Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e...

41
.: Sommario Redazionale | Il secondo Speciale su scuola, università e ricerca | a cura di Michele Manocchi | 3 Professione Sociologo Dall’accesso al successo (e ritorno). Note sulla proposta delle classi di inserimento. Come combattere un’idea mettendola in pratica | a cura di Manuela Ronco, Arianna Santero, Emanuela Struffolino | 4 Professione Sociologo | Migranti a scuola in Italia. Il modello delle quattro “v”: velocità, varietà, valorizzazione interculturale, volontarismo | a cura di Arianna Santero | 6 Professione Studente | Intervista a Carla Bonino e Grazia Scala | a cura di Manuela Ronco | 9 Professione Studente | Intervista a Vanda Losco | a cura di Manuela Ronco e Emanuela Struffolino | 12 Professione Studente | Intervista a Laura Manassero | a cura di Manuela Ronco e Emanuela Struffolino | 16 Professione Sociologo | Intervista ad Andrea Torre e Luca Queirolo Palmas | a cura di Michele Manocchi e Arianna Santero | 19 Professione Sociologo | Quell’inutile linea dura sull’immigrazione | di Maurizio Ambrosini, www.lavoce.info del 13.02.2009 | 22 Professione Sociologo | Classi ponte? Un’invenzione italiana | di Maurizio Ambrosini, www.lavoce.info del 28.10.2008 | 24 >>> www.newsletterdisociologia.unito.it Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 .: Scrivi alla Redazione: [email protected]. .: Mandaci i tuoi suggerimenti e segnalaci iniziative interessanti: ne faremo buon uso. .: E se vuoi darci una mano, contattaci: la redazione è sempre aperta! Bimestrale dei corsi di studi in Sociologia e Ricerca Sociale (triennale) e in Sociologia (specialistica interfacoltà) Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero, Rocco Sciarrone. Caporedattori: Michele Manocchi, Arianna Santero, Emanuela Struffolino.

Transcript of Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e...

Page 1: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

.: Sommario

Redazionale | Il secondo Speciale su scuola, università e ricerca | a cura di Michele Manocchi | 3

Professione Sociologo Dall’accesso al successo (e ritorno). Note sulla proposta delle classi di inserimento. Come combattere un’idea mettendola in pratica

| a cura di Manuela Ronco, Arianna Santero, Emanuela Struffolino | 4

Professione Sociologo | Migranti a scuola in Italia. Il modello delle quattro “v”: velocità, varietà, valorizzazione interculturale, volontarismo

| a cura di Arianna Santero | 6

Professione Studente | Intervista a Carla Bonino e Grazia Scala | a cura di Manuela Ronco | 9

Professione Studente | Intervista a Vanda Losco | a cura di Manuela Ronco e Emanuela Struffolino | 12

Professione Studente | Intervista a Laura Manassero | a cura di Manuela Ronco e Emanuela Struffolino | 16

Professione Sociologo | Intervista ad Andrea Torre e Luca Queirolo Palmas | a cura di Michele Manocchi e Arianna Santero | 19

Professione Sociologo | Quell’inutile linea dura sull’immigrazione | di Maurizio Ambrosini, www.lavoce.info del 13.02.2009 | 22

Professione Sociologo | Classi ponte? Un’invenzione italiana | di Maurizio Ambrosini, www.lavoce.info del 28.10.2008 | 24

>>>

www.newsletterdisociologia.unito.it

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

.: Scrivi alla Redazione: [email protected].

.: Mandaci i tuoi suggerimenti e segnalaci iniziative interessanti: ne faremo buon uso.

.: E se vuoi darci una mano, contattaci: la redazione è sempre aperta!

Bimestrale dei corsi di studi in Sociologia e Ricerca Sociale (triennale) e in Sociologia (specialistica interfacoltà) Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero, Rocco Sciarrone.

Caporedattori: Michele Manocchi, Arianna Santero, Emanuela Struffolino.

Page 2: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

Sociologie | Italiano, meno professori | di Flavia Amabile, La Stampa del 04.04.09| 41

Professione Sociologo | Intervista a Marina Sibona | a cura di Valentina Molinengo e Arianna Santero | 37

Professione Sociologo | Intervista a Lorenzo Fischer | a cura di Niccolò Bertuzzi e Simone Martino | 28

Professione Studente | Voti o giudizi? | a cura di Manuela Ronco | 31

Professione Sociologo | Intervista a Claudia Marengo | a cura di Ilaria Aseglio e Daniela Molino | 33

Professione Studente | La Vague Européenne, l’ondata di mobilitazioni in Europa

| a cura di Giulia Farfoglia | 26

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa22

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Page 3: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

profondi cambiamenti, nonostante la quasi totaleassenza di richieste da parte delle famiglie per le24 ore settimanali. Per allargare lo sguardo oltre la situazione torine-se, siamo andati a Genova, e abbiamo intervista-to Andrea Torre, direttore del Centro Studi Medìsulle Migrazioni nel Mediterraneo, e Luca QueiroloPalmas, docente di Sociologia dell'educazionepresso l’Università degli Studi di Genova. Dal lorocontributo emerge, tra le altre cose, come siaottuso pensare agli studenti stranieri come ad unamassa indistinta e compatta di persone, tutteuguali, accomunate dalle stesse caratteristiche eper questo da trattare tutte allo stesso modo. Inrealtà questa massa è composta da seconde ge-nerazioni, da ragazzi arrivati in Italia molto piccolie alfabetizzati nelle scuole italiane, dunque padro-ni della lingua, così come da ragazzi che proven-gono da famiglie con diverse estrazioni sociali,portatrici di differenti capitali culturali, con diver-sità che rendono incomparabili tra loro anche iragazzi provenienti dallo stesso paese. Si capisce,insomma, come la massa indistinta degli allievistranieri non sia altro che una costruzione politicae mediatica, semplicistica e opportunista. Con l’intervista al professor Lorenzo Fischer apria-mo il discorso sulla formazione degli insegnanti,prendendo spunto dalle decisioni che riguardanole SSIS e confrontandoci sui rapporti tra scuola euniversità in questo delicato settore. Ma gli insegnanti vengono chiamati in causa an-che dal passaggio, in sede di valutazione deglialunni, dai giudizi ai voti in decimi, che vedremoessere tutt’altro che un semplice cambio di scaladi riferimento, e dall’introduzione della figura delmaestro unico o prevalente, tutte norme che oltrea complicare il lavoro degli insegnanti, lo rendonoanche più difficile. Dalle argomentazioni qui presentate, attraversointerviste e pezzi scritti dai nostri redattori, emer-ge un punto che abbiamo sottolineato anche nelloscorso Speciale dedicato a questi temi: nellascuola e nell’università si sente un gran bisognodi cambiamento, di valorizzazione e sistematizza-zione delle competenze presenti e delle esperien-ze effettuate in questi ultimi anni. A fronte diqueste esigenze, le risposte dell’attuale governosembrano non solo inadeguate, non soltanto lesi-ve della dignità dei lavoratori della conoscenza,ma anche profondamente miopi. Ringrazio quanti e quante hanno contribuito aquesto numero, così come i redattori e le redattri-ci della Newsletter di Sociologia. Buona lettura.

33 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

.: Redazionale di Michele Manocchi Alla fine del 2008 ci siamo lasciati con un numerospeciale, uscito nei primi giorni di gennaio 2009,dedicato interamente alla questione universitaria,ai tagli perpetrati dal governo, alla cosiddetta ri-forma Gelmini. Avevamo detto che il molto mate-riale prodotto ci aveva fatto decidere di pubblicareun secondo Speciale come primo numero delnuovo anno, dedicato in particolare alla scuoladell’obbligo e ai molti cambiamenti, direi peggio-ramenti, che in essa interverranno a partire daiprossimi mesi. Ecco, dunque, il secondo e per oraultimo, Speciale dedicato alla scuola. Iniziamo con un articolo, “Dall’accesso al successo(e ritorno)”, il cui compito è quello di introdurci aitemi del numero, partendo dalla mozione dellaLega sulle cosiddette classi-ponte, dimostrandone,in prima battuta, l’inutilità, i danni che provocheràe la totale assenza di lungimiranza. Gli alunnistranieri sono in costante aumento, e le scuole, iprovveditorati, le amministrazioni locali hanno giàda tempo messo in campo strategie per affrontareal meglio, e in alcuni casi in modo egregio, talesituazione, facendo diventare la presenza deglistranieri una occasione di arricchimento reciproco.Lo testimoniano le azioni volte al multiculturali-smo, all’insegnamento dell’italiano come linguaseconda, alla conservazione della lingua madre. Inun paese nel quale gli studenti italiani arrivano aitest d’accesso all’università mostrando forti lacunegrammaticali, sintattiche e ortografiche, per nonparlare dei contenuti, pare davvero ingenuo darela colpa di questo agli stranieri invece che concen-trarsi sulle famiglie, sulle offerte culturali e socialioltre la scuola, sulla possibilità per i genitori diconciliare adeguatamente l’attività lavorativa e lacura dei figli. Insomma, siamo al solito punto: si propongonoleggi drastiche senza aver prima adeguatamente

e anche le conseguenze dei tagli

ascoltato i cittadini, scandagliato le esperienze inatto, individuato e valorizzato quelle “buone prati-he” che tutti sono sempre pronti a tirare in ballo,raccogliendo come risultato un senso di profondafrustrazione in chi, da anni, investe nel settoreeducativo, in primis i molti insegnanti impegnatinelle attività di accoglienza e integrazione deglialunni stranieri. Dalle interviste che potrete leggere, emergonomolto chiaramenteconomici e di personale ai quali assisteremo nelmondo della scuola, tagli che incideranno innanzi-tutto sulle offerte extracurricolari delle scuole, at-tività che pure sembravano alla testa dell’agendadi governo, quali l’apprendimento dell’utilizzo delcomputer e di internet, e dell’inglese. L’organizza-zione dello stesso tempo prolungato subirà dei

Page 4: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

mento della L2 anche attraverso un curricolo es-senziale, “propedeutiche all’ingresso degli studen-ti stranieri nelle classi permanenti”. Ridotto agliaspetti linguistici, il successo diventerebbe dun-que prerequisito dell’accesso. Se passasse anche al Senato, inoltre, la mozioneimpedirebbe l’inserimento scolastico dei minoricon genitori stranieri oltre il 31 dicembre diciascun anno, “al fine di un razionale e agevoleinserimento degli studenti nelle nostre scuole”. Edè chiaro che si intende “agevole” dal punto divista delle “nostre scuole”. Anche se l’ingresso adanno inoltrato crea gravi disagi agli alunnimigranti, al gruppo classe e al corpo docente,impedire ai bambini di frequentare non aiuterebbecerto a “integrarli”, e graverebbe sull’organizza-zione delle famiglie migranti, già in tensione perevidenti ragioni. Per non parlare dei pericoli checorrerebbero i minori non accompagnati, se priva-ti di una delle poche istituzioni di riferimento.Servirebbero accordi bilaterali e facilitazioni nellanormativa sugli ingressi per incrementare l’arrivodei minori ad agosto (3) prima o invece diimpedire l’iscrizione da gennaio. L’on. Cota propone infine “una distribuzione deglistudenti stranieri proporzionata al numero com-plessivo degli alunni per classe, per favorirne lapiena integrazione e scongiurare il rischio dellaformazione di classi di soli alunni stranieri”. Laconcentrazione scolastica è un tema chiaramentepercepito da chi opera nel settore e dai genitori,sia italiani che immigrati, i quali in alcune areeevitano di iscrivere i figli nei plessi “con troppistranieri”. Esistono logiche non esplicitate, chenon corrispondono unicamente alla distribuzioneresidenziale degli immigrati sul territorio, secondole quali si orientano in certe sezioni, o in certesedi distaccate, gli iscritti migranti. Sarebbeauspicabile ridurre queste prassi, ma, comemostra l’esperienza di altri paesi, quest’opera-zione non è facile. Inoltre è necessario rovesciarela prospettiva che vede la presenza di migrantinecessariamente come un problema. Ricordiamoche proprio le scuole “di frontiera” sono state leprime a creare strumenti di gestione del fenome-no adeguati, capaci di implementare negli studen-ti competenze cognitive e relazionali indispensabi-li al contesto attuale. Il problema non sembratanto la concentrazione scolastica, ma piuttosto lasegregazione nelle secondarie tecniche e profes-sionali degli alunni migranti, ancora poco esplora-ta.

44 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

.: Professione Sociologo Dall’accesso al successo (e ritorno). Notesulla proposta delle classi di inserimento. Come combattere un’idea mettendola in pratica

di Manuela Ronco, Arianna Santero, EmanuelaStruffolino.

Le classi ponte sono uno strumento pergarantire l’integrazione,

servono a prevenire il razzismo e a realizzareuna vera integrazione.

On. Roberto Cota, 14 ottobre 2008

Gli alunni migranti sono una presenza pervasiva,in crescita, distribuita a macchia di leopardo nellescuole italiane: secondo le stime del Miur, rag-giungeranno il milione nel 2011 (1). Dagli anniNovanta la riflessione pedagogica ha sottolineatola dimensione dell’arricchimento e del confrontointerculturale come stimolo ad adeguare la didat-tica per tutti, nativi e migranti, al contesto con-temporaneo. Si sono incrementati i progetti e lapersonalizzazione dell’offerta formativa, ma èmancata una strutturazione dal centro. Le iniziati-ve sono lasciate alla volontà e alle risorse locali eindividuali. Quello che si è tentato di fare nell’ul-timo decennio, quindi, è stato lavorare sul pas-saggio dall’accesso scolastico, obbligatorio perlegge, al successo scolastico, cioè alla riuscitanell’apprendimento. Tuttavia i pochi dati disponi-bili dimostrano che gli esiti scolastici dei migrantinon sono soddisfacenti: c’è ancora molto da fare,in particolare per dare continuità alle iniziative,monitorare, formare tutto il personale docente.Insomma, in molte realtà l’approccio sembraancora privo di una prospettiva di lungo periodo.Ironicamente proprio nel 2008, dichiarato dall’UeAnno Europeo del Dialogo Interculturale, lamozione Cota sembra proporre un passo indietro:attribuisce alla “pedagogia interculturale delcentro-sinistra” (2) i fallimenti scolastici dei mi-granti, che, essendo sempre di più, ribasserebbe-ro i risultati generali, e propone di istituire classispeciali, affermando di farlo per combattere l’es-clusione. In questo modo si ignorano le esperien-ze a partire dalle quali, anche e soprattutto incontesti difficili, si sono sviluppate con creativitàstrategie di insegnamento efficaci. Cosa dice la mozione Il testo approvato alla Camera prevede di “rive-dere il sistema di accesso degli studenti stranierialla scuola di ogni ordine e grado, favorendo illoro ingresso, previo superamento di test e speci-fiche prove di valutazione”. Nella prima stesura alposto di “favorendo” si leggeva “autorizzando”, ilche dava a queste prove una funzione di sbarra-mento. Chi non supera i test frequenterà classiponte, ora dette di inserimento, volte all’apprendi-

Page 5: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

La mozione pare semplificare con il dualismo“parlante vs non parlante” una realtà più sfaccet-tata, dimenticando che esistono percorsi divalorizzazione della lingua madre, propedeuticiall’acquisizione dell’italiano e indispensabili permantenere un ponte con le proprie origini. Daanni si sente la necessità di una risposta concretanazionale ai bisogni scolastici dei migranti.Speriamo che la mozione Cota serva a stimolarealternative provocanti, che aiutino a modificarla,come per esempio rinforzare i corsi estivi, siste-matizzare gli interventi già esistenti e promuo-verne la diffusione. La ricerca sociale ha laresponsabilità di offrire visioni complesse e multi-dimensionali per non creare categorizzazioni falla-ci, talvolta riprodotte anche dalle pratiche socialidi aiuto e dalle riflessioni politiche. L’inserimentoscolastico dei migranti mette in luce problemati-che più ampie, legate alla scuola italiana ingenerale e alle questioni della partecipazione edella cittadinanza. I contributi presentati inquesto numero hanno l’intento di stimolare unariflessione critica in questo senso. NOTE: (1) www.pubblica.istruzione.it (2) Mozione concernente iniziative in materia diaccesso degli studenti stranieri alla scuoladell’obbligo approvato dalla Camera il 14 ottobre2008 con 256 sì, 246 no e un astenuto. (3) G. Zincone, Purchè sia un ponte, in «La Repubblica» del 16 ottobre 2008.

55 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Italiano per studiare, italiano per comunicare Chi non parla italiano fatica più degli altri acostruire relazioni e a mantenere la motivazioneall’apprendimento. In effetti al “pronto soccorso”linguistico è dedicato da vent’anni impegno efinanziamento. Vanno però mosse almeno dueobiezioni a una concezione di alfabetizzazione inL2 come panacea per tutti gli usi. Innanzitutto lalingua non è un problema per tutti gli alunnimigranti. Non lo è per quelli nati in Italia, oarrivati da piccolissimi; lo è meno per chi conoscebene una lingua neolatina, come il romeno o lospagnolo. Inoltre gli alunni che hanno difficoltà acomunicare, e restano comunque tanti, hannotutta una serie di altre esigenze, che trascendonoquelle linguistiche e riguardano i presupposticulturali non esplicitati, la differenza dei sistemiscolastici e dell’impostazione didattica, ma anchela ricomposizione della loro famiglia, le loroaspettative, la loro ridefinizione del sé, ecc.D’altra parte non basta fornire gli strumenti dellacomunicazione di base per garantire pari opportu-nità di successo scolastico. Non solo gli arabofonie i cinesi si trascinano per anni errori e difficoltà dicomprensione e produzione scritta e orale, cheesplodono alla secondaria. Anche molti italiani,specie se i loro genitori non hanno potuto studia-re, sono incompetenti nei linguaggi specialistici enell’italiano formale. Tracce tristemente famose diquesta incompetenza vengono periodicamente allaluce dagli scritti di ammissione alle Facoltà anumero chiuso, ma anche dai telegiornali e dalledichiarazioni dei nostri politici. Insomma, l’italianoper studiare è un problema anche per gli italiani,e non si risolve certo con classi separate, perchéaffonda le radici in disuguaglianze educative esociali durissime da rimuovere, se non addiritturarinforzate, a scuola.

Page 6: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

.: Professione Sociologo Migranti a scuola in Italia. Il modello delle quattro “v”: velocità, varietà, valorizzazione interculturale, volontarismo di Arianna Santero Velocità del cambiamento in atto Sono più di 570mila gli alunni con cittadinanza non italiana, di cui circa il 35% nati in Italia. Si tratta di una cifra piccola, se paragonata alla situazione nordeuropea (1). Ma in questi paesi gli studenti migranti sono aumentati pian piano nel secolo scorso, mentre nella penisola in un decennio sono passati dallo 0,8% al 6,4% del totale (v. tab. 1 e fig. 1) (2). Tab. 1 – Alunni con cittadinanza non italiana. Serie storica.

Anno scolastic

o

Alunni con cittadinanza non

italiana (v. assoluti)

Numero indice anno base

1997/98 = 100

Incidenza degli alunni con cittadinanza non italiana sulla

popolazione scolastica in totale (v. %)

1997/98 70.657 100 0,8% 1998/99 85.522 121 1,1% 1999/00 119.679 169 1,5% 2000/01 147.406 209 1,8% 2001/02 181.767 257 2,3% 2002/03 232.766 329 3,0% 2003/04 282.683 400 3,5% 2004/05 361.576 512 4,2% 2005/06 424.683 601 4,8% 2006/07 501.445 710 5,6% 2007/08 574.133 813 6,4%

Fonte: www.pubblica.istruzione.it. Fig. 1 - Alunni con cittadinanza non italiana per livello scolastico. Serie storica (v. assoluti).

39.445 48.972 59.500 74.348 84.058 94.71264.112123.814

147.633 165.951 190.803247.716

45.25855.907

71.44784.989

98.150133.076

34.89052.380

83.052

111.044100.939

126.396

118.977

63.833

102.829

27.594

2001/02 2002/03 2003/04 2004/05 2005/06 2006/07 2007/08

Secondaria di II gradoSecondaria di I gradoPrimariaInfanzia

Fonte: www.pubblica.istruzione.it. Varietà delle provenienze, della distribuzione territoriale e scolastica Provengono da più di 160 Stati diversi. La nazionalità più rappresentata è la romena (92.734 alunni, 24mila in più che l’anno precedente), seguita da quella albanese (85mila), marocchina (76mila), cinese (27mila) e ecuadoregna (17mila). I rom nel 2007/08 sono 12mila, il 4,3% in più dell’anno precedente. Gli altri gruppi nazionali sono meno numerosi: il più piccolo, con 20 alunni, è quello dei mongoli. La distribuzione degli alunni migranti non è omogenea sul territorio nazionale: quasi due terzi si concentrano a Nord, solo un quarto risiede nel Centro e meno del 10% nel Meridione (3). Molti di loro abitano nelle principali metropoli

66 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Page 7: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

Totale 42,5% 11,6% Fonte: www.pubblica.istruzione.it.

del Settentrione, ma anche nelle città medie e piccole dal forte tessuto industriale, originando un modello di inserimento “policentrico” e “diffuso” (4). Raggiungono l’11,8% in Emilia Romagna e l’11,3% in Umbria, sfiorano il 14% in alcune province del Centro-Nord, ma superano di poco l’1% nel Sud e nelle Isole. Dei 46.154 nuovi iscritti nel 2007/08, il 51% frequenta la primaria (ordine di scuola tra i più “razionalizzati” dai decreti Gelmini-Tremonti), dove costituisce il 7,7% del totale alunni. Alle ex scuole medie i migranti sono il 7,3% del totale. Alla scuola dell’infanzia – che non è obbligatoria – il 6,7%. Sono invece meno alla secondaria di II grado (4,3%). Qui però si riscontra un grosso divario tra istituti professionali da un lato (8,7% sul totale) e licei scientifici e classici dall’altro (rispettivamente 1,9% e 1,4%) (5). Stanno emergendo anche dati, non ancora sistematizzati, sul fenomeno della concentrazione degli alunni con cittadinanza straniera in alcune scuole, plessi o classi, dove i migranti rappresentano la maggioranza, se non la quasi totalità, dei frequentanti (6). Queste differenziazioni complicano notevolmente la gestione dell’inserimento scolastico. Valorizzazione interculturale e volontarismo del personale educativo “I minori stranieri residenti sul territorio nazionale hanno diritto all’istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani” (7). Sono quindi soggetti all’obbligo scolastico e devono iniziare a frequentare appena arrivati, in qualsiasi periodo dell’anno. Diversamente che nel Nord Europa, in Italia non si sono mai costituite classi speciali, in relazione agli orientamenti che negli anni Settanta abolirono classi differenziali e scuole speciali per alunni in difficoltà o con handicap, ma anche alla Convenzione sui diritti dell’infanzia del 1989 (ratificata dall’Italia nel 1991) (8). Inoltre, in Italia la risposta ai problemi degli alunni stranieri è stata data subito in termini di educazione interculturale (9), oltre che di alfabetizzazione in lingua seconda. Pur considerando i rischi del “culturalismo” (10), l’approccio dell’intercultura è riconosciuto internazionalmente efficace e auspicabile, anche se di non facile realizzazione. In mancanza di finanziamento e coordinamento centrale, anche gli orientamenti più innovativi rischiano di tradursi in una politica simbolica. Gli insegnanti di fatto sono stati invitati ad attrezzarsi da sé, e i più volenterosi si sono appoggiati a Centri formativi, associazioni e risorse locali, soprattutto al Nord, o si sono aggiornati rimanendo all’interno del sistema scolastico, in particolare al Sud (11). Si moltiplicano le esperienze e i progetti di qualità, ma rimangono ancorati all’attivismo delle promotrici e dei promotori, e faticano a circolare e diffondersi come buone prassi. Per indirizzare meglio gli interventi, sono necessarie e urgenti indagini mirate sugli esiti scolastici degli alunni di origine immigrata. Ad oggi risultano significativamente inferiori rispetto a quelli dei nati da genitori italiani, e la disuguaglianza sta aumentando nella secondaria, soprattutto nei licei. Tab. 2 – Tassi di promozione (% alunni promossi su scrutinati) per cittadinanza e ordine di scuola. A.s. 2005/06* e 2006/07.

Alunni in

totale (a)

Alunni con cittadinanza

non italiana e nomadi (b)

Alunni con cittadinanza

italiana (c)

Differenza (b-c)

Scuola primaria*

99,7% 96,4% 99,9% -3,6

Scuola secondaria di I

grado 96,8% 90,5% 97,3% -6,9

Scuola secondaria di

II grado 85,8% 72,0% 86,4% -14,4

Fonte: www.pubblica.istruzione.it. Tab. 3 – Alunni in ritardo su 100 per cittadinanza e livello scolastico. A.s. 2007/08.

