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1 Alessandro Mendini con due numeri di “Casabella”. Con il numero 316 finisce la collaborazione di Fronzoni come grafico di “Casabella”, ma furono impaginate da lui ancora alcune copertine fino al numero 323. Le copertine 321, 322 e 323 che appaiono in questo servizio appartengono a tale periodo / Alessandro Mendini with two issues of “Casabella”. Fronzoni’s work as a graphic designer with Casabella ended with issue 316, though he did some of the covers for issues 317-323. The covers for issues 321, 322 and 323 reproduced in this feature belong to that later period. 2 Kasimir Malevic ˇ, Suprématisme - Carré, croix, cercle; gouache, collezione / collection M.me Rochas (1919-1920). a cura di / edited by Mia Pizzi Colorare A . G . Fronzoni Alessandro Mendini e / and Fronzoni Color di / by Cappellini A - Il lavaggio del (mio) cervello Ho passato cinque anni della mia vita tutte le mattine assieme a Fronzoni. Facevamo in coppia la rivista Casabella, stessa stanza, stesso tavolo. Una intensissima prova umana e intellettuale. Quando iniziammo e lo conobbi nel 1965, io mi chiamavo Sandro, tutti mi chiamavano Sandro. Subito lui mi disse “no tu non ti chiami Sandro, il tuo nome è Alessandro, anzi A punto Mendini, nella grafica non c’è spazio per diminutivi, per messaggi sentimentali”. Da quel giorno, con una certa mia dissociazione, divenni A. Mendini, come lui aveva detto di sé “io sono solo un marchio, mi chiamo A. G. Fronzoni”. Anche Germano Celant fu cambiato in G punto Celant. Eccetera. I nostri nomi e cognomi, perfezionati nel lettering, divennero per cinque anni puri riferimenti segnaletici e nulla più, una specie di anonimato, accentuato dall’integralismo del piccolissimo carattere Elvetica che componeva non solo i nostri nomi, ma anche tutta la Casabella da lui impaginata in maniera “quadrata”. Questo che sembra un aneddoto esprime invece la struttura profonda del pensiero determinista di Fronzoni. Persona gentile, affettuosa e molto simpatica ma molto intransigente, A. G. Fronzoni ogni giorno combatteva la guerra del bene contro il male. Con grande capacità di parola (e con altrettanta riservatezza e umiltà) dimostrava che tutto il mondo e tutti i temi del mondo dovevano essere assorbiti negli schemi ossessivi della sua ortodossia grafica. Considerava il suo personale progetto calvinista come il riscatto necessario a tutta la comunità politica, civile e progettuale, necessario fra l’altro anche a salvare i contenuti talvolta incerti se non ambigui che circolavano nella rivista che noi due facevamo. Contraddirlo era un esercizio inutile ed estenuante. A - (My) brainwashing For five years of my life I spent each and every morning with Fronzoni. We worked together on Casabella magazine in the same room, at the same table – it was a human and intellectual ordeal. At our first meeting, when we started in 1965, I called myself Sandro, as did everyone else. Fronzoni immediately said: “No, you aren’t called Sandro, your name is Alessandro, A full-stop Mendini, to be precise. ere’s no room in graphic design for diminutives, soppy messages.” So, rather against my beer judgement, from that day on I was A. Mendini. As he said of himself: “I’m just a brand called A. G. Fronzoni.” Germano Celant also changed to G full-stop Celant. And so on. For five years our names and surnames, as they appeared in the leering, were pure signage, nothing more. e anonymity was accentuated by Fronzoni’s systematic use of a tiny Helvetica typeface not only for our names, but also for all the rest of the magazine, paged up in his hallmark “four-square” style. is may seem just another anecdote, but it does reveal the deep structure of Fronzoni’s deterministic mindset. He was courteous, cordial and very likeable, but also intransigent to a fault. Every day A. G. Fronzoni fought a war of good against evil. With exemplary eloquence (and with equal modesty and reserve) he demonstrated that the entire world and everything in it could be assimilated to the obsessive schemas of his graphic design orthodoxy. He saw this personal Calvinistic crusade as a necessary redemption of the entire political, civil and design community, as well as an equally necessary way of safeguarding the sometimes nebulous, if not ambiguous content of the magazine we worked on together. Contradicting him was a pointless and exhausting exercise. Design Anatomy 05 Painting A . G . Fronzoni design criticism 2 1 foto di / photo by Giovanna Silva 33 494 494 32

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1 Alessandro Mendini con due numeri di “Casabella”. Con il numero 316 finisce la collaborazione di Fronzoni come grafico di “Casabella”, ma furono impaginate da lui ancora alcune copertine fino al numero 323. Le copertine 321, 322 e 323 che appaiono in questo servizio appartengono a tale periodo / Alessandro Mendini with two issues of “Casabella”. Fronzoni’s work as a graphic designer with Casabella ended with issue 316, though he did some of the covers for issues 317-323. The covers for issues 321, 322 and 323 reproduced in this feature belong to that later period.

