D. G. c · -...

22
I I - , ) i MARSALA 11 RICORDI STORICO-CRITICI ])[ A. D. G. c · d,.J( • \ J l .\1ARSA LA PRE ML\T\ Tr pOGRAFrA Dr LUrGI Gl LfR ERT [ Via Cassare )J'. 6j.

Transcript of D. G. c · -...

I I

-

,

)

i

MARSALA

N~11' 11 MAGGI~ 1~o~ RICORDI STORICO-CRITICI

])[

A. D. G.

c · d,.J( • \ J l

.\1ARSA L A PREML\ T \ TrpOGRAFrA D r LU rGI Gl LfR ERT[

Via Cassare )J'. 6j.

'W .ll.

MARSALA

N~11' 11 MAQQI~ 1~o~ RICORDI STORICO-CRITICI

DI

A. D. G.

MARSALA PRE?I[[ATA TIPOGRAFIA DI LUIGI GILlBERTI

Via Cassare N. 67 .

~.~:.t". ::::.: ..... lHl····· ·m::\,~· :.: .. :.:.l • • • .. • • •• • lO ••••••••••• il)\'. \,0 \,. ~. ~ •• • \0 •• "~o •• •• ~~ 'j o~~ '6"~ ~~~ ~ O' '~6"Q ~ .~ o

Manal{/J 1 I Maggio 1890.

I COMPIONO applll1tooggi trenta anni dal dì, che l'Eroe dei due mondi col suo indomito coraggio riaccese le speranze defraudate colla pace . di Villafranca, e­sordendo colla spedizione dei Mille, la più meravigliosa epopea del secolo de-ClITIOnono.

Da Dante a Mazzini, poeti, pensa tori, statisti , no­mini di azione aveano sognata, predetta, sostenuta come necessaria all' equilibrio ' europeo, tentata in frequenti sommosse la indipendenza d'Italia.

Ma la diplomazia fu sorda alle giuste querimonie, fu cieca allo strazio di ventisei milioni di abitanti del bel Paese, che Appenin parte, il mar circonda e l'A lpe, e la tirannide: trionfò tnrpemente, come sopra llna terra di morti.

6

In tante convulsioni di civi le riscatto, i Siciliani,: che non fur mai da sezzo insorsero contro l'esecrato servag­gio, ma soverch.iati da preponderanti satelliti pagarono coll'esilio, colle torture, col patibolo le aspirazioni per la libertà.

Pur fidenti :.'!.ella giustizia della loro cau sa, nella ma­turità dei tempi, nel Genio Tutelare Coronato del Pie­monte, attesero il giorno della redenzione e del trionfo del Vessillo Nazionale. .

Il quattro Aprile 1860,un pugno di popolani emise il grido di guerra nel Cenobio della Gancia in Palermo, sfidando la esosa sbirragli:l di Maniscalco; e quel gri<1o si diffuse colla Llpi2ità del baleno in tlltti i comuni del­l'Isola .

Marsala accogliendo b lieta novella ne segui l'esem­pio. e tre giorni dopo la bandiera tricolore fu portata in trionfo per le principali vie della città fra le acclama­zioni di gioja della popolazione.

L'indomani si riunÌ nel Palazzo di Città un nume­roso comitato di cospicui cittadini per prov\:edere alh pubblica bisogna;, dal furore del popolo vennero bruciati i materiali deW ufficio di polizia, dis~lrmatj i poliziotti e le guardie dog~n:·t1i, buttati a terra gli stemmi borbo­nici; da pertutto un risvegEo, un desio di novid., un alito di fratell anza, un tripl1dio indescrivibile.

Ma fu o,uello il tripudio di pochi giorni; la sera del 9 di detto mese Aprile una inaspettata ministeriale an­nunziava che l'insurrezione era stata schiacciata, e che l'ordine regnava a Palermo.

Allora un doloroso dis~ngJ.n no in vase gli animi at­territi; le notizie del sac..:o dato a Carini ingrandirono il pericolo di una efferata reazione; dimostrami e spet­tatori si ritennero compromessi; e fu una fuga -generale,

7

chi per la via dell'esilio, chi per le campagne, chi per gli inesplorati sotterranei, che stanno all' oriente della città, e dove si resero irreperibili alle ricerche della polizia.

Un'ansia mortale, una affannosa trepidazione, una vera agonia colpiva ta~lte madri, tante spose, tanti figli. N on si sognava che saogne; 1100 si avea innanzi alla im­paurita faotasia, che vittime da porte di quel governo, che fu meritamente detto la negazione di Dio.

La mattina del 6 Maggio seguente una colonna mo­bile di ottocento soldati di varie armi sottO il comando del Generale Letizia giungeva in Marsala ad accrescere il comune sgomento, preceduta dallo arrivo del giudice istruttore Antonino Calabrese per iniziare il processo di Stato, da cui si fecero risultare responsabili i più onesti, cospicui e liberali cittadini.

Eseguito il disarmo, e rimesso il prestigio della Regia Autorità, il Generale Letizia partiva il giorno 9 col suo battall'lione alla volta di Castellammare del Golfo sopra un vapore da gutrra, il Vesuvio.

Partiva pure il giudice istruttore lasciando alla po­lizia il triste compito di dare esecuzione ai mandati di arresto, che egli aveva spediti senza sufficienti indizii, ed a base di un simulacro di processo.

Mentre queste cose avvenivano in Sicilia una grande impresa maturavasi ne!le romantiche riviere di Genova. Le sventure dei siciliani avevano commosso i nostri fra­telli del continente.

I fuorusciti meridionali tra cui Francesco Crispi, e Giuseppe La Masa, si misero ai fianchi del Generale Ga­ribaldi per tirarlo ad uno dei suoi colpi di mano, dipin­gendogli la Sicilia tutta fuoco e fiamme.

I! Generale però era perplesso; Medici e La Farina lo sco)1sigliavano pel momento; al parere di questi ultimi

8 .

si aggiungeva il giudizio di 1\ico1a Fabrizi, arriv:lto per tdegral11l11:1 in cifra d·a Malta nel 26 Aprile, ave annun­ziava spenta del tutto la insurrezione siciliana, appena qualche. banda cl' insorti ramillga per le montagne, te­meraria qu in d~ agil i impresa, perchè difficilmente secon­data dalla popolazione atte:Tita dalla ferocia dei vitto ­riosi borbonici.

Ciò non pertanto Crispi e La Masa, a cui si ag­giunse Giacinto Carini insistevano per una pronta spe­dizione, assicurando che la rivoluzione avesse alzato la testa nelle maggiori città della Sicilia, in base a corri­spondenze, che assicuravano, da fonte sicura.

Allora il valoroso Nizzardo, spinto dalla sua indole generosa, decise la spedizione di Quarto un mese ed un­giorno dopo la catastrofe della Gancia .

Erano le nove e 111('ZZO della notte del 5 Maggio r860, e du~ vaporetti commerciali della Società Rubattitlo, il Piemollie ed il Lombardo, salpavano alla chetichella dal porto di Genova in direzione della storica riva di Quarto, ave ricevevano a bordo . dai numerosi battelli, che l i at­tendevano, i novelli Argonauti capitanat i da un novello Gir.sone, con pochi fucili, con po..:he munizioni, e con sparute vettovaglie.

Da qnella notte per ben cinq ue g iorni bordeggiarono percorrendo quanto er:l largo e lungo il mar Tirreno; per ben cinque giorni s'imbatterotl,) in curiosi episodii sfug- . gendo all' occhio vigile della crociera borbonica, fiuchè passata l' isoletta di Maret imo, ed avvicinata l'altra di Favignana, i due v:lporetti nelle ore meridiane dell'un­dici Maggio, furono in vista ùcl fortunato porr.o di Mar­sala, che il Generale Garibald i in uno dei suoi momenti d'intuito avea destinato allo sbarco della speàizione.

