Trasmissioni Di Potenza e Ruote Dentate

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Trasmissione con ruote 1 Lezione introduttiva sulle trasmissioni di potenza La principale funzione dei sistemi articolati e delle camme è quella di realizzare movimenti complessi (piani o spaziali) lungo traiettorie con velocità diverse ed opportune a partire da movimenti continuativi e semplici. Certamente anche l’aspetto relativo alla trasmissione della potenza (la trasmissione delle variabili di potenza: forza/coppia e velocità/velocità angolare) non è trascurabile (si pensi ai meccanismi moltiplicatori di forza), ma la scelta di utilizzare sistemi articolati e camme è soprattutto legata alla necessità di realizzare un moto vario a partire da un moto semplice. I meccanismi comunemente indicati come trasmissioni di potenza sono meccanismi la cui principale funzione è proprio quella di trasmettere le variabili di potenza all’interno di una macchina, da un elemento motore ad uno o più elementi utilizzatori. Nelle trasmissioni di potenza il valore delle variabili forza e velocità può rimanere inalterato (se il rapporto di velocità è unitario) oppure può essere opportunamente modificato a spese di un rendimento inferiore all’unità, il che comporta che una frazione della potenza in transito venga dissipata in calore e non più recuperata. Volendo effettuare una classificazione delle trasmissioni di potenza in basata sulla funzione principale, è possibile distinguere: 1. Meccanismi a rapporto di trasmissione fisso (costante) a. ruote lisce o di frizione b. ruote dentate (che realizzano ingranaggi e rotismi con la funzione di riduttori o moltiplicatori del moto) c. ruote e flessibili (cioè trasmissioni realizzate con ruote collegate mediante elementi flessibili quali funi, cinghie e catene) 2. Variatori di velocità e cambi: sistemi per trasmettere potenza con rapporto di trasmissione modificabile (serve tipicamente per ampliare il campo di funzionamento di un motore) 3. Collegamenti tra alberi a. giunti (per realizzare un collegamento permanente durante il funzionamento di una macchina) b. innesti non permanenti (per realizzare un collegamento temporaneo, ossia inseribile e disinseribile senza operazioni di smontaggio; rientrano in questa categoria di meccanismi le frizioni) 4. Freni (meccanismi che consento di controllare il movimento ed eventualmente arrestarlo)

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Trasmissioni Di Potenza e Ruote Dentate

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Lezione introduttiva sulle trasmissioni di potenza

La principale funzione dei sistemi articolati e delle camme è quella di realizzare movimenti complessi (piani o spaziali) lungo traiettorie con velocità diverse ed opportune a partire da movimenti continuativi e semplici. Certamente anche l’aspetto relativo alla trasmissione della potenza (la trasmissione delle variabili di potenza: forza/coppia e velocità/velocità angolare) non è trascurabile (si pensi ai meccanismi moltiplicatori di forza), ma la scelta di utilizzare sistemi articolati e camme è soprattutto legata alla necessità di realizzare un moto vario a partire da un moto semplice. I meccanismi comunemente indicati come trasmissioni di potenza sono meccanismi la cui principale funzione è proprio quella di trasmettere le variabili di potenza all’interno di una macchina, da un elemento motore ad uno o più elementi utilizzatori. Nelle trasmissioni di potenza il valore delle variabili forza e velocità può rimanere inalterato (se il rapporto di velocità è unitario) oppure può essere opportunamente modificato a spese di un rendimento inferiore all’unità, il che comporta che una frazione della potenza in transito venga dissipata in calore e non più recuperata. Volendo effettuare una classificazione delle trasmissioni di potenza in basata sulla funzione

principale, è possibile distinguere: 1. Meccanismi a rapporto di trasmissione fisso (costante)

a. ruote lisce o di frizione

b. ruote dentate (che realizzano ingranaggi e rotismi con la funzione di riduttori o moltiplicatori del moto)

c. ruote e flessibili (cioè trasmissioni realizzate con ruote collegate mediante elementi flessibili quali funi, cinghie e catene)

2. Variatori di velocità e cambi: sistemi per trasmettere potenza con rapporto di trasmissione modificabile (serve tipicamente per ampliare il campo di funzionamento di un motore)

3. Collegamenti tra alberi a. giunti (per realizzare un collegamento permanente durante il funzionamento di una

macchina) b. innesti non permanenti (per realizzare un collegamento temporaneo, ossia inseribile e

disinseribile senza operazioni di smontaggio; rientrano in questa categoria di meccanismi le frizioni)

4. Freni (meccanismi che consento di controllare il movimento ed eventualmente arrestarlo)

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Trasmissioni di potenza: meccanismi a rapporto di trasmissione fisso.

Ruote lisce e dentate

RUOTE LISCE

Sono meccanismi caratterizzati dal fatto che la trasmissione avviene per attrito radente. La trasmissione, nella sua forma più semplice è costituita da due ruote lisce, con assi paralleli, premute una contro l’altra.

