Design Thinking

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Come favorire l'innovazione in aziende e PA attraverso il pensiero creativo

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Come favorire l'innovazione in

aziende e PA attraverso il

pensiero creativo

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SOMMARIO

CAP.1 CHE COS'E' IL DESIGN THINKING......................................................

1.1. Un breve ripasso storico-filosofico sul Design Thinking...........

pag.2

pag.3

CAP.2 RISOLVERE PROBLEMI E GENERARE UTILE: I VANTAGGI DEL DT....

2.1. I principali campi di applicazione del metodo..........................

2.2. Perché conviene utilizzare il Design Thinking?.........................

pag.6

pag.7 pag.7

CAP.3 COME FUNZIONA IL METODO.........................................................

3.1. Le fasi del processo creativo.....................................................

pag.9

pag.10

CAP.4 SOFTWARE DEVELOPMENT: L'APPLICAZIONE DEL DT.................... pag.12

CAP.5 LA NUOVA FRONTIERA DEL BUSINESS OF APPLICATION................

pag.14

CREDITS…………………………………………………………………………………………………….. pag.16

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1. Che cos'è il Design Thinking?

Il Design Thinking è un modello manageriale di gestione aziendale, nato a Stanford (in California)

intorno agli anni 2000, particolarmente adatto a trattare problemi complessi dall'esito incerto,

che potranno essere analizzati e risolti grazie alla visione creativa e fuori dagli schemi tipica del

design. È stato Rolf Faste, professore della Facoltà d'Ingegneria della Stanford University a

coniare, negli anni '80, il termine "Design Thinking" ma la sua adozione per scopi manageriali va

attribuita a David Kelley (Professore alla Stanford University e fondatore dell'azienda di Design

IDEO).

A partire dagli Stati Uniti, il Design Thinking si è diffuso rapidamente in Canada, Asia e Australia.

Negli ultimi anni è presente anche in Europa: dapprima in Germania, Regno Unito e Olanda, oggi

anche in Italia, Spagna e Francia. Lontano dall'essere una formula dogmatica, il modello è stato

utilizzato con successo da aziende innovative come IDEO e Intuit, i quali hanno fornito attività di

consulenza a multinazionali del calibro di Shimano, British Airways, Microsoft e a queste deve la

sua popolarità.

Figura 1. Che cos'è il Design Thinking? (Fonte: businessdesignassociation.com)

Quel che differenzia il Design Thinking dal solito processo creativo (caratterizzato dalla schema:

Problema -> Idea -> Soluzione) è l'atteggiamento stesso verso la fase di progettazione e di

creazione. L'attenzione viene focalizzata sulla parola "thinking" e quindi sul fatto che alla base di

ogni progetto ci sia il tentativo di rispondere ad una necessità umana. Il Design Thinking è quindi

un processo incentrato sulla persona (da qui il concetto di "human-centered" che spiegheremo più

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avanti), sui suoi bisogni e sulle soluzioni che vengono ideate. È l'utente che, attraverso

osservazioni e ricerche da parte del designer, decide se un prodotto debba esistere oppure no.

Il metodo non solo favorisce una maggior "democratizzazione" dell'innovazione all'interno

dell'organigramma aziendale, stimolando la partecipazione dei singoli al raggiungimento dello

scopo prefissato, ma riduce sensibilmente anche i rischi associati all'innovazione.

In questo tipo di processo creativo non ci sono giudizi e questo fa si che venga eliminata la paura

di fallire, aumentando di conseguenza gli input e la partecipazione. Le idee spontanee sono le

benvenute, perché sono quelle che poi conducono alle soluzioni più creative. Chiunque è un

designer e il Design Thinking è un modo per applicare le metodologie del design alla vita di tutti i

giorni.

Attraverso l'adozione di questo modello, i manager ampliano la gamma di risorse culturali e

metodologiche a loro disposizione, favorendo la possibilità di analizzare i problemi anche con la

visione creativa, tipica del design strategico e introducendo preziosi strumenti di verifica delle

soluzioni, prima che siano implementate.

1.1. Un breve ripasso storico-filosofico sul Design Thinking

Il Design Thinking rappresenta il punto di arrivo di un processo di definizione di metodologie di

design che ha coinvolto diversi campi di applicazione come: la progettazione software, il design di

prodotto, l'architettura, l'urbanistica e la pianificazione. La sua origine può essere in qualche modo

collegata alla nascita del "partecipatory design" (anche noto come "design partecipativo",

"cooperative design" o "scandinavian approach").

