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TRASMISSIONE DEL MOTO MEDIANTE LE RUOTE DENTATE Tipologie degli ingranaggi Si adotta la trasmissione a ruote dentate quando le forze e la potenza scambiata fra gli assi sono superiori ai limiti ammessi per le ruote di frizione. L’evoluzione della superficie di contatto della ruota da liscia a dentata realizza la positività di trasmissione, ovvero la costanza del rapporto di trasmissione nel tempo, grazie alla totale assenza di slittamenti relativi. Si definisce ingranaggio l’accoppiamento di due ruote dentate ingrananti fra loro e montate su assi, la cui posizione relativa resta fissa; una di esse impone il moto alle altre mediante denti che vengono a contatto in successione; se l’accoppiamento è fra più di due ruote si parla di rotismo. Gli ingranaggi sono riconducibili a tre schemi fondamentali: cilindrici, conici e a vite. Gli ingranaggi cilindrici possono avere i denti diritti, elicoidali o bielicoidali ( ► Fig. 17.1). (a) (b) (c) Questo tipo di ingranaggi è utilizzato generalmente per trasmissioni fra assi paralleli; in particolare, con la dentatura elicoidale è possibile realizzare la trasmissione anche fra assi sghembi ( ► Fig. 17.2).

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TRASMISSIONE DEL MOTO MEDIANTE LE RUOTE DENTATE

Tipologie degli ingranaggi

Si adotta la trasmissione a ruote dentate quando le forze e la potenza scambiata fra

gli assi sono superiori ai limiti ammessi per le ruote di frizione. L’evoluzione della

superficie di contatto della ruota da liscia a dentata realizza la positività di

trasmissione, ovvero la costanza del rapporto di trasmissione nel tempo, grazie alla

totale assenza di slittamenti relativi.

Si definisce ingranaggio l’accoppiamento di due ruote dentate ingrananti fra loro e

montate su assi, la cui posizione relativa resta fissa; una di esse impone il moto alle altre

mediante denti che vengono a contatto in successione; se l’accoppiamento è fra più di due

ruote si parla di rotismo.

Gli ingranaggi sono riconducibili a tre schemi fondamentali: cilindrici, conici e a vite.

Gli ingranaggi cilindrici possono avere i denti diritti, elicoidali o bielicoidali ( ► Fig.

17.1).

(a) (b) (c)

Questo tipo di ingranaggi è utilizzato generalmente per trasmissioni fra assi paralleli;

in particolare, con la dentatura elicoidale è possibile realizzare la trasmissione anche

fra assi sghembi ( ► Fig. 17.2).

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Gli ingranaggi conici possono avere i denti diritti, usati per le

trasmissioni fra assi concorrenti ( ► Fig. 17.3), oppure elicoidali, usati

per assi concorrenti o sghembi.

A-A

Gli ingranaggi a vite sono usati per trasmettere il moto fra assi sghembi a 90° ( ► Fig.

17.4).

Di seguito sarà analizzato lo studio dell’ingranamento, detto anche condotta, riferito

a una singola coppia di ruote dentate, funzionanti a velocità costante e assumendo le

seguenti regole:

— con il pedice 1 si indicano le grandezze relative alla ruota motrice, montata

sull’albero che riceve la potenza dal motore;

— con il pedice 2 si indicano le grandezze relative alla ruota condotta, montata

sull’albero che invia la potenza all’utilizzatore;

— i numeri di denti delle ruote sono indicati con z, mentre le velocità angolari sono

indicate con ω, espresse in rad/s, o con n, espresse in giri/min;

— la ruota piccola, quindi avente meno denti, è detta pignone o rocchetto; la ruota

più grande è detta corona, ma spesso è citata semplicemente come ruota;

— il rapporto di ingranaggio, indicato con u, è il rapporto fra il numero di denti della

corona e il numero di denti del pignone; pertanto il calcolo del rapporto d’ingranaggio

risulta indifferente dalla

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conoscenza di quale delle due ruote sia quella motrice e quella condotta:

[17.1]

il rapporto di trasmissione è definito come rapporto fra la velocità angolare della

ruota motrice e la velocità angolare della ruota condotta; viene indicato con la lettera i,

ma spesso anche con la τ.

[17.2]

Osservazione: nel caso di ingranaggi riduttori, il rapporto di trasmissione risulta

maggiore dell’unità; nel caso di ingranaggi moltiplicatori, il rapporto di trasmissione

risulta minore dell’unità.

Esempio

In un ingranaggio la ruota motrice gira a 2500 giri/min e la ruota condotta gira a 4000

giri/min. Calcolare il rapporto di trasmissione.

Soluzione

Applicando la [17.2] si ottiene:

L’ingranaggio è di tipo moltiplicatore.

Osservazione: si attribuisce al rapporto di trasmissione il segno positivo nel caso di ruote

esterne, il segno negativo per ruote interne, allo scopo di evidenziare il fatto che i versi di

rotazione sono rispettivamente discordi e concordi; tuttavia, in gran parte delle

applicazioni, il segno algebrico risulta ininfluente: di seguito viene omesso per

semplificazione.

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Circonferenza primitiva

Il primo caso analizzato riguarda le ruote cilindriche a denti diritti. Lo studio

dell’accoppiamento, dei moti relativi e delle forze scambiate sarà ricondotto a un caso

piano, riferendosi cioè a una sezione dei denti in presa, di una coppia di ruote dentate,

eseguita con un piano normale agli assi delle ruote, poiché il contatto avviene con le

medesime modalità lungo tutta la linea generatrice appartenente alle superfici

cilindriche dei denti. Le tracce ottenute dall’intersezione delle due superfici cilindriche

in presa con il piano normale all’asse costituiscono i profili dei denti: essendo formate

da linee curve, il loro contatto si presenta puntiforme e, inoltre, ammette nel punto di

contatto sia una tangente comune sia una retta contemporaneamente perpendicolare a

entrambi i profili.

Le ruote dentate possono essere immaginate come evoluzione delle ruote di frizione,

cui sono state applicate, come elementi aggiuntivi, le corone dentate. La penetrazione

dei denti di una ruota nei vani compresi fra i denti dell’altra ha lo scopo di impedire lo

slittamento. Rimane valido, anche se con qualche distinzione, il concetto di superfici

primitive delle ruote. L’intersezione delle superfici primitive con un piano

perpendicolare all’asse identifica due circonferenze tangenti, dette circonferenze

primitive ( ► Fig. 17.5).

Fig. 17.5 Le circonferenze primitive durante l'ingranamento rotolano senza strisciare; sono linee virtuali, invisibili a occhio sul pezzo e rappresentate solo geometricamente.

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Per le ruote cilindriche di frizione, le superfici primitive sono le superfici cilindriche

reali, ove avvengono il contatto e lo scambio delle pressioni e delle forze di attrito; per le

ruote dentate cilindriche, invece, le superfici primitive sono enti puramente geometrici

che, tuttavia, rivestono importanza primaria (da cui il nome di “primitive”) per la

definizione del rapporto di trasmissione e del numero di denti delle ruote.

Osservazione: noto il rapporto di trasmissione di due ruote dentate, le circonferenze

primitive rappresentano le circonferenze esterne di contatto possedute da due ipotetiche

ruote di frizione, funzionanti a pari rapporto di trasmissione.

Durante il moto delle ruote dentate, le due circonferenze primitive rotolano senza

strisciare l’una sull’altra, mantenendo il contatto nel punto C di tangenza; la normale

comune alle due primitive nel punto C passa per i centri delle due ruote. Supponendo

di bloccare una circonferenza primitiva, si vedrà l’altra compiere una traiettoria orbitale

intorno alla prima, scomponibile in una coppia di moti: una rotazione intorno al

proprio centro più una rototraslazione intorno al centro dell’altra ruota.

Fig. 17.6

Ruote dentate in fase di montaggio:

a) riduttore a ruote cilindriche a

denti diritti;

b) due ruote cilindriche a denti

elicoidali sul piano di riscontro.

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Modulo

Dividendo la circonferenza primitiva di diametro d per il numero di denti z si

ottiene la distanza fra due denti, misurata in forma di arco di primitiva; tale

distanza, detta passo primitivo, o semplicemente passo p, è così formulata:

[17.3]

Allo scopo di assumere come dato di riferimento un numero intero, si è

risolto di dividere il passo p per la costante , ottenendo così il modulo m,

grandezza di facile utilizzo e di comoda unificazione:

[17.4]

Il modulo è espresso in millimetri ed è unificato secondo la norma UNI 6586.

Sostituendo la [17.3] nella [17.4] si ottiene la relazione fondamentale delle

ruote dentate, che lega diametro primitivo, numero di denti e modulo in

modo semplice e immediato:

d = mz [17.5]

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Osservazione: il modulo è la grandezza basilare dell’ingranaggio dal punto di

vista geometrico, dinamico e tecnologico; la geometria della dentatura è

riferita al modulo, da cui il termine proporzionamento modulare; i calcoli

strutturali di progetto sono finalizzati alla definizione del modulo, da cui il

termine dimensionamento modulare. Nel campo delle macchine utensili il

taglio del dente mediante fresatrice prevede l’impiego di un utensile

denominato fresa modulare.

L’importanza del modulo è confermata dal seguente principio:

due ruote dentate devono avere il medesimo modulo per potere ingranare fra

loro in modo corretto; la correttezza dell’ingranamento è indipendente dai

rispettivi numeri di denti.

I valori ammessi per il modulo ed espressi in millimetri sono elencati nella

norma UNI 6586-69:

0,50 - 0,75 - 1 - 1,125 - 1,25 - 1,375 - 1,5 - 1,75 - 2 - 2,25 - 2,5 - 2,75 - 3 -

3,25 - 3,5 - 3,75 - 4 - 4,5 - 5 - 5,5 - 6 - 6,5 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 14 - 16

- 18 - 20 - 22 - 25 - 28 - 32 - 36 - 40 - 45 - 50.

I valori in neretto sono da preferire e, di conseguenza, di uso più frequente.

Osservazione: nell’unificazione anglosassone è adottato il diametral pitch, o

passo diametrale P, espresso come rapporto fra il passo p misurato in pollici e

la costante n; in tal caso il modulo è ottenuto eseguendo l’inverso del

diametral pitch ed è unificato in pollici secondo la norma BSS 436-1940.

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Le velocità periferiche riferite alla ruota motrice 1 e alla ruota

condotta 2 sono espresse mediante la regola della cinematica:

Dovendo le due velocità risultare uguali, si ha che:

Ovvero, separando le variabili, si ottiene:

In tal modo si è costruito il rapporto di trasmissione i, come

prescritto dalla [17.2]; tale rapporto può essere espresso in funzione

dei raggi primitivi, dei diametri primitivi e dei rispettivi numeri di

denti:

Rapporto di trasmissione e numero dei denti

Le velocità v dei due profili coniugati, nell’istante del loro transito

per il punto C, devono essere uguali in modulo, direzione e verso,

dovendosi realizzare, in quel preciso punto, la condizione di

rotolamento puro, cioè privo di componenti di strisciamento ( ► Fìg.

17.7).

Fig. 17.7 Nel punto C i profili dei denti in transito devono sottostare alla condizione di rotolamento senza strisciamento: le velocità di entrambi, nel punto di contatto, sono uguali.

[17.6]

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PROPORZIONAMENTO DELLE RUOTE DENTATE

CILINDRICHE A DENTI DIRITTI

La geometria del dente e della ruota

Di seguito sono riportate le definizioni delle grandezze geometriche

che caratterizzano il dente ( ► Fig. 17.8a) e la ruota dentata ( ►

Fig. 17.8b), prendendo come riferimento i concetti di modulo, passo

e diametro primitivo già definiti.

(a)

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— Rapporto di trasmissione i: è il rapporto fra la velocità angolare della

ruota motrice e la velocità angolare della ruota condotta.

— Rapporto d’ingranaggio u: è il rapporto fra il numero di denti della

ruota e il numero di denti del pignone; è sempre maggiore di uno.

— Diametro di testa da: è il diametro che individua la circonferenza

esterna del dente, detta circonferenza di testa.

— Diametro di piede o di fondo df: è il diametro della circonferenza

tangente al fondo dei vani.

— Diametro di base db: è il diametro della circonferenza di riferimento,

detta cerchio di base, su cui viene costruito il profilo del dente.

— Diametro di troncatura esterna de: è il diametro della circonferenza

che segna il confine del profilo del dente con il raccordo esterno sul

cerchio di testa.