Alunni con

cittadinanza non italiana

Alunni con cittadinanza

italiana Scuola primaria 21,1% 1,8%

Scuola secondaria di I grado 51,7% 6,8% Scuola secondaria di II grado 71,8% 24,4%

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa77

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Page 8: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa88

Il ritardo scolastico può essere dovuto al periodo di inserimento e alle discrepanze tra sistemi educativi. Irisultati dei migranti sono migliori di quelli degli italiani di classe sociale bassa (12) e la loro percezione diriuscita è positiva (13). Pur considerando questi elementi, la situazione è allarmante. Occorre affrontarla con un approcciomultidimensionale, che consideri la riuscita scolastica come costruzione sociale plurideterminata. Questogioverebbe alla “salute” della scuola in generale, non solo ai sempre più numerosi migranti. L’approccio delleclassi di inserimento, invece, sembra schiacciato sugli aspetti meramente linguistici. L’ultimo rapporto delMiur cambia titolo rispetto ai precedenti con Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano. Come se glistudenti con genitori immigrati fossero un elemento “extra” rispetto a un’organizzazione compiuta in sé, enon una parte essenziale del tutto. I migranti, senza un’attenzione specifica, rischiano di diventare davverosempre più “estranei” alla scuola italiana. Uno spreco di talenti che non possiamo permetterci. NOTE: (1) Nel 2006/07 in Austria gli studenti stranieri risultavano il 9,7% del totale, in Belgio il 7,6%, nei PaesiBassi il 12,2%, in Germania il 9,6%. In Uk i “non bianchi britannici” erano il 19,8% del totale, in Francia i“non cittadini” erano il 4,1%, circa la metà che dieci anni prima (ma qui pesano molto le divergenze dirilevazione e di legge per la cittadinanza), in MIUR (2008), Alunni con cittadinanza non italiana. Scuole statalie non statali. Anno Scolastico 2006/2007. (2) Id; MIUR (2008), Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano. A.S. 2007/08. (3) L. Fischer e M. Fischer G. (2002), Scuola e società multietnica. Modelli teorici di integrazione e studentiimmigrati a Torino e Genova, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino. (4) MIUR (2003), Alunni con cittadinanza non italiana. Scuole statali e non statali. Anno scolastico 2002-2003, p. 7. (5) MIUR, Gli alunni stranieri… cit.. (6) MIUR (2006), Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, pubblica.istruzione.it (7) D.P.R. 31/8/99 n. 394, art. 45. Chi è privo di documentazione completa può iscriversi con riserva,ottenendo, salvo accertamenti negativi sulla sua identità, il titolo rilasciato dagli istituti scolastici.Normalmente si inserisce l’alunno nella classe corrispondente all’età, anche se il Collegio docenti puòdecidere per quella immediatamente superiore o inferiore, in considerazione dell’ordinamento scolastico delpaese d’origine, delle competenze accertate del minore, del suo percorso scolastico pregresso. Spetta ancoraal Collegio docenti definire il programma di insegnamento più adeguato al suo livello scolastico, integrandolocon corsi integrativi, per esempio di italiano L2, e curare i rapporti scuola-famiglia. (8) MIUR (2006), cit.; Dutto M. G. (2000), L’Italia verso una società plurale: azioni, inerzie e progetti nelcampo dell’educazione, in Zincone G. (a cura di), Primo rapporto sull’immigrazione in Italia, il Mulino,Bologna. (9) C.M. del 26/7/1990 n. 205, La scuola dell’obbligo e gli alunni stranieri. L’educazione interculturale;pronuncia C.N.P.I. del 15/6/1993, Razzismo e antisemitismo oggi: il ruolo della scuola; C.M. del 2/3/1994 n.73, Dialogo culturale e convivenza democratica: l’impegno progettuale della scuola; L. 40/98, art. 36, nonmodificato dalla L. 189/02; Osservatorio nazionale per l’intercultura (2007), La via italiana alla scuolainterculturale, www.pubblica.istruzione.it. (10) Cfr. E. Cohen (1998), Complex Instruction, in “European Journal of Intercultural Studies”, 9, 2, 1998,pp. 127 ss.; A. Lostia (2001), Allievi da tutto il mondo in una scuola che cambia, in Zincone Giovanna (a curadi), Secondo rapporto sull’immigrazione in Italia, il Mulino, Bologna; A. Dal Lago (2004), Non-persone.L’esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, Milano. (11) Cfr. ad es. Fischer e Fischer, cit.. (12) Id. (13) G. Giovannini e L. Queirolo Palmas (2002), Una scuola in comune. Esperienze scolastiche in contestimultietnici italiani, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino.

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Page 9: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

vento si articola in una serie di aspetti diversi: dauna parte prestiamo molta attenzione alle stati-stiche, quindi tutti gli anni cerchiamo di partiredai dati su entrate e uscite dal paese per la pro-gettazione. Altri aspetti sono l’accoglienza e lamediazione come attività per favorire l’inseri-mento, i corsi di italiano L2, le attività sull’inter-cultura in generale. Scala - Inoltre quest’anno non abbiamo fatto soloazione diretta sugli alunni, ma anche formazionedegli insegnanti. Bonino - Ad esempio adesso stiamo lavorandosempre di più sulle discipline viste e trattate inchiave interculturale, evitando di guardare all’in-tercultura come qualcosa che si fa solo perché sista affrontando un tema che si presta. Cerchiamoinvece di individuare i concetti-chiave delle disci-pline e di darne una visione un po’ più intercul-turale, a partire dal lessico, per poi affrontareanche testi diversi, per arrivare a modi diversi divedere questi concetti. Inoltre diamo contributi alle scuole, ad esempioessendo parte della commissione di valutazionedei progetti: le scuole ricevono dei fondi perassumere dei mediatori o per avere dei corsi diitaliano L2. Infine è importantissima l’attenzioneai materiali da utilizzare in classe: in alcuni casi liproduciamo noi, in altri sponsorizziamo materialiprodotti da altri, perché ci sembrano interessanti. Quali sono le potenzialità dei progetti finoraavviati e quali difficoltà si sono incontrate? Bonino - Il grossissimo limite rispetto a quelloche si sta facendo (e noi cerchiamo di metterlo inevidenza da molto tempo) è la mancanza dicambiamenti e azioni a “livello della struttura”.Non si fa nulla che dica che per gli stranieri chearrivano in corso d’anno e si devono inserire inuna scuola media o superiore, ci sono dei corsi diitaliano che possono essere paralleli, possonoessere integrativi. Il problema è che queste coseci devono essere, che devono permettere neitempi più brevi possibili di affrontare il materialeusato dalla classe, un testo scolastico. Non parloovviamente della scuola elementare: in primaelementare puoi anche non parlare l’italiano, ibambini si inseriscono senza alcun problema. La presenza di mediatori, la presenza di protocollidi accoglienza, sono cose che non devono essereaffidate al progetto che promuove la singolascuola o il Comune per ottenere dei fondi che glipermettano di attivare tutto questo in 20 scuolesu 80. Deve essere qualcosa che riguarda tutte lescuole di Torino: da un lato deve permettere allascuola che ha l’80% di alunni stranieri distrutturare il suo curriculum in modo da rafforzarequello che serve per avere insegnamento dieccellenza, che rassicuri anche gli italiani, inmodo che possano rimanere lì; d’altra parte, devepermettere alla scuola presso cui arrivano due

99 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

.: Professione Studente Intervista a Carla Bonino e Grazia Scala di Manuela Ronco In seguito all’approvazione della mozione dellaLega in materia di accesso degli studenti stranierinella scuola abbiamo pensato di sentire il pareredi Carla Bonino, dirigente del Settore IntegrazioneEducativa, e Grazia Scala, responsabile dell'UfficioMigranti a Scuola del Comune di Torino. Le inter-vistate in questi anni hanno ideato progetti inno-vativi per affrontare l'inserimento degli alunnistranieri nelle scuole e l’insegnamento dell'italianocome lingua seconda, oltre a realizzare ricerchesulla situazione torinese. Di che cosa si occupano il Settore Integrazio-ne Educativa e, in particolare, l’Ufficio Mi-granti a scuola? Bonino - Il settore si occupa di tutto quello cheriguarda l’inserimento scolastico, nell’ambito dellascuola primaria e secondaria di primo grado, dibambini e ragazzi che per motivi diversi possonoincontrare difficoltà. Quindi si occupa di bambinidisabili in primo luogo, di stranieri, di rom e sinti,che costituiscono ancora una situazione un po’diversa, perché sono quasi tutti nati in Italia. Cioccupiamo inoltre di dispersione scolastica. Questisono i grandi temi: all’interno di ciascuno di questifiloni di lavoro si inseriscono una serie di interven-ti e di servizi. Per quanto riguarda il settorestranieri esiste l’Ufficio Migranti che segue quasitutte le iniziative che organizziamo in relazioneall’inserimento dei “nuovi arrivati”. Quali progetti, in questi anni, sono statiattivati dall’Ufficio Migranti? Scala - I progetti sono stati diversi e alcuni sonostati attivati anche grazie al contributo dei ragazziche svolgevano il Servizio Civile Volontario. Questiprogetti sono “Incontrare il mondo a scuola” e“Spazi comuni”. Il primo si pone l’obiettivo di fa-vorire l’inserimento e l’apprendimento della linguaitaliana da parte degli alunni stranieri e l’intro-duzione di percorsi interculturali nella scuoladell’obbligo. “Spazi comuni”, invece, riguarda l’in-serimento di bambini da uno a sei anni: un servi-zio molto particolare che comprende nido, mater-na e ludoteca ed era pensato per integrare e inse-rire le mamme in un percorso di insegnamentodella lingua italiana presso il Ctp Parini e Gabelli diTorino. Poi abbiamo seguito altri progetti, favo-rendo, ad esempio, il materiale prodotto dagli in-segnanti stessi, oppure realizzando traduzioni peraiutare le attività di mediazione all’interno dellescuole o attivando percorsi di L2 all’interno dellescuole dell’obbligo e delle scuole superiori. Bonino - Rispetto a un discorso di inserimentodegli studenti stranieri, in realtà il nostro inter-

Page 10: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

che lo si fa è necessario dare anche strumentiefficaci, per superare le difficoltà. In questi giorni si è spesso sentito dire chela normativa sull’integrazione generalizzataha costituito finora un vanto per l’Italia…checos’è che non funziona? Bonino - La scuola italiana è in teoria una scuolache integra tutti, in pratica non lo è affatto. Peravere una scuola che inserisca e integri tutti,bisogna riuscire a rispondere alle esigenze specifi-che di ciascuno, creare una scuola “individualizza-ta”. E questo a partire da ogni forma di disabilità:la socializzazione è certo importante, ma ognibambino ha bisogno di autonomia, e questa la sicrea guardando alle sue specifiche necessità emobilitando risorse per offrirgli gli strumenti di cuilui ha bisogno. Altrimenti si rischia di avere unascuola che appiattisce e non crea autonomia. Difronte all’enorme complessità della situazioneattuale, agli insegnanti che non hanno strumenti,perché non sono stati formati in modo specialisti-co ad esempio sull’handicap o sull’italiano L2, èchiaro che ci si arrenda dicendo che non si puòaffrontare la situazione. Le reazioni nascono proprio dalla mancanza distrumenti organizzati, e routine di lavoro stabili.Ci sono anche tanti insegnanti bravi che si dannoda fare in modo del tutto volontaristico, ma se cifosse ad esempio un mimino di formazione diffusasulle basi dell’italiano L2 (sia per l’insegnante diitaliano che per quello di matematica, di filosofia,di scienze), la sicurezza di un corso di italiano cheti fa da appoggio, una figura di mediatore stabileche ti dà indicazioni su come gestire una certasituazione, aiutandoti a conoscere la cultura dacui vengono i ragazzi, le esperienze che hannofatto, credo che anche gli insegnanti si sentireb-bero molto motivati e più preparati per affrontarequeste situazioni. Ci sono scuole organizzatebenissimo, che hanno una struttura organizzativache permette di lavorare con un approccio inter-culturale. Scala - Dopo alcune riunioni a cui abbiamo parte-cipato, ci siamo rese conto che adesso le più sco-raggiate sono le insegnanti delle scuole elemen-tari. Bisogna considerare che in generale in que-sto momento il corpo insegnante non è giovane,chi è nelle scuole ha una certa età: hanno datomolto, sono stanche e gli alunni stessi sono sem-pre più difficili da gestire, aggiungendo più alunnistranieri, più alunni con l’handicap, eccetera. Il ri-schio è che queste persone demotivate dallamancanza di risorse, strutture, competenze, sitirino indietro decise a fare il minimo indispensa-bile. Bonino - L’aspetto più grave è proprio l’attaccoalle elementari: è il livello a cui si riesce di più agestire la situazione attuale. La scuola eracomunque in difficoltà, soprattutto se pensiamo

1100 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

stranieri in corso d’anno di non andare in tilt do-vendo gestire costi impossibili. In questo momen-to non c’è nulla di strutturale. Tutto è affidato aiprogetti, per lo più annuali, con tempi diversi, conregole diverse. Per cui se la scuola propone unprogetto al Ministero riceve i fondi, ma con questesomme può solo pagare i suoi insegnanti interni:se però questi non hanno interesse e voglia difare ore in più, la scuola non può usare quei fondiin altra maniera. Capita che arrivino fondi perprogetti da parte delle fondazioni: questo è moltobello, peccato che sia un progetto che, benchéattivato oggi, riceverà i fondi sei mesi dopo. Iosono convinta che i soldi ci siano, bisogna fare inmodo di metterli insieme e che ogni scuola abbiaun progetto che permetta di assicurare che searriva uno studente straniero gli si possano offrireuna serie di garanzie. Attualmente accade che cisiano scuole accoglienti e scuole non accoglienti, enessun controllo. Il risultato è che le scuoleaccoglienti si ritrovano l’80% di studenti stranieried è ovvio che poi si tema che gli studenti italiani“scappino”. Quindi, rispetto a questi problemi e alla lucedella vostra esperienza, ci potete spiegareche cosa comporta l’approvazione della mo-zione della Lega per le scuole, per gli alunni,per chi deve amministrare il cambiamento? Aquali difficoltà risponde? Ci sono degli aspet-ti positivi, si riscontrano delle contraddi-zioni? Bonino - La mozione della Lega, a mio parere,raccoglie certamente una problematica, ma lo fasenza avere una conoscenza approfondita dellarealtà di cui parla: certamente in certe aree dellacittà, per motivi complessi, si riscontra una fortis-sima concentrazione di studenti stranieri e quindisi rischia di trovarsi di fronte delle scuole in cui cisono l’80-90% di studenti stranieri. È però inso-stenibile lo spostamento in diverse zone deglistudenti stranieri concentrati in alcune scuole: difatto la media degli studenti di origine straniera siavvicinerà in tempi brevi al 25-30%, ma di media,e questo sta nei numeri. Per quanto riguarda l’altro aspetto indicato nellamozione, ovvero la formazione di classi di alunnistranieri, è certo una scelta sbagliata per la scuolaelementare. Per la scuola media e per la scuolasuperiore, per gli arrivi in corso d’anno può aversenso ragionare su percorsi che permettanol’inserimento graduale, anche se gli studi che hafatto l’Ocse dimostrano che non c’è una grossadifferenza di risultati. Ad esempio, è emerso chein Germania le prassi di inserire i nuovi arrivatiper sei mesi o un anno in classi speciali o quella diinserirli direttamente, non danno risultati moltodiversi in termini di apprendimento. Quello checambia è però il clima, l’atteggiamento, il modo diporsi: il rischio che corriamo spesso è quello dipensare che l’essenziale sia inserire, ma una volta

Page 11: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

alle scuole e medie e superiori. Non è la riformaGelmini che crea le difficoltà della scuola, peròquello che viene proposto non solo non risolve iproblemi, ma rischia di peggiorare alcuni aspetti,soprattutto se parliamo del clima all’interno dellascuola. Ci sono poi degli aspetti veramente gravissimi: adesempio l’idea di una scuola materna di quattroore. Che si riduca l’orario ai ragazzi di una scuolasuperiore non sconvolge più di tanto: in una scuo-la professionale togliere alcune ore settimanali, inconcomitanza con un nuovo progetto, noninfluisce più di tanto. Fare la stessa cosa nellascuola materna ed elementare vuol dire propriodistruggere la scuola per tutti: poi chi paga avrà iltempo pieno e altri vantaggi. Dal momento che lasituazione dei bambini di origine straniera èestremamente disarticolata, bisogna assolutamen-te smettere di ragionare in termini di “stranieri”:gli ultimi dati che abbiamo raccolto nelle scuole cidanno un 8-10% di nuovi arrivi, quindi di bambiniche hanno bisogno di percorsi di italiano L2. Alloraquesto sposta totalmente il problema, ancherispetto ai discorsi della Lega, no? Rispetto alla presenza degli stranieri poi, noiabbiamo anche confrontato i dati che ci mandanole scuole con quelli raccolti dall’Osservatorio e nonè che cambino molto. Le scuole segnalano qualchebambino in più, perché ci sono gli irregolari.Invece cambiano i dati sulla percentuale di nati inItalia. Le scuole ci danno dei numeri molto piùbassi. E questa è una cosa che andrebbe capita.

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa1111

Scala - Come anche i dati sui promossi e ibocciati: spesso c’è un divario molto grande traquelli che raccogliamo noi e quelli del Ministero.Questo è molto legato non tanto alle bocciature afine anno, quanto ai dispersi in corso d’anno. Èdifficilissimo avere dei dati precisi su entrate euscite, in teoria entrate e uscite dovrebberoessere regolari: tu entri perché hai un nullaostaed esci perché hai un nullaosta per andare inun’altra scuola. Di fatto c’è tutta una serie digente che sparisce in corso d’anno, di cui non sisa più nulla, né dell’alunno, né della famiglia. Bonino - Ecco, questo è un altro punto su cuimanca qualcosa di struttura. Perché, di fatto,esiste una norma sull’obbligo scolastico e lescuole dovrebbero comunicare se qualcuno se neva, ma con questi vai e vieni è molto difficile.Questa dovrebbe essere una cosa essenziale sucui ragionare. Capisco che non controlleremo maigli irregolari, non avremo mai dei dati precisi suquesto, ma almeno sui residenti: partire da unasituazione chiara sarebbe già una gran cosa.

Page 12: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

.: Professione Studente Intervista a Vanda Losco di Manuela Ronco e Emanuela Struffolino Vanda Losco è vicaria del circolo didattico Gabelli-Pestalozzi, nel quartiere di Barriera di Milano. Dal2000 ricopre il ruolo di funzione strumentale invarie aree e negli ultimi anni, in particolare, perl’integrazione degli stranieri. Ciò che ci interessa è soprattutto capire co-me funziona e come si gestisce all’interno diuna scuola elementare il problema dell’inte-grazione degli stranieri. Da quanto tempo lavostra scuola ha iniziato ad attivarsi in que-sto senso? Da noi l’immigrazione non è un fenomeno recente,è iniziato circa 10 anni fa, forse anche di più. Ilnostro quartiere è stato uno dei primi ad ospitaregli stranieri, poiché gli affitti delle case hanno unprezzo minore. Le persone si sistemano qui, poisolitamente si spostano, appena trovano una si-stemazione migliore: quindi noi abbiamo un turn-over continuo di arrivi e partenze. Questo ha fattosì che noi dovessimo attrezzarci subito, senzaaspettare particolari indicazioni dal Ministero,perché comunque si trattava di accogliere questibambini, alunni che non parlavano italiano, cosìcome le loro famiglie, e privi di qualsiasi relazionesociale. Quindi noi durante tutti questi anni cisiamo attrezzati per fare una vera integrazione.Secondo me riuscita perché nel quartiere, nono-stante tutte le nazionalità che ci sono, esse convi-vono in modo sereno: notizie di scontri e attritinon ne abbiamo. I genitori si incontrano a scuolaper attività che noi organizziamo, ma si incontra-no anche quando aspettano i bambini all’uscita enoi vediamo che si parlano, che ci sono gruppettidi mamme soprattutto. Dopodiché non voglio direche problemi non ce ne siano, perché ce ne sono. Ha detto che non avete potuto aspettareindicazioni particolari da parte del Ministero:come vi siete attivati? Quali linee guida vihanno ispirato nella progettazione degliinterventi? A che cosa ci siamo ispirati? Direi innanzitutto al buon senso, all’accoglienza, all’integrazione. Poi tutti noi abbiamo seguito dei corsi di formazione, su due linee: in primo luogo per l’insegnamento dell’italiano ai bambini stranieri, poi per l’acco-glienza e l’integrazione. Ci siamo rivolti soprat-tutto ad associazioni che da anni lavoravano sul territorio in questo campo ed erano già molto es-perte. Per le tecniche dell’insegnamento dell’ita-liano ci siamo rivolti all’Università, all’Ufficio Sco-lastico Regionale, e al suo ufficio che si occupa di stranieri, quindi a corsi di formazione che ci

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa1122

erano offerti da istituzioni specializzate. Tuttora stiamo continuando su questa linea. Certo, ora se ne parla, c’è più scambio, più condivisione, le scuole si mettono in rete per realizzare progetti, il Ministero ci ha dato indicazioni utili e precise: adesso è decisamente meglio. Quali sono stati i progetti iniziali e come sisono sviluppati? Per quanto riguarda l’integrazione, con questeassociazioni abbiamo cercato soprattutto di giun-gere alla conoscenza dell’ “Altro” e portarne unavisione positiva all’interno della scuola. Quindiabbiamo invitato dei mediatori culturali con i qualiabbiamo raccolto favole, oppure per i più grandiricette, tradizioni, facendo sentire ai bambini laloro lingua madre. Questo perché i bambini, perquanto noi li sollecitiamo, tendono a dire che nonsi ricordano nulla della propria lingua madre. Essivivono una situazione di dilaniata, dove la linguaveicolare è l’italiano, che però non corrispondealla lingua madre dei loro genitori e del postodove molti di loro sono nati prima di arrivare danoi: se non conoscono l’italiano e non possonoesprimersi, tacciono. Noi volevamo invece valoriz-zare le loro lingue insieme alle culture d’origine.Abbiamo invitato e coinvolto le mamme, che, adesempio, ci davano la ricetta dei pasticcini e poice li portavano. Durante la festa della scuolac’erano sempre mamme che portavano cibi etnicitipici dei loro paesi, con le mamme di originearaba si beveva il thé tutti insieme… Per quanto riguarda la parte linguistica, c’è unlaboratorio di italiano per stranieri, in cui si accol-gono bambini appena arrivati che non parlano ita-liano. Nel laboratorio i bambini lavorano suddivisiper livello linguistico. A scuola abbiamo circa ventinove, trenta naziona-lità, dipende dai periodi. Rispetto al totale deglialunni, gli stranieri sono intorno al 48%. Certo,questa percentuale comprende bambini di secon-da generazione, bambini che oggi si definiscono digenerazione 1,25, 1,50, 1,75. E quindi hannopercorsi di integrazione e di apprendimento dellalingua italiana molto diversi. Ha parlato dell’importanza di mantenereanche a scuola l’uso della lingua madre… Si tratta di un “uso” nel senso che non si devedimenticare. A questo proposito posso dire che datre anni stiamo attivando dei corsi di linguamadre per gli alunni. Le lingue che abbiamo sonol’arabo e il romeno. Sono progetti realizzati incollaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale ei Ministeri dell’Educazione dei paesi di origine cheabbiamo intitolato “Multilinguismo a scuola”.Abbiamo insegnanti madrelingua, e ci tengo adire che non sono mediatori culturali, ma sonoinsegnanti formati nel loro paese d’origine equindi hanno tutte le competenze per insegnare lapropria lingua. Essi ci aiutano anche nella tradu-