2 Kasimir Malevic, Suprématisme - Carré, croix, cercle; gouache, collezione / collection M.me Rochas (1919-1920).

a cura di / edited by Mia Pizzi

Colorare A. G. Fronzoni

Alessandro Mendini e / and Fronzoni Color di / by Cappellini

A - Il lavaggio del (mio) cervello

Ho passato cinque anni della mia vita tutte le mattine assieme a Fronzoni. Facevamo in coppia la rivista Casabella, stessa stanza, stesso tavolo. Una intensissima prova umana e intellettuale. Quando iniziammo e lo conobbi nel 1965, io mi chiamavo Sandro, tutti mi chiamavano Sandro. Subito lui mi disse “no tu non ti chiami Sandro, il tuo nome è Alessandro, anzi A punto Mendini, nella grafica non c’è spazio per diminutivi, per messaggi sentimentali”. Da quel giorno, con una certa mia dissociazione, divenni A. Mendini, come lui aveva detto di sé “io sono solo un marchio, mi chiamo A. G. Fronzoni”. Anche Germano Celant fu cambiato in G punto Celant. Eccetera. I nostri nomi e cognomi, perfezionati nel lettering, divennero per cinque anni puri riferimenti segnaletici e nulla più, una specie di anonimato, accentuato dall’integralismo del piccolissimo carattere Elvetica che componeva non solo i nostri nomi, ma anche tutta la Casabella da lui impaginata in maniera “quadrata”. Questo che sembra un aneddoto esprime invece la struttura profonda del pensiero determinista di Fronzoni. Persona gentile, affettuosa e molto simpatica ma molto intransigente, A. G. Fronzoni ogni giorno combatteva la guerra del bene contro il male. Con grande capacità di parola (e con altrettanta riservatezza e umiltà) dimostrava che tutto il mondo e tutti i temi del mondo dovevano essere assorbiti negli schemi ossessivi della sua ortodossia grafica. Considerava il suo personale progetto calvinista come il riscatto necessario a tutta la comunità politica, civile e progettuale, necessario fra l’altro anche a salvare i contenuti talvolta incerti se non ambigui che circolavano nella rivista che noi due facevamo. Contraddirlo era un esercizio inutile ed estenuante.

A - (My) brainwashing

For five years of my life I spent each and every morning with Fronzoni. We worked together on Casabella magazine in the same room, at the same table – it was a human and intellectual ordeal. At our first meeting, when we started in 1965, I called myself Sandro, as did everyone else. Fronzoni immediately said: “No, you aren’t called Sandro, your name is Alessandro, A full-stop Mendini, to be precise. There’s no room in graphic design for diminutives, soppy messages.” So, rather against my better judgement, from that day on I was A. Mendini. As he said of himself: “I’m just a brand called A. G. Fronzoni.” Germano Celant also changed to G full-stop Celant. And so on. For five years our names and surnames, as they appeared in the lettering, were pure signage, nothing more. The anonymity was accentuated by Fronzoni’s systematic use of a tiny Helvetica typeface not only for our names, but also for all the rest of the magazine, paged up in his hallmark “four-square” style. This may seem just another anecdote, but it does reveal the deep structure of Fronzoni’s deterministic mindset. He was courteous, cordial and very likeable, but also intransigent to a fault. Every day A. G. Fronzoni fought a war of good against evil. With exemplary eloquence (and with equal modesty and reserve) he demonstrated that the entire world and everything in it could be assimilated to the obsessive schemas of his graphic design orthodoxy. He saw this personal Calvinistic crusade as a necessary redemption of the entire political, civil and design community, as well as an equally necessary way of safeguarding the sometimes nebulous, if not ambiguous content of the magazine we worked on together. Contradicting him was a pointless and exhausting exercise.

