«Cristianità. Organo ufficiale di Alleanza Cattolica», anno XXXVIII, n. 357 Piacenza...

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luglio-settembre 2010 – € 5,00 gano ufficiale di Alleanza Cattolica er una società a misura di uomo e secondo il piano di Dio P rivista trimestrale - anno XXXVIII In questo numero: o In viaggio con il beato Newman. La visita di Papa Benedetto XVI in Gran Bretagna o Nota su Gian Francesco Galeani Napione e il federalismo italico nel secolo XIX o Idea di una confederazione delle potenze d’Italia o «Abuso di minori nelle istituzioni: garantire la piena protezione delle vittime» o Intolleranza e discriminazione contro i cristiani 357

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luglio-settembre 2010 – € 5,00

�gano ufficiale di Alleanza Cattolica

er una società a misura di uomo

e secondo il piano di Dio

P

rivista trimestrale - anno XXXVIII

In questo numero:o In viaggio con il beato Newman. La visita di Papa Benedetto XVI in Gran Bretagnao Nota su Gian Francesco Galeani Napione e il federalismo italico nel secolo XIXo Idea di una confederazione delle potenze d’Italiao «Abuso di minori nelle istituzioni: garantire la piena protezione delle vittime»o Intolleranza e discriminazione contro i cristiani

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Cristianità organo ufficiale di Alleanza Cattolica

trimestrale — dal 1973

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In viaggio con il beato Newman

La visita di Papa Benedetto XVI

in Gran Bretagna Massimo Introvigne

Il viaggio apostolico di Papa Benedetto XVI in Gran Bretagna, dal 16 al

19 settembre 2010, ha avuto lo scopo di celebrare il card. John Henry Newman

C.O. (1801-1890) e proclamarne la beatificazione. Con il pontificato di Papa

Benedetto XVI le cerimonie di beatificazione sono normalmente affidate ai ve-

scovi locali e non più al Pontefice. Per il beato Newman il Santo Padre ha inteso

fare un’eccezione, anzitutto perché — ha confidato — «[...] Newman ha avuto

da tanto tempo un influsso importante nella mia vita e nel mio pensiero»1. Più

in generale, si tratta di una personalità di «eccezionale grandezza per il nostro

tempo»2, «[...] uno studioso di grande levatura, un insigne scrittore e poeta, un

sapiente uomo di Dio, il cui pensiero ha illuminato molte coscienze e ancora

oggi esercita un fascino straordinario»3, «una figura di dottore della Chiesa»

4

— ancorché non sia stato ancora formalmente proclamato come tale — che ha

affrontato alcuni dei principali problemi della modernità. Nel corso del viaggio

Papa Benedetto XVI è tornato sugli stessi problemi, sia ricordando gl’insegna-

menti del beato Newman sia applicandoli al contesto odierno.

Nell’omelia per la Messa di beatificazione a Birmingham, il Pontefice ha

segnalato tre principali insegnamenti del beato Newman che si è proposto d’il-

lustrare nel suo viaggio: «sulla relazione fra fede e ragione, sullo spazio vitale

della religione rivelata nella società civilizzata, e sulla necessità di un approc-

cio all‟educazione ampiamente fondato e a lungo raggio»5. Convinto che «il

beato John Henry Newman, la cui figura e i cui scritti conservano ancora una

1 Benedetto XVI, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardi-

nale John Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, del 18-9-2010, in L‟Osservatore Ro-

mano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 20/21-9-2010. 2 Idem, Incontro con i giornalisti durante il volo verso il Regno Unito, del 16-9-2010, ibid.

18-9-2010. 3 Idem, Udienza generale sul viaggio apostolico nel Regno Unito, del 22-9-2010, ibid. 23-

9-2010. 4 Idem, Incontro con i giornalisti durante il volo verso il Regno Unito, cit.

5 Idem, Discorso durante la visita alla Casa per anziani St Peter's Residence a Londra,

del 18-9-2010, in L‟Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del

Vaticano 20/21-9-2010.

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formidabile attualità, merita di essere conosciuto da tutti»6, a ciascuno dei tre

temi Papa Benedetto XVI ha dedicato ampie riflessioni.

1. Fede e ragione

a. Il beato Newman e la modernità

Il beato Newman «[...] ha vissuto tutto il problema della modernità»7 e ha

«[...] ancora molto da insegnarci sulla vita e la testimonianza cristiane tra le

sfide del mondo contemporaneo, sfide che egli previde con eccezionale chiarez-

za»8. Nel corso del suo viaggio in Portogallo

9 Papa Benedetto XVI ha affrontato

il tema della modernità, distinguendo fra istanze e domande legittime, che la

Chiesa ha accolto, e risposte sbagliate che hanno dato vita a una vera e propria

ideologia del moderno, denunciata dalla Chiesa stessa come errata e pericolosa.

«In un mondo già pieno di crescente rumore e confusione, pieno di false vie che

conducono solo a profondo dolore del cuore ed illusione»10

, Newman ha assun-

to le istanze della modernità «con tutti i dubbi e i problemi del nostro essere di

oggi»11

, ma ha fornito risposte inequivocabilmente cristiane e diffidenti nei con-

fronti di ogni forma d’ideologia.

Si può ricordare qui quello che è forse il più celebre discorso del beato

Newman, il Biglietto Speech, «Discorso del biglietto», pronunciato a Roma il 12

maggio 1879 in risposta alla lettura del biglietto con cui il Segretario di Stato,

card. Lorenzo Nina (1812-1885), gli comunicava formalmente la sua elevazione

a cardinale da parte di Papa Leone XIII (1878-1903). Qui il beato — di cui cito

il testo nella nuova traduzione italiana pubblicata sull’Osservatore Romano del

13 maggio 2009 — tiene a precisare che «fin dall‟inizio mi sono opposto ad una

grande sciagura. Per trenta, quaranta, cinquant‟anni ho cercato di contrastare

con tutte le mie forze lo spirito del liberalismo nella religione. Mai la santa

Chiesa ha avuto maggiore necessità di qualcuno che vi si opponesse più di og-

gi, quando, ahimé! si tratta ormai di un errore che si estende come trappola

mortale su tutta la terra; e nella presente occasione, così grande per me, quan-

do è naturale che io estenda lo sguardo a tutto il mondo, alla santa Chiesa e al

suo futuro, non sarà spero ritenuto inopportuno che io rinnovi quella condanna

che già così spesso ho pronunciato. Il liberalismo in campo religioso è la dot-

6 Idem, Udienza generale sul viaggio apostolico nel Regno Unito, cit.

7 Idem, Incontro con i giornalisti durante il volo verso il Regno Unito, cit.

8 Idem, Discorso alla cerimonia di congedo all‟aeroporto internazionale di Birmingham,

del 19-9-2010, in L‟Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del

Vaticano 20/21-9-2010. 9 Cfr. il mio Fatima e il dramma della modernità. Il viaggio di Papa Benedetto XVI in

Portogallo, in Cristianità, anno XXXVIII, n. 356, Piacenza aprile-giugno 2010, pp. 1-12. 10

Benedetto XVI, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardi-

nale John Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, cit. 11

Idem, Incontro con i giornalisti durante il volo verso il Regno Unito, cit.

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trina secondo cui non c‟è alcuna verità positiva nella religione, ma un credo

vale quanto un altro, e questa è una convinzione che ogni giorno acquista più

credito e forza»12

. Parole davvero tuttora attuali nella nostra epoca «[...] in cui

un pervasivo relativismo minaccia di oscurare l‟immutabile verità sulla natura

dell‟uomo»13

.

Il liberalismo, continua il Biglietto Speech, «[...] è contro qualunque ri-

conoscimento di una religione come vera. Insegna che tutte devono essere tolle-

rate, perché per tutte si tratta di una questione di opinioni. La religione rivelata

non è una verità, ma un sentimento e una preferenza personale; non un fatto

oggettivo o miracoloso; ed è un diritto di ciascun individuo farle dire tutto ciò

che più colpisce la sua fantasia. La devozione non si fonda necessariamente

sulla fede. Si possono frequentare le Chiese protestanti e le Chiese cattoliche,

sedere alla mensa di entrambe e non appartenere a nessuna. Si può fraternizza-

re e avere pensieri e sentimenti spirituali in comune, senza nemmeno porsi il

problema di una comune dottrina o sentirne l‟esigenza. Poiché dunque la reli-

gione è una caratteristica così personale e una proprietà così privata, si deve

assolutamente ignorarla nei rapporti tra le persone. Se anche uno cambiasse

religione ogni mattina, a te che cosa dovrebbe importare? Indagare sulla reli-

gione di un altro non è meno indiscreto che indagare sulle sue risorse economi-

che o sulla sua vita familiare»14

.

L’ideologia della modernità è qui colpita al cuore con la denuncia del rela-

tivismo. Su questo tema il Pontefice è ripetutamente tornato nel corso del viaggio

in Gran Bretagna.

b. L‟insidia del relativismo

«Ai nostri giorni — afferma Papa Benedetto XVI —, quando un relativi-

smo intellettuale e morale minaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra

società, Newman ci rammenta che, quali uomini e donne creati ad immagine e

somiglianza di Dio, siamo stati creati per conoscere la verità, per trovare in es-

sa la nostra definitiva libertà e l‟adempimento delle più profonde aspirazioni

umane»15

. Rifiutare il relativismo, spiega il Pontefice, comporta non soltanto il

riconoscimento che esiste una verità ma anche — cosa che oggi rischia di riu-

scire ancora più difficile — la denuncia dell’errore. Se esiste il vero, esiste an-

che il falso. «Coloro che vivono della e nella verità riconoscono istintivamente

12

John Henry Newman, Il «Biglietto Speech» in occasione dell‟elevazione alla dignità

cardinalizia il 12 maggio 1879, trad. it., in L‟Osservatore Romano. Giornale quotidiano

politico religioso, Città del Vaticano 13-5-2009. 13

Benedetto XVI, Udienza generale sul viaggio apostolico nel Regno Unito, cit. 14

J. H. Newman, Il «Biglietto Speech» in occasione dell‟elevazione alla dignità cardinali-

zia il 12 maggio 1879, cit. 15

Benedetto XVI, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardi-

nale John Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, cit.

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4

ciò che è falso e, proprio perché falso, è nemico della bellezza e della bontà che

accompagna lo splendore della verità, veritatis splendor»16

.

Il beato Newman è ricordato per le sue profonde riflessioni sulla nozione

di coscienza. Il suo insegnamento, pienamente conforme alla dottrina della

Chiesa, è stato però talora presentato in modo equivoco. Alcuni interpretano la

stessa nozione di coscienza in modo relativista, come se si trattasse di seguire la

propria «preferenza personale»17

a prescindere da ogni autorità esterna. Mentre

la coscienza cui fa riferimento Newman è la «coscienza retta»18

.

Due articoli dell’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della

Fede, card. Joseph Ratzinger, chiariscono i possibili equivoci in riferimento al

beato Newman. Servirsene per commentare il viaggio del Papa è tanto meno

improprio in quanto egli stesso ha voluto richiamare in Gran Bretagna il suo

lungo dialogo con il beato Newman nel corso del suo itinerario di teologo.

Commentando le famose — e, per qualche aspetto, controverse — parole del

beato nella Lettera al Duca di Norfolk secondo cui «se fossi obbligato a intro-

durre la religione nei brindisi dopo un pranzo (il che in verità non mi sembra

proprio la cosa migliore), brinderò, se volete, al Papa; tuttavia prima alla co-

scienza, poi al Papa»19

, il card. Ratzinger commenta che la frase va inquadrata

nel complessivo pensiero di Newman e nella sua fedeltà alla «[...] tradizione

medioevale [che] giustamente aveva individuato due livelli del concetto di co-

scienza, che si devono distinguere accuratamente, ma anche mettere sempre in

rapporto l‟uno con l‟altro. Molte tesi inaccettabili sul problema della coscienza

mi sembrano dipendere dal fatto che si è trascurata o la distinzione o la corre-

lazione tra i due elementi»20

.

Il Medioevo parlava di sinderesi e di coscienza; il card. Ratzinger precisa

questi due termini come «anamnesi della creazione»21

e «anamnesi della fe-

de»22

. La prima, l’anamnesi della creazione, deriva dal fatto che con la creazio-

ne «[...] è stato infuso in noi qualcosa di simile ad una originaria memoria del

bene e del vero»23

. La seconda, l’anamnesi della fede, nasce dalla redenzione a

16

Ibidem. 17

J. H. Newman, Il «Biglietto Speech» di in occasione dell‟elevazione alla dignità cardi-

nalizia il 12 maggio 1879, cit. 18

Benedetto XVI, Omelia durante la Messa nel Bellahouston Park a Glasgow, del 16-9-

2010, in L‟Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vatica-

no 18-9-2010. 19

J. H. Newman, Lettera al duca di Norfolk. Coscienza e libertà, trad. it., a cura di Valen-

tino Gambi, Paoline, Milano 1999, p. 237. 20

Joseph Ratzinger, Elogio della coscienza: il brindisi del Cardinale, in Il Sabato. Fatti e

commenti della settimana, anno XIV, n. 11, Milano 16-3-1991, pp. 83-91 (p. 89). 21

Ibidem. 22

Ibidem. 23

Ibidem.

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opera di Gesù Cristo «[...] il cui raggio a partire dal Logos redentore si estende

oltre il dono della creazione»24

la cui memoria è custodita dalla Chiesa e, nella

Chiesa, dal Papa. Cronologicamente, l’anamnesi della creazione viene prima:

«[...] si identifica col fondamento stesso della nostra esistenza»25

e fonda la pos-

sibilità anche dell’anamnesi della fede. Come la creazione precede storicamente

la redenzione così, perché ci sia una coscienza formata e illuminata dalla Chiesa

e dal Papa, occorre prima che ci sia una coscienza. In questo senso «siamo ora

in grado di comprendere correttamente il brindisi di Newman prima per la co-

scienza e solo dopo per il Papa»26

. I due brindisi stanno in sequenza, non in

contrapposizione.

Se invece si ritiene che l’appello alla coscienza sia solo una giustificazio-

ne per seguire il proprio arbitrio — «Fai ciò che vuoi, sarà tutta la legge»27

, se-

condo la celebre formula dell’esoterista inglese Aleister Crowley (1875-1947),

che non solo dava a questa proposizione un fondamento specificamente magico,

ma in essa catturava l’essenza stessa della magia come primato del potere — il

passaggio successivo non può che essere l’abolizione della coscienza. Per fare

quel che si vuole non vi è bisogno né della legge, né della coscienza. Il relativi-

smo liberale evolve così naturalmente verso il relativismo aggressivo delle ideo-

logie del secolo XX fino all’affermazione del gerarca nazional-socialista Her-

mann Göring (1893-1946), citata dal card. Ratzinger: «Io non ho nessuna co-

scienza! La mia coscienza è Adolf Hitler [1889-1945]»28

. La nozione relativista

della coscienza porta ultimamente all’eliminazione della coscienza.

Il cattolico, nota il card. Ratzinger, non adotta certamente la formula di

Göring mettendo il Papa al posto di Hitler. Questa sarebbe una versione carica-

turale del cattolicesimo: «una simile concezione moderna e volontaristica del-

l‟autorità può soltanto deformare l‟autentico significato teologico del papa-

to»29

. Il cattolico dirà al contrario di avere una coscienza e di trovare in essa una

memoria del bene originario e l’apertura alla «possibilità»30

di una rivelazione

di Dio, che di quel bene è fondamento. Nel momento in cui accetta per fede che

Dio si è rivelato in Gesù Cristo, è pronto ad accogliere la tesi che il Papa è «ga-

rante della memoria»31

della rivelazione cristiana. Il Magistero del Papa entra

24

Ibidem. 25

Ibidem. 26

Ibidem. 27

Aleister Crowley, Liber AL vel Legis sub figura CCXX come fu dato da XCIII = 418 a

DCLXVI, trad. it., S.O.T.V.L. Novara s.d. (ma 1993)], cap. I, v. 40. 28

Cit. in J. Ratzinger, Discorso introduttivo alla III Giornata del Simposio su Newman,

28-4-1990, in Euntes Docete. Commentaria Urbaniana, anno XLIII, n. 3, Roma 1990, pp.

431-436 (p. 432). 29

Idem, Elogio della coscienza: il brindisi del Cardinale, cit., p. 89. 30

Ibidem. 31

Ibidem.

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così nella coscienza, per così dire, dall’interno: «tutto il potere che egli [il Papa]

ha è potere della coscienza»32

.

Il card. Ratzinger cita come prova del carattere tutt’altro che soggettivo e

arbitrario dell’idea di coscienza nel beato Newman precisamente la sua conver-

sione dalla Comunione Anglicana alla Chiesa Cattolica del 1845. «Proprio per-

ché Newman spiegava l‟esistenza dell‟uomo a partire dalla coscienza, ossia

nella relazione tra Dio e l‟anima, era anche chiaro che questo personalismo

non rappresentava nessun cedimento all‟individualismo, e che il legame alla

coscienza non significava nessuna concessione all‟arbitrarietà — anzi che si

trattava proprio del contrario. Da Newman abbiamo imparato a comprendere il

primato del Papa: la libertà di coscienza — così ci insegnava Newman — non

si identifica affatto col diritto di ―dispensarsi dalla coscienza, di ignorare il Le-

gislatore e il Giudice, e di essere indipendenti da doveri invisibili‖. In tal modo

la coscienza, nel suo significato autentico, è il vero fondamento dell‟autorità

del Papa. Infatti la sua forza viene dalla Rivelazione, che completa la coscienza

naturale illuminata in modo solo incompleto, e ―la sua [del Papa] raison d‟être

è quella di essere il campione della legge morale e della coscienza‖»33

.

«Questa dottrina sulla coscienza — continuava nel 1990 il card. Ratzin-

ger — è diventata per me sempre più importante nello sviluppo successivo della

Chiesa e del mondo. Mi accorgo sempre di più che essa si dischiude in modo

completo solo in riferimento alla biografia del Cardinale, la quale suppone tut-

to il dramma spirituale del suo secolo. Newman, in quanto uomo della coscien-

za, era divenuto un convertito; fu la sua coscienza che lo condusse dagli antichi

legami e dalle antiche certezze dentro il mondo per lui difficile e inconsueto del

cattolicesimo. Tuttavia, proprio questa via della coscienza è tutt‟altro che una

via della soggettività che afferma se stessa: è invece una via dell‟obbedienza al-

la verità oggettiva. Il secondo passo del cammino di conversione che dura tutta

la vita di Newman fu infatti il superamento della posizione del soggettivismo e-

vangelico, in favore d‟una concezione del Cristianesimo fondata sull‟oggettività

del dogma [...]. E solo così, attraverso il legame alla verità, a Dio, la coscienza

riceve valore, dignità e forza»34

.

Quando, a proposito della conversione al cattolicesimo, ricordiamo che il

beato Newman fu «[...] mosso dal seguire la propria coscienza, anche con un

pesante costo personale»35

, o che san Tommaso Moro (1478-1535), giustiziato

per ordine di re Enrico VIII Tudor (1491-1547), di cui era stato Lord Cancellie-

32

Ibidem. 33

Idem, Discorso introduttivo alla III Giornata del Simposio su Newman, cit., pp. 433-

434, che cita J. H. Newman, Lettera al Duca di Norfolk. Coscienza e libertà, cit., p. 226. 34

Ibid., p. 434. 35

Benedetto XVI, Visita all‟arcivescovo di Canterbury nel Lambeth Palace a Londra, del

17-9-2010, in L‟Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del

Vaticano 18-9-2010.

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re ma che non aveva voluto seguire nella sua rivolta contro il Papa, «[...] fu ca-

pace di seguire la propria coscienza, anche a costo di dispiacere al proprio so-

vrano, di cui era “buon servitore”»36

, non ci riferiamo a opzioni o a semplici

preferenze soggettive ma a un rapporto con la verità oggettiva — «[...] quella

verità [che ultimamente] è nient‟altro che Gesù Cristo»37

— così forte da rende-

re disposti a sacrificare affetti, amicizie e perfino la propria stessa vita. E la que-

stione della coscienza ha un diretto collegamento con il rapporto fra fede e ra-

gione. Il beato Newman, insegna Papa Benedetto XVI, fu insieme «[...] intellet-

tuale e credente, il cui messaggio spirituale si può sintetizzare nella testimo-

nianza che la via della coscienza non è chiusura nel proprio “io”, ma è apertu-

ra, conversione e obbedienza a Colui che è Via, Verità e Vita»38

.

c. Il corretto rapporto tra fede e ragione

Solo una volta che si è sgombrato il campo dal relativismo è possibile

impostare correttamente, alla scuola del beato Newman, il problema del rappor-

to fra fede e ragione. Sul punto, certamente non nuovo nel suo Magistero, Papa

Benedetto XVI ha offerto importanti approfondimenti nel discorso ai parlamen-

tari e alle autorità nella Westminster Hall di Londra.

«La tradizione cattolica — ha affermato il Pontefice — sostiene che le

norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, pre-

scindendo dal contenuto della rivelazione»39

. Dunque, queste norme possono

«essere conosciute dai non credenti»40

, così che la fede non ha il compito diret-

to di «fornire tali norme»41

. Ma questo significa che la fede deve limitarsi a ri-

manere sullo sfondo, lasciando che sia la ragione da sola a discernere le norme

del «retto agire»? No, risponde Papa Benedetto XVI. Infatti la ragione discerne

queste norme con difficoltà. Il credente sa che il motivo della difficoltà sta nel

peccato originale, ma che il compito sia difficile è chiaro anche a chi non crede.

Ecco allora che la fede interviene per «[...] aiutare nel purificare e getta-

re luce sull‟applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali ogget-

tivi»42

. «[...] la “luce gentile” della fede — come la chiamava il beato Newman

36

Idem, Incontro con esponenti della società civile, del mondo accademico, culturale e

imprenditoriale, con il corpo diplomatico e con leader religiosi nella Westminster Hall a

Londra, del 17-9-2010, ibid. 19-9-2010. 37

Idem, Visita all‟arcivescovo di Canterbury nel Lambeth Palace a Londra, cit. 38

Idem, Udienza generale sul viaggio apostolico nel Regno Unito, cit. 39

Idem, Incontro con esponenti della società civile, del mondo accademico, culturale e

imprenditoriale, con il corpo diplomatico e con leader religiosi nella Westminster Hall a

Londra, cit. 40

Ibidem. 41

Ibidem. 42

Ibidem.

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— ci conduce a renderci conto della verità»43

. Se sempre vi sono stati non cre-

denti sospettosi di fronte alla fede, oggi però è sorta una difficoltà nuova. «Que-

sto ruolo “correttivo” della religione nei confronti della ragione, tuttavia, non

è sempre bene accolto, in parte poiché delle forme distorte di religione, come il

settarismo e il fondamentalismo, possono mostrarsi esse stesse causa di seri

problemi sociali»44

. Se si lascia che la fede abbia un ruolo nel discernere le nor-

me dell’agire, il campo — si obietta oggi — è lasciato libero ai fondamentalisti

che giustificano con la fede attentati suicidi come quelli, ispirati all’ultrafonda-

mentalismo islamico, dell’11 settembre 2001 a New York e a Washington o del

7 luglio 2005 a Londra. L’obiezione, rileva Papa Benedetto XVI, va presa sul

serio. Infatti, «[...] distorsioni della religione emergono quando viene data una

non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione al-

l‟interno della religione»45

.

L’interazione fra fede e ragione non è a senso unico. Al contrario, «è un

processo che funziona nel doppio senso»46

. Da una parte, «senza il correttivo

fornito dalla religione, [...] la ragione può cadere preda di distorsioni, come

avviene quando essa è manipolata dall‟ideologia, o applicata in un modo par-

ziale»47

. Dall’altra, se si separa dalla ragione, la fede degenera in fondamentali-

smo. «Per questo vorrei suggerire che il mondo della ragione ed il mondo della

fede — il mondo della secolarità razionale e il mondo del credo religioso —

hanno bisogno l‟uno dell‟altro e non dovrebbero avere timore di entrare in un

profondo e continuo dialogo, per il bene della nostra civiltà»48

.

d. Verità ed ecumenismo

Il beato Newman, come si è accennato, nacque nella comunità anglicana

e fu sacerdote anglicano dal 1825 al 1845, quando fu accolto nella Chiesa Catto-

lica dal beato Domenico Barberi C.P. (1792-1849). La sua beatificazione in ter-

ra inglese non poteva dunque non essere occasione per una riflessione di Papa

Benedetto XVI sull’ecumenismo, tanto più in un contesto segnato dai molti an-

glicani che, delusi dalle aperture della loro comunità al sacerdozio femminile e

al matrimonio omosessuale, sono riaccolti, ripercorrendo così il percorso del

beato Newman, nella Chiesa di Roma. La materia è ora regolata nella Chiesa

Cattolica dalla Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, del 4 novembre

43

Idem, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardinale John

Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, cit. 44

Idem, Incontro con esponenti della società civile, del mondo accademico, culturale e

imprenditoriale, con il corpo diplomatico e con leader religiosi nella Westminster Hall a

Londra, cit. 45

Ibidem. 46

Ibidem. 47

Ibidem. 48

Ibidem.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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2009, nei cui confronti — a fronte di obiezioni secondo le quali l’accoglienza di

questi anglicani nuocerebbe all’ecumenismo — Papa Benedetto XVI ha esortato

i vescovi cattolici britannici a «essere generosi»49

, ricordando che «[...] scopo

ultimo di ogni attività ecumenica [è] la restaurazione della piena comunione ec-

clesiale»50

.

Papa Benedetto XVI ha voluto dare al suo viaggio un carattere marcata-

mente ecumenico, moltiplicando i gesti di simpatia nei confronti delle autorità

anglicane e ricordando in Scozia «[...] il centenario della Conferenza Missiona-

ria Mondiale di Edimburgo [del 1910], che è generalmente considerata come la

nascita del movimento ecumenico moderno»51

. Nello stesso tempo, proprio ri-

cordando l’intransigente opposizione a ogni forma di relativismo del beato Ne-

wman, il Pontefice ha pure ricordato, visitando l’arcivescovo di Canterbury,

primate della Comunione Anglicana, che «[...] la Chiesa è chiamata ad essere

inclusiva, ma mai a scapito della verità cristiana. Qui si colloca il dilemma che

sta davanti a tutti coloro che sono genuinamente impegnati nel cammino ecu-

menico»52

. Visitando l’abbazia di Westminster, il cuore storico della Comunio-

ne Anglicana, il Papa non si è astenuto dal ricordare che la sua visita avviene

«in fedeltà al mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di San Pietro, in-

caricato di una cura particolare per l‟unità del gregge di Cristo»53

.

L’ecumenismo fra le Chiese e le comunità cristiane non può che avere al

suo centro — a fronte di tante dubbie formulazioni — il riconoscimento come

fatto storico della morte e della risurrezione di Gesù Cristo, figlio di Dio e Dio

egli stesso. «Il nostro impegno per l‟unità dei cristiani non ha altro fondamento

che la nostra fede in Cristo, in questo Cristo, risorto da morte e assiso alla de-

stra del Padre, che tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti. È la realtà

della persona di Cristo, la sua opera salvifica e soprattutto il fatto storico della

sua risurrezione, che è il contenuto del kerygma apostolico e di quelle formule

di fede che, a partire dal Nuovo Testamento stesso, hanno garantito l‟integrità

della sua trasmissione. L‟unità della Chiesa, in una parola, non può mai essere

altro che una unità nella fede apostolica»54

. Il mancato riconoscimento del ca-

49

Idem, Discorso ai vescovi d‟Inghilterra, Scozia e Galles nella cappella dell‟Oscott Col-

lege a Birmingham, del 19-9-2010, in L‟Osservatore Romano. Giornale quotidiano politi-

co religioso, Città del Vaticano 20/21-9-2010. 50

Ibidem. 51

Idem, Omelia durante la Messa nel Bellahouston Park a Glasgow, cit. 52

Idem, Visita all‟arcivescovo di Canterbury nel Lambeth Palace a Londra, cit. 53

Idem, Saluto al termine dei Vespri durante la celebrazione ecumenica nella Westmin-

ster Abbey a Londra, del 17-9-2010, in L‟Osservatore Romano. Giornale quotidiano poli-

tico religioso, Città del Vaticano 19-9-2010. 54

Ibidem.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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rattere essenziale e non negoziabile di questi fondamenti della fede è alla radice

delle «delusioni»55

che l’ecumenismo ha sperimentato nella sua storia recente.

e. Verità e dialogo interreligioso

Il primato della verità deve contraddistinguere anche il dialogo interreli-

gioso con i non cristiani, un tema di particolare attualità nella Gran Bretagna di

oggi caratterizzata dal multiculturalismo, un’espressione ambigua che indica sia

un fatto — la compresenza sullo stesso territorio di tante diverse religioni e cul-

ture — sia un’ideologia relativista, per cui le culture e religioni sarebbero tutte

di uguale valore e non esisterebbero criteri tali da permettere un discernimento.

Il Papa propone una preziosa distinzione fra tre diversi livelli di dialogo

interreligioso. Non tutti e tre i livelli sono possibili con tutti gl’interlocutori.

Con alcuni non si potrà che limitarsi al primo: il «dialogo della vita»56

, che

«[...] implica semplicemente vivere fianco a fianco ed imparare l‟uno dall‟altro

in maniera da crescere nella reciproca comprensione e nel reciproco rispet-

to»57

, coesistendo pacificamente e astenendosi da ogni insulto o violenza. Già

questo primo dialogo non è semplice e comporta problemi delicati. Anzitutto —

il Papa lo afferma a Londra, di fronte fra l’altro ad alcuni dei più autorevoli rap-

presentanti del mondo islamico britannico — «[...] occorre reciprocità da parte

di tutte le componenti in dialogo e da parte dei seguaci delle altre religioni.

Penso in particolare a situazioni in alcune parti del mondo, in cui la collabora-

zione e il dialogo fra religioni richiede il rispetto reciproco, la libertà di prati-

care la propria religione e di compiere atti di culto pubblico, come pure la li-

bertà di seguire la propria coscienza senza soffrire ostracismo o persecuzione,

anche dopo la conversione da una religione ad un‟altra»58

. «Un dialogo since-

ro [...] ha bisogno del rispetto del principio di reciprocità»59

.

Il secondo livello è quello del «dialogo dell‟azione»60

, possibile quando

— sia pure sulla base di motivazioni diverse — si condividono obiettivi comuni

e si riconoscono princìpi della legge naturale, di per sé accessibili anche alla so-

la ragione. In questo caso diventano possibili «forme concrete di collaborazio-

ne»61

. Gli esempi scelti da Papa Benedetto XVI sono significativi. Si può per e-

sempio, afferma, «[...] esplorare assieme come difendere la vita umana ad ogni

55

Ibidem. 56

Idem, Discorso durante l‟incontro con i rappresentanti di altre religioni nella Walde-

grave Drawing Room del St Mary‟s University College a Londra, del 17-9-2010, ibid. 18-

9-2010. 57

Ibidem. 58

Ibidem. 59

Idem, Udienza generale sul viaggio apostolico nel Regno Unito, cit. 60

Idem, Discorso durante l‟incontro con i rappresentanti di altre religioni nella Walde-

grave Drawing Room del St Mary‟s University College a Londra, cit. 61

Ibidem.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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stadio e come assicurare la non esclusione della dimensione religiosa di indivi-

dui e comunità dalla vita della società»62

.

Il terzo livello, infine, è quello del dialogo delle idee, delle «discussioni

formali»63

per un riavvicinamento teologico, di cui Papa Benedetto XVI non

manca di sottolineare i limiti. In queste conversazioni, nota pure il Pontefice, «[...]

non vi è solo la necessità dello scambio teologico, ma anche il porre alla recipro-

ca considerazione le proprie ricchezze spirituali, il parlare della propria espe-

rienza di preghiera e di contemplazione»64

. Questo potrebbe effettivamente di-

ventare una forma di testimonianza a favore della rilevanza della religione in un

mondo che, notava il beato Newman65

, sempre più spesso pensa di poterne fare a

meno.

2. La rilevanza pubblica della religione

Nel Biglietto Speech del 1879 il beato Newman lamenta la perdita di rile-

vanza pubblica del cristianesimo nella Gran Bretagna del suo tempo. «Finora

— afferma — il potere civile è stato cristiano. Anche in Nazioni separate dalla

Chiesa, come nella mia, quand‟ero giovane valeva ancora il detto: “Il cristia-

nesimo è la legge del Paese”. Ora questa struttura civile della società, che è

stata creazione del cristianesimo, sta rigettando il cristianesimo. Il detto, e tanti

altri che ne conseguivano, è scomparso o sta scomparendo, e per la fine del se-

colo, se Dio non interviene, sarà del tutto dimenticato. Finora si pensava che

bastasse la religione con le sue sanzioni soprannaturali ad assicurare alla no-

stra popolazione la legge e l‟ordine; ora filosofi e politici tendono a risolvere

questo problema senza l‟aiuto del cristianesimo. Al posto dell‟autorità e dell‟in-

segnamento della Chiesa, essi sostengono innanzitutto un‟educazione totalmen-

te secolarizzata, intesa a far capire ad ogni individuo che essere ordinato, labo-

rioso e sobrio torna a suo personale vantaggio. Poi si forniscono i grandi prin-

cìpi che devono sostituire la religione e che le masse così educate dovrebbero

seguire, le verità etiche fondamentali nel loro senso più ampio, la giustizia, la

benevolenza, l‟onestà, ecc; l‟esperienza acquisita; e quelle leggi naturali che e-

sistono e agiscono spontaneamente nella società e nelle cose sociali, sia fisiche

che psicologiche, ad esempio, nel governo, nel commercio, nella finanza, nel

campo sanitario e nei rapporti tra le Nazioni. Quanto alla religione, essa è un

lusso privato, che uno può permettersi, se vuole, ma che ovviamente deve pa-

gare, e che non può né imporre agli altri né infastidirli praticandola lui stesso.

Le caratteristiche generali di questa grande apostasia sono identiche dovunque;

62

Ibidem. 63

Ibidem. 64

Ibidem. 65

J. H. Newman, Il «Biglietto Speech» in occasione dell‟elevazione alla dignità cardinali-

zia il 12 maggio 1879, cit.

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ma nei particolari variano a seconda dei Paesi. Parlerò del mio Paese perché

lo conosco meglio. Temo che essa avrà qui un grande seguito, anche se non si

può immaginare come finirà»66

.

In teoria, i princìpi di benevolenza e di onestà, che sono pubblicamente

proclamati, non sono falsi. «È solo quando ci accorgiamo che questo bell‟elen-

co di princìpi è inteso a mettere da parte e cancellare completamente la religio-

ne, che ci troviamo costretti a condannare il liberalismo. Invero, non c‟è mai

stato un piano del Nemico così abilmente architettato e con più grandi possibi-

lità di riuscita. E, di fatto, esso sta ampiamente raggiungendo i suoi scopi, atti-

rando nei propri ranghi moltissimi uomini capaci, seri ed onesti, anziani stima-

ti, dotati di lunga esperienza, e giovani di belle speranze»67

. La situazione dei

nostri giorni non è molto diversa da quella dei tempi del beato Newman. Per

molti versi, è perfino peggiorata. Riproponendo un’espressione già usata in altri

discorsi, il Papa denuncia «[...] una “dittatura del relativismo” [che] minaccia

di oscurare l‟immutabile verità sulla natura dell‟uomo, il suo destino e il suo

bene ultimo. Vi sono oggi alcuni che cercano di escludere il credo religioso dal-

la sfera pubblica, di privatizzarlo o addirittura di presentarlo come una minac-

cia all‟uguaglianza e alla libertà»68

.

