non sempre. Però non si trovano!

5. Le donne non sono interessate all’attività sin-dacale.

VERO Per molte di loro il lavoro e tutto ciò che lo ri-guarda non sono prioritari.FALSO Se non fossero interessate e non ci credes-sero, non si iscriverebbero così numerose. Hannotempi di partecipazione differenti, in alcuni periodidella loro vita possono oggettivamente avere menotempo dei colleghi uomini. Ma ciò non impedisce amolte di partecipare validamente alle riunioni e alletrattative aziendali e regionali. Nulla possiamo diredelle trattative nazionali, non avendo ancora mai fat-to parte di una delegazione trattante …FALSO Attualmente le differenze di genere risento-no di quanto già espresso sopra. In generale, rilevoche molti colleghi siano poco interessati all'attivitàsindacale, perché il tempo lavorativo in realtà si è am-pliato (ma non nel contratto, né nella busta paga) erimane poco tempo per se stessi.

6. Sulla opportunità di formalizzare una sezionenazionale Anaao donne

SONO D’ACCORDO Potrebbe essere utile ad esem-pio per riuscire a trovare equilibri tra tempo lavoro-tempo sindacale, per far emergere e trovare soluzionia tutte le problematiche di genere attualmente esi-stenti, in una professione che si tinge sempre più dirosa.NON SONO D’ACCORDO Il sindacato trae massimaforza dal suo essere collettore di contraddittorio, diesperienze e di idee, anche divergenti. Una sezionedonne comporterebbe anche una sezione uomini…non si riesce ad immaginare come si potrebbe lavo-rare.

7. Il piede del 20% di rappresentatività di gene-re è:

POSITIVO Un inizio. È un minimo di rappresentativi-tà, e può essere di incentivo a trovare e coinvolgeresempre di più colleghe che si vogliano occupare at-tivamente di sindacato.NEGATIVO Troppo basso. Decisamente umiliante!

Le donne nel sindacato

apicali nella professione e alle cariche sindacali èancora un processo lento e il riequilibrio di ge-nere troppo lontano, se solo basato sul “natura-le” progredire delle tendenze in atto.Perciò insieme al gruppo di lavoro Anaao “Poli-tiche di genere” e a molte colleghe e alcuni col-leghi ho condiviso e sostenuto con convinzionee tenacia la necessità che il nuovo statuto preve-desse che tutti gli organismi dell’Associazioneuna sogliaminima del 30%di rappresentanza digenere. Non si tratta di quote azzurre o rosa, sitratta di un criterio di garanzia di democrazia ne-cessario e indifferibile. Certo l’applicazione del-la soglia è dapprima a favore dell’incremento del-la presenza femminile, ma domani potrebbe es-sere di garanzia e a favore della componentema-schile. L’equa rappresentanza di entrambi i ge-neri negli organismi elettivi e partecipativi è unagaranzia democratica e costituzionale (art. 3 del-la Costituzione italiana) e anche una scelta ra-zionale e opportunistica. Se è vero, come è vero,che le intelligenze e le competenze sono equa-mente distribuite tra uomini e donne pensiamoche sia interesse dell’Anaao Assomed non pri-varsi più del contributo della sua ampia compo-nente femminile. Ecco dunque gli articoli delnuovo Statuto che segnano la differenza per larappresentanza di genere tra prima e dopo Ca-serta. Due le novità su cui ci soffermiamo: l’ob-bligatorietà di una rappresentanza di entrambi igeneri con una soglia minima del 20% (articolo30) e l’introduzione, fra gli scopi dell’associazio-ne, delle tematiche di conciliazione, con eviden-ti ricadute su prossime contrattazioni. Sono no-vità fondamentali.

2010 Statuto Anaao Assomed Silvi MarinaArticolo 28 - Pari opportunitàNella composizione degli organismi dirigenti del-l’associazione a livello nazionale, regionale edaziendale va garantita la presenza di entrambi igenerimaschile e femminile assumendo come ri-ferimento tendenziale la percentuale della sud-divisione di genere sul totale degli iscritti.