L'undici Maggio 1860 era una giornata veramente

\

9

splen~iJa, uÌla di quelle giornate, cbe non si dimenticano più; il cielo parea di z:lfEro; il mare era calmo e lll.:ci­clnte come una lama di acciajo; l'aria calda e r:1.refatta; i luminosi · raggi del sole abbagliavano le pupille col loro pulviscolo d'oro; l'esteso orizzonte meridionale, che cir­conda cosÌ incantevole panorama, pareva bello, affasci­nante, sublime.

Era circa l'una pomeridiana, le strade erano quasi deserte; pocbi legni mercantili stavano. ormeggiati nel porto; poco distanti dal molo stazionavano due vapori da guerra inglesi !'Argus e l'lntrepid comandati dai Ca­pit:l.11i Marryat ed Ingram; loIlt:mo lontano in direzione del vento Sirocco si scopriva la flottiglia borbonica in cro­ciera, composta dei vapori Stromboli e Capri, e della vec­chia fregata a vela Partenope sotto il comando del ca­pitano Anguissola.

Marsala in quel momento era immers:1 in un ma­linconi(o silenzio; quando due vaporetti fur visti a tutta macchina mont:1re dal C:tpa Boeo come due frecce scoc­cate, erano il Piemonte ed il Lombardo; il l'rimo fatti i sollHi di rito alla b.mdiera Inglese, infilò la bocca del · porto gettando l'ancora in vicinanza del molo; l'altro per ~ssere di pilI grossa portata n011 potendo seguire, il Pie­monte nel percorso canale andò ad incagliare nei banchi mascherat i di arena e fango, intesi comunemente triscioni, che giacciono alb distanza di quasi yenticinque metri dalla scogl iera della lanterna, ed altre ttanti dalla .-i,·a dirim­petto la fattoria Woodbouse.

Sul ponte di q nei vapor~tti brulicavano i Volontari d:dJe camicie rosse, colle armi in pùgllO, impazienti di scendere a terra.

.Il primo a sbarcare fu Ti.irr coi suoi cinqlla!~ta ca"­rabinieri- genovesi a mezzo deW unica imhar..:azione di"

IO

cui poteva disporre il Piemonte, essendosi allontanata la paranzella _pescareccia, che Garibaldi avea fatto catturare nei paraggi di Favignana.

I poch i marinai, che trovavansi nella rada, furono sorpresi dall' inaspettato arrivo di quei legni fantasm i; supposero trattars i di emigrati, pei quali era stato atti ­vato il cordone sanitario 'per tutto il l iuorale sicil i:mo,

e pei qu ali era stata ordinata la crociera; ma quelle ca­micie rosse sconcertavano la bussola.

Scossi però dal magico gridl) di «( Viva l'Italia- Viva Vittori.o Emmanuele}) rimessi dalla moment:m e:l esitanza, avvicinaronsi animati col gestO, colla voce, coll'esempio dai primi sbarcati) e da alcuni capitani marittimi del paese tra i q L1ali Pietro Di Girolamo, allora al comando del Bovo Marietta della Ditta Florio, elli non erano ignoti i mo­vimenti e le speranze degli emigrati siciliani nella Peni­sola. (I); e fu ailora un incrociarsi di Lmce e di caicchi; U11 vogare con lena dal bordo alla riva, e dalla riva al bordo; una ressa; una discesa a precipizio; un trabalzo di colli, e di armi; una febr ile attività; unJ ansia; una tre­pidazione generale; mentre dagli stabilimenti enologici J

che circondano la deliziosa riviera, dai sobborghi , dai q l1artieri più vicini della città accorrevano curiosi, att ra tti da quel magico spettacolo; e tutti, malgrado la natural diffidenza, malgrado la novità sbalorditoja del caso, fe­cero del loro meglio, gareggiando coi fratelli del COntÌ-

Pietro Di Girolamo nel Novembrc del r859, trovandosi a Li­\'orno s'incontrò con certo Sebastiano Galigarsia da Favignana emi­grato politico, che gli confidò le di lui speranze in una spedizione in Sicilia. Infatti sbarcò li I I Maggio in Marsala, e lasciò la vita nella battaglia di Cabtafimi.

-"

II

nente nei lavori dello sbarco, e nell'opera del salvataggio, sempre al g ri do -di « Viva l'Italia- Viva Vittorio Emma­nuele- Viva Garibaldi (I).

( I) Il Guerzoni ne l suo Garibaldi al VoI. 2., Capito lo 8. , pa .. gina 6 I scrive che delle numerose barche affollatesi intorno al Pie­monte ed al Lombardo per lo sbarco dei Mille, ;\kun~ accorsero volontarie, altre prese a forza; appoggiandosi ad un opuscolo pub­blicato ne l 18&r col titolo: Alcrmi fatti e docl/menti della 1·j'l.'oltlziolle dell' ltalia lIleridiollal~ del 1860 rigllardlwli i Siciliani e L!t Masa ­opera réclame dello stesso La Masa, com'è a tutti notorio.

Infatti nel suddetto opuscolo leggesi ((All'istante Castigl ia (Sal­« vatore) discese su d'uno dei battelli unitamente al bravo marino {{ signor Andrea Rossi; girando tutti i piccoli legni ancorati nel {( portO imponevano a quei marinari co l revohver alla t,nano, d'in­{{ viare gli schifi a bordo de l Piemonte loro malgrado ».

Ed in not<l. ({ La Masa scese il primo dal Lomb:udo con quattro Siciliani,

{{ ed anch'esso col revolwer alla mano inviò altre barche al vapore. Il I Siciliani erano Fuxa, Occhipinti, Scognamilla, Wianni.» .

Cosicchè secondo 1'autore dell' opuscolo lo sbarco si deve in parte all'energia armata di tre garibaldini solamente, a Castiglia, a Rissi, ed al La Masa, anzichè al patriottismo dei Marsalesi .

Non poteva scriversi .millanteria più meschina; giacchè lo stesso Bandi, che disse roba da chiodi contro Marsala, e che non si Sl­

re.bbe fatta scappare quesra macchia per rincararne la dose, nella sua monografia ({ Da Genova Il Marsala» scrive che le lance, che si affollarono intorno al Piemonte erano eccitate dalla promessa, che faceva Garibaldi ai barcajuoli, di una buona giornata, cioè di una .buona mercede, cha eglino dignitosamente rifiutarono. - Ed il Mag­giore Pecorini-Manzoni neHa sua Storia della I Sa Divisione Tiirr ?Le1la «campaglta del 1360 )1 scrive che le imbarcazioni furono ec­citate la prima e la seconda volta da Turr, e non gii costrette dalla forza.

Nè la \'iolenza sarcbb~ stata razionalmente possibile per i se­guenti motivi: I. Perche Garibald i non l'avrebbe permesso. 2. Per­che il popolo non si sarebbe sottomesso facilmente a tre soli Ga­ribaldini qll;\ntunque armati di revoh';er I che non ave;\no saputo

12

Come Dio volle, in minor tempo di due ore, can­noni, munizioni, armi, bagagli, tutto fu a terra con tan­ta vertiginosa celerità, che un Ungaro si ferì alla coscia nella bajonetta di un suo compagno, ed un Lombnrdo si feri alla testa (I).

Garibaldi, cui premeva intanto assicurarsi della po­sizionI! della citta, vi spedì sub ito le avanguardie dando ordine a Stefano TUrr di attaccare la O"uarniaione bor-

" " bonica; a Giuseppe Missori di ponart'! le sue ricognizioni sullo stradale, che cond uce .al Capo Provincia; a Gia­cinto Bruzzesi d'impossessarsi dell'ufficio postale, di quel­lo telegrafico, e di occup,ue Porta Maz.zara; ciò che fu fatto al passo di corsa e colle bajonet te in canna.