Beninteso, questi «alcuni» rappresentano i poteri forti e la cultura domi-

nante. Vi è ancora un popolo cristiano britannico, che si ribella alla cultura ege-

mone o almeno ha nostalgia di una cultura diversa, come dimostra lo stesso en-

tusiasmo che ha fatto della visita del Papa un successo al di là di ogni previsione

e ha colto di sorpresa media in gran parte prevenuti e ostili. Tornando sulla visi-

ta tre giorni dopo la sua conclusione, Papa Benedetto XVI ha osservato che

«[...] nelle quattro intense e bellissime giornate trascorse in quella nobile terra

ho avuto la grande gioia di parlare al cuore degli abitanti del Regno Unito, ed

essi hanno parlato al mio, specialmente con la loro presenza e con la testimo-

nianza della loro fede. Ho potuto infatti constatare quanto l‟eredità cristiana

sia ancora forte e tuttora attiva in ogni strato della vita sociale. Il cuore dei bri-

tannici e la loro esistenza sono aperti alla realtà di Dio e vi sono numerose e-

spressioni di religiosità che questa mia visita ha posto ancora più in evidenza.

Sin dal primo giorno della mia permanenza nel Regno Unito, e durante tutto il

periodo del mio soggiorno, ovunque ho ricevuto una calorosa accoglienza»69

.

a. Ritornare alle radici

Per riaffermare la rilevanza pubblica del cristianesimo in Gran Bretagna,

il beato Newman aveva deciso di lanciare una collana di volumetti dedicata ai

santi britannici. Ne sarebbe emerso che la storia britannica era strettamente le-

66

Ibidem. 67

Ibidem. 68

Benedetto XVI, Omelia durante la Messa nel Bellahouston Park a Glasgow, cit. 69

Idem, Udienza generale sul viaggio apostolico nel Regno Unito, cit.

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gata ai santi e alla Chiesa. Il venerabile Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) e

Papa Benedetto XVI hanno fatto di questo programma un metodo. In qualunque

paese di tradizione cristiana si siano recati, sempre hanno insistito sul fatto che

le origini e la storia di questo paese sono segnate dall’opera dei santi e da una

particolare presenza della Madonna. Infatti, «le antiche nazioni dell'Europa

hanno un’anima cristiana, che costituisce un tutt‟uno col “genio” e la storia dei

rispettivi popoli, e la Chiesa non cessa di lavorare per mantenere continuamen-

te desta questa tradizione spirituale e culturale»70

.

Sulla scia di Newman, Papa Benedetto XVI ritorna sistematicamente, nel

suo viaggio, al tema della «[...] lunga storia dell‟Inghilterra, così profondamente

segnata dalla predicazione del Vangelo e dalla cultura cristiana dalla quale è na-

ta»71

, e delle «[...] profonde radici cristiane che sono tuttora presenti in ogni stra-

to della vita britannica»72

. La stessa architettura e l’arte, cui Papa Benedetto XVI

non manca mai di essere attento, «[...] parlano in maniera tanto eloquente della

nostra comune eredità di fede»73

, e dalle abbazie e cattedrali «[...] non possiamo

non essere richiamati a come la fede cristiana abbia plasmato in modo così pro-

fondo l‟unità e la cultura dell‟Europa ed il cuore e lo spirito del popolo ingle-

se»74

.

Questa memoria si articola in cinque diversi passaggi. In primo luogo, il

Pontefice — proprio per sottolineare il rilievo pubblico e politico della fede —

ricorda i re, le regine e le principesse canonizzate, che non si ritrovano soltanto

in Gran Bretagna ma qui hanno espresso più di una figura di grande rilievo spi-

rituale e storico. Rivolgendosi alla regina Elisabetta II il Papa così si esprime: «I

monarchi d‟Inghilterra e Scozia erano cristiani sin dai primissimi tempi ed in-

cludono straordinari Santi come Edoardo il Confessore [1002-1066] e Marghe-

rita di Scozia [1045-1093]. Come Le è noto, molti di loro hanno esercitato co-

scienziosamente i loro doveri sovrani alla luce del Vangelo, modellando in tal

modo la nazione nel bene al livello più profondo. Ne risultò che il messaggio

cristiano è diventato parte integrale della lingua, del pensiero e della cultura

dei popoli di queste isole per più di un millennio. Il rispetto dei vostri antenati

per la verità e la giustizia, per la clemenza e la carità giungono a voi da una fe-

70

Ibidem. 71

Idem, Parole introduttive nella recita dei Vespri durante la celebrazione ecumenica

nella Westminster Abbey a Londra, del 17-9-2010, in L‟Osservatore Romano. Giornale

quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 19-9-2010. 72

Idem, Visita a Sua Maestà la Regina e incontro con le autorità nel Parco del Palazzo

Reale di Holyroodhouse a Edimburgo, del 16-9-2010, ibid. 17-9-2010. 73

Idem, Saluto al termine dei Vespri durante la celebrazione ecumenica nella Westmin-

ster Abbey a Londra, cit. 74

Ibidem.

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de che rimane una forza potente per il bene nel vostro regno»75

. In particolare,

sant’Edoardo il Confessore, «[...] re d‟Inghilterra, rimane un modello di testi-

monianza cristiana ed un esempio di quella vera grandezza alla quale il Signo-

re nelle Scritture chiama i suoi discepoli»76

.

In secondo luogo — citando esplicitamente il suo viaggio in Francia del

2008, dove aveva affermato che le radici dell’Europa non sono solo cristiane,

ma monastiche77

— Papa Benedetto XVI richiama il ruolo essenziale svolto per

la nascita delle nazioni che compongono la Gran Bretagna dai «[...] monaci che

hanno così tanto contribuito alla evangelizzazione di queste isole. Sto pensando

ai Benedettini che accompagnarono Sant‟Agostino [di Canterbury (534-604)]

nella sua missione in Inghilterra, ai discepoli di San Columba [521-597], che

hanno diffuso la fede in Scozia e nell‟Inghilterra del Nord, a San Davide [ca.

512-601] e ai suoi compagni nel Galles»78

. Salutando i cattolici del Galles, che

il Pontefice non ha potuto includere nella sua visita, convenuti nella cattedrale

di Westminster a Londra, Papa Benedetto XVI afferma che il loro patrono «San

Davide fu uno dei grandi santi del sesto secolo, quell‟epoca d‟oro di santi e

missionari in queste isole, e fu per questo un fondatore della cultura cristiana

che sta alle radici dell‟Europa moderna»79

.

Ancora prima la Scozia fu evangelizzata dal monaco san Mungo (518-

603), presentato da Papa Benedetto XVI come continuatore dell’opera di san

Niniano (360 ca.-432 ca.), di cui afferma che «[...] non ebbe paura di essere una

voce solitaria. [...] Ninian fu uno dei primissimi missionari cattolici a portare ai

suoi connazionali la buona novella di Gesù Cristo. La sua missione a Galloway

divenne un centro per la prima evangelizzazione di questo Paese»80

. Il Papa

prende così posizione nella controversia sull’esistenza storica di san Niniano,

oggi considerato da alcuni una figura meramente mitologica.

E nel secolo successivo all’epoca d’oro dei santi inglesi, il settimo, il Pa-

pa evoca la figura del benedettino san Beda il Venerabile (672-735), il quale

75

Idem, Visita a Sua Maestà la Regina e incontro con le autorità nel Parco del Palazzo

Reale di Holyroodhouse a Edimburgo, cit. 76

Idem, Saluto al termine dei Vespri durante la celebrazione ecumenica nella Westmin-

ster Abbey a Londra, cit. 77

Cfr. il mio Le radici cristiane di un‟Europa laica. Il viaggio di Papa Benedetto XVI in

Francia, in Cristianità, anno XXXVI, n. 349-350, Piacenza settembre-dicembre 2008, pp.

25-36. 78

Benedetto XVI, Indirizzo agli insegnanti e ai religiosi durante l‟incontro con il mondo

dell‟educazione cattolica nella cappella del St Mary‟s University College a Londra, del

17-9-2010, in L‟Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del

Vaticano 18-9-2010. 79

Idem, Saluto ai fedeli del Galles al termine della Messa nella cattedrale del Preziosis-

simo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo a Westminster, del 18-9-2010, ibid. 20/21-9-

2010. 80

Idem, Omelia durante la Messa nel Bellahouston Park a Glasgow, cit.

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«[...] comprese sia l‟importanza della fedeltà alla parola di Dio come trasmessa

dalla tradizione apostolica, sia la necessità di un‟apertura creativa ai nuovi

sviluppi e alle esigenze di un adeguato radicamento del Vangelo nel linguaggio

e nella cultura del suo tempo»81

. Il santo benedettino è tanto più meritevole di

essere ricordato oggi, quando «questa nazione, e l‟Europa che Beda e i suoi

contemporanei hanno contribuito ad edificare, ancora una volta si trova alle

soglie di una nuova epoca»82

.

I monaci hanno davvero diritto a essere ricordati come edificatori delle

nazioni britanniche e dell’Europa. «Poiché la ricerca di Dio che si colloca nel

cuore della vocazione monastica richiede un attivo impegno coi mezzi tramite i

quali egli si fa conoscere — la sua creazione e la sua parola rivelata — era

semplicemente naturale che il monastero dovesse avere una biblioteca ed una

scuola»83

, e che dunque ne sia nata una cultura. «Fu l‟impegno dei monaci nel-

l‟imparare la via sulla quale incontrare la Parola Incarnata di Dio che gettò le

fondamenta della nostra cultura e civiltà occidentali»84

.

In terzo luogo, Papa Benedetto XVI ricorda che la storia della Gran Bre-

tagna cristiana riposa sulle più solide delle fondamenta, quelle bagnate dal san-

gue sacro dei martiri. «L‟Inghilterra ha una grande tradizione di Santi martiri,

la cui coraggiosa testimonianza ha sostenuto ed ispirato la comunità cattolica

locale per secoli»85

. Ai martiri uccisi dai pagani al tempo della prima evangeliz-

zazione fanno seguito i due Lord Cancellieri del Regno che preferirono obbedi-

re alla propria coscienza e al Papa piuttosto che al loro sovrano: il già citato san

Tommaso Moro e prima di lui san Tommaso Becket (1118-1170) che, anch’e-

gli, «[...] rese testimonianza a Cristo versando il proprio sangue»86

nella catte-

drale di Canterbury. Vengono poi i cattolici che pagarono con la vita la fedeltà a

Roma dopo lo scisma di Enrico VIII. Il Papa ricorda i martiri di Tyburn, presso

Londra, beatificati nel 1987, i quali «[...] morirono per la fede; la testimonianza

della loro fedeltà sino alla fine fu ben più potente delle parole ispirate che molti

di loro dissero prima di abbandonare ogni cosa al Signore»87

. Tanti altri furono

81

Idem, Saluto al termine dei Vespri durante la celebrazione ecumenica nella Westmin-

ster Abbey a Londra, cit. 82

Ibidem. 83

Idem, Indirizzo agli insegnanti e ai religiosi durante l‟incontro con il mondo dell‟edu-

cazione cattolica nella cappella del St Mary‟s University College a Londra, cit. 84

Ibidem. 85

Idem, Omelia durante la Messa con beatificazione del venerabile cardinale John Henry

Newman nel Cofton Park a Birmingham, del 19-9-2010, in L‟Osservatore Romano. Gior-

nale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 20/21-9-2010. 86

Idem, Visita all‟arcivescovo di Canterbury nel Lambeth Palace a Londra, cit. 87

Idem, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardinale John

Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, cit.

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in quei secoli «impiccati, affogati e squartati»88

per la loro indomita «fedeltà al

Vangelo»89

.

Il martirio non appartiene solo al passato. Anzitutto, vi sono luoghi nel

mondo dove il martirio cruento continua ancora oggi. Il Papa celebra i «[...]

martiri di ogni tempo, che hanno bevuto al calice da cui Cristo stesso ha bevu-

to, ed il cui sangue, sparso in unione al suo sacrificio, dà nuova vita alla Chie-

sa. Ciò è anche riflesso nei nostri fratelli e sorelle nel mondo, che ancora oggi

soffrono discriminazioni e persecuzioni per la loro fede cristiana»90

. In secondo

luogo, non vi è solo il martirio cruento. Talora «il prezzo da pagare per la fedel-

tà al Vangelo»91

non è quello di essere torturati e uccisi ma «[...] implica l‟esse-

re additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia»92

. La stessa

vita del beato Newman, che dopo la conversione al cattolicesimo fu ripudiato da

amici e perfino da familiari, «[...] ci insegna che la passione per la verità, per

l‟onestà intellettuale e per la conversione genuina comporta un grande prezzo

da pagare»93

. Ma il sangue dei martiri è sempre fondamento di cristianità rin-

novate. «Nella vita della Chiesa, nelle sue prove e tribolazioni, Cristo continua,

secondo l‟incisiva espressione di [Blaise] Pascal [1623-1662], ad essere in ago-

nia fino alla fine del mondo (Pensées, 553, éd. [a cura di Lèon] Brunschvicg

[1869-1944])»94

.

Una quarta memoria, che il Papa non omette mai nei suoi viaggi in Euro-

pa, è quella — tanto cara al beato Newman — delle radici mariane delle nazioni

britanniche. «Quando il Beato John Henry Newman venne a vivere a Birmin-

gham, diede il nome di “Maryvale” alla sua prima casa. L‟Oratorio da lui fon-

dato è dedicato all‟Immacolata Concezione della Beata Vergine. E l‟Università

Cattolica dell‟Irlanda venne da lui posta sotto la protezione di Maria, Sedes sa-

pientiae»95

. E ai gallesi il Papa ricorda che «nella sua secolare storia, la gente

del Galles si è distinta per la sua devozione alla Madre di Dio; ciò è posto in

evidenza dagli innumerevoli luoghi del Galles chiamati “Llanfair” — Chiesa di

88

Ibidem. 89

Ibidem. 90

Idem, Omelia durante la Messa nella cattedrale del Preziosissimo Sangue di Nostro Si-

gnore Gesù Cristo a Westminster, del 18-9-2010, in L‟Osservatore Romano. Giornale

quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 19-9-2010. 91

Idem, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardinale John

Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, cit. 92

Ibidem. 93

Ibidem. 94

Idem, Omelia durante la Messa nella cattedrale del Preziosissimo Sangue di Nostro Si-

gnore Gesù Cristo a Westminster, cit. 95

Idem, Recita dell‟Angelus Domini a Birmingham, del 19-9-2010, in L‟Osservatore Ro-

mano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 20/21-9-2010.

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Maria»96

, nonché dall’importanza nella storia del Paese del «Santuario Nazio-

nale di Nostra Signora di Cardigan»97

.

Vi è, infine, una quinta memoria storica che Papa Benedetto XVI ricorda.

È l’eredità giuridica e politica di quello che chiama il «[...] desiderio di rag-

giungere un giusto equilibrio tra le legittime esigenze del potere dello Stato e i

diritti di coloro che gli sono soggetti. Se da un lato, nella vostra storia, sono

stati compiuti a più riprese dei passi decisivi per porre dei limiti all‟esercizio

del potere, dall‟altro le istituzioni politiche della nazione sono state in grado di

evolvere all‟interno di un notevole grado di stabilità»98

. Questa tradizione, che

parte almeno dalla Magna Charta Libertatum del 1215 e trova una base nel

«senso istintivo di moderazione presente nella Nazione»99

, apprezzato pure dal

beato Newman, nella sua parte essenziale e migliore secondo Papa Benedetto

XVI «[...] ha molto in comune»100

con «la dottrina sociale cattolica, pur formu-

lata in linguaggio diverso»101

.

Al di là delle singole, complesse vicende storiche il Papa vede in due epi-

sodi della storia moderna l’impronta della passione della libertà che caratterizza

la storia istituzionale britannica. Il primo è il contributo della Gran Bretagna al-

l’abolizione del commercio degli schiavi. «La campagna che portò a questa le-

gislazione epocale, si basò su principi morali solidi, fondati sulla legge natura-

le, e ha costituito un contributo alla civilizzazione di cui questa nazione può es-

sere giustamente orgogliosa»102

, e alle cui origini si situano peraltro cristiani

mossi da motivazioni religiose, «figure come [l’uomo politico anglicano] Wil-

liam Wilberforce [1759-1833] e [il missionario ed esploratore riformato scozze-

se] David Livingstone [1813-1873]»103

.

Il secondo episodio riguarda il modo con cui il popolo inglese e molti

suoi leader percepirono la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945): una lotta

contro «[...] una tirannia nazista che aveva in animo di sradicare Dio dalla so-

cietà»104

. Beatificando il card. Newman proprio nel «giorno prescelto per com-

96

Idem, Saluto ai fedeli del Galles al termine della Messa nella cattedrale del Preziosis-

simo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo a Westminster, cit. 97

Ibidem. 98

Idem, Incontro con esponenti della società civile, del mondo accademico, culturale e

imprenditoriale, con il corpo diplomatico e con leader religiosi nella Westminster Hall a

Londra, cit. 99

Ibidem. 100

Ibidem. 101

Ibidem. 102

Ibidem. 103

Idem, Visita a Sua Maestà la Regina e incontro con le autorità nel Parco del Palazzo

Reale di Holyroodhouse a Edimburgo, cit. 104

Ibidem.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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memorare il 70mo

anniversario della “Battle of Britain”»105

— la battaglia aerea

combattuta nel 1940 fra le aviazioni britannica e tedesca per il controllo dello

spazio aereo sopra la Gran Bretagna —, il Papa tedesco confida: «Per me, che

ho vissuto e sofferto lungo i tenebrosi giorni del regime nazista in Germania, è

profondamente commovente essere qui con voi in tale occasione, e ricordare

quanti dei vostri concittadini hanno sacrificato la propria vita, resistendo co-

raggiosamente alle forze di quella ideologia maligna»106

.

b. Rispondere al secolarismo

Ma vi è anche un’altra storia. Se è vero che «[...] i Paesi occidentali han-

no tutti, ognuno nel loro modo specifico e secondo la loro propria storia, forti

correnti anticlericali e anticattoliche»107

, «naturalmente la Gran Bretagna ha

una sua propria storia di anticattolicesimo»108

. E l’anticattolicesimo oggi di-

venta parte di un più generale secolarismo che mira a emarginare la religione

dalla vita pubblica riducendola a un mero fatto privato, secondo una tendenza

che, come si è visto, già il beato Newman aveva denunciato nel suo Biglietto

Speech. «Alla fine della vita, Newman avrebbe descritto il proprio lavoro come

una lotta contro la tendenza crescente a considerare la religione come un fatto

puramente privato e soggettivo, una questione di opinione personale»109

.

«Non posso che esprimere la mia preoccupazione — ha detto Papa Bene-

detto XVI ai parlamentari inglesi — di fronte alla crescente marginalizzazione

della religione, in particolare del Cristianesimo, che sta prendendo piede in al-

cuni ambienti, anche in nazioni che attribuiscono alla tolleranza un grande va-

lore. Vi sono alcuni che sostengono che la voce della religione andrebbe messa

a tacere, o tutt‟al più relegata alla sfera puramente privata. Vi sono alcuni che

sostengono che la celebrazione pubblica di festività come il Natale andrebbe

scoraggiata, secondo la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche

modo offendere coloro che appartengono ad altre religioni o a nessuna. E vi

sono altri ancora che — paradossalmente con lo scopo di eliminare le discri-

minazioni — ritengono che i cristiani che rivestono cariche pubbliche dovreb-

bero, in determinati casi, agire contro la propria coscienza. Questi sono segni

preoccupanti dell‟incapacità di tenere nel giusto conto non solo i diritti dei cre-

105

Idem, Omelia durante la Messa con beatificazione del venerabile cardinale John

Henry Newman nel Cofton Park a Birmingham, cit. 106

Ibidem. 107

Idem, Incontro con i giornalisti durante il volo verso il Regno Unito, cit. 108

Ibidem. 109

Idem, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardinale John

Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, cit.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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denti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della

religione nella sfera pubblica»110

.

«Mentre riflettiamo sui moniti dell‟estremismo ateo del ventesimo secolo,

non possiamo mai dimenticare come l‟esclusione di Dio, della religione e della

virtù dalla vita pubblica conduce in ultima analisi ad una visione monca del-

l‟uomo e della società»111

. Oggi viviamo «[...] in una società che è divenuta

sempre più indifferente e perfino ostile al messaggio cristiano»112

, giacché «ve-

de il Vangelo come un limite alla libertà umana, invece che come verità che li-

bera»113

, e in cui «[...] la cultura che ci circonda si sviluppa in modo sempre più

distante dalle sue radici cristiane, nonostante una profonda e diffusa fame di

nutrimento spirituale»114

. Nella Gran Bretagna «multiculturale»115

, che «così

spesso sembra a rischio di frammentazione»116

, vi è il pericolo che venga meno

il «[...] rispetto per quei valori tradizionali e per quelle espressioni culturali che

forme più aggressive di secolarismo non stimano più, né tollerano più. Non si

lasci oscurare il fondamento cristiano che sta alla base delle sue libertà»117

. Di

questo oscuramento sono talora agenti primari i media: e «[...] poiché le loro o-

pinioni raggiungono un così vasto uditorio, i media britannici hanno una re-

sponsabilità più grave di altri»118

.

Richiamando la sua enciclica Caritas in veritate, del 2009, Papa Benedet-

to XVI ricorda pure come l’esclusione del fondamento religioso — e quindi, i-

nevitabilmente, di quello etico — della società e dell’economia sia stata fra le

cause della crisi economica del 2008, che ha colpito duramente la Gran Breta-

gna. «L‟inadeguatezza di soluzioni pragmatiche, di breve termine, ai complessi

problemi sociali ed etici è stata messa in tutta evidenza dalla recente crisi fi-

nanziaria globale. Vi è un vasto consenso sul fatto che la mancanza di un solido

fondamento etico dell‟attività economica abbia contribuito a creare la situazio-

ne di grave difficoltà nella quale si trovano ora milioni di persone nel mon-

110

Idem, Incontro con esponenti della società civile, del mondo accademico, culturale e

imprenditoriale, con il corpo diplomatico e con leader religiosi nella Westminster Hall a

Londra, cit. 111

Idem, Visita a Sua Maestà la Regina e incontro con le autorità nel Parco del Palazzo

Reale di Holyroodhouse a Edimburgo, cit. 112

Idem, Saluto al termine dei Vespri durante la celebrazione ecumenica nella Westmin-

ster Abbey a Londra, cit. 113

Idem, Omelia durante la Messa nella cattedrale del Preziosissimo Sangue di Nostro

Signore Gesù Cristo a Westminster, cit. 114

Idem, Visita all‟arcivescovo di Canterbury nel Lambeth Palace a Londra, cit. 115

Ibidem. 116

Ibidem. 117

Idem, Visita a Sua Maestà la Regina e incontro con le autorità nel Parco del Palazzo

Reale di Holyroodhouse a Edimburgo, cit. 118

Ibidem.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

20

do»119

. Come risultato, «lo spettro della disoccupazione sta stendendo le pro-

prie ombre sulla vita di molta gente, ed il costo a lungo termine di pratiche

d‟investimento dei tempi recenti, mal consigliate, sta diventando quanto mai e-

vidente»120

. Ne deriva purtroppo «un retroterra di crescente cinismo addirittura

circa la possibilità di una vita virtuosa»121

. Ma dal messaggio del beato New-

man emerge un invito a reagire e a «[...] lavorare strenuamente per difendere le

immutabili verità morali che, riprese, illuminate e confermate dal Vangelo,

stanno alla base di una società veramente umana, giusta e libera»122

.

Il beato «[...] Newman ci insegna che se abbiamo accolto la verità di Cri-

sto e abbiamo impegnato la nostra vita per lui, non vi può essere separazione

tra ciò che crediamo ed il modo in cui viviamo la nostra esistenza»123

. Anche

per questo compito — ricorda il Papa ai vescovi britannici — «[...] è stato di re-

cente costituito un Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione dei Pae-

si di lunga tradizione cristiana, e desidero incoraggiarvi ad avvalervi dei suoi

servigi per affrontare i compiti che vi stanno innanzi»124

.

Con i parlamentari Papa Benedetto XVI ritorna sul caso esemplare di san

Tommaso Moro. «Il dilemma con cui Tommaso Moro si confrontava, in quei

tempi difficili, la perenne questione del rapporto tra ciò che è dovuto a Cesare e

ciò che è dovuto a Dio, mi offre l‟opportunità di riflettere brevemente con voi

sul giusto posto che il credo religioso mantiene nel processo politico»125

. «E, in

verità, le questioni di fondo che furono in gioco nel processo contro Tommaso

Moro continuano a presentarsi, in termini sempre nuovi, con il mutare delle

condizioni sociali. Ogni generazione, mentre cerca di promuovere il bene co-

mune, deve chiedersi sempre di nuovo: quali sono le esigenze che i governi pos-

sono ragionevolmente imporre ai propri cittadini, e fin dove esse possono esten-

dersi? A quale autorità ci si può appellare per risolvere i dilemmi morali? Que-

ste questioni ci portano direttamente ai fondamenti etici del discorso civile»126

.

119

Idem, Incontro con esponenti della società civile, del mondo accademico, culturale e

imprenditoriale, con il corpo diplomatico e con leader religiosi nella Westminster Hall a

Londra, cit. 120

Idem, Discorso ai vescovi d‟Inghilterra, Scozia e Galles nella cappella dell‟Oscott

College a Birmingham, cit. 121

Ibidem. 122

Idem, Udienza generale sul viaggio apostolico nel Regno Unito, cit. 123

Idem, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardinale John

Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, cit. 124

Idem, Discorso ai vescovi d‟Inghilterra, Scozia e Galles nella cappella dell‟Oscott

College a Birmingham, cit. 125

Idem, Incontro con esponenti della società civile, del mondo accademico, culturale e

imprenditoriale, con il corpo diplomatico e con leader religiosi nella Westminster Hall a

Londra, cit. 126

Ibidem.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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Come il venerabile Papa Giovanni Paolo II e lo stesso Papa Benedetto

XVI hanno più volte ricordato, non è sufficiente rispondere che l’autorità su-

prema è costituita dalla democrazia e dal voto liberamente espresso dalla mag-

gioranza dei cittadini. «Se i principi morali che sostengono il processo demo-

cratico non si fondano, a loro volta, su nient‟altro di più solido che sul consen-

so sociale, allora la fragilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza.

Qui si trova la reale sfida per la democrazia»127

. «La questione centrale in gio-

co, dunque, è la seguente: dove può essere trovato il fondamento etico per le

scelte politiche?»128

. La risposta del Papa è che questo fondamento può essere

trovato soltanto nella legge naturale, che la ragione — come si è accennato —

può conoscere, ma con difficoltà, così che l’aiuto offerto dalla fede non può es-

sere rifiutato senza grave pericolo. «La religione, in altre parole, per i legislato-

ri non è un problema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale

al dibattito pubblico nella nazione»129

.

Papa Benedetto XVI, rispondendo a polemiche non solo inglesi, ha espres-

so soddisfazione perché — a differenza di quanto avvenne per la visita del vene-

rabile Papa Giovanni Paolo II nel 1982 — il suo viaggio apostolico è stato consi-

derato dal Regno Unito come visita di Stato. «Sono molto grato a Sua Maestà la

Regina Elisabetta II, che ha voluto dare a questa visita il rango di una visita di

Stato, che sa esprimere il carattere pubblico di questa visita e anche la responsa-

bilità comune tra politica e religione»130

. Non si tratta di una questione di mera

forma. Infatti «[...] mette al centro dell‟attenzione, questo carattere di visita di

Stato, le coincidenze tra l‟interesse della politica e della religione. La politica so-

stanzialmente è creata per garantire giustizia, e con la giustizia libertà, ma giu-

stizia è un valore morale, un valore religioso e così la fede, l‟annuncio del Van-

gelo, si collega, nel punto “giustizia”, con la politica»131

. «Naturalmente questo

fatto che giuridicamente è una visita di Stato non rende la mia visita un fatto poli-

tico, perché se il Papa è capo di Stato, questo è solo uno strumento per garantire

l‟indipendenza del suo annuncio e il carattere pubblico del suo lavoro di Pasto-

re»132

.

Il Papa non ha mancato di fare cenno anche a problemi specifici. Così, ha

ricordato ai parlamentari che «[...] le istituzioni religiose, comprese quelle legate

alla Chiesa cattolica, devono essere libere di agire in accordo con i propri prin-

cipi e le proprie specifiche convinzioni, basate sulla fede e sull‟insegnamento uf-

127

Ibidem. 128

Ibidem. 129

Ibidem. 130

Idem, Incontro con i giornalisti durante il volo verso il Regno Unito, cit. 131

Ibidem. 132

Ibidem.

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ficiale della Chiesa»133

. L’allusione è qui a leggi che pretendono d’imporre agli

ospedali cattolici di praticare aborti e alle agenzie cattoliche che si occupano di

adozioni di offrire bambini per l’adozione anche a coppie omosessuali.

Particolarmente toccanti sono state le parole che Papa Benedetto XVI ha

rivolto agli anziani di una casa di riposo di Londra, che ha tenuto a includere fra

le mete del suo viaggio. «La vita è un dono unico, ad ogni stadio, dal concepi-

mento fino alla morte naturale, e spetta solo a Dio darla e toglierla»134

. La con-

danna dell’eutanasia diventa però una profonda riflessione del Papa ottantatre-

enne sulla condizione degli anziani. «Uno può godere buona salute in tarda età;

ma ugualmente i Cristiani non dovrebbero avere paura di partecipare alle sof-

ferenze di Cristo se Dio vuole che affrontiamo l‟infermità. Il mio predecessore

il Papa Giovanni Paolo, ha sofferto pubblicamente negli ultimi anni della sua

vita. Appariva chiaro a tutti che viveva questo in unione alle sofferenze del no-

stro Salvatore. La sua letizia e pazienza nell‟affrontare i suoi ultimi giorni fu-

rono un significativo e commovente esempio per tutti noi che dobbiamo portare

il carico degli anni che avanzano»135

.

Occorre dunque, all’estremo opposto della mentalità eutanasica, «[...] ri-

conoscere la presenza di un crescente numero di anziani come una benedizione

per la società. Ogni generazione può imparare dall‟esperienza e saggezza della

generazione che l‟ha preceduta. Inoltre il provvedere alla cura delle persone

anziane non dovrebbe essere anzitutto considerata come un atto di generosità,

ma come il ripagare un debito di gratitudine»136

. «Mentre cresce il nostro nor-

male periodo di vita — ha voluto aggiungere Papa Benedetto XVI — le nostre

capacità fisiche spesso vengono meno; e tuttavia questi periodi possono essere

fra gli anni spiritualmente più fruttuosi della nostra vita. Questi anni sono

un‟opportunità per ricordare in una preghiera affettuosa tutti quelli che abbia-

mo amato in questa vita e porre tutto quello che siamo stati e abbiamo fatto da-

vanti alla grazia e alla tenerezza di Dio»137

.

c. Valorizzare il ruolo dei laici

Contemplando il grande crocifisso che domina la navata della cattedrale

cattolica di Westminster, a Londra, realizzato a Bruges in Belgio su disegni

dell’architetto della cattedrale John Francis Bentley (1839-1902) nello stile neo-

medioevale del secolo XIX, in questo caso, neo-bizantino, per cui ha espresso

più volte apprezzamento, Papa Benedetto XVI — rivolgendosi in particolare ai

133

Idem, Incontro con esponenti della società civile, del mondo accademico, culturale e

imprenditoriale, con il corpo diplomatico e con leader religiosi nella Westminster Hall a

Londra, cit. 134

Idem, Discorso durante la visita alla Casa per anziani St Peter's Residence, cit. 135

Ibidem. 136

Ibidem. 137

Ibidem.

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fedeli laici — nota come «le mani di nostro Signore, stese sulla Croce, ci invi-

tano a contemplare anche la nostra partecipazione al suo eterno sacerdozio e la

responsabilità che abbiamo, in quanto membra del suo corpo, di portare al

mondo in cui viviamo il potere riconciliante del suo sacrificio. Il Concilio Vati-

cano II [1962-1965] parlò in maniera eloquente dell‟indispensabile ruolo del

laicato di portare avanti la missione della Chiesa, attraverso lo sforzo di servi-

re da fermento del Vangelo nella società, lavorando per l‟avanzamento del Re-

gno di Dio nel mondo»138

. «Il richiamo del Concilio ai fedeli laici ad assumere

il loro impegno battesimale partecipando alla missione di Cristo richiama le in-

tuizioni e gli insegnamenti di John Henry Newman»139

.

Né si tratta solo della partecipazione dei laici, tramite il sacerdozio comune

— che, naturalmente, è cosa ben distinta dal sacerdozio ministeriale dei presbiteri

—, all’ufficio sacerdotale di Gesù Cristo e, tramite la consecratio mundi, al Suo

ufficio regale. I laici partecipano anche al terzo ufficio di Gesù Cristo, quello pro-

fetico. Il beato Newman «fu il grande campione dell‟ufficio profetico del laicato

cristiano»140

. E ai laici, sulla scia di Newman, il Papa si rivolge accoratamente da

Glasgow: «Faccio appello in particolare a voi, fedeli laici, affinché, in conformi-

tà con la vostra vocazione e missione battesimale, non solo possiate essere esem-

pio pubblico di fede, ma sappiate anche farvi avvocati nella sfera pubblica della

promozione della sapienza e della visione del mondo che derivano dalla fede. La

società odierna necessita di voci chiare, che propongano il nostro diritto a vivere

non in una giungla di libertà auto-distruttive ed arbitrarie, ma in una società che

lavora per il vero benessere dei suoi cittadini, offrendo loro guida e protezione di

fronte alle loro debolezze e fragilità»141

.

Le riflessioni del beato Newman sui laici si radicano in un suo profondo

accostamento alla tematica della vocazione. Il beato «[...] ci dice che il nostro

divino Maestro ha assegnato un compito specifico a ciascuno di noi, un “servi-

zio ben definito”, affidato unicamente ad ogni singolo: “io ho la mia missione

— scrisse — sono un anello in una catena, un vincolo di connessione fra perso-

ne. Egli non mi ha creato per niente. Farò il bene, compirò la sua opera; sarò

un angelo di pace, un predicatore di verità proprio nel mio posto… se lo faccio

obbedirò ai suoi comandamenti e lo servirò nella mia vocazione” (Meditations

and devotions, 301-2)»142

.

138

Idem, Omelia durante la Messa nella cattedrale del Preziosissimo Sangue di Nostro

Signore Gesù Cristo a Westminster, cit. 139

Ibidem. 140

Idem, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardinale John

Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, cit. 141

Idem, Omelia durante la Messa nel Bellahouston Park a Glasgow, cit. 142

Idem, Omelia durante la Messa con beatificazione del venerabile cardinale John

Henry Newman nel Cofton Park a Birmingham, cit.

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«Una delle più amate meditazioni del Cardinale contiene queste parole:

“Dio mi ha creato per offrire a lui un certo specifico servizio. Mi ha affidato un

certo lavoro che non ha affidato ad altri” (Meditations on Christian Doctrine).

Vediamo qui il preciso realismo cristiano di Newman, il punto nel quale la fede

e la vita inevitabilmente si incrociano. [...] Nessuno che guardi realisticamente

al nostro mondo d‟oggi può pensare che i cristiani possano continuare a far le

cose di ogni giorno, ignorando la profonda crisi di fede che è sopraggiunta nel-

la società, o semplicemente confidando che il patrimonio di valori trasmesso

lungo i secoli cristiani possa continuare ad ispirare e plasmare il futuro della

nostra società. [...] Ciascuno di noi, secondo il proprio stato di vita, è chiamato

ad operare per la diffusione del Regno di Dio impregnando la vita temporale

dei valori del Vangelo»143

.