La cinematica della trasmissione corrisponde al vincolo di puro rotolamento, pertanto uguagliando la velocità delle due ruote al punto di contatto di ottiene il rapporto di trasmissione:

2 12 2 1 1

1 2

:P

rv r r

r

ωω ω τ

ω= = = =

Ruote con superfici primitive In generale le ruote lisce hanno profili coniugati coincidenti con le polari

1 del moto relativo (denominate primitive del movimento) che sono dei cilindri (e quindi delle circonferenze nel piano, a meno delle deformazioni elastiche locali, che per il vero possono essere significative). Costruttivamente le ruote possono essere in gomma (es. pneumatici), in resine sintetiche (es. elettrodomestici), in acciaio (es. treno). Le ruote possono essere cilindriche, interne o esterne, oppure coniche quando è necessario trasmettere la potenza tra assi concorrenti e non paralleli. Non si usano invece nel caso di assi sghembi poiché i fenomeni di strisciamento superficiale sarebbero troppo elevati (impossibile assicurare il puro rotolamento). Detta Fn la forza mutua in direzione normale agli assi delle ruote, la massima forza tangenziale Ft, utile ai fini del moto, è legata al coefficiente di attrito radente f sulla base della seguente relazione:

t nF f F=

La forza effettivamente scambiata dovrà essere inferiore al valore limite Ft Questi meccanismi esigono quindi la presenza di una forza che spinga i membri accoppiati l'uno contro l'altro. Essa può essere la forza di gravità oppure la forza prodotta da qualche molla o da qualche sistema di leve. Questa forza ha dei limiti superiori legati alla massima pressione specifica

1 Si definisce polare il luogo dei punti assunti dal centro di istantanea rotazione. In questo caso si fa riferimento al centro dell’istantanea rotazione relativa.

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sopportabile dai materiali: le limitazioni dovute alla resistenza del materiale ed ai fenomeni detti di fatica superficiale, che causano un progressivo degrado sia alla superficie sia immediatamente al di sotto di essa, impediscono di aumentare illimitatamente la forza Fn. Da notare che le ruote lisce non possono avere un rapporto di trasmissione rigorosamente costante a causa delle deformazioni elastiche nella zona di contatto che causano uno scorrimento (microstrisciamento) che normalmente si traduce in variazioni del rapporto di trasmissione dell’ordine del 2-3%.

Ruote lisce cilindriche esterne

Ruote lisce cilindriche interne

Ruote lisce coniche esterne

Ruote lisce coniche interne

Le ruote di frizione, se si eccettua il caso particolare, ma di enorme importanza, della coppia

ruota-rotaia, non sono molto diffuse nelle costruzioni meccaniche. Le ragioni della scarsa diffusione sono sostanzialmente due: non idoneità alla trasmissione di forze rilevanti (potenza massima trasmissibile < 20 kW); slittamento elastico della ruota motrice rispetto a quella condotta, dovuto alle deformazioni elastiche nella zona di contatto (come conseguenza il rapporto di trasmissione non è rigorosamente uguale al rapporto fra i raggi e varia al variare della forza trasmessa).

Le ruote di frizione vengono impiegate nella trasmissione di piccole coppie (strumenti di misura, motorini per ciclomotori, ecc.), nella trasmissione di moto sotto forze modeste ad organi di grandi dimensioni (betoniere, piattaforme orientabili) ed in altri casi particolari (ad esempio nelle macchine tessili, per mantenere in rotazione, a velocità periferica pressoché costante, una bobina durante il suo avvolgimento). Ruote a cuneo Per aumentare la forza tangenziale di contatto, a parità di forza normale si possono utilizzare le ruote a cuneo. Con superfici coniugate coniche (e non più cilindriche, coincidenti con le primitive), il che comporta necessariamente la presenza di strisciamenti. Gli strisciamenti che avvengono nei punti di contatto provocano dissipazioni di calore e usura delle superfici, questi inconvenienti possono essere ripagati dall'aumento di forza tangenziale dovuti all’effetto cuneo.

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Detta Fn la forza mutua in direzione normale agli assi delle ruote, la massima forza tangenziale Ft, utile ai fini del moto, è legata al coefficiente di attrito f e all’angolo θ sulla base della seguente relazione:

02 :sin( )

nt r v n

FF f F f f F

θ= = =

in cui :sin( )v

ff

θ= è detto fattore di attrito virtuale (o fittizio). Si osservi l’incremento di un fattore

1/sin(θ ) rispetto ad una ruota liscia, cui è applicata un’uguale forza normale e nelle medesime condizioni di attrito e di forza Fn.

Scambio di forze tra ruote a cuneo

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RUOTE DENTATE (INGRANAGGI) Le ruote dentate trasmettono il moto attraverso il contatto e le mutue spinte tra i profili dei denti (accoppiamento di forma). Si dice ruota dentata un organo destinato a trascinarne un altro o ad essere trascinato da questo, per azione di denti successivamente in contatto; ingranaggio è il meccanismo elementare costituito da due ruote dentate (e dal telaio), girevoli attorno ad assi di posizione relativa invariabile. Treno di ingranaggi (o rotismo) è la combinazione di più ingranaggi; treno planetario è un ingranaggio in cui almeno uno degli assi ruota attorno ad un altro asse.

