di ALESSANDRO FANTINI - Ruminantia

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DAIRY ZOOM Chimica, biochimica e fisiologia della produzione del latte di ALESSANDRO FANTINI L ’organo più sollecitato della vacca da latte è indubbiamente il fegato e la lipi- dosi epatica (Fatty liver) è considera- ta la malattia metabolica a più alta inci- denza. Per la peculiare fisiologia dei rumi- nanti, la presenza del rumine, la vita rela- tivamente breve e un comportamento ali- mentare che, se non ingannato, evitata l’in- gestione di alimenti alterati o tossici, altre patologie epatiche sono veramente di dif- ficile riscontro. La diagnosi generica d’in- tossicazione spesso è fuorviante per tera- pia e prognosi. Il bilancio energetico nega- tivo della fase di transizione, quindi prima e dopo il parto, causa un rilascio di acidi grassi non esterificati (NEFA) dal tessuto adi- poso utilizzabili dal fegato per produrre quel- l’energia necessaria già nella fase finale della gestazione, per sostenere la produzione di colostro e il picco di produzione, oltre i già elevati fabbisogni di mantenimento. Que- sta intensa lipomobilizzazione è indotta prin- cipalmente da un calo d’insulina, bassa negli animali di alto potenziale genetico (HMG) per la sottrazione di glucosio da parte della mammella per la produzione del latte. Pato- logie occasionali di varia natura nel corso della lattazione possono, a causa di un ral- lentamento dell’ingestione, causare più o meno transitori dimagrimenti che inevita- bilmente inducono accumulo di trigliceridi (TAG) a livello epatico. La lipidosi epatica s’instaura quando viene saturata la capacità delle cellule epatiche di ossidare completamente gli acidi grassi nel ciclo di Krebs, a causa di un insufficiente disponibilità di ossalacetato o per impossi- bilità di far entrare tutti questi acidi gras- si nel mitocondrio. Questi acidi grassi in eccesso nella cellula epatica, in presenta di glicerolo, vengono nuovamente esterifica- ti in trigliceridi. Se, come vedremo, in segui- to, il meccanismo di esportazione dei tri- gliceridi dal fegato, a causa di alcuni fat- tori limitanti, non è in grado di esportare questi trigliceridi in eccesso, s’instaureran- no vari gradi di lipidosi epatica. Pertanto le bovine potranno contrarre questa malattia metabolica per eccessiva mobilizzazione di acidi grassi (dimagrimento), per una caren- za relativa dell’enzima acil-carnitin trasfe- rasi, per carenza relativa di acido ossalace- tico o per insufficiente esportazione di tri- gliceridi dal fegato. I trigliceridi possono esse- re esportati, dal fegato, con un meccanismo molto complesso, attraverso delle lipopro- teine chiamate VLDL, costituite sopratutto da apolipoproteine. I TAG esportati dal fega- to essenzialmente nelle VLDL possono essere utilizzati dalla ghiandola mammaria per la sintesi del grasso del latte. La lipido- si si stima abbia un’alta incidenza nella vacca da latte. Secondo Jorritsma addirittura del 50%, anche se è molto difficile una diagnosi di certezza, perché l’unico strumento dispo- nibile di altissima affidabilità resta la bio- psia epatica. Il fegato normale contiene sul tal quale meno dell’1% di TAG per arrivare fino al 5% nelle forme lievi, al 10% nelle forme di media gravità e oltre il 10% nelle forme gravi. La prevenzione ed il trattamento di una lipi- dosi epatica è di per sé molto costosa anche se le perdite in termini di produttività degli animali, di fertilità e longevità possono esse- re molto elevate. Nell’allevamento degli ani- mali da reddito, a differenza di quanto avvie- ne in quelli d’affezione e nella medicina umana, qualsiasi intervento terapeutico e/o profilattico deve essere inquadrato in un cor- retto rapporto costi/beneficio. Secondo Guard (1994) un caso di lipidosi epatica costa 145 dollari. Al di là di questa quan- tificazione è necessario comprendere come la lipidosi epatica impatti su alcune funzioni metaboliche importanti che sovraintendo- no la salute, la produzione e la fertilità della vacca da latte, per decidere se e di quale entità debbano essere trattamenti e pre- Quando il fegato rallenta Professione Allevatore Ottobre 2009 74 La prevenzione e la terapia della lipidosi è molto impegnativa e spesso di difficile realizzazione perché comporta investimenti nelle strutture, nelle tecniche d’alimentazione, negli alimenti e nei principi attivi.