— Diametro di troncatura interna di : è il diametro della circonferenza

che segna il confine del profilo del dente con il raccordo interno sul

cerchio di piede.

— Costa o faccia del dente: superficie del dente, compresa fra il cerchio

primitivo e la sommità del dente.

— Fianco del dente: superficie del dente, compresa fra il cerchio

primitivo e il diametro di fondo.

— Superficie del dente: è l’insieme di costa e di fianco.

— Altezza del dente h: è la distanza radiale fra il diametro di testa e il

diametro di piede. h=da -df

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Addendum ha: è la distanza radiale fra il diametro di testa e il diametro

primitivo;

Dedendum hf. è la distanza radiale fra il diametro primitivo e il diametro di

piede.

Linea dei contatti o retta d’azione: è la normale comune ai profili dei

denti, passante per il loro punto di contatto.

Lunghezza d’azione: è l’insieme dei punti di contatto fra i profili dei due

denti accoppiati, dall’inizio al termine dell’ingranamento. Polo di

rotolamento o punto primitivo: è il punto d’intersezione fra la retta

d’azione e l’asse passante per i centri di rotazione delle ruote, ovvero, è il

punto di tangenza dei cerchi primitivi, di seguito indicato come punto C.

Angolo di pressione a: è l’angolo compreso fra la retta d’azione e la

tangente ai due cerchi primitivi, passante per il punto primitivo C; i suoi

valori sono unificati.

Lunghezza della dentatura b: è la lunghezza della fascia del dente espressa

come multiplo del modulo.

Spessore circolare sp: è il tratto di cerchio primitivo delimitato fra le due

superfici del dente; se anziché il tratto di arco si misura la corda, lo

spessore è detto cordale sc;

Spessore di base sb; è la distanza fra le due evolventi dello stesso dente sul

cerchio base.

Radice: è la superficie esistente sul fondo del vano vuoto compreso fra i

fianchi prospicienti di due denti consecutivi.

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Regole del proporzionamento modulare

Con riferimento alla figura 17.10, si riportano le quote che

definiscono la forma del dente, come prescritto dalle norme UNI.

Il proporzionamento è detto modulare in quanto ogni quota è

derivata dal modulo:

Nella figura 17.9 sono radunate le quote relative alla geometria dell’ingranamento di due ruote cilindriche.

17.9

— addendum ha = m;

— dedendum hf = 1,25 m;

— altezza del dente h = (1 + 1,25) m = 2,25 m;

— angolo di pressione a = 20°;

— lunghezza della dentatura b = λm, con λ = 10 ~ 30.

Osservazione: il dedendum risulta maggiore dell’addendum, per prevenire l’urto fra la

testa del dente e la radice della ruota compagna durante l’ingranamento.

Esempio Una ruota dentata ha 27 denti, con modulo m = 2,5 mm. Calcolare l’ad-dendum ha, il dedendum hf, l’altezza del dente h, il diametro primitivo d, il diametro di testa da e il diametro di piede df.

Soluzione Applicando le relazioni che definiscono il proporzionamento si ottiene: — addendum ha = m = 2,5 mm; — dedendum hf= 1,25 m = 2,81 mm; — altezza del dente h = 2,25 m = 6,25 mm; — diametro primitivo d = mz = 67,5 mm; — diametro di testa da = d + 2 ha = 72,5 mm; — diametro di piede df = d - 2 hf - 62,5 mm.

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CINEMATICA DELL'INGRANAMENTO

L’analisi dei moti nel corso dell’ingranamento

Si prenda come riferimento una coppia di ruote dentate, di cui la superiore

motrice ruota in senso antiorario: l’avvicinamento dei denti avviene sul lato

sinistro, in risalita per i denti della ruota 2, in discesa per i denti della ruota

1 ( ► Fig. 17.11).

L’incontro fra due denti compagni avviene quando la testa del dente

condotto è raggiunta dal fianco del dente conduttore, realizzando il contatto

puntiforme nel punto T1; l’ingranamento procede coinvolgendo punti

successivi lungo i fianchi curvi dei denti, mentre il dente motore penetra a

occupare il vano compreso fra il dente condotto e quello successivo; una

configurazione significativa si ha quando il punto di contatto raggiunge il

punto di tangenza C fra le due circonferenze primitive: da questo punto in

avanti si assiste al progressivo sfilamento del dente motore dal vano, fino a

raggiungere l’ultima configurazione di contatto rappresentata dal punto T2,

quando il contatto avviene fra il punto estremo del dente motore, che si

trova sulla circonferenza di testa, e un punto posto in prossimità della

circonferenza di base del dente condotto.

Fig. 17.11

Coppie di denti in accesso

e in recesso; segmento

dei contatti T, T2; arco

d'azione AA1.

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Da quanto affermato in precedenza derivano le seguenti considerazioni e

definizioni:

— la prima fase di ingranamento fra i punti T, e C è detta fase di accesso,

la seconda fase fra i punti C e T2 è detta fase di recesso;

— il fianco attivo (superficie attiva) è quel tratto di superficie curva del

dente che prende parte all’ingranamento; è compreso fra la sua

circonferenza di testa e un punto, posto in prossimità del fondo, che è a

contatto con la circonferenza di testa della ruota compagna;

— durante il moto d’ingranamento, il punto di contatto T fra i due profili si

muove lungo una linea immaginaria, detta linea dei contatti; nel caso

ordinario dei profili del dente a evolvente, tale linea è una retta

costantemente perpendicolare ai profili nel loro punto di contatto ed è

nota come retta dei contatti;

— l’arco d’azione a è l’arco di primitiva percorso dal profilo nel passare dal

punto A di inizio accesso al punto A' di fine recesso; per individuare l’arco

d’azione si traccia il profilo del dente nelle due configurazioni estreme, dal

punto A di inizio accesso al punto A’ di fine recesso e si evidenziano i

punti di intersezione fra i due profili e la circonferenza primitiva; l’arco

d’azione è suddiviso in due tratti, detti arco d’accesso, se a monte del

punto primitivo C, arco di recesso, se a valle. La lunghezza dell’arco

d’azione non varia se viene misurato sull’una o sull’altra delle

circonferenze primitive;

— la forza scambiata fra due denti a contatto, in assenza di attrito, agisce

lungo la perpendicolare comune ai due profili nel loro punto di contatto;

tale linea è anche detta linea di pressione;

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• il rapporto di condotta ε è espresso come rapporto fra l’arco d'azione a

e il passo p; è un numero puro che deve sempre risultare maggiore di

uno.

• nella [17.7] è conveniente smembrare il rapporto di condotta in due

rapporti parziali, per ogni singola ruota, dove al e a2 sono i tratti di arco

di azione rispettivamente a monte e a valle del punto primitivo, ritagliati

sui cerchi primitivi di ciascuna ruota; nella tabella 17.1 sono riportati i

valori di alcuni rapporti di condotta parziali in funzione del numero di

denti:

[17.7]

Tabella 17.1

Rapporto di condotta in funzione del numero

di denti della singola ruota e dell'angolo di

pressione di 20°

Z 13 15 17 20 25 30 35 45 60 100 oo

a/p 0,72 0,74 0,755 0,78 0,80 0,825 0,845 0,86 0,885 0,92 0,99

Il rapporto di condotta maggiore di uno indica che, nel momento di separazione

di una coppia di denti, la successiva è già entrata nell'arco d'azione.

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Esempio

Calcolare il rapporto di condotta per un ingranaggio formato da due ruote

cilindriche a denti diritti, aventi 25 e 60 denti e con a = 20°.

Soluzione

Si applica la [17.7] sommando i rapporti parziali:

Ciò significa che per il 68,5% dell’arco d’azione si hanno due coppie di

denti in presa, una in accesso e l’altra in recesso; per il restante 31,5%,

nell’intorno del punto primitivo (C) si ha una sola coppia in presa.

Tracciando i due profili per un generico istante di contatto, si può

affermare che il punto T si sposta con una sua velocità vT.

Tuttavia il punto fa parte di entrambe le ruote, essendo punto di contatto,

per cui gli si possono attribuire sia la velocità vt1 riferita al centro ruota 01;

sia la velocità vt2 riferita al centro ruota 02 (Fig.17.12).

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Le due velocità valgono rispettivamente:

in cui il segmento 01T indica la distanza del punto T dal centro di rotazione

O, della ruota 1. E ancora:

in cui il segmento 02T indica la distanza del punto T dal centro di rotazione

02 della ruota 2.

Affinché l’ingranamento avvenga in modo regolare, deve

necessariamente sussistere la seguente relazione fra le velocità:

le proiezioni delle due velocità vT1 e vT2 sulla normale comune n-n

passante per il punto di contatto, devono risultare uguali; entrambe

corrispondono alla velocità vT, con cui il punto di contatto T trasla lungo

la retta dei contatti nel corso dell’ingranamento.

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Se le suddette proiezioni risultano uguali, i due fianchi restano a contatto durante

l’ingranamento, senza urti o compenetrazioni da parte del dente motore e senza

allontanamenti in avanti da parte del dente condotto. La differenza vettoriale fra le due

velocità {Av = vT1 - vT2) rappresenta la velocità relativa, cioè la velocità di strisciamento

tra i due profili.

Nel momento in cui il punto di contatto T passa per il punto di tangenza C fra i due

cerchi primitivi, le due velocità vT1 e vT2 risultano uguali e perpendicolari ai rispettivi raggi

primitivi; la velocità relativa Av si annulla, per cui in quel punto si realizza un rotolamento

puro privo di strisciamento fra i profili dei denti, in ottemperanza alle proprietà dei centri

d’istantanea rotazione. In conclusione si può affermare che:

le circonferenze primitive realizzano un rotolamento puro, cioè senza strisciamento

reciproco; durante il contatto i profili dei denti compiono un moto relativo di rotolamento

più strisciamento; la componente di strisciamento si annulla solo nel punto primitivo C.

Dalla [17.6], si nota come il rapporto di trasmissione è espresso mediante

quattro rapporti fra grandezze diverse che, tuttavia, rimangono sempre

costanti durante tutto l’ingranamento. Al contrario, il punto di tangenza T

varia nel corso dell’ingranamento. Osservando il dente motore dall’accesso

al recesso, si nota che il punto compie una migrazione, risalendo lungo il

fianco attivo fino a raggiungere la circonferenza di testa. Sul fianco attivo

del dente condotto, il punto di contatto scende progressivamente dalla

circonferenza di testa, fino a giungere in prossimità della base.

Quando il punto di contatto sale dalle quote inferiori prossime alla base,

allontanandosi dal centro della sua ruota, il contatto è detto progressivo;

quando il punto di contatto si avvicina al centro della sua ruota, il contatto è

detto regressivo.

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Nonostante questo spostamento, che porta il punto di contatto ad allontanarsi dal

centro O1 della ruota motrice per avvicinarsi al centro 02 della ruota condotta, si

può dimostrare che il rapporto di trasmissione, riferito a una generica posizione del

punto T sulla retta d’azione, rimane costante nel corso di tutto l’ingranamento, a

condizione che in ogni punto di contatto la normale comune passi per il punto

primitivo C di tangenza delle primitive. E necessario, pertanto, individuare il tipo

di curva più opportuno da attribuire ai profili dei denti, tale che rispetti questa

esigenza.

Profilo a evolvente di cerchio

La curva adottata per i fianchi dei denti è l’evolvente di cerchio. Essa ha ormai

sostituito quasi del tutto la cicloide. L’evolvente è una curva piana individuata da

un punto P, fisso su una retta r, vincolata a compiere un rotolamento puro su una

circonferenza di riferimento ( ► Fig. 17.13a).

(b)

Facendo rotolare la retta r prima in un senso poi nell’altro, il punto P descrive

come traiettorie le due evolventi simmetriche, utilizzate per tracciare i due fianchi

del dente. La circonferenza su cui rotola la retta generatrice è detta circonferenza

di base e il suo raggio è indicato come rb. Nella figura 17.13b si osserva

l’operazione di taglio dei fianchi a evolvente,

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per una ruota dentata a denti diritti; la dentatrice utilizza l’utensile a forma di vite,

denominato creatore Pfauter. Il creatore esegue il taglio dei denti secondo il metodo

dell’inviluppo, cioè combinando il moto di asportazione del truciolo con il moto

d’ingranamento.

