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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 45 - 11 dicembre 2014 Lo schiavo rivoluzionario, lo schiavo schiavo e lo schiavo lacchè Lo schiavo che ha coscienza delle sue condizioni di schiavo e lotta contro queste condizioni è un rivoluzionario. Lo schiavo che non ha coscienza della sua schiavitù e vegeta in una silenziosa, incosciente e sottomessa vita da schiavo è semplicemente uno schiavo. La schiavo che sbava quando, soddisfatto, descrive le delizie della vita da schiavi ed esalta il buono e bravo padrone è un lacchè, un bruto. (Lenin, “In memoria del conte Heiden – (Che cosa insegnano al popolo i nostri “democratici” senza partito?)”, giugno 1907, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 13, pag. 46 ) PAG. 10 Tutti in piazza con il PMLI Il 12 dicembre alle manifestazioni territoriali congiunte CGIL e UIL Per il lavoro, l'art. 18 e il socialismo, contro il Jobs Act, il governo del Berlusconi democristiano Renzi e il capitalismo Per il trionfo della causa del socialismo in Italia Anche un solo euro al mese Fine settimana proficuo per la propaganda marxista-leninista A MODENA RICORDATO ENGELS NEL 194° DELLA NASCITA Ai banchini raccolti consensi e grosse sottoscrizioni, evidente frutto della vittoria dell’astensionismo alle regionali.Apprezzato il volantino “il potere politico spetta di diritto al proletariato”. Grande interesse per il manifesto contro il governo Renzi. Intimidazioni poliziesca di stampo fascista IL PMLI RICONOSCIUTO COME L’UNICO VERO PARTITO COMUNISTA COMUNICATO DELL’ORGANIZZAZIONE DI MODENA DEL PMLI Intimidazione poliziesca di stampo fascista al PMLI a Modena Criticati il governo Renzi e i governi delle due regioni GRANDI MANIFESTAZIONI DEI METALMECCANICI IN SARDEGNA E IN SICILIA Gli edili manifestano a Roma e in 20 città, 8 ore di sciopero in Campania. Manifestazione nazionale a Roma dei lavoratori agricoli e degli operai delle industrie alimentari. Le lavoratrici ex-Igea occupano la miniera RENZI ATTACCA I LAVORATORI E LODA I PADRONI: “SIETE I VERI EROI DEI TEMPI NOSTRI” Come Mussolini: “Si stancheranno prima loro di noi” RENZI CONTESTATO A CATANIA, REGGIO CALABRIA E IN IRPINIA Caricati i giovani a Catania IL NUOVO BERLUSCONI ASSOMIGLIA SEMPRE PIÙ A MUSSOLINI A VARESE E A MILANO Grande giornata di mobilitazione antifascista Centinaia di antifascisti in piazza per fermare i nazifascisti che rialzano la testa grazie alla complicità delle istituzioni A VARESE, ZAPPOLI (PD) AGGREDISCE UNA MILITANTE DEL PMLI STRAPPANDOLE IL MANIFESTO CONTRO IL GOVERNO RENZI CANCELLATO DA DESTRA IL DIRITTO BORGHESE DEL LAVORO, COL VOTO DI BERSANI E EPIFANI E L’ASSENSO DI NAPOLITANO La Camera nera approva il Jobs Act imposto da Renzi per la libertà di licenziamento La sinistra del PD non ci sta: due deputati votano contro, due si astengono, 29 non partecipano al voto. Anche la Bindi minaccia di fondare un nuovo partito. Il M5S fa un gran baccano, ma poi non ha il coraggio di votare no IL NUOVO BERLUSCONI VA SPAZZATO VIA RENZI PRIVATIZZA A TUTTO SPIANO Enel, Ferrovie, Poste, Enav, Sace e Ansaldo ai privati VOLANTINO DELL’ORGANIZZAZIONE DI RUFINA DEL PMLI Viva la lotta di classe! DIAMO FORZA ALLO SCIOPERO GENERALE DEL 12 DICEMBRE DI CGIL E UIL E PARTECIPIAMO IN MASSA ALLA MANIFESTAZIONE DI FIRENZE AD ISCHIA (NAPOLI) HANNO SVENTOLATO LE BANDIERE DEI MAESTRI E DEL PARTITO Grande manifestazione contro lo smantellamento dei servizi pubblici di trasporto APPREZZATO IL CONTRIBUTO DEL PMLI Lo afferma senza vergogna Gentiloni, nuovo ministro degli Esteri L’ITALIA IMPERIALISTA E INTERVENTISTA DI NAPOLITANO E RENZI PRONTA A MANDARE L’ESERCITO IN LIBIA La politica colonialista di Mussolini rivive nel governo Renzi DA FASCISTA, A DEMOCRISTIANO, A PIDDINO E COORDINATORE DELLA RECENTE LEOPOLDA Il deputato PD renziano Di Stefano indagato per una mazzetta da 1,8 milioni di euro Nel mirino delle procure di Roma e Chieti la rimborsopoli regionale targata PD, le “primarie con gli imbrogli”, la speculazione sugli immobili pubblci appalti e consulenze d’oro a parenti e amici. L’ex moglie l’accusa di festini hard in villa SULLA MISTERIOSA SCOMPARSA DEL SUO EX BRACCIO DESTRO, LA PROCURA HA APERTO UN NUOVO FASCICOLO PER “OMICIDIO VOLONTARIO” PAG. 10 PAG. 2 PAG. 4 PAG. 3 PAG. 8 PAG. 12 PAG. 12 PAG. 13 PAG. 5 PAG. 11 PAG. 7

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 45 - 11 dicembre 2014

Lo schiavo rivoluzionario, lo schiavo schiavo e lo

schiavo lacchèLo schiavo che ha coscienza delle sue condizioni di schiavo e lotta

contro queste condizioni è un rivoluzionario. Lo schiavo che non ha coscienza della sua schiavitù e vegeta in una silenziosa, incosciente e sottomessa vita da schiavo è semplicemente uno schiavo. La schiavo che sbava quando, soddisfatto, descrive le delizie della vita da schiavi ed esalta il buono e bravo padrone è un lacchè, un bruto.(Lenin, “In memoria del conte Heiden – (Che cosa insegnano al popolo i nostri “democratici”

senza partito?)”, giugno 1907, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 13, pag. 46 )

PAG. 10

Tutti in piazza con il PMLI

Il 12 dicembre alle manifestazioni territoriali congiunte CGIL e UIL

Per il lavoro, l'art. 18 e il socialismo, contro il Jobs Act, il governo del Berlusconi democristiano Renzi e il capitalismo

Per il trionfo della causa del socialismo in Italia

Anche un solo euro al mese

Fine settimana proficuo per la propaganda marxista-leninista

A ModenA ricordAto engels nel 194° dellA nAscitAAi banchini raccolti consensi e grosse sottoscrizioni, evidente frutto della vittoria dell’astensionismo

alle regionali.Apprezzato il volantino “il potere politico spetta di diritto al proletariato”. Grande interesse per il manifesto contro il governo Renzi. Intimidazioni poliziesca di stampo fascista

Il PMlI RIconoscIuto coMe l’unIco veRo PARtIto coMunIstA

ComuniCato dell’organizzazione di modena del Pmli

Intimidazione poliziesca di stampo fascista al

PMLI a Modena

Criticati il governo Renzi e i governi delle due regioni

grAndi MAnifestAzioni dei MetAlMeccAnici in sArdegnA e in siciliA

Gli edili manifestano a Roma e in 20 città, 8 ore di sciopero in campania. Manifestazione nazionale a Roma dei lavoratori agricoli e degli operai delle industrie alimentari. le lavoratrici ex-Igea occupano la miniera

RenzI AttAccA I lAvoRAtoRI e lodA I PAdRonI: “sIete I veRI eRoI deI teMPI nostRI”

Come Mussolini: “Si stancheranno prima loro di noi”

RenzI ContestAto A CAtAnIA, ReGGIo CALAbRIA e In IRPInIA

caricati i giovani a cataniaIl nuovo BeRlusconI AssoMIGlIA seMPRe PIù A MussolInI

A VARese e A MILAno

Grande giornata di mobilitazione antifascista

centinaia di antifascisti in piazza per fermare i nazifascisti che rialzano la testa grazie alla complicità delle istituzioniA vARese, zAPPolI (Pd) AGGRedIsce unA MIlItAnte del PMlI

stRAPPAndole Il MAnIfesto contRo Il GoveRno RenzICanCellato da destra il diritto borghese del lavoro, Col voto di bersani e ePifani e l’assenso di naPolitano

La Camera nera approva il Jobs Act imposto da Renzi per la libertà di

licenziamentola sinistra del Pd non ci sta: due deputati votano contro, due si astengono, 29 non partecipano al voto. Anche la Bindi minaccia di fondare un nuovo partito.

Il M5s fa un gran baccano, ma poi non ha il coraggio di votare noIl nuovo BeRlusconI vA sPAzzAto vIA

renzi privAtizzA A tutto spiAno

enel, ferrovie, Poste, enav, sace e Ansaldo ai privati

VoLAntIno deLL’oRGAnIzzAzIone dI RuFInA deL PMLI

Viva la lotta di classe!dIAMo foRzA Allo scIoPeRo GeneRAle del

12 dIceMBRe dI cGIl e uIl e PARtecIPIAMo In MAssA AllA MAnIfestAzIone dI fIRenze

ad isChia (naPoli) hanno sventolato le bandiere dei maestri e del Partito

Grande manifestazione contro lo smantellamento

dei servizi pubblici di trasportoAPPRezzAto Il contRIButo del PMlI

lo afferma senza vergogna gentiloni, nuovo ministro degli esteri

l’itAliA iMperiAlistA e interventistA di nApolitAno e renzi prontA A MAndAre

l’esercito in libiAla politica colonialista di Mussolini rivive nel governo Renzi

dA FAsCIstA, A deMoCRIstIAno, A PIddIno e CooRdInAtoRe deLLA ReCente LeoPoLdA

Il deputato Pd renziano di stefano indagato per una

mazzetta da 1,8 milioni di euronel mirino delle procure di Roma e chieti la rimborsopoli

regionale targata Pd, le “primarie con gli imbrogli”, la speculazione sugli immobili pubblci appalti e consulenze d’oro a parenti e amici. l’ex moglie l’accusa di festini hard in villa

sullA MIsteRIosA scoMPARsA del suo ex BRAccIo destRo, lA PRocuRA hA APeRto un nuovo

fAscIcolo PeR “oMIcIdIo volontARIo”

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2 il bolscevico / no jobs act N. 45 - 11 dicembre 2014

Criticati il governo Renzi e i governi delle due regioni

Grandi Manifestazioni dei MetalMeccanici

in sardeGna e in sicilia Gli edili manifestano a Roma e in 20 città, 8 ore di sciopero in Campania. Manifestazione nazionale a Roma

dei lavoratori agricoli e degli operai delle industrie alimentari. Le lavoratrici ex-Igea occupano la minieraRenzI attaCCa I LavoRatoRI e Loda I padRonI:“sIete I veRI eRoI deI teMpI nostRI”

Dopo il Nord e il Sud è toc-cato ai metalmeccanici delle iso-le scendere in piazza contro le po-litiche del governo del Berlusconi democristiano Renzi. Martedì 25 novembre a Cagliari hanno sfilato alcune migliaia di lavoratori, cas-sintegrati, personale in mobilità ed ex dipendenti, con loro anche tan-ti studenti cagliaritani e delegazio-ni provenienti da tutta la Sarde-gna. Apriva il corteo lo striscione: “Fiom Sardegna, Sciopero genera-le dei metalmeccanici, Lavoro le-galità uguaglianza democrazia”.

Erano presenti in prima fila gli operai di Alcoa ed ex Ila di Porto-vesme, della Keller di Villacidro e di tante altre aziende, in particolare del Sulcis-Iglesiente dove il setto-re industriale è stato praticamente spazzato via. Ma la crisi ha colpi-to duro anche nell’Ogliastra, nel Sassarese e nella provincia di Ca-gliari. Lo Stato centrale ha pratica-mente abbandonato questa regione lasciandola alla deriva. La Sarde-gna è scesa repentinamente nelle graduatorie sociali ed economiche ed è tornata l’emigrazione verso il continente e l’estero.

Alla conclusione della manife-stazione, in piazza Garibaldi, han-no parlato tanti lavoratori in rap-presentanza delle molte vertenze aperte in Sardegna. Poi gli inter-venti del segretario regionale Fiom Mariano Carboni, della Cgil Sarde-gna Michele Carrus, e infine parola al segretario nazionale Fiom Lan-dini. Oltre alla politica del governo Renzi non sono mancate le critiche anche alla regione autonoma sarda che non ha fatto niente per fermare la deindustrializzazione.

I vari governi locali, sia di de-stra che di “centro-sinistra” hanno puntato tutto sul turismo che, sep-pur voce importante nel bilancio regionale, crea generalmente lavo-ro precario. Comunque sia non può sostituire l’industria, che deve ave-re basi solide anche sull’isola, que-sto dovrebbe essere anche l’impe-gno del Governo anziché pensare a togliere i diritti, come ha riven-dicato con forza Landini, il quale ha affermato: “ci rifiutiamo, come Sindacato, di accompagnare la chiusura delle fabbriche e la fine del sistema industriale. L’emblema delle lotte è nei 205 giorni dell’Al-coa, un presidio che coinvolge l’in-tero paese, e che questa nostra mo-bilitazione vuole rendere visibile, perché la visione dei problemi del-la Sardegna deve essere nazionale. E vuole difendere lo Statuto dei la-voratori la Fiom, che va esteso a tutti, perché il dimensionamento, la dequalificazione delle persone è

mobbing.” Lo sciopero del 25 s’inserisce

a pieno titolo nella mobilitazio-ne delle masse sarde contro il go-verno Renzi, il Jobs Act e la di-soccupazione dilagante sull’isola. Ricordiamo la “Marcia per il la-

voro” delle settimane scorse pro-mossa dagli esuberi di Meridiana e da lavoratori di altre aziende sarde in crisi. Proprio mentre scriviamo una trentina di donne coraggiose, dipendenti dell’ex Igea, hanno oc-cupato alcune miniere nella provin-cia di Carbonia-Iglesias, una delle quali fornisce anche l’acqua a un vasto territorio. L’Igea è una socie-tà della regione Sardegna incarica-ta della bonifica delle tante miniere dismesse che deve pagare mensi-lità arretrate ai suoi lavoratori. Le operaie “pronte all’occupazione ad oltranza”, chiedono alla Regione unica azionaria dell’azienda, il pa-gamento degli arretrati (in 12 mesi hanno percepito solo 5 mensilità) e risposte sul futuro della società che dovrebbe fare le bonifiche in Sar-degna. Da notare come, il governa-tore della Sardegna, Francesco Pi-gliaru, PD, non abbia praticamente mosso un dito per risolvere la ver-tenza che si è trascinata fino a ri-chiedere l’occupazione della mi-niera. Lo stesso dicasi del governo Renzi. Le operaie sono sostenute da una gara di solidarietà della po-polazione locale.

È un fatto senza precedenti in Sardegna, ma anche in tutta Italia l’occupazione di una miniera da parte delle operaie e dimostra come le masse femminil meridionali sia-no allo stremo e disposte a forme di lotta sempre più dure per difendere il diritto al lavoro. Il Partito mar-xista-leninista italiano esprime so-

lidarietà di classe a queste operaie in lotta ed auspica che la loro ver-tenza possa risolversi velocemente e in modo soddisfacente.

Il 27 novembre, sciopero dei metalmeccanici in Sicilia e mani-festazione a Palermo. Altra regione

del nostro Mezzogiorno che vive una grave situazione socio-econo-mica senza precedenti. Negli ulti-mi anni di crisi si sono persi 200 mila posti di lavoro e anche qui l’e-migrazione, che non si è mai fer-mata del tutto, è tornata ad essere la principale valvola di sfogo occu-pazionale.

I primi a scendere in piazza sono stati i lavoratori del Cantie-re Navale che dalle 8 si sono mos-

si in corteo dai cancelli dello sta-bilimento Fincantieri. C’erano gli operai della Fiat e quelli dell’An-saldo Breda, in cassa integrazione fino a fine anno; e ancora: i me-talmeccanici del petrolchimico di Gela, gli operai della St Microe-lectronics di Catania, gli operatori dei call center Accenture in mobili-tà, anche qui c’erano gli studenti e i pensionati, tanto che la manifesta-

zione Fiom ha fatto da catalizzato-re per tutti coloro che rivendicano il lavoro e si oppongono al gover-no Renzi.

“Togliere i diritti, significa solo lavoratori più precari non più oc-cupazione” dice il segretario regio-

nale della Cgil, Michele Pagliaro, nel comizio conclusivo. Per Mau-rizio Landini “le politiche del go-verno sono sbagliate, perché non c’è alcuna idea di rilancio e di svi-luppo. Senza la ripresa degli inve-stimenti pubblici e privati non si riuscirà a creare lavoro. Il gover-no cambi linea”. Oltre alle mobili-tazioni la Fiom è pronta a iniziare anche una battaglia giuridica con-tro il Jobs Act e non esclude un

ricorso davanti alla Corte di giu-stizia dell’Ue. “Metteremo in cam-po qualsiasi iniziativa giuridica nei confronti dell’Europa, perché quelle regole - ha detto Landini - sono contro la Carta dei diritti eu-ropei.....non ci fermiamo davanti a un provvedimento sbagliato volu-to dal governo e votato dal Parla-mento”.

Tante le critiche verso la politi-

ca antioperaia di Renzi sentite dal palco sia dai lavoratori che dai rap-presentanti sindacali intervenuti. Politica nazionale che va ad aggra-vare gli effetti della crisi economi-ca capitalistica globale, che fanno della Sicilia una delle più povere

regioni europee. Renzi si dipinge come paladino della legalità e del-la lotta alla criminalità organizzata ma accrescere la povertà e la mi-seria come fa il suo governo, “ si-gnifica creare terreno fertile per la mafia” ha denunciato il segreta-rio della Fiom di Palermo Roberto Mastrosimone.

