Didattica per l’Inclusione - agrariosereni.it · A novembre è uscito il film televisivo che...
-
Upload
phungxuyen -
Category
Documents
-
view
216 -
download
0
Transcript of Didattica per l’Inclusione - agrariosereni.it · A novembre è uscito il film televisivo che...
1 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
Formazione Docenti Ambito Territoriale 4
PNFD 2016‐2019Formazione Docenti Ambito Territoriale 4
Azione Formativa relativa all’Inclusione sociale e Lotta al Disagio
Didattica per l’Inclusione
Competenze trasversali, Personalizzazione e Tecniche Cooperative
r
20‐23‐27 giugno 2017
Per Docenti della Scuola Superiore di I grado dell’Ambito Territoriale 4
Prof.ssa Antonella Tozzi
ITA Emilio Sereni
Roma
2 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
Didattica per l’Inclusione
Competenze trasversali, Personalizzazione e Tecniche Cooperative
PRIMA LEZIONE Premessa: Leggi e Globalizzazione Elementi di Didattica 1. Visione Sistemica 2. Progettare: in team e per competenze 3. Percorsi personalizzati 4. L’UDL 5. L’osservazione SECONDA LEZIONE Premessa: dati statistici Costruire l’Inclusione 1. La speciale normalità 2. Star bene Insieme a scuola 3. Life Skills Una Didattica Speciale 1. Personalizzazione Percorsi e Stili di apprendimento 2. Adattamento curricolare degli obiettivi, dei materiali delle attività 3. Strategie didattiche di base 4. Strategie meta‐cognitive 5. Strategie di autoregolazione comportamentale e su comportamenti problema 6. Mediatori didattici: Mappe concettuali e TIC TERZA LEZIONE Premessa: Il docente e la competenza emotiva Una Didattica Speciale 1. Didattica per competenze 2. Ambienti di apprendimento e metodologie peer to peer Didattica delle differenze: 1. metodo autobiografico 2. didattica laboratoriale 3. approccio montessori 4. didattica aperta 5. didattica delle intelligenze multiple 6. cooperative Learning 7. peer tutoring 8. Apprendimento con gli EAS 9. Flipped Classroom
3 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
Formazione Docenti Ambito Territoriale 4 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
Didattica per l’Inclusione
Competenze trasversali, Tecniche Cooperative e Peer Teaching
PRIMA LEZIONE Elementi di Didattica
Premessa: Percorso legislativo e Globalizzazione 1 Il cammino italiano verso l’Inclusione: a 40’anni dalla 517/77 Sono passati quarant’anni esatti dall’approvazione della legge 517 del 1977, una legge‐chiave in materia di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Da allora, nel nostro Paese si sono fatti molti passi in avanti nel cammino verso la piena inclusione dei ragazzi che hanno bisogni educativi speciali. Anche se molto rimane ancora da fare, certamente. A quarant’anni di distanza, vale la pena guardarsi un attimo indietro richiamando alla memoria quella legge che, per riconoscimento unanime, qualificò il contesto italiano come uno dei più avanzati a livello mondiale dal punto di vista del riconoscimento dei diritti degli alunni con disabilità. A novembre è uscito il film televisivo che racconta, in una Torino del 1964, la, storia di due insegnanti, Mirella e Felice, che siono battuti per migliorare le condizioni scolastiche dei bambini destinati alle "classi differenziali". Il film è liberamente ispirato alla vicenda reale di Mirella Antonione Casale e della sua lotta per l'inclusione dei disabili nella scuola. Racconta un movimento che nasce dalla base, da famiglie ed insegnanti, porta alla costituzione della Commissione Falcucci e alla successiva Legge 517/77 Possiamo ricordare per sommi capi ciò che avvenne dalla fine degli anni Settanta a tutto il decennio successivo proprio per effetto della legge 517. Furono anni di intenso lavoro