Page 13: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

zione dei documenti per le famiglie nelle varie lin-gue. Anche durante le presentazioni della scuolaai nuovi iscritti loro sono presenti. In più da dueanni facciamo anche un corso di lingua araba pergli insegnanti. Questa è stata un’esperienza moltopositiva perché gli insegnanti che hanno frequen-tato questi corsi hanno potuto rendersi conto delledifficoltà e dei tempi di apprendimento degli alun-ni stranieri, provandole in prima persona. Sì, la valorizzazione della lingua madre è fonda-mentale, così come quella della cultura. Noi ad esempio, abbiamo dato vita a varie inizia-tive. In collaborazione con un’associazione parti-colarmente attiva sul territorio, abbiamo fatto unlaboratorio che si intitola “Una valigia piena disogni”, in cui questi bambini simulano il viaggio,costruendosi la propria valigia di cartone, metten-doci dentro le cose del proprio paese. Tutto per-ché comunque loro non devono dimenticare, de-vono recuperare questa cultura e poi costruirsiuna nuova identità, che non sarà quella d’origine,ma non sarà neanche la nostra, perché loro sonoproprio un ponte, quindi costruirsi una nuovaidentità sarà per loro difficile, molto difficile. E poi noi non sappiamo quali siano i progetti mi-gratori di queste famiglie, qualcuno resta, qualcu-no torna. È un luogo di passaggio qui, e ancheaffettivamente per noi insegnanti è difficile. Sicrea un legame, tu passi con un bambino un an-no, due anni e poi questo ti dice: “Io domani vadovia” e devi accettare di perdere questo bambino edopo una settimana ne arriva un altro, che devisaper accogliere con lo stesso affetto. Come gestite questo aspetto degli arrivi incorso d’anno? Ovviamente arrivano in qualsiasi momento.Diciamo che negli ultimi due anni abbiamo unperiodo di grosso afflusso che va da metà ottobrea metà novembre, e poi di nuovo verso marzo.Quelli che arrivano dall’emisfero sud arrivano afebbraio, perché là finisce l’anno scolastico. A vol-te chiedono di essere inseriti nella classe succes-siva, per recuperare un anno, altre volte chiedonodi essere ammessi di nuovo nella classe di prove-nienza per imparare meglio la lingua italiana. Noili inseriamo nelle classi secondo quanto prevede lanormativa, quindi per età e per titolo di studio delPaese di provenienza. Quando accolgo questi bambini, mi faccio un’ideadelle loro capacità strumentali e linguistiche, e poisi passa all’inserimento nelle classi. In genere ilbambino fa 4-6 ore di laboratorio di italiano. Ogniinterclasse poi fa dei gruppetti di sostegno perquesti bambini, quindi si cerca di dare tutto il pos-sibile. Certamente la provenienza è fondamentale,perché per gli ispanofoni o romeni è più semplice,per i cinesi è un altro discorso. I problemi da affrontare sono molti, anche di na-tura pratica. Ad esempio devi comunicare alle fa-miglie di cultura araba come si devono organizza-re per la mensa, se vogliono richiedere una dieta

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa1133

speciale. Bisogna capire per tutti se ci sono delleallergie, delle malattie, qualsiasi cosa. All’iniziorifiutano il cibo perché non è quello che loro cono-scono, in inverno quelli che provengono dal cen-tro Africa o dal Bangladesh vengono a scuola ve-stiti in modo pesante e tu cerchi di fargli capireche c’è il riscaldamento. Quando porti le bambinein palestra, magari gli fai mettere già la tuta dacasa così non si devono cambiare. Tutta una seriedi accorgimenti che, saranno anche delle piccolez-ze, però fanno parte dell’accoglienza. Devi badarea tutto. Solo che adesso racconto queste cose,ma io ho raccolto queste informazioni in dieci an-ni. E poi le devi tenere presenti, tutte e sempre! Conoscete la situazione delle altre scuole?

sono questa di

ione è molto simile. È

quadro legislativo che si sta discutendo in

me per tante altre

Rispetto ad altre zone di Torino come pen-sate di esservi mossi finora? Nelle circoscrizioni 6 e 7, che

Ilquesti giorni in merito alla scuola tocca davicino molti dei temi di cui abbiamo parlato.Cosa cambierà ora? Come pensate diaffrontare i cambiamenti? Questa riforma è per me, cocolleghe che hanno lavorato tanti anni nella scuo-la, una sconfitta grandissima, perché cancella tut-to. Sicuramente significa un impoverimento ditutto quello che abbiamo fatto in questi ultimivent’anni. Abbiamo avuto un primo momento didisorientamento, adesso ci stiamo organizzandoper continuare a lavorare nonostante la riforma.Non ci è chiaro che cosa ci aspetterà ancora,perché da “maestro unico” siamo passati a “mae-stro prevalente”, quindi che cosa vuol dire? Checomunque il tempo pieno verrà salvaguardatosecondo quello che intendiamo noi? O secondoquello che intende la riforma? Di certo c’è che inogni caso la compresenza, che sono queste quat-tro ore a settimana in cui gli insegnanti sonocompresenti, quindi possono dividere le classi a

Barriera di Milano e quella di Porta Palazzo, lasituazione è più o meno simile, tant’è che questoprogetto del Multilinguismo a Scuola viene realiz-zato in rete. Quindi condividiamo gli insegnanti, lerisorse, gli enti e le associazioni che collaboranocon noi, in primis l’Università. Poi abbiamo anchevarie altre reti, ad esempio quella sull’integra-zione degli alunni disabili. Adesso cominciamo adavere alunni diversamente abili anche di originestraniera. Il problema è concreto, perché anche ladisabilità nelle varie culture non è recepita allostesso modo. Perciò è necessario affrontare tuttoun lavoro con le famiglie. In questi quartieri la situazchiaro in altri quartieri dove hai uno, due, tre bambini per classe, magari di seconda genera-zione o che hanno già frequentato in Italia la scuola materna, la situazione è totalmente diversa.

Page 14: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

gruppi, fare attività alternativa, eccetera, nonl’avremo più. Detto questo, ritengo che gli insegnanti cerche-ranno di continuare a dare il massimo nel propriolavoro e nel rapporto con i bambini. Certo, se ticambiano l’orario devi fare delle scelte. Ad esem-pio non sappiamo bene se ci siano e come si pos-sano organizzare queste classi ponte, dove loroimparano l’italiano. Leggendo questa proposta hoavuto dei grossi dubbi, perché se per insegnareitaliano ai bambini stranieri li inserisco in unaclasse di soli stranieri, l’unico modello è l’inse-gnante, e allora è molto riduttivo, perché sappia-mo che i bambini imparano non solo dal rapportocon l’insegnante ma soprattutto dal rapporto con ipari. Tant’è che adesso io i bambini stranieri li ve-do due volte alla settimana, un giorno sì e uno no,quindi io li lascio al lunedì con una certa cono-scenza, li ritrovo il mercoledì che loro mi portanodelle parole nuove, delle strutture nuove, che nonhanno certamente imparato da me, il mio compitoè quello di sistematizzare, di dare un ordine atutte queste conoscenze. Quindi nelle classi pontesicuramente l’apprendimento della lingua italianasarà più lento. Gestire questo cambiamento significa quin-di ridurre le ore dedicate ai laboratori di italiano e alla compresenza? Certo. Questo però non è un problema specificoper gli stranieri. Perché comunque nelle ore dicompresenza venivano fatte attività dove parteci-pavano tutti i bambini. Per esempio i laboratori diintercultura non sono rivolti solo ai bambini stra-nieri, perché se no di nuovo non ha senso che iofaccio integrare un cinese con un arabo, devonostare tutti insieme. Poi abbiamo tanti progetti diteatro, di musica, di pittura, di sport. Solo che noia questi contenuti diamo un taglio interculturale.Il beneficio è a vantaggio di tutti. Sicuramente cisarà un impoverimento, una scuola più nozioni-stica, perché se tu devi far imparare velocementedelle cose in poco tempo è chiaro che non puoistare tanto a discutere. E soprattutto, se il tempo-scuola verrà ridotto, tu dovrai dare delle attivitàda fare a casa. È evidente, nonostante ci sianodelle associazioni che offrono un servizio di dopo-scuola, che una famiglia che non conosce l’italianonon può aiutare i figli a studiare storia. Adesso invece nella compresenza si fanno deigruppetti più piccoli in cui la storia viene raccon-tata in modo diverso, con parole più semplici, condegli schemi, con testi ad alta comprensibilità. Equindi a casa c’è bisogno di studiare, ma non cosìtanto. Tutto questo non sarà più possibile. Ha parlato del fatto che di questa serie di attività beneficiano anche i bambini italiani. Come si può progettare un percorso forma-tivo di alta qualità per tutti, ma che tenga conto della presenza di bambini stranieri?

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa1144

Di fronte alle difficoltà dell’integrazione come si fa a rimanere anche sul binario della qualità in una scuola come la vostra in cui il 50% dei bambini è straniero e ha bisogno di risorse “altre” e specifiche? Capisco che chi è fuori dalla scuola abbia delledifficoltà a capire questa cosa, ma molte delleattività, dei percorsi didattici che io preparo per illaboratorio di italiano, potrebbero essere propostein classe ai bambini italiani, magari a un livellopiù approfondito e che quindi ne trarrebbero be-neficio. Ricordiamo che, soprattutto in quartieri comequesto, dove c’è una presenza di famiglie italianecon un livello culturale medio-basso, dove la sco-larizzazione dei genitori arriva alla scuola dell’ob-bligo, si presenta anche il fenomeno dell’analfabe-tismo di ritorno. Chi ha fatto la terza media e hachiuso il libro talvolta comprende con difficoltàl’avviso che tu metti sul diario. Questi bambiniitaliani, che vivono in un ambiente culturale così,hanno bisogno di apprendere l’italiano quasi comeuna lingua straniera. Alcuni fonemi sono scom-parsi e non li pronunciano. Se lei ascolta, i bambi-ni dicono “j” al posto di “gl”, quindi “pajaccio” adesempio. Un lavoro sui fonemi si può fare comepercorso comune. Inoltre con le ore di compre-senza si possono fare dei gruppi di livello. Eccoallora che vai a valorizzare le eccellenze. Un bam-bino italiano, che ha avuto dei buoni stimoli a ca-sa, che è abituato a leggere, allora sì che puòprendere un testo narrativo della letteratura ita-liana per l’infanzia e fare tutte le attività connes-se, perché bambini italiani che frequentano lanostra scuola, che hanno ottime capacità e chehanno raggiunto livelli di competenze molto alti,ce ne sono molti e in tutte le classi. Mi sembra di capire che la questione della

ini italiani non

qualità travalica quella dell’integrazione degli stranieri nelle classi… Assolutamente. Con tanti bambpuoi leggere un testo di narrativa perché, comecon gli stranieri, ti fermi ogni due righe a spiegareil significato delle parole italiane. Da noi in classenon c’è più nessuno che fa una lezione frontale,perché anche se tu avessi una classe di solibambini italiani, non sarebbe possibile, i livellisono troppo diversi. Noi abbiamo bambini stranie-ri arrivati in prima che scrivono testi fantastici,più corretti, densi di emozioni, di quelli dei bam-bini italiani, che usano il linguaggio televisivo. An-che perché in un quartiere come questo, quandotu esci alle quattro e mezza, vai a casa e accendila tv, o giochi con la Playstation, con i videogio-chi. Non c’è un filo d’erba in questo quartiere. An-che per questo noi offriamo attività extrascolasti-che fino alle 18 di ogni giorno, dal lunedì alvenerdì.

Page 15: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

le risorse che abbiamo. Se ci ritroveremo con deigrossi tagli sarà difficile realizzare progetti. E le classi ponte? In questa situazione specifica, in questa scuola,non siamo così spaventati, perché comunqueabbiamo una serie di materiali, una serie dicompetenze, persone che hanno seguito corsi diformazione… Un laboratorio di lingua italianaesiste, quindi sarà implementato, non so, la parteapplicativa non la conosciamo ancora. Immaginochi invece non ha questa esperienza, avrà delledifficoltà ad organizzare questo nuovo moduloscolastico. Come insegnati che hanno maturato espe-rienze significative in relazione all’integra-zione e all’accoglienza, vi siete sentiti chia-mati in causa nel corso del processo di pro-gettazione di questa riforma? Esistono associazioni, oltre a quelle sindacali checi rappresentano, come il Cidi e altre che in que-ste circostanze hanno fatto sentire la loro voce,ma pare che questa ministra sia sorda alle lororichieste. Il senso di frustrazione è grande, ancheperché spesso si è disarmati, non sembra di averegli strumenti per lavorare con alcuni bambini, chemagari hanno problemi di famiglia, e tu insegnan-te devi affrontare anche le tragedie delle vite diquesti bambini in mezzo ad una classe chiassosa.Nessuno beneficia del fatto che ci sia un unicoinsegnante e che tutte le altre attività volteall’integrazione vengano limitate per mancanza diore e insegnanti. In generale l’esperienza è ciò che fa la differenza:il fatto che io stia lavorando da anni in questoclima mi permetterà di adattarmi e fare il meglioper i bambini, sia che mi ritrovi il prossimo anno agestire una classe ponte, sia che rimanga su clas-si “normali”; ma nelle scuole in cui non si è mailavorato in questa direzione, quali risultati avran-no con le classi ponte? E gli insegnanti giovani?La multiculturalità non è ancora abbastanza te-matizzata nella formazione universitaria: lo vedia-mo con le tirocinanti che vengono qui ogni anno.A meno che non ci sia un interesse personale, glistudenti non hanno esami obbligatori. È vero checi sono molte ore di tirocinio, ma viene sempredelegato tutto all’interesse personale.

1155 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Il lavoro che voi impostate nel corso delle elementari viene poi portato avanti anche quando i bambini arrivano alla scuola me-dia? C’è un ponte tra le due realtà scolasti-che? Sulla scuola media non ho delle informazionispecifiche. Con le scuole medie di questo quartie-re abbiamo dei laboratori ponte, abbiamo dei con-tatti con i professori, delle riunioni in cui presenti-amo i nostri alunni. Questo passaggio di informa-zioni molto importante e proficuo. Bisogna dire che la scuola media, a volte, puòincontrare difficoltà nel gestire le emozioni diquesti ragazzi, perché si trovano in un’età preado-lescenziale molto complessa, in cui tutti i problemisono amplificati. La scuola media, come quelleprimaria, deve attrezzarsi per accogliere questiragazzi e accompagnarli nella costruzione di unanuova identità. Alle elementari il bimbo di colore quando deve co-lorare la sua immagine magari usa il rosa, il bim-bo cinese si colora scuro; loro, voglio dire, stannoancora costruendo la loro identità. Nella scuolamedia no. Se i ragazzi non sanno chi sono si per-dono, e come conseguenza sono irrequieti a scuo-la, talvolta non riescono a lavorare, fanno molteassenze, studiano poco a casa. E se non fai unabuona scuola media, alle superiori non ci arrivi. In questo quartiere molto è stato fatto, sono statiattivati dei percorsi di accoglienza. Del resto lescuole qui non hanno altra scelta. In passato cisono stati alcuni atti di bullismo: entrano escaricano gli estintori, spaccano qualunque cosa…Non sappiamo chi siano i responsabili, ma bisognacomunque contenere questo fenomeno. “Questa èla mia scuola” dovrebbe dire un ragazzino, “non ladistruggo, la tratto bene, ci passo tante ore algiorno, ci lavoro”. Mi sembra di capire che l’integrazione passa anche attraverso la modalità con cui si sceglie di insegnare. Assolutamente sì. Le mie colleghe mi fanno notarequanta soddisfazione si vede negli occhi di unbambino straniero nel momento in cui riesce adalzare la mano in classe e rispondere ad unadomanda e dire una cosa. È fantastico perchésignifica che ha capito, ha rielaborato, ha trovatole parole per dirlo. Perché non sono analfabeti,cioè, se sono stati scolarizzati nel loro paese,hanno nozioni di storia, di geografia, di scienze,ma non hanno il modo per raccontartelo, peròsanno. Allora quando ci riescono è una porta chesi apre. Da settembre 2009 cosa cambierà? Ancora non è chiaro, probabilmente ci sarà unariduzione di insegnanti, soprattutto sulle classiprime. Adesso è difficile prevedere: quando cisarà la messa a punto del corso, delle varie atti-vità, dei fondi disponibili, faremo i conti secondo

Page 16: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

.: Professione Studente Intervista a Laura Manassero di Manuela Ronco e Emanuela Struffolino Laura Manassero è Funzione Strumentale del Pro-getto Stranieri della scuola media Croce-Morelli,composta dai plessi Croce, Morelli, Verga situatenell’area di Porta Palazzo-Barriera di Milano. Da quanto tempo si occupa di giovani mi-granti e quale situazione vivete in questascuola? Mi occupo di inserimento di alunni stranieri nellascuola media dal 1989, da quando lavoravo allaValfrè, poi sono stata trasferita nel ‘93 alla Croce,media successivamente accorpata alla Morelli ealla Verga. Questa è una scuola ad alto flussomigratorio e oltre la metà dei ragazzi stranieri nonarriva da un regolare percorso di scuola elemen-tare in Italia. Basti dire che nell’ultimo triennioabbiamo inserito in corso d’anno, cioè a classi giàformate, anche 90 ragazzi di recente immigrazio-ne per anno. Qui a dicembre 2008 c’erano oltre500 ragazzi stranieri pari a quasi il 65% degliiscritti; i numeri sono relativi perché in continuatrasformazione ed è sempre necessario riferirsi adun momento preciso. I nostri alunni arrivano daoltre 30 paesi e provengono principalmentedall’Europa dell’est (soprattutto dalla Romania) edal Nord Africa (essenzialmente dal Marocco);insieme questi due gruppi rappresentano il 60%degli alunni stranieri. In passato c’è stata unanetta prevalenza dell’uno o l’altro gruppo, ma inquesto momento c’è più equilibrio, anche sestanno aumentando i paesi da cui i ragazziprovengono. È anche presente un 15% di alunnicinesi. Quali progetti e iniziative proponete nell’ot-tica dell’integrazione? Negli anni abbiamo adottato svariati modelli,partendo però sempre dal principio che il fine pernoi è l’inserimento fattivo degli alunni nella classe.Conosco bene soprattutto il modello del plessoCroce perché lavoro al Progetto Stranieri dal ‘93.L’idea di base è che la scuola deve rispondere aibisogni, qualsiasi essi siano: questa era unascuola a tempo sperimentale (tempo flessibile) eprolungato, il che ha contribuito a creare la flessi-bilità, la mentalità elastica che ci ha permesso dirinnovare la scuola ogni volta che emergeva unnuovo bisogno. Oggi il bisogno principale in unascuola come questa è la lingua italiana: soprat-tutto dal 2000 in poi sono stati strutturati labora-tori linguistici di livello (alfabetizzazione di base:lingua di sopravvivenza e per comunicare, consoli-damento e lingua per studiare a seconda del

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa1166

bisogno e, ahimè!, delle nostre risorse) parallelialle attività curricolari. Tutti i ragazzi stranieri chenon parlano italiano hanno una serie di laboratorial mattino in orario curricolare con docenti dellascuola: ultimamente avere molti ragazzi ci per-mette di strutturare corsi di diverso livello divisiper lingua d’origine. Questo è un vantaggio per-ché negli anni abbiamo sperimentato che i tempie i percorsi di apprendimento dell’italiano sonomolto diversi a seconda della lingua madre. Negliultimi anni, grazie a finanziamenti derivati daprogetti esterni (comune, provincia…), siamo riu-sciti a offrire laboratori di lingua italiana di basecon docenti di lingua madre veicolare araba ecinese: il che ci consente di snellire ulteriormentei tempi di apprendimento dell’italiano e di rinfor-zare la lingua d’origine. Offriamo inoltre un corsodi lingua e cultura romena, in orario extrasco-lastico. I risultati sono legati a molti fattori: alla scolaritàprecedente, alle competenze individuali, alla mo-tivazione, alla situazione socioeconomica deglialunni. Oltre ai paesi di provenienza infatti anche iprogetti di vita sono molteplici: se qualche annofa avevamo un bel numero di ragazzi marocchinicon storie di solitudine alle spalle (minori non ac-compagnati) che aspiravano a un rapido inseri-mento nel mondo del lavoro, oggi con i ricongiun-gimenti famigliari non è più così e abbiamo dovu-to affrontare una buona fascia di alunni con risul-tati di eccellenza, provenienti soprattutto dallaRomania. Negli anni abbiamo sperimentato diverse strate-gie, spesso abbandonandole quando non piùadatte a sostenere le nostre esigenze o quandonon avevamo più fondi a disposizione. In passatoci siamo ad esempio appoggiati al Centro FrantzFanon per singoli casi con problematiche psico-culturali gravi, al Mamre per migliorare dinamichedi gruppo ma abbiamo anche potuto contaresull’aiuto di psicologi dell’area cognitiva. C’è dadire che alcuni esterni hanno lavorato a costiridotti e alcuni come volontari. Una caratteristicadella nostra scuola è che, data la sua specificità,attira persone che lavorano per passione,curiosità e spesso ben oltre le ore richieste; c’è uninteresse reale degli insegnanti, una motivazioneforte in chi lavora. Qui si è sperimentato molto,c’è spazio per l’innovazione. A dire il vero, inalcuni insegnanti c’è anche la fatica di stare alpasso, la stanchezza per la mole di lavoro, lasensazione di avere poche certezze; soprattuttonei nuovi c’è l’insicurezza di sentirsi non adegua-tamente formati. Negli anni abbiamo lavorato sull’identità, conprogetti legati al teatro, focalizzando l’interesse

Page 17: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

sul recupero delle radici, salvo poi scoprire chequelli con meno radici erano i ragazzi italiani:forse valeva la pena farlo “proprio” per i ragazziitaliani! Questo è un esempio di come le attivitàorganizzate “per” gli stranieri poi si rivelanofondamentali anche per gli altri. In questa zonac’è infatti una forte concentrazione di immigratidal sud Italia di seconda generazione, spessoconfusi socialmente e culturalmente. Lo stessolavoro sulla lingua italiana, sulla comprensione deimanuali si rivela alla lunga prezioso per gli alunniitaliani che hanno difficoltà. Non dimentichiamo poi che una didattica intercul-turale giova a tutti. Ha parlato dei laboratori pomeridiani di lingua italiana tenuti da insegnati di lingua madre veicolare: può spiegarci meglio le finalità di questi corsi? I laboratori sono rivolti agli alunni che non parlanoitaliano (iscritti a 36 ore settimanali) e sono tenutinei pomeriggio da 2 docenti esterni che usano lalingua madre cinese e araba. Sono complementaria quelli tenuti dagli insegnanti della scuola ehanno l’obiettivo di mantenere vivo il rapporto conla lingua madre, con la cultura d’origine, oltre chedi sveltire l’apprendimento dell’italiano: siamostati abbastanza dei pionieri in questo ambito, intempi in cui questo era un approccio da più particriticato. Credo che l’utenza di questa scuola cicostringa ad andare al di là delle mode, deimodelli aprioristici e questo è un fatto positivo, siaa livello linguistico che dal punto di vista didatticoe pedagogico. Rispetto ad altre scuole, quali aspetti della vostra situazione e del vostro lavoro defini-rebbe caratteristici? Come ho già detto, questa scuola, avendo iltempo flessibile e il tempo prolungato, avevacostruito un team di docenti che “di per sé” eranoflessibili, questo è l’elemento fondamentale. Nonso se sia diverso nelle altre scuole, ma hosperimentato di persona che mediamente gliinsegnati che si sono spesi nelle scuole difrontiera sono poi quelli che hanno sviluppato unatteggiamento, una disponibilità, una sensibilitàatte a superare quello che ti trovi davanti. Quelleche si trovano più in difficoltà sono le scuole moltorigide e strutturate, incapaci di affrontare ladivergenza: allora ben vengano le situazioni chedestrutturano. Io credo che scuole come questaabbiano sviluppato molto presto una didatticadiversa, più rispondente alla situazione, ma eral’unica scelta possibile. Per noi la scuola ha unafunzione sociale, è formativa. Il nostro motto è dasempre, ben prima dell’afflusso degli alunnistranieri, “una scuola di tutti e di ciascuno”,ovvero è la scuola che inserisce tutti, è quella incui tutti dovrebbero star bene, che ti aiuta acrescere e ad aprirti: non importano le pedagogie

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa1177

imperanti, non importano le indicazione che tivengono suggerite dall’alto, importa quello chefunziona in quel momento lì, rispetto a chi hodavanti. Scuole come questa sono spesso antici-patorie, direi… futuribili. Per quanto riguarda i contenuti e le nozionidei programmi? Negli anni si è discusso molto di queste tema-tiche, abbiamo sviluppato delle tendenze comunima non siamo mai arrivati ad un vero e proprioaccordo. Molto infatti dipende dalla libertà didatti-ca individuale, dalla personalità e dall’esperienzadei docenti. Posso parlare guardando alla miaesperienza e posso dire di aver sperimentatovarie metodologie che però partono sempre daglialunni, ma questo non è per me un metodo nuovoperché lo usavo ad esempio anche quando 20anni fa lavoravo in Falchera. Se l’obiettivo èmotivare, allora sperimenti tutto ciò che è dialo-go, tutto ciò che parte dal punto di vista,dall’esperienza personale e fai diventare ladifferenza una risorsa. Se poi hai in classe piùalunni che non parlano italiano ti attivi su piùlivelli, spingi gli alunni a collaborare tra loro, equesto non è certo una perdita di tempo. Tuttaquesta polemica sul programma rallentato èfrutto di non conoscenza e pregiudizio. Le nostreclassi sono più stimolanti perché culturalmentedisomogenee e umanamente ricche. Certo è fati-coso lavorare e se hai un metodo e un program-ma rigido è difficile gestire la situazione, ma sehai voglia di sperimentare partendo da loro e haivoglia di capovolgere l’ottica della didattica, allorai risultati sono davvero sorprendenti. Un altroproblema è rappresentato dal fatto che i ragazzi,non solo arrivano con conoscenze e percorsipersonali diversi, ma anche con aspettative scola-stiche, pedagogiche e didattiche differenti. Abbia-mo ragazzi stranieri straordinari, è interessantedomandarsi il perché della loro eccellenza: difianco a storie di vita durissime spesso c’è unlivello di preparazione, una forza di volontà, unamotivazione, una educazione tali per cui vale lapena riflettere, interrogarsi. Chissà che questonon aiuti a costruire una scuola migliore per tutti. E gli insegnanti come hanno affrontato le

formazione: alnuove esigenze della scuola? In passato mi sono occupata ditempo non c’erano molti casi di alunni stranieri,ma per prevenire il disagio dal ’95 al 2000abbiamo proposto formazioni a tappeto in campolinguistico, antropologico, cognitivo in senso lato,volte a sensibilizzare gli insegnanti e il personaledella scuola. Poi ciascuno ha trovato la propriamodalità per approcciarsi alla classe e alla mate-ria. Gli insegnanti che sono rimasti qui sanno chequesta è una scuola faticosa ma anche molto gra-tificante. La fatica deriva dalla complessità, nonsolo linguistica o culturale: puoi trovarti davanti