Bruzzesi trovo chiuso l'ufficio postale situato sotto il Palazzo del Municipio in p:azza della Loggia, e ne spezzò lo stemma; spezzo pure lo stemma, le pile e la mac..:hina elet­trica dell' ufficio telegrafico pOStO in via N eve poco distante dalla detta piazza, che egli invase nel momento, in cui l'im­piegato capo, certo Gaetano F<?rtiili, segnalava l'arrivo dei legni sardi con gente da sbar..:o e ne svisò l'indirizzo

~ , , f.1cendo aggiungere al telegramma da ~uno del picchetto, che ,ne conosceva il lingua O"O" io mi SOllO illUanl1ato 50110

~ DD b)

impedire la fuga deHa paranz'ellà pescareccia catturata presso Favi­gnana. 3. Percilè un ajuto imposto colla fòrza non avrebbe potuto suscitare nel momento stesso dello sbarco e nelle persone dei vio­lentati tutto quello entusiasmo di cui è "h'o ancora il ricordo ed il cui fragore giungeva in città come mugghio di mare in tempe­sta- Eppure in tempo di guerra menzogne per la terra, dice il pro­"erbio; e SOtto questo PUllto di vista bisogna ringra7i:ue i vanesii, che tra le altre fandonie non scrissero come Marsab avesse presi a cannonnate Garibaldi ed i suoi Mille nel giorno I l Maggio 1860.

(I) L'Ung:.tro fu curato nella farmacia del Signor Nicolò Tito­ne BalJacchino dall'oggi defunto D,r Giovanni Grassellino medìco chirurgo da Mars:1l:l,

..

'l

due vapori l1ostri)' - occupo Porta Mazzara, e ne diede la consegna alle sue sentinelle (I).

Cio eseguito Tiirr e Bruzzesi tornarono a riferire al Generale l'esito delle loro missioni, assicurandolo che la guarnigione era partita giorni prima, (he poliziotti e doganieri erallO spariti per incanto, e che nessuna mina\:­eia era a temersi dalla parte di terra. Ciò infatti· era . vero. Non cosi dalla parte di mare.

Erano scesi appena i Voloiltari, che Wl vapore della cro..:iera, e propriamente -il Capri giungeva a tiro dal molo; l'altro si avvicinava rimorchiando la .vecchia Par­tenope, e già pareva da un l110melltO all' altro di dover cominciare le ostilità; ma sia per timore di poter- colpi­re i legni della Graziosa Regina posti quasi nella linea, che doveano trajettare i projettili borbonici; sia per ti ­more di poter danneggiare le fattorie inglesi poste sulla spiaggia, che fronteggia quel mare, C€fto vi fu LIoa l11i­steriOS3 tregua, una sciarada politico- militare, che ha mes­so a tortura il cervello dei novellatori.

I GaribaldinL intantO erano tutti occhi verso i legni borbonici, cbe andavano man mano a postarsi dietro il braccio del molo, e fuori . il raggio dei vapori inglesi,

senza capacitarsi della strana manovra; quando il Capri tirò il primo colpo di cannone a granata, che and6 a c'adere a pochi passi di distanza dal Generale; seguÌ un secondo, un terzo, un quarto colpo, fin(;nè divennero una vera batteria, accresciuta da quelli dello Stronrboli e dalle fianconate a mitraglia della Partwope, che faceano spaventO.

(1) Il Colonnello Brunesi appena entrato in Città ebbe per guida il Signor Gaspare Canino.

I! Garibaldino che conosceva il linguaggio telegrafico fu certo eiovan Battista Pentasuglia. di Giuseppe da :M.atera (Basilicata).

q

Quando i Volontari del Tiemollie sbarcati sul brac­cio del molo, e q uelli del Lombardo sbarcati sulla ban­china furono tutti riuniti, in ordine di sfilata e per com­pagnia, Garibaldi calmo e sereno come in un giorno di parata, apl'0ggiando sulla spalla destra la sciabola inguai­;1ata, che tenea per la punta, fatta spiegare dal vessilti­[ero Giorgio M:min la bandiera tricolore, ordinò la mar­cia a quattro, ed a passo di carica verso la città, in mezzo aù un prolungato grido di gioja.

Le palle ima·nto fischiav;J.n.o per l'aria, le granate, e le bombe SCOppi3v:mo con fracasso, e le mitraglie scro­sciavano maledettamente.

Per fortuna della spedizione il lungo bracci" del molo era ed è ml~nito di un antemurale; ed a riva il tratto di strada, che conduce alla citt~\ presentava un ab­bassamento di un metro circa sotto il livello dell'aperta pianura laterale; ~osicchè i projettili dei legni borbonici) che venivano di fianco, o flageI!a\rano il mare, spingendo delle spaventevoli ondate, O strisciavano per terra, la­sciando lunghi solchi sull' erba, ed 'ludandc a perdersi nella controposta muraglia; molto più che Garibaldini e bOfahesi ad ogni sbocco di fumo, gettJvansi pancia :l

terra, <:Irialzandosi, passato appena il fischio dei projettili, pronti a continuare 1<1 corsa sempre al grido di «( Viv~a l'Italia »

Si arrìvò finalmente alla monumentJle porta, che guarda il mare, e che oggi si onOra del nome di Ga­ribaldi; anche qui molta gente attendeva a dare il ben­venuto al glorioso Nizzardo, che $cguito dal suo Stato Maggiore salutò di tutto CUOre la prima terra della sua memorabile epopea; quella terra, che ricordo sempre co­me la prima stazione dei suoi trioufi; che onorò del suo primo grido di guerra «( Italia e Vittorio Emmanuele»

e della sua prima sfida alla Teocrazia « O Roma o morte.

Passate le momentanee preoccupazioni, i Garibaldini fecero fascio armi nella piazza della Loggia.

Garibaldi si addusse alle carceri per dare la libertà a qualche detenuto politico nella supposizione che ce ne fossero; saH sulla tOrre del telegrafo ad asta, avanzo delle fortificazioni dei tempi cartaginesi, per esplorare t"utto intorno il paese; e diede ordine di sequestrare il denaro, che trovavasi nelle casse pubbliche governative.

Di ritornò salì nei Pal:tzzo del l\.iunicipio in cerca delle autorita locali. Il Sindaco D.r Giulio Anca Omo­dei trovavasi nella sua villa di Amafi; il primo ed il secondo Eletto erano assenti.

I Garibaldini €'rano stanchi, affaticati, morti di fame e di sonno; accorrevano di urgenza viveri ed alloggi; in assenza del Sindaco e degli Eletti si ritenne necessa­rio riunire il Decurionato ad una straordinaria seduta.

Gl' inservienti comunali ebbero ordine d'invitare quanti d~curioDi fosse stato possibile, e- dopo una ora circa il aabinetto delle deliberazioni era occupato da una ' " dozzina di padri coscritti.

Poco dopo entrova il Generale avvolto nel suo PUIl­~bo, "be, salutando, spiegò brevemente l'oggetto della riunione. Indi chiese una carta geografica della Sicilia; non ce ne era; solo pendeva da una parete del gabi­netto una carta ropografica dell'agro marsalese, lavoro a penna dell'ingegnere alunno Errico Anselmi. Dovette far di necessità virtù; e quando ebbe spiegata sul tavolo in­nanzi a se quella mappa, invitò qualcuno a fargli da ci­

. cerone; la scelta cadde sul più giovane degli intervenuti, il Signor Audrea Di Girolamo, che prendendo come punto di partenza l:t citti fece notare alI'illustre perso-

16

naggio le tre strade provinciali, che dalla stessa diri­gevansi a Trapani, a Sal.~mi, a Mazzara.

Il Generale chiese se Salemi era città montuos~l, e quali i suoi abitanti; il Di Girolamo rispose che 5.t!emi giaceva in luogo alpestre, che Jvvicinav:lsi :db Cl:ena delle Madonie, e che i suoi abitanti erano svelti, i!ltel­ligenti, civil1.- Ma 00:1 è questo quello, che io chiedo - lo interruppe Garibaldi. Il Di Girolamo stonò a quella interruzione, avrebbe voluto sçusarsi di n011 aver capito il latino, ma non n'ebbe il tempo. Un uffiziale in quel momento chiese di urgenza un abboccamento con Gari­baldi, che lasciò subito la Decuria.

Dopo mezza ora di aspettativa la Dec.uria si sciolse, ed i suoi componenti si confusero tra le capallnelle del­la strada, ed i crocchi dei Garibaldini, che diggià si e­rano fam iliarizzati col popolo.

