CV E DEGLI ESPERTI CONT ABILI DELLE TRE...

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In questo numero 2 CONFERENZA DEL TRIVENETO: LE LINEE PROGRAMMATICHE 3/4 INTERVISTA A GIORGIO BRUNETTI 5/6 HOLDING BELGA, INVESTIMENTI NEL FAR EAST 7/8 NOMINA DEL PROFESSIONISTA ATTESTATORE NEL CONCORDATO PREVENTIVO 9/10 PASSAGGIO GENERAZIONALE: PATTI DI FAMIGLIA E TRUST 11 DIVIDENDI E PLUSVALENZE: NUOVE PERCENTUALI DI CONCORSO AL REDDITO 12 PROFESSIONISTI: I VENETI CHIEDONO PIÙ QUALITÀ 13 LA DIMENSIONE DEL GRUPPO E GLI STUDI PROFESSIONALI 14 LIBRI: STUDIO / RESPONSABILITÀ / HOLDING / INTANGIBILITÀ 15/16 IRAP: NUOVI CRITERI DETERMINAZIONE VALORE PRODUZIONE 17/18 UNGHERIA: OPPORTUNITÀ PAESE 18 L'ELEZIONE DEL DOGE 19 INVESTIRE IN COLOMBIA 20 STUDI PROFESSIONALI: CHI NON COMUNICA È FUORI GIOCO 21 MOMENTO CRUCIALE DELLA VITA DEGLI ORDINI 22 BORSE DI STUDIO 2008 PER PRATICANTI: IL BANDO 23 L'ESERCIZIO DI COMPETENZA DELLE PROVVIGIONI Anno XLII - N. 182 - MARZO / APRILE 2008 Poste Italiane spa - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza PERIODICO DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI DELLE TRE VENEZIE CV CV CV CV CV www.commercialistaveneto.com Arriva Robin Hood! Togliere ai ricchi per dare ai poveri era il principio del leggendario Robin Hood. Il ministro Tremonti tenta una traslazione mistica dalle visioni d'infanzia: i ricchi oggi sarebbero i petrolieri e gli "odiati" banchieri, i poveri gli altri (per esclusione). Operazione affascinante... Ma raggiungerà gli obiettivi prefissati? O rmai dobbiamo affidarci alla leg- genda! E’ in arri- vo Robin Hood, afferma il Ministro dell’Eco- nomia Giulio Tremonti, inti- tolandogli la tassa che do- vrebbe, secondo i dichiarati in- tenti, togliere ai ricchi (tra que- sti anche i petrolieri che han- no lucrato sull’aumento del valore del petrolio) per dare ai poveri, ovvero a noi cittadini. Nulla da eccepire sullo sco- po finale dell’annunciata tassa, anche se è tutto da vedere il finale della storia in quanto, allo stato, se i pove- ri avranno lo vedremo, men- tre i petrolieri sono ricchi di sicuro. E non sono i soli! A guadagnare dal boom del petrolio è stato, in tutti i pa- esi, l’erario locale che ha beneficiato della maggiore incidenza dell’IVA e delle accise sul prezzo alla pom- pa. Per l’Italia tale “tesoretto”, per dirla alla “politichese”, può essere stimato in oltre 2 miliardi di Euro solo prendendo in con- siderazione gli ultimi 3 anni. Bisognerebbe partire da qui per misure urgenti in favore dei cittadini per poi passare a coinvolgere Robin Hood. La fiscalità è sicuramente uno degli strumenti utilizzabili, ma per operare la “restituzione” non è un rimedio. Ritorno dell'inflazione con conseguente effetto “fiscal drug” e rischio aumento indiscriminato dei prezzi im- di MASSIMO DA RE pongono di far ripartire il Paese prima possibile con al- tri provvedimenti urgenti in particolare sul fronte delle cosiddette “liberalizzazioni”. Lo dice anche l’Antitrust chiedendo interventi strate- gici sul fronte infrastrutture, energia, trasporti, servizi pubblici locali, farmaci, pro- fessioni, distribuzione com- merciale e servizi finanziari, un po’ su tutto insomma. Mancanza di concorrenza e lentezza nel processo deci- sionale pubblico rappresen- tano sicuramente un freno per la crescita del paese: i casi delle mancate o inattuate liberalizzazioni nei settori elettrico, del gas e dei servi- zi pubblici locali sono esem- pi sotto gli occhi di tutti. Svegliarsi un giorno in un paese più efficiente in tutti i suoi settori, moderno e con- correnziale dove non sia, tra l’altro, più necessario espa- triare per un prezzo giusto sul- l’autentica delle cessioni di quote o di intere aziende è il sogno di tutti. Altrimenti l'al- ternativa per i nostri gover- nanti, da qualunque parte po- litica provengano, sarà affida- re i futuri provvedimenti ad Ethan Hunt, il protagonista di mission impossible. L' INSERTO / TRANSFER PRICING: CRESCITA DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA E DELLA PRASSI IN AMBITO FISCALE IN EUROPA E NEL MONDO

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In questo numero2 CONFERENZA DEL TRIVENETO: LE LINEE PROGRAMMATICHE3/4 INTERVISTA A GIORGIO BRUNETTI5/6 HOLDING BELGA, INVESTIMENTI NEL FAR EAST7/8 NOMINA DEL PROFESSIONISTA ATTESTATORE

NEL CONCORDATO PREVENTIVO9/10 PASSAGGIO GENERAZIONALE: PATTI DI FAMIGLIA E TRUST11 DIVIDENDI E PLUSVALENZE: NUOVE PERCENTUALI

DI CONCORSO AL REDDITO12 PROFESSIONISTI: I VENETI CHIEDONO PIÙ QUALITÀ13 LA DIMENSIONE DEL GRUPPO E GLI STUDI PROFESSIONALI14 LIBRI: STUDIO / RESPONSABILITÀ / HOLDING / INTANGIBILITÀ15/16 IRAP: NUOVI CRITERI DETERMINAZIONE VALORE PRODUZIONE17/18 UNGHERIA: OPPORTUNITÀ PAESE18 L'ELEZIONE DEL DOGE19 INVESTIRE IN COLOMBIA20 STUDI PROFESSIONALI: CHI NON COMUNICA È FUORI GIOCO21 MOMENTO CRUCIALE DELLA VITA DEGLI ORDINI22 BORSE DI STUDIO 2008 PER PRATICANTI: IL BANDO23 L'ESERCIZIO DI COMPETENZA DELLE PROVVIGIONI

Anno XLII - N. 182 - MARZO / APRILE 2008Poste Italiane spa - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003

(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza

PERIODICO DEI DOTTORI COMMERCIALISTIE DEGLI ESPERTI CONTABILI DELLE TRE VENEZIECVCVCVCVCV

www.commercialistaveneto.com

Arriva Robin Hood!Togliere ai ricchi per dare ai poveri

era il principio del leggendarioRobin Hood. Il ministro Tremonti

tenta una traslazione misticadalle visioni d'infanzia:

i ricchi oggi sarebbero i petrolierie gli "odiati" banchieri,

i poveri gli altri(per esclusione).

Operazione affascinante...Ma raggiungerà gli obiettivi

prefissati?

Ormai dobbiamoaffidarci alla leg-genda! E’ in arri-vo Robin Hood,

afferma il Ministro dell’Eco-nomia Giulio Tremonti, inti-tolandogli la tassa che do-vrebbe, secondo i dichiarati in-tenti, togliere ai ricchi (tra que-sti anche i petrolieri che han-no lucrato sull’aumento delvalore del petrolio) per dare aipoveri, ovvero a noi cittadini.Nulla da eccepire sullo sco-po finale dell’annunciatatassa, anche se è tutto davedere il finale della storia inquanto, allo stato, se i pove-ri avranno lo vedremo, men-tre i petrolieri sono ricchi disicuro. E non sono i soli! Aguadagnare dal boom delpetrolio è stato, in tutti i pa-esi, l’erario locale che habeneficiato della maggioreincidenza dell’IVA e delleaccise sul prezzo alla pom-pa. Per l’Italia tale“tesoretto”, per dirla alla“politichese”, può esserestimato in oltre 2 miliardi di

Euro solo prendendo in con-siderazione gli ultimi 3 anni.Bisognerebbe partire da quiper misure urgenti in favoredei cittadini per poi passare acoinvolgere Robin Hood. Lafiscalità è sicuramente uno

degli strumenti utilizzabili, maper operare la “restituzione”non è un rimedio.Ritorno dell'inflazione conconseguente effetto “fiscaldrug” e rischio aumentoindiscriminato dei prezzi im-

di MASSIMO DA RE

pongono di far ripartire ilPaese prima possibile con al-tri provvedimenti urgenti inparticolare sul fronte dellecosiddette “liberalizzazioni”.Lo dice anche l’Antitrustchiedendo interventi strate-

gici sul fronte infrastrutture,energia, trasporti, servizipubblici locali, farmaci, pro-fessioni, distribuzione com-merciale e servizi finanziari,un po’ su tutto insomma.Mancanza di concorrenza elentezza nel processo deci-sionale pubblico rappresen-tano sicuramente un frenoper la crescita del paese: icasi delle mancate o inattuateliberalizzazioni nei settorielettrico, del gas e dei servi-zi pubblici locali sono esem-pi sotto gli occhi di tutti.Svegliarsi un giorno in unpaese più efficiente in tuttii suoi settori, moderno e con-correnziale dove non sia, tral’altro, più necessario espa-triare per un prezzo giusto sul-l’autentica delle cessioni diquote o di intere aziende è ilsogno di tutti. Altrimenti l'al-ternativa per i nostri gover-nanti, da qualunque parte po-litica provengano, sarà affida-re i futuri provvedimenti adEthan Hunt, il protagonista dimission impossible.

L' INSERTO / TRANSFER PRICING: CRESCITA DEGLISCAMBI INTERNAZIONALI, EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA EDELLA PRASSI IN AMBITO FISCALE IN EUROPA E NEL MONDO

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2 NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 IL COMMERCIALISTA VENETO

Conferenza del Triveneto:«Ecco le linee

programmatiche»

Un intervento del Presidente Marco Pezzetta

Sono stato recentemente eletto a presiedere la Conferenzafra i Presidenti degli Ordini delle Tre Venezie ed è in questaveste che volentieri accolgo l’invito del Direttore Massimo DaRe, a scrivere un indirizzo di saluto su Il CommercialistaVeneto.

L’incarico a cui sono stato chiamato mi inorgoglisce, soprattutto sepenso alla levatura umana e professionale di chi mi ha preceduto. Fratutti i “past president”, in questo momento desidero ricordare in par-ticolare Marino Grimani, che non è più fra noi e che, nella seppur breveconoscenza, ho profondamente apprezzato per l’intelligenza e il trattoumano con cui approcciava le vicende della nostra professione. E’stato per me un esempio e a Lui va ora il mio pensiero.In primis, credo che sia importante rappresentare a tutti i Colleghiquale è il ruolo della Conferenza e quale possa esserne le funzioneprimaria. I sodalizi come questo, infatti, vivono essenzialmente dellaloro efficacia, da cui dipende anche il grado di rappresentatività di cuisono fatti segno.In questo senso mi sembra opportuno prendere le mosse da alcuneconsiderazioni in merito alla attività dei Consigli degli Ordini e deirispettivi Presidenti. Essa ha, a mio avviso, due momenti fondamentaliche, correndo qualche rischio di magniloquenza, potremmo definire,rispettivamente, amministrativo e politico.Il primo attiene sostanzialmente alla amministrazione dell’Ente, sia dalpunto di vista dei processi interni degli uffici che da quello dei rappor-ti esterni, tanto con gli iscritti che con i terzi.Il secondo riguarda invece l’analisi e la gestione in termini strategici eistituzionali della vita della categoria. La mia opinione è che le personeelette a rappresentare localmente la categoria debbano sforzarsi diinterpretare le esigenze anche non immediate dei Colleghi, farne unsintesi e sistematizzarle in un quadro organico, in modo da poter im-plementare processi di sviluppo e di rafforzamento.Nel tempo ho maturato la convinzione che questa seconda attivitànon abbia particolare significato se volta singolarmente, ciascuno nelproprio ambito, neppure per Ordini di grandissime dimensioni, qualinon ve ne sono nel nostro territorio.Ecco allora che le conferenze e i coordinamenti territoriali sono il luo-go deputato a promuovere e proporre tale sintesi di pensiero politico– istituzionale, tenendo conto delle realtà locali di cui ciascuno deiPresidenti è espressione, ma anche del più generale interesse cheassume maggiore rilievo via via che l’ambito geografico di riferimentosi allarga.Alcuni coordinamenti funzionano solo nei momenti pre-elettorali, comeuna sorta di sindacato di voto, mentre altri, come la Conferenza delTriveneto, operano costantemente con riunioni periodiche e gruppi ocommissioni di lavoro.Posto quanto sopra, il punto nodale in questo momento storico dellavita della Professione è comprendere quali obiettivi si debba porre laConferenza del Triveneto.In passato essa ha avuto, in alcuni ambiti, funzioni suppletive dell’at-tività del Consiglio Nazionale, che non è sempre stato efficace edefficiente come ci si sarebbe aspettato. Non è evidentemente questo illuogo in cui esprimere giudizi o attribuire responsabilità, si tratta di

una mera constatazione, ritengo oggettiva.I primi mesi di governo del nuovo Consiglio Nazionale e del PresidenteSiciliotti in particolare hanno avvalorato l’idea che tale funzionesuppletiva non sia più così necessaria e che essa debba essere sosti-tuita da una funzione di stimolo e proposizione, unitamente a unafunzione di promozione della immagine della categoria professionalenel territorio.Il ruolo che il Triveneto ha saputo ritagliarsi nel passato va però rinno-vato, identificando nuovi e importanti obiettivi rispetto ai quali pro-muovere l’azione della dirigenza nazionale e stimolare il dibattito inter-no alla categoria.Espongo quindi alcuni punti programmatici che ho portato alla Confe-renza del Triveneto nella ultima riunione del 14 maggio, ricevendoneuna unanime condivisione (seppur con qualche ovvio distinguo) daparte dei presenti.1) Effetti della unificazione

a. Dobbiamo considerare l’unificazione sancita dal D.Lgs.139/2005 un dato di fatto pienamente acquisito, come un elemento delpassato (per chi ne è stato un detrattore) o come un punto di partenza(per chi, come me, l’ha perorata);

b. Ciò nonostante, i singoli Ordini e la Conferenza delTriveneto devono continuare a lavorare per una unificazione effettivae non meramente formale;

c. Questo significa, ad esempio, operare affinché gli orga-nismi di categoria vengano riconosciuti come effettivamente rappre-sentativi ed evitare il rischio che si creino porzioni della Professioneche promuovano la creazione di sodalizi di tutela di interessi particola-ri o parziali.2) La Professione ha bisogno di intraprendere un percorso ver-so il riconoscimento formale delle specializzazioni;

a. esistono, con pari dignità, il commercialista di base e lospecialista; non prenderne atto significa non ammettere un elementoche il mercato già riconosce e apprezza;

b. il Triveneto può impostare un lavoro su questo pianocon intenti propositivi a livello nazionale;

c. incidentalmente rilevo che forse questo può essere lostrumento per togliere qualsiasi velleità alle proposte che vorrebberoattribuire autonoma dignità professionale a chi invece altro non fa chesvolgere una funzione (ad esempio i revisori);3) La Professione, anche in correlazione al punto che precede,ha bisogno di uno strumento giuridico che consenta lo svolgimentoin forma collettiva della attività libero professionale, diverso dallaassociazione professionale o dalla società semplice, che sono desuetie non in grado di consentire ai nostri Colleghi di competere con laconcorrenza di chi non lavora nell’ambito ordinistico e con la concor-renza internazionale.4) La comunicazione degli Ordini;

a. Dando per scontato che i contenuti della comunicazio-ne vi siano, è importante identificare una strategia di comunicazione;

b. Nei confronti degli iscritti, per implementare lo spirito diappartenenza e fare in modo che essi riconoscano nell’Ordine un luo-go, anche virtuale, di aggregazione e il soggetto depositario della Lororappresentanza nei confronti dei terzi.

SEGUE IN ULTIMA

MARCO PEZZETTAOrdine di Udine

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NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 3

L'INTERVISTA

GIORGIO BRUNETTI

EZIO BUSATOOrdine di Padova

Chi è il prof. Giorgio Brunetti

IL COMMERCIALISTA VENETO

Professor Brunetti, i lettori del nostro giornale sono tutti dottoricommercialisti ed ora, dal 1° gennaio 2008 anche esperti contabiliragionieri ora uniti nell’Albo Unico. Quale messaggio può dare aloro oggi, in prospettiva visto che la forza professionale di questacategoria si è praticamente raddoppiata passando a circa 100 milaprofessionisti in Italia?

Posso solo augurare che questa “famiglia professionale” - in modoconsapevole - viva il suo tempo, operando come classe dirigenteresponsabile per rilanciare questo Paese, per dare prospettive dicrescita economico-sociale alle nuove generazioni. Il contatto, continuoe profondo, che la vostra famiglia professionale intrattiene con ilmondo operativo, specie con il sistema delle imprese minori, è unagrande opportunità per diffondere quei valori che come Paese sembraabbiamo smarrito. Responsabilità, trasparenza e merito. Accountability,un termine a Voi ben noto, li potrebbe comprendere tutti, in estremasintesi!

Lei ha formato, compreso il sottoscritto, nelle Università di Ca’Foscari Venezia e nella Bocconi Milano, migliaia di giovani di cuialcuni hanno intrapreso l’esercizio della libera professione, altri sisono inseriti direttamente nelle aziende o nelle pubblicheamministrazioni; come li vede a distanza di 20/30 anni da quandoli ha conosciuti sui banchi dell’Università? Oggi lavora assieme adalcuni di loro? Che differenza c’è tra noi studenti di Ca’ Foscari del’68 e quelli di oggi?

Fare raffronti è sempre impegnativo perché si corre il pericolo diinquinare il giudizio con le nostalgie, oltre che ragionare sulla media enon sui casi specifici. Corretto mi sembra, almeno, riferirsi sempre aicontesti in cui i fatti si manifestano. Ca’ Foscari era, ed è, una universitàpubblica alla quale tutti si possono iscrivere, senza barriere di alcuntipo. Bocconi, dove ho insegnato dal 1992, è, invece, una Universitàprivata per la quale vi è una selezione all’entrata su un universo formatoper la gran parte da giovani per i quali la famiglia ritiene convenienteinvestire. A Ca’ Foscari, vent’anni fa, al quarto anno insegnavo ad ungruppo selezionato di allievi, grazie al “vaglio” dei colleghi dimatematica e di statistica, un gruppo interessato, attento a capire cosaavveniva fuori nel sistema delle aziende, fiducioso di poter trovareuno spazio in quel mondo in rapida crescita. Oggi anche in Bocconi,dove vi è pure un gruppo selezionato - sebbene solo, all’origine, almomento dell’iscrizione - dalle famiglie stesse che godono di una certadisponibilità economica, si coglie, oltre che un atteggiamento da clientiche attendono un servizio, l’incertezza sul futuro, la necessità diprepararsi per cogliere le opportunità che pure oggi si presentano, mache sono appannaggio di chi pensa positivo, di chi ha tanta voglia difare e di crescere, di andare in giro per il mondo, di chi è capace diinventarsi qualcosa, di chi sa “posizionarsi” nel mondo del lavoro edelle professioni.

Secondo Lei oggi la nostra categoria professionale èsufficientemente accreditata presso le Istituzioni, gli industriali, lecategorie economiche in genere od invece soffre dell’immaginariocollettivo che vede il dottore commercialista od il ragioniereessenzialmente sotto il profilo di chi può far risparmiare le imposte?Non Le sembra invece che le nostre conoscenze professionaliacquisite all’università e durante il tirocinio, ora con la formazioneprofessionale continua obbligatoria, che spaziano dall’attività direvisione e controllo contabile a quella di valutazione di aziende,all’organizzazione aziendale, alle strategie aziendali, allecontabilità generale ed industriale, al diritto fallimentare, aldiritto societario, alla pianificazione fiscale, nazionale ed

Nato a Venezia nel 1937, GiorgioBrunetti è laureato in Economia eCommercio all’Università Ca' Foscari diVenezia e diplomato in OrganizzazioneAziendale al Centro Universitario diOrganizzazione Aziendale (CUOA)della Facoltà di Ingegneria dell’Univer-sità di Padova.Ha iniziato la carriera accademica comeassistente a Ca' Foscari, per poi diven-tarne, nel 1978, professore ordinario diEconomia Aziendale. Nel 1992 èchiamato a ricoprire la cattedra diEconomia Aziendale all’UniversitàCommerciale Luigi Bocconi di Milano.Attualmente è professore emerito diStrategia e Politica Aziendale allaBocconi, Presidente del Centro di Ricerca “Imprenditorialità eImprenditori”. E’ anche Consigliere di amministrazione inAutogrill S.p.A., Benetton S.p.A., Carraro S.p.A., MessaggerieItaliane S.p.A., nonché Revisore dei Conti dell’Autorità perl’Energia ed il Gas.

«La famiglia professionale? E' garanziadi responsabilità, trasparenza e merito»

internazionale, in pratica assistenza e consulenza a 360° a serviziodelle imprese, possano essere il segno distintivo della nostraprofessione?

Darei poco rilievo all’accreditamento come categoria. Dipende daisingoli e dai bisogni reali che la società avverte. Posso dire chel’immagine evocata è tipica di un tempo andato, anche se laproliferazione e la continua modifica della legislazione tributaria, prassitipica nel nostro paese, rende necessario il ricorso a specialisti. Milascia perplesso la seconda parte della domanda. Le competenze misembrano francamente troppe per formare uno specialista. Tanto piùche siamo in un’epoca in cui i saperi, le conoscenze si sono moltiplicatea dismisura. Non parliamo poi della mondializzazione in atto chemoltiplica le competenze necessarie per potervi operare con successo.L’università e la formazione continua sono indispensabili ma nonbastano, occorre mettere le mani in pasta, tessere relazioni di qualitàin relazione al tipo di professione che si intende svolgere. Si tratta diragionare del mercato della professione per segmenti. Unprofessionista “generalista” è adatto ad imprese minori o a personefisiche che non presentano problematiche complesse. Per altri segmentidi clientela occorre rivolgersi con una precisa qualifica di specialista econ strutture (Studi associati) adeguate ad affrontare i problemi attualiche sono complessi.

Quali sono i rapporti tra la nostra professione e l’Università, inrelazione ai percorsi di studio, attività formative e di ricerca?

L’università nei suoi limiti, che sono molti in questo Paese, svolgeun compito di preparazione di base. L’avvento del 3+2 doveva essereun modo per selezionare percorsi diversi per entrare nel mondo dellavoro, oltre a ridurre i tempi degli studi universitari. L’autoreferenzialitàdei professori, la cattiva applicazione dei crediti e il disinteresse ingenerale del mondo del lavoro su questi temi hanno prodotto il risultatodi alzare la durata dei corsi di laurea da quattro a cinque anni senzaassicurare un miglioramento del livello di preparazione. Quanto airapporti tra professione e università, salvo casi particolari, non misembrano abbiano avuto modifiche sostanziali rispetto al passato.Molti professionisti sono stati chiamati all’Università come docenti acontratto più per mancanza di professori di ruolo rispettoall’indiscriminato aumento dei corsi di laurea e degli insegnamenti che

SEGUE A PAGINA 4

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4 NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 IL COMMERCIALISTA VENETO

per un reale ed efficace piano di trasmissione di conoscenze professionali.

Oggi la liberalizzazione delle professioni, l’evoluzione continua deimercati, la dislocazione delle produzioni nei paesi dell’Est Europa, inCina, in India ecc...costituiscono secondo Lei stimoli per la nostraprofessione di ricercare nuove professionalità, nuove specializzazioni,nuove sfide sul mercato della consulenza internazionale? Comepossiamo competere con le grosse società di consulenza internazionalia traino dei grandi Gruppi che investono in quei paesi?

Questo è un tema fondamentale poiché il cambiamento rapido cheviviamo impone di non arroccarsi su quanto è avvenuto nel passato.Anche nella professione occorre avere visione e coraggio né più né menocome quelli che deve avere un imprenditore. A grandi linee e peccando disemplificazione le strade da intraprendere possono essere così tracciate.O si cerca di essere in grado di aiutare ad alto livello le nostre imprese checrescono, che si internazionalizzano, nel qual caso occorre aggregarsi etessere alleanze con altri soggetti stranieri, affrontando la forteconcorrenza, oppure ci si orienta verso il mondo delle piccole dimensioni(non solo manifattura ma soprattutto servizi che sono in rapida crescita)assicurando un livello di servizio che sia efficiente (grazie al vasto impiegodalla ICT) e nel contempo efficace. Come è naturale, vi sono anchesituazioni intermedie. In ogni caso occorre mettere a punto una propriastrategia che richiede una seria valutazione delle risorse e delle capacità adisposizione.

Oggi la nuova Legge Fallimentare è stata rivista nell’ottica di trovaredelle soluzioni alternative al fallimento, sono sorti nuovi istituti pergestire la crisi d’impresa, sono stati conferiti nuovi compiti alprofessionista come per esempio quello di attestare la veridicità deidati aziendali e di fattibilità di un piano che possa risanare l’azienda oche la possa rimettere nel mercato; ruoli oggi importanti e chefinalmente possono far emergere le conoscenze professionali dei dottoricommercialisti e dei ragionieri. Le sembra che questo possa esserel’inizio di un riconoscimento professionale adeguato?

Penso di si, anche se più che la categoria valgono sempre le abilità e lecompetenze dei singoli, nonché le esperienze maturate sul campo.Indubbiamente anche nelle discussioni che hanno preceduto lapreparazione e la promulgazione delle nuova legge fallimentare, il tema diuna professionalità adeguata ai nuovi compiti è stato più volte sottolineato,assegnando al commercialista questo ruolo. E’ una nuova specializzazioneche si prospetta, che offre opportunità alla categoria e che richiedenecessari approfondimenti. La valutazione della fattibilità di un pianoimpone conoscenze che vanno dall’analisi del settore (le tecniche in questocampo si sono molto sviluppate), alla valutazione della strategia sottesa ealla verifica della fattibilità dei piani di attuazione. Conoscenze tecniche,ma anche sensibilità ed esperienza nel gestire temi che in relazione alledimensioni aziendali diventano particolarmente delicati.

I nuovi principi contabili IAS IFRS possono costituire in prospettivaun’opportunità di specializzazione professionale soprattutto per igiovani? Anche in vista di una loro applicazione alle società di mediedimensioni?

Questo rientra in ciò che prima si diceva. Le conoscenze mutano. Simoltiplicano sempre più. I principi IAS IFRS sono tra queste. Sonoopportunità per chi investe in queste nuove conoscenze. Per chi ha lafortuna di incontrare questi temi, di scontrarsi sui problemi che comportano.Penso che molti giovani che oggi operano nelle società di revisione e checon le società quotate si stanno facendo una preziosa e unica esperienzain questo campo, possono essere ottimi professionisti in grado di aiutarele imprese, anche quelle “chiuse”, che non si rivolgono al mercatofinanziario, ad adottare tali principi.

Molti dei nostri lettori hanno come clienti le piccole/medie aziende,che costituiscono soprattutto nel Triveneto che Lei ben conosce, granparte del tessuto produttivo del nord-est e che caratterizzano quest’areacome una delle più altamente avanzate e produttive. Il professionistale assiste nelle crescita e nello sviluppo, fino al punto in cui l’azienda,raggiunti certi livelli, ha necessità di professionalità alternative forsepiù competitive ed internazionali. Come vede in questo contesto il nostroruolo?

Indubbiamente lo sviluppo del nostro apparato produttivo, emanifatturiero in particolare, è stato vertiginoso. Il modello di businessseguito è stato quello di un "uomo solo al comando", della estremaflessibilità, delle reti spontanee, magari sotto casa. Da qui il fenomenodiffuso dei distretti. Ora le cose sono cambiate e stanno tuttora cambiando.I distretti sono diventati “dislarghi”, alcune imprese si sono trasformate,altre hanno chiuso. Internazionalizzazione e innovazione, specie di prodotto,

sono le direttrici di marcia di questa trasformazione. Ricerca & sviluppo,logistica e controlli sono le aree di intervento per sostenere questoprocesso. Il professionista deve collocarsi in questo trend e capire i bisognispecifici delle aziende clienti. Ritagliandosi un ruolo di risolutore diproblemi con una propria struttura (studio associato) o di consigliere, diprofessionista di fiducia in grado di accompagnare l’impresanell’outsourcing delle professionalità.

Veniamo ora ad uno dei grandi temi delle nostra professione, quello

del controllo contabile e di legalità nelle società e del ruolo del Collegiosindacale nei suoi compiti di vigilanza, ispezione e controllo. Da unarecente ricerca di Aristeia, la Fondazione nazionale di studio e ricercadei dottori commercialisti, risulta un tasso di fallibilità minore nelles.r.l. che hanno il Collegio sindacale rispetto a quelle prive dell’Organodi controllo. Ritiene valida la funzione del Collegio sindacale neicontrolli delle società e com’è stata rinnovata con la nuova leggesocietaria?

Sarebbe stato sorprendente un risultato diverso! Penso che rispetti unacondizione che faciliti il corretto funzionamento di una società in un’epocadi rischi crescenti. Da quelli strategici a quelli finanziari e, non ultimi, quellilegali. Il controllo svolto dal collegio sindacale nel modello tradizionale oda amministratori aventi le stesse caratteristiche dei sindaci nel modellomonistico, risponde a queste esigenze.