politico: la democratizzazione della società e della scuola italiana. Si combatteva contro ogni emarginazione sociale, quella dei ragazzi disabili a scuola ma anche quella dei malati psichiatrici e con deficit mentale (si ricordino Basaglia e la chiusura dei manicomi!), persone connotate da totale esclusione e isolamento all’interno dei manicomi. Tutti loro cominciarono a sperare in un’esistenza diversa. L’appassionato dibattito fece maturare un reale rifiuto delle strutture emarginanti. Iniziarono così, con questo spirito, le prime esperienze di evasione dagli istituti speciali dei soggetti disabili e il conseguente inserimento scolastico. Certo furono anni caotici nella scuola, c’era totale disorganizzazione. L’inadeguato approfondimento culturale e l’impreparazione degli insegnanti rese il tutto scoordinato. Non esistevano metodologie che supportassero l’inserimento e certo i pochi insegnanti, detti di “sostegno”, non bastarono a sostenere la novità. Ripercorriamo con le leggi le varie fasi, che per immagini si possono rappresentare anche così:
Dopo le fasi − dell’esclusione (dagli anni Venti a tutti gli anni Cinquanta), − della medicalizzazione (gli anni Sessanta) e − dell’inserimento brado (dal 1970 al 1977), dalla fine degli anni Settanta e per tutti gli anni Ottanta l’inserimento costringe a un ripensamento: inizia allora la fase − dell’integrazione. La presenza degli alunni disabili fece sì che la scuola si ponesse il problema della gestione della diversità in classe. Si impose il principio pedagogico del rispetto delle diversità, quello della scuola per tutti ma secondo ciascuno. La dizione «integrazione» sostituì ben presto quella di «inserimento», sia nell’ambito scolastico, sia in quello sociale e legislativo. Iniziò allora un impegno attivo perché il disabile fosse integrato nel gruppo dei suoi coetanei, nella scuola, nel territorio. Questo cambio di mentalità socio‐politico‐culturale indusse a processi di cambiamento interiore per un’assunzione di responsabilità, non solo delle diverse comunità scolastiche, ma dei singoli cittadini che avevano, in qualche misura, un ruolo nella galassia della disabilità. Con la legge 517 del 1977 e la legislazione successiva in materia, l’Italia aveva fatto una scelta che possiamo ritenere unica rispetto agli altri Paesi europei, nei quali, nonostante varie sperimentazioni in questa direzione, prevaleva ancora l’idea di una scolarizzazione separata per gli alunni con disabilità. Leggi di riferimento, innanzitutto, 1948, l a Costituzione Italiana, art. 3 Principio di Uguaglianza Sostanziale (rimozione ostacoli) e e art 34 La scuola è aperta a tutti 1967: Don Milani, Lettera a una professoressa
inserimento
4 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
1971: L. 118 con l’inserimento selvaggio 1974: Commissione Falcucci e Documento (n° alunni classe, tempo scuola prolungato, progetti educativi,
insegnati specializzati, aggiornamento, servizi psico‐pedagogico 1977: a 40’anni dalla 517: valutazione, abolizione esami riparazione e classi differenziali 1978: L. 180 Basaglia 1992: L. 104 sancisce una serie di diritti e opportunità in tanti ambiti 2009: L.18 che ratifica la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità 2009: Linee Guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità 2010: L. 170 per i DSA con la stesura del PDP 2012: La Direttiva Miur del 12‐12‐2012 strumenti d’intervento PAI e GLI 2015: L.107 del 2015 2017: Decreti Attuativi della L.107, maggio 20171
Per concludere questo breve excursus legislativo oggi la didattica inclusiva può creare le condizioni di apprendimento attraverso le quali OGNI ALUNNO possa esprimere e realizzare al massimo il proprio potenziale.