Inta nto il bombardamento ferveva sulla città iner­me, principalmeote in direz ione della bandiera issata sulla to rri cella del Consolato Sardo. Il Console avea creduto con q tlel segnacolo guarentirsi dallf! ostili.ti ne­miche, ma fu peggio; il comand"tnte della crociera l'a­vea creduto il pUDto di riunione dell'esercito Garibaldino, e sfogavasi su di esso; per questo equivoco le abitazioni del quartiere furono le più gravemente colpite, la cas;t degli eredi di certo Vincenzo Pellegrino an.dò squarciJta come una melagrana.

Il bombardamento veniva pllre diretto al Palazzo del Municipio, sul cui tetto le grauate scrosciavano co­me raffiche di grossa grandine con grave pericolo dei molti curiosi, che senza concepir p_aura, anzi con inso­lita temerita. si divertivano un mondo, come se assistes­sero a scherzi di fuochi pirotecnici; eppure il pericolo era tale e tantb, che mosse UD uffiziale Garibaldino ad

li apostrofarli, obbligandoli a farsi indietro e riparare alla svoltata della via Cassare.

Più tardi si seppe che il Generale era stato richia­mato dal gabinetto dei decurioni in vista di un tenta­tivo di sbarco di truppa dai legni borbonici, e di un possibile arrivo di fanteria dalla vicina Trapani: infatti una flottigl ia di b<ìrconi si era avvicinata al molo per mettere a terra una p:lrte dell' equipaO'O'io reaI marina . il1a i carabinieri Geno\-esi, ivi apposta~i l'aveano acco lt~ ZOIl fuoco di fih, calmando a peso di piombo il suo bollore marziale.

Questi sospetti impensierirono Garibaldi, che senza ritardo mise b città. in uno srato di militare difesa acr_

g!ungendo altra. compagnia a quelle del 111010, radJo~_ pl<lIldo le guanlle alle uscite, alternando le sentinelle alle mura, estendendo sino ad un chilometro e mezzo di. dist<lI1za gli avamposti lungo gE stradali, che costi ­tllIscono le principali arterie del suo territorio' e ciò con quel rigore di disciplina, e con quella esatrezz~ di vjO'i _

Luna vale\'oli a scongiurare qualunque eventualità n~t­tu rna. ~iò non pertanto stimò ne(;essario fare appello alle forze vIve del paese Elcendo affissare SOtto i portici del Palazzo dd Comune il st!guentt: pI~odama;

SICILIANI!

« lo vi ho condotto un pugno di valOl"Osi accorsi « alle vostl'e el'o iche gl'ida, a vanzi delle battaglie Lom ­« barde: Noi siamo con voi, ed altro non cerchiamo « che dI llberal"e il 1l0str'O paese.

« Se saremo tutti ulliti Sàl"<l facile il nostl"O as-

18

« sunto, Dunque alle armi! Chi non prende un' arma « qualunque è un vile, od un tr'ad itol'e, A nulla "aIe « il pretesto che manchino le armi,

« Noi avremo fucili, ma peL~ il momen to, ogni ar­« ma è buona quando sia maneggia ta dalle bl'accia « di un popolo valoroso,

, « I comuni avranno cura dei figli, delle donne e « dei vecchi che lasceremo add ietro ,

« Alle armi tutti! La 3iéilia mostl'el'a ancora una « volta al mondo, come l111 paese coll'efi] cace volontà « di un intiero popolo unito, sappia liberarsi dai suoi « oppressori,»

G, GARIBALDI.

La sera poi furono ripresi i cannoni senza affusti abbandonati sulla banchina per la difficoltà di traspor­tarli nel momento dello sbarco; e furono incassati i de­nari, che trovavansi a casa del percettore Bartolommeo Accardi nella somma di circa onze duecento. .

Fu appunto in quella sera che con altro invito a voce fLuono chi J. mati i decurioni ad una seconda sedu ta.

Eransi raccolti appena in dieci nella stanza addetta alla Segreteria Comunale, stantechè il gabinetto trova­vasi occupato da Garibaldi, Mentre si facevano mille con- . getture sull'oggetto della riunione entrò Fr:mcesco Cri­spi, che gentilmente riepilogand o lo scopo della spedi­zione, e le diflicolti superate per avere a Capo Supremo il Generale Garibaldi propose la conven ienza di atte­stargli con speciale deliberazione la pubblica gratitudine; dichiarando la decadenza della dinastia borbonica, e pre­g ando 11 Generale di assumere la Ditta tura del Regno,

Nessuno tenne presente l' in~ompetenza della Decu-

19

ria in materia e~cedente le sue attribuzioni, solo fece peso l'assenza del Sindaco, e degli Eletti, e la mancan­ZJ di rituale invito per una legale delib.eraz ione; mà

- Francesco Crispi insistette lo stesso , opinando èbe in casi estremi tutto era lecito ai rappresentanti del Comune.

Tale giurisprudenza non persuase affatto, pure fu tale il fascino esercitato dal biondo Nizzardo, che i dieci decurioni, senza pesarne le conseguenze, presero la se­guente deliberaz ione: ..

« Jl Dec urionato riunitosi stmol'dinal' iamente nella « fausta occonenzn dello sba l'co del Generale Giuseppe « Garibaldi in Marsala, nello attestare la sua gratitu­« dine Yel'SO si illustre personaggio, venuto a pl'OpU­« gnare la libertà del paese, ad unanim ità di voti deli­« bera la decadenza della dinastia borbonica dal tl'ono « della Sicilia; p,'ega il sullodato Generale ad assu­« merne la Di ttatura in nome di Vittorio Emmanuele « Re n'Italia, ed invita .lutti i comuni dell' Isola a se­({ guil'ne l'esempio.

« Fatto e deliberato li Il Maggio 1860,

«( GIUSEPPE ANCA MONTALTO.

« LUDOVIC0 A NSE Lì\:Il .

« FRAt\CESCO CARONNo?-

« SEBASTIANO GJACALONE.

« IGNAZIO MaNDELLO.

« GASPARE MILAZZO.

« BA.SILIO COLlCCHIA.

« A,",OREA DI GIROLAMO,

( GWLlO Aì\"CA, Sindaco. « PIETRO P ASSALACQUA, Seg,.eta,.io,

E da notare che durante la redazione della delibe­

razione uno dd presenti si asselltò) e fu supplito dal Sin-

,

20

daco, giunto nel momento di apporre la firma, dalla sua villa di Amafi, da dove era stato sollecitato con vari i corrieri a tornare in città.

È anche da notare che le firme furono apposte con qualche spazio vuoto per farlo riempire lo indomani da altri decurioni, che non avevano potuto intervenire, e cOSI rendere piu imponente la dimostrazione consilittre.

Appena compiuto qu el memorando atto si ripre­sentò Francesco Crispi, che ~o volle originalmente per farlo leggere al Generale e resritllirlo tan rosto; 111a quel prezioso documento rimase con lui, ed andò perduro a causa del furto della valigia, che lo conteneva, per co­me ebbe a confessare lo stesso Crispi prima e dopo di essere Capo del Governo .

Non si può mettere in dubbio che in quella sera Garibaldi fosse preoccupato parecchio, e di cattivo umore.

Forse la penosa situazione della città bombardata vig liaccamente, e minacciata dalle forze della crociera e , dall.l guarniggione del Capo Provincia davano a pensare a quell'uomo generoso.

Sin da quella sera stessa avea egli col suo genio divi­natore risoluto uella sua, mente il grave problema della situazione.

Rimanere oltre in Marsala, era imprudenza, forti­ficarvisi, stoltezza; la lotta delle guerriglie è sui monti; ed egli anelava di giu ngervi al più presto possibile.

" Marsala tanro propizia all'approdo, non lo era ae! "pari alla dimora. Confinata in un angolo estremo del­« l'isola, segregata dai maggiori centri delle insurrezioni, ( {sposta ad essere circuita in breve ora, cosÌ dalla terra, (( come dal mare, ogni buona rag ione politica e militare

21

" consigliava a leva me senza indugio le tende (I)." I cit tadini pien i di tante emozioni a notte avanzata

andarono a riposare, aspettando l'indomani per rivedere il condottiero dei Mille.