Recentemente Lei ha partecipato ad un convegno di studio a Padovasul sistema dei controlli nelle Società di capitali, dove era presenteanche il nostro Presidente Nazionale, dott. Claudio Siciliotti. Qual è ilsuo parere in merito anche alle problematiche sorte sulla funzione delCollegio Sindacale quando allo stesso è affidato solo il controllo dilegge previsto dall’art. 2403 del c.c. e non quello contabile? Primadella riforma societaria, gran parte dei nostri colleghi, svolgevano ladoppia funzione, ora c’è una netta separazione tra le due funzioni dicontrollo contabile e di legalità e molti Sindaci ne risentono. Cosa cipuò dire in merito?

Mi sembra che la riforma abbia fatto chiarezza, ma nel contempo per lepiccole dimensioni preveda l’esercizio anche del controllo contabile. Il2409 bis recita che “lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercatodel capitale di rischio e che non siano tenute alla redazione del bilancioconsolidato può prevedere che il controllo contabile sia esercitato dalcollegio sindacale”. Secondo il mio parere il risentimento che si avverte èfrutto di un forte spirito corporativo, che permea tutti noi. Salvaguardarei diritti e i privilegi acquisiti!

Promuovere e comunicare lo studio professionale in un mercato che

cambia è stato il titolo di un recente articolo apparso sulla nostrarivista. Marketing e comunicazione, competitività sul mercato,aggregazioni professionali, siti web sono tutti aspetti da valutare. Lerecenti modifiche del codice deontologico dell’Ordine approvato nelsettembre 2007 consentono la pubblicità informativa per far conoscerele nostre peculiarità. Cosa ne pensa di questo nuovo quadro?

In una società della comunicazione, come quella che stiamo vivendo,non è pensabile che anche il professionista non comunichi al mercatoquali sono le funzioni che svolge, i servizi che offre, le referenze accumulate.Non solo, ma che metta a punto una strategia di marketing in linea con lenecessità di un professionista di impostare e realizzare un suo propriobusiness model. Sempre nel rispetto della deontologia professionale. Ilcliente ne beneficia di certo!

Alla luce di quanto Le ho chiesto e dei vari temi trattati, qualemessaggio finale può dare ai nostri lettori del Nord-Est soprattutto aiprofessionisti?

Avete la fortuna di operare in un territorio nel quale l’attivitàimprenditoriale è molto sviluppata, la ricchezza è diffusa. Il mercato quindic’è. Naturalmente subite una concorrenza nazionale e internazionale. Sitratta quindi di giocare a testa alta, con coraggio, approntando struttureadeguate, aggregazioni e collaborazioni a vasto raggio. Noto che alcuninostri giovani con esperienze internazionali stanno ritornando nelle loroaree di origine e ricercando una propria collocazione professionale. Questofa ben sperare verso una contaminazione internazionale della professione.

L'INTERVISTA / Brunetti e la famiglia professionaleSEGUE DA PAGINA 3

Ringrazio il professor Brunetti per le preziosissime risposte carichedi contenuti ma anche di grandi spunti per il futuro, a nome della nostraAssociazione del Triveneto, del Comitato di Redazione de Il CommercialistaVeneto, ma soprattutto a nome di tutti i nostri lettori che certamente avrannomodo di trarre vantaggio dalle Sue risposte, frutto di una lunga ed approfonditaesperienza universitaria ed aziendale.

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NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 5

Investimenti nel Far Eastcon la holding belga

NORME E TRIBUTI

ENNIO VIALOrdine di Treviso

IL COMMERCIALISTA VENETO

IntroduzioneNel numero 180 del CV abbiamo passato in rassegna brevemente le caratte-ristiche della holding italiana alla luce della Finanziaria per il 2008. In questasede esamineremo, anche al fine di un utile confronto, le opportunità offer-te dalla società belga che si propone come un interessante veicolo per gliinvestimenti nel far east.

Le caratteristiche in sintesiUn paese che si è distinto nel corso degli anni come possibile allocazionedi una holding è infatti proprio il Belgio. L’esenzione sui capital gain origi-nati dalla cessione di partecipazioni è integrale, mentre quella sui dividendiè limitata al 95% del loro ammontare.A differenza dell’Italia o del Lussemburgo, non è richiesto un periodo didetenzione minima per l’esenzione sui capital gain.Un punto di forza della holding belga, rispetto a quella olandese elussemburghese, è costituito dalla non applicazione della ritenuta alla fontesui dividendi in uscita nel caso in cui il socio sia una società di capitaliresidente in un paese convenzionato che detiene una quota di partecipazio-ne nella società belga di almeno il 15% per un anno.Inoltre, il Belgio, oltre a godere di una fitta rete di trattati, è l’unico che hastipulato già da anni una Convenzione con Hong Kong, offrendo in questomodo un’opportunità interessante per gli investimenti in Cina1. La presen-za di una Convenzione con Hong Kong costituisce quindi una peculiaritàdel Belgio2. Negli ultimi anni le autorità belghe hanno affrontato diversiaspetti dei rapporti con Hong Kong precisando che la participationexemption può trovare applicazione in relazione ad una società figlia resi-dente ad Hong Kong sia per i dividendi che per i capital gain3. Questaimpostazione è stata confermata, relativamente ai dividendi, anche dallasuccessiva circolare ministeriale del 31 marzo 2005. L’esenzione al 95%trova applicazione in quanto Hong Kong non risulta incluso nella black listdei paradisi fiscali contenuta nel Decreto Reale del 13 gennaio 2003 inconsiderazione del fatto che la tassazione di Hong Kong, attestandosi sul17,5% non risulta significativamente inferiore a quella belga. Si segnala,peraltro, che in base a normativa interna, Hong Kong non prevede ritenutein uscita su dividendi e interessi4.Ma vi è di più. Hong Kong può essere un interessante veicolo anche comecontrollante di una società belga utile per distribuire gli utili senza tassazio-ne alcuna. Abbiamo visto, infatti, che Hong Kong non prevede, per norma-tiva interna, alcuna tassazione sui dividendi in uscita. Il medesimo tratta-mento, tuttavia, è riservato anche agli utili in uscita dal Belgio. Al riguardo,il Ministro delle Finanze ha chiarito, nel corso del 2006, che in base allaConvenzione è esclusa la ritenuta sui dividendi se il soggetto che li perce-pisce è il beneficiario effettivo «beneficial owner» al momento del paga-mento e detiene una quota del 25% per almeno un anno. E’ stato precisatoche se una società di Hong Kong si interpone tra una controllata belga eduna casa madre straniera, la società di Hong Kong può essere qualificatacome la beneficiaria effettiva dei dividendi ai fini convenzionali. La struttu-ra può essere la seguente:

La società di Hong Kong riceve i dividendi dal Belgio senza applicazione diritenute alla fonte. A sua volta H.K. distribuisce a terzi senza applicazionedi ritenuta alcuna a prescindere dalla natura dei soci. La citata circolare delMinistro delle Finanze datata 31 Marzo 2005 fornisce interessantiprecisazioni in merito al regime di tassazione della stabile organizzazione adHong Kong di una società belga. In base alla Convenzione, il Belgio appli-ca sia il metodo dell’esenzione progressiva che quello del credito di impo-sta. In particolare, l’Art. 7(a) del Protocollo prevede che il Belgio applicheràil metodo dell’esenzione solamente se il reddito risulta tassato ad HongKong. Il metodo sarà applicabile, ad esempio, nel caso della stabile organiz-zazione ad Hong Kong di una società belga. L’esenzione, tuttavia, trovaapplicazione anche nel caso in cui la maggior parte del reddito della stabileorganizzazione sia di fatto esente da imposizione5. Un confronto con il regi-me di tassazione previsto in Italia appare, al riguardo, particolarmente utile.Si supponga che Alfa Italia e Beta Belgio abbiano una stabile organizzazio-ne in Hong Kong che produce un reddito di 10.000 di cui il 90% offshore.

TABELLA N. 1

Hong KongReddito AliquotaOnshore 1.000 17,5% 175Offshore 9.000 0% 0Totale 10.000 175

A) Casa madre Italia B) Casa madre BelgioRedditoEstero 10.000 10.000Interno 0 0Totale 10.000 10.000Variazionein diminuzione 0 10.000Imposta lorda 2.750 0Credito di imposta 175 0Imposta netta 2.575 0

Tassazione complessiva 2.750 175

  Paese convenzionato 

Hong Kong 

Belgio 

1 In realtà anche il Lussemburgo ha recentemente firmato una convenzione con Hong Kong.2 La Convenzione tra Belgio e Hong Kong è stata firmata il 10 dicembre 2003 ed è entrato in vigore il 7 ottobre 2004 con efficacia retroattiva al 1° gennaio 2004 per il Belgioed al 1° aprile 2004 per Hong Kong.3 Rispettivamente Corte di Appello di Bruxelles del 23 aprile 2004 e 29 giugno 2005.4 Sui canoni è prevista una modesta ritenuta del 5,25% che viene ridotta al 5% in base alla convenzione col Belgio.5 L’art. 7 (b) del Protocollo alla Convenzione contro le doppie imposizioni stabilisce che l’esenzione riguarda tutti gli utili della stabile organizzazione, compresi i dividendi, gliinteressi e le royalties a questa attribuibili anche se esclusi dalla base imponibile ad Hong Kong.

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6 NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 IL COMMERCIALISTA VENETO

6 Per ulteriori indicazioni in merito alla Convenzione tra Belgio e Hong Kongsi rinvia a AA. VV. «Tax treaty creates investment gateway between East andWest» in International Tax Review, Novembre 2007, pag. 28 e segg.

Come si evince dalla precedente tabella, la minor tassazione dellastabile organizzazione di Hong Kong rimane sterilizzata solamentein caso di utilizzo di una casa madre belga6.Da ultimo si segnala che, analogamente all’Olanda e all’Italia, inBelgio è assente una capital duty sugli apporti di capitale.

In sintesiLa tabella riassuntiva, qui a fianco, mette in evidenza le caratteristi-che essenziali della holding belga poste in raffronto con quellaitaliana.

Belgio Italia

Participation exemption

dividendi

Esenzione al 95% Esenzione al 95%

Quota minima di

partecipazione

10% o costo di acquisto di

1,2 milioni di €

No

Periodo minimo di

detenzione

1 anno No

Participation exemption

capital gain

Si, integrale Esenzione al 95%

Quota minima No No

Tassazione minima

controllata

Si Si

Periodo minimo di

detenzione

Nessuno 12 mesi circa

Imposta sui conferimenti di

capitale

No No

Ritenuta in uscita dividendi

(norma interna)

15%/25% 27%

Ritenuta in uscita interessi

(norma interna)

15% 12,5%

Ritenuta in uscita royalty

(norma interna)

15% 22,5%

Imposta sui redditi societari 33,99% 27,5%

Rete di trattati Ottima Buona

Convenzione con Hong Kong Si No

La Holding belganel Far East

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NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 7

Nomina del professionista attestatorenel concordato preventivo

PROCEDURE CONCORSUALI

GIANFRANCO PERACINPIETRO FREDDO, praticante

Ordine di Padova

IL COMMERCIALISTA VENETO

Designazione dell'autorità giudiziariao scelta dell'imprenditore?

L’entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2008del D.Lgs. 169/2007 che corregge ed integra-le disposizioni della Legge Fallimentare pre-cedentemente novellate con il D.L. 35/2005

e il D.Lgs. 5/2006, ha portato a completamento lariforma organica della disciplina delle procedureconcorsuali.È stato più volte sottolineato come i principi ispiratoridella riforma muovano da una diversa valutazione de-gli interessi meritevoli di tutela rispetto al passato,enfatizzando la salvaguardia della continuità aziendalee valorizzando l’autonomia privata nei processi direcupero o liquidazione delle aziende in crisi1. In con-creto il legislatore da un lato ha accentuato l’originariaanima pattizia del concordato preventivo, grazie tral’altro ad un deciso intervento di alleggerimento dellarilevanza attribuita alla funzione pubblicistica degliorgani della procedura, e, dall’altro lato, ha introdottonuovi istituti non necessariamente liquidatori, rimet-tendo la ricerca delle soluzioni più appropriate per laprevenzione e la composizione della crisi ai soggettisui quali in definitiva si riverbera il risultato economi-co dell’accordo e della relativa esdebitazione, ossia lostesso imprenditore e i creditori convenuti, favorendola formazione di tali intese tramite il beneficio del-l’esenzione da revocatoria fallimentare.L’evoluzione normativa delineata ha posto sin dal-l’inizio e continua a proporre notevoli problematicheinterpretative con riguardo a molti aspetti, alcuni deiquali ricollegabili alle ultime modifiche introdotte conil già richiamato D.Lgs. 169/2007.Tra questi un tema di rilievo riguarda l’attività dicertificazione e di garanzia, anche nell’interesse deicreditori non aderenti a tali intese, che i professionistiincaricati ad operare al fianco dell’imprenditore perattivare soluzioni della crisi aziendale sono chiamati asvolgere nel nuovo scenario delle procedureconcorsuali2.In particolare, assume notevole rilevanza la questionerelativa alla nomina del professionista attestatore del-la veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del pia-no nell’ambito del concordato preventivo, ma anchenegli altri istituti nei quali l’attività di “certificazione”è prevista.L’interrogativo è se, alla luce delle novità introdotte, il

predetto professionista possa essere nominato dal-l’imprenditore che accede alla procedura ovvero deb-ba essere designato dal Tribunale. La risposta a talequesito comporta delle conseguenze di notevolerilevanza, poiché ha un’evidente influenza sullatempistica, sulle modalità ed anche sui costi di svolgi-mento dell’attività di verifica che il professionista do-vrà svolgere, potendo peraltro al limite pregiudicare lastessa ammissione dell’imprenditore alla procedura diconcordato, qualora il Tribunale reputasse di doverdesignare il professionista attestatore e la parte non sifosse attivata in tal senso.A tal proposito, si sono rivelate particolarmente inci-sive le modificazioni intervenute in meritoall’individuazione dei requisiti delle predette figureprofessionali nell’ambito non solo del concordato pre-ventivo, ai sensi dell’art. 161 L.F., ma anche dell’ac-cordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182bis e, soprattutto, del piano attestato di risanamentodi cui all’art. 67, comma 3, lett. d) della predetta legge.In effetti, nelle formulazioni della legge fallimentareprecedenti al D.Lgs. 169/2007, il legislatore, a frontedella comune previsione della presenza di un profes-sionista attestatore chiamato a svolgere un compitonon dissimile pur nella specificità di ciascuno dei pre-detti istituti, aveva impiegato termini disomogenei etalvolta tecnicamente impropri nel delinearne i requi-siti e le responsabilità, profilando, secondo autorevoledottrina, una differenziazione irragionevole3. Tale si-tuazione di incertezza, che finiva per gravare sullapossibilità di applicare concretamente i nuovi istituti,era dovuta principalmente al fatto che il legislatore harecepito nel corpus della legge fallimentare disposi-zioni tratte da differenti bozze di riforma delle proce-dure concorsuali, formatesi in tempi diversi, e, pertan-to, di per sé scarsamente o affatto coordinate tra loro.In particolare, per quanto attiene il concordato pre-ventivo, il professionista attestatore doveva possede-re i requisiti necessari per la nomina a curatore ai sensidell’art. 28 L.F., e conseguentemente, secondo la lette-

ra della legge, poteva anche non essere iscritto ad albiprofessionali di avvocati e commercialisti (cfr. cit. art.28, primo comma, lett. a) e b)), ma essere semplice-mente qualificato per il fatto di aver svolto funzioni diamministrazione, direzione e controllo in società perazioni, dando prova di adeguate capacità imprendito-riali e purché non fosse intervenuta nei loro confrontidichiarazione di fallimento (cfr. cit. art. 28, primocomma, lett. c))4.Invece, relativamente all’accordo di ristrutturazionedei debiti, la relazione sull’attuabilità dell’accordo stes-so, con particolare riferimento alla sua idoneità ad as-sicurare il regolare pagamento dei creditori estranei,era demandata ad un “esperto” privo di qualsivogliacaratterizzazione tecnica, senza che si potesse appli-care la disciplina sopra richiamata con riferimento alconcordato preventivo al fine di meglio delineare talefigura professionale, poiché l’accordo diristrutturazione è andato delineandosi quale istitutodel tutto autonomo rispetto alla procedura “maggio-re”, anche a seguito dei ripetuti interventi correttividel legislatore 5.Infine, anche nell’ambito del piano attestato dirisanamento erano emerse rilevanti questioniinterpretative: la norma, infatti, prevedeva l’esenzio-ne dall’azione revocatoria degli atti, i pagamenti e legaranzie concesse su beni del debitore “purché postiin essere in esecuzione di un piano che appaia idoneoa consentire il risanamento dell’esposizione debitoriadell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della suasituazione finanziaria e la cui ragionevolezza siaattestata ai sensi dell’articolo 2501 bis, quarto comma,del codice civile”, anche in questo caso senza delinea-re in maniera esplicita la figura professionaledell’attestatore. Il rimando all’art. 2501 bis, quartocomma, del c.c., in tema di “Fusione a seguito diacquisizione con indebitamento”, poneva notevoliproblemi di coordinamento, proprio in ragione del di-verso ambito di applicazione: la norma, infatti, preve-de che “La relazione degli esperti di cui all’articolo2501 sexies, attesta la ragionevolezza delle indicazionicontenute nel progetto di fusione ai sensi del prece-

1Per un ampio commento cfr. LO CASCIO G., La nuova legge fallimentare: dal progetto di legge delega alla miniriforma per decreto legge, in Il Fall. 4/2005, 361 ss.;FORTUNATO S., L’incerta riforma del diritto fallimentare, in Corr. Giur. 5/2005, 597 ss.; PANZANI L., Il D.L. 35/2005, La legge 14 maggio 2005, n. 80 e la riforma dellalegge fallimentare, maggio 2005, consultabile su www.ipsoa.it/fallimento; CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, COMMISSIONE PROCEDURECONCORSUALI – GRUPPO DI LAVORO DECRETI COMPETITIVITÀ, Osservazioni sullo schema di decreto legislativo recante la riforma organica della disciplina delleprocedure concorsuali, consultabile su www.cndc.it; SERAO F., Aspetti ed obiettivi della riforma, atti del Convegno tenutosi in Roma in data 5 maggio 2005 intitolato Crisidell’impresa e riforma delle procedure concorsuali, consultabile su www.cndc.it; PLENTEDA D., La legge delega per la riforma delle procedure concorsuali: principi e criteridirettivi, in Il Fall. 8/2005, 966 ss.2 Cfr. sul punto FERRO MASSIMO, I nuovi strumenti di regolazione negoziale dell’insolvenza e la tutela giudiziaria delle intese tra debitore e creditori: storia italiana dellatimidezza competitiva, in Il Fall. 5/2005; MANDRIOLI L., Il Piano di ristrutturazione nel concordato preventivo tra profili giuridici ed aspetti aziendalistici, in Il Fall. 11/2005;per un ampia disamina in tema di concordato preventivo cfr. ANTONELLO L. – PERACIN G., La relazione del professionista sulla veridicità dei dati aziendali e fattibilità delpiano, in Il Commercialista Veneto marzo-aprile 2006, inserto; CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, COMMISSIONE PROCEDURE CONCORSUALI– GRUPPO DI LAVORO DECRETI COMPETITIVITÀ, Documento 48 del 28-11-2006, Relazioni del professionista: profili organizzativi e principi di comportamentonell’ambito delle procedure di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, piano di risanamento attestato, consultabile su www.cndc.it; ARISTEIA, Documen-to 65 edito in giugno 2006, Gli accordi di ristrutturazione ex. Art. 182 bis l.f., consultabile su www.aristeia.it.; ed infine, con riferimento alle novità introdotte dal D.Lgs. 169/2007, cfr. ARISTEIA, Documento 84 edito in gennaio 2008, L’esperto nelle procedure concorsuali, sempre consultabile su www.aristeia.it.3 Cfr. FERRO M., I nuovi strumenti …, cit., 596 e ss..4 Sul tema dei requisiti e della nomina del professionista attestatore, amplius, sia consentito richiamare ANTONELLO L. – PERACIN G., La relazione del professionista …, cit., 4 e ss..5 Sul tema, amplius, sia consentito richiamare ANTONELLO L. – PERACIN G., Gli accordi di ristrutturazione ex. art. 182 bis l.f., atti del Convegno di Padova del 27-11-2007.

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8 NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 IL COMMERCIALISTA VENETO

dente secondo comma”. A stretto rigore, il collega-mento con il piano attestato di risanamento sembre-rebbe imperniato sul concetto di “ragionevolezza”,che compare tanto nell’art. 67, comma 3, lett. d) quan-to nell’art. 2501 bis, quarto comma, c.c., e che, secon-do la lettera del richiamato art. 2501 bis, secondocomma, c.c., sembrerebbe tradursi nella concreta ri-chiesta dell’indicazione nel piano attestato dirisanamento delle “risorse finanziarie previste per ilsoddisfacimento delle obbligazioni della società”, ra-gionevolmente al fine di evitare un impiego abusivodell’istituto, che altrimenti potrebbe agevolmente pre-starsi ad un impiego fraudolento volto a distrarre di-sponibilità finanziarie dall’azienda aggirando l’azionerevocatoria. Tuttavia, in assenza di una previsioneesplicita dei requisiti del professionista attestatore delpiano e nel totale silenzio della relazione tecnica alD.L. 35/2005, l’interesse degli studiosi più autorevolisi è concentrato principalmente sul richiamo all’art.2501 sexies c.c. in tema di “Relazione degli esperti”,nella ricerca di ulteriori elementi validi a ricostruire lelinee essenziali dell’istituto, invero soltanto tratteg-giato dal legislatore. Dal non facile coordinamento del-la predetta disposizione con quanto statuito dal cit.art. 67, si faceva discendere la necessità che l’espertofosse scelto tra i revisori contabili iscritti nel registroistituito presso il Ministero della giustizia e, nel casodi società per azioni o in accomandita per azioni, fossedesignato dal tribunale del luogo della sede della socie-tà (cfr. il combinato disposto degli artt. 2501 sexies,quarto comma, e 2409 bis del c.c.)6. L’assimilazione siriverberava anche sul potere di ottenere le informazio-ni necessarie dalla società per le dovute verifiche eportava ad estendere la specifica previsione della re-sponsabilità dell’esperto stesso per i danni causatialla società, ai loro soci e ai terzi, ai sensi dell’articolo64 del codice di procedura civile (cfr. l’art. 2501 sexies,quinto e sesto comma).L’interpretazione della disciplina relativa al piano at-testato di risanamento assume particolare rilevanza inragione del fatto che, a seguito delle modificazioni in-trodotte grazie al cit. D.Lgs. 169/2007, il legislatore haprecisato le competenze e i titoli richiesti al professioni-sta di cui al cit. art. 67, terzo comma, lett. d), attribuendoa tale norma funzione paradigmatica all’interno della stes-sa L.F.. Infatti, in ragione di un’apprezzabile intentodi uniformità, il legislatore ha previsto espliciti riman-di a tale norma al fine di individuare i requisiti delprofessionista attestatore richiesti sia per l’attesta-zione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, siadel piano di concordato preventivo, sia del concordatofallimentare.Attualmente il dato normativo è il seguente:- l’art. 67 dispone che non sono soggetti all’azio-ne revocatoria “d) gli atti, i pagamenti e le garanzieconcesse su beni del debitore purché posti in essere inesecuzione di un piano che appaia idoneo a consentireil risanamento dell’esposizione debitoria dell’impre-

sa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazionefinanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da unprofessionista iscritto nel registro dei revisori conta-bili e che abbia i requisiti previsti dall’articolo 28,lettere a) e b) ai sensi dell’articolo 2501 bis, quartocomma, del codice civile”, fornendo il modello genera-le della figura professionale dell’attestatore;- l’art. 182 bis in tema di accordi diristrutturazione dispone che “L’imprenditore in statodi crisi può domandare…l’omologazione di un accor-do di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditorirappresentanti almeno il sessanta per cento dei credi-ti, unitamente ad una relazione redatta da un profes-sionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo67, terzo comma, lettera d) sull’attuabilità dell’accor-do stesso, con particolare riferimento alla sua idonei-tà ad assicurare il regolare pagamento dei creditoriestranei”;- l’art. 161 in tema di concordato preventivo asua volta prevede che: “Il piano e la documentazione… devono essere accompagnati dalla relazione di unprofessionista in possesso dei requisiti di cui all’arti-colo 67, terzo comma, lettera d), che attesti la veridici-tà dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesi-mo”; peraltro, in caso di piano che preveda la soddi-sfazione non integrale dei creditori privilegiati, l’art.160 dispone che “La proposta può prevedere che icreditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, nonvengano soddisfatti integralmente, purché il piano nepreveda la soddisfazione in misura non inferiore aquella realizzabile, in ragione della collocazione pre-ferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avutoriguardo al valore di mercato attribuibile ai beni odiritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicatonella relazione giurata di un professionista in pos-sesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma,lettera d).- infine con analoga formulazione, l’art. 124, intema di concordato fallimentare, in presenza di unpiano che preveda la soddisfazione non integrale deicreditori privilegiati richiede una “relazione giuratadi un professionista in possesso dei requisiti di cuiall’articolo 67, terzo comma, lettera d) designato daltribunale”.La relazione tecnica al D.Lgs. 169/20077 chiarisce che“La modifica all’articolo 67, terzo comma, lett. d) hala funzione di ribadire, in coerenza con le previsioni dicui ai novellati articoli 161, terzo comma e 182 bisprimo comma ed in accoglimento di una specifica os-servazione del Senato, che il professionista abilitatoad attestare la ragionevolezza del piano di risanamentoprevisto dalla disposizione in esame, oltre ad avere irequisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) delR.D., deve essere iscritto nel registro dei revisori con-tabili”, e ancora che “Al fine di uniformare i requisitiprevisti dall’art. 182 bis, dall’art. 67, comma terzo,lett. d) e dall’art. 161 si prevede, anche in considera-zione del fatto che si tratta di un’attività avente uncontenuto marcatamente tecnico-contabile, che il pro-fessionista incaricato anche in questo caso debba pos-

sedere, oltre le caratteristiche contemplate dall’arti-colo 28, lett. a) e b) del R.D., anche l’iscrizione nelregistro dei revisori contabili”.È importante sottolineare che, per quanto attiene inparticolare il piano attestato di risanamento,l’esplicitazione dei requisiti professionali necessari perla nomina a curatore e dell’iscrizione nel registro deirevisori contabili, sembrerebbe aver reso del tutto su-perfluo il complicato rimando all’art. 2501 bis e con-seguentemente all’art. 2501 sexies c.c. al fine di indivi-duare le competenze del professionista, confermandoimplicitamente che tale collegamento normativo rima-ne valido solo con riferimento al concetto di “ragione-volezza” del piano, come sopra delineato8.L’interpretazione letterale e logica della norma, comechiarita dalla relazione tecnica, rendono del tutto evi-dente che nello specifico caso del concordato preven-tivo e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti i re-quisiti richiesti dal legislatore sono esclusivamente lecaratteristiche contemplate dall’articolo 28, lett. a) eb) e l’iscrizione nel registro dei revisori contabili9. Adavvalorare tale tesi si sottolinea che, laddove il legisla-tore ha ritenuto necessaria la designazione del profes-sionista da parte del Tribunale, tale circostanza è stataprevista esplicitamente, come nel caso del concordatofallimentare con soddisfazione non integrale deicreditori privilegiati, dimostrando chiaramente che nonrisulta sufficiente il mero richiamo all’art. 67, terzocomma, lett. d) al fine di mutuare tale modalità dinomina.Vi è peraltro da rimarcare come già prima dell’introdu-zione delle novità normative che decorrono dal 2008 sistesse affievolendo in Dottrina l’orientamento che ve-deva anche nell’ipotesi del piano attestato il richiamoindiretto al 2501 sexies c.c. come elemento determinan-te per stabilire le modalità di nomina dell’esperto10.Anche continuando a sostenere la tesi, a parere di chiscrive non condivisibile, secondo cui per il piano dirisanamento è necessaria la designazione del profes-sionista attestatore da parte del tribunale, ladifferenziazione delle regole rispetto al concordatopreventivo o anche all’accordo di ristrutturazione deidebiti potrebbe trovare una giustificazione nell’ambi-to dell’inquadramento sistematico di tali istituti nellaLegge Fallimentare. Nel caso del piano di risanamento,infatti, si è in presenza di un procedimentostragiudiziale libero nei tempi e nelle modalità, privodi qualsiasi controllo giudiziale, e in tale contesto lanomina da parte del Tribunale potrebbe, forzando l’in-terpretazione, rispondere all’esigenza di assicurare amonte la terzietà del professionista attestatore, amaggior tutela dei creditori non aderenti all’accordo.Nel secondo caso, invece, la presenza di un’articolatafase di controllo giudiziale, renderebbe tale adempi-mento superfluo e contrario all’orientamento della ri-forma di alleggerire tale momento, ben potendo risul-tare di impedimento al buon esito dell’ammissione allaprocedura, in ragione dei margini temporali limitati edella situazione critica delle imprese che cercano diaccedere a tali istituti.