L’esperimento riportato di seguito evidenzia le proprietà dell’evolvente. Si tracciano due

cerchi base, aventi raggi rbl e rh2, e si uniscono con la retta s tangente a entrambi nei

punti N1 e N2 (F/g. 17.14a).

Si faccia girare la ruota 1 alla velocità costante ω1 e si consideri che la retta si comporti

a tutti gli effetti come una trave vincolata alle ruote, quale può essere uno spago teso

avvolto intorno a entrambe; anche la ruota 2 si pone in rotazione alla velocità trainata

dalla retta s. Le sezioni della retta traslano con velocità costante v, pari alle velocità

periferiche delle ruote, dirette dalla ruota 1 alla ruota 2. In un generico punto T della

retta si ha:

Facendo rotolare sui due cerchi base la tangente comune, il suo punto P descrive due

evolventi che nella figura 17.14c sono poste a contatto in un punto T, che giace sulla

tangente comune.

vT

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I profili a evolvente assolvono la funzione di profili coniugati in quanto, per tutti i punti

in cui avviene il contatto, la normale comune ai due profili passa costantemente per il

punto primitivo C di tangenza dei cerchi primitivi; il segmento intercettato dagli estremi di

contatto T1 e T2 sulla retta d’azione è detto segmento dei contatti.

Osservando dunque il movimento del sistema da un punto esterno fisso, il punto T

viene visto traslare lungo la retta s, invece, osservando il movimento da una posizione

solidale con la ruota 1, ovvero ponendosi in rotazione insieme alla medesima, si

osserva la retta s sulla circonferenza e il punto T che descrive una traiettoria di

allontanamento a forma di evolvente (► Fig. 17.14b). L’esperimento qui descritto

conduce alla seguente conclusione:

il profilo a evolvente garantisce sia l’invariabilità del rapporto di trasmissione sia il

moto uniforme del punto di contatto T lungo la tangente comune, nonché la costanza

dell’angolo di pressione.

Osservazione: due coppie di profdi omologhi consecutivi in ingranamen-to possiedono i

rispettivi punti T'eT" di contatto, che viaggiano a velocità v costante lungo la retta

d’azione: di conseguenza la distanza T'T" è sempre costante; se così non fosse, si

avrebbero ruote con passo variabile, il che renderebbe impossibile ogni forma di

ingranamento.

Dalla figura 17.15 si deduce la seguente relazione che lega i raggi dei cerchi base con i

raggi dei cerchi primitivi. Essendo i triangoli rettangoli 01N1C e 02N2C simili e

riferendosi all’angolo di pressione a, si ottiene:

[17.8]

Il rapporto di trasmissione i può allora essere espresso sia come rapporto fra i raggi

primitivi sia come rapporto fra i raggi dei cerchi base:

La retta di azione è sempre: • tangente ai 2 cechi base • passa per il punto di contatto delle due

circonferenze primitive

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Fig. 17.16

Condizione di ingranamento con

interferenza negativa: il dente

superiore della cremagliera penetra

all'interno del dente compagno

inferiore.

Ricordando che le modalità di ingranamento dipendono solo

dalla forma e dall’orientamento dei profili che a loro volta

dipendono dai cerchi base, deriva la seguente caratteristica

assai importante dei denti ad evolvente: nel caso insorgano

variazioni dell’interasse, l’ingranamento rimane

cinematicamente corretto; non muta il rapporto di trasmissione,

cambia solo l’inclinazione della retta dei contatti.

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INGRANAMENTO CORRETTO

Il problema dell’interferenza

Per ottenere un ingranamento corretto il punto T di contatto, oltre che giacere sulla retta

d’azione, non deve uscire dai profili a evolvente dei due denti. Dato che l’evolvente esiste

solo al di fuori del cerchio di base, derivano due limitazioni:

— il punto di contatto non può sconfinare all’interno del cerchio base;

— il segmento dei contatti non può estendersi al di là del tratto delimitato fra i punti di

tangenza N1 e N2.

E tuttavia possibile avere il cerchio base esterno al cerchio di piede: evidentemente, nel tratto

di fianco compreso fra le due circonferenze, al posto dell’evolvente si dovrà ricorrere a

tracciati di altro tipo, in genere troncoidali o anche semplicemente rettilinei, terminanti con

raccordo di fondo sul cerchio di piede.

Quando l’utensile esegue il taglio del profilo a evolvente e in successione il taglio del

raccordo, si parla di interferenza positiva. Il tratto compreso non può partecipare

all’ingranamento, altrimenti insorgerebbe il fenomeno dell’interferenza.

Si definisce interferenza la condizione di contatto fra i profili in un punto esterno al

segmento N1N2 della linea d’azione, con uno dei due denti che durante l’ingranamento tende

a penetrare all’interno del profilo dell’altro scavandolo in parte ( ► Fig. 17.16). I punti N1

e N2 sono anche detti limiti d’interferenza.

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Una condizione da rispettare per evitare l’interferenza è che la

circonferenza di testa non oltrepassi il punto N della ruota compagna; se

così non fosse, nelle zone inferiori del dente compagno il contatto

avverrebbe lungo tratti non di evolvente e i profili, anziché disporsi

tangenti, tenderebbero a compenetrarsi. E comunque possibile far

ingranare lo stesso senza interferenza le ruote a patto di introdurre

correzioni ai profili, quali l’abbassamento dell’addendum oppure la

generazione in fase di taglio alla macchina dentatrice di un

restringimento alla base del profilo dei denti detto interferenza negativa.

Imporre che gli estremi del segmento dei contatti non oltrepassino i punti

limite N equivale a limitare l’estensione dei cerchi di testa al di là dei

medesimi punti. Fra corona e pignone il rischio di sforamento del limite

va attribuito alla ruota, dato che il pignone, avendo un numero di denti

minore, ha anche tutti i raggi minori, quindi pure il cerchio di testa risulta

più piccolo e, in particolare, più stretto se confrontato con i cerchi di base

e di piede della corona.

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Osservazione: è possìbile costruire ruote con le circonferenze di base esterne alle

circonferenze di piede; si elimina l’interferenza riducendo l’addendum di uno spessore

tale che consenta ai cerchi di testa di toccare i punti limite d’interferenza; la lavorazione

richiede elevati standard di precisione.

Nella figura 17.17 è rappresentata la lavorazione di rettificatura di una ruota a denti

elicoidali.

Numero minimo di denti nell’ingranamento con la cremagliera

Un caso che si presta a considerazioni significative consiste nell’accoppiamento fra

pignone e cremagliera, tenendo oltretutto presente che un metodo assai diffuso di

costruzione delle ruote prevede l’utensile a forma di cremagliera.

La cremagliera è un ruota dentata con andamento rettilineo. Dal punto di vista

geometrico è considerata come una ruota avente il raggio primitivo di lunghezza

infinita, di conseguenza i cerchi caratteristici diventano rette parallele e l’evolvente dei

fianchi degenera in un segmento; convenzionalmente le si attribuisce un numero di

denti infinito.

La condizione limite di non interferenza nell’accoppiamento fra pignone e cremagliera

consiste nell’imporre una frontiera alla penetrazione dell’addendum della cremagliera

all’interno della ruota, rappresentata dal suo centro di curvatura N dell’evolvente. Nella

figura 17.18 è riportata tale configurazione con la retta di testa della cremagliera che

taglia la retta

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d’azione proprio nel punto Ni e incontra perpendicolarmente la congiungente il punto

primitivo C con il centro del pignone O, nel punto C1.

L’addendum ha della cremagliera in questa configurazione limite risulta pari alla

distanza CC1 pertanto si ha:

raccogliendo il raggio primitivo e imponendo all’addendum di non scendere al di sotto

della distanza CC1; si ottiene:

Sostituendo il modulo secondo la [17.5], l’addendum diventa:

da cui, ricordando che nel proporzionamento modulare ha = m, si esplicita il numero di

denti z:

Il valore così trovato per il numero di denti del pignone rappresenta il numero

minimo di denti ammissibile per ottenere un ingranamento privo di interferenza

all’atto dell’accoppiamento con una cremagliera.

Nel caso usuale in cui l’angolo di pressione a = 20°, è immediato trovare che zmi„ = 17

denti.

Regole generali per definire il numero minimo di denti

La determinazione del numero minimo di denti ammissibile nell’ingranamento fra

due ruote è una conseguenza dell’ipotesi secondo cui i due profili sono costantemente

di tipo coniugato. Tale condizione irrinunciabile può essere espressa attraverso

imposizioni dimensionali non equivalenti fra loro, ma geometricamente coerenti nella

loro diversità;

Valida solo nel caso particolare della cremagliera / pignone

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per esempio, una prima ipotesi prevede che il cerchio base non debba posizionarsi

all’esterno del cerchio di piede, per garantire la forma a evolvente sul profilo nella

sua interezza. Analiticamente equivale a imporre che il raggio di piede rf sia maggiore, o

al massimo uguale, al raggio di base rb. Con alcuni semplici passaggi omessi per brevità

si ottiene una formula del numero minimo di denti zmi„:

[17.10]

Nel caso usuale di un angolo di pressione pari a 20°, si ricava zmin = 42. Il valore così ottenuto è

decisamente elevato, tanto più perché con l’adozione, ormai consueta, di acciai da bonifica aventi

elevate caratteristiche meccaniche, nascono dalla progettazione ruote di piccole dimensioni e di

ridotto numero di denti, in grado di sopportare egregiamente elevate sollecitazioni. Il problema si

sposta dunque dal campo dell’analisi strutturale alla determinazione della cinematica dei profili, per

piccoli numeri di denti.

Una seconda ipotesi, meno restrittiva, ammette che il cerchio di base possa estendersi al di là del

cerchio di piede e che quindi non tutto il fianco del dente sia a evolvente, purché sia garantito

l’andamento a evolvente di quella quota di fianco che prende parte all’ingranamento. Come si è detto

in precedenza a proposito dell’interferenza, il dente è tagliato con i fianchi a evolvente per il tratto

esterno al cerchio base e con opportuni raccordi, anche in forma di sottosquadro, in grado di

prevenire compenetrazioni per il tratto interno al cerchio base.

Osservazione: dovendo ricorre ad ampi raccordi per ridurre le concentrazioni delle tensioni che

insorgono nelle sezioni di transizione fra dente e disco ruota, spesso il profilo a evolvente viene interrotto

al di sopra del cerchio base, in tal caso:

si definisce cerchio d’interferenza il cerchio passante per il limite inferiore del profilo a evolvente,

esterno al cerchio base.

Il calcolo del numero di denti prevede la circonferenza di testa della ruota a diametro maggiore, nella

condizione limite di non interferenza, cioè passante per il punto N1 del pignone: in questo modo è

rispettata la regola secondo cui il segmento dei contatti è compreso fra i centri di curvatura delle

evolventi. Pertanto si ottiene una formula che esprime il numero di denti minimo per la ruota piccola,

in funzione del rapporto di ingranaggio u e dell’angolo di pressione a:

[17.11]

Nella tabella 17.2 sono riportati diversi valori del numero minimo di denti per il pignone, calcolati con

la [17.11], Il rapporto di ingranaggio non supera il valore di 4, come consigliato dai costruttori. Per

l’angolo di pressione il valore è pari a 20°. E possibile costruire una ruota dentata avente un numero

di denti

prima ipotesi: 𝑟𝑓 ≥ 𝑟𝑏

Seconda ipotesi: 𝑟𝑓 ≤ 𝑟𝑏

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inferiore a quello minimo: impiegando la cremagliera-utensile, il dente generato si

presenta assottigliato alla base.

Proporzionamento delle ruote dentate cilindriche a denti elicoidali

Negli ingranaggi cilindrici elicoidali i denti non sono paralleli all’asse della ruota, ma

si presentano inclinati di un angolo costante. I fianchi, anche se a prima vista possono

sembrare rettilinei, assumono l’andamento a elica cilindrica. La conseguenza più

rilevante è che l’ingranamento non avviene più in contemporanea su tutta la

lunghezza del dente, bensì su una porzione che trasla lungo la superficie del dente da

un’estremità all’altra. Si consideri un singolo dente di una ruota elicoidale,

rappresentato per semplicità dal segmento HK ( ► Fig. 17.19).

La traccia HK di un generico dente è inclinata dell’angolo β rispetto all’asse.