Per realizzare la sua vocazione d’instaurazione cristiana dell’ordine tem-

porale il laicato, insegnava il beato Newman, dev’essere formato. «“Voglio un

laicato non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini

che conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene

dove si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il

proprio credo così bene da dare conto di esso, che conoscono così bene la sto-

ria da poterlo difendere” (The Present Position of Catholics in England, IX,

390)»144

. E i laici non possono essere formati se mancano santi e dotti sacerdoti.

«Più si sviluppa l‟apostolato dei laici, più urgente viene sentito il bisogno di sa-

cerdoti, e più il laicato approfondisce la consapevolezza della propria specifica

vocazione, più si rende evidente ciò che è proprio del sacerdote»145

. Nel beato

Newman non vi è contrasto fra promozione dei laici e consapevolezza della di-

gnità straordinaria e unica del sacerdozio.

3. L’emergenza educativa

Papa Benedetto XVI ha parlato più volte di un’«emergenza educativa»146

.

L’emergenza non è però solo degli ultimi anni. Il problema era già ben presente

al beato Newman. «Desidero rendere onore — ha affermato il Papa — alla sua

visione dell‟educazione, che ha fatto così tanto per plasmare l‟“ethos” che è la

forza sottostante alle scuole ed agli istituti universitari cattolici di oggi [...]. Il

143

Idem, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardinale John

Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, cit. 144

Idem, Omelia durante la Messa con beatificazione del venerabile cardinale John Hen-

ry Newman nel Cofton Park a Birmingham, cit. 145

Idem, Omelia durante la Messa nella cattedrale del Preziosissimo Sangue di Nostro

Signore Gesù Cristo a Westminster, cit. 146

Idem, Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente della formazione

delle nuove generazioni, del 21-1-2008, in Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. IV, 1,

2008. (Gennaio-Giugno), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2009, pp. 116-120

(p. 116).

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progetto di fondare un‟università cattolica in Irlanda gli diede l‟opportunità di

sviluppare le proprie idee su tale argomento e la raccolta di discorsi da lui

pubblicati come The Idea of a University contiene un ideale dal quale possono

imparare quanti sono impegnati nella formazione accademica»147

.

a. Per un‟educazione integrale

Il beato Newman era «fermamente contrario ad ogni approccio riduttivo

o utilitaristico»148

al problema dell’educazione, e «[...] cercò di raggiungere un

ambiente educativo nel quale la formazione intellettuale, la disciplina morale e

l‟impegno religioso procedessero assieme»149

. Il beato concepiva «[...] il compi-

to dell‟insegnante non [come] solo quello di impartire informazioni o di provve-

dere ad una preparazione tecnica per portare benefici economici alla società;

l‟educazione non è e non deve essere mai considerata come puramente utilitari-

stica. Riguarda piuttosto formare la persona umana, preparare lui o lei a vivere

la vita in pienezza — in poche parole riguarda educare alla saggezza. E la vera

saggezza è inseparabile dalla conoscenza del Creatore»150

.

L’educazione integrale del beato Newman non trascura né svaluta le

scienze. Al contrario, ripete Papa Benedetto XVI, «[...] le scienze umane e natu-

rali ci forniscono una comprensione inestimabile di aspetti della nostra esisten-

za»151

. Il loro studio è necessario. Ma non può essere sufficiente, perché «[...]

tuttavia queste discipline non danno risposta, e non possono darla, alla doman-

da fondamentale, perché operano ad un livello totalmente diverso. Non possono

soddisfare i desideri più profondi del cuore umano, né spiegarci pienamente la

nostra origine ed il nostro destino, per quale motivo e per quale scopo noi esi-

stiamo, né possono darci una risposta esaustiva alla domanda: “Per quale mo-

tivo esiste qualcosa, piuttosto che il niente?”»152

.

Ecco allora il grande insegnamento del beato Newman, che il Papa ripro-

pone ai giovani: studiate ogni materia utile e lecita, ma inseritela sempre in un

quadro più ampio. «Ricordate sempre però che ogni materia che studiate si in-

serisce in un orizzonte più ampio. Non riducetevi mai ad un orizzonte ristretto.

147

Idem, Omelia durante la Messa con beatificazione del venerabile cardinale John Hen-

ry Newman nel Cofton Park a Birmingham, cit.; cfr. J. H. Newman, L‟idea di università,

trad. it., a cura di Angelo Bottone, con Introduzione di Vincenzo Cappelletti, Studium,

Roma 2005. 148

Benedetto XVI, Omelia durante la Messa con beatificazione del venerabile cardinale

John Henry Newman nel Cofton Park a Birmingham, cit. 149

Ibidem. 150

Idem, Indirizzo agli insegnanti e ai religiosi durante l‟incontro con il mondo dell‟e-

ducazione cattolica nella cappella del St Mary‟s University College a Londra, cit. 151

Idem, Discorso durante l‟incontro con i rappresentanti di altre religioni nella Walde-

grave Drawing Room del St Mary‟s University College a Londra, cit. 152

Ibidem.

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Il mondo ha bisogno di buoni scienziati, ma una prospettiva scientifica diventa

pericolosamente angusta, se ignora la dimensione etica e religiosa della vita,

così come la religione diventa angusta, se rifiuta il legittimo contributo della

scienza alla nostra comprensione del mondo. Abbiamo bisogno di buoni storici,

filosofi ed economisti, ma se la percezione che essi offrono della vita umana al-

l‟interno del loro specifico campo è centrata su di una prospettiva troppo ri-

stretta, essi possono seriamente portarci fuori strada»153

.

b. La scuola cattolica

«Una buona scuola offre una formazione completa per l‟intera persona.

Ed una buona scuola cattolica, al di sopra e al di là di questo, dovrebbe aiutare

i suoi studenti a diventare santi»154

. Vi erano buone scuole nella Gran Bretagna

del beato Newman. Ma egli non se ne accontentò e s’impegnò con i suoi confra-

telli oratoriani e con altri che — non senza difficoltà e incomprensioni — ap-

poggiarono i suoi progetti di fondare scuole cattoliche e anche, come si è accen-

nato, un’università cattolica in Irlanda. Non si trattava di una novità, ricorda Pa-

pa Benedetto XVI: «in Scozia, penso alle tre università medievali fondate dai

pontefici, compresa quella di S. Andrea, che sta per celebrare il sesto centena-

rio della sua fondazione»155

. Il Papa aggiunge un aneddoto personale. Questo

tema, afferma, «[...] mi offre l‟opportunità di rendere grazie a Dio per la vita e

l‟opera della Venerabile Mary Ward [1585-1645], nativa di questa terra [ingle-

se], la cui visione pionieristica di vita religiosa apostolica per le donne ha por-

tato così tanti frutti. Io stesso da giovane ragazzo sono stato educato dalle “Da-

me Inglesi” e devo loro un profondo debito di gratitudine»156

.

Oggi, come ai tempi della venerabile Mary Ward o del beato Newman,

«Cristo [...] ha bisogno di uomini e donne che dedichino la loro vita al nobile

compito dell‟educazione, prendendosi cura dei giovani e formandoli secondo le

vie del Vangelo»157

. Occorre tuttavia contrastare un equivoco. Spesso le scuole

cattoliche sono riconosciute come istituti di formazione d’eccellenza: ma non è

questa la loro ragion d’essere. La scuola cattolica dev’essere, appunto, cattolica

e testimoniare quotidianamente l’ideale del beato Newman dell’educazione in-

tegrale: «C‟è sempre un orizzonte più grande, nelle vostre scuole cattoliche, so-

pra e al di là delle singole materie del vostro studio e delle varie capacità che

153

Idem, Indirizzo agli alunni durante l‟incontro con il mondo dell‟educazione cattolica

nel campo sportivo del St Mary‟s University College a Londra, del 17-9-2010, in L‟Os-

servatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 18-9-2010. 154

Ibidem. 155

Idem, Omelia durante la Messa nel Bellahouston Park a Glasgow, cit. 156

Idem, Indirizzo agli insegnanti e ai religiosi durante l‟incontro con il mondo dell‟edu-

cazione cattolica nella cappella del St Mary‟s University College a Londra, cit. 157

Idem, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardinale John

Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, cit.

Page 29: «Cristianità. Organo ufficiale di Alleanza Cattolica», anno XXXVIII, n. 357 Piacenza luglio-settembre 2010

Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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acquisite»158

. La stessa «[...] presenza dei religiosi nelle scuole cattoliche è un

forte richiamo all‟ampiamente discusso carattere cattolico, che è necessario

permei ogni aspetto della vita scolastica»159

. E «carattere cattolico» significa

ortodossia della dottrina. Vi è, afferma il Pontefice, un’«[...] evidente esigenza

che il contenuto dell'insegnamento dovrebbe essere sempre in conformità con la

dottrina della Chiesa. Ciò significa che la vita di fede deve essere la forza guida

alla base di ogni attività nella scuola [cattolica], così che la missione della

Chiesa possa essere effettivamente servita»160

.

c. Educare alla santità

La scuola cattolica, e l’educazione cattolica dei giovani in famiglia e nel-

le chiese, ha un ideale ancora più grande, tanto spesso sottolineato dal beato

Newman: educare alla santità. «Vi sono molte tentazioni — ricorda il Papa ai

giovani — che dovete affrontare ogni giorno — droga, denaro, sesso, porno-

grafia, alcool — che secondo il mondo vi daranno felicità, mentre in realtà si

tratta di cose distruttive, che creano divisione. C‟è una sola cosa che permane:

l‟amore personale di Gesù Cristo per ciascuno di voi. Cercatelo, conoscetelo ed

amatelo, ed egli vi renderà liberi dalla schiavitù dell‟esistenza seducente ma su-

perficiale frequentemente proposta dalla società di oggi»161

.

Da Londra, collegato via Internet con tutte le scuole cattoliche d’Inghil-

terra, Scozia e Galles, Papa Benedetto XVI ha tenuto il 17 settembre agli allievi

una stupenda lezione sulla santità. «Non capita spesso ad un Papa — in verità

nemmeno a qualsiasi altra persona — l‟opportunità di parlare contemporanea-

mente agli studenti di tutte le scuole cattoliche dell‟Inghilterra, del Galles e del-

la Scozia. E dal momento che ora io ho questa possibilità, c‟è qualcosa che mi

sta davvero molto a cuore di dirvi. Ho la speranza che fra voi che oggi siete qui

ad ascoltarmi vi siano alcuni dei futuri santi del ventunesimo secolo. La cosa

che Dio desidera maggiormente per ciascuno di voi è che diventiate santi. Egli

vi ama molto più di quanto voi possiate immaginare e desidera per voi il mas-

simo. E la cosa migliore di tutte per voi è di gran lunga il crescere in santità.

«Forse alcuni di voi non ci hanno mai pensato prima d‟ora. Forse alcuni

pensano che essere santi non sia per loro. Lasciatemi spiegare cosa intendo di-

re. Quando si è giovani, si è soliti pensare a persone che stimiamo e ammiria-

mo, persone alle quali vorremmo assomigliare. Potrebbe trattarsi di qualcuno

che incontriamo nella nostra vita quotidiana e che teniamo in grande stima.

Oppure potrebbe essere qualcuno famoso. Viviamo in una cultura della celebri-

158

Idem, Indirizzo agli alunni durante l‟incontro con il mondo dell‟educazione cattolica

nel campo sportivo del St Mary‟s University College a Londra, cit. 159

Idem, Indirizzo agli insegnanti e ai religiosi durante l‟incontro con il mondo dell‟edu-

cazione cattolica nella cappella del St Mary‟s University College a Londra, cit. 160

Ibidem. 161

Idem, Omelia durante la Messa nel Bellahouston Park a Glasgow, cit.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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tà ed i giovani sono spesso incoraggiati ad avere come modello figure del mon-

do dello sport o dello spettacolo. Io vorrei farvi questa domanda: quali sono le

qualità che vedete negli altri e che voi stessi vorreste maggiormente possedere?

Quale tipo di persona vorreste davvero essere?

«Quando vi invito a diventare santi, vi sto chiedendo di non accontentar-

vi di seconde scelte. Vi sto chiedendo di non perseguire un obiettivo limitato,

ignorando tutti gli altri. Avere soldi rende possibile essere generosi e fare del

bene nel mondo, ma, da solo, non è sufficiente a renderci felici. Essere grande-

mente dotati in alcune attività o professioni è una cosa buona, ma non potrà

mai soddisfarci, finché non puntiamo a qualcosa di ancora più grande. Potrà

renderci famosi, ma non ci renderà felici. La felicità è qualcosa che tutti desi-

deriamo, ma una delle grandi tragedie di questo mondo è che così tanti non rie-

scono mai a trovarla, perché la cercano nei posti sbagliati. La soluzione è mol-

to semplice: la vera felicità va cercata in Dio»162

.

«E, una volta che voi siete entrati in amicizia con Dio — prosegue il Pa-

pa — ogni cosa nella vostra vita inizia a cambiare. Mentre giungete a cono-

scerlo meglio, vi rendete conto di voler riflettere nella vostra stessa vita qualco-

sa della sua infinita bontà. Siete attratti dalla pratica della virtù. Incominciate

a vedere l‟avidità e l‟egoismo, e tutti gli altri peccati, per quello che realmente

sono, tendenze distruttive e pericolose che causano profonda sofferenza e gran-

de danno, e volete evitare di cadere voi stessi in quella trappola [...]. Quando

queste cose iniziano a starvi a cuore, siete già pienamente incamminati sulla

via della santità»163

.

Il beato Newman aveva compreso che la santità si può apprendere non

solo con lo studio, ma anzitutto con la preghiera. Nello stesso tempo, anche la

preghiera s’impara e richiede un’educazione. «Il motto del Cardinale Newman,

Cor ad cor loquitur, “il cuore parla al cuore”, ci permette di penetrare nella

sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata

come l‟intenso desiderio del cuore umano di entrare in intima comunione con il

Cuore di Dio. Egli ci rammenta che la fedeltà alla preghiera ci trasforma gra-

dualmente nell‟immagine divina. Come scrisse in uno dei suoi forbiti sermoni:

“l‟abitudine alla preghiera, che è pratica di rivolgersi a Dio e al mondo invisi-

bile in ogni stagione, in ogni luogo, in ogni emergenza, la preghiera, dico, ha

ciò che può essere chiamato un effetto naturale nello spiritualizzare ed elevare

l‟anima. Un uomo non è più ciò che era prima; gradualmente… ha interiorizza-

to un nuovo sistema di idee ed è divenuto impregnato di freschi principi” (Paro-

chial and plain sermons, IV, 230-231)»164

.

162

Idem, Indirizzo agli alunni durante l‟incontro con il mondo dell‟educazione cattolica

nel campo sportivo del St Mary‟s University College a Londra, cit. 163

Ibidem. 164

Idem, Omelia durante la Messa con beatificazione del venerabile cardinale John

Henry Newman nel Cofton Park a Birmingham, cit.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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Londra è stata descritta come la prima vera metropoli del secolo XXI,

dove il tempo scorre così velocemente e freneticamente da indurre vere e pro-

prie mutazioni qualitative nel modo di accostarsi alla vita e al lavoro165

. Proprio

da Londra Papa Benedetto XVI richiama a fermarsi per trovare un tempo di

preghiera e di silenzio. «Nel profondo del vostro cuore egli vi chiama a trascor-

rere del tempo con lui nella preghiera. Ma questo tipo di preghiera, la vera

preghiera, richiede disciplina: richiede di trovare dei momenti di silenzio ogni

giorno. Spesso ciò significa attendere che il Signore parli. Anche fra le occupa-

zioni e lo stress della nostra vita quotidiana abbiamo bisogno di dare spazio al

silenzio, perché è nel silenzio che troviamo Dio, ed è nel silenzio che scopriamo

chi siamo veramente»166

.

La preghiera, insegnava il beato Newman, è essenziale perché anche i lai-

ci possano esercitare un vero apostolato. «Permettendo a questa luce della fede

di risplendere nei nostri cuori e abbandonandoci ad essa mediante la quotidia-

na unione al Signore nella preghiera e nella partecipazione ai sacramenti della

Chiesa, datori di vita, diventiamo noi stessi luce per quanti ci stanno attorno;

esercitiamo il nostro “ufficio profetico”; spesso, senza saperlo, attiriamo le

persone più vicino al Signore ed alla sua verità. Senza la vita di preghiera, sen-

za l‟interiore trasformazione che avviene mediante la grazia dei sacramenti,

non possiamo — con le parole di Newman — “irradiare Cristo”; diveniamo

semplicemente un altro “cembalo squillante” (1Cor 13, 1)»167

. Papa Benedetto

XVI lo ricorda anzitutto a coloro, religiosi e laici, che fanno parte di realtà par-

ticolarmente ispirate al pensiero del beato Newman, fra cui cita «i membri della

famiglia spirituale Das Werk»168

, fondata da Julia Verhaeghe (1910-1997). Si

tratta di una citazione non banale e non casuale, se si considera che Das Werk

— «l’Opera», da non confondere con l’Opus Dei — è stata ripetutamente ogget-

to nel Paese in cui è stata fondata, in Belgio, di attacchi giornalistici e perfino

governativi che hanno cercato di squalificarla come «setta»169

.

165

Cfr. per esempio le inchieste del giornalista italiano, da anni residente nella capitale

britannica, Marco Niada, La nuova Londra. Capitale del XXI secolo, Garzanti, Milano

2008; e Idem, Il tempo breve. Nell‟era della frenesia: la fine della memoria e la morte

dell‟attenzione, Garzanti, Milano 2010. 166

Benedetto XVI, Saluto ai giovani al termine della Messa nella cattedrale del Preziosis-

simo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo a Westminster, del 18-9-2010, in L‟Osser-

vatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 20/21-9-2010. 167

Idem, Discorso durante la veglia di preghiera per la beatificazione del cardinale John

Henry Newman nell‟Hyde Park a Londra, cit. 168

Idem, Omelia durante la Messa con beatificazione del venerabile cardinale John Hen-

ry Newman nel Cofton Park a Birmingham, cit. 169

Cfr. il mio Il ritorno dei giacobini. Il rapporto della commissione parlamentare belga

d‟inchiesta sulle sette, in Cristianità, anno XXV, n. 269, Piacenza settembre 1997, pp. 5-

17.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

30

d. Il sacerdote, primo educatore, e i suoi problemi

«Così come è l‟Eucarestia che fa la Chiesa, il sacerdozio è centrale per

la vita della Chiesa»170

. Il beato Newman, così attento al ruolo dei laici, aveva

piena coscienza del fatto che nella Chiesa nessuna educazione è possibile se

viene meno il ruolo del sacerdote come primo educatore — insieme ai genitori

per i figli — alla fede. Il nuovo beato s’inserisce in una lunga tradizione di santi

sacerdoti britannici, fra i quali il Papa ricorda «l‟esempio di dedizione, di gene-

rosità e di coraggio di San John Ogilvie [S.J. (1579-1615)]»171

, martire sventra-

to e impiccato nel 1615 a Glasgow per il suo rifiuto di tornare al calvinismo, in

cui era nato ma da cui si era separato nel 1596 per diventare cattolico, poi gesui-

ta e sacerdote.

Una sana vita sacerdotale, insegnava il beato Newman, trova il suo centro

nell’Eucarestia, per cui molti martiri inglesi dopo la separazione della Comunio-

ne Anglicana da Roma hanno dato la vita. «La realtà del sacrificio Eucaristico

è sempre stata al cuore della fede cattolica; messa in discussione nel sedicesi-

mo secolo, essa venne solennemente riaffermata al Concilio di Trento [1545-

1563], nel contesto della nostra giustificazione in Cristo. Qui in Inghilterra, co-

me sappiamo, molti difesero strenuamente la Messa, sovente a caro prezzo,

dando vita a quella devozione alla Santissima Eucaristia che è stata una carat-

teristica del cattolicesimo in queste terre»172

. In tema di Eucarestia, Papa Bene-

detto XVI menziona «l‟imminente pubblicazione della nuova traduzione [ingle-

se] del Messale Romano»173

, che ha comportato a fronte di varie critiche una

«revisione»174

di diversi testi. Il Papa invita i vescovi britannici a «[...] cogliere

l‟occasione che questa nuova traduzione offre, per una approfondita catechesi

sull‟Eucaristia e per una rinnovata devozione nei modi in cui essa viene cele-

brata»175

.

Il beato Newman aveva piena coscienza del fatto che i sacerdoti non sono

angeli ma uomini, non esenti dai peccati e dai problemi comuni. «Il calore e l‟u-

manità che sottostanno al suo apprezzamento del ministero pastorale vengono

magnificamente espressi da un altro dei suoi famosi discorsi: “Se gli angeli fos-

sero stati i vostri sacerdoti, cari fratelli, non avrebbero potuto partecipare alle

vostre sofferenze, né compatirvi, né aver compassione per voi, né provare tene-

rezza nei vostri confronti e trovare motivi per giustificarvi, come possiamo noi;

non avrebbero potuto essere modelli e guide per voi, ed avervi condotto dal vo-

170

Benedetto XVI, Omelia durante la Messa nel Bellahouston Park a Glasgow, cit. 171

Ibidem. 172

Idem, Omelia durante la Messa nella cattedrale del Preziosissimo Sangue di Nostro

Signore Gesù Cristo a Westminster, cit. 173

Idem, Discorso ai vescovi d‟Inghilterra, Scozia e Galles nella cappella dell‟Oscott

College a Birmingham, cit. 174

Ibidem. 175

Ibidem.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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stro uomo vecchio a vita nuova, come lo possono quanti vengono dal vostro

stesso ambiente (“Men, not Angels: the Priests of the Gospel”, Discourses to

mixed congregations, 3)»176

. Scrive ancora «[...] il beato John Henry Newman:

“Che Dio ci doni dei sacerdoti che sappiano sentire la propria debolezza di

peccatori, e che il popolo li sappia compatire ed amare e pregare per la loro

crescita in ogni buon dono di grazia” (Sermon, 22 marzo 1829. 191)»177

.

Se l’umana debolezza dei sacerdoti è di ogni epoca, oggi un problema

«[...] che mina seriamente la credibilità morale dei responsabili della Chiesa è

il vergognoso abuso di ragazzi e di giovani da parte di sacerdoti e di religio-

si»178

. Il Papa confida «[...] che queste rivelazioni sono state per me uno choc.

Sono una grande tristezza, è difficile capire come questa perversione del mini-

stero sacerdotale sia stata possibile. Il sacerdote, nel momento dell‟ordinazio-

ne, preparato per anni a questo momento, dice sì a Cristo per farsi la sua voce,

la sua bocca, la sua mano e servirlo con tutta l‟esistenza perché il Buon Pasto-

re, che ama e aiuta e guida alla verità, sia presente nel mondo. Come un uomo

che ha fatto e detto questo possa poi cadere in questa perversione, è difficile

capire; è una grande tristezza, tristezza anche che l‟autorità della Chiesa non

sia stata sufficientemente vigilante e non sufficientemente veloce, decisa, nel

prendere le misure necessarie. Per tutto questo siamo in un momento di peni-

tenza, di umiltà e di rinnovata sincerità, come ho scritto ai Vescovi irlandesi

[nella Lettera ai cattolici dell‟Irlanda, del 19-3-2010]. Mi sembra che dobbiamo

adesso realizzare proprio un tempo di penitenza, un tempo di umiltà, e rinnova-

re e reimparare un‟assoluta sincerità»179

.

Senza che si possa ridurre il viaggio in Gran Bretagna — come ha detto il

Papa nella successiva udienza generale di mercoledì 22 settembre, «scopo prin-

cipale della visita era quello di proclamare beato il Cardinale John Henry Ne-

wman»180

, così che «in effetti, la cerimonia di beatificazione ha rappresentato il

momento preminente del viaggio apostolico»181

— alla questione dei preti pedo-

fili, che ha invece dominato certe cronache giornalistiche a scapito di ogni altro

tema, è vero che, nel contesto della descrizione di una crisi educativa che è an-

che crisi del sacerdozio, Papa Benedetto XVI non ha mancato di proporre qual-

che riflessione sul doloroso argomento. Non si è limitato a esprimere dolore e

vergogna, ma ha tracciato un programma di azione. «Tre cose — ha detto —

sono importanti. Primo interesse sono le vittime, come possiamo riparare, che

176

Idem, Omelia durante la Messa con beatificazione del venerabile cardinale John Hen-

ry Newman nel Cofton Park a Birmingham, cit. 177

Idem, Discorso ai vescovi d‟Inghilterra, Scozia e Galles nella cappella dell‟Oscott

College a Birmingham, cit. 178

Ibidem. 179

Idem, Incontro con i giornalisti durante il volo verso il Regno Unito, cit. 180

Idem, Udienza generale sul viaggio apostolico nel Regno Unito, cit. 181

Ibidem.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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cosa possiamo fare per aiutare queste persone a superare questo trauma, a ri-

trovare la vita, a ritrovare anche la fiducia nel messaggio di Cristo. Cura, im-

pegno per le vittime è la prima priorità con aiuti materiali, psicologici, spiri-

tuali. Secondo, è il problema delle persone colpevoli: la giusta pena, escluderli

da ogni possibilità di accesso ai giovani, perché sappiamo che questa è una ma-

lattia e la libera volontà non funziona dove c‟è questa malattia; quindi dobbia-

mo proteggere queste persone contro se stesse, e trovare il modo di aiutarle e di

proteggerle contro se stesse ed escluderle da ogni accesso ai giovani. E il terzo

punto è la prevenzione nella educazione e nella scelta dei candidati al sacerdo-

zio. Essere così attenti che secondo le possibilità umane si escludano futuri ca-

si»182

.

Al di là dell’indagine sulle cause e della messa in opera di possibili rime-

di183

il Papa riporta il problema alla sua dimensione spirituale. Qui, anche nel

fondo più buio di una crisi particolarmente vergognosa, nell’esprimere senti-

menti di «profondo dolore alle vittime innocenti di questi inqualificabili crimi-

ni»184

, il Papa non perde «[...] la speranza che il potere della grazia di Cristo, il

suo sacrificio di riconciliazione, porterà profonda guarigione e pace alle loro

vite. Riconosco anche, con voi, la vergogna e l‟umiliazione che tutti abbiamo

sofferto a causa di questi peccati; vi invito a offrirle al Signore con la fiducia

che questo castigo contribuirà alla guarigione delle vittime, alla purificazione

della Chiesa ed al rinnovamento del suo secolare compito di formazione e cura

dei giovani»185

. Al fondo di ogni crisi morale — insegna il beato Newman — vi

è sempre una crisi educativa. Per superare le crisi, occorre ripartire da un’educa-

zione integrale che sia insieme educazione alla santità e alla preghiera.

182

Idem, Incontro con i giornalisti durante il volo verso il Regno Unito, cit. 183

Cfr. il mio, Preti pedofili. La vergogna, il dolore e la verità sull‟attacco a Benedetto

XVI, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2010. 184

Benedetto XVI, Omelia durante la Messa nella cattedrale del Preziosissimo Sangue di

Nostro Signore Gesù Cristo a Westminster, cit. 185

Ibidem.

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Nota su Gian Francesco Galeani Napione

e il federalismo italico nel secolo XIX

Francesco Verna

La vita e le opere

Gian Francesco Galeani Napione, conte di Cocconato, nasce a Torino il

1° novembre 1748 da Carlo Giuseppe Amedeo Valeriano (1699-1769) e dalla

contessa Maddalena de Maistre (1714-1802)1. Pur incline a studi storici e lette-

rari, consegue la laurea in giurisprudenza e dopo la morte del padre intraprende

la carriera amministrativa. Nel 1776 viene assunto come impiegato nelle Regie

Finanze, diventando intendente della provincia di Susa e poi di quella di Saluz-

zo. Sposa nel 1786 Luigia Crotti di Costigliole, che muore due anni dopo dando

alla luce una figlia, e nel 1792 Barbara Lodi di Capriglio, da cui ha cinque figli.

Re Vittorio Amedeo III di Savoia (1726-1796) lo nomina nel 1787 so-

vrintendente alla perequazione e al censimento del Monferrato, nel 1790 com-

ponente della giunta per l’amministrazione dei Comuni e nel 1796 consigliere di

Stato addetto agli archivi di Corte. Nei differenti incarichi si rivela attento e pre-

parato studioso di economia e di finanza, e asseconda l’intento riformistico della

Corte2. Nel 1797 ottiene l’incarico di controllore generale delle Finanze — cioè

responsabile di tutto il settore economico finanziario del regno — da cui si di-

mette poco dopo per non sottoscrivere un editto che riteneva dannoso al Paese.

Nel periodo repubblicano (1798-1799) si tiene lontano dalla vita pubbli-

ca, dedicandosi a saggi di varia erudizione su argomenti storici, militari, anti-

quari, paleografici, numismatici e letterari. Nominato socio dell’Accademia del-

le Scienze di Torino nel 1801, ne diventa presidente per la classe di scienze mo-

1 Sulla vita, cfr. Lorenzo Martini (1785-1844), Vita del Conte Gian-Francesco Galeani

Napione, Bocca, Torino 1836; Leonilda Fusani, Gian Francesco Galeani Napione di Coc-

conato-Passerano. Vita e opere, Tip. Baravalle e Falconieri, Torino 1907; Francesco

Lemmi (1876-1947), Galeoni Napione di Cocconato, conte Gian Francesco, in Enciclo-

pedia italiana di scienze, lettere ed arti, Istituto G. Treccani, Milano 1932, vol. XVI

(Franck-Gian), pp. 265-266; Orietta Bergo, Galeoni Napione di Cocconato, Gian France-

sco, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. 51, Ro-

ma 1998, pp. 384-387; Paola Bianchi, Introduzione a G. F. Galeani Napione, Del modo di

riordinare la Regia Università degli Studi, Deputazione Subalpina di Storia Patria, Torino

1993, pp. 1-43; e Corrado Malandrino, Il conte Gian Francesco Galeani Napione. Una

proposta di confederazione italiana, in Trimestre. Storia-politica-società, anno XXXIII, n.

1-2, Teramo 2000, pp. 63-76. 2 Cfr. Antonio Fossati (1900-1954), Il pensiero economico del conte G. F. Galeani-Napio-

ne (1748-1830), Fedetto & C., Torino 1935.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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rali, storiche e filologiche, e infine bibliotecario. Nello stesso 1801 elabora una

memoria sul riordino dell’università di Torino3. Accetta senza entusiasmo l’an-

nessione alla Francia di Napoleone Bonaparte (1769-1821), nel corso della qua-

le, peraltro, è insignito della Legion d’Onore ed è nominato membro dell’Acca-

demia della Crusca. Dopo la Restaurazione, nel 1814, è presidente dei Regi Ar-

chivi di Corte e fa parte del Magistrato per la Riforma dell’Università, adope-

randosi per l’istituzione della cattedra di Economia Politica. Nel 1816 gli viene

conferita la croce dell’Ordine Mauriziano. Muore a Torino nel 1830.

Uomo di cultura ampia e raffinata, ha lasciato scritti letterari, in prosa e in

versi, una nutrita serie di memorie — politiche, economiche e finanziarie — e

un’opera che lo ha reso celebre, Dell‟uso e dei pregi della lingua italiana, del

1791, in cui disserta sulla necessità di avere nel regno una sola lingua, appunto

l’italiano4. Lungi dall’essere precorritrice di un «imminente Risorgimento»

5, l’o-

pera utilizza negativamente il termine «francese» per criticare l’illuminismo e il

fanatismo rivoluzionario, così che «il pensiero di Napione non è molto distante

da quello del De Maistre [Joseph (1753-1821)]»6.

Fra le memorie di politica estera e interna, commissionategli dalla Corte,

alcune sono relative a progetti di federazione fra gli Stati italiani. È del 1780 la

stesura delle Osservazioni intorno al progetto di pace tra S[ua]. M[aestà]. e le

potenze barbaresche, in cui auspica la creazione di una confederazione degli

Stati marittimi della Penisola per difendere il commercio via mare e rafforzare

l’unione fra le popolazioni italiche; come capo della confederazione propone il

Pontefice, «venerabile per rispetto della Religione e principe per instituto paci-

fico»7.

Ritorna sull’argomento nel 1791 con l’Idea di una confederazione delle

potenze d‟Italia8, rivista l’anno seguente anche alla luce della crescente aggres-

sività della Francia rivoluzionaria e poi rielaborata nel 1797 nell’opuscolo Del

nuovo stabilimento delle Repubbliche lombarde9. Una confederazione di Stati è,

a suo avviso, la soluzione migliore per amalgamare e per difendere la nazione

3 Cfr. G. F. Galeani Napione, Del modo di riordinare la Regia Università degli Studi, cit.

4 Cfr. Idem, Dell‟uso e dei pregi della lingua italiana. Libri tre, Fontana, Torino 1846.

5 Cfr. Carlo Calcaterra (1884-1952), Il nostro imminente Risorgimento. Gli studi e la lette-

ratura in Piemonte nel periodo della Sampaolina e della Filopatria, Società Editrice In-

ternazionale, Torino 1935. 6 Giuseppe Crosa, Carlo Luigi Amico di Castellalfero e l‟«Idea di una Confederazione

delle Potenze d‟Italia» di Gian Francesco Napione, in Studi Piemontesi, vol. XVIII, fasc.

2, Torino novembre 1989, pp. 525-529 (p. 527). 7 Cit. in L. Fusani, op. cit., p. 8.

8 Cfr. G. F. Galeani Napione, Idea di una confederazione delle potenze d‟Italia, in questo

numero di Cristianità, pp. 41-54. 9 Cfr. Idem, Del nuovo stabilimento delle Repubbliche lombarde, in Nicomede Bianchi

(1818-1886), Storia della monarchia piemontese dal 1773 al 1861, vol. III. Predominio

francese. Governo provvisorio. 1799-1802, Fratelli Bocca, Torino 1879, pp. 570-611.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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contro i nemici esterni, accrescerne la gloria e porla fra le grandi potenze euro-

pee. Nel corso dei secoli non si era dato vita a una stabile alleanza perché la

presenza diretta del Pontificato e quella indiretta del Sacro Romano Impero non

avevano reso indispensabile tale soluzione. Ma la mutata situazione internazio-

nale suggerisce la nascita di una confederazione, che avrebbe avuto, rispetto a

quella elvetica e a quella germanica, in cui confluivano popolazioni di religione

diversa, il vantaggio di riunire genti con un unico credo e di annoverare fra i

suoi potentati l’autorità suprema del cattolicesimo.

Le teorie federaliste in Italia

In Italia, nonostante l’allarme destato dalla Rivoluzione Francese del

178910

, il dibattito sul federalismo stenta a decollare «[...] perché quella che ap-

pare nelle opere di alcuni scrittori e nell‟azione di alcuni governi (quando si

prescinda dall‟unico caso del Napione che proponeva una confederazione fra le

potenze della Penisola al fine di stringerla in un “vasto corpo politico”) non va

al di là di una semplice speculazione filosofica o di una occasionale unione di

stati per lega od alleanza»11

.