2013 Statuto Anaao Assomed CasertaArticolo 4 comma 4 lettera hScopi dell’Associazione sono:h) garantire le pari opportunità di accesso, svi-luppo ed esercizio della professione, ivi compre-se le politiche di conciliazione lavoro-famiglia, aprescindere dal genere, dall’età, dalle origini geo-grafiche e sociali, dalla presenza di disabilità, dal-le opinioni politiche, dalle credenze religiose odagli orientamenti sessuali.

Articolo 30 Rappresentanza di genereNella composizione degli organismi dirigenti del-l’Associazione a livello nazionale, regionale edaziendale va garantita la presenza di genere as-sumendo come riferimento tendenziale la per-centuale della suddivisione di genere sul totaledegli iscritti e comunque in proporzione non in-feriore al 20%. Sono 40 caratteri che faranno ladifferenza: “e comunque in proporzione non in-feriore al 20%.”Questi 40 caratteri trasformanol’articolo 28 “Pari opportunità” dello StatutoAna-ao 2010 di SilviMarina nel “rivoluzionario” arti-colo 30 “Rappresentanza di genere” dello Statu-

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Nel contesto del dibattito su un presunto cam-biamento del ruolo del medico che sarebbeoggi in atto, si afferma da alcune parti che èfinita la stagione dell’autoreferenzialità basa-ta sulla mitologia della centralità e primaziamedica. Ebbene, premettendo che effettiva-mente nel corso dei 2500 anni circa di attivi-tà dei medici molti sono entrati nel mito e nel-la leggenda a cominciare da Ippocrate e chetuttora la medicina non è una scienza esatta econserva per sua natura svariate caratteristi-che di “arte”, questa autoreferenzialità vieneripetutamente e ricorrentemente sancita dal-la massima giurisprudenza italiana che delineachiaramente e perentoriamente proprio ilcompito del medico di oggi, che, nella sua so-litudine, deve farsi carico di vitali decisionisulla persona malata. In pratica si impone almedico proprio di essere autoreferenziale. Èlui il garante del malato.Afferma la Corte di cassazione (sentenza1873/2010 - IV Sezione penale) “... la direttricedel medico non può che essere quella di rap-portare le proprie decisioni solo alle condizio-ni del malato, del quale è, comunque, respon-sabile. - ... i principi fondamentali che regola-no, nella vigente legislazione, l’esercizio dellaprofessionemedica, richiamano da un lato il di-ritto fondamentale dell’ammalato di essere cu-rato e anche rispettato come persona, dall’al-tro, i principi dell’autonomia e della responsa-bilità delmedico, che di quel diritto si pone qua-le garante nelle sue scelte professionali. ... Nelpraticare la professione dunque, il medico de-ve, con scienza e coscienza, perseguire un uni-co fine: la cura del malato utilizzando i presididiagnostici e terapeutici di cui al tempo dispo-ne la scienza medica, senza farsi condizionareda esigenza di diversa natura, da disposizioni,considerazioni, valutazioni, direttive che nonsiano pertinenti rispetto ai compiti affidatiglidalla legge ed alle conseguenti relative respon-sabilità. ... a nessuno è consentito di anteporrela logica economica alla logica della tutela del-la salute, né di diramare direttive che, nel ri-spetto della prima, pongano in secondo pianole esigenze dell’ammalato. Mentre il medico,che risponde anche ad un preciso codice deon-tologico, che ha inmaniera più diretta e perso-nale il dovere di anteporre la salute del malatoa qualsiasi altra diversa esigenza e che si pone,