Il movimento del design partecipativo, nato nei paesi scandinavi a partire dagli anni '60, si

sviluppa in un contesto caratterizzato dal crescente tentativo di democratizzazione dei processi

industriali mirato ad aumentare l'influenza dei lavoratori nei processi decisionali e a migliorare le

condizioni nel posto di lavoro. L'etica del design partecipativo puntava quindi al coinvolgimento di

tutte le figure interessate da un progetto, i cosiddetti stakeholders, nella creazione di uno

strumento o prodotto, al fine di migliorarne l'usabilità.

La nozione di "usercentered design", introdotta nella seconda metà degli anni '80 dal

teorico Donald Norman, rappresenta il tentativo di rendere centrale il ruolo dell'utilizzatore

all'interno del processo di creazione di prodotti, sganciandolo in questo modo dal ruolo di "cavia"

che gli era stato conferito nei primi anni di coinvolgimento nello sviluppo software. L'attenzione si

sposta quindi nella direzione dei bisogni e dei desideri dell'utilizzatore e verso l'esperienza a tutto

tondo nell'interagire con il prodotto.

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A partire dallo stesso periodo storico, la riflessione sulle metodologie di design ha spinto

diversi teorici come Nigel Cross, Richard Buchanan e Donald Schon ad interrogarsi sulla natura

della creatività e a concepire il design come una sorta di "disciplina ponte" in grado di affrontare i

cosiddetti "wicked problems", ossia dei problemi di difficile definizione e risoluzione che possono

beneficiare di strumenti di pensiero basati su: empatia, intuizione e messa in pratica. Il design

viene quindi a configurarsi sempre più come un metodo che permette sia l'integrazione di diverse

discipline che l'alternarsi tra teoria e pratica, utile in contesti riguardanti: la comunicazione visiva,

il design di oggetti, la progettazione di attività e l'ideazione di sistemi organizzativi complessi.

Figura 2. Il Design Thinking secondo la visione di Tim Brown (Fonte: imagethink.net)

Il concetto di "human centered design" formulato successivamente da William Rouse, si integra

perfettamente con tutte queste considerazioni e propone una visione del design con forti

connotazioni antropologiche, secondo un approccio in grado di affrontare i grandi e difficili

problemi dell'umanità, collocando l'utente nel più ampio contesto sociale e tenendo in

considerazione lo sviluppo delle aspirazioni e le abilità umane.

Questa prospettiva olistica rappresenta la base della nozione di "service design" proposta da Lucy

Kimbell, non più orientata solo all'esperienza dell'utente finale ma focalizzata anche alla

valutazione di tutti i punti di contatto dell'utente con un servizio e volta al coinvolgimento di tutti

gli attori interessati nella sua erogazione. Il service design considera una precisa sequenza di

momenti: l'instante in cui l'utente viene a contatto con il prodotto (partendo dal momento in cui

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ne scopre l'esistenza) quello dell'acquisto, il rapporto con gli addetti all'assistenza fino alla

conclusione del ciclo di vita del prodotto. Tutto questo utilizzando un approccio multidisciplinare e

focalizzato sulla sostenibilità del servizio.

Lontana dall'essere una formula dogmatica, il concetto di Design Thinking, diffuso da David Kelley

e Tim Brown della IDEO, tenta di riassumere tutte queste riflessioni proponendo un framework

metodologico flessibile in grado di incorporare le varie metodologie di design sviluppate nel corso

di questi anni e di metterle a disposizione di tutti per un'innovazione sociale utile e sostenibile,

combinando bisogni dell'utente, empatia, creatività, prototipazione e testing. Oggi questo metodo

viene utilizzato per numerose attività, quali: Business and Organizational Design, Financial

Services, Education e Medical Products Development.

Parafrasando una celebre frase di Henry Ford: "C'è vera innovazione se questa è sostenibile

nel tempo".

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2. Risolvere problemi e generare utile: i vantaggi del

Design Thinking

Tra i tanti vantaggi del Design Thinking, uno dei più importanti è senza dubbio quello di fornire

all'imprenditore/manager una risorsa fondamentale per poter prendere decisioni cruciali, relative

a strategia economiche e all'organizzazione aziendale, abbattendo drasticamente i rischi ad essi

collegati.