Il tema federalista acquisisce un’importanza crescente dopo la Restaura-

zione, alla luce della bufera napoleonica, che ha messo in luce la debolezza dei

piccoli Stati di fronte al prevalere di una politica di potenza e di spregiudicata

competizione internazionale. Consapevoli della grande disomogeneità delle di-

verse parti della penisola, unificate solo parzialmente dalla lingua letteraria e di-

vise da costumi e da strutture politiche peculiari, moderati e democratici conce-

piscono l’unificazione nazionale come il risultato di un’evoluzione graduale e la

immaginano come frutto di politiche convergenti dei singoli governi. L’orien-

tamento predominante nella prima metà del secolo XIX è quello federale, rite-

nuto più realistico rispetto alla prospettiva unitaria e comunque da compiersi

gradualmente, salvaguardando la necessaria libertà d’azione del pontefice. Se-

condo una suddivisione effettuata dallo storico Antonio Monti la produzione po-

litico-letteraria del decennio 1840-1850, ossia nel periodo immediatamente an-

tecedente l’Unità d’Italia, si può raggruppare in:

«1) idea dell‟unità nazionale personificata da Mazzini [Giuseppe (1805-

1872)] con programma repubblicano-unitario;

«2) idea neoguelfa, o della federazione presieduta dal Pontefice;

10

Sui tentativi di creare una lega italiana antirivoluzionaria, cfr. Giuseppe Nuzzo (1902-

1996), Italia e Rivoluzione francese. La resistenza dei principi (1791-1796), Liguori, Na-

poli 1965. 11

Antonio Monti (1882-1953), L‟idea federalistica nel Risorgimento Italiano. Saggio sto-

rico, Laterza, Bari 1922, p. 82; cfr. anche, con maggiore attenzione alla posizione dei de-

mocratici, Franco Della Peruta, Le ideologie del federalismo italiano, in Luigi De Rosa e

Ennio Di Nolfo (a cura di), Regionalismo e centralizzazione nella storia di Italia e Stati

Uniti, Olschki, Firenze 1986, pp. 135-168.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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«3) idea repubblicana-federalistica, con carattere decisamente rivolu-

zionario;

«4) idea piemontese, o della missione storica del Piemonte, che diede

luogo al partito d‟azione italiano, alla quale presto o tardi aderirono la prima e

la seconda idea e tutte le loro sottospecie»12

.

L’esponente più noto dell’idea neoguelfa è l’abate torinese Vincenzo

Gioberti (1801-1852) che nell’opera Del Primato morale e civile degli italiani13

,

del 1843, auspica un movimento nazionale guidato dal Papa per dar vita a un’I-

talia con una struttura federalistica. Ma il modello proposto è molto generico e

tralascia una serie di questioni, quali la presenza austriaca nel Paese, la defini-

zione del ruolo dello Stato Pontificio e le modalità con cui il Papa avrebbe potu-

to conciliare la presidenza della nuova federazione con il suo mandato universa-

le. La natura «congiunturale e tattica»14

di tale soluzione è evidenziata anche

dal repentino mutamento di prospettiva di Gioberti, che pochi anni dopo propu-

gna una soluzione unitaria, auspicando per di più la fine del potere temporale e

la separazione completa fra Stato e Chiesa15

.

Più concrete sono le teorie del beato Antonio Rosmini-Serbati (1797-

1855), sacerdote di Rovereto, che propugna una soluzione federale per difende-

re il pluralismo sociale, visto come limite efficace contro il centralismo e lo sta-

talismo. Partendo da considerazioni realistiche Rosmini-Serbati asserisce che

l’Italia, con le sue differenze di dialetti, usi, costumi, consuetudini e ordinamen-

ti politici può trovare unità nella varietà16. Alla base del progetto elaborato vi

sono tre punti: l’uniformità legislativa degli Stati, l’organizzazione di una Dieta

cui affidare la gestione dei rapporti tra gli Stati e le relazioni estere, l’istituzione

di un’Alta Corte di giustizia, con a capo il Papa, che giudicasse sulle controver-

sie insorte fra gli Stati.

I principali teorici del modello repubblicano-federalista sono Giuseppe

Ferrari (1811-1876) e Carlo Cattaneo (1801-1869), estranei a ogni esperienza

religiosa e sostenitori della soppressione del potere temporale del Papa e dell’in-

staurazione generalizzata di una forma di governo repubblicana; per questi mo-

tivi Monti li annovera fra i «rivoluzionari estremisti»17

. Opponendosi tanto al

programma unitario repubblicano quanto a quello monarchico, entrambi restano

12

A. Monti, op. cit., p. 43. 13

Cfr. Vincenzo Gioberti, Del Primato morale e civile degli italiani, a cura di Gustavo

Balsamo Crivelli (1869-1929), Utet, Torino 1946. 14

C. Malandrino, op. cit., p. 72, nota 29. 15

Cfr. V. Gioberti, Del Rinnovamento civile dell‟Italia, a cura di Luigi Quattrocchi, A-

bete, Roma 1969. 16

Cfr. Antonio Rosmini-Serbati, Sull‟unità d‟Italia, in Idem, Scritti politici, a cura di pa-

dre Umberto Muratore I.C., seconda edizione accresciuta, Edizioni Rosminiane, Stresa

(VB) 2010, pp. 247-265. 17

A. Monti, op. cit., p. 83.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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ai margini del processo di unificazione politica dell’Italia, iniziato dal primo e

concluso dal secondo.

Il sospetto insinuatosi fra i diversi regnanti, la difficoltà d’individuare una

soluzione rispettosa delle prerogative del Pontefice e la presenza asburgica nella

Penisola indicano che un processo federativo richiede tempo e riflessione, ma il

precipitare degli eventi non offre a questa prospettiva il tempo necessario per

una maturazione adeguata.

Dopo l’Unità lo storico napoletano Giacinto de’ Sivo (1814-1867) con-

trappone al principio di nazionalità l’universalismo cattolico e prospetta, in op-

posizione al piano rivoluzionario, che persegue «l‟unità geografica, e la disu-

nione morale»18

, l’ipotesi di una confederazione italiana in cui possano soprav-

vivere le autonomie, le leggi, le tradizioni di ciascun popolo della penisola; in

questo modo, inoltre, «[...] l‟Italia cristiana riederà al suo naturale primato»19

,

cioè alla sua vocazione storica di accogliere e di proteggere la Cattedra di Pie-

tro. «L‟Italia non fu una come Inghilterra, Spagna e Francia, perché Iddio la

creò svariata, la fe‟ lunga e smilza, e rotta da fiumi e da montagne; la popolò di

stirpi diverse d‟indoli, di bisogni, di costumanze, e quasi anche di linguaggio;

le mise più centri, le fe‟ elevare più città capitali; e die‟ a tutte le sue contrade

una prosperità che basta a ciascuna, e a ciascuna una mente, un‟anima e una

persona compiuta. Han sì somiglianza, ma non omogeneità.

«[...] Non si può per una nazionalità ideale distruggere le nazionalità re-

ali»20

.

Infine, «particolarmente notevole dal punto di vista federale, più ancora

che da quello reazionario, è l‟opera del Conte Emiliano Avogadro della Motta

[1798-1865]»21

, che critica in particolare la scelta di far di Roma la capitale del

nuovo Stato unitario. «In essa deve stare il cervello della nazione, e tutta la tra-

dizione, il suo centro di luce, di calore, di azione. [...] Orbene, Roma e il popolo

suo non ebbero la menoma iniziativa a formare tale regno, non possono posse-

derne l‟idea e lo spirito; per Roma, l‟Italia fu sempre ed è troppo piccola»22

.

18

Giacinto de’ Sivo, I Napolitani al cospetto delle nazioni civili, Borzi, Roma 1967, p. 43. 19

Ibid., p. 64. 20

Ibid., pp. 46-47. 21

A. Monti, op. cit., p. 168. 22

Ibid., p. 169; la citazione è tratta da Emiliano Avogadro della Motta, La Rivoluzione e il

ministero torinese in faccia al Papa e all‟Episcopato italiano, Speirani, Torino 1862.

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Osprudentis

La parola del prudente è ricercata nell’assemblea;si rifletterà seriamente sui suoi discorsi (Sir. 20, 17)

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Idea di una confederazione

delle potenze d’Italia

Gian Francesco Napione*

I. Pretensioni delle Corti di Francia e di Vienna di disporre delle cose d’Italia

La bilancia politica degli Stati, di cui si ebbe prima un modello nel fine del

secolo XV in Italia, si estese, come è noto, a tutta l’Europa nel secolo XVI se-

guente. Vi diedero origine le famose controversie tra Carlo V [d’Asburgo (1500-

1558)] e Francesco I [di Valois (1494-1547)], che divisero l’Europa a un dipresso

in due partiti eguali, Francia ed Austria, collegandosi per più di due secoli le altre

Corti, o contro gli Austriaci, o contro la Francia, secondo che vedevano che l’una

o l’altra di queste due Potenze aspirasse alla tanto temuta Monarchia universale:

così a tempi più antichi furono più frequenti le leghe contro l’Austria, e regnando

Luigi XIV [di Borbone (1638-1715)] quelle contro la Francia. Le nuove Potenze

nate nel Settentrione, la civilizzazione della Russia, e lo spirito intraprendente di

Federico II [Hohenzollern (1712-1786)] re di Prussia, fecero cambiar l’aspetto po-

litico di Europa. La linea politica, a dir così, che rispetto agli interessi delle Corti,

la divideva in Orientale ed Occidentale, è cangiata, e la divide al presente in Set-

tentrionale e Meridionale. Si vide perciò verso la metà di questo secolo con esem-

pio inaudito la Francia unirsi colla Corte di Vienna in vigor del trattato di Versail-

les del 9 maggio 1756. Il signor di Peyssonel [Claude Charles de (1727-1790)]1

credé quest’alleanza pregiudicievole oltremodo alla Francia, ed intraprese un’ope-

ra a nient’altro diretta che a mostrarne le dannose conseguenze, chiamandola nul-

lameno che mostruosa, perché si oppone di fronte, secondo lui, al primo assioma

della politica, «[...] che non vi può essere alleanza sincera e solida tra nemici na-

* Cfr. il documento — indirizzato nell’ottobre del 1791 a Giuseppe Francesco Gerolamo

Perret, conte d’Hauteville (1731-1810), reggente la Segreteria di Stato per gli Affari Esteri

del Re di Sardegna — in Nicomede Bianchi (1818-1886), Storia della monarchia piemon-

tese dal 1773 al 1861, vol. III, Predominio francese. Governo provvisorio. 1799-1802,

Fratelli Bocca, Torino 1879, pp. 527-548. Il testo è integrato con le note aggiunte dal-

l’autore nel maggio del 1792 in una lettera al cavalier Damiano di Priocca (1749-1813),

ambasciatore sabaudo presso la Santa Sede. Le note, inserite nel corpo, sono contraddi-

stinte da una lettera dell’alfabeto e la fine è segnalata con richiami corrispondenti. Le in-

serzioni fra parentesi quadre sia nel testo che nelle note sono redazionali. Sull’autore e sul-

la problematica, cfr. Francesco Verna, Nota su Gian Francesco Galeani Napione e il fede-

ralismo italico nel secolo XIX, in questo numero di Cristianità, pp. 33-37. 1 [Cfr. Claude-Charles de Peyssonnel,] Situation politique de la France, et ses rapports

actuels avec toutes les Puissances de l‟Europe, tomo I, Neuchatel 1789, p. 19.

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turali»2. Certamente le Leghe tra Stati troppo estesi è difficile che partoriscano buon

effetto, non solo perché i popoli sono di natura diversa, ma inoltre perché è difficile

che l’interesse particolare d’uno degli alleati non prevalga agli interessi communi

ad entrambi, onde nasce la diffidenza e la poco buona armonia. Con tutto ciò, se si

fosse mantenuto il buon ordine in Francia, mancato non avrebbe il trattato del 1756

di bilanciare, in vantaggio della Francia medesima, la potenza delle Corti del Set-

tentrione. Si potrebbe dire bensì essersi il Peyssonnel affrettato a cercar pretesti per

chiamarlo dannoso, perciocché si può dire che i torbidi attuali di quel Regno,

l’anarchia e gli attentati contro la Sovranità e contro la persona stessa del Monarca

abbiano già una siffatta Lega totalmente annichilata e distrutta.

(a) La recente dichiarazione di guerra [20 aprile 1792] della Francia contro

l’Austria ha espressamente e formalmente sciolta l’alleanza contratta tra quelle

due Corti in vigore dal Trattato di Versailles del 17563.

Tra le ragioni che si allegano dal Peyssonel contro la mentovata Lega, è

degna di particolar considerazione quella che mediante di essa siasi impegnata la

Francia gratuitamente a dar valore e consistenza alle pretensioni chimeriche della

Corte di Vienna sopra l’Italia4 a danno grandissimo dei rami della Casa di Borbo-

ne in essa stabiliti, ed abbia perduto la sua preminenza sui potentati d’Italia, ed il

dritto che avea di accordar loro la sua protezione contro chiunque volesse ingerir-

si negli affari d’Italia; preponderanza che il Trattato d’Aquisgrana [18 ottobre

1748] e quello di Genova [Versailles, 15 maggio 1768], la consanguinità del suo

Re con quello di Napoli e col Duca di Parma, e la sua qualità di protettrice della

Chiesa Romana, assicuravano alla Francia. Dov’è notabile, che la dipendenza de-

gli altri Stati d’Italia dall’una o dall’altra delle due Corti si considera quasi come

un patrimonio che debba appartenere ad alcuna, di modo che mancando per ra-

gion del Trattato anzidetto la protezione interessata di Francia, non possa a meno

di ricader sotto il dominio della Corte di Vienna, e che le principali Potenze ita-

liane non possano esimersi dal lasciarsi signoreggiare da una delle prenominate

Corti, né possano aver vigore sufficiente da governarsi da per sé stesse5.

II. Confederazione delle Potenze d’Italia. Ragioni per cui non si conchiuse sinora

Sembra per altro che lo stato attuale d’Europa, e le circostanze presenti, nel

mentre che persuadono ogni Sovrano a cercar modo di assicurar la pubblica tran-

quillità, rendere debbano meno difficile la conclusione di un trattato tra le diverse

Corti d’Italia; il quale unirebbe la Nazione contro gli inimici esterni, ne farebbe

un tutto, ne estenderebbe la gloria e la prosperità, e la porrebbe in grado di poter

comparir sul teatro politico delle grandi Nazioni d’Europa da per se stessa, e sen-

2 [Ibid., pp. 15-16].

3 [Fine della nota del 1792].

4 Cfr.

ibid., p. 227.

5 Cfr.

ibid., p. 231.

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za aver bisogno di cercar appoggi stranieri. Questo sarebbe un trattato di alleanza

ben concepito tra le Potenze italiane, e massimamente tra quelle che hanno So-

vrani naturali — e per tali riguardar si possono i Papi e Venezia — trattato che li

unisse in una confederazione consimile a quella del Corpo Germanico. Son più di

due secoli che i politici zelanti del bene d’Italia van ripetendo che il cattivo desti-

no di questa famosa contrada, per cui non poté salire in grandezza, deriva dalla

politica de’ Papi, che non avendo tanta forza per impadronirsi di tutta l’Italia,

n’ebbero però sempre quanta basta per impedire che si riunisse tutta sotto di un

solo Principe. Per altro, se si riflette bene, non sarebbe una sciagura per l’Italia il

trovarsi divisi in tanti e parecchi Stati, ogniqualvolta le diverse Corti avessero un

modo facile di riunirsi per gli interessi a tutti communi. Anzi in questa guisa si

congiungerebbe il vantaggio della retta amministrazione interna, principale prero-

gativa degli Stati mediocri, con quello della forza, della potenza, della sicurezza e

della considerazione politica di uno Stato grande.

La lega dei Principi e delle Città lombarde [1167] contro l’Imperator Fede-

rico I [Hohenstaufen (1122-1190)] sin dai tempi più antichi presentò un saggio di

una confederazione di tal natura. Ma il tentar cose più grandi, e il darsi a credere

di possederle ancora, mentre non ne rimaneva più che un’ombra, fece sì che si

trascurò di promuovere sì fatto vantaggioso sistema. Durante lunghissimo tempo

si considerò l’Italia non solo come sede del Pontificato, ma eziandio come arbitra

dell’Impero; e con queste grandiose idee si trascurò di stringere una unione in-

sieme più salda e vantaggiosa, e più reale tra i suoi Potentati. Di fatto, sebbene

molti Principi e Città si dichiarassero per l’Impero, ed altre per la Chiesa, e seb-

bene i Principi reali di Francia come capi de’ Guelfi, sempre tenessero per li Papi,

e ciò per impedire che la fazione contraria imperiale dominasse, ognuno con tutto

ciò portava opinione a que’ tempi che il fonte della podestà Imperiale fosse in Ita-

lia, e procedesse dal Papa, così che gli Imperatori medesimi non si riputavano tali,

se almeno da un Antipapa od in altro modo non si facevano coronare in Roma6.

E questa potenza ed autorità de’ Papi nel temporale fu potenza e grandezza

reale degli Italiani dal Mille sino al Millecinquecento. Da ogni provincia d’Italia

6 Il passo d’Arnolfo Milanese [m. 1085], Rerum italicarum scriptores, tomo IV, p. 15, ci-

tato dal Mascovio [Johann Jakob Mascov (1689-1761)], Principia iuris publici imperii

Romano-Germanici ex ipsis legibus, actisque publicis eruta et ad usum rerum accomoda-

ta, Lipsia, 1738, pp. 133-134, dove parla della coronazione degli Imperatori, è del tenor

seguente: «Certum est quidem (parla lo stesso imperator Corrado [di Franconia (990 ca.-

1039)] al popolo) [...] quia sicut Privilegium est apostolicae sedis consecratio imperialis,

ita ambrosianae sedis Privilegium est electio et consecratio regalis. Unde ratum videtur,

ut manus quae benedicit [...] repraesentet regem ad Imperium promovendum sancto Petro

et eius vicario» [«È certo che [...], così come la consacrazione imperiale è privilegio della

Sede Apostolica, parimenti è privilegio della Sede Ambrosiana l‟elezione e la consacra-

zione regale. Perciò appare evidente che la mano che benedice [...] indica a san Pietro e

al suo Vicario il re da promuovere all‟Impero»].

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partivano legati con podestà amplissima. Tra il 1100 ed il 1200 tre ne uscirono dal

solo Piemonte7, che disposero quasi a loro senno dell’Inghilterra. Nel secolo XVI

era ancora tale opinione così altamente radicata, che non solo i Prelati8 adoperati

dalla Corte di Roma, ma persino i Principi protestanti, e gli stessi Imperatori, mo-

stravano di riconoscere l’Impero come dipendente dalla Chiesa. In certo modo vi

ebbe qualche deferenza lo stesso Leibnizio [Gottfried Wilhelm von Leibniz

(1646-1716)] in fine del secolo scorso, sebbene anche protestante9. Ma dopo Car-

lo V gli Imperatori pretesero superiorità sull’Italia senza nemmeno compir più il

cerimoniale di farsi riconoscere col prender la corona in Italia; ed i Sommi Ponte-

fici non spiegarono più giurisdizione temporale al di là dei proprii Stati, massi-

mamente dopo variato il sistema degli studi di Diritto Pubblico Ecclesiastico.

III. Necessità di una Confederazione degli Stati d’Italia, Capi principali

che dovrebbe contenere

Ma se per una parte nessuno tra i pubblicisti accorda più ora ai Papi l’in-

gerirsi nella elezione degli Imperatori, sembra d’altro canto che l’Imperador

medesimo non dovrebbe più vantare diritti che annessi erano e dipendenti da un

7

Sant’Anselmo [d’Aosta (1033/1034-1109)], il Cardinal Enrico [di Susa (1210-1271)], ed

il Cardinal Guala [Bicchieri, (1150 ca. -1227)] vercellese. 8 Il Cardinal Commendone [Giovanni Francesco (1523-1584)], famoso negoziatore della Corte

di Roma a’ tempi del Concilio di Trento [1545-1563], in un intervallo d’ozio aveva intrapresa

un’opera di diritto pubblico fondata sui diplomi e trattati esistenti nella Biblioteca Vaticana, o-

pera diretta a mostrare l’autorità dei Papi sull’Impero Romano Germanico. Il medesimo Com-

mendone sostenne la causa dell’indipendenza del Gran-Duca di Toscana dall’Impero (cfr. An-

tonio Maria Graziani [1537-1611], De vita Ioannis Francisci Commendoni cardinalis, Parigi,

1669, trad. fr. di Esprit Fléchier [1632-1710] Parigi 1671, lib. I, cap. XVII, e lib. III, cap. VIII).

Lo stesso Prelato trovandosi Legato in Germania, disse un tratto all’Elettore di Brandeburgo

Gioachino [1505-1571], che l’Imperio aveva ricevuta tutta la sua autorità dal Papato; e l’Eletto-

re, cavatosi il cappello, subito rispose: «Ego hoc non diffiteor» [«Io non contesto ciò»] (cfr.

Giulio Poggiani [1522-1568], Epistolae et orationes olim collectae ab Antonio Maria Gratiano

nunc ab Hieronymo Lagomarsinio e Societate Jesu adnotationibus illustratae ac primum edi-

tae, tomo III, Roma 1757, p. 126). In una lettera del Cardinal Borromeo [san Carlo (1538-

1584)] scritta nel 1563 a Zaccaria Delfino [1527-1583], nunzio presso l’Imperatore Ferdinando

[d’Asburgo (1503-1564)], si dice nulla l’elezione in Re de’ Romani di Massimiliano [II d’A-

sburgo (1527-1576)] per diversi motivi ivi addotti, e principalmente per la futura successione

nell’Impero, la quale non può esser concessa dagli Elettori, ma solo da Sua Santità, soggiun-

gendosi che Carlo V, quando volle far Re de’ Romani suo fratello, lo aveva prima partecipato

al Papa, come appariva per molti Brevi e lettere. Con altra lettera poi del 5 febbraio 1564 avvi-

sa che il Papa aveva approvata l’elezione del Re de’ Romani, ed aveva con quell’atto supplito a

tutti i difetti della elezione (Cfr. ibidem, p. 184). 9

Cfr. [Bernard le Bovier de (1657-1757)] Fontenelle, Èloge de Leibnitz [sic] [, in Jean

François Thurot (1768-1832), Oeuvres de (John) Locke (1632-1704) et Leibnitz [sic]: con-

tenant l‟essai sur l‟entendement humain, Firmin-Didot, Parigi 1879, pp. 479-48].

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sistema di cose affatto diverse, e che forse non tanto a torto il Sig. Peyssonel

chiama chimerici e prescritti10

. Pare che il sistema feudale, anche rispetto agli Sta-

ti, sia andato fuori d’uso: si preferiscono Confederazioni, e nella stessa Germania,

all’antico Gotico Corpo Germanico, che co’ suoi Circoli, Diete, e Principati e Re-

pubbliche, e in politica ciò ch’era in astronomia il sistema di Tolomeo. Il defunto

Re di Prussia [Federico II] avea contrapposto la Confederazione Germanica.

(b) La Confederazione Germanica fu ideata dal defunto Re di Prussia, non

solo per correggere i difetti e la lentezza del Corpo Germanico, per contrappesare

la potenza della Casa d’Austria, massime allora che sussisteva l’alleanza colla

Francia, per impedire il vantaggiosissimo cambio della Baviera, con cui avrebbe

fatto un grande accrescimento di potenza, ma eziandio per mettersi egli alla testa

di una nuova Lega, diversa da quella di cui sono capi gli Imperatori. Un Principe

valoroso, possessore di uno Stato alquanto esteso ed armigero, entrando in una

Lega, acquista in certo modo un predominio sempre maggiore quanto più saranno

questi deboli. Non in altro modo Filippo di Macedonia [382 a.C.-336 a.C.], a cui

venne da taluno paragonato Federico II, arrivò a dominare in Grecia11

.

Ad ogni modo, una confederazione tra gli Stati d’Italia per assicurare la

tranquillità di ciascuno di essi, si rende di giorno in giorno più necessaria in vista

dei torbidi della Francia. Perciocché, o le fazioni si dichiarano una volta in quel

Regno, e scoppia la guerra civile, ed allora il partito popolare farà ogni sforzo,

come già fa attualmente, per accendere il fuoco nelle altre Nazioni, e massima-

mente nelle confinanti, onde non possano prender parte nelle loro controversie; o

con inaudito esempio si stabilisce solidamente in quel Regno la nuova costituzio-

ne senza spargimento di sangue, ed in questo secondo caso, ancorché ciò seguisse

con qualche modificazione, vi ha maggiore pericolo che il male divenga contagio-

so, qualora non si usino per tempo le opportune precauzioni.

Sì fatta confederazione sarebbe per altro nelle attuali circostanze più facile

a conchiudersi, e potrebbe produrre più vantaggiosi effetti.

Sarebbe più facile a conchiudersi per l’interesse grandissimo, commune a

tutte le Potenze d’Italia, e che prevale ad ogni interesse particolare, quale si è

quello di assicurare la tranquillità interna di ciascuno Stato contro il fermento che

tentano spargere da per tutto i Francesi fanatici. Sarebbe poi più vantaggiosa, per-

ché nella declinazione delle cose de’ Francesi si potrebbe far prosperare i diversi

rami di pubblica opulenza, regolar meglio il commercio interno, e soprattutto e-

stendere la sfera de’ traffici marittimi, e far rinascere l’antica potenza e l’antica

gloria navale dell’Italia, segnatamente nelle scale del Levante, dove dicesi che

sieno ora scarsi i bastimenti, e scaduto il credito de’ Francesi, e che non si voglia

eziandio in qualche porto riconoscere il Padiglione riformato dell’Assemblea Na-

10

Cfr. C. C. de Peyssonnel, op. cit., tomo II, p. 56. 11

[Fine della nota del 1792].

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zionale. Gli oggetti principali adunque che pare che fornir dovrebbono la materia

degli articoli di una confederazione tra le Potenze d’Italia, sono i seguenti:

I. La guarentigia reciproca dell’attuale Costituzione e Leggi fondamentali

di ciascuno Stato, tanto rispetto al pieno ed assoluto esercizio dell’autorità sovra-

na, quanto rispetto all’ordine di successione.

(c) Un patto consimile a questo proposto, formò poi un articolo del Trattato

di alleanza conchiuso ultimamente [febbraio 1792] tra l’Austria e la Prussia12

.

II. La difesa comune contro chiunque intendesse mover guerra ad alcuno

degli Stati confederati.

III. La protezione del Commercio contro ogni Nazione che infestasse i ma-

ri, e specialmente contro i Corsari Barbareschi; Convenzioni intorno alla Moneta,

al corso di essa, ai Dazii e gabelle, e generalmente intorno a tutti i mezzi propri a

far fiorire il Commercio.

IV. Lo stabilimento di un Lazzaretto comune a tutte le Nazioni in qualche

isoletta rimota del Mediterraneo, dove si ricevessero e si spurgassero i bastimenti

infetti di qualunque Nazione eziandio infedele e corsale, e come tale scacciati da-

gli altri luoghi, per evitar che la peste vada liberamente vagando per il mare, mi-

nacciando e spaventando tutti, colle regole, e nella conformità che il propone lo

sperimentato Negoziante napolitano Carlo Broggia [1698-1767]13

.

(d) Se è vero quanto ho sentito assicurare (da persone informatissime) in

Roma, che l’esteso litorale dello Stato Pontificio resti con poca o niuna difesa,

con pericolo continuo di peste, grandissimo vantaggio ricaverebbe il Papa da que-

sti due articoli III e IV, massime ora che mancando le altre sorgenti di ricchezza,

sono costretti i popoli della Stato Ecclesiastico a rivolgersi ai veri fonti dell’opu-

lenza pubblica, l’agricoltura ed il commercio14

.

V. Un congresso o Dieta di Ministri di ciascuno degli Stati confederati sta-

bilmente residente in una determinata Città per trattar gli interessi di ciascuno de’

Co-Stati, ed i comuni di tutti, principalmente quelli riguardanti il Commercio.

VI. Le regole per terminare in essa Dieta, ove sia fattibile, amichevolmente

le differenze che sorgessero per qualunque oggetto tra Stato e Stato.

VII. La facoltà di accordarsi a ciascuno Stato confederato, di far Patti, Al-

leanze, e Trattati con qualunque Potenza, purché tali Alleanze non sieno contrarie

al bene universale degli Stati confederati.

VIII. La reciproca obbligazione di consegnarsi i delinquenti di qualunque

delitto, che secondo le Leggi dei rispettivi Stati porti pena afflittiva, e di mettere

in opera tutti i mezzi per l’estirpazione de’ malviventi.

12

[Fine della nota del 1792]. 13

[Cfr. Carlo Antonio Broggia, in Idem, Trattato de‟ tributi, delle monete, e del governo

politico della sanità, Napoli 1743, cap. IX, Trattato politico della Sanità, pp. 498-503]. 14

[Fine della nota del 1792].

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IX. La libertà a ciascun individuo di contrattare, trafficare, comprar beni, e

stabilirsi, e partecipare a tutti i dritti di Cittadino in ciascuno degli Stati Confede-

rati.

IV. Spiegazioni ed osservazioni intorno ai Capi della Confederazione

Tutti i sopraccennati Capi principali si potrebbero spiegare più ampiamente

con articoli subalterni. A cagion d’esempio, al Capo II, si vorrebbe aggiungere il

contingente di truppe, o di denaro, che dovrebbe fornire ciascuno Stato ogni qual

volta venisse assalita alcuna delle Potenze Confederate; esprimere le circostanze,

e i requisiti necessarii perché una determinata guerra venisse dichiarata guerra

della Nazione; e qual Potenza in tal caso dovesse avere il comando supremo delle

armi. Rispetto al Capo III, converrebbe dichiarar l’ordine dell’armata di mare,

tanto da tenersi continuamente in pronto per la difesa del Litorale e per la prote-

zione del commercio, quanta per li casi straordinarii.

Si farebbe un vantaggio immenso all’umanità quando colle forze riunite

dell’Italia, e continuamente in azione, riuscisse di costringere i Corsari Barbare-

schi a lasciare la lor professione, cosicché dovessero diventar coltivatori, con mol-

to maggior profitto loro, di una delle più fertili regioni del mondo che lasciano de-

serta. Era questa una delle massime della falsa politica francese, prestar aiuto e fa-

vore a que’ Corsari, per impedire il commercio marittimo delle Potenze d’Italia.

Uno15

de’ più famosi loro politici non ebbe ribrezzo di pubblicare, anzi quasi di

vantarsi di una condotta politica così perversa. Del resto, i trattati di pace che di-

verse Potenze d’Italia hanno conchiusi colle Reggenze dell’Affrica non sono mai

stati stabili, essendo impossibile ottenerne l’osservanza, eccetto mediante la forza.

E per questo probabilmente non ebbe luogo il progetto di un Trattato consimile di

pace, stato proposto circa dieci anni sono alla nostra Corte. All’ultimo, una mari-

neria militare farebbe nascere una marineria mercantile, darebbe sfogo ed occupa-

zioni a tante persone senza partito, ed anche torbide, farebbe rinascere lo spirito

mercantile, nello stesso tempo che manterrebbe in vigore in tempo di pace gli spi-

riti guerrieri, e forse in queste circostanze presenti potrebbe attrarre all’Italia gran

parte del commercio di Levante. Colla facoltà, di cui al Capo VII, di far Patti ed

Alleanze con Potenze straniere — purché colla condizione ivi espressa —, facoltà

consimile a quella di cui godono i Co-Stati del Corpo Germanico16

, non resta e-

scluso alcuno de’ modi di giusta ampliazione, come successioni, permute, com-

15

Cfr. Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède et de Montesquieu [1689 -1755],

De l‟esprit des loix, Ginevra 1748 [trad. it., Lo spirito delle leggi, a cura di Sergio Cotta

(1920-2007), 2 voll., UTET, Torino 2005]. 16

Stabilì chiaramente tale diritto il Trattato di Vestfalia [1648], e fu inserito per la prima

volta nella Capitolazione di Giuseppe I [d’Asburgo (1678-1711)] nel 1689. Cfr. Christian

Conrad Wilhelm von Dohm [1751-1820], L‟alliance des Princes de l‟Empire Germa-

nique, P.F. Gosse, La Haye 1786, p. 13 ss.

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pre, e di far eziandio valere colla forza i propri diritti, ogni qualvolta non riesca di

terminare amichevolmente le controversie.

V. Negoziazioni che si propongono, per conchiudere la Confederazione

di cui si tratta

Una sì fatta confederazione si potrebbe proporre prima di tutto a quelle

Corti dove il Governo ha maggior interesse di mantenere la tranquillità pubblica,

ed è quasi per costituzione pacifico, come Roma e Venezia. Quando non riuscisse

di conchiuderla se non con alcune Corti, sarebbe sempre una Lega particolare: e

lasciandosi per un articolo espresso di essa campo aperto alle altre Potenze d’Ita-

lia d’entrarvi, una tal clausula non solamente toglierebbe ogni motivo di gelosia,

ma inviterebbe le altre Potenze ad unirvisi per goderne de’ vantaggi.

Il Re di Napoli, che non ha voluto entrare nel Patto di famiglia de’ Borbo-

nici del 176117

, è da credere che si risolverebbe più facilmente a far lega co’ Prin-

cipi d’Italia suoi alleati naturali, e coi quali può avere, ed ha interessi comuni. La

Corte di Roma facilmente potrebbe persuadere a quella di Napoli di entrare in sì

fatta confederazione quando si disponesse di rinunciare al preteso omaggio feuda-

le pel Regno solennemente, omaggio da cui non cavò, né caverà mai la Corte di

Roma un’utilità diretta e reale, la quale utilità d’altronde verrebbe in ogni caso

abbondantemente controbilanciata dai buoni effetti, che produrrebbe la buona ar-

monia tra le principali Potenze dell’Italia, mediante la mentovata Confederazione.

(e) Il dotto cardinale Borgia [Stefano, 1731-1804] provò, con un’opera eru-

ditissima, l’antico e mai interrotto possesso della Santa Sede di esigere l’omaggio

feudale del Re di Napoli. Forse se ne potrebbe fare una egualmente voluminosa,

che comprendesse i mali che cagionò allo Stato Pontificio il dovere spedire inve-

stiture a questi vassalli troppo potenti, ed i danni che ne ebbero a soffrire i Papi. I

Re di Spagna, vassalli per lo Regno di Napoli della Santa Sede, si può dire che

comandarono in Roma da Carlo V insino alla estinzione della linea degli Austria-

ci di Spagna in fine dello scorso secolo. Le guerre per la successione di Spagna

[1701-1714], e per conseguente anche del Regno di Napoli, ognuno sa di quanti

disturbi furono cagione ai Papi, sin quasi alla metà di questo secolo, di quante de-

vastazioni allo Stato della Chiesa. Inoltre, l’autorità dei Papi sebbene illimitata nel

temporale, resta però per mille motivi inceppata nel suo esercizio. I principali so-

no l’essere il Papa principe elettivo, e che deve avere troppi riguardi, la potenza

de’ Cardinali e de’ Nobili. Un’alleanza colle altre Potenze d’Italia, e col rinuncia-

re a certe pretensioni vuote di sostanza, porrebbe in grado i sommi Pontefici di

poter esercitar più liberamente ne’ proprii Stati ed in Roma stessa l’autorità loro, e

sradicare gli abusi favoriti dai Grandi18

.

17

Cfr. C.C. de Peyssonel, op. cit., tomo II, p. 105 e 179. 18

[Fine della nota del 1792].

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I Toscani, ed il Toscano ministero certamente, è da supporre che volentieri

abbraccerebbero una occasione per ordinare le cose in modo che quello Stato non

corra mai più rischio di diventare Stato di Provincia, intento che potrebbero più

facilmente ottenere mediante la Confederazione medesima, e ciò oltre agli altri

vantaggi che verrebbero da essa alla Toscana, massime rispetto al Commercio.

(f) Vivendo tuttora l’Imperator Leopoldo, fu cosa facile il ravvisare che il

Governo di Toscana, dopo che ne aveva preso le redini il nuovo Gran-Duca [Fer-

dinando III d’Asburgo-Lorena (1769-1824)], non camminava più colle massime

del di lui padre. È da credere perciò a più forte ragione, che dipenderebbe anche

meno al presente dagli interessi della Corte di Vienna. Certamente quel Ministero,

è da credere che prenderebbe ogni occasione per prevenir che la Toscana non ri-

cadesse in istato di Provincia, il che potrebbe succedere, quando non avesse suc-

cessione l’attuale Gran-Duca. Una Confederazione degli Stati d’Italia potrebbe

assicurarli da siffatto timore col stabilirsi che mai non potesse riunirsi la Toscana

ai dominii della Casa d’Austria. Si potrebbe piuttosto convenire che mancando la

discendenza dell’attuale Gran-Duca, dovesse succedervi chi avrà il Ducato di

Modena, e quello Stato potrebbe allora unirsi a quello di Milano19

.