rispetto a questo, in una chiara posizione di ga-ranzia, non è tenuto al rispetto di quelle diret-tive, laddove esse siano in contrasto con le esi-genze di cura del paziente e non può andareesente da colpa ove se ne lasci condizionare, ri-nunciando al proprio compito e degradando lapropria professionalità e la propria missione alivello ragionieristico”.Più esplicito il primo presidente emerito dellaCorte di cassazione, VincenzoCarbone, che haaffermato, in un convegno lo scorso anno 2012,che imedici “possono non ottemperare alle nor-me dell’ordinamento qualora queste contrasti-no con gli scopi della professionemedica”. E laIV Sezione penale della Cassazione nella re-centissima sentenza 11493/2013 depositata l’11marzo, nel confermare la condanna di un gine-cologo campano che aveva provato a discolpar-si citando le linee guida regionali sui criteri discelta tra cesareo e parto naturale, coglie l’oc-casione per ribadire che le linee guida non de-vono essere ispirate a esclusive logiche di eco-nomicità della gestione, sotto il profilo del con-tenimento delle spese, in contrasto con le esi-genze di cura del paziente”. Il medico ha dun-que “il dovere di disattendere indicazioni strin-genti dal punto di vista economico che si risol-vano in un pregiudizio per il paziente”.Dunque nell’obbligo (e non nella facoltà) im-posto al medico di non ottemperare a disposi-zioni o direttive, pena una sua imputazione, sele ritiene (discrezionalmente e nella sua solitu-dine) dannose per il paziente, risiede proprioquella autoreferenzialità che tanto infastidiscequalcuno.Ma a tale obbligo consegue anche unaltro aspetto, la “primazia medica”: attenzione,anche questa caratteristica è un obbligo in quan-to la responsabilità diretta e individuale impo-sta giuridicamente al medico nelle sue decisio-ni, comportano che sia lui l’attore che “condu-ce” le operazioni relative a tutto ciò che va fat-

to per curare e/o salvare il malato, e lui il leaderdesignato e obbligato a ciò. Su un altro aspettodi questa peculiarità medica è intervenuta an-che un’altra recentissima sentenza della IV Se-zione penale della Cassazione (26966/2013, de-positata il 20 giugno 2013) che, respingendo ilricorso di unmedico condannato per omicidiocolposo, stabilisce che è invece responsabile deidanni subiti dal paziente se non si dissocia dal-la scelta del direttore e ne risponde (nella fatti-specie omicidio colposo): “il medico che insie-me al direttore del reparto compie attività sa-nitaria, non può pretendere di essere sollevatoda responsabilità ove ometta di differenziare lapropria posizione, rendendo palesi i motivi chelo inducono a dissentire dalla decisione even-tualmente presa dal primario”.E nelle esplicite ed emblematiche sentenze del-la Suprema Corte è insita a mio avviso anche larisposta a chi afferma che è ora di dire in checosa consiste l’atto medico. Ebbene, l’atto me-dico, la cui definizione è stata peraltro appro-vata lo scorso 25 aprile a Bruxelles nel corso del-l’ultimo meeting dell’Uems (Unione europeadei medici specialisti), non va inteso riduttiva-mente come qualcosa fatta al paziente (inie-zione, intervento chirurgico, radiografia, pre-lievo ecc.) ma come la decisione, la conduzionee parte o tutta l’esecuzione di tutto ciò che è ri-tenuto necessario alla diagnosi, alla terapia e al-la guarigione di unmalato, rispondendone uni-camente al malato stesso e alla propria co-scienza. È sempre stato così nel corso dei seco-li e delle rivoluzioni in ogni campo, è cosi oggie credo sarà cosi anche in futuro perché il ma-lato ha sempre più bisogno di una presa in cari-co umana e certa del proprio caso.Se i legislatori voglionomodificare ciò possonofarlo con le leggi; ma attenzione, il medico, nel-l’interesse del malato, deve seguire prima di tut-to il giuramento di Ippocrate.

Il medico è il garante delmalato, non va dimenticato

Autoreferenzialità e professione

Antonio CiofaniResponsabile Strutturacomplessa di Nefrologiae dialisi, Ospedale SpiritoSanto, Pescara -consigliere nazionaleAnaao Assomed

L’atto medico va inteso come la decisione, la conduzione e parte otutta l’esecuzione di tutto ciò che è ritenuto necessario alladiagnosi, alla terapia e alla guarigione di un malato, rispondendoneunicamente al malato stesso e alla propria coscienza. Se i legislatorivogliono modificare ciò possono farlo con le leggi, ma il medico,nell’interesse del malato, deve seguire prima di tutto il giuramentodi Ippocrate.