Page 18: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

un minore solo con una storia dura o un ragazzocon genitori laureati in patria che si preoccupanomoltissimo della qualità, dell’educazione, e sonomolto critici verso la scuola italiana, non abba-stanza severa. Credo che la ricchezza umana chec’è in queste scuole sia impagabile. Rimane lanecessità che gli insegnanti riescano a far conflui-re tutto questo nei loro programmi. L’importante èavere voglia di imparare e mettersi alla prova. Parlava della qualità dell’insegnamento: co-me si struttura un percorso che valorizzi le capacità di tutti e punti alla qualità? L’idea dell’individualizzazione dei percorsi non ènuova nella scuola: esistono delle “persone” su cuila scuola opera, poi esistono dei traguardi che so-no comuni, ma differenziati per percorso ograduati. Si cerca di dare opportunità di recuperoe rinforzo, ma anche di approfondimento a secon-da delle esigenze di ciascuno. Abbiamo già molticasi di alunni stranieri che escono con valutazionialtissime e affrontano le superiori con sicurezza.Qualcuno è già laureato. Ma la flessibilità da partedell’insegnante è essenziale: spesso io mi trovo alavorare in classi in cui si fanno cinque o sei lavoricontemporaneamente, in modo che nessuno sisenta escluso, allo stesso tempo si possano diffe-renziare per livello le attività, per far recuperarealcuni e far approfondire altri. In passato non cipreoccupavamo molto della tutela delle eccellen-ze, ma questo tema si sta facendo sempre piùstrada soprattutto perché molti stranieri arrivanocon un percorso scolastico molto strutturato e cheha fornito loro strumenti e conoscenze che dob-biamo valorizzare. Sarebbe bene interrogarsi an-che sul perché molti alunni stranieri assomiglianotanto al “modello” di alunno che noi insegnantiabbiamo interiorizzato, per umanità, educazione oapprendimento. Io credo che l’inserimento degli alunni stranieri siaun’occasione importante di confronto e di stimoloe di riflessione sulla scuola. Ripeto: ritengo che ildibattito, tanto di moda, sul problema se glistranieri rallentano l’apprendimento degli italiani,sia un falso problema, pretestuoso e fuorviante. Cosa cambia con la proposta di riforma?

abo-Se si tolgono risorse al tempo prolungato lendo le compresenze e si abolisce il tempo fles-sibile non si possono strutturare attività mirate,laboratori. Io spero che si abbia il buon senso diprendere atto del fatto che esistono realtà partico-lari e scuole funzionali ad affrontare-contenere leemergenze, i problemi sociali estremi. Per speri-mentare modelli flessibili oltre alle risorse internenoi attingiamo a Fondi Esterni, ma non è dettoche lo si possa fare in futuro. Il che comportereb-be la fine di una idea di scuola sociale, formativa,per cui ci battiamo da anni.

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa1188

Dalla sua esperienza, questo metodo inclu-sivo di cui ha parlato, che punta all’integra-zione e alla valorizzazione delle differenze, ha una ricaduta positiva sul clima interno alle classi? Noi abbiamo problemi di “normali” tensioni, ag-gressività tra adolescenti, ma non di bullismo: se-condo me perché esiste un livello di solidarietàumana molto alto nelle nostre classi. Se il con-fronto è alla base della didattica, i ragazzi vengo-no abituati al dialogo e di conseguenza sannogestire in modo più creativo il conflitto. Anche seè vero che usciti di qui il mondo è più difficile:stereotipi e pregiudizi al posto del dialogo. Iconflitti in classe ci sono, appunto, ma sonoconflitti tra adolescenti, non tra culture. I ragazzisono consapevoli di essere parte di un’unicascuola. Io non sono un’illusa, so quanto lavoro èstato fatto in questi anni e quando impegno efatica ci vogliono. Ma credo che “si possa fare”:quel che mi preoccupa è l’idea di scuola che stapassando, l’idea di scuola in generale, non solo inrapporto ai ragazzi stranieri. La nostra non è unascuola che mortifica i bravi, è una scuola in cuitutti si sentono accolti e in cui, anche grazie aquesto, il livello delle conoscenze è alto in basealle potenzialità individuali, o comunque è unascuola in cui si stimolano l’attenzione all’altro, lacuriosità, la voglia di imparare. Ma bisogna potercontinuare…

Page 19: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

.: Professione Sociologo Intervista ad Andrea Torre e Luca Queirolo Palmas di Michele Manocchi e Arianna Santero Andrea Torre è direttore del Centro Studi Medì sulle Migrazioni nel Mediterraneo. Luca Queirolo Palmas è docente di Sociologia dell'educazione presso l’Università degli Studi di Genova. Ci han-no parlato dell’inserimento scolastico dei migran-ti nell’area del capoluogo ligure, anche alla luce della reinvenzione dello spazio pubblico da parte dei giovani in particolare di origine sudamerica-na. I loro destini scolastici dipendono da una grande varietà di fattori, tra cui l’orientamento familiare nella scelta della scuola superiore. Le generazioni 1.5, oltre che rispecchiare le con-traddizioni della società e della scuola italiana, invitano a capovolgere le nostre categorie inter-pretative per aprirsi all’innovazione formativa. Di cosa si occupa il Centro Studi Medì? Andrea Torre: Medì è un centro studi indipen-dente nato soprattutto da realtà che lavoravanonel sociale con l’immigrazione, con lo scopo didotarsi di uno strumento di indagine e di riflessio-ne su un tema che come sappiamo è sempre ingrande evoluzione. Dall’anno scorso è diventataun’associazione di studi sociali con una propriaautonomia che svolge attività di ricerca sul temadelle migrazioni. In estrema sintesi, il centrosvolge ricerca applicata nell’area della regioneLiguria, inoltre le due principali iniziative di respironazionale curate dal Centro sono la rivista MondiMigranti e la scuola estiva di sociologia dellemigrazioni. L’attività di ricerca riguarda le secondegenerazioni e la scuola, oltre alla realizzazione diun rapporto sull’immigrazione a Genova con i datistatistici di contestualizzazione e evoluzione delfenomeno. Quali sono le principali aree di interventosull’inserimento scolastico dei migranti cheavete avuto occasione di seguire a Genova? Andrea Torre: Una fase centrale del lavoro èconsistita in una serie di rilevazioni sui giovanilatinoamericani guardando in particolare al lororapporto con il mondo della scuola secondaria. Sitratta di un fenomeno molto recente, che si è ma-nifestato in modo significativo dal 2004 in seguitoalla grande regolarizzazione conseguente alla Leg-ge Bossi-Fini. Abbiamo cercato di analizzare le di-namiche problematiche emerse anche per deco-struire l’immaginario che si stava generando.Un’altra ricerca, i cui risultati sono in corso di pub-blicazione, ha riguardato il rapporto tra scuolasecondaria di primo grado e alunni stranieri nelleragione Liguria. L’attenzione si è focalizzata sullascuola media perché i dati nazionali e regionalirivelavano una tendenza all’inserimento dei gio-vani migranti molto concentrato in scuole profes-

Perché invece esistono casi di eccellenza? Andrea Torre: Alcune scuole hanno una percen-tuale molto alta di alunni migranti e quindi hannofondi, anche ministeriali, in più. Dal vostro osservatorio avete raccolto lapercezione di un superamento di una primafase di emergenza, e quindi esistono inter-venti e finanziamenti più strutturati? Oppuregli interventi sono rivolti ancora al solo ac-cesso scolastico? Andrea Torre: Normalmente i fondi ministerialisono erogati sulla sola base dell’incidenza deglistranieri. Luca Queirolo Palmas: Credo sia importantesottolineare che in realtà l’immigrazione, e in par-ticolare l’immigrazione a scuola, è un fenomenomolto eterogeneo, e che quindi quando parliamodi emergenza o di non emergenza parliamo anchedi processi che sono creati attraverso campagnedi costruzione dell’opinione pubblica. Sulla pre-senza di migranti a scuola, Genova, come la mag-gior parte delle grandi città italiane, ha ormai allespalle venti, venticinque anni di esperienza suquesti temi. Paradossalmente le migliori esperien-ze di gestione di questi fenomeni sono maturate

Da scuola a scuola? Andrea Torre: Sì. In alcune scuole c’è più consa-pevolezza, gli insegnanti sono più motivati; altrescuole invece ancora “subiscono” questa situazio-ne. In generale abbiamo visto che in quasi tuttigli istituti opera un referente per le questioniinterculturali, ma è un’individuazione volontaristi-ca, sulla base della disponibilità del singolo inse-gnante a svolgere questo ruolo. Un altro aspettoemerso è che la maggior parte delle scuole hasviluppato interventi, ma tende a accettare eadottare strumenti di accompagnamento e di so-stegno forniti da soggetti istituzionali, come peresempio le ore di mediazione interculturale messea disposizione dal Comune di Genova. Pochescuole impiegano i fondi dell’autonomia, non c’èun grosso investimento, le scuole prendono quelloche c’è, quello che viene dato loro, però ci è sem-brato che non ci sia un grosso investimento, pro-pendono per altri tipi di percorsi rispetto a quellidell’integrazione. Dipende molto dalle singolescuole.

sionali e istituti tecnici. Volevamo cercare di capi-re su che base questi ragazzi scelgono la scuolasuperiore, per verificare se si tratta di scelte con-sapevoli o piuttosto indotte, dagli insegnanti peresempio, soggetti a stereotipia. Abbiamo svoltocirca 250 interviste ad altrettanti docenti in tuttala regione, e devo dire che abbiamo rilevato chetendono abbastanza ad autoassolversi su questoaspetto, a non individuarlo come problema.Analizzando questo livello scolastico su baseregionale abbiamo anche visto che ci sonosituazioni molto diversificate sul territorio.

1199 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Page 20: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

laddove la concentrazione è più alta, e l’urto intermini positivi si è manifestato proprio in quellescuole di frontiera che da un giorno all’altro si so-no dovute reinventare, e si sono reinventate pertutti, proprio grazie alla presenza di studenti stra-nieri. Bisognerebbe provare a riprendere in manotutto il tema considerando queste presenze comeuna risorsa positiva che facilita l’innovazione sco-lastica, non come un peso, un numero più o menopiccolo, ma come uno strumento che obbliga lescuole all’autonomia, che obbliga gli insegnanti,gli educatori, i genitori e le famiglie a ripensare alsignificato dell’educazione e dell’istruzione. Tenia-mo conto che quando ragioniamo in termini di al-larme, di emergenze, e utilizziamo come principa-le indicatore l’incidenza percentuale, stiamo co-struendo un fantasma, perché dire che in unascuola gli alunni stranieri sono il 30% o il 40% deltotale, in sé non significa nulla. È anche uno ste-reotipo dire che con queste percentuali una scuoladiventa pericolosa. Ma quali persone abbiamo difronte? Abbiamo di fronte seconde generazioni?Bambini che sono arrivati in Italia a due anni ehanno compiuto tutto il primo ciclo della loro sco-larizzazione in Italia? Abbiamo persone che ven-gono da famiglie con un capitale culturale medioalto? Oppure i figli di contadini analfabeti dell’altoMaghreb? Chi abbiamo di fronte? Ponendosi que-sta domanda immediatamente l’immagine cheavevamo dell’immigrazione si scompone. Anchequando attuiamo comparazioni o leggiamo ricer-che internazionali, vediamo che esistono paesi eu-ropei in cui addirittura vengono considerate sogliedi situazioni pericolose quelle delle scuole in cui lapercentuale di alunni stranieri è particolarmentebassa. L’immigrazione è uno specchio della socie-tà, e le scuole dovrebbero preparate tutti i sog-getti che le frequentano alla vita in società. Se noiguardiamo le grandi città europee, sono città incui il 15%, il 20%, il 30% della popolazione è diorigine migrante, e quindi le scuole che potremmodire “a rischio” sono quelle in cui non vediamo ri-flessa questa composizione, che è la composizionenaturale delle metropoli. L’altra cosa importanteda sottolineare è che Genova è una città di vecchi,che si è riscoperta giovane grazie alla presenzadell’immigrazione, della generazione 1.5, di questicentinaia di giovani latino-americani, arrivati at-traverso ricongiungimenti familiari all’età di dieci-tredici anni. E sono giovani che hanno reinventatogli spazi pubblici della città, che per definizionenon esistevano più. Ora invece sono arrivati gio-vani che hanno ripreso le panchine, hanno rico-minciato a giocare a calcio nelle piazzette dellecittà, come non succedeva da almeno vent’anni. Èproprio questo diverso uso dello spazio pubblicoche fa percepire queste presenze come qualcosadi problematico. Prima parlavamo di stereotipi. Ilprimo stereotipo da scalfire secondo me è questo:possiamo rileggere queste presenze come qualco-sa di positivo, che trasforma la vita quotidiana, ditutti i giorni, negli spazi pubblici, nelle scuole, nel-le istituzioni. Io penso che nel caso di Genova, iconflitti ai quali abbiamo assistito hanno proprio a

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

Andrea Torre: Secondo me come ricaduta anchein termini operativi e istituzionali il momento piùcritico è quello del passaggio dalla scuola mediaalla scuola superiore. Mentre un italiano motivatoe con buoni risultati scolastici, anche se la sua fa-miglia ha un basso capitale culturale, normalmen-te riesce a frequentare il liceo, questo accademolto poco frequentemente tra i migranti. Per va-ri motivi, non ultimo perché le famiglie migranticon basso capitale culturale - nelle quali i giovanistessi fanno da elemento di rapporto con il conte-sto, perché i genitori parlano poco l’italiano –avrebbero bisogno di maggiore sostegno per lescelte scolastiche dei figli. Gli strumenti che esi-stono sono legati a momenti di incontro collettivi,e i genitori stranieri, soprattutto quelli che hannopiù difficoltà a comunicare in italiano e a ottenerepermessi di lavoro, faticano a partecipare a questiappuntamenti, quindi alla fine sono meno consa-pevoli. Servirebbero più strumenti individuali, conpersone che li possano capire e possano spiegareloro il sistema scolastico per aiutarli a prendere ledecisioni. Oramai è difficile considerare le famigliestraniere, come forse si poteva fare vent’anni fa,come omogenee: oggi la situazione in termini dicapitale sociale e culturale, di relazioni sociali epatrimonio di istruzione, è talmente frammentatae differenziata che è difficile delineare un unicoprofilo, inserire tutte le famiglie in un’unica cate-goria, ci sono situazioni molto diverse. Sicuramente è importante notare che sono più al-l’avanguardia le scuole elementari e medie, e ad-dirittura le materne, mentre nelle scuole superioric’è ancora un po’ di ritardo. Consideriamo anchequesto aspetto: di solito sono scuole secondarie –istituti professionali o scuole tecniche – già di persé tradizionalmente difficili quelle nelle quali gliallievi stranieri sono il 20-35% del totale. Qui gliinsegnanti sono stati sottoposti a questa dop-piadifficoltà: gestire l’ingresso dei migranti, spesso

Dove va la ricerca e a che punto è il monito-raggio e l’applicazione dei risultati di inda-gine nella città di Genova?

che vedere con la reinvenzione dello spazio pub-blico ad opera dei giovani migranti, spazio pubbli-co che non era più utilizzato ed è stato preso eattraversato da queste forme di società giovanile.Le scuole sono un po’ il riflesso di tutto ciò. So-prattutto nelle scuole primarie e dell’infanzia ab-biamo esempi di grande eccellenza, abbiamo la-boratori di integrazione nella città di Genova, e ilProvveditorato, che sostengono questi percorsi.Le scuole elementari ormai hanno gestito interegenerazioni, coorti di migranti. Il grosso problemaha a che vedere con le scuole superiori. Le scuolesuperiori hanno un apprendimento molto più di-sciplinare, c’è una grande attenzione alla valuta-zione con i voti, una minore capacità di gestire inmaniera intelligente i problemi di disciplina e diordine sociale nelle interazione in classe. Tuttoquesto fa sì che oggi nelle scuole superiori sianecessario tutto un lavoro in sovrappiù, legatoalla presenza di giovani migranti.

NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa2200

Page 21: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

arrivati nel corso dell’estate, in un contesto nonparticolarmente semplice. Dalle ricerche delCentro Medì è emerso però che alcune di questescuole hanno realizzato progetti mirabili, anchecon psicologi e educatori, grazie all’inserimentodella nuova utenza. Il problema non è tanto laconcentrazione, ma semmai il fatto che gli allievimigranti non frequentano i licei, cioè il rischio disegregazione scolastica in determinati istituti. Gliinsegnanti delle medie che abbiamo intervistatohanno individuato come cause soprattutto le a-spettative familiari, lo scarso capitale culturale fa-miliare e la scarsa conoscenza del sistema scola-stico, in parte unite alla poca voglia di studiare deiragazzi o alla loro necessità di acquisire immedia-tamente un reddito. Noi sappiamo che esiste an-che il problema, secondo me scandaloso, della le-gislazione italiana che costringe i migranti checompiono diciotto anni a rivedere la propria posi-zione in termini di permesso di soggiorno. Perchéa una famiglia straniera non si permette di man-tenere il figlio all’Università, e quindi non si conce-de il permesso per ricongiungimento familiare finoa 25 anni? È considerato lecito che un italianopossa essere mantenuto senza dover lavorare, osenza necessità di avere successo all’Università,invece uno straniero deve scegliere se avere unlavoro oppure avere un permesso di soggiorno permotivi di studio e quindi legarlo al superamentodegli esami. Questo limite istituzionale rimane econdiziona pesantemente. Luca Queirolo Palmas: Si chiede a questi sog-

pere questa lettura manichea: noi e lo-

getti di integrarsi, di essere cittadini, la grandeparola d’ordine del momento è “corsi di educazio-ne alla cittadinanza”. Facciamo corsi di educazionealla cittadinanza nelle scuole, però poi per questigiovani, che sono magari in Italia da diciotto anni,sarà impossibile diventare cittadini nel senso for-male e giuridico del termine. La condizione deigiovani io credo risenta di tutto un discorsosovracostruito sul ruolo dei migranti nella società. La ricerca va in due direzioni. Una è quella di cer-care di romro, italiani e stranieri. Su questo è stata impostatala maggior parte delle ricerche sul successo o l’in-successo dei giovani di origine straniera nellascuola. Noi stessi abbiamo iniziato a fare ricercasu questi temi, poi i questionari sono compilati inogni classe un po’ da italiani e un po’ da stranieri,e alla fine ti rendi conto che non è quella la varia-bile che fa la differenza, non è il peso dell’etnicità.Bisognerebbe discutere su che cos’è l’etnicità,come processo permanente di costruzione, rein-venzione, esibizione o uso contingente, folkloristi-co, dell’identità. Le variabili che fanno la differen-za sono molte e hanno a che vedere con il cosid-detto “effetto scuola”, ma anche con quello che sipuò chiamare “effetto insegnante”, insieme a va-riabili classiche di tipo strutturale socio-economi-co. Conta essere marocchino piuttosto che sene-galese, oppure essere albanese per una certaclasse sociale? Conta senz’altro provenire da unafamiglia con un determinato capitale culturale. Senoi prendiamo tutte queste variabili e le analizzia-

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa2211

mo insieme ai percorsi biografici, ci rendiamoconto che le differenze non sono date dalla solaetnicità come provenienza nazionale. Anche negliStati Uniti, dove c’è una lunga tradizione di ricer-ca scolastica, risulta che alcuni “gruppi etnici”hanno risultati di successo educativo superiore aquelli della maggioranza bianca, altri inferiore. Perspiegare queste differenze le ricerche prendono inconsiderazione elementi come capitale sociale,reti familiari, capitale culturale. Penso che questielementi siano importanti da considerare ancheper la realtà italiana. Il secondo punto ci porta in-vece a considerare questi soggetti non soltanto apartire dall’appartenenza e la differenza etnica,ma a partire dagli elementi che li uniscono conaltri segmenti della popolazione giovanile. PerchéSaid, piuttosto che Mohammed, o Real, io lo devopensare come marocchino? Said è anche maroc-chino, come io sono sardo e Manuel è portoghese,però magari a Said piace giovare a scacchi, oppu-re correre su pista, oppure ha un determinatoorientamento sessuale, e su quel terreno costrui-sce la sua identità, e elementi di contatto ma ma-gari anche in conflitto con altri segmenti della po-polazione giovanile. La violenza dell’identità è in-nanzitutto ritenere che l’identità deve essere solouna, mentre le identità sono scelte e costruite li-beramente dai soggetti. Questo tentativo di etni-cizzazione coatta fa parte di un insieme di dispo-sitivi discorsivi e non soltanto discorsivi non anco-ra sufficientemente esplicitati, è la questione cheha affrontato Maurizio Ambrosini attraverso ilconcetto di integrazione subalterna. I migranti so-no persone cruciali per mandare avanti la riprodu-zione quotidiana del sociale, ma le forme con cuicontribuiscono e la maniera in cui questo contri-buto viene espletato va sotto i termini della subal-ternità. Andrea Torre: quello che è interessante e percerti versi contraddittorio e anche più difficile dacriticare è l’impostazione che ha anche tutto unfilone “positivo” di sostegno all’immigrazione a cuiappartiene per esempio certa mediazione cultura-le ma non solo, che rischia di accompagnare que-sta visione, e riprodurre e cristallizzare, anche afin di bene, questo schema delle differenze cultu-rali. Così si leggono i comportamenti di quel ra-gazzo solo alla luce di quella provenienza nazio-nale o addirittura etnica, quasi che i comporta-menti si potessero ricondurre all’origine naziona-le. In questo senso ci vorrebbe uno sforzo meto-dologico nuovo: cercare di accompagnare i pro-cessi di inserimento rileggendo le esperienze e gliapprocci. Si nota una sorta di convergenza nelconcetto di “identità etnica” tra l’atteggiamentosegregante e quello che cerca di intervenire perprevenirlo. Bisognerebbe avere una capacità di in-novazione maggiore nelle definizioni. Ancora oggisi usano i termini “straniero” e “immigrato” comesinonimi. L’esperienza migratoria rimane definitadalle leggi del paese in cui si arriva. Quasi i duequinti dei minori stranieri in Italia nati qua, in altripaesi non rientrerebbero nelle statistiche sullemigrazioni.

Page 22: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

do alle auto-denunce dell’ultimo decreto flussi,almeno 740mila. La sproporzione è evidente,così come la natura retorica della misura. Difficile credere che qualcuno pagherà mai l’am-menda. Non ci sono né le risorse, né le forze perespellere davvero gli irregolari, che per la mag-gior parte sono donne occupate nelle famiglie ita-liane. Del resto, la grande maggioranza degliimmigrati oggi regolari, sono stati nel passatoirregolari, due su tre in Lombardia: le categoriesono molto più fluide di quanto si pretende. Inrealtà, l’immigrazione irregolare, in Italia comenegli Stati Uniti e in molti altri paesi, è vituperataa parole e tollerata nei fatti, anche perché funzio-nale a molti interessi. Non deve infatti sfuggire il fatto che tra le moltenorme del pacchetto sicurezza, nessuna inaspri-sce le pene per i datori di lavoro di immigratiirregolari. Anzi, i controlli ispettivi sui luoghi dilavoro sono stati alleggeriti. Eppure lì si trova lacalamita che attrae l’immigrazione irregolare, tan-to che l’Unione Europea ha preannunciato un girodi vite sul tema. Non dimentichiamo poi che gli immigrati rumeni,in quanto comunitari, non potranno essere perse-guiti. LA SALUTE DELLO STRANIERO Quanto alla norma più discussa, quella sullasanità, molti hanno già osservato che se gliirregolari non si curano, ne scapita l’igienepubblica e quindi la salute di tutti, perché malattiecome la Tbc o l’Aids potrebbero propagarsi piùfacilmente. Molti medici si sono già dichiaraticontrari, varie associazioni hanno chiamato alladisobbedienza. Ma c’è un altro elemento, moltoprosaico, da tenere presente: che succede se unimmigrato dichiara di non avere i documenti?Ammettiamo che parta una denuncia: in un qual-che commissariato arriverà una segnalazione se-condo cui una persona sconosciuta, presumibil-mente straniera, si è presentata al pronto soccor-so per farsi medicare. Se anche partisse unavolante, il ferito sarebbe già lontano. Solo in casodi ricovero, e ipotizzando una notevole efficienzadelle istituzioni preposte all’ordine pubblico, ladisponibilità di posti nei Cie, le risorse per ilrimpatrio e quant’altro, si potrà immaginare unqualche effetto. Che sarà comunque moltomodesto, costoso e pagato con una minor tuteladella salute pubblica.