6 Cfr. sul punto CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, Documento 48 del 28-11-2006, Relazioni del professionista …, cit., pag. 43; STASI E., I pianidi risanamento e di ristrutturazione della legge fallimentare, in FALL. 7-2006, pag. 866 e ss.; FERRO M. in Commentario Teorico-Pratico. La Legge Fallimentare, 2007 pag.485; MANDRIOLI L., Struttura e contenuti dei “Piani di risanamento” e dei “Progetti di ristrutturazione” nel Concordato Preventivo e negli Accordi di composizionestragiudiziale delle situazioni di “crisi”, Atti del Convegno di Lanciano del 17-3-2006, pag. 39 ; ABETE L., Le vie negoziali per la soluzione della crisi d’impresa, in FALL.6-2007 pag. 625; DE CRESCIENZO U. – PANZANI L., Il nuovo diritto fallimentare, pag. 102-103.7 La predetta relazione di accompagnamento risulta edita su Fin. &Fisco 37/2007; cfr. pag. 3127 e 3135.8 Ad avvalorare ulteriormente tale tesi si segnala la mutata interpretazione di ARISTEIA, Documento 84 edito in gennaio 2008, L’esperto …, cit. pag. 7 e ss., dove si ritieneche "La circostanza per cui il legislatore del correttivo abbia avvertito la necessità di precisare che l’esperto debba essere un professionista iscritto in determinati albiprofessionali ma soprattutto un revisore contabile conduce a ritenere che dal 1° gennaio 2008 l’art. 2501 sexies c.c., al quale rinvia il quarto comma dell’art. 2501 bis c.c., troveràapplicazione solamente con riferimento ai criteri della redazione della relazione attestativa e non anche con riferimento alle modalità di nomina dell’esperto. La nominadell’esperto, allora, spetterà all’imprenditore e non all’autorità giudiziaria. ", facendo tuttavia salvo il caso delle società quotate, per le quali resterebbe la necessità di nominadi una società di revisione iscritta all’albo Consob. In precedenza ARISTEIA, Documento 65 edito in giugno 2006, Gli accordi di ristrutturazione …, cit., pag. 16, avevasostenuto la tesi opposta, secondo la quale il predetto rimando normativo consentiva di individuare i requisiti e le modalità di nomina del professionista.9 Concordemente ARISTEIA, Documento 84 edito in gennaio 2008, L’esperto …, cit. pag. 20 e ss. con riferimento al concordato preventivo, e 25 e ss. con riferimento agliaccordi di ristrutturazione dei debiti.10 Cfr. sul punto VERNA G., I piani di risanamento e riequilibrio nella legge fallimentare, in Dir.Fall. 2006.

Nomina del professionista attestatore nel concordato preventivoSEGUE DA PAGINA 7

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NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 9

Passaggio generazionaled'impresa: patti di famiglia e trust

IMPRESE

GIUSEPPE CARACCIOLOOrdine di Treviso

IL COMMERCIALISTA VENETO

La maggioranza delle imprese italiane pre-senta dimensioni medio-piccole ed è ca-ratterizzata dall’appartenenza ad un unico

nucleo familiare.Molti degli imprenditori desiderano trasmetterela proprietà e, molto spesso, anche la gestionedell’impresa ai propri eredi. Non sono pochi icasi di aziende che, nel passaggio generazionale,hanno conosciuto momenti di crisi, spesso rive-latesi irreversibili.Questi dati di fatto, facilmente riscontrabili nellarealtà pratica, consentono di comprendere comeuna delle problematiche maggiormente avvertitenel mondo imprenditoriale sia quella della gestio-ne efficiente del trapasso generazionale, che sipone come elemento di forte criticità rispetto allacontinuità e alla stabilità aziendale.Molto spesso questa tematica non viene affron-tata per tempo e diviene urgente, essendo legataall’improvvisa indisponibilità dell’imprenditore.In questo momento possono insorgere varieproblematiche che finiscono per ripercuotersisulla gestione aziendale, spesso legate al preva-lere di logiche interne alla famiglia, che portano acapo dell’impresa eredi non ancora pronti pertale ruolo. Con altrettanta frequenza è riscontrabilel’insorgenza di forti conflitti tra gli eredi o anchela mancanza di eredi che siano interessati ad in-traprendere l’attività imprenditoriale.Tutti questi elementi possono portare, anche intempi brevi, alla crisi dell’impresa.Come per ogni altro aspetto relativo alla gestio-ne aziendale, anche la problematica relativa altrapasso generazionale, pur essendo unatematica personale (ed emotiva) dell’imprendito-re - proprietario deve formare oggetto di un’op-portuna razionalizzazione e pianificazione, in gra-do di attenuare i rischi sopra descritti.Molto spesso l’imprenditore si trova a dover farei conti con le differenti propensioni e capacitàdei propri successori, solitamente dei propri figli,con le problematiche di rapporto, palesi o latenti,in essere tra i medesimi dovendo anche affronta-re gli ostacoli connessi alla diversa mentalità trala prima e la seconda generazione, oltre ai proble-mi relativi ai rapporti con soci estranei al nucleofamiliare, ove presenti.Rapportandosi con l’imprenditore che si accingaa pianificare il trapasso generazionale, il profes-sionista si trova, solitamente, a dover fare i conticon molteplici esigenze, anche tra loro contra-stanti, tutte importanti per l’imprenditore.Oltre alle già accennate preoccupazioni legate alrapporto tra i successori e tra questi ed eventualisoci estranei al gruppo familiare, solitamente ècentrale per l’imprenditore l’esigenza di preser-vare il patrimonio aziendale dal rischio di disgre-gazione. Non inusuale è anche l’esigenza di tute-

lare il patrimonio aziendale dalle possibili preteseda parte di soggetti terzi (concorrenti interessatiad acquistare l’azienda) o componenti indeside-rati della famiglia. Altrettanto di rilievo è il desi-derio, comune a quasi tutti gli imprenditori, dimantenere il controllo dell’azienda fino alla fine,affidando poi la gestione dell’azienda a queglieredi che dimostrino di avere adeguate capacitàimprenditoriali. Non è, infatti, infrequente che l’im-prenditore che sta programmando la propria suc-cessione sia un soggetto nel pieno della propriamaturità imprenditoriale, niente affatto intenzio-nato a ritirarsi a vita privata.

Al di fuori delle casistiche di uso comune,nelle quali, per dare una risposta alle esi-genze sopra tratteggiate, si è fatto ricor-

so ad operazioni di riorganizzazione dell’impresa(con divisione del patrimonio immobiliare dall’at-tività operativa) o operazioni straordinarie (co-stituzione di newco con acquisto o affitto del-l’azienda originaria, family buy out, scissione oaltre operazioni similari) o alla creazione di stru-menti finalizzati quali la holding di famiglia, lostrumento alternativo, usualmente impiegato perla soluzione di tali problematiche è stato, in pas-sato, quello della donazione, molto spesso limi-tata alla sola nuda proprietà dei beni o gravata daoneri di mantenimento a carico del donatario.La donazione può avere per oggetto le parteci-pazioni sociali o, nel caso di realtà imprenditorialimeno strutturate, direttamente l’azienda.Pur provvedendo a soddisfare alcune di tali esi-genze, l’utilizzo dell’istituto della donazione per

gestire il passaggio generazionale presenta deilimiti, in particolare in relazione all’esigenza digarantire la stabilità dell’attribuzione e di tutelarel’integrità dell’azienda dal rischio di disgregazio-ne. Gli istituti successori della collazione e del-l’azione di riduzione possono, infatti, introdurreelementi di instabilità nel trapasso generazionaleattuato mediante la donazione vanificando, intutto o in parte, la volontà dell’imprenditore.

Proprio per fare fronte ad alcune di questeproblematiche il legislatore è intervenutointroducendo, con la Legge n. 55 del 20061,

la disciplina relativa al patto di famiglia.Con questo istituto viene risolta la problematicadi tipo successorio sopra delineata. Rispetto aibeni oggetto del patto di famiglia (aziende o par-tecipazioni sociali) le regole dettate a tutela dellalegittima vengono, di fatto, sterilizzate, mentrecontinuano ad operare per il residuo patrimoniodell’imprenditore. Molte delle regole dettate inrelazione a questo istituto costituiscono, tutta-via, altrettanti limiti per l’imprenditore che inten-da pianificare la propria successione nella pro-prietà e nella gestione dell’impresa.Intendiamo, in particolare, riferirci alla circostan-za che al patto devono partecipare il coniuge etutti coloro che sarebbero legittimari, ove in quelmomento si aprisse la successione nel patrimo-nio dell’imprenditore2. Si ritiene, secondo il teno-re letterale della norma, che la partecipazione ditutti i legittimari debba considerarsi come obbli-gatoria ed essenziale proprio perché la sottrazio-ne all’azione di riduzione trova la propria giustifi-cazione nella tacitazione delle ragioni di ognilegittimario che non sia assegnatario, rispetto aibeni oggetto del patto di famiglia. E’, quindi, ne-cessario il consenso unanime, circostanza chenon di rado può creare notevoli difficoltà.Un altro limite è costituito dalla necessità che itrasferimenti oggetto del patto vengano effet-tuati esclusivamente in favore di un discendentedell’imprenditore.3 Non, quindi, in favore di altrisoggetti, quali i fratelli, il coniuge o altro parenteo addirittura un soggetto terzo rispetto all’im-prenditore. Non deve essere dimenticato, inol-tre, che l’obbligo di liquidazione dei legittimariche non siano assegnatari, rispetto ai beni og-getto del patto di famiglia, è posto a caricodell’assegnatario4, circostanza che può esserecausa di notevoli problematiche di tipo economi-co e finanziario in capo a quest’ultimo.Il maggiore limite è costituito, tuttavia, dalla cir-costanza che la scelta di ricorrere al patto di fami-glia per regolare il passaggio generazionale com-porta l’assunzione di una decisione che non è

1 L’intervento normativo è stato attuato introducendo, dopo l’art. 768 del c.c., il capo V bis (nuovi articoli da 768 bis a 768 octies) e modificando l’art. 458 del c.c. sul divietodei patti successori.2 Secondo quanto previsto dall’articolo 768 quater c.c.3 Secondo quanto previsto dall’articolo 768 bis c.c.4 Secondo quanto previsto dall’articolo 768 quater c.c.

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10 NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 IL COMMERCIALISTA VENETO

suscettibile di ripensamenti da parte dell’impren-ditore. A meno di non differire tale scelta al mo-mento in cui l’imprenditore abbia effettivamentedeciso di ritirarsi dall’attività (con il rischio che,nel frattempo, possa morire senza aver dispostoalcun che) vi è il rischio di dare corso a scelte diassegnazione che, col senno di poi, potrebberorivelarsi infelici o erronee. Si pensi all’ipotesi del-l’imprenditore che non abbia discendenti o i cuidiscendenti siano troppo giovani per individua-re quali tra loro possa essere, per inclinazionepersonale o capacità, il successore dello stessonella guida dell’impresa.

Quella del patto di famiglia in alcuni casinon costituisce, quindi, una via percorri-bile. In tutte le ipotesi sopra descritte larigidità dello strumento costituito dal

patto di famiglia ne rende impossibile l’adozioneed è necessario ricorrere ad uno strumento ingrado di assicurare maggiore duttilità.Il trust5 è, invece, lo strumento in grado di soddisfa-re la maggior parte delle possibili esigenze dell’im-prenditore, nell’ambito del passaggio generaziona-le d’impresa, anche quelle che non sempre trova-no adeguata risposta nel nostro ordinamento.Il trust si presta, infatti, a molteplici utilizzi6. Traquesti il trust può essere impiegato quale efficacestrumento per gestire il trapasso generazionale del-l’impresa. Rispetto alle problematiche già analiz-zate, il trust è in grado di assicurare, tra l’altro:- la segregazione delle partecipazioni tra-sferite al trust, con conseguente indifferenza ri-spetto alle possibili vicende dei singoli soggetti(disponente, beneficiari, trustee) quali il divor-zio, il fallimento, il decesso;- l’unitaria titolarità delle partecipazioni;- la regolamentazione delle modalità di ge-stione delle partecipazioni;- la regolamentazione dell’esercizio dei di-ritti inerenti le partecipazioni.L’affidamento al trustee del controllo proprieta-rio dell’impresa consente di mantenere l’unitàdegli assetti proprietari.Se, come usualmente accade, i beni trasferiti altrust sono costituiti dalle partecipazioni che rap-presentano l’azienda e non dall’azienda stessa,non vi sarà alcuna discontinuità relativamentealla politica aziendale, in quanto la gestione re-sterà affidata agli amministratori già in carica.L’atto istitutivo del trust dovrà opportunamenteattribuire al trustee, oltre al compito di garantirela continuità aziendale anche mediante la sceltadi competenti amministratori, il compito di sce-gliere, all’interno dei soggetti (o delle categoriedi soggetti) individuati nell’atto istitutivo di trust,quelli maggiormente idonei ad assumere, in futu-ro, il controllo dell’impresa.L’adeguata conoscenza del disponente da partedel trustee, che dovrà essere acquisita anche pri-ma della sua nomina e, successivamente, colti-vata nel tempo, unitamente alle precise disposi-zioni che devono essere inserite nell’atto

istitutivo, la cui stesura assume un’importanzafondamentale7 per la vita del trust, potranno met-tere il trustee nella condizione di poter scegliere,tra i possibili candidati alla successione nellagestione (e proprietà) dell’impresa quello stessosoggetto che il disponente avrebbe scelto.La possibilità di individuare diverse categorie dibeneficiari consente di non pregiudicare coloroche non verranno prescelti per essere beneficiarifinali (beneficiari del fondo), ma che potrannogodere, per tutta la durata del trust, di attribuzionidi tipo reddituale o patrimoniale. Tra i beneficiaridelle attribuzioni di tipo reddituale potrà, a pienotitolo, rientrare anche lo stesso imprenditore –disponente del trust.L’attribuzione reddituale potrà anche essere, sel’atto istitutivo lo prevede, di tipo discrezionale.Il trustee più adatto per tali tipologie di operazio-ni, essendo destinate a durare a lungo, è sicura-mente una persona giuridica, come la TrustCompany. La possibilità di scegliere, quale leg-ge regolatrice del trust, una legge che riservi po-teri (anche rilevanti) al disponente e la possibili-tà di provvedere alla nomina di un guardiano,consentono al disponente stesso di provvedere,eventualmente, alla modifica dell’atto istitutivodel trust o di nominare una persona di propriafiducia, che vigili sul corretto operato del trustee,evitandone i possibili abusi o che possa autoriz-zare o meno il compimento di determinate opera-zioni da parte di quest’ultimo.

Da ultimo riteniamo opportuno spenderealcune parole circa il trattamento da ri-servare al trasferimento dei beni (azien-

da o partecipazioni sociali) connesso all’istitu-zione di un trust (o meglio alla dotazione dei benial trust) e alla sottoscrizione del patto di famiglia,ai fini dell’applicazione della rediviva impostasulle successioni e donazioni8. Precisiamo cheentrambi gli strumenti esaminati rientrano nelnovero degli atti soggetti a tassazione.In particolare la dotazione di beni al trust vienericondotta alla tipologia dei vincoli di destinazio-ne9 e, secondo i recenti chiarimenti ministeriali inmateria, “la costituzione di beni in trust rileva,in ogni caso, ai fini dell’applicazione dell’im-posta sulle successioni e donazioni, indipen-dentemente dal tipo di trust”.10

L’imposta risulterebbe dovuta al momento dellasegregazione del patrimonio, quindi in relazionead ogni singolo atto di dotazione al trust. Nelcaso in cui i beneficiari finali siano individuati oindividuabili, l’imposta si applica con riferimentoal rapporto di parentela tra disponente ebeneficiari. L’articolo 4 ter del TUS11 stabilisceche, a determinate condizioni, il trasferimento, infavore dei discendenti, di aziende, o rami di azien-de, o di partecipazioni sociali non è soggetto adimposta. Il patto di famiglia è invece riconducibi-le, ai fini dell’applicazione dell’imposta, nell’am-bito degli atti a titolo gratuito.Anche per il patto di famiglia, a determinate con-dizioni, il trasferimento dei beni non è soggettoad imposta.

5 Il recepimento della Convenzione de L’Aja del 1^ luglio 1985, ratificata dall’Italia con la legge 364/1989, in vigoredal 1992, ha legittimato l’istituzione dei cosiddetti trust interni, regolati da una legge straniera. I commi 74-76dell’art. 1 della legge Finanziaria 2007 sanciscono definitivamente la legittimità giuridica di tale figura.6 Si pensi, tra gli altri, a mero titolo esemplificativo, all’impiego del trust quale strumento di garanzia o qualestrumento per la segregazione del patrimonio personale dell’imprenditore rispetto al destino dell’impresa.7 L’atto istitutivo di trust è paragonabile ad un abito tagliato su misura della volontà e delle esigenze del disponente.8 Decreto Legge 262/2006, convertito, con modificazioni dalla Legge 286/2006.9 Circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008 – Agenzia delle Entrate.10 Circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008 – Agenzia delle Entrate, paragrafo 5.4.2.11 Aggiunto dall’articolo 1, comma 78, lettera a) della Legge Finanziaria per il 2007.

Patti di famiglia e trustSEGUE DA PAGINA 9

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NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 11

Dividendi e plusvalenzeNORME E TRIBUTI

ROBERTA COSEROrdine di Trento

IL COMMERCIALISTA VENETO

Nuove percentuali di concorso al reddito

Aseguito della riduzione, dal perio-do d’imposta successivo a quelloin corso al 31.12.2007 (periodo d’im-posta 2008 per gli esercizi solari),dal 33% al 27,5% dell’aliquota IRES

ad opera dell’art. 1, co. 33, lett. e), L. 24.12.2007,n. 244 (Finanziaria 2008) ed in attuazione dei suc-cessivi co. 38 e 39 dello stesso articolo, il D.M.2.4.2008 (G.U. 16.4.2008, n. 90) ha rideterminato lepercentuali di concorso al reddito di utili e pro-venti equiparati, di plusvalenze e minusvalenzeda cessione di partecipazioni, al fine di mantene-re inalterato il loro livello di tassazione.In particolare, sono individuate le percentuali diconcorso al:* reddito complessivo degli utili derivanti dapartecipazioni qualificate, non detenute nell’eser-cizio d’impresa, in società ed enti soggetti ad IRESe dei proventi equiparati a tali utili (art. 47, comma1, D.P.R. 917/1986); delle plusvalenze eminusvalenze derivanti dal realizzo di tali parteci-pazioni qualificate, dei titoli e strumenti finanziarie dei contratti di associazione in partecipazione ecointeressenza (art. 68, co. 3, D.P.R. 917/1986);* reddito d’impresa degli utili derivanti dapartecipazioni qualificate e non, detenute nel-l’esercizio d’impresa, in società ed enti soggettiad IRES e dei proventi equiparati a tali utili (art.59, D.P.R. 917/1986); delle plusvalenze eminusvalenze derivanti dal realizzo di tali parteci-pazioni qualificate e non, dei titoli e strumentifinanziari e dei contratti di associazione in parte-cipazione e cointeressenza (art. 58, comma 2,D.P.R. 917/1986).

Utili e proventi equiparatiCon riferimento agli utili e ai proventi equiparati,la nuova percentuale di concorso al reddito parial 49,72% si applica a quelli realizzati dalla socie-tà o dall’ente partecipato dall’esercizio successi-vo a quello in corso al 31.12.2007 (2008 per gliesercizi solari). Infatti, è proprio dagli utili di taleesercizio che si applica l’aliquota IRES del 27,5%.Diversamente, sugli utili e sui proventi prodottifino all’esercizio in corso al 31.12.2007 (2007 pergli esercizi solari) si continua ad applicare la per-centuale di imponibilità del 40%.La diversa misura di concorrenza alla formazionedel reddito a seconda di quando sono stati rea-lizzati gli utili ha reso necessario l’introduzionedi una presunzione che regoli il criterio di uscitadegli utili prodotti: dalle delibere di distribuzionesuccessive a quella relativa all’utile dell’eserci-

La riduzione al 27,5%dell’aliquota IRES ha richiesto

la rideterminazione dellepercentuali di concorso

al reddito di utili e proventiequiparati, di plusvalenzee minusvalenze da cessione

di partecipazioni

zio in corso al 31.12.2007, ai fini della tassazionein capo al soggetto percettore, i dividendi distri-buiti si considerano prioritariamente formati conutili realizzati dalla società o dall’ente partecipa-to fino a tale esercizio.In merito agli adempimenti dichiarativi, il D.M. inesame dispone che le riserve formate con utilirealizzati fino all’esercizio in corso al 31.12.2007ed i loro decrementi conseguenti alle delibere didistribuzione debbano essere indicati nel Mod.Unico SC, Quadro RF, “Prospetto del capitale edelle riserve”. Occorre osservare come il D.M.non disciplini i casi di utilizzo delle riserve diver-so da quello della loro distribuzione (ad esempio,utilizzo per la copertura di perdite o per l’aumentodel capitale sociale). Inoltre, nella certificazionedegli utili che la società o l’ente partecipato devo-no rilasciare al soggetto percettore, devono esse-re separatamente indicati gli utili che concorronoalla formazione del reddito nella misura del 40%rispetto a quelli il cui concorso è del 49,72%.Le suddette disposizioni relative agli utili si ap-plicano anche:* ai proventi equiparati derivanti da titoli ostrumenti finanziari assimilati alle azioni (art. 44,co. 2, lett. a), D.P.R. 917/1986);* alle remunerazioni derivanti da contrattidi associazione in partecipazione e cointeressenza(art. 109, co. 9, lett. b), D.P.R. 917/1986).

Plusvalenze e minusvalenzeCon riferimento alle plusvalenze e minusvalenzerealizzate a seguito della cessione di partecipa-zioni qualificate, non detenute nell’esercizio d’im-presa (nonché di strumenti finanziari e contratti

assimilati), la nuova percentuale di concorso alreddito è pari al 49,72%. Per le plusvalenze eminusvalenze prodotte con la cessione di parte-cipazioni qualificate e non, detenute nell’eserci-zio d’impresa (nonché di strumenti finanziari econtratti assimilati), la misura di esenzione (per leplusvalenze) e di indeducibilità (per leminusvalenze) è pari al 50,28%.Le suddette percentuali si applicano agli atti direalizzo posti in essere dall’1.1.2009. Il fatto che ilLegislatore abbia lasciato inalterate le preceden-ti misure di tassazione per le plusvalenze realiz-zate nel 2008 deriva dalla presunzione che que-ste ultime derivino da utili prodotti fino all’eser-cizio in corso al 31.12.2007 e, quindi, soggetti atassazione sul 40% degli stessi.Occorre osservare che il D.M. in esame contieneuna norma transitoria per il trattamento diplusvalenze e minusvalenze relative ad atti direalizzo anteriori all’1.1.2009 ma i cui corrispettivisaranno percepiti a decorrere da tale data: rile-vando il momento di realizzo, si applica la per-centuale di concorso al reddito del 40%.

Neutralità ai fini IRESe incidenza di IRAP e addizionaliLa Relazione illustrativa al D.M. evidenzia comela nuova misura di concorso al reddito degli utilipari al 49,72% sia idonea a garantire un prelievoaggiuntivo IRPEF (rispetto a quello IRES) tale daportare il prelievo totale (IRES per la società eIrpef per il socio percettore) al 43% (aliquota mar-ginale IRPEF massima – art. 11, D.P.R. 917/1986).Pertanto, ipotizzando un utile lordo pari a 100 eun relativo dividendo pari a 72,5 (100 - 27,5), lapercentuale del 49,72% [15,5/(72,5*0,43) * 100,dove 15,5 è il prelievo aggiuntivo IRPEF, vale adire 43 - 27,5] consente di prelevare un ammonta-re di IRPEF pari a 15,5 che, sommato all’ammon-tare IRES di 27,5, determina un prelievo comples-sivo di 43 (pari a quello che si otterrebbe assog-gettando direttamente l’utile lordo di 100 all’ali-quota marginale del 43%).Risulta evidente che la nuova percentuale del49,72% garantisce la neutralità dell’IRES per queisoggetti percettori con aliquota marginale IRPEFdel 43%. Tuttavia, inevitabili differenze locali nellatassazione si avranno solo ai fini dell’IRAP e delleaddizionali regionale e comunale all’IRPEF.Per un confronto tra la tassazione sul 40% degliutili e quella sul 49,72% (con un’aliquota Irpefapplicabile del 43%), si veda la tabella sotto ri-portata.

Fino agli utili 2007 Dagli utili 2008 Imponibile società 100 100 IRES 33 27,5 Dividendo 67 72,5 Dividendo imponibile 26,80 (67*40%) 36,05 (72,5*49,72%) IRPEF 11,52 (26,80*43%) 15,50 (36,05*43%) Tassaz. totale (IRES e IRPEF) 44,52 43 Netto percepito 55,48 57

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12 NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 IL COMMERCIALISTA VENETO

Cambiare senza stravolgere, riformare senza forzare: è questo il sentimentdel Veneto rispetto alla proposta dell’ex ministro Pierluigi Bersani diliberalizzare gli ordini professionali. È questo il quadro che emerge dairisultati dell’indagine sul rapporto tra cittadini veneti e mondo delle pro-

fessioni promossa dalla Fondazione delle Professioni della provincia di Vene-zia e curata da Publica ReS Ricerche.Dall’indagine emerge dunque che i cittadini mediamente ripongono fiducia nel-l’operato dei professionisti, quasi sempre certi di poter contare su persone prepa-rate e in grado di consigliare le giuste soluzioni. Oltre il 75% dei veneti si è adesempio rivolto negli ultimi tre anni a un medico o a un farmacista. E proprio imedici e i farmacisti, unitamente ai commercialisti, risultano più stimati rispetto achi svolge professioni giuridiche e tecniche. Ma se figure quali il medico di famiglia,il farmacista “sotto casa” o il commercialista risultano affidabili e apprezzate, su unlivello più generale, il campione intervistato esprime forti resistenze rispetto allefunzioni degli ordini professionali: il 41% ritiene infatti che la loro funzione siaquella di “tutelare la categoria dei professionisti” mentre solo il 19% considera cheil fine degli ordini sia di “tutelare la clientela che usufruisce del loro lavoro”. Nel-l’opinione pubblica veneta è infatti radicata la convinzione che gli ordini professio-nali siano uno strumento di rinforzamento e trasmissione di privilegi corporativi.Solo il 30% dei cittadini (nel 2000 erano il 62%) ritiene poi che gli iscritti agli ordiniprofessionali siano stati selezionati in base alle capacità.Ma questo non significa una demonizzazione: solo il 20% del campione ritieneinfatti che l’abolizione degli ordini professionali produrrebbe un aumento dellaqualità dei servizi offerti. Al contrario, il 37% sostiene che la qualità peggiorerebbe.Di più, il 61% degli intervistati pensa che l’abolizione degli ordini professionali e ilconseguente venir meno degli esami di stato potrebbe produrre un peggioramentodei servizi resi da liberi professionisti. Ne va di conseguenza che il 49% del campio-ne esprima forti resistenze e perplessità riguardo agli eventuali benefici in termini diprezzi derivanti dalla liberalizzazione, tanto da ritenere che un’abolizione degliordini professionali manterrebbe invariate, o addirittura aumenterebbe, le tariffe.Un nodo cruciale rimane comunque legato al significato stesso di “liberalizzazione”,che non appare chiaro a tutti: solo il 16% dichiara infatti di essere al corrente dellenovità introdotte nel mondo delle professioni dal processo avviato dal GovernoProdi. Ben il 43% afferma, al contrario, di non essere assolutamente informato. Edall’indagine è emerso un particolare curioso: se ad inizio intervista il 26% delcampione si dichiarava favorevole all’abolizione degli ordini professionali (quasiuna presa di posizione condita da sfiducia preconcetta), ponendo la stessa questio-ne dopo una serie di domande sugli effetti pratici della liberalizzazione, la percen-tuale di favorevoli alla liberalizzazione era scesa di circa il 5%. È importante sotto-lineare che, per i cittadini veneti, non sembra esserci alcuna relazione tra l’abbassa-mento dei prezzi e un eventuale aumento della qualità dei servizi e delle prestazionierogate. Al contrario, nell’opinione pubblica veneta è forte il timore che il processodi liberalizzazione possa sfociare in uno scadimento della qualità dei servizi dovutoalla soppressione dei tradizionali filtri e controlli esercitati dagli ordini professionali.Ecco dunque che nell’opinione pubblica del territorio emerge un rifiuto di soluzioni“radicali”. Le due ipotesi estreme di mantenere o abolire gli ordini professionaliappaiono minoritarie. Solo il 7% del campione ritiene infatti che non si debbanomodificare gli ordini e collegi professionali, mentre il 26% auspica l’abolizione toutcourt. Il 67% vorrebbe invece mantenere il sistema ordinistico, in modo da conser-vare le garanzie di qualità delle prestazioni, però riformandolo con nuove regoleinterne che modelli le rigidità e consenta una maggiore apertura.In generale, appare comunque una sfasatura tra la rappresentazione astratta delprocesso di liberalizzazione - tendenzialmente positiva - e la percezione pratico-quotidiana delle conseguenze dell’abolizione degli ordini, assai più problematica: sestimolati su temi della vita quotidiana, i cittadini veneti rivelano infatti maggioriresistenze rispetto all’abolizione del sistema attuale, perché confermano un fiduciadi fondo negli interlocutori con cui si sono relazionati fino ad oggi.