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senza dello stesso, pena l’annullabilità dell’attoamministrativo.Sul punto è bene precisare che le nuove funzio-ni consultive attribuite dal Legislatore al Col-legio di direzione (ossia all’organo aziendale in-dividuato ed istituito dalle Regioni ai sensi del-l’art. 17 del D.lgs. n. 502/1992), non possono es-sere interpretate, neppure in senso lato, comeun’abrogazione implicita della normativa col-lettiva vigente in materia di Alpi che prevede,come noto, l’obbligo di contrattazione decen-trata con le Oo.Ss. per la definizione o la modi-fica dell’atto di regolamentazione aziendale del-la libera professione intramuraria.Né a tale conclusione si può giungere sulla scor-ta di quanto prevede lo stesso art. 17 del D.lgs.n. 502/1992 (così come modificato dallo stessoDecreto Balduzzi – v. lett. f) del comma 1 del-l’art. 4, D.L. 13 settembre 2012, n. 158), secondocui “il collegio di direzione, in particolare, con-corre al governo delle attività cliniche, parteci-pa alla pianificazione delle attività, incluse la ri-cerca, la didattica, i programmi di formazionee le soluzioni organizzative per l'attuazione del-l'attività libero-professionale intramuraria”.Come è facilmente evincibile dal tenore lette-rale della norme sopra richiamate, il Collegio diDirezione non determina in alcun modo la di-sciplina aziendale sull’esercizio della libera pro-fessione intramuraria, avendo per lo più un “ruo-lo partecipativo” – insieme ad altri soggetti –nell’individuazione di possibili soluzioni orga-nizzative per attuare l’Alpi, oltre, come detto,ad un “ruolo consultivo” (parere) con riguardoall’individuazione degli spazi aziendali da ren-dere disponibili per la libera professione intra-muraria.Al di fuori di tale ambito, quindi, continuano atrovare applicazione le regole stabilite dalla con-trattazione collettiva nazionale, e nello specifi-co, l’art. 54 comma 1, del Ccnl 8.6.2000 il qua-le stabilisce che “..a tutto il personale medicocon rapporto esclusivo è consentito lo svolgi-mento dell’attività libero professionale all’in-terno dell’azienda, nell’ambito delle struttureaziendali individuate con apposito atto adotta-to dall’azienda con il concorso del Collegio didirezione previsto dall’art. 17 del d.lgs. 502/1992e con le procedure indicate nell’art. 4, comma

La materia dell’attività libero professionale in-tramuraria dei dirigenti medici (Alpi) è stata og-getto di un importante intervento normativoad opera della cosiddetta Riforma Balduzzi -Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, con-vertito in Legge 8 novembre 2012, n. 189 - la cuiattuazione concreta, in ambito locale, ha peròsollevato dubbi di compatibilità con la vigentenormativa collettiva e, in particolare, con il ruo-lo riservato alla contrattazione decentrata perla disciplina della libera professione all’internodelle strutture aziendali e per la definizione del-le tariffe professionali.Come noto, la Riforma nell’intento di confina-re quanto più possibile l’esercizio della LPI deidirigenti medici nell’ambito di strutture azien-dali, così superando il regime derogatorio dellac.d. “intramoenia allargata” (ossia l’esercizio del-la LP presso studi privati autorizzati), ha ap-portato alcunemodifiche alla Legge n. 120/2007(Disposizioni in materia di attività libero-pro-fessionale intramuraria e altre norme in mate-ria sanitaria), demandando alle Regioni il com-pito di favorire l’individuazione, da parte delleaziende, degli spazi per l’esercizio dell’ALPI edin mancanza, di realizzare - in via sperimentale- un’infrastruttura telematica per l’esercizio re-siduale della libera professione presso gli studiprofessionali privati collegati tra loro in un si-stema di rete.In particolare, il D.L. 158/2012 ha previsto chele singole aziende sanitarie, sulla scorta di spe-cifici provvedimenti regionali adottati previaconsultazione con le organizzazioni sindacalimaggiormente rappresentative:a) procedano ad una ricognizione straordinariadegli spazi disponibili per l'esercizio dell'attivi-tà libero professionale, comprensiva di una va-lutazione dettagliata dei volumi delle presta-zioni rese nell'ultimo biennio, in tale tipo di at-tività presso la strutture interne, le struttureesterne e gli studi professionali;b) sulla scorta della predetta ricognizione, ven-gano autorizzate dalla Regione, ove ne sia ade-guatamente dimostrata la necessità e nel limi-te delle risorse disponibili, ad acquisire, trami-te l'acquisto o la locazione presso strutture sa-nitarie autorizzate non accreditate, nonché tra-mite la stipula di convenzioni con altri sogget-

