Dialoghi sull'uomo nell'età dell'ipocrisia

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8/7/2019 Dialoghi sull'uomo nell'età dell'ipocrisia http://slidepdf.com/reader/full/dialoghi-sulluomo-nelleta-dellipocrisia 1/3 Dialoghi sull'uomo nell'età dell'ipocrisia di Ernesto Galli Della Loggia in “Corriere della Sera” del 5 marzo 2011 L’ossessione della non violenza, il solidarismo egualitario, un cristianesimo ridotto a pura istanza etica. Sono alcuni tratti del senso comune dominante nella nostra epoca, contro cui si scagliava oltre un secolo fa il pensatore russo Vladimir Solov’ëv. La sua polemica preveggente contro l’ipocrisia del mondo moderno ci aiuta a smascherare il pericolo totalitario che spesso si cela proprio dietro le attese migliori dell’umanità. Chi di noi non è un convinto sostenitore dei diritti umani, del diritto internazionale, della composizione pacifica dei conflitti? E chi mai vorrebbe, od oserebbe, opporsi a una redistribuzione della ricchezza attuata «venendo incontro ai desideri dei poveri senza scontentare in modo sensibile i ricchi» ? Nessuno presumibilmente, dal momento che almeno qui in Occidente i punti appena enumerati non fanno altro che riassumere il pensiero dominante della nostra epoca, il suo senso comune. Proprio contro questo senso comune dell’epoca che è diventata per intero la nostra, ma che egli già intravedeva, Vladimir Solov´ëv scaglia i suoi strali avvelenati scorgendone e additandone l’origine e i risvolti a suo giudizio maligni. Con il che egli viene inevitabilmente a collocarsi ai nostri occhi in una posizione che dire ambigua è dire poco, e assume i contorni di un intellettuale maneggiabile solo con estrema cautela. Perché? Perché in sostanza il pensiero, il senso comune, della nostra epoca che tanto dispiacciono a Solov´ëv non sono altro che il pensiero e il senso comune della democrazia quale oggi la intendiamo e (più o meno) la pratichiamo. Sicché la conclusione appare obbligata: Vladimir Solov´ëv è un pensatore ostile alla democrazia, e il suo Breve racconto dell’Anticristo che conclude i Tre dialoghi e dal quale sono tratti i capisaldi ideologici della nostra epoca che ho citato all’inizio è un manifesto del pensiero antidemocratico. Nel giardino di una villa dalle parti di Cannes Solov´ëv immagina che s’incontrino cinque personaggi della buona società russa un Generale, un Uomo politico, un giovane Principe, una Dama di mezz’età e un signor Z (che palesemente impersona Solov´ëv) e che essi allaccino una fitta conversazione sulle cose del mondo, che il nostro autore finge di restituirci divisa in tre parti: per l’appunto I tre dialoghi . Il Generale non solo rivendica contro il pacifismo la dignità morale del mestiere delle armi e della guerra; ma osa addirittura menare vanto della spietata vendetta che le truppe russe al suo comando fecero in una guerra contro i turchi per punirli della strage ai danni di un villaggio armeno. L’Uomo politico, invece, è il portavoce del «progresso della cultura che domina il presente». Egli sostiene che «oggigiorno il periodo storico della guerra è finito in Russia come dappertutto» (salvo forse nelle ultime contrade selvagge del pianeta), e afferma che invece di distruggere la Turchia bisogna piuttosto cercare di «incivilire i turchi con spirito di amicizia». Nel terzo dialogo la scena è occupata dal giovane Principe. In lui Solov´ëv intende ritrarre la figura del perfetto (e per lui odioso) tolstojano: e cioè l’apostolo della non resistenza al male, di un cristianesimo senza Cristo e senza la Resurrezione, ridotto a compiacimento pauperistico e a pura precettistica morale. Collocato per ultimo, il dialogo annuncia il racconto dell’Anticristo da parte del signor Z, il quale ne accenna in una battuta, anticipandone il significato: «l’Anticristo… non sarà la semplice incredulità, né la negazione del cristianesimo, né il materialismo o qualcosa di simile, ma sarà l’impostura religiosa, allorché il nome di Cristo sarà sfruttato da tutte le potenze umane che nelle azioni e nello spirito sono estranee e direttamente ostili a Cristo e al suo Spirito» . E in effetti «Un’impostura religiosa» potrebbe essere un ottimo sottotitolo per il racconto dell’Anticristo. Certamente è la formula che agli occhi di Solov´ëv meglio riassume la situazione dell’epoca presente e la condizione fatta in essa al cristianesimo. Secondo una prospettiva storica, aggiungo, che a me sembra ben più complessa e problematica di quella offerta dai vari anticristiani e/o antidemocratici contemporanei del nostro autore. La differenza sta nel fatto che Solov´ëv si accorge, o comunque esprime il fondato sospetto, che forse non è per nulla vero che il cristianesimo sia effettivamente la religione della democrazia, la sua reale base ideologica. È preso dal sospetto (o