PROFESSIONE

Professionisti: i Venetichiedono più qualità

I risultati di un’indagine della Fondazione delle Professioni, curata daPublica ReS Ricerche, sulla proposta di liberalizzazione degli ordini pro-fessionali. Per il 67% del campione intervistato gli ordini professionalinon vanno stravolti, ma riformati per ottenere più garanzia nei servizi

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IL COMMERCIALISTA VENETO n. 182 - MARZO / APRILE 2008

ASSOCIAZIONE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI DELLE TRE VENEZIE

INSERTOTRANSFER PRICING:

CRESCITA DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALIED EVOLUZIONE DELLA NORMATIVAE DELLA PRASSI IN AMBITO FISCALE

IN EUROPA E NEL MONDO

GIANFRANCO PERACINOrdine di Padova

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TRANSFER PRICING

GIANFRANCO PERACINOrdine di Padova

Il Transfer pricing nel contesto internazionale

Con il termine “transfer price” si intende il corrispettivo nel-l’ambito di una transazione avente ad oggetto beni o servizi,intervenuta tra entità giuridicamente distinte, ma appartenential medesimo soggetto economico (1).Il “transfer pricing”, sia esso considerato come fenomeno og-getto di studio in un contesto macro-economico, elemento stra-tegico di politica aziendale, variabile sensibile in ambito giuridi-co-privatistico (con particolare riguardo ai diritti dei soci diminoranza) o come fattispecie rilevante ai fini impositivi, haassunto nel tempo importanza assoluta, in parallelo con l’evo-luzione dell’economia e delle imprese a vocazione internazio-nale. Nel processo di rapida crescita degli scambi a livello mon-diale, si è assistito infatti al forte ampliamento del numero e

della rilevanza in termini di valore delle transazioni intercorseall’interno di gruppi operanti in più Stati (2).Se il ruolo delle multinazionali nel contesto internazionale èconosciuto e studiato da molto tempo (3), l’espansione degliinvestimenti diretti (4), intesi come flussi destinati alla creazio-ne di legami di controllo di imprese in altri Paesi (“subsidiary”,“associate”, branch”), è un dato che ha registrato, dalla finedegli anni novanta, una accelerazione senza precedenti (5).L’importante differenza, rispetto ad un passato non lontano, èche il tema del “transfer pricing”, che un tempo era in preva-lenza ricollegabile alle grandi aziende multinazionali (definitein letteratura anche “multinazionali globali”), oggi coinvolgenuove importanti realtà originate nei Paesi emergenti (es. Cina,India) e significativamente, anche gruppi economici di medieo piccole dimensioni.

(1) Nelle letture di matrice economico-aziendalistica il “transfer price” viene definito “the amount charged by one segment of an organization for a productor service that it supplies to another segment of the same organization”. Charles T. Horngren e Gary L. Sundem “Introduction to Management Accounting”,nona edizione. Prentice Hall International Inc., pag. 336.(2) A conferma, il documento della World Trade Organization datato 16 aprile 2002 “Comunication from the European Community and its Member States”nel quale si sottolinea come:”around 50% per cent of world trade today takes place between affiliates of multinational enterprises…”. In un documentospecifico sul “transfer pricing” del “Ad Hoc Group of Experts on International Cooperation in Tax Matters” redatto nel settembre 2001 dal United NationsSecretariat, si segnala che “over 60 percent of international trade is carried out within multinational enterprises”.(3 ) Si sostiene sia possibile rinvenire addirittura nell’antichità le tracce delle prime imprese a cararettere multinazionale vedi Karl Moore- David Lewis“Birth of the Multinationals – 2000 years of ancient business history from Ashur to Augustus” Copenaghen Business School Press 1999.(4) Gli investimenti diretti esteri (IDE) nei lavori del Congresso delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo vengono così definiti: “Foreign directinvestment (FDI) is defined an investment involving a long-term relationship and reflecting a lasting interest and control by a resident entity in one economy(foreign direct investor or parent enterprise) in an enterprise resident in an economy other than that of the foreign direct investor (FDI enterprise or affiliateenterprise or foreign affiliate). FDIt implies that the investor exerts a significant degree of influence on the management of the enterprise resident in the other economy. Such investmentinvolves both the initial transaction between the two entities and all subsequent transations between them and among foreign affiliates, both incorporatedand unincorporated. FDI may be undertaken by individuals as well as business entities”. Sempre secondo le Nazioni Unite “a foreign affiliate is anincorporated or unincorporated enterprise in which an investor, who is a resident in another economy, owns a stake that permits a lasting interest in themanagement of the enterprise (an equity stake of 10% for an incorporated enterprise, or its equivalent for an unincororated enterprise)”. Fonte: UnitedNations Conference on Trade and Development – World Investment Report 2006.(5) Nella relazione citata nella precedente nota (1) (World Investment Report 2000) si sottolinea la crescita degli investimenti diretti (Foreign DirectInvestment) nell’ultimo decennio ad un tasso triplo rispetto a quello del commercio cross border. Secondo la stessa fonte, a livello mondiale, il flusso degliinvestimenti diretti verso Paesi terzi dal 1983 al 1998 sarebbe aumentato in valore assoluto da 50 a 600 miliardi di dollari.

CRESCITA DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALIED EVOLUZIONE DELLA NORMATIVAE DELLA PRASSI IN AMBITO FISCALE

IN EUROPA E NEL MONDO

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E’ questo, senza dubbio, l’effetto della cosiddetta“globalizzazione”. Una crescita esponenziale del fenomenoche però, va collegato in larga parte anche ad un nuovo aspettodella stessa: ossia, come già evidenziato, alla proliferazionedegli investimenti diretti esteri e, conseguentemente, dei flussidelle transazioni intra-firm, piuttosto che degli scambi interna-zionali da e verso terzi.

L’approccio dei singoli Paesi tra normativae prassi in ambito fiscale

Come tutte le questioni a rilevanza economica il “transferpricing” è da anni oggetto di attenzione da parte delle Autoritàdei Paesi coinvolti dai fenomeni dell’internazionalizzazione edella globalizzazione (6), e delle Organizzazioni sovranazionaliinteressate a svolgere un ruolo di equilibrio tra i diversi interessiin gioco. In particolare, con specifico riguardo agli aspetti legatialla fiscalità d’impresa, nella maggior parte dei Paesi industria-lizzati esistono da tempo, norme specifiche e prassi volte adevitare fenomeni caratterizzati dal trasferimento di materia im-ponibile da giurisdizioni con aliquote d’imposta relativamenteelevate verso Paesi a minor pressione fiscale, mediante arbi-traggi sui valori dei beni e servizi trasferiti nell’ambito dei Grup-pi (7). Disposizioni riferite ai prezzi di trasferimento si riscontra-no in molti casi anche nelle convenzioni contro la doppia impo-sizione, con l’ulteriore previsione di procedure amichevoli perl’effettuazione degli eventuali “correlative adjustments”.Si rilevano peraltro evidenti analogie negli approcci normativiadottati nei diversi ordinamenti, anche per l’influenza eserci-tata dalla prassi statunitense e dall’OCSE (8); è generalmentecondiviso, pur se non sempre richiamato esplicitamente nellenorme, nei trattati o nella prassi interna, il principio che leoperazioni intervenute tra soggetti interdipendenti debbano es-sere concluse nel rispetto delle regole del libero mercato (arm’s

lenght principle), e che il valore pattuito negli scambi nondifferisca da quello normalmente utilizzato nell’ambito di rap-porti tra soggetti indipendenti (9).Governi ed Autorità fiscali dei diversi Paesi hanno cercatocosì di individuare un parametro ricostruibile usando elementidesunti dal mercato. E’ il cosiddetto “valore normale” dellatransazione, che si fonda sul principio di libera concorrenza, eserve come riferimento per stabilire l’eventuale esistenza dideviazioni volte ad ottenere riduzioni del carico fiscale.La presunzione legale incentrata su un “corrispettivo di mer-cato” costituisce generalmente una eccezione rispetto ai tra-dizionali criteri impositivi basati sul riconoscimento dei valoricontrattualmente indicati dalle parti e impone un’adeguata giu-stificazione della pretesa, fondata sulla ricerca di un indicato-re complesso, individuato con criteri tecnicamente e general-mente accettati (10). L’identificazione del valore comparabilediviene quindi un momento fondamentale nell’applicazione delleregole sul “transfer price”.Altrettanta importanza, dal punto di vista giuridico e pratico,assume l’individuazione della parte sulla quale grava l’oneredi provare la correttezza del parametro utilizzato.Da un esame dei principali ordinamenti e dalle esperienzematurate nella prassi, si è potuto rilevare come il peso di talepresunzione e la possibilità di attenuarne gli effetti, anche afronte di comportamenti collaborativi/informativi del contribuen-te, così come la tolleranza degli scostamenti e le modalità diapplicazione delle sanzioni, differiscano da Paese a Paese.Alcuni ordinamenti pongono, senza particolari condizioni, l’one-re della prova in capo all’Amministrazione finanziaria (es. Spa-gna). Altri lo fanno ricadere sul contribuente, nel caso in cuiquesto non sia in grado di produrre adeguata documentazione,oppure fornisca informazioni non corrette o false. In altri casivi è una completa inversione dell’onere della prova a caricodel contribuente (reversal of the burden of proof on thetaxpayer) (11). Vi sono infine Paesi nei quali questo aspetto

(6) La United Nations Economic Commission for Europe (UNECE) indica nel work program 2006: “the key priorities in 2006 are to assess the pilot on therecording of multinational group; to draft a Comission legal text for the exchange of data on multinational groups; to implement the required infrastructure(software, training, procedures) to manage the Eurogroup register and to draft recommendations on the way to delineate large enterprises based on bestcountry practices.”- www.unece.org.(7 ) L’esperienza statunitense con riguardo alla tassazione delle cosiddette “related parties” in ottica antielusiva risale ai primi anni del ‘900. Già nel 1935la prassi americana (regulations) utilizzava arm’s lenght standard e nel 1968 indicava “pricing methods and international rules for particolar types ofintercompany transactions”. Fonte: Report on the Application and Administration of Section 482 – April 1999 - Department of the Treasury – InternalRevenue Service (IRS).(8) Nel marzo 1979 il Comitato degli Affari Fiscali dell’OCSE pubblicava il Rapporto “Transfer Price and Multinational Enterprises” che conteneva ladefinizione del prezzo di libera concorrenza inteso come “il corrispettivo che sarebbe stato convenuto tra imprese indipendenti per operazioni identiche osimilari sul mercato libero”; nel medesimo documento venivano altresì indicati i metodi per la determinazione di tale corrispettivo.(9) L’”Arm’s length principle” si può ricondurre a due diverse impostazioni concettuali, entrambe aventi lo scopo di parificare posizioni soggettive inpresenza di deviazioni ingiustificate. In molti Paesi europei il principio dell’ “Arms Lenght” sta alla base degli aggiustamenti del reddito degli shareholdersdi maggioranza che hanno ricevuto vantaggi straordinari, grazie alla propria particolare posizione, senza ufficialmente aver percepito dividendi. Tali vantaggivengono considerati come dividendi (“constructive dividend or hidden profit distributions”), divenendo differenziali indeducibili per la società coinvolta. E’un approccio che nasce in origine per regolare fenomeni domestici e si ritrova in Austria, Germania, Lussemburgo, Olanda, Svizzera e altri. Una secondaimpostazione che risale al periodo della prima guerra mondiale, con connotazione decisamente internazionale, si ritrova in Gran Bretagna e Stati Uniti.Emerge in questo caso il carattere antielusivo delle disposizioni, finalizzato a creare un deterrente per le multinazionali contro lo shifting di profittioltreoceano a danno dello Stato di residenza, in ottica di riequilibrio e di neutralizzazione delle differenze tra contribuenti.(10) Sul punto Carlo Garbarino, MANUALE DI TASSAZIONE INTERNAZIONALE, IPSOA ED. pag. 947.(11) E’ il caso degli Stati Uniti e della Francia anche se la prassi francese limita l’inversione dell’onere della prova alle transazioni intercorse con Tax Havens.

TRANSFER PRICING

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TRANSFER PRICING

non ha ancora trovato un inquadramento definitivo ed è mate-ria controversa in ambito giurisprudenziale (12).La tendenza, in linea con le indicazioni dell’OCSE, è comun-que quella di spostare sull’Amministrazione Finanziaria l’one-re di dimostrare che gli “adjustments” sono giustificati, sia conriferimento ai principi applicati, sia con riguardo all’ammonta-re della rettifica operata.Sebbene nella maggior parte dei casi le problematiche sul transferpricing siano state individuate e regolate con riferimento all’am-bito delle imposte dirette, negli ultimi anni è stato dato semprepiù risalto all’esigenza di considerare anche gli aspetti connessialle imposte sul valore aggiunto ed ai dazi doganali (13).L’attenzione nei confronti dei gruppi si è concentrata in preva-lenza sui rapporti “cross border”, mentre i rapporti traconsociate nazionali in molti casi non sono stati oggetto di spe-cifica disciplina (14); in assenza di norme ad hoc, la prassi egiurisprudenza in alcuni Paesi hanno ritenuto di ricorrere a prin-cipi generali dell’ordinamento tributario interno, operando esten-sioni delle norme sui Gruppi internazionali anche alle fattispeciedomestiche (15). Il presupposto soggettivo per l’applicazionedelle norme sul “transfer pricing” negli anni è quindi generalmen-te rimasto imperniato sul fatto che la transazione intercorresse trasoggetti residenti in Paesi diversi, in presenza di un nesso diinterdipendenza tale da costituire un Gruppo.Con riferimento a quest’ultimo aspetto, generalmente, il lega-me tra le imprese può essere di carattere partecipativo (capi-tale sociale e/o diritti di voto), ma realizzarsi anche nell’ambitodi situazioni “operative” tali da cosituire un nesso altrettantoforte tra le realtà in esame e può riguardare anche stabili orga-

nizzazioni (16). Nella prassi più che con norma di legge, a fian-co alla individuazione delle percentuali di partecipazione diret-ta o indiretta nel capitale sociale, le Autorità fiscali hanno neltempo cercato di inquadrare e descrivere situazioni rilevantiche configurano il realizzarsi dei presupposti soggettivi, senzaperaltro limitare la possibilità di rinvenire altre fattispecie “sen-sibili” rispetto a quelle elencate nelle norme e nelle circolariesplicative (17). L’ampliamento delle sfera soggettiva di appli-cazione, secondo canoni interpretativi che tengono conto an-che dell’evoluzione dei rapporti contrattuali e delle maggioriinformazioni disponibili, comporta quindi più che in passato unaparticolare attenzione da parte delle imprese multinazionali almonitoraggio delle relazioni economiche, anche al di fuori deicosiddetti “perimetri di consolidamento” definiti ai fini dei bi-lanci consolidati di gruppo.L’evolversi dei presupposti soggettivi di applicazione trova ri-scontro anche con riguardo alla tipologia di transazioni interes-sate dalla tematica dei prezzi di trasferimento.All’interno della tradizionale distinzione tra operazioni relativea beni materiali, immateriali e servizi, con particolare focus suinteressi, royalties e riaddebiti di servizi intragruppo, l’attenzio-ne delle Amministrazioni Finanziarie si è gradualmente rivoltaall’esame di alcune fattispecie evolute collegate allo sfrutta-mento dei diritti immateriali (“trade intangibile” e “marketingintangibile”), all’esistenza di nuove tecnologie della comunica-zione e del commercio (e-commerce), alla creazione di nuovistrumenti di gestione della finanza (18) e di compensazioni de-gli stakeholders (stock options) ed alle modalità di organizza-zione e ripartizione delle funzioni nell’ambito dei gruppi (19).

(12) Ne è un esempio l’Italia; con riguardo alla necessità che sia prima l’Amministrazione fiscale a provare il non rispetto del “valore normale” piuttosto cheil contribuente a dimostrare la correttezza dei prezzi di trasferimento applicati vedi da ultima in Italia la Sentenza della Suprema Corte di Cassazione– Sez. Tributaria n. 11226 del 16 maggio 2007.(13) Sugli aspetti che riguardano il transfer pricing in ottica doganale vedi, tra gli altri l’incontro organizzato a Bruxelles il 3-4 maggio 2006 dall’OCSE e al WTO.(14 ) Pur in assenza di rischi connessi ai differenziali impositivi tra Paesi, l’esistenza di aree agevolate o di situazioni di perdita fiscale costituiscono fattispeciepotenzialmente rilevanti nell’ottica del transfer pricing interno.(15) E’ il caso dell’Italia ove sia l’Amministrazione finanziaria, sia taluna Giurisprudenza hanno in alcuni casi sostenuto, sulla base di argomentazioni diverse,l’applicabilità dell’art. 110, comma 7, D.P.R. n. 917/1986 anche alle transazioni infra gruppo nazionali. Sulla possibilità di utilizzare anche con riferimentoai rapporti tra soggetti residenti in Italia le regole sul “transfer pricing” vedi Circolare Ministero delle Finanze n. 53/E del 26 febbraio 1999 e sentenze Cortedi Cassazione n. 10802 del 24 luglio 2002 e n. 793 del 20 gennaio 2004.(16) Particolare attenzione è stata prestata di recente in ambito OCSE alle problematiche riguardanti la spoliazione di funzioni (stripping out of functions) operatenell’ambito di riorganizzazioni di gruppi, mediante lo spostamento di funzioni economiche e rischi da una società affiliata ad un’altra, diversamente localizzata. In questocaso, anche venendo meno la società in termini giuridici nel primo Paese, talune Amministrazioni contestano l’esistenza e la tassabilità di una stabile organizzazione.(17) Nella circolare (Guoshuifa) n. 143 del 2004 l’Amministrazione cinese distingue tra il controllo di diritto nell’ipotesi in cui il capitale di una società siadetenuto direttamente o indirettamente per il 25% da un’altra società oppure quando una società nomina più della metà dei membri del Consiglio diAmministrazione. Si ha invece controllo di fatto nei seguenti casi: 1) quando vi è un controllo dovuto a operazioni finanziarie e commerciali, acquisti o vendite2) una società eroga un finanziamento dell’ammontare di più del 50% del valore totale dei beni aziendali della mutuataria; 3) un’impresa garantisce il 10% deifinanziamenti del totale dei finanziamenti dell’altra; 4) vi è una generale “comunanza di interessi” tra le distinte società, tale da influenzare le reciprocamenteo unilateralmente le decisioni aziendali; 5) la produzione di un’azienda dipenda totalmente da opere dell’ingegno o da materie prime e componenti fornitidall’altra società; 6) i prezzi , le condizioni di vendita dei prodotti di un’impresa sono controllati dall’altra impresa; l’Amministrazione finanziaria italianagià con la Circolare n. 32/9/2267 del 22 settembre 1980 concludeva l’elencazione di alcune fattispecie rilevanti individuando a livello residuale il controllo intutte le ipotesi “in cui venga esercitata potenzialmente o attualmente un’influenza sulle decisioni imprenditoriali”.(18) Negli Stati Uniti l’attenzione delle Autorità fiscali nel 1998 tramite le “Proposed global dealings Regulations” si è concentrata su alcuni strumentifinanziari, tra cui i derivati (futures, swaps, options etc.). Tra le fattispecie rilevanti nella gestione della finanza di gruppo vi sono, tra gli altri, anche le diverseforme di cash pooling (“zero bilance system” e “notional cash pooling), così come le problematiche connesse ai finanziamenti intra-firms alla anche luce dellenorme sulla sottocapitalizzazione (Thin Capitalization Rules).(19) Nella ricerca dell’efficienza dell’impresa accade spesso che i servizi di supporto ed infrastrutturali (amministrativi, legali, finanziari o informatici) siano accentratipresso una o più società del Gruppo. In taluni casi l’accentramento può riguardare anche funzioni legate alla struttura divisionale del Gruppo tra le quali la ricerca, lagestione di brevetti, marchi ed altri diritti immateriali, il marketing, l’assistenza tecnica etc.. In ottica di verifica del “transfer pricing” si pongono quindi problemi legatialla effettività dei servizi e alla giustificazione del vantaggio ricevuto, nonché alla verifica della congruità del corrispettivo. Per un’ampia analisi sul tema dei serviziintragruppo, dei “Cost sharing agreements” e dei “Cost Contribution Agreements”vedi Capitolo VII e VIII delle “Transfer Pricing Guidelines for MultinationalsEnterprises and Tax Administrations” dell’OCSE. Vedi inoltre Marco Piazza, Guida alla fiscalità internazionale, Il Sole 24 Ore Editore, 2004, pag. 1133 e ss..

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Il tentativo di comprendere meglio e regolare nuove fattispecie èpiù evidente nei Paesi di maggiore tradizione industriale (USA),ma coinvolge necessariamente anche i Paesi di recente sviluppo(Cina, India etc.), che assistono in molti casi alla delocalizzazioneproduttiva nelle proprie aree con mantenimento dei centri deci-sionali e “funzionali” nei Paesi di origine.Con riguardo ai metodi utilizzati nella individuazione del valoredi transazione, a livello mondiale si è mantenuta negli anni unageneralizzata preferenza teorica per i metodi cosiddetti “tradi-zionali” e precisamente: il Metodo del Confronto di Prezzo(“Comparable Uncontrolled Price Method”), il Metodo del Prez-zo di Rivendita (“Resale Price Method”) ed il Metodo del Co-sto Maggiorato (“Cost Plus Method”).Più eterogenea è l’accettazione dei cosiddetti “metodi alterna-tivi” o di “last resort” (20).L’aspetto di maggiore differenziazione riguarda le modalità diutilizzo dei metodi stessi.Alcuni Paesi considerano prioritari i metodi tradizionali (Italia,Germania, Giappone etc.) e li applicano con una certa rigidità,secondo una precisa gerarchia, altri hanno approcci più flessi-bili, essendo ispirati alla “best method rule” di stampo statuni-tense (Gran Bretagna, Austria, etc.) (21).Non è infrequente peraltro che in fase di applicazione nominaledel medesimo metodo due Amministrazioni possano addivenirea risultati difformi (22). Ne deriva che, in molti casi, la sostan-ziale disomogeneità tra Paesi, in sede di applicazione delle nor-me e delle prassi, divenga una delle più importanti criticità perle imprese interessate a definire strategie aziendali, evitandorischi di contenziosi. Un altro importante elemento didifferenziazione dal punto di vista operativo è quello riguardan-te l’esistenza e/o l’accettazione di dati pubblici. Dati cioè cheorientino i contribuenti, garantendo almeno per settori econo-mici privi di forti peculiarità, elementi di certezza nellaindividuazione dei “comparables”. Anche in questo caso, a frontedi Amministrazioni che danno indicazioni specifiche o accetta-no l’utilizzo di “data base” contenenti informazioni utili, di ca-

rattere internazionale (23), ve ne sono altre che non fornisconoalcuna indicazione al riguardo (Italia) e/o che utilizzano database interni riservati ai soli fini dei controlli (24).Per favorire le semplificazioni, soprattutto nel campo dellacommisurazione dei trasferimenti di beni immateriali e degliaddebiti a questi relativi, si assiste anche alla individuazione dimodalità predeterminate di quantificazione dei corrispettivi “nor-mali” mediante l’introduzione dei cosiddetti “safe harbours”,ovvero di forme di fissazione di parametri standard per laquantificazione di tipologie di corrispettivi (es. canoni), di para-metri di redditività o altri (25) che, se rispettati, risolvono all’ori-gine o, in ogni caso, semplificano la fase di “compliance” traimpresa e Amministrazione fiscale.Negli ultimi anni la cresciuta consapevolezza dei rischi e deglioneri legati alla gestione delle problematiche connesse al“transfer pricing”, nonché la spinta di organismi sovranazionali,hanno comportato l’introduzione in molti Paesi di strumenti voltia prevenire le controversie tra gli Stati e ad instaurare un climadi maggior cooperazione tra contribuenti ed Amministrazionefinanziaria. Tra questi vi sono specifici ruling (A.P.A. - “AdvancePricing Agreements”) consistenti in accordi preventivi volti acreare certezza sul modus operandi delle società del Paesecoinvolto (26). In alcuni casi poi, a fianco di ruling unilaterali,cioè vincolanti limitatamente per il Paese oggetto della richie-sta, sono stati di recente definiti e resi operativi APA bilaterali,che coinvolgono entrambe le Amministrazioni interessate dallaproblematica (27).

I limiti degli approcci individuali e dei metodi“tradizionali”, anche alla luce dell’evoluzionedell’economia e delle esperienze più recenti

L’approccio unilaterale dei Paesi rispetto ad un fenomeno checoinvolge sempre almeno due ordinamenti tributari, comportaevidentemente il rischio della doppia imposizione economica in

(20) Trattasi prevalentemente dei metodi cosiddetti “reddituali”individuati dall’OCSE (“profit split method” e “transactional net margin method”) comealternativi ai metodi principali. In alcuni Paesi sono comunque previsti altri metodi, richiamati nei documenti OCSE ma non consigliati (ad esempiol’”Economic Sector Gross Margin Method” ) o di costruzione interna. E’ opportuno in questo contesto segnalare la preferenza dell’OCSE per l’applicazionedei metodi relativi all’applicazione del valore normale a singole operazioni (“transaction based method”) rispetto a quelli imperniati sulla ripartizione deiprofitti tra i soggetti verificati, cosiddetti “profit based method” di gradimento statunitense.(21) Per un’analisi comparata dell’approccio dei singoli Paesi vedi il lavoro aggiornato di DELOITTE “Strategy Matrix for Global Transfer Pricing” 2007.(22)Vedi Andrea Musselli e Alberto Carlo Musselli, “Transfer Pricing”, “Il Sole 24 Ore” Editore 2006.(23) Germania ed Austria ad esempio usano una banca dati paneuropea. Gli Stati Uniti dispongono di più data base utili ai fini del “transfer pricing” egeneralmente accettati dalle autorità fiscali locali. In Spagna l’Iberian Data Base SABI fornisce informazioni su circa 940.000 società spagnole.(24) L’Amministrazione Finanziaria cinese ad esempio ha proceduto alla raccolta di una significativa serie di dati raccolti in una banca dati non consultabile dasoggetti esterni. Sul punto e su altri aspetti dell’approccio cinese nella raccolta dei dati rilevanti ai fini della valutazione del transfer price vedi Gianfranco Peracin,“Il Transfer Pricing in Cina – Evoluzione normativa, prassi interna e nuove regole di prevenzione delle controversie tributarie”, Il Fisco n. 6/2007 pag. 856.(25) Per mitigare le norme interne in materia di transfer pricing le Autorità brasiliane hanno introdotto nel 2006 delle semplificazioni per le imprese cheraggiungono percentuali di profitti rispetto alle cessioni nette all’esportazione non inferiori al 5%.(26) In Italia il ruling di standard internazionale utilizzabile anche con riferimento al “transfer pricing” è stato introdotto nel 2003 con il Decreto Legge 269/2003 convertito nella legge 326/2003 ed è stato regolamentato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate nel 2004.(27) Nel maggio 2005 la Cina ha siglato il proprio primo APA bilaterale con il Giappone a seguito dell’attivazione della procedura da parte di una societàgiapponese produttrice di componenti elettronici. L’Amministrazione Finanziaria cinese (SAT, State Amministration of Taxes) e quella giapponese (NTA,National Tax Agency) hanno raggiunto l’accordo con il contribuente in nove mesi.

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capo al soggetto impresa operante su scala plurinazionale.La contrapposizione tra le esigenze di gettito degli Stati coin-volti nel processo di definizione del valore della transazione siaggrava in presenza di differenze, spesso significative, nelleprassi utilizzate dalle rispettive Autorità fiscali.Le dirette conseguenze delle anomalie esistenti sono la distor-sione delle regole di funzionamento dei mercati e, a livello indi-viduale, eccessive penalizzazioni e profonde incertezze opera-tive nell’ambito dei processi decisionali e organizzativi delleimprese a carattere multinazionale.Il conflitto tra interessi divergenti nella fase impositiva e ladisomogeneità degli approcci nazionali verso il tema “transferprice” si sono accompagnati per molti anni all’incapacità delleAutorità fiscali ad entrare nelle logiche di imprese che devonocontinuamente adattarsi ai profondi e repentini mutamenti deimercati, in un contesto spesso fortemente concorrenziale, uti-lizzando modalità operative e forme contrattuali in continuaevoluzione e mutazione. Si è sottolineato in precedenza comela crescita esponenziale delle transazioni intercompany si col-leghi alle modalità utilizzate dalle imprese per affrontare i nuo-vi mercati (investimenti diretti piuttosto che esportazioni).In realtà, nel tempo, gli scambi internazionali e gli approcciindustriali hanno subito profonde modifiche anche di tipoqualitativo. La complessità e la connotazione tecnologica deiprodotti, le modifiche dei processi e delle fasi di produzione, ladelocalizzazione con ripartizione territoriale delle funzioni, sonotutti elementi di profondo mutamento nelle dinamiche delle im-prese, ai quali si aggiungono la “deregulation” finanziaria e lacontinua evoluzione informatica dei sistemi di comunicazione edi informazione disponibili.Per questi motivi, posto che i metodi basati sul confronto delprezzo, applicati rigidamente e senza analisi tecnicamente ac-cettabili, non permettono nella maggior parte dei casi diaddivenire all’identificazione di un valore di riferimento atten-dibile, si è reso necessario sviluppare ed affinare in Dottrina enella pratica, sempre sulla scorta delle esperienze dei Paesi“pionieri” (USA) e delle indicazioni dell’OCSE, tutte le fasisottostanti al processo di individuazione del prezzo di libera

concorrenza, indipendentemente dal metodo utilizzato.L’analisi comparativa (28), con particolare enfasi sullo screeningfunzionale, è divenuta così nelle prassi della maggior parte deiPaesi il fulcro per la tenuta dell’accertamento e le fasi di que-sta i pilastri per la concreta applicazione del metodo prescelto,procedendo, ove opportuno, agli eventuali “adjustments” (29).Nonostante l’impegno profuso in alcuni ordinamenti e pressogli Organismi sovranazionali, per sostenere e migliorare l’uti-lizzo dei metodi di confronto tradizionali, le esperienze concre-te delle multinazionali e degli operatori in materia, hannoevidenziato le forti difficoltà connaturate all’applicazione dimetodi di confronto basate sui prezzi.La convinzione della inadeguatezza dei metodi base, conside-rati come prioritari o, addirittura, come unici riferimenti da taluneAmministrazioni Finanziarie, è confermata anche da una re-cente survay dell’OCSE, nella quale emerge l’istanza di nonconsiderare i “transactional profit methods” come metodi di“last resort”, posto che il loro utilizzo è facilitato dall’esistenzadi dati comparabili, contrariamente a quanto avviene per glielementi necessari alla costruzione dei parametri richiesti neimetodi tradizionali (30).

