di ALESSANDRO FANTINI Il ricircolo dell’urea - …2016-5-19 · rito venga trasformato in urea....

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DAIRY ZOOM Chimica, biochimica e fisiologia della produzione del latte di ALESSANDRO FANTINI L ’alimentazione della vacca da latte, come del resto di tutti i ruminanti, differisce sostanzialmente da quel- la dei monogastrici. In questo ultimo rag- gruppamento di specie animali l’apporto di nutrienti con la dieta è diretto, ossia ogni classe di principi alimentari appor- tati vengono assimilati tal quale, per lo più nelle loro forme chimiche più ele- mentari. Ad esempio. Le proteine ali- mentari vengono scomposte nei loro costi- tuenti più semplici, gli aminoacidi, ad opera degli enzimi digestivi, ed assorbiti a livello intestinale. Stesso si può dire per i carboidrati e i lipidi. Nei ruminanti per la presenza dei prestomaci e in partico- lar modo del rumine, le cose sono sostan- zialmente diverse. Essi in realtà si nutro- no della biomassa microbica prodotta dal rumine, degli acidi grassi volatili da essa prodotta e dei carboidrati, proteine, gras- si e minerali che riescono a superare indenni le fermentazioni ruminali. Il con- tributo del rumine al soddisfacimento dei fabbisogni nutritivi della vacca da latte è molto importante. Relativamente alla produzione d’energia (che altro non è che glucosio) l’acido propionico, acido gras- so volatile prodotto dalla flora ruminale che fermenta gli amidi, copre per oltre il 70% questo fabbisogno. La biomassa microbica ruminale contribuisce, per bovine di medio-alta produzione, per oltre il 60% alla disponibilità di proteina metabolizzabile intestinale. Vista la pre- messa risulta molto importante, sia per ragioni tecniche, ma soprattutto econo- miche, che il nutrizionista stimoli al mas- simo la crescita della flora microbica ruminale e la sua capacità di fermenta- re fonti “povere” di carboidrati come la fibra o NDF. Nel rumine esistono molte specie di bat- teri e protozoi, in un delicato equilibrio, condizionato dal tipo di nutrienti disponibili. Prevarranno i batteri che sono in grado di fermentare la fibra se nella razione abbonderà questa classe d’ali- menti. Di converso cresceranno di più i batteri che fermentano gli amidi se que- sta classe di nutrienti abbonderà. A con- dizionare il rapporto tra batteri amilo- litici/cellulosolitici interviene anche il tipo di proteine apportate con la razione alimentare. La flora cellulosoli- tica necessita essenzialmente di azoto in forma semplice, mentre i batteri amilo- litici necessitano di proteine vere, ossia di sequenze più o meno complesse di ami- noacidi. Molta della proteina apportata con la razione alimentare viene fermen- tata e da ciò vengono liberate grandi quantità di azoto in forma ammonia- cale non immediatamente utilizzabile dalla biomassa microbica ruminale. Pur- troppo la bovina da latte è meno effi- ciente dei monogastrici nella conversio- ne dell’azoto alimentare in produzioni, ossia in latte. In condizioni ideali la bovi- na riesce a convertire in proteina del latte il 30% dell’azoto ingerito, a differenza dei monogastrici nei quali questa trasfor- mazione in carne può facilmente rag- giungere il 50%. Il surplus d’azoto rumi- nale è prevalentemente sotto forma d’ammoniaca, molecola estremamente tossica per la bovina. Attraverso le pare- ti ruminali e il sangue portale, l’ammo- niaca viene trasformata nel fegato in urea, molecola molto meno tossica e peri- colosa. Parte di questa urea viene elimi- nata nel latte e nelle urine, ma una rile- vante quantità viene riportata nel rumi- ne, per un suo utilizzo, attraverso la sali- va. Si stima che il 50-70% dell’azoto inge- Il ricircolo dell’urea Professione Allevatore Dicembre 2009 56 Per ragioni economiche legate al costo di produzione del latte, si ha la massima efficienza nutrizionale ed economica quando nella razione giornaliera ci sono meno concentrati possibile e quando i foraggi della razione vengono fermentati nella maniera più efficiente.

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DAIRY ZOOMChimica, biochimica e fisiologia della produzione del latte

di ALESSANDRO FANTINI

L’alimentazione della vacca da latte,come del resto di tutti i ruminanti,differisce sostanzialmente da quel-