SINTESI DI RUOTE DENTATE

TRACCIAMENTO DEI PROFILI DEI DENTI

I profili coniugati dei denti sono sagomati in modo tale da assicurare la costanza del rapporto di trasmissione durante la rotazione. Al fine di pervenire ad una condizione in grado di assicurare detta costanza, si considerino le seguenti proprietà di cui godono i profili coniugati:

• i profili coniugati hanno tangente e normale comune in ogni punto di contatto, • il centro di istantanea rotazione del moto relativo appartiene alla normale comune dei profili

coniugati passante per il punto di contatto

La costanza del rapporto di trasmissione è quindi garantita solo se il profilo della dentatura assicura che la normale alle

superfici coniugate dei denti nel punto P di

contatto passa per il punto C di tangenza delle

circonferenze primitive. Tale punto che si trova sulla cosiddetta retta dei centri, che congiunge i centri di istantanea rotazione delle due ruote rispetto al telaio

Al fine di garantire li soddisfacimento della suddetta condizione geometrica, i profili dei denti sono generalmente realizzati secondo un profilo cicloidale o secondo un profilo ad evolvente (o evolvente

di cerchio). In entrambi i casi il metodo di sintesi (definizione dei profili coniugati) può essere indicato come metodo degli epicicli, essendo gli epicicli delle curve che vengono fatte rotolare senza strisciare sulle circonferenze primitive delle ruote accoppiate. Il profilo cicloidale si ottiene quando l’epiciclo è un cerchio, mentre il profilo ad evolvente si ottiene quando l’epiciclo è una retta. La quasi totalità delle ruote dentate cilindriche ha oggi profili ad evolvente di cerchio. Esistono ruote dentate con profili cicloidali e profili ad arco di cerchio derivati dai profili cicloidali con particolari correzioni, ma profili di questo tipo hanno applicazioni sempre più rare, limitate ormai alla meccanica fine (ruote dentate per orologi, contatori, ecc.).

C

P

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In termini intuitivi, si può definire l’evolvente di cerchio anche come la curva tracciata dall’estremo di una corda che, mantenuta tesa, si svolge da una circonferenza di base (diversa dalla circonferenza primitiva): in generale l’evolvente λ di una curva γ e quella curva che ha i suoi centri di curvatura su γ

Generazione di un evolvente di cerchio

Generazione dei denti tramite evolvente

Vediamo come procedere alla costruzione geometrica dell’evolvente di cerchio ricorrendo al metodo degli epicicli.

L’epiciclo e è una retta tangente comune alle primitive nel punto di tangenza C.

La retta l* è solidale ad e, ed è inclinata rispetto ad e di (π/2)-α. Mentre e rotola sulle due circonferenze primitive p1 e p2 (aventi raggio r1 e r2), l* inviluppa due profili S1 ed S2, che sono tra loro coniugati. Si tracci ora la retta normale ai profili nel punto P di contatto, denominata retta di

azione l (linea di ingranamento). Essa è normale ad l*, è passante per C ed è inclinata di α (angolo di pressione) rispetto all’ epiciclo e. Mentre e rotola su p1 , l inviluppa Cb1 , circonferenza di raggio rb1=r1 cos α; mentre e rotola su p2 , l inviluppa Cb2 , circonferenza di raggio rb2=r2 cos α; Cb1e Cb2 sono le circonferenze di base; S1 ed S2 sono i profili dei denti, ossia le evolventi ottenute da Cb1e Cb2 .

Generazione dei profili ad evolvente

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La diffusione del profilo ad evolvente è legata anche al fatto che ruote così generate presentano un funzionamento cinematicamente corretto (rapporto di trasmissione desiderato e costante) anche in presenza di modifiche dell’interasse nominale delle ruote. Si può infatti dimostrare che al variare dell’interasse non varia il rapporto tra i raggi delle circonferenze di base, e quindi nemmeno il rapporto di trasmissione:

2 1 1 1

1 2 2 2

cos( ):

cos( )b

b

r r r

r r r

ω ατ

ω α= = = =

in cui r1 e r2 indicano i raggi delle circonferenze primitive delle ruote. Un altro significativo vantaggio legato all’impiego di dentature ad evolvente di cerchio è che la ruota limite (dentiera) che si ottiene facendo tendere all’infinito il raggio primitivo risulta avere denti con profili rettilinei (basta pensare all’interpretazione intuitiva del concetto di evolvente). Ciò può essere sfruttato nei processi tecnologici per il taglio delle ruote dentate (ricavando la forma del profilo dei denti della ruota per inviluppo della superfici coniugate della dentiera) PROPORZIONAMENTO DELLE RUOTE DENTATE

Nella sua proiezione su di un piano ortogonale all'asse della ruota, un dente è lateralmente limitato da due archi di evolvente, simmetricamente disposti rispetto ad un raggio. Il profilo del dente è internamente interrotto dalla circonferenza di piede, concentrica con la primitiva, alla quale è raccordato. Verso l'esterno il contorno del dente è limitato dalla circonferenza di testa, concentrica con la primitiva. Di solito il profilo ad evolvente non taglia la circonferenza di testa a spigolo vivo, ma è ad essa raccordato; ovvero è interrotto da uno smusso in prossimità della circonferenza di testa stessa. La distanza radiale fra la primitiva e la circonferenza di testa viene chiamata sporgenza o

addendum; la distanza radiale fra la primitiva e la circonferenza di piede viene chiamata rientranza

o dedendum. La somma della sporgenza e della rientranza è l'altezza del dente. Mentre i denti di due ruote coniugate hanno la stessa altezza, le sporgenze e le rientranze possono essere diverse per le due ruote. A ciascuna delle due superfici laterali di un dente si dà il nome di fianco. Il fianco è diviso in due porzioni dal cilindro primitivo (di cui la primitiva è proiezione su di un piano ortogonale all'asse della ruota); la porzione di fianco esterna al cilindro primitivo si chiama fianco addendum, quella interna fianco dedendum.