Durante l’ingranamento con la ruota compagna, l’accesso ha inizio nel punto K, per

poi estendersi al resto del dente, fino a impegnare per ultimo il punto H; in tale

intervallo il cerchio primitivo percorre una rotazione rappresentata dall’arco K'H',

denominato arco di ricoprimento. L’arco di ricoprimento, se rettificato, può essere

posto come cateto verticale del triangolo rettangolo, avente come secondo cateto la

larghezza della fascia dentata b e come ipotenusa il segmento HK.

Fig. 17.19

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da cui si ottiene:

[17.12]

La larghezza della fascia dentata b, per la ruota elicoidale, è espressa dalla

seguente formula:

dove la costante λ assume valori compresi fra 10 e 30.

L’importanza dell’arco di ricoprimento è evidenziata dalla seguente

definizione con cui si estende il concetto di arco di azione alle ruote

elicoidali:

La tangente dell’angolo dell’elica è pari al rapporto fra i cateti

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nelle ruote elicoidali è pari alla somma dell’arco di ricoprimento con

l’arco di primitiva compreso fra il profilo del dente nelle due

configurazioni estreme di inizio accesso e fine recesso.

Da tale affermazione ne consegue che una maggiore estensione dell’arco

di azione della ruota elicoidale determina un numero maggiore di coppie di

denti in presa contemporanea, rispetto alle ruote a denti diritti, a vantaggio

di una migliore distribuzione delle forze fra i denti, una maggiore coppia

motrice trasmissibile a parità d’ingombri, una progressività

dell’ingranamento e un’elevata silenziosità.

Osservazione: la ruota a denti elicoidali può essere intuitivamente

descritta come una ruota a denti diritti, che viene affettata in dischi sottili

eseguendo sezioni normali all’asse; a ogni disco, rispetto al precedente,

viene imposta una rotazione intorno all’asse ruota, di un angolo pari

all’angolo dell’elica; pertanto si ottiene un pacco di ruote che, durante la

trasmissione, entrano in accesso con la propria ruota compagna, una per

volta, in sequenza regolare; l’ingranamento avviene allora con un elevato

numero di ruote contemporaneamente in presa e procede in modo dolce e

progressivo.

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Geometria e proporzionamento ruote

Si consideri il cilindro primitivo avente come asse l’asse ruota e come base

il cerchio primitivo. L’intersezione fra il cilindro primitivo e il dente è

un’elica cilindrica, detta elica primitiva. L’inclinazione della tangente

all’elica primitiva, rispetto all’asse ruota, è detta angolo dell’elica β

(Fig.17.20a).

Sviluppando il cilindro in piano, la circonferenza primitiva e la generatrice

diventano i due cateti, mentre l’elica degenera in ipotenusa (Fig. 17.20b).

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Esempio 2

Un ingranaggio è formato da due ruote cilindriche a denti elicoidali, aventi

25 e 60 denti, con modulo normale 2,5 mm, angolo dell’elica β = 25°,

coefficiente λ = 15 e angolo di pressione a = 20°.

Calcolare il rapporto di condotta.

Soluzione

Si riprendono i dati dell’analogo esercizio del paragrafo 17.3, per

confronto. Per l’ingranaggio a denti diritti, avendo applicato la [27.7], si

era trovato che il rapporto di condotta, somma dei due rapporti parziali,

valeva ε = 1,685.

Per l’ingranaggio elicoidale a pari numeri di denti si deve

sommare al valore precedente l’arco di ricoprimento eβ, diviso

il passo trasversale pt. Dal modulo trasversale si ricava il

passo trasversale:

Si calcola la larghezza b della fascia dentata:

b = λmt = 15 x2,7584 = 41,376 mm

Per la [17.12] l’arco di ricoprimento vale:

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Infine si ricava l’arco di condotta, ottenuto sommando l’arco di ricoprimento

diviso il passo trasversale all’arco di condotta precedentemente calcolato per le

ruote a denti diritti:

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Numero minimo dei denti per le ruote elicoidali

Per definire il numero minimo dei denti si fa riferimento alle formule

ricavate in precedenza per le ruote a denti diritti, in particolare, alla [17.9].

Innanzitutto si identifica una ruota fittizia a denti diritti equivalente

a quella data su cui condurre il calcolo del numero minimo di denti

(Fìg17.22a). La costruzione della ruota fittizia avviene nel seguente

modo (Fìg. 17.22b):

— si individua un piano normale al dente elicoidale e passante per il suo

punto di mezzo;

— si interseca la ruota con il piano di traccia A-A;

— la sezione A-A della ruota ottenuta ha forma ellittica, con il semiasse

minore pari al raggio primitivo r e il semiasse maggiore pari al raggio

primitivo r, diviso il coseno al quadrato dell’angolo dell’elica β;

— si costruisce un tratto di circonferenza tangente internamente

all’ellisse nel punto a semiasse minore; il suo raggio è pari al semiasse

maggiore;

— la circonferenza ideale così individuata è detta circonferenza

osculatrice e viene assunta come cerchio primitivo equivalente,

ospitante un numero di denti ideale zid. Il modulo dei denti diritti ideali

coincide con il modulo normale dei denti elicoidali della ruota reale.

𝑚𝑖𝑑 = 𝑚𝑛 (mn ruota reale)

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In conclusione, poiché z indica il numero di denti della ruota elicoidale e

zid indica il numero di denti ideale della ruota equivalente, si ricava la

[17.19]:

Ricordando che nell’accoppiamento ruota-cremagliera la [17.9] dava come

numero minimo di denti zmin = 17, per un angolo di pressione di 20°, e

sostituendo tale valore nella [17.19] si ricava il numero minimo di denti

per la ruota elicoidale:

[17.21]

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Esempio

Calcolare il numero minimo di denti per una ruota elicoidale, avente

angolo dell’elica β = 15°.

Soluzione

Applicando la [17.21] si ottiene:

Le ruote elicoidali ammettono quindi un numero minimo di denti inferiore

a quanto prescritto per quelle a denti diritti, in conseguenza

dell’inclinazione del dente rispetto all’asse di rotazione.

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POTENZE E FORZE SCAMBIATE FRA I DENTI IN PRESA

Potenza e rendimenti

Una quota della potenza trasmessa attraverso i denti viene dispersa a causa

degli attriti fra i profili coniugati. La differenza Av fra le velocità dei due

denti nel loro punto di contatto, come indicato nella figura 17.12, è causa

di un moto relativo di strisciamento, da cui deriva la presenza di forze di

attrito agenti lungo la tangente comune ai profili. L’esigua entità delle

perdite, particolarmente contenute nel caso di ingranaggi inscatolati e

lubrificati, consente di eseguire con buona approssimazione lo studio

dinamico della trasmissione, trascurando l’effetto degli attriti: questa

condizione è nota come esercizio ideale.

Nell’esercizio ideale si assume il rendimento di trasmissione ƞT unitario,

per cui si può affermare che:

in cui la potenza è indicata come prodotto del momento torcente sulla

ruota, espressa in Nm, per la velocità angolare, espressa in rad/s.

Richiamando la [17.6], la formula del rapporto di trasmissione si

completa introducendo i momenti sulle ruote:

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Esiste una formula, per la cui dimostrazione si rimanda a testi specialistici,

che esprime il rendimento medio ƞ della trasmissione nel caso di due

coppie di denti in presa in contemporanea; essa è in funzione dei numeri di

denti delle due ruote e del coefficiente di attrito radente f fra le superfici:

[17.22]

Si utilizza il segno positivo per ingranaggi esterni, il segno negativo per

quelli interni. Il coefficiente f assume i valori compresi fra 0,4 e 0,1 per

denti a finitura superficiale non elevata; fra 0,20 e 0,10 per denti a buona

finitura superficiale e semplicemente ingrassati; fra 0,01 e 0,05 per denti a

elevata finitura superficiale e ben lubrificati. Nella maggioranza dei casi il

rendimento assume valori compresi fra 0,98 e 0,99.

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Soluzione

Si applica la [17.22], assumendo il valore medio fra quelli indicati in

precedenza, con f- 0,03:

Esempio

Calcolare il rendimento per un ingranaggio formato da due ruote di buona

finitura e abbondante lubrificazione, aventi z1 = 37 denti e z2 = 22 denti.

Il rendimento è superiore al 99%.

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Forze scambiate fra le ruote cilindriche a denti diritti

Lo studio delle forze avviene in condizioni ideali, ipotizzando un’unica

coppia di denti in presa nell’istante di transito per il punto primitivo C,

con contatto puntiforme. Si indica con F il carico scambiato dai profili

nel punto primitivo C; esso agisce normalmente alle superfici e ha come

direzione la retta d’azione. La forza F ha verso uscente dal profilo 1

(azione) ed entrante nel profilo 2, uscente dal profilo 2 ed entrante in 1

(reazione ). La forza F viene scomposta in due componenti, una radiale

Fr e una tangenziale Ft secondo le seguenti relazioni:

Fr = F sen a

Ft = F cos a

Dividendo fra loro le due relazioni della [17.23] si ottiene una formula

che lega direttamente le componenti radiale e tangenziale:

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La forza Ft, moltiplicata per il raggio primitivo della ruota, è il momento

torcente che viene trasmesso dall’albero su cui la ruota è calettata:

Mt = Ff rp

La forza Ft è anche responsabile della flessione dell’albero su cui è

calettata la ruota; per vedere meglio l’effetto flessione, basta spostare la

forza Ft di una distanza pari al raggio primitivo, ovvero dal punto

primitivo C fino sull’asse dell’albero, applicando il teorema della

trasposizione di una forza parallelamente a se stessa. L’albero risulta caricato

dalla forza traslata sul suo asse che ne causa la flessione, con in aggiunta un

momento che genera la torsione.

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Esempio

Un ingranaggio, che collega l’albero motore con l’albero di un utilizzato-

re, è formato da due ruote cilindriche a denti diritti, aventi modulo

m=2,25mm (Fig. 17.24a). La ruota 1 motrice è disposta superiormente e

ha 21 denti, mentre la ruota 2 finale ha 54 denti. L’albero motore gira in

senso orario (se visto dal lato del motore) a n1 = 740 giri/min e trasmette

una potenza Pl = 2,8 kW. Calcolare e disegnare le forze trasmesse dalla

ruota motrice sulla ruota condotta, evidenziando i versi e il momento

torcente che agisce sull’albero di uscita (Fig. 17.24b). Trascurare le perdite

di attrito d’ingranamento.

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Soluzione

Si indica la velocità angolare della ruota 1, espressa in rad/s:

Si calcola il momento motore sull’albero 1 come rapporto fra la potenza,

espressa in watt, e la velocità angolare, espressa in rad/s:

Si ricava la forza tangenziale F t eseguendo il rapporto fra il momento

motore M1 e il raggio primitivo avente funzione di braccio:

I due diametri primitivi valgono:

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Dalla prima relazione espressa dalla [17.23], nota la forza tangenziale Ft,

si risale alla forza totale F:

Si calcola, infine, la componente radiale Fr considerando il rapporto

diretto fra le due componenti di F:

Il momento torcente sull’albero di uscita è pari al prodotto della forza

tangenziale per il raggio primitivo della ruota 2:

Come verifica, si calcola la potenza sull’albero uscente che dovrà risultare

uguale alla potenza entrante, avendo supposto unitario il rendimento di

trasmissione. Occorre pertanto conoscere il rapporto di trasmissione:

e infine la potenza:

La verifica ha dato esito positivo, confermando il valore della potenza.

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Forze scambiate fra le ruote cilindriche a denti elicoidali

Anche in questo caso si prende come riferimento un’unica coppia di denti

in presa nell’istante di transito per il punto primitivo C; il carico totale F

che agisce sul dente è diretto normalmente alle superfici dei profili lungo

la retta d’azione. Nella figura 17.25 è schematizzato un dente della ruota

condotta sottoposto al carico F proveniente dal dente compagno, non

rappresentato nella figura; a causa dello sviluppo obliquo del dente, il

carico totale giace su un piano inclinato dell’angolo (90°-β),

complementare all’angolo dell’elica β, rispetto all’asse ruota. Dopo aver

ribaltato verso destra la sezione N-N, perpendicolare al dente, si può

scomporre la forza risultante F in due componenti, una Fr radiale e l’altra

Fb contenuta in un piano tangente ai cilindri primitivi:

[17.24]

figura 17.25

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La forza Fb viene scomposta in una componente assiale Fa e in una

tangenziale Ft. La forza assiale si scarica lungo l’albero su cui la ruota è

calettata:

[17.25]

Ponendo a rapporto le espressioni [17.25] si ottiene una relazione che lega

le componenti assiale e tangenziale:

Sezionando la ruota rappresentata nella figura 17.25, con il piano M-M

passante per il punto primitivo C e perpendicolare all’asse di rotazione, si

evidenziano le componenti Ft tangenziale e Fr radiale, fra loro ortogonali;

la loro risultante F' non solo è inclinata dell’angolo di pressione

trasversale at rispetto alla forza F t, ma anche dell’angolo β rispetto alla

forza totale F.