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Dialoghi sull'uomo nell'età dell'ipocrisiadi Ernesto Galli Della Loggia

in “Corriere della Sera” del 5 marzo 2011

L’ossessione della non violenza, il solidarismo egualitario, un cristianesimo ridotto a pura istanzaetica. Sono alcuni tratti del senso comune dominante nella nostra epoca, contro cui si scagliava oltreun secolo fa il pensatore russo Vladimir Solov’ëv. La sua polemica preveggente contro l’ipocrisiadel mondo moderno ci aiuta a smascherare il pericolo totalitario che spesso si cela proprio dietro leattese migliori dell’umanità.Chi di noi non è un convinto sostenitore dei diritti umani, del diritto internazionale, dellacomposizione pacifica dei conflitti? E chi mai vorrebbe, od oserebbe, opporsi a una redistribuzionedella ricchezza attuata «venendo incontro ai desideri dei poveri senza scontentare in modo sensibilei ricchi» ? Nessuno presumibilmente, dal momento che almeno qui in Occidente i punti appenaenumerati non fanno altro che riassumere il pensiero dominante della nostra epoca, il suo senso

comune. Proprio contro questo senso comune dell’epoca che è diventata per intero la nostra, ma cheegli già intravedeva, Vladimir Solov´ëv scaglia i suoi strali avvelenati scorgendone e additandonel’origine e i risvolti a suo giudizio maligni. Con il che egli viene inevitabilmente a collocarsi ainostri occhi in una posizione che dire ambigua è dire poco, e assume i contorni di un intellettualemaneggiabile solo con estrema cautela. Perché? Perché in sostanza il pensiero, il senso comune,della nostra epoca che tanto dispiacciono a Solov´ëv non sono altro che il pensiero e il sensocomune della democrazia quale oggi la intendiamo e (più o meno) la pratichiamo. Sicché laconclusione appare obbligata: Vladimir Solov´ëv è un pensatore ostile alla democrazia, e il suoBreve racconto dell’Anticristo che conclude iTre dialoghi e dal quale sono tratti i capisaldiideologici della nostra epoca che ho citato all’inizio è un manifesto del pensiero antidemocratico.Nel giardino di una villa dalle parti di Cannes Solov´ëv immagina che s’incontrino cinque

personaggi della buona società russa un Generale, un Uomo politico, un giovane Principe, unaDama di mezz’età e un signor Z (che palesemente impersona Solov´ëv) e che essi allaccino unafitta conversazione sulle cose del mondo, che il nostro autore finge di restituirci divisa in tre parti:per l’appuntoI tre dialoghi . Il Generale non solo rivendica contro il pacifismo la dignità morale delmestiere delle armi e della guerra; ma osa addirittura menare vanto della spietata vendetta che letruppe russe al suo comando fecero in una guerra contro i turchi per punirli della strage ai danni diun villaggio armeno. L’Uomo politico, invece, è il portavoce del «progresso della cultura chedomina il presente». Egli sostiene che «oggigiorno il periodo storico della guerra è finito in Russiacome dappertutto» (salvo forse nelle ultime contrade selvagge del pianeta), e afferma che invece didistruggere la Turchia bisogna piuttosto cercare di «incivilire i turchi con spirito di amicizia». Nelterzo dialogo la scena è occupata dal giovane Principe. In lui Solov´ëv intende ritrarre la figura delperfetto (e per lui odioso) tolstojano: e cioè l’apostolo della non resistenza al male, di uncristianesimo senza Cristo e senza la Resurrezione, ridotto a compiacimento pauperistico e a puraprecettistica morale. Collocato per ultimo, il dialogo annuncia il racconto dell’Anticristo da partedel signor Z, il quale ne accenna in una battuta, anticipandone il significato: «l’Anticristo… nonsarà la semplice incredulità, né la negazione del cristianesimo, né il materialismo o qualcosa disimile, ma sarà l’impostura religiosa, allorché il nome di Cristo sarà sfruttato da tutte le potenzeumane che nelle azioni e nello spirito sono estranee e direttamente ostili a Cristo e al suo Spirito» .E in effetti«Un’impostura religiosa» potrebbe essere un ottimo sottotitolo per il raccontodell’Anticristo. Certamente è la formula che agli occhi di Solov´ëv meglio riassume la situazionedell’epoca presente e la condizione fatta in essa al cristianesimo. Secondo una prospettiva storica,aggiungo, che a me sembra ben più complessa e problematica di quella offerta dai vari anticristianie/o antidemocratici contemporanei del nostro autore. La differenza sta nel fatto che Solov´ëv siaccorge, o comunque esprime il fondato sospetto, che forse non è per nulla vero che il cristianesimosia effettivamente la religione della democrazia, la sua reale base ideologica. È preso dal sospetto (o