La citata nomenclatura è usata non soltanto per ruote esterne, ma anche per ruote interne, nelle quali peraltro l'addendum risulta interno alla primitiva ed il dedendum esterno.

Definizioni relative alle ruote dentate con dentature esterne .

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Definizioni relative alle ruote dentate con dentature interne.

Passando a trattare del proporzionamento dei denti, vi possono essere due differenti famiglie di ruote: - ruote normali (modulari), nelle quali la sporgenza e la rientranza, uguali per le due ruote coniugate, hanno valori normalizzati; - ruote corrette, nelle quali la sporgenza e la rientranza sono in generale diverse per le due ruote coniugate, e comunque non hanno valori normalizzati. Tali ruote saranno trattate successivamente. In corrispondenza della primitiva il dente di una ruota ha uno spessore, misurato lungo la primitiva, uguale al vano, anch'esso misurato lungo la primitiva. Lo spessore sommato al vano è pari al passo

(passo trasversale), distanza fra due profili omologhi consecutivi misurata lungo la primitiva, espressa dalla relazione:

2 rp m

z

ππ= =

Si definisce modulo m il rapporto (espresso in mm) fra il diametro primitivo 2r ed il numero dei denti z:

2:

p rm

zπ= =

È evidente che due ruote coniugate debbono avere lo stesso passo. Pertanto il rapporto di trasmissione può essere espresso, oltre che come rapporto fra r1 ed r2, anche come:

2 1 1

1 2 2

r z

r z

ωτ

ω= = =

Questa relazione vale in generale, sia per ruote normali, sia per ruote corrette. Il dente di una ruota normale è dimensionato in base al modulo. In particolare si adottano di regola i seguenti proporzionamenti:

addendum e = m

dedendum i = 1,25 m

altezza h = 2,25 m.

Il valore del modulo deve essere scelto fra i valori normalizzati e, preferibilmente, fra i valori seguenti, espressi in mm: 1; 1,25; 1,5; 2; 2,5; 3; 4; 5; 6; 8; 10; 12; 16; 20. Lo spessore ed il vano sono uguali e pari alla metà del passo.

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Proporzionamento normale del dente.

Il proporzionamento normale, e la conseguente altezza complessiva dei denti sono frutto di un compromesso tra diverse esigenze: • la necessità di continuità della trasmissione del moto, e di ripartizione del carico fra più coppie di denti contemporaneamente in presa. A tal fine è opportuno avere denti di sufficiente altezza; • la necessità di limitare lo strisciamento specifico, la velocità relativa e la pressione di contatto. Questi parametri aumentano quando i punti di contatto tra i denti si allontanano dal centro di istantanea rotazione del moto relativo (punto C di tangenza tra le primitive)

Costruendo ruote dentate con lo stesso tipo di profilo (evolvente) e con lo stesso modulo è possibile accoppiare tra loro tutte le ruote che hanno lo stesso passo (e quindi stesso modulo), con un qualsiasi numero di denti, realizzando così i rapporti di trasmissione desiderati. IL CONTATTO TRA I DENTI

Il contatto tra due denti in presa avviene lungo un segmento rettilineo appartenente alla retta d’azione (quindi ortogonale alle superfici coniugate e passante per il punto di tangenza delle primitive) e detto segmento di condotta (o segmento di contatto). Affinché la trasmissione del moto avvenga in modo uniforme è necessario che quando cessa il contatto tra due denti sia già iniziato il contatto fra i due denti successivi. Il passo della dentatura dovrà dunque essere minore dell’arco di condotta (arco d’azione), definito come l'arco misurato sulle primitive mentre il contatto fra due profili descrive il segmento di condotta. L'arco di azione è suddiviso in arco di azione in accesso ed arco di azione in recesso. II primo corrisponde alla porzione di segmento di contatto compreso fra il punto in cui il contatto ha inizio ed il punto di

contatto tra le primitive; il secondo corrisponde alla restante parte del segmento, fino al punto in cui ha termine il contatto. Si definisce quindi il rapporto di condotta (ε) definito come rapporto tra arco d'azione e passo primitivo; per garantire una efficiente trasmissione del moto deve essere quindi maggiore dell'unità perché ciò comporta che, prima che la coppia di denti a contatto si separi, una seconda sia già entrata nell'arco d'azione (cosa impossibile per ε ≤ 1). Quindi, nel caso in cui 1 < ε < 2 l'arco dei contatti risulta diviso in tre parti: • due parti collocate agli estremi dell'arco dei contatti in cui si ha contatto contemporaneamente tra 2 coppie di denti • una parte centrale dell'arco dei contatti in cui si ha il contatto di una sola coppia di denti In genere si usano valori di ε maggiori di 1,2 e attualmente la tendenza è a salire sopra 2 in modo da avere sempre almeno 2 coppie di denti in contatto.