Richiamando la [17.20], che pone in relazione i due angoli di pressione, si

ha:

Pertanto le componenti assiale e radiale sono poste in funzione della

componente Ft, direttamente deducibile dal momento motore, in base alla

consueta relazione:

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Esempio

Calcolare le forze scambiate fra i denti e i momenti agenti sui due alberi per la

coppia di ruote dentate cilindriche a denti elicoidali, aventi i seguenti numeri di

denti: z1 = 17; z2 = 81, sapendo che l’albero in uscita gira alla frequenza n2 = 10

giri/s; mn= 4 mm; αn = 20°; β = 25°; potenza trasmessa P = 25 kW.

Soluzione

Si calcola il modulo trasversale:

I due diametri primitivi valgono:

L’angolo di pressione trasversale misura:

da cui si risale all’angolo αt :

La velocità dell’albero uscente v2 vale:

Il momento torcente sull’albero uscente vale:

La forza tangenziale Ft è ottenuta dal momento motore:

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Il momento sull’albero motore vale:

La forza tangenziale Ft è ricavabile anche per altra via:

La forza totale scambiata fra i denti in presa vale:

La forza normale Fn deriva dalla forza tangenziale:

Infine si calcola la forza assiale:

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Ruote dentate bielicoidali

L’impiego delle ruote bielicoidali è riservato a trasmissioni a elevata

potenza, in particolare per grandi impianti industriali e per trasmissioni del

moto sulle grandi navi. Esse hanno i denti con inclinazione opposta,

allineati sulle due metà della ruota. I denti possono essere in pezzo unico o

separati nel mezzo da un solco circonferenziale, ma in ogni caso

l’ingranaggio bielicoidale è inteso dal punto di vista dinamico come due

coppie di ruote simmetriche accoppiate. Il principale vantaggio consiste

nell’ingranamento sdoppiato su due ruote, le cui eliche con inclinazioni

opposte generano spinte assiali contrapposte, quindi sono in grado di

annullarsi; il vantaggio, in termini di riduzione dei carichi sui cuscinetti, è

rilevante ( VFig. 17.1c).

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CALCOLO STRUTTURALE DELLA DENTATURA

La progettazione delle ruote dentate si basa sulla determinazione del

modulo attraverso calcoli strutturali, nei quali si tiene conto delle forze

trasmesse e della resistenza del materiale impiegato. Noto quindi il valore

del modulo, diventa immediato il proporzionamento di tutta la dentatura,

applicando le relazioni geometriche viste in precedenza.

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Dimensionamento a flessione delle ruote cilindriche a denti

diritti

Il dente si presenta come una mensola incastrata sul disco ruota e, come

tale, è sottoposto a flessione dalla forza scambiata con il dente compagno

per la durata del contatto, dopodiché esso rimane scarico. Da questa

osservazione si è sviluppata la metodologia di dimensionamento a fatica

mediante calcolo a flessione del singolo dente.

Per un calcolo rapido e tutto sommato di discreta approssimazione, si

posiziona una coppia di profili coniugati nel plinto primitivo C,

dopodiché si suppone, in modo semplificativo, che essa sia l’unica

coppia di denti in presa; inoltre si trascura la forza radiale e si ipotizza

che la forza tangenziale sia applicata sulla testa del dente, cioè sul

diametro esterno anziché sul diametro primitivo, e che la sezione

d’incastro in corrispondenza dello spessore di piede abbia altezza pari a

metà passo, come evidenziato negli schemi della figura 17.28a.

17.28a.

Fig. 17.28

Rappresentazione del dente sottoposto a

flessione:

a) schema reale;

b) schema di carico semplificato.

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Risolvendo secondo la teoria della trave semplicemente incastrata a un

estremo e caricata con la forza Ft sull’estremo libero, si ottiene

un’equazione di equilibrio alla flessione nell’incastro che, risolta rispetto al

modulo m, dà:

Nella formula compare il momento torcente corretto Mcorr, ottenuto

moltiplicando il momento torcente che agisce sulla ruota per un fattore di

servizio fs. Il fattore di servizio è un coefficiente scelto dal progettista e

tiene conto della presenza di sovraccarichi, contraccolpi, elevate coppie

allo spunto. Esso è indicato nella fabella 17.3.

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Esprimendo il momento torcente Mt in Nmm, i valori del fattore di servizio

fs, del coefficiente A, della tensione ammissibile oamm (espressa in

megapascal ) e del numero di denti z devono essere scelti in fase di

progettazione; inserendoli nella [17.26] si ricava un valore di modulo,

espresso in millimetri, tendenzialmente sovradimensionato, tuttavia

accettabile.

La metodologia di calcolo a flessione subì un’evoluzione in seguito agli

studi svolti dal tecnico americano Wilfred Lewis (1892), in merito alla

forma arcuata dei fianchi del dente (Fig. 17.28a) e all’effetto della

velocità. Le ipotesi assunte sono le seguenti:

• il carico è applicato sullo spigolo del dente, come realmente avviene in

fase di accesso e recesso;

• il carico è applicato su una sola coppia di denti in presa;

• il carico radiale che genera compressione è trascurabile;

• il carico è distribuito in modo uniforme lungo tutta la larghezza b del

dente;

• le forze dovute all’attrito sono trascurabili.

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Lewis tracciò internamente al dente un solido a uniforme resistenza, a

profilo parabolico, e individuò la sezione di massima sollecitazione in

corrispondenza dei punti di contatto fra parabola ideale e il profilo reale

del dente ( ► Fig. 17.29a); nella figura 17.29b è tracciato l’andamento

delle tensioni di flessione nella sezione più sollecitata.

In tale sezione la tensione massima risulta essere pari a:

[17.27]

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Nella formula compare il coefficiente di forma y noto come fattore di

Lewis, ricavato in funzione dell’angolo di pressione α e del numero di

denti z secondo le seguenti relazioni:

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nella quale, oltre ai termini già noti, compare il coefficiente di

maggiorazione dinamica del carico Xv, che tiene conto dell’effetto della

velocità periferica secondo la seguente formula:

in cui v indica la velocità periferica del dente, espressa in m/s e misurata

sulla circonferenza primitiva, e A indica un opportuno coefficiente

empirico, compreso fra i valori A = 3, per ingranaggi meno precisi come

lavorazione, adatti per ruote lente aventi velocità periferica v < 5 m/s;

A=6, per ingranaggi precisi, adatti per ruote veloci con velocità v

compresa fra i 5 e i 20 m/s.

Poiché la velocità periferica non può essere definita a priori, in assenza

del diametro primitivo, conviene ipotizzare un valore di tentativo per il

coefficiente Xv, pari per esempio a un valore compreso fra 0,4 e 0,7, a

seconda che la ruota sia, rispettivamente, veloce o lenta. In base al

modulo così trovato, si calcola il coefficiente Xv: se risulta maggiore,

uguale, o anche di poco minore, al valore di primo tentativo, il calcolo

può dirsi concluso; se risulta minore, conviene reiterare il calcolo del

modulo.

[17.28]

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In fase di verifica si esprime la [17.28], ponendo la tensione a primo

membro e calcolandola in base alle altre grandezze costruttive. La

tensione così trovata è la tensione di lavoro ϭl.

Affinché la verifica dia esito positivo, occorre che la tensione di lavoro

(ϭl risulti inferiore alla tensione ammissibile ϭamm.

Osservazione: nel calcolo di verifica, essendo il modulo già noto, si deve

procedere determinando dapprima il diametro primitivo, poi la velocità

periferica e il coefficiente Xv, infine si risolve la [17.30],

[17.30]

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Esempio

La coppia di ruote dentate cilindriche a denti diritti, con numeri di denti

z1 = 20 e z2 = 30, modulo m = 3 mm, coefficiente λ = 12, è costruita in

acciaio da bonifica 34 Cr 4 e possiede una tensione ammissibile pari a

ϭamm = 170 Mpa

Verificare se sono in grado di sopportare una potenza di 7 kW.

La ruota motrice è il pignone, rotante alla frequenza di 2800 giri/min.

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Soluzione

Si trasformano i giri/min in rad/s:

Si calcola il momento motore:

Non essendo state date indicazioni, si presume che l’ingranaggio lavori

in servizio normale senza sovraccarichi, pertanto dalla tabella 17.3 si

ricava un fattore di servizio fs = 1,1, con il quale si corregge il momento

motore M1:

Il diametro primitivo de1 del pignone vale:

La velocità periferica sulla circonferenza primitiva vale:

Il fattore di Lewis y vale:

Per il coefficiente di maggiorazione dinamica del carico Xv si assume il

valore A = 4,5 che è il valore circa intermedio fra gli estremi, per cui si

ha:

Infine con la

[17.30] si

ottiene la

tensione di

lavoro:

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Dimensionamento a usura delle ruote cilindriche a denti diritti

La capacità di carico da parte della dentatura di un ingranaggio è limitata

dall’insorgere di rotture, di surriscaldamenti e soprattutto di usura

superficiale:

si definisce usura superficiale qualsiasi fenomeno di natura dinamica

che altera forme, dimensioni, rugosità superficiale dei profili a contatto.

L’usura diventa distruttiva quando si tramuta in una forma di consumo

sempre più profondo e progressivo. La perdita di materiale superficiale

provoca urti e irregolarità nel contatto fra i profili, rumorosità e

vibrazioni progressivamente crescenti, fino a richiedere la sostituzione

delle ruote, prima ancora del sopraggiungere di rotture dovute

all’indebolimento strutturale del dente.

L’usura è fortemente influenzata dagli sforzi nei punti di contatto, dalle

alte velocità di rotazione e, di conseguenza, dalla frequenza dei contatti,

ma anche dalle caratteristiche dei materiali, dalla precisione della

lavorazione, dalle modalità d’esecuzione del trattamento termico e

dall’efficacia della lubrificazione.

Lo sviluppo di una metodologia di calcolo, riferita ai fenomeni di

usura, richiese lunghi studi e numerosi rilievi sperimentali. Nel 1926 il

ricercatore Earle Buckingham del MIT di Boston presentò all’AGMA

uno studio fondato sulla teoria delle pressioni di contatto, frutto di

sette anni di prove sperimentali, che offriva un metodo per determinare

a calcolo i carichi limite ammissibili per prevenire l’usura.

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[17.31]

[17.32]

Nel caso assai frequente in cui entrambe le ruote siano in acciaio, la

[17.32] si semplifica in una delle due formulazioni:

[17.33]

a seconda dell’unità di misura adottata per il modulo elastico normale.

Il valore della pressione massima pamm ammissibile fra i denti è

proporzionale alla durezza superficiale e tiene conto del numero di giri n

della ruota e del numero h di ore di funzionamento previste, secondo la

seguente relazione:

Dalla teoria di Hertz è stata dedotta la [17.31], che esprime il valore

massimo raggiunto dalla pressione di contatto nell’area di appoggio fra i

denti (Fig. 17.31).

in cui il pedice 1 identifica le grandezze relative alla ruota motrice,

mentre il coefficiente K1 tiene conto dei moduli elastici E delle ruote e

vale:

[17-34]

2,45 se HB = F/S [N/mm2] 24,5 se HB è calcolato con la formula HB = 0,102 F/S [da N/mm2] per avere sempre pamm [N/mm2]

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Nella formula compare, a numeratore, l’indice di durezza Brinell HB

espresso in unità Brinell [daN/mm2], per cui anche la pressione pamm

assume la medesima unità di misura. Alcuni valori indicativi per la durata

h in ore sono riportati nella labella 17.5.

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La verifica a usura consiste nel valutare la pressione massima pamm

ammissibile mediante la [17.34]. Inserendo i dati della ruota più sollecitata

nella [17.31] si ottiene la pressione pmax. La verifica fornisce esito positivo

se pmax risulta inferiore a pamm.