Anche in Sicilia non sono man-cate le critiche alla giunta regionale presieduta dal PD Rosario Crocet-ta. La “rivoluzione” crocettiana si è rivelata un fallimento sostanziale conseguente al disastro economico e sociale perpetrato ai danni delle masse popolari siciliane. Una giun-ta abbarbicata alla poltrona inten-ta alla spartizione del potere che, al di là delle vuote parole, non ha mi-nimamente affrontato l’emergen-za del lavoro che non c’è, anzi si è ulteriormente aggravata. Mastro-simone non ha risparmiato freccia-te al governatore siciliano: “piut-tosto che di rimpasti e rimpastini, si occupi delle questioni del lavoro e dello sviluppo,- ha aggiunto - non c’è più tempo da perdere”.

Venerdì 28 novembre c’è stato lo sciopero nazionale degli edili, con astensione dal lavoro di 4 ore in tutta Italia. Una categoria colpita pesantemente dalla crisi del com-parto edilizio che ha visto la perdi-ta di migliaia di posti. Ma i lavora-tori non sono disposti ad accettare i ricatti di Ance e Coop, associazioni padronali che pretendono il rinno-vo del contratto senza un centesi-

mo di aumento e con la distruzione del Contratto Nazionale di Lavo-ro. Con forza si oppongono anche al peggioramento delle condizioni di lavoro in un settore dove dilaga l’illegalità.

Le maggiori manifestazioni si sono avute a Roma, Milano, in Piemonte, in Puglia, a Palermo e a Napoli. In Campania lo sciope-ro è stato di 8 ore per sottolineare la grave crisi che attraversa l’edi-lizia in questa regione, con deci-ne di morti nei cantieri spesso con-trollati dalla camorra. Purtroppo dobbiamo registrare anche diversi “scioperi al rovescio” come a Imo-la e Rimini. Idea lanciata da Lan-dini dove i lavoratori e i disoccu-pati dalle manifestazioni sono stati dirottati a restaurare gratuitamente edifici pubblici.

Decine di migliaia i lavorato-ri del settore agroalimentare, tra braccianti, operai agricoli, delle in-dustrie alimentari e forestali, hanno manifestato sabato 29 in piazza a Roma contro le misure del Jobs act e l’illegalità e lo sfruttamento del lavoro in agricoltura. Tra le richie-ste: interventi per il settore della forestazione ed azioni concrete da parte del Governo e del parlamen-to per una riforma del mercato del lavoro agricolo che sia trasparente e legale, in grado di contrastare ef-ficacemente i fenomeni di interme-diazione illecita e lavoro nero. Nel corteo anche i segretari di Cgil e Uil, Camusso e Barbagallo.

L’1 dicembre hanno sciopera-to i lavoratori pubblici della CISL per il rinnovo del contratto di la-voro fermo da sei anni. L’adesio-ne in media nelle diverse regioni ha oscillato tra il 15 e il 20%, con partecipati presidi e manifestazioni in diversi capoluoghi di provincia in tutta Italia.

Di fronte alla crescente mobili-tazione dei lavoratori e delle masse popolari e con l’avvicinarsi dello sciopero generale del 12 dicem-bre, Renzi è sempre più nervoso e risponde con la sua solita arrogan-za. Attacca in continuazione i sin-dacati e i lavoratori, dipinti come fannulloni che scioperano, che vo-gliono difendere i “privilegi” (cioè un lavoro dignitoso e con diritti) mentre dall’altra parte, quella dei “buoni”, ci sono lui e i padroni. Di fronte all’assemblea nazionale della CNA (Confederazione Na-zionale degli Artigiani) ha dichia-rato: “gli imprenditori sono i veri eroi del nostro tempo”. La Camus-so gli ha risposto : “I veri eroi sono i lavoratori e non gli imprenditori”. Giustamente, è il minimo che po-teva dire.

Lo sapevamo benissimo che Renzi stava dalla parte dei padroni e il PMLI lo ha denunciato fin dal suo insediamento, ma anche i lavo-ratori se ne sono accorti. La classe operaia, i lavoratori, a cominciare dai precari, i disoccupati, i pensio-nati, i giovani, le masse popolari e femminili non devono aspettar-si niente di buono da questo presi-dente del Consiglio e devono con-tinuare a combatterlo con tutte le loro forze, finché questo neofasci-sta in camicia bianca e il suo go-verno non saranno spazzati via.

Cagliari, 25 novembre 2014. Una veduta della manifestazione dei metalmeccanici in piazza Garibaldi dove si sono tenuti i comizi conclusivi

palermo, 27 novembre 2014, Manifestazione per lo sciopero generale dei metalmeccanici indetto dalla Fiom. a destra Lo spezzone degli studenti che hanno manifestato accanto ai metalmeccanici

Roma, 29 novembre 2014. Manifestazione nazionale dei braccianti e dei lavora-tori del settore agro-alimentare

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N. 45 - 11 dicembre 2014 no jobs act / il bolscevico 3Cancellato da destra il diritto borghese del lavoro, col voto di Bersani e Epifani e l’assenso di Napolitano

La CamEra NEra approva iL JoBs aCt imposto da rENzi

pEr La LiBErta’ di LiCENziamENtoLa sinistra del PD non ci sta: due deputati votano contro, due si astengono, 29 non partecipano al voto. Anche

la Bindi minaccia di fondare un nuovo partito. Il M5S fa un gran baccano, ma poi non ha il coraggio di votare no

IL nuovo BerLuSconI vA SPAzzAto vIAIl 25 novembre la Camera nera

ha approvato a passo di carica in seconda lettura il disegno di leg-ge delega che dà ampia facoltà al governo di scrittura e applicazio-ne del famigerato Jobs Act di Ren-zi e Poletti. Il provvedimento che abolisce definitivamente l’articolo 18, dando piena libertà di licenzia-mento ai padroni e scardinando al-tri diritti sanciti dallo Statuto dei lavoratori, come il diritto a non es-sere retrocessi nelle mansioni e il diritto a non essere spiati sul posto di lavoro.

Rispetto alla prima approva-zione dell’8 ottobre in Senato, avvenuta grazie all’imposizione del voto di fiducia, stavolta Ren-zi correva meno rischi avendo una maggioranza schiacciante alla Ca-mera, e così ha potuto farsi bello evitando il voto di fiducia, nono-stante la defezione di una trentina dei suoi deputati. Un lusso che si è potuto concedere anche grazie alla procedura accelerata per la discus-sione in aula (poche ore in tutto, complice anche la presidente Bol-drini), che gli dava la garanzia del rispetto dei tempi da lui stesso pre-fissati, altrimenti aveva già pron-to il voto di fiducia anche alla Ca-mera. Come è praticamente sicuro che lo imporrà per la terza e ultima lettura di nuovo al Senato, dove i numeri sono molto più risicati per la maggioranza di governo. Ripe-tendo così per la seconda volta la scandalosa forzatura procedura-le di una legge delega approva-ta col voto di fiducia, che è come dire una doppia cambiale in bian-co estorta al parlamento.

Ciononostante l’approvazio-ne è avvenuta con 316 voti a fa-vore, ossia un solo voto in più della maggioranza assoluta del parlamento che il voto di fiducia avrebbe richiesto se fosse stato messo, e questo la dice lunga sulla reale “solidità” della maggioran-za su cui si regge il governo del Berlusconi democristiano. In que-sto caso di voti ne bastavano mol-ti meno, perché 260 deputati erano usciti dall’aula per non partecipa-re al voto: tra questi tutti quelli di Forza Italia, Lega, SEL e M5S, più una trentina di deputati dissidenti della sinistra del PD, tra cui Fassi-na e Cuperlo, ma anche D’Attorre, Zoggia, Bindi, Boccia, Marzano, Pollastrini e altri. Invece sono ri-masti in aula a votare no Pippo Ci-vati e Luca Pastorino, mentre altri due civatiani si sono astenuti.

Anche i deputati del M5S, pur avendo fatto un gran baccano in aula, sventolando strisce con la scritta “Licenziact”, poi non han-no avuto la coerenza e il coraggio di votare no, ma hanno preferito uscire dall’aula, come i 29 dissi-denti PD che non partecipando al voto hanno solo voluto lanciare un segnale a Renzi senza osare pro-nunciarsi chiaramente contro il suo Jobs Act.

La complicità di Bersani ed Epifani Il dissenso della minoranza in-

terna era stato annunciato alla vi-gilia del passaggio parlamenta-re dagli stessi Cuperlo e Fassina, col primo che dichiarava “così com’è il Jobs Act è insostenibile, non posso votarlo”, e il secondo che accusava il provvedimento di puntare alla “libertà di licenzia-mento”. Rosy Bindi, esponente di punta della corrente prodiana, ventilava addirittura la possibilità di una scissione del PD per forma-re un nuovo partito “di sinistra”. Il giorno precedente alla votazione finale 17 deputati della minoran-za, tra cui Cuperlo, Fassina e Ci-vati, votavano un emendamento dell’ex sindacalista Fiom Airaudo (SEL), che chiedeva di ripristina-re l’articolo 18 per i neo assunti dopo un anno di contratto anziché i tre previsti dal provvedimento. Emendamento bocciato, ma che suonava un campanello d’allarme per il governo.

Ecco allora accorrere in aiuto a Renzi l’altra metà della “sinistra” interna, con l’ex segretario Bersa-ni che, pur brontolando contro gli attacchi del premier alla Cgil e il suo menefreghismo verso la bato-sta astensionista in Emilia Roma-gna, ha garantito i suoi voti “per disciplina di partito, perché chi ha fatto il segretario non può tirarsi fuori facilmente”, e perché vuole assolutamente evitare scissioni. A lui si sono uniti a puntellare Ren-zi votando il Jobs Act anche gli ex sindacalisti Epifani e Damia-no, diventati per questo, insieme ad altri ex dirigenti sindacali che hanno votato la legge, meritata-mente oggetto di una petizione di delegati di grandi fabbriche e del

settore pubblico che chiede alla segreteria di ritirare loro la tesse-ra di iscrizione alla Cgil. Petizio-ne su cui però la Camusso fa orec-chie da mercante.

Su un altro fianco i leader di Area riformista, gli ex bersaniani Speranza, Martina e Micheli, ora renziani convinti, provvedevano a mettere in sicurezza il provvedi-mento col loro pacchetto di voti, vantandosi pure di essere sta-ti decisivi per la sua approvazio-ne, perché “senza di noi saltava il numero legale e il governo”. An-cora una volta, perciò, Renzi l’ha avuta vinta sulla frastagliata e di-visa minoranza interna, e ha po-tuto cantar vittoria così: “Abbia-mo tolto l’articolo 18, e volete che non ci siano dei dissidenti? Ci di-cevano che i dissidenti sarebbero stati 80 e invece sono 30. Ci dice-vano che saremmo stati attaccati al voto di Forza Italia, invece ce l’abbiamo fatta da soli”.

Nessuna concessione alla sinistra pd

Del resto, per quanto i dissi-denti si affannino a dichiarare che la battaglia proseguirà al Senato, Renzi sa che non avranno il corag-gio di non votare la fiducia, perché ciò farebbe cadere il governo pro-vocando le elezioni anticipate, e di conseguenza anche la loro non ri-candidatura al nuovo parlamento. Anzi vorrebbe forzare al massimo i tempi per arrivare ad approva-re il Jobs Act prima dello sciope-ro generale del 12 dicembre, così da mettere il sindacato davanti al fatto compiuto. E comunque vor-rebbe partire con i decreti attuati-vi già da gennaio. E difatti di que-sto è andato subito a parlare con Napolitano al Quirinale, rassicu-

randolo anche sulla tenuta del pat-to del Nazareno con Berlusconi e sul cammino delle altre “rifor-me”, in particolare dell’Italicum e dell’abolizione del Senato. Ri-cevendo ovviamente in cambio il più convinto e soddisfatto assenso da parte del nuovo Vittorio Ema-nuele III.

In ogni caso la “battaglia” del-la sinistra PD non è per affossa-re il provvedimento, che è l’unica cosa che conta veramente, ma solo per ottenere da Renzi qualche mi-nimo ritocco che possa farle pian-tare una bandierina e certificare la sua esistenza in vita. Delle cose che gli aveva chiesto e che lui ave-va promesso, oltre al dovuto rein-tegro per i licenziamenti discri-minatori (ma spetta al lavoratore l’onere di dimostrarlo in tribuna-le), è rimasto solo il reintegro per alcuni tipi di licenziamenti disci-plinari respinti dal giudice. Quali? Sarà sempre il governo a stabilirlo nella delega, probabilmente solo in caso di licenziamento per fur-to inesistente. Non ci rientrerebbe-ro per esempio nemmeno i tre sin-dacalisti Fiom di Melfi licenziati da Marchionne con false accuse di sabotaggio e riammessi in fabbri-ca dal tribunale del lavoro.

Delle garanzie sugli ammortiz-zatori sociali non c’è traccia, per l’anno prossimo ci sono solo 1,9 miliardi stanziati dalla legge di sta-bilità, poi si vedrà; mentre è certo che sarà abolita la cassa integra-zione in caso di licenziamenti per cessazione aziendale o di un ramo di essa, e che dal 2017 sarà abolita l’indennità di mobilità. Così come non c’è la soppressione, promes-sa nella proposta originale, e nem-meno lo sfoltimento, delle decine di contratti atipici, ma solo (forse) l’abolizione dei contratti a proget-to. Restano pure il demansiona-

mento e il controllo a distanza dei lavoratori, sia pure limitato (sem-bra) agli impianti e agli strumenti di lavoro, come computer e cellu-lari. Non c’è nemmeno la certezza che i contratti “a tutela crescente” senza articolo 18 (in realtà biso-gnerebbe chiamarli “a monetizza-zione crescente dei licenziamenti senza giusta causa”) siano appli-cati solo ai nuovi assunti, e non siano invece estesi a tutti i lavo-ratori. Il fatto è che si tratta di una legge delega, una legge in bianco per definizione, e che una volta ot-tenuta il governo potrà scriverla come gli pare e piace, senza che il parlamento possa più interve-nire per correggerla, ma solo per esprimere al massimo un parere consultivo.

realizzati i “sogni” della ConfindustriaIn sostanza escono riconfer-

mati tutti i punti più antisindacali e filopadronalidi cui il Jobs Act si è caricato via via che Renzi sco-priva le sue carte. Lo ha rivelato fra l’altro “Il Fatto Quotidiano”, facendo una comparazione tra il Jobs Act così come si è andato configurando negli ultimi mesi e un documento della Confindu-stria del maggio scorso in cui era-no elencati esattamente gli stessi

punti, sovente anche con le stes-se formulazioni, poi riapparsi nel provvedimento di Renzi e Poletti. Tanto da farlo sembrare un “copia e incolla” del documento confin-dustriale.

Solo la lotta di massa nelle piazze, nelle fabbriche, nei cam-pi, nelle scuole e in tutti i luo-ghi di lavoro può bloccare perciò l’odioso attacco del nuovo Berlu-sconi, in combutta con Marchion-ne, la Confindustria e i vertici dell’Unione europea imperialista, ai diritti normativi, contrattuali e democratici dei lavoratori, stra-tegicamente volto a cancellare da destra i fondamentali dello stesso diritto borghese del lavoro e far tornare le relazioni industriali al modello mussoliniano e vallettia-no in vigore fino alle grandi lotte del ’68-’69.

In questo quadro lo sciopero generale di Cgil e Uil del 12 di-cembre rappresenta una prima, se pur parziale e tardiva, risposta che va nella giusta direzione, ma non ci si deve assolutamente fermare qui, a una mera azione di testimo-nianza come nelle intenzioni dei vertici sindacali cedevoli e oppor-tunisti. Occorre invece intensifica-re ed allargare le lotte per spazzare via il governo del nuovo Berlusco-ni, che è l’unico modo per affossa-re anche la sua politica antiopera-ia, antipopolare e piduista.

Immagini delle proteste contro il Jobs Act. Da sinistra: roma, manifestazione nazionale cGIL del 25 ottobre, il corteo la-voratori della Bonfiglioli a Forlì del 25 novembre, subito dopo l’approvazione alla Camera, gli studenti di Torino in piazza a fianco dei metalmeccanici il 17 ottobre scorso

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4 il bolscevico / interni N. 45 - 11 dicembre 2014

Come Mussolini: “Si stancheranno prima loro di noi”

Renzi contestato a catania, Reggio calabRia e in iRpinia

Caricati i giovani a CataniaIl nuovo BerlusConI assomIglIa sempre pIù a mussolInICon l’arroganza che gli è pro-

pria, mentre massacra le masse popolari, il Berlusconi democri-stiano Renzi si è recato in una visita propagandistica per Sicilia, Calabria e Campania, profonden-dosi in chiacchiere che hanno la-sciato le masse meridionali con un pugno di mosche. Ci si chiede a quale “messaggio di speranza” si sia riferito Renzi quando a Cata-nia, a poche ore dall’approvazione del Jobs act e mentre la disoccu-pazione tocca punte storiche nel Mezzogiorno ha affermato “che le idee possono smettere di essere sogni e diventare realtà”.

Le masse popolari meridionali lo detestano e lo hanno accolto a fischi e lancio di uova e urla duran-te la passerella mediatica che lo ha portato da Catania a Reggio Cala-bria all’Irpinia. Nessun impegno concreto sul problema del lavoro, della disoccupazione giovanile e femminile, dell’abbandono del ter-ritorio, della criminalità organizza-ta, ma tutto un disgustoso posare in perfetto stile mussoliniano tra lavoratori e uno stringere mani alle corrotte istituzioni politiche locali, le quali lo hanno accolto in trionfo con un imponente schieramento di “forze dell’ordine”, per tenere lontane le contestazioni esplose ovunque.

Così quando si è presentato a Catania, in compagnia del fido sottosegretario Del Rio, ha fatto una passerella alla 3Sun, fabbrica di pannelli fotovoltaici, Joint Ven-ture paritetica tra Enel Green Po-wer, Sharp, STMicroelectronics e poi si è avviato al Municipio, nella piazza intanto veniva impedito ai manifestanti, bloccati da agenti in assetto antisommossa, di rag-

giungere Renzi dentro la sede del Comune. I giovani hanno lanciato slogan come: “Disoccupazione, sfratti, precarietà, cacciamo Renzi dalla Città” e hanno tentato di for-zare il cordone di “forze dell’ordi-ne”, urlando “Vergogna, vergogna” e “questa piazza è pubblica”.