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Zona di ingranamento

CLASSIFICAZIONE DEGLI INGRANAGGI

Gli ingranaggi possono essere : • paralleli se composti da ruote ad assi paralleli. Costruttivamente sono costituiti da ingranaggi

cilindrici (cioè con primitive cilindirche) diritti, elicoidali o bielicoidali a seconda della forma dei fianchi dei denti

• concorrenti se composti da ruote i cui assi sono concorrenti. In relazione alla forma dei fianchi dei denti possono essere costituiti da ingranaggi conici (cioè con primitive coniche) diritti, a denti obliqui, a spirale.

• sghembi se composto da ruote i cui assi sono sghembi. Le soluzioni costruttive di interesse industriale sono gli ingranaggi a vite, a vite globoidale, ipoidi, sghembi elicoidali

Ingranaggi paralleli

Ingranaggi concorrenti

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Ingranaggi sghembi

1. INGRANAGGI PARALLELI (cilindrici) Gli ingranaggi cilindrici consentono di trasmettere le massime potenze di interesse industriale con velocità periferiche che possono arrivare a 80 m/s ed oltre. In questi casi gli ingranaggi sono costruiti in acciai legati, trattati superficialmente, mentre ingranaggi poco caricati possono essere costruiti anche in resine sintetiche. La capacità di carico dipende oltre che dal progetto, dai materiali, dalla finitura superficiale e dal montaggio anche dalle caratteristiche del lubrificante. In ogni tipo di ingranaggio vi è sempre presente strisciamento fra le superfici coniugate e, se non si usa un lubrificante adatto, i fianchi dei denti vengono rapidamente usurati anche sotto carichi leggeri. Solo ingranaggi poco caricati costruiti con materie plastiche, possono talvolta non richiedere lubrificazione. Nel caso di ingranaggi cilindrici dritti, quando due denti entrano in presa, il contatto si estende subito su tutta la lunghezza del dente; si ha quindi un brusco aumento del carico, provocando così, repentine deformazioni elastiche e piccoli urti con conseguenti fenomeni oscillatori. Fenomeni analoghi si verificano quando i due denti si abbandonano. Le dentature elicoidali sono generate in modo analogo a quelle diritte, solo che la retta generatrice del profilo è inclinata dell'angolo d'elica β rispetto agli assi. Il profilo dei denti, in un piano trasversale, è ad evolvente. La forza di contatto fra i denti genera una spinta assiale che deve essere sopportata da cuscinetti o bilanciata come avviene ad esempio nelle ruote bielicoidali. Negli ingranaggi elicoidali, il contatto fra due denti inizia e termina gradualmente e l'arco di condotta è superiore a quello degli ingranaggi cilindrici diritti. Di conseguenza i fenomeni oscillatori sono molto meno accentuati e l'altezza del dente può essere inferiore, con vantaggi sia dal punto di vista della silenziosità sia del rendimento e della durata dell'ingranaggio.

Dentatura elicoidale

Dentatura bielicoidale

β

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Le ruote cilindriche possono essere realizzate in modo da avere moto con verso discorde (ingranaggio esterno) o concorde (ingranaggio interno)

Ingranaggio esterno

Ingranaggio interno

Le dentature dritte sono utilizzate anche nei sistemi ruota e cremagliera, utilizzati per convertire un moto rotatorio in un moto traslatorio

Sistema ruota-cremagliera

FORZE TRASMESSE NELLE RUOTE CILINDRICHE

Si consideri la seguente figura, supponendo che la ruota conduttrice sia quella sovrastante. Il punto di contatto giace lungo la retta d’azione che risulta essere sempre perpendicolare al profilo del dente. La forza che le due ruote dentate si scambiano, che è tangente ai profili dei denti, risulta essere orientata come la retta d’azione. In figura è rappresentata la forza che il dente della ruota conduttrice esercita sul dente della ruota condotta.

Forze scambiate in un ingranaggio cilindrico

L’angolo α è definito angolo di pressione, formato dalla direzione normale ai denti nel loro punto di contatto e la retta tangente alle circonferenze primitive nel loro punto di contatto. Questa forza può essere scomposta in:

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• componente tangenziale Ft =F cos(α) • componente radiale Fr = F sin(α)

La componente tangenziale genera una coppia utile sulla ruota condotta, mentre la forza radiale va a scaricarsi sul supporto della ruota condotta. Anche la ruota conduttrice è soggetta alle stesse forze radiali e tangenziali.