L’Imperatore, come Duca di Milano e di Mantova, e Potenza Italiana, ma

Potenza tale che per via degli altri amplissimi suoi Stati di Germania non rimoti,

ben lungi dall’abbisognare di Confederazioni per assicurarsi, secondo il Peysso-

nel, aspira a predominare in Italia.

Un grave e giudicioso politico italiano20

osservò che gli Imperatori occupati

dalle guerre di Alemagna abbandonarono nei tempi antichi le cose d’Italia, che se-

paratasi a poco a poco dall’Imperio, rimase soggetta ai proprii e particolari signori.

Se è vero che nel recentissimo Trattato di Pilnitz [1791] il Re di Prussia

[Federico Guglielmo II 1744-1797] abbia promesso d’impiegar tutto il suo credito

per cooperare al cambio della Baviera coi Paesi Bassi Austriaci in favore dell’Im-

perator regnante21

— progetto, l’esecuzione del quale venne a tutto potere impedi-

ta dal Re di Prussia defunto, al qual effetto mise in campo la Lega Germanica —,

si può congetturare che l’Imperator medesimo, per non metter in allarme tutti i

Principi della Germania, abbraccerebbe l’occasione di mostrar moderazione in I-

talia, per estendere più sicuramente la sua potenza al di là delle Alpi. In questo ca-

so potrebbe convenirgli entrar in essa Confederazione come Principe Italiano per

assicurarsi de’ suoi Stati che vi possiede, prevenir le diversioni, ed impiegar le sue

forze altrove. Del resto, conviene assaissimo alla Real Casa di Savoia che lo Stato

di Milano continui ad essere Stato di Provincia, perché in tal modo non è perduta

la speranza di farne acquisto in una occasione favorevole col mezzo di una ben

guidata negoziazione a titolo di permuta, od in altra maniera. Non è vana lusinga

19

[Fine della nota del 1792]. 20

Cfr. Discorsi politici di Paolo Paruta [1540-1598] nobile vinetiano caualiere e procu-

rator di San Marco, libro II, dis. IX, p. 285. 21

Cfr. C.C. W. Dohm, op. cit., p. 31 e seg.

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il congetturar che l’Imperatore rinuncierebbe di buon grado agli Stati d’Italia o-

gniqualvolta ciò contribuir potesse a renderlo più grande in Germania.

Il Duca di Modena, in cosa riguardante il sistema politico di tutta Italia, non

potrebbe a meno di non seguire le determinazioni che prenderebbe l’Imperatore

pel Milanese; ed il Duca di Parma seguir dovrebbe quelle del Re di Napoli. Quan-

to alla Repubblica di Genova finalmente, non v’ha dubbio che se conoscesse il

suo vero interesse, dovrebbe farsi premura di entrare in tale Confederazione, sia

per assicurar meglio la tranquillità interna, sia per estendere, e rendere più fruttuo-

so il suo commercio marittimo. In tal caso, si potrebbe con un articolo espresso

salvar le ragioni del nostro Sovrano sui diversi luoghi della Riviera, e prefiggere

un termine per l’ultimazione delle differenze vertenti già da sì lungo tempo sul

fatto dei confini.

VI. Buoni effetti che produrrebbe la Confederazione d’Italia,

specialmente per la Real Casa di Savoia

Qualora riuscisse di formare delle Potenze Italiane una Confederazione nel-

la maniera suddivisata, gli Stati uniti dell’Italia potrebbono, al pari del Corpo

Germanico, avere influenza diretta nelle negoziazioni che riguardano gli affari ge-

nerali di Europa, e trattar alla pari colle Potenze più grandi senza aver bisogno

dell’appoggio sempre interessato di Potenze Estere, e potrebbe eziandio la Confe-

derazione unita conchiudere trattati vantaggiosi a tutta la Nazione.

Tali sarebbero un Trattato difensivo colla Spagna contro i Corsari Barbare-

schi, e contro chiunque infestasse i mari, ed un altro Trattato parimenti difensivo

cogli Svizzeri, che già, sono i più antichi Alleati della Real Casa di Savoia, contro

ogni Potenza che intendesse assalire qualunque degli Stati Confederati.

(g) Dicesi che il Gran Cancelliere Gubernatis [Gian Battista de Gubernatis

(1774-1836)] abbia fatto un progetto di unir la Savoia intimamente cogli Svizzeri.

Io non ho mai veduto questo scritto: ma sicuramente, se si trovasse modo di affi-

darne a quella bellicosa Nazione la difesa senza pregiudicio della sovranità de’

nostri Monarchi, si risparmierebbero spese infinite, e si provvederebbe meglio al-

la sicurezza di un paese aperto, e senza fortezze22

.

Oltre a questi due Trattati di alleanza colla Spagna per mare, e cogli Sviz-

zeri per terra, forse sarebbe opportuno, e più facile a conseguirsi, qualora tutta la

Nazione fosse riunita in un sol corpo, l’intavolare un Trattato, mediante di cui si

ottenesse dall’Impero Germanico una solenne rinuncia ad ogni preteso diritto so-

pra l’Italia. La cosa non è senza esempio. Nei tempi passati vi furono Potenze che,

a poco a poco si levarono dalla suggezione dell’Impero, o ad un tratto da per sé

stesse si dichiararono libere da ogni dipendenza per le provincie acquistate.

Delle vaste provincie che formavano il Regno di Borgogna, del Delfinato,

della Provenza, del Lionese, e della Bressa medesima ceduta dalla Real Casa di

22

[Fine della nota del 1792].

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Savoia alla Francia, si riguardavano que’ Regnanti come Padroni assoluti senza

voler dipendere in modo nessuno dall’Impero Germanico, sebbene taluno de’ mo-

derni più riputati giuspubblicisti Tedeschi pretenda che i Re di Francia possiedano

senza titolo il dominio diretto di esse Provincie23

.

Lo stesso fecero quando s’impadronirono, ed occuparono alcuna parte

d’Italia. Luigi XII [di Valois-Orléans (1462-1515)], impadronitosi di Genova, con

editto del mese di maggio del 1507 unì totalmente quella città al suo dominio, e

secondo che narra il Guicciardini [Francesco (1483-1540)], fece rimovere dalle

monete Genovesi i segni antichi, ed ordinò che vi fossero impressi i suoi, per di-

mostrazione di assoluta superiorità24

. Lo stesso praticarono i Re di Francia25

ri-

spetto al Marchesato di Saluzzo ed alla Signoria di Pinerolo durante l’occupazio-

ne di quei dominii a pregiudicio della Real Casa di Savoia, per modo che, dopo il

cambio del Marchesato colla Bressa, e la restituzione di Pinerolo, vi ha chi asseri-

sce che per quelle Provincie non abbia il Re nostro Monarca dipendenza nessuna

dall’Impero26

, anche per lo motivo (per ciò che appartiene al Marchesato di Sa-

luzzo), che l’Imperatore e l’Impero abbandonarono i Duchi di Savoia, e segnata-

mente i Duchi Emanuele Filiberto [1528-1580] e Carlo Emanuele I [1562-1630],

allorché furono assaliti dai Re di Francia per ragion di esso Marchesato, che i detti

Re pretendevano appartener loro, onde il Duca Carlo Emanuele fu costretto a ce-

dere buona parte del suo patrimonio per riaverlo. I Veneziani sono riconosciuti

per indipendenti totalmente dall’Impero dal precitato Mascovio, anche rispetto a

Padova, Vicenza, e Verona, una volta immediatamente sottoposte al Regno d’Ita-

lia, a Brescia, a Bergamo smembrate dal Ducato di Milano, e ad una parte del

Friuli, una volta sottoposto agli Austriaci27

.

E finalmente, per quanta appartiene ai Cantoni Elvetici, questi nella pace di

Westfalia furono dichiarati totalmente liberi, ed esenti da ogni giurisdizione del-

l’Impero28

. E quanto alla Toscana, varia fu la condizione di quello Stato, quanta

alla relazione che si avesse coll’Impero29

. I primi de’ Medici, sebben Principi

nuovi arricchiti dai Papi, e fatti potenti coi privilegi imperiali, vantarono indipen-

denza sin dal secolo XVI, e fu soltanto all’estinzione della linea di que’ Principi

che si fecero rivivere i diritti dell’Impero nel Trattato della quadruplice alleanza

[stipulata il il 2 agosto 1718 fra Regno Unito, Sacro Romano Impero, Regno di

23

Cfr. J.J. Mascov, op.cit., libro II, cap. IV, par. 18, p. 68. 24

Cfr. François Le Blanc [1648-1698], Traité historique des monnoyes de France, Ams-

terdam 1692, p. 262. 25

Cfr. Francesco Guicciardini, La Historia d‟Italia, Venezia 1563, libro VII, p. 196. 26

Cfr. Recherches des titres qui ont acquis à la Royale Maison de Savoie les Etats qu‟elle

possède, pp. 82 e 89. 27

Cfr. J.J. Mascov, op.cit., libro II, cap. V, par. 63-66, p. 91. 28

Cfr. ibidem, cap. IV, par. 33, p. 71. 29

Cfr. Galluzzi [Iacopo Riguccio (1739-1801)], Istoria del Granducato di Toscana sotto il

governo della Casa Medici, Cambiagi, Firenze 1781, passim.

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Francia e Repubblica delle Province Unite]. Quello Stato passò poi, come ognun

sa, in potere della Casa di Lorena, ed è cosa singolare che durante che fu possedu-

to dall’attuale Imperatore regnante [Leopoldo II d’Asburgo-Lorena (1747-1792)],

vivendo Giuseppe II [1741-1790] suo fratello, si sostenesse da tutti pubblicamen-

te l’indipendenza della Toscana dall’Impero, ed ora sì fatta indipendenza sia stata

posta per condizione — per quanto si dice — del matrimonio fra il Gran-Duca

[Ferdinando III (1769-1824)] e la Principessa di Napoli [Maria Luisa di Borbone

(1773-182)]. Quanto alla Casa d’Este, l’esser feudataria per Ferrara, ne produsse

la perdita: e dopo, la total dipendenza dall’Austria condusse le cose al punto di

veder terminare quello Stato in mani degli Austriaci. Più funesta fu la catastrofe

dei Duchi di Mantova, il cui dominio venne nel 1708 confiscato dall’Imperatore

[Giuseppe I d’Asburgo (1678-1711)] in odio del Duca Ferdinando Carlo [di Gon-

zaga-Nevers (1652-1708)], per preteso delitto di fellonia30

, quantunque i Gonza-

ghi sempre fossero stati ben affetti all’Impero, ed in tempo prossimo avessero da-

te due Imperatrici del lor sangue alla Germania, e sebbene n’esistessero allora i

rami dei Duchi di Guastalla, e di altri Agnati di quella famiglia. Lo stesso inter-

venne al Duca della Mirandola, e ad altri Principi minori. In tempo di guerra viva,

è troppo facile che un Principe debole sia costretto a contrarre alleanze con Poten-

ze ragguardevoli, diverse dall’Impero, massime mancando la difesa del Padron di-

retto, che è remoto. Facendosi poi la pace, è troppo facile che l’alleato debole sia

abbandonato dal potente, ed allora il pretesto di fellonia non manca mai. Il siste-

ma feudale non pare pertanto adattato ai Principati motivo per cui Napoli31

, Par-

ma, del pari che Venezia, e Toscana, non vogliono più riconoscere per superiore

diretto né il Papa né l’Imperadore.

VII. Vicariato Imperiale della Real Casa di Savoia, e conclusione

Di diversa natura invero è il Vicariato Imperiale della Real Casa di Savoia,

ed in vigor di esso due accreditatissimi Giureconsulti32

chiamarono eguale l’auto-

rità de’ Sovrani nostri33

negli Stati loro, e quella degli Imperatori. Tuttavia reste-

30

Cfr. J.J. Mascov, op.cit., libro II, cap. V, par. 48-49, p. 88. 31

Rispetto a Napoli, vedi l’opera del prefato [Michele Maria Vecchioni,] Del preteso do-

minio diretto della Santa Sede in ragion feudale sul Reame di Napoli, Napoli 1788. 32

Il Menocchio [Giacomo (1532-1607)], nel consiglio per la causa del Monferrato, n° 158,

Dux Serenissimus Sabaudiae in suo Ducatu Imperii, et omnimodae potestatis jura habet, ci-

tando Giacobino [Jacopino (sec. XV, 2a metà)] da San Giorgio ed il Porporato [Gian France-

sco (1484-1544)], il qual ultimo nella rubrica ff. De iis cujus mandata est jurisdictio, n° 20,

scrisse Ducem. Sabaudiae in suo Ducatu aequiparari Imperatori in suo Imperio. 33

Questa autorità sopra gli Stati d’Italia probabilmente deriva dal Marchesato d’Italia

(Cfr. De la supériorité sur le ville de Gênes [Mémoires touchant la supériorité impériale

sur les villes de Gênes et de San Remo ainsi que sur toute la Ligurie, Ratisbonne 1768, 3

tomi], tomo I, cap. IV, p. 35; e Pièces justificatives, n. XI, p. 31. Thomas Comes Sabau-

diae, totius Italiae Legatus, et Marchio ejusdem, così si sottoscrive quel Principe in un di-

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rebbe a determinarsi se al presente non sarebbe da preferirsi che si dichiarasse che

ogni diritto dell’Impero, non in forza di Vicariato, ma per diritto proprio assolu-

tamente si esercitasse dal nostro Monarca, e se una più intima Confederazione co-

gli altri Stati d’Italia non sarebbe migliore di questa relazione colla Germania. Lo

stesso Eineccio [Johann Gottlieb Heinecke (1681-1741)] pare che ammetta che il

Vicariato solennemente concesso dall’Imperatore possa sopprimersi dall’Imperio,

quando vi sia cagione creduta giusta34

. Tutti i Principi procurano a’ dì nostri di to-

gliersi ogni ombra di dipendenza che in tempi di minorità, di Reggenza, o di guer-

ra sfortunata può produrre maggior male di quello che sieno i vantaggi che parto-

risce in tempi quieti e prosperi. Perciò il Re di Prussia procurò di liberar il suo

dominio da ogni reliquia di dipendenza dalla Polonia. Inoltre, i Giureconsulti Te-

deschi pretendono che l’autorità de’ Vicari Imperiali Germanici35

, che sono il

conte Palatino e l’Elettore di Sassonia, si estenda eziandio all’Italia ed alle reli-

quie del Regno di Borgogna, vale a dire, secondo essi, alla Savoia. E sebbene il

Vicariato Imperiale de’ Principi di Savoia sia di ragione più antico che non quelli

di Germania, perciocché l’atto con cui l’Imperador Federico II constituisce il

Conte Tommaso [II] di Savoia [1199-1259] Vicario Generale Imperiale per tutta

la Lombardia è dell’anno 124936

, quandoché il primo Diploma in cui trovasi fatta

menzione del Vicariato Imperiale del conte Palatino in Germania è dell’anno

127937

, con tutto ciò resterebbe ad esaminarsi se abbia prodotto tal officio vantag-

gi reali, massime dopo lo stabilimento del Diritto pubblico d’Europa: anzi sembra

che con detti Diplomi Imperiali altro non si facesse che concedere in certo modo

ciò che i nostri Sovrani gia possedevano. Di fatti, l’Imperator Carlo IV [di Lus-

semburgo (1316-1378)] avendo accordato al Conte Amedeo VI [1334-1383] nel

1365 ed a’suoi successori il privilegio di suo Vicario Generale in parecchie Dio-

cesi, e segnatamente in quelle di Lione, Macon, e Grenoble, l’Imperator Massimi-

liano I [d’Asburgo (1459-1519)] limitò tale autorità alle sole porzioni di dette Di-

ocesi, che si stendevano nel Ducato di Savoia38

. Tutti questi riflessi potrebbono

dar materia di disamina se nello stato attuale delle cose non sarebbe preferibile,

ploma di Federico II Imperatore in favore di Enrico del Carretto [XVII-XVIII sec.], in da-

ta del 6 luglio 1220. Diploma esistente negli Archivi di Genova). 34

Johann Gottlieb Heinecke, Responsum de quaestionibus quibusdam ad feuda Langharum,

pot. Sardiniae regi cessis pertinentibus, in Operum Omnium supplementum, Genevae, 1771,

par. 22, p. 33. Prima edizione Responsa iuris super feudis Langharum pot. Sardin. regi ces-

sis et super tabulis supremis Usimbardianis ex schedis paterni, Vratislaviae 1744. 35

Cfr. J.J. Mascov, op.cit., libro III, cap. VIII, par. 22, p. 200. 36

Cfr. Samuel Guichenon [1607-1664], Histoire généalogique de la royale maison de Sa-

voie, tomo I, volume II, Torino 1778, p. 301. 37

Cfr. Pseffel [Christian Friedrich Pfeffel von Kriegelstein (1726-1807)], Abrege chrono-

logique de l‟histoire et du droit public d‟Allemagne, contenant les guerres, les traites de

paix, les loix[, Parigi 1754, pp. 374-386]. 38

Cfr. S. Guichenon, op. cit., Tomo II, p. 468.

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per la Real nostra Corte, una salda e più intima alleanza colle altre Potenze d’Italia

ai vincoli colla Germania, da cui troppo è difficile ottener soccorso in caso di biso-

gno, e che anzi in certe occasioni potrebbon dare pretesto ad indebite pretensioni.

(h) Oltre alle considerazioni toccate nella nota (b) è da notarsi che una Con-

federazione nel modo divisato renderebbe più facili alla Real Casa di Savoia le

successioni, e le vantaggiose permute degli Stati de’ nostri Sovrani. La Sardegna,

la Savoia e Nizza potrebbe forse col tempo riuscire di cambiarle utilmente con

Stati di Lombardia, compreso il Ducato di Milano. Nelle Diete della Nazione sa-

rebbe di grandissimo peso l’influenza del Principe più antico, più riputato per for-

ze militari, ed anche per arti di Governo, che sia in Italia. E se sin d’oggi sussi-

stesse una sì fatta Confederazione, non sarebbe stato difficile d’ottenere aiuti di

uomini e di denari per le spese grandiose del cordone delle truppe in Savoia e nel

Contado di Nizza, cordone diretto a difendere non meno il Piemonte che tutto il

rimanente d’Italia dalla più perniciosa guerra che sia stata mai, come quella che

tende a far ribellare i Popoli contra i loro legittimi Sovrani39

.

Ad ogni modo, quando la Nazione Italiana riunita fosse disposta a dichiarar

prescritti i succennati pretesi dritti dell’Impero, l’Imperador regnante, per le ra-

gioni dette di sopra, procurerebbe per avventura di trar partito da una preventiva

volontaria rinuncia, per poter ottenere di estendere maggiormente la sua potenza

in Germania, senza eccitar maggiore gelosia. Vi potrebbe anche avere un interes-

se diretto col dichiararsi in questa guisa indipendenti dall’Imperio i Ducati di Mi-

lano e di Mantova.

Una Confederazione così fatta è certamente cosa nuova ed insolita in Italia,

ma a’ dì nostri, non già ne’ tempi antichi; ma non nell’Europa moderna, che anzi

le Confederazioni, quando composte di Stati di una Nazione medesima, quando

ristrette alla difesa, quando il principale loro scopo fu diretto alla sicurezza ed alla

prosperità commune, furono durevolissime, e produssero buoni effetti. Per lasciar

tanti esempi che ne somministra la storia antica, è notabile che siffatte Confedera-

zioni ebbero buonissima riuscita in nazioni di natura affatto diverse, e non ostante

che si opponessero ostacoli gravissimi. Qual differenza non passa tra gli Svizzeri,

alpigiani, e gli Olandesi, marittimi, e ricchi trafficanti? Tra i principati e le repu-

bliche che compongono il Corpo Germanico, e gli Stati Uniti d’America? E nelle

Confederazioni medesime succennate entrarono Stati di natura molto più tra loro

diversa, che non il sieno gli Stati principali d’Italia. Nella Confederazione de’

Cantoni Elvetici vi sono repubbliche aristocratiche e repubbliche democratiche.

Nel Corpo Germanico vi è ogni specie di governo. Ma quello che è più, tanto nel-

l’una quanta nell’altra di queste due famose Confederazioni entrano Stati di reli-

gioni diverse; laddove in una Confederazione degli Stati d’Italia si riunirebbero

popoli non solo della stessa Nazione, ma eziandio tutti della stessa Religione, an-

noverando inoltre tra i suoi potentati il Capo medesimo della Religione Cattolica.

39

[Fine della nota del 1792].

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Il restodella Verità

La verità non è mai tutta (proverbio)

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«Abuso di minori nelle istituzioni:

garantire la piena protezione

delle vittime»

Massimo Introvigne*

1. Sono un sociologo delle religioni e fra i temi di cui mi sono occupato vi

è l’abuso dei minori in istituzioni religiose. Ho scritto diversi testi su questo ar-

gomento1. Questo breve intervento si concentra sul problema dell’abuso di minori

in istituzioni della Chiesa Cattolica. Il problema è stato trattato in profondità da

Papa Benedetto XVI nella recente Lettera pastorale ai cattolici dell‟Irlanda2, del

19 marzo 2010. Il punto di partenza di questa lettera è che ci sono sacerdoti che

hanno abusato di minori. Alcuni casi sono sconcertanti, e perfino disgustosi. Que-

sti casi — negli Stati Uniti d’America, in Irlanda, in Germania, in Austria e altro-

ve — spiegano le parole molto severe del Papa, la sua richiesta di perdono alle

vittime e la sua affermazione che la Chiesa «[...] deve in primo luogo riconoscere

davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi

indifesi» (n. 2). Anche se ci fosse un solo caso — e purtroppo i casi sono più di

uno — sarebbe sempre un caso di troppo. Nulla in questo mio intervento intende

negare l’orrore di quanto è avvenuto in alcune istituzioni cattoliche, che costitui-

sce oggetto di vergogna per la Chiesa intera.

* Traduzione italiana, riveduta e annotata, dell’intervento tenuto in inglese, in qualità di

rappresentante ad hoc della Santa Sede, all’udienza su L‟abuso dei bambini nelle istituzio-

ni: assicurare la piena protezione delle vittime, organizzata il 22-6-2010 dalla Commis-

sione Affari Sociali, Salute e Famiglia dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Euro-

pa nell’Aula 1 del Palais de l’Europe di Strasburgo, in Francia. Questo testo non tiene con-

to delle modifiche al diritto canonico vigente — che hanno reso la procedura penale nei

confronti dei sacerdoti e dei religiosi accusati di abusi su minori più rapida e severa, in

parte peraltro confermando e codificando una prassi già seguita da anni — introdotte dalla

Congregazione per la Dottrina della Fede con la Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica

e agli altri Ordinari e Gerarchi interessati circa le modifiche introdotte nella Lettera apo-

stolica Motu Proprio data Sacramentorum sanctitatis tutela, datata 21 maggio 2010 ma

pubblicata il 15 luglio 2010. 1

Cfr. in particolare il mio Preti pedofili. La vergogna, il dolore e la verità sull‟attacco a

Benedetto XVI, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2010. 2 Cfr. Benedetto XVI, Lettera pastorale ai cattolici dell‟Irlanda, del 19-3-2010, in L‟Os-

servatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 20/ 21-3-

2010. Tutte le citazioni senz’altra indicazione sono tratte da questo testo, di cui, fra paren-

tesi, viene indicato il paragrafo.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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2. Benché il Papa non abbia certamente voluto proporre un’analisi sociolo-

gica della crisi, come sociologo sono colpito dalla profondità della sua riflessione,

che s’inserisce in dibattiti di grande attualità in corso fra i sociologi e gli storici

sociali — soprattutto dopo la pubblicazione, nel 2007, dell’importante opera di

Hugh McLeod The Religious Crisis of the 1960s3 — sulla rivoluzione silenziosa

che ha profondamente cambiato le abitudini morali, religiose e sessuali degli eu-

ropei e degli americani del Nord nei decenni 1960 e 1970. Il Papa afferma che in

Irlanda — ma la sua osservazione è ugualmente valida per altri Paesi — si sono

verificati una «rapida trasformazione e secolarizzazione della società» (n. 4),

«[...] un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avver-

si la tradizionale adesione del popolo all‟insegnamento e ai valori cattolici» (ibi-

dem), con un «indebolimento della fede» (ibidem ) e una «perdita del rispetto per

la Chiesa e per i suoi insegnamenti» (ibidem): «É in questo contesto generale che

dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell‟abuso sessuale

dei ragazzi» (ibidem).

3. Come il Papa afferma nella stessa lettera, «[...] il problema dell‟abuso

dei minori non è specifico né dell‟Irlanda né della Chiesa» (n. 2). La rivoluzione

sessuale e morale degli anni 1960 ha coinvolto l’intera cultura occidentale. Se il

Papa ha espresso «la vergogna e il rimorso» (n. 6) della Chiesa Cattolica, il socio-

logo deve sottolineare che il problema riguarda tutte le società occidentali dopo la

Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) e non soltanto la Chiesa. Paragonare i sa-

cerdoti cattolici ad altre categorie può sembrare per qualche verso di cattivo gu-

sto. Ma nello stesso tempo è importante per comprendere il problema nel suo con-

testo specifico. Secondo l’opera molto spesso citata di Philip Jenkins Pedophiles

and Priests4, se si paragona la Chiesa Cattolica ad altre organizzazioni religiose

negli Stati Uniti d’America si scopre che i casi di abuso di minori sono stati più

numerosi in altre denominazioni e religioni, almeno nel periodo di tempo esami-

nato da Jenkins. Fra l’altro, questi dati dimostrano che il problema non è il celiba-

to. Il personale religioso di altre comunità e religioni è in maggioranza sposato. Il

numero di maestri di ginnastica e di allenatori di squadre sportive giovanili che

sono stati condannati per abuso sessuale di minori negli Stati Uniti d’America

nell’arco di cinquant’anni è di circa seimila5. Secondo il cosiddetto Rapporto

Shakeshaft, commissionato dal Ministero dell’Educazione statunitense e pubbli-

cato nel 2004, il 6,7 per cento degli alunni delle scuole elementari pubbliche ame-

3 Cfr. Hugh McLeod, The Religious Crisis of the 1960s, Oxford University Press, Oxford

2007. 4 Cfr. Philip Jenkins, Pedophiles and Priests, Oxford University Press, New York 1996,

pp. 50 e 81. 5 Cfr. Michael Dobie, Violation of Trust; When Young Athletes Are Sex-Abuse Victims,

Their Coaches Are Often the Culprits, in Newsday, New York 9-6-2002, p. C25.

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ricane è stato molestato da maestri o da personale non docente6. Lo stesso docu-

mento ci ricorda che negli Stati Uniti d’America due terzi degli abusi sessuali su

minori non vengono da persone estranee alla cerchia familiare — compresi i sa-

cerdoti cattolici e i pastori protestanti — ma da membri della famiglia: zii, cugini,

fratelli e purtroppo anche genitori.

4. Per quanto riguarda i sacerdoti e le istituzioni cattoliche, pochi Paesi

hanno compiuto uno sforzo di raccolta di dati paragonabile a quello del rapporto

irlandese della Commission to Inquire into Child Abuse, il cosiddetto Rapporto

Ryan7, o del rapporto statunitense pubblicato nel 2004 dal John Jay College della

City University of the New York8. Quest’ultimo esamina gli anni fra il 1950 e il

2002, e conclude che 4.392 sacerdoti e religiosi statunitensi, su un totale di oltre

109.000, sono stati accusati di molestie sessuali a minorenni, con un numero di

condanne congruamente più basso. Vi sono anche stati casi clamorosi di sacerdoti

accusati ingiustamente. Lo studio del John Jay College ci dice, come si legge

spesso, che il quattro per cento dei preti americani è pedofilo? Non è così. Secon-

do la ricerca, il 78,2 per cento delle accuse si riferisce a minori che hanno supera-

to la soglia della pubertà. Avere un rapporto sessuale con una, o un, diciassettenne

non è certo una bella cosa per un adulto, e lo è ancora meno per un prete, ma non

è pedofilia. Infatti nell’arco di cinquantadue anni il numero di sacerdoti e di reli-

giosi accusati di pedofilia, nel senso tecnico di rapporti o di molestie sessuali a

minori prepuberi, è 958. Anche in questo caso, le condanne sono in numero molto

minore rispetto alle accuse. 5. Permettetemi di ripetere che i casi di abusi sessuali di minori da parte di

sacerdoti cattolici, benché siano meno numerosi di quanto alcuni media hanno ri-

ferito e non siano più diffusi fra i sacerdoti che fra altre categorie in frequente

contatto con minorenni, sono oggetto di seria preoccupazione e di «vergogna e

rimorso» per la Chiesa, come ha detto il Papa. Nessuna statistica può attenuare la

tragedia. Come ha reagito la Chiesa? A questa domanda occorre rispondere te-

nendo ben fermo il riferimento ai dati e ai testi, che spesso non sono ben compresi

da giornalisti che hanno scarsa familiarità con il diritto canonico o con la Chiesa.

Per esempio, è stata molto criticata l’istruzione Crimen sollicitationis9, che risale

6 Cfr. Charol Shakeshaft, Educator Sexual Misconduct. A Synthesis of Existing Literature,

U.S. Department of Education, Office of the Under Secretary, Washington D.C. 2004, p. 20. 7 Cfr. Commission to Inquire into Child Abuse, Report of the Commission to Inquire into

Child Abuse, 5 voll., Commission to Inquire into Child Abuse, Dublino 2009. 8 Cfr. National Review Board for the Protection of Young People, A Report on the Crisis

in the Catholic Church in the United States, National Review Board for the Protection of

Young People, Washington D.C. 2004. 9 Cfr. Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, Instructio de modo procedendi in causis sol-

licitationis, del 16-3-1962, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1962.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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al 1922. Normalmente si legge che questa istruzione è del 1962. Ma in effetti il

testo del 1962 della Crimen sollicitations è identico a quello di un’analoga istru-

zione del 1922 intitolata Pagella, se si eccettuano tre piccole aggiunte relative ai

membri d’istituti religiosi. Lo stesso testo del 1922 non costituiva tanto una nuova

normativa quanto una compilazione di vecchie norme, che si trattava di armoniz-

zare con il Codice di Diritto Canonico che era stato allora da poco pubblicato, nel

1917. Alcuni che attaccano le diocesi cattoliche hanno scoperto la Crimen sollici-

tationis solo perché è citata nel motu proprio di Papa Giovanni Paolo II (1978-

2005) Sacramentorum sanctitatis tutela10

del 2001. Qualcuno ha pensato di avere

finalmente trovato la prova decisiva contro la Chiesa, un documento che avrebbe

coperto le inchieste sugli abusi sessuali del clero con uno spesso velo di segretez-

za. Ma in realtà la Crimen sollicitationis faceva obbligo alle vittime e a chiunque

altro fosse venuto a conoscenza degli abusi di denunciarli sollecitamente all’auto-

rità ecclesiastica. Che la successiva procedura canonica dovesse svolgersi a porte

chiuse e in segreto era, ed è, normale per cause di questo genere in tutti gli ordi-

namenti giuridici, e protegge la riservatezza della vittima non meno di quella del-

l’accusato, che può essere a sua volta colpevole ma anche innocente. Non ha

niente a che fare con il tenere nascosti i fatti alle autorità degli Stati, un problema

che cade completamente al di fuori dell’oggetto e degli scopi della Crimen sollici-

tationis. Ma forse l’aspetto più importante è che la Crimen sollicitationis ha avuto

una circolazione molto limitata, e fino al primo decennio del secolo XXI le dioce-

si che dovevano occuparsi di casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti in gene-

re non sapevano neppure che l’istruzione esistesse11

.

6. Con il già citato motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001

e il relativo regolamento costituito dalla lettera della Congregazione per la Dottri-

na della Fede De delictis gravioribus12

, pure del 2001, la Chiesa ha riformato le

norme canoniche relative a certi crimini, compreso l’abuso sessuale di minori da

parte di sacerdoti e di religiosi. Queste regole sono già di per sé stesse una prova

di quanto la Chiesa Cattolica prenda sul serio il problema dell’abuso di minori da

parte di sacerdoti. Lo include nei delicta graviora, i «crimini più gravi» che le di-

ocesi devono segnalare alla Congregazione per la Dottrina della Fede a Roma.

Contrariamente a quanto talora si è letto, le nuove regole non hanno sottratto al

10

Cfr. Giovanni Paolo II, Litterae apostolicae motu proprio datae «Sacramentorum sancti-

tatis tutela» quibus normae de gravioribus delictis Congregatione pro Doctrina Fidei reser-

vatis promulgantur, del 30-4-2001, in Enchiridion Vaticanum. Documenti ufficiali della

Santa Sede, vol. 20, 2001, EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 2004, pp. 396-401. 11

Cfr. John P. Beal, The 1962 Instruction Crimen sollicitationis. Caught Red-Handed or

Handed a Red Herring?, in Studia Canonica, vol. 41, 2007, pp. 199-236. 12

Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Epistula «De delictis gravioribus» eidem

Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis, del 18-5-2001, in Enchiridion Vaticanum.

Documenti ufficiali della Santa Sede, vol. 20, 2001, cit., pp. 490-497.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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vescovo locale la sua responsabilità. Infatti, la Congregazione studia i documenti

che arrivano dal vescovo e in molti casi autorizza l’avvio di una procedura nella

diocesi locale. In questo caso il processo è condotto nella diocesi e la Congrega-

zione opera sia con una funzione di consulenza sia come istanza d’appello. Si de-

ve notare che il Promotore di Giustizia presso la Congregazione può presentare

appello anche contro una decisione della diocesi locale che ha giudicato innocente

l’imputato. In altri casi la Congregazione e il vescovo possono imporre sanzioni

amministrative, come l’esclusione del sacerdote da ogni ulteriore esercizio pub-

blico del suo ministero. Fin dall’inizio della procedura si raccomanda che il ve-

scovo locale adotti «misure precauzionali per la salvaguardia della comunità,

comprese le vittime»13

. Le direttive della Santa Sede, contenute nel testo Guida

alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la Dottrina

della Fede (CDF) riguardo alle accuse di abusi sessuali, precisano pure che «va

sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il de-

ferimento di crimini alle autorità preposte»14

.

7. È piuttosto importante notare che la procedura della Congregazione ru-

brica fra i «crimini più gravi» l’abuso sessuale di minori, ma questo «non signifi-

ca solo contatto fisico o abuso diretto, ma comprende anche l‟abuso indiretto

[...]. È compreso anche il possesso, o il download da Internet, di materiale por-

nografico dove compaiono minori. Questo tipo di comportamento è considerato

un reato in diversi Paesi. Mentre il browsing su Internet può essere involontario,

è difficile concepire situazioni dove sia involontario il download, che non solo

implica compiere una scelta o scegliere una specifica opzione, ma spesso com-

prende un pagamento tramite carta di credito e la fornitura da parte dell‟acqui-

rente di informazioni personali che permettono d‟identificarlo [...]. Secondo la

prassi della Congregazione per la Dottrina della Fede anche questo comporta-

mento è considerato un delictum gravius»15

.