Un corteo ha tentato di arrivare in Piazza Duomo, ma è stato bloc-cato dalla polizia e dai carabinieri con un corpo a corpo. La protesta ha tuttavia raggiunto il suo scopo perché Renzi è dovuto entrare e poi uscire di nascosto dal Comune da una porta secondaria.

“Si stancheranno prima loro, noi non ci stanchiamo”, ha sprezzan-

temente e con piglio mussolinia-no ribattuto Renzi rintanato nella sala consiliare dove il neopodestà Bianco, PD, lo ha accolto con tutti gli onori, stendendo il tappeto ros-so al primo massacratore sociale delle masse catanesi.

Il punto è che le contestazioni non sono capricci estemporanei. Il punto è che la lotta di classe si scatena sempre più man mano che il nuovo Berlusconi procede nella sua arrogante politica di mas-sacro sociale.

E Renzi sa bene cosa sta suc-cedendo, non è un caso che con-tro il conflitto sociale che monta in Italia, il premier in persona stia

conducendo una violenta campa-gna politica e ideologica, esal-tando la pacificazione e l’ordine sociale: “È convinzione – ha af-fermato, ricorrendo a uno slogan caro a Mussolini, durante l’inaugu-razione dell’anno accademico del-la Polizia Tributaria - che solo con l’adempimento con onore e disci-plina di tutti e ciascuno, partendo da chi ha incarichi di governo fino al cittadino comune vero eroe della quotidianità, riusciremo a cambia-re il Paese”.

Ma non c’è onore in un governo che massacra le masse popolari ed è bene non riporvi alcuna fidu-cia e contestarlo duramente. Che

il conflitto di classe esploda, altro che ordine e disciplina!

Scappato da una porticina di servizio diretto a Reggio Calabria, è stato qui accolto con un lancio di uova davanti all’AnsaldoBreda, dove era stato organizzato dalla CGIL un presidio di operai. I ma-nifestanti esponevano bandie-re sindacali e vari striscioni con scritto, tra l’altro, “governo uguale fame”. Al presidio erano presenti anche i tirocinanti degli uffici giu-diziari, disoccupati ed i lavoratori della Italcementi di Vibo Valen-tia. Un presidio della CGIL anche nell’avellinese, in Irpinia, allo stabi-limento Ema di Morra de Sanctis, una cattedrale nel deserto del 90% degli stabilimenti chiusi nella zona. Presenti in attesa di Renzi anche i comitati contro le trivellazioni in Irpinia. Tanti manifesti e striscio-ni con parole come “Fermiamo lo Sblocca Italia, cacciamo il governo Renzi”,

Renzi è responsabile dell’abbandono del

Mezzogiorno Per il nuovo Berlusconi demo-

cristiano, la condizione del Sud dipende da “ragioni storiche, figlie di scelte sbagliate che possono essere cambiate”.

È vero, ma il problema è capire chi aggrava adesso la condizione del Sud e come può essere cam-biata. Sulle ragioni storiche si è in-nestata, la crisi economica del ca-pitalismo che è passata come uno schiacciasassi sul nostro Mezzo-giorno e a guidare la distruzione in questi ultimi 20 anni c’erano Ber-

lusconi, Prodi, Monti e Letta. E ora c’è Renzi, che, con le sue politiche sul lavoro, come il Jobs act, o con provvedimenti che devastano il territorio e favoriscono la criminali-tà organizzata, come lo “Sblocca-Italia”, incancrenisce gli effetti di scelte storiche e attuali sbagliate e antimeridionali e prosegue e acce-lera nel programma di scaricare la crisi del capitalismo sui lavoratori e sulle masse popolari, soprattutto del Sud.

Lottare per risolvere i problemi del Sud significa anzitutto lotta-re per mandare a casa il governo Renzi, come veniva chiesto duran-te le contestazioni, abrogare i suoi provvedimenti, a partire dal Jobs act, per il lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno, sindacal-mente tutelato. È su questo tema che tutte le forze politiche, sociali, sindacali, culturali e religiose de-mocratiche e antifasciste cui sta a cuore la sorte del Sud devono convergere.

Non solo, noi auspichiamo che soprattutto i giovani e le giovani, le donne del Sud che nella lotta pro-prio in questi giorni sono in prima linea, comprendano che tutte le loro sofferenze hanno origine dal capitalismo. Non si possono cam-biare le sorti del nostro Mezzogior-no senza abbattere il capitalismo e i governi che gli reggono il sacco, anche se sono espressione della “sinistra” borghese.

Che i giovani e le donne meri-dionali vessati dallo sfruttamento, dall’oppressione, dall’emigrazione diano le ali al loro futuro racco-gliendo la proposta strategica del PMLI di battersi per la conquista dell’Italia unita, rossa e socialista.

stoRica sentenza della coRte di giustizia euRopea

“i precari della scuola vanno stabilizzati” La Corte di giustizia europea

ha intimato al governo Renzi di assumere i precari della scuola con alle spalle almeno tre anni di servizio nelle scuole, in quanto il rinnovo continuo dei contratti è pratica “contraria al diritto del la-voro nell’Ue”.

Secondo la storica sentenza del 25 novembre, l’accordo qua-dro sul lavoro a tempo determina-to va interpretato come vincolante e le normative nazionali devono adeguarvisi. E non è rergolare in attesa dell’espletamento delle pro-cedure concorsuali per l’assun-zione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti (orga-nico di diritto) e disponibili (organi-co di fatto) di docenti e personale Ata.

In sostanza il governo italiano viola la direttiva europea n. 70 del 1999, secondo cui dopo 36 mesi di servizio i precari hanno diritto ad essere assunti a tempo indetermi-nato, a meno che non sussistano “ragioni oggettive”, le quali di fatto non sussistono. Nel 2011 il gover-no Berlusconi IV aveva emanato una legge in base alla quale la nor-mativa europea non doveva essere applicata ai lavoratori precari della scuola. E contro questa normativa

dei precari, sostenuti dall’ANIEF (Associazione Professionale e Sin-dacale che rappresenta alcuni do-centi della scuola) ha fatto ricorso. La sentenza riguarda i precari che hanno coperto cattedre che avreb-bero dovuto essere di ruolo che non risultano avere un titolare e i precari con contratto al 30 giugno, che abbiano svolto 36 mesi. La sentenza apre anche alla possibi-lità di richiedere il pagamento degli scatti di anzianità per il periodo di precariato o preruolo. Si tratta di ri-sarcimenti per due miliardi di euro.

Una sentenza attesa da qual-che mese dal governo Renzi, che, con il piano di 148mila assunzio-ni a partire da settembre 2015 ha tentato e tenta ancora, stando alle dichiarazioni della ministra Stefa-nia Giannini, che conferma la cifra stabilita dal governo, di giocare al ribasso rispetto ai 250/300 mila lavoratori della scuola beneficiari della sentenza.

Ma le questioni aperte non si esauriscono al mondo della scuola, infatti la sentenza a rigor di logica riguarda tutti i lavoratori precari, a partire da quelli del pub-blico impiego, e in ogni caso è una sentenza che sconfessa lo stesso impianto del Jobs act. In sostan-za Renzi è sul fronte dei diritti dei lavoratori ben più a destra delle

normative dell’Ue imperialista, ul-traliberista e antipopolare, il che è tutto dire.

Certamente la sentenza mostra che il piano sulla “Buona Scuola” è inadeguato di fronte alle lacu-ne del sistema scolastico italiano e va respinto, non soltanto per il gioco al ribasso sull’assunzione di precari, ma anche per la prevista abolizione del CCNL, degli scatti di anzianità e il raddoppio dell’orario di lavoro a parità di salario.

Bisogna battersi per l’assun-zione di tutti i precari della scuola e della pubblica amministrazione, ma anche per l’abolizione del Jobs act, per la piena occupazione, per l’aumento dell’indennità di disoc-cupazione, per l’abolizione del pre-cariato, per l’aumento dei salari e delle pensioni sociali, minime e più basse, per la pensione, la sanità e l’istruzione pubbliche.

In ogni caso il governo del Ber-lusconi democristiano non merita alcuna fiducia. Va spazzato via senza indugio e con la massima determinazione, conducendo con-tro di esso una dura opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuo-le e nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, spe-cie sindacali e studentesche.

a portovesme

l’alcoa licenzia 800 opeRaiA smentire per l’ennesima volta

il Berlusconi democristiano Renzi ci ha pensato il colosso americano proprietario dell’Alcoa di Portove-sme (Iglesias) che, nel mezzo della delicata trattativa per vendere lo stabilimento a Glencore, un altro dei colossi mondiali dell’alluminio, ha spedito le lettere di licenziamento ai 437 operai, in cassa integrazione dal gennaio 2013.

La notizia è arrivata martedì 25 novembre da fonti sindacali e con-ferma che Alcoa ha portato avanti quanto stabilito “nel quadro degli accordi di mobilità”, dichiara Mo-reno Muresu della Fim-Cisl, come se fosse un fatto inevitabile, con-tro il quale tutti i lavoratori, dello stabilimento e dell’indotto, hanno lottato incessantemente da tem-po. Ma la gravità della situazione emerge dal fatto che “le lettere di licenziamento sanciscono il disim-pegno definitivo e irrevocabile di Alcoa” che lascia senza un posto di lavoro e con un salario decurta-to tutti i 437 lavoratori della fabbri-ca di Portovesme, ma anche i 360 dell’indotto, che le lettere di licen-

ziamento hanno cominciato a rice-verle prima. Non solo, gli ammor-tizzatori sociali in deroga, a causa dei rimpalli tra Regione Sardegna e governo, lasciano spesso i lavo-ratori senza reddito e in particola-re proprio i lavoratori degli appalti che non hanno le stesse copertu-re. Questo atto significa anche che non c’è nessuna sicurezza che la trattativa con Glencore porti ad una qualsiasi riapertura della fab-brica e a nuovi posti di lavoro.

La Glencore, infatti, chiede una drastica riduzione dei costi ener-getici, che in Sardegna superano di molto la media europea, e che il governo non si è mai impegnato a garantire per non correre il rischio delle sanzioni dell’Ue imperialista.

La multinazionale americana smobilita con la solita motivazio-ne pretestuosa degli alti i costi di produzione e se ne va con le va-ligie piene di super profitti lucrati alle spalle degli operai e delle loro famiglie che lascia sull’isola nella miseria e nella desertificazione in-dustriale mentre, poche settimane fa, ha completato l’acquisizione

di Firth Rixson, un leader della componentistica dei motori aero-spaziali; con quest’acquisizione ha calcolato che i ricavi aumente-ranno di 1,6 miliardi dollari entro il 2016. Alla faccia della crisi!

“Sia chiaro – aggiunge il se-gretario generale Fim-Cisl Marco Bentivogli - non saremo certo noi a gettare la spugna, ci batteremo fino all’ultimo per tenere accesa la speranza e risolvere positivamente la vertenza simbolo del vuoto della politica”.

Maurizio Landini, Fiom-Cgil, presente a Cagliari proprio il 25 allo sciopero generale ha definito la situazione dei lavoratori sardi drammatica: “per questo serve uno sforzo collettivo che affronti in modo nuovo e diverso la situa-zione”.

Ma per difendere gli interessi dei lavoratori occorre un sforzo maggiore ai sindacati confederali e indire, finalmente, lo sciopero ge-nerale nazionale di otto ore di tutte le categorie con manifestazione a Roma sotto Palazzo Chigi per cac-ciare il nuovo Berlusconi Renzi.

Il contratto a termine non può essere rinnovato infinite volte. Tra insegnanti e personale ata sono 250-300 mila lavoratori che vanno assunti

Catania, 28 novembre 2014. La polizia circonda chi protesta e contesta Renzi in visita a Catania

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N. 45 - 11 dicembre 2014 imperialismo e inteventismo del governo renzi / il bolscevico 5Lo afferma senza vergogna Gentiloni, nuovo ministro degli Esteri

L’ItaLIa ImpErIaLIsta E IntErvEntIsta dI napoLItano E rEnzI pronta a mandarE L’EsErcIto In LIbIaLa politica colonialista di Mussolini rivive nel governo Renzi

La Libia rientra nel nostro cor-tile di casa e l’Italia è pronta ad un intervento militare per proteggere i nostri interessi nazionali: è questa la dottrina interventista che il neo ministro degli Esteri Paolo Genti-loni ha adottato da quando si è in-sediato alla Farnesina poche setti-mane fa. E la espone senza pudore in interviste ai principali quotidia-ni nazionali come “Il Foglio”, “La Repubblica” e “Il Messaggero”, che sta facendo pubblicare sul sito del ministero dandogli evidente-mente il valore di altrettante di-chiarazioni ufficiali.

Intervistato dall’ex Lotta conti-nua Gad Lerner, per il quotidiano del magnate De Benedetti e dell’ex fascista Scalfari, l’ex Democrazia proletaria, MLS e PDUP Gentiloni non si fa pregare a rivelare le sma-nie neocolonialiste del governo Renzi e sue personali. Alla doman-da preconfezionata e compiacente di Lerner, “ministro Gentiloni, pri-ma o poi diventerà inevitabile un intervento in Libia per impedire che il terrorismo e la pirateria se ne impadroniscano definitivamen-te?”, il titolare della Farnesina ri-sponde infatti prontamente: “Non

dobbiamo ripetere l’errore di met-tere gli stivali sul terreno prima di avere una soluzione politica da so-stenere. Ma certo un intervento di peacekeeping, rigorosamente sot-to l’egida Onu, vedrebbe l’Italia impegnata in prima fila. Purché preceduto dall’avvio di un percor-so negoziale verso nuove elezio-ni garantito da un governo di sag-gi. In assenza del quale mostrare le divise rischia solo di peggiorare la situazione. Ci stiamo lavorando, con i paesi dell’area e con le Na-zioni Unite”.(...)

Il ministro rivela cioè candi-damente che il governo Renzi sta preparando il terreno a un in-tervento militare “in prima fila” dell’Italia in Libia, d’accordo con “i paesi dell’area”, a cominciare – è sottinteso - dall’Egitto dei gene-rali golpisti e dagli Stati del Golfo, verso i quali l’attivismo e le visite di Renzi si sono fatte non a caso frenetici negli ultimi tempi. Solo che prima è necessario garantirsi il beneplacito dell’Onu e una ri-chiesta di intervento da parte di una qualche governo provvisorio filo occidentale, in modo da poter giustificare l’intervento militare

dietro la foglia di fico di una “mis-sione di pace”, sul modello Afgha-nistan. E anche per avere la scu-sa di aggirare per l’ennesima volta l’ormai inutile ma ancora fastidio-samente presente articolo 11 del-la Costituzione. Anche a questo, cioè a creare in loco un potere po-litico fantoccio, il governo “ci sta lavorando”: “Non ci rassegniamo alla dissoluzione della Libia. Sa-remo parte attiva nell’individua-

re una transizione politica unitaria cui subordiniamo l’eventualità di una presenza militare di peacekee-ping”, insiste infatti Gentiloni con l’inviato de “La Repubblica”.

Questo disegno politico-mili-tare interventista Gentiloni lo ha esposto anche all’inviato de “Il Messaggero”, al quale ha ribadito che “la Libia ci interessa più da vi-cino e coinvolge i nostri interessi nazionali da tutti i punti di vista:

economico, politico, della sicurez-za, migratorio”. “L’Italia – ha ag-giunto - è pronta a fare la sua par-te in Libia anche con interventi di peacekeeping, per i quali occorre però un processo di pace guidato dall’Onu e in Libia non siamo an-cora in quella fase. Serve un go-verno provvisorio, un percorso istituzionale verso un nuovo as-setto che tenga assieme i modera-ti delle diverse parti in conflitto. Solo a quel punto sarà ipotizzabi-le una presenza di monitoraggio o peacekeeping”.

Stessi concetti riportati anche da “Il Foglio” finanziato da Ber-lusconi e diretto dal rinnegato ed agente della Cia Giuliano Ferra-ra, che ha particolarmente insistito sul carattere “di sinistra” dell’“in-terventismo umanitario” di Genti-loni: “Paolo Gentiloni, neo mini-stro degli Esteri italiano, sa tenere insieme l’idealismo dell’interven-tismo umanitario con il realismo della stabilizzazione, due facce della teoria di politica estera spes-so inconciliabili, e lo fa tracciando una riga netta tra quello che oggi è (diventato) di sinistra e quello che invece è di destra”, azzarda infat-

ti l’inviato de “Il Foglio” in aper-tura dell’intervista pubblicata con risalto sul sito della Farnesina. E poi spiega (senza essere smentito dal ministro, che evidentemente approva): “Aprirsi al mondo, in-tervenire nelle aree di crisi, siglare trattati di scambio e insistere, in-defessi, sui negoziati e il dialogo è di sinistra. Il protezionismo eco-nomico, l’isolazionismo in politi-ca estera e anche la chiusura delle frontiere - ‘no all’immigrazione’- sono di destra”.

L’ex radicale pacifista Genti-loni, insomma, non si vergogna di ritagliarsi un ruolo da protagoni-sta della dottrina neocolonialista dell’Italia imperialista e interven-tista di Renzi e di Napolitano: il quale, va ricordato, fu promotore e garante dell’intervento dell’Ita-lia a fianco della Francia, degli Usa e della Nato nell’aggressio-ne militare imperialista alla Libia nel 2011. Un intervento che stori-camente si ricollegava in maniera sinistra a quello sanguinosissimo negli anni ’30 del secolo scorso da parte di Mussolini, la cui politica colonialista rivive oggi nel gover-no Renzi.