Ma Garibaldi appena giorno ave •• disposto ~na lar­ga requis izione di cavalli e di carri pe! trasporro dei materiali da guerra e delle salmerie (2)'

Egli preparavasi a partire. Non e,rano ancora le sette e già i Volontari trova­

vansi in bello ordine schierati nella via del Cassare, dal­la Piazza della Loggia al borgo di Porta Mazzara coi fucili in spalla, e le bajonette innastate, ndla cui punta era infissa una mezza guastella pei rancio della mattina.

Fra loro era un'allegria, un tripudio, una petulanza giovan ile; dai loro moti, d.ti loro vo lt i, dai loro ragio­nari trapelava una sodisfazioae, una fiducia, un presen­timento di sicure vittorie.

Per essi (scrive il Guerioni) (3) il solo essere sbar-

( I) GUERZONI GIUSEPPE - Garibaldi - voI. 2. Pago 65 . (2) Nella requisizione dei cavalli \'ennero in potere de( Gari­

baldini i migliori, di che si fornirono i capi come Bixio, Carin i, La Masa, Nullo, Missori e molte Guide destinate all' avanguard ia. Al Generale poi toccò una bellissima cavalla, dono del Sig. Seba­st iano Giacalone Angileri, che il Guerzoni la disse una ecce llente pu ledra; e l'Abba un bajo da Gran Visir con bellissima sella e staf­fe a trafori . Detta c~tvalla seguì Garibaldi in tutte le campagne per la indipendenza Italiana, ed alla qU:lle in ricordanza della terra na­tiva pose nome MARSALA. Vennero pure apprestate due carrozze padronaH una del Sig. M archese Nicola Sp:mò Caracciolo, e' l'altra del Sig. Vito Montalto Chiesa per servizio di vo lontarii avanzati di età, e per la donna, che allora si disse moglie di Francesco Crispi. Dette carrozze tornarono l'indomani in istato deplorevole.

(3) Opera citata voI. 2. pagina 66.

(

22

cati in SiciliJ era già una conquista, il Plsseggiarla un trionfo.

Il povero popolo, che li aveva a(:coIri affettuosa­mente si sentiva commosso da taoto eroismo, da tanto

. spln~o di abnegazione; in quella baIo? gioventù egli in­travedeva ed ammirava compendiata tutta l'Italiana Fa­miglia, stretta ad ua p:ltto, pronta a morire per la li­bertà; ed in quel momento questo povero popolo ad altro nOn pensò, che alla santit:\ del sagrifizio, all'ardua e generosa impresa, a cui si acdngevn. quel pugno di giovani, novelli cavalieri erranti, venuti dl lontano- in soccorso dei propri fr'telli (I); e questo pensiero lo in­teneriva, lo spingeva a circondare di cure, e di c:trezze, quella generosa falange; ad avvolgere come dentro au­reole di santi quelle teste bionde e marziali, sopra cui . si estolleva. come un antico Eroe di Omero l'immortale Garibaldi.

Dalle vie laterali sboccavau le folle; dalle finestre, dai balconi, dai terrazzi si affacciavan le donne ed i fan ­ciulli; in turti i volti era una gioja commossa, un entu­siasmo purificato dal dolore.

Ottenuto quanto era prontamente necessario Gari­b:11di seguito dal suo Stato Maggiore, si spinse fino in capo alla c610t111:1, ed ivi-giullto facendo dar nelle trombe, ordinò la marcia per la "ia di S:1lcmi al grido di Viva l'Italia, Viva Vittorio Eml11:lnllele fra le acclamazioni della moltitudine, che lo accompagnò per up buon tratto fuori l'abitato.

Nel momento della partenza Garibaldi stringendo la

(I) GARIBALDI ...:... Mernorie autobiografiche- Periodo 3. C:tpitolo 3· pagina 344, Firenze, 8. edizione 18g8.

2)

mano al Sin<laco « lo !ascio Marsala (gli disse) per uon « att irare su' di essa le sventure di un attacco coi sol­« dati borbonici. In ricambio vi raccomando i miei po­« veri ammalati, che affido alla vostra protezione (I) ».

Partito Garibaldi spari la gioj.l del popolo, spari quello entusiasmo, che aveva saputo infolldergli col suo al ito ammaliatore; un incubo' di desolazione lo invase; le accarezzate speranze cedevano il posto alla reald; Ga­ribaldi partiva, m:1 restavano i legni della crociera pronti a ripetere gli atti vandalici del bombardamento.

Molti Mars.lesi seguirono Garibaldi facendo parte della invirta legione, ch e si battè nella campagna di Ca­latafimi, tra i quali meritano un postO di onore Giaco­mO Curatolo Tadd"i, lino dei pochi superstiti del 1848, pervenuto pei suo coraggio sino al grado di Maggiore del Regio Esercito, ove passò dopo la fusione votata dal Parlamento Naz ionale; Dottor .Vincenzo Maltese , compagno al salemitano Dottor Ignazio Lambiasi nelle cure dei feriti dell'ospedale di Vita, poi nel regio eser­cito salito al grado di Colonnello Medico; Antonino Bar­raco ferito gravemente alla fronte da una scheggia di

(l) Risulta dal r~gistro delle recezioni nell'Ospedale Civile di San. Biagio di Marsala, del 1860, a pagina 264, che a I I Maggio entrarono i seguenti amma1:tti.

Al numero 72 progressivo dei ricevuti P:lsini Giov.:mni sorti ero da Cremona garibaldino affetto da colica.

Al numero 73 De Paola Antonio sorti ero da Genova garibal­dino, affetto da febre g:l.strica.

Al numero 74 Balbone Antonio Davide di Giovanni sortitro da Cremona per ferita alla spalla.

Nella colonna delle osservazioni legge3i, che a 15 Maggio 1860, uscirono dall'ospedale, e furono asi lati nella casa e domicilio dell'In­glese Giuseppe Ghill per sfuggire al pericolo di essere arrestati dai sold:ni borbonici.

24

mitraglia borbonica; Fra Francesco Cappuccino, nel se­colo Simone Marino, espuga:1tore di un pezzo da mon­tagna, che vomitava la morte sulle squadre siciliane; Ga­spare Coiicchia rimosto c,davere crivelbto d;lle p,Ue nemiche su l Colle del Pian co, e molti altr i, che ora rie­sce difficile ricordare, e che propizi:tfono 13. nascente li­bertà, col loro battesimo di sa ngue (I)'

Il dodici Maggio 1860, fu lina giornata dominata dal vento Siroccò, che lungo la via consolare, che con­duce a Salemi innalzJvn e sp:1J1deva la p.olvere come t Llr­

bine soffocante.

I Cacciatori delle Alpi, come furono chiam'ti da Garibaldi, cantando gl i inni di guerra de i loro monti, e delle loro valli, e le canzoni di amore tante volte mc­d ulate sotto i veroni delle loro belle, incedevano, svelti, allegri, motteggianti, come se li attendesse un geniale convito.

Percorso un lungo cammino sotto la sferza del so­le, che Ii avev.J .resi madidi di sudore, fecero la prima sDsta nella pélrecchiata Chitarra e Butragana, territorio di Marsala, e propriamente nella ·masseria del Signor An ­ton ino Alagna fu Biagio O\'e si riposarono un' Ofa rifo­cillandosi con quel poco ben di Dio, che ci era in di­spensa, e brindando con quel vino, che morde, e che Abb, chiamò traditore, alb indipendenza, . all' unità ed all'avvenire d' Italia (2).

(I) Pei servizi resi da Fra Francesco Cappuccino alla patria ne l 1860, la Giunta di Marsala nel StiO progetto di bibncio del 26 A­prile 1887, appro\'ato dal Consiglio n-ella seduta dcI 4 Giugno detto anno, gli stanziò un sus:;idio vitaliziù di lire 365 .:mnuali.

(2) Realmente la prima sosta di Garibaldi, lasciata Marsala, non fu a Ramp;gallo, ma nella parecchiata di Chitarra e Buttagana, o\'e

2)

Verso l'ora tarda di quel giorno un'ordine del Co­mandante ·della crociera intimava il S indaco di recarsi immantinente sulla Partenope.