Design Anatomy 05

Painting A. G. Fronzoni

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B - Un grafico “estremo”

Vestito rigorosamente di nero con girocollo nero e solo talvolta bianco (in agosto), comunista “totale”, muoveva due baffetti alla Hitler mentre appassionato esprimeva per ore le sue tesi e i suoi comizi sulla grafica intesa come “musa” assoluta. E io a quei tempi fui spesso un “fronzoniano” convinto. Per cinque anni rimasi succube e affascinato: lui macinava i menabò e io macinavo le tematiche che lui poi succhiava e trasfigurava nell’iper-minimal (politico e stilistico) delle sue pagine, superando spesso la soglia della leggibilità. Fino a quando capii che ero rimasto imprigionato dentro alle sue seduttive regole e dettati, un maestro-poeta troppo invasivo. E capii che dovevo fuggire, cosa che finalmente feci. Ma sempre, e anche oggi da lontano, mi rimane il senso e l’insegnamento della sua utopia di candore francescano, del suo metodo pulito, cristallino, limpido, semplificato e rigoroso. Un metodo così elementare da assurgere a inflessibile “macchia giudicante” di qualsiasi fenomeno ideativo o progettuale o etico o critico o altro ancora. (... Fronzoni in realtà si chiamava Angiolo, ma quel nome di battesimo così simbolico e dolce lo infastidiva, lui così rigido e illuminista non voleva proprio essere un angelo... e gioca anche questo Angiolo negato, se nascose se stesso dietro la fredda e impersonale sigla di A. G. Fronzoni, divenuta poi più tardi AG Fronzoni, avendo addirittura eliminato i due punti).

B - An “extreme” graphic designer

Dressed invariably in black – his black crew-neck sweater turned white only occasionally, in August – and a Communist through and through, he sported a toothbrush moustache that acquired a life of its own during his endless speechifying about his pet ideas and graphic design as the ultimate “muse”. At that time I was often a staunch Fronzonian myself. For five years I was enchanted and enslaved by his ideas: he slogged away at the mock-up of the magazine while I developed the themes that he would then digest and recast, often to the point of illegibility, in the hyper-minimalism (political and stylistic) of his finished pages. I came to realize that I was a prisoner of his seductive maxims and rules, that my master-poet of design would brook no opposition, and that I had to break free, which is what I eventually did. But even today, looking back at that distant time, I am always reminded, and remain mindful of both the meaning and the innocent Franciscan outspokenness of his utopian vision, and the unsullied simplicity and rigour, the crystalline clarity of his method. A method so elementary as to constitute an implacable deus ex machina sitting in judgement over anything and everything creative or rational, ethical or critical. (... Fronzoni was in fact called Angiolo, but the gentleness and symbolism of the name was definitely not to his liking. As an unbending Enlightenment man, an angel was the last thing he wanted to be ... and he also played the part of the non-angel, hiding his true nature behind the cold impersonality of the A. G. Fronzoni acronym, which became chillier still when he removed the points to become AG Fronzoni.)

3 Ritratto di / Portrait ofA. G. Fronzoni, courtesy Cappellini.

4 Da “Comunicare in lealtà l’essenza degli oggetti”, a cura di Francesco Moschini e Vanni Pasca, Aam, architettura arte moderna / From “Comunicare in lealtà l’essenza degli oggetti” (Comunicate in good faith the essence of the objects), edited by Francesco Moschini and Vanni Pasca, Aam, architettura arte moderna, Milano / Milan, Italy (aprile / April 1996).

5 Alessandro Mendini, schema delle influenze e affluenze al pensiero di A. G. Fronzoni / diagram of A. G. Fronzoni’s mental traffic(2009).

6 Walter Gropius, contenitore / storage unit, Weimer, Germania / Germany (1923).

7 Marcello Parigi, credenza di ciliegio con gambe di acciaio nero / cherrywood cabinet with black steel legs, F. Sabbadini, Italia / Italy (1960).

8 Otto Rottmayer, prototipo di sedia da giardino in ferro laccato / experimental garden chair, laquered iron, Cecoslovacchia / Czechoslovakia(1960).

9 Richard Schultz, 1966 Collection, prodotta da / produced by Knoll International, rieditata da / now made by B&B Italia.

10 Ico e Luisa Parisi, contenitore di wengé con pannelli bianchi lucidi / chest in wengé with white glossy panels, cm 150x76x50, prodotto / made by Ico e / and Luisa Parisi, Italia / Italy (1968-69).

11 Harald Roth, tavolo alto o basso di teak o wengé con finitura naturale / lower or higher table in solid teak or wengé with natural finish, prodotto / made by Casa, Germania Ovest / West Germany (1964-65).

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A. G. Fronzoni

(Italia, 1923 – 2002). Grafico, designer e architetto, ha fondato e diretto la rivista “Punta”, è stato uno dei cardini di “Casabella” e docente in molte scuole, fino a creare nel 1982 una propria “Bottega” a Milano, frequentata da studenti di tutto il mondo. La ricerca basata sull’intransigente filosofia della sottrazione ha alimentato ogni suo progetto. Ammiratore della cultura giapponese, ha saputo declinare il razionalismo in un linguaggio elementare e colto. Le sue opere di grafica sono esposte nei più importanti musei internazionali.