IL contE GEntILonI sILvErJ, atLantIsta, amIco dI Usa E dI IsraELE E nEmIco dEL sIndacatoDal 31 ottobre scorso il conte

Paolo Gentiloni è stato nominato ministro degli affari esteri e del-la cooperazione internazionale in sostituzione del suo predecessore, Federica Mogherini. Quest’ultima è stata chiamata a Bruxelles per ri-coprire la carica di Alto rappresen-tante per la politica estera dell’UE, una sorta di ministro degli este-ri dell’Unione europea imperiali-sta. Il curriculum del nuovo mini-stro degli esteri italiano è davvero eloquente. Gentiloni rappresenta l’esempio del politicante borghe-se opportunista in carriera. Con disinvoltura questo imbroglione è passato dalla sinistra extraparla-mentare ad una posizione centrista di stampo democristiana. L’ope-ra è stata completata schierandosi anima e corpo a fianco del nuovo Berlusconi in camicia bianca Ren-zi che, come premio per i suoi ser-vigi, gli ha schiuso le porte della Farnesina. Come tanti dei suoi si-mili Gentiloni ha saputo riciclarsi in ogni stagione politica, sempre attento a rappresentare gli interes-si della classe dominante borghe-se e, avendola servita fedelmen-te per lunghi anni, soprattutto ora con Renzi, è stato premiato con la prestigiosa carica di ministro de-gli esteri.

Il debutto nella sinistra extraparlamentare

e il riciclaggio con rutelli

Paolo Gentiloni è nato a Roma il 22 novembre 1954. La sua fami-glia non solo appartiene alla pre-stigiosa borghesia capitolina ma ha anche nobili origini. Il ministro Gentiloni discende direttamen-te dai conti marchigiani Gentiloni Silverj, e può fregiarsi del relati-

vo titolo nobiliare. Il neo-ministro non è il primo rampollo di fami-glia a fare carriera nella politica borghese, tra i suo avi possiamo ricordare infatti Vincenzo Ottori-no Gentiloni, eponimo del patto Gentiloni con i liberali di Giolitti che segnò l’ingresso ufficiale dei cattolici nella vita politica italiana. Fin da ragazzo Paolo gode di tutti i vantaggi propri delle benestanti famiglie romane. Vive da nabab-bo nel palazzo di famiglia situato a pochi passi dal Quirinale e avvia il suo percorso di studi al liceo Tas-so, il più antico e prestigioso della capitale, dove consegue la maturi-tà classica.

All’università si iscrive a scien-ze politiche e, come tanti figli del-la borghesia bene, milita nella si-nistra extraparlamentare trozkista. Il neo-ministro Gentiloni assume posizioni dirigenziali nel movi-mento studentesco di Mario Ca-panna e Turi Toscano. Successive giravolte, sempre nell’area, lo por-tano ad entrare nell’Mls (Movi-mento lavoratori per il socialismo) e successivamente nel Pdup.

Conseguita la laurea si allonta-na ben presto dalla politica attiva e, abbandonate le velleità pseudo-rivoluzionarie, si dedica al giorna-lismo collaborando a diverse te-state borghesi di prestigio. Negli anni ’80, precisamente nel 1984, la svolta ambientalista che gli con-sente un riciclaggio rispetto ai tra-scorsi giovanili. Divenuto diretto-re di Nuova Ecologia, il periodico di Lega Ambiente, conosce il ver-de Francesco Rutelli, di cui diven-

ta un fedele sodale.Negli anni ’90 è al fian-

co dell’amico Rutelli in corsa al Campidoglio. A seguito della vit-toria di Rutelli su Gianfranco Fini, candidato per la destra borghese, arriva l’ingresso ufficiale nelle istituzioni borghesi con la carica di assessore al Giubileo. In quel-la veste Gentiloni spende miliar-di di soldi pubblici per addobbare Roma per la festa clericale dell’al-lora papa nero Wojtyla. Gentilo-ni è tra i fondatori della Marghe-rita, la formazione di centro che avrebbe dovuto raccogliere l’ere-dità delle aree di sinistra della DC. In questo contesto la sua posizio-ne è per la nascita di un “centro-si-nistra” dichiaratamente borghese ed antioperaio, radicalmente scis-so dalle tradizioni comuniste revi-sioniste.

Con la Margherita si candi-da e viene eletto alla Camera dei Deputati nelle elezioni politiche del 2001. Da qui in avanti la car-riera di Gentiloni procede spedita nel fango della politica borghese: deputato, sottosegretario, presi-dente della commissione di vigi-lanza Rai e, nel secondo governo Prodi, ministro delle Comunica-zioni. In questa carica Gentiloni si distingue per il suo totale immo-bilismo sulla questione dell’occu-pazione abusiva, da parte di Rete 4, delle reti di trasmissione riser-vate ad Europa 7. Incurante della messa in mora dell’Italia da parte della Commissione europea, Gen-tiloni non muove un dito per ten-tare di scalfire l’impero mediatico

del neoduce Berlusconi, questo in perfetta linea con il governo Prodi. Anche nella costituzione del PD è in prima linea.

Fedelissimo del neoduce in camicia bianca renzi

Nel 2012 Gentiloni si candida alle primarie del “centro-sinistra” per la carica di Sindaco di Roma ma si colloca soltanto terzo, sur-classato da Sassoli, capogrup-po PD al parlamento europeo, e da Ignazio Marino che verrà suc-cessivamente eletto sindaco. La sconfitta non lo fiacca eccessiva-mente. Novello s. Paolo sulla via di Damasco, viene folgorato dalla nuova stella in ascesa nel panora-ma del “centro-sinistra” borghese: Matteo Renzi. Comprendendo a fondo le enormi possibilità offer-te accodandosi al nuovo Berlusco-ni lo appoggia in ogni modo pos-sibile nella sua corsa alle primarie. Da buon opportunista non esita a scaricare i suoi precedenti compa-ri pur di mettersi in mostra: “ (…) non vedo misteri. C’è una parte del gruppo dirigente che ha gui-dato il PD in questi quattro anni che, da settimane, è come osses-sionato dall’obiettivo di ritardare e complicare quella che pensano sia la prossima vittoria di Matteo Renzi. Alla fine si fa pagare al PD un prezzo altissimo, come la terri-bile figuraccia nell’Assemblea del partito”. Di servilismo in servili-smo Gentiloni si fa strada come lacchè di Renzi di cui diventa pre-sto un uomo di fiducia: “(…) mi

colpisce il rapido diffondersi di una freddezza dei diversi establi-shment di questo paese nei con-fronti di Renzi: parlo di magistra-ti, burocrazie, poteri vari.” Il conte Gentiloni non ha dubbi a riguardo, è Renzi il futuro per il nuovo PD. La sintonia è totale, entrambi sono dichiaratamente favorevoli ad un cambiamento radicale del welfa-re e del diritto del lavoro in chia-ve antioperaia, antisindacale e filo padronale. Gentiloni inoltre, viste le sue nobili origini, può schiude-re a Renzi i salotti bene della nera borghesia romana che lo accoglie a braccia aperte.

La carica di ministro degli esteri nell’Italia

imperialista ed interventista

Dopo la scelta di Federica Mo-gherini di lasciare la propria cari-ca di ministro in favore del presti-gioso ruolo di Alto rappresentante della politica estera dell’UE il con-te Gentiloni entra in fibrillazione, pronto a raccoglierne l’eredità. Nella sua nomina alla Farnesina, un ruolo decisivo è stato giocato da Napolitano, che ha subito di-chiarato di considerarlo la persona giusta al posto giusto.

Rispetto al suo predecesso-re Federica Mogherini, ha una li-nea di politica estera molto più filo atlantica e filo israeliana. Se alla Mogherini veniva contestata una linea troppo accondiscenden-te verso lo zar Putin, Gentiloni è

invece spudoratamente filo ame-ricano. Il nuovo nobile ministro degli esteri può vantare dei con-tatti diretti con i maggiori grup-pi di potere che guidano la politi-ca estera imperialista statunitense ed europea. È dichiaratamente, per sua stessa ammissione, filo atlan-tico e filo israeliano. Il suo inse-diamento alla Farnesina è stato sa-lutato da commenti entusiastici da parte della comunità ebraica che sa di avere in lui un valido inter-locutore. In ossequio alla politica imperialista ed interventista italia-na, appena insediato alla Farnesi-na il conte Gentiloni ha provvedu-to a contattare i due marò, Latorre e Girone, trattenuti in India a se-guito dell’assassinio di innocenti pescatori. Sul caso dei due marò il neo titolare della Farnesina ha af-fermato che: “(…) la loro libera-zione è in cima alla nostra agen-da.”

Il passo successivo del neo-mi-nistro è stato quello di mostrarsi un fedele esecutore delle direttive atlantiche nell’ambito della que-stione ucraina. Lo scorso 13 no-vembre a Madrid ha dichiarato il suo appoggio assoluto ed incondi-zionato alle sanzioni UE contro la Russia dello zar Putin: “L’Europa, sul conflitto in Ucraina, è compat-ta nell’imporre sanzioni alla Rus-sia (…) sull’Ucraina. Registro una convergenza tra i nostri governi molto significativa sulle sanzioni alla Russia.” Con il conte Gentilo-ni alla Farnesina l’Italia proseguirà nella politica estera interventista e imperialista, proseguirà nel riarmo bellicista affamando e torchiando i lavoratori. Anche per questi mo-tivi il governo Renzi deve essere immediatamente spazzato via, pri-mo passo per la conquista dell’Ita-lia unita, rossa e socialista.

chi è il nuovo ministro degli esteriDa extraparlamentare, a rutelliano a renziano

Mussolini a Tripoli durante il suo viaggio nella Libia sotto l’occupazione fa-scista

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6 il bolscevico / interni N. 45 - 11 dicmbre 2014

Autorizzate dallo “Sblocca-Italia” del governo Renzi

LA BASILIcAtA SI RIvoLtA contRo Le tRIveLLAzIonI SeLvAgge

Il PMlI aPPoggIa la lotta delle Masse lucaneLa devastazione ambientale,

oltre che economica, dell’Italia avanza come un carrarmato con lo Sblocca Italia e per la Basilica-ta prevede che il territorio sia in-teressato alla ricerca, estrazione e raffinazione di idrocarburi per cir-ca i 3/4 della regione.

Giustamente infuriati i lucani, martoriati da emigrazione (3.000 giovani ogni anno devono abban-donare questa terra, da povertà), da disoccupazione, poiché l’industria petrolifera in venti anni ha porta-to ben poca ricchezza alle masse popolari, che hanno dovuto subire la distruzione dell’economia agri-cola, mentre le istituzioni borghe-si assistevano immobili all’esodo di migliaia di agricoltori dai cam-pi, alla chiusura di 24 mila azien-de, all’abbandono di 25 mila etta-ri di superficie coltivata. Se poi si vuole parlare dei danni ambientali

si può raccontare di una Basilica-ta che muore per i fanghi e i flui-di perforanti, per i metalli pesanti abbandonati o sotterrati nei campi, per l’inquinamento delle falde ac-quifere e delle acque superficiali, ma anche della diffusione sempre più ampia dei tumori e dell’abbas-samento dell’età dei malati.

Ormai sono giornaliere le pro-teste contro lo “Sblocca Italia” che va ad aggravare la situazione or-mai al collasso. Tra le più grandi manifestazioni quella dell’8 no-vembre a Potenza con i giovani e i giovanissimi in prima linea, ar-rivati da tutta la Basilicata. “Mo’ Basta!” urlano i giovani, “Basta petrolio, povertà, inquinamento, malaffare!” riferendosi ai decenni di sfruttamento del territorio, alle connivenze tra petrolieri e istitu-zioni borghesi e all’aggravamen-to della situazione imposto dallo

“Sblocca Italia”.Dure le contestazioni a Renzi,

che qualche settimana prima ave-va insultato le masse popolari lu-cane definendo i manifestanti “tre, quattro comitatini”. Sotto accusa anche per il governatore Marcello Pittella, PD, che ha appoggiato lo “Sblocca Italia” di Renzi: “Anda-tevene via – urlano i manifestanti - Volete trasformare questa regio-ne in un grosso pozzo, una grossa discarica”.

Le proteste di studenti, comi-tati, associazioni, movimenti am-bientalisti continuano anche in altri centri e vedono ovunque in prima fila i giovani. È Potenza la città più attiva, ma la mobilita-zione è culminata il 23 Novem-bre nella manifestazione regionale “giù le mani dalla nostra terra” a Matera dove sono confluiti centi-naia di manifestanti da ogni parte

della regione. È una data simbolo quella del 23 novembre: 34 anni fa il terremoto investiva il Sud Italia, provocando migliaia di morti in Campania e Basilicata, e 11 anni fa in centomila a Scanzano Jonico (Matera) marciavano contro la re-alizzazione del sito unico naziona-le dei rifiuti nucleari italiani.

Durante la manifestazione del 23 novembre è stato chiesto al go-vernatore Pittella l’impugnazio-ne presso la Corte Costituzionale dell’art. 38 dello “Sblocca-Italia” che consente procedure semplifi-cate e accelerate sulle infrastrut-ture definite “strategiche”, senza che vengano individuate le priori-tà, senza che si applichi la Valuta-zione ambientale strategica (Via) che, da marzo 2015, diventa com-petenza del ministero dell’Am-biente e non più delle Regioni. Un articolo che dà mano libera ai peg-

goi speculatori e cementificatori e subordina ai forsennati diktat del governo Renzi ogni lembo di ter-ritorio italiano.

Il PMLI saluta e appoggia la lotta delle masse lucane contro lo “Sblocca-Italia” e condanna dura-mente l’atteggiamento arrogante e aggressivo del governo Renzi e delle massime istituzioni regionali. Il progetto di ridurre la Basilicata ad una terra di trivellazioni fa par-te del complessivo devastante pro-getto renziano del massimo profit-to capitalista, da ottenere sul piano nazionale con l’abrogazione dei di-ritti dei lavoratori, tra cui l’artico-lo 18, e l’imposizione del Jobs Act, con il ladrocinio legalizzato delle risorse naturali e delle ricchezze delle masse popolari attraverso la Legge di Stabilità, lo Sblocca Ita-lia, il famigerato Piano casa.

Siano soprattutto i giovani in

testa a questa lotta ad innalzare il livello dello scontro assumendo come parole d’ordine oltre al “No trivellazioni! No Sblocca Italia”! Anche No al precariato e al Jobs Act che condannano le masse gio-vanili lucane ad una vita di disoc-cupazione ed emigrazione, no alla Legge di Stabilità e al Piano casa che condannano alla povertà la re-gione e tutto il Sud. Che i giovani lucani rivendichino il risanamen-to ambientale, il diritto al lavoro, allo studio, all’abitare, alla sani-tà, all’acqua pubblica per il nostro Sud. Soltanto comprendendo che il principale antagonista è il Berlu-sconi democristiano e i suoi fami-gerati provvedimenti su ogni fron-te e assumendo la parola d’ordine “Spazziamo via il governo Renzi”! Potremo salvare la nostra amata Basilicata dallo scempio ambien-tale, economico e sociale.

coInvoLtI tuttI I gRuppI conSILIARI deLLA deStRA e deLLA “SInIStRA” BoRgheSe

concluse le indagini su 21 consiglieri per la “Rimborsopoli lucana”

Dai soggiorni in alberghi a cinque stelle ai divani, dal leasing dell’auto ai profumi, articoli da regalo, finanziamento di concertiNeanche il Consiglio regionale

della Basilicata è stato risparmia-to dallo scandalo che ha investito omologhi organi di numerose al-tre regioni italiane, e ora è arrivata la resa dei conti giudiziaria anche per ventuno consiglieri lucani ap-partenenti a tutti i gruppi consiliari sia della destra sia della “sinistra” borghese: anche in questo caso i magistrati di Potenza contesteran-no ai politici coinvolti, un vero e proprio imbroglio ai danni del po-polo lavoratore, avendo essi spac-ciato per spese destinate all’atti-vità politica soggiorni in località esclusive con alberghi a cinque stelle, acquisti di scampi freschi per 160 euro, profumi, articoli da regalo, leasing di auto personali, creme antirughe, panettoni, bollet-te telefoniche di utenze personali, mobili di lusso, e anche il contri-buto a un concerto di beneficenza del cantante Massimo Ranieri.

I ventuno hanno già ricevuto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini (atto che quasi sem-pre prelude alla richiesta di rinvio a giudizio) per i reati di peculato e falso, sulle spese pazze fatte nel 2009.

L’indagine, coordinata dai pm potentini Francesco Basentini e Valentina Santoro, costituisce il terzo filone dell’inchiesta sui con-siglieri regionali lucani iniziata nell’ottobre del 2012 sulla loro gestione delle spese di segreteria e rappresentanza.

Tanto per fare qualche nome ed associarvi i relativi misfatti, l’ex assessore Rosa Mastrosimo-ne (Italia dei Valori), che nel mar-zo 2013 era finita agli arresti do-miciliari e si è dimessa per quanto

emerso dalle indagini sui rimborsi incassati nel 2010 e nel 2011, ha inserito, tra l’altro, una costosissi-ma crema antirughe, tovaglie, co-smetici e profumi e la riparazione di un televisore tra le spese rela-tive al capitolo dell’“esercizio del mandato senza vincolo di manda-to”, l’ex presidente del Consiglio regionale Vincenzo Santochirico (PD) ha inserito nel capitolo del-la “rappresentanza” l’acquisto di un divano e ben 58 panettoni. L’ex segretario del Consiglio poi, Lui-gi Carmine Scaglione dei Popolari Uniti, avrebbe secondo i magistra-ti addirittura il dono dell’ubiquità e sarebbe anche immune dai dan-ni provocati dall’indigestione, dal momento che ha inserito nel rendi-conto 6 fatture diverse con la stes-sa data e lo stesso orario per pasti da lui consumati – così si evince – simultaneamente in 2 ristoranti di Potenza e 4 di Milano al costo me-dio di circa 300 euro a pasto, tut-ti comprendenti ovviamente vini costosi e in un caso 160 euro solo di scampi. Anche alcuni ristoratori sia di Potenza sia di Milano sono ovviamente finiti sotto inchiesta. Oltre al dono dell’ubiquità, Sca-glione poi riusciva a moltiplicare addirittura le bollette telefoniche, in quanto la stessa bolletta telefo-nica da oltre 500 euro, già portata a rimborso nel primo semestre del 2009, è stata riproposta in fotoco-pia anche nel secondo.