2222 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

.: Professione Sociologo Quell’inutile linea dura sull’immigrazione di Maurizio Ambrosini www.lavoce.info, 13.02.2009 Il pacchetto sicurezza approvato in Senato contie-ne norme sull’immigrazione dal chiaro significato:maggior controllo e maggiore severità. Al di làdelle considerazioni etiche sul diritto speciale ri-servato agli stranieri, sono provvedimenti del tut-to inefficaci. Non ci sono né le risorse, né le forzeper espellere davvero gli irregolari, che in granparte sono donne occupate nelle famiglie italiane.Dovremmo invece seguire l’esempio di altri paesioccidentali, dove gli inasprimenti legislativi sonoaccompagnati da misure a favore dell’integrazio-ne. Del pacchetto sicurezza approvato nei giorniscorsi dal Senato, fanno discutere in modo parti-colare le norme relative agli immigrati: una seriedi modifiche normative, che spaziano dalla defini-zione dell’immigrazione irregolare come reatoalla verifica dell’idoneità abitativa degli alloggi, dalpermesso di soggiorno a punti all’inasprimentodella tassazione sui permessi di soggiorno, finoalla norma più controversa, quella della facoltà didenuncia degli immigrati senza documenti che sipresentano ai servizi sanitari pubblici. Il significato è univoco: una volontà asserita dimaggior controllo sull’immigrazione, di maggiorrigore e severità. Fino a istituire una sorta di dirit-to speciale a carico degli immigrati, più esplicitonel caso degli irregolari, con i quali secondo ilministro degli Interni “bisogna essere cattivi”. Èuna linea che sembra incontrare ampio consensoda parte della maggioranza degli italiani, anche inseguito a recenti episodi di cronaca. In questo contributo non intendo addentrarmi inconsiderazioni di natura etico-politica, relative aidiritti umani e ad altri aspetti controversi. Vorreilimitarmi ad alcune considerazioni relative all’effi-cacia presumibile dei provvedimenti e quindi agliobiettivi perseguiti. IL REATO DI IMMIGRAZIONE Cominciamo dalla definizione dell’immigrazionecome reato, non più punito con il carcere, ma conun’ammenda, comminata dal giudice di pace. Acosto di ripetere una constatazione già espressasu questo foglio, i posti disponibili nei centri diidentificazione ed espulsione (Cie) sono circa1.160 in tutta Italia. Se aggiungiamo i 4.169 deicentri di prima accoglienza, pure destinati a ospi-tare gli immigrati irregolari, arriviamo a poco piùdi 5.300. Gli immigrati espulsi, fino all’ottobre2008, sono stati in tutto 6.500, mentre gli irre-golari circolanti sul territorio nazionale sono, stan-

Page 23: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

Un cenno finale va al permesso di soggiorno “apunti”: un’innovazione che tende a rendere gliimmigrati dei sorvegliati speciali, dallo status pre-cario e reversibile. Credo servirebbero di più, co-me in altri paesi, misure che incoraggino un’inte-grazione positiva: per esempio, giacché le com-petenze linguistiche vengono viste dall’Olandaal Canada come un requisito necessario perl’inserimento nella società, un piano massiccio dialfabetizzazione in lingua italiana, sul modellodelle 150 ore che hanno consentito nel passatoalle classi popolari di accedere all’istruzione dibase. L’accertamento della conoscenza dell’italia-no dovrebbe produrre qualche beneficio, come unaccorciamento dei tempi per l’accesso alla carta disoggiorno e alla cittadinanza. Così si istituirebbeun incentivo a impegnarsi su questo aspetto sa-liente dell’acculturazione nel nuovo contesto divita. Nei paesi occidentali, gli inasprimenti legislativinella gestione dell’immigrazione, e indubbiamentene sono intervenuti, giacché il tema quasi ovun-que è salito di rango nell’agenda politica, sonogeneralmente accompagnati da misure a favoredell’integrazione: non si vuole ingenerare l’ideadell’immigrato come nemico da combattere, an-che per non alimentare spinte xenofobe nellasocietà. Dovremmo forse imparare che una politicadell’immigrazione ridotta a controllo e sicurezza,all’insegna del pregiudizio e dell’ostilità, puòfruttare in termini di voti, ma non prepara unfuturo sereno per la convivenza sociale.

2233 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

SOLDI, ROM E PERMESSI A PUNTI Un terzo esempio: non si potrà più trasferiredenaro verso l’estero se non si è in possesso dipermesso di soggiorno. L’effetto sarà soltantoquello di favorire lo sviluppo di un mercato diintermediari, provvisti di regolari documenti, cheeffettueranno l’operazione al posto di chi nonpotrà più farla personalmente, in genere soprat-tutto madri che mandano denaro ai figli lontani.Vorrei richiamare un precedente: il prelievo delleimpronte digitali degli immigrati disposto, traroventi polemiche, in seguito alla legge Bossi-Fini.Una volta effettuata qualche azione dimostrativa,non se ne è più saputo nulla. Per i campi rom, nell’estate scorsa, nuovi annun-ci di raccolta delle impronte e nuove polemiche.Nei fatti, le impronte prelevate sono state pochis-sime, a Milano quasi nessuna, e non è dato saperese siano servite a qualcosa. Di certo, se non altro,si sono sgonfiate le voci incontrollate sull’arrivo el’insediamento di decine di migliaia di rom: per laprovincia di Milano, si è arrivati a parlare di20mila unità.

Page 24: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

2244 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

Molti commentatori hanno osservato che la mo-zione individua un problema reale, sentito tra lefamiglie italiane che hanno figli nella scuolaprimaria. Si stanno formando, si dice, classi in cuila numerosità dei bambini immigrati e la loroinadeguata conoscenza della nostra lingua frenal’apprendimento di tutti, provocando la fuga degliitaliani. O se non possono andarsene, un evidenterancore. I sostenitori del provvedimento, tuttavia, non sisono rifatti a nessuna esperienza straniera. Non siconoscono infatti, in epoca recente, precedentinei paesi avanzati in cui si sia scelta la strada diclassi separate per i bambini immigrati, anche sesi danno molte esperienze di didattica speciale,volta al rafforzamento delle competenze linguisti-che. Per esempio, in Australia o nel RegnoUnito, i bambini sono inseriti nelle classi normali,ma inizialmente ricevono una formazione intensi-va in lingua inglese, in gruppi separati e con inse-gnanti specializzati, mentre stanno in aula e lavo-rano con i compagni per materie come l’educazio-ne fisica, l’educazione artistica, le attività manua-li. Dopo qualche settimana, cominciano a dimi-nuire le ore “speciali” e aumentano quelle “nor-mali”, fino a giungere a una completa integrazio-ne. Si tratta quindi di una soluzione diversa daquella delle classi “ponte” della mozione approva-ta dalla Camera, che istituisce contesti di appren-dimento differenziati per gli alunni immigrati prividi adeguate competenze linguistiche. L’approccio francese tiene conto della concen-trazione urbana dei bambini immigrati, così comedi altre componenti sociali svantaggiate, aumen-tando il personale educativo e le risorse a disposi-zione delle scuole dei cosiddetti “quartieri sensibi-li”. All’investimento educativo si aggiunge un’at-tenzione più complessiva alla riqualificazione eallo sviluppo dei quartieri difficili, con la destina-zione di risorse per l’animazione economica,sociale e culturale dei territori, in cui le scuolesvolgono una funzione importante. Gli unici esempi noti di classi separate sono quelliistituiti in passato da alcuni länder tedeschi: inquei casi però l’insegnamento si teneva nellalingua del paese d’origine dei genitori, princi-palmente turchi, e aveva l’obiettivo di favorire ilritorno in patria. Un obiettivo che si è rivelatoillusorio, producendo disadattamento e mancataintegrazione, con i costi sociali conseguenti.

.: Professione Sociologo Classi ponte? Un’invenzione italiana di Maurizio Ambrosini www.lavoce.info, 28.10.2008 Nei paesi avanzati non ci sono precedenti per lascelta di classi separate per i bambini immigrati.Ci sono invece molte esperienze di didatticaspeciale, volta al rafforzamento delle competenzelinguistiche. Nel nostro paese la percezione diun’emergenza educativa è drammatizzata dallosmantellamento delle risorse per fronteggiarla. Ilfatto stesso che alcune scuole abbiano investito dipiù nella didattica interculturale non di radodiventa un pretesto per convogliare solo versoqueste gli alunni immigrati. I minori di origine immigrata oggi presenti inItalia sono più di 760mila, dei quali però 450milasono nati nel nostro paese, e in varie altre nazionigodrebbero dalla nascita della cittadinanza. Tra iminori stranieri scolarizzati, le proporzioni siinvertono: circa i due terzi sono nati all’estero,anche se nel tempo le cose cambieranno per lanaturale evoluzione demografica della popolazioneimmigrata. Il fenomeno in ogni caso è in rapidacrescita e presenta marcate concentrazioni territo-riali. Le regioni con le maggiori concentrazioni diistituzioni scolastiche che superano il 20 per centodi alunni “stranieri” sono Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Nel Sud solo in Sicilia siindividuano alcune scuole in condizioni analoghe.La Lombardia è la regione d’Italia con il più altonumero di istituti che hanno almeno il 20 percento di iscritti di cittadinanza non italiana, sonopiù di duecento. Nell’anno scolastico 2007-08, lescuole della regione con una percentuale di alunninon italiani pari o superiore al 25 per cento sonostate il 9,3 per cento del totale (1). SOLUZIONI IN ITALIA E ALL’ESTERO

sibile trasformazione delle ba- A questa rapida e visi demografiche e sociali della popolazione scola-stica, vuole fornire una risposta la mozione sullecosiddette classi-ponte per i bambini immigrati,proposta dalla Lega Nord, condivisa dal governo eapprovata dalla Camera dei deputati. Un progettoche, a quanto sembra, incontra un vasto consensonell’opinione pubblica nazionale. Benché non an-cora chiarissima nelle sue modalità applicative, lamozione è un atto di indirizzo politico, non unaproposta di legge dettagliata, l’idea è di costituireclassi distinte per gli alunni che non dimostrino, aun apposito test d’ingresso, una sufficienteconoscenza della lingua italiana. Lì rimarrannofinché non riescano, a una successiva verifica, asuperare la prova.

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Page 25: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

C’è infine una questione relativa ai luoghi e allemodalità dell’apprendimento linguistico. La linguasi impara in classe, ma anche negli intervalli, incortile e in mensa, giocando, chiacchierando,passando del tempo insieme. E poi invitando edessendo invitati a casa dei compagni nel tempolibero. L’apprendimento in contesti informalinon è meno importante di quello formale. E in piùproduce integrazione reciproca. Si può sostenereche le classi ponte non vietano di entrare inrapporto con i bambini italiani, ma resta certo chenon producono un ambiente favorevole agliscambi quotidiani e all’instaurazione di rapporti diamicizia. Non è forse un caso che nessun esperto noto discuola e di pedagogia interculturale si sia espres-so a favore del provvedimento. D’altronde, imma-ginare che la forza politica che ha presentato lamozione, con il suo curriculum, abbia davvero acuore l’integrazione dei minori immigrati, apparevagamente surreale. Ma se pensiamo che gliobiettivi siano altri, anzitutto di raccolta delconsenso, allora si comprendono meglio le ragionidella proposta e del suo successo. NOTE: (1) I dati sono Usr Lombardia-Miur. Si veda M.Santerini, School mix e distribuzione degli alunniimmigrati nelle scuole italiane, in pubblicazione su“Mondi migranti”. (2) Un conteggio non recentissimo effettuato inLombardia dava un rapporto di un insegnanteall’incirca ogni 400 alunni di origine immigrata.Oggi la situazione è molto probabilmentepeggiore, in termini di rapporto insegnantidedicati/alunni immigrati

2255 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

PROBLEMI DI MERITO E METODO Nel caso italiano, non siamo all’anno zero. In mol-te scuole, anche se su basi locali e volontaristiche,sono stati sviluppati laboratori di italiano comelingua seconda, sono stati introdotti facilitatori emediatori, sono stati distaccati insegnanti confunzioni di sostegno dell’apprendimento. Il proble-ma è semmai che già sotto la gestione di LetiziaMoratti, il ministero aveva tagliato le risorse perqueste attività. Il lieve incremento successivo èrimasto ben lontano dal compensare l’aumentodella popolazione scolastica di origine immigrata(2). La percezione di un’emergenza educativa èdrammatizzata dallo smantellamento delle risorseper fronteggiarla. Le vistose concentrazioni in certe scuole e classi,inoltre, non sono un dato per così dire “naturale”.Spesso derivano da scelte organizzative cheaddensano in alcuni plessi e classi gli alunni diorigine straniera. Il fatto stesso che alcune scuoleabbiano investito maggiormente nella didatticainterculturale non di rado diventa un pretesto perconvogliare verso di esse gli alunni immigrati,“sgravando” le altre. Il volontarismo e l’attivazio-ne locale hanno come contraltare il disimpegno ela resistenza passiva di altre istituzioni scolasti-che. Un impegno per l’integrazione scolasticadovrebbe cominciare con il superamento di questesegregazioni di fatto, non giustificate da ragionidi concentrazione urbana. Vengono poi alcuni problemi di merito. Il primo,già espresso da Giovanna Zincone su La Stampa,riguarda i destinatari della proposta del test diingresso: tutti gli alunni di nazionalità straniera,oppure solo quelli nati all’estero? E in questosecondo caso, tutti, compresi quelli giunti neiprimissimi anni di vita, o solo a partire da unacerta età? Che dire poi dei bambini adottatiall’estero? E dei figli di emigranti italiani diritorno? E dei figli di stranieri provenienti da paesisviluppati? E dei figli di coppie miste? La propostaappare essenzialmente una dichiarazione di intentiche vuole marcare un confine, senza preoccuparsidi introdurre specificazioni. Un altro problema riguarda le modalità di uscitadalle classi-ponte: che ne sarà degli alunni chenon riusciranno a raggiungere il livello di compe-tenza linguistica richiesto? Resteranno nelleclassi-ponte? Fino a quando? Non si rischia direintrodurre surrettiziamente le classi differenzialiabolite ormai da tanti anni, perché ghettizzanti?

Page 26: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

delle Università, detta anche Legge Pécresse, ilnome del Ministro dell’Insegnamento e della Ri-cerca). Con questa riforma francese le Universitàdiventano autonome e indipendenti nella gestionedel proprio bilancio; è prevista la creazione difondazioni private da affiancare all’università dan-do così spazio ai finanziamenti privati alla ricercae al diritto allo studio nel suo complesso. Al consi-glio di amministrazione spetta l’intera gestioneeconomica dell’università e in esso viene ridottala presenza di studenti e di personale universita-rio a favore dell’entrata dei nuovi partner privati.Giovedì 19 febbraio, in seguito ad una manifesta-zione di circa trentamila persone contro la riformadell’insegnamento superiore, la Sorbona è stataoccupata. Nel rinomato ateneo parigino l’occupa-zione va avanti insieme ai professori. Una novitàdi queste mobilitazioni è proprio la partecipazionedel corpo docente alle proteste. Anche il CNRS(Centre National de la Recherche Scientifique) èstato occupato da ricercatori. All’École des HautesÉtudes en Sciences Sociales, come forma di pro-testa, da mesi va avanti “Changeons le program-me”; i professori possono scegliere di sospendereil programma ufficiale del corso e dar vita a dibat-titi e discussioni a proposito delle riforme delgoverno, tutto inserito all’interno del quadro delmovimento di mobilitazione per l’insegnamentosuperiore e la ricerca. A Parigi, mediamente unavolta a settimana, un corteo numeroso sfila per iboulevard con le stesse parole, gli stessi simboli,gli stessi riti, le stesse canzoni che si sono visti esentiti a novembre per le strade italiane: bare chesimboleggiano il funerale della cultura, ricercatorie studenti con i camici bianchi che si svendono,volantini, manifesti, cori… Scioperi, manifestazio-ni, occupazioni, lezioni universitarie nelle piazze enel métro stanno sconvolgendo la vita e i ritmidella città. Ma le mobilitazioni sono estese anche ad altripaesi, perché c’è un filo rosso che viene seguitodietro queste riforme. Queste non sono, infatti,né settoriali né nazionali, ma il perseguimento dilogiche neoliberali imposte su scala mondiale: laLegge 133 italiana si inserisce in una prospettivapiù estesa, corredata da una retrospettiva storica.Le misure politiche e la trasformazione dei sistemidell’educazione, fanno parte di quel percorsoiniziato col “processo di Bologna” del 1999 e conla “strategia di Lisbona” del 2000. Quest’ultima èun programma di riforme economiche approvatodai Capi di Stato e di Governo dell'Unione europe-a, dove viene “istituzionalizzato” un vertice datenersi ogni anno a marzo focalizzato interamentesui temi economici, sociali e ambientali (il

2266 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

.: Professione Studente La Vague Européenne, l’ondata di mobili-tazioni in Europa di Giulia Farfoglia Lo slogan è sempre lo stesso, in tutti i paesi stafacendo il giro del mondo: «NOI NON PAGHERE-MO LA LORO CRISI!», «NOUS NE PAYERONS PASLEUR CRISE!», «WE WON'T PAY FOR THEIRCRISIS!». Da molti mesi il sistema mondiale sta sprofondan-do in una crisi che non è solo economica, ma an-che sociale, culturale, ambientale, intellettuale,politica. È una crisi generale che sta dilagando intutti i paesi. Io scrivo da Parigi, dove sto finendo di svolgere ilmio Erasmus. La protesta studentesca, sulla sciadell’Onda Anomala italiana del Novembre 2008, èarrivata fin qua, dove, attraverso i più vari mezzidi comunicazione, un gruppo di studenti è riuscitoa riunirsi e ad ampliarsi. Un primo momento diriunione e di azione è stato il 14 novembre, inprossimità del Consolato Italiano per aderire allosciopero generale dell’Università in Italia e permanifestare anche da qua il dissenso contro lalegge 133; leggendo i vari comunicati divulgati dalmovimento, azioni simili e nello stesso senso sisono svolte nelle città europee di Madrid,Valencia, Bruxelles, Istanbul, Copenhagen, Grana-da, Berlino, Lione, Anversa, Siviglia, Londra, Lis-bona, Birmingham, Stoccarda, Aarhus, Palma deMallorca, Almeria, Barcellona. Qui c’erano studentiErasmus di tutte le Università e delle più disparatefacoltà di Parigi, studenti “acquisiti” francesi, dot-torandi, ricercatori, insegnanti, precari e chi piùne ha più ne metta. Seguendo l’esempio di queglistudenti che a Londra hanno firmato le loro azionicon il nome di European Anomalous Wave, il mo-vimento parigino si è chiamato Vague Européenne(Anomala non era ben comprensibile in francese!)e ha cominciato a riunirsi settimanalmente inassemblea. Con l’energia che arrivava dalleproteste italiane e con la peculiarità di “studentifuori sede” provenienti da tutta Europa, si èaperta l’opportunità di fungere da trampolino dilancio per una riflessione più ampia sulle riformecomplessive in ambito internazionale. Perchéoramai è di Europa che si parla, è a questo livelloche i governi nazionali si muovono. È così iniziato un lavoro di coinvolgimento, di sen-sibilizzazione e di collaborazione con le realtà stu-dentesche locali, con gli studenti di altri paesi, coni ricercatori e con i professori francesi. Da questoconfronto sono emerse delle forti analogie nellepolitiche in materia d’istruzione attuate dai duePaesi. In Francia, ormai, l’ondata di contestazionista andando avanti da più di un anno. Le protestesono iniziate contro la legge LRU (la legge n°2007-1199 relativa a Libertà e Responsabilità

Page 27: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

(2)www.bolognaprocess.it/content/index.php?action=read_cnt&id_cnt=5718 (3) www.emancipating-education-for-all.org/ (4) www.louvain2009.com/?lang=it

(1)europa.eu/scadplus/glossary/lisbon_strategy_it.htm

NOTE:

In Irlanda migliaia di manifestanti sfilano aDublino, e anche nel Regno Unito scuole eUniversità sono occupate con la partecipazionedegli insegnanti. In Germania il 12 novembre 2008, i liceali sonoscesi per le strade delle principali città del paese,ripetendo slogan come «Il capitalismo è la crisi»,il parlamento provinciale ad Hannover è statoassediato dai manifestanti. Da qui è stata lanciatal’idea di una Global week of action, per l’Aprile del2009, che vede al centro il tema dell’educazione(3). All’interno di questa iniziativa si inserisce ilContro-Summit (4) che si terrà il 28 e 29 aprile aLouvain e Louvain La Neuve in Belgio inoccasione della conferenza ministeriale del“processo di Bologna”, che si riunisce ogni dueanni per « valutare i progressi compiuti e lenuove misure da mettere in atto» e per fare ilpunto sulle riforme universitarie già entrate invigore e quelle ancora da approvare. Potrebbeessere un’occasione importante per far uscire alloscoperto questa Vague Européenne che ancora ènascosta e relegata alla rete che si è costruita.Una rete informatica, fatta di mailing-list, di chatinternazionali, di blog, di gruppi di discussione, diforum, di social network. L’obiettivo dichiarato daipromotori del Contro-Summit è quello di unire loslancio delle mobilitazioni locali in un’ottica cheoltrepassi le frontiere nazionali, per cominciare acostruire e a condividere un sapere libero e ac-cessibile a tutti, avulso dalle logiche economiche.Questo momento potrebbe diventare, quindi,un’opportunità per rendere visibili tutte le lotte ele riflessioni che negli ultimi mesi hanno animatogli spiriti di molti ragazzi sempre più preoccupatiper il futuro dell’istruzione e dell’università.

2277 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Ecco dunque il filo rosso, ecco perché l’onda èEuropea, ecco perché sono tante le manifestazionidi dissenso. Alla fine del 2008, oltre all’Italia e alla Francia,diversi paesi europei sono stati toccati simulta-neamente da movimenti studenteschi di massa.Tra questi, quello che si è sviluppato in Greciadopo la morte di uno studente di quindici anni il 6dicembre 2008 è stato uno dei più violenti trasfor-matosi in guerriglia urbana. Vi hanno partecipatodiversi settori della classe lavoratrice in solidarietàcon le nuove generazioni che si battevano controgli attacchi del governo e contro la repressione daparte della polizia. I giovani e i lavoratori sonoinsorti, in tutti gli spazi pubblici, contro il loro go-verno e le sue riforme, contro la crisi economica eil deterioramento delle condizioni di vita. In Spagna sono numerose le facoltà occupatenegli ultimi anni, mobilitate esplicitamente controil “processo di Bologna”. Il 13 novembre centinaiadi migliaia di studenti hanno manifestato in più disettanta città contro le nuove direttive europeesulla riforma dell'insegnamento superiore eduniversitario che generalizza la privatizzazionedelle facoltà e moltiplica gli stage nelle imprese.Qui lo slogan dice: «Contra la mercantilización dela Universidad. STOP BOLONIA». Di pochi giorni faè la prima pagina de El Paìs intitolata «La rivoltadegli anti-Bologna» dedicata alla vicenda dellosgombero dell’Università di Barcellona da partedella polizia il 19 marzo.

Anche il “processo di Bologna”, la cui relativadichiarazione iniziale è stata firmata nel 1999 daquarantacinque Stati (2), implica una serie diriforme a carattere europeo. Questo però è piùespressamente dedicato all’ambito scolastico/uni-versitario e si propone di realizzare entro il 2010uno Spazio Europeo dell'Istruzione Superiore. Conperiodici aggiornamenti (Praga 2001, Berlino2003, Bergen 2005 e Londra 2007) viene“ripensato” il sistema formativo europeo perarmonizzarlo. Si introducono: un sistema a doppiociclo (3+2) e i crediti europei (ECTS) per averetitoli accademici comparabili e per favorire lamobilità; si dà vita nell’università all’equazioneeconomica costo/profitto favorendo una gestionedell'istruzione universitaria in termini di costi-benefici, con il rischio di creare istituti di “eccel-lenza” (che nella logica dell'aziendalizzazione delleuniversità rischia – o forse si sta già attuando – ladefinizione di “università di serie A e università diserie B”).