'Il Sindaco ubbidiva accompagnato dal Capitano del porto, ma per i forti marosi, non avendo la forza di re­sistere al beccheggio del palischermo, che doveva con­durlo a bordo della fregat', s i arrestava nell'ufficio della S,n ità, e facen pregare il Comandante di tenerlo per iscuS3to; ma quegli mandò in sua vece a terra il tenente di m.arina Ernesto D'Amico, che preso minuto conto dello statO della città gl i raccomandò l'ordine per quan­to più fosse stato possibi le colla promessa , che non si

allora finiva la strada rotabile, i vigneti e gli alberi da frutto, e si proseglliva per l'antica via mulattiera, intersecando terreni incolti ed abbandonati a pastura, che il Pagani uno dei Mille rassomigliò colle Pampas di America. Il proprietario signor Alagna non era sul luogo; informato di quella SOSta mandò col suo castaldo le chiavi dei magazzini mettendo tutto a disposizione del Generale. È degno di nota che il detto castaldo per far piu presto e bene, fece spillare il v:n0 ds un:t botte di dod ici etto litri circa, riempiendone delle tinozze, ave si attingeva il divino liquore. G:lfiba.ldi man~iò anche lui pane e cado, e bevve in un bicchiere non ancora usato, che si conserva in famiglia. Abba nelle sue notarelle accenna a questo i­dillio ave scrive: cc Fano un bel tratto della via Consolare si pigliò f( la campagna per una straduccia incerta e difficile tra i vigneti. I ff nostri cannoni venivano dietro a stento su certi carri dipinti d'im­« magini sacre, tirati da sta ll~ni focosi, che spandevano nella aria la {( grande c llegria delle loro" sonagli ere. Ci siamo fermati a questa Cf fattoriaj una casa bianca e un pozzo, in mezzo ad un oliveto. Che cc gioja un po' d'ombra, e che sapore il po' di pane che ci han dato! cc E il Generale seduto a piè di un olivo, mangia anche lui pane cc c cacio, affettandone con un suo coltello; e discorre alla buona cc con quelli che ha intorno. lo lo guardo ed ho il seuso della gran­cc dezza antica,»

26

sarebbero ripetute le ostilid del giorno prima; promessa lealm ente mantenuta, e che rimise la calma nella deso­lata cittad inanza in attesa dei p,rossil).1i eventi (I).

Questi ricordi vedono ora la luce non gia per in­neggiare agl'impavidi firmatari della celebre Decurion:de dell' I I Maggio 1860, notoriamente modesti e senza pre­tese, ma per correggere , rettificare, e combattere gli errori, che di mala fede hanno publicato scrittori con­temporanei, in vidi della benemerenza del popolo Mar­salcse in quella memorabjl~ g iorn:na.

Per potere serenamente valutare tutta la aravid ~

delle loro insidie, è necessario premettere che Marsala citta eminentemente agricola, e di generale ag i:1tezza , allora contava circa 30000 abitanti, come oggi ne conta 5°000 , di cui la classe più 111l111erOsa si compone di piccoli proprietari, e di coltivatori della terra; questa im­portante classe di cittadini viveva e vive comodamente sparSl nell'eccentrico suo terri rorio in bia nche caserte fra gli ulivi e i vigneri, con una sobrieta patriarcale, t con una inappuutabile pulitezza da poter servire di modello a molti comu;,i dell'Isola.

Tale speciale sistema di vita colonica però, se gio­va aWigiene, ed alla economia, nuoce alla equa com­partecipazione dei beneficii e dei pesi dell'Ente, ed allo

(I) Il Colonnello Vi ncenzo Orsini da Palermo la mattina del 12 Maggio 1860 ritardò la sua partenza per con chiudere, come di f~tto conchiuse con Giovan Battista Russo f<lbricante di poh'ere pi­nel. un COntratto per consegna di una datl quantit:l della stessa, e ne pagò un acconto di prezzo. Il contratto fu lealmente eseguito.

27

s" i1uppo materiale ed intellettu ale della citta, la quale pare spopolata e solitaria specialm eute nelle stagioni di Primavera e -di Autunno, tempi in cui i maggiorenti, i professionisti ed i più grassi rerrazzani si recano alle proprie ville per respirare l'aria ossigenata dei campi, e per sOIJraintendere all'annuale vend emmia.

A II Maggio 1860 MarS1h trovavasi i11 questa-ec­cezionale condizione, :lccresciura dall' assenza del paniro di azione (I) e. dallo sgomento prodotto dal dislrmo, dal processo , e dal bOthbardamento della croc iera bor­bonica. Eppure essa può andare orgogliosa di avere prima fra tutti i comuni dell' isola deliberata la deca­denza della abborrita dinastia, procbmata la Dittatura di Garib.ldi, ed accolto fraterriam ente i soldati della patria indipendenza .

La decurionale dell'II Maggio 1860, questo gran ­de atto, unico nel risorgimento Italiano , viene confer­malO dai firmatari su perstiti, e da una deliberazione del Consiglio Civico, presa nella tornara del3 g iug no 1860(2),

(I) Ci era anche in Marsala un partito d'az ione, ma limiuto a po­chissimi giovani distinti per censo. per ingegno e per casato, tra i quali l'oggi Segretario Generale degli Esteri Onorevole Abele Da­miani, Giacomo Curatolo Taddei. il D.r Giuseppe Garraffa, Andr~ D'Anna dei Marchesi dl" l Canneto ed altri che la polizia teneva d'occhio in s05petto di essere affiliati alla Gio\"ine Italia, e di man­tenere relazioni cogli emigrati politici.

Dopo il quattro Aprile, abortita la rivoluzione a Palermo, quelli che furono "'mori ed ebbero parte nella di mostr:\zione di Mar­sala presero ~a \·ia dell'esilio, rifuggiandosi nell'1so~a di Malt.a.; me­no del Curatol., T addei , ch,e rimase in patria occultamente lavo-­rando sino allo sbarco dei mille.

(2) Vedi documento di lettera A alta fine dell'opuscolo.

28

e spedita a Garibaldi in Palermo, jl quale facea rispon­dere dal suo Segretario di Staro la seguente nota:

« Palermo I I Giugno 1860. Ho fatto conoscere al « Generale Garibaldi la conferma aUa Dittatura in di lui « persona ad unanimita fatta dal Consiglio Civico di « cotesta città. Egli mi ha incaricato di manifestare a « lei ed al Civico Consiglio il suo gradi:1,ento, ed i suoi « ringraziamenti.

« lo l'eseguo di bUùl1 animo, e potranno star cerr i, « che il Signor Dittatore non dimentichera mai qu ella « terra, su cui mise in Sicilia la prima volta il suo pie­« de.- Il Segretario di Stato- Francesco Crispi n.

Viene anche confermato da un' altra deliberazione del Consiglio Comunale presa nella sed uta del 3" A­prile 1877 CI), colla quale fu accettata la proposta d' in­nalzarsi una lapide a sua perenne riconhnz:l.

Ne fa cenno Giuseppe La Masa nelle sue memorie storiche intitolate Alcuni fatti e dOCltlllel1t; della rivoluzio-1fe del 1860, ave scrive essere stata proposta in Marsala la Dittatura del Generale Garibaldi. « Dittatura che ven­« ne poi la sera formalm ente proclamata co1l'intervento « anche del Signor Crispi, che a tale s.:apo avea coo­C< p'erato (2) ».

Ne fa ricordanza il Colonnello Giacinto Bruzzesi nella sua lettera a Giuseppe Bandi, che porta per titolo « Una (( parola sttlle molte storie (jaribaldi"e, o'e dice (( Tu « non hai veduto nepp:lIe che il decreto di decadenza (~ ddla mala Signori:t, coll'atterramento dell' arma bor­e( banio., che dici di avere fatto in pezzi a Salemi, era

(I) Ved i documento di lettera B alla fine dell'opuscolo. (2) Opera ci tata- Torino 1861, pagina 24.

29

« di già stato solennemente eseguito a Marsala, alla pre­(( senza di cittadini, che acclamavano (I).