I vari processi e strumenti di generazione delle idee si ispirano a quelli adottati dai designer per lo

sviluppo creativo. L'obiettivo del metodo è quello di identificare una soluzione innovativa a un

problema che soddisfi tre criteri fondamentali:

gradimento da parte degli attori coinvolti (personale, clienti. etc.);

fattibilità della soluzione (tecnica e organizzativa);

redditività (sostenibilità economica) della stessa.

Il Design Thinking è un metodo "user-centrico", ossia che si focalizza sul cliente per generare il

valore e trasferirlo poi all'offerta. Tutto il lavoro viene fatto a livello di team: si individua un

gruppo interfunzionale che comprende tutte le persone coinvolte nel processo di creazione del

valore, indipendentemente dal fatto che si trattino di manager o di operai, fornitori o consulenti.

L'organizzazione è di tipo "team di progetto" e viene attivata quando è necessario sotto la guida di

un project leader. Ciascuno è chiamato a contribuire attraverso le proprie idee e i propri

suggerimenti, cercando alla fine di generare intuizioni creative e fuori dagli schemi. Nessuna idea,

anche quella all'apparenza più assurda, viene scartata a priori.

Figura 3. Team di progetto all'opera coordinato dal project leader (Fonte: usertesting.com)

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La diversità all'interno del design team è fondamentale: questo perché coinvolge persone con

background culturali differenti e permette così di affrontare il progetto attraverso molteplici punti

di vista, sensibilità e abilità di ciascuno. Nel processo di generazione delle idee, il team vaglia le

singole criticità e affronta i problemi non come ostacoli ma come nuove opportunità. Inoltre,

effettua verifiche rigorose in modo da testare l'efficacia della soluzione e la sua fattibilità

economica, prima dell'introduzione sul mercato. Al fine di migliorare la visualizzazione delle idee,

stimolare la creatività e l'allineamento del singolo all'obiettivo del team, il Design Thinking utilizza

varie tecniche, come: brainstorming, schizzi, mappe concettuali e post-it.

Questo modello di management è in grado di adattarsi alle esigenze delle organizzazioni di

qualsiasi dimensione, dalle PMI fino ad arrivare alle multinazionali, con esempi famosi come: Coca

Cola, Philips, Vodafone, Auchan, TomTom, Apple e Allianz.

2.1 I principali campi di applicazione del metodo

Esistono alcuni ambiti in cui il Design Thinking risulta particolarmente efficace. I più importanti

sono:

1. Definizione della strategia aziendale di medio/lungo termine.

2. Ideazione e lancio di nuovi prodotti, servizi o processi.

3. Progetti di organizzazione e riorganizzazione aziendale.

4. Progetti di acquisizione o spin-off societari.

5. Avvio di startup.

6. Gestione del ciclo delle risorse umane.

2.2 Perché conviene utilizzare il Design Thinking?

Elenchiamo di seguito alcuni dei principali vantaggi del Design Thinking:

1. Migliora la capacità decisionale e la qualità delle decisioni prese.

Il Design Thinking fornisce all'imprenditore/manager un aiuto fondamentale nel prendere le

decisioni importanti per la vita dell'azienda, abbattendo drasticamente i rischi. Amplia infatti

la gamma di risorse culturali e metodologiche a disposizione, favorendo la possibilità di

analizzare i problemi anche con la visione creativa tipica del design strategico, introducendo

preziosi strumenti di verifica delle soluzioni, prima che vengano implementate.

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2. Favorisce l'innovazione pervasiva.

Il Design Thinking è uno degli strumenti più diffusi al mondo in grado di creare innovazione,

merito della reale efficacia di cui ha dato prova in svariati anni di applicazione pratica.

3. Riduce i costi e ottimizza i processi aziendali.

Applicare il Design Thinking semplifica molto l'individuazione e la correzione delle

disfunzionalità interne, siano esse di tipo organizzativo o legate ai processi. Inoltre il metodo

può essere applicato anche in chiave inter-aziendale per migliorare organizzazione e processi

anche tra partner (es. fornitori e clienti) portando benefici evidenti a tutte le parti.

4. Favorisce la creazione di un ambiente organizzativo positivo e proattivo.

5. Stimola l'emersione spontanea delle leadership naturali e l'empowerment dei singoli.

6. Eccezionale per il team building e lo sviluppo di sentimenti di affezione e lealtà verso

l'organizzazione.