(Italy, 1923-2002) was a graphic artist, designer, architect and founder-editor of “Punta” magazine. He was a cornerstone of “Casabella” magazine and taught in several institutions before opening his own Milan-based teaching workshop in 1982, which attracted students from all over the world. His designs epitomise the intransigent minimalism that inspired all his work. His artwork and graphics are on display in the world’s major museums.

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C - The Ivory Tower (Fronzoni’s words)

“As a young man back on Civvy Street after the war, I participated fully in the aims of reconstruction, the hope of building a different kind of country. I looked to Terragni and Mies, though also to the plainness and simplicity of medieval architecture. By plainness I mean reducing materials and technology to a minimum, achieving the lowest possible cost. And I had always been fascinated by Japanese simplicity, paring everything right down to produce clutter-free, purely architectural environments where space exactly matches living requirements.I detest anything that is superfluous, redundant, surplus to requirements, anything that is wasteful, not just in terms of material, effort and technology, but also morally and ethically. One of the causes of today’s global crisis is precisely this kind of waste, which you find everywhere, right left and centre, and in all industries and disciplines – fashion, food, politics, publishing, architecture, design, city-planning. If we could gather up the waste in all these areas, the curse of need could be lifted from mankind. I’m opposed to this waste that taints not only materials, social structures and how we use the land, but also life itself. There is also waste of people, of lives. Africa is an example. These things don’t happen by accident, nobody is innocent, we’re all responsible, both individually and collectively. So, in my small ivory tower, I quietly try to combat waste by designing non-redundant objects that have something real to say, by trying to get at the essence of objects and communicate it in good faith to other people. A message, whatever it is, should be sincere, appropriate, requisite, it should communicate what matters and what is in the object itself. Though form is extremely important, I do think it exists to convey thought, and that -it is structured by geometry. In Plato’s academy in Athens there was a notice which said, more or less, “School of Philosophy – Those Unschooled In Geometry May Not Enter”. Form is beauty. Someone once said that beauty will be the salvation of mankind. I don’t know if this is true, but I do know that form is useful to me, even indispensable, invaluable, as a way of sending messages that convey thought.” (from an interview by Vanni Pasca to A. G. Fronzoni, during the opening of the “Comunicare in lealtà l’essenza degli oggetti (Comunicate in good faith the essence of the objects)” exhibition at Aam, architettura arte moderna, in Milan, 1996, April 20th, edited by Francesco Moschini and Vanni Pasca).

C - La Torre d’Avorio (le parole di Fronzoni)

“Da giovane, reduce della guerra, ho vissuto il clima della ricostruzione, la speranza di poter costruire un paese diverso. Ho guardato a Terragni, a Mies, ma anche all’architettura essenziale e povera del Medioevo. Per povero intendo il minor impiego di materiali, di tecnologie, un costo il più basso possibile. Ma mi ha sempre affascinato anche l’essenzialità giapponese, l’eliminazione di tutto per ottenere ambienti liberi dalle suppellettili, dove esiste solo l’architettura e lo spazio corrisponde alle esigenze del vivere. Io detesto ciò che è superfluo, eccedente, ridondante, tutto ciò che è spreco, non solo di materiali, di lavoro o di tecnologie, ma spreco morale, etico. Oggi una delle ragioni della crisi mondiale è proprio questo spreco, che avviene in tutte le direzioni, in tutti i luoghi, in tutte le discipline, urbanistica, architettura, design, politica, moda, cibo, editoria. Se si raccogliessero gli sprechi presenti in tutti i campi, l’umanità potrebbe essere liberata dalla maledizione del bisogno. Mi schiero contro questo spreco che intacca non solo i materiali, le strutture sociali, i territori, ma le vite stesse. C’è uno spreco di vite, di persone, l’Africa ne è un esempio. Queste cose non accadono per caso, e nessuno di noi è innocente, siamo tutti responsabili o corresponsabili. Perciò io conduco silenziosamente, nella mia piccola torre d’avorio, questa battaglia contro lo spreco, tentando di costruire oggetti comunicativi liberi da queste ridondanze, cercando di mettere le mani sull’essenza degli oggetti e di comunicarla in lealtà agli altri. Un messaggio, qualsiasi esso sia, deve essere leale, corretto, essenziale, deve comunicare ciò che conta ed è nell’oggetto stesso. Io però considero la forma di grande importanza, ma ritengo che essa sia sottesa da un pensiero e che sia la geometria a organizzarne la struttura. Nella scuola di Platone, ad Atene, c’era un cartello che suppergiù diceva: “scuola di filosofia – chi non è studioso di geometria, non entri”. La forma è bellezza, qualcuno ha detto che la bellezza salverà l’uomo: non so se sia vero, ma so che la forma mi è utile, anzi indispensabile, anzi preziosa, per inviare un messaggio che è messaggio di pensiero” (da un’intervista di Vanni Pasca a A. G. Fronzoni, in occasione della mostra “Comunicare in lealtà l’essenza degli oggetti”, inaugurata all’Aam, architettura arte moderna, di Milano il 20 aprile 1996, a cura di Francesco Moschini e Vanni Pasca).