Consiglio Europeo di Primavera). L'obiettivo es-pressamente dichiarato è quello di fare dell'Unione«la più competitiva e dinamica economia dellaconoscenza entro il 2010» (1).

Page 28: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

.: Professione Sociologo Intervista a Lorenzo Fischer di Niccolò Bertuzzi e Simone Martino La formazione dei nuovi docenti è cruciale per laqualità della scuola. Abbiamo intervistato LorenzoFischer, Professore di Sociologia dell’Educazioneall’Università di Torino, per discutere il caso dell’I-talia in ottica storica e comparativa. La diminuzio-ne della spesa pubblica in istruzione prevista daiministri Tremonti e Gelmini blocca lo sviluppo dipercorsi formativi che includano anche per lescuole secondarie gli aspetti didattici e pedagogicifondamentali per l’insegnamento. Gli esiti di que-sta “riduzione”, che colpisce duramente la scuolapubblica, frenano l’adeguamento del sistema for-mativo italiano alle esigenze della società contem-poranea. Guardando all’esperienza degli altri paesi,come è organizzato il sistema scolasticoitaliano? Sostanzialmente oggi in Europa ci sono quattromodelli di sistema scolastico, che funzionano inmaniera diversa fra loro. Quello anglosassone unifica la scuola secondariasuperiore e quella inferiore in una scuola di tipo‘comprensivo’, dove in sostanza le vecchie diffe-renze tra licei e istituti tecnici sono azzerate, sonopresenti tutti gli insegnamenti e ognuno, con l’aiu-to di un tutor, sceglie individualmente il propriopercorso. C’è poi quello germanico, che si basa ancora sulmodello d’insegnamento mitteleuropeo di fineottocento, in cui gli studenti si dividono a dieci an-ni tra tre diversi percorsi, più un quarto riservatoa handicappati, emigrati ed ad altre categoriedisagiate. Il terzo è il modello scandinavo, quello che inassoluto funziona meglio, ed è caratterizzato dalfatto di essere unitario, poiché non c’è frattura trascuola elementare e media come negli altri paesi.Questo significa che vi è una sola scuola perl’intero periodo di formazione obbligatoria di 9anni e in questo arco di tempo gli studenti sonoseguiti sempre da almeno un insegnante. Ciòfacilita molto l’apprendimento e rende questosistema molto efficiente. Valutazione ben testimo-niata dal fatto che la Finlandia, nelle ricerchePISA-OCSE sui quindicenni, è il paese con la mi-gliore istruzione in Europa e ai primi posti nelMondo. Si tratta di sistemi formativi qualitativa-mente ottimi ed egualitari. Sono favoriti anche dalfatto che i paesi in cui il modello è applicato con-tano un numero limitato di abitanti, sono prote-stanti (quindi con lunga tradizione di alfabetizza-zione) ed economicamente sviluppati. In Italia c’è stata la possibilità di avere un sistemadi questo tipo; era quello che aveva fatto appro-

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa2288

vare il ministro De Mauro. Prima il ministro Berlin-guer aveva proposto di abbassare l’età d’ingressoalla scuola obbligatoria a cinque anni, trasforman-do l’ultimo anno della scuola d’infanzia in un annopreparatorio alla scolarizzazione. Questo progettonon era passato per l’opposizione dei cattolici pre-senti nella maggioranza, opposizione ovvia perchéquasi la metà delle scuole materne italiane sonogestite dalle suore. De Mauro invece aveva proposto una scuola di

e Spagna, Francia, Italia e Grecia. Que-

base unitaria, della durata di sette anni. Idea peròosteggiata sia dagli insegnanti della scuola media,sia dalla destra che, appena arrivata al governo,bloccò tale riforma per farne una propria. Vi è infine il modello latino-mediterraneo, checomprendsto modello, basato sulla classicità greco-latina, ècaratterizzato dall’attenzione rivolta soprattutto aicontenuti e agli aspetti nozionistici dell’insegna-mento. Manca una didattica individualizzata, percui la sua efficacia è molto scarsa. Noi siamo statii primi, in Europa, a provare a riformare questosistema, con la scuola media unificata del 1962,però la riforma ha avuto parecchi problemi e nonè stata applicata con successo. Nello specifico la situazione italiana è assurda: ibambini di 9 anni sono i migliquanto riguarda la conoscenza della lingua italia-na, tra i più preparati nelle scienze e sono persinomolto al di sopra della media europea per quantoriguarda la matematica. A 15 anni, invece, cadia-mo al fondo della classifica europea, soprattuttoper il grave divario tra Sud da una parte eCentro-Nord dall’altra. Il sistema di formazione previsto dal Gruppo

lavoro per la formazione del personale

ortata

didocente (istituito con D.M. 30 luglio 2008)prevede tre percorsi di formazione diversirispettivamente per gli insegnanti dellascuola primaria, della secondaria e dellasecondaria superiore. Cosa ne pensa? La situazione meno grave è quella della forma-zione dei maestri insegnanti, che è stata pda quattro a cinque anni; non c’è molto di diversoe tutto dipende da come sarà gestita. Quello cheè davvero molto grave è ciò che sta succedendoalla SSIS, anche se il decreto non è ancora defini-tivo. Purtroppo non è stata possibile una valuta-zione dei risultati: già nel 2001 (la SSIS è stataattivata nel 1999, n.d.r), si è deciso di chiuderla.Dal 2002 al 2007 ogni anno il Ministero ha deciso(a giugno-luglio) di riaprire. In simili condizioninon era possibile progettare nessun tipo di ag-giornamento. È una vergogna e vale per tutti igoverni: bisogna dire che nemmeno nei due annidi governo del centro sinistra la situazione è mi-gliorata. Sulla carta il sistema delle SSIS erapositivo, anche se non mancavano i problemi diattuazione. La SSIS realizzava parametri europei: 1000 ore indue anni di scuola di specializzazione, 350 ore di

ori d’Europa per

Page 29: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa2299

Quali politiche scolastiche invece sarebberoauspicabili? La scuola secondaria aspetta la riforma dal 1963.Ricordo che in quell’anno (ero al secondo anno discienze politiche) già mi occupavo della riforma

A questo punto quali sono le prospettive perla scuola italiana? Le prospettive ora sono tragiche. Sul piano dellaformazione degli insegnanti, nonostante i limitidell’Università in quest’ambito, per quasi un de-cennio eravamo riusciti realizzare una formazioneaccettabile: non si tiene in alcun conto quanto èstato fatto. L’unico imperativo è che bisognarisparmiare. Il maestro unico è un esempio chegrida vendetta, perché il punto di eccellenza dellascuola italiana era proprio la scuola elementare.Già la Moratti voleva fare qualcosa di simile.Secondo la destra al governo la scuola è stata alungo in mano alla sinistra: distruggerla significacombattere la sinistra.

Non credo. Oggi non esiste un disegno organico diriforma scolastica. Al più c’è un disegno generaledi indebolimento della scuola pubblica. Esistono inItalia 500 scuole gestite direttamente da Comu-nione e Liberazione. Ora non c’è una riforma spe-cifica, ma soltanto un taglio dei fondi, la parolad’ordine è “spendiamo meno”. Non esiste “la ri-forma Gelmini”, è il ministro Tremonti che vuoleridurre i finanziamenti. Oltre all’aspetto economi-co c’è poi da considerare un aspetto politico. È undato di fatto che scuola e Università non sonoserbatoi di voti della destra: non a caso questisettori non sono stati affatto agevolati da Berlu-sconi, per la terza volta al potere, mentre catego-rie sociali o professionali, più favorevoli al gover-no, hanno goduto di maggiori attenzioni.

prerequisito indispensabile (come tale era consi-derato nella SSIS): tutto quello che conta vienedopo. Un docente super specializzato nella scuolasecondaria non serve: ad esempio uno che hastudiato per tre anni Plotino non sa necessaria-mente insegnare la storia della filosofia, in unascuola secondaria superiore non più di élite, mageneralizzata a tutta la classe di età. Oggi è ne-cessaria una preparazione nelle didattiche e nellescienze dell’educazione, per un professionista chepiù che trasmettere contenuti, deve essere capa-ce di aiutare gli studenti ad “imparare ad impa-rare”. Le facoltà scientifiche sono un po’ diverse: mate-matica ad esempio ha un’associazione di didatticadella matematica che ha già compiuto un secolodi vita; non c’è nulla di analogo nelle disciplineletterarie o storico-filosofiche. Cento anni a zero,la differenza è chiara. Secondo lei queste novità in materia diformazione degli insegnanti rientrano in unprogetto più generale di cambiamento dellascuola italiana?

formazione nelle scienze dell’educazione (la partepiù innovativa e professionalizzante), 350 ore dididattica e di storia ed epistemologia delle discipli-ne nelle quali abilitarsi. Si dava così per scontatoche tali discipline fossero conosciute in base alpossesso della laurea. C’erano anche 300 ore ditirocinio, con l’ausilio di “docenti accoglienti” e,soprattutto, di supervisori, insegnanti della scuoladistaccati a metà tempo all’Università. Quest’ul-tima, da sola, non è in grado di formare gli inse-gnanti, ma ha bisogno di docenti esperti dellascuola che collaborino con i professori universitari,al fine di offrire una formazione completa. Il prof. Israel (presidente del Gruppo di lavoro perla formazione degli insegnanti) vuole abolire qual-siasi tipo di organizzazione centralizzata, impo-nendo a ogni facoltà di gestire autonomamente irapporti con la scuola: una cosa insensata. La for-mazione avverrà in due modi diversi per quantoriguarda le medie inferiori e superiori. Per le me-die inferiori sono già previste delle bozze di laureabiennale magistrale specifica: rispetto alle SSISattuali questa proposta è ridicola. Per dare un’i-dea, le discipline di scienze dell’educazione am-monterebbero a 18 CFU rispetto ai 60 precedenti:neanche un terzo! Nei corsi rivolti alla formazionedei docenti della secondaria superiore, è previstasolo una laurea magistrale normalissima, un esa-me di ammissione e poi il “sesto anno” che èsostanzialmente un tirocinio. Che cosa pensa di questo Tirocinio Formativo

e sarà gestito; non sono previste

biamo visto alcuni limiti di questa riforma

rima, con la riforma

Attivo previsto per la formazione degli inse-gnanti della scuola secondaria e che sosti-tuirà la SSIS? Non è chiaro comle scienze dell’educazione, ma solo un po’ di di-dattica. In tutta la loro formazione, gli insegnantidella scuola secondaria superiore non farannoalcuna formazione nelle scienze dell’educazione,rispetto ai 60 CFU previsti finora. Si tratta di unvero e proprio annientamento della formazioneprofessionale specifica degli insegnanti secondari. Abdella formazione degli insegnanti; esistonoanche dei punti di forza? I problemi c’erano anche puniversitaria del 3+2. Al momento della sua at-tuazione c’è stata una lotta tra le facoltà di scien-ze da una parte, che dopo la triennale volevanodirettamente la SSIS e le facoltà di lettere dall’altra, che volevano la SSIS dopo la laurea magi-strale. Ad esempio la Facoltà di Lettere di Torino(certamente non fra le più conservatrici) non havoluto chiamare un sociologo dell’educazione, unopsicologo dell’educazione, un pedagogista, undidattico, un docimologo, per formare gli inse-gnanti. Sono rimasti all’idea, ripresa direttamenteda Croce e Gentile, che basta sapere per saperinsegnare. Oggi però nella scuola secondariaconoscere le discipline da insegnare è solo un

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Page 30: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

della scuola secondaria e dell’Università. Nel 1962era stata realizzata la riforma della scuola media,la prima in Europa di quel tipo, risultato del primogoverno di centro sinistra. A breve ci si aspettavala riforma delle superiori e dell’Università: conse-guenza logica della riforma precedente. Questariforma non è invece mai stata fatta: questo permolti motivi, tra cui il principale è, forse, il ’68. Inquegli anni erano già pronti i progetti di riforma,ma la Democrazia Cristiana, forza politica tradizio-nalmente egemonica al ministero dell’Istruzione,per decenni ha evitato riforme, temendo una nuo-va contestazione. D’altra parte anche a sinistranon si è molto insistito sulla necessità di rifor-mare, all’epoca io ero già un riformista di sinistra,ma molti altri erano rivoluzionari: le riforme noninteressavano, tanto presto ci sarebbe stata larivoluzione. In un’auspicabile riforma, come dovrebberocollaborare Università e scuola per la proget-tazione dei percorsi formativi per gli inse-gnanti? Non si può lasciare tutto nelle mani delle facoltà,non è gestibile. In questo ci sono colpe anchedell’Università, molti degli stessi docenti univer-sitari delle SSIS continuavano ad insegnare lediscipline, perché di fatto non conoscono ledidattiche. Quanti docenti universitari conosconole problematiche metacognitive dell’apprendimen-to? Eppure da tre decenni si studia come siapprende e come se ne controllano i risultati. Tornando un momento alla riforma dell’inse-gnamento, con questo sistema di formazionesi impedirà agli insegnanti il passaggio tra idiversi gradi scolastici. Cosa ne pensa? Un sistema ragionevole, come quello scandinavo,ha senso solo con una formazione unitaria degliinsegnanti dell’obbligo; a tale proposito, si potreb-be trasformare il nuovo corso quinquennale permaestri, in uno per gli insegnanti dell’obbligo, contre indirizzi. Sarebbe auspicabile avere docentipreparati unitariamente, che sappiano interloquirefra loro, e, contemporaneamente, non siano trop-po specializzati, ma neanche troppo poco. Nonserve il maestro unico tuttologo, ma non hannosenso neanche gli attuali 11-12 insegnanti dellascuola media. Bisognerebbe che gli studenti, nelcorso dei nove o dieci anni di scuola dell’obbligo,arrivassero ad avere al massimo 6-7 insegnanti.Perché la scuola possa funzionare al meglio, ènecessario che si crei un rapporto personalizzatotra insegnanti e allievi, ma se un docente ne haoltre 200, nelle varie classi, è impossibile.

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

Che cosa ne pensa della proposta del Gruppodi Lavoro di inserire il numero chiuso perl’accesso alle lauree magistrali per l’insegna-mento alla scuola primaria e secondaria diprimo grado? È sensato, ma non è una vera novità. I numeri chiusi c’erano già, ma li decidevano le singole Università, anche se in teoria bisognava agire secondo quanto comunicato dal Ministero e dall’Ente scolastico regionale, tenendo conto del-le esigenze future nelle singole discipline d’inse-gnamento: non tutti gli anni si aprivano tutti i tipi di abilitazioni. Questo ci porta a un altro pun-to importante: perché si è sempre avuta grande difficoltà a formare gli insegnanti in Italia? Innanzitutto perché l’Università è pochissimo interessata a un’effettiva formazione degli inse-gnanti, ma alcune facoltà, come lettere e lingue, hanno come principale sbocco proprio quello dell’insegnamento. In questi casi la formazione degli insegnanti è un problema di sopravvivenza: se al posto delle lauree magistrali ci fosse la SSIS, probabilmente molte di tali lauree non avrebbero studenti. Così facendo, si pregiudica la formazione degli insegnanti per l’interesse di alcune facoltà: queste non sono semplici suppo-sizioni, ma quanto mi è stato detto direttamente da alcuni presidi di facoltà. Ci sono poi altri tipi di ostacoli, come quello dovuto ai sindacati (anche confederali), che negli anni hanno favorito la situazione di precarietà del personale docente, soprattutto per la scuola secondaria, per ragioni di potere, in collusione con il personale ministe-riale. È chiaro che i precari, dopo anni e anni di incarichi, devono comunque essere assunti, an-che senza una reale valutazione. Tutto ciò ha impedito una formazione seria degli insegnanti per tanti anni e quando, finalmente, era iniziata, è stata bloccata in poco tempo.

3300 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa

Page 31: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

mento alla cultura e ai valori della cittadinan-

za e della convivenza civile; verificare la

senso in cui inscrivere l’esigenza, pur sempre pre-sente, di accertare le competenze dell’alunno, diverificare che cosa egli sa o non sa fare. Neanchein questo caso, però, si arrivò ad una vera riformadella valutazione. Muraglia ricorda come, in quelcontesto, le numerose esperienze positive nonvennero ricondotte a sistema e rimprovera le isti-tuzioni di aver abbandonato le scuole al propriodestino, immerse nella burocrazia, facendo rim-piangere a molti la semplicità dei vecchi metodi. Insomma, la valutazione era già un nodo proble-

ese

ra-

r opporsi alla forza distruttiva delle novi-

omuovere

consapevolezza raggiunti, con specifico riferi-

matico nel sapere professionale degli insegnanti:la riforma Gelmini ne ha preso atto, imponendodei provvedimenti che hanno il carattere di unrassicurante ritorno al passato, sostenuti daargomentazioni semplicistiche, prive di qualsiasicontestualizzazione e riflessione pedagogica. Cerasoli (3) sottolinea come le decisioni prdall’alto non siano state precedute da nessun di-battito, da nessuna indicazione da parte di esper-ti. Con toni preoccupanti, se non allarmistici, lascuola pubblica è stata presentata come un orga-nismo in gravi difficoltà e incapace di reagire. Si èsottolineata l’esigenza di ristabilire “chiarezza,efficienza e autorità”, ma senza interrogarsi sulleragioni profonde della loro perdita. Le soluzioniofferte sembrano ricercare un facile consenso, piùche vere possibilità di innovazione e crescita. Dai membri del CIDI arrivano proposte meno dstiche e tese a cogliere la complessità dei proble-mi. Paolo Citran, ad esempio, afferma l’urgenza didefinire degli standard di apprendimento precisi,ma non per questo rigidi e insensibili alla diversitàdelle situazioni. Il ricorso ad alcuni parametri qua-litativi da accostare alle valutazioni quantitativepotrebbe fornire una valutazione migliore emaggiormente informativa e trasparente nei con-fronti delle famiglie e degli alunni. Muraglia invita i docenti a rimettersi subito al la-voro, petà. Egli sostiene che occorra ripartire “dal basso”,interrogandosi sul significato delle pratiche educa-tive, negoziandolo all’interno della scuola, trovan-do gli strumenti operativi capaci di rappresentarequesto negoziato, esplicitandolo alle famiglie ecreando credibilità diffusa attorno alle procedurevalutative adottate (4). A chiamare in causa la riflessione sui modelli edu-cativi e sulla concezione di scuola da prè anche un secondo importante provvedimento,quello relativo al “voto in condotta”. Secondo lalegge esso concorrerà alla valutazione complessi-va e, se inferiore a sei decimi, determinerà la nonammissione dello studente all’anno di corso suc-cessivo o all’esame finale (5). Il decreto del 16gennaio 2009 ha poi precisato le finalità dellavalutazione del comportamento. Si tratterebbe di

“[…] accertare i livelli di apprendimento e di

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa3311

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

In molti sottolineano come le riforme attuali rap-presentino un passo indietro rispetto ai risultatiottenuti nel corso di anni di esperienza, ricerca sulcampo e riflessione teorica. La scala di valutazione con i voti in decimi, oltread essere poco leggibile da parte di bambini e ge-nitori, portatrice di una logica selettiva e sanzio-natoria, si era rivelata inadeguata a cogliere lacomplessità e la fluidità dei processi di insegna-mento/apprendimento. La legge 517 del 1977 fula prima a raccogliere le esigenze emerse all’in-terno delle scuole, molte delle quali, in quegli an-ni, avevano già avviato in via sperimentale prati-che valutative diverse dalla vecchia pagella. Ilgiudizio di merito così introdotto, nella scuola dibase, intendeva assumere una preminente funzio-ne formativa, di accompagnamento nello studio edi stimolo al miglioramento, tenendo conto dell’in-dividualità dell’alunno e cercando di offrire unadescrizione delle sue competenze qualitativamen-te più adeguata rispetto ad una media numerica.Si riconosceva altresì l’importanza del dialogo conle famiglie e la costruzione di un progetto edu-cativo comune (1). Secondo Maurizio Muraglia(2), tuttavia, tali buone intenzioni rimasero so-stanzialmente dei propositi irrealizzati. Gran partedegli insegnanti continuarono a basarsi su unaconcezione cumulativa delle conoscenze e su unmodello quantitativo della valutazione, celati die-tro l’adozione di espressioni nuove e più politica-mente corrette. Negli anni Novanta, con l’autonomia scolastica, iltema della valutazione avrebbe dovuto tornare inprimo piano, in quanto la logica del curricolo(basata sulla centralità di chi apprende e sullavalorizzazione delle sue risorse personali, diversein ogni individuo) diventa il nuovo orizzonte di

Le novità introdotte dalla riforma Gelmini in mate-ria di valutazione hanno suscitato allo stesso tem-po reazioni di dissenso e di consenso, sia all’in-terno della scuola che nell’opinione pubblica. Cer-tamente si tratta di provvedimenti che si prestanoa far discutere, inserendosi in una situazione giàda tempo vissuta come problematica. Sul sito internet e sulla rivista del CIDI (Centro diiniziativa democratica insegnanti) sono apparsinumerosi contributi di professori, maestri, dirigen-ti d’istituto ed esperti del settore che invitano ariflettere, mettendo in luce la portata sociale dellaquestione e analizzando il percorso che ha condot-to ai provvedimenti attuali. La maggior parte degliarticoli nasce dalla preoccupazione per una rifor-ma che, anche in questo campo, appare poco sen-sibile ai bisogni reali e più adatta a distruggereche a costruire.

di Manuela Ronco

.: Professione Studente Voti o giudizi?

Page 32: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

NOTE: (1) La legge 517, all’art.4 per le elementari eall’art.9 per le medie, recita: “Gli insegnanti diclasse sono tenuti a compilare ed a tenere aggior-nata una scheda personale dell'alunno contenentele notizie sul medesimo e sulla sua partecipazionealla vita della scuola nonché le osservazioni siste-matiche sul suo processo di apprendimento e suilivelli di maturazione raggiunti. Dagli elementi re-gistrati sulla scheda viene desunta trimestralmen-te dall'insegnante o dagli insegnanti della classeuna valutazione adeguatamente informativa sul li-vello globale di maturazione, il cui contenuto vie-ne illustrato ai genitori dell'alunno o a chi ne fa leveci dall'insegnante o dagli insegnanti, unitamen-te alle iniziative eventualmente programmate infavore dell'alunno”. (2) Maurizio Muraglia, Il momento valutativo nelsapere professionale dell’insegnante, nota intro-duttiva del Seminario di studi sulla valutazione,Palermo, 15 gennaio 2009 in www.cidi.it/valutazione/Muraglia-valutazione.pdf (3) Gianni Cerasoli, Conoscere il passato per nonripetere i suoi errori nel presente. Lettera ai gio-vani colleghi di un vecchio maestro allergico aivoti, in www.cidi.it/valutazione/Cerasoli-valutazione.doc (4) M. Muraglia, cit. (5) Cfr. Legge n. 169 del 30 ottobre 2008, art.2. (6) Cfr. D.M. n. 5 del 16 gennaio 2009, Ministerodell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. (7) Beatrice Mezzina, La valutazione delComportamento, in www.cidi.it/valutazione/Mezzina-valutazione.pdf (8) Luigi Guerra, Ecco perché i pedagogisti sonoa fianco di chi protesta, in LaRepubblica-sezioneBologna, 27 settembre 2008. (9) Paola Milani, Prima di mettere cinque in con-dotta. I percorsi di "co-educazione" come alterna-tiva, in Animazione sociale, XXXVIII(226), 2008,pag. 85. (10) Ibidem.

3322 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

capacità di rispettare il complesso delle dispo-sizioni che disciplinano la vita di ciascuna isti-tuzione scolastica; diffondere la consapevolez-za dei diritti e dei doveri degli studenti all’in-terno della comunità scolastica, promuovendo comportamenti coerenti con il corretto eserci-zio dei propri diritti e al tempo stesso con il rispetto dei propri doveri (6)”.