La prassi statunitense e l’interventodegli Organismi sovranazionali

L’approccio unilaterale dei singoli Stati in presenza di un feno-meno esteso a livello internazionale, di forte impatto economi-co ed a rapida diffusione, segue a distanza in particolar modol’esperienza statunitense, iniziata già nei primi anni del ‘900 esviluppatasi in modo continuo fino ad oggi.L’esigenza di delimitare politiche nei prezzi di trasferimentolesive degli interessi erariali trova la massima espressione ne-gli Stati Uniti. Le imprese americane sono state infatti prota-goniste sin dall’origine nel processo di internazionalizzazionedell’economia e, con modalità diverse nel tempo, in forma diaziende multinazionali, hanno conquistano una parte significa-tiva del mercato mondiale (31).

(28) “La cosiddetta “analisi di comparabilità” è il processo logico-economico che consiste nel porre a confronto quelle caratteristiche dell’operazionecampione che hanno un’incidenza sul prezzo effettivamente corrisposto per i beni o servizi scambiati nelle operazioni in verifica, al fine di stabilire l’effettivogrado di comparabilità fra siffatta operazione in verifica e l’operazione campione, e disporre quindi (eventuali) aggiustamenti (alla operazione campione dariportare alla operazione in verifica) che consentono di determinare una situazione appunto di comparabilità coeteris paribus.” Carlo Garbarino, Manuale diTassazione Internazionale, 2005, Milano, pag. 951.(29) Nel Rapporto OCSE 1996 così come nelle Regulations statunitensi e nella prassi di molti Paesi vengono indicati tra i fattori da analizzare per unacorretta comparazione: 1) le caratteristiche del bene oggetto della transazione; 2) l’analisi funzionale, cioè delle funzioni svolte rispettivamente dalle imprese“associate”; 3) le condizioni contrattuali; 4) le circostanze economiche oggettive (mercato); 5) le circostanze economiche soggettive (es. strategie aziendali,start up etc.).(30) Nel febbraio 2006 l’OCSE (Centre for Tax Policy and Administration) ha inviato una “open invitation” per avere contributi e commenti dalla businesscommunity con riguardo all’applicazione dei transactional profit methods ed, in generale in sede di applicazione delle linee guida indicate in materiadall’OCSE . Gli esperti (tra cui Deloitte, Ernst & Young, Siemens etc.) hanno confermato i limiti dei metodi tradizionali e sottolineato la maggiore applicabilitàpratica dei “transactional profit method” soprattutto per la maggiore disponibilità di dati pubblici utilizzabili.(31) E’ nota nella letteratura economica la distinzione tra le due modalità di acquisizione da parte delle multinazionali: gli investimenti “greenfield” checonsistono nella creazione ex novo di attività produttive (attualmente circa il 10-15% del flusso mondiale degli investimenti diretti); gli investimenti“brownfield” che consistono in processi di fusione aziendale o nell’acquisizione di strutture già esistenti (attualmente rappresentano la parte più consistentedegli investimenti diretti a livello mondiale).

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Dall’introduzione, nel 1928, dell’odierna Section 482 dell’InternalRevenue Code (allora sezione 45 del Revenue Act) (32), chedisciplina la corretta allocazione dei redditi tra società america-ne e “foreign affiliates”, le disposizioni contenute nelle Regulationsstatunitensi sono state un importante riferimento per la forma-zione delle normative interne di altri Paesi, nonché per le ricer-che ed i lavori delle Organizzazioni sovranazionali (33).Altrettanto importante è stato, ed è tutt’ora, il contributo intermini di esperienze in fase di applicazione della disciplina sultransfer pricing con particolare riguardo ai metodi utilizzati (34),a tematiche sensibili quali gli “intangibile” e il “cost sharing”, aproblematiche riferibili ai “comparables”, alla predisposizionedi documentazione ed a molti altri aspetti rilevanti.Nell’ambito del PATA (Pacific Association of TaxAdministrators) (35) gli Stati Uniti hanno definito il 12 marzo2003 un “documentation package” (36) contenente un set didocumentazione standard, che può soddisfare le richieste delleAutorità dei Paesi legate da questo accordo ed evitare l’adde-bito di sanzioni a carico delle imprese.Nel giugno 2004 il PATA ha altresì pubblicato un documentocontenente la guida operativa per l’applicazione delle proce-dure per risolvere le controversie in merito all’applicazione delleConvenzioni (“Mutual Agreement Procedure”) e facilitare larealizzazione dei ruling a valenza bilaterale (“Bilateral AdvancePricing Arrangements”).La radicata tradizione statunitense sul tema del transfer pricespiega l’efficienza delle Autorità fiscali americane (InternalRevenue Service), che si caratterizzano per la capacità di af-frontare anche i casi più complessi, utlizzando regole consoli-date e team qualificati (37).Le iniziative in seno al PATA, così come la volontà manifesta-ta di concludere altri interventi di coordinamento tra Autoritàfiscali, sottendono però, anche per gli Stati Uniti, la necessitàdi trovare punti di incontro con altri Paesi e di uniformare gliapprocci al fine di evitare l’insorgere di controversie tra Stati.L’esigenza di garantire un coordinamento sovraordinato dellamateria, di enunciare e diffondere principi omogenei, in mododa armonizzare l’approccio degli stati, dettando regole ancheapplicative per le Autorità fiscali e per i contribuenti, è stato ilmotivo dell’interessamento di altri organismi internazionali o

sovranazionali, tra cui l’OCSE (38) ed, in seguito, la Comunitàeuropea.In ambito OCSE il tema “transfer pricing” è stato affrontato incoerenza con le finalità generali dell’organizzazione e in direttacorrelazione con i principi contenuti nel Modello Base di Con-venzione contro la doppia imposizione elaborato nei primi annisessanta.Il “transfer price” è stato oggetto di studi da parte del Comita-to per gli Affari fiscali dell’OCSE che, nel 1979, ha pubblicatoil Rapporto principale contenente i principi base per la determi-nazione del “valore normale” nelle operazioni intra-gruppo e leindicazioni per prevenire e ridurre le controversie tra contri-buenti ed Amministrazioni fiscali, nonché tra le Autoritàimpositive dei Paesi coinvolti.Il documento originario è stato poi rivisto ed integrato nel 1984e nel 1987 fino alla stesura nel luglio 1995 del nuovo Rapporto“Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises andTax Administrations”.Il Rapporto contiene nei diversi capitoli che lo compongonoprincipi fondamentali ed indicazioni metodologiche (metodi tra-dizionali ed alternativi, analisi comparativa etc.), oltre a fornireraccomandazioni su aspetti quali la documentazione e gli stru-menti per la prevenzione dei contenziosi tra ordinamenti (APA).Nel 1996 il rapporto è stato ulteriormente integrato con parti-colari disposizioni riguardanti i beni immateriali, i serviziintragruppo e gli accordi di ripartizione dei costi (cost sharingagreements).La sovrapposizione con l’impostazione statunitense, che ha in-fluenzato i lavori preparatori del primo Rapporto OCSE, è sta-ta rilevante. In ogni caso, dal Tax Reform Act del 1986, inte-grativo del Sec. 482 in materia di “intangibles”, vi sono statianche momenti di profondo contrasto, a seguito di continui cam-biamenti nelle Regulations statunitensi con particolare riguar-do al trattamento degli “intangibles” ed, in generale, con riferi-mento all’applicazione pratica dei metodi (scelta dei metodi,entità degli scostamenti ammissibili, possibilità di “periodicadjustments”, contenuti dell’analisi funzionale etc.) (39).Attualmente il sistema complessivo che regola la materia del“transfer pricing” negli Stati Uniti non è dissimile dalla struttu-ra OCSE (40).

(32) Per una più compiuta descrizione delle origini e dell’evoluzione delle norme della prassi statunitense vedi il documento del Ad Hoc Group of Experts onInternational Cooperation in Tax Matterns delle Nazioni Unite intitolato “Transfer Pricing History- State of Art- Perspectives”.(33) Per una ampia descrizione della disciplina sui prezzi di trasferimento negli Stati Uniti vedi Andrea Musselli e Alberto Carlo Masselli op. cit..(34) In precedenza si è già fatto riferimento al richiamo al “best method rule” di matrice statunitense.(35) Trattasi di una organizzazione intergovernativa che include le Amministrazioni fiscali di Australia, Canada, Giappone e Stati Uniti.(36) Il “Transfer Pricing Documentation Package” si allinea ai principi generali contenuti nel capitolo V del Rapporto “Transfer Pricing Guidelines forMultinational Enterprises and Tax Amministrations).(37) Si ricorda tra gli altri il contenzioso tra IRS e Glaxo Smithkline Holdings (Americas) Inc. & Subsidiaries (“GSK”) che rappresenta ad oggi il maggiorecontenzioso per valore della storia dell’IRS. L’11 settembre 2006 è stato definito un accordo tra le parti che ha comportato il pagamento allo Stato americanodi circa 3,4 miliardi di dollari.(38) L’OCSE (in sede internazionale OECD – Organisation for Economic Co-operation and Development) ha tra i propri obiettivi l’integrazione e coopera-zione economica e finanziaria tra i maggiori Paesi del cosiddetto Occidente (compresi però anche Giappone e Corea); .(39) Dopo vari assestamenti, le Final Regulations alla sezione 482 dell’internal Revenue Code sono state emanate nel 1994 ed integrate nel giugno 1996.(40) Nella prassi statunitense i controlli avvengono però con più frequenza rispetto ad altri Paesi, usando metodi reddituali e facendo riferimento a parametridesunti da bilanci ufficiali di imprese indipendenti.

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I principi e le raccomandazioni contenute nei documenti del-l’OCSE, particolarmente dettagliati e sempre oggetto dimonitoraggio (41), in taluni Stati recepiti in norme interne o cir-colari, in altri richiamate solo con riguardo ai principi, pur nonavendo forza di legge (42), hanno avuto il ruolo di linee guida(“soft law”(43)) per i Governi, le autorità fiscali ed i gruppi in-ternazionali interessati dalla specifica problematica.Anche a seguito dell’esperienza maturata nell’OCSE, la con-sapevolezza dell’esistenza in ambito europeo di normative na-zionali eterogenee in tema di “transfer price”, ha portato laCommissione europea, successivamente ad uno studio sulla“Tassazione del mercato interno” presentato nel 2001(44), adelaborare una strategia basta su due livelli di intervento.Le “misure mirate” ovvero interventi operativi volti a risolvereconcretamente e realisticamente nel breve periodo alcuni aspettidella problematica, eliminando o attenuando anche i costi; lecosiddette “misure globali”, destinate ad eliminare gli ostacolifiscali secondo approcci di più ampio respiro.Con l’occasione è stato anche evidenziato l’esigenza di unabanca dati comune europea per favorire l’individuazione di “tran-sazioni comparabili” e favorire la predisposizione della docu-mentazione di supporto delle politiche nei prezzi di trasferimen-to.Nell’ambito delle “misure mirate” è stato istituito nel luglio 2002un Forum congiunto di esperti (EU Joint Transfer Pricing Forum)incaricati di individuare soluzioni pragmatiche per leproblematiche connesse all’imposizione delle operazionitransfrontaliere intra-gruppo.Il 7 dicembre 2004 a seguito dell’attività svolta dal Joint TransferPricing Forum è stato approvato dal Consiglio il Codice di con-dotta per l’applicazione della Convenzione sull’Arbitrato (45)Il 7 novembre 2005 la Commissione ha emanato la Comunica-zione COM (2005) 543 relativa ai lavori svolti dal Forum con-giunto in materia di documentazione dei prezzi di trasferimentoper le imprese associate nella Comunità europea; il Codice diCondotta riguardante la documentazione è stato approvato dalConsiglio il 27 giugno 2006.La base comune di informazioni definita “EU TDP” (EuropeanUnion Transfer Price Documentation) consiste nella standar-dizzazione di documenti tali da permettere all’AmministrazioneFinanziaria di valutare i rischi ed ottenere informazioni suffi-cienti per comprendere le modalità con le quali sono stati defi-niti i prezzi di trasferimento all’interno del gruppo in esame.

La “EU TDP” si compone di un documento principale (“MasterFile”) contenente le informazioni standardizzate comuni valideper tutti i membri del gruppo residenti nella Comunità europeaed uno o più documenti integrativi (“Country Specific”) conte-nenti ciascuno le informazioni relative ad ogni singolo Paese diresidenza delle “consociate”.L’uso del set di documentazione elaborato dal Forum è facol-tativo per i gruppi multinazionali; inoltre in sede di adozione delcodice di condotta sulla documentazione viene richiesto espli-citamente l’impegno degli Stati Membri a non esigere dalleimprese di piccola-media dimensione documentazione analogaper quantità e complessità a quella richiesta ad imprese di grandidimensioni.Il 26 febbraio 2007 la Commissione della Comunità europea haemanato infine la Comunicazione (2007)71 relativa ai lavorisvolti dal Forum nel settore delle procedure di prevenzione esoluzione delle controversie ed agli orientamenti in materia diaccordi preventivi sui prezzi di trasferimento nella ComunitàEuropea (APA).E’ parere della Commissione europea che il modo migliore pereliminare gli ostacoli fiscali per i gruppi operanti in più Statidella Comunità sia l’utilizzo di “misure globali” ovvero di misu-re di portata generale che eliminino alla radice le distorsioni edi costi connessi alla gestione di questa materia.Per questo motivo la Commissione sta lavorando su due pianidi approccio: la “Common Consolidated Tax Base” e l’“HomeState Taxation”.La prima soluzione, destinata ai Gruppi di grandi dimensioni,consiste nell’applicazione alle attività transfrontaliere in ambi-to comunitario (27 Paesi) una base imponibile unica e consoli-data ai fini della tassazione. La fissazione delle aliquote fiscalirimarrà prerogativa dei singoli Stati conformemente al princi-pio della sussidiarietà e la ripartizione della base imponibile con-solidata avverà secondo criteri da definire. Il piano, all’esamedella Commissione, dovrebbe tradursi in proposta legislativaentro il 2008 da approvare nel 2010.L’“Home State Taxation” è un progetto pilota destinato ad es-sere applicato alle imprese di piccole e medie dimensioni se-condo i parametri comunitari. Il regime fiscale (opzionale) inquesto caso sarebbe più semplice e implicherebbel’individuazione della base imponibile secondo le regole delloStato di residenza della capogruppo. La ripartizione delle quotedi reddito nei Paesi delle rispettive controllate dovrebbe avve-

(41) Al riguardo vedi il già richiamato Invitation to comment on comparability issues del 27 febbraio 2006.(42) Sulle origini e la natura legale delle OECD Transfer Pricing Guidelines Jose Calderon “The OECD Transfer Pricing Guidelines as a Source of Tax Law: IsGlobalization Reaching the Tax Law?” INTERTAX, Volume 35, Issue 1, 2007.(43) Con il termine “soft law” si intendono atti e fatti che, pur non costituendo fonti di diritto internazionale, né di diritto interno, acquisiscono a vario titoloed in varie modalità effetti giuridici. Sul punto Carlo Garbarino, Manuale di Tassazione Internazionale, Milano 2005, pag. 37.(44) Il “Company Tax Study” (documento SEC (2001) 1681 Company Taxation in the Internal Market” e la successiva Comunicazione COM (2001)(45) La Convenzione 90/436/CEE del 23 luglio 1990 aveva istituito una procedura arbitrale per evitare le doppie imposizioni derivanti dalla rettifica dei prezzidi trasferimento, nel caso in cui gli Stati non avessero raggiunto un accordo sulla ripartizione del potere impositivo. Il Codice di Condotta richiamato ha lafinalità di favorire l’applicazione della Convenzione sull’Arbitrato.

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(46) Così ancora nel 2001 il documento già citato del Ad Hoc Group of Experts on International Cooperation in Tax Matterns delle Nazioni Unite intitolato “TransferPricing History- State of Art- Perspectives”.(47) Con riguardo alla crescita continua degli investimenti diretti vedi il Rapporto OCSE “International Investment Perspectives: Freedom of Investment in a Changing

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(46) Così ancora nel 2001 il documento già citato del Ad Hoc Group of Experts on International Cooperation in Tax Matterns delle Nazioni Unite intitolato“Transfer Pricing History- State of Art- Perspectives”.(47) Con riguardo alla crescita continua degli investimenti diretti vedi il Rapporto OCSE “International Investment Perspectives: Freedom of Investment ina Changing World” 2007 ed, in particolare, il capitolo 2 “Trends and recent developments in foreign direct investment”.(48) Appare opportuno ricordare con riguardo alle modifiche intervenute sul livello di tassazione di molti Paesi europei che il Codice di condotta comunitarioin materia di concorrenza fiscale identifica come comportamento non corretto l’adozione di “an effective level of taxation which is significantly lower thanthe general level of taxation in the country concerned….”.(49) Un aspetto interessante è che il testo normativo introdotto appare applicabile anche nel caso di trasferimenti dall’estero in Germania con conseguentepossibilità di riconoscimento degli “intangible” e della loro deducibilità.50) Così la seconda Joint Conference della World Customs Organization e dell’OCSE del 22-23 Maggio 2007 “Transfer pricing and Customs Valuation ofRelated Party Transactions”; vedi anche Liu Ping and Caroline Silberztein “Transfer pricing, Custom Duties and VAT Rules: Can we Bridge the Gap?”inWorld Commerce Review volume 1, Issue 1, 2007.(51) Di grande interesse per l’analisi svolta e per le conclusioni raggiunte il documento “HMRC Approach to Transfer Pricing for Large Business” del 20giugno 2007. L’Amministrazione fiscale britannica (Her Majesty’s Revenue and Customs)(52) In questo senso anche i documenti dell’EU-JAPAN Business Round Table tenutosi il 3-4 giugno 2007 a Berlino.(53) Questa necessità è confermata anche dal documento della HMRC citato nella precedente nota (51).

nire in proporzione a parametri definiti e le imposte sarebberocomunque applicate nei rispettivi Paesi.

Le prospettive

La crescita dei fenomeni di fusione, di acquisizione cross border,di costituzione di “joint venture”, “branch” e, in genere, “foreignaffiliates”, finalizzate all’ingresso nei mercati di riferimento, elo sviluppo accelerato di colossi quali India e Cina, fanno pre-supporre che non sia finito, ma possa crescere ancora signifi-cativamente il processo che ha portato il “transfer pricing” adessere probabilmente la più importante problematica fiscalenel mondo (46) (47).Altrettanto evidente è che il fenomeno coinvolge e continueràa connotare in modo significativo anche le strategie dei Gruppidi imprese di dimensioni medio-piccole, con caratteristicheorganizzative, patrimoniali e operative quindi molto diverse dallemultinazionali classiche.Il tutto in presenza di una “concorrenza fiscale” tra Stati che,negli ultimi cinque anni, si è basata soprattutto su politiche diriduzione delle aliquote di imposta della corporate tax, con par-ticolare riguardo ai Paesi di nuova entrata nella Comunità eu-ropea (48).A questo segue la necessità di adeguamenti normativi, ma so-prattutto di prassi interne più evolute; in particolare è auspicabileun atteggiamento delle Autorità fiscali più consapevole dellacomplessità del fenomeno e dei costi ad esso connessi, nonchédell’impossibilità di procedere all’individuazione dei“comparables” con criteri eccessivamente rigidi, svincolati dallarealtà operativa delle imprese e secondo gerarchiemetodologiche predeterminate.La maggiore concentrazione sul fenomeno nei diversi Paesi siriscontra peraltro nell’esame dell’evoluzione degli approcci uni-laterali negli ordinamenti interni, che hanno visto l’espansionedegli ambiti soggettivi (concetto di controllo, stabili organizza-zioni etc.) ed oggettivi (maggiore attenzione nei confronti delletransazioni relative agli “intangible” e servizi) di applicazione

dell’istituto.Si rileva, tra l’altro, la focalizzazione su fenomeni economica-mente già molto rilevanti e diffusi, ma finora poco consideratiin sede di controlli fiscali quali le ristrutturazioni condelocalizzazione di funzioni aziendali all’estero.Ne è un significativo esempio la Germania che con il 2008Business Reform Act, in tema di transfer pricing, oltre a deli-neare in modo più dettagliato e stringente le regole per i contri-buenti in tema di “transfer pricing”, ha introdotto specifiche pre-visioni per individuare e tassare i valori emergenti nell’ambitodei processi di delocalizzazione e trasferimento funzioni (49).Il forte coinvolgimento di interessi anche sovranazionali ha pe-raltro evidenziato come prorità l’osservazione e laregolamentazione degli aspetti doganali e delle imposte indiret-te applicabili alle transazioni (50).In generale la crescita dell’attenzione da parte delle Autoritàfiscali ha portato quasi ovunque un significativo aumento deicontenziosi connessi all’applicazione delle regole sui prezzi ditrasferimento ed alle sanzioni in caso di mancata osservanzadelle stesse. Sono comunque da rimarcare alcuni segnali posi-tivi provenienti da taluni Paesi, sul versante della collaborazio-ne con i contribuenti, anche a seguito delle raccomandazionida parte degli Organismi sovranazionali.Tra questi l’accettazione di una differenziazione tra realtà didimensioni differenti, con adozione di regole semplificate edocumentazione a seconda soggetti (Francia). L’intenzione diintrodurre procedure tali da garantire maggiore certezza, un“efficient risk based approch”, la rapidità nella soluzione deiproblemi e chiarezza attraverso il dialogo e la collaborazionecon il contribuente, sono alla base delle politiche indicate in unrecente documento dell’Amministrazione fiscale britannica (51).L’ampliamento degli Apa bilaterali dimostra infine la crescitadella collaborazione tra autorità degli Stati coinvolti e la volon-tà di proseguire su una strada ormai tracciata volta ad evitareil problema della doppia tassazione economica (52)Lo sforzo di adeguamento richiesto alle Autorità fiscali nazio-nali comporta evidentemente una crescita dei team dedicati ela qualificazione delle risorse disponibili (53).

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In questo contesto continuerà ad essere importante anche illavoro degli Organismi sovranazionali (54) posto che, così comenell’economia, emergono sempre più chiari i segnali dell’evolu-zione dei sistemi normativi, fino ad arrivare alla valorizzazione difonti di un diritto più alto e pervasivo di quello dei singoli Paesi.Ne sono un esempio i principi enunciati in sede di Corte diGiustizia europea a valenza plurilaterale e quindi sovraordinatirispetto alle fonti interne ed anche alle convenzioni bilateralitra Stati. Sempre maggior forza assumono le lineee guida e leraccomandazioni contenuti nei documenti dell’OCSE in mate-ria di transfer pricing indipendentemente dal loro recepimento

TRANSFER PRICING

(54) Con riguardo alla collaborazione anche tra le realtà sovranazionali vedi l’incontro congiunto del 3-4 maggio 2006 a Bruxelles tra OCSE e World CustomsOrganization, nel quale sono state affrontate le problematiche che interessano il transfer pricing e la determinazione del valore doganale.Il Segretario Generale del WCO ha evidenziato come “Due to the growing importance of transfer prcing to international trade transactions it is imperativethat the public and private sectors collectively attempt to explore, advance and resolve issues that will both secure and facilitate trade. This will inpactfavourably on national economic development and lead to prosperity and growth across the globe”.(55 ) Jose Calderon “The OECD Transfer Pricing Guidelines as a Source of Tax Law: Is Globalization Reaching the Tax Law?” INTERTAX, Volume 35, Issue1, 2007.

diretto o “mediato” nei singoli ordinamenti (55).L’uniformità di orientamenti e di regole applicative dovrà nelfuturo gradualmente accompagnarsi alla creazione di banchedati di riferimento disponibili e comunemente accettate ai finidella definizione dei parametri di riferimento.La tendenza, almeno in Europa, verso un sistema Unico ditassazione appare infine la frontiera di una modalità di soluzio-ne dei problemi internazionali basata non solo sul riconoscimentodell’esistenza di problematiche comuni, ma dalla realizazzione diazioni congiunte ed armonizzate in un contesto mondiale integratoed interdipendente non soltanto dal punto di vista economico.

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NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 13

La dimensione del gruppoe l'organizzazione degli studi professionali

PROFESSIONE

MICHELE D'AGNOLOOrdine di Trieste

IL COMMERCIALISTA VENETO

«Eravamo i fantastici quattro e siamo diventati quella sporca dozzina»

Spesso nei miei interventi di consulenza, amicrofoni spenti, i titolari, i collaboratori oi dipendenti dello studio professionale nel

quale mi trovo mi confessano che si stava meglioquando si era in pochi.Cerco allora di spiegare che quanto accade nondipende dalle qualità delle persone coinvolte mariguarda invece le dinamiche del gruppo.In sociologia e psicologia sociale si definiscegruppo un insieme di persone che interagisconole une con le altre in modo ordinato sulla base diaspettative condivise riguardanti il rispettivocomportamento. È un insieme di persone i cuistatus e ruoli sono interrelati.Dato che gli esseri umani sono fondamentalmen-te portati a cooperare, i gruppi sono una partevitale della struttura sociale. I gruppi si formanoe si trasformano costantemente; non è necessa-rio che siano autodefiniti e spesso sono identifi-cati dall’esterno.

In base al tipo di relazione il gruppo può esse-re primario o secondario. Il gruppo primario ècomposto da almeno tre persone che

interagiscono per un periodo di tempo relativamentelungo, sulla base di rapporti intimi faccia a faccia(es: famiglia, gruppi di pari, piccole comunità).Il gruppo secondario è composto da un numerodi persone che interagiscono su basi tempora-nee, anonime e impersonali. I suoi membri non siconoscono personalmente o si conoscono in re-lazione a particolari ruoli formali anziché comepersone nella loro completezza. Solitamente con-seguono finalità specifiche e meno emotivamen-te impegnate come ad es. nelle aziende, nei partitipolitici, nelle burocrazie statali.Lo studio professionale è quindi un gruppo pri-mario.I gruppi si possono ulteriormente classificare inbase al numero dei loro componenti.Vediamo alcune caratteristiche dei piccoli gruppiinteressanti per gli studi professionali e per leloro dinamiche.La diade è un gruppo composto da due elementi,come madre-figlio, moglie-marito, due amiche delcuore. Ciò che caratterizza la relazione, nella diade,è il legame affettivo. Anche se la comunicazionesi interrompe per qualche motivo e quindi non sihanno più interazioni (come nel caso della as-senza di uno dei due componenti, oppure nelcaso di una separazione dopo un brusco litigio)la relazione permane. Tuttavia affinché la diadecontinui ad esistere nella comunicazione vi è lanecessità di un’attenzione reciproca la quale ve-nendo meno interrompe l’interazione tra i duecomponenti e pone fine all’atto comunicativo.Nella diade due persone stanno insieme perchési sono scelte, perché hanno interessi in comuneo per compensazione. L’una trova nell’altra quel-lo che pensa gli manchi. Si tratta di due personeche rinnovano la loro scelta nella volontà di con-tinuare lo scambio comunicativo. Pensiamo a duesoci uno dei quali presidia lo studio mentre l’al-tro si reca presso le aziende e gli uffici.Il gruppo di due persone sconta il pericolo di

impasse nel momento in cui dovesse sorgere undissidio insanabile tra i membri. Lo sappiamobene quando sconsigliamo ai nostri clienti di cre-are consigli di amministrazione composti di duesole o comunque di un numero pari di persone.Siamo tuttavia molto più indulgenti quando sitratta di associazioni professionali. In molti studida due partner si riscontra una sorta di strabismoorganizzativo in quanto entrambi i soci entranonel merito di una serie di tematiche chiaramenteognuno portando la propria personalità, espe-rienza e metodologia e questo può impedire allostudio di crescere oppure finisce per creare dueteam completamente differenziati all’interno del-lo studio: come alla Ferrari ci sarà un teamSchumacher e un team Barrichello. E’ per questomotivo che la gestione di uno studio associatodi cinque-sette membri può essere più obiettivae meno personalistica di uno formato da due o datre membri.La triade è un gruppo composto da tre membri.Un classico esempio è la classica famiglia padre-madre-figlio. La comunicazione nella triade simodifica perché, pur rimanendo nell’ambito dellarelazione intima, due dei tre elementi possonotemporaneamente interagire tra di loro escluden-do il terzo. Ad esempio il padre ama andare apesca con il figlio e diventa per loro una possibi-lità di comunicazione, mentre la madre non è coin-volta da questa esperienza che riguarda solo loro;allo stesso modo il bambino può essere esclusodalla scelta dell’acquisto di una casa e in tal casol’interazione riguarda e coinvolge solo i genitori.L’interazione, che riguarda solo la dimensionespazio/temporale del qui e ora, nella triade si arti-coli sempre su due dei membri, a seconda dellospostamento del centro di interesse. Se la comu-nicazione si concentra sempre nella stessa cop-pia, esistono dei problemi di relazione nella triade.Nei gruppi dalla triade in su è quindi possibile laformazione delle coalizioni. Coalizioni che il ma-nager di studio si trova a dover identificare egestire per portare il gruppo a raggiungere i pro-pri obiettivi.