Al consigliere Michele Napo-li del PDL poi i magistrati conte-stano l’acquisto di vini pregiati, a Franco Mollica dell’UDC il pa-gamento di un fantomatico colla-boratore che, l’inchiesta ha dimo-strato, non è mai esistito; all’ex

assessore Antonio Autilio dell’Ita-lia dei Valori il contributo per il concerto di beneficenza di Massi-mo Ranieri e ad Antonio Di Sanza del Centro Democratico, che con-temporaneamente agli impegni di consigliere continuava a svolgere la professione di avvocato, il rim-

borso di tutte le utenze del suo stu-dio legale.

Altri consiglieri si facevano in-fine rimborsare spese da loro so-stenute per la manutenzione delle loro auto private, dal lavaggio alle officine meccaniche fino alla rata del leasing per l’acquisto di una

Mercedes. Più volte ci siamo occupati

della “Rimborsopoli lucana” a co-minciare dal numero del 20 giu-gno 2013, in seguito allo scop-pio dello scandalo dei rimborsi che portò ad aprile di quell’anno alle dimissioni del presidente del-

la Regione Vito De Filippo e che costò gli arresti domiciliari a tre assessori e l’obbligo di dimora a otto consiglieri. Quel terremoto politico era dovuto al primo dei tre filoni di inchiesta relativi al periodo, per ora, che va dal 2009 al 2012.

per effetto dei tagli del governo e dei bilanci in dissesto

180 comunI SuLL’oRLo deLLA BAncARottA

Per effetto della crisi econo-mica capitalista, ma soprattut-to a seguito dei tagli del governo centrale e anche ovviamente del-la dissennata gestione pubblica di numerosi sindaci sono attualmen-te 180 i Comuni italiani letteral-mente sull’orlo della bancarotta, i cui effetti non sono solo astrat-ta contabilità, ma si ripercuotono sui servizi destinati fondamental-mente alle masse popolari che pa-gano il conto di tali dissennate po-litiche.

Si pensi infatti che il Comune nell’ordinamento giuridico italia-no è, tra tutti gli enti pubblici terri-toriali, l’ente che in misura di gran lunga maggiore rispetto allo Stato e alle Regioni eroga servizi come quelli di trasporto pubblico loca-le, smaltimento di rifiuti, servizio idrico, scuole materne e asili d’in-fanzia, assistenza alle fasce di po-polazione in difficoltà, quindi un Comune che deve tagliare le spe-se all’osso, alzare le entrate e ven-

dere i beni in fretta per liquidare i creditori significa che non è più in grado di erogare tali fondamentali servizi sociali.

Il fenomeno del dissesto finan-ziario dei Comuni è andato cre-scendo in modo esponenziale negli ultimi anni, in concomitanza con la crisi mondiale che ha investito il capitalismo: nel 2009 i Comuni uf-ficialmente in dissesto erano due, nel 2010 si erano già quadruplica-ti salendo a otto, a metà del 2014 i Comuni il cui dissesto finanzia-rio è stato dichiarato ufficialmen-te sono diventati 63, e tra essi si contano casi di parziali, pilotati e concordati casi di insolvenza ver-so i creditori per molte centinaia di milioni di euro. Tra tali Comuni ci sono anche città importanti come Alessandria che conta 93.000 abi-tanti, il cui sindaco, Maria Rita Rossa del PD, è stato obbligato a

dichiarare il dissesto dalla Corte dei Conti perché l’amministrazio-ne aveva debiti per 200 milioni di euro su un bilancio di 90, o Caser-ta, 77.000 abitanti, il cui sindaco di centro-destra Pio Del Gaudio ha trovato 200 milioni di debiti e un deficit annuale di altri 24. C’è poi il Comune di Latina, 125.000 abi-tanti, che sta pagando i fornitori in ritardo e con somme fra il 40% e il 60% di quanto scritto nelle fatture, e lo stesso stanno facendo altre cit-tà di media importanza come Vel-letri e Terracina.

Vi è poi una seconda catego-ria di Comuni, i quali non hanno ancora dichiarato lo stato di disse-sto ma che sono tuttavia costretti a rivedere in modo drastico le loro promesse ai creditori, soggetti a quello che la legge chiama un pia-no di riequilibrio, che significa pe-santi tagli ai servizi e un lungo rin-

vio delle scadenze di pagamento dei creditori, in una situazione di sofferenza che può durare a lungo senza ovviamente che vi siano cer-tezze sul superamento della crisi, per cui ai 63 Comuni ufficialmen-te in dissesto se ne aggiungono al-tri 120 in questo stato di pre-dis-sesto. Di questa seconda categoria fanno parte città importanti come Napoli, Catania, Messina, Reggio Calabria e Frosinone.

Gli esiti di tale crisi dei Comu-ni è disastrosa per le masse popo-lari: infatti Alessandria, Caserta, Casal di Principe e decine di al-tri sono stati costretti ad alzare le tariffe e le tasse comunali al mas-simo, a consolidare i debiti delle società partecipate e a bloccare gli investimenti. Tale stato di disse-sto si è rivolto anche contro i lavo-ratori degli stessi Comuni che in molti casi hanno dovuto mettere in cassa integrazione molti dei propri dipendenti.

erano appena 8 nel 2010

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N. 45 - 11 dicembre 2014 interni / il bolscevico 7Da fascista, a democristiano, a piddino e coordinatore della recente Leopolda

IL Deputato pD renzIano DI Stefano InDagato per una mazzetta Da 1,8 mILIonI DI euro

Nel mirino delle procure di Roma e Chieti la rimborsopoli regionale targata PD, le “primarie con gli imbrogli”, la speculazione sugli immobili pubblci appalti e consulenze d’oro a parenti e amici. L’ex moglie l’accusa di festini hard in villaSuLLa miSteRioSa SComPaRSa DeL Suo ex bRaCCio DeStRo, La

PRoCuRa ha aPeRto uN Nuovo faSCiCoLo PeR “omiCiDio voLoNtaRio”Il deputato renziano Marco

Di Stefano (coordinatore all’ul-tima Leopolda del 25 ottobre di un tavolo di lavoro sui pagamenti digitali su invito del ministro per le riforme e i rapporti con il Parla-mento, Maria Elena Boschi, ma-drina dell’evento) è accusato di corruzione dalla procura di Roma per aver incassato una maxi tan-gente di 1,8 milioni di euro du-rante il suo incarico di assessore alle Risorse umane, demanio e patrimonio alla Regione Lazio guidata dall’ex governatore PD Piero Marrazzo. Altri 300mila euro di mazzette li ha incassati il suo braccio destro, l’imprenditore Al-fredo Guagnelli, sparito nel nulla l’8 ottobre del 2009.

In cambio del malloppo, Di Stefano e Guagnelli hanno assicu-rato alle società dei loro concus-sori, i costruttori romani Daniele e Antonio Pulcini, due contratti d’affitto a sei zeri, si parla di circa 7 milioni di euro, per conto della “Lazio Service”, controllata dalla Regione.

La mazzetta a sei zeriSecondo l’ipotesi accusatoria

dei Pm romani Maria Cristina Pa-laia e Corrado Fasanelli, Di Ste-fano è stato corrotto da Daniele Pulcini con una mazzetta di 1,8 milioni di euro perché la control-lata della Regione, Lazio Service prendesse in affitto una nuova sede di proprietà del gruppo Pul-cini. La manovra era destinata a far aumentare, grazie al canone annuo stratosferico di complessi-vi 7 milioni e 327 mila euro, il va-lore dei due palazzi in via del Se-rafico. I Pulcini riuscirono – grazie all’affitto pagato coi soldi pubblici dei contribuenti – a vendere i pa-lazzi all’Ente di Previdenza e As-sistenza dei Medici, Enpam con una plusvalenza di 53 milioni di euro pari al 50% in più del reale valore di mercato.

I Pulcini sono già finiti ai domi-ciliari per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sull’appalto per il parcheggio di piazzale Clodio che ha colpito, a fine ottobre, anche il direttore regionale dell’agenzia

del demanio del Lazio Renzo Pini, quattro imprenditori, tre dirigenti di Banca e un funzionario pub-blico.

Nel registro degli indagati c’è anche Claudia Ariano, direttore logistica di Lazio Service che nel dicembre del 2009 aveva dato l’input al Cda per cercare una nuova sede in locazione. Nel di-cembre del 2012 i magistrati spie-gavano che “era possibile accer-tare come tra il Di Stefano Marco e Ariano Claudia era in corso una relazione sentimentale”. Altro personaggio chiave della vicenda è Luigi Antonio Caccamo: il fun-zionario responsabile del settore immobiliare dell’Enpam indagato per corruzione perché espresse parere favorevole all’acquisto dei due immobili di via del Serafico nonostante “una plusvalenza in-giustificata rispetto al prezzo di acquisto risalente a pochi mesi prima pari rispettivamente al 100 e al 62 per cento”.

I contenuti dell’inchiesta su Di Stefano sono stati rivelati dal quotidiano romano “Il Messagge-ro”, che nell’edizione di giovedì 6 novembre 2014 riassume l’in-terrogatorio dall’ex moglie di Di Stefano, Gilda Renzi, la quale ha confermato tutte le accuse su cui indagano i magistrati.

Le primarie truccateAgli atti c’è anche un’intercet-

tazione in cui il deputato del PD parla di primarie truccate e mi-naccia: “Ora inizia la guerra nu-cleare, a comincià dalla Regione, tiro tutti dentro. Sono dei maiali, non è che puoi l’ultima notte but-tar dentro gente dopo che ti dici che stai dentro. Ho fatto le pri-marie con gli imbrogli, no? Non è che sò imbrogli finti, imbrogli ripresi, non è tollerabile questa storia…Se imbarcamo tutti, rico-minciamo dai fondi del gruppo regionale. Sansone con tutti i Fi-listei, casco io ma cascano pure gli altri”.

Minacce che Di Stefano pro-nunciò a fine 2012, in piena cam-pagna per le primarie del PD per l’elezione dei parlamentari e che

rilette oggi, alla luce della scan-dalosa vicenda dei rimborsi d’oro alla Regione Lazio, hanno desta-to l’interesse della procura di Rieti che indaga proprio sui 2,6 milioni di rimborsi distratti alla Regione e incassati dal PD nel biennio 2011-2012 attraverso il tesoriere del gruppo regionale, il reatino Mario Perilli. Per questo gli inve-stigatori reatini hanno subito noti-ficato a Di Stefano e a una decina di altri consiglieri regionali PD un avviso di reato per peculato, fal-so e finanziamento illecito al par-tito. Tra gli indagati a vario titolo figurano l’ex presidente reggente della Regione, Esterino Montino, attuale sindaco PD di Fiumicino e Enzo Foschi, ex capo segreteria del neopodestà di Roma Ignazio Marino.

Non solo. Secondo gli inqui-renti fu proprio in seguito a quelle minacce che Di Stefano venne poi inserito nelle liste del PD alle politiche 2013 dove però risultò il primo dei non eletti nella cir-coscrizione Lazio 1. Le ire di Di Stefano, alla disperata ricerca di uno scranno in parlamento (forse proprio per mettersi al riparo dal-le imminenti inchieste giudiziarie che stavano per investirlo), si pla-cano solo ad agosto di quest’an-no quando Marta Leonori viene nominata assessore dal sindaco Marino liberando così il posto alla Camera per Di Stefano.

Dal msi alla LeopoldaEx fascista e poliziotto, cre-

sciuto nel quartiere Aurelio di Roma, Di Stefano inizia la sua carriera politica come consiglie-re circoscrizionale candidato col Msi (Movimento sociale italiano) alle comunali di Roma del 1989. Nel 1997 opera il primo cambio di casacca e viene eletto consigliere comunale della Capitale col Ccd (Centro cristiano democratico). Riconfermato nel 2001, si occupa di trasporti e ambiente. Nel 2003 il secondo cambio di casacca: diventa segretario provinciale del neonato Udc di Pierferdinando Casini. Nel 2005, prima di can-didarsi alla Regione Lazio, folgo-

rato dall’allora sindaco di Roma Walter Vetroni, lascia l’Udc per approdare al “centro-sinistra”: viene eletto con la lista civica per Marrazzo con oltre 14mila prefe-renze. Un pacchetto di voti, rite-nuti fondamentali per la vittoria di Marrazzo che, in segno di ricono-scenza, lo nomina assessore alle Risorse umane, demanio e patri-monio. Nel 2007 Di Stefano cam-bia nuovamente casacca ed entra nell’Udeur- popolari di Clemente Mastella. Ma un anno dopo, nel 2008, ci ripensa e rientra nei ran-ghi del PD da cui gestisce l’as-sunzione, senza concorso, di 900 precari di Lazio Service, società regionale creata nel 2005 dall’ex governatore Francesco Storace. Nel 2010 si ricandida in Regione, raccogliendo questa volta 16mila voti che gli valgono la guida della Commissione speciale federali-smo fiscale e Roma Capitale: un organismo considerato inutile e costoso che, infatti, viene sciolto in seguito allo scandalo Fiorito sui rimborsi regionali.

appalti, mazzette, consulenze d’oro e

festini hardIl resto è storia di appalti, maz-

zette e consulenze d’oro elargiti a parenti e amici degli amici in qualità di assessore della giun-ta Marrazzo a cominciare dai 20 mila euro al nipote Emiliano De Venuti; agli 11 mila e rotti dati al suo amico Antonio Davì fino ai 32 mila euro elargiti all’ex coordina-tore per la campagna elettorale Andrea Barberis. Tutto scandito da festini a base di alcol e belle donne che, come ha denunciato l’ex moglie agli inquirenti, Di Ste-fano e Guagnelli sovente organiz-zavano in una vecchia cascina a Grottaferrata sui Castelli romani.

L’inchiesta è caratterizzata anche dalla misteriosa sparizio-ne di Guagnelli, considerato da-gli inquirenti il testimone chiave che potrebbe confermare tutto il mercimonio. Ma di Guagnelli si sono perse le tracce 5 anni fa. Di

questa misteriosa scomparsa si occupò nel 2011 la trasmissione Chi l’ha visto? e si scoprì che po-che ore prima di sparire Guagnelli s’incontrò proprio con Di Stefano nei pressi della Regione Lazio.

A confermare il passaggio di mazzette c’è però il fratello di Al-fredo Guagnelli, Bruno, che agli inquirenti ha riferito: “Mio fratello mi disse, ridendo, che Daniele Pulcini diceva sempre che l’as-sessore era un ladro, perché ave-va preteso un milione e 800mila euro per il buon esito di un affitto o di un acquisto di un palazzo di cui aveva bisogno la Regione La-zio nel 2009”.

Si procede anche per omicidio

A cinque anni dalla misteriosa scomparsa di Gugnelli e soprat-tutto alla luce di quanto emerso dall’inchiesta Enpam, la procu-ra di Roma ha deciso di firmare una specifica delega d’indagi-ni, affidate alla sezione omicidi della Squadra mobile. La nuova inchiesta, per il momento senza indagati, è coordinata personal-mente dal procuratore Pignatone e l’ipotesi di reato per cui si pro-cede è “omicidio volontario”.

Il fratello Bruno non ha mai creduto all’allontanamento vo-lontario di Guagnelli. Il giorno della scomparsa l’ex braccio de-stro del deputato PD Di Stefano aveva detto agli amici di dover andare in treno a Firenze per un appuntamento, senza aggiunge-re altri dettagli. Un altro testimo-ne ha raccontato al quotidiano “Libero” che Guagnelli, prima di sparire nel nulla, sarebbe partito per Montecarlo per recuperare una somma di denaro in contan-ti: banconote da 500 euro per un totale di 2 milioni. Cifra che si avvicina alla tangente conte-stata al parlamentare del PD. E proprio da Montecarlo, secondo gli investigatori, i Pulcini avreb-bero condotto in Italia documenti e “valuta”. Guagnelli – continua il testimone – viaggiava molto, amava la bella vita, offriva viaggi

e forniva donne e auto a politici tra cui Di Stefano.

Oltre al fratello Bruno, in tanti hanno raccontato che Guagnel-li, già arrestato nel 2007 per una vicenda di corruzione relativa alla vendita di cappelle al Vera-no, avesse un tenore di vita ec-cessivo e sospetto. Sullo sfondo c’erano i debiti, e qualcuno ha ipotizzato anche il riciclaggio, legato a una mega operazione immobiliare che l’ex braccio de-stro di Di Stefano avrebbe dovu-to portare a termine per conto di altre persone all’Eur. Ed è molto probabile che a un certo punto qualcosa è andata storto. Chi ha avuto modo di vedere Guagnel-li nei giorni antecedenti la sua scomparsa lo ricorda preoccu-pato perché forse si era trovato a gestire soldi, tanti, probabilmen-te non suoi, forse svaniti poco prima che svanisse anche lui.

Sull’inchiesta incombe sem-pre più inquietante l’ombra della malavita e un vorticoso giro di appalti e mazzette a livello inter-nazionale. Dalle carte spuntano decine di altri appalti sospetti con relative tangenti destinate ai politici. Primi fra tutti gli inte-ressi a Panama e gli appalti per il raddoppio del canale sui quali Guagnelli, come ha confermato lo stesso Di Stefano, avrebbe puntato. Infatti la mega com-messa da oltre tre miliardi di euro era stata assegnata pochi mesi prima della scomparsa di Guagnelli a un consorzio guidato dall’italiana Impregilo. Era luglio 2009. Sono gli stessi appalti finiti anche in un’altra grossa indagi-ne, quella coordinata dai pm di Napoli, che vede Valter Lavitola imputato per estorsione nei con-fronti di Impregilo e indagato per corruzione internazionale.

A margine anche una mega speculazione immobiliare andata in fumo a Roma sud. Oppure un losco affare di riciclaggio finito male che ha “costretto” Gua-gnelli a sparire senza lasciare tracce ma che non convince gli inquirenti che sembrano sempre più convinti che tale sparizione non sia volontaria.

