Dimenticate DNA e RNA. Limprovvisa comparsa sulla faccia...

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di Robert Shapiro Dimenticate DNA e RNA. Limprovvisa comparsa sulla faccia della Terra di una grande molecola capace di autoreplicarsi sembra estremamente improbabile. Forse la vita è iniziata in modo molto più semplice S coperte straordinarie ispirano affermazioni straor- dinarie. James Watson racconta che subito dopo che lui e Francis Crick ebbero svelato il mistero della struttura del DNA, Crick «si precipitò all'Ea- gle [un pub] per dire a chiunque volesse ascoltar- lo che avevamo scoperto il segreto della vita». E in effetti l'elegante doppia elica che avevano individuato era quasi all'altezza di tanto entusiasmo. Le sue proporzioni consentivano di immagazzinare le informazioni in un linguaggio in cui quat- tro sostanze chimiche, le basi, svolgevano lo stesso ruolo delle lettere dell'alfabeto. Per di più le informazioni erano conserva- te in due lunghe catene, ognuna delle quali specificava i conte- nuti dell'altra. Questa disposizione suggeriva un meccanismo di riproduzione: i due filamenti della doppia elica del DNA si se- paravano, e nuovi componenti costitutivi del DNA che portano le basi, i nucleotidi, si allineavano lungo i filamenti separati e si univano. Alla fine c'erano due doppie eliche invece di una, cia- scuna delle quali era una replica dell'originale. La struttura di Watson e Crick diede il via a una valanga di scoperte sul modo in cui funzionano le cellule viventi, stimo- lando una serie di ipotesi sulle origini della vita. Il premio Nobel H.J. Muller scrisse che il materiale genico era «materiale vivente, il rappresentante moderno della vita primordiale», che Carl Sa- gan immaginò come un «gene primitivo nudo e libero, immerso in una soluzione diluita di materia organica». (In questo conte- sto, «organico» definisce composti contenenti atomi di carbo- nio legati tra loro, sia quelli presenti nella vita sia quelli che non hanno alcuna parte in essa.) Sono state proposte molte defini- zioni diverse di «vita». L'osservazione di Muller sarebbe in accor- do con quella che è nota come «definizione della NASA»: la vita è un sistema chimico che si auto-mantiene, capace di evolversi in termini darwiniani. Richard Dawkins rielaborò quest'immagine della prima entità vivente nel suo libro Il gene egoista: «A un certo punto si formò per caso ima molecola molto speciale. La chiameremo "il Repli- catore". Forse non era la più grande o la più complessa, ma ave- va la straordinaria proprietà di saper creare copie di se stessa». Quando Dawkins scrisse queste parole, trent'anni fa, il DNA era il candidato più probabile a quel ruolo. In seguito, altre molecole furono sospettate di essere il possibile replicatore primigenio, ma io e altri ricercatori riteniamo che il modello dell'origine della vita che privilegia i meccanismi replicativi abbia un difetto di fondo. C'è un'ipotesi alternativa che ci sembra molto più plausibile. Quando l'RNA governava il mondo La teoria del DNA come molecola primordiale incontrò presto dei problemi. La replicazione del DNA non può procedere senza l'assistenza di un certo numero di proteine — membri di una fa- miglia di grandi molecole chimicamente molto diverse dal DNA. Tutt'e due sono costruiti da subunità collegate tra loro per for- mare una lunga catena ma, mentre il DNA è fatto di nucleotidi, le proteine sono fatte di amminoacidi. Le proteine sono i «tutto- fare» della cellula vivente. Gli enzimi, la sottoclasse di proteine più famosa, fanno da acceleratori, velocizzando processi chimici che altrimenti sarebbero troppo lenti per essere utili alla vita. Le proteine usate oggi dalle cellule sono costruite secondo istruzio- ni codificate nel DNA. Questa ricostruzione fa venire in mente un antico quesito: è nato prima l'uovo o la gallina? Il DNA custodisce la ricetta per costruire le proteine. Ma senza l'assistenza delle proteine la ricet- ta non può essere recuperata né copiata. Quale grande molecola è comparsa per prima: le proteine (la gallina) o il DNA (l'uovo)? Una possibile soluzione apparve all'orizzonte quando l'atten- zione si spostò su un nuovo candidato: l'RNA. Questa versatile classe di molecole è, come il DNA, costituita da nucleotidi come componenti base, ma svolge diversi ruoli nelle cellule. Alcuni tipi di RNA trasportano le informazioni dal DNA ai ribosomi, struttu- re (in gran parte costituite da altri tipi di RNA) che costruiscono le proteine. Nell'assolvere le sue numerose funzioni, l'RNA può as- sumere la forma di una doppia elica che somiglia al DNA oppure di un singolo filamento ripiegato, molto simile a una proteina. Nei primi anni ottanta furono scoperti i ribozimi, sostanze analoghe agli enzimi fatte di RNA. Sembrò la soluzione perfet- ta all'enigma dell'uovo e della gallina: la vita sarebbe iniziata con la comparsa della prima molecola di RNA. In un articolo del www.lescienze.it LE SCIENZE 81

Transcript of Dimenticate DNA e RNA. Limprovvisa comparsa sulla faccia...