Il piccolo gruppo è un gruppo costituito solita-mente da 4 a 10-12 membri. È uno dei modelli diinterazione sociale fondamentali, e molte attivitàsociali e funzionali avvengono in o attraversogruppi di tali dimensioni. Gruppi più ampi tendo-no a dare luogo alla formazione spontanea disottogruppi di questa dimensione, sia in ambitosociorelazionale che operativo-lavorativo.Il gruppo mediano è un gruppo costituito di soli-to da 10-12 a 25-30 membri. Col passaggio dalpiccolo gruppo al gruppo mediano le relazionipersonali divengono meno strette, ed in caso diinterazione prolungata quest’ultimo tende asegmentarsi informalmente in piccoli gruppi.Il grande gruppo conta dai 30 membri in su. In talitipi di gruppo le interazioni sono meno dirette epersonali. In linea teorica, le comunità, le orga-nizzazioni sociali e le collettività sono forme par-ticolari di grandissimo gruppo.Si dice che da 150 membri in su il gruppo cambiancora pelle diventando ancora più difficile dagestire, ma tale dimensione prescinde da quellerilevanti per misurare la generalità dei nostri stu-di professionali.Le problematiche organizzative che riscontriamonei nostri studi sono in parte significativa malidella crescita, cioè sono indotte ipso facto dal-l’espansione del gruppo di soci, collaboratori edipendenti. In uno studio di 4 persone si puònavigare a vista, in uno studio di 8 persone, ladimensione stessa del gruppo crea una serie dicomplessità e determina il presupposto per unaindispensabile comunicazione sostitutiva ad ope-ra del manager del gruppo. Man mano che lostudio aumenta la dimensione i problemi di co-municazione e di coordinamento naturalmente siintensificano.Alcune crisi nascono proprio dal cambiamentodelle dimensioni di gruppo, nelle quali la personanon si ritrova più nello stesso humus relazionaledi una volta.Alcune persone si allontanano dallo studio quan-do questo si sviluppa dimensionalmente proprioperché non sopportano la spersonalizzazione ela disumanizzazione che la nuova situazione com-porta. Ciò è particolarmente vero per quelle per-sone, fortemente fidelizzate, che ritrovavano laloro motivazione nel rapporto simbiotico con illoro leader e che perdono tale rapporto a causadell’incremento degli impegni fuori studio del ti-tolare e della competizione con molti altri sogget-ti nell’ottenere l’attenzione del leader stesso.Ancora si riscontrano casi nei quali le dinami-che di gruppo possono mettere in seria crisi ilprogetto di fusione di due o più studi profes-sionali perché i dipendenti e i collaboratori nonhanno stima dei nuovi soci e si sentono “sca-valcati” da questi nella gerarchia delle relazionicon il loro leader carismatico e possono crearecrisi di rigetto o financo abbandonare in massail gruppo.Occorre quindi prestare grande attenzione a que-sti fenomeni apparentemente insignificanti mache possono avere un impatto notevole sulle di-namiche dello studio.

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14 NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 IL COMMERCIALISTA VENETO

Lo studio è comeun'impresa?Sembra di sì.

LibriLibriLibriLibriLibri

Strategia ed Organizzazione degli StudiProfessionali, di Michele D’Agnolo, a cura diBruno Frizzera, ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 2008.Prezzo: Euro 30,00.Michele D’Agnolo dedica finalmente unvolume al tema negletto e trascurato dell’orga-nizzazione degli studi professionali. Lo fascegliendo una collana di grande diffusione eprestigio e con un taglio praticoe divulgativo. Il concetto di fondo è che lelibere professioni, al di là della disciplinatecnica, si assomigliano tutte sotto il profilodell’organizzazione del lavoro e dell’approccioal cliente e debbono oggi perseguire ancoramaggiore efficacia ed efficienza.I contenuti sono stati organizzati per brevicapitoli, leggibili sotto l’ombrellone o neiritagli di tempo, ognuno dotato di una breveintroduzione e conclusione. Abbondanti sono isussidi pratici e gli esempi. Nel primo capitolo,partendo dalla definizione di professione,l’autore fornisce alcuni modelli dell’attività delprofessionista, verifica gli approcci delle variediscipline giuridiche, sociologiche, economi-che, psicologiche e traccia un confine traprofessione e impresa.Nel secondo capitolo si esaminano invecele macrotendenze in atto che induconola assoluta e indifferibile necessità di cambia-mento organizzativo all’internodegli studi.Nel terzo capitolo vengono affrontate lecaratteristiche che determinano la qualità dellaprestazione professionale e le caratteristichedistintive della prestazione professionalerispetto alla fornitura di un bene o di unservizio. Si discute inoltre della definizione e ilmantenimento del livello di servizio e dellagestione dei picchi nella domanda.Nel capitolo quarto si affronta il tema delcontrollo strategico e gestionale dello studio.Si parte dall’assunto che anche se l’obiettivodel professionista non è la massimizzazione delprofitto, tuttavia il raggiungimento di un’appro-priata remunerazione e il mantenimentodell’equilibrio economico e finanziario neltempo sono sicuramente risultati essenziali perqualsiasi struttura professionale. Si forniscononozioni relative ai principali strumenti dicontrollo gestionale.Nel quinto capitolo si tratta il tema dellaorganizzazione degli studi. Si parte definendo iltema organizzativo e la sua importanza quandolo studio cresce di dimensione.Si fornisce un quadro per consentire larilevazione e l’elencazione dei processi rilevantiper la qualità, la mappatura dei processi primarie secondari, la definizione di controlli efficacied efficienti, la rilevazione e la gestione dellenon conformità come elemento di apprendi-mento per lo studio professionale.Nel sesto capitolo l’autore descrive il percorsoper la certificazione ISO 9000.Un apposito capitolo, il settimo, è dedicato auno degli argomenti centrali nell’organizzazionedegli studi: la gestione delle persone, dallaselezione alla valutazione della performance.Nel capitolo ottavo un’enfasi particolare è stata

invece posta al termine marketing strategico,sia perché molti studi si sono lasciati vivere, siaperché è finalmente giunta l’ora di affrancarequesta rigorosa disciplina di indagine deidesideri del cliente dall’equivoco della pubbli-cità e dell’invadenza del porta a porta.Un ulteriore capitolo, il nono, è dedicato allagestione del rapporto diretto con il cliente,come altro elemento centrale di pernonell’interazione col professionista o con unastruttura professionale più articolata.Si tratta qui della costruzione e della gestionedella relazione col cliente, della cross-vendita,dell’ottimizzazione dei dati sul cliente e delCRM (customer relationship management).L’intero decimo capitolo approfondisce ilnetworking professionale, inteso come lacapacità del professionista di costruire egestire una serie di rapporti di mutuo beneficiocon colleghi, responsabili delle istituzioni,clienti attuali e potenziali.In conclusione non manca un riferimento allagestione del cambiamento quale banco diprova per l’implementazione dello strumentarioindicato. C’è di che riflettere.

Proprietà industriale e attività immaterialiAspetti civilistici, fiscali e contabiliAutore: Marco OrlandiEditore: G. Giappichelli (To) 2008, collana Dirittoe Professione.Prezzo: Euro 40,00Il testo è di indubbio interesse per il tagliopratico dato dall’autore Marco Orlandi, unnostro collega iscritto all’Ordine dei DottoriCommercialisti di Treviso, alla lettura del nuovoCodice della proprietà industriale (D.Lgs n. 30/2005 e delle attività immateriali.L’autore si propone di offrire un contributoall’analisi delle problematiche giuridiche edeconomiche connesse agli aspetti civilistici,contabili e fiscali della proprietà industriale edei valori intangibili posseduti dalle imprese.L’idea di questo libro, dice Marco Orlandi,“nasce dal fatto che le risorse immaterialivengono ad assumere sempre una maggioreimportanza nei paesi industrializzati, in

Valori intangibili ma di pregioquanto consentono di convertire il know-howed il sapere scientifico posseduto in applica-zioni industriali, innovazioni emodernizzazione dell’impresa”.I capitoli spaziano dai segni distintivi e daimarchi d’impresa ai brevetti industriali ed aidiritti di utilizzazione delle opere d’ingegno, daiknow-how industriali alla tutela ed ai costi delsoftware, dall’avviamento ai costi di ricerca esviluppo, dai costi di pubblicità fino ai criteri divalutazione, svalutazione e rivalutazione delleimmobilizzazioni immateriali.Si trovano le decisioni delle Commissionitributarie, le scritture contabili, i principicivilistici della materia, i principi contabili OIC,gli IAS, la Rassegna di giurisprudenza e moltialtri utili riferimenti che possono aiutarci nellacomprensione di questa area particolare e pocotrattata. Un testo utile per professionisti, Enti diformazione, Imprese ed Università che vivogliamo segnalare.

Responsabilità amministrativa delle imprese, di Giuseppe Rebecca, Filippo Baggio, GuidoZanardi, ed. Il Sole 24 Ore Pirola 2008. Prezzo: Euro 32,00.Preziosa guida all’esame dei principi e all’applicazione concreta della responsabilità amministrati-va d’impresa, il libro ha il grande pregio di unire alla ricostruzione storica dell’impianto normativol’applicazione operativa delle prescrizioni contenute nel D.Lgs. 231/2001 con esempi sia dei modellidi organizzazione, sia del codice di comportamento. Numerose sono le check list inserite dagliautori, che hanno arricchito l’opera con il modello di regolamento dell’Organismo di Vigilanza e gliesempi dei verbali che lo stesso organismo deve redigere. Un libro in particolare dedicato aiprofessionisti che svolgono incarichi all’interno dei Consigli di Amministrazione, dei CollegiSindacali o nell’Organismo di Vigilanza e al management delle società ed enti in genere.

I principi della responsabilità

Gruppi societari e holding. Autori: Enrico Holzmiller, Giuseppe Rebecca, ed. Il Sole 24 Ore Pirola2008. Prezzo: Euro 60,00.Il volume analizza la realtà “gruppo” con taglio interdisciplinare unendo alla completezza eprofondità degli argomenti un adeguato mix delle tematiche teoriche con quelle più propriamenteoperative. Il libro è completato con le innovazioni fiscali introdotte dalla Finanziaria 2008 e lenovità in materia antiriciclaggio. L’opera rappresenterà sicuro punto di riferimento per le svariatecategorie di operatori interessati alle problematiche di queste specifiche forme aggregative.

Il mix dell'holding

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NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 15

IRAP: nuovi criteri di determinazionedel valore della produzione

NORME E TRIBUTI

DAVIDE DAVIDOrdine di Gorizia

SEGUE A PAGINA 16

IL COMMERCIALISTA VENETO

Dal 2008 la base imponibile IRAP delle imprese va determinata secondodue diverse modalità a seconda che l’impresa sia costituita nella forma disocietà di capitali ovvero in forma individuale o di società di persone. LaFinanziaria 2008 (legge n. 244/2007) è infatti intervenuta sul D.Lgs. n.

446/1997 (istitutivo dell’IRAP) modificandone l’articolo 5 e introducendo il nuovoarticolo 5 bis.Per effetto delle novità apportate si ha che:* le società di capitali e gli enti commerciali determinano la base imponibile infunzione diretta dei dati di bilancio (in applicazione del novellato art. 5 del D.Lgs.n. 446/1997);* le società di persone e le imprese individuali determinano la base imponibi-le tenendo conto degli elementi rilevanti ai fini delle imposte sui redditi (ai sensi delnuovo art. 5 bis del D.Lgs. n. 446/1997).Va peraltro evidenziato che le regole di cui ai richiamati articoli 5 e 5 bis del decretoIRAP (come già quelle del previgente articolo 5) non trovano applicazione per:* le banche e gli altri enti e società finanziaria (che determinano la baseimponibile in applicazione dell’articolo 6);* le imprese di assicurazione (che determinano la base imponibile in applica-zione dell’articolo 7).Come detto, le nuove regole hanno effetto dal 2008 (più esattamente, dal periodod’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007).Di conseguenza, l’IRAP per il 2007, da dichiarare nel 2008, va determinata ancoracon le regole previgenti le modifiche apportate dalla Finanziaria 2008. Peraltro, adecorrere dal 2008, le imprese individuali e le società di persone in contabilitàordinaria hanno la possibilità di optare per l’applicazione del regime previsto per lesocietà di capitali.Per il 2008 tale opzione deve essere comunicata telematicamente all’Amministra-zione Finanziaria entro il 30 maggio 2008 e rimane irrevocabile per tre periodid’imposta.Per quanto si dirà in seguito l’opzione per il regime delle società di capitali puòrisultare vantaggiosa in presenza di un ammontare significativo di componentinegativi a ridotta o dilungata deducibilità ai fini delle imposte sui redditi (costi auto,ammortamenti fiscali inferiori a quelli civilistici, leasing, ecc.). Il regime propriodelle società di persone e delle imprese individuali appare invece preferibile inprevisione dell’eventuale realizzo di significative plusvalenze.

Società di capitali e enti commercialiCome detto, la Finanziaria 2008 ha completamente riscritto l’articolo 5 del D. Lgs.n. 446/1997. Con effetto dal 2008 (rectius, dal periodo d’imposta successivo aquello in corso al 31 dicembre 2007) il predetto articolo regolamenta la determina-zione della base imponibile IRAP unicamente per le società di capitali e gli enticommerciali, mentre in precedenza interessava anche le imprese individuali e lesocietà di persone.E’ stato inoltre sensibilmente modificato il criterio di determinazione della baseimponibile IRAP. Infatti, a decorrere dal 2008 le società di capitali e gli enti com-merciali sono tenuti a quantificare la base imponibile unicamente sulla base dellevoci di conto economico, senza dover apportare le rettifiche in aumento o in dimi-nuzione previste ai fini delle imposte dei redditi. Ciò anche a seguito dell’avvenutaabrogazione, ad opera sempre della Finanziaria 2008, dell’art. 11 bis del D.Lgs. n.446/1997, che precedentemente dettava le regole per l’allineamento tra i dati conta-bili e i criteri dettati ai fini fiscali dal TUIR.In questi termini si ha quindi il completo allineamento tra valori di bilancio e valoririconosciuti ai fini IRAP; venendo così a mancare l’esigenza di rilevare in bilancioimposte differite e anticipate per l’IRAP.A seguito del disallineamento con le regole del TUIR può accadere che un compo-nente negativo sia parzialmente o totalmente indeducibile ai fini IRES mentre siacompletamente deducibile ai fini IRAP; come può essere, ad esempio, nel caso deileasing di durata inferiore a quella prevista per la deducibilità dei relativi canoni aifini IRES, degli ammortamenti e dei costi di gestione delle autovettura, delle spesedi manutenzione eccedenti i limiti imposti ai fini IRES.Per altro verso non è possibile usufruire ai fini IRAP di particolari disposizioniagevolative previste per l’IRES, quali, ad esempio, la rateazione in cinque anni delleplusvalenze.Ed ancora, nel determinare la base imponibile IRAP i componenti positivi e nega-tivi vanno sempre assunti secondo il principio di competenza rilevante ai fini delbilancio, anche per quei componenti che ai fini IRES vanno invece rilevati per cassa,quali, ad esempio, le imposte diverse da quelle sul reddito, i contributi ad associa-zioni sindacali e di categoria, i compensi agli amministratori.Venendo alle regole specifiche, per i soggetti di cui trattasi la base imponibile IRAPè determinata, in prima battuta, dalla differenza tra il valore e i costi della produzio-ne di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione dellevoci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13), così come risultanti dal contoeconomico dell’esercizio.

Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali, labase imponibile è determinata assumendo le voci del valore e dei costi della produ-zione corrispondenti a quelli di cui sopra.Tra i componenti negativi non sono comunque ammessi in deduzione:- le spese per il personale dipendente e assimilato classificate in voci diversedalla citata voce di cui alla lettera B), numero 9), dell’articolo 2425 del codice civile,nonché i costi, i compensi e gli utili indicati nel comma 1, lettera b), numeri da 2) a5), dell’articolo 11 del decreto IRAP;- la quota interessi dei canoni di locazione finanziaria, desunta dal contratto;- le perdite su crediti;- l’ICI.Inoltre, indipendentemente dall’imputazione del conto economico, possono esserededotti soltanto nella misura massima di un diciottesimo del costo le quote diammortamento del costo sostenuto:- per l’acquisizione di marchi d’impresa;- o per l’avviamento.Ed ancora, vanno in ogni caso fatti concorrere alla formazione della base imponibileIRAP:- i contributi erogati in base a norma di legge, fatta eccezione per quellicorrelati a costi indeducibili;- le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dalla cessione di immobili chenon costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’impresa, né beni alla cuiproduzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.L’articolo 5 del decreto IRAP detta poi i seguenti principi:- i componenti positivi e negativi classificabili in voci del conto economicodiverse da quelle rilevanti per la determinazione della base imponibile concorronocomunque alla formazione della stessa se correlati a componenti rilevanti della baseimponibile di periodi d’imposta precedenti o successivi;- indipendentemente dalla effettiva collocazione nel conto economico, i com-ponenti positivi e negativi del valore della produzione sono accertati secondo icriteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previstidai principi contabili adottati dall’impresa.Per quanto sopra, nel determinare la base imponibile IRAP delle società di capitalie degli enti commerciali occorre quindi partire dalla differenza tra il valore e i costidella produzione rilevanti ai fini IRAP, quali imputati a conto economico, e poiapplicare le regole specificatamente previste dall’articolo 5 del decreto IRAP.Un problema che si potrebbe venire a porre è quindi quello dell’eventuale possibi-lità da parte dell’Amministrazione Finanziaria di disconoscere le scelte del contri-buente operate in sede di classificazione di bilancio.Su questo aspetto è bene fare una considerazione di carattere preliminare. L’Ammi-nistrazione Finanziaria, in linea generale, non «impugna» i bilanci. Infatti, si legge alpunto 3.13 della C.M. 27 maggio 1994, n. 73/E che se l’impresa non si attiene alleprevisioni civilistiche «l’Amministrazione non è legittimata a entrare nel meritodelle valutazioni operate in sede civilistica e dovrà pertanto attenersi alle risultanzedi bilancio. Tuttavia, se, successivamente all’approvazione, il bilancio viene rico-nosciuto falso in sede giudiziaria e dalla declatoria del giudice emerge materia impo-nibile non si può escludere un’azione accertatrice di detto maggior reddito».Viceversa, occorre considerare quanto esplicitato sul punto dall’AmministrazioneFinanziaria con la C.M. 21 aprile 1993, n. 7 relativa alla classificazione delle voci dibilancio ai fini dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese (la cosidetta«patrimoniale»). In essa è stato specificato che «l’ufficio può procedere alla retti-fica della base imponibile nei casi in cui le voci di bilancio non siano state riclassificatesecondo corretti principi contabili come, ad esempio, quando una posta di bilanciocostituita con utili non sia stata indicata tra le poste di patrimonio netto in quantoconsiderata fondo per la copertura di specifici oneri o passività ...». Peraltro, lostesso concetto è stato riproposto con la C.M. 15 maggio 1997, n. 137/E a propo-sito delle società non operative (le cosidette «società di comodo»).Il concetto esposto dall’Amministrazione è quindi chiaro: il fisco non procede a“rettificare” il bilancio, ma la base imponibile dell’imposta se non viene rispettatala corretta classificazione delle componenti economiche.Fino al 2007, tale “pensiero”, ai fini IRAP, aveva trovato spazio in un’appositadisposizione normativa. L’articolo 11 (relativo alle “disposizioni comuni per ladeterminazione del valore della produzione netta”) disponeva infatti, al comma 4,che “indipendentemente dalla collocazione nel conto economico, i componentipositivi e negativi sono accertati in ragione della loro corretta classificazione”.La Finanziaria 2008 ha abrogato, con effetto dal 2008, il predetto comma 4 dell’ar-ticolo 11 decreto IRAP, riproponendone ampliato il contenuto al comma 5 dell’ar-ticolo 5, il quale dispone che “indipendentemente dalla effettiva collocazione nelconto economico, i componenti positivi e negativi del valore della produzione sonoaccertati secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e clas-sificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa”.Pertanto, l’amministrazione finanziaria può rettificare la base imponibile IRAP(senza la necessità di impugnare il bilancio) quando le varie poste non sono statecorrettamente classificate.

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16 NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 IL COMMERCIALISTA VENETO

Va evidenziato che nel testo modificato dalla Finanziaria 2008, la norma fa unesplicito richiamo ai principi contabili adottati dall’impresa, riprendendo in parte ilrimando che si trovava già esposto al comma 4 dell’art. 11 ma che era poi statoeliminato dal D.Lgs. n. 506/1999.Il predetto rimando aveva a suo tempo indotto l’Amministrazione Finanziaria adaffermare la validità, agli effetti della determinazione del valore della produzione daconsiderare per il calcolo dell’IRAP, del documento interpretativo n. 1 del princi-pio contabile nazionale n. 12 (ora OIC 12), richiamandolo espressamente anchenelle istruzioni per la compilazione della relativa dichiarazione.Il nuovo rimando ai principi contabili adottati dall’impresa dovrebbe quindi averel’effetto di avvalorare quali strumenti di ausilio per la determinazione della baseimponibile IRAP i Principi contabili nazionali ovvero gli IAS, a seconda che l’im-presa adotti gli uni piuttosto che gli altri (come implicitamente confermato dalMinistero dell’Economia nella risoluzione n. 2/DPF del 12.02.2008, trattando deldistacco di personale).

Società di persone e imprese individualiSempre con effetto dal 2008 le società di persone e le imprese individuali determi-nano la base imponibile IRAP secondo le regole di cui all’articolo 5 bis del D.Lgs. n.446/1997, introdotto dalla legge n. 244/2007 (Finanziaria 2008). A differenza delledisposizioni vigenti fino al 2007 (contenute nell’art. 5 del decreto IRAP), l’articolo 5bis non fa più alcun rimando alle specifiche voci del conto economico di cui all’artico-lo 2425 del codice civile, ma richiama invece le norme del TUIR sulla determinazionedel reddito d’impresa. Di conseguenza, le società di persone e le imprese individualinon hanno l’esigenza, per determinare l’IRAP, di riclassificare i propri conti secon-do lo schema di bilancio “comunitario”.Va evidenziato che, in via di principio, devono adottare tale criterio tutte le societàdi persone e tutte le imprese individuali, a prescindere dal regime di contabilitàadottato; e quindi anche i soggetti in contabilità ordinaria (sia per obbligo che peropzione). Tuttavia, il comma 2 dell’articolo 5 bis del D.Lgs. n. 446/1997 consentealle società di persone e alle imprese individuali in contabilità ordinaria di optareper la determinazione della base imponibile IRAP con le medesime regole previsteper le società di capitali e per gli enti commerciali (quali statuite dall’articolo 5 delD.Lgs. n 446/1997). In applicazione dei criteri statuiti dall’articolo 5 bis, le societàdi persone e le imprese individuali determinano la base imponibile IRAP assumen-do, quali componenti positive, i seguenti ammontari:1. i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzioneo al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (art. 85, comma 1, lett. a, del TUIR);2. i corrispettivi delle cessioni di materie prime sussidiarie, di semilavorati e di altribeni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegatinella produzione (art. 85, comma 1, lett. b, del TUIR);3. le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, perla perdita o il danneggiamento di beni di cui ai punti precedenti (art. 85, comma 1,lett. f, del TUIR);4. i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sottoqualsiasi denominazione in base a contratto (art. 85, comma 1, lett. g, del TUIR);5. i contributi comunque erogati in base a norma di legge, fatta eccezione soltantoper quelli correlati a costi indeducibili;6. le variazioni delle rimanenze finali dei beni indicati ai precedenti punti 1 e 2 (art.92 del TUIR);7. le variazioni delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi pattuiti comeoggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale (art. 93 del TUIR).Per contro, vanno portate in deduzione le seguenti componenti negative:1. i costi delle materie prime, sussidiarie e di consumo e delle merci;2. i costi dei servizi;3. gli ammortamenti dei beni strumentali materiali e immateriali;4. i canoni del locazione anche finanziaria dei beni strumentali.Rimangono, invece, indeducibili:1. le spese per il personale dipendente e assimilato;2. i compensi per attività commerciali e per prestazioni di lavoro autonomo nonesercitate abitualmente, nonché i compensi attribuiti per obblighi di fare, non fare opermettere (di cui all’articolo 67, comma 1, lettere i) e l), del TUIR);3. i costi per le collaborazioni di cui all’articolo 50, comma 1, lettera c bis), delTUIR, nonché i compensi per tutte le altre prestazioni di lavoro assimilato a quellodipendente di cui al medesimo articolo 50 del TUIR;4. i costi per le prestazioni sportive oggetto di contratto di lavoro autonomo di cuialla legge 23 marzo 1981, n. 91;5. gli utili spettanti agli associati in partecipazione di cui alla lettera c), comma 2,dell’art. 53 del TUIR (vale a dire gli utili spettanti in forza di contratti di associazio-ne in partecipazione, quando l’apporto è costituito esclusivamente dalla prestazio-ne di lavoro);6. la quota di interessi dei canoni di locazione finanziaria, desunta dal contratto;7. le perdite sui crediti;8. l’ICI.In ogni caso, giusto quanto espressamente disposto dall’art. 5 bis del D.Lgs. n. 446/1997, “I componenti rilevanti si assumono secondo le regole di qualificazione,imputazione temporale e classificazione valevoli per la determinazione del redditod’impresa ai fini dell’imposta personale”.Una questione che si è venuta a porre e che, al momento, non ha ancora trovato unasoluzione interpretativa, riguarda gli “oneri diversi di gestione”. Il nuovo art. 5 bisconsente infatti espressamente la deduzione dei soli costi per servizi mentre nonrichiama i componenti negativi non riferibili e delle vere e proprie prestazioni diservizio; quali, ad esempio, le tasse (di concessioni governative, sui rifiuti, ecc.), icontributi ad associazioni di categorie o sindacali, gli abbonamenti e riviste e giornali,ecc.. Parrebbe quindi che per le società di persone e per le imprese individuali tali costi

non siano deducibili; mentre lo sono certamente per le società di capitali in quantoiscrivibili in una voce di conto economico (B14) rilevante ai fini IRAP.Un’altro aspetto che va evidenziato è che in forza del nuovo art. 5 bis del D. Lgs.n. 446/1997, per le società di persone e le imprese individuali rimangono del tuttoirrilevanti, ai fini IRAP, le plusvalenze e le minusvalenze sui beni dell’impresa.

Opzione per le regole delle società di capitaliCome già segnalato, in via di principio sono tenute a determinare la base imponibileIRAP secondo le regole dettate dall’articolo 5 bis del D.Lgs. n. 446/1997 tutte lesocietà di persone e tutte le imprese individuali, a prescindere dal regime di conta-bilità adottato; e quindi anche i soggetti in contabilità ordinaria (sia per obbligo cheper opzione). Tuttavia, il comma 2 dell’articolo 5 bis del D. Lgs. n. 446/1997consente alle società di persone e alle imprese individuali in contabilità ordinaria dioptare per la determinazione della base imponibile IRAP con le medesime regolepreviste per le società di capitali e per gli enti commerciali (quali statuite dall’arti-colo 5 del D.Lgs. n 446/1997).L’opzione è irrevocabile per tre periodi d’imposta e si intende tacitamente rinnova-ta per un altro triennio se al termine del triennio precedente l’impresa non opta perla determinazione della base imponibile IRAP secondo le regole “ordinarie”.Le modalità e i termini per la comunicazione dell’opzione sono stai stabiliti da unapposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate (pubblicato inGazzetta Ufficiale il 31 marzo 2008). Il Provvedimento ha statuito che, a regime, lacomunicazione deve essere inviata entro 60 giorni dall’inizio del periodo d’impostaper il quale la si esercita. Soltanto per il 2008, la comunicazione va inviata entro il30 maggio 2008 (cioè entro 60 giorni dalla pubblicazione del Provvedimento).Nella valutare l’opportunità di optare per i criteri validi per le società di capitalioccorre tenere conto dei possibili benefici, consistenti, ad esempio, nel fatto che:- gli ammortamenti andrebbero determinati secondo la vita utile dei cespiti, chepotrebbe essere inferiore al periodo di ammortamento determinato in applicazionedei coefficienti fiscali;- gli immobili abitativi concessi in locazione rileverebbero ai fini IRAP in funzionedei ricavi e dei costi effettivi e non in applicazione della regola fiscale sulla determi-nazione del reddito degli immobili, con la conseguente possibilità di portare indeduzione l’intero ammontare dei costi sostenuti per la gestione degli immobili(spese condominiali, assicurative, di manutenzione, ecc.);- i canoni di leasing risulterebbero deducibili a prescindere dalla durata del relativocontratto;- gli oneri diversi di gestione risulterebbero certamente deducibili;- le minusvalenze iscrivibili alla voce B14 del conto economico diverrebberodeducibili.Per altro verso, l’opzione per il regime delle società di capitali può avere deiriscontri negativi, tra i quali l’eventuale tassazione delle plusvalenze realizzate subeni strumentali o su immobili patrimoniali.