12 A. G. Fronzoni presenta alcuni suoi progetti all’Istituto Italiano Studi Filosofici di Napoli (11 aprile 1999). Nella sequenza si vedono una serie di manifesti – alcuni famosissimi come quello per la mostra dedicata a Fontana –e un frame del progetto per l’architettura d’interno della casaPernigotti a Milano, realizzata nel 1978 / A.G.Fronzoni presents some of his work at the Italian Institute of Philosophical Studies in Naples (11 April 1999). The sequence shows a series of posters (some extremely well known, like the one for the Fontana exhibition) and a frame for the interior design of the Pernigotti home in Milan (1978).

13 A. G. Fronzoni, collana / necklace Cubo, Mostra Aurea, Firenze / Florence, Italy, 1980 (da / from Ballo+Ballo, Silvana Editoriale, Milano / Milan (2009).

14 Enrico Peressutti / studio BBPR, prima versione del Monumento ai morti nei campi di sterminio nazisti / first version of the Monument to people dead in the Nazi concentration camps, Cimitero Monumentale, Milano / Milan, Italy (1946).

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L’intransigenza del colore

A. G. Fronzoni è un maestro, in Italia “il” maestro del mini-

mal design. Il sistema di mobili progettati nel 1964 – la Serie ’64,

appunto – comprende sedie, tavoli e letti rigorosamente basati sul

tubolare metallico e sul modulo quadrato: monocromi, bianchi o

neri, lontani da qualsiasi compromesso, entrano di default nel-

la categoria dei classici. Rieditare un classico richiede cultura e

sensibilità: Giulio Cappellini ne è testimone, nell’aver riconosciuto

The intransigence of colour

A. G. Fronzoni was a master – the Italian master – of minimalist

design. The furniture collection he designed in 1964 – called, appro-

priately enough, Serie ’64 – includes chairs, tables and beds, all with

tubular steel frames and the same square modular design. Totalling

uncompromising, in monochrome black or white, they are classics

par excellence. Putting a classic back on the market calls for sophis-

tication and sensitivity. Giulio Cappellini recognises and reaffirms

e nel ribadire oggi la capacità di Fronzoni di anticipare fenomeni

futuri, quasi a cercare, consapevole o no, un padre, un capostipite

per i minimalisti che hanno nel tempo affollato la sua squadra di

designer. La collezione presentata quest’anno al Salone del Mobile

di Milano azzarda quello che nessuno aveva osato prima, il colore:

Fronzoni Color, appunto, coerentemente utilizzato solo nei primari

giallo, rosso e blu. Gli unici ammessi dal maestro. (mpizz)

Fronzoni’s ability to anticipate future developments in design – as

if seeking, consciously or otherwise, to be a father, a primogenitor

figure for the minimalists who feature so prominently in his stable of

designers . The collection unveiled at this year’s Milan Furniture Fair

attempts what has never been attempted before: Fronzoni in colour.

But only red, yellow and blue, in line with Fronzoni’s legendary stipu-

lation that these are the only admissible colours. (mpizz)

FRONZONI COLOR design A. G. Fronzoni

produttore Cappellini producer

tempo di sviluppo 1964 / 2009 development time

dimensioni cm 45x42,5x72,5 dimensions (sedia / chair) cm 100/200x100x70 (tavolo / table) cm 100x100x30 (tavolino / occasional table) cm 100/170/200x200x30 (letto / bed)

materiale legno e tubolare metallico material a sezione quadrata laccato opaco giallo sole, blu India e rosso ciliegia / wood and squared tubular steel, laquered matt bright yellow, blue India, red cherry

prezzo € 622 (sedia / chair); price da / from € 1084 (tavolo /table); da / from € 1464 (letto / bed)

www.cappellini.it

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D - Non “mobili” ma “presenze”