la dei monogastrici. In questo ultimo rag-gruppamento di specie animali l’apportodi nutrienti con la dieta è diretto, ossiaogni classe di principi alimentari appor-tati vengono assimilati tal quale, per lopiù nelle loro forme chimiche più ele-mentari. Ad esempio. Le proteine ali-mentari vengono scomposte nei loro costi-tuenti più semplici, gli aminoacidi, adopera degli enzimi digestivi, ed assorbitia livello intestinale. Stesso si può dire peri carboidrati e i lipidi. Nei ruminanti perla presenza dei prestomaci e in partico-lar modo del rumine, le cose sono sostan-zialmente diverse. Essi in realtà si nutro-no della biomassa microbica prodotta dalrumine, degli acidi grassi volatili da essaprodotta e dei carboidrati, proteine, gras-si e minerali che riescono a superareindenni le fermentazioni ruminali. Il con-tributo del rumine al soddisfacimento deifabbisogni nutritivi della vacca da latteè molto importante. Relativamente allaproduzione d’energia (che altro non è cheglucosio) l’acido propionico, acido gras-so volatile prodotto dalla flora ruminaleche fermenta gli amidi, copre per oltre il70% questo fabbisogno. La biomassamicrobica ruminale contribuisce, perbovine di medio-alta produzione, per oltreil 60% alla disponibilità di proteinametabolizzabile intestinale. Vista la pre-messa risulta molto importante, sia perragioni tecniche, ma soprattutto econo-miche, che il nutrizionista stimoli al mas-simo la crescita della flora microbicaruminale e la sua capacità di fermenta-re fonti “povere” di carboidrati come lafibra o NDF.

Nel rumine esistono molte specie di bat-teri e protozoi, in un delicato equilibrio,condizionato dal tipo di nutrientidisponibili. Prevarranno i batteri che sonoin grado di fermentare la fibra se nella

razione abbonderà questa classe d’ali-menti. Di converso cresceranno di più ibatteri che fermentano gli amidi se que-sta classe di nutrienti abbonderà. A con-dizionare il rapporto tra batteri amilo-litici/cellulosolitici interviene anche iltipo di proteine apportate con larazione alimentare. La flora cellulosoli-tica necessita essenzialmente di azoto informa semplice, mentre i batteri amilo-litici necessitano di proteine vere, ossiadi sequenze più o meno complesse di ami-noacidi. Molta della proteina apportatacon la razione alimentare viene fermen-tata e da ciò vengono liberate grandiquantità di azoto in forma ammonia-cale non immediatamente utilizzabiledalla biomassa microbica ruminale. Pur-troppo la bovina da latte è meno effi-

ciente dei monogastrici nella conversio-ne dell’azoto alimentare in produzioni,ossia in latte. In condizioni ideali la bovi-na riesce a convertire in proteina del latteil 30% dell’azoto ingerito, a differenza deimonogastrici nei quali questa trasfor-mazione in carne può facilmente rag-giungere il 50%. Il surplus d’azoto rumi-nale è prevalentemente sotto formad’ammoniaca, molecola estremamentetossica per la bovina. Attraverso le pare-ti ruminali e il sangue portale, l’ammo-niaca viene trasformata nel fegato inurea, molecola molto meno tossica e peri-colosa. Parte di questa urea viene elimi-nata nel latte e nelle urine, ma una rile-vante quantità viene riportata nel rumi-ne, per un suo utilizzo, attraverso la sali-va. Si stima che il 50-70% dell’azoto inge-

Il ricircolo dell’urea

Professione Allevatore Dicembre 200956

▼ Per ragioni economiche legate al costo di produzione del latte, si ha la massima efficienza nutrizionale edeconomica quando nella razione giornaliera ci sono meno concentrati possibile e quando i foraggi dellarazione vengono fermentati nella maniera più efficiente.

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rito venga trasformato in urea. La pro-porzione di azoto ingerito che ritornanel rumine come azoto ureico è del 30-45%.

A titolo d’esempio per una bovina a cuiè somministrata una razione al 16.5% diproteina della sostanza secca, essa inge-risce circa 3700 grammi di proteina grez-za al giorno e ciò corrisponde all’incircaa 600 grammi di azoto. Di questa quan-tità, circa 350 grammi vengono trasfor-mati dal fegato in urea. Si stima che diquesta quantità ben 220 grammi torni-no nel rumine come azoto ureico a dispo-sizione della flora microbica essenzial-mente cellulosolitica. In generale si puòaffermare che l’azoto ureico riciclatocontribuisce per il 37.5% dell’azoto bat-terico ruminale. È bene comunque ricor-dare che una parte dell’azoto non proteicoconvertito nel fegato in urea deriva dalcatabolismo di quegli aminoacidi uti-lizzati, nella gluconeogenesi, per pro-durre glucosio. Questi aminoacidi possonoderivare dall’apporto alimentare, ma pre-valentemente, nella fase di NEBAL, dalleriserve corporee di proteine labili.