Una riflessione sulla nostra contemporaneità porta a valutare anche la diffusa globalizzazione, che ha ripercussioni non solo sull’economia, ma sulle relazioni − Interpersonali − Politiche − Economiche − Religiose − Culturali La globalizzazione è alla base di nuove forme di emergenza sociale, legate all’emergere di nuovi bisogni, individuali e collettivi, che richiedono quindi di nuovi approcci risolutivi 2
Tutte le componenti sociali se ne devono assumere la responsabilità e progettare insieme. In modo RETICOLARE e INTERDISCIPLINARE Primo tra tutti il campo PEDAGOGICO C’è una stretta relazione tra BISOGNI SPECIALI, riconducibili a disabilità, DSA o altre condizioni socio‐culturali‐linguistiche, e PROCESSI FORMATIVI La figura dell’insegnante oggi ed in particolare del docente specializzato hanno bisogno
Acquisizione di Competenze Professionali 1. di valutazione delle molteplici situazioni di diversità 2. di Progettazione per offrire forme di sapere e condizioni di apprendimento in contesti caldi e accoglienti 3. di Monitoraggio e miglioramento percorsi
Competenze Trasversali: 1. stili di pensiero flessibili e adattabili 2. rendere il sapere accessibile a tutti in contesti significativi e accoglienti 3. creare l’inclusione nel sistema scuola e società
Elementi di Didattica 1) Visione Sistemica Gli alunni arrivano a scuola con un bagaglio di esperienze e di formazione che l’insegnante deve essere in grado di leggere interpretare negli aspetti essenziali armonizzare ai curricoli scolastici dell’ordine di scuola costruire nell’alunno competenze al massimo grado, rispetto al personale percorso di sviluppo
Nelle Scienze della Formazione, a partire dagli studi di Piaget si sottolinea l’importanza dell’individuo come attivo costruttore delle proprie conoscenze nell’ambiente in cui vive. La visione moderna ed ecologica vede il soggetto al centro di un sistema a cerchi concentrici che si interfacciano l’un l’altro in un’ottica sistemica (Bronfenbrenner 1979)3
5 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
Individuo Microsistema: famiglia, Scuola, Pari, Mesosistema: Relazioni tra le varie agenzie formative Ecosistema: Lavoro dei genitori, , l’impatto dei new media, livello socio‐economico, le appartenenze religiose Macrosistema: Cultura, costumi e tradizioni di appartenenza nella società
Questa visione ci porta a riflettere sulla relazione che intercorre tra sistemi educativi: 1. FORMALI: famiglia e scuola 2. INFORMALI: associazioni, gruppi parrocchiali, associazioni sportive e ludiche, 3. NON FORMALI: non legati a tempi e luoghi, ma facenti parte di questa società, come i new media, che determinano apprendimenti, anche se non sempre intenzionali
2 Progettare ……. in team e per competenze4
Secondo quest’ottica costruttivista bisogna che l’insegnate abbandoni la visione del proprio ruolo legato a Descrizione, trasmissione conoscenze e imposizione di regole
MA si metta nell’ottica di Lavorare a stretto contatto con gli alunni e con i docenti del team Condividendo percorsi Negoziando i significati delle esperienze Facilitando le scoperte personali Costruendo pensiero critico e riflessivo Agevolando il passaggio dalla teoria alla pratica
In questa visione è bene ricordare la differenziazione tra: conoscenze: “indicano il risultato dell’assimilazione delle informazioni attraverso l’apprendimento. Sono l’insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un settore di studio e di lavoro. Sono descritte come teoriche e/o pratiche” abilità : “indicano le capacità di applicare le conoscenze ed utilizzarle know‐how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo, creativo) e pratiche (che implicano l’abilità manuale e l’uso dei metodi, materiali e strumenti)” competenze: “indicano la comprovata capacità di usare conoscenze e abilità personali, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro e di studio e nello sviluppo professionale e/o personale. Sono descritte in termini di responsabilità ed autonomia”. Tra le competenze sono state individuate le Life Skills e le Soft Skills
Nelle Raccomandazioni Europee del 2006 si evidenziano le 8 competenze chiave 5‐6
Competenze chiave Le competenze sono definite in questa sede alla stregua di una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Il quadro di riferimento delinea otto competenze chiave: 1) comunicazione nella madrelingua; 2) comunicazione nelle lingue straniere; 3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4) competenza digitale; 5) imparare a imparare; 6) competenze sociali e civiche; 7) spirito di iniziativa e imprenditorialità; e 8) consapevolezza ed espressione culturale.