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forse bisognerebbe dire dalla certezza) che soprattutto non è affatto vero che la progressivadiffusione del «buonismo» democratico – mi si passi l’uso del neologismo, che però rende benel’idea – cioè la progressiva diffusione di un insieme di mode, di luoghi comuni, di atteggiamentiispirati a una sorta di convenzionale filantropismo, di obbligatorio virtuismo, è preso dalsospetto/certezza, dicevo, che tutto ciò non abbia molto a che fare con la verità della predicazioneevangelica; che anzi ne sia una subdola contraffazione. Solov´ëv, insomma, mette a fuoco una

profonda frattura realmente verificatasi nel corso dell’Ottocento. E cioè il fatto che il secolo come ormai anche a noi è chiaro, al di là di ogni contraria apparenza non ha assistito in alcunmodo al trionfo dell’irreligiosità. Ciò che è accaduto è stato sì un grande attacco alla religionetradizionale, ma proprio da tale vuoto, innanzitutto per riempirlo, sono sorte un gran numero dinuove religioni, di fedi che al posto di Dio hanno collocato altrettante divinità posticce: la nazione,la classe, lo sviluppo economico. Naturalmente in ognuna di tali religioni laiche sono rimasti trattidell’antica religione, ma in nessun’altra ciò è avvenuto come in quella che forse è stata la nuovareligione di maggior successo: vale a dire la religione dell’Umanità, l’umanitarismo. Ed è questafede atea, è l’umanitarismo, non il cristianesimo, la vera religione della democrazia. Per Solov´ëv ilrappresentante per antonomasia di questo atteggiamento è Lev Tolstoj. Non il Tolstoj romanziere,evidentemente, ma il Tolstoj divenuto con il tempo una sorta di vero e proprio papa laico, firmatarioa getto continuo di manifesti di protesta contro la guerra, contro il patriottismo, contro la violenza,contro la censura, contro la Chiesa (e anche contro il liberalismo parlamentare, per la verità: da nondimenticare); anticipatore di tutte le mode «bio» ed «eco» ; primo intellettuale e guru mediaticodella scena europea, destinato nell’ultima parte della sua vita a essere seguito costantemente daqualche obiettivo fotografico e da una corte di seguaci qualunque cosa faccia: mentre lavora i campi(per sottolineare la propria vicinanza ai contadini), o mentre si fabbrica le scarpe da solo (per mostrare la propria vocazione alla vita semplice). Insomma il Tolstoj moderno intellettualeumanitario in servizio permanente effettivo: per molti versi iniziatore o comunque antesignano, noidiremmo, del «politicamente corretto» . L’Anticristo di Solov´ëv è una sorta di Tolstoj al quadrato.Si fa avanti sullo sfondo di una planetaria globalizzazione culturale, che assomiglia al «ripetersiengrand dell’antico sincretismo alessandrino», e nel momento in cui l’Europa, appena liberatasi dalgiogo del «mongolismo» asiatico, sta organizzandosi in Unione Europea (sic). «L’uomo del futuro»,come lo chiama Solov´ëv, possiede in misura incredibile talento, gioventù, bellezza, nobiltà,disinteresse, ma pur credendo nel Bene «non ama che se stesso», ed è impegnato nel suo animo inuna torbida, furiosa, competizione con la figura di Cristo, dietro la quale si staglia l’ombra diSatana: «Sono io, io, non Lui! Lui non è tra i viventi e non lo sarà mai. Non è risorto, non è risorto,non è risorto». La sua fama prosegue il racconto si diffonde come un baleno in tutto il mondoin seguito all’enorme successo di un libro di straordinaria genialità che «mette d’accordo tutte lecontraddizioni»:La via aperta verso la pace e la prosperità universale , titolo non certo casuale per gli echi allusivi che certo Solov´ëv ha in mente. Un titolo, altresì, che compendia di fatto il suoprogramma di governo una volta che «l’uomo del futuro» il quale, apprendiamo, è «per