Forze scambiate in un ingranaggio cilindrico

Analogamente, anche nelle ruote a dentatura elicoidale, l’angolo di pressione determina una componente tangenziale ed una radiale, oltre alla già citata componente assiale (la quale è ortogonale al piano definito da Ft e Fr, le quali sono le componenti di Fu, risultante delle forze in direzione normale all’asse della ruota):

• componente tangenziale Ft = F cos(β) cos(α) • componente radiale Fr = F cos(β) sin(α) • componente assiale Fa = F sin(β)

2. INGRANAGGI CONCORRENTI

Le superfici primitive sono coniche. La procedura di generazione dei profili è analoga a quella degli ingranaggi cilindrici. Anche in questo caso il contatto tra i denti è lineare, la superficie di condotta è piana e rappresentata da un settore di corona circolare. Negli ingranaggi conici a denti diritti l'imbocco e il distacco dei denti è istantaneo, mentre negli ingranaggi a denti obliqui e gli ingranaggi a spirale manifestano, in funzionamento, proprietà analoghe a quelle degli ingranaggi elicoidali. L'obliquità della dentatura conferisce all'ingranaggio una maggior dolcezza di imbocco ed una maggior regolarità ed uniformità nella trasmissione del movimento, rendendo meno sensibili le conseguenza di eventuali inesattezze nei profili dei denti ed attenuando perciò le vibrazioni e i rumori. Per ragioni costruttive è difficilissimo sostenere le ruote coniche da entrambi i lati, di conseguenza le ruote coniche sono spesso montate a sbalzo. L'ingranaggio conico non si presta quindi a trasmettere potenze elevate, ne può raggiungere le velocità periferiche degli ingranaggi cilindrici.

3. INGRANAGGI SGHEMBI

Gli ingranaggi sghembi più usati sono gli ingranaggi a vite e quelli ipoidi, meno frequente è l'uso di ingranaggi sghembi elicoidali. La ruota dell'ingranaggio a vite è ottenuta per inviluppo nel moto relativo della stessa con una data vite. Il contatto è lineare, il rendimento è modesto. L'ingranaggio a vite si presta a trasmettere

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potenze notevoli in relazione al suo ingombro modesto, con rapporti di trasmissione anche fino a 1/300. I materiali di cui è costituita la coppia devono essere di qualità e le tolleranze di fabbricazione strette; deve inoltre essere montato con precisione in modo da avere elevata rigidezza e corretto posizionamento relativo tra vite e ruota a vite. Nel caso di rendimento basso, l’ingranaggio a vite diventa irreversibile, e non consente per ciò il moto retrogrado (il flusso di potenza può quindi avvenire solamente dalla vite alla ruota)

- Coppia vite-ruota elicoidale

Gli ingranaggi ipoidi danno luogo a contatti puntiformi fra le ruote, tuttavia consentono di trasmettere potenze abbastanza elevate con buoni rendimenti e usura modesta. L'ingranaggio ipoide presenta numerosi vantaggi rispetto all'ingranaggio conico a denti obliqui, specie quando i carichi sono notevoli e le velocità elevate. I principali vantaggi sono:

• maggiore libertà per il progettista non più vincolato dalla condizione di complanarità degli assi delle ruote • possibilità di sostenere le ruote su due appoggi collocati da parti opposte rispetto alle ruote stesse • minore ingombro rispetto ad un ingranaggio conico a denti obliqui a parità di coppia trasmessa

L'ingranaggio sghembo elicoidale è costituito da due ruote ruote cilindriche elicoidali, con opportuni angoli d'elica base, montati su assi sghembi. L'impiego di questo tipo di ingranaggi è raro; il contatto puntiforme infatti limita l'impiego i casi in cui le forze in gioco sono modeste. Esistono altri tipi particolari di ingranaggi sghembi brevettati (ingranaggi spiroidi ed ingranaggi Helicon) basati sul principio della vite senza fine, ed in grado di ottenere elevate riduzioni (1/40, con applicazioni limite di 1/300).

Ingranaggi Spiroidi Ingranaggi Helicon

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In alcune applicazioni si può ricorrere a due coppie di ruote coniche, inserendo un albero lungo la normale comune agli assi sghembi tra i quali avviene la trasmissione del moto.

Trasmissione fra assi sghembi mediante coppie di ruote coniche

PROBLEMATICHE NEL DIMENSIONAMENTO DI RUOTE DENTATE

STRISCIAMENTO AI FIANCHI

Durante il funzionamento delle ruote dentate, il movimento relativo tra le circonferenze primitive è di puro rotolamento. Solo nel punto di tangenza delle circonferenze primitive la velocità di strisciamento è quindi nulla. Ciò determina uno strisciamento tra i denti in contatto, quando il punto di contatto è in posizione diversa rispetto al punto di tangenza delle primitive (centro del segmento di condotta). La velocità di strisciamento è pari a vs=(ω1+ω2)d dove d è la distanza del punto di contatto rispetto al centro del segmento di condotta. Alla velocità di strisciamento bisogna ricondurre l’aumento di temperatura che può produrre principi di saldatura (fenomeno detto di “grippaggio”). Per aumentare le resistenza al grippaggio è necessario usare lubrificanti.