La progettazione a usura prevede una formula ottenuta dalla [17.31],

nella quale il modulo da calcolare è espresso in funzione del momento

torcente corretto (misurato in N mm), applicato sulla ruota più piccola da

progettare, della pressione ammissibile (espressa in N/mm2), del fattore di

velocità fv e dei coefficienti C e λ:

I valori del coefficiente C, per ruote in acciaio e per un angolo di pressione

di 20°, sono riportati nella tabella 17.6; il coefficiente C è anche

calcolabile mediante la [17.36],

[17-35] [17.36]

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Il fattore di velocità periferica è tabulato nella tabella 17.7; pertanto si ha:

Osservazione: utilizzando la [17.35] in fase di progettazione, occorre

procedere per iterate, lanciando il calcolo con un primo valore di

tentativo per il fattore di velocità fv dell’ordine di 0,55~-0,6; trovato il

modulo, si calcola la velocità periferica, si aggiorna il fattore di velocità e

si applica una seconda volta la [17.35], ottenendo il valore definitivo del

modulo.

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Metodologie di progetto

È opportuno eseguire il calcolo del modulo a flessione e successivamente

la verifica a usura nei casi in cui:

• le ruote siano lente;

• le forze scambiate siano intense, magari in presenza di sovraccarichi ed

elevate coppie di spunto;

• siano impiegati acciai da trattamento termico superficiale o da

trattamento termochimico, in grado di innalzare fortemente la durezza

superficiale;

• si ritiene che la causa più probabile di messa fuori uso dell’ingranaggio

consista nella rottura a fatica del dente.

È opportuno eseguire il calcolo del modulo a usura e successivamente la

verifica a flessione nei casi in cui:

• le ruote siano veloci;

• le forze scambiate siano regolari, o comunque poco variabili, fra spunto

e funzionamento a regime;

• siano impiegati acciai da bonifica che innalzano la tenacità e offrono un

buon comportamento a fatica;

• si ritiene che la causa più probabile di messa fuori uso dell’ingranag-

gio consista nel danneggiamento superficiale del dente per usura.

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Esempio 1

Dimensionare una coppia di ruote dentate cilindriche, a denti diritti, che

equipaggiano un impianto industriale. L’albero motore, che ruota a

n1=1000 giri/min, trasmette la potenza P = 12 kW, con un rapporto di

trasmissione i = 2,5.

Il motore elettrico non presenta elevata coppia allo spunto; il servizio è

normale, a pieno carico continuativo; durante l’esercizio sono previsti

sovraccarichi anche del 100%, brevi ma frequenti. Eseguire il

dimensionamento a fatica e la verifica a usura.

Soluzione

Il calcolo sarà condotto sul pignone motore 1, eseguendo dapprima il

progetto a fatica, poi la verifica a usura. Si trasforma la velocità angolare

da giri/min a rad/s:

Il momento motore sul pignone vale:

Il momento corretto è ottenuto moltiplicando il momento sul pignone per il

fattore di servizio, desunto dalla tabella 17.3:

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Si scelgono i numeri di denti delle due ruote e il tipo di materiale. Con i

numeri di denti z1 = 20 e z2 = 50 si realizza il rapporto di trasmissione

richiesto. Come materiale si ipotizza l’acciaio da bonifica 34 Cr 4, avente

durezza HB = 245 e ϭamm = 170 N/mm2. Inoltre si ipotizzano il coefficiente

α = 15 e il valore di primo tentativo per il coefficiente di maggiorazione

dinamica del carico Xv = 0,4. Il fattore di Lewis y = 0,32 è letto dall’abaco

rappresentato nella figura 17.30. Con questi dati si esegue il calcolo del

modulo secondo la formula della fatica a flessione [17.28], avendo cura di

esprimere tutte le lunghezze in millimetri, il momento motore in Nmm e

avendo posto a denominatore la tensione ammissibile:

Il modulo di primo tentativo viene arrotondato al valore unificato m - 4

mm. Occorre pertanto verificare la validità del coefficiente di

maggiorazione dinamica del carico. I diametri primitivi delle due ruote

sono:

La velocità periferica del pignone vale:

Considerando la [17.29], con A = 4, si ottiene il valore indicativo di una

precisione discreta di lavorazione:

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Si calcola la pressione effettivamente scambiata dai denti delle due ruote

mediante la [17.31]:

superiore al valore ipotizzato, per cui è inutile ripetere il calcolo del

modulo e si conferma m = 4 mm.

La verifica a usura chiede di fissare il valore di pressione di contatto

ammissibile pamm secondo la [17.34]; si assume una durata h = 20 000 ore

di funzionamento:

Il valore così ottenuto è notevolmente superiore al valore ammissibile, per

cui la verifica ha dato esito negativo. Una soluzione può consistere, per

esempio, nell’adozione di un materiale di caratteristiche meccaniche

analoghe a quello scelto inizialmente, ma suscettibile di trattamento

termico, o termochimico, allo scopo di aumentare la durezza superficiale.

Si opta per l’acciaio C 48, da sottoporre a tempra a induzione, con una

tensione ammissibile simile al precedente acciaio, ma con durezza HB =

530. Assumendo prudenzialmente un valore indicativo HB = 450 e

inserendo lo nella [17.34] si ricava una pressione ammissibile quasi

raddoppiata, quindi ben superiore alla pressione massima:

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Esempio 2

Eseguire il dimensionamento di una coppia di ruote dentate cilindriche, a

denti diritti, che equipaggiano il riduttore di un ventilatore. L’albero

motore ruota a n1- 3000 giri/min, trasmette la potenza P = 3,2 kW e ha un

rapporto di trasmissione i = 1,75. Il motore elettrico non presenta elevata

coppia allo spunto; l’esercizio è continuativo, ma senza sovraccarichi e

spesso a carico ridotto. La lavorazione delle dentature è precisa.

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Soluzione

È questo un caso di ruote veloci con funzionamento regolare, per cui il pignone-

motore 1 sarà dapprima progettato a usura, poi verificato a fatica. Si trasforma la

velocità angolare da giri/min a rad/s:

Il momento motore sul pignone vale:

Il momento corretto coincide con il momento sul pignone, essendo unitario il

fattore di servizio ricavato dalla fabella 17.3:

Si scelgono i numeri di denti delle due ruote e il tipo di materiale. La scelta cade

su numeri di denti piuttosto bassi: z1 = 18 e z2 = 27. Come materiale si ipotizza

un acciaio da fucinare Fe 500, avente durezza HB =150 pamm = 390 N/mm2 e

ϭamm = 150 N/mm2. Inoltre si ipotizzano il coefficiente λ = 12 e il valore di primo

tentativo per il fattore di velocità fv= 0,55. Il coefficiente C viene

calcolato come media dei valori riportati nella tabella 17.6, in

corrispondenza dei rapporti di ingranaggio u = 1,5 e u = 2, prendendo

come riferimento il numero di denti del pignone z = 18.

Con questi dati si applica la [17.35]:

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Nella tabella 17.7si trova, mediante interpolazione, il valore definitivo di fv

= 0,58. E inutile ricalcolare il modulo, dato che il nuovo fv è superiore a

quello di primo tentativo e va inserito a denominatore della [17.35],

Pertanto si conferma m = 3 mm.

La verifica a fatica si basa sulla [17.28], nella quale verranno inseriti i

valori già ottenuti dal calcolo precedente. Per il calcolo del coefficiente di

maggiorazione dinamica del carico Xv si assume A = 5, per tenere conto

della precisione di lavorazione, per cui si ottiene:

Il fattore di Lewis y vale:

e la tensione di lavoro a fatica vale:

La tensione di lavoro è decisamente inferiore alla tensione ammissibile, per

cui la verifica a fatica ha dato esito ampiamente favorevole.

Si sceglie il modulo unificato m = 3 e si calcolano il diametro primitivo

del pignone e la velocità periferica:

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Dimensionamento a flessione delle ruote a denti

elicoidali

Il progetto a fatica dei denti elicoidali segue la stessa procedura per le

ruote a denti diritti. La [17.37], derivata dalla [17.28] per tenere conto

dell’inclinazione del dente, espressa dall’angolo (5, fornisce il modulo

normale della dentatura:

il coefficiente y' di Lewis viene dedotto con la [17.27], con l’avvertenza

di inserire il numero di denti ideale zid. Nel caso assai frequente di α=20°

la [17.27] diventa:

in cui il numero di denti ideale è espresso dalla [17.19].

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Dimensionamento a usura delle ruote a denti elicoidali

Anche il progetto a usura dei denti elicoidali non si discosta dalla procedura

per le ruote a denti diritti, se non per alcuni adattamenti.

La [17.38], derivata dalla [17.31] per tenere conto dell’inclinazione del dente,

espressa dall’angolo β, fornisce la pressione massima:

L’angolo di pressione che compare è l’angolo trasversale, legato all’ango¬

lo normale dalla [17.20], La larghezza b di fascia del dente è

proporzionale al modulo normale secondo la seguente relazione:

La formula risolutiva del modulo normale [17.39] è ottenuta dalla [17.35]\

è cambiato il coefficiente C, ora denominato Cel, mentre all’interno della

radice compare anche il coseno dell’angolo dell’elica:

Il nuovo coefficiente Cel è ottenuto dalla [17.40], che differisce dalla

[17.36] per avere a denominatore la funzione sen 2αt:

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Esempio

Eseguire il dimensionamento di una coppia di ruote dentate cilindriche a

denti elicoidali, per una trasmissione avente un rapporto di trasmissione i

= 3,5. L’albero motore trasmette la coppia motrice M1 = 188 N m e ruota

a ω = 320 rad/s. L’inclinazione del dente è β = 22,20°.

Viene richiesto l’uso di un acciaio da cementazione. L’impianto lavora

con servizio normale, a pieno carico continuativo e con sovraccarichi

brevi e frequenti del 25%. La durata di funzionamento prevista per il

macchinario è di 10 000 h.

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Soluzione

Si tratta di un caso di ruote veloci, per le quali si intende ridurre i rischi di

deterioramento per usura adottando un materiale assai duro,

superficialmente in seguito al trattamento di cementazione. Conviene

pertanto progettare il pignone 1 dapprima a fatica e successivamente

verificarlo a usura. Si scelgono i valori per i numeri di denti, adottando

numeri non particolarmente ridotti, dato che il testo non evidenzia

problemi di ingombri, pertanto si adotta z1 = 24 e z2 = 84. Il materiale

adottato è l’acciaio da cementazione 16 Cr Ni 4, le cui caratteristiche sono

riportate nella tabella 17.4: ϭamm = 240 MPa; pamm = 1300 MPa; HB = 650.

Conviene eseguire il calcolo del modulo applicando dapprima il metodo a

fatica. Si calcola il momento motore corretto, assumendo un fattore di

servizio fs = 1,1, dedotto dalla tabella 17.3:

Il numero di denti zid, secondo la [17.19], vale:

Il coefficiente di Lewis y secondo la [17.27], vale:

Si assume λ = 20 per la larghezza di fascia e Xv = 0,4 come valore di primo

tentativo, tipico di una ruota veloce. Infine si ha la [17.37]:

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A questo punto si ritara il coefficiente di maggiorazione dinamica del

carico Xv, in base alla [17.29], avendo assunto A = 6:

si arrotonda il valore ottenuto a 3 mm.

Dalla [17.16] si deduce il modulo trasversale mt:

Dalla [17.18] si deduce il diametro primitivo:

da cui si ottiene la velocità periferica v:

Inserendo il nuovo valore di Xv, nella [17.37\ si ritara il valore del

modulo normale:

Pertanto si conferma il valore mn = 3 mm.

Si esegue ora il calcolo a usura come verifica del modulo precedente-

mente determinato a fatica. Innanzitutto si determina il valore di

pressione di contatto ammissibile, in funzione della durata prevista in ore

di funzionamento; applicando la [17.34] si ottiene:

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Il valore così ricavato è inferiore a quello massimo previsto nella tabella 17.4. Occorre pertanto conoscere anche l’angolo di pressione trasversale. Si impiega la [17.20] ponendo in evidenza la tangente di αt:

Si conferma mn= 3 mm.

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Ruote dentate coniche

Per lo studio dell’ingranamento fra due ruote dentate coniche è

opportuno riferirsi, come per le ruote cilindriche, a una coppia di ruote

coniche di frizione: i coni primitivi delle ruote dentate corrispondono alle

superfici coniche di contatto possedute da due ipotetiche ruote di

frizione, aventi pari rapporto di trasmissione, che rotolano l’una sull’altra

senza strisciare ( ► Fig. 17.32).