professione scienziato nel ramo della balistica e per posizione sociale un ricco capitalista» vieneeletto prima presidente a vita degli «Stati Uniti d’Europa», quindi «imperatore romano», per poi dar vita niente di meno che alla «monarchia universale», al dominio sull’intero pianeta. La «legauniversale della pace», il primato del diritto internazionale, il divieto della vivisezione («l’uomo delfuturo» è anche un convinto vegetariano!), una semplice e completa riforma sociale grazie allaquale «ciascuno cominciò a ricevere secondo le sue capacità e ciascuna capacità secondo i lavori e iservizi» e per finire «l’eguaglianza della sazietà generale»: a completare questa sorta di eden ilGrande Democrate aggiunge l’ultimo tassello, il requisito indispensabile di un compiuto regime dimassa: i circenses. Nella forma immagina Solov´ëv di una specie di televisione ante litteramdovuta all’«operatore di miracoli» Apollonio, capace di «captare e guidare a propria volontàl’elettricità dell’atmosfera» e così suscitare «i prodigi e le apparizioni più diverse e più

sorprendenti»: insignito perciò a buona ragione del titolo di «cancelliere imperiale e gran magouniversale». All’imperatore del mondo manca ormai solo un’ultima impresa per realizzare il suoincontrastato dominio: la conquista del potere spirituale. E cioè la cancellazione del cristianesimo. È

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a questo punto, però, che la natura diabolica dell’Anticristo è costretta a smascherarsi e la situazioneprecipita verso ilredde rationem . In un drammatico susseguirsi di colpi di scena, nel corso di unConcilio da lui appositamente convocato a Gerusalemme con il proposito di proclamarsi «unicodifensore ed unico protettore» della religione cristiana, egli arriva a un passo dal realizzare i suoiintenti. Annichiliti dai poteri diabolici suoi e di Apollonio, nel frattempo nominato addirittura Papa,i massimi rappresentanti dell’ortodossia, del cattolicesimo e del protestantesimo, dopo aver

denunciato pubblicamente la vera natura dell’Anticristo, appaiono ormai vinti e dispersi. Quandoperò avviene l’impensabile: il popolo ebreo, che peraltro «non era del tutto estraneo allapreparazione e all’affermazione dei successi universali del superuomo», e che in precedenza si eraspinto a riconoscerlo come il Messia, scoprendo la sua ennesima impostura, e cioè che egli non èneppure circonciso, si ribella. «Tutto l’ebraismo scrive Solov´ëv, manifestando il propriofilosemitismo si sollevò come un solo uomo e i suoi nemici scopersero con sorpresa che l’animadi Israele nel suo fondo non vive di calcoli e bramosie di Mammona, ma della forza di unsentimento sincero, nella speranza e il corruccio della sua eterna fede messianica». È come se eglivolesse farci capire che è lì, nel giudaismo messianico, l’inesausta riserva di quel monoteismo eticoche, trasfusosi poi nel cristianesimo, ha impregnato di sé l’anima di tutto l’Occidente. Dalla rivoltadel giudaismo, infatti, parte la riscossa che in breve condurrà alla rovina l’imperatore del mondo, ilquale insieme alle schiere del suo esercito finirà la propria avventura demoniaca inghiottito in unlago di fiamme creato dall’improvvisa comparsa di un vulcano. Il racconto termina con la visione diGerusalemme, nel cui cielo appare la figura del Redentore, mentre ebrei e cristiani, ricongiunti nellacittà santa, si accingono «a vivere con Cristo per mille anni». A questo punto il dialogo sulle rive delMediterraneo riprende anche se per poco, e noi veniamo a sapere che, guarda caso, il giovanePrincipe tolstojano ha abbandonato la riunione proprio nel punto del racconto in cui l’Anticristoveniva smascherato. È lo stesso signor Z, infine, che s’incarica di dare la spiegazione di quanto èstato narrato, ricorrendo a un banale proverbio: «Non è tutt’oro quello che luccica», e aggiungendo:«Lo splendore di un bene artefatto non ha nessuna forza». Non solo insomma la storia non contienealcuna certezza di progresso, è dominata dall’ambiguità: ma tanto più lo è quanto più essa apparevicina a realizzare le attese migliori dell’umanità. Il demoniaco moderno – ormai la lezione deltotalitarismo novecentesco ce lo ha insegnato – non è il Male in sé, bensì il Male abbigliato in altripanni, il Male travestito da Bene. Vladimir Solov´ëv è andato un passo oltre dicendoci che anchenei rassicuranti paesaggi della democrazia si aggira insidioso l’Anticristo, il compagno segreto dellenostre troppo laiche certezze.