Strisciamento lungo i fianchi dei denti in presa

USURA DEGLI INGRANAGGI

L’usura si collega ai seguenti fattori:

• Alla pressione tra i denti a contatto • Al materiale con cui le ruote sono fatte • Alla frequenza con cui denti vengono a contatto e quindi alla velocità angolare delle ruote • Dal tipo di dentatura, all’accuratezza della generazione, allo stato delle superfici

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• All’efficacia della lubrificazione Il fenomeno dell’usura nelle ruote dentate è significativamente legato all’applicazione ciclica di pressione superficiale nei punti contatto, e determina una corrosione localizzata per vaiolatura (pitting), portando alla creazione di microfori e, a lungo termine, anche all’esfogliazione delle ruote. Al fine di ridurre l’usura è quindi importante l’utilizzo di opportuni acciai. Le famiglie di acciai comunemente impiegate sono: • Acciai da cementazione • Acciai per tempra superficiale • Acciai da nitrurazione Tutti e tre questi trattamenti termici producono strati superficiali di elevata durezza, che accrescono la resistenza all’usura. La cementazione seguita dalla tempra è il trattamento più usato per ottenere la necessaria durezza superficiale della dentatura. Essa consiste in un arricchimento superficiale di carbonio, per cui dopo il procedimento di tempra il dente presenta una superficie dura, mantenendo un cuore tenero e resistente a flessione. Un altro aspetto che significativamente influenza l’usura è il numero di denti delle ruote che ingranano: se il numero di denti della ruota condotta è un multiplo di quello della ruota conduttrice, un dente del pignone ingrana sempre con gli stessi denti della ruota. Eventuali imperfezioni della costruzione gravano perciò sempre negli stessi punti, determinando un più rapido deterioramento delle condizioni di lavoro. Una soluzione è fare in modo che il numero di denti della ruota e del pignone siano primi fra loro, ad esempio aumentando o diminuendo di 1 il numero di denti della ruota. NUMERO MINIMO DI DENTI

Nel definire il numero minimo di denti di una ruota, due aspetti vanno presi in considerazione: 1. la necessità di evitare il fenomeno dell’interferenza, in cui la punta di un dente ingranando

tocca il raccordo di base della dentatura dell’altra ruota. 2. la necessità di garantire continuità del moto, e quindi sempre almeno una coppia di denti in

presa Infatti, al fine di prevenire l’interferenza è necessario imporre un limite superiore alla sporgenza e quindi, per ruote normali, al modulo. Ma porre un limite superiore al valore del modulo, dato che sia il raggio primitivo, equivale a porre un limite inferiore al numero di denti. Nel caso di ruote normali (tracciate con profilo ad evolvente), risulta:

( ) 2

2

1 1 2 sinz

τ

τ τ α≥

− + + +

in cui si assume τ >0 per ruote esterne. Il numero dei denti del pignone, compatibile con il rispetto della condizione di non interferenza, dipende dunque dal rapporto τ e dall'angolo di pressione. La seguente tabella fornisce i valori di zmin ottenuti per α=20° e α=15° e per diversi valori di τ:

Esterne Interne

τ 1 1/2 1/4 1/5 -1/4 -1/2

α=20° 13 15 16 16 20 23

α=15° 21 25 27 28 34 40

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Trasmissione con ruote

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Dalla tabella proposta risulta che, per ruote esterne, zmin aumenta al diminuire di τ da 1 a 0. Un comportamento opposto si ha per le ruote interne. È facile provare che, al crescere di α, zmin diminuisce. Da questo punto di vista è pertanto opportuno che l'angolo di pressione non sia troppo piccolo. D'altra parte validi motivi consigliano di non adottare angoli di pressione troppo elevati (all'aumentare di α aumenta la spinta che i denti si trasmettono, ossia, a parità di coppia trasmessa, aumenta la sollecitazione sui denti). Il valore α=15° - 20°, comunemente usato, è un valore di compromesso fra le opposte esigenze. Il secondo vincolo, di continuità del moto, è automaticamente soddisfatto qualora si adotti il suddetto valore di zmin. Infatti, per α=20° si ottiene: zmin =3. Questo risultato mette in evidenza come la condizione di continuità sia soddisfatta da valori molto piccoli del numero di denti. RUOTE CORRETTE

Qualora si voglia costruire ruote con numero di denti minore, senza incrementare l’angolo di pressione ed evitando l’interferenza, si ricorre a ruote “corrette”. Tali ruote sono ottenute tramite spostamento delle circonferenze di testa e di piede, il quale determina una modifica rispetto al proporzionamento modulare delle altezze dei fianchi in addendum e in dedendum. I motivi che rendono necessario, o per lo meno opportuno, l'impiego di ruote corrette sono:

1. evitare l'interferenza in condizioni di lavoro; 2. evitare l'interferenza nel taglio di almeno una delle due ruote di una coppia, da parte di un

utensile dentiera; 3. migliorare la resistenza del dente sia nei confronti delle sollecitazioni di flessione sia di

quelle di tipo hertziano, ossia di contatto (risultato conseguibile con l’allargamento della base e la riduzione della curvatura relativa dei profili in prossimità del piede del dente del pignone);

4. permettere il montaggio di ruote con interasse prestabilito. Le prime due condizioni si traducono nella riduzione del numero minimo di denti. L'adozione di uno spostamento della circonferenza primitiva (denominato x in figura) porta in ogni caso ad alterare la forma dei denti, come è posto in evidenza nella figura a seguire. In particolare, spostamenti positivi portano a denti a base più larga ed estremità più appuntita (a valori elevati di spostamento positivo possono corrispondere addirittura denti a punta), mentre a spostamenti negativi corrispondono denti a base più stretta (con valori negativi dello spostamento si presenta con maggiore facilità il pericolo dell'interferenza dei profili).

addendum e = m(1 + x/m)

dedendum i = m(1,25 - x/m)

x=-0.6 x=-0.3 x=0 x=0.3 x=0.6

Z=14

Z=20

Z=50

Effetto dello spostamento della primitiva sulla forma dei denti.