8. Il motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela e le varie direttive del-

la Santa Sede sono state accompagnate da documenti delle varie Conferenze Epi-

scopali, come la Carta di Dallas del 2002 negli Stati Uniti d’America, le Direttive

su come si debba procedere in casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti e reli-

giosi che rientrano nella sfera d‟influenza della Conferenza Episcopale Tedesca

13

Eadem, Guida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la

Dottrina della Fede (CDF) riguardo alle accuse di abusi sessuali, s.d., in La Civiltà Cat-

tolica, anno 161, quad. 3837, Roma 1°-5-2010, pp. 272-273. 14

Ibidem. 15

Mgr. Charles J. Scicluna, Promotore di Giustizia, The Procedure and Praxis of the Con-

gregation for the Doctrine of the Faith regarding Graviora Delicta, disponibile sul sito

Internet della Santa Sede all’indirizzo <www.vatican.va/resources/resources_mons-sciclu-

na-graviora-delicta_en.html>.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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(Leitlinien zum Vorgehen bei sexuellem Missbrauch Minderjähriger durch Gei-

stliche im Bereich der Deutschen Bischofskonferenz), pure del 2002; e simili do-

cumenti in Irlanda, nel Regno Unito e altrove.

9. Il John Jay Report del 2004 concludeva che vi era stato un «significativo

declino»16

nel numero di casi nuovi — da non confondersi con casi più antichi,

che venivano alla luce o arrivavano a un processo dopo molti anni — emersi nella

Chiesa Cattolica fra il 2000 e il 2003. Ci si attende che un nuovo rapporto del

John Jay College, di prossima pubblicazione, insista su questa tendenza. Ciò con-

ferma che le misure prese dalla Chiesa Cattolica fra la fine del secolo XX e l’i-

nizio del XXI sono state ragionevolmente efficaci. È anche importante notare che

il diritto canonico non ha mai favorito le incertezze o i veri e propri insabbiamenti

da parte di qualche vescovo. Ai vescovi irlandesi Papa Benedetto XVI ha scritto

nella sua lettera: «Non si può negare che alcuni di voi e dei vostri predecessori

avete mancato, a volte gravemente, nell‟applicare le norme del diritto canonico

codificate da lungo tempo circa i crimini di abusi di ragazzi» (n. 11). Vi furono

mancanze di vescovi? Sì, vi furono. Ma furono mancanze commesse contro il di-

ritto canonico, non a causa o con il favore della normativa. Beninteso, il diritto

canonico è opera di uomini e come tale può sempre essere migliorato.

10. La Chiesa Cattolica crede pure che la radice profonda di questa tragedia

sia il peccato. Benché questo punto possa essere più difficile da capire per i non

credenti, il Papa nella sua lettera ha anche affermato che i problemi dei sacerdoti

derivano per una parte importante dal fatto che «le pratiche sacramentali e devo-

zionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio

la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali, sono state di-

sattese» (n. 4). A queste pratiche il Papa raccomanda di tornare. Nello stesso tem-

po sono state prese misure anche sul piano del diritto e della prassi amministrati-

va, che sono state piuttosto efficaci e forse possono essere studiate da altre istitu-

zioni che oggi patiscono gli stessi problemi. Nessuno ha fatto di più per instaurare

nella Chiesa procedure nuove e più rigorose per affrontare questa tragedia del

cardinale Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI. Per questa ragione, sia

come cattolico sia come studioso sono profondamente turbato dagli attacchi alla

persona e all’insegnamento del Santo Padre. Sono convinto che uno studio di que-

sta materia fondato sui dati e sui documenti, più che sulle emozioni e sui ritagli di

stampa, potrà sia confermare come siano appropriati «la vergogna e il rimorso»

(n. 6) cui ci chiama il Papa, sia fare emergere il suo ruolo luminoso di avvocato

tanto delle vittime quanto di quella stragrande maggioranza dei sacerdoti cattolici

che non ha niente a che fare con gli abusi e continua a offrire in silenzio la sua

opera quotidiana per l’amore di Dio e per il bene comune della nostra umanità

sofferente.

16

National Review Board for the Protection of Children and Young People, op. cit., p. 26.

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Intolleranza e discriminazione

contro i cristiani

Massimo Introvigne*

L’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani, come quella contro i

membri di altre religioni, possono verificarsi quando la libertà religiosa o non è

garantita oppure è travisata. Le mie osservazioni si fondano sulla convinzione

che la dottrina sociale della Chiesa, e in particolare i documenti più recenti di

Papa Benedetto XVI — che partono da argomenti di ragione e non solo di fede

—, possono essere d’interesse generale, anche per i non cristiani e i non creden-

ti, e offrire un aiuto a tutti.

I princìpi della libertà religiosa sono in genere affermati dalle Costituzio-

ni e dalle leggi degli Stati membri dell’OSCE. Rimangono tuttavia tre possibili

aree di equivoco.

La prima riguarda lo statuto della libertà religiosa. La libertà di religione

non è solo uno fra i tanti elementi di una lunga lista di diritti e di libertà. È la

pietra angolare di una vita sociale in cui le altre libertà possono fiorire. Parlando

a Washington il 17 aprile 2008 Papa Benedetto XVI ha citato un pensatore fran-

cese, non credente, Alexis de Tocqueville (1805-1859), il quale insegnava che

«la religione e la libertà sono “intimamente legate” nel contribuire a una de-

mocrazia stabile»1. Quando la libertà religiosa è considerata un diritto minore, o

secondario rispetto ad altri, la libertà in generale non può essere veramente ga-

rantita.

La seconda concerne l’estensione della libertà religiosa. L’Instrumentum

laboris della prossima Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei

Vescovi cita il fatto che in alcuni Paesi «libertà di religione vuol dire solitamen-

te libertà di culto. Non si tratta dunque di libertà di coscienza, cioè della libertà

di credere o non credere, di praticare una religione da soli o in pubblico senza

alcun impedimento, e dunque della libertà di cambiare religione [...]. Cambiare

religione è ritenuto un tradimento verso la società, la cultura e la Nazione co-

* Traduzione italiana, riveduta e annotata, della relazione introduttiva svolta in inglese alla

terza sessione della conferenza diplomatica dell’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza

e la Cooperazione in Europa, sul tema Tolleranza e Non-Discriminazione, tenuta il 29-6-

2010 nel Palazzo della Pace e dell’Armonia di Astana, nel Kazakhstan. 1 Benedetto XVI, Incontro con i rappresentanti di altre religioni nella Sala «Rotonda»

del Pope John Paul II Cultural Center di Washington, del 17-4-2008, in Insegnamenti

di Benedetto XVI, vol. IV, 1, 2008 (Gennaio-Giugno), Libreria Editrice Vaticana, Città

del Vaticano 2009, pp. 609-613 (p. 610).

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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struita principalmente su una tradizione religiosa»2. Al contrario, una vera li-

bertà religiosa deve comprendere la libertà di predicare, di convertire e di con-

vertirsi.

In terzo luogo, in alcuni Paesi la libertà di religione è considerata da al-

cuni con sospetto, come se implicasse necessariamente il relativismo e la nega-

zione dell’eredità spirituale nazionale. La Chiesa Cattolica ha dovuto affrontare

lo stesso problema quando si è trovata di fronte ai problemi d’interpretazione

della dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae del Concilio Ecu-

menico Vaticano II (1962-1965). Alcuni, anche all’interno della Chiesa, teme-

vano che la proclamazione della libertà religiosa potesse promuovere il relativi-

smo e l’indifferentismo. Ma in realtà, come Papa Benedetto XVI ha ripetuta-

mente mostrato, la libertà religiosa e una ferma difesa della propria identità reli-

giosa contro il relativismo possono e devono coesistere. La libertà religiosa è re-

lativa all’immunità individuale e collettiva dei credenti da ogni coercizione del-

lo Stato laico moderno nel momento della formazione e dell’annuncio della

propria esperienza religiosa. Non implica invece che il credente non abbia il di-

ritto e il dovere di esercitare un «adeguato discernimento»3 tra le diverse propo-

ste religiose, come il Papa ha sottolineato nella sua enciclica del 2009 Caritas in

veritate: «La libertà religiosa non significa indifferentismo religioso e non

comporta che tutte le religioni siano uguali»4.

Con riferimento alla città sede dell’OSCE, possiamo dire che questi tre

equivoci creano problemi sia a est sia a ovest di Vienna. A est di Vienna, i pro-

blemi circa l’estensione della libertà religiosa e il timore che la libertà di reli-

gione in senso occidentale possa indurre relativismo e un tradimento delle cultu-

re tradizionali possono generare forme normative che danneggiano le Chiese e

le comunità cristiane. Fra queste vi sono il rifiuto della registrazione legale e

dell’esenzione fiscale, e il rifiuto di concedere visti ai missionari o licenze per

costruire edifici di culto. In alcuni paesi una virulenta propaganda anti-cristiana

ha portato a una diffusa violenza.

A ovest di Vienna troppo spesso assistiamo alla marginalizzazione dei

cristiani, i cui diritti di partecipare pienamente al dialogo sociale annunciando la

loro fede sono limitati in nome del laicismo. Parlando alle Nazioni Unite a New

York il 18 aprile 2008 Papa Benedetto XVI ha affermato che «è inconcepibile

che dei credenti debbano sopprimere una parte di se stessi — la loro fede —

per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio

2 Sinodo dei Vescovi, Assemblea Speciale per il Medio Oriente. La Chiesa Cattolica nel

Medio Oriente: comunione e testimonianza. «La moltitudine di coloro che erano diven-

tati credenti aveva un cuor solo e un‟anima sola» (At 4, 32). Instrumentum laboris, Li-

breria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, n. 37, p. 11. 3 Benedetto XVI, Enciclica «Caritas in veritate» sullo sviluppo umano integrale nella carità

e nella verità, del 29-6-2009, n. 55. 4 Ibidem.

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per poter godere dei propri diritti. I diritti collegati con la religione sono quan-

to mai bisognosi di essere protetti se vengono considerati in conflitto con l‟i-

deologia secolare prevalente [...]. Non si può limitare la piena garanzia della

libertà religiosa al libero esercizio del culto; al contrario, deve esser tenuta in

giusta considerazione la dimensione pubblica della religione e quindi la possi-

bilità dei credenti di fare la loro parte nella costruzione dell‟ordine sociale»5.

La causa di questi problemi sembra essere il primo dei tre equivoci che ho cita-

to. La libertà religiosa è considerata solo come uno fra tanti diversi diritti, e la

sua importanza cruciale è sistematicamente sottovalutata. E il problema diventa

peggiore quando fra i diritti che s’invocano per limitare la libertà religiosa vi

sono — secondo l’espressione della Caritas in veritate — «presunti diritti, di

carattere arbitrario e voluttuario», e perfino «diritti» «addirittura alla tra-

sgressione e al vizio»6. Il riconoscimento dei diritti delle minoranze religiose è

certo uno sviluppo importante dei sistemi giuridici moderni. Ma i diritti delle

minoranze non devono essere usati per negare i diritti delle maggioranze. Anche

le maggioranze hanno i loro diritti. I cristiani, dove sono maggioranza culturale,

sono oggi nel mirino di quanti pensano che la migliore società possibile debba

essere completamente secolarizzata e non religiosa.

Il tempo mi permette di citare solo due esempi. Il primo riguarda un nu-

mero ormai ampio d’incidenti in Europa dove predicatori cristiani, compresi

predicatori di strada, e istituzioni ecclesiali sono stati incriminati o citati in giu-

dizio per avere criticato stili di vita e atteggiamenti relativi alla sessualità che

considerano peccaminosi. Alcuni genitori sono stati multati o incriminati per

avere rifiutato di mandare i loro figli a cosiddetti corsi anti-discriminazione che,

a loro avviso, promuovono stili di vita che non approvano. In quest’area, come

in altre, come minimo dev’essere sempre riconosciuto un ampio diritto all’obie-

zione di coscienza. Le proposte di legge che intendono punire come incitamento

all’odio la critica religiosa di stili di vita alternativi sono percepite da molte

Chiese e comunità cristiane come una seria minaccia alla loro libertà di predica-

zione.

Il secondo esempio riguarda la sentenza del 2009 Lautsi c. Italia, con cui

la Corte Europea dei Diritti Umani ha deciso che la presenza di crocifissi nelle

scuole pubbliche italiane viola i diritti dei non credenti e degli alunni che in Ita-

lia, un paese a larga maggioranza cattolico, appartengono a minoranze religiose.

Il caso è riesaminato dalla Camera Superiore della Corte Europea dei Diritti

Umani il 30 giugno7. I sondaggi hanno confermato che un’ampia maggioranza

5 Idem, Incontro con i membri dell‟Assemblea Generale dell‟Organizzazione delle Na-

zioni Unite a New York, del 18-4-2008, in Insegnamenti di Benedetto XVI, cit., pp. 618-

626 (pp. 624-625). 6 Idem, Enciclica «Caritas in veritate» sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella

verità, cit., n. 42. 7 La sentenza del riesame non è stata ancora emessa.

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degli italiani, l’82 per cento8 — compresa una solida maggioranza degli italiani

che non sono cattolici praticanti — è favorevole a mantenere nelle scuole il cro-

cifisso, un simbolo della più alta forma di amore oltre che dell’identità e della

storia nazionale molto amato in Italia. Questo sembra un caso particolarmente

chiaro dove i diritti di un’ampia maggioranza sono ignorati in nome dei diritti di

una minoranza, o dell’opinione di un numero molto limitato di militanti del lai-

cismo.

Vi sono naturalmente molti altri esempi di discriminazione contro i cri-

stiani, sia a ovest di Vienna sia a est di Vienna. Ma credo che questi casi siano

sufficienti a confermare che quello dell’intolleranza e della discriminazione

contro i cristiani è un problema molto grave, che merita la più grande attenzione

di questo autorevole consesso.

8 Cfr. Franco Garelli, Gustavo Guizzardi ed Enzo Pace (a cura di), Un singolare plurali-

smo. Indagine sul pluralismo morale e religioso degli italiani, il Mulino, Bologna 2003,

pp. 146-147.

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Ex librisUna casa senza biblioteca è come una fortezza senza armeria (detto monastico)

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Christopher Caldwell, L’ultima rivoluzione dell’Europa. L’immigrazione,

l’islam e l’Occidente, trad. it., Garzanti, Milano 2009, pp. 350, € 16,00

Christopher Caldwell, giornalista statunitense, è nato nel 1962 a Lynn, nel Massa-

chusetts, s’è laureato in Letteratura inglese all’Harvard College ed è sposato con Zelda, fi-

glia dell’intellettuale cattolico conservatore, pure statunitense, Robert Novak (1931-2009),

dalla quale ha avuto cinque figli. Caldwell — redattore di The Weekly Standard, e collabo-

ratore del quotidiano Financial Times e del periodico Slate — ha pubblicato, prontamente

tradotto in italiano, L‟ultima rivoluzione dell‟Europa. L‟immigrazione, l‟Islam e l‟Occi-

dente.

L’opera — lontana dai canoni del testo accademico ma ben fornita sia di dati che di

documenti — si presenta come un pamphlet di denuncia della gestione troppo spensiera-

ta del fenomeno immigratorio da parte dell’Europa Occidentale, che «[...] è diventata u-

na società multietnica in un momento di distrazione» (p. 11), e si divide in tre parti, o-

gnuna delle quali suddivisa in quattro capitoli: L‟immigrazione (pp. 11-121) — Fiumi di

sangue (pp. 11-35), L‟economia dell‟immigrazione (pp. 37-61), A chi giova l‟immi-

grazione? (pp. 63-94) e La paura mascherata da tolleranza (pp. 95-121) —, L‟islam

(pp. 125-262) — Colonie etniche (pp. 125-160), Una cultura antagonista (pp. 161-188),

La crisi della fede in Europa (pp. 189-226) e Regole sessuali (pp. 227-262) — e L‟Oc-

cidente (pp. 265-374) — Tolleranza e impunità (pp. 265-287), Resistenza e «jihad» (pp.

289-320), Liberalismo e diversità (pp. 321-350) e Sopravvivenza e cultura (pp. 351-374).

La verve dell’autore s’intuisce fin dalle prime pagine, da cui emerge con nitidezza

l’immagine di un’Europa in crisi nel gestire l’immigrazione, un fenomeno sociale e cul-

turale che sta mettendo a serio rischio la sopravvivenza stessa della società europea. In

particolare, «[...] è l‟islam a creare i problemi più gravi. Sono 1400 anni che il mondo

musulmano e quello cristiano si contrappongono, e in determinati momenti in modo

violento. Oggi stiamo attraversando proprio uno di questi momenti» (p. 19).

Quel che più deve preoccupare, nell’ambito di una seria analisi dell’immigrazione, è

il peso demografico che sta progressivamente assumendo l’ondata immigratoria nell’U-

nione Europea: a fronte di un forte tasso di natalità delle popolazioni immigrate, si regi-

stra che «[...] il tasso di fertilità dei nativi europei continua a precipitare da anni, e al

momento è il più basso che si sia mai registrato in qualsiasi grande regione del mondo»

(p. 23). In poche parole Caldwell mette in guardia gli europei dal progressivo e inesora-

bile invecchiamento della popolazione, a fronte di un’esponenziale crescita numerica

degli immigrati.

Questa prospettiva è spesso utilizzata come vero e proprio grimaldello per forzare le

coscienze europee ad accettare, volenti o nolenti, l’immigrazione di massa: si dice in so-

stanza che l’immigrazione, oltre a rappresentare un dovere etico, presenta profili d’indi-

scutibile convenienza economica e sociale per gli europei. Il problema è che «[...] l‟Eu-

ropa non sta dando il benvenuto ai nuovi residenti, bensì sta cedendo loro il passo» (p.

29), guardando al fenomeno immigratorio con un ottimismo che mal risponde alla real-

tà. Su queste basi preoccupanti si fonda quello che Caldwell — riprendendo l’espressio-

ne coniata dal politologo francese Pierre-André Taguieff — definisce «immigrazioni-

smo», ossia l’ideologia secondo cui l’immigrazione è sempre e comunque un fenomeno

culturalmente buono ed economicamente vantaggioso, e negare ciò è manifestazione di

xenofobia.

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«Per difendere l‟immigrazione sul piano economico — scrive Caldwell — si posso-

no adottare due diverse argomentazioni, una capitalista, l‟altra socialista» (p. 47). La

prima si fonda sulla dichiarata necessità di ricorrere alla manodopera straniera per occu-

pare quei posti di lavoro non più graditi agli europei; la seconda, sull’assunto in base al

quale bisognerebbe accogliere il maggior numero possibile d’immigrati per evitare il

collasso del welfare state che, a causa dello spaventoso calo demografico europeo, po-

trebbe essere salvato soltanto dai nuovi lavoratori-contribuenti stranieri. Entrambe le te-

si si fondano su premesse false e dunque non possono che giungere a conclusioni errate.

La premessa su cui si fonda l’argomentazione «capitalista» è sbagliata perché non è ve-

ro che gli europei non vogliano più svolgere determinate mansioni lavorative: in realtà

non sono disposti a svolgere alcuni mestieri se sottopagati. Ed è sbagliata pure l’argo-

mentazione «socialista» perché è falso che la massiccia presenza degli immigrati giovi

alle finanze degli stati ospitanti: contro un aumento dei contributi previdenziali — peral-

tro non elevato dato che spesso gli immigrati svolgono attività lavorative poco remune-

rative — si riscontra un elevato costo pubblico degli immigrati per l’assistenza sanitaria

e sociale, dato che anche essi si ammalano e invecchiano.

Dimostrata l’assoluta inconsistenza delle giustificazioni ideologiche utilizzate dai

sostenitori dell’immigrazionismo, Caldwell sottolinea che «la compatibilità culturale è

dunque una questione di primaria importanza» (p. 74). La società ospitante non può

non subire ripercussioni negative se la maggior parte dei suoi ospiti aderisce a culture,

talvolta tribali, che si nutrono di profondo disprezzo per i valori alla base della società

occidentale. «È inevitabile che i paesi meta di immigrazione di massa risentano di qual-

che forma di conflitto etnico» (p. 95), scrive Caldwell confortato dalla cronaca delle ri-

volte degli immigrati africani in Calabria, in Lombardia e dalla meno recente rivolta

delle banlieue francesi. Qualcosa nel modello d’integrazione multiculturale europeo è

andato storto: invece di assistere a un progressivo e compiuto inserimento culturale ed

economico degli immigrati, di seconda e di terza generazione, nel tessuto sociale occi-

dentale, si assiste al proliferare di ghetti culturali e religiosi che fungono da freno ri-

spetto a una compiuta integrazione dei nuovi arrivati. In questo marasma culturale e so-

ciale si sta facendo spazio l’islam, che Caldwell definisce, senza mezzi termini, «una

minaccia letale» (p. 125) per l’Occidente: «quei liberali che difendono l‟islam non lo

conoscono» (p. 127), afferma citando il filosofo e storico delle religioni francese Ernest

Renan (1823-1892). Il vuoto d’identità che sta soffocando l’Europa rischia di essere col-

mato dall’attivismo iper-identitario dell’islam. Storicamente gli europei sono riusciti a

frenare e talvolta a respingere la violenta pressione islamica affidandosi alla propria i-

dentità cristiana; oggi, invece, faticano a resistere alla vitalità spirituale, culturale e bio-

logica delle popolazioni islamiche immigrate.

Caldwell ha il merito di sottolineare che «non è solo l‟immigrazione a causare l‟au-

mento della presenza islamica in Europa» (p. 132) proprio perché «[...] la maggiore fer-

tilità degli immigrati rispetto ai nativi riguarda soprattutto gli islamici» (ibidem): il

problema di fondo è che questa crescita demograficamente esponenziale non si sta svi-

luppando in modo armonico con la realtà occidentale preesistente. L’islam tende ad au-

to-segregarsi fondando la propria identità proprio sulle differenze religiose, culturali e

sociali con la tradizione occidentale e cerca di creare spazi franchi all’interno delle re-

gioni europee: lo sviluppo di quartieri islamici in numerose metropoli dimostra chiara-

mente l’intento auto-segregazionista proprio della cultura di molte comunità islamiche

oggi stanziate in Europa.

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La pericolosità di questo atteggiamento è emersa in Francia: «Le rivolte scoppiate

nelle banlieues parigine nell‟ottobre del 2005 furono l‟episodio di violenza civile più

grave e diffuso che l‟Europa occidentale avesse conosciuto da decenni» (p. 150). Ma

chi erano i rivoltosi? Erano giovani «[...] che simpatizzavano con la jihad» (p. 155) e

«sostenitori agguerriti della causa araba in Iraq, Afghanistan e Palestina» (ibidem).

Caldwell insiste nel sottolineare il rapporto esistente fra le rivolte sociali anti-occidenta-

li e il background religioso e culturale islamico comune a molti immigrati.

L’islam si sta declinando sempre più come un fenomeno antagonista dei valori euro-

pei: a tal proposito Caldwell analizza il grado d’integrazione raggiunto dagli immigrati

musulmani accolti in Europa, mettendo in luce il totale fallimento delle relative politi-

che. La progressiva sostituzione del concetto di jus sanguinis — il diritto di sangue, in

base al quale la cittadinanza spetterebbe solo a figli di cittadini italiani — con quello di

jus soli — il diritto del suolo, per il quale la cittadinanza spetta a chiunque nasca in un

determinato territorio — ha indebolito il rapporto fra cittadinanza e appartenenza etnica,

religiosa e culturale.

Le recenti proposte di cittadinanza take-away lanciate da politici europei, sia di de-

stra che di sinistra, testimoniano la pericolosa superficialità delle politiche immigratorie.

Caldwell non manca di sottolineare quanto sia ormai vacuo il concetto d’integrazione: il

fallimento del multi-culturalismo, sia britannico sia francese sia tedesco, è sotto gli oc-

chi di tutti. L’unica strada che l’Europa può imboccare per dare avvio a una nuova poli-

tica immigratoria è quella dell’assimilazione, punto d’arrivo di un percorso di inte-

grazione e di adattamento sociale e culturale serio e organico. Lo scrittore statunitense

cita a tal proposito l’ex ministro dell’Interno tedesco, Otto Schily, secondo cui «la for-

ma migliore di integrazione [...] è l‟assimilazione» (p. 167). Non basta infatti che un

immigrato si limiti a rispettare le leggi dello stato ospitante: per avere le carte in regola

per ottenere la cittadinanza ogni straniero deve riuscire ad adattare i suoi usi e costumi

originari alla realtà del paese che lo accoglie. È necessario ricercare un parametro di

compatibilità fra l’identità, la religione e la cultura dell’immigrato e quelle della società

ospitante: questo è lo sforzo che l’Europa sembra avere ignorato finora.

Questo discorso assume un’importanza assai rilevante nell’ambito dell’analisi dei

rapporti fra l’islam e la società europea: «L‟islam è sempre stato inteso come identità

forte che caratterizza ogni aspetto della vita del credente e riduce all‟irrilevanza qual-

siasi altro legame di minore importanza» (p. 173). In un’Europa alle prese con un mon-

tante relativismo e con una cronica crisi d’identità la presenza dell’iper-identità islamica

rappresenta un serio pericolo per la conservazione di molte strutture sociali e culturali

figlie della tradizione occidentale.

Gli attentati dell’11 settembre 2001 a New York e a Washington, dell’ 11 marzo

2004 a Madrid e del 7 luglio 2005 a Londra hanno posto all’ordine del giorno del nuovo

millennio la «doppia lealtà» (p. 177) di molti islamici stabilizzatisi in Occidente. Cald-

well mette in guardia dal rischio, tutt’altro che immaginario, che dietro un’integrazione

di facciata s’insinui il morbo di un islam che in realtà non accetta nemmeno le fonda-

menta su cui si basa il vivere civile delle società ospitanti. I fatti confermano tale anali-

si: gli attentatori islamici londinesi che il 7 luglio 2005 fecero esplodere più ordigni nel-

la metropolitana di Londra, causando oltre cinquanta morti e settecento feriti, erano im-

migrati islamici di terza generazione, figli di persone a cui la Gran Bretagna aveva spa-

lancato le porte, concedendo addirittura la cittadinanza, in nome di quel mito multi-

culturale deflagrato proprio assieme a quei kamikaze.

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L’islam si sta dimostrando impermeabile ai valori e al modus vivendi occidentale ed

è falso l’assunto di chi spera che si sviluppi, a forza di convivere con le popolazioni au-

toctone, un islam europeo: i fatti dimostrano che anche i figli dei figli degli immigrati

mantengono un sovrano disprezzo verso quegli aspetti dell’Occidente da loro considera-

ti «deleteri». «È uno spettacolo quasi patetico — scrive Caldwell riferendosi a taluni

benpensanti europei — vederli in attesa che l‟islam si “modernizzi” o cessi di essere

“onnipervasivo” nella vita dei suoi praticanti» (p. 217): questo immobilismo è da a-

scrivere, ovviamente, a cause insite nella stessa weltanschauung islamica e, in parte, an-

che all’atteggiamento molto tollerante che l’Europa mostra nei confronti dell’islam stes-

so. Si assiste, giorno dopo giorno, al progressivo tentativo di molti paesi europei di mo-

dificare le proprie leggi per rendere il proprio diritto più gradito agli ospiti: questo atteg-

giamento «islamicamente corretto» (cfr. Giovanni Cantoni, Aspetti in ombra della legge

sociale dell‟islam. Per una critica della «vulgata» «islamicamente corretta», con una

Prefazione di Samir Khalil Samir S.J., Centro Studi sulla Cooperazione «Arcangelo

Cammarata», San Cataldo [Caltanissetta] 2000) non si ferma solo all’aspetto giuridico,

ma mette in discussione — sempre in nome della tolleranza e del rispetto multi-cultura-

le — uno dei cardini dell’Europa moderna, ossia la libertà di espressione. Così come av-

venne nel settembre 2005 in Danimarca, in modo plateale, per il caso delle vignette raf-

figuranti Maometto: l’islam scatenò una vera e propria rivolta mondiale contro la pub-

blicazione, definita «blasfema», di raffigurazioni satiriche che avevano come soggetto

principale il «profeta» Muhammad (570 ca.-632). Molti uomini di cultura e molti politi-

ci europei si lanciarono in vibranti arringhe a difesa della sensibilità islamica offesa e

censurarono la pubblicazione delle vignette.

«In tutte le migrazioni di massa esiste un momento di svolta in cui gli immigrati — o

i loro figli nati sul posto — smettono di abitare semplicemente nel paese che li ha accol-

ti e iniziano a plasmarlo. I nativi si aspettano che gli immigrati diventino uguali a loro,

prima che questi ultimi comincino a far sentire il proprio peso politico» (p. 266): così

Caldwell mette in guardia l’Europa dal rischio concreto d’islamizzazione silenziosa del-

la società. L’islam non risponde alla logica presunta del progressivo adattamento ai co-

stumi occidentali, ma si radicalizza ulteriormente a contatto con ogni cultura diversa.

Questo preoccupante dato va analizzato all’interno di una cornice storica di decaden-

za profonda che interessa l’Occidente — e l’Europa in particolare — in tutte le sue ma-

nifestazioni. L’annichilimento di ogni identità tradizionale non consente all’Europa di

potersi confrontare ad armi pari con le sfide globali del nuovo millennio. «L‟islam è ri-

masto a lungo nascosto, ma adesso il mondo si sta accorgendo della sua esistenza» (p.

289): l’incapacità occidentale di comprendere la mentalità dello sfidante rischia di ren-

dere pressoché vano ogni tentativo di vincere la battaglia. Proprio per questa ragione

l’Europa deve sforzarsi — sulla scorta dei saggi richiami di Papa Benedetto XVI — di

riappropriarsi di quel preziosissimo bagaglio identitario che è rappresentato dal cristia-

nesimo: senza una forte consapevolezza di sé stessa l’Europa parte sconfitta.

Emanuele Pozzolo

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Giuseppe Brienza, Identità cattolica e anticomunismo nell’Italia del do-

poguerra. La figura e l’opera di mons. Roberto Ronca, D’Ettoris, Cro-

tone 2008, pp. 244, € 18,90

Il merito della storica vittoria elettorale del mondo cattolico alle elezioni politiche del

18 aprile 1948 viene comunemente attribuito ai Comitati Civici di Luigi Gedda (1902-

2000). Sarebbe comunque ingeneroso non ricordare anche quanti — pur con un’azione

propagandistica meno diffusa e radicata territorialmente — hanno dato un contributo non

marginale all’affermazione dei cattolici. Fra questi va annoverata l’Unione Nazionale Ci-

viltà Italica, fondata da mons. Roberto Ronca (1901-1977), al quale è dedicata l’opera di

Giuseppe Brienza — dottore di ricerca presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Univer-

sità La Sapienza di Roma, che aveva già trattato il tema in Mons. Roberto Ronca «vescovo

delle carceri» (in Cristianità, anno XXII, n. 322, marzo-aprile 2004, pp. 5-11) —, Identità

cattolica e anticomunismo nell‟Italia del dopoguerra. La figura e l‟opera di mons. Rober-

to Ronca.

Il libro si apre con una Presentazione (pp. 9-12) del card. Fiorenzo Angelini, che

sottolinea come l’impegno civile e politico di mons. Ronca — da lui conosciuto negli

anni 1930, quando questi era rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore —, u-

nitamente a quello di Gedda e del gesuita Riccardo Lombardi (1908-1979), sia stato de-

finito «di destra irriducibile» (p. 10) in modo sbrigativo e semplicistico, senza alcuno

sforzo di contestualizzare gli eventi, e come una storiografia approssimativa abbia volu-

to dimenticare queste «nobili figure di sacerdoti e di laici» (p. 12).

Nella Prefazione (pp. 13-17) Marco Invernizzi, presidente dell’ISIIN, l’Istituto Sto-

rico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale, descrive l’itinerario dei cattolici nella vi-

ta politica dello Stato unitario, dall’Opera dei Congressi (1874-1904) all’Unione Eletto-

rale Cattolica Italiana (1906-1919), dal Patto Gentiloni del 1913, che sanciva attraverso

un accordo elettorale con i liberali moderati la prima forma di partecipazione politica

dei cattolici, ai Comitati Civici di Gedda. È una storia poco conosciuta, anche sottaciuta,

sia dagli esponenti della Democrazia Cristiana (DC) — che nel secondo dopoguerra si è

presentata come erede del Partito Popolare di don Luigi Sturzo (1871-1959) —, sia da

significativi esponenti della gerarchia ecclesiastica e del laicato cattolico. Mons. Ronca

appartiene alla categoria dei cattolici «sconfitti» e «silenziati», contrari a ogni apertura a

sinistra e fautori di alleanze elettorali che superassero gli interessi di un partito. Il falli-

mento di questa prospettiva è la diretta conseguenza di una battaglia culturale persa,

quella «[...] conservatrice e ostile al processo rivoluzionario che anche in Italia ha at-

traversato il Risorgimento, il fascismo e gli anni successivi alla seconda guerra mon-

diale» (p. 17). Ma la prospettiva di mons. Ronca non è andata perduta e può essere riva-

lutata come profetica nella nuova situazione politica creatasi dopo gli avvenimenti del

1989.

Nella Premessa (pp. 19-23) l’autore espone le finalità del suo studio: ricostruire la

biografia di mons. Ronca, dare un contributo alla storia dei movimenti politici nati nel

secondo dopoguerra; e «[...] “rendere giustizia” ad un gruppo di cattolici italiani [...] i

quali, negli anni cruciali della ricostruzione della nostra patria, hanno contribuito alla

salvaguardia delle libertà civili di cui ancora oggi godiamo, minacciate allora dalla

prorompente avanzata del fronte social-comunista» (p. 19).

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Nato il 23 febbraio 1901 a Roma — si legge nel capitolo I, La vita (pp. 25-57) —

Roberto Ronca si laurea in ingegneria nel 1923 all’Università La Sapienza. La sua è una

vocazione adulta, favorita dalla frequentazione degli ambienti gesuitici della capitale e

dalla meditazione de L‟anima di ogni apostolato, dell’abate cistercense Jean-Baptiste

Chautard (1858-1935): entra, infatti, nel Seminario Maggiore nell’ottobre del 1926 e

viene ordinato sacerdote due anni dopo. Apprezzato nella funzione di Aiutante di Studio

nella Congregazione concistoriale, l’odierna Congregazione per i Vescovi, a soli trenta-

due anni diventa rettore del Seminario Maggiore, dove s’impegna soprattutto ad assicu-

rare ai futuri sacerdoti un’intensa formazione intellettuale e spirituale: la società poteva

ritornare a Dio solo se si fossero combattuti «il laicismo, l‟ignoranza religiosa, la dissi-

pazione» (p. 31) e il clero fosse stato «all‟avanguardia del movimento spirituale della

nazione» (ibidem).

Assistente dell’Associazione Romana Universitaria di Azione Cattolica dal 1931 al

1933 e del Circolo Romano FUCI, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana in so-

stituzione di monsignor Giovan Battista Montini (1897-1978), il futuro Papa Paolo VI

(1963-1978), si scontra con le tendenze neomodernistiche presenti nelle associazioni

cattoliche romane e con la diffusione di una nuova cultura aperta alle istanze del cattoli-

cesimo democratico e non insensibile alle sirene del marxismo. Preoccupazione non in-

fondata, se è vero che in quel periodo negli ambienti cattolici della capitale «[...] nasce-

va la “Sinistra cristiana”, o “partito cattolico-comunista”» (p. 35), di cui era esponente

di rilievo Franco Rodano (1920-1983). Mons. Ronca agisce con grande risolutezza e

viene accusato di autoritarismo, anche se come educatore si muove «[...] nel solco della

tradizione, ma modernizzando ciò che poteva esserlo senza intaccare il senso della di-

sciplina e i metodi di formazione» (p. 38). Non gli viene risparmiata neanche l’accusa di

bigottismo, a causa del suo continuo invito ai giovani alla pratica delle forme devozio-

nali popolari delle «coroncine, novene, giaculatorie» (p. 42).