Non si può pensare di progettare soli, Oggi più che mai si progetta INSIEME Nel consiglio di classe, nei collegi Docenti, nel Consiglio d’Istituto. Tutti gli organi collegiali infatti Elaborano scelte di: − METODO − ORGANIZZAZIONE Spazi e tempi − VALUTAZIONE E VERIFICA
6 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
− PROGETTAZIONE CONDIVISA Dario Ianes sottolinea che nei percorsi “SPECIALI” il cuore dell’INCLUSIVITA’ rispetto agli alunni con BES (alunni con disabilità, alunni con DSA, alunni con disagi socio‐culturali, alunni stranieri) sta nel garantire: 1. EQUITA’ della proposta formativa 2. MASSIMA PARTECIPAZIONE alle attività didattiche 3. Percorsi DIVERSIFICATI nel POF
Gli ultimi documenti legislativi individuano come valore inestimabile l’ACCOGLIENZA della DIVERSITA’
Fino agli anni ’90 si parlava di programmazione per obiettivi (Mastery Learning e alle Tassonomie per ambito affettivo, cognitivo e psicomotorio), che partiva dalla L.517/77 a sostituire il Piano di Lavoro, rigido e uguale per ogni alunno. La programmazione per obiettivi prevedeva: 1. Analisi della situazione di partenza 2. Identificazione dei bisogni formativi 3. Definizione degli obiettivi generali, trasversali, disciplinari 4. Definizione dei prerequisiti 5. Definizione di tempi, mezzi, strategie per il raggiungimento degli obiettivi 6. Attività di verifica 7. Obiettivi minimi, se se ne fosse ravvisata la necessità Oggi si PROGETTA PER COMPETENZE … o meglio si dovrebbe!!
Oggi la nuova frontiera è l’UDL, l’Universal Design Learning! Il modello di Progettazione per competenze RIBALTA quello precedente perché poggia tutto il processo formativo:
1. NON SUI LIVELLI DI PARTENZA MA
SULLE COMPETENZE IN USCITA per il successo formativo di ciascuno 2. Ha una struttura reticolare non sequenziale, come quando vediamo il desktop che contiene varie cartelle, le UdA che vengono pensate e co‐progettate tra i docenti del team in relazione alla classe e alle componenti in essa presenti. 3. Le UdA, diversamente dalle UD che si rifanno alla programmazione per obiettivi, si riferiscono a “situazioni formative”, ad uno “spazio di apprendimento” in cui ciascun alunno possa esercitare le proprie risorse e capacità nell’ambito della costruzione delle conoscenze 4. Si formulano PROGETTI AD HOC, per gli alunni con Bisogni Speciali e non con percorsi standardizzati 5. Non si fissano obiettivi minimi per gli alunni BES con gravi compromissioni, ma si individuano traguardi di competenze, da ricercare nel percorso progettuale della classe 6. e si individuano dei saperi ritenuti irrinunciabili in relazione alle singole discipline 7. Per quanto riguarda gli alunni con BES il loro percorso va descritto nei vari documenti redatti dal team: PEI, PDP7‐8‐9
3 Percorsi personalizzati
PEI
7 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
Il PEI si divide in 4 parti, che dovrebbero essere il frutto di un lavoro congiunto di professionalità docenti, figure sanitarie e riabilitative, in collaborazione con la famiglia. Il PEI comprende dunque: 1. La DF educativa rilasciata dalla ASL in cui vengono riportati i dati relativi al disturbo del bambino e alle potenzialità 2. Il PDF in cui vengono descritti gli obiettivi a breve (1‐2 mesi), medio (6‐12 mesi) e lungo termine (1‐2 anni) in relazione alle potenzialità dell’alunno 3. La progettazione didattica, con le attività, i materiali ed i metodi di lavoro, gli strumenti 4. La verifica dell’acquisizione e dell’appropriatezza degli obiettivi fissati ad inizio d’anno, per eventuali aggiustamenti per l’anno prossimo Il PEI così concepito è più vicino alla progettazione per obiettivi che dicevamo prima 13 OGGI si fa riferimento al modello dell’ICF, indicato nell’OMS 2002 Classificazione Internazionale del Funzionamento, della disabilità e della salute10
L’ICF nasce nell’ottica 1. del paradigma bio‐psico‐sociale 2. del passaggio dal concetto di disabilità a quello di bisogno educativo speciale 11
3. dell’estensione al Progetto di vita complessivo costruito per l’alunno BES= “qualsiasi difficoltà evolutiva espressa in un funzionamento in termini di menomazione, ostacolo o stereotipo