di Robert Shapiro

Dimenticate DNA e RNA. Limprovvisa comparsa sulla faccia della Terra

di una grande molecola capace di autoreplicarsi sembra estremamente

improbabile. Forse la vita è iniziata in modo molto più semplice

S

coperte straordinarie ispirano affermazioni straor-dinarie. James Watson racconta che subito dopoche lui e Francis Crick ebbero svelato il misterodella struttura del DNA, Crick «si precipitò all'Ea-gle [un pub] per dire a chiunque volesse ascoltar-lo che avevamo scoperto il segreto della vita». E in

effetti l'elegante doppia elica che avevano individuato era quasiall'altezza di tanto entusiasmo. Le sue proporzioni consentivanodi immagazzinare le informazioni in un linguaggio in cui quat-tro sostanze chimiche, le basi, svolgevano lo stesso ruolo dellelettere dell'alfabeto. Per di più le informazioni erano conserva-te in due lunghe catene, ognuna delle quali specificava i conte-nuti dell'altra. Questa disposizione suggeriva un meccanismo diriproduzione: i due filamenti della doppia elica del DNA si se-paravano, e nuovi componenti costitutivi del DNA che portanole basi, i nucleotidi, si allineavano lungo i filamenti separati e siunivano. Alla fine c'erano due doppie eliche invece di una, cia-scuna delle quali era una replica dell'originale.

La struttura di Watson e Crick diede il via a una valanga discoperte sul modo in cui funzionano le cellule viventi, stimo-lando una serie di ipotesi sulle origini della vita. Il premio NobelH.J. Muller scrisse che il materiale genico era «materiale vivente,il rappresentante moderno della vita primordiale», che Carl Sa-gan immaginò come un «gene primitivo nudo e libero, immersoin una soluzione diluita di materia organica». (In questo conte-sto, «organico» definisce composti contenenti atomi di carbo-nio legati tra loro, sia quelli presenti nella vita sia quelli che nonhanno alcuna parte in essa.) Sono state proposte molte defini-zioni diverse di «vita». L'osservazione di Muller sarebbe in accor-do con quella che è nota come «definizione della NASA»: la vitaè un sistema chimico che si auto-mantiene, capace di evolversiin termini darwiniani.

Richard Dawkins rielaborò quest'immagine della prima entitàvivente nel suo libro Il gene egoista: «A un certo punto si formòper caso ima molecola molto speciale. La chiameremo "il Repli-catore". Forse non era la più grande o la più complessa, ma ave-va la straordinaria proprietà di saper creare copie di se stessa».

Quando Dawkins scrisse queste parole, trent'anni fa, il DNA era

il candidato più probabile a quel ruolo. In seguito, altre molecolefurono sospettate di essere il possibile replicatore primigenio, maio e altri ricercatori riteniamo che il modello dell'origine della vitache privilegia i meccanismi replicativi abbia un difetto di fondo.C'è un'ipotesi alternativa che ci sembra molto più plausibile.

Quando l'RNA governava il mondo

La teoria del DNA come molecola primordiale incontrò prestodei problemi. La replicazione del DNA non può procedere senzal'assistenza di un certo numero di proteine — membri di una fa-miglia di grandi molecole chimicamente molto diverse dal DNA.Tutt'e due sono costruiti da subunità collegate tra loro per for-mare una lunga catena ma, mentre il DNA è fatto di nucleotidi,le proteine sono fatte di amminoacidi. Le proteine sono i «tutto-fare» della cellula vivente. Gli enzimi, la sottoclasse di proteinepiù famosa, fanno da acceleratori, velocizzando processi chimiciche altrimenti sarebbero troppo lenti per essere utili alla vita. Leproteine usate oggi dalle cellule sono costruite secondo istruzio-ni codificate nel DNA.

Questa ricostruzione fa venire in mente un antico quesito: ènato prima l'uovo o la gallina? Il DNA custodisce la ricetta percostruire le proteine. Ma senza l'assistenza delle proteine la ricet-ta non può essere recuperata né copiata. Quale grande molecola ècomparsa per prima: le proteine (la gallina) o il DNA (l'uovo)?

Una possibile soluzione apparve all'orizzonte quando l'atten-zione si spostò su un nuovo candidato: l'RNA. Questa versatileclasse di molecole è, come il DNA, costituita da nucleotidi comecomponenti base, ma svolge diversi ruoli nelle cellule. Alcuni tipidi RNA trasportano le informazioni dal DNA ai ribosomi, struttu-re (in gran parte costituite da altri tipi di RNA) che costruiscono leproteine. Nell'assolvere le sue numerose funzioni, l'RNA può as-sumere la forma di una doppia elica che somiglia al DNA oppuredi un singolo filamento ripiegato, molto simile a una proteina.

Nei primi anni ottanta furono scoperti i ribozimi, sostanzeanaloghe agli enzimi fatte di RNA. Sembrò la soluzione perfet-ta all'enigma dell'uovo e della gallina: la vita sarebbe iniziatacon la comparsa della prima molecola di RNA. In un articolo del

www.lescienze.it LE SCIENZE 81

W T W

Le teorie scientifiche sull'origine della vita si dividono in due campi rivali: uno dà

la precedenza alla replicazione e l'altro al metabolismo. Entrambi devono partire

da molecole formate mediante processi chimici non biologici, qui rappresentati da

palline contrassegnate da simboli (1). Nello scenario che vede apparire per prima

la replicazione, alcuni di questi composti si combinano in una catena, formando in

modo casuale una molecola — forse un tipo di RNA— capace di autoriprodursi (2).

La molecola genera molte copie di se stessa (3), talvolta formando versioni mutanti,

anch'esse capaci di replicazione (4). I replicatori mutanti più adatti alle condizioni

soppiantano le versioni precedenti (5). Alla fine questo processo evolutivo deve

portare allo sviluppo di compartimenti (come le cellule) e di metabolismo, in cui

molecole più piccole usano energia per eseguire processi utili (6). Lo scenario del

primato del metabolismo inizia con la formazione spontanea di compartimenti (7).