È assicurato dallo stesso Generale Garibaldi, tanto nella sua storia dei Mille, quanto nelle sue Memorie A u­tobiografiche, nella prima scrivendo C< A Marsala si parlò « di Dittamra, che poi venn e proclamata a Salemi; '» (2) nelle seconde. (( Si comiociò C a Marsala) a parlare di (t D ittltura, ed io l'accettai senza replica, perchè l'ho selli­apre cred uta la tavola di salv..::zz l nei casi di urgenza, « e nei grandi frangenti, in cui sogl iano trovarsi i po­(( poli (3). ))

Tutte le superiori testimonianze si com pietilllo col decreto del 14 Maggio 1860, che ha per base l'i nvito di nobili cittadini e le deliberazi on i dei Comuni liberi dell 'Isola, tra i quali non può mettersi in dubio, che tocchi il primo posto a Marsala; il decreto è il seguente:

ITALIA E VITTORIO EMMANUELE

C< Giuseppe Garibaldi Comandante in capo le for­« ze Nazionali in Sicilia. Sull'invito di nobili cittadin i; « e sulle delibe razioni dei Comuni liberi dell'Isola;

C< Consideralluo ·che in tempo di guerra é neces­C< sario che i poteri civili e militari siena concentrati « in un solo uomo

DECRETA

C< di assumere nel nom e' di Vittorio Emmanuele Re « d'Italia la Dittatul"a ili Sicilia. ))

Il Dittator'e G. G A R I B A L D I.

(I) Opera citata Milano 1882 pagina 14 e 15. (2) l Mille- Genova 1876 pagina 38. (3) Memorie autobiografiche- Firenze 1888 Capito IV p'g. 344.

la

Delle liete e festose accoglienze poi e del valiJo ajutO dei Marsalesi alla falange dei Mille ne fanno fede gli stessi principali personaggi della grande epope3. Il Mag­giore Pecorini-J\.ianzoni nella sua $toria della. quilldice­sima divisione - Tiirr nella campagna del ISCO, cosi narra il fortUlfato episodio. (I) « Intanto lo sbar(o con­« tinuava piti attivo per la cooperJzione dei Capitani " Castiglia e Rossi, ed i .:ittadini di Marsala, e per le (I imbarcazioni raccolte e spedite dal primo nucleo sbar­(c cato con Turr, siccbè in meno di dne ore gli uomini « erano tutti a terra, meno Bixio, che rimaneva ::t bordo (C con pochi compagni per attivare lo sbJrco delle mu ­(c nizioni.

(( Turr eccitò altra gente :ld Jù:orrere in ajuto allo (I sbarco, ed in quel momento vide due vapori da lon­le tano venire verso Marsala (2) ».

Giuseppe CesHe Abba aggiunge uelle sue noterelle 'Da Quarto al Faro. « Ora la città è nostra . Dal porto · (C aUe mura corremm') bers3gliati di fianco. Nessun male. " Il popolo applaudiva per le \"ie; frati d'ogni colore si (C squarciavano la gola gridando: donne e fanciulli dai (( balconi al11!lliraV:lno. Be.ddi! beddi!! si sentiva dire da « tutte le parti (3) >l .

Eppure qua~cnno si permise scrivere contro ogni regola di buona .creanza, cbe all' apparire delle Camice Rosse ci fosse stato in M1rsala Ull fuggi-fuggi, uno spran­gare di usci, un pJnico generale; come qualche altro Sl

(I) Opera citata Firenze 1876 pagina (2) Turr era già stato in città, e questo suo nuovo eccitamento

aveva luogo nel suo ritorno al punto dello sbarco. (3) Opera citata Bologna 1882 pagillJ. 55,

perm"e SC!"lvere che j Garibaldini la notte dell'Il Mag­gio fossero stati lasciati privi di rifocillazioni e di al­loggi ed altre ingiuriose invenzioni di facile smentita, (I) giaccbè nessuno fuggi, nessun us..:io si chiuse') nes­suno dci Mille resto digiuno, malgrado l'anormalità del­la situazione; anzi ad onore del Sind'lco, che in quella notte si ..:entuplicò pei pubblici servizi, anche ad ora tarda vedevansi aperte le botteghe da caffè, e quelle dei bet­tolieri, prestinai, pizzicagnoli e venditori di ogni specie di commestibili per provvedae alle numerose richieste, mentre i fornai faceano gemere le madie, panificando per ben due volte di segnito, onde sopperire al cresciuto consumo.

Tutti i Garibaldini dispensoti dal sen·izio si ebbero decente alloggio presso f:lmiglie civili, e nelle ampie sa­le comunali; ed al Generale Garibaldi fu assegnata la

(I) Fra i detrattori più accaniti di Marsala vanoo notati il i\hg~ giare Giuseppe Bandi ed il Commendatore Prof. Si mOlle Cadeo.

Alle esagerazioni di Giuseppe Bandi pubblicate nel Messag~

giera in Luglio 1882, col titolo IlDa Geuava a Marsala» diede una coscienziosa smentita Giacinto Bruzzcsi co lla , sua lett era intitolata Il U,~a parol,t sulle molte storie Garibaldille Il. • .

Alle ingiuriose invenzioni del Commendatore Professore Simo­ne CorIco, pubbllcate col titolo IIRI:cordi StoricilJ nella NI/01.:a·Anto~

logilt di Roma in Maggio 1886, fascicolo IX, e ri~rodotte nel ei01'~ /lale di Sicilia del 7 Gennaro 1890, rispose strenuamente il Ca'f. Sah'atore Struppa con due lettere aperte, una pubblicata nel nu­mero unico della Nuo'va Età di Marsala li II Maggio 1887, e l' al~ tra nella iiforma del 26 Gennaro 1890. Ai Ricordi Storici del ProE. CorIeo risposero pure i Garibald iui di Palermo con risentita pro­tCSta publicata Il"!l detto Giorllll1e di Sicilia del 20 Gennaro 1890 confutando le molte io esattezze da lui affidate alla stampa senza quella serietà che si addice alla sua fama di filosofo educatore.

J2

casa del Cavaliere Vincenzo FicÌ Burgio in punto cen­tralissimo, e poco distante dal Palazzo del Comune, ave si era acquartierato lo Stato Maggiore.

Il sentimento di ospitalità del popolo M.rsalese In quelI:!. occasione fu così forte, affettuoso, espa :1sivo , da superare ogni aspettazione; fra tanti, i seguenti aneùdoti ne sono una irrefragabile prova.

Era passata h mezzanotte; per le vie delb città non ci era più ani ma viva; il Colonnello Bruzzesi, che in tutto

il giorno non avea preso nutrimento, nè un sorso di acq na, impedito dal proprio dovere, era divorato dalla fame; trovò una bottegl di calzolaio aperta e vi s' intro­dusse, pregando il segu:lce di San Crispino di dargli, o di procurargl i q~lalch e cosa da m angiare; la SU:1 buona massaja allora non gl i diede tem po a ripetere la diman­da; salto fuori la bottega ritornando dopo brevi istanti, ed ammannel~dogli un piatto di pasta consa, del formag­g io, e del vino.

« Ebben< (racconta il buon Brllzzesi nella sua let­(( tera a Bandi) per quanto fe(i, non potei riuscire a « far accettare un centesi mo a quella povera gente. Misi « un pezzo da cinque lire cl' argento sul tavolo in atto « di andarmene, e la donna quasi piangente volle asso­« lutamente rendermelo ; e tutti mi dicevano, che li « offendevo. Molti altr i "astri compagni sono stati nu­« triti ed anche alloggiati nelle case, e nelle botteg he, « come siamo obhl.igati tutti nOl Marsalesi ([) »,

(I) Opera citata J\E!al1o 1882 pagina 36 e 37. La bottega di cui parla Bruzzesi era posta in via Panni eri di­

rimpetto la cinta dell'ex Monastero di San Pietro, Qve in seguito fu aperto il forno di paragone, e vi abitava il calzolaio Girolamo Gcnco fu Filippo ) lu cui sposa tuttOra \'ivcntc si noma Elconora Mancuso fu Antonino.