In questo clima nascono i mobili nominati “Fronzoni ‘64”. L’assoluto del bianco e del nero fu anche il loro principio teorico. Anche in questo schematico sistema di sedie e di tavoli il valore della geometria domina sulla funzione: BIANCO-NERO-QUADRATO-RETTANGOLO, non solo come mezzi stilematici, ma anche come utopia estetica. Il 1964 era l’epoca in cui comparivano cose di tutt’altra natura: la lampada “Eclisse” di Magistretti, le sedie “Duepiù” e la poltrona “Universale” rispettivamente di Nanda Vigo e di Joe Colombo. A quei tempi A. G. Fronzoni stava lavorando anche alle sue valigie a scocca rigida “Forma Zero” per Valextra, il suo solo vero progetto di Bel Design Italiano. Ma il suo mondo visivo e culturale l’aveva sempre cercato fuori dall’Italia, ed ebbe come modello la Hochschule für Gestaltung di Ulm, e specialmente la stessa rivista ULM con la sua grafica “esatta” (quando nel 1968 la Hochschule fu costretta a chiudere, A. G. Fronzoni rimase amareggiato e triste, “brutto segno” diceva, e dedicammo una copertina speciale di Casabella a questo evento, e fu l’unico numero in cui stampò la parola CASABELLA in rosso invece che in nero). Perciò Fronzoni non appartiene solo al design italiano, ma invece fa parte di quel grande sistema internazionale di segni e di metodologie, che, partito da Gropius, in Italia vide assieme a lui alcuni altri importanti artisti, come ad esempio Luigi Veronesi e Bruno Munari. Personaggi a “struttura poetica fredda”, come osservava Guido Ballo, aggiungendo “ma la razionalità è apparente, le radici sono nell’inconscio e il suggestivo prevale sulla ragione”. I mobili concettuali di Fronzoni sono sculture fatte di rette e di piani nello spazio, dove la persona che ne fruisce gioca il ruolo che Oskar Schlemmer attribuì ai suoi segmenti teatrali raffiguranti lo “statico dinamismo” delle sue figure. Sì, i tavoli e le sedie di Fronzoni sono dei “classici”, progettati per delle persone immobili intese non come fruitori reali, ma come pure presenze, come figure. Da un lato Tomás Maldonado (stessa età di Fronzoni), dall’altro i concettuali del Gruppo T (specialmente Gianni Colombo, Grazia Varisco, Giovanni Anceschi).

D - “Presences” not “Furniture”

This is the background to the “Fronzoni '64” furniture collection. The stark absoluteness of black and white is also its underlying theoretical principle. Even in this schematic system of chairs and table, geometry takes precedence over function: more than stylistic features, BLACK-WHITE-SQUARE-RECTANGLE are the constituents of an aesthetic utopia. Design objects of a very different type made their appearance in 1964: Magistretti’s “Eclisse” lamp, Nanda Vigo’s “Duepiù” chairs and Joe Colombo’s “Universale” armchair. At that time A. G. Fronzoni was working on his “Forma Zero” hard-shelled suitcases for Valextra, his only true Italian fine-design product. Fronzoni’ visual and cultural horizons had always extended beyond Italy; his models were the Hochschule für Gestaltung in Ulm, and ever more so the ULM magazine with its “exact” page design (when the Hochschule was obliged to close in 1968, A. G. Fronzoni was sadden and embittered by what he called a “bad sign”, and we designed a special cover for Casabella, the only one in the magazine’s history with CASABELLA printed in red instead of black). So Fronzoni belongs not to Italian design alone, but to the larger system of graphics methodologies and techniques founded by Walter Gropius, which in Italy also included such artistic luminaries as Luigi Veronesi and Bruno Munari. They were figures enamoured of “cold poetic structures”, commented Guido Ballo, “but their rationality is apparent, their roots lie in the subconscious, and evocation triumphs over reason.” Fronzoni’s conceptual furnishings are isolated sculptures of free-floating right angles and tops whose users play the role which Oskar Schlemmer attributed to the stage sets he created to emphasise the “static dynamism” of his figures. Yes, Fronzoni’s tables and chairs are “classics” designed for static figures seen not as real users but as mere presences, figures rather than people. On the one hand, Tomás Maldonado (the same age as Fronzoni); on the other, the Gruppo T conceptualists (especially Gianni Colombo, Grazia Varisco and Giovanni Anceschi).

15 Nanda Vigo, sedia / chair Duepiù, Conconi, Italia / Italy (1971). (da / from Ballo+Ballo, Silvana Editoriale, Milano, 2009).