Alcuni di essi contengono miscele dei composti iniziali che subiscono cicli di reazioni

(8) che diventano più complessi col tempo (9). Infine, il sistema deve fare il salto per

immagazzinare le informazioni nei polimeri (10).

PRECEDENZA r-.) O e IO PRECEDENZAALLA REPLICAZIONE AL METABOLISMO

(13 Compartimenti o OMolecola replicatore

'2") ? Casualità

O00000000O000041,000

O 0 000 O 00

O00000000O00000000

Casuaiità

6 si formano i compartimentie si sviluppa il metabolismo

10 Le informazionisono immagazzinatenei polimeri

—Metabolismo

or

Protocellula

La natura inanimata non mostra alcuna preferenzaper i nucleotidi necessari al nostro tipo di vita

1986 su «Nature», il premio Nobel Wal-ter Gilbert scrisse: «È possibile contem-plare un mondo a RNA, contenente solomolecole di RNA che servono a cataliz-zare la sintesi di se stesse... 11 primo pas-so dell'evoluzione procede quindi me-diante molecole di RNA che eseguono leattività catalitiche necessarie per assem-blare se stesse da un brodo di nucleotidi».In questa visione, il primo RNA in gradodi autoreplicarsi che emerse dalla materiainanimata svolgeva tutte le funzioni orasuddivise tra RNA, DNA e proteine.

C'erano altri indizi a favore dell'ideache l'RNA avesse fatto la sua comparsaprima delle proteine e del DNA. Per esem-pio molte piccole molecole, chiamate co-

fattori, hanno un ruolo nelle reazioni ca-talizzatrici degli enzimi. Spesso i cofattoriportano con sé un nucleotide di RNA dicui non è chiara la funzione. Queste strut-ture sono state considerate «fossili mo-lecolari», relitti risalenti al tempo in cuil'RNA, senza DNA o proteine, governavada solo il mondo biochimico

Ma questi indizi avallano solamente laconclusione che l'RNA precedette il DNAe le proteine. Non danno alcuna informa-zione sull'origine della vita, che potrebbeaver avuto fasi anteriori al mondo a RNA,in cui a regnare erano altre entità viven-ti. Confondendo un po' le cose, i ricerca-tori usano il termine «mondo a RNA» perriferirsi a entrambe le ipotesi. In questa se-

de chiamerò «primato dell'RNA» la teo-ria che sostiene che l'RNA fu direttamentecoinvolto nell'origine della vita, in mododa distinguerla dalla tesi che afferma sem-plicemente che l'RNA comparve prima delDNA e delle proteine.

Un brodo improbabile

L'ipotesi del «primato dell'RNA» si con-fronta con una domanda molto ostica: co-me si formò il primo RNA autoreplicante?

I costituenti dell'RNA, i nucleotidi, sonosostanze abbastanza complesse. Ognunacontiene uno zucchero, un fosfato e unadelle quattro basi azotate. Così, ogni nu-cleotide di RNA ha nove o dieci atomi di

carbonio, numerosi atomi di azoto e os-sigeno e il gruppo fosfato, tutti collegatisecondo un preciso schema tridimensio-nale. Ci sono molti modi alternativi perrealizzare quelle connessioni, da cui deri-vano migliaia di possibili nucleotidi, chepotrebbero unirsi al posto di quelli stan-dard, ma che non sono presenti nell'RNA.E ci sono centinaia di migliaia di milionidi molecole organiche stabili di dimensio-ni analoghe, che non sono nucleotidi.

L'idea che i nucleotidi giusti possanocomunque essere riusciti a formarsi traeispirazione da un famoso esperimentodi Stanley L. Miller del 1953. Egli appli-cò una scarica elettrica a una miscela digas semplici che all'epoca si riteneva rap-

presentassero l'antica atmosfera terrestre,e osservò che si formavano degli ammi-noacidi. Gli amminoacidi sono stati inol-tre identificati quali componenti del me-teorite Murchison, caduto in Australia nel1969. A quanto pare, la natura ha forni-to una generosa provvista di questi par-ticolari costituenti di base. Estrapolandoquesti risultati, alcuni autori hanno ipo-tizzato che tutti i mattoni fondamentalidella vita, senza eccezione, potessero es-sere ricreati facilmente in esperimenti co-me quello di Miller, e fossero presenti neimeteoriti. Ma le cose non stanno così.

Gli amminoacidi, come quelli prodottinell'esperimento di Miller, sono molto me-no complessi dei nucleotidi. Gli elementi

che li contraddistinguono sono un grup-po amminico (un azoto e due idrogeni) eun gruppo di acidi carbossilici (un carbo-nio, due ossigeni e un idrogeno), entrambilegati allo stesso carbonio.

11 più semplice dei 20 amminoacidi usa-ti per costruire le proteine naturali contie-ne solo due atomi di carbonio; 17 di essicontengono sei atomi di carbonio o meno.Gli amminoacidi e le altre sostanze del-l'esperimento di Miller contenevano due otre atomi di carbonio. Per contro, nessuntipo di nucleotide è mai stato prodotto inun esperimento né è mai stato scoperto inun meteorite. La natura inanimata, insom-ma, sembra preferire la formazione di mo-lecole fatte di pochi atomi di carbonio, enon di molti, e non mostra quindi alcunatendenza verso la creazione dei nucleotidinecessari al nostro tipo di vita.