Secondo Beatrice Mezzina si tratta di parole con-divisibili, ma difficilmente applicabili. Se l’insuf-ficienza segnalerà gravi violazioni delle regole e ilsei un’indisciplinatezza di minore gravità, comesaranno graduati gli altri comportamenti, quellidal sette al dieci? Gli insegnanti saranno chiamatiad esplicitare le proprie scelte di fronte a genitorie alunni. Alle superiori, se il voto contribuirà alcalcolo della media e all’attribuzione dei crediti, glistudenti chiederanno di essere valutati secondocriteri chiari e oggettivi. Ma come sarà possibile?Mezzina ritiene che misurare il comportamento siadannoso, in quanto ci si trova davanti a miriadi dicasi differenti, “a situazioni, atteggiamenti e modidi essere da comprendere, non da valutare dal seial dieci” (7). Dal punto di vista pedagogico, il preside dellafacoltà di Scienze della Formazione di Bolognadefinisce tali decisioni come “una scelta da pen-siero debole”, “un’operazione che corrispondesemplicemente al desiderio di riversare ogni re-sponsabilità sugli studenti, sulle loro famiglie e sulloro ambiente di vita” (8). Pensare di ristabilirel’ordine e combattere il bullismo mettendo un cin-que in condotta e bloccando il percorso di studiodegli allievi più indisciplinati, equivale ad elimina-re chi dà fastidio, a rifiutare di vedere le sue dif-ficoltà e di farsene carico. Significa accettare,all’interno della scuola, una logica improntata allaselezione e alla competitività, piuttosto cheall’inclusione e alla crescita. Secondo Paola Milani è sconfortante che, proprio“in un momento in cui da più parti si segnala lavulnerabilità delle famiglie, la fatica di crescere edi educare, la desolazione in cui versa la scuola”l’unica strategia proposta sia, in sostanza, larinuncia al proprio compito educativo (9).1 Uncompito difficile ma essenziale se si guarda alfuturo non solo dei ragazzi, ma anche dellasocietà nel suo insieme. Come sottolinea Milani:

“Certo, prendere sul serio il compito educa-tivo sarebbe comunque meno impegnativo che trovarsi a gestire classi zeppe di ragazzi ripetenti per i cinque in condotta, ragazzi che si metteranno in aperta sfida con inse-gnanti e genitori, i quali, a loro volta, si sentiranno impotenti e non sapranno più cosa fare. Sarebbe meno impegnativo che gestire una società piena di adulti che, non essendo riusciti a realizzare il loro progetto di vita, saranno pieni di sentimenti di rivalsa e di rancore verso la comunità cosiddetta civile” (10).

Page 33: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

1991-92 e 1992-93 e che aveva dato risultatieccellenti, con formatori madrelingua) che nonobbligassero gli insegnanti ad impiegare le oredella sera tardi, o della notte, dopo aver accuditoagli impegni familiari e sottraendo tempo alriposo. I nostri colleghi francesi, ad esempio, pos-sono una o più volte all’anno fruire di settimane didistacco dall’insegnamento da occupare nell’ag-giornamento mentre le loro classi sono affidate adocenti tirocinanti a fine percorso formativo. Siparla anche di utilizzare noi insegnanti specialistedi lingua straniera come tutor delle colleghe daformare, facendole assistere alle nostre lezionicon gli alunni: la cosa mi pare si commenti da sé.Formazione a costo zero, o quasi zero, ancorauna volta. La collaborazione tra colleghe c’è dasempre e continuerà ad esserci, ma non se neesce così a buon mercato. Ancora una volta sem-bra che la qualità non sia l’elemento che stia gui-dando le scelte di politica scolastica. E questoproprio in tempi in cui la sfida dell’educazione sigioca, di questo ne sono convinta, sul piano rela-zionale, sull’affettivo, e sulla capacità nostra diessere all’ascolto delle difficoltà di famiglie e alun-ni e di saper attuare interventi efficaci. Perchédavvero non può esserci apprendimento senzauna relazione che funzioni, a scuola e a casa. Lefamiglie spesso portano a scuola tutte le loroproblematiche esistenziali: economiche, emotive,relazionali. È complesso oggi organizzare i tempidell’educazione, più difficile che organizzare itempi della “semplice” istruzione. Agli insegnanti si richiede sempre di più, specie

l momento quanti insegnanti sono previsti

organizzazione, ci sono i tempi

one e dalla specialista di

volontà e capacità di dare ascolto, ma per dareascolto ci vuole tempo. Non sono d’accordo cheper fare “qualità” la quantità non conti: unascuola di qualità ha anche bisogno di tempi distesie organizzati con intelligenza. Aper ogni classe? Al momento, come pieni che hanno due insegnanti, in cui non ci sonoinsegnanti prevalenti ma sono contitolari, hannoquindi la medesima dignità. Vengono differenziatele discipline, solitamente in area linguistica-antro-pologica e area scientifico-matematica. Secondole proprie specifiche competenze o doti individualii due docenti s’incaricano inoltre dell’insegnamen-to di musica e canto, teatro, arte e immagine,educazione fisica, insieme all’educazione alimen-tare, stradale, ambientale. Il team dei docenti è completato dalla presenzadell’insegnante di religiinglese, qualora le insegnanti di classe non abbia-no la formazione nella lingua 2 (italiano comeseconda lingua). Qualora sia presente un alunnocon particolari necessità educative, un insegnantedi sostegno viene a completare il team, suppor-tando l’attività didattica sulla classe. Assegnato alsingolo caso, in realtà è a supporto dell’interaattività didattica sulla classe. E poi ci sono le

3333 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

.: Professione Sociologo Intervista a Claudia Marengo di Ilaria Aseglio e Daniela Molino. Claudia Marengo è docente di scuola primaria aTorino presso il Circolo didattico “Don L. Murial-do”. Insegnante specialista di lingua inglese efrancese, per sette anni è stata docente di linguaitaliana a Parigi. Attualmente porta avanti il pro-getto di bilinguismo inglese/francese, insegna in-glese e francese ed è referente per l’accoglienza el’alfabetizzazione degli alunni stranieri. In colla-borazione con l’USCOT torinese e gli IUFM francesidi Lyon e Aix-Marseille, accoglie da qualche annonelle proprie classi futuri docenti di scuola pri-maria francesi, per un’esperienza di tirocinio. Una delle più grandi novità apportate dalministro Gelmini è l’introduzione dell’inse-gnante unico nella scuola primaria. Qualicambiamenti porterà e qual è la sua posizio-ne a riguardo? A mio avviso, l’insegnante unico o, come negliultimi mesi il ministro preferisce dire, prevalente,non ha nessuna ragione di venire reintrodotto peralmeno due fondamentali ragioni: l’impossibilitàad essere davvero competente nei contenuti enella didattica di tutte le discipline e in riferimentoalla gestione delle problematiche relazionali oggicosì frequenti nelle nostre classi. Sfortunatamente oggi c’è ancora qualcuno che

un’evidenza: oggi, in particolar modo

pensa che più i bambini sono piccoli e meno sianecessario essere competenti: “Tanto insegni aibambini, che importa che tu non conosca a fondola materia?”. Ce lo siamo sentiti dire anche daigiornalisti: “Io sono cresciuto bene, guardate cosasono diventato! Eppure ho avuto una maestrasola”. “Caro, tu hai settant’anni, dimentichi che èpassato un po’ di tempo e che tuo nipote non ha,nei confronti della scuola, lo stesso atteggiamentoche avevi tu; che, forse, in sessant’anni qualcosaè cambiato, anche nella considerazione dei mae-stri da parte della società”, sorge spontaneo ilcommento. Abbiamo veramente sentito di tutto.Di tutto. Mi sembraoggi, non si può essere soli in classe, nel dividersii campi di competenza – lingua straniera einformatica compresi – e nel rapporto con ibambini che sempre più richiedono ascolto eattenzione. Per quanto riguarda la formazionenella lingua inglese, per esempio, mi pare per lomeno azzardato proporre pacchetti formativi dipoche decine di ore e principalmente on-line. Inparticolare a docenti che hanno abbandonato datempo lo studio di una lingua e che ignorano lebasi della glottodidattica. Sarebbe tempo di pen-sare a momenti destinati alla formazione con di-stacco dall’insegnamento (cosa per altro verifica-tasi per la formazione dei docenti di lingua 2 nel

Page 34: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

3344 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

classi che “godranno” di una molteplicità di inse-gnanti che andranno a coprire l’orario d’insegna-mento e del tempo-mensa, visto che verrannoutilizzate quelle due ore sottratte alle compresen-ze degli insegnanti di tempo pieno. Del resto nonsarebbe una novità: in Torino e provincia ci sonogià da anni classi a tempo pieno con più di dueinsegnanti, in cui l’orario è spezzettato per usu-fruire dei pezzettini di orari di più docenti, rispar-miando sull’organico. E questa è una situazionediffusa nel Nord Italia, a differenza di quantoavviene nel Meridione. Qual è la differenza tra 27 e 30 ore? È un rientro pomeridiano in più o in meno. Risultabizzarra questa situazione, quando la raccontiall’estero. Che ci siano dei bambini che sugli stes-si programmi rimangono a scuola 40 ore e altrisolo 24, 27 o 30… Mi sento chiedere: “Ma come,riuscite a svolgere lo stesso programma?”. Misteridella creatività magistrale. Quindi, visto il piano di razionalizzazionedelle risorse, secondo lei la scelta concessaalle famiglie tra diversi modelli di orariopotrà essere garantita? Non si sa, e ho forti dubbi. Gelmini consente allescuole di richiedere le 40 ore nei limiti dell’orga-nico 2008-09, che non può essere ampliato. Ècome dire: “Autonomia, fai quello che puoi.” E senon puoi rivolgiti ad altri. A chi? Alle cooperative?Ai privati? Il tempo pieno non viene affatto con-fermato, come vuol fare credere il ministro: per-ché tempo pieno non è un modello orario, ma unmodello pedagogico di cui le compresenze sonoelemento costitutivo ed essenziale. Il timore fon-dato è che si verrà a creare una folle organizza-zione con obiettivo ed effetto la distruzione del-l’organizzazione modulare, della cooperazione e-ducativa e del gruppo docente, e a discapito dellerisorse professionali e delle competenze che già inscuola ci sono (ad esempio si prevede di utilizzarele specialiste d’inglese come titolari di nuoveclassi anziché mantenerle ad operare con la lorosudata competenza sui laboratori di lingua 2). Sarebbe più onesto, anche se molto più impegna-

tabula rasa per poi andare a creare un

que in questi giorni, siamo ad

tivo, fare un lavoro puntuale di recupero deglisprechi, che con tutta probabilità nella scuola cisono, come in qualsiasi altra organizzazione com-plessa. Non farenuovo meccanismo che porterà altro che il mae-stro prevalente! Le scuole comunaprile, stanno facendo le graduatorie interne percapire quali saranno i perdenti posto, perché cene saranno parecchi, tra ATA (amministrativo,tecnico, ausiliario) e insegnanti. Ci sono 42.000tagli confermati per il 2009-2010: 37.100 in orga-nico di diritto e 5000 in organico di fatto.

collaborazioni che si instaurano anche con le inse-gnanti dei laboratori didattici comunali o delle as-sociazioni che si propongono con le attività più di-verse: esplorazione dell’ambiente, musica, sport,teatro, scrittura creativa. E poi laboratori inter-culturali misti per paese di origine e lingua chefavoriscono, all’interno di progetti specifici richie-sti dal gruppo di progetto del Circolo, l’integrazio-ne e l’arricchimento formativo di tutti, grandi epiccoli. A questo proposito ci si chiede con preoccupazio-ne come sarà possibile continuare a mettere inatto le collaborazioni che le scuole hanno con leassociazioni che operano sul territorio (biblio-teche, circoscrizioni, musei, associazioni per l’am-biente) e a continuare ad attuare i progetti dialfabetizzazione in favore degli alunni stranieri o igemellaggi che aiutano i bambini ad aprirsi aculture e realtà differenti. Scendendo nel pratico: un maestro che è unico, èun maestro solo e non può, neanche volendo, per-ché le disposizioni non lo consentono, accompa-gnare la classe in uscita o in viaggio d’istruzione.Non sono più i tempi in cui una mamma casalingao un bidello collaborativo aiutava l’insegnante: erail caso della mia maestra, per esempio, ma io hofrequentato le elementari tra il 1965 e il 1970! La legge Gelmini comunque sembra che voglia

he hanno iscritto i

per quanto riguarda il tempo a modulo? he

sono venuti a

amato “preval-

mantenere nelle classi a tempo pieno le due mae-stre contitolari. Non le ore in cui sono fino ad oggiin compresenza, però. Le 4 ore di compresenza asettimana ci sono indispensabili per le attività apiccolo gruppo di recupero o di sviluppo, per leuscite e i viaggi d’istruzione. Queste quattro oreverranno utilizzate qui e là per andare sulle classia coprire, nella migliore delle ipotesi, le supplen-ze, come già si fa. Se no saranno necessariamen-te i buchi di organico ad essere coperti, questo è ilgrave. Ci saranno classi con “orari-spezzatino” euna molteplicità di insegnanti. Nel nostro Circolo i genitori cbambini alla prima classe hanno scelto anchequest’anno in larga parte il tempo pieno. E non cisono state richieste per la formula a 24 ore. E Il modulo è a 27 o 30 ore, con tre insegnanti coperano su due classi suddividendosi le compe-tenze con pari titolarità. Quasi tutti i genitori han-no richiesto le 30 ore. Ora, dall’anno prossimo…non sappiamo che cosa capiterà. I genitori infatti, sia quelli che gennaio per iscrivere i bimbi in prima sia gli altriche hanno bambini iscritti nelle classi successive,si chiedono “cambierà qualcosa?” La circolareministeriale sugli organici del 2 aprile è chiara eprevede nelle classi ex modulo un solo insegnan-te, l’insegnante unico appunto. Già, l’insegnante unico, adesso chiente” perché lo stesso ministro si è resa conto chedavvero “unico” non potrà essere. Ci saranno

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Page 35: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

3355 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaaEdizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009

Secondo lei si può cogliere un’idea politica ocomunque un progetto di politica educativache va oltre il piano di razionalizzazione, dirisparmio? Già da Moratti, e anche prima. È una cosa che rattrista particolarmente coloroche sono da parecchi anni nella scuola, che hannovisto nascere il tempo pieno negli anni ‘70 e checonoscono il senso che portava con sé questo tipodi scuola. Una sperimentazione educativa che hadato frutti così importanti liquidata con frasisvalutative del tipo: “Il tempo pieno è stato in-ventato per creare nuovi posti per gli insegnanti”.Beh, lì sì che c’era una politica scolastica che ve-deva nel “più” tempo a scuola un “miglior” tempoper far maturare esperienze e possibilità di rela-zione, per una società che andava complicandosie per rispondere a necessità importanti. Qualcunodice: “Il tempo pieno di oggi non è più quello diuna volta, è stato snaturato”. Forse è vero: alloraripensiamolo, rinnoviamolo, ricontestualizziamolo,ma senza impoverirlo ulteriormente. Le dichiara-zioni di principio a introduzione della circolareministeriale “La scuola cambia”: “…più chiarezza eopportunità per le famiglie, più efficienza, sempli-ficazione e snellimento dell’organizzazione delleprocedure, valorizzazione del ruolo dei docenti…”mi fanno amaramente sorridere. Sarò strana, maa gestire da sola una classe con fino a 28 bambi-ni, tra cui un disabile magari grave e un numeroimprecisato di alunni da alfabetizzare in linguaitaliana, non mi sento valorizzata per niente. Misento valorizzata e sostenuta nella mia professio-ne e con opportunità di crescere professionalmen-te se lavoro in un team docente all’interno delquale posso confrontarmi. “Maggiori opportunitàper le famiglie”: sarebbe a dire che fornire 24 orecome modello-principe di scuola (perché così era,prima che le tante scuole si mobilitassero per farsentire la loro voce di dissenso) a famiglie in cuientrambi i genitori lavorano 40 ore a settimana,sarebbe agevolarle? In quanto a “semplificazione,efficienza e snellimento nell’organizzazione…” perora l’unica cosa che chiaramente si vuole snelliresono gli organici. Mi viene in mente la battuta di non so più qualecomico: “Ma sì, un unico docente, una lavagna,un solo libro. È tutto più chiaro e rassicurante. Emagari anche un solo, unico pensiero, così c’èmeno caos, meno confusione e tutto andràmeglio!!” Lei ha toccato un tema che è importante che

in-

è quello della formazione degli insegnanti,pensa che sia stato dato spazio a questo te-ma? E quale dovrebbe avere secondo lei? Ne so qualcosa in quanto sono tutor di alcuni segnanti francesi, nel senso che per i contatti cheho avuto con la Francia mi sono messa a disposi-zione per delle collaborazioni. In Torino e provin-cia siamo una decina più o meno a collaborarecon l’USCOT, che è l’Ufficio Supervisione e

Quindi andranno a toccare i precari… Sicuramente una parte di ATA (amministrativo,tecnico, ausiliario), quindi tutto il discorso dellasegreteria e degli operatori (il cui lavoro è prezio-sissimo e da cui non si può prescindere per uncorretto funzionamento del sistema) che vengonoassegnati alle scuole in base all’organico. Ma ho il sospetto che andranno a toccare anchegli insegnanti di sostegno, anche se il ministroGelmini sembrava confermarne il numero. Li toc-cano tutti gli anni, non vedo perché non dovreb-bero ritoccare il numero degli insegnanti di soste-gno anche questa volta. Poi sì, certo, i precari, quindi chi doveva passaredi ruolo non lo farà più, e i pensionamenti, nonrimpiazzati. Secondo la sua esperienza, cosa pensa dellareintroduzione dei voti espressa in decimi?Ritiene che possa facilitare il delicato compi-to della valutazione degli studenti? Io ne penso il peggio, il peggio possibile. Già ilgiudizio sintetico espresso attraverso l’aggettivo:ottimo, distinto, buono, sufficiente, insufficiente,lo si utilizzava un po’ come un’indicazione di livellomolto generico, nel senso che poi si dava un giu-dizio più dettagliato della situazione del bambino,sia sulla disciplina sia sull’aspetto comportamen-tale, anche verbalmente, durante il colloquio con igenitori. Almeno però ci veniva risparmiato quelnumerino che non informa proprio su nulla e c’è ilrischio che si congelino il bambino e i suoi sforziper imparare in un segno, una cifra, che poco oniente dice di lui e del processo avvenuto. Il 4 viene utilizzato?

, penso, spero… Se venga

nte

pensare che

lio, di

Il 4 nelle elementari noutilizzato negli altri ordini di scuola non lo so. Noi ci siamo trovati a dover far necessariamecorrispondere un giudizio sintetico (l’aggettivo ot-timo, distinto, buono) ad un voto. Il voto è dannoso. Ed è ingenuopossa aiutare a migliorare il sistema scolastico,(sarebbe deterrente del bullismo, un bel 5, o 7 incondotta? Magari bastasse un voto!), è stupido edinutile. Con la scala decimale si torna a prima del1977, quando fu introdotta la scheda di valutazio-ne. Perché il discorso rischia di diventare “questoè un bambino da 7, da 6, da 5”. Io ho parlato coni genitori dei miei alunni del grave disagio nell’ap-plicare questo genere di modalità, lo sento oppo-sto a ciò che ho appreso e condiviso con esperticompetenti e avvalorato da anni di pratica scola-stica e confronto con colleghi e formatori. Si è tanto parlato in questi anni di portfoautovalutazione e delle relative sperimentazioniministeriali per ritornare a proporre una scaladecimale? L’Università sostiene principi di peda-gogia della valutazione che non trovano assoluta-mente riscontro nelle proposte di questo Ministe-ro. Il dibattito europeo e internazionale va intutt’altra direzione da anni!

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Page 36: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Coordinamento del Tirocino degli studenti dellaFacoltà di Scienze della Formazione. Da anni nelmese di febbraio accolgo studenti francesi, futuridocenti elementari, provenienti da Lione o Aix-en-Provence. In quel mese lavorano investendo leloro competenze di madrelingua francese nellemie classi (tutte le 8 classi in cui insegno inglese enon solo le classi di bilinguismo francese). Inveceladdove l’insegnante accogliente sia titolare diclasse, lo studente fa osservazione guidata dell’at-tività didattica, evidenziando somiglianze e diffe-renze tra sistemi scolastici. In questi otto anni misono un po’ resa conto di come funzioni. Trovo igiovani francesi più disposti a muoversi, a rischia-re, in parte perché culturalmente più abituati adallontanarsi da casa presto, ma anche perchésono sostenuti e facilitati dal loro Ministero checoncede loro uno stipendio durante l’ultimo annodi formazione, nel quale devono assicurare periodidi attività in classe. Altro tasto dolente: i fondi per il personale e lestrutture destinate a formare il futuro corpo do-cente non sono sicuramente al riparo dai tagli. Ep-pure quanto è importante poter fornire supporto epoter accogliere con efficacia i giovani motivati almestiere dell’insegnare… Alcuni docenti e studiosi evidenziano le pro-spettive positive, altri quelle negative diquesta “Riforma”. Secondo lei quali sono irischi e le opportunità che si aprono per lascuola del futuro? I rischi li abbiamo detti, creare disparità anzichéuguali opportunità. E questo in particolare nei ri-guardi dei bambini che arrivano sempre più nu-merosi da altri paesi: Europa dell’Est, Sud Ameri-ca, Maghreb per il nostro quartiere (quasi il 13 percento del totale è di nazionalità straniera tra cuialmeno una ventina di alunni con l’italiano daapprendere o consolidare). Tanti arrivano in corsod’anno e per loro non parliamo di “classi ponte”,ma di ore di attività specifica di lingua e in linguaitaliana svolte in piccolo gruppo omogeneo, (utiliz-zando appunto le compresenze o ore aggiuntive didocenza tenute da insegnanti che hanno ricevutouna specifica formazione in didattica dell’Italianolingua seconda). Si fa un gran parlare, sovente asproposito, delle modalità migliori da attuarsi perl’integrazione: io sono tra coloro che ritengono di

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa3366

dover sostenere la solidarietà che i bambini met-tono in atto naturalmente, se non influenzati daipregiudizi degli adulti, attivando strategie di inte-grazione piuttosto che di segregazione. Questoper evitare di incorrere negli errori che altri paesihanno fatto e che si ritrovano a dover tamponareoggi (penso a Francia e Germania con le loropolitiche assimilazioniste e segregazioniste, piùche di vera integrazione). La presenza di alunni dinazionalità differenti occorre sentirla più comericchezza e opportunità che complicazione oimpedimento ad apprendere con i tempi che èl’adulto a volere a tutti i costi definire. È uno sfor-zo che la società degli adulti deve saper compie-re: dare il tempo a ciascuno di imparare secondo ipropri ritmi. Era uno dei princìpi-pilastro del tem-po pieno e che ora si tende a dimenticare e cheoccorrerebbe, a proposito di formazione, trasmet-tere alle nuove generazioni di maestri. Anche in relazione alle tante iniziative di accorpa-mento – creazioni di Istituti comprensivi di scuolaelementare e media (anche qui nell’ottica dell’ot-timizzazione e della razionalizzazione delle risor-se) che hanno accompagnato dal 2003 la volontàdi riforma – mi piace immaginare, anche se nonmi pare che la legge Gelmini ne faccia cennoesplicitamente, una più agevole possibilità di rea-lizzare la verticalità dei curricula nei due ordini discuola. Mi piacerebbe davvero molto poter costru-ire con i colleghi della secondaria di primo grado(ex scuola media) percorsi che prevedessero co-munanza di obiettivi e di intenti, per rendere piùagevole il percorso, specie per quegli allievi chehanno manifestato alla scuola primaria disagi edifficoltà d’apprendimento, in particolare per glialunni stranieri. Tanti esempi di buone pratiche si potrebbero cita-re, e invece ciò che fa notizia è quasi sempre soloil caso dell’assenteista o di chi approfitta illegit-timamente di giorni di mutua. È sconsolante! Maanche una chiacchierata come questa potrà forsecontribuire a riequilibrare un po’ il dibattito.