che necessita di un’apposita risposta da parte della scuola” e l’estensione del PEI alla vita di tutti i giorni, riguardante cioè l’autonomia personale, il benessere psicologico, l’inserimento sociale 12 Il modello ICF non si limita alla categorizzazione medica della patologia, ma indica come funzionano le strutture mentali e corporee della persona, inserendo le abilità sociali e personali, fattori del contesto, e dell’ambiente, con l’obiettivo di rendere la diagnosi FUNZIONALE, cioè in grado di apportare elementi utili alla corretta realizzazione di attività didattiche appropriate e pertinenti da parte degli insegnanti
Il modello ICF cerca di descrivere l’alunno in forma GLOBALE Il modello ICF CY (Children and Youth) OMS 2007 descrive l’individuo nelle fasi evolutive dell’infanzia e dell’adolescenza Il modello ICF documenta le caratteristiche della SALUTE, del VBENESSERE, del FUNZIONAMENTO e dei cambiamenti legati allo sviluppo e alla crescita e all’ambiente
8 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
Il modello ICF ha un approccio multiprospettico: biologico, personale, sociale. La stessa terminologia usata è indice di questo cambiamento di prospettiva, in quanto ai termini di menomazione, disabilità ed handicap (che attestavano un approccio essenzialmente medicalista) si sostituiscono i termini di Strutture Corporee, Attività e Partecipazione. Di fatto lo standard diventa più complesso, in quanto si considerano anche i fattori sociali, e non più solo quelli organici 4. UDL: Universal Design for learning 13‐14 Il nostro Paese ha sviluppato uno dei sistemi scolastici più maturi per recepire e rendere operativo un approccio sensibile alla variabilità individuale come lo Universal Design for Learning (UDL progettazione universale dell’apprendimento), che rappresenta, tra gli orientamenti internazionali attuali, quello di maggiore interesse ai fini della ricerca educativa e dell’applicazione diretta nella formazione dei docenti e nella pratica didattica quotidiana. L’UDL anima tre grandi sfide della società e della scuola (disabilità, educazione inclusiva e tecnologia) promuovendo una proposta concreta e operativa. Tale modello, con la sua universalità, poggia sui valori etici delle pari opportunità e dell’equità e sollecita un’interessante visione del mondo educativo con proposte metodologiche orientate verso una rivoluzione di pensiero centrata sul rispetto della diversità‐unicità umana e sul riconoscimento e valorizzazione delle differenze di ogni persona basata sulla flessibilità, sull’accessibilità reale ai processi di apprendimento linee guida che possono sostenere gli insegnanti nella progettazione e realizzazione di un ambiente di apprendimento capace di tenere conto delle differenze individuali Il termine “Universal Design for Learning” si riferisce a un quadro di riferimento pedagogico per la progettazione di percorsi che garantiscano la massima flessibilità negli obiettivi didattici, metodi, materiali e valutazioni, al fine di ottimizzare le opportunità di apprendimento per tutti gli individui; mira a promuovere un ambiente di apprendimento per lo sviluppo di “studenti esperti”, alunne ed alunni consapevoli del proprio personale processo di apprendimento e capaci di organizzarlo strategicamente, anche alla luce delle caratteristiche individuali uniche di ciascuno. Il termine Universal Design for Learning (UDL) rimanda a quello dello Universal Design, un movimento per i diritti umani nello sviluppo del prodotto e nell’architettura, che esige la creazione di ambienti e beni per il consumatore utilizzabili dalla più grande varietà di utenti. Chiaramente l’insegnamento e l’apprendimento sono attività molto diverse dalla progettazione e dalla costruzione di ambienti e allora cerchiamo di capire meglio quali sono i principi su cui si basa questo approccio e come questi si possano applicare al contesto scolastico I principi UDL sono radicati nelle scienze dell’apprendimento e dalle ultime scoperte nel campèo delle neuroscienze, al fine di ridurre le barriere nell’apprendimento, come quelle intellettive, sociali, emotive, culturali e/o linguistiche. L’UDL evidenzia come l’obiettivo chiave dei contesti formativi
non sia semplicemente quello di trasmettere l’informazione, ma di sostenere e incoraggiare i cambiamenti nella conoscenza e nelle abilità, cioè quello che chiamiamo apprendimento. L’UDL richiede non solo che l’informazione sia accessibile, ma anche che si progetti una didattica accessibile. L’UDL guida gli educatori, gli insegnanti e gli amministratori