Per salvare la tesi del primato dell'RNAda questo vizio fatale, i suoi sostenito-ri hanno creato una disciplina chiamata«sintesi prebiotica». Hanno cercato di di-mostrare che è possibile preparare in la-boratorio l'RNA e i suoi componenti inlaboratorio in una sequenza di reazionisapientemente controllate, usando quel-le che secondo loro sono le condizioni e imateriali di partenza essenziali.

Questo mi fa venire a mente la storiadi un giocatore di golf, il quale, dopo unapartita su un campo a 18 buche, presup-

ponga che la pallina possa rifare il per-corso anche da sola. Per dimostrarlo bastasupporre che una combinazione di forzenaturali (terremoti, venti, tornado e inon-dazioni, per esempio) potrebbe produrre lostesso risultato, purché sia dato il temposufficiente. Non occorre infrangere alcunalegge fisica perché si verifichi la formazio-ne spontanea dell'RNA, ma le probabilitàcontro di essa sono altissime.

Alcuni chimici hanno suggerito che sisia sviluppata per prima una molecola re-plicatore più semplice, analoga all'RNA,che avrebbe regnato in un «mondo pre-RNA». Presumibilmente questo primo re-plicatore avrebbe avuto anche le capaci-tà catalitiche dell'RNA. Dato che di questoipotetico replicatore e catalizzatore pri-migenio finora non è stata trovata traccianella biologia moderna, l'RNA deve aver-ne assunto tutte le funzioni.

Ma anche se la natura avesse fornitoun brodo primordiale di costituenti adatti,l'eventualità che si siano combinati spon-taneamente in modo da formare un repli-catore prevede una catena di eventi co-sì poco probabili da far impallidire quellinecessari per preparare il brodo. Ma an-che presumendo che i costituenti presentinel brodo siano riusciti a combinarsi, e incondizioni favorevoli a un collegamentoa catena, essi sarebbero stati affiancati daorde di unità difettose, la cui inclusione inuna catena nascente ne avrebbe compro-messo le capacità di agire da replicatore.La più semplice di queste unità difettoseavrebbe solo un «braccio» libero per colle-garsi a un costituente, invece dei due in-dispensabili per proseguire la catena.

Tante piccole molecole

In teoria, una natura indifferente com-binerebbe a caso le unità, producendoun'immensa varietà di catene corte e in-terrotte piuttosto che quella ben più lun-ga, e dotata di una geometria portanteuniforme, che serve a sostenere le funzio-ni di replicatore e catalizzatore. La proba-bilità che si verifichi quest'ultimo even-to è così infinitamente piccola che anchese avvenisse una sola volta in tutto l'uni-verso visibile si potrebbe già parlare di uneccezionale colpo di fortuna.

11 premio Nobel Christian de Duve haauspicato «un rifiuto di eventualità co-sì incommensurabilmente improbabili da

• Le teorie sul modo in cui la vita ha avuto origine dalla materia inanimata ricadono in

due grandi categorie: una prevede che la capacità di replicarsi sarebbe comparsa

per prima, e che una grande molecola autoreplicante (come l'RNA) si sia formata

in modo casuale; l'altra invece parte dal presupposto che siano apparsi prima i

meccanismi metabolici, per cui piccole molecole avrebbero formato una rete in

evoluzione di reazioni alimentate da una fonte di energia.

• Chi teorizza che abbiano avuto la precedenza i meccanismi di replicazione deve

spiegare come ha fatto una molecola complessa a formarsi prima che si innescasse

il processo dell'evoluzione.

• I sostenitori della teoria della priorità del metabolismo, dal canto loro, devono

dimostrare che all'epoca in cui la Terra era molto giovane avrebbero potuto formarsi

reti di reazioni capaci di crescita ed evoluzione.

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LE SCIENZE 83

Devono verificarsi almeno cinque condizioni perché dalle piccole

molecole si arrivi a qualche tipo di vita, qui definita come la

creazione di un ordine più grande in aree localizzate mediante cicli

chimici alimentati da un flusso di energia.

Prima di tutto deve crearsi un confine per separare la regione

vivente dall'ambiente abiotico (1). Deve esserci una fonte di

energia, qui rappresentata come un minerale (in blu) sottoposto

a una reazione che sviluppa calore (2). L'energia liberata deve

alimentare una reazione chimica (3). Deve formarsi una rete

di reazioni chimiche di crescente complessità per consentire

l'adattamento e l'evoluzione (4). Infine la rete di reazioni deve

acquisire materiale più rapidamente di quanto ne perda, e i

compartimenti devono riprodursi (5). Non servono molecole capaci

di immagazzinare informazioni (come l'RNA o il DNA), perché

l'eredità è conservata nell'identità e nella concentrazione dei

composti nella rete.

1~r linmanrIP

L'ipotesi che dà la precedenza alla comparsa del metabolismo punta verso una

singola origine della vita oppure verso origini multiple indipendenti tra loro?

Le origini multiple sembrano più in sintonia con lo scenario che fa apparire per primo

il metabolismo, lo e Gerald Feinberg abbiamo discusso l'eventualità di vita aliena [non

basata sull'RNA, sul DNA o altri processi biochimici a noi noti] nel libro Life beyond

Earth [trad. it. La vita nel cosmo, Mursia, 1985]. Durante una conferenza organizzata

da Paul Davies all'Arizona State University nel dicembre 2006 qualcuno ha affermato

che la vita aliena potrebbe esistere anche sul nostro pianeta, e non essere ancora

stata scoperta. Gran parte dei microrganismi osservabili al microscopio infatti non può

essere coltivata nei mezzi di coltura tradizionali ed è priva di classificazione. Microbi

alieni potrebbero inoltre esistere in habitat terrestri troppo estremi anche per le forme

di vita più resistenti che conosciamo.