ti pubblici, spazi ambulatoriali esterni, azien-dali e pluridisciplinari, per l’esercizio di attivi-tà sia istituzionali sia in regime di libera pro-fessione intramuraria ordinaria, i quali corri-spondano ai criteri di congruità e idoneità perl'esercizio delle attività medesime;c) ed, infine, ove non risultino disponibili i pre-detti spazi, vengono ammesse dalla Regione adadottare un programma sperimentale che con-senta lo svolgimento dell’attività LP, in via re-siduale, presso gli studi privati dei singoli pro-fessionisti collegati in una infrastruttura di re-te - in voce o in dati - tra l'azienda e le singolestrutture nelle quali vengono erogate le presta-zioni di attività libero professionale intramura-ria (cfr. art. 1, comma 4, lett. a-bis) Legge n.120/2007, così come modificato dal D.L. n.158/2012).Nel descritto quadro, è opportuno evidenziaredue aspetti della disciplina: da un lato l’indivi-duazione e l’organizzazione degli spazi e, dal-l’altro lato, la “rimodulazione” delle tariffe pro-fessionali per sostenere i costi di realizzazioneed implementazione dell’infrastruttura di rete.

A) L’organizzazione degli spaziCon riferimento alla prima questione, la leggestabilisce che l’acquisizione degli spazi indivi-duati da parte delle singole aziende “deve avve-nire previo parere da parte del collegio di dire-zione di cui all'articolo 17 del decreto legislati-vo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modi-ficazioni. Qualora quest'ultimo non sia costi-tuito, il parere è reso da una commissione pari-tetica di sanitari che esercitano l'attività libe-ro-professionale intramuraria, costituita a li-vello aziendale” (v. art. 1, comma 4, Legge n.120/2007 così come modificato dal D.L. n.158/2012).Sebbene non vincolante, tuttavia, il parere delcollegio di direzione o della commissione pari-tetica deve essere in ogni caso preventivamen-te richiesto e acquisto dall’azienda, in quantorappresenta un preciso obbligo procedimenta-le imposto dalla legge, sicché il conseguenteprovvedimento aziendale di acquisizione deglispazi per l’esercizio dell’Alpi può anche disco-starsi, con adeguata motivazione, dal contenu-to del parere, ma non può essere adottato in as-

TUTELA LAVOROAvv. Vincenzo Bottino

Consulente legale Anaao Assomed

Disciplina AlpiTra riforma Balduzzie negoziazione aziendale

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16 Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

dmdirigenzamedicaSede di Roma:via XX Settembre, 68tel. 06.4245741 -Fax 06.48.90.35.23Sede di Milano:via D. Scarlatti, [email protected]

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Diritto alla riservatezza: “Dirigenza Medica”garantiscela massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonatinel rispetto della legge 675/96

StampaSTRpress, Pomezia (Rm)