nell’identificazione delle potenziali barriere all’apprendimento e nella loro riduzione attraverso percorsi abbastanza flessibili da fornire sufficienti opzioni e alternative per il successo di ogni studente. In sostanza, l’ambito dell’UDL si basa interamente su tre principi: 1. fornire molteplici mezzi di rappresentazione; 2. fornire molteplici mezzi di azione e di espressione; 3. fornire diversi mezzi di coinvolgimento. Questi tre principi sono stati scelti perché si riferiscono a tre aspetti essenziali di ogni ambiente d’insegnamento e apprendimento: i mezzi con cui l’informazione è presentata allo studente, i mezzi con cui egli deve esprimere ciò che sa e i mezzi con cui viene coinvolto nell’apprendimento. Vediamo meglio come si traducono nella pratica educativa. Principio 1: fornire molteplici mezzi di rappresentazione COSA Questo principio dell’UDL riguarda il «cosa» dell’apprendimento, cioè come è percepita e compresa l’informazione. Vista l’ampia varietà di differenze individuali nella rappresentazione, non c’è un solo modo di presentare o di rendere disponibile ciò che vogliamo che lo studente apprenda. Il curricolo dovrebbe avere abbastanza flessibilità per gli alunni e i docenti, tale da permettere la più appropriata via di accessibilità al contenuto. Per ridurre le barriere all’apprendimento è importante assicurarsi che l’informazione chiave sia percepita da tutti gli studenti nello stesso modo: 1) fornendo la stessa informazione attraverso diverse modalità sensoriali (ad esempio, attraverso la vista, l’udito o il tatto); 2) fornire l’informazione in un formato che permette l’adattabilità all’utente (ad esempio, testi che possono essere allargati, suoni che possono essere amplificati). Queste molteplici rappresentazioni assicurano che l’informazione non solo sia accessibile agli studenti con particolari disabilità
9 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
sensoriali e percettive, ma sia anche di più facile accesso per molti altri. Quando la stessa informazione, ad esempio, è presentata sia a voce che per iscritto, le rappresentazioni integrative aumentano la comprensibilità per molti studenti. Principio 2: fornire molteplici mezzi di azione e di espressione COME Il modo in cui gli individui affrontano le sfide dell’apprendimento ed esprimono la loro conoscenza (il «come» dell’apprendimento) può differenziarsi sensibilmente da persona a persona. Le Linee guida dell’UDL raccomandano agli educatori di fornire agli studenti molte opzioni, per affrontare sia le sfide dell’apprendimento sia quelle di esprimere ciò che sanno. Per applicare questo principio occorre tener presente che non esiste un mezzo d’espressione adatto allo stesso modo per tutti gli studenti e per ogni tipo di comunicazione. Ad esempio, un allievo con dislessia può eccellere nel racconto di una storia, può fallire drasticamente nel raccontare la stessa storia per iscritto. Inoltre, gli allievi variano notevolmente nella loro familiarità e padronanza con le convenzioni di ogni particolare strumento. Dovrebbero quindi essere disponibili supporti alternativi per sostenere e guidare gli studenti, che hanno diversi livelli di apprendimento, ad esprimersi in modo competente. Principio 3: fornire diversi mezzi di coinvolgimento PERCHE’
Questo principio riguarda la motivazione ad apprendere, la perseveranza nel portare a termine il compito iniziato e la capacità dello studente di autoregolare il proprio comportamento ai fini dell’apprendimento. Gli studenti si differenziano sensibilmente in ciò che attrae la loro attenzione e coinvolge il loro interesse. Anche lo stesso studente differirà nel tempo e a seconda delle circostanze. È importante, quindi, avere modi alternativi di stimolare l’interesse, modi che riflettono le differenze inter‐ e intra‐individuali tra gli alunni. Un approccio di successo è di assicurarsi che le attività siano le più autentiche possibili, questo aumenterà l’interesse, il fine e, se va tutto bene, renderà più facile collegare l’informazione alla conoscenza pregressa. Gli insegnanti e gli alunni possono inoltre lavorare insieme per ridurre le minacce e le distrazioni e per costruire una comunità di classe che sia d’aiuto, stimolante, inclusiva e che sappia apprezzare i
progressi di tutti e ciascuno.