Perché bisogna dimostrare in provetta la teoria del primato del metabolismo? Non è

possibile simularla al computer?

Stuart Kauffman, Doron Lancet e altri hanno usato simulazioni al computer

per descrivere la fattibilità dei cicli di reazione capaci di autosostenersi. Queste

simulazioni non hanno specificato le esatte combinazioni chimiche e le condizioni di

reazione necessarie perché si creino reti chimiche che si autosostengono. Ancora non

conosciamo tutti i percorsi di reazione che potrebbero intraprendere le combinazioni

di composti organici semplici, figuriamoci le loro costanti termodinamiche. Comunque,

anche se quei dati fossero disponibili, la maggior parte dei chimici non sarebbe

convinta da una simulazione al computer ma chiederebbe una dimostrazione

sperimentale.

Bisogna anche spiegare perché le molecole biologiche hanno tutte una

configurazione destrogira...

Se la trasformazione minerale che ha alimentato il ciclo di reazione di cui si parla in

queste pagine fosse selettiva soltanto per una forma chirale della sostanza A, allora

il prodotto B e altri membri del ciclo potrebbero apparire in una sola forma chirale. Il

controllo della chiralità diviene fondamentale quando piccole molecole chirali sono

legate insieme per formarne di più grandi. Un moderno enzima può contenere 100

amminoacidi collegati, tutti con la stessa configurazione (i cosiddetti amminoacidi L).

Se un amminoacido di configurazione D fosse sostituito dalla sua forma levogira in un

sito sensibile all'interno dell'enzima, allora la forma di quest'ultimo si modificherebbe e

la sua funzione potrebbe andare perduta.

L'AUTORE

ROBERT SHAPIRO è professore emerito

di chimica e ricercatore all'Università

di New York. È autore o coautore di oltre

125 pubblicazioni scientifiche, soprat-

tutto nel campo della chimica del DNA.

In particolare ha studiato i modi in cui

le sostanze chimiche presenti nell'am-

biente possono danneggiare il mate-

riale genetico, provocando alterazioni

che portano a mutazioni e tumori.

poter essere definite soltanto miracoli, fe-nomeni che ricadono al di fuori del cam-po di indagine scientifico». DNA, RNA,proteine e altre grandi molecole comples-se vanno quindi scartate dalla partecipa-zione all'origine della vita. Al loro posto,la natura inanimata ci offre una varietà dimescolanze di piccole molecole.

Per fortuna, esiste da decenni un grup-po di teorie che possono servirsene. Que-ste teorie ricorrono a una definizione dellavita termodinamica più che genetica, se-condo uno schema espresso da Sagan nel-l'Encyclopaedia Britannica: una regionelocalizzata in cui aumenta l'ordine (dimi-nuisce l'entropia) attraverso cicli alimen-tati da un flusso di energia sarebbe daconsiderare viva. Le teorie sull'origine del-la vita di questo tipo differiscono nei det-tagli; qui elencherò cinque requisiti comu-ni (aggiungendo qualche mia idea).

1. Occorre un confine per separarequello che è vita da quello che non lo è.La vita si distingue per un elevato grado diorganizzazione, ma la seconda legge del-la termodinamica prevede che l'univer-so si muova nella direzione in cui il di-sordine, o l'entropia, aumenta. Ma c'è unavia d'uscita: l'entropia può diminuire inun'area limitata, purché al di fuori di quel-l'area l'aumento sia ancora maggiore.

Quando le cellule viventi crescono e si

moltiplicano, convertono l'energia chimi-ca o la radiazione in calore. Il calore pro-dotto aumenta l'entropia dell'ambiente,compensando la diminuzione nei sistemiviventi. Il confine mantiene questa divi-sione del mondo tra le isole di vita e l'am-biente non vivente in cui esse devonoprovvedere al proprio sostentamento. Og-

gi sofisticate membrane cellulari a doppiostrato, fatte di sostanze chimiche classi-ficate come lipidi, separano le cellule vi-venti dall'ambiente. Quando la vita iniziò,qualche caratteristica naturale probabil-mente assolveva la stessa funzione: l'ipo-tesi è avallata dalla scoperta di struttureanaloghe alla membrane nei meteoriti.

2. Occorre una fonte di energia peralimentare il processo organizzativo. Permantenerci in vita, consumiamo carboi-drati e grassi, combinandoli con l'ossigenoche respiriamo. I microrganismi sono piùversatili, e possono usare minerali al postodel cibo o dell'ossigeno. In entrambi i ca-si, le trasformazioni coinvolte sono le rea-zioni di ossido-riduzione, o redox. Questecomportano il trasferimento di elettroni dauna sostanza che ne è ricca (o riducente) auna che ne è povera (o ossidata).

Le piante riescono a catturare diretta-mente l'energia solare e ad adattarla allefunzioni vitali. Altre forme di energia so-no usate dalla cellule in circostanze spe-

cifiche: per esempio i diversi gradi di aci-dità sui lati opposti di una membrana. Ealtre ancora, come la radioattività e i bru-schi sbalzi di temperatura, potrebbero es-sere usate dalla vita in qualche altra par-te dell'universo.