Si indica con Φ l’angolo fra gli assi dei coni, mentre δ1 e δ2

rappresentano gli angoli di semiapertura dei coni, per cui si ha:

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Nella figura 17.33 sono rappresentate due ruote coniche ad assi

perpendicolari, con Φ = 90°. I coni primitivi sono circoscrivibili da una

sfera, detta sfera fondamentale, di raggio R, il cui centro coincide con il

vertice V dei coni. Le circonferenze primitive sono individuate come

intersezione fra i coni primitivi e la sfera fondamentale: i loro diametri

sono assunti come i diametri primitivi che caratterizzano la ruota; infatti

è su questi diametri che si applica la [17.5]:

figura 17.33

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Tracciando le tangenti alla sfera fondamentale, passanti per i punti delle

due circonferenze primitive, si ottengono altri due coni, rappresentati

dalla linea tratteggiata nella figura 17.33.

Tali coni sono detti coni complementari e si sviluppano esternamente alla

sfera fondamentale, dalla parte opposta ai rispettivi coni primitivi. I loro

vertici V1 e V2 giacciono sugli assi delle ruote; i semiangoli al vertice

sono pari ai complementi, a 90° di δ1 e δ2 .

I raggi primitivi r1 e r2 possono essere espressi in funzione del raggio R

della sfera, che funge anche da generatrice per entrambi i coni primitivi:

II rapporto di trasmissione è espresso, come per le ruote cilindriche, in

forma di rapporto fra le velocità angolari, ovvero, fra i raggi primitivi:

figura 17.33

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sostituendo le espressioni dei raggi si ottiene:

Oltre al cono primitivo vi sono altri coni con diversi semiangoli di

apertura, con il vertice V in comune e tracciati nella figura 17.34: il cono

base, dal quale si sviluppa il fianco a evolvente del dente; il cono di

piede, di semiapertura δf e il cono di testa, di semiapertura δa, che

delimitano il fianco a evolvente del dente.

Sono inoltre quotati l’angolo di addendum θa e l’angolo di dedendum θf.

Si noti come l’addendum e il dedendum del dente si assottigliano man

mano che ci si sposta dal cerchio primitivo verso il vertice.

La tabella che raccoglie i dati caratteristici della ruota conica deve

riportare valori unici per l’addendum, per il dedendum e, di conseguenza,

per il modulo: i valori di ha, di hf e di in da dichiarare sono quelli

individuati sulla faccia dorsale del dente, in cui è definito il diametro

primitivo.

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La faccia dorsale del dente intercetta una porzione di superficie laterale

del cono complementare.

Alcune regole per il proporzionamento sono:

— la fascia dentata b vale 1/3+1/4 del raggio R;

— l’addendum è pari al modulo e il dedendum vale 1,20 m;

— il diametro di testa da vale:

— il diametro di piede cavale:

Si esegue quindi la costruzione geometrica riportata di seguito.

Si tracciano tre circonferenze concentriche, aventi come centro il vertice

V1 e come raggi le distanze da V1 al piede, al primitivo e alla testa del

dente ( ► Fig 17.35) ; di fatto è come se si fosse sviluppata in piano la

superficie laterale del cono complementare, ottenendo un settore

circolare di raggio pari alla lunghezza della generatrice del suddetto

cono.

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Si chiude il settore circolare, così da ottenere un cerchio intero, denominato

cerchio ideale, avente un numero di denti ideale zid e raggio rid, questo raggio,

coincidente con la generatrice del cono complementare, è così formulato:

Si scrive la [17.5] sia per il raggio primitivo sia per il raggio ideale:

Nella relazione che lega il raggio ideale con il raggio primitivo si sostituiscono le

due espressioni dei numeri di denti, per trovare la relazione che lega z con zid:

Si definisce il rapporto ideale di ingranaggio uid come rapporto fra i numeri di

denti ideali delle due ruote:

Osservazione: scopo di questa costruzione grafica è di tracciare dei

cerchi ideali sui quali si riportano i profili dei denti della ruota

conica. Così facendo, si è trasformata la ruota conica in una ruota

cilindrica ideale e quindi tutte le considerazioni precedentemente

svolte per le ruote cilindriche, comprese le procedure di calcolo del

modulo a fatica e usura, risultano valide anche per la ruota conica, a

patto di inserire nei conti il raggio primitivo ideale rid e il numero di

denti ideale zid.

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Ruote dentate coniche

Per lo studio dell’ingranamento fra due ruote dentate coniche è opportuno riferirsi,

come per le ruote cilindriche, a una coppia di ruote coniche di frizione: i coni

primitivi delle ruote dentate corrispondono alle superfìci coniche di contatto

possedute da due ipotetiche ruote di frizione, aventi pari rapporto di trasmissione,

che rotolano l’una sull’altra senza strisciare ( Fig. 17.32).

Si indica con 0 l’angolo fra gli assi dei coni, mentre e 82 rappresentano gli angoli

di semiapertura dei coni, per cui si ha:

Nella figura 17.33 sono rappresentate due ruote coniche ad assi perpendicolari, con

Φ = 90°. I coni primitivi sono circoscrivibili da una sfera, detta sfera

fondamentale, di raggio R, il cui centro coincide con il vertice V dei coni. Le

circonferenze primitive sono individuate come intersezione fra i coni primitivi e la

sfera fondamentale: i loro diametri sono assunti come i diametri primitivi che

caratterizzano la ruota; infatti è su questi diametri che si applica la [17.5]:

d = m z

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Tracciando le tangenti alla sfera fondamentale, passanti per i punti delle due

circonferenze primitive, si ottengono altri due coni, rappresentati dalla linea

tratteggiata nella figura 17.33.

Tali coni sono detti coni complementari e si sviluppano esternamente alla sfera

fondamentale, dalla parte opposta ai rispettivi coni primitivi. I loro vertici 'V1 e V2

giacciono sugli assi delle ruote; i semiangoli al vertice sono pari ai complementi, a

90° di δ1 e δ2.

I raggi primitivi r1 e r2 possono essere espressi in funzione del raggio R della

sfera, che funge anche da generatrice per entrambi i coni primitivi:

r1 = R sen δ1 ; r2= R sen δ2

II rapporto di trasmissione è espresso, come per le ruote cilindriche, in forma di

rapporto fra le velocità angolari, ovvero, fra i raggi primitivi:

Page 91: DEL MOTO MEDIANTE LE RUOTE DENTATE · 2019-01-06 · Le ruote dentate possono essere immaginate come evoluzione delle ruote di frizione, cui sono state applicate, come elementi aggiuntivi,

Oltre al cono primitivo vi sono altri coni con diversi semiangoli di apertura, con il

vertice V in comune e tracciati nella figura 17.34: il cono base, dal quale si

sviluppa il fianco a evolvente del dente; il cono di piede, di semiapertura δ f e il

cono di testa, di semiapertura δa , che delimitano

il fianco a evolvente del dente.

Sono inoltre quotati l’angolo di addendum δ a e l’angolo di dedendum δf. Si

noti come l’addendum e il dedendum del dente si assottigliano man mano che ci si

sposta dal cerchio primitivo verso il vertice.

La tabella che raccoglie i dati caratteristici della ruota conica deve riportare

valori unici per l’addendum, per il dedendum e, di conseguenza, per il modulo: i

valori di ha, di hf e di m da dichiarare sono quelli individuati sulla faccia dorsale

del dente, in cui è definito il diametro primitivo.

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La faccia dorsale del dente intercetta una porzione di superficie laterale del cono

complementare.

Alcune regole per il proporzionamento sono:

— la fascia dentata b vale 1/3 ~ 1/4 del raggio R;

— l’addendum è pari al modulo e il dedendum vale 1,20 m;

— il diametro di testa da vale:

da = d + 2 ha cos δ

— il diametro di piede cavale:

df= d - 2 hf cos δ

Si esegue quindi la costruzione geometrica riportata di seguito.

— Si tracciano tre circonferenze concentriche, aventi come centro il vertice V1 e

come raggi le distanze da V1 al piede, al primitivo e alla testa del dente ( ► Fig

17.35) ; di fatto è come se si fosse sviluppata in piano la superficie laterale del

cono complementare, ottenendo un settore circolare di raggio pari alla

lunghezza della generatrice del suddetto cono.

Si chiude il settore circolare, così da ottenere un cerchio intero,

denominato cerchio ideale, avente un numero di denti ideale zid

e raggio rid\ questo raggio, coincidente con la generatrice del cono

complementare, è così formulato:

'ut = [17.42] cos ò

Si scrive la [17.5] sia per il raggio primitivo sia per il raggio ideale:

2r 2 rld

z = —; zid = —<L

m m

Nella relazione che lega il raggio ideale con il raggio primitivo si

sostituiscono le due espressioni dei numeri di denti, per trovare

la relazione che lega z con zld.

zld=^~ [17.43] cos ò

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Si chiude il settore circolare, così da ottenere un cerchio intero, denominato

cerchio ideale, avente un numero di denti ideale zid e raggio rid\ questo raggio,

coincidente con la generatrice del cono complementare, è così formulato:

Si scrive la [17.5] sia per il raggio primitivo sia per il raggio ideale:

Nella relazione che lega il raggio ideale con il raggio primitivo si sostituiscono le

due espressioni dei numeri di denti, per trovare la relazione che lega z con zld.

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— Si definisce il rapporto ideale di ingranaggio uid come rapporto fra i numeri di

denti ideali delle due ruote:

Osservazione: scopo di questa costruzione grafica è di tracciare dei cerchi ideali

sui quali si riportano i profili dei denti della ruota conica. Così facendo, si è

trasformata la ruota conica in una ruota cilindrica ideale e quindi tutte le

considerazioni precedentemente svolte per le ruote cilindriche, comprese le

procedure di calcolo del modulo a fatica e usura, risultano valide anche per la

ruota conica, a patto di inserire nei conti il raggio primitivo ideale rid e il numero

di denti ideale zid.

La forza F trasmessa fra due denti in presa viene posizionata, per ipotesi

semplificativa, a metà della lunghezza b del dente, dove il raggio vale rm. Nella

figura 17.36 sono riportate le scomposizioni della forza risultante F.

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La forza F è scomposta nelle componenti F1 , perpendicolare alla generatrice del

cono primitivo e incidente sull’asse di rotazione, e Ft tangenziale; si ottiene tale

componente dal momento motore:

dalla componente tangenziale si risale alla risultante F, noto l’angolo di pressione:

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Esempio

Sono noti i seguenti dati di un pignone conico a denti diritti: momento motore

M=70 Nm; raggio medio del dente rm = 50,85 mm; angolo di semiapertura del

cono primitivo = 24,40°. Calcolare le componenti tangenziale, assiale e radiale

della forza F trasmessa.

Soluzione

Si ricava la forza tangenziale Ft dal momento motore:

Applicando la [17.45] e le formule successive si ha:

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INGRANAGGIO A VITE

L’ingranaggio a vite trasmette il moto fra assi sghembi ortogonali. La vite senza

fine è l’organo motore, la ruota elicoidale è l’organo condotto (Fig. 17.37).

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Il sistema è impiegato per ottenere elevati rapporti di trasmissione, anche

dell’ordine di 60 ~ 100. La vite può essere a uno, due o tre principi. Il rapporto di

trasmissione è pari al rapporto fra il numero dei denti della ruota e il numero dei

principi della vite.

Dal punto di vista geometrico, la vite senza fine è considerata come una ruota

cilindrica di piccolo diametro e forte sviluppo assiale, con pochi denti, talora uno

solo, tagliati con piccolo angolo di inclinazione β. Spesso si adotta un valore

estremamente piccolo per l’angolo di inclinazione β in modo che risulti inferiore

all’angolo di attrito. Il vantaggio che ne deriva consiste nell’irreversibilità del

moto: il sistema non ammette il moto retrogrado, cioè la ruota elicoidale non può

fungere da organo motore.

Anche nel sistema vite senza fine e ruota elicoidale la risultante scambiata fra

dente della ruota e filetto della vite è scomponibile nelle componenti tangenziale,

radiale e assiale.

Sezionando la vite con un piano normale all’asse si evidenziano i profili che

costituiscono i fianchi del filetto: si impiegano comunemente i profili a evolvente

oppure a spirale di Archimede.