Regole comuniDa ultimo va evidenziato che nel determinare la base imponibile IRAP sia le societàdi capitali che le società di persone e le imprese individuali devono comunquetenere conto anche delle regole comuni a tutti i contribuenti IRAP, quali statuiteall’articolo 11 del D.Lgs. n. 446/1997 (anche modificato, con effetto dal 2008, dallaFinanziaria 2008). Pertanto, una volta individuato il valore della produzione questova incrementato e/o decrementato in applicazione delle predette regole comuni, chesi possono riassumere come di seguito.Nella determinazione della base imponibile sono ammessi in deduzione, anche senon risultanti dalle voci di conto economico che rilevano ai fini IRAP:* i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro,le spese relative agli apprendisti, ai disabili e quelle per il personale assunto concontratti di formazione lavoro, nonché i costi sostenuti per il personale addetto allaricerca e sviluppo;* un importo forfetario (di 4.600 euro, elevato a 9.200 euro in alcune regionieconomicamente svantaggiate) per ogni lavoratore dipendente impiegato a tempoindeterminato (cosiddetto “cuneo fiscale”), fatta eccezione per le imprese operantiin concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dei trasporti, delle infrastrutture,delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque discarico e della raccolta e smaltimento rifiuti;* i contributi previdenziali e assistenziali relativi ai lavoratori dipendentiimpiegati a tempo indeterminato (cosiddetto “cuneo previdenziale”), fatta ecce-zione per le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, deitrasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta edepurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti;* per le sole imprese autorizzate all’autotrasporto di merci, le indennità ditrasferta previste contrattualmente per la parte che concorre a formare il reddito deldipendente;* un importo forfetario (da 1.850 a 7.350 euro) in funzione dell’ammontaredella base imponibile. La deduzione spetta ai soggetti con una base imponibile nonsuperiore a 180.999,91 euro;* un importo forfetario di 1.850 euro per ogni lavoratore dipendente, fino aun massimo di cinque dipendenti. La deduzione spetta ai soggetti con componentipositivi IRAP non superiori a 400.000;* fino al 2008 e solo in caso di incremento del personale, il costo dei dipen-denti assunti con contratto a tempo indeterminato fino a un importo massimo di20.000,00 euro per ciascun nuovo dipendente. L’importo deducibile è maggiore perle aree depresse nonché per l’assunzione di lavoratrici donne svantaggiate.Non sono invece ammessi in deduzione:* i compensi per attività commerciali e per prestazioni di lavoro autonomonon esercitate abitualmente;* i compensi attribuiti per obblighi di fare, non fare o permettere quandocostituiscono per i percettori redditi diversi;* i costi per prestazioni di lavoro (anche di collaborazione) assimilato allavoro dipendente ai fini delle imposte sui redditi;* gli utili spettanti agli associati in partecipazione, quando l’apporto è costi-tuito esclusivamente dalla prestazione di lavoro.

IRAP: nuovi criteriSEGUE DA PAGINA 15

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Ungheria: opportunità paeseINTERNAZIONALIZZAZIONE

VALENTINA BARBIERIPraticante Ordine di Treviso

SEGUE A PAGINA 18

IL COMMERCIALISTA VENETO

L’Ungheria è una repubblica parlamentare, collocata al centro dell’Eu-ropa continentale, priva di sbocchi sul mare e quasi esclusivamentepianeggiante; il suo territorio è attraversato dall’affascinante Danu-

bio, che divide il Paese in due regioni.La maggioranza della popolazione è di religione cattolica e la lingua ufficia-le è l’ungherese.La Repubblica Popolare d’Ungheria, questo il nome ufficiale dello Statoungherese durante il periodo comunista, subìl’invasione e l’influenza sovietica per qua-rant’anni, nonostante un tentativo rivoluzio-nario di affrancamento dal regime,cruentemente represso dall’Armata rossa. LaRepubblica Popolare cessò di esistere nel 1989,a seguito delle proteste di piazza che portaro-no all’apertura alla democrazia da parte di tut-ti i paesi appartenenti al blocco orientale.Con lo scioglimento del Patto di Varsavia e ladissoluzione dell’Unione Sovietica, il Paesesi è orientato verso i modelli economici e poli-tici dell’Europa occidentale. L’Ungheria, suc-cessivamente, è entrata a far parte dell’Unio-ne Europea il 1º Maggio del 2004, completan-do il processo di progressiva trasformazionedella propria struttura politica ed economica. L’Ungheria è, oggi, una delle economie piú aperte della regione, con lapresenza di numerosi investimenti stranieri nei più importanti settori eco-nomici. Il mercato interno ungherese è relativamente piccolo, sebbene lasua economia risulti ancora al terzo posto tra quelle dei Paesi dell’EuropaCentro-Orientale, dopo Polonia e Repubblica Ceca.Il Ministero dell’Economia ungherese ha, di recente, elencato i settori eco-nomici considerati oggi prioritari e verso i quali si concentreranno le mag-giori risorse ed i maggiori incentivi. Fra questi rientrano l’informatica e letelecomunicazioni, il biotech, il farmaceutico e le apparecchiature scientifi-che, l’elettronica, l’automotive, le energie alternative e i servizi finanziari,oltre al turismo specializzato ed all’industria dello spettacolo.Lo sviluppo di questi settori è diventato una realtà concreta e trainante,stimolato dal flusso di investimenti diretti esteri che continuano ad entrarenel Paese.

Le società di diritto unghereseLa Legge n. VI del 2006 ha riorganizzato la disciplina normativa degli entigiuridici commerciali in Ungheria. Attualmente esistono due tipologie di-stinte, le società di persone e le società di capitali, ed é prevista solo perquelle di capitali la personalità giuridica, con la conseguente suddivisionedel rischio.Non é necessaria la partecipazione di un partner locale, quindi le societàpossono essere partecipate, anche interamente, da soggetti non residenti.La compagine sociale può essere costituita sia da persone fisiche sia dapersone giuridiche.Sarà semplicemente un Avvocato ungherese a predisporre l’atto costitutivoe ad autenticarlo, avendo questa figura professionale anche funzione dipubblico ufficiale in questo Paese.Alle due principali tipologie di società di capitali, corrispondenti alle italia-ne società a responsabilità limitata e società per azioni, (Kft e Rt), la leggeungherese attribuisce una flessibilità sostanziale differente.Il capitale sociale minimo per una Kft é pari a 500.000 fiorini ungheresi, paria 2.000,00 Euro circa. La società può essere amministrata da uno o piùamministratori, che operano disgiuntamente poiché non é ammessa la no-mina di un consiglio di amministrazione, mentre l’assemblea delibera sullematerie di sua esclusiva competenza, relative alle relazioni sulla contabilità,previste dalla legge, alla nomina e revoca degli amministratori, all’esclusio-ne di un socio.La società per azioni, invece, può essere costituita con un capitale socialepari a 5.000.000 fiorini ungheresi, pari a circa 20.000,00 Euro, e può ancheraccogliere risparmio tra il pubblico; può essere anche unipersonale e gliorgani della società per azioni sono l’assemblea degli azionisti e il consiglio

di amministrazione. Il collegio sindacale é obbligatorio solo nel caso in cuiil capitale sia aperto al pubblico o lo richiedano una minoranza di soci.

Il sistema fiscaleSecondo l’istituto di ricerca e consulenza tedesco KPMG, nella lista deisistemi fiscali più favorevoli in termini di tasse applicate all’imprenditoria,l’Ungheria si trova all’undicesimo posto, su ventotto Paesi europei esami-nati, preceduta da Malta, Estonia e Slovacchia.Dall’analisi è emerso che, in Europa, l’Ungheria è tra i Paesi maggiormente

attraenti, in termini di sistema fiscale societario,con requisiti basati sulla stabilità e trasparen-za del sistema tributario del Paese e aliquoteapplicate in modo equilibrato. La RepubblicaCeca, la Romania e la Grecia, ad esempio, sitrovano invece in coda alla graduatoria, conun fisco alquanto complesso, poco trasparen-te e instabile, nonostante la prospera crescitadelle rispettive economie.Le operazioni di cessione e conferimento diazienda non sono regolate dalla legge unghe-rese, si ovvia a questa carenza attraverso lasottoscrizione di una serie di contratti aventiad oggetto la varie componenti dell’impresa,mentre le cessioni delle quote di partecipazio-ne societaria sono libere con limitazioni, co-munque, possibili per scelta statutaria.Le operazioni di fusione e scissione, invece,

sono previste dalla normativa civilistica la quale ha recepito le direttivecomunitarie in materia, rispettando le previsioni europee. Questi strumenticonsentono, soprattutto, di ovviare al meccanismo dell’imposta di registrosugli immobili diversi da quelli ad uso abitativo, che corrisponde al 10% delvalore di mercato degli stessi, mentre l’imposta non si sconta nei casi difusione e scissione di società che detengono terreni o fabbricati.Le rivalutazioni di terreni, fabbricati e macchinari non sono soggette atassazione immediata, bensì si attuano sempre in sospensione d’imposta,continuando ad ammortizzare il solo costo di acquisto.

La tassazione delle società commercialiLa principale imposta societaria é quella sui redditi delle società, con un’ali-quota del 16% su una base imponibile pari alla differenza tra costi e ricavi,tenuto conto di esigue voci di costi indeducibili e delle numeroseagevolazioni previste.Tutte le variazioni fiscali vengono effettuate esclusivamente nella dichia-razione dei redditi annuale. All’imposta sul reddito delle società va ad ag-giungersi un’imposta speciale, con aliquota pari al 4% ed un’imposta loca-le simile all’IRAP italiana, che però è deducibile dal reddito per il 200%, aifini delle imposte sui redditi.

Costi indeducibiliI costi indeducibili seguono il principio di inerenza ungherese, che prevedenon possano essere dedotti dal reddito complessivo quei costi che nonrisultano sostenuti nell’interesse dell’impresa: a comprova di ciò, per icosti relativi a servizi eccedenti i 200.000 fiorini ungheresi, pari a 800,00Euro circa, è necessario che ci sia un contratto a comprovare l’inerenzadella spesa. Le altre voci più significative di costi indeducibili sono rappre-sentate dai debiti prescritti, ai quali il creditore ha rinunciato, e dagli inte-ressi passivi eccedenti il rapporto 3/1 tra finanziamenti di terzi e patrimonionetto.

Principali agevolazioni in materia fiscaleI costi di ricerca e sviluppo sono deducibili al 200%. L’imposta locale sulleattività produttive é deducibile per il 200%. Un importo pari al 50% deiricavi derivanti da interessi ricevuti da società dello stesso gruppo, dalleroyalties e dalle plusvalenze derivanti da operazioni di borsa, é deducibiledalla base imponibile positiva fino a concorrenza del 50% della stessa. Il50% della base imponibile può, inoltre, essere detassato a riserva di svilup-

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18 NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 IL COMMERCIALISTA VENETO

po, a patto che la società effettui investimenti dipari importo entro i quattro esercizi successivi.Le perdite possono essere portate a nuovo perun periodo illimitato, eccezion fatta per quellerelative agli esercizi successivi al quarto, per lequali é necessario presentare espressa richiesta,in presenza di particolari condizioni.

IVALa normativa IVA nel Paese è abbastanza simile aquella italiana, visto il recepimento della normati-va comunitaria in essere. Sono esenti dall’impo-sta la compravendita di terreni agricoli e la com-pravendita e la locazione di immobili, a meno chenon si eserciti l’opzione per l’assoggettamentoall’imposta.L’aliquota IVA ordinaria è del 20%, su una baseimponibile corrispondente al prezzo pagato per ibeni materiali, immateriali ed i servizi prodotti inUngheria acquisiti da altri paesi comunitari. Noné detraibile esclusivamente l’imposta pagata sul-le spese di rappresentanza, nonché quella suicosti sostenuti per la gestione delle autovetture,né sul 30% delle spese telefoniche.

Piccole impreseLe imprese con un fatturato inferiore a 25.000.000fiorini ungheresi, pari a 100.000,00 Euro circa, unacompagine sociale costituita interamente da per-sone fisiche ed un’operatività di almeno due anni,possono adottare un regime di tassazione sem-plificata, che prevede l’applicazione di un’aliquotapari al 25% su tutte le fonti di reddito percepite;tale aliquota sostituisce IVA, imposte sui redditie IRPEF, in caso di distribuzione di dividendi.

Fondi comunitariIl Piano Nazionale di Sviluppo Nuova Ungheria2007-2013, approvato dalla Commissione Euro-pea qualche mese fa ed entrato ormai in fase diattuazione, offre alle aziende italiane registrate inUngheria un ampio ventaglio di opportunità difinanziamento. A distanza di tre anni dall’adesio-ne all’Unione Europea, l’Ungheria si trova abeneficiare, ancor più che in passato, di rilevantifondi europei. Il periodo di programmazione 2007– 2013, con i suoi circa 24,5 milioni di Euro daallocare all’Ungheria, rappresenta una significa-tiva opportunità sia per il rilancio del Paese siaper i diversi operatori (istituzioni, imprese, ban-che, società di consulenza, individui), che do-vranno al contempo contribuire all’allocazione ebeneficiare di tali fondi.Uno dei principali problemi che un’azienda si tro-va ad affrontare quando decide di intraprendereun investimento usufruendo di strumenti nonnazionali, è quello di prendere cognizione delleopportunità disponibili; problematica amplifica-ta in presenza di barriere linguistiche e di docu-menti di programmazione tecnici ed articolati, maormai facilmente superabile grazie a numerosistrumenti che riescono a farci sentire europei,nonché ai professionisti che allargano i propriorizzonti a quelle che sono le opportunità che ilmercato unico offre.Resta sempre attuale l’auspicio delle Autoritàmagiare, infatti, di vedere aumentare in un pros-simo futuro il numero e la consistenza degli inve-stimenti italiani, giudicati sottodimensionati ri-spetto al potenziale del nostro Paese e alle ottimerelazioni politico-economico-culturali esistenti traItalia e Ungheria.

L'UngheriaSEGUE DA PAGINA 17

Le più grandi civiltà non devono il proprio successo alla ricchezza del loro territorio.Le civiltà più durature, quelle che hanno avuto nella storia dell’umanità il maggiorpeso, sono tali per la capacità di organizzare la loro forma di stato.Pensiamo agli egizi, ai mesopotamici, alle città medioevali, ma soprattutto a Vene-zia. Venezia non ha nessuna ricchezza naturale, non ha miniere, non ha boschi,non è l’unica ad avere l’accesso al mare.Venezia dalla fine del 600 alla fine del 1700, per più di mille anni, è stata unapotenza mondiale.Non è facile riassumere l’organizzazione politica di Venezia, che ha avuto notevoli esignificativi cambiamenti nel corso di un millennio. Proprio adeguando le regoleche hanno governato la macchina politica, la Repubblica è riuscita a mantenerequel predominio che tutti le hanno riconosciuto.La fine della Repubblica non è avvenuta per la vittoria di un nemico, ma perchéaveva esaurito quella spinta vitale che l’ha guidata per 1100 anni.Nei primi periodi della Repubblica, dopo che, nel 687, il popolo aveva proclamatoPaolo Lucio Anafesto primo doge, a vita, Venezia ha incontrato gravi difficoltàdovute al tentativo di qualche doge di assumere un potere assoluto, o di instaurareuna dinastia. Alla fine della Repubblica il doge aveva scarsissimo potere: era unafigura di grande prestigio, di notevole peso a livello internazionale, ma con nessunapossibilità di gestire lo Stato, che, invece, era portato avanti dalle altre Magistrature.I principali elementi che hanno caratterizzato la nomina del Doge sono, a mioparere, il peso della sorte e l’impegno che il nuovo Doge era chiamato a sottoscrive-re all’atto del suo insediamento.Fin dal 1252 l’elezione del Doge cominciava con la casuale ricerca del “ballottino”.Il consigliere più giovane, dopo una preghiera rituale, uscendo dalla Basilicaindicava nel primo fanciullo che incontrava il “ballottino”, quello che estraeva le“balle” che designavano i primi elettori.Il “ballottino” consegnava a ciascuno dei consiglieri, che, in fila, gli passavanodavanti, una biglia cava. Soltanto all’interno di trenta biglie c’era scritta la parola“elector”: chi riceveva la biglia vuota non partecipava alla votazione.E da questi trenta, così indicati dalla sorte, iniziava l’elezione del capo della piùgrande potenza commerciale ed economica del mondo allora conosciuto.Dei trenta, a sorte, ventuno venivano “levati” e ne rimanevano nove.Questi nove ne eleggevano quaranta che dovevano ricevere sette voti ciascuno.E così per nove tornate di elezioni e di esclusioni, fino a quando gli ultimiquarantuno eleggevano il doge che doveva ricevere venticinque preferenze.Il doge prima di essere nominato doveva giurare di rispettare la “promissionedogale” che conteneva le regole alle quali il Doge e la sua famiglia dovevanoattenersi. Il contenuto della “promissione dogale” veniva modificata e aggiornatanel corso del tempo per adeguarla alle necessità e per impedire eventuali abusi che ilDoge potesse compiere: il mancato rispetto della “promissione dogale” comportavaanche la morte.Il 17 aprile del 1356, per alto tradimento, veniva decapitato il Doge Marin Faliero. Aperenne ricordo e disprezzo, nella sala del Maggior consiglio, un drappo nero coprelo spazio della parete riservato alla sua immagine.

Paolo Lenarda(Ordine di Venezia)

L’ELEZIONE DEL DOGE

La manina di legno con la quale unragazzino, detto «ballottino del Doge»,estraeva le biglie per l'elezione.Il doge Marin Faliero

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Investire in ColombiaINTERNAZIONALIZZAZIONE

ADRIANO CANCELLARIOrdine di Vicenza

IL COMMERCIALISTA VENETO

PremessaRecentemente, alcuni articoli pubblicati su alcune del-le più importanti riviste internazionali come il NewYork Times, Businessweek, The Guardian e persinoanche la guida turistica Lonely Planet, hanno dedicatouna speciale attenzione al nuovo atteggiamento che ilmondo ha attualmente assunto nei confronti della Co-lombia.Questo cambio di percezione si basa su fatti concreti,quali la crescita economica e la stabilità politica edeconomica del Paese che, sommati al miglioramentodella sicurezza, hanno portato ad un cambio positivodella propria immagine nel mondo. Tutte le predettepubblicazioni invitano gli investitori ed i turisti a visi-tare il Paese ed approfittare delle molteplici attrazioniche la Colombia può offrire.

Motivi per investire in ColombiaEcco di seguito riepilogate in forma schematica le prin-cipali ragioni che potrebbero interessare un investito-re straniero a trasferire parte della propria attività inquesto Paese sudamericano:Stabilità macro-economicaLa Colombia è una delle economie più stabili dellaAmerica Latina. Lo dimostra la sua crescita economicadel 6,8% ed il suo tasso di inflazione che in questiultimi anni si è ridotto al 4,5%. L’indebitamento si èridotto nel 2007 al 20% del PIL contro il 51% del 2002ed il 30,6% del 20061

Stabilità politicaLa Colombia è conosciuta come la democrazia piùantica e stabile di tutta la regione. Tutti i Presidentisono stati eletti democraticamente, salvo per un breveperiodo, dal 1953 al 1957, in cui ci fu una dittaturamilitare.Secondo il World Competitiveness Yearbook 2006, laColombia occupa il primo posto tra i Paesi della regio-ne in termini di contenuto e trasparenza della sua po-litica governativa.L’attuale Presidente della Repubblica, Alvaro UribeVélez, è stato eletto per un secondo mandato (2006-2010) con il 62% dei voti, a dimostrazione della validi-tà della sua linea di governo.Fiducia da parte degli investitori stranieriGli investimenti stranieri sono cresciuti ultimamentein modo significativo e nel 2006 hanno raggiunto i6.295 milioni di dollari USA.Più di 700 multinazionali, tra cui Procter & Gamble,Johnson & Jonson, 3M, SABMiller, Telefónica yNestlé hanno investito in Colombia e recentementealtre ne stanno arrivando (Falabella, MillicomInternacional Celullar y Glencore).Stabilità giuridicaIl Paese offre agli investitori la possibilità di sottoscri-vere i cosiddetti “contratti di stabilità giuridica”. Que-sto permette, a fronte di modificazioni di norme chesiano state inserite nei contratti commerciali come“determinanti per l’investimento”, la continuità dellaloro applicazione nella versione originaria, per un pe-riodo che va dai tre ai venti anni.Risorse umaneLa forza lavoro della Colombia è considerata tra lemigliori nella regione andina ed una delle più qualifica-te a livello gestionale e operativo.Regime lavorativo flessibileLa Colombia ha uno dei regimi lavorativi più flessibilidella America Latina. La giornata lavorativa diurna vadalle sei di mattina fino alle dieci di sera. Grazie a ciò,il datore di lavoro può contare su due turni di lavorosenza la necessità di pagare ore straordinarie o nottur-ne. Non esiste obbligo di contribuzione sociale per gliapprendisti assunti con contratto di prestazione diservizi. L’indennità di licenziamento senza giusta cau-sa è di ammontare contenuto.

1 Fonte: Banco de la República de Colombia1 Patrìcia Garcìa Lòpez: Los Impuestos en Colombia – Atti del Congresso EuraAudit International di Città del Messico 20072 Patrìcia Garcìa Lòpez: Las Zonas Francas en Colombia – Atti del Congresso EuraAudit International di Città del Messico 2007

Ubicazione strategicaLa Colombia è localizzata strategicamente come pun-to intermedio tra America del Nord e America del Sud.Si affaccia sia sull’oceano Atlantico che sull’oceanoPacifico e possiede delle moderne infrastruttureportuarie. Ha facile accesso ai mercati nordamericano,latino-americano, europeo ed asiatico.Piattaforma per le esportazioni e accesso ai mercatimondialiGrazie a vari accordi di libero commercio e doganali, laColombia ha accesso ad un mercato di 1.200 milioni dipersone. Ecco di seguito alcuni dei principali accordiratificati o in via di ratifica:- Accordi di libero commercio: ComunidadAndina de Naciones-CAN (Colombia, Bolivia, Ecuadory Perù), G-2 (Colombia y México), CAN –MERCOSUR, Colombia - Cile.- Accordi doganali: con Stati Uniti e con la Unio-ne Europea.- Accordi commerciali in fase di ratifica: con ilTriangolo Nord del Centro America (El Salvador,Guatemala y Honduras), con la Associazione Europeadi Libero Commercio (Norvegia, Svizzera, Islanda eLiechtenstein), con il Canada, con la Unione Europea.- Accordi contro le doppie imposizioni: Cile,Ecuador, Bolivia e Perù.Regimi speciali per il commercio esteroEsistono dieci zone franche, come si vedrà in seguito,che offrono benefici valutari, fiscali e doganali. Esisto-no altresì incentivi per gli esportatori abituali e sistemiagevolativi per l’importazione e l’esportazione.Infrastrutture e vie di comunicazioneLa Colombia ha sei porti sul Mar dei Caraibi e dueporti sul Pacifico, cinque aereoporti internazionali edil 91% della rete stradale è asfaltata.

Il sistema fiscale2

I sistema fiscale è costituito dalle seguenti imposte:- Imposta sui redditi (Impuesto sobre la Renta), la cuialiquota è del 33% per il 2008-Imposta sui redditi occasionali (Impuesto deGanancias Ocasionales) la cui aliquota è del 33% per il2008 e riguarda:- Plusvalenze su vendite di attività possedute da piùdi due anni- Plusvalenze originate da liquidazione di società- Redditi provenienti da eredità, legati, donazioni- Vincite di lotterie, concorsi e scommesse- IVA (Impuesto a las Ventas): colpisce le prestazionidi servizi, la vendita e la importazione di beni. Laaliquota varia a seconda dei beni e dei servizi, ma ingenerale è del 16%- Imposta Patrimoniale (Impuesto de Patrimonio): èuna imposta temporanea per il periodo 2007-2010 acarico delle persone giuridiche e fisiche il cui patrimo-nio liquido a fine anno sia superiore a US$ 1.500.000.L’aliquota è del 1,2%- Imposta di bollo (Impuesto de Timbre): imposta dicarattere documentale che si applica per il rilascio o laaccettazione di documenti di valore superiore ad uncerto importo (US$ 62.922 per il 2007). La aliquota peril 2008 è del 1%, mentre è prevista per il 2009 l’aliquotadel 0,5% e la soppressione dell’imposta dal 2010.- Imposta sulle movimentazioni finanziarie (Gravamena los movimientos financieros): si applica alle transa-zioni finanziarie su conti bancari e l’aliquota è del 0,4%.

Le Zone Franche in Colombia3

Le Zone Franche sono delimitate aree geografiche, conun regime speciale in materia tributaria e doganale, che

hanno come obiettivo principale la promozione di unprocesso di industrializzazione, mirato all’offerta dibeni e servizi, che si rivolge principalmente ai mercatiesteri. Le merci in ingresso in queste aree si considera-no al di fuori del territorio doganale nazionale.Le agevolazioni per coloro che investono nelle ZoneFranche in Colombia consistono:- nella esenzione IVA delle importazione (Impuesto alas Ventas )- nella applicazione della Imposta sui redditi (Impuestosobre la Renta) del 15%- nella esenzione di dazi doganali nel caso in cui iprodotti non vengano venduti in Colombia.La Colombia ha dieci Zone Franche, quattro delle qua-li (Barranquilla, Cartagena, Santa Marta e Pacífico)sono ubicate lungo il territorio costiero con facile ac-cesso ai principali porti del Paese. Le altre sei ZoneFranche sono localizzate strategicamente all’internodel Paese per servire diversi centri di produzione.

Il decreto 383 del 2007, che ha unificato tutta la nor-mativa sulle Zone Franche, ha creato anche le ZoneFranche Speciali. In questo modo si permette, in

alternativa, che le imprese che generano un elevatoimpatto economico o sociale possano ottenere un re-gime di agevolazione fiscale senza bisogno di insediar-si in una Zona Franca, a condizione che possiedano iseguenti requisiti:- avere realizzato nei primi tre anni di attività investi-menti per almeno US$ 32 milioni o 600 assunzioni(per i progetti agroindustriali i parametri si riducono aUS$ 16,4 milioni o 500 assunzioni)- il progetto di investimento deve avere un componente diriconversione industriale e/o di trasferimento tecnologico- avere ottenuto l’autorizzazione dal Ministero com-petente (Ministerio de Comercio, Dirección Nacionalde Planeación y Dirección de Impuestos y AduanasNacionales) in cui si stabilisce la fattibilità del proget-to dal punto di vista economico e sociale.Nel caso, quindi, in cui una impresa realizzi in Colom-bia un nuovo investimento di US$ 32 milioni o assuma600 nuovi posti di lavoro, anche se non è situata in unadelle dieci Zone Franche, sarà assoggettata ad una im-posta sui redditi del 15%, oltre ad essere esentata daimposte sulle importazioni.L’organo preposto al controllo e al funzionamentodelle Zone Franche è la Dirección de Impuestos yAduanas Nacionales.

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20 NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 IL COMMERCIALISTA VENETO

STUDI PROFESSIONALI: CHINON COMUNICA E' FUORI GIOCO

La pubblicità è l’anima dello studio. Così titolava uno speciale dedicato allaliberalizzazione delle professioni un noto quotidiano, subito dopo la riforma Bersani.Ma le cose stanno proprio così? Siamo certi che la pubblicità sia lo strumento di

comunicazione più adatto e coerente per comunicare le professioni? Non c’è alcunadifferenza tra un prodotto di largo consumo e la fornitura di un servizio intellettuale?Non voglio né demonizzare né esaltare il ruolo della pubblicità nella comunicazione delleprofessioni: voglio solo offrire, senza pregiudizi né preconcetti, qualche riflessione suiprincipali strumenti di comunicazione a disposizione dei professionisti per comunicare leproprie competenze e il proprio posizionamento di marketing.

La prima riguarda la collocazione ed il ruolo della comunicazione nella stra-tegia dello studio. Il piano di comunicazione va infatti studiato e realizzato solo“dopo” aver definito, nel piano di marketing, “chi siamo”, “dove vogliamo anda-

re” e, soprattutto, “come”. Anticipare il piano di comunicazione significa partire per unanavigazione nel mare aperto e ipercompetitivo del mercato, senza una destinazione pre-cisa e senza una bussola in grado di orientarci.

La seconda riguarda il ruolo della fiducia nelle relazioni tra cliente e fornitoredi servizi intellettuali. Nell’area dei servizi alle imprese, quelli professionalivengono definiti knowledge-intensive e ciò che lega il cliente al fornitore del

servizio è principalmente una reciproca relazione di fiducia. Una ricerca condotta daAccenture nel 2004 ha dimostrato che i clienti considerano la fiducia come il fattorechiave e di maggiore importanza nel processo di selezione di una società di consulenza(94%), seguono la flessibilità (83%), l’esperienza (81%), la conoscenza del settore (78%)e la reputazione (77%). Per sua natura, la fornitura di un servizio non può essere valutatanelle sue componenti valoriali “prima” della fase di erogazione del servizio stesso. Lafiducia assume quindi un ruolo determinante nella scelta del professionista e, quanto piùlongeva, intensa e vitale sarà la relazione tra le parti, tanto maggiore sarà la fiduciacreata. La comunicazione del professionista verso il cliente dovrà quindi privilegiare gliaspetti relazionali rispetto a quelli informativi e avrà l’obiettivo di dimostrarne l’affidabilitàe la credibilità.