3. Occorre un meccanismo di accop-piamento per collegare il rilascio di ener-gia al processo organizzativo che generae mantiene la vita. Il rilascio di energianon produce necessariamente un risul-tato utile. Bruciando benzina nei cilindridi un'automobile si libera energia chimi-ca, ma il veicolo non si muoverà se quel-l'energia non è usata per far girare le ruo-te. Occorre un collegamento meccanico, oaccoppiamento.

Ogni giorno, dentro le nostre cellule,ognuno di noi degrada decine di grammi

di un nucleotide chiamato ATP. L'energialiberata da questa reazione serve ad ali-mentare processi necessari alla nostra bio-chimica che altrimenti sarebbero troppolenti o non ci sarebbero affatto. Il collega-mento si realizza quando le reazioni han-no un intermediario comune, e il processoè accelerato dall'intervento di un enzima.Un presupposto dell'approccio basato sul-le piccole molecole è che in natura esista-no reazioni accoppiate e catalizzatori pri-mitivi sufficienti a far iniziare la vita.

4. Si deve formare una rete chimicache permetta adattamento ed evoluzio-ne. Siamo nel cuore della questione. Im-maginiamo, per esempio, che una reazioneredox di un minerale, favorita dall'ener-gia, alimenti la conversione di una sostan-za organica A in un'altra sostanza B al-

l'interno di un compartimento. Chiameròquesta trasformazione fondamentale unareazione propellente, poiché fa da motoredel processo di organizzazione.

Se B semplicemente si riconverte in A oabbandona il compartimento, non ci tro-veremo in un percorso che porta a un au-mento di organizzazione. Invece se unpercorso chimico multifase - per esempioBaCaD ad A - riconverte B in A, allorale fasi di questo processo circolare (o ciclo)sarebbero spinte a continuare a operareperché riforniscono la scorta di A, permet-tendo l'utile e continuo scarico di ener-gia mediante la reazione minerale (si vedail box a p. 87). Vi saranno anche reazionisettoriali, come le molecole che converto-no e riconvertono tra D e un'altra sostan-za, E, che è al di fuori del ciclo ABCD. Da-

to che il ciclo è alimentato, la reazione daEaDè favorita, muovendo materiale nelciclo e ottimizzando il rilascio di energiache accompagna la reazione propellente.

II ciclo potrebbe inoltre adattarsi a cir-costanze variabili. Da bambino ero affa-scinato dal modo in cui l'acqua di unafontanella scendeva verso il tombino piùvicino: se foglie o rifiuti bloccavano il per-corso, l'acqua faceva marcia indietro finoad aggirare l'ostacolo. Ugualmente, se uncambiamento dell'acidità o di altre circo-stanze ambientali bloccasse una fase delpercorso da B ad A, il materiale si ritire-rebbe fino a trovare un'altra via. Altre va-riazioni di questo tipo convertirebbero ilciclo originale in una rete. Questa esplo-razione «sbaglia e riprova» del «paesaggio»chimico potrebbe anche produrre compo-sti capaci di catalizzare importanti fasi nelciclo, aumentando l'efficienza con cui larete usa l'energia.

5. La rete deve crescere e riprodursi.Per sopravvivere e crescere, la rete deveguadagnare materiale più velocemente diquanto ne perda. La diffusione di materia-li di rete al di fuori del compartimento nelmondo esterno è favorita dall'entropia, eavverrà in qualche misura. Alcune reazio-ni collaterali potrebbero produrre gas, chesfuggono, o formare catrami, che usciran-no dalla soluzione. Se l'insieme di questiprocessi supera il ritmo a cui la rete acqui-sice materiale, la rete si estinguerà. L'esau-rimento del carburante esterno avrebbe lostesso effetto. Possiamo immaginare, sul-la Terra primordiale, una situazione in cuiavvengono molti »inizi» di questo tipo,coinvolgendo diverse reazioni propellen-ti e fonti di energia esterne, finché un pro-cesso di inizio particolarmente resistentemette radici e si autoalimenta.

Infine dovrà svilupparsi un sistema ri-produttivo. Se la nostra rete fosse ospitatain una membrana lipidica, le forze fisichepotrebbero dividerla quando è cresciuta asufficienza. (Freeman Dyson dell'Institutefor Advanced Study di Princeton, ha de-scritto un sistema simile come un «mon-do-sacco-della-spazzatura», in contra-sto con lo «scenario-lindo-e-ordinato» delmondo a RNA.)

Un sistema che funziona in un compar-timento all'interno di una roccia potrebbetrasbordare in compartimenti vicini. Qua-lunque sia il meccanismo, questa disper-sione in unità separate protegge il sistema

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LE SCIENZE 85

Steven A. Benner, del Westheimer lnstitute for Science andTechnology di Gainesville, in Florida, sostiene che i modelli delprimato dell'RNA sono ancora validissimi.

Anche se c'è chi afferma che questa teoria sull'origine della

vita va scartata perché uno sviluppo spontaneo dell'RNA è

incredibilmente improbabile, le ricerche stanno dando conferme

a questo modello. Non ho problemi ad ammettere che la maggior

parte delle molecole organiche, quando è colpita da energia

(come i fulmini o il calore dei vulcani) si trasforma in qualcosa

di simile all'asfalto, più adatto a costruire strade che a dare

origine alla vita. Ma anche i modelli che danno la precedenza

al metabolismo, nella misura in cui sono stati sostenuti da una

qualsiasi sostanza chimica reale, devono affrontare questo

paradosso: molecole abbastanza reattive da partecipare al

metabolismo, sono anche abbastanza reattive da decomporsi.