Il ciclo dell’azoto riciclato è un mecca-nismo peculiare dei ruminanti e rappre-senta un adattamento evolutivo aimomenti di carenza proteica alimenta-re che potevano e possono mettere arepentaglio la sopravvivenza della bio-massa ruminale. Questo meccanismo fudescritto per la prima volta da McDonalds nel 1948. Questo adattamentoevolutivo può consentire a un ovino diresistere, ossia mantenere una minimaattività ruminale, per tre mesi, con dieteprive di proteine. Il riciclo dell’azoto, per-tanto, altro non è che un sistema ditesaurizzazione dell’azoto non proteico,accanto agli altri sistemi di riserva, comeil tessuto adiposo, le proteine labili, l’ap-parato scheletrico e il glicogeno epati-co, solo per citare i principali. Il 50-80%dell’azoto microbico ruminale puòderivare dall’azoto ammoniacale e il 26-77% dell’azoto ureico deriva dal rumi-ne. La concentrazione d’urea salivare puòrappresentare il 60% di quella plasma-tica. Nelle condizioni moderne d’alleva-mento l’apporto alimentare di proteine

è costante nel corso dell’anno, ma nellafase del ciclo produttivo, corrisponden-te al primo terzo di lattazione, i fabbi-sogni proteici sono molto elevati. La sele-zione genetica della vacca da latte è indi-rizzata da un lato ad aumentare la pro-duzione di latte e, dall’altro, ad aumen-tare la concentrazione proteica. Bastipensare che nel 2008, nei mesi autun-nali ed invernali, la percentuale della pro-teina del latte della Frisona italiana èstata superiore ai 34 grammi/litro di latte.Se moltiplichiamo questa quantità per laproduzione media italiana della Frisona,che è di circa 30 kg di latte, si eviden-zia come la bovina produca al giornoben 1020 grammi di proteina, di cuilarga parte è caseina. Se poi consideria-mo quanta caseina venga prodotta dauna bovina al picco produttivo, periodocoincidente con un’auspicabile ripresadell’attività riproduttiva, molti deglieffetti di un’alimentazione carente diproteina possono essere facilmente spie-gati.

Tornando alle più complessive conside-razioni sull’alimentazione della vacca dalatte, non va dimenticato che, per ragio-ni economiche legate al costo di produ-zione del latte, si ha la massima effi-cienza nutrizionale ed economica quan-do nella razione giornaliera ci sono menoconcentrati possibile e quando i forag-gi della razione vengono fermentati nellamaniera più efficiente. Nel fare unpiano alimentare, utilizzando il CNCPSo meno, si tende ad utilizzare, per ragio-ni economiche, meno proteina grezzapossibile, cercando di elevare almeno al4.8% la concentrazione di proteinasolubile, nutrient fondamentale perincrementare il tasso di crescita dellaflora batterica cellulosolitica. Per far que-sto si ricorre a materie prime particola-ri come la semola glutinata di mais, ilfavino, il pisello proteico, il fieno di medi-ca e l’urea. Nel CNCPS, tra i nutrientdescrittivi degli alimenti, esiste addirit-tura la distinzione in proteina solubile eNPN (azoto non proteico) raggruppatecomunque nella frazione A delle protei-ne. Utilizzando questo strumento sivede molto chiaramente che aumen-tando progressivamente l’inclusione

nella dieta di proteina solubile (com-prendente l’azoto non proteico) aumen-ta il tasso di crescita dei batteri rumi-nali. Da razioni ben equilibrate o meglio,dalla materia organica apportata, si pos-sono sviluppare 40 grammi di azoto bat-terico per chilo di essa. A questo tassodi crescita si possono pertanto “coprire”il 65% dei fabbisogni proteici di unabovina di medio-alta produzione. Dietesquilibrate possono veder ridurre a 20grammi l’azoto batterico che si svilup-pa da un chilo di materia organica. Inquest’ultima situazione la biomassa bat-terica ruminale potrà provvedere a unacopertura del fabbisogno proteico gior-naliero di solo il 33%. Nella ricerca dellamigliore soluzione nutrizionale, intesacome corretto equilibrio tra costi edefficienza, l’uso della proteina solubile,comprendendo in essa anche l’azoto nonproteico, rappresenta un’ottima scelta.Tra le fonti utilizzabili merita una certaattenzione l’urea. Innanzitutto è un alimento, o meglio unamolecola, normalmente presente nel rumi-ne in grande quantità e, particolare non tra-scurabile, il suo costo è accettabile. L’ag-giunta d’urea nell’alimentazione dellavacca da latte è prassi consigliabile qua-lora si voglia aumentare la quantità d’a-zoto ureico presente nel rumine, la per-centuale di proteina solubile e conse-guentemente la digeribilità dell’interarazione, soprattutto nella sua componen-te fibrosa. Se si considera che è di 200grammi la quantità di azoto ureico riciclato,ciò corrisponde a circa 400 grammi diquantità di urea che arriva, con la saliva,nel rumine della vacca da latte. Si usa incre-mentare del 5-10% l’apporto d’urea fisio-logicamente prodotta dalla bovina, allostesso modo con cui si gestisce l’apportodel bicarbonato di sodio. Altro aspetto daconsiderare nel rapporto costi beneficio èche 10 grammi d’urea apportano un equi-valente proteico di 28.1 grammi. In con-siderazione del fatto che in passato si uti-lizzava l’urea come fonte proteica alter-nativa a basso costo, la legislazione euro-pea, qualora s’intenda utilizzarla nei man-gimi, impone una sua dichiarazione quan-titativa. Tale precauzione fu ispirata nontanto per ragioni di sicurezza alimentarequanto per scoraggiare truffe. ■

Professione Allevatore Dicembre 200957

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