In un trIpuDIo DI LucI trIcoLorI 700 magnatI capItaLIStI Lo hanno fInanzIato con aLmeno 1000 euro a teSta

I padroni d’Italia alla cena con renzi Gli ex sponsor di berlusconi saltano sul carro del nuovo berlusconi

di eugen galasso

“Non ho votato PD, ho vota-to Renzi”, “È come Kennedy, ri-esce a smuovere dentro”, “Pri-ma votavo DC, non a sinistra”, “Votavo Berlusconi... non vedo grandi differenze”e qualcuno, alla domanda: “Renzi è un Ber-luschino?” risponde “Me lo au-guro”. Dichiarazioni anonime (in Italia il voto è ben saldamente an-corato alla segretezza e chi vota ha in genere paura a dichiararsi), ma tutte di partecipanti alle cene da almeno mille euro svoltesi fi-nora a Milano (zona Porta Nuo-

va) e poi a Roma, in zona Fontana di Trevi (altre sono in programma in varie località), di tychoon, im-prenditori, manager etc. Altro se-greto (forse l’arcano verrà svelato tra qualche anno, forse mai, anche per paura delle tasse...) quello re-lativo all’importo versato... De-cisamente pochi (sembra) quelli che si sono fermati al prezzo-stan-dard dei 1000 euro, superandolo, doppiandolo, comunque incre-mentando non di poco l’importo in questione.

Renzi, nel suo discorso, anzi nei suoi discorsi, ha ringraziato, proponendo le cene in questione quale metodo per superare l’im-

passe creato dall’abolizione (in-vero non ancora realmente attua-ta) del finanziamento pubblico ai partiti, riaffermando, contro la “sinistra” del PD come inizia-tive di questo genere siano asso-lutamente normali, come in effet-ti avviene negli Stati Uniti, dove, notoriamente le stesse personalità vanno a cene e parties sia dei De-mocratici sia dei Repubblicani.

Felice anche Francesco Boni-fazi, tesoriere di Renzi, possesso-re, tra l’altro, (la fonte è l’”Huf-fington Post”, tutt’altro che ostile a Renzi) di oltre 100.000 azioni del “Monte dei Paschi di Siena”. Decisamente profilata la presenza

di Germano Ercoli, marchigiano di Senigallia, patron di Eurosuo-le, già organizzatore nel 2006 di una cena elettorale a favore di Sil-vio Berlusconi, che afferma la sua ammirazione per Renzi, non per il PD, rispondendo a un inviato del-le Iene che gli chiedeva l’utilità di tali cene per gli imprenditori: “A me personalmente non serve a niente”.

C’era anche James Pallot-ta, il presidente (e proprietario, ormai in toto, avendo rilevato nell’agosto scorso tutto il pac-chetto azionario della società) italo-americano della “Roma cal-cio”, oltremodo conciliante quan-

to aperto al “dopo”, c’era pure Giuseppe Recchi, neo-presiden-te di Telecom Italia nonché ere-de della famiglia Recchi, un vero potentato. Ancora Stefano Boeri, architetto, che ricorda anche la sua militanza a sinistra (sic!) già negli anni Settanta, da studente. Forse Boeri ha qualche proble-ma di lateralizzazione... Maria Grazia Mazzocchi, presidente del Conservatorio di Milano, è for-se la più loquace ed esplicita tra le/i partecipanti al “meeting”, la-sciandosi andare all’affermazio-ne: “Penso che Renzi sia l’unica chance per uscire da questa crisi”. Ancora, ultrapaparazzato Gian-

luca Paparesta ex-arbitro e presi-dente attuale del Bari Calcio.

Insomma, un vero e proprio “parterre de rois” di capitalisti, ar-rivisti, “figli di famiglia”, che ga-rantisce decisamente la continuità Berlusconi-Renzi, come dimostra anche una delle prime dichiara-zioni riportate in questo articolo. “Sotto il vestito niente”, recita-va il titolo di un film; parafrasan-do, dovremmo dire “Sotto la cena niente”, ma in realtà molto, per il coacervo di interessi e di affari discussi in quest’occasione, non meno che ad Arcore, soprattutto in quella dei tempi d’oro...

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8 il bolscevico / interni N. 45 - 11 dicembre 2014

Renzi privatizza a tutto spiano Altro che “rottamare per am-

modernare il Paese”: Renzi e il suo nero governo danno il via a un nuovo giro di privatizzazioni per finire di spolpare il Paese.

Il Berlusconi democristiano e il ministro dell’Economia Padoan hanno ripreso in mano il fascicolo sulle privatizzazioni già presentato a inizio legislatura per dare immedia-ta esecuzione alla vendita di una ul-teriore tranche del 5% del pacchet-to azionario di Enel ancora in mano pubblica. Poi toccherà al 40% di Ferrovie e a primavera sarà la volta di Poste che vedrà ridotti gli stanzia-menti pubblici per la consegna del-la corrispondenza, quindi toccherà all’Enav e a chiudere la Sace.

“Per Enel la procedura è ormai completata: basta un ‘clic’ e si può partire” hanno annunciato pom-posamente Renzi e Padoan che da questa operazione contano di raci-molare circa due miliardi.

In realtà si tratta anche in que-sto caso (come è avvenuto negli ultimi decenni a partire dal grande privatizzare di Prodi che tra il 1972 e il 1994 ha “regalato” le migliori aziende pubbliche ai privati) di una vera e propria svendita a favore dei pescecani capitalisti e finanziari che non vedono l’ora di affondare anco-ra di più le mani sul colosso pub-blico dell’energia proprio ora che

il valore delle azioni Enel è in calo e da metà giugno è passato da 4,46 euro a 3,69 fino al picco negativo di 3,55 a metà ottobre.

Seguirà a ruota la privatizza-zione di Poste di cui è prevista la cessione di circa il 40% tra la primavera e l’estate del prossi-mo anno. A settembre Renzi ave-va bloccato l’operazione per at-tendere il rapporto dell’Agcom (l’Authority delle comunicazioni) sui fondi (350 milioni) indirizza-ti a Poste per il “Servizio postale universale” fornito in base all’ac-cordo con il ministero dello Svi-luppo economico. Per i prossimi

anni quegli stanziamenti si ridur-ranno a 260 milioni e il presidente Caio sta predisponendo un piano che sarà presentato nelle prossi-me settimane per illustrare proprio come il servizio postale “classi-co”, in poche parole le lettere, si trasformerà in conseguenza del ta-glio ai suoi trasferimenti. Una del-le misure consisterà nella riduzio-ne della frequenza nella consegna delle missive in alcune zone peri-feriche del Paese. In un 10-15% del territorio nazionale la distri-buzione potrebbe avvenire a gior-ni alterni e non quotidianamente. Un passaggio obbligato questo per

poi rendere operativa la cessione del 40% con un introito stimato di 4 miliardi.

L’ultima, almeno per il mo-mento, e più consistente privatiz-zazione riguarda le Ferrovie del-lo Stato. Sul dossier che contiene la svendita di un altro 40% di Fs sta lavorando un gruppo di lavo-ro che è stato appena istituito con una finalità ben precisa: rendere possibile la vendita entro la fine del 2015 senza lo “spezzatino” tra beni e rete che pure era stato pre-so in considerazione fino a poche settimane fa. Ciò dovrebbe garan-tire al governo un incasso di quasi

5 miliardi, sempre che il mercato risponda positivamente.

Nel 2015 ci sarà una nuova on-data di privatizzazioni per oltre 15 miliardi di euro a partire dalle ces-sione di importanti quote di Enav, la società che gestisce il controllo del traffico aereo, la Sace che as-sicura il commercio con l’Estero, Ansaldo Breda e Ansaldo Sts.

E che a guadagnarci saran-no soprattutto i “compratori” lo conferma la recente vicenda del-la svendita di Rai Way: stimata per 150 milioni, venduta a 250 ma ora il titolo in borsa è in rialzo del 4,68%. Ma Renzi e Padoan conti-nuano a ripetere che “questo deve essere il metodo”.

Enel, Ferrovie, Poste, Enav, Sace e Ansaldo ai privati

Nell’ambito dell’esercitazione multinazionale svoltasi anche in Lettonia, Polonia, Estonia, Lituania

A NAPoLi EsERcitAzioNE miLitARE NAto ANtiRussiAÈ stata decisa per la data dell’8

novembre il via dell’esercitazio-ne internazionale “Trident Junctu-re 14” presso il Nato Joint Forces Command (FC) di Napoli. L’eser-citazione militare, in chiave anti Russia, si è tenuta per tutto il mese di novembre con il compito di cer-tificare le strutture del comando strategico alleato da poco trasfe-rito a Lago Patria come il Centro di direzione e controllo della Nato Response Force (NRF), la forza di pronto intervento dell’Allean-

za Atlantica a cui sono assegna-ti 25.000 militari. L’esercitazione si è svolta contemporaneamen-te in diversi paesi europei: oltre alle unità e ai reparti assegnati al JFC Naples di Lago Patria, pren-dono parte a “Trident Juncture”, il Joint Warfare Center (JWC) Nato di Stavanger, Norvegia; il French Joint Force Air Component Com-mand di Lione (Francia); il quar-tier generale delle forze navali spa-gnoli e (HQ COMSPMARFOR) a bordo dell’unità da guerra LPD

Castilla; il Comando delle for-ze speciali polacche di Cracovia e il Comando supremo delle for-ze alleate in Europa (SHAPE) di Mons, Belgio.

Sono coinvolti complessiva-mente 1255 tra militari e dipen-denti civili del settore difesa; l’operazione ha bissato quelle già svolte in Polonia, Lettonia, Litua-nia, Estonia. In Galles, in partico-lare, è stata decisa la creazione di una forza di pronto intervento con “punte di lancia” (c.d. Spearhe-

ad), capaci di entrare in azione nel giro di 48 ore, con il supporto di aviazione, marina e forze speciali. La task force avrà a disposizione basi permanenti, depositi di muni-zioni e carburante e tutte le infra-strutture di supporto necessarie nei paesi Nato prossimi alla frontiera con la Russia. “Lo scenario previ-sto in questa esercitazione annuale — l’invasione dell’Estonia da par-te di un paese di confine fittizio — potrebbe interessare le nazio-

ni del fianco orientale della Nato che, come l’Ucraina, hanno fatto parte dell’Unione Sovietica e han-no una popolazione considerevole di lingua russa”, commentano gli ufficiali del Comando Nato di Na-poli, che aggiungono: “Il conflitto evolve progressivamente, passan-do da operazioni di stabilizzazione e combattimenti irregolari a una guerra terrestre in grande scala”. Le attività prevedono “combatti-menti ibridi”, attacchi di sistemi missilistici, cyber defence e “pro-tezione” da attacchi nucleari, bio-logici e chimici (Nbc).

Dopo lo scoppio della crisi in Ucraina, Stati Uniti e Nato hanno dato il via a una serie d’imponenti esercitazioni multinazionali in Eu-ropa orientale. Dal 15 al 26 settem-bre scorso, presso l’International Peacekeeping and Security Cen-ter di Yavoriv, Ucraina, si è tenuta “Rapid Trident” con il fine di “raf-forzare la partnership è l’interope-rabilità tra il Comando delle for-ze armate Usa in Europa, la Nato, le forze terrestri ucraine e gli al-tri paesi membri della Partnership for Peace”. All’esercitazione han-no partecipato complessivamente 1300 militari di 15 nazioni: Ucrai-na, Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia, Germania, Gran Breta-gna, Lettonia, Lituania, Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania, Spa-gna e Stati Uniti. Successivamen-te, dal 2 al 14 novembre, nei gran-di poligoni di Pabrade e Rukla in Lituania si è tenuta “Iron Sword 2014”, a cui hanno preso parte ben 2500 militari provenienti da Canada, Estonia, Germania, Gran Bretagna, Lituania, Lussembur-go, Repubblica Ceca, Stati Uni-ti e Ungheria. Nell’ultimo mese, infine, 600 unità del 1st Brigade Combat Team, 1st Cavalry Divi-sion dell’esercito Usa di stanza a

Fort Hood, Texas, sono stati tra-sferiti in Europa orientale per una missione che avrà una durata non inferiore ai 90 giorni. Attualmen-te i militari si stanno addestrando con i carri armati M-1 “Abrams” e i veicoli da combattimento “Brad-ley” in Polonia, Lettonia, Lituania ed Estonia.

In questa politica guerrafon-daia un ruolo di primo piano l’ha voluto giocare il governo del nuo-vo Berlusconi Renzi. Non a caso è stata la conferenza stampa con-giunta di inizio novembre da parte l’ammiraglio Mark Ferguson (co-mandante in capo di JFC Naples e delle forze navali Usa in Euro-pa e Africa) e il generale dell’eser-cito italiano, Leonardo Di Mar-co, proprio a siglare questo patto di sangue imperialista. Ferguson e Di Marco affermano che l’opera-zione Trident Juncture “ha lo sco-po di accrescere le competenze e le capacità di comando a un livel-lo operativo bellico, grazie all’ad-destramento, la pianificazione e l’esecuzione delle missioni all’in-terno di un complesso scenario po-litico-militare: l’esercitazione rap-presenta la conclusione di un anno d’addestramento di unità tattiche più piccole – task forces speciali terrestri, aeree e navali — messe a disposizione a rotazione dai pae-si membri della Nato. Esse faran-no parte della NRF che a partire del 2015 ricadrà sotto il controllo del Comando alleato di Napoli”. Un esordio eloquente per il neo Ministro degli affari esteri e del-la cooperazione internazionale del governo Renzi, Paolo Gentiloni, dal 31 ottobre alla poltrona del Pa-lazzo della Farnesina, con buona pace di tutti i demagogici richiami alla pace sparsi ad arte durante la campagna elettorale del PD.

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886 Associato all’USPIUnione StampaPeriodica Italiana

chiuso il 3/12/2014ore 16,00

iL PARLAmENto soLo iNfoRmAto dA uNA LEttERA dEL miNistRo dELLA difEsA

Renzi invia 4 tornado in Kuwait per la guerra alla stato islamico

Partono anche 150 militari specialisti dell’aeronauticaCon una semplice lettera di-

retta al parlamento il ministro della Difesa Pinotti ha annuncia-to la decisione del governo Renzi di inviare quattro cacciabombar-dieri italiani Tornado in Kuwait, specificando che essi serviranno solo per fare voli di ricognizione nel territorio iracheno conquista-to dall’Isis, lo Stato islamico che si è proclamato “califfato”.

Il fatto è quantomai strano, perché al posto di molto meno co-stosi aerei da ricognizione vengo-no inviati cacciabombardieri che costano alle masse popolari ben 18.000 euro ogni ora di volo, me-diamente circa 1 milione di euro la settimana; inoltre viene dispo-sto contestualmente l’invio insie-me ai 4 aerei anche di 150 militari dell’aeronautica, tutti tecnici alta-mente specializzati, e anche que-sto fatto non può conciliarsi con una missione di ricognizione che richiede un supporto di militari di gran lunga minore.

Comunque i quattro Tornado sono già giunti insieme agli spe-cialisti presso la base kuwaitiana di Ahmed Al Jaber, il tutto in fret-ta e furia e informando il parla-mento nell’imminenza della loro partenza, parlamento che – lo si ricordi – aveva solo autorizzato, non senza polemiche, lo scorso agosto l’invio di armi ai combat-tenti curdi.

La decisione del governo Ren-

zi di inviare i quattro cacciabom-bardieri quindi è una riprova, se ancora fosse necessario, che i po-teri che la Costituzione assegna alle Camere vengono sempre più calpestati da governi, come quel-lo diretto dal Berlusconi democri-

stiano Renzi, che sempre di più puntano a instaurare una forma di presidenzialismo e di decisioni-smo che fanno letteralmente carta straccia del dettato voluto dai Co-stituenti del 1948 persino in una materia delicatissima come quel-

la delle missioni militari all’este-ro, esponendo il popolo italiano ai rischi di una guerra - e alle even-tuali ritorsioni e rappresaglie del-lo Stato islamico - dell’esistenza della quale non viene nemmeno informato.

Kuwait, 23 novembre 2014. Gli aerei Tornado inviati da Renzi di supporto alla guerra imperialista allo Stato islamico

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2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 23 - 12 giugno 2014

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Solo il socialismo può cambiare l'Italia e dare il potere al proletariato

Spazziamo viail governo del Berlusconi democristiano Renzi

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10 il bolscevico / PMLI N. 45 - 11 dicembre 2014

Fine settimana proficuo per la propaganda marxista-leninista

A ModenA ricordAto engels nel 194° dellA nAscitA

Ai banchini raccolti consensi e grosse sottoscrizioni, evidente frutto della vittoria dell’astensionismo alle regionali.Apprezzato il volantino “il potere politico spetta di diritto al proletariato”. Grande interesse per il manifesto contro il governo Renzi.

Intimidazioni poliziesca di stampo fascistaIl PMlI RIconoscIuto coMe l’unIco veRo PARtIto coMunIstA �Dal corrispondente dell’Organizzazione di Modena del PMLIFine settimana intenso e profi-

cuo per la propaganda marxista-leninista a Modena; al banchino di sabato 29 novembre l’Organizza-zione locale del PMLI ha ricordato uno dei cinque grandi maestri del proletariato internazionale, Frie-drich Engels, nel 194° anniversa-rio della nascita, caduto il 28 No-vembre, producendo il volantino “Con Engels per sempre!” (testo pubblicato sul n. 44 de Il Bolsce-vico) andato a ruba con le sue oltre 200 copie e segnaliamo il partico-lare interesse di un modenese che, dandoci contributo volontario, ha preso una copia del libro “L’ori-gine della famiglia, della proprie-tà privata e dello Stato”, scritto dal Maestro.

Il rosso banchino del PMLI è stato luogo di una grande aggrega-zione di masse, ci sono stati mol-ti dibattiti soprattutto sulla vittoria dell’astensionismo alle ultime ele-zioni regionali e si conferma nuo-vamente il dissenso verso la po-litica borghese ed il governo del Berlusconi democristiano Renzi nonostante il centro storico fosse invaso da banchini di diversi par-titi parlamentari.