Un caso particolare è costituito dalla vite globoidale, avente una forma concava,

anziché cilindrica, nel tratto in presa con la ruota, allo scopo di aumentare il

numero dei denti in presa. Questa soluzione, rappresentata nella figura 17.38, è

adottata nei sistemi di sterzatura dei veicoli.

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FORMULARIO ESSENZIALE

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L'UNITÀ DIDATTICA IN BREVE

Trasmissione del moto mediante ruote dentate

Si definisce ingranaggio l’accoppiamento di due ruote dentate ingrananti fra loro,

montate su assi la cui posizione relativa resta fissa; una di esse impone il moto alle

altre mediante denti che vengono a contatto in successione. Gli ingranaggi sono

cilindrici, conici e a vite. La ruota con il numero di ruote maggiore è detta corona,

quella con il numero di denti minore è detta rocchetto o pignone. Il rapporto di

ingranaggio, indicato con la lettera u, è il rapporto fra il numero di denti della

corona e il numero di denti del pignone; il rapporto di trasmissione è definito

come rapporto fra la velocità angolare della ruota motrice e la velocità angolare

della ruota condotta.

Le ruote dentate possono essere immaginate come evoluzione delle ruote di

frizione cui sono state applicate, come elementi aggiuntivi, le corone dentate.

Le circonferenze primitive rappresentano le circonferenze esterne di contatto

possedute da due ipotetiche ruote di frizione, funzionanti a pari rapporto di

trasmissione. L’intersezione delle superfici primitive con un piano perpendicolare

all’asse identifica due circonferenze tangenti, dette circonferenze primitive.

Dividendo la circonferenza primitiva per il numero di denti 2 si ottiene la

distanza fra due denti in forma di arco di primitiva; tale distanza è detta passo

primitivo.

Dividendo il passo p per la costante n si ottiene il modulo m, espresso in

millimetri e unificato secondo la norma UNI 6586. Due ruote dentate devono avere

il medesimo modulo per potere ingranare fra loro in modo corretto.

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Proporzionamento delle ruote dentate a denti diritti

Il proporzionamento è detto modulare in quanto ogni quota è derivata dal

modulo. Si definiscono le grandezze che caratterizzano la geometria del dente e

della ruota, fissandone le dimensioni in funzione del modulo. Esse sono:

— il rapporto di trasmissione i;

— il rapporto d’ingranaggio u;

— il diametro di testa da;

— il diametro di piede o di fondo df,

— il diametro di base db;

— il diametro di troncatura esterna de;

— il diametro di troncatura interna dt;

— la costa o faccia del dente;

— il fianco del dente;

— la superficie del dente;

— l’altezza del dente h\

— l’addendum ha;

— il dedendum hf,

— la linea dei contatti o retta d’azione;

— la lunghezza d’azione;

— il polo di rotolamento o punto primitivo;

— l’angolo di pressione a;

— la lunghezza della dentatura b;

— lo spessore circolare sp;

— lo spessore di base sb;

— la radice.

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Cinematica dell’ingranamento

Il primo punto in cui avviene il contatto fra i profili dei denti è indicato con T1;

l’ultimo punto è indicato con T2. La fase di ingranamento è detta fase di accesso, la

fase di distacco è detta fase di recesso. Durante il moto di ingranamento il punto di

contatto T fra i due profili si muove lungo una linea immaginaria, detta linea dei

contatti. L’arco di primitiva percorso dal profilo, nel passare dal punto A di inizio

accesso al punto A' di fine recesso, è detto arco d’azione, suddiviso a sua volta in

arco di accesso e arco di recesso. Affinché l’ingranamento avvenga in modo

regolare, occorre che le proiezioni delle due velocità vT1 e vT2 sulla normale

comune n-n passante per il punto di contatto risultino uguali. Entrambe

corrispondono alla velocità vT con cui il punto di contatto T trasla lungo la retta dei

contatti nel corso dell’ingranamento.

La curva adottata per i fianchi dei denti è l’evolvente di cerchio, una curva piana

individuata da un punto P fisso su una retta r, vincolata a compiere un rotolamento

puro su una circonferenza di riferimento, detta circonferenza di base, il cui raggio è

indicato come rb. I profili a evolvente assolvono la funzione di profili coniugati in

quanto, per tutti i punti in cui avviene il contatto, la normale comune ai due profili

passa costantemente per il punto primitivo C di tangenza dei cerchi primitivi; il

segmento intercettato dagli estremi di contatto Tj e T2 sulla retta d’azione è detto

segmento dei contatti. Il profilo a evolvente garantisce sia l’invariabilità del

rapporto di trasmissione sia il moto uniforme del punto di contatto T lungo la

tangente comune, nonché la costanza dell’angolo di pressione.

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Ingranamento corretto

Il punto di contatto non può sconfinare all’interno del cerchio base, inoltre, il

segmento dei contatti non può estendersi al di là del tratto delimitato fra i punti di

tangenza N, e N2 fra la retta dei contatti e i cerchi base. E tuttavia possibile avere il

cerchio base esterno al cerchio di piede. Si definisce interferenza la condizione di

contatto fra i profili in un punto esterno al segmento N1N2 della linea d’azione, con

uno dei due denti che, durante l’ingranamento, tende a penetrare all’interno del

profilo dell’altro scavandolo in parte. I punti N1, e N2 sono anche detti limiti

d’interferenza. Il numero minimo di denti ammissibile per ottenere un

ingranamento privo di interferenza all’atto dell’accoppiamento con una

cremagliera vale zmin = 17.

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Proporzionamento delle ruote dentate cilindriche a denti elicoidali

Negli ingranaggi cilindrici elicoidali i denti non sono paralleli all’asse della

ruota, ma si presentano inclinati di un angolo costante. I fianchi assumono

l’andamento a elica cilindrica. L’ingranamento non avviene più in contemporanea

su tutta la lunghezza del dente, bensì su una porzione che trasla lungo la superficie

del dente da un’estremità all’altra.

Nelle ruote elicoidali l’arco di azione è pari alla somma dell’arco di ricoprimento

con l’arco di primitiva, compreso fra il profilo del dente nelle due configurazioni

estreme di inizio accesso e fine recesso. Si ottiene un maggior numero di coppie di

denti in presa contemporanea, rispetto alle ruote a denti diritti. Ne derivano diversi

vantaggi, quali la migliore distribuzione delle forze fra i denti, la maggiore coppia

motrice trasmissibile a parità d’ingombri, la progressività deU’ingranamento e

l’elevata silenziosità.

L’inclinazione della tangente all’elica primitiva rispetto all’asse ruota è detta

angolo dell’elica (3. I valori usuali dell’angolo dell’elica (3 variano fra 15° e 30°

per dentature di larghezza piccola, fra 5° e 15° per dentature larghe. Le grandezze

fondamentali sono:

— il passo assiale pa;

— il passo trasversale o circonferenziale pt;

— il passo normale pn;

— il modulo trasversale o circonferenziale m,\

— il modulo normale mn;

— il numero di denti ideale zid;

— l’angolo di pressione trasversale at;

— l’angolo di pressione normale an;

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Potenze e forze scambiate fra i denti in presa

Una quota della potenza trasmessa attraverso i denti viene dispersa a causa degli

attriti fra i profili coniugati. La differenza fra le velocità dei due denti nel loro

punto di contatto è causa di un moto relativo di strisciamento, da cui deriva la

presenza di forze di attrito, agenti lungo la tangente comune ai profili. L’esigua

entità delle perdite fa sì che il rendimento risulti complessivamente buono,

dell’ordine del 98 ~ 99%.

Nelle ruote cilindriche a denti diritti la forza F è scomposta in due componenti,

una radiale Fr e una tangenziale Ft. La forza Ft, moltiplicata per il raggio

primitivo della ruota, costituisce il momento torcente che viene trasmesso

dall’albero su cui la ruota è calettata.

Nelle ruote cilindriche a denti elicoidali occorre dapprima eseguire la sezione N-

N perpendicolare al dente e_poi ribaltarla verso l’alto: in tal modo si scompone

la forza risultante F in due componenti, una Fr radiale e l’altra Fb contenuta in un

piano tangente ai cilindri primitivi. A sua volta la forza Fb è scomposta in una

componente assiale Fa e in una tangenziale Ft. La forza assiale si scarica lungo

l’albero su cui la ruota è calettata; la componente Ft è direttamente deducibile dal

momento motore, in base alla consueta relazione:

momento motore = forza tangenziale x raggio primitivo

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Calcolo strutturale della dentatura

La metodologia di dimensionamento a fatica considera il dente come una mensola incastrata,

quindi sottoposto a flessione dalla forza scambiata con il dente compagno per la durata del

contatto. Risolvendo secondo la teoria della trave semplicemente incastrata a un estremo e

caricata con la forza Ft sull’estremo libero, si ottiene un’equazione di equilibrio alla flessione

nell’incastro, da cui si ricava il valore del modulo. Per il calcolo a fatica occorre definire il

materiale, i valori del fattore di servizio, del coefficiente di forma y (noto come fattore di

Lewis), ricavato in funzione dell’angolo di pressione e del numero di denti,e infine del

coefficiente di maggiorazione dinamica del carico Xv, che tiene conto dell’effetto della

velocità periferica. Il metodo a fatica si presta sia per progetto sia per verifica.

La metodologia di dimensionamento a usura si basa sulla teoria delle pressioni di

contatto; il contattofra le superfici dei denti non è puntiforme, bensì assume la forma di

impronta.

Lo scopo del metodo è di determinare a calcolo i carichi limite di contatto, per prevenire

l’usura. La verifica a usura consiste nella valutazione della pressione massima pamm

ammissibile, il cui valore è proporzionale alla durezza superficiale e tiene conto sia del

numero di giri della ruota sia del numero di ore di funzionamento previste. In base ai dati

noti della ruota più sollecitata si ottiene la pressione pmax. La verifica fornisce esito positivo

se pmax risulta inferiore apamm. La progettazione a usura prevede una formula nella quale il

modulo da calcolare è espresso in funzione del momento torcente corretto, applicato sulla

ruota più piccola da progettare, della pressione ammissibile, del fattore di velocità fv, del

coefficiente C, basato sul numero di denti e sul rapporto di ingranaggio, e sul coefficiente A.,

relativo alla lunghezza del dente in funzione del modulo.

I due metodi sono concettualmente validi anche per le ruote cilindriche a denti elicoidali e

per le ruote coniche.

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Ruote dentate coniche

Per lo studio dell’ingranamento fra due ruote dentate coniche ci si riferisce a una

coppia di ruote coniche di frizione: i coni primitivi delle ruote dentate

corrispondono alle superfici coniche di contatto possedute da due ipotetiche ruote

di frizione, aventi pari rapporto di trasmissione, che rotolano l’una sull’altra senza

strisciare.

I coni primitivi sono circoscrivibili da una sfera detta sfera fonda-mentale, di

raggio R, il cui centro coincide con il vertice V dei coni. Le circonferenze primitive

sono individuate come intersezione fra i coni primitivi e la sfera fondamentale: i

loro diametri sono i diametri primitivi.

Tracciando le tangenti alla sfera fondamentale, passanti per i punti delle due

circonferenze primitive, si ottengono altri due coni, detti coni complementari.

Sviluppando in piano la superficie laterale del cono complementare, si ottiene un

settore circolare di raggio pari alla lunghezza della generatrice del cono; si chiude

il settore circolare così da ottenere un cerchio intero, detto cerchio ideale, avente il

numero di denti ideale zid. Così facendo, si è trasformata la ruota conica in una

ruota cilindrica ideale, quindi tutte le considerazioni per le ruote cilindriche,

comprese le procedure di calcolo del modulo a fatica e usura, risultano valide

anche per la ruota conica.

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Ingranaggio a vite

L’ingranaggio a vite trasmette il moto fra assi sghembi ortogonali. La vite senza

fine è l’organo motore, la ruota elicoidale è l’organo condotto. Il sistema è

impiegato per ottenere elevati rapporti di trasmissione, anche dell’ordine di

60~100. La vite può essere a uno, due o tre principi. Il rapporto di trasmissione è

pari al rapporto fra il numero dei denti della ruota e il numero dei principi della

vite. Importante caratteristica è l’irreversibilità del moto: il sistema non ammette

il moto retrogrado, cioè, la ruota elicoidale non può fungere da organo motore.

Sia nelle ruote dentate coniche sia nel sistema vite senza fine e ruota elicoidale,

la risultante scambiata fra le superfici a contatto è scomponibile nelle componenti

tangenziale, radiale e assiale.

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