Costo a copia: euro 2,50

Finito di stamparenel mese di febbraio 2014

segue da pag 13�

Donne in prima linea

2, lettera g)”, che sono, appunto, quelle del-la contrattazione collettiva integrativa conle rappresentanze sindacali aziendali.Ciò è implicitamente confermato dalla stes-sa Legge n. 120/2007 – così come modifica-ta dal decreto Balduzzi – nella parte in cuidispone che “le regioni..procedono all'indi-viduazione e all'attuazione delle misure di-rette ad assicurare, in accordo con le orga-nizzazioni sindacali delle categorie interes-sate e nel rispetto delle vigenti disposizionicontrattuali, il definitivo passaggio al regi-me ordinario del sistema dell'attività libero-professionale intramuraria della dirigenza sa-nitaria, medica e veterinaria del Servizio sa-nitario nazionale..” (art. 1, comma 2, Leggen. 120/2007).Il mancato rispetto delle predette procedu-re di contrattazione integrativa previste dalcontratto nazionale, a partire dalla fase di in-formazione preventiva (v. artt. 4 e 6 del Ccnl5.11.2005), o anche l’assenza di una reale trat-tativa tra le parti, possono integrare gli estre-mi del comportamento antisindacale con-sentendo, quindi, all’organismo sindacale ter-ritoriale di ricorrere, previa formale diffida,al rimedio giurisdizionale previsto dall’art.28 dello Statuto dei lavoratori (legge n.300/1970) per la repressione della condottaantisindacale, da cui può derivare l’annulla-mento dei provvedimenti amministrativiadottati in violazione delle procedure sin-dacali.

B) La definizione delle tariffeLa seconda questione che merita un appro-fondimento è, come accennato, quella dellarideterminazione delle tariffe professionaliper sostenere i costi di realizzazione e im-plementazione dell’infrastruttura di rete.Anche in questo caso spetta alle singole Re-gioni, attraverso proprie disposizioni, ga-rantire a livello aziendale la predisposizionee l’attivazione della suddetta rete per il col-legamento in voce o in dati, precisando lefunzioni e le competenze dell'azienda sani-taria e del professionista, e prevedendol'espletamento del servizio di prenotazione,l'inserimento obbligatorio e la comunica-zione, in tempo reale, all'azienda sanitariacompetente, dei dati relativi: all'impegnoorario del sanitario, ai pazienti visitati, alleprescrizioni ed agli estremi dei pagamenti,anche in raccordo con le modalità di realiz-zazione del fascicolo sanitario elettronico(cfr. art. 1, comma 4, lett. a-bis), L. 120/2007).Il tutto deve avvenire, garantendo la prote-zione dei dati personali dell’utente e secon-

do precise modalità tecniche contenute nelDecreto Ministeriale 21 febbraio 2013. Traqueste si segnala anche il diritto per gli uti-lizzatori del sistema a ricevere un’adeguataformazione ed un servizio di Help-desk.Per quanto riguarda gli oneri di realizzazio-ne dell’infrastruttura, la legge stabilisce chesi provvede “mediante adeguata ridetermi-nazione delle tariffe operata in misura taleda coprire i costi della prima attivazione del-la rete, anche stimati in via preventiva” (art.1, co. 4, lett. a-bis) L. 120/2007).Sul punto è importante evidenziare che lalegge (art. 1, comma 4, lett. c), L. 120/2007),in linea con la disciplina contrattuale - art.57, Ccnl 8.6.2000 -, prevede che la rideter-minazione delle tariffe deve avvenire “d'in-tesa con i dirigenti interessati e previo ac-cordo in sede di contrattazione integrativaaziendale”, nell’ambito del quale saranno de-finiti gli importi che l’assistito dovrà corri-spondere, con ciò confermando il caratterevincolante della negoziazione decentrata, lacui violazione è, come detto, censurabileme-diante ricorso per comportamento antisin-dacale.Sempre secondo la legge, l’importo per ognisingola prestazione professionale in Lpi - in-dividuato nell’ambito della contrattazioneaziendale - deve essere idoneo a:a) remunerare i compensi del professionista,dell'equipe e del personale di supporto, arti-colati secondo criteri di riconoscimento del-la professionalità;b) remunerare i costi pro-quota per l'am-mortamento e la manutenzione delle appa-recchiature (fatti salvi i costi della strumen-tazione necessaria per il collegamento in re-te e per la tracciabilità dei pagamenti che re-stano a carico del titolare dello studio);c) assicurare la copertura di tutti i costi di-retti ed indiretti sostenuti dalle aziende, ivicompresi quelli connessi alle attività di pre-notazione e di riscossione degli onorari equelli relativi alla realizzazione dell'infra-struttura di rete.Infine, è previsto che nell'applicazione deipredetti importi, quale ulteriore quota, ol-tre quella già prevista dalla vigente discipli-na contrattuale, una somma pari al 5% delcompenso del libero professionista vengatrattenuta dall’Azienda del Servizio sanita-rio nazionale per essere vincolata ad inter-venti di prevenzione ovvero volti alla ridu-zione delle liste d'attesa secondo le modali-tà dell’impegno aggiuntivo di cui all’art. 55,comma 2 del Ccnl 8.6.2000 (v. sempre art. 1,comma 4, lett. c)).