H Antonio Candiani fu ospite della famiglia di Notar

Gaspare Alonge, ri focillaro, provvisto di mutande cir­

c?n~ato di cure affe ttu ose; nel momento di lice~zilrsi SI VIde avvicinato dalla padrona di casa , che gli porse con fede dI smcera credente una piccola figura della Madonna della Cava, protettrice del paese, dicendogli: tenete questa sacra im nu.gine, O S ig nore, e portatela sem?re con voi, essa vi recherà fortuna. Candiani l'ac­c~tto commosso, come può accettarsi una raccomanda_ .l.lone, un auguri.o materno; seguì la spedizione, combattè, S I espose a graVI pericoli, C:p'pu re rimase sempre inco­lume, invulnerato.

~a~1?:al1i. con~erva ~ncora quella immag ine $lCra, che las\..era al SUOI eredi COme un prezioso ricordo dello sbarco dei Mille in Mars:!la (I).

Ma fece Marsala quanto doveva fare in quella fau­sta occorrenza.? _

« Ritengo- scrh'e il Brnzzesi nella lettera a Bandi « sopracitata - che devesi tmer conto dell a . .

• • • • < ImprovvIsa « app~nZlOne Ganbaldina, e del naturale terrore di una ( Cata bombardat<l'òper circl quattro ore di seguito, che « n~n poteva perel far t rovare preparata neSSUna acco ­«.gl l ~nza (2) l). « Tuttavia (scrive il Guerzoni 11ella vital dl Nlllo Bixi,») (3) l'accoglienza di Marsala fu benevola malgrado la sorpresa e lo stordimento. » L"onde la sfa-

(l) Che .Candiani cOHservi t uttora la immagine deUa Madonna della Cava, risulta non solo dalla sua dichiarazione a voce, ma an. che da una lettera autografa del IO GiUO'llO' r885 d·, l . d ' l l . l:> I "" U l Irctta a -a donatncc Sign~ra Nicolina Titone oggi vedova di Nota G Al r aspare ' . onge.

(2) Opera citata pagina 2.2. ( 3) Opera cimta Firenze 1075 pagina 169.

.I

54

vorevole impressione ricevuta da taluno dei Mille, all­zichè alla realta, deve attribuirsi al disinganno di ' non aver trovato le promesse bande armate, che al loro ar­rivo dovevano ingrossare le fila della spedizione; disin­ganno " che lo rese ingrato, e che non gli fece tener conto della parre presa dai Marsalesi nello sbarco, del loro efficace ajuto, e della ospitalità fraterna e senZa esempio.

Ma Garibaldi fece loro giustizia, allorquando velluto a visitare Marsala nel r862, dal balcone della. casa Gri­gnani, che sporge nella villetta di Porta Nuova, ed Qve egli era stato alloggi.ato, pronunziò q lleste niemorande parole:

« Sono passati due anni, che toccai questa terra «( coi Mille Eroi, che mi accompagnarono.

{( Voi ci accoglieste festosi, e veramente festosi; ed « eran momenti di pericolo, di vero pericolo.

« Allora eravamo pochi, i nostri nemici erano mol­« ti; perciò erano momenti di gran pericolo; ma voi ci « accoglieste festosamente, ed io lo ricordo. Questa ac­« cogliellza ci fu d'augurio .. e nessun paese ne potd, to­«( gliere la gloria a Marsala (I) ).

A tanto imparziale ed inappellabile giudizio, .:ade 111 acconcio conchiudere cot divino Alighieri:

(( E questo fia suggcl, ch'ogni uomo sganni. Jj (2).

(l) Pubblicazione in foglio volant~ del 21 . Luglio r862 dell'Of­ficio Tipografico di Filippo De Dia.

(2) L.\ DIVINA COMMEDIA - Dell'Ilifemo- Canto XIX, v. 21.

Documento A.

Deliberazione del Consiglio Civico di Marsala del 3 Giugno 1860.

« Il Consiglio, analogamente alla mozione fatta « dall'esimio Signor Rocco Palma, mosso dai più vivi « sensi di ammirazione per la persona di Sua Eccel­« lenza il Generale Garibaldi.

« Considerando comeché la sera del giorno 11 « Maggio, nella fausta occorrenza del disbarco dei no­« stri fratelli Italiani, tra lo scroscio della mitraglia « ed i disordini prodotti dal bombardare dei legni ne­« miei, appena si el'ano potuti riunire dieci cospicui « cittadini per esternal'e al valoroso Ospite lo spir·ito " patrio, e lo attaccamento di questo Municipio alla « causa della indipendenza Italiana, affidandogliene con « verace abnegazione il supremo comando, ed i de­«( sUni:

« Oggi il detto onorevole corpo ricostituito all'om ­« bra del tricolore vessillo, facendo eco al sentito 1'1'0-

« posito dell'intiero popolo, che rappresenta.

38.

In vi r'ti! di quest' atto solennemente ad llllani· " mità di voti approva e conferma la nomina fatta· « gli di Dittatore, con analoga decur'ionale la sera del « detto giorno Il Maggio 1860, e Yliole che p(~r ol'ga­« no di questo Signor Gover'natore si ' umilii ad un « tanto ragguardevole Personaggio la presente cleli­« berazione, supplicandolo degnarsi accettarla, come « se gliene fosse {"Ua l'offerta al momento istesso del « suo felice disbarco in Marsala .

(SieflUO/W le .flrme)

Docurnento B.

Deliberazione del Consiglio Civico di Marsala del 30 aprile 1877,

Il Presidente ha detto cile l'ordine del giorno reca: Per una lapide commemorati va dell' atto Decu­!'ionale 11 Maggio 1860, in cui fu dicilial'ata la deca­denza della dinastia borbonica.

In questo punto arriva il Consiglicl'e A, Di Giro· lamo; quindi ha invitato il proponente Signor Di Gi­'rolamo a svolgere il suo ordine del giornO. Il Consi­gliere signor Di Girolamo prendendo la par,)\a sul­l'ordine del g iorno ha detlo cile Marsala vanta med­tamente il pregio come città delle in iziative, avvegna­cM fu in essa, che con 'Decurionale del di 11 Maggio 1860, dietro lo sbal'co del Sommo Nizzal'do, si procla-

;9 mò la decaùenza della Dinastia Borbonica, e l 'Italia IIna con Vittor'io Emmanuele; e fu iII essa che nel 19 Luglio 1862 si emise quel g l'ido, che poscia con· dusse l'Esercito Nazionale a Porta Pia « O Roma o Morte ».

Questi avvenimenti sono di tanto splendore da rendere glol"iosa non solo una città, ma una inticra Nazione, dimodochè é un dovere sacrosanto di cito tadillo affidaf'l i alla storia pel' mezzo di una lapide, o cii un monumento qualunque, cile li l'icol'di alla più tar'da posterità.

Quind i per fare atto di giustizia il Signol' A. Di Girolamo propone, che il Consiglio delil)eri d'illIlal· zal'si una lapide a rieordanza di quella memoranda Decuriale, che sarà trascritta per intiero coi nomi c cognomi dei "firmatarii, rimettendo alla Giunta lo ap· prezzamento e lo esame della spesa a farsi, della for­ma c del local e a sciegliel'e; non che la ricerca di testimoni di atti e di documenti, che sar'anno necessari.

Il Consigliere signol' Calabr'ò ha detto, che 'nella lapide fossel'o registrati i due fatti, uno del 7 Aprile 1860, pel quale !Ila l'sala rispose alla riscossa dala dal­Ia Ci ttà di Palerl11o, e l'altro del 19 Luglio 1862, in cui Garibaldi pl"Odumò in Marsala, «O Roma o Morte».

ConsegllHt'e i nomi dei cittadilli Mal'snlesi, che si distinserQ per tali fatti, e combatterono nelle patrie battaglie.

Non essendovi altl'e proposte, il Presidente rias­sumendo ha posto ai voti la pr'oposta del signor Di Girolamo coll'aggiunta del signor Calabrò, la quale ottenne l'unanimità di voti.

(Siegu.ono le ftrme).