Segnaliamo con gioia prole-taria rivoluzionaria un incontro davvero toccante con un operaio kurdo il quale, dichiaratosi aper-tamente marxista-leninista, si ri-conosce nel PMLI e nei cinque grandi Maestri e ha denunciato gli ultimi fatti razzisti accaduti a Roma. Ci ha salutati con un fie-ro pugno chiuso e con questa frase “Un giorno il capitalismo morirà e trionferà il comunismo”.

Sono state distribuite inol-tre circa 300 copie del volantino “Il potere politico spetta di dirit-to al proletariato”, il testo è sta-to e sarà sempre una bomba nelle menti di chi lo riceve e soprattut-to nelle menti dei sinceri comuni-sti che hanno trovato in quelle pa-role la vera essenza dello spirito rivoluzionario proletario comuni-sta, ne confermano i commenti da chi ci ha fatto i complimenti per essere l’unico vero partito comu-nista a chi con sollievo ci ha detto “meno male che ci siete ancora voi a combattere contro il governo”.

Il manifesto contro il governo raffigurante Renzi e Berlusconi in orbace ha riscosso sempre tan-to interesse, molti modenesi han-no voluto fotografarlo e ci sono stati molti sorrisi e molti con-sensi come del resto l’ha avuto il materiale didattico, una coppia di giovani sempre con contribu-to volontario ha preso una copia dell’opuscolo/saggio del compa-gno Giovanni Scuderi dal tito-lo “Mao è un grande Maestro del proletariato internazionale, delle nazioni e dei popoli oppressi”.

Nella giornata di domenica 30 novembre segnaliamo l’intimida-zione poliziesca di stampo fasci-sta nei confronti dell’Organizza-zione modenese del PMLI, come si evince dal comunicato stampa

(pubblicato a parte, ndr) spedito ai media locali. Una pattuglia della polizia ci ha identificati chieden-doci i documenti e il permesso dei banchini per l’occupazione di suo-lo pubblico, chiaramente in rego-la, inoltre hanno preteso una co-pia dei due volantini che stavamo diffondendo e hanno controllato il materiale sul banchino. Gli agen-ti hanno stazionato circa 20 muni-ti, tempo eccessivo per un control-lo di routine. Ci hanno riferito di aver ricevuto una chiamata da un consigliere modenese di Forza Ita-lia che li ha invitati a controllar-ci in quanto eravamo “poco racco-mandabili”; stranamente il partito del neoduce Berlusconi era pre-sente a pochi metri di distanza da noi con un proprio banchino.

L’intimidazione poliziaesca, oltre ad essere un oltraggio alla democrazia, alla libertà di pensie-ro e di propaganda politica, dimo-stra che stiamo facendo un ottimo lavoro a Modena e per questo la borghesia ha paura di noi, dopo la scoppola che ha preso alle elezio-ni regionali.

Ringraziamo vivamente il no-stro Segretario generale compagno Giovanni Scuderi e il compagno Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna, per le telefonate di incoraggiamen-to e di solidarietà intercorse nella due giorni dell’iniziativa e a tutti i compagni simpatizzanti che han-no contribuito al successo dei due banchini con spirito e sacrificio rivoluzionario e che hanno reagi-to all’intimidazione con serenità. Il Centro del Partito ci ha invia-to una mail congratulandosi per il successo dei banchini ed espri-mendoci la solidarietà militante e di classe di tutti i dirigenti nazio-nali del Partito.

Accogliendo l’invito del Co-mitato centrale i nostri compagni hanno anche esposto presso i ban-chini il cartello “Sottoscrivi per il PMLI per il trionfo della causa del socialismo in Italia”, raccogliendo grosse sottoscrizioni.

Noi marxisti-leninisti mode-nesi non daremo tregua al gover-no neofascista di Renzi nonostan-te i continui attacchi e invitiamo il proletariato, la classe operaia, gli studenti, le associazioni, i comitati popolari e chi si sente un vero co-munista a stringersi sotto al ban-diera gloriosa del PMLI e studiare ed applicare gli insegnamenti che si scaturiscono dallo studio del marxismo-leninismo dei cinque grandi Maestri per spezzare le ca-tene che il capitalismo con i suoi governi fascisti e macellai impri-giona il proletariato.

Gloria eterna a Engels!Viva l’Organizzazione di Mo-

dena del PMLI!Uniamoci tutti in piazza con

il PMLI alle manifestazioni terri-toriali della CGIL per lo sciopero generale del 12 dicembre!

Avanti con forza e fiducia ver-so l’Italia unita, rossa e socialista!

Coi Maestri e il PMLI vince-remo!

ComuniCato dell’organizzazione di modena del Pmli

intimidazione poliziesca di stampo

fascista al Pmli a modena

Questo pomeriggio una pat-tuglia della Polizia di Stato su chiamata di un consigliere mo-denese appartenente al partito del neoduce Berlusconi “Forza Italia”, come comunicato da-gli agenti stessi, ha identificato i Compagni del PMLI che sta-vano svolgendo regolarmente il loro lavoro di propaganda. Du-rante il controllo gli agenti, ol-tre ad aver chiesto e controlla-to i documenti dei compagni, hanno preteso una copia del vo-lantino “Il potere politico spet-ta di diritto al proletariato” ed una copia del volantino prodot-to dall’Organizzazione mode-nese “Con Engels per sempre!” oltre al permesso per l’occupa-zione di suolo pubblico in re-gola ed una controllata veloce al materiale didattico e di pro-paganda presente sul banchino.

Non è la prima volta che accade e le identificazioni odierne han-no il sapore di una intimidazio-ne fascista bella e buona vista la modalità anomala nel controllo. Il PMLI a Modena sta ricevendo sempre più consensi dalle mas-se popolari poiché è sempre più presente sul territorio tra la clas-se operaia, gli studenti e la po-polazione, un dato di fatto è la vittoria dell’astensionismo alle ultime elezioni regionali ed è evidente che ai partiti ed alle istituzioni borghesi questo non va giù. I marxisti-leninisti mo-denesi continueranno a non dare tregua a Renzi, reincarnazione moderna e tecnologica di Mus-solini e Berlusconi. L’Organizzazione di Modena

del PMLI1 dicembre 2014

la crisi di chi intimidisce il Pmli è la nostra forza

La più totale solidarietà ai compagni modenesi del PMLI per la vile intimidazione di stampo fa-scista.

Non ci dobbiamo meraviglia-re di quello che potrà succedere in avvenire. Ieri avevamo contro la destra, oggi abbiamo contro la sinistra riformista con tutta la fec-cia che la compone (e i falsi co-munisti).

Avanti compagni il vento sof-fia a nostro favore. Le intimida-zioni dimostrano che ormai hanno le polveri bagnate. La loro crisi è la nostra forza.

Avanti con forza, con i Maestri e il PMLI vinceremo!

I compagni di Ferrara

Solidarietà ai compagni modenesi del Pmli

Manifesto la mia totale solida-rietà militante e rivoluzionaria ai compagni modenesi vittime, come altri compagni in passato e in al-tre parti d’Italia, di questo atto di sciacallaggio istituzionale da par-te di istituzioni ormai ampiamente screditate non solo nelle urne, ma sempre di più nella coscienza de-gli strati popolari e delle masse la-voratrici.

Quanto alla polizia di Sta-to, essa ha orgogliosamente fe-steggiato quest’anno il 162° an-niversario, ossia si ostina tuttora a rivendicare senza un briciolo di resipiscenza tutte le nefandez-ze istituzionali che, con un nome diverso dall’attuale, ha compiuto come corpo di polizia borghese, avendo eseguito con zelo e senza battere ciglio le norme criminali del regime fascista, giusto per fare qualche esempio la legislazione corporativa e quella razziale, una vergogna sia per il potere politi-co che le ha emanate sia per quelli giudiziario e di polizia che le han-no eseguite ed imposte a colpi di sentenze e di manganello.

Il PMLI suona la sveglia al proletariato, demistifica e sma-schera un sistema che ormai non è

più in grado di prendere per i fon-delli le masse, e queste intimida-zioni sono la prova provata che colpisce nel segno.

Avanti, compagni modenesi, avanti sempre più spediti con il Partito verso la rivoluzione socia-lista, che è ormai solo questione di tempo.

Lavoratori di tutti i Paesi, uni-tevi!

Giorgio – Roma

niente può fermare il Pmli armato dei maestri

Care compagne e cari compa-gni del PMLI,

esprimo piena e militante so-lidarietà ai compagni di Modena del Partito. Avanti con forza e fi-ducia con le nostre iniziative, coi Maestri e il PMLI niente ci può fermare!

Grazie per avermi invia-to l’interessante articolo sui fat-ti di Roma e Milano, le periferie e il razzismo. L’analisi politica del Partito sui fatti in questione mi è di grande aiuto per ben compren-dere quanto è successo.

Un caro saluto rosso, coi Mae-stri e il PMLI vinceremo!

Andrea, operaio del Mugello (Firenze)

da “il Bolscevico” un’analisi obiettiva

dell’astensionismo alle regionali

Cari compagni, sono rimasto soddisfatto delle

elezioni regionali in Emilia-Ro-magna. Questo astensionismo re-cord è un importante segnale che dimostra la sempre maggiore sfi-ducia delle masse popolari nei confronti delle istituzioni borghe-si. Importante anche il fatto che una parte consistente dell’elettora-to che ha disertato le urne è di sini-stra, e questo penso sia un segnale inequivocabile per la sinistra bor-ghese che da sempre fa dell’isti-tuzionalismo e del legalitarismo borghesi i suoi cavalli di battaglia.

Anche il nuovo Berlusconi de-mocristiano si è accorto di questa

frattura e inizia ad avere timori al riguardo anche se fa finta di nulla.

Non posso che condividere quindi l’articolo sull’astensioni-smo in Calabria ed Emilia-Roma-gna de “Il Bolscevico”, che come sempre è l’unico organo che riesce a fare un’analisi obbiettiva sul fe-nomeno dell’astensionismo.

Ci sarò alla manifestazione di Ferrara per lo sciopero del 12 di-cembre.

Saluti marxisti-leninisti.Coi Maestri e il PMLI vince-

remo! Federico – Ferrara

Vorrei essere ammesso al Pmli

Cari compagni,sono attualmente un simpatiz-

zante ma la mia cultura costruita sul comunismo mi sta portando a desiderare di partecipare atti-vamente alla rivoluzione che noi tutti portiamo avanti. Vorrei quin-di avviare un contatto diretto con qualcuno del PMLI presente in Sardegna per inserirmi nel conte-sto e come da Statuto vorrei chie-dere di essere ammesso.

Un caro saluto.Maurizio - provincia

di Oristano

Ho bisogno di frequentare dei

marxisti-leninisti e approfondire la teoria

marxista-leninistaCari compagni,sono un giovane marxista-le-

ninista della provincia di Brescia, laureato in Scienze politiche e ad oggi oppresso lavoratore nel setto-re dei servizi.

Da tempo seguo i video del compagno Scuderi, studio i cin-que Maestri e il marxismo.

Ho bisogno di frequentare per-sone marxiste-leniniste, approfon-dire le teorie marxiste, attualizzare la rivoluzione bolscevica.

Saluti socialisti.Giordano – provincia di Brescia

il sito del Pmli per molti costituisce “la scuola dell’aBC marxista”

Cari compagni, leggo il vostro sito e non vi

nascondo che per molte persone che conosco costituisce “la scuo-la dell’ABC marxista” per mol-ti aspetti. I miei coetanei, infat-ti, sono immersi fino al midollo nel relativismo eclettico borghe-se e hanno bisogno di leggere un sito ove si manifesta chiaramente una linea e indica a cosa va incon-tro chi “sbaglia”. Infatti la politi-ca, credo, deve basarsi, come ogni cosa, su principi scientifici, o me-glio: la politica del nemico di clas-se è “altamente scientifica” per gli obiettivi che si propone. Lo stes-so deve essere per la politica pro-letaria che, guarda caso, in que-sto mondo in cui ogni campo è (o sarebbe) dominato dalla scien-za, è l’unica cosa in cui domina il principio del pressappochismo e della libertà di sparare cazzate senza fondamento. Inoltre vi fac-cio i complimenti per la grafica e l’organizzazione dei materiali nel sito: fatto che lo rende piacevol-mente navigabile, a differenza del-la stragrande maggioranza dei siti di gruppi comunisti.

Vi ringrazio per il vostro in-teresse circa la nostra brutta si-tuazione cittadina, ciò dimostra quanto i cosiddetti “astratti” siano persone ben più concrete e com-battive dei cosiddetti “pratici” mo-vimentisti.

Ho letto l’ultimo numero de “Il Bolscevico” e mi sembra che, come gli altri precedenti, sappia molto bene denunciare le malefat-te del potere borghese in Italia. E lo fa bene perché ricollega sem-pre i singoli “casi”, il particolare, alle loro cause profonde, il gene-rale, ossia la struttura sociale ca-pitalistica senza cadere nel “mo-ralismo” o nell’“indifferentismo” su cui spesso cadono, nel primo caso, i “riformisti” e, nel secondo, i “bordighisti” e simili.

Saluti comunisti.Laura – Lucca

Modena, 29 novembre 2014. si intrecciano le discussioni attorno al banchino di propaganda per onorare il 194° anniversario della nascita di engels realizzato dall’organizzazione locale del PMlI (foto Il Bolscevico)

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N. 45 - 11 dicembre 2014 cronache locali / il bolscevico 11A Varese e a Milano

GrAnde GiornAtA di MobilitAzione AntifAscistACentinaia di antifascisti in piazza per fermare i nazifascisti che rialzano la testa grazie alla complicità delle istituzioni

A VArese, ZAppoli (pD) AggreDisCe unA militAnte Del pmli strAppAnDole il mAnifesto Contro il goVerno renZi

�Dal nostro corrispondente della LombardiaUna bella giornata di lotta si è

alternata tra le città di Varese e Mi-lano il 29 novembre dove, in cor-rispondenza della giornata nazio-nale del tesseramento le rispettive ANPI cittadine hanno indetto un corteo (a Varese) e un presidio (a Milano) antifascisti, per risponde-re con forza alle gravi provocazio-ni che negli ultimi mesi (dalla pro-fanazione da parte dei nazifascisti del sacrario partigiano del San Martino (Varese), al recentissimo raduno nazifascista organizzato dagli squadristi di Hammerskin a Milano che vedrà la partecipazio-ne di centinaia di nazisti prove-nienti da tutta Europa, vedono le carogne fasciste del territorio lom-bardo e non solo, uscire sempre più dalle fogne e sicuri dell’impu-

nità da parte delle istituzioni bor-ghesi mettersi all’opera in azioni squadristiche alla luce del sole!

Il PMLI, da sempre in prima fila nella lotta contro il nazifasci-smo, ha presenziato con i suoi mi-litanti, simpatizzanti e amici in maniera combattiva e organizzata ad entrambe le iniziative. La mat-tina a Varese si è svolto un corteo partito da Palazzo Estense che ha raggiunto Largo Resistenza dove si trova un monumento dedicato alla Resistenza varesina. In piazza circa 500 antifascisti, dagli anzia-ni partigiani o non partigiani ma che gli orrori del fascismo e del nazismo l’hanno vissuti, ai giova-ni dei collettivi studenteschi va-

resini. Il PMLI, oltre al PCL, era l’unica forza partitica ufficialmen-te presente. I nostri compagni, si sono presentati in forze al corteo è hanno innalzato con orgoglio per tutto il corteo le rosse bandiere del Partito, hanno scandito slogan an-tifascisti e canzoni partigiane col megafono raccogliendo intorno a sé e coinvolgendo una larga fetta di manifestanti, hanno diffuso un centinaio di volantini dal titolo: “Lottiamo uniti contro gli sgherri del regime neofascista”. Spicca-va alto il cartellone con i manifesti che chiedono la messa fuori leg-ge di tutti i gruppi nazifascisti in base alla legge n.645 del 20 giu-gno 1952, e attualizza la lotta an-tifascista indicando la lotta contro il governo del Berlusconi demo-cristiano Renzi, come parte inte-grante della lotta antifascista alla luce delle politiche economiche e sociali (attacchi ai sindacati, ai diritti dei lavoratori, all’istruzio-

ne pubblica, ecc.), e di controri-forme istituzionali, di matrice fe-rocemente neofascista e piduista sempre più simili a quelle del ven-tennio mussoliniano.

La nostra denuncia del governo neofascista Renzi non è andata giù al rappresentante del PD di Varese e membro del Direttivo ANPI pro-vinciale, Angelo Zappoli (ex Ri-fondazione trotzkista, ex SEL ora confluito nel PD) che alla vista dei manifesti è andato su tutte le furie, aggredendo con fare poliziesco e fascistoide i compagni (“questo cartello non lo portare”, sue te-stuali parole) e mettendo le mani addosso ad una compagna strap-pandogli di dosso la locandina in-serita nel “corpetto” raffigurante il manifesto del PMLI contro il go-verno Renzi. Solo il pronto inter-vento dei compagni presenti ha evitato problemi maggiori, man-tenendosi inflessibili nella volon-tà di manifestare col cartellone, e alla fine pur con la bava alla boc-ca, il provocatore Zappoli, si è vi-sto sfilare impotente, davanti a sé, i manifesti portati dai compa-gni del PMLI che confluivano nel corteo e venivano accolti positiva-mente e con interesse dalle mas-se. Quando il Centro del Partito ha saputo della provocazione ha im-mediatamente inviato una mail di calorosa solidarietà ai compagni aggrediti, in particolare alla com-pagna.

Ad aggiungere provocazioni su provocazioni ci si è messo l’asses-sore alla tutela ambientale del co-mune di Varese, il fascista Stefano Clerici, ex AN ora Forza Italia, già noto in passato, tra l’altro, per aver intitolato un giardinetto comunale al filosofo del fascismo Giovanni Gentile. Costui ha osato definire sul suo profilo Facebook, i parte-cipanti alla manifestazione antifa-

scista, dei “morti che camminano” e delle “zecche drogate dei cen-tri sociali”, sfoggiando la classi-ca terminologia con cui le bestie fasciste chiamano i compagni e gli antifascisti. Gli insulti di que-sto spregevole soggetto non sono tollerabili e bisogna esigere la sua immediata rimozione da ogni in-carico all’interno del Comune di Varese e dalla vita politica della città!