Non ci sono soluzioni semplici. Come molti altri, anche il mio

gruppo di ricerca è tornato in laboratorio per capire come avrebbe

fatto l'RNA a svilupparsi sulla Terra. Lo zucchero chiamato ribosio,

la «R» in RNA, offre una dimostrazione di come un problema

dichiarato «irrisolvibile» potrebbe invece essere semplicemente

«non ancora risolto». Il ribosio è stato a lungo «impossibile» da

produrre per sintesi prebiotica (reazioni tra composti di molecole

che potrebbero essere esistite su una Terra prebiotica) perché

contiene un gruppo carbonilico: un atomo di carbonio con un

doppio legame a un atomo di ossigeno. Il gruppo carbonilico

conferisce sia una buona reattività (la capacità di partecipare al

metabolismo) che una cattiva reattività (la capacità di formare

asfalto). Una decina d'anni fa Stanley L. Miller concluse che

l'instabilità del ribosio derivante dal suo gruppo carbonilico

«preclude l'uso del ribosio e altri zuccheri quali reagenti

prebiotici... Ne consegue che il ribosio e altri zuccheri non furono

fra i componenti del primo materiale genetico».

Ma i brodi prebiotici necessitano di casseruole fatte di minerali

appropriati, non di teglie in pyrex. Un'affascinante «casseruola»

si trova oggi nella Death Valley. In una Death Valley primordiale,

l'ambiente era alternativamente umido e secco, ricco di molecole

organiche provenienti dalla concrezione planetaria e, cosa

ancora più importante, pieno di minerali contenenti boro. Che

cosa c'entra il boro? Stabilizza i carboidrati come il ribosio. Inoltre

se il borato (un ossido del boro) e altri composti organici di cui i

meteoriti sono ricchi vengono mescolati e sono colpiti da fulmini,

si formano buone quantità di ribosio dalla formaldeide e il ribosio

non si decompone. Il fatto che si possa trovare una soluzione così

semplice a un problema dichiarato «irrisolvibile» non significa

che la prima forma di vita abbia sicuramente usato l'RNA per fare

genetica. Ma dovrebbe bastare a fermarci quando ci si consiglia

di abbandonare una linea di ricerca solo perché alcuni dei suoi

aspetti problematici non sono ancora stati risolti.

e ra g ioni della teoria del °rimato dell'RNA

PER APPROFONDIRE

SHAPIRO R., Small Molecule Interactions Were Central to the Origin of Life, in «Quarterly Reviewof Biology» Vol. 81,pp. 105-125, giugno 2006.

DE DUVE C., Come evolve la vita. Dalle molecole alla mente simbolica, Raffaello Cortina, 2003.

FRY I., The Emergence of Life on Earth: A Historical and Scientific Overview, Rutgers UniversityPress, 2000.

DAVIES R, Da dove viene la vita. Il mistero dell'origine sulla Terra e in altri mondi, Mondadori,2000.

SHAPIRO R., Origins: A Skeptic's Guide to the Creation of Life on Earth, Simon 8c Schuster, 1986.

COMPLESSITÀ' CRESCENTEFORMAZIONE DEL CICLO

Reazionepropellente

Azione delcatalizzatore

Reazioneredox

Reazioneredox

Calore Calore

oO Minerale

OMolecola

•-• organica

.~ Reazionechimica

Catrame 7/

Riserva di carbonio

Reazionepropellente

L'EVOLUZIONE DELLE RETI CHIMICHE

-11M[ipotesi che dà la precedenza al metabolismo richiede la formazione di una retedi reazioni chimiche che aumenta di complessità e si adatta ai cambiamentidell'ambiente.FORMAZIONE DEL CICLO: una fonte di energia (in questo caso la cosiddetta reazioneredox che converte il minerale X nel minerale Y) si accoppia a una reazione checonverte la molecola organica A nella molecola B. Ulteriori reazioni (B in C, C in D...)formano un ciclo che ritorna ad A. Le reazioni che comprendono specie molecolariestranee al ciclo (E) tenderanno ad attirare più materiale nel ciclo stesso.COMPLESSITÀ CRESCENTE: se un cambiamento delle condizioni inibisce una reazionenel ciclo (per esempio, C in D), allora possono essere esplorati altri percorsi. Qui è statatrovata una scorciatoia attraverso cui C è convertita in D grazie agli intermediari F, G eH. Un'altra soluzione sarebbe l'inclusione di un catalizzatore (I) nella rete di reazione,la cui azione (linea tratteggiata) sblocca la trasformazione da C a D. Per sopravvivere,la rete in evoluzione deve attirare materiali contenenti carbonio dall'ambiente piùrapidamente di quanto ne perda in seguito a diffusione e reazioni concomitanti, quali laformazione di catrami che escono dalla soluzione.

dall'estinzione totale a seguito di un even-to distruttivo locale. Una volta createsi del-le unità indipendenti, queste possono evol-versi in modi diversi e competere tra loroper le materie prime; avremo così la tran-sizione dalla vita che emerge dalla materiainanimata per azione di una fonte di ener-gia, alla vita che si adatta al l'ambiente intermini di evoluzione darwiniana.

Cambio di paradigma

I sistemi che ho descritto ricadono ingenere nella categoria «prima il metabo-lismo», il che implica che non contengo-no un meccanismo di eredità. In altre pa-role non contengono alcuna molecola ostruttura ovvia che consenta alle infor-mazioni che conservano (la loro eredità)di essere duplicate e trasmesse ai discen-denti. Tuttavia una popolazione di picco-li oggetti contiene le stesse informazionidi un elenco che li descrive. Se esco conla lista della spesa, i generi alimentari concui torno a casa contengono le stesse in-formazioni della lista. Doron Lancet delWeizmann Institute di Rehovot, in Israele,chiama «genoma composizionale» l'ere-dità conservata nelle piccole molecole di

piccole dimensioni, invece della lista diDNA o RNA.