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DAIRY ZOOMChimica, biochimica e fisiologia della produzione del latte

di ALESSANDRO FANTINI

L’organo più sollecitato della vacca dalatte è indubbiamente il fegato e la lipi-dosi epatica (Fatty liver) è considera-

ta la malattia metabolica a più alta inci-denza. Per la peculiare fisiologia dei rumi-nanti, la presenza del rumine, la vita rela-tivamente breve e un comportamento ali-mentare che, se non ingannato, evitata l’in-gestione di alimenti alterati o tossici, altrepatologie epatiche sono veramente di dif-ficile riscontro. La diagnosi generica d’in-tossicazione spesso è fuorviante per tera-pia e prognosi. Il bilancio energetico nega-tivo della fase di transizione, quindi primae dopo il parto, causa un rilascio di acidigrassi non esterificati (NEFA) dal tessuto adi-poso utilizzabili dal fegato per produrre quel-l’energia necessaria già nella fase finale dellagestazione, per sostenere la produzione dicolostro e il picco di produzione, oltre i giàelevati fabbisogni di mantenimento. Que-sta intensa lipomobilizzazione è indotta prin-cipalmente da un calo d’insulina, bassa neglianimali di alto potenziale genetico (HMG)per la sottrazione di glucosio da parte dellamammella per la produzione del latte. Pato-logie occasionali di varia natura nel corsodella lattazione possono, a causa di un ral-lentamento dell’ingestione, causare più omeno transitori dimagrimenti che inevita-bilmente inducono accumulo di trigliceridi(TAG) a livello epatico.

La lipidosi epatica s’instaura quando vienesaturata la capacità delle cellule epatichedi ossidare completamente gli acidi grassinel ciclo di Krebs, a causa di un insufficientedisponibilità di ossalacetato o per impossi-bilità di far entrare tutti questi acidi gras-si nel mitocondrio. Questi acidi grassi ineccesso nella cellula epatica, in presenta diglicerolo, vengono nuovamente esterifica-ti in trigliceridi. Se, come vedremo, in segui-to, il meccanismo di esportazione dei tri-gliceridi dal fegato, a causa di alcuni fat-tori limitanti, non è in grado di esportarequesti trigliceridi in eccesso, s’instaureran-

no vari gradi di lipidosi epatica. Pertanto lebovine potranno contrarre questa malattiametabolica per eccessiva mobilizzazione diacidi grassi (dimagrimento), per una caren-za relativa dell’enzima acil-carnitin trasfe-rasi, per carenza relativa di acido ossalace-tico o per insufficiente esportazione di tri-gliceridi dal fegato. I trigliceridi possono esse-re esportati, dal fegato, con un meccanismomolto complesso, attraverso delle lipopro-teine chiamate VLDL, costituite sopratuttoda apolipoproteine. I TAG esportati dal fega-to essenzialmente nelle VLDL possonoessere utilizzati dalla ghiandola mammariaper la sintesi del grasso del latte. La lipido-si si stima abbia un’alta incidenza nella vaccada latte. Secondo Jorritsma addirittura del50%, anche se è molto difficile una diagnosidi certezza, perché l’unico strumento dispo-nibile di altissima affidabilità resta la bio-psia epatica. Il fegato normale contiene sultal quale meno dell’1% di TAG per arrivare

fino al 5% nelle forme lievi, al 10% nelleforme di media gravità e oltre il 10% nelleforme gravi.