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Trasmissione con ruote

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SCELTA DEL MODULO: METODO DI LEWIS PER RUOTE CILINDRICHE A DENTI DRITTI

Il dimensionamento di un ingranaggio, essendo nota la cinematica (rapporto di trasmissione, numeri di denti, angolo di pressione), si effettua con la determinazione del modulo e della larghezza di fascia b (sviluppo del dente nella direzione dell’asse di rotazione). Nel caso più generale il dimensionamento di un ingranaggio si effettua a flessione e a contatto hertziano, considerando sia la sollecitazione statica, sia quella di fatica. Nel seguito sarà proposto il dimensionamento a flessione statica, sulla base della teoria di Lewis. Secondo Lewis, il dente è da considerarsi come una trave a mensola caricato sul suo spigolo estremo e si ipotizza una sola coppia di denti in presa.

s

v amm

M fC

λ z f σm ≥

in cui:

• M è il momento da trasmettere [Nm] • fs (>=1) è il fattore di servizio, funzione del tipo di utilizzo in cui è impiegato l’ingranaggio • z è il numero di denti del pignone

• λ è il rapporto tra la larghezza di fascia del dente b, e il modulo: b

λ=m

I valori usuali sono: λ =10 ÷ 5 costruzione poco rigida λ =15 ÷ 25 supporti scatolati λ = 25 ÷ 30 costruzione accurata e rigida

• fv (<1) è il coefficiente di velocità, che tiene conto dei sovraccarichi relativi alla velocità d’urto, all’inerzia ed alle eventuali vibrazioni. Esistono formule empiriche tra cui le

seguenti: v

6f =

6+v, in cui v [m/s] è la stima della velocità periferica della ruota

• σamm [MPa] è la tensione ammissibile per la sollecitazione di flessione del dente; si può ricavare dal carico di rottura σR (o di snervamento) del materiale con la relazione:

Ramm

σσ =

S, in cui S è un coeficiente di sicurezza (usualmente si assume S= 4 – 6)

• C è il coefficiente tabulato di Lewis ricavabile in funzione del numero di denti e dell’angolo di pressione. In assenza di dati più specifici, si può assumere (in vantaggio di sicurezza) C=2.

Calcolato con la suddetta formula il modulo m [mm] si sceglie quello immediatamente superiore tra quelli unificati dalla normativa (UNI 6586-69). Nel seguito è proposto un estratto da un catalogo di ruote dentate normali cilindriche a denti dritti.

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Trasmissione con ruote

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Estratto da catalogo di ruote dentate cilindriche

RENDIMENTO DEGLI INGRANAGGI

Le perdite di potenza meccanica in un ingranaggio sono costituite prevalentemente dai seguenti tipi:

1. perdite causate dall’attrito di strisciamento tra i denti a contatto 2. perdite di attrito nei perni (appoggi) degli alberi delle ruote 3. perdite di natura aerodinamica (effetto ventilante) 4. perdite causate dai piccoli urti che si sviluppano tra denti a contatto.

Le ultime due diventano significative ad alta velocità La formula approssimata che consente di stimare il rendimento di ingranaggi paralleli a denti dritti, aventi proporzionamento modulare, è la seguente:

1 2

1 11

= − ±

f

z zη π

in cui f è il coefficiente di attrito. Nella relazione proposta, va assunto il segno “+” per ingranaggi esterni, ed il segno “-“ per ingranaggi interni. Questa espressione del rendimento ha solo carattere orientativo, non soltanto perché ottenuta in una condizione molto particolare (una sola coppia di denti sempre in presa), ma anche perché si è supposto che il coefficiente di attrito sia costante su tutto l'arco di contatto. In realtà le cose vanno diversamente: il contatto fra i denti di due ruote dentate avviene quasi sempre in presenza di lubrificante ed il coefficiente di attrito risente in misura notevole del valore della velocità di strisciamento; quindi varia sensibilmente con la distanza del punto di contatto dal centro di istantanea rotazione. La espressione del rendimento trovata permette, tuttavia, di valutare l'influenza che sul rendimento stesso hanno alcune grandezze; in primo luogo, a parità di altre circostanze, il numero dei denti delle due ruote. Il rendimento di ingranaggi paralleli o concorrenti ben costruiti e lubrificati si aggira attorno a 0,97 – 0,99.

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Trasmissione con ruote

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L’estensione del medesimo approccio al caso delle profilo elicoidale, porta al seguente risultato:

1 2

1 11 cos( )

= − ±

f

z zη π β

Si osservi come la presenza di un angolo d’elica β riduce la perdita di rendimento di un fattore cos(β), in quanto si riduce lo strisciamento complessivo tra denti in presa. Il rendimento degli ingranaggi conici è sostanzialmente comparabile con quello dell’equivalente ingranaggio cilindrico. Il rendimento degli ingranaggi sghembi è in generale più modesto perché nel contatto fra i denti gli strisciamenti sono più elevati e si aggira attorno ad un valore di 0,75. Il rendimento di un ingranaggio ipoide può essere confrontato con quello degli ingranaggi cilindrici, se costruito e lubrificato con particolare attenzione. Analogo per Ingranaggio Elicon e Spiroid.