4 Osservazione 15‐16 Per comprendere il valore dell’osservazione possiamo farlo attraverso alcune domande: Perché osservare? Cosa osservare? Come farlo? Che fare delle osservazioni? PERCHE’ L’osservazione serve per cercare di comprendere ed intervenire nel modo più efficace. p.e. in un gruppo classe osservare la presenza di sottogruppi, di emarginazione e/o autoesclusione, le difficoltà incontrate nel processo di inclusione, la presenza di comportamenti problema, il clima della classe nelle varie situazioni
10 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
L’osservazione diventa uno strumento per capire meglio alcuni comportamenti già notati, per direzionare le attività didattiche e raggiungere meglio le finalità educative. L’osservazione fatta può essere discussa, ci si può confrontare, può permettere di attuare una strategia di cambiamento
COSA L’osservazione sistematica deve prevedere un soggetto/situazione da osservare, indicatori comportamentali da registrare con un numero o etichetta ( quante volte, sì o no, spesso, qualche volta ..) L’osservazione va ad individuare comportamenti circoscritti e precisi, di cui si individua frequenza, durata, comportamenti ripetuti. Non “Marco si distrae”, ma si alza dal banco e gira per l’aula, chiacchiera con i compagni … L’osservazione cerca di cogliere gli elementi comunicativi verbali e non verbali
QUANDO L’insegnante deve decidere quando osservare e in quale situazione scolastica. Ed osserva con una certa distanza, senza interpretazioni da psicologo, possibilmente quando è in compresenza
COME Per arginare la soglia di soggettività insita nell’osservazione è di aiuto l’uso di un linguaggio denotativo e descrittivo, puntuale, riferito a situazioni precise (non generico) ed esente da giudizio. La scheda che segue mostra la differenza tra un uso denotativo e un uso connotativi del linguaggio. Va da sé che l’osservazione dovrebbe utilizzare il primo tipo. Descrivere comportamenti (basso grado di inferenza = ciò che si legge è preciso e osservabile)
Commentare e valutare (alto grado di inferenza = ciò che si legge non è osservabile e richiede integrazioni)
‐descrivere puntualmente un comportamento, una situazione, un evento riportando dati concreti ‐ riportare con parole precise Es.: Mentre riepiloghiamo la lezione, Giovanni non segue sul libro e ha lo sguardo assente.
‐ usare la generalizzazione ‐ usare un linguaggio connotato e ricco di impliciti, che non permette di vedere comportamenti specifici Es.: Giovanni è sempre distratto.