16 Joe Colombo, prototipo della poltrona / prototype of the armchair Universale (1965-1967).

17 Walter Gropius, l’ufficio del direttore al Bauhaus di Weimar, Germania / the Director’s office at the Bauhaus in Weimar,Germany (1923).

18 Oskar Schlemmer, Tischgesellschaft, olio su tela / oil on canvas, collezione / collection Ströher, Darmstadt, Germania / Germany (1923).

19 Hinnerk Scheper, esemplificazione della distribuzione dei colori / example of colours distribution, disegno / drawing, Bauhaus, Weimar, Germania / Germany (1927).

20 Oskar Schlemmer, il Teatro del Bauhaus, Gioco delle Costruzioni / The Theatre at the Bauhaus, Constructions Play, Weimar, Germania / Germany (1926).

21 Bruno Munari, ritratto con una sua “Macchina inutile” / portrait with one of his “Useless machine” (1956) (da / from Ballo+Ballo, Silvana Editoriale, Milano / Milan, Italy 2009).

22 Luigi Veronesi, Sovraimpressione, fotogramma / frame, cm 26,4x23,1(1938).

23 Tomás Maldonado, vista di uno dei magazzini con il nuovo sistema di arredi per La Rinascente-Upim / view of one department store with the new furniture system for La Rinascente - Upim, Milano / Milan, Italy (1967-68).

24 Il / The Gruppo T: Gianni Colombo, Giovanni Anceschi, Grazia Varisco, Davide Boriani, Gabriele De Vecchi, Italia / Italy (1960).

25 Il numero 323 di Casabella con il logo rosso / The 323 issue of Casabella with the red logo (1968).

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26 Georges Vantongerloo, 3457/18 Giallo/Blu / Yellow/Blue, olio su compensato /oil on plywood, cm 73x66,1, collezione / collection Inge Gerstener-Höchberg, Basilea, Svizzera / Basel, Switzerland (1936).

27 Jean Gorin, Composition n° 3, olio, rilievo su legno / oil, relief on wood, cm 85,5x42,5x5, Lorenzelli Arte, Milano / Milan, Italy (1961).

28 Theo van Doesburg, casa privata: determinazione dei differenti piani dell’architettura attraverso il colore (Maison Particulière), prospetti su carta / private home: colour coding of architectural levels (Maison Particulière), views on paper cm 36,9x53,8, Nederlands Architecture Institute Collection (1923).

29 Theo van Doesburg, Composicón XX, olio su tela / oil on canvas, cm 92x71,MuseoThyssen-Bornemisza, Madrid, Spagna / Spain (1920).

30 Donald Judd, Untitled, alluminio smaltato / enamelled aluminium (1987).

31 John Pawson, modulo cucina / kitchen unit, Obumex (1996).

32 - 33 Jean-Marie Massaud, divano / sofa Outline, Cappellini (2002).

34 Claudio Silvestrin, Millennium Hope, tavolo e panca / table and bench, Cappellini (2000 / 2006).

35 Piero Lissoni, Uni, contenitore / storage unit, Cappellini (2000).

36 Claudio Silvestrin, Waterside, panca / bench, Cappellini (2001).

F - Questioni

E allora? Lasciamo qui aperto questo caso, la questione di “Fronzoni ‘64 a colori”, elencando alcuni punti suscettibili di una discussione: 1. Si tratta dell’estensione naturale di un progetto già implicita nel metodo e nelle intenzioni dell’autore? 2. Si tratta invece di un attento ri-disegno, di una re-invenzione dovuta a Cappellini, di una interpretazione narrativa? 3. Si tratta di una scelta che tende ad aggiornare e condurre verso i nuovi trend un prodotto troppo calvinista se considerato in bianco e nero? 4. Si tratta di una operazione di ingentilimento che contraddice il duro e aspro metodo fronzoniano? 5. Si tratta del generoso desiderio di riportare alla ribalta un importante maestro troppo dimenticato? Cinque domande interessanti su cui riflettere. È certo che Giulio Cappellini, che tanto nel suo catalogo ha lavorato sul minimalismo, non poteva non salirne alle origini italiane e proporne il più preciso simbolo, ovvero A. G. Fronzoni. E Cappellini, questo abilissimo scopritore e ri-scopritore di talenti, ha voluto forse, con quei tre colori “basici”, mostrare quella dolcezza “basica” dell’animo di questo maestro di Bottega grafica rimasta nascosta.