to diCaserta 2013. I temi della scarsa presenza fem-minile aimassimi livelli dirigenziali e decisionali siaprofessionali che politici si rincorrono da anni dauna conferenza all’altra, da un convegno all’altro:l’analisi è ormai matura, è tempo di agire. L’Ana-ao fa un passo concreto e tangibile verso il supe-ramento del gender gap.

Sebbene le citate modifiche statutarie siano stateapprovate ad amplissimamaggioranza, va detto pe-rò che gran parte delle colleghe riteneva che il 20%fosse un piede troppo basso, umiliante per moltimotivi, non ultimo la proporzione iscritte/iscrit-ti. Personalmente anche io ho provato profondaamarezza e umiliazione quando in una delle ulti-me riunioni del gruppo di lavoro sulle modifichestatutarie mi è stato chiaro, perché esplicitamen-te detto dai più, che la nostra proposta del 1/3 e 2/3non sarebbemai passata e che il 20% (1/5 e 4/5) po-teva rappresentare la soglia. La mia amarezza eraacuita dal fatto che in Piemonte, la mia regione,tutti gli organismi, eccetto i consiglieri nazionali,esprimono da tempo donne dal 30 al 40%. Che fa-re? Fra colleghe abbiamo valutato che l’arroccarsisu “tutto o nulla” comportava l’elevatissimo rischioche il nuovo regolamento replicasse quel vecchioarticolo 28 che ben declarava e nulla imponeva.Consapevoli che in alcune realtà regionali e azien-dali il piede del 20% è ininfluente, ma in altre è ri-voluzionario e che gli organismi nazionali sono ap-pannaggio quasi esclusivomaschile, abbiamo rite-nuto che un 20% potesse rappresentare una con-creta seppurminima svolta omogenea in tutta l’as-sociazione, un reale primo passo.Ed oggi, superata l’iniziale frustrazione, siamo piùottimiste perché il nostro statuto esprime chel’Anaao primo fra tanti sindacati, concretamente“fa”. Si realizza quanto costantemente affermatodal Segretario nazionale sulla necessità indifferi-bile di ampliare al massimo la partecipazione alledonne e ai giovani. Possiamo allora con orgoglioaffermare che lo Statuto di Caserta rappresenta unfatto chemarca nettamente la differenza sulla rap-presentanza di genere tra il nostro sindacato e glialtri sindacati di categoria, traAnaao e le istituzionio enti che ci rappresentano, come medici e diri-genti sanitari, o in cui siamo rappresentati. Ci au-guriamo che altri percorrano la stessa strada. A noicolleghe il compito di continuare a svolgere al me-glio attività sindacale e professionale proponendocie accettando dimetterci in gioco senza timori, esi-gendo ciò che ci è dovuto e soprattutto senza pre-tendere sempre da noi stesse più di quanto accet-tiamo come ben fatto dai nostri colleghi.

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