Page 37: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa3377

una logica fuori dal tempo e dallo spazio. La strut-tura della scuola è già di per sé elefantesca, e icambiamenti vanno fatti gradualmente, non sipossono cambiare le cose dall’oggi al domani, e inquesto modo non c’è stato il tempo di pensare co-me e perché dare questi voti, che struttura dare.Che significato diamo a questi voti? Oltretutto noida ragazzi quando andavamo a scuola avevamo ivoti in decimi, quindi abbiamo avuto un’esperien-za diretta come soggetti valutati. I ragazzi chesono arrivati alle medie adesso non sanno cosasiano i voti, loro chiedono: “Ma 7 a cosa corri-sponde? È buono, quasi buono?”; allo stesso mo-do la categoria degli insegnanti: “Abbiamo la sca-la in decimi, la usiamo tutta!” ma che senso ha,visto che siamo nella scuola dell’obbligo, dare 1-2-3? Che significato ha per i ragazzi? E cosa vo-gliamo comunicare noi come insegnanti? Quindiabbiamo cominciato a riunirci per cercare di dareun messaggio che fosse significativo per i ragazzie anche per noi, e ci siamo detti che sotto il 4,pesante già di per sé, non si va, anche se alcuniinsegnanti volevano usare tutta la scala in decimi.Inoltre, con la normativa attuale se un alunno hauna materia con voto inferiore a 6 non può esserepromosso. Noi avevamo dei ragazzini che neglianni precedenti erano promossi per decisione delConsiglio di Classe anche se avevano “non suf-ficiente” fino a tre materie. Ora ci siamo trovati anon sapere come fare. C’è stato poi un emenda-mento per cui con un voto di maggioranza delConsiglio di Classe anche con un’insufficienzal’alunno può essere promosso, ma non deverisultare il cinque sulla pagella. Quindi bisogna far finta che un alunno abbia

dire che dobbiamo scri-una media sufficiente? Esattamente. Questo vuol vere 6: quel 6 glielo regaliamo, ma sarà diversodal 6 che si è meritato? Allora nella nostra scuolaabbiamo deciso di mettere un asterisco con unaspiegazione dove si dice che il Consiglio di Classeritiene che l’allievo possa passare alla classe suc-cessiva, con una possibilità nell’estate o a settem-bre di fare incontri di recupero. Questa decisioneè stata presa in tempi non compatibili con lascuola: noi cerchiamo di inventarci qualcosa, perònon è una cosa seria. Queste ore in più sono state previste dal

sto Ministro,Ministero, oppure no? Assolutamente no. Da quando c’è queci arrivano le circolari con le scadenze, e dobbia-mo fare tutto in quei tempi. Il decreto sulla valu-tazione è una pagina e mezza, non dice pratica-mente niente. Noi crediamo che la protesta siaimportante, ma anche il servizio offerto dallascuola, quindi cerchiamo di non far ricadere sullefamiglie questi problemi, e allora si deve faremolto lavoro in più. Noi nel piano delle attività ab-biamo previsto questa cosa, e ci saranno riunioniin più, ma dall’alto non è stato previsto nulla per

.: Professione Sociologo Intervista a Marina Sibona di Valentina Molinengo e Arianna Santero I docenti sono figure chiave nell’applicazione dellepolitiche scolastiche. Abbiamo intervistato MarinaSibona, vicepreside di scuola secondaria di I gra-do di Torino, sulle ultime novità volute dal Mini-stero. Emerge la fatica di introdurre in poco tem-po cambiamenti e tagli talvolta contradditori calatidall’alto senza spiegazioni né risorse. L’adegua-mento delle nuove norme alla dimensione educa-tiva e sperimentale dell’insegnamento sembra ri-tagliata “disobbedendo” e sobbarcandosi del lavo-ro extra. Se è difficile cogliere dove stiamo andan-do, certamente il come andarci è ampiamentelasciato alla buona volontà delle singole scuole.Con tutti i rischi del caso. Qual è il suo ruolo professionale? Svolgo due attività in parallelo: l’insegnante disostegno e dal ‘98 ho l’incarico di vicepreside.Sono in questa scuola da 17 anni. In questi anni ci sono stati un po’ di cambia-menti per la scuola? Sì. Inizialmente più graduali, ultimamente un po’troppo repentini. Come vicepreside ha la possibilità di mediareun po’ queste introduzioni? Sì, il mio ruolo è di mediazione. Da una parte per idocenti sono una collega, mi confronto con loro suuna serie di questioni, cerco di raccogliere esigen-ze e sensazioni, dall’altra ho un ruolo più istituzio-nale, ma anche con la dirigente faccio da tramite.Devo dire che da quando sono vicepreside, c’èstata sempre disponibilità, questo mio ruolo dimediazione è stato sempre favorito da entrambele parti. La linea della scuola è sempre stataquella di offrire il meglio possibile all’utenza. Parliamo di queste ultime novità, per quello

valutazio-

che è stato visto e avete applicato, vorrem-mo sapere gli aspetti più rilevanti. Quest’anno sicuramente l’aspetto dellane è stato molto problematico. Ci hanno detto divalutare in decimi, mentre fino all’anno scorsoutilizzavamo votazioni come “sufficiente”, “buono”e così via. Subito può sembrare che mettere deinumeri semplifichi il lavoro, ma prima ricercava-mo gli indicatori per le votazioni, avevamo unacerta struttura, oltre ai voti c’era una valutazionefinale, dei progressi, tenendo conto di che cosa siera fatto. Ora siamo passati a 5-6-7-8-9. Leultime circolari che sono arrivate, subito primadella fine del primo quadrimestre, ci indicavano lapossibilità di aggiungere un giudizio discorsivo. Ilproblema è che queste novità sono arrivate con

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Page 38: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

fronteggiare la novità, nemmeno fondi. Secondo lei ci sono differenze tra scuole nel-la gestione della cosa? Assolutamente sì. Innanzitutto ci sono dei dirigen-ti scolastici che magari, condividendo le linee delMinistro, chiedono agli insegnanti di applicare ledisposizioni alla lettera, e poi con alcuni CollegiDocenti si arriva allo scontro, come in alcunescuole dove si va alla deriva, e quindi ci rimettonogli alunni. Ci sono scuole come noi, dove si cercadi “tamponare” un po’. Noi facciamo ogni announa riunione con i genitori dei bambini di quintaelementare per proporre la nostra offerta formati-va, però quest’anno, alla fine di marzo, non sap-piamo ancora l’organico che avremo l’anno prossi-mo, né se ci saranno dei docenti perdenti posto edi che materie; abbiamo fatto delle ipotesi, ma a-spettiamo l’ufficialità. Anche perché la scuola devecomunicare con una lettera formale al posto chedeve effettuare domanda di trasferimento, e oggiancora non lo sappiamo ufficialmente. Non possia-mo organizzare il lavoro del prossimo anno suinformazioni insufficienti; con le famiglie abbiamodetto che se ci saranno novità le comunicheremo,anche con eventuali modifiche di orari. Quest’an-no ci sono state tante novità, ma senza risposte oaiuti dal Ministero. I sindacati ci aiutano anche po-chissimo. Sono abbastanza in accordo col gover-no; sono al corrente di tutto in anticipo ma nonc’è un movimento preventivo da parte loro: soloquando le decisioni diventano ufficiali propongonogli scioperi. È crollata la partecipazione agli scio-peri perché per i docenti economicamente è unsalasso e non sentiamo di essere tutelati, non hasenso mobilitarsi quando tutto è già deciso. Se la valutazione finale è dovuta all’unanimi-

confusione totale. Inoltre, la pagella

pure nella circolare si sbandierava il lega-

e no, concretamente c’è stata solo la

tà, ci saranno scuole dove per un 5 di mate-rie più “leggere” si potrà essere bocciati, al-tre dove ci saranno tutti e 10 i voti e altre noe così via? Sì, sarà una ognuno la fa come vuole. La circolare dice: “Ogniscuola redige in autonomia il documento di valu-tazione”, quindi un ragazzo che cambia scuola,trova pagelle diverse a seconda della scuola. For-tunatamente noi siamo in un contesto territorialecon 3 scuole medie e 5 elementari, e ci troviamospesso insieme per concordare le modalità di la-voro e di intervento, per leggere insieme le circo-lari e darci una linea, anche di fronte alle novitàattraverso il confronto possono venire fuori solu-zioni migliori. Nessuno ci finanzia, è una questionedi serietà professionale. Epme con il territorio, avete avuto indicazionisu questo? Assolutamentpossibilità di ottenere finanziamenti per studiare icurricoli. Gli insegnanti che partecipano alle

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa

Per i ragazzi è un genere di attività diversa,

c’erano tre ore si svolgeva sia una

dove magari possono emergere competenzeparticolari… Esatto, quandoparte teorica, sia parti più manuali, adesso condue ore dovendo ridurre, sta alla sensibilità e

prolungato, perché in queste si devono coprire piùore; l’insegnante che deve completare la cattedraed è incaricato per 15 ore, ne dovrà dare 3 pro-babilmente “sparpagliate” in altre classi. Una so-luzione possibile è che in certe classi per fare ita-liano-storia-geografia i ragazzi avranno tre inse-gnanti diversi… Vedremo, però finora la situazioneè stata promossa in modo impresentabile. Lamateria ‘Cittadinanza e Costituzione’ rientra giànelle ore che abbiamo, non ci sono ore in più: lavecchia ‘Educazione Civica’, che teneva l’inseg-nante di storia, ora spetterà all’insegnante di ap-profondimento, o di italiano, comunque non ab-biamo ore in più. Dobbiamo formalizzare che lainsegniamo, ma non abbiamo ore in più. ‘Tecnolo-gia’, che era ‘Educazione tecnica’, inizialmentedoveva essere inglobata in ‘Matematica e Scienze’(con Moratti), le ultime circolari ci dicono inveceche resterà per conto suo, da tre a due ore set-timanali.

Già con la riforma Moratti c’era stata una riduzio-ne degli orari che noi qui non avevamo applicatoperché avendo ottenuto l’organico, sulla normati-va precedente, abbiamo avuto sempre le risorsenecessarie per non modificare le strutture orarie.Abbiamo avuto un numero di ore che ci permette-va di mantenere lo stesso orario degli anni pre-cedenti, cosa apprezzata dalle famiglie, tanto chegli alunni sono in numero superiore a quello chesarebbe di competenza di zona. Quindi non abbia-mo dovuto effettuare tagli, ma ora non ci sarà piùpossibile: diminuiscono le ore di italiano, noi neabbiamo sempre date 11 di italiano-storia-geo-grafia, l’anno prossimo ne potremo dare 9; è pre-vista un’ora di approfondimento di materie lingui-stiche, quindi diventerebbero 10, peccato che, percome è descritta oggi, se non ci arrivano disposi-zioni diverse, quest’ora non la farà l’insegnante acui spettano le altre ma uno diverso, e la gestionediventa complicata. Secondo le informazioni cheabbiamo ricevuto, potrebbe essere che un’inse-gnante che ha una cattedra di 18 ore tengaun’ora di approfondimento in 18 classi diverse. Ma questa parcellizzazione non è in con-

ormale e

trasto con l’idea di promuovere un’unicafigura educativa del maestro unico? Ci sarà differenza tra classi di tempo n

Si parla molto di essenzializzazione dei pianidi studio e nuove discipline, come ‘Cittadi-nanza e Costituzione’.

riunioni hanno un minimo di riconoscimento, per-ché la Direzione Regionale, arrivati i fondi dalMinistero, li ha distribuiti. Però sul resto niente.

3388

Page 39: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa3399

alle capacità dell’insegnante dedicare più tempoagli aspetti che i ragazzi non affrontano nelle altrematerie, ma c’è un programma da rispettare ediventa difficile cercare di dare un’impronta menoteorica. Per non parlare dell’informatica! Con lerisorse che avevamo, abbiamo “inventato” daquest’anno un’ora in più alla settimana, in cui tuttii ragazzi fanno informatica ma saremo costretti ad“abbatterla”, perché queste attività richiedonoinsegnanti in compresenza e non avremo risorsesufficienti. Per quanto riguarda le lingue straniere,con la riforma Moratti si toglievano ore all’italianoe si mettevano per inglese e francese: noi faccia-mo francese perché abbiamo gli insegnanti, ma daquest’anno le famiglie possono scegliere di poten-ziare l’inglese a scapito della seconda lingua,quindi fare 5 ore di prima lingua e zero di secon-da. Dal punto di vista organizzativo è una soluzio-ne impraticabile: in una classe di 25 ragazzi, 5scelgono solo l’inglese, gli altri inglese e francese,e come facciamo l’orario? Secondo le circolari ogniscuola si organizza come vuole. Noi abbiamo“disobbedito” spesso in questa scuola nell’applica-zione letterale delle circolari, per esempio nellascheda di iscrizione che abbiamo mandato allequinte elementari non abbiamo messo questascelta. Comunque, secondo la richiesta delle fami-glie, ci si dovrebbe adeguare per l’organizzazione,peccato che la normativa prevede che non pos-sano esserci perdenti posto della seconda lingua –nemmeno a livello provinciale – quindi se la ri-chiesta delle famiglie fosse che tutti vogliono faresolo inglese, per assurdo, comunque non si po-trebbe esaudire, perché avremmo degli insegnantiche perdono il posto. Ma come si fa? È contraddittorio. Così cometogliere ore di tecnologia quando sembrereb-be esserci una voglia di “riqualificazione”proprio di quel settore a livello di scuolasecondaria superiore. Sì, esatto, anziché dare strumenti in più per que-

rnando all’informatica, voi avreste le

o: in questi anni con vari finan-

sto aspetto, riducono le ore. Toattrezzature? Sì, noi le abbiamziamenti del Ministero e di privati, abbiamo attrez-zato due aule con 12 computer ciascuna, quindi inuna classe in media possono esserci due ragazziper ogni macchina; inoltre abbiamo la scuola ca-blata, per cui ogni aula ha un collegamento ainternet, c’è un computer in ogni classe e di con-seguenza la possibilità di fare piccoli lavori di ri-cerca. In questi anni, insomma, ci abbiamo lavo-rato e adesso abbiamo le strutture, a dicembreabbiamo anche aderito al progetto sulle lavagneinterattive proposto dal Ministero ma non neabbiamo saputo più nulla: sembrerebbe esserciqualcosa che si muove, però nella realtà di tutti igiorni le risorse non ci sono, le ore diminuiscono.Chi fa questi progetti? E quando? Le strutture le

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Esatto. La questione dei 60 minuti, esplosa giàprima di Natale – purtroppo il Ministro nonsempre è chiara nelle sue comunicazioni – in real-tà non è scritta su nessuna circolare ufficiale, èstata solo sbandierata creando il panico (perchécambierebbe completamente la struttura oraria)

Voi offrite il tempo prolungato: con i tagliavrete ancora questa possibilità? Dunque, noi abbiamo attive dieci sezioni, di cuitre a tempo prolungato e sette normale. In questianni abbiamo sempre mantenuto questa struttu-ra, anche se da circa sette abbiamo cercato diunificare le risorse in modo che tutti avessero piùpossibilità; come richiesta abbiamo comunquemantenuto questo organico, che ci è stato con-cesso perché avevamo le richieste delle famiglie.Adesso possiamo continuare sicuramente a darequesti tre corsi, certo non potremo più darequello che davamo prima perché il diktat è chedevono esserci meno compresenze possibili, cioèil Ministero non vuole più pagare due insegnantiinsieme nella stessa ora: significa che gli inse-gnanti che hanno ore in eccesso rispetto all’orariocurricolare della materia, “tappano dei buchi”, co-me per esempio l’assistenza alla mensa. Questocomporta una minore possibilità di organizzarelaboratori, attività di uscite dalla scuola, dove so-no necessari due insegnanti, quindi in questo mo-mento – non avendo ancora la direttiva chiarasull’organico – non sappiamo ancora quanto cicosterà, se sarà una cosa che incide pesantemen-te o no. Inoltre, abbiamo scelto, “disobbedendo”,di continuare con moduli da 55 minuti e non da60, perché abbiamo sempre recuperato i 5 minu-ti, una decisione presa insieme agli altri dirigentiscolastici di zona. Sulla carta questi minuti an-drebbero recuperati da allievi e insegnati: gli in-segnanti li hanno sempre recuperati fino all’ulti-mo, con gli allievi siamo stati un po’ più elastici,ora il Ministero ci chiederà di giustificare questiminuti e noi li faremo recuperare, calcoleremo leuscite, le gite, si può ipotizzare di cominciare duegiorni prima la scuola, venire qualche volta al sa-bato. Mantenendo i moduli da 55 minuti comun-que c’è questo margine di recupero degli inse-gnanti che noi possiamo utilizzare per le attivitàin più. Quindi anche i momenti educativi, in sensopiù ampio, saranno ritagliati.

avremmo anche, però diventa complicato, ci di-spiace molto aver iniziato con fatica quest’annol’ora di informatica e l’anno prossimo non poterpiù garantirla; anche nei confronti delle famiglie,come offerta formativa, dovremo “remare” conquello che abbiamo. La riduzione più grossa diinsegnanti sarà su ‘Lettere’ e ‘Tecnologia’, però ingenerale anche le lingue complicano l’organizza-zione dell’anno scolastico, considerando che sia-mo ad aprile e non abbiamo ancora notizie pre-cise.

Page 40: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

quindi abbiamo deciso di non adeguarci. Noi sap-piamo che dobbiamo garantire una certa quantitàdi minuti all’anno e quelli saranno garantiti. I moduli da 60 minuti, rischierebbero forsedi caricare troppo i ragazzi, soprattutto quel-li di prima media? Sì, noi adesso stiamo a scuola dalle 8 alle 13:30 ei ragazzi frequentano sei moduli. Inoltre, è cam-biata anche la richiesta delle famiglie: prima sem-bravano volerci lasciare i ragazzi anche tutti i po-meriggi, adesso molti preferiscono che abbianosolo un rientro pomeridiano perché svolgono altreattività; poi si è visto che non è di grande utilitàstare tutto il giorno a scuola, sono stanchi alle16:30. Riguardo le innovazioni della didattica, èentrata in vigore la normativa per cui i librisi devono mantenere per 6 anni? Noi opteremo probabilmente di nuovo per unasoluzione “disobbediente”, nel senso che, poichéoggi non sappiamo ancora cosa succederà l’annoprossimo, abbiamo pensato che una soluzionetemporanea potrebbe essere di non cambiare nes-sun libro. La normativa, infatti, è valida solo per lenuove adozioni e ora non abbiamo il tempo di ra-gionarci. Un’altra questione aperta è che questastessa circolare comunica che nel giro di due anniscolastici sarà necessario passare dai libri cartaceia quelli on-line. Quindi saranno avvantaggiati quelli chesanno già usare il computer… Noi l’anno scorso abbiamo offerto un laboratoriopomeridiano di informatica, frequentato da unaventina di ragazzi che avevano aderito proprioperché a casa non avevano il computer e un’inse-gnante ha dedicato loro un’ora e mezza a settima-na. Io personalmente trovo che il libro “di carta”sia un’altra cosa, il computer lo uso molto ma illibro ha un altro valore, che non può essere tolto.Come si fa a studiare a video? E sottolineare, evi-denziare? È anche una questione di salute, di igie-ne, e poi noi abbiamo sempre lavorato sulla pro-mozione della lettura di testi anche non scolastici. Questo comporterebbe anche dei costi ag-giuntivi, per esempio per gli schermi protet-tivi per gli occhi? E come si potrebbero fare icompiti se le famiglie sono abituate ad anda-re nella casa di vacanze nei fine settimana enei periodi non scolastici? Sì, esatto. È arrivata da non molto la circolare, è

mbiando argomento, la questione dell’e-

è una

stata la prima volta che mi sono chiesta quandopotrò andare in pensione. Cadilizia scolastica tocca questa scuola? L’edilizia scolastica è un disastro, la nostrascuola che è ancora in discrete condizioni ma ognivolta che sono necessari degli interventi diventa

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa

tutto molto complicato. Abbiamo fondi per la ma-nutenzione ordinaria, ma sono del tutto insuffi-cienti per questi lavori, che sarebbero di compe-tenza comunale, anch’esso senza risorse; diciamoche non sono lavori di grande entità ma sono dif-ficoltà che incontriamo in continuazione. A titolodi esempio, dopo anni di richieste ci è stato rifattoil pavimento della palestra ma con un materialenon adatto e quindi è stato rifatto tutto il lavoro! Passando ai docenti, cosa ci può dire degliscatti di carriera? Esiste la possibilità con-creta di essere riconosciuti come virtuosi? A oggi? No, nel senso che a volte ci viene chiestodi segnalare le “buone pratiche”, i progetti a cui sicerca di partecipare ma senza un riconoscimentoufficiale da parte del Ministero. Inoltre, mi chiedocome possa essere possibile valutare il merito nellavoro di un docente. Da un lato, quando mioccupo del ruolo istituzionale, mi rendo conto checi vorrebbe un controllo perché ci sono personeche hanno sbagliato lavoro e che non sono adattea stare con i ragazzi, però chi può decidere seuno è meritevole o meno? È un aspetto molto de-licato e difficile, sia per l’insegnante singolo siaper l’istituto nel complesso: se ne parla tanto manon si capisce dove andremo a finire. Per l’auto-valutazione ci sono alcune agenzie che sottopon-gono questionari ai docenti e alle famiglie. Noi cistiamo aggiornando con uno studio sull’efficaciadell’insegnamento, quindi per noi è già una formadi autovalutazione, ma è difficile trovare sistemidi riconoscimento anche dal punto di vista econo-mico. Una domanda, che riguarda più da vicino ilsostegno: i tagli quanto influiscono? Per ora sembra che per l’anno prossimo resti tut-to come quest’anno. Anni fa sulla carta gli inse-gnanti di sostegno erano calcolati uno ogni quat-tro allievi, anche se si potevano chiedere dellederoghe, come è stato fatto in Torino e provincia,arrivando così a un insegnante in media ogni dueallievi, il che ci ha permesso di cercare diorganizzare un lavoro accettabile. L’ultima circola-re che ho visto annuncia l’intenzione di portarequesta proporzione a livello nazionale. Il proble-ma è che nel giro di un paio d’anni vogliono por-tare il contingente al 70% di quello del 2005/06,e chiaramente nell’ottica di effettuare dei tagli. Inquesto settore comunque ci sono ancora immis-sioni in ruolo da fare, perché ci sono ancora postidisponibili a livello nazionale. Un’ultima domanda: si può cogliere secondo

abbia intenzione di dare indicazioni pre-

lei un’idea di scuola di questo Ministro? A voiè chiaro se si sta andando da qualche parte? La mia idea, e non solo mia, è che l’attuale Mini-stro noncise, e che di fatto sia porta-voce di altri suoicollaboratori. Che si capisca dove vogliono andarea finire, però, assolutamente no.

4400

Page 41: Direzione: Nicola Negri, Mario Cardano, Manuela Olagnero ... n.1... · i i tu oi sugger me nti e segnalaci i z ativ te ressanti: ne f bu uso. E se vuoi darci una mano, contattaci:

«Questi dati smentiscono – avverte MimmoPantaleo, segretario della Flc Cgil – le dichia-razioni rilasciate dal Ministro nella scorsa setti-mana in TV a ‘Porta a porta’ e tendenti ad atte-nuare la portata della manovra concordata conil ministro dell’Economia, una manovra pesan-tissima su gran parte delle regioni del sud, acui si aggiungeranno i 15 mila tagli previsti peril personale Ata».

Verranno anche cancellate 245 autonomiescolastiche: quasi un terzo dei tagli riguarde-ranno la Calabria (75, il 12% in meno) poi se-gue la Sardegna (33 scuole in meno pari ad uncalo quasi dell’8%). Nessuna scuola verrà ac-corpata o cancellata in Piemonte, Lombardia,Friuli, Marche e Puglia. A Mariangela Bastico, responsabile scuoladel Pd, il forte taglio dei docenti di lettere dellescuole medie non è piaciuto. «Oggi sono statieffettuati 32.100 tagli di organico di diritto e,tra poco meno di due mesi, ne seguiranno altri10mila. Una ghigliottina sulle materie letterariee tecniche della scuola media e sulla secondalingua comunitaria, sull’offerta formativa dellascuola pubblica, che subisce da questo governoun attacco che non ha precedenti in oltre 60anni di storia repubblicana».

Edizione n.1/2009 – Anno VI – Aprile 2009 NNeewwsslleetttteerr ddii SSoocciioollooggiiaa4411

www.newsletterdisociologia.unito.it | [email protected]

Nel codice non scritto degli insegnanti si sache quelli di Lettere sono di un livello superiore,una sorta di categoria intoccabile. Perché l’ita-liano è l’italiano, e la storia ha il suo peso, e lostesso ministro Gelmini in passato aveva avver-tito che si trattava di materie da studiare di piùe meglio. E, invece, ora tocca anche a loro.Quest’anno le forbici del ministero dell’Istruzio-ne li hanno colpiti pesantemente. Non è ancoradel tutto chiara la cifra. Il ministero sostieneche si tratta di 6 mila docenti, il 9% in menodei professori di lettere su un totale di 9 milatagli previsti per quest’anno. Secondo la Uil,invece, i tagli dei soli docenti di lettere sareb-bero 9.500, il 16-17% in meno rispetto ai do-centi italiani. I dati emergono dalla circolare emanata dalministero dell’Istruzione che trasmette il decre-to interministeriale sugli organici del personaledocente che riduce di circa 37.000 unità l’orga-nico di diritto, nonché il decreto che ridefiniscela composizione delle cattedre della scuola se-condaria di primo grado. Secondo la Uil, oltre ai prof di lettere alle me-die andranno via 2.500 docenti di tecnica. Con-fermato il taglio di circa 10.000 insegnanti alleelementari e di circa 11.300 alle superiori. Secondo un calcolo dell’Anief, invece, sa-ranno 20.943 i posti complessivi da docenti ta-gliati al Sud e nelle Isole; al Nord si ridurrannole cattedre di 11.625 unità; mentre al Centro lariduzione comporterà 9.535 posti in meno.

Italiano, meno professori. Il ministero dell'Istruzione taglia almenodel 9% i docenti di Lettere delle medieinferiori. di Flavia Amabile, da La Stampa, 04/04/09

.: Sociologie