La prevenzione ed il trattamento di una lipi-dosi epatica è di per sé molto costosa anchese le perdite in termini di produttività deglianimali, di fertilità e longevità possono esse-re molto elevate. Nell’allevamento degli ani-mali da reddito, a differenza di quanto avvie-ne in quelli d’affezione e nella medicinaumana, qualsiasi intervento terapeutico e/oprofilattico deve essere inquadrato in un cor-retto rapporto costi/beneficio. SecondoGuard (1994) un caso di lipidosi epaticacosta 145 dollari. Al di là di questa quan-tificazione è necessario comprendere comela lipidosi epatica impatti su alcune funzionimetaboliche importanti che sovraintendo-no la salute, la produzione e la fertilità dellavacca da latte, per decidere se e di qualeentità debbano essere trattamenti e pre-

Quando il fegato rallenta

Professione Allevatore Ottobre 200974

▼ La prevenzione e la terapia della lipidosi è molto impegnativa e spesso di difficile realizzazione perchécomporta investimenti nelle strutture, nelle tecniche d’alimentazione, negli alimenti e nei principi attivi.

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venzione. Dalle alterazioni di alcune funzioniepatiche e dall’alterazione di alcuni meta-boliti è facile risalire ai danni che una scar-sa funzionalità del fegato può avere sul-l’organismo e dare un valore alla preven-zione ed alla terapia. Le infiltrazioni pato-logiche di TAG nella cellula epatica provo-cano delle alterazioni nella sua funziona-lità in proporzione della quantità accumu-lata. C’è comunque da dire che quando acausa del NEBAL post-partum o durantepatologie occasionali, che alterano la capa-cità d’ingestione, si liberano nel sangue gran-di quantitativi di NEFA che invadono anchele cellule di altri organi e non solo del fega-to. Possiamo trovare eccessive quantità dilipidi accumulati nelle ghiandole surrenali,nei reni, nel cuore, nei muscoli e nelle cel-lule pancreatiche come le isole di Lan-gerhans, dove viene prodotta l’insulina. Nelfegato possiamo trovare cisti di grasso,aumento di volume degli epatociti, danni dacompressione dei mitocondri e del nucleo.Nel plasma si riscontreranno un aumentodi enzimi epatici e costituenti biliari. Comeenzimi l’aumento più significativo c’è a cari-co della glutammato-deidrogenasi (GD) maanche della yGT, GOT-AST e in misura menoevidente degli altri. Per difficoltà meccani-che legate allo smaltimento della bileaumenterà la concentrazione ematica di bili-rubina, acidi biliari e acido colico. Moltoimportante per il legame con lo stress ossi-dativo è la riduzione dell’alfa-tocoferolo cir-colante in un momento in cui le cellule epa-tiche e non solo, aumentano il rischio distress ossidativo. Nella lipidosi epatica siriscontra una significativa riduzione nell’e-patocita di precursori energetici come i citra-ti ed il glicogeno ed un incremento di NEFA,BHBA e acetoacetato. La riduzione delle apo-proteine B, della protein-chinasi C e dellacarnitina palmitoil-tranferasi determinaun’ulteriore riduzione della beta ossidazio-ne e della chetogenesi. Nella vacca con lipi-dosi, anche di lieve entità, si ha una mar-cata riduzione della sintesi degli esteri delcolesterolo, importanti precursori della sin-tesi degli ormoni steroidei come gli estro-geni ed il progesterone. Un epatocita alterato dalla lipidosi eserci-terà una ridotta gluconeogenesi, di cleran-ce dell’insulina e delle endossine. Una ridu-zione della gluconeogenesi,ossia la possibilitàdi sintetizzare glucosio dagli AGV rumina-

li e dalle proteine, aggraverà ulteriormen-te la situazione in un momento in cui i fab-bisogni di glucosio sono molto elevati.