La terza riflessione riguarda il ruolo della pubblicità nella costruzione dellareputazione dello studio professionale. Secondo una ricerca condotta nel 2006da Cohn & Wolfe e Research International sul legame tra reputazione e investi-

mento pubblicitario, è risultato che la pubblicità classica è un “falso mito”, perché con-tribuisce ad aumentare la visibilità della marca ma non crea automaticamente buonareputazione (fondamentale per costruire la fiducia). Dalla ricerca è emerso che gli ele-menti centrali per consolidare il brand e la reputazione sono soprattutto la capacità direlazionarsi con i clienti, la qualità dei servizi e la responsabilità sociale. La reputazione è,quindi, un fattore critico di successo per raggiungere obiettivi strategici, ma lo strumen-to per costruirla non è la pubblicità: non esiste, in altre parole, una relazione tra incidenzadella spesa pubblicitaria e livello di conoscenza e reputazione dello studio professionale.La credibilità strategica di uno studio professionale si costruisce utilizzando tutte le levedella comunicazione e non solo l’advertising classico.Gli studi professionali dovranno quindi imparare a conoscere e ad utilizzare gli strumentidi comunicazione che permettono di costruire e governare relazioni positive ed efficacicon tutti i pubblici. Oggi possiamo con certezza affermare che nel nostro Paese ci sonoadeguate competenze – i relatori pubblici – per affiancare il sistema delle professioninella sua crescita (27 Ordini professionali e oltre 100 professioni non riconosciute) eaccompagnarlo nella gestione di nuovi livelli di complessità e competizione.

di Giampietro Vecchiato*

* Vice Presidente Ferpi, Federazione Relazioni Pubbliche Italiana

Il ruolo delle relazionipubbliche

TENUTA ALBOE REGISTRO TIROCINANTIEbnicher Gunther Bolzano Dal Pont CristinaGorizia Incastrini Fabio Padova FerranteMarcello (coord.) Pordenone Ghirardini MicheleRovigo Sgura Giovanni Udine Volpe AndreaUdine De Mattia Federica Udine de Perini Al-berto Venezia

LIQUIDAZIONE PARCELLEMocellin Elisabetta Bassano Paulato GiuseppeBolzano Carolo Dante Padova Polverino Clau-dio Gorizia Manfrin Gianfranco PordenoneBaratella Giuseppe Trento Zanoni Giulio TrentoSimeoni Antonio Udine Volpe Andrea UdineMenegazzi Renzo (coord.) Venezia

PROCEDIMENTI DISCIPLINARIE INCOMPATIBILITA’Ferraro Imerio Bassano Burchia RichardBolzano Clemente Ariella Gorizia Dalla CostaMarcello Padova Ferrante Marcello PordenoneNale Monica Umberta Rovigo Baratella Giusep-pe (coord.) Trento Zanoni Giulio Trento SguraGiovanni Udine Volpe Andrea UdineAndreola Gabriele Venezia

FORMAZIONE PROFESSIONALE CONTINUABergamin Lucia Bassano Marrone MichelaBelluno Taiana Silvano Bolzano David DavideGorizia Davi Remo Padova Degan GianluigiPordenone Borgato Riccardo Rovigo Iori Mi-chele Trento Paltrinieri Maria Letizia TrentoQuaggiotto Tiziana Treviso Crevatin GiancarloTriesteCasarsa Alessandro Udine Ciriotto Gio-vanna (coord.) Venezia Castegnaro RobertoVicenza

RAPPORTI CON LE UNIVERSITA’Ausserhofer Walter Bolzano Fedetto Sara(coord.) Padova Marcuzzi Eves PordenoneVulpinari Gianluigi Rovigo Decaminada PaoloTrento Sirch Lorenzo Udine Ciriotto GiovannaVenezia

RAPPORTI TRIVENETO/REGIONI/ENTI P.Medeot Enzo Gorizia Cinelli Renato PordenoneBressan Romina Rovigo Tonina Massimo(coord.) Trento Paolini Alessandro Udine

FISCALITA’/RAPPORTI CON LE DRELapovich Angelo Gorizia Manna Marina PadovaSessolo Michele PordenoneDenti AndreaRovigo Iori Michele Trento Spollero AndreaUdine Comin Mauro (coord.) Venezia

ARBITRATO E CONCILIAZIONEMedeot Enzo (coord.)Gorizia Casoria CesarePadova Cavallari Massimo Padova TriggianiMichela Pordenone Girardi Monica RovigoManzoli Stefania Rovigo Decaminada PaoloTrento Zanoni Giulio Trento Linda FrancescaUdine

RAPPORTI CON I PARLAMENTARIAusserhofer Walter BolzanoBarusco Sebastiano Padova Colombo AlbertoPordenone Capuzzo Angelo (coord.) RovigoIori Michele Trento Rella Alberto T r e n t oFerrari Marco Udine Da Re Massimo Venezia

RAPPORTI CON LE ALTRE CATEGORIEBeltramello Giuliano Bassano Lapovich AngeloGorizia Riello Lucia Padova Cinelli RenatoPordenone Caniato Michele Rovigo Guasti Al-berto Rovigo Menon Alfredo (coord.) RovigoFranceschi Roberto Trento Casarsa Alessan-dro Udine Da Re Massimo Venezia

ASSOCIAZIONELE COMMISSIONI

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NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 21

Momento crucialedella vita degli Ordini

IL COMMERCIALISTA VENETO

Torna a settembrela TrivenetoSailing Cup

Si svolgerà a Caorle (Ve) dal 12 al 14 settembre 2008 la quartaedizione della Triveneto Sailing Cup, l’attesa manifestazionevelica, entrata nella tradizione dell’Associazione dei DottoriCommercialisti e degli Esperti Contabili delle Tre Venezie.

L’idea, nata da un gruppo di colleghi appassionati di questosport entusiasmante, prevede la possibilità di partecipazione per equi-paggi composti da 6 Dottori Commercialisti/Esperti Contabili a bordo dialtrettante imbarcazioni identiche tra loro, con uno Skipper di famainternazionale (ci saranno nomi come Mauro Pelaschier, Lorenzo Bodini,Alberto Barovier, Cristiana Monina, Roberto Ferrarese, Matteo Savelli emolti altri) che svolga la delicata funzione di “tattico”, una sorta dimanager che decide le strategie da tenere durante la regata.Le tre edizioni precedenti sono state vinte rispettivamente dall’ Ordine diTrieste nel 2005 e dall’Ordine di Vicenza nel 2006 e 2007.L’edizione 2008 sarà caratterizzata dall’apertura a livello nazionale.Il programma prevede l’arrivo degli equipaggi il venerdì mattina, uscita diallenamento e, dopo aver ascoltato il briefing agli equipaggi, cenainformale a base di “poenta e pesse”.Il sabato e la domenica saranno giorni di regata con una serie di proveche porteranno alla classifica finale e durante le premiazioni di domenicasi proclamerà il vincitore di questa quarta edizione.Maggiori informazioni saranno reperibili sul sito:www.giornatedeltriveneto.org .Per informazioni contattare la segreteria dell’[email protected]

Un intervento del Presidente dell'Associazione

L’Associazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabilidelle Tre Venezie, che rappresenta il braccio operativo della Con-ferenza Permanente dei Presidenti degli Ordini dei Dottori Com-mercialisti ed Esperti Contabili, lo scorso aprile mi ha nominatoPresidente. Ringrazio tutti i soci dell’Associazione ed i Presidentidegli Ordini del Triveneto per la fiducia accordatami che auspicodi ricambiare con l’aiuto prezioso di tutti i consiglieri ai quali conl’occasione auguro buon lavoro all’insegna della collegialità.Vi confesso che nello stesso momento in cui mi è stato affidatol’incarico la mia mente è tornata indietro di un po’ di anni e precisa-mente a quando ci si ritrovava il sabato mattina nella “buca” del-l’allora Hotel Ramada a Mestre-Venezia. Ricordo che la sala eragremita di colleghi che arrivavano da tutte le parti del Triveneto: cisi incontrava, ci si scambiava esperienze lavorative, si creavanonuovi contatti, si respirava e si toccava con mano lo spirito diappartenenza alla categoria. E’ doveroso un ringraziamento al miocollega di studio “ex tutor” Agostino Siviero che mi ha fatto toc-care con mano lo spirito di aggregazione ed il senso di apparte-nenza all’Ordine.E’ vero, l’Associazione ha attraversato anche momenti difficili, incui gli iscritti erano veramente pochi. Ricordo una frase del buonRomanelli: “c’è un momento per nascere e un momento per mori-re”, io ora aggiungo c’è anche un momento per rinascere.Con l’avvento della formazione professionale continua obbligato-ria l’Associazione è ritornata agli allori del passato, grazie allaguida del “grande” pass-president Diego Xausa che ha saputodare, con l’aiuto di validi collaboratori, una struttura in grado diorganizzare e gestire eventi formativi, ludici e sportivi per più di1700 colleghi.Arrivando ai giorni nostri, ritengo che la mia elezione a Presidentedell’Associazione sia avvenuta in un momento cruciale della vitadegli Ordini locali: l’unificazione dei Dottori Commercialisti e deiRagionieri in un Albo Unico, unificazione proposta con successodai Presidenti degli Ordini locali che hanno cessato il loro manda-to alla fine del 2007. Compito dell’Associazione ora è quello diattuare le direttive dettate dai Presidenti degli Ordini dell’areaTriveneto riuniti nella Conferenza Permanente, organo deputato apromuovere il processo di sviluppo e di rafforzamento della nostracategoria.L’obiettivo che l’Associazione si prefigge è quello di offrire agliOrdini locali dei percorsi di formazione condivisi e che tenganoconto delle specifiche esigenze territoriali, privilegiando la “for-mazione” rispetto all’“aggiornamento” professionale, anche me-diante l’utilizzo di strumenti nuovi come l’e-learning. Si tratta di unprogetto il cui scopo è quello di fornire a tutti gli associati unbagaglio culturale apprezzabile quanto ai contenuti ed adeguatoalle esigenze della professione privilegiando, per quanto possibi-le, l’organizzazione in proprio di eventi formativi ad alto contenutoscientifico e pratico in specifici settori della nostra attività profes-sionale.Più in generale avrà il compito di sviluppare e rafforzare lo spiritodi aggregazione tra gli iscritti ed il loro senso di appartenenzaall’Ordine, cogliendo le loro istanze tramite la Conferenza, indivi-duando le priorità e dando risposte concrete con l’aiuto essenzia-le dei componenti il suo Consiglio Direttivo.Ritengo che tali obiettivi si potranno raggiungere tanto più facil-mente quanto più stretto sarà il legame e la collaborazione tra laConferenza, l’Associazione ed il Giornale o, più semplicemente,quanto più queste parti riusciranno a fare gioco di squadra.Concludo ringraziando il Direttore Da Re per lo spazio che mi haconcesso ed augurando in bocca al lupo al neo Presidente dellaConferenza Marco Pezzetta, due colleghi nonché amici per i qualinutro la massima stima.

Dante Carolo

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22 IL COMMERCIALISTA VENETO

BORSE DI STUDIO 2008

ASSOCIAZIONE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI ED ESPERTI CONTABILI DELLE TRE VENEZIE

IL COMMERCIALISTA VENETO PERIODICO BIMESTRALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI ED ESPERTI CONTABILI DELLE TRE VENEZIE

NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008

L’Associazione dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili delle Tre Venezie, in collaborazione con Il Commercialista Veneto, periodicodalla stessa edito, al fine di individuare e valorizzare capacità professionali particolarmente qualificate nell’ambito dei giovani praticanti etirocinanti che non abbiano ancora superato l’esame di Stato per l’ammissione alla professione di Dottore Commercialista, bandisce, anche peril 2008, un concorso per n. 3 borse di studio denominate IL COMMERCIALISTA VENETO 2008.

1. ImportoLe borse di studio prevedono l’elargizione a favore dei vincitori di un premio in denaro di Euro 800 ciascuno.

2. DestinatariDestinatari delle borse di studio sono i giovani nati dopo il 31/12/1976, iscritti al Registro praticanti di uno dei 14 Ordini dei Dottori Commercia-listi ed Esperti Contabili delle Tre Venezie prima del 30/09/2007, ovvero i praticanti che abbiano concluso il periodo di praticantato obbligatorioe non abbiano ancora superato l’Esame di Stato per l’ammissione alla professione di Dottore Commercialista.

3. OggettoI partecipanti dovranno presentare un elaborato inedito di approfondimento, di lunghezza compresa tra le 15.000 e le 20.000 battute (spaziinclusi), su un argomento specifico inerente l’attività professionale dei Dottori Commercialisti. Ogni lavoro dovrà essere accompagnato dauna premessa introduttiva (abstract) di una cartella (distinta dalla relazione e non rilevante ai fini della dimensione massima dell’elabora-to), in cui l’Autore dovrà illustrare sommariamente i contenuti, gli obiettivi e i risultati della ricerca. Costituirà particolare elemento divalutazione l'originalità e la novità nell'approccio al tema trattato.

4. ModalitàGli interessati dovranno inviare i loro elaborati esclusivamente a mezzo di posta elettronica, redatti in formato word, al Comitato di Redazionede IL COMMERCIALISTA VENETO, all’indirizzo [email protected], entro le ore 24.00 del 30 settembre 2008. Dovrà essere allegatomodulo di iscrizione rilevabile dal sito web del giornale: www.commercialistaveneto.com e copia della documentazione, rilasciata dai rispetti-vi Ordini di appartenenza, attestante i requisiti di cui al punto 2). 5. GiuriaLa giuria è costituita dai componenti il Comitato di Redazione de IL COMMERCIALISTA VENETO, dal Direttore del periodico e dalPresidente dell’Associazione. Verificato il rispetto dei requisiti di cui ai punti 2, 3 e 4, la giuria deciderà a maggioranza, a suo insindacabile einappellabile giudizio.

6. PremiazioneLa premiazione avverrà in occasione di una Giornata di Studio organizzata dall’Associazione dei Dottori Commercialisti delle Tre Venezienella stagione formativa 2008/2009. I lavori premiati saranno integralmente pubblicati su “Il Commercialista Veneto”; potranno eventualmen-te essere pubblicati, pur non premiati, anche lavori ritenuti di particolare interesse.Dopo il 31 dicembre 2009 i lavori che hanno concorso all’assegnazione delle borse di studio potranno essere pubblicati anche altrove conl’espressa indicazione “elaborato redatto per la partecipazione alla borsa di studio denominata IL COMMERCIALISTA VENETO 2008periodico bimestrale dell’Associazione dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili delle Tre Venezie”. Venezia, giugno 2008

ASSOCIAZIONE DEI DOTTORI IL COMMERCIALISTA VENETO COMMERCIALISTI ED ESPERTI CONTABILIDELLE TRE VENEZIE Il Presidente Il Direttore ResponsabileDante Carolo Massimo Da Re

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NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008 23

L'esercizio di competenzadelle provvigioni

NORME E TRIBUTI

ANTONIO SACCARDOOrdine di Vicenza

IL COMMERCIALISTA VENETO

Le provvigioni attiveLe provvigioni attive spettanti agli agenti di com-mercio sono qualificabili come proventi derivan-ti dall’espletamento di prestazioni di servizi.Ai fini fiscali, i corrispettivi delle prestazioni diservizi si considerano conseguiti “alla data in cuile prestazioni sono ultimate” (T.U.I.R., art. 109comma 2 lettera b).Diventa importante verificare quale sia il momen-to di “ultimazione”, per determinare il periodo dicompetenza di questi componenti di reddito. Perfar ciò, è necessario integrare la disciplina fiscalecon la normativa civilistica dettata per lo specifi-co contratto, nel nostro caso il contratto di agen-zia. Il D.Lgs. 15 febbraio 1999, n. 65 ha attuato inItalia la direttiva comunitaria 86/653/CEE, e haapportato delle modifiche alla disciplina civilisticadel contratto di agenzia.La Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 115/E del 2005 ha individuato il momento diultimazione della prestazione nella data in cui siverifica la data di stipula del contratto “procura-to” dall’agente (cioè concluso grazie al suo in-tervento), concluso tra la preponente (la “casamadre”) e il cliente.Nel sistema pre-vigente (ante 1999) l’agente ac-quisiva il diritto alla provvigione solo quando ilcontratto era andato a buon fine. Il vecchio testodell’art. 1748 comma 1 affermava: “l’agente hadiritto alla provvigione solo per gli affari che han-no avuto regolare esecuzione”. La nuova formu-lazione è ora: “quando l’operazione è stata con-clusa per effetto del suo intervento”.A seguito delle modifiche, ora il diritto dell’agen-te alla provvigione sorge fin dal momento in cuila “casa madre” e il cliente stipulano il contratto.Il diritto alla provvigione non dipende più dalbuon fine dell’operazione, sorge indipendente-mente dal pagamento del cliente. La successivaesecuzione del contratto tra la “casa madre” e ilcliente non riveste rilievo ai fini dell’imputazione

a reddito delle provvigioni da parte dell’agente.Concludendo, la “ultimazione della prestazione”si verifica nel momento di insorgenza del dirittoalla provvigione, cioè alla data di stipula del con-tratto. Le provvigioni attive “dovranno concor-rere alla formazione del reddito imponibile” del-l’agente “nel periodo d’imposta in cui il prepo-nente e il terzo-cliente stipulano il contratto pro-mosso dall’agente” (Ris. 115/E del 2005; allo stes-so modo: Ris. 91/E del 2006).

Le provvigioni passivePassiamo ora a considerare l’altro soggetto delrapporto, la società preponente.Ci poniamo il problema dell’individuazione delperiodo di competenza delle provvigioni passi-ve. La società preponente può procedere alladeduzione del costo per le provvigioni passivegià nell’esercizio in cui stipula il contratto pro-mosso dall’agente?La Ris. 115/E del 2005 rispondeva positivamente.Ma l’anno seguente la stessa Agenzia delle En-trate ha precisato che si può rispondere afferma-tivamente solo se il periodo di imposta in cui siverifica la stipula del contratto coincide con ilperiodo di imposta in cui la società adempie allasua prestazione e rileva il relativo ricavo (Ris. n.91/E del 2006). Ma la risposta positiva vale soloin questo caso di coincidenza.Vanno fatte due osservazioni. Prima: per la socie-tà l’adempimento consiste nella consegna o spe-dizione del bene. Seconda: è nel periodo di impo-sta in cui ciò accade, che la società deve rilevarein conto economico il relativo ricavo.Il principio di competenza ha come corollario ilprincipio di correlazione, che è ad esso intrinse-co. La Ris. 91/E ricorda che il principio di compe-tenza va applicato insieme con il principio di cor-

relazione.Il principio di correlazione afferma che i costi de-vono essere correlati con i ricavi dell’esercizio(in altri termini, ci deve essere un legame tra laproduzione del reddito e i costi della produzionedi tale reddito).Secondo i Principi Contabili, ai ricavi dell’eserci-zio vanno contrapposti i relativi costi. Anche fi-scalmente, è necessario individuare prima la com-petenza dei ricavi, e poi dedurre i relativi costinello stesso periodo di imposta.La Ris. 91/E conclude affermando che per la so-cietà preponente, le provvigioni passive sono dicompetenza dell’esercizio in cui si rilevano i rica-vi derivanti (perché le provvigioni sianodeducibili, bisogna verificare questa correlazio-ne civilistico-contabile, e inoltre bisogna accer-tare anche i requisiti di certezza e di obiettivadeterminabilità).Se la firma del contratto di agenzia e la consegnadei beni avvengono in due diversi periodi di im-posta, la casa mandante deve dedurre la provvi-gione passiva nell’esercizio di consegna dei benie di registrazione dei ricavi.

LA NOTA

Il debito pubblico italiano, a fine 2007, ammontava a 1.597 miliardi di euro. Si tratta di una cifra immensa, fuori da ogni possibilità di equiparazione.E’ vero che in rapporto al PIL la percentuale è scesa di due punti e mezzo dal 2006 (dal 106,5% al 104%), ma si tratta comunque di una cifra enorme. Già ilriferimento con il PIL ci indica che tutto il prodotto interno lordo di un anno, in Italia, non sarebbe sufficiente per coprire il debito.Si tratta di una cifra che nessuna persona al mondo riuscirebbe mai a contare in tutta la sua vita. Ma anche ove si volesse contarlo materialmente, questodebito, servirebbero più persone che per tutta la loro vita non facessero altro1. Almeno 19 persone che contano, per tutta la loro vita, fino alla pensione.Con il rischio che, arrivati alla fine, il debito sia ancora aumentato. Se ragioniamo in termini di lunghezza, il debito pubblico tradotto in biglietti da 100 euroè lungo 6 volte l’equatore.2 Pare incredibile, ma è proprio così.

Debito pubblico italiano: e chi lo conta più?

1 Si stima che una persona possa contare 200 biglietti da 100 al minuto pari a 12.000 all’ora e 96.000 al giorno di 8 ore. Per un anno di lavoro, stimato in 220 giorniannui, abbiamo 21,12 milioni di biglietti annui. In 40 anni di lavoro, si hanno 845 milioni di biglietti. Il debito pubblico è fatto da 16 miliardi di biglietti da 100. Servonoquindi 19 persone (845x19=1.605) che lavorino 40 anni, sempre. Se fossero un po’ più veloci, forse ne basterebbero anche solo 18.2 Equatore Km. 40.075. Biglietto da 100 euro: larghezza cm. 14,75. L’equatore è equivalente a 271,7 miliardi di biglietti da 100 euro. Per fare 1.597 miliardi di euro sigira l’equatore quasi 6 volte (5,88, per l’esattezza)

Giuseppe Rebecca (Ordine di Vicenza)

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24NUMERO 182 - MARZO / APRILE 2008

Questo periodico è associatoall'Unione Stampa Periodica Italiana

PERIODICO BIMESTRALE DELL'ASSOCIAZIONE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI DELLE TRE VENEZIE

Direttore Responsabile: MASSIMO DA RE (Venezia)

Comitato di Redazione: MICHELE SONDA (Bassano) - ANGELO SMANIOTTO(BL) - MONICA PONTICELLO (BZ) - DAVIDE DAVID (GO) - EZIO BUSATO(PD) - ERIDANIA MORI (PN) - FILIPPO CARLIN (RO) - MICHELE IORI(TN) - MATTEO MONTESANO (TS) - GERMANO ROSSI (TV) - GUIDO M.GIACCAJA, ANDREA SPOLLERO (UD) - LUCA CORRÒ (VE) - ADRIANOCANCELLARI (VI) - CLAUDIO GIRARDI (VR)

Hanno collaborato a questo numero: VALENTINA BARBIERI (TV) - GIUSEPPECARACCIOLO (TV) - DANTE CAROLO (VE) - ROBERTA COSER (TN) - MICHELED'AGNOLO (TS) - PIETRO FREDDO (PD) - PAOLO LENARDA (VE) - GIANFRANCOPERACIN (PD) - MARCO PEZZETTA (UD) - GIUSEPPE REBECCA (VI) - ANTONIOSACCARDO (VI) - GIAMPIETRO VECCHIATO - ENNIO VIAL (TV)PUBLICA RES RICERCHE

Inserto a cura di: GIANFRANCO PERACIN (PD)

Segreteria di Redazione: MARIA LUDOVICA PAGLIARI, via Paruta 33A, 3 5126 PadovaAutorizzazione del Tribunale di Venezia n. 380 del 23 marzo 1965Editore: ASSOCIAZIONE DOTTORI COMMERCIALISTI DELLE TRE VENEZIEFondatore: Dino Sesani (Venezia)Ideazione, composizione, impaginazione: Dedalus (Creazzo-VI)

Stampa: GECA S.p.A., via Magellano 11 - 20090 Cesano Boscone (MI), per conto diWOLTERS KLUWER Italia S.r.l. - Strada 1, Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago (MI)Articoli (carta e dischetto), lettere, libri per recensioni, vanno inviati a Maria Ludovica Pagliari, via Paruta33A, 35126 Padova, tel. 049 757931. La redazione si riserva di modificare e/o abbreviare. I colleghipossono prendere contatto con il redattore del proprio Ordine per proposte e suggerimenti. Gli interventipubblicati riflettono esclusivamente il pensiero degli autori e non impegnano Direzione e Redazione.Numero chiuso il 20 giugno 2008 - Tiratura 11.650 copie

SITO INTERNET: www.commercialistaveneto.comPassword per il Forum: forumcv

IL COMMERCIALISTA VENETOCVCVCVCVCV

IL COMMERCIALISTA VENETO

c. Verso l’esterno, con l’obiettivo di fare in modo che gli Ordini e, oveopportuno, la Conferenza del Triveneto, divengano un interlocutore accreditatodelle istituzioni e delle parti sociali sulle rispettive basi locali, affinché nel tessutosocio economico di riferimento possa accrescere il riconoscimento e l’accreditamentodi cui gode la nostra categoria professionale.5) Rapporti con gli Organi Amministrativi locali

a. La categoria deve essere in grado, per il tramite dei suoi organismidi rappresentanza, di esprimere opinioni e stimoli nelle scelte di politica economicaeffettuate su base locale;

b. In particolare questo appare evidente in alcuni momenti topici,quali quelli della discussione dei bilanci preventivi degli Enti Locali e delle leggifinanziarie regionali (o provinciali);

c. La creazione di una commissione che funga da osservatorio perma-nente in questo ambito può fornire elementi importanti di analisi e di confronto aiPresidenti degli Ordini e alla Conferenza e, attraverso la presa di posizione pubbli-ca, contribuire alla promozione di quel ruolo di “parte sociale accreditata” a cuisopra si faceva riferimento;6) Rapporti con le Università

a. Alla fase di mappatura delle diverse offerte formative deve, a mioavviso, seguire una fase di identificazione di una o due università partners privile-giati con le quali impostare una azione di collaborazione osmotica che parta dallaprogrammazione dei corsi triennali e magistrali, passi attraverso laconvenzionalizzazione del riconoscimento del tirocinio ai fini dei crediti formativie della realizzazione di strumenti formativi ad hoc a supporto del praticantato, finoa programmare la formazione superiore, per la specializzazione (cfr. sopra le con-siderazioni in merito al riconoscimento delle specializzazioni) e la riqualificazionedei Colleghi che desiderano migliorare o riposizionare la loro carriera professionale.Molti altri sarebbero gli obiettivi da perseguire, ma mi sembra inutile metteretroppa carne al fuoco, posto che nel biennio di mio mandato di Presidente dellaConferenza, probabilmente, solo parte dei punti sopra individuati potrà essereraggiunta o impostata e che occorre, necessariamente, mantenere una certa flessibi-lità programmatica, per far fronte alle esigenze o alle urgenze che uno scenario digrande e rapida evoluzione, come quello che abbiamo di fronte, ci presenteranno.Da ultimo desidero ringraziare tutti i Presidenti per gli spunti di discussione chehanno fornito in sede si illustrazione di questi punti programmatici, in quanto cosìfacendo hanno una volta di più dimostrato il valore intellettuale della Conferenza eringrazio l’amico Direttore Da Re per lo spazio che qui mi ha concesso.

Conferenza:«Le lineeprogrammatiche»

SEGUE DA PAGINA 2

HAPPY HOURS

Nella commedia fiscale lepieces sono numerose, e comesempre accade i nuovi testiscacciano i vecchi.Il ritmo delle sostituzioni èparossistico, e non siintravvedono segnali di cam-biamento. Potrà sembrare stra-no, ma gli stessi autori, neltempo mutati, hanno perso labussola. Leggi a raffica,gabelle a go-go, inasprimenticontinui senza che tutto ciòproduca significativi ed orga-nici effetti sul gettito. Questoè il mondo tributario. L’unicoeffetto che tali norme hannoprodotto è stato un aumentodel fastidio, dell’insofferenza,dello scollamento tra istituzio-ni e cittadino-contribuente.Tasse nuove e mugugno ele-vato: tipico ossimoro dell’at-tuale situazione italiana. Sa-rebbe ora di ridurre lo sprecodi tempo del Parlamento, delMinistrero, dei contribuenti,di noi professionisti; appli-chiamo le leggi che ci sono,che bastano e avanzano.Una tregua normativa avreb-be indubbiamente un elevatovalore; il guazzabuglio provo-cato dal legislatore poco ac-corto si dovrà certamente cor-reggere, ma con calma, con iltempo. Meglio una legge malfatta, ferma nel tempo, piutto-sto che una pioggia di normeche si accavallano. Che poitanto bene non sono sicura-mente fatte.Pochi aggiustamenti, impor-tanti, e basta. La tranquillitàha un suo valore, alle voltesuperiore anche alla perfezio-ne, sempre difficilmente rag-giungibile.

Cosa ci possiamo o dobbia-mo attendere dal nuovo go-verno? Semplificazioni, anco-ra semplificazioni, e riduzionedel tax rate effettivo. Nontroppe norme, ma provvedi-menti organici e precisi.E per agevolare il passaggiodal vecchio al nuovo, unariproposizione di vecchie nor-me, tra cui i condoni tributarie lo scudo fiscale.Magari non si chiamerannoproprio così, magari costeran-no un po’ di più di qualcheanno fa, ma avranno più omeno gli stessi effetti. Cosìpensano, e taluno anche siaugura, i contribuenti.

Tassee il legiferareper nulla

Fiscal times

Questo al volo:

Il professor GiorgioBrunetti e la "famigliaprofessionale"Nell'intervista curata da Ezio Busato,lo storico professore di tanti com-mercialisti del Triveneto spezza unalancia a sostegno della "qualità"professionale (a pagina 3).

Gli investimentiprofessionalinell'InternazionaleLa globalizzazione ci obbliga ad es-sere sempre più internazionali. Inquesto CV le analisi non mancano:si passa dalla holding belga (FarEast?) all'Ungheria, alla Colombia(alle pagine 5, 17,19).

Professionee associazioneLe linee programmatiche della Con-ferenza sono illustrate dal presiden-te Pezzetta (pagina 2). Il presidentedell'Associazione, Carolo, spiegaperché (a pagina 21) viviamo un mo-mento cruciale nella vita degli Or-dini.Sempre in tema di organizzazionedella professione, va segnalato unintervento pregevole di MicheleD'Agnolo (pagina 13) su dimensio-ne e gruppo di professionisti.Un'indagine della Fondazione delleProfessioni (pagina 12) ci spiegacosa si aspettano dai professionistii Veneti.

Dividendi, plusvalenze,provvigioni, nuovaIRAPNon mancano i grandi temi contabi-li, normativi e fiscali.Su dividendi e plusvalenze RobertaCoser invita alla verifica delle nuovepercentuali di concorso al reddito(pagina 11).Sui nuovi criteri di determinazionedel valore della produzione ai finiIRAP ci racconta tutto Davide David(pagina 15).Sulla nomina di professionistaattestatore nel concordato preven-tivo Peracin e Freddo cercano disciogliere il dilemma (pagina 7): de-signazione dell'autorità giudiziaria oscelta dell'imprenditore?

RecensioniQuattro i libri segnalati: dei colleghiD'Agnolo (organizzazione studi),Orlandi (proprietà immateriali) e duedi Giuseppe Rebecca.

G. R.