Figura 4. Una possibile implementazione del Design Thinking (Fonte: sandersonstewart.com)

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3. Come funziona il metodo

L'obiettivo del Design Thinking è quello di identificare delle soluzioni innovative ad uno specifico

problema, anche complesso. Tutte le proposte che si generano con l'applicazione della

metodologia devono soddisfare tre criteri fondamentali:

1. Desiderabilità da parte del mercato o degli attori interni all'azienda.

2. Fattibilità tecnologica, tecnica e organizzativa.

3. Redditività o sostenibilità economica.

Si arriva al risultato seguendo un preciso percorso caratterizzato da 5 fasi:

1. Identificazione del problema e quindi dell'obiettivo. 2. Identificazione del contesto (dati e attori chiave). 3. Esplorazione e ricerca delle opportunità. 4. Ideazione, prototipazione, test e validazione. 5. Implementazione.

Usando la metodologia del Design Thinking è possibile concepire soluzioni innovative in grado di:

identificare gli attori chiave e comprendere la loro importanza all'interno dell'ecosistema

aziendale;

sviluppare una visione sponsorizzata dall'imprenditore/top management e condivisa da

tutti i colleghi;

abbattere i rischi e adottare soluzioni che creino valore per l'azienda, il mercato e gli attori

chiave.

Figura 5. La metodologia del Design Thinking (Fonte: doortoinnovation.com)

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3.1 Le fasi del processo creativo

Le fasi del Design Thinking sono diverse e spesso il processo che porta alla soluzione del problema

contempla, all'interno di un team, solo alcuni step e non altri. In letteratura, queste sono le fasi

del ciclo completo:

Empathize: in questa fase si cerca di mettersi "in sintonia" con il cliente, il suo modo di

pensare e le sue esigenze. Fondamentali sono gli esercizi di immedesimazione e i giochi di

ruolo.

Define: si tratta del vero e proprio brief, verbale o scritto, contenente l'indicazione

dell'obiettivo da raggiungere.

Research: è la ricerca delle informazioni di background da includere nel processo creativo.

Ideate: è la fase in cui vengono identificati i bisogni e le motivazioni degli end-user e si

generano le idee (spesso attraverso il brainstorming).

Prototype: in questa fase si verifica la reale funzionalità dell'idea, che prima di essere

portata al cliente viene presentata al vaglio dei gruppi di stakeholder.

Select: si tratta della revisione delle soluzioni proposte rispetto al brief. Alcune soluzioni

potranno rivelarsi praticabili ma non essere le migliori. Altre, invece, pur centrando in

pieno l'obiettivo della soluzione del problema possono rivelarsi infattibili.

Implement: rappresenta la realizzazione della soluzione e la sua presentazione al cliente.

Learn: è il feedback sulla capacità della soluzione di raggiungere gli obiettivi del brief.

All'interno di questi passaggi, i singoli problemi verranno scomposti, molti dubbi saranno fugati e

una moltitudine di idee potranno essere generate. I passaggi non sono lineari: possono verificarsi

contemporaneamente, essere ripetuti o addirittura saltati. La prassi comune riduce poi il numero

di fasi alle cinque più rilevanti (Processo creativo a 5 Fasi), ovvero: Empathize, Define, Ideate,

Prototype e Test.

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Figura 6. Schema del processo creativo a 5 Fasi (Fonte: www.irdg.ie)

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4. Software development: l'applicazione del Design

Thinking

Secondo il professore Daniel Jackson, fondatore del Computer Science and Artificial Intelligence

Lab del MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, si assiste ad una generale tendenza

alla "de-professionalizzazione" in ambito software.

Figura 7. Il Design Thinking applicato alle fasi di sviluppo del software (Fonte: blogs.adobe.com)

Gli sviluppatori hanno a disposizione tempi sempre più ristretti per rilasciare nuovi programmi e

implementare nuove funzionalità. Inoltre, le applicazioni sono sempre più visual e gestural, perché

gli utenti richiedono interfacce più accattivanti, spesso anche a scapito dell'usabilità del software.

L'approccio che si dovrebbe adottare è quello del cosiddetto "design from the inside out" per cui

l'utente è parte integrante del processo di sviluppo e le sue esigenze sono il fulcro di tutte le fasi di

progettazione e realizzazione. Ecco quindi che l'applicazione del Design Thinking in azienda

avviene in modo del tutto naturale, tenuto conto che l'immedesimazione con l'end user è uno dei

pilastri di questo approccio.