F - Questions

So let’s leave the “Fronzoni ‘64 in colour” issue unresolved and instead list some of the questions it is likely to raise: 1. Is this a natural development on the original, something already implicit in the designer’s method and intentions? 2. Or is it a question of shrewd restyling on Cappellini’s part, a narrative interpretation of the original? 3. Is it a decision that updates and gives a new sense of direction and purpose to a product that seems overly Calvinistic in black and white? 4. Is it an exercise in gentrification that runs counter to harshness of Fronzoni’s uncompromising method? And finally, 5. Is this a well-intentioned attempt to draw new attention to a great yet too often overlooked Italian designer? Certainly, given the prominence of minimalist design in his product catalogue, Giulio Cappellini would have turned sooner or later to the origins of Italian minimalism and identify A. G. Fronzoni as its most representative figure. It may well be that Cappellini, consummate (re)discoverer of unknown or forgotten talent, wanted to use those three “basic” colours to reveal the great designer’s undisclosed gentleness of spirit.

E - Colorare Fronzoni?

Nel 1964 A. G. Fronzoni progetta questi mobili, rigorosamente in bianco e nero. Trentasei anni dopo (2000) Giulio Cappellini li mette in produzione (con il nome “Fronzoni ‘64”) sempre in bianco e nero, con un sensibile gesto di attenzione: l’omaggio a un precursore dei giovani minimalisti che formano la sua raffinata collezione. Ora lo stesso Cappellini, quarantacinque anni dopo (2009), presenta gli stessi mobili nella VERSIONE COLORATA. Questa decisione, questa scelta è occasione secondo me di una vera e propria questione filologica e culturale. Afferma Cappellini di aver deciso di presentare la versione colorata di Fronzoni ‘64 “pensando allo spirito dell’autore, più grafico che designer. Il segno assolutamente puro e minimalista di questi oggetti regge a parere mio i colori di base rosso, giallo, blu, proprio come è accaduto nell’arte. Il colore visto quindi come ulteriore espressione del progetto e non certo come ‘variante’ o ‘appesantimento’”. Personalmente approvo questo atteggiamento, che conduce verso una “Second life” il nostro grande amico e maestro A. G. Fronzoni. Ma la questione può dare luogo a pareri discordanti e anche negativi, molti fans “fronzoniani” potrebbero trovarsi in disaccordo, pensare al sacrilegio. Ripescando ancora nella mia memoria, ricordo che Fronzoni “concedesse” delle immagini a “colori” dentro Casabella, purché fossero monocrome e costituite dai colori di base della quadricromia, e cioè rosso, giallo, blu (vedi le copertine dei numeri 321 e 322). In tal senso l’operazione di Giulio Cappellini è coerente con l’approccio di Fronzoni verso i colori, tanto più quando parla di lui come di un grafico e di un artista più che di un designer. Del resto autori molto apprezzati da Fronzoni erano Theo van Doesburg (architettura plastica), Jean Gorin (Groupe Espace), Gerrit Rietveld, Georges Vantongerloo e in generale il gruppo De Stijl, con la “architettura grafica” caratterizzata proprio dai colori.

E - Colouring Fronzoni?

A. G. Fronzoni designed these exclusively black and white furnishings in 1964. Thirty-six years later (2000), Giulio Cappellini brought them out as the “Fronzoni ‘64” collection in the original black and white, as a shrewd yet sensitive tribute to a precursor of the young minimalists whose work lies at the heart of the firm’s current catalogue. Now, forty-five years on (2009), Cappellini has done a COLOURED VERSION of the same collection. I think this decision raises genuine philological and cultural issues. Cappellini says he decided to do the coloured version of Fronzoni ‘64 because “its creator’s spirit was more akin to that of a graphic artist than an industrial designer. I think the pure, minimalist lines of these pieces are perfectly suited to red, yellow and blue, exactly as happened in art. Here, colour is seen as an expressive enhancement of the design, certainly not as a ‘variant’ or ‘heaviness’.”Personally I approve of this attitude, which has given our great friend and teacher a new lease on life, but the issue may well generate disagreement and even condemnation. Many Fronzoni fans may disapprove of the move as sacrilegious. Thinking back, I recall that Fronzoni did “allow” the use of “coloured” illustrations in Casabella, provided they were monochrome and either red, yellow or blue, the basic ingredients of four-colour reproduction (see the covers of issues 321 and 322). In this sense, Giulio Cappellini’s decision is in line with Fronzoni’s approach to colour, especially since he sees him as a graphic and pictorial artist rather than an industrial designer. Also, among the artists Fronzoni approved of most were Theo van Doesburg (plastic architecture), Jean Gorin (Groupe Espace), Gerrit Rietveld, Georges Vantongerloo, and the De Stijl group in general, with its coloured “graphic architecture”.

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