Nel pomeriggio a Milano si è tenuto un partecipato presidio an-tifascista alla “Loggia dei mercan-ti” a due passi da piazza Duomo dove l’ANPI montava un gazebo per la giornata nazionale del tesse-ramento, trasformato, in vista del raduno degli Hammerskin, in pre-sidio antifascista.

La piazza piena di bandiere delle varie sezioni ANPI di Mila-no e provincia era tappezzata di fantasiosi e incisivi cartelli e ma-nifesti riportanti scritte tipo: “Io odio i nazisti dell’Hammerfest”, altri denunciavano le ambigui-

tà del prefetto con l’omertoso si-lenzio assenso dimostrato nei con-fronti del raduno nazista. Il PMLI è stato presente in modo militante e con il nostro cartello, super fo-tografato dalle masse, e ha svolto una cospicua diffusione di volan-tini. I compagni si sono poi uniti alle masse nei canti partigiani del coro “Suoni e l’ANPI-Coro antifa-scista” che facevano da inframez-zo agli interventi di vari esponenti del mondo sindacale e dell’ANPI, tra cui il presidente nazionale Smuraglia.

Auspichiamo che questa gior-nata di mobilitazione sia solo la prima di un largo fronte comune antifascista che combatta con la lotta di classe e di massa la mano-valanza squadrista che infesta le nostre città, ma anche e soprattutto il regime neofascista che vige nel nostro Paese e che oggi si esprime con le politiche economiche, so-ciali e di controriforma costituzio-nale ed istituzionale portate avanti dal governo Renzi.

Un’ordinAnzA fAscistA e rAzzistA

il neopodestà de Magistris vieta ai senzatetto di rovistare nei cassonetti

Sanzione di 500 euro e perfino l’arresto �Redazione di NapoliCon un’ordinanza fascista e

razzista, il neopodestà di Napoli Luigi De Magistris ha istituito una sanzione da 500 euro per chiun-que venga sorpreso a rovistare nei cassonetti della spazzatura. Una misura repressiva attuata dopo i numerosi episodi verificatesi nei giorni precedenti in alcuni quar-tieri della città che hanno visto i residenti, soprattutto napoletani, protagonisti di questa inconsue-ta “spesa”; rifiuti che poi, secon-do alcune constatazioni, sarebbe-ro rivenduti pubblicamente per le strade per “sbarcare il lunario”. Oltre alla sanzione amministrati-va, se non verrà rispettato l’ordi-

ne dell’ex pm contenuto nella nera ordinanza, chi trasgredisce rischia anche l’illecito penale contenuto all’art. 650 con l’arresto fino ad un massimo di tre mesi.

Incredibile e vergognoso il commento con cui il neopodestà vorrebbe giustificare questa ordi-nanza: “È divenuto fenomeno fre-quente e diffuso da parte di perso-ne rovistare ed asportare rifiuti di ogni genere dai cassonetti desti-nati alla raccolta posti sulla pub-blica via, per poi porli in vendi-ta: tali persone si dedicano ormai quotidianamente a siffatta attività con attrezzature di fortuna mobi-li, anch’esse costituite da materia-le prelevato dai rifiuti; per i loro

spostamenti tali persone utilizza-no sempre più spesso i mezzi di trasporto pubblico, portando al seguito tali materiali”. L’ordinan-za sindacale tutelerebbe “l’igiene e la salute pubblica intesa in sen-so estensivo ed evolutivo come la protezione dell’ambiente in tut-te le sue componenti essenziali a difesa, in particolare della salute della collettività”. Per questi moti-vi De Magistris ha anche allertato le “forze dell’ordine” e in partico-lare la polizia municipale per sor-vegliare le strade e far rispettare il provvedimento in camicia nera.

Dopo le ordinanze sui rifiu-ti in strada e contro i parcheggia-tori abusivi, il nuovo podestà, in-

dossato definitivamente l’orbace, ha emesso un’ordinanza di cui noi marxisti-leninisti chiediamo l’im-mediato ritiro perché razzista, in quanto vuole colpire i senzatet-to e i rom che rovistano, in preda ai morsi della fame, nei cassonet-ti dell’immondizia, e fascista, in quanto vede un aumento della re-pressione nel capoluogo campano e non una soluzione al problema della povertà e del lavoro cui De Magistris e la sua giunta antipo-polare non hanno saputo far fron-te in questi anni di politiche che si sono dimostrate fallimentari, con provvedimenti sempre più uguali ai compari della destra del regime neofascista.

niente più nUoVe cAse dello stUdente A bAri

�Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di BariIl progetto di casa dello studen-

te che era in corso di realizzazio-ne a Mungivacca, nella periferia di Bari, si è arenato nel pantano della burocrazia e delle lungaggi-ni dello Stato borghese. Nei piani era previsto l’acquisto del grande immobile di proprietà della Debar e di trasformarlo in una struttura con 1300 posti letto per studenti e professori fuori sede. Per finan-ziare quest’opera, 3 anni fa furo-no stanziati 80 milioni di euro da parte del Cipe (Comitato intermi-nisteriale per la programmazione economica). I tempi previsti per il completamento sono stati però su-perati: così l’intero progetto assie-me agli ingenti fondi sono ormai stati gettati al vento. Adesso questa grande struttura forse si aggiunge-rà alle tante opere incompiute pre-senti sul territorio; una sorte simi-le a quella che è toccata al campus universitario a Valenzano (BA) del valore di 66 milioni di Euro.

Attualmente è iniziata una dia-triba burocratico-amministrati-va che vede il Politecnico cerca-

re di esaminare la procedura nel suo consiglio di amministrazione. Il Politecnico afferma che sicco-me nel preliminare di compraven-dita era prevista la partecipazio-ne dell’Università di Bari con una sua quota, ciò costituirebbe un’ob-bligazione; l’Università invece, in questo astruso e burocraticissimo scarica-barile, afferma che il pre-liminare di compravendita non è un’obbligazione vincolante. Si presume che l’Università di Bari voglia evitare di divenire compro-prietaria dell’ennesimo immobile dopo i tanti risultati in stato di inu-tilizzo o abbandono, sebbene va ri-cordato che la casa dello studente sarebbe stata gestita da un’impresa esternalizzata come è ormai triste-mente d’uso a seguito dei vari tagli e delle innumerevoli misure priva-tizzatrici.

Fatto sta che le esigenze di studentesse, studenti e professo-ri fuori sede sono scavalcati dal-le pastoie del burocratismo e delle lungaggini dell’inefficiente stato borghese: puntualmente vengono annunciati piani faraonici, simili a cattedrali nel deserto, che si arena-no oppure finiscono nel nulla.

Varese, 29 novembre 2014. la delegazione del pmli al corteo antifascista; col megafono il compagno Alessandro frezza (foto il Bolscevico)

29 novembre 2014. il pmli partecipa al presidio antifascista di milano (foto il Bolscevico)

il volantino realizzato dal Comitato lombardo del pmli e diffuso durante le manifestazioni antifasciste

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12 il bolscevico / cronache locali N. 45 - 11 dicembre 2014

Volantino dell’organizzazione di rufina del PMli

Viva la lotta di classe!Diamo forza allo sciopero generale Del 12 Dicembre Di cgil e Uil e partecipiamo in massa alla manifestazione Di firenze

Le piazze d’Italia si riempiono sempre di più di lavoratori, cassin-tegrati, disoccupati, pensionati e studenti. Ovunque si chiede lavo-ro, il principale problema che af-fligge le masse, specie giovanili e del Sud, e si contesta la politica di lacrime e sangue del governo del Berlusconi democristiano Renzi.

Anche in Valdisieve è in atto una crisi senza precedenti e sen-za fine iniziata anni fa con le chiu-sure della Brunelleschi e dell’ex Merinangora, continuata poi con alcune pelletterie rufinesi, con l’HMV, la Nordlight, col trasfe-rimento della Braccialini, con la storica Colacem (ex Italcementi), fino a giungere ad oggi con i fat-ti della Baldi Spa e della Mannelli Spa di Pontassieve. In pratica cen-tinaia di nuovi disoccupati e altret-tante centinaia di posti di lavoro in meno.

Le numerose mobilitazioni alle quali assistiamo, sono un chiaro segno della ripresa della lotta di classe, anche se ancora si svolge

sul terreno del capitalismo e del ri-formismo. Viva la lotta di classe! Bisogna proseguire su questa stra-da perché non c’è altro modo per fermare Renzi, una reincarnazione in chiave moderna e tecnologica di Mussolini e Berlusconi.

Anche se non lo dà a vedere, egli teme la lotta di classe e tenta di arrestarla con gli inganni, con fiumi di parole e con la repressio-ne delle masse in lotta.

Ma le cariche, gli idranti, i manganelli, i lacrimogeni, le te-lecamere sulle divise e le pisto-le elettriche usati dalle “forze dell’ordine” possono riuscire a di-fendere temporaneamente le isti-tuzioni ed i governanti borghesi, mai però potranno sopprimere la lotta di classe che alla fine le tra-volgerà e con esse l’intero sistema di sfruttamento dell’uomo sull’uo-mo.

Con le controriforme costitu-zionali e con quella elettorale, del Jobs Act, del pubblico impiego e della scuola, nonché con la legge

di stabilità, lo “Sblocca Italia”, il coinvolgimento dell’Italia nella guerra in Iraq ed il nuovo modello di difesa, l’emarginazione dei sin-dacati, Renzi, oltre a colpire du-ramente le condizioni di vita e di lavoro delle masse, ha distrutto lo Stato di diritto borghese, il dirit-to borghese del lavoro ed i residui della Costituzione borghese e anti-fascista del ’48. Il tutto, conforme-mente al piano della P2 perseguito da Gelli e da Berlusconi.

Renzi ha già detto che se ne frega di ciò che faranno sindaca-ti e piazza. Vediamo allora come reagirà allo sciopero generale del 12 dicembre promosso da CGIL e UIL che noi auspichiamo il più largo e partecipato possibile. Se ciò non bastasse, non si abbia pau-ra di replicare velocemente! I la-voratori, a cominciare dai precari, i disoccupati, gli studenti, i partiti che si richiamano ai lavoratori ed i movimenti sociali sono disponi-bili.

Uniti, attraverso la lotta di

piazza dobbiamo spazzar via que-sto governo piduista, neofascista, crumiro, antioperaio ed interventi-sta. Poi ciascuno andrà per la pro-pria strada, a seconda se è favore-vole o contrario a questa società borghese.

Noi marxisti-leninisti conti-nueremo a lottare contro il capi-talismo, convinti che è ora che il potere politico passi al proletaria-to che crea tutta la ricchezza del Paese e che si sprigioni finalmente la lotta di classe contro il capitali-smo, per il socialismo. Contiamo sul contributo delle operaie e degli operai coscienti, degli anticapita-listi e degli intellettuali del popo-lo per far comprendere al proleta-riato che senza il potere politico egli non ha niente, mentre col po-tere politico, che può conquistare solo con la rivoluzione socialista, ha tutto ciò che gli serve.

Partito marxista-leninista italiano

Organizzazione di Rufina28 novembre 2014

all’attiVo nazionale della filCteM Cgil di Bologna Molte le CritiChe al goVerno renzi

L’Attivo nazionale delle dele-gate e dei delegati sindacali del-la FILCTEM CGIL si è svolto il 20 novembre a Bologna in Piaz-za Maggiore dalle ore 10 alle 14. Sotto una grande struttura aperta ai lati si sono riuniti circa 1.000 lavoratrici e lavoratori provenien-ti da tutto il Centro-Nord. Presenti striscioni della categoria di Firen-ze, Mantova, Lombardia, Vene-to, Genova, La Spezia, Ravenna. Sopra un grande striscione del-la FILCTEM veneta una scritta: “Tu ci togli la dignità, noi non ce ne facciamo una ragione”. Sopra un altro striscione la scritta: “Sta-tuto dei lavoratori bene comune. Estendiamo i diritti”, ad opera delle RSU di Bologna.

Tra l’introduzione del Segre-tario nazionale FILCTEM Mice-li e le conclusioni di Susanna Ca-musso che non si sono discostate molto da quelle riformiste e in-concludenti della destra maggiori-taria della Cgil, vi sono stati alcu-ni esemplari interventi di delegati. Una lavoratrice imolese ha detto a Renzi, nel contesto di un discorso articolato, che solo quando si han-no i calli alle mani si sa cosa vuol dire lavorare.

Un lavoratore della Pirelli di Alessandria ha detto no al contrat-to a tutele crescenti perché non c’è tempo indeterminato se c’è la pos-sibilità di licenziare in qualsiasi momento. Un delegato del gruppo Eni ha affermato che nello svolgi-mento delle manifestazioni sinda-cali, ultimamente, la gestione del-la piazza è passata troppe volte dalla repressione.

In tanti hanno comunque au-spicato che lo sciopero generale possa ben riuscire.

Nel corso della giornata ho avu-to anche l’occasione di dialogare con alcune lavoratrici e alcuni la-voratori, in particolare con delega-ti della Scm di Vicchio, della Seves di Castello (Firenze), della Irplast, empolese, sulla situazione politi-ca e sindacale attuale, mantenendo ben fermi i principi ma come sem-pre disposto al dialogo, cercando di far passare le nostre idee.

Su questo punto devo dire che, pur conoscendo solo alcuni aspet-ti e modi della dialettica marxista, devo sinceramente affermare che se praticata nei termini corretti, mette in difficoltà chi ha problemi di linea politica e anche chi vuol passare da destra.

Andrea, operaio del Mugello (Firenze)

Corrispondenza delle masseQuesta rubrica pubblica interventi dei nostri lettori, non membri del PMLI. Per cui non è detto che le loro opinioni e vedute collimino perfettamente, e in ogni caso, con quelle de “il bolscevico”

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

9

16

1211-14

DICEMBRE

Cobas, Cub e Usb - Sciopero dei lavoratori delle Poste

LICTA - Sciopero di 4 ore del personale turnista di ENAV

CGIL e UIL- Sciopero Generale con Manifestazioni a livello territoriale contro la Legge di Stabilità e il Jobs Act, coinvolti settori pubblici e privatiSciopero di 24 ore dei dipendenti SOC. Trenitalia DIV CARGO

della sezione Trasporto Merci e dei dipendenti delle società del Trasporto Ferroviario della compagnia F SI, NTV, Trenord

i laVoratori dell’i.S.i.S goBetti-Volta di Bagno

a riPoli BoCCiano la “Buona SCuola” di renziapprovata a larghissima maggioranza

la mozione presentata dalla rsU contraria alla “riforma”

Il 12 novembre si è svolta l’as-semblea sindacale dell’istituto Gobetti-Volta di Bagno a Ripoli (Firenze). Tema della discussio-ne, la proposta di legge cosiddet-ta “buona scuola” di Renzi. Pre-siedevano l’assemblea, oltre alla RSU dell’istituto, i rappresentanti sindacali confederali, i Cobas, lo Snals e Gilda, di fronte ad una set-tantina di lavoratori.

Dopo l’apprezzatissimo inter-vento del rappresentante sindaca-le, professor Giambino dei Cobas, l’assemblea è stata informata cir-ca la proclamazione dello sciope-ro generale CGIL del 5 dicembre; Snals e Gilda hanno dichiarato che avrebbero appoggiato questo sciopero, mentre i Cobas hanno ribadito di averlo già indetto per il 14 novembre.

Per tutta la durata dell’assem-blea si è convenuto che la rifor-ma non vuole far altro che gerar-chizzare la scuola, subordinando la didattica al merito, facendo di-ventare i presidi dei veri e propri “manager”, alla direzione delle nuove commissioni di valutazione che potranno decidere gli aumen-ti salariali del personale docente e Ata con gli scatti meritocratici in sostituzione del meccanismo di progressione di carriera legato agli scatti di anzianità, addirittura prevedendo le assunzioni di nuo-vo personale a chiamata diretta. In pratica la riforma prevede la pro-fonda revisione degli organi colle-giali che saranno sostituiti da una nuova “governance” scolastica che assomiglia tanto al consiglio di amministrazione di un’azien-da privata. Sono previste inoltre collaborazioni di enti privati al finanziamento della scuola, visto che le varie riforme che si sono susseguite negli anni a partire da quella di Berlinguer, non hanno fatto altro che spolpare la scuo-la pubblica a favore delle private e parificate, in barba al mandato istituzionale che la Costituzione (seppur borghese), assegna alla scuola pubblica del nostro Paese.

A mio avviso poi, esiste un pa-rallelismo tra la “buona scuola” ed il Jobs Act dal momento in cui

la riforma del lavoro, con la scusa di combattere precarietà e disoc-cupazione, produrrà una nuova generazione di lavoratori schiavi, senza diritti e senza alcuna tutela, con stipendi irrisori che non ga-rantiranno loro neanche una vita dignitosa. I giovani che usciran-no dalla scuola saranno precari e penalizzati, naturalmente tutto ciò gioca a favore delle aziende priva-te che si troveranno a disposizione e potranno sfruttare una manodo-pera a bassissimo costo. La dimo-strazione pratica è il raddoppio delle ore di scuola-lavoro (stage) che non prevede nessuna remu-nerazione economica per gli stu-denti ma l’abituarsi ad un futuro di estremo sfruttamento. Il perso-nale dovrà invece essere sempre più servile nei confronti della di-rigenza; meno vorrai riconosciu-ti i tuoi diritti e meno sciopererai, più farai strada. Sappiamo che la riforma prevede che solo il 66% del personale potrà usufruire del tozzo di pane di aumento che de-cideranno le commissioni, mentre il restante 33% resterà inevitabil-mente fuori da qualsiasi aumento fino all’età pensionabile prevista dalla truffa Fornero. Certi stipen-di, ormai sempre più erosi dall’in-flazione e immobilizzati dal bloc-co del rinnovo contrattuale fermo al 2009, non potranno fare altro che alimentare una forte compe-tizione tra il personale docente a discapito della cooperazione, del-la collaborazione e della quali-tà d’insegnamento. Esiste anche l’ulteriore aggravante per il per-sonale Ata