Per sintetizzare l'osservazione è un procedimento selettivo e si differenzia dal semplice guardare o vedere perché lo sguardo dell'osservatore è guidato dalle ipotesi che egli ha formulato e mira ad ottenere le informazioni rilevanti nel modo più accurato ed efficace. Di conseguenza l'osservazione non è di per sé obiettiva, nel senso di permettere una registrazione diretta e fedele della realtà, anzi è costantemente esposta al rischio della soggettività, della parzialità, e agli errori o distorsioni che ne derivano. L'osservazione diventa obiettiva soltanto nella misura in cui viene condotta secondo procedure controllate, cioè sistematiche, ripetibili e comunicabili. Il cosa osservare è un altro elemento da individuare con precisione insieme alla tipologia di osservazione da adottare. Generalmente nelle classi si attua l’osservazione diretta con tecniche obiettive per la registrazione dei dati, di solito con check‐list. Un’altra tecnica meno oggettiva è quella che adotta la forma diaristica, non privilegiando alcun elemento delle relazioni, ma osservando la classe nel suo insieme. La griglia sottostante può essere utile per valutare la percezione sul tipo di insegnamento proposto dai docenti in classe (Controllo e Calore, Reinhard e Taush)
11 PNFD 2016‐2019 prof.ssa Antonella Tozzi
Work Shop Sul booklet esercizi
1. su check list di osservazione 17‐19 2. un caso 3. Monitoraggio insegnante
For TIC
‐Video sui cambiamenti dell’educazione oggi: https://vimeo.com/221531668, 9’.23” ‐Video su lezione di scrittura creativa https://vimeo.com/20875623 ‐Video su DSA proposto da una docente del corso Come può essere così difficile, USA 1989 https://www.google.it/search?q=perch%C3%A9+%C3%A8+cos%C3%AC+difficile&rlz=1C1AOHY_enIT709IT709&oq=perch%C3%A9+%C3%A8+cos%C3%AC+difficile&aqs=chrome..69i57j0l5.8744j0j8&sourceid=chrome&ie=UTF‐8#q=perch%C3%A9+%C3%A8+cos%C3%AC+difficile&tbm=vid
Si riflette in piccoli gruppi su: 1. I cambiamenti legislativi che hanno portato al concetto di inclusione: opportunità e criticità 2. I cambiamenti in atto nella società e nella scuola rispetto a programmi e competenze per il futuro 3. L’utilizzo delle checklist o di schede osservative narrative 4. L’insegnante e il suo stile di insegnamento 5. Gli alunni, l’attenzione e il coinvolgimento emotivo 6. Situazioni didattica diverse e lo stare bene insieme 7. Lavori di gruppo e didattica collaborativa
Resoconto delle osservazioni dei sottogruppi e confronto ‐Video Trailer La classe degli asini http://www.raiplay.it/video/2016/11/La‐classe‐degli‐asini‐cadde194‐87f5‐4731‐894a‐cd7fe2d3fed5.html, 35’‐45’; 1.18’‐ 1.35’ Portare per la lezione successiva la fotocopia di una parte di testo disciplinare, storia, geografia, italiano ecc.
Siti 1. https://sostegnobes.wordpress.com/
Biblio/Sito Grafia
1. Decreti attuativi L.107/15, maggio 2017 2. Contributi di didattica speciale, DM Cammisuli, 2016 3. Bronfenbrenner, U The Ecology of Human Development: Experiments by Nature and Design. Cambridge1979 4. Dispensa Pellerey sul sito ITA “E. Sereni” 5. Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio 18 dicembre 2006 6. Batini, insegnare per competenze, 2013 7. Diret Min 27/12 8. Indicazioni Nazionali … dall’infanzia alle Linee Guida Scuola Superiore di Secondo Grado 9. L. 104/92, art 12, comma da 1 a 4 10. https://scuolastoppani.wordpress.com/tag/standar‐icf/ 11. Ianes La speciale normalità 2005 12. Ianes , Didattica speciale per l’integrazione, 2001 13. Giovanni Savia, “Universal Design for Learning”, Erickson 2016 14. Supporto TIC e UDL Mazzocchi 15. https://sostegnobes.wordpress.com/ 16. G. Pozzo, Osservazione, Uni‐Perugia 17. check list monitoraggio docenti 18. Check list per docenti 19. Griglie Osservazione Uni Ferrara 20. Questionario Inizio corso e grafici PS: in grassetto i materiali condivisi su Google Drive