Durante l’occupazione tedesca di Roma, nel 1943-1944, accoglie nell’edificio extra-

territoriale del Laterano, sede del Seminario Maggiore, molti ricercati per motivi politici

e fonda alcune associazioni caritative — l’Aiuto Cristiano e l’Ente Distribuzione Ali-

menti e Manufatti — per distribuire viveri, indumenti e medicinali a prezzi molto con-

venienti. Non meno significativa è la sua azione in favore degli ebrei perseguitati e la

premura verso l’ex rabbino capo di Roma Israel Zolli (1881-1956), ostracizzato dalla

comunità ebraica dopo la sua clamorosa conversione al cattolicesimo, che, grazie all’in-

teressamento di mons. Ronca, riceve solidarietà morale e materiale anche mediante il

conferimento di una cattedra all’Università La Sapienza.

Il secondo capitolo (pp. 59-127) — L‟«Unione Nazionale Civiltà Italica» (1946-

1955) — descrive la nascita, il programma e le iniziative del movimento fondato da

mons. Ronca, anche alla luce delle preoccupazioni di Papa Pio XII (1939-1958) per le

sorti dell’Italia in quel pericoloso frangente storico, ed evidenzia i contesti ecclesiali e

politici in cui il medesimo opera, i contrasti suscitati in seno al mondo cattolico e le bat-

taglie culturali affrontate. Dopo le elezioni per l’Assemblea Costituente, nel giugno del

1946, dove i partiti d’ispirazione marxista avevano ottenuto il 39,6 per cento contro il

35,2 per cento dei democristiani, che avevano mostrato forti carenze culturali, propa-

gandistiche e organizzative, mons. Ronca — dopo numerosi incontri con i gesuiti padre

Lombardi e padre Giacomo Felice Martegani (1902-1981), direttore de La Civiltà Cat-

tolica — fonda nel gennaio 1947 il nuovo organismo con lo scopo di «orientare co-

scienze e propositi per la tutela dei principi fondamentali della civiltà e dell‟ordine cri-

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stiano» (p. 63). Civiltà Italica si presenta dunque come un movimento apartitico, volto

alla difesa dell’ordine sociale cristiano, secondo l’insegnamento cattolico tradizionale,

proposto in particolare dal gesuita Luigi Taparelli d’Azeglio (1793-1862). Il movimento

si radica in ogni capoluogo di provincia e nei maggiori comuni, organizzando «convegni

di studio, dibattiti pubblici, giornali parlati, conferenze su problemi politici, economici,

sociali e di attualità, comitati d‟intesa, manifestazioni artistiche e ricreative, concerti,

itinerari turistici, mostre d‟arte [...] opere sindacali, ricreative, economiche, assisten-

ziali» (p. 67).

Il prelato romano crea all’interno di Civiltà Italica anche una Commissione politica,

ai cui lavori vengono invitati, per esaminare determinate questioni politiche, singoli e-

sponenti democristiani e dei movimenti e partiti del centro-destra — il Partito Liberale

Italiano, il Fronte dell’Uomo Qualunque e il Partito Nazionale Monarchico —, che si ri-

conoscevano nelle tradizioni morali cattoliche da porre a base dell’opera di governo.

Manifestamente ostile all’iniziativa si mostra l’Azione Cattolica, sia a livello di presi-

denza generale che di singoli esponenti, per i quali Civiltà Italica avrebbe minato la

compattezza dei cattolici, ingenerando confusione e disorientamento tra i fedeli. L’opi-

nione della dirigenza nazionale dell’Azione Cattolica però, non viene da tutti accolta e,

in particolare nel Mezzogiorno, giungono a mons. Ronca numerose adesioni. Non può

essere condiviso il giudizio di quanti vedono in Civiltà Italica un movimento carente di

uomini capaci di elaborare programmi politici. Mons. Ronca non pensa a un movimento

di massa ma alla formazione di una élite di personalità — e le collaborazioni e la qualità

umana e professionale delle adesioni lo stavano a dimostrare —, una «unione di uomini:

non di masse» (p. 85), come recitava il motto del movimento. Quanto al programma,

vengono affrontate le principali emergenze della vita sociale, dall’agricoltura all’emi-

grazione, dall’università alla difesa della funzione sociale della proprietà. Molto incisiva

è la propaganda anticomunista, che si basa sullo studio del marxismo-leninismo e delle

condizioni di vita sotto i regimi socialcomunisti. Mons. Ronca — animatore del setti-

manale anticomunista Fronte Est, che tirava più di cinquantamila copie — si prodiga

anche in attività riservate volte a favorire i resistenti anticomunisti o a organizzarne la

fuga in Occidente.

Il terzo capitolo, Civiltà Italica nell‟Italia del centrismo (pp. 129-152), descrive

l’impegno di mons. Ronca per «[...] orientare verso un più deciso anticomunismo la

D.C., onde spostarla dalla sua collocazione centrista [...] ad un rapporto con le destre»

(pp. 131-132). Questa linea incontra il favore del card. Alfredo Ottaviani (1890-1979),

dal 1953 pro-segretario della Congregazione del Santo Uffizio, decisamente contrario al

collateralismo con la DC, perché a suo avviso la civiltà cristiana poteva essere salvata

dal pericolo comunista con un’alleanza politica che andasse oltre il partito di Alcide De

Gasperi (1881-1954). A questa impostazione si oppone invece il sostituto alla Segreteria

di Stato, monsignor Montini, «favorevole ad un‟autonoma qualificazione del laicato ed

alla mediazione del partito cattolico» (p. 133). Mons. Ronca sostiene prima l’impegno

del Fronte dell’Uomo Qualunque di Gugliemo Giannini (1891-1960), quindi la collabo-

razione fra il Movimento Sociale Italiano (MSI) guidato da Augusto De Marsanich

(1893-1973) e il Partito Nazionale Monarchico, di cui è segretario Alfredo Covelli

(1914-1998). L’accordo fra i due schieramenti viene premiato alle elezioni amministra-

tive del 1951, aprendo la strada a una possibile saldatura fra queste due forze politiche e

la minoranza di destra interna alla DC. Covelli chiede a Civiltà Italica una collaborazio-

ne per lavorare alla pacificazione nazionale e per un «anticomunismo positivo» (p. 151),

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ma tale prospettiva naufraga a causa sia dell’opposizione di gran parte della DC sia per

la polemica di Giorgio Almirante (1914-1988) — segretario del MSI dal 1946 al 1950 e

dal 1969 al 1987 — contro i monarchici, accusati di essere gli eredi di quanti avevano

causato la fine del regime fascista.

Il quarto capitolo tratta de La mobilitazione di Civiltà Italica nelle elezioni del 18

aprile 1948 (pp. 153-157), la cui opera propagandistica spazia dall’affissione di manife-

sti all’invio di lettere a enti, organizzazioni e associazioni, e all’utilizzo della radio e del

cinematografo. Il movimento di mons. Ronca non riceve contributi dal Vaticano, ma

può contare sulle offerte raccolte in occasioni di viaggi negli Stati Uniti d’America or-

ganizzati da aderenti e simpatizzanti del movimento. Al termine di questa mobilitazio-

ne, il 21 giugno 1948, mons. Ronca, anche per «la meritoria attività da lui svolta» (p.

156), viene elevato alla dignità vescovile in partibus infidelium con il titolo di arcive-

scovo di Lepanto e gli viene assegnata la prelatura del santuario di Pompei, in provincia

di Napoli.

Il quinto capitolo — Mons. Ronca, Prelato di Pompei (1948-1955) (pp. 159-172) —

confuta l’ipotesi che tale nomina fosse stata caldeggiata da monsignor Montini e da am-

bienti filo-democristiani per allontanare da Roma un prelato scomodo. Infatti mons.

Ronca anche a Pompei continua ad occuparsi di questioni politiche, avendo avuto dal

Pontefice l’autorizzazione a continuare l’opera di Civiltà Italica. Non si tratta dunque di

una promozione per allontanare l’interessato da Roma bensì del coronamento del suo

fervore mariano sempre manifestato nei quindici anni di rettorato in Laterano; significa-

tiva in tal senso è l’affermazione resa da Papa Pio XII al termine dell’udienza privata

concessa a mons. Ronca il giorno dopo la consacrazione episcopale: «Ci siamo tolti un

tesoro per darlo a Pompei» (p. 162).

Nella città campana mons. Ronca favorisce alle elezioni comunali del 1952 la costi-

tuzione e la vittoria di una lista civica denominata Lista Bartolo Longo, fondata sull’ap-

parentamento dei partiti di centro-destra. La sua fiera politica antidegasperiana gli pro-

cura non poche inimicizie, anche negli ambienti della Segreteria di Stato. L’accusa di

aver contratto «[...] un mutuo di 50 milioni sui beni di Pompei» (p. 167) — imputazione

poi dimostratasi infondata, così come si erano rivelate ingiustificate altre calunnie sul

suo conto — ne determina, il 20 dicembre 1954, il richiamo a Roma. Sarà poi riabilitato

da Papa Pio XII, che lo nomina canonico di San Pietro, e da Papa Giovanni XXIII

(1958-1963), che riteneva l’allontanamento di mons. Ronca da Pompei «[...] un errore

che tutti hanno riconosciuto» (p. 172).

Il sesto capitolo, Mons. Ronca, l‟M.S.I. e l‟ «Operazione Sturzo» (pp. 173-194), met-

te in luce la complessità del rapporto fra il MSI e Civiltà Italica e il ruolo da questa svol-

to in occasione delle elezioni amministrative romane del 1952. Mons. Ronca ha intensi

rapporti con De Marsanich, che più volte aveva dichiarato di voler estromettere dal par-

tito gli anticlericali e di auspicare la collaborazione di tutte le forze anticomuniste. Il

presule, nel 1952, in occasione della discussione del disegno di legge sostenuto dal mi-

nistro degli Interni Mario Scelba (1901-1991), sul divieto di ricostituzione del partito

fascista, ottiene dai vertici del MSI «[...] notevoli impegni di moderazione e di cattolici-

tà» (p. 175). L’intervento di De Gasperi — contrario alla collaborazione con le destre e

sordo alle sollecitazioni provenienti dagli ambienti vaticani — determina un irrigidi-

mento politico del MSI. Tuttavia la destra cattolica nelle località del Mezzogiorno a li-

vello amministrativo favorisce accorpamenti elettorali con i monarchici, conquistando

numerosi comuni. Forte di questi successi, mons. Ronca accentua ancor di più la critica

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alla DC, che a suo parere doveva essere costituita da «uomini di maggior fedeltà alla

gerarchia somma e periferica della Chiesa» (p. 178).

E proprio questa mancanza di fedeltà alle direttive della gerarchia determina il falli-

mento della cosiddetta «Operazione Sturzo» — suggerita da mons. Ronca —, cioè la

candidatura alle elezioni amministrative di Roma del 1952 del sacerdote di Caltagirone

alla guida di una coalizione di forze anticomuniste raggruppate in un’unica lista. L’op-

posizione dei presidenti centrali dell’Azione Cattolica e le critiche di De Gasperi fanno

naufragare l’iniziativa; commentando la vicenda, Pio XII dirà a Gedda che l’Azione

Cattolica non stava più collaborando con la Chiesa ma con la DC. Mons. Ronca rafforza

così la propria convinzione che la DC fosse rappresentata da uomini di scarso acume

politico e di carente struttura politico-morale. Nel 1953 si dichiara favorevole al gover-

no del democristiano Giuseppe Pella (1902-1981), appoggiato dai monarchici e favorito

dall’astensione dei missini, ma il timore di un allargamento del quadro politico ad altre

formazioni causa un forte dissenso interno alla Dc e con esso la caduta del governo. Con

sano realismo politico mons. Ronca si attiva pure nel gennaio del 1954, chiedendo ad

esponenti del MSI l’astensione per favorire la nascita del governo monocolore di Amin-

tore Fanfani (1908-1999). L’imminente congresso democristiano di Napoli, nel giugno

1954, spinge mons. Ronca a fondare un nuovo giornale, La Tribuna d‟Italia, dalle cui

colonne ripropone con vigore la leadership di Pella. Non bastano né l’opposizione da

parte di democristiani di destra — in particolare di Pella e di Giuseppe Togni (1903-

1981) —, né l’appoggio de La Civiltà Cattolica: al congresso, grazie anche all’atteggia-

mento favorevole di De Gasperi, esce vincitrice la corrente d’Iniziativa Democratica, fa-

cente capo a Benigno Zaccagnini (1912-1989), che raccoglie le correnti di sinistra.

Il settimo capitolo (pp. 195-215), Fine ed «eredità» di Civiltà Italica: le riviste e le

iniziative giornalistiche del movimento di mons. Ronca (1945-56), illustra le ragioni del-

l’eclissi della prospettiva politica del prelato romano, ma espone anche il suo lascito nel

campo della comunicazione giornalistica. Fra le prime va annoverato il rifiuto dell’A-

zione Cattolica Italiana di appoggiare le iniziative di Civiltà Italica. Lo stesso presidente

degli Uomini di Azione Cattolica, Luigi Gedda, nel 1947, prima della costituzione dei

Comitati Civici — che con Civiltà Italica avevano non pochi punti in comune, sia dal

punto di vista politico-religioso che da quello organizzativo — manifesta a Papa Pio XII

delle riserve sull’opportunità di appoggiare il movimento di mons. Ronca, preferendo

una riedizione dell’Unione Elettorale Cattolica Italiana (1906-1919). Pesa inoltre la va-

lutazione negativa più volte espressa dal sostituto alla Segreteria di Stato, monsignor

Montini, sulle iniziative di mons. Ronca. Dopo la vittoria del 18 aprile, la consolidata

linea dell’unità politica dei cattolici attorno alla DC — della quale si erano convinti

molti ecclesiastici anche di tendenze conservatrici — e l’attribuzione dei meriti maggio-

ri ai Comitati Civici chiudono a Civiltà Italica ulteriori possibilità di sviluppo.

Fra le eredità lasciate dal movimento vi è la convinzione che, per la realizzazione di

uno «Stato cattolico», occorre essere ben rappresentati nel mondo della comunicazione.

Mons. Ronca interviene per evitare la chiusura de Il Messaggero, fonda l’Agenzia Ro-

mana Informazioni, pubblica dal 1950 al 1954 la rivista Civiltà Italica. Mensile di studi

politici economici sociali e il settimanale di propaganda L‟Italiano. Periodico per la

borghesia italiana. La prima rivista, che ospitava prestigiose firme — fra cui Enrico

Mattei (1906-1962), Umberto Tupini (1889-1973) Guglielmo Giannini, Luigi Stefanini

(1891-1956), il futuro cardinale Pietro Palazzini (1912-2000) —, valorizza e difende la

grande tradizione giuridica italiana e indica come la giustizia sociale dovesse essere per-

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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seguita senza limitare la libertà delle persone, in particolare quella economica, da salva-

guardare nei confronti dello Stato imprenditore. Su L‟Italiano gli avvenimenti nazionali

e internazionali sono trattati in brevi articoli e in forma apertamente propagandistica —

fra i temi ricorrenti, l’anticomunismo, l’antipartitismo, la critica alla prospettiva marxi-

sta dei sindacati politicizzati, il sinistrismo della DC, l’italianità di Trieste — ma tenen-

do sempre saldi due princìpi: «la fede cattolica e l‟interesse dell‟Italia» (pp. 213-214).

L’ottavo capitolo, Mons. Ronca «vescovo nelle carceri» e la rivoluzione del „68 (pp.

217-226), mette in risalto la sensibilità pastorale del presule in un ambiente d’apostolato

particolarmente difficile e il confronto con l’emergente cultura libertaria e permissiva e

con la temperie seguente allo svolgimento del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-

1965). Nominato da Papa beato Giovanni XXIII ispettore capo dei cappellani delle car-

ceri italiane, mons. Ronca si ispira, per la sua pastorale, a Pio XII e alla «“spiritualità di

san Disma”, ossia il ladrone pentito crocifisso alla destra di Cristo, molto cara a quel

Papa» (p. 218). Al riguardo, nel 1968 fonda un periodico, Itinerari, per formare i cap-

pellani delle carceri e illustrare il significato tradizionale della pena carceraria. Nel cor-

so dei lavori del Concilio sostiene il primato di Pietro contro le riaffioranti tendenze

conciliariste, auspica una maggiore diffusione della devozione mariana, contrastando

ogni riduzionismo della figura della Madonna all’interno della Chiesa, e difende i cano-

ni tradizionali della vita di perfezione sacerdotale o religiosa.

Nella Conclusione (pp. 227-228) l’autore evidenzia che la parabola discendente di

mons. Ronca e di quanti ne avevano condivisi ideali e strategie politiche, in particolare

padre Martegani, ha avuto inizio dalla rottura con De Gasperi nel luglio del 1952: da al-

lora Civiltà Italica — espressione di un orientamento maggioritario nel mondo cattolico

italiano durante la ricostruzione postbellica — perde rilievo e peso politico, e il suo

blocco d’ordine cattolico, auspicato ma mai diffusamente realizzato, si esaurisce con

l’affermazione del disegno montiniano in campo ecclesiale e delle correnti di centrosi-

nistra in seno alla DC. Va comunque difeso dall’oblio questo ecclesiastico italiano, che,

come ha ricordato il card. Palazzini, è stato «sempre e solo Vescovo cattolico in un con-

testo storico non facile della Chiesa» (p. 228). Ancorato alle devozioni tradizionali, egli

ha contribuito alla conservazione della devozione mariana, esaltandola nelle regole delle

due congregazioni da lui fondate, gli Oblati e le Oblate della Madonna del Rosario.

Paolo Martinucci

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Ho combattuto la buona battaglia (2 Timoteo 4, 7)

La buona battaglia

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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Magistero

Camposanto (Modena), 3 marzo 2010. Nel salone della parrocchia di San Nicola di

Bari, organizzato da Scienza & Vita Modena, si è tenuto un incontro su La «Caritas in

veritate» di Benedetto XVI e l’attuale dibattito bioetico. Presentato dal parroco, don

Walter Tardini, ha trattato l’argomento l’avvocato Paride Casini, di Alleanza Cattolica,

vicepresidente dell’organismo promotore.

Roma, 20 marzo 2010. Nel Teatro Studio dell’Auditorium del Parco della Musica, or-

ganizzato dall’UNITALSI, l’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e

Santuari Internazionali, e da Alleanza Cattolica, si è tenuto un convegno sul tema Carità

contro Avidità. Benedetto XVI e l’enciclica «Caritas in veritate». Dopo l’intervento del

dottor Antonio Diella e dell’avvocato Salvatore Pagliuca, rispettivamente presidente e

vicepresidente nazionale dell’UNITALSI, di fronte a un pubblico di circa duecento per-

sone, ha trattato l’argomento il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, diret-

tore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. L’iniziativa è stata annunciata

e ha avuto eco sui mass media nazionali.

Sassuolo (Modena), 7 aprile 2010. Nella parrocchia di Sant’Antonio di Padova, orga-

nizzato dagli Amici di Medjugorje in collaborazione con Alleanza Cattolica, con la Fon-

dazione Gesù Misericordioso Onlus e con la parrocchia stessa, con il patrocinio del Co-

mune, si è tenuto un incontro dal titolo «Caritas in veritate»: «Per una società a misura

d’uomo e secondo il piano di Dio», ultimo di un Ciclo di incontri sull’Enciclica di Be-

nedetto XVI. Presentato dal parroco, don Alcide Mariotti, ha trattato l’argomento l’avvo-

cato Fabio Sciascia, di Alleanza Cattolica. Gl’incontri precedenti, tutti con lo stesso pre-

sentatore e con relatori di Alleanza Cattolica, si sono tenuti il 3 marzo, relatore Massimo

Introvigne, su Carità contro avidità. Benedetto XVI e l'enciclica «Caritas in veritate»; il

10, relatore l’avvocato Paride Casini, su La «Caritas in veritate» nell'attuale dibattito

bioetico. Il senso del vivere; e il 17, relatore il dottor Marco Invernizzi, su La «Caritas

in veritate» nella dottrina sociale della Chiesa. L’iniziativa è stata annunciata con l’af-

fissione di locandine.

Pedace (Cosenza), 15 aprile 2010. Nella Sala Consiliare del Comune, organizzato dalle

ACLI, le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, Alleanza Cattolica, Azione Cattoli-

ca e la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo, si è tenuto un incontro su Le responsabilità

dei cristiani in campo sociale. Conversazione sulla «Caritas in veritate». Dopo i saluti

del parroco, don Tullio Scancello, e del sindaco, Salvatore Martire, presentati da Aldo

Pisano di Azione Cattolica Giovani, sono intervenuti il magistrato Domenico Airoma, di

Alleanza Cattolica, l’avvocato Pio Micieli, componente della presidenza provinciale

delle ACLI, Concettina Pirillo, vicepresidente diocesana di Azione Cattolica, e il dottor

Franco Sergio, presidente provinciale del Forum delle Famiglie. L’iniziativa è stata an-

nunciata e ha avuto eco sui mass media locali.

La Valletta (Malta), 17 aprile 2010. Nella sede del Movimento Azione Nazionale or-

ganizzata dal movimento Gioventù, in collaborazione con Alleanza Cattolica, si è tenuta

una giornata di studio dal titolo Aspettando il Papa. Benedetto XVI, l’Europa, la speran-

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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za, in preparazione alla visita del Pontefice Benedetto XVI. Dopo la recita del Rosario,

presentato dal presidente del movimento promotore, Edric Micallef Figallo, ha trattato i

temi il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Cen-

tro Studi sulle Nuove Religioni.

Torino, 2 maggio 2010. Soci di Alleanza Cattolica e amici di Cristianità hanno reso o-

maggio, anche con bandiere e striscioni, a Papa Benedetto XVI in occasione della sua

visita.

Palermo, 7 maggio 2010. Nella Cappella di Santa Barbara presso il Pantheon di San

Domenico, organizzato dall’Associazione Culturale Identità Giovane e da Alleanza Cat-

tolica, si è tenuto un incontro sull’enciclica Caritas in veritate. Presentato da Salvatore

Zinnanti, di Alleanza Cattolica, ha trattato l’argomento don Pietro Cantoni, moderatore

dell’OMME, l’Opus Mariae Matris Ecclesiae. Ha concluso don Giuseppe Di Giovanni,

parroco di San Basilio.

Torino, 14 maggio 2010. In diretta da Terrazza Solferino a Torino il dottor Massimo

Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove

Religioni, ha partecipato a una puntata della trasmissione Mattino 5, condotta dal gior-

nalista dottor Paolo Del Debbio in onda su Canale 5 e dedicata al pellegrinaggio aposto-

lico a Fatima di Papa Benedetto XVI.

Crotone, 19 maggio 2010. Nella Basilica Cattedrale, organizzato dall’arcidiocesi di Cro-

tone-Santa Severina, si è tenuto un incontro della Cattedra Ratzinger dal titolo La dottrina

sociale e l’identità di genere. Introdotto dall’avvocato Giancarlo Cerrelli, di Alleanza

Cattolica, presidente provinciale dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, ha trattato l’argo-

mento il dottor Marco Invernizzi, pure di Alleanza Cattolica, conduttore di Radio Ma-

ria. Ha concluso l’arcivescovo S. E. mons. Domenico Graziani. L’iniziativa è stata an-

nunciata e ha avuto eco sui mass media locali.

Torino, 26 maggio 2010. Presso la Galleria d’Arte Moderna, organizzato dalla Fami-

glia Vincenziana in occasione delle celebrazioni per il 350° anniversario della morte di

san Vincenzo de’ Paoli (1581-1660) e di santa Luisa de Marillac (1591-1660), si è tenu-

to un convegno dal titolo La Carità è sempre giovane. E lo dimostra anche l’enciclica

«Caritas in veritate» di Benedetto XVI. Presentati dal giornalista e diacono dottor Gior-

gio Agagliati, sono intervenuti padre Erminio Antonello C.M., visitatore dei Missionari

di San Vincenzo della Provincia di Torino, che ha pure presentato un video da lui realiz-

zato su san Vincenzo de’ Paoli, e il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica,

direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. L’iniziativa è stata an-

nunciata sui mass media locali.

Alleanza Cattolica

Crotone, 12 marzo 2010. Nella cappella dell’arcivescovo di Crotone-Santa Severina, S.

E. mons. Domenico Graziani, si è svolta la cerimonia d’ingresso di nuovi soci in Alle-

anza Cattolica, introdotta da Giovanni Cantoni, reggente dell’associazione, e conclusa

dall’arcivescovo stesso.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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Patti (Messina), 17 marzo 2010. Nella rubrica La verità vi farà liberi, in onda su Radio

Tindari, il dottor Luca Basilio Bucca ha intervistato Giovanni Cantoni, direttore di Cri-

stianità, su La storia di Alleanza Cattolica nel cinquantenario della prima attività pub-

blica.

Apologetica

Crotone, 12 marzo 2010. Nel Salone Sant’Agostino della parrocchia di Santa Rita, orga-

nizzato dall’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina, si è tenuto un incontro della Cattedra

Ratzinger dal titolo La Chiesa e la Storia. Introdotto dall’avvocato Giancarlo Cerrelli, pre-

sidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani di Crotone, ha trattato l’argomento Giovanni

Cantoni, direttore di Cristianità. Ha concluso l’arcivescovo S. E. mons. Domenico Gra-

ziani. Fra i presenti, don Franco Lonetti, parroco della chiesa ospitante. L’iniziativa è stata

annunciata con manifesti e la diffusione di volantini e ha avuto eco sui mass media locali.

Modena, 20 marzo 2010. Presso la parrocchia dello Spirito Santo, organizzato

dal Centro Culturale Cattolico Il Faro, si è tenuto un incontro su I totalitarismi del XX

secolo e il Magistero della Chiesa, ultimo di un ciclo sul tema Le leggende nere: un rie-

same storico alla luce della verità. Presentato da Giuliano Bursi, del Centro promotore,

ha trattato l’argomento il dottor Marco Invernizzi, di Alleanza Cattolica, redattore de il

Timone. Mensile di informazione e formazione apologetica. Gl’incontri precedenti, tutti

con lo stesso presentatore, si sono tenuti il 23 gennaio, relatore il dottor Andrea Arnaldi,

pure di Alleanza Cattolica, su Le Crociate; il 6 febbraio, relatore lo scrittore e giornali-

sta dottor Rino Cammilleri su L’inquisizione e il caso Galileo; il 20, relatore il giornali-

sta e saggista dottor Mario Arturo Iannaccone su I conquistadores e le civiltà precolom-

biane; e il 6 marzo, relatore il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, diretto-

re del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. su La rivoluzione francese. A

tutti gl’incontri ha presenziato il parroco, don Giorgio Bellei. L’iniziativa è stata annun-

ciata sui mass media locali.

Lecce, 26 marzo 2010. Organizzato da Alleanza Cattolica in collaborazione con Dadà

Librerie, nei locali della stessa, nell’ambito del ciclo d’incontri dal titolo Quaresima in

libreria, si è tenuto un incontro dal titolo Resurrezione: Dio è cattolico?, di presenta-

zione dell’omonima opera di Rino Camilleri, edita da Lindau. Presentato dal dottor Sal-

vatore Calasso, di Alleanza Cattolica, ha trattato l’argomento il dottor Roberto Cavallo,

della medesima associazione. Il 13 si è tenuto il primo incontro sul tema Il Giovedì San-

to: forma e contenuto della S. Messa, presentazione dell’opera di Joseph Ratzinger-Be-

nedetto XVI Davanti al protagonista. Alle radici della liturgia, edita da Cantagalli, rela-

tore il dottor Giuseppe Capoccia, vicecapo del Settore Legislativo del Ministero della

Gioventù. Il 20 si è tenuto il secondo incontro sul tema Il Venerdì Santo: chi ha paura

del Crocifisso?, relatore l’avvocato Francesco Cavallo, dottorando di ricerca in Diritto

Costituzionale Comparato. Gl’incontri del 13 e del 20 sono stati presentati da Vincenzo

Pitotti, di Alleanza Cattolica. L’iniziativa è stata annunciata con l’affissione di locandi-

ne e sui mass media locali.

Torino, 15 maggio 2010. Nella sala convegni di Terrazza Solferino, organizzato da Al-

leanza Cattolica, si è tenuto un incontro di presentazione dell’opera di Rita Coruzzi Un

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volo di farfalla. Come la fede mi ha ridato il sorriso, edita da Piemme. Introdotti da

Giovanni Maria Leotta, dell’organismo promotore, sono intervenuti Andrea Ronco, vo-

lontario dell’Opera Mensa del povero, e l’autrice.

Pedofilia

Roma, 23 marzo 2010. Nel corso del programma Uno Mattina, in onda su RAI Uno,

condotto da Michele Cucuzza ed Eleonora Daniele, padre Federico Lombardi S.J., por-

tavoce della Sala Stampa Vaticana, e il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattoli-

ca, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, hanno presentato la

Lettera ai cattolici d’Irlanda di Papa Benedetto XVI.

Roma, 11 aprile 2010. Nel corso del programma Uno Mattina in onda su RAI Uno, la

giornalista Monica Marangoni ha intervistato il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza

Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, in tema di pe-

dofilia e sacerdoti cattolici.

Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), 18 aprile 2010. Soci e amici di Alleanza Catto-

lica hanno diffuso davanti alle chiese principali un volantino dal titolo Noi stiamo con il

Papa contro falsità, mistificazioni e calunnie. L’iniziativa è stata ripetuta anche dome-

nica 25 e ha avuto eco sui mass media locali.

Torino, 21 aprile 2010. Nel corso della trasmissione Balon, in onda su Quartarete, si è

tenuta una tavola rotonda sul tema I rapporti tra Chiesa e società, morale cristiana e

mondo contemporaneo, con particolare riferimento alle accuse che hanno investito e-

sponenti della Chiesa per episodi di pedofilia. Sono intervenuti il dottor Igor Boni, se-

gretario dell’Associazione Radicale Adelaide Aglietta, Enzo Pasqualetto, esponente del-

l’Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti, don Orazio Anselmi, missionario della

Consolata, e l’avvocato professor Mauro Ronco, di Alleanza Cattolica.

Gubbio (Perugia), 23 aprile 2010. Presso l’Hotel Beniamino Ubaldi, organizzato dal-

l’Associazione Culturale Benedetto XVI, si è tenuto un incontro sul tema Pedofilia nel-

la Chiesa? L’intervento del Papa e l’attacco della lobby laicista. Presentato dal presi-

dente dell’associazione promotrice, professor Luigi Girlanda, e dopo un intervento di

don Claudio Crescimanno, del clero diocesano, che ha portato il saluto del vescovo S. E.

mons. Mario Ceccobelli, ha trattato l’argomento il dottor Massimo Introvigne, di Alle-

anza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. L’iniziati-

va è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.

Caselette (Torino), 6 maggio 2010. Organizzato dalla Gioventù Ardente Mariana nella

propria sede, si è tenuto un incontro sul tema Preti pedofili e attacchi alla Chiesa. Pre-

sentato dal professor Giovanni Ravalli a nome del movimento promotore, ha trattato

l’argomento il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR,

il Centro Studi sulle Nuove Religioni.

Genova, 27 maggio 2010. Presso la Parrocchia del Sacro Cuore e di San Giacomo di

Carignano, organizzato da Alleanza Cattolica, si è tenuto un incontro sul tema Pedofilia

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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anche nella Chiesa? Il dolore del Papa e l’attacco della lobby laicista. Presentato dal

dottor Carlo Martelli, del Consiglio Pastorale, di fronte a circa duecento persone, ha

trattato l’argomento il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del

CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. Fra i presenti il parroco, don Rocco

De Nisi, il responsabile diocesano della Pastorale Giovanile don Guido Gallese, i consi-

glieri regionali dottor Matteo Rosso, dottoressa Raffaella Della Bianca e dottor Aldo Si-

ri, il consigliere comunale dottor Stefano Balleari, i consiglieri municipali dottoressa

Roberta Bergamaschi e Alberto Loi, e l’avvocato Stefano Marletta, responsabile regio-

nale dell’Associazione Famiglie Numerose. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto

eco sui mass media nazionali.

Pie pratiche

Crotone, 30 marzo 2010. Nella rettoria dell’Immacolata, organizzata da Alleanza Cat-

tolica, dall’Apostolato della Preghiera e dall’Unione Giuristi Cattolici Italiani, si è svol-

ta la pia pratica della Via Crucis. Ha introdotto e concluso il rettore, monsignor Giusep-

pe Covelli.

Ferrara, 1° aprile 2010. Nella chiesa di Santa Chiara delle Cappuccine, organizzata da

Alleanza Cattolica e dal Circolo di Cristianità, si è tenuta una Via Crucis in riparazione

dei peccati sociali.

Torino, 1° maggio 2010. Organizzato da Alleanza Cattolica, si è tenuto un pellegrinag-

gio nazionale alla Sacra Sindone. Gli oltre trecento partecipanti si sono ritrovati all’Isti-

tuto Faà di Bruno, dove don Pietro Cantoni, moderatore dell’Opus Mariae Matris Eccle-

siae, ha celebrato la Messa. Introdotto da Giovanni Cantoni, dell’associazione promotri-

ce, l’ingegner Francesco Barbesino, del medesimo organismo, ha presentato la storia e

le caratteristiche salienti della Sindone.

Torino, 9 maggio 2010. Presso l’Istituto Faà di Bruno Alleanza Cattolica ha accolto un

gruppo di pellegrini alla Sacra Sindone di Modena, di Sassuolo, in provincia di Modena,

e di Parma. Il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, ha illustrato i luoghi de-

vozionali della Torino cattolica, oggetto di una visita pomeridiana guidata dalla profes-

soressa Silvia Scaranari, della medesima associazione.

Crotone, 16 maggio 2010. Soci e amici di Alleanza Cattolica hanno partecipato con lo

stendardo associativo alla processione della Madonna di Capocolonna.

Categorie e attualità politico-culturali

Correggio (Reggio Emilia), 9 aprile 2010. Nella Sala Bellelli-Contarelli, organizzato

dal Vicariato III della diocesi di Reggio Emilia in collaborazione con il Circolo Cultura-

le Pier Giorgio Frassati, si è tenuto un incontro sul tema Immigrazione e legalità. Pre-

sentato a nome del Vicariato promotore da don Carlo Castellini, parroco di Rio Saliceto,

in provincia di Reggio Emilia, ha trattato l’argomento il dottor Massimo Introvigne, di

Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. L’ini-

ziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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Ferrara, 15 aprile 2010. Organizzata da Alleanza Cattolica e dal Circolo di Cristianità

nella propria sede, si è tenuta una serata musicale, presentata dal professor Leonardo

Gallotta, di Alleanza Cattolica, con audizione dell’Oratorio di don Lorenzo Perosi La

Resurrezione di Cristo. L’ascolto è stato accompagnato dal commento multimediale del

dottor Marco Voli, della Fraternità di Comunione e Liberazione.

Portici (Napoli), 24 aprile 2010. Organizzato nel proprio auditorium dal Liceo Classi-

co Quinto Orazio Flacco per gli studenti delle ultime classi, si è tenuto un incontro sul

tema Le regole del vivere civile. Presentato dal professore Antonio Buono, ha trattato

l’argomento il magistrato Domenico Airoma, di Alleanza Cattolica. Fra i presenti, gl’in-

segnanti Salvatore Buonomo, Annamaria Ragazzino e Paola Mannara.

Vittuone (Milano), 25 aprile 2010. Nella Sala Conferenze del Palazzo Municipale, or-

ganizzato dal Comune, si è tenuto un convegno su Risorgimento e Resistenza: due mo-

menti cruciali della storia italiana. Presentato dall’assessore alla Cultura dottor Antonio

Miglio, ha trattato l’argomento il dottor Marco Invernizzi, di Alleanza Cattolica, docen-

te di Storia dei Partiti e dei Movimenti politici all’Università Europea di Roma e presi-

dente dell’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale. Fra i presenti il

sindaco Enzo Tenti e i componenti della giunta comunale. L’iniziativa è stata annuncia-

ta e ha avuto eco sui mass media locali.