L'approccio all'origine della vita basa-to su piccole molecole chiede molto allanatura (un compartimento, una fonte dienergia esterna, una reazione propellen-te accoppiata a quella fonte, una rete chi-mica che includa la reazione e un mecca-nismo semplice di riproduzione). Tuttaviaquesti requisiti sono generalmente presen-ti in natura, e sono molto più probabili deicomplicati percorsi a tappe necessari allaformazione di una molecola replicatore.

Negli anni sono stati presentati moltiarticoli teorici su sistemi basati sul prima-to del metabolismo, ma non molto lavorosperimentale. E quando sono stati pubbli-

cati esperimenti, in genere servivano a di-mostrate la plausibilità delle singole fasiin un dato ciclo.

La maggiore mole di dati probabilmen-te è stata prodotta da Giinter MchterUu-ser del Politecnico di Monaco di Baviera,che ha dimostrato le parti di un ciclo checomprende combinazione e separazionedi amminoacidi in presenza di catalizzato-ri di solfuro metallico. La fonte di energianecessaria alla trasformazione è fornitadall'ossidazione del monossido di carbo-nio in anidride carbonica. Ma non ha an-cora dimostrato il funzionamento di unciclo completo né la sua capacità di au-tosostenersi ed evolvere: per affermare lavalidità dell'approccio delle piccole mo-

lecole serve un esperimento in cui sianopresenti tutte e tre queste caratteristiche.

Il primo compito importante è l'identi-ficazione di possibili reazioni propellenti— trasformazioni di piccole molecole (daA a B nell'esempio precedente) accoppiatea una fonte abbondante di energia esterna(come l'ossidazione del monossido di car-bonio o di un minerale). Una volta identi-ficata una reazione propellente plausibile,non dovrebbe esserci bisogno di speci-ficare in anticipo il resto del sistema. Icomponenti selezionati (compresa la fon-te di energia), più un mix di altre piccolemolecole normalmente prodotte median-te processi naturali (e che probabilmenteerano presenti in abbondanza sulla Terra

primordiale), potrebbero essere combinatiin un recipiente di reazione adatto.

Se si creasse una rete capace di evol-versi, ci aspetteremmo che la concentra-zione dei partecipanti nella rete aumentie si alteri nel tempo. Potrebbero apparirenuovi catalizzatori che aumentano il tas-so delle reazioni chiave, mentre i mate-riali irrilevanti diminuirebbero. Il reattoreavrebbe bisogno di un dispositivo di in-gresso per consentire il reintegro della ri-serva di energia e delle materie prime e diun'uscita per permettere la rimozione deiprodotti di rifiuto e delle sostanze chimi-che che non fanno parte della rete.

In questi esperimenti, i fallimenti sa-rebbero facili da individuare. L'energia sa-

rebbe dissipata senza produrre significati-ve variazioni della concentrazione di altresostanze chimiche, oppure le sostanze sa-rebbero convertite in un catrame, che in-taserebbe l'apparato. Un successo potreb-be dimostrare i primi passi sulla stradaverso la vita. Non serve che queste fasi re-plichino quelle che si verificarono sullaTerra. È più importante dimostrare il prin-cipio generale, e metterlo a disposizioneper ulteriori ricerche. Possono esservi piùsentieri potenziali verso la vita, e la sceltasarebbe dettata dall'ambiente locale.

La comprensione delle fasi iniziali chehanno portato alla vita non rivelereb-be gli eventi specifici che hanno portatoagli attuali organismi basati su DNA, RNAe proteine. Tuttavia, dato che sappiamoche l'evoluzione non anticipa eventi futu-ri, possiamo presumere che all'inizio i nu-cleotidi apparvero nel metabolismo peradempiere a qualche altra funzione, forsecome catalizzatori o come contenitori perimmagazzinare energia chimica (il nucleo-tide ATP continua a svolgere questa fun-zione oggi). Qualche evento o circostanzacasuale può aver portato al collegamentodi nucleotidi per costituire l'RNA.

La funzione più ovvia del modernoRNA è di fare da elemento strutturale cheassiste nella formazione di legami tra gliamminoacidi nella sintesi delle protei-ne. I primi RNA possono aver assolto lastessa funzione, ma senza una preferenzaper amminoacidi specifici. Occorrerebbe-ro molti altri passaggi nell'evoluzione per«inventare» i complessi meccanismi di re-plicazione e la sintesi di proteine specifi-che che osserviamo adesso nella vita.

Se il paradigma delle piccole molecolefosse confermato, le nostre idee sulla pre-senza di vita nell'universo cambierebbero.Un avvio improbabile come quello del pri-mato dell'RNA sottintende un universo incui siamo soli. Come ha detto Jacques Mo-nod, «l'universo non era gravido della vi-ta, né la biosfera lo era dell'uomo. Il no-stro numero è uscito alla roulette».

L'alternativa basata sulle piccole mo-lecole, in compenso, è in sintonia con ilpunto di vista del biologo Stuart Kauff-man: «Se tutto questo è vero, la vita èmolto più probabile di quanto avessimosupposto. Non solo nell'universo siamoa casa, ma è di gran lunga più probabileche la condividiamo con compagni anco-ra sconosciuti».

86 LE SCIENZE

468 /agosto 2007

www.lescienze.it

LE SCIENZE 8?