Tra lipidosi epatica e NEBAL esiste unastretta reciprocità. Il NEBAL causa la lipi-dosi e la lipidosi aggrava il NEBAL, in uncircolo vizioso. La riduzione anche marca-ta della sintesi dell’urea comporta un innal-zamento pericoloso dell’ammoniaca. Tipi-co è il riscontro di concentrazioni “incoe-renti” di urea nel sangue o nel latte e larazione alimentare e lo stadio fisiologicodella bovina. Un’alterazione nel meccani-smo di sintesi dell’urea comporta perico-losi innalzamenti di ammoniaca di deri-vazione ruminale o dal metabolismo degliaminoacidi. Per questa ragione la deter-minazione dell’azoto ureico e dell’ureaematica individuale è entrata nella dia-gnostica di funzionalità epatica dellabovina. Infiltrazioni adipose del pancreashanno ripercussioni negative sulla sintesidell’insulina e del glucagone. Molto graveè la riduzione della sintesi epatica di IGF-1 ormone secreto dal fegato sotto la sti-molazione del GH e dell’insulina. Tale ormo-ne è un importante fattore di crescita fol-licolare essendo presenti recettori sulle cel-lule della granulosa. L’IGF-1 amplifica larisposta dei recettori follicolari all’LH e sti-mola la capacità di produrre gli estrogenied il progesterone da parte delle celluledella granulosa follicolare. Una bovina conlipidosi epatica vede aumentare l’interparto,la prima ovulazione, il tasso di gravidan-za e soprattutto la ripresa dell’attività ova-rica dopo il parto. Pertanto la riduzione delleperformance riproduttive è legata a un’al-terazione della sintesi e del metabolismodei principali ormoni sessuali, a una ridot-ta disponibilità energetica per l’alterazio-ne della gluconeogenesi e all’inefficientemeccanismo di detossificazione epatica del-l’ammoniaca e delle altre tossine. Moltoimportante è l’effetto negativo che la lipi-dosi epatica ha con l’efficienza del siste-ma immunitario. È stato evidenziato ormaida numerose ricerche come questa pato-logia sia in grado di condizionare l’insor-genza, la durata e l’esito di molte malat-tie a sfondo infettivo come ad esempio lamastite e le metrite.

Molti aspetti delle risposte immunitarie ven-

gono soppressi durante la lipidosi epaticaanche di lieve entità. Riducendosi la cito-tossicità, per una minore produzione di mole-cole ossigeno reattive, viene alterata la capa-cità e l’efficacia della fagocitosi da parte deimacrofagi e dei neutrofili, elementi cellu-lari fondamentali dell’immunità innata(cellulo-mediata) della vacca da latte. Si èdescritta anche una riduzione della produ-zione delle immunoglobuline e di interfe-ron da parte dei leucociti e della loro pre-senza. Nella lipidosi epatica è alterata lacapacità della cellula epatica di sintetizza-re e degradare le proteine della fase acuta.È stato dimostrato sperimentalmente che siai NEFA che il BHBA possono ridurre le rispo-ste immunitarie e come l’IGF-1 possa, seadeguatamente prodotto, stimolare l’atti-vità dei neutrofili. Di converso è statocomunque dimostrato come un accumulodi proteine della fase acuta possa esacer-bare o addirittura causare la lipidosi epati-ca per l’effetto che hanno sulle apolipo-proteine.

In conclusione: la prevenzione e la terapiadella lipidosi è molto impegnativa e spes-so di difficile realizzazione perché comportainvestimenti nelle strutture, nelle tecniched’alimentazione, negli alimenti e nei prin-cipi attivi. L’affinamento della capacità dia-gnostica e la conoscenza dei danni direttied indiretti che la lipidosi epatica ha sul-l’allevamento della vacca da latte permet-te agli zootecnici, agli allevatori ed ai vete-rinari di programmare i giusti investimen-ti. È necessario inoltre conoscere bene i prin-cipi attivi e soprattutto i dosaggi necessa-ri e per un adeguata terapia e profilassi.Qualora si scelga di agire, ad integrazionedella messa a punto di tecniche alimenta-rie e di allevamento più idonee, con addi-tivi o più genericamente con principi atti-vi è importante non dimenticare che amonte di una vacca da latte esiste un rumi-ne che spesso “distrugge” molti di questiprincipi attivi se non adeguatamente pro-tetti e che la bovina ha un peso corporeosicuramente superiore a molti monogastrici.I numerosi fallimenti terapeutici e profilatticiche spesso si osservano, possono esserelegati esclusivamente a errori di dosaggioo per l’uso di principi attivi non idonei o nonadeguatamente protetti dalle fermentazioniruminali. ■

Professione Allevatore Ottobre 200975