Nell'ambito dello sviluppo del software, sono tre gli aspetti chiave del Design Thinking:

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1. il coinvolgimento empatico dell'azienda con il cliente. L'unico modo per assicurarsi che

siano effettivamente l'utente e i suoi bisogni a guidare le soluzioni applicative è quello di

mettersi nei suoi panni, a partire dalle prime fasi della progettazione.

2. il deployment incrementale. Il Design Thinking non è un processo a cascata ma un modello

agile, che può prendere strade inizialmente non preventivate per poi arrivare alla soluzione

migliore.

3. una forte attenzione (quasi ossessiva) per i piccoli dettagli. Questi aspetti, spesso

trascurati, alla fine possono rivelarsi decisivi e fare la differenza nell'esperienza utente.

Come esempi possiamo riportare casi noti riguardanti la progettazione degli ultimi prodotti

della Apple.

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5. La nuova frontiera del Business of Application

Secondo una recente ricerca dell'analista Forrester è emerso che solo il 17% dei responsabili IT

ritiene di essere in grado di soddisfare le esigenze del business alla velocità del business.

Le società che vogliono fare successo e consolidare il loro mercato hanno bisogno di reinventare il

modo in cui sviluppano le applicazioni software, così da avvantaggiarsi delle nuove frontiere

tecnologiche di un mondo sempre più interconnesso e veloce.

Figura 8. Il Design Thinking e la Business of Application (Fonte: catapultsystems.com)

Ormai non abbiamo più a che fare con la business application, ma con la Business of Application,

ovvero soluzioni che combinano business e software in un unicum tecnologico di sicura efficacia. Il

software assume un ruolo sempre più importante: in alcuni casi diventa il cuore pulsante del flusso

delle entrate, mentre in altre contribuisce ad ampliare i confini fisici del business. In entrambi i casi

il Design Thinking oggi permette di allineare le esigenze commerciali delle linee di business a

quelle tecniche dell'IT.

La cosiddetta "tecnologia in scatola" è ormai ai titoli di coda: molte sono state le organizzazioni

che l'hanno utilizzata negli scorsi decenni. Addio quindi ai silos di dati e via libera ad un nuovo

approccio che prevede una collaborazione stretta tra chi sviluppa il software e chi invece lo

utilizza.

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Sono quattro le caratteristiche che le applicazioni business devono possedere per essere in grado

di sostenere il nuovo corso tracciato dalla digital disruption:

1. devono essere soluzioni liquide, nativamente progettate per cambiare con facilità;

2. scalabili nel cloud e negli ambienti mobile, basati su moduli, nuove discipline e micro

servizi facilmente ri-assemblabili. I software sviluppati seguendo quest'ottica sono i soli in

grado di supportare le nuove funzionalità di business in modo continuo, assicurando

quell'agilità che oggi è assolutamente necessaria per competere sul mercato.

3. devono essere delle soluzioni intelligenti. Le aziende hanno bisogno d'integrare

l'intelligenza a livello software in ogni ambito della loro attività, applicazione o processo. Si

tratta di un'intelligenza di tipo "seamless", resa possibile grazie ai progressi raggiunti su

diversi fronti: natural language processing, machine learning e cognitive computing.

Abbiamo a che fare con: software che si autogovernano, applicazioni con funzionalità

native di automazione dei compiti e programmi in grado di migliorare i processi aziendali

attraverso capacità analitiche integrate.

4. infine, occorre che siano software aziendali connessi.

Per difendere le proprie posizioni di mercato, le aziende devono ampliare il loro raggio d'azione

competitivo. Questo lo si può attuare solo attraverso un nuovo modello multidimensionale di

connettività software, che includa nelle attività quotidiane anche clienti e fornitori. Le applicazioni

connected sono state progettate per essere eseguite ovunque, non solo su server, PC e dispositivi

mobile, ma anche all'interno dei macchinari industriali, delle auto e dei dispositivi indossabili, per

riuscire a trasformare i prodotti in soluzioni ibride, altamente modulari, che combinano a vario

titolo prodotti e servizi.

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CREDITS:

Fonti utilizzate: www.digital4.biz

www.societing.org

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Questo white paper è stato realizzato da Martino Bufano. Di seguito

trovate i miei riferimenti: per eventuali approfondimenti, informazioni o

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