Milano, 26 aprile 2010. Presso la Sala degli Affreschi di Palazzo Isimbardi, organizza-

to da Alleanza Cattolica in collaborazione con la Provincia, si è tenuto un incontro su

Identità e multiculturalismo. Dopo i saluti dell’ingegner Novo Umberto Maerna, vice-

presidente e assessore provinciale alla Cultura, introdotti dal dottor Marco Invernizzi, di

Alleanza Cattolica, e moderati dal giornalista dottor Andrea Morigi, sono intervenuti

l’on. Souad Sbai, presidente dell’Associazione della Comunità Marocchina delle Donne

in Italia, e l’on. Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato all’Interno. Fra i presenti il

consigliere provinciale dottor Nicolò Mardegan. L’iniziativa è stata annunciata sui mass

media nazionali.

Ferrara, 29 aprile 2010. Con una lezione in videoconferenza di Giovanni Cantoni, di-

rettore di Cristianità, dal titolo «I barbari sono tornati»: una «visione» di re sant’Al-

fredo il Grande, si sono conclusi i corsi della Scuola di Educazione Civile, organizzati

da Alleanza Cattolica nella propria sede e con propri relatori, a eccezione del dottor Ma-

rio Gallotta. Apertisi il 15 ottobre 2009 con la lezione del direttore della Scuola, profes-

sor Leonardo Gallotta, su Che cos’è la Dottrina sociale della Chiesa, sono proseguiti

con cinque lezioni sull’enciclica Caritas in veritate di Papa Benedetto XVI: La «Popu-

lorum progressio» nella «Caritas in veritate», pure di Gallotta, Economia e finanza nel-

la «Caritas in veritate» del dottor Mario Gallotta, docente di Diritto Commerciale alla

Camera di Commercio di Bologna, Libertà e responsabilità: collaborazione della fami-

glia umana e Sviluppo e fraternità nella «Caritas in veritate», entrambe di Renato Ci-

relli, e infine La bioetica nella «Caritas in veritate», della dottoressa Chiara Mantovani,

tenute rispettivamente il 22 e 29 ottobre e il 5, 12 e 19 novembre 2009. La lezione in-

troduttiva al corso su Cristianesimo e comunicazione è stata tenuta il 12 febbraio dalla

professoressa Laura Boccenti; hanno fatto seguito il 25 Comunicazione ed educazione

dell’ingegner Lucia Martinucci e il 4 marzo Comunicazione, mass media e informazione

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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di Cirelli. Infine, per il corso su Storia della Cristianità nelle ricorrenze liturgiche sono

state tenute, relatore Cirelli, le seguenti lezioni, rispettivamente il 14 e 28 gennaio e l’11

e il 18 marzo: La festa dell’Esaltazione della Croce. Il ritrovamento della Croce perdu-

ta; La festa della Trasfigurazione del Signore. La liberazione di Belgrado; La festa del-

la Beata Vergine del Rosario. Il miracolo di Lepanto; e La festa del Nome di Maria. La

salvezza dell’Europa a Vienna. I corsi sono stati annunciati sui mass media locali.

Piacenza, 14 maggio 2010. Nella Galleria Spazio Rosso Tiziano, organizzato dalla Le-

ga Nord Padania nell’ambito di una giornata dal titolo Avanti Po: pellegrinaggio verso

le regioni rosse liberate, si è tenuto un convegno dal titolo La forza delle identità contro

le ideologie. La nuova coscienza dei territori liberati. Presentati dall’on. Massimo Pol-

ledri, dell’organismo promotore, sono intervenuti il giornalista e scrittore dottor Paolo

Stefanini, autore dell’opera Avanti Po. La Lega Nord alla riscossa nelle regioni rosse,

edita da il Saggiatore; Giovanni Cantoni, direttore di Cristianità; il professor Stefano

Bruno Galli, ordinario di Storia delle Dottrine Politiche all’università di Milano, e il

professor Giuseppe Reguzzoni. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui media

locali e nazionali.

Sindone

Sesto San Giovanni (Milano), 14 aprile 2010. Organizzato dalla parrocchia di S. Ma-

ria Ausiliatrice nei propri locali, si è tenuto un incontro sul tema Illustrazione della Sindo-

ne. Presentato dal parroco don Nunzio Casati, di fronte a un pubblico di oltre duecento

persone, ha trattato l’argomento l’ingegner Francesco Barbesino, di Alleanza Cattolica.

Piacenza, 17 aprile 2010. Nel salone parrocchiale di San Giovanni in Canale, organiz-

zato dal Serra Club Piacenza, si è tenuto un incontro su La santa Sindone. Presentato dal

presidente dell’organismo promotore Loris Guglielmetti, ha trattato l’argomento l’inge-

gner Francesco Barbesino, di Alleanza Cattolica.

Bergamo, 25 aprile 2010. Organizzato dal Centro Socio-Culturale di Celadina nella

propria sede, si è tenuto un incontro dal titolo L’Uomo della Sindone. I misteri della Sa-

cra Sindone di Torino. Presentato dal consigliere comunale professor Enzo De Canio,

ha trattato l’argomento l’ingegner Francesco Barbesino, di Alleanza Cattolica.

Vittoria (Ragusa), 9 maggio 2010. Organizzato dalla Confraternita del SS. Crocifisso,

dalla parrocchia San Giovanni Battista e da Alleanza Cattolica, nei locali della parroc-

chia stessa, si è tenuto un incontro con l’ausilio di diapositive dal titolo La Sacra Sindo-

ne testimone di verità. Presentato dal presidente della Confraternita, Emanuele Ingrao

Ingrao, di fronte a un pubblico di circa duecento persone, ha trattato l’argomento Calo-

gero Rotolo, di Alleanza Cattolica. Ha concluso l’arciprete don Vittorio Pirillo. L’inizia-

tiva è stata annunciata con l’affissione di manifesti e ha avuto eco sui mass media locali.

Torino, 10 maggio 2010. Organizzata da Alleanza Cattolica, si è tenuta una giornata di

studio e di preghiera sul tema Torino, la Sindone e Del Noce. I partecipanti si sono reca-

ti in pellegrinaggio alla Sacra Sindone e hanno quindi ascoltato presso il Centro Incontri

Terrazza Solferino un omaggio al filosofo Augusto Del Noce (1910-1989) nel centena-

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rio della nascita. Presentato dal dottor Massimo Introvigne, dell’organismo promotore, è

intervenuto il professor Mauro Ronco, pure di Alleanza Cattolica, ordinario di Diritto

Penale presso l’università di Padova.

Bergamo, 13 maggio 2010. Organizzato nella propria sede dalla Biblioteca della fra-

zione di Valesse, si è tenuto un incontro sul tema La Sindone di Torino. Un’occasione

di contemplazione. Presentato dal consigliere comunale professor Enzo De Canio, ha

trattato l’argomento l’ingegner Francesco Barbesino, di Alleanza Cattolica. L’iniziativa

è stata annunciata sui mass media locali.

Sociologia della religione

Pamplona (Spagna), 14 aprile 2010. Organizzato dall’Università di Navarra nell’Aula

Magna della Facoltà di Teologia, si è aperto il XXXI Simposio Internazionale di Teolo-

gia sul tema Conversión cristiana y evangelización. Presentato dal professor Juan Luis

Lorda, docente di Antropologia Teologica presso l’ateneo promotore, il dottor Massimo

Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove

Religioni, ha tenuto la relazione inaugurale sul tema El hecho de la conversión religio-

sa. Fra i presenti S. E. mons. Adolfo González Montes, vescovo di Almería, in Andalu-

sia. L’iniziativa ha avuto eco sui mass media nazionali e internazionali.

Firenze, 5 maggio 2010. A Villa Viviani, organizzata dal Rotary Club Firenze Nord, si è te-

nuta una serata conviviale sul tema Forme e correnti dell’esoterismo contemporaneo. Pre-

sentato dal dottor Andrea Vettori, del Club promotore, ha trattato l’argomento PierLuigi

Zoccatelli, di Alleanza Cattolica e del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni.

Magnano (Biella), 20 maggio 2010. Presso il Monastero di Bose si è tenuta una giorna-

ta di aggiornamento per i membri delle commissioni ecumeniche diocesane del Piemon-

te e della Valle d’Aosta. Nella sessione mattutina, dopo un saluto di fratel Guido Dotti,

monaco di Bose, e un’introduzione di S. E. mons. Pier Giorgio Debernardi, vescovo di

Pinerolo, in provincia di Torino, e presidente della Commissione per l’ecumenismo e il

dialogo con le altre religioni della Conferenza Episcopale del Piemonte e della Valle

d’Aosta, presentato dal professor don Andrea Pacini, presidente della Commissione per

l’ecumenismo e il dialogo con le altre religioni dell’arcidiocesi di Torino, è intervenuto

PierLuigi Zoccatelli, di Alleanza Cattolica e del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove

Religioni, su I movimenti tradizionalisti cattolici: profilo storico-teologico e politico-

culturale e problematiche attuali.

Massoneria

Torino, 19 aprile 2010. Organizzato nella propria sede dal Centro Universitario Villa

San Giuseppe, si è tenuto un incontro su Massoneria e Chiesa Cattolica. Presentato da

fratel Igino Trisoglio F.S.C., ha trattato l’argomento Valter Maccantelli, di Alleanza

Cattolica. L’iniziativa ha avuto eco sui mass media locali.

Gubbio (Perugia), 24 aprile 2010. Presso la parrocchia di San Secondo, organizzata

dall’Associazione Culturale Benedetto XVI, in collaborazione con Alleanza Cattolica, si è

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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tenuta una giornata di studio su Massoneria e Chiesa. Presentato da don Claudio Cresci-

manno, del clero di Gubbio, ha trattato l’argomento il dottor Massimo Introvigne, di Alle-

anza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. Nella chiesa

di Santa Croce della Foce don Crescimanno ha poi celebrato la Messa per i partecipanti.

Saronno (Varese), 29 aprile 2010. Organizzato dall’Associazione Satelios nel proprio

Centro Congressi, si è tenuto un incontro di presentazione dell’opera di Massimo Intro-

vigne Il simbolo ritrovato. Massoneria e società segrete: la verità oltre i miti, edita da

Piemme. Introdotto dal dottor Carlo Mazzola, presidente dell’associazione promotrice,

ha trattato l’argomento lo stesso dottor Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del

CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. L’iniziativa è stata annunciata e ha

avuto eco sui mass media locali.

Orbassano (Torino), 7 maggio 2010. Nel Teatro Comunale Sandro Pertini, organizzato

dalla Biblioteca Comunale, in collaborazione con la libreria Dinoitre e con il patrocinio

del Comune, si è tenuto un incontro di presentazione dell’opera di Massimo Introvigne

Il simbolo ritrovato. Massoneria e società segrete: la verità oltre i miti, edita da Piem-

me. Dopo un saluto della dottoressa Chiara Baldissera, direttrice della Biblioteca pro-

motrice, presentato da Roberto Rolando, di Alleanza Cattolica, è intervenuto l’autore,

pure di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religio-

ni. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.

Storia

Roma, 19-22 aprile 2010. Organizzato dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum nel-

la propria sede, dall’Università Europea, dal Pontificio Consiglio della Cultura e dalla

Pontificia Commissione per l’America Latina, con il patrocinio del Consiglio Nazionale

delle Ricerche, della Provincia e del Comune, delle ambasciate di Spagna e di Venezue-

la presso la Santa Sede, si è tenuto il Congresso Internazionale di Storici dal titolo La

Iglesia Católica ante la Independencia de la América Española. 1810-2010. Con motivo

del bicentenario del inicio de las independencias hispanoamericanas, coordinato dal

professor Emilio Martínez Albesa, dell’Università promotrice. Nel corso della sessione

antimeridiana del 19, tenutasi presso la residenza Domus Sanctae Marthae in Vaticano,

ha svolto una relazione il dottor Oscar Sanguinetti, di Alleanza Cattolica, docente presso

l’Università Europea, sul tema I rapporti fra Pio VII e Bonaparte nel loro riflesso

sull’opzione legittimistica della Santa Sede negli anni 1815-1823. Fra i presenti S. Em.

il card. Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi e presidente

della Pontificia Commissione per l’America Latina, S. E. mons. José Octavio Ruiz Are-

nas, vicepresidente del medesimo organismo, padre Bernard Ardura O. Praem., presi-

dente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, e don Miguel Ángel Reyes, responsa-

bile per l’America Latina del Pontificio Consiglio della Cultura. Nella sessione antime-

ridiana del 22, tenutasi presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Giovanni Can-

toni, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, ha presentato il proprio contributo «Gé-

nesis de la independencia hispanoamericana» di Julio César Ycaza Tigerino (1919-

2001). Un manifesto «revisionista». Il congresso, che ha radunato circa cinquanta spe-

cialisti di storia dell’Ispanoamerica di vari paesi, è stato concluso da S. E. mons. Gian-

franco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.

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Evoluzionismo

Collepasso (Lecce), 29 aprile 2010. Nell’Aula Magna dell’Istituto Professionale per i Ser-

vizi Commerciali, organizzato dall’associazione culturale Akàdemos Edizioni, in collabora-

zione con Azione Cattolica e con l’associazione Federico Rollo, si è tenuta una tavola roton-

da di presentazione dell’opera di Stefano Marra Alberi senza tronco. Il problema scientifico

della crisi dell’evoluzionismo, i suoi rapporti con la teologia e le nuove prospettive filosofi-

che, edita da Akàdemos. Introdotti dal professor Paolo Menozzi, dell’associazione promotri-

ce, dopo i saluti del professor Antonio Fachechi, dirigente scolastico dell’Istituto d’Istruzio-

ne Secondaria Superiore di Gallipoli-Collepasso, di Loredana Ria, presidente dell’associa-

zione Federico Rollo, del sindaco dottor Vito Perrone e del presidente della Provincia dottor

Antonio Gabellone, sono intervenuti la professoressa Maria Assunta Spacchiarello, il profes-

sor Luca Calò, di Alleanza Cattolica, e il professor Giuseppe Campa, già docente presso l’I-

stituto di Scienze Religiose di Otranto, in provincia di Lecce. Ha concluso l’autore. L’ini-

ziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.

In memoriam

Bergamo, 10 maggio 2010. Nella chiesa del Conventino presso la casa del Giovane, a

richiesta di Alleanza Cattolica, monsignor Daniele Rota, canonico di San Pietro, ha ce-

lebrato una Messa in suffragio del socio dottor Bruto Maria Bruti.

Marina di Pisa (Pisa), 4 giugno 2010. Nella chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, a ri-

chiesta di Alleanza Cattolica, il parroco, don Edoardo Butta, ha celebrato una Messa in

suffragio del socio dottor Bruto Maria Bruti.

Satanismo

Torino, 11 maggio 2010. Organizzato nella propria sede dall’Istituto Sociale dei Padri

Gesuiti, si è tenuto un incontro sul tema Il satanismo: fra mito metropolitano e realtà.

Presentati dalla professoressa Mariachiara Giorda, docente presso l’istituto promotore,

sono intervenuti il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CE-

SNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, e don Marcello Stanzione, del clero di Sa-

lerno. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.

Biella, 18 maggio 2010. Presso il Circolo I Faggi, organizzato da Alleanza Cattolica, si

è tenuto un incontro dal titolo Dobbiamo avere paura dei satanisti? Il satanismo in

Piemonte e altrove e la Chiesa, inteso a presentare l’opera di Massimo Introvigne I sa-

tanisti. Storia, riti e miti del satanismo, edita da Sugarco. Presentato dal professor Pier

Marco Ferraresi, dell’organismo promotore, ha trattato l’argomento lo stesso dottor In-

trovigne, pure di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove

Religioni. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.

Montemurro (Potenza), 29 maggio 2010. Organizzato nei propri locali dalla parroc-

chia di Santa Maria Assunta, dall’associazione Cronoscout e da Alleanza Cattolica, si è

tenuto un incontro sul tema La Chiesa e la sfida del satanismo. Presentato dal parroco,

don Antonio Mattatelli, esorcista diocesano, ha trattato l’argomento il dottor Massimo

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

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Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove

Religioni. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.

Chiesa

Torino, 13 maggio 2010. Nel padiglione L’Incubatore del Lingotto, nell’ambito del Sa-

lone del Libro, si è tenuta una tavola rotonda sul romanzo di Marcel Martin — pseudo-

nimo di Marcello Lattuca e Martina Carli — Abrasax. Complotto in Vaticano, edito da

Arkadia. Il coautore Lattuca ne ha discusso con Massimo Introvigne, di Alleanza Catto-

lica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. L’iniziativa è stata

annunciata sui mass media locali.

Torino, 14 maggio 2010. Nella Sala Rossa del Lingotto, nell’ambito del Salone del Li-

bro, si è tenuta una tavola rotonda sul saggio di Riccardo Chiaberge Lo scisma. Cattolici

senza papa, edito da Longanesi. Di fronte a un pubblico di oltre duecento persone, sono

intervenuti l’autore, il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del

CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, e il professor Giulio Giorello, docente

di Filosofia della Scienza presso l’università di Milano. L’iniziativa è stata annunciata e

ha avuto eco sui mass media locali e nazionali.

Portici (Napoli), 20 maggio 2010. Nella sala di Villa Savonarola, organizzato da Alle-

anza Cattolica, si è tenuto un incontro sul tema La Chiesa di Pio XII e la persecuzione

degli ebrei. Una testimonianza dall’Europa martire. Presentato dall’avvocato Giovanni

Formicola, dell’organismo promotore, ha trattato l’argomento lo scrittore e saggista Igor

Argamante, di cui nell’occasione è stata presentata l’opera Gerico 1941. Storie di ghetto

e dintorni, edita da Bollati e Boringhieri.

Torino, 20 maggio 2010. Nella Sala Auditorium della Biblioteca Nazionale Universita-

ria, organizzato dalla Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri e presieduto da

padre Edoardo Aldo Cerrato, procuratore generale della Confederazione promotrice, si è

tenuto un convegno dal titolo Sebastiano Valfré. La Sindone ci restituì Cristo vivo. Con-

vegno nei 300 anni dalla morte. Nella seconda sessione, introdotto dallo storico dottor

Gustavo Mola di Nomaglio, il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, diretto-

re del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, ha presentato una relazione su Il

beato Sebastiano Valfré e i valdesi. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui

mass media locali.

Torino, 24 maggio 2010. Presso il Centro Incontri Terrazza Solferino, organizzato da

Alleanza Cattolica, si è tenuto un incontro sul tema Pio XII e gli ebrei. Storia di una ca-

lunnia. Dopo la recita del Rosario, presentata dal dottor Massimo Introvigne, di Allean-

za Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, ha trattato

l’argomento la storica statunitense suor Margherita Marchione M.P.F.

Bioetica

Torino, 15 maggio 2010. Presso l’Auditorium dell’Educatorio della Provvidenza, orga-

nizzato da Federvita Piemonte, in collaborazione con le Misericordie del Piemonte e

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con il Servizio Emergenza Anziani, si è svolto un convegno dal titolo Testamento biolo-

gico: serve una legge?. L’iniziativa, introdotta e presieduta dalla professoressa Silvia

Scaranari, di Alleanza Cattolica, è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.

Torino, 19 maggio 2010. Nella Sala multimediale del Collegio Universitario Renato Ei-

naudi, organizzato dalla Fondazione Franco e Marilisa Caligara per l’Alta Formazione In-

terdisciplinare, in collaborazione con la Facoltà di Medicina e Chirurgia e con il Collegio

Universitario, nell’ambito degl’incontri di Bioetica Vita e morte nella cultura medica e nel

diritto, si è tenuto un incontro sul tema Il testamento biologico. Presentati dal professor

Rinaldo Bertolino, presidente della Fondazione promotrice, e dal professor Giorgio Pale-

stro, preside della facoltà di Medicina, sono intervenuti il professor Maurizio Mori, ordi-

nario di Bioetica dell’ateneo torinese, e il professor Mauro Ronco, di Alleanza Cattolica,

ordinario di Diritto Penale dell’università di Padova. L’iniziativa è stata annunciata sui

mass media locali.

Crotone, 21 maggio 2010. Nella Basilica Cattedrale, organizzato da Alleanza Cattolica,

dall’UGCI, l’Unione Giuristi Cattolici Italiani, e dall’Associazione Scienza & Vita, in

collaborazione con l’arcidiocesi e con la Basilica ospitante, si è tenuto un incontro dal

titolo Gli impegni dei politici cattolici sui valori non negoziabili. Nuove forme di ag-

gressione alla vita: la diffusione in Italia della RU486. Introdotto dall’avvocato Gian-

carlo Cerrelli, di Alleanza Cattolica, presidente provinciale dell’UGCI, ha trattato l’ar-

gomento il professor Mauro Ronco, pure di Alleanza Cattolica, ordinario di Diritto Pe-

nale presso l’università di Padova. Ha concluso l’arcivescovo S. E. mons. Domenico

Graziani. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.

Augusto Del Noce

Pistoia, 16 maggio 2010. Nel residence Artemura, organizzato dal Comitato per il cen-

tenario della nascita di Augusto del Noce, in collaborazione con Alleanza Cattolica e

con l’Associazione John Locke, si è tenuto un convegno su Augusto Del Noce: cultura e

politica di fronte al suicidio della rivoluzione. Dopo i saluti dell’avvocato Alessio Bia-

gioni, del Comitato promotore, sono intervenuti l’on. Rocco Buttiglione e Giovanni

Cantoni, direttore di Cristianità. Nella prima sessione hanno svolto relazioni il dottor

Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, su Due centenari s’incontrano. Augusto Del

Noce e il magistero di Leone XIII, e il professor Mauro Ronco, della medesima associa-

zione, su La linea di Vico-Rosmini come risposta all’ateismo nel pensiero di Augusto

Del Noce. Nella seconda sessione sono intervenuti il professor Maurizio Schoepflin su

Del Noce filosofo inascoltato e controcorrente, la dottoressa Lucia Palumbo su L’irreli-

gione occidentale come affermazione della semplice tecnica e la dottoressa Lavinia Pe-

serico su Del Noce e il 1968. È stata data inoltre lettura di un intervento di monsignor

Antonio Livi, professore emerito di Filosofia della Conoscenza nella Pontificia Univer-

sità Lateranense. Hanno inviato messaggi il vescovo S. E. mons. Mansueto Bianchi, e S.

E. mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro. L’iniziativa è stata annun-

ciata sui mass media nazionali e locali, su cui ha pure avuto eco.

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Pubblicazioni

delle Edizioni Cristianità

MAGISTERO PONTIFICIO

1. Giovanni Paolo II, Per iscrivere la verità cristiana sull‟uomo nella realtà della nazione

italiana. Loreto, 11 aprile 1985, 1985, € 1,55

2. Paolo VI, La società democratica. Lettera «Les prochaines assises», 1990, € 1,03

3. Giovanni Paolo II, Annunciare il valore religioso della vita umana. Discorso «Sono lie-

to», 2a ed. accresciuta, 1993, € 1,55

4. Pio XII, I sommi postulati morali di un retto e sano ordinamento democratico. Radiomes-

saggio natalizio «Benignitas et humanitas», 1991, € 2,07

5. San Pio X, La concezione secolarizzata della democrazia. Lettera agli Arcivescovi e ai

Vescovi francesi «Notre charge apostolique», 1993, € 2,07

MAGISTERO EPISCOPALE

2. Mons. Hans Ludvig Martensen S.J., vescovo di Copenaghen — Danimarca, Reincarnazione

e dottrina cattolica. La Chiesa di fronte alla dottrina della reincarnazione, 1a ristampa, 1994,

€ 3,10

IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE

2. Plinio Corrêa de Oliveira, Via Crucis. Due meditazioni, con 14 tavole di Giorgio

Fanzini, 1991, € 5,16

LA BATTAGLIA DELLE IDEE

Dottrina e teoria dell’azione

1. Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, con lettere di encomio

di S. E. mons. Romolo Carboni, arcivescovo titolare di Sidone e nunzio apostolico, e

con L‟Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Saggio introduttivo di Giovanni

Cantoni, 3a ed. it. accresciuta, 1977, € 10,33

2. Plinio Corrêa de Oliveira, La libertà della Chiesa nello Stato comunista. La Chiesa, il de-

calogo e il diritto di proprietà, con una lettera di encomio della Sacra Congregazione dei

Seminari e delle Università, 1978, € 3,62

3. Giovanni Cantoni e Massimo Introvigne, Libertà religiosa, «sette» e «diritto di persecuzio-

ne». Con appendici, 1996, € 7,75

Panorami e documenti

1. Fabio Vidigal Xavier da Silveira, Frei, il Kerensky cileno, con lettere di encomio delle LL.

EE. mons. Alfonso Maria Buteler, arcivescovo di Mendoza, in Argentina, mons. Antonio de

Castro Mayer, vescovo di Campos, in Brasile, e mons. Antonio Corso, vescovo di Mal-

donado-Punta del Este, in Uruguay, e con prefazione di Plinio Corrêa de Oliveira, 1973, €

7,75

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

94

2. Plinio Corrêa de Oliveira e Sociedad Chilena de Defensa de la Tradición, Familia y Pro-

piedad, Il crepuscolo artificiale del Cile cattolico, 1973, € 10,33

3. Giovanni Cantoni, La «lezione italiana». Premesse, manovre e riflessi della politica di «com-

promesso storico» sulla soglia dell‟Italia rossa, con in appendice l’Atto di consacrazione

dell‟Italia al Cuore Immacolato di Maria, 1980, € 12,91

4. Alfredo Mantovano, La giustizia negata. L‟esplosione della criminalità fra crisi dei valori ed

emergenza istituzionale, con presentazione di Mauro Ronco, 1992, € 7,75

5. Giulio Dante Guerra, La Madonna di Guadalupe. Un caso di «inculturazione» miracolosa.

In appendice «Preghiera per la Vergine di Guadalupe» di Papa Giovanni Paolo II, 1992, €

1,55

7. Marco Invernizzi, L‟Unione Elettorale Cattolica Italiana. 1906-1919. Un modello di impegno

politico unitario dei cattolici. Con un‟appendice documentaria, 1993, € 4,13

8. Alfredo Mantovano, Giustizia a una svolta. Verso il ricupero o verso il tramonto della legali-

tà?, con prefazione di Mario Cicala, 1993, € 10,33

10. Lorenzo Cantoni, Il problema della popolazione mondiale e le politiche demografiche. A-

spetti etici, 1994, € 5,16

11. Oscar Sanguinetti, Le insorgenze contro-rivoluzionarie in Lombardia nel primo anno della

dominazione napoleonica. 1796, con prefazione di Marco Tangheroni, 1996, € 10,33

12. IDIS. Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale, Voci per un «Dizionario del Pen-

siero Forte», a cura di Giovanni Cantoni e con presentazione di Gennaro Malgieri, 1997, €

12,91

13. Ermanno Pavesi, Follia della Croce o nevrosi? «Funzionari di Dio. Psicogramma di un i-

deale» di Eugen Drewermann e la critica della psicologia del profondo alla religione, con

presentazione di S. E. mons. Wolfgang Haas, arcivescovo di Vaduz, in Liechtenstein, e am-

ministratore apostolico di Coira, in Svizzera, e con prefazione di don Pietro Cantoni, 1998, €

9,30

Quaderni di «Cristianità», serie quadrimestrale 1985-1986, disponibili il numero 3 (Paolo Callia-

ri O.M.V., Itinerario dalle cose a Dio ovvero la «dialettica degli Esercizi» secondo padre Pio

Bruno Lanteri [1759-1830]; Estanislao Cantero Núñez, Evoluzione del concetto di democra-

zia; Francesco Pappalardo, 1799: la crociata della Santa Fede; e documenti), e il numero 5

(Enzo Peserico, Gli anni del desiderio e del piombo. Dal Sessantotto al terrorismo; documen-

ti, recensioni e segnalazioni), € 5,16 ciascuno

Distributore esclusivo nelle librerie: Mescat s. r. l. — viale Bacchiglione, 20/A — I-20139 Mila-

no — tel. 02-55.21.08.00 — fax 02-55.21.13.15

Ordinazioni: (a) per posta: Cristianità, C.P. 185, I-29100 Piacenza; (b) per e-mail: info@ alle-

anzacattolica.org; (c) tramite versamento sul c.c.p. 12837290; (d) per telefono, alle sedi di

Alleanza Cattolica in Torino: 011-53.44. 54 — Milano: 02-73.05.14 — Bergamo: 035-

24.90.73 — Modena: 340-54.82.252— Roma: 06-68.76.738 — Napoli: 081-47.03.57 —

Palermo: 091-6788289 — Caltanissetta: 333-5768518

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Cristianità in libreria

Abruzzo

Chieti — Libreria De Luca — via Cesare De Lollis 12-14

L’Aquila — Libreria Colacchi — via Andrea Bafile 17

Basilicata

Matera — Libreria Di Giulio — via Dante 61

Potenza — Edicola Arcangela Rondella — piazza Vittorio Emanuele II

Calabria

Lamezia Terme (Catanzaro) — Libreria Gioacchino Tavella — via Crati 15/17

Campania

Avellino — Libreria Guida — corso Vittorio Emanuele II 101

Caserta — Libreria Guida — via Caduti sul Lavoro 29/33

Napoli — Libreria Guida — via Port’Alba 20/23

Salerno — Libreria Guida — corso Garibaldi 142/b

Emilia-Romagna

Ferrara — Libreria Edizioni Paoline — via San Romano 35

Modena — Galleria Incontro Dehoniana— corso Canalchiaro 159

Parma — Libreria Fiaccadori — strada Duomo 8/a

Piacenza — Libreria Berti — via Legnano 1 Reggio Emilia — Libreria S. Paolo — via Emilia Santo Stefano 3/B

Sassuolo (Modena) — Libreria Cefa Galleria — via C. Stazione 30-35

Lazio

Frosinone — Libreria Il Sagrato — via Mastroianni

Roma — Libreria Coletti a San Pietro — via della Conciliazione 3/A — Libreria Edizioni Paoline — via della Conciliazione 22

— Libreria Àncora — via della Conciliazione 63

Liguria

Genova — Libreria San Paolo — piazza Matteotti 31/33r

Lombardia

Bergamo — Libreria S. Paolo — via Paglia 2/H

Chiavenna (Sondrio) — Cartolibreria Paiarola — piazza Bertacchi 8

Cremona — Libreria S. Paolo — via Decia 1

Mantova — Libreria S. Paolo — viale Rimembranze 1/A

Milano — Libreria S. Paolo — piazza Duomo 18 — Libreria Àncora Artigianelli — via Larga 7

Pavia — Libreria S. Paolo — via Menocchio 8

Varese — Libreria Ambrosiana — galleria Manzoni 3

Varese — Libreria Don Bosco Elledici — via Cesare Battisti 6

Voghera (Pavia) — Libreria Bottazzi — via Cavour 59

Marche San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) — Libreria Nuovi Orizzonti — via Montebello 61

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Cristianità n. 357, luglio-settembre 2010

96

Piemonte

Biella — Libreria Paoline — via Seminari 9/a

Cuneo — Libreria Stella Maris — via Statuto 6

Torino — Libreria San Paolo — via Consolata 1 bis

Tortona (Alessandria) — Cartolibreria E. Balbi — corso Montebello 45

Puglia

Lecce — Libreria Edizioni Paoline — via S. Lazzaro 19

Taranto — Paoline Libreria — corso Umberto 76

Sicilia

Acireale (Catania) — Libreria Cattolica Veritas — via Genuardi 1 Agrigento — Libreria Edizioni Paoline — via Atenea 143

Caltanissetta — Libreria San Paolo — corso Umberto 125

Catania — Libreria C. Bonaccorso & A. Di Stefano — via Etnea 20/22

Enna — Libreria San Paolo di Enrico Di Venti — Via Roma 244

Gela (Caltanissetta) — Cartolibreria Miriam — via Cappuccini 26

Messina — Libreria Figlie di S. Paolo — via Garibaldi 59/61 Palermo — Libreria Lombardo-LDC — via Autonomia Siciliana 16/D

Toscana

Massa — Libreria Marzocco Paoline — via S. Sebastiano 2

Pisa — Libreria Edizioni Paoline — via Capponi 6

Lucca — Lucca Libri — corso Garibaldi 56

Veneto Padova — Libreria San Paolo Gregoriana — via Vandelli 8-9

Rovigo — Libreria Paoline — via dei Cappuccini 1

Verona — Libreria Editrice Salesiana — via Rigaste San Zeno 13

***

Argentina

Buenos Aires — Club del Libro Cívico — M. T. de Alvear 1348-Local 147

Buenos Aires — Librería Huemul — Avenida Santa Fe 2237

Villa María (Cordova) — Expolibro — San Martín 85

Francia

Parigi — Duquesne Diffusion — 27 avenue Duquesne

Spagna

Barcellona — Librería Balmes — Durán i Bas 11

Page 99: «Cristianità. Organo ufficiale di Alleanza Cattolica», anno XXXVIII, n. 357 Piacenza luglio-settembre 2010

Il sito Internet di Alleanza Cattolica — Cristianità

è raggiungibile all’indirizzo:

www.alleanzacattolica.org [email protected]

Le edizioni e la rivista Cristianità

il catalogo dei libri disponibili, con la possibilità di ordinarli e di

acquistarli on-line

l’indice completo di tutti i numeri di Cristianità

il testo di oltre trecentocinquanta articoli

la versione elettronica integrale del penultimo numero di Cristia-

nità, con la possibilità di farne il download gratuito in formato PDF

Alleanza Cattolica

la presentazione dell’associazione, lo statuto, le sedi principali

l’annuncio delle attività, con aggiornamento quotidiano

i comunicati stampa

i messaggi dell’agenzia ACNews

documenti e materiali suddivisi per aree tematiche

«Voci per un Dizionario del Pensiero Forte»

più di cento «Voci per un ―Dizionario del Pensiero Forte‖»,

un’iniziativa editoriale dell’IDIS, l’Istituto per la Dottrina e

l’Informazione Sociale, di Roma.

* * *

Il sito di Alleanza Cattolica – Cristianità viene aggiornato, di norma, ogni

mese.

ACList: un servizio, completamente gratuito, che informa regolarmente,

tramite posta elettronica, sugli aggiornamenti del sito, e invia

i comunicati stampa di Alleanza Cattolica – Cristianità e i messaggi

di ACNews. Per iscriversi è sufficiente inviare un messaggio di posta e-

lettronica a [email protected], indicando nel subject:

«Iscrizione ad ACList».

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Indice del numero 357, luglio-settembre 2010:

Cristianità - c.p. 185 - I- 29100 Piacenza spedizione in a.p. d.l. 353/2003

(conv. in 27/02/2004 n. 46) art. 1,comma 1, DCB Piacenza

gra�

ca:

gae@

gaec

amm

arat

a.it

1 In viaggio con il beato Newman. La visita di Papa Benedetto XVI in Gran BretagnaMassimo Introvigne

33 Nota su Gian Francesco Galeani Napione e il federalismo italico nel secolo XIXFrancesco Verna

OS PRUDENTIS41 Idea di una confederazione delle potenze d’Italia Gian Francesco Napione

IL RESTO DELLA VERITÀ57 «Abuso di minori nelle istituzioni: garantire la piena protezione delle

vittime» Massimo Introvigne

63 Intolleranza e discriminazione contro i cristiani Massimo Introvigne

EX LIBRIS69 Christopher Caldwell, L’ultima rivoluzione dell’Europa.

L’immigrazione, l’islam e l’Occidente, trad. it., Garzanti, Milano 2009 Recensione a cura di Emanuele Pozzolo

73 Giuseppe Brienza, Identità cattolica e anticomunismo nell’Italia del dopoguerra. La figura e l’opera di mons. Roberto Ronca, D’Ettoris, Crotone 2008

Recensione a cura di Paolo Martinucci

79 LA BUONA BATTAGLIA

Fascicolo chiuso in redazione il 7 ottobre 2010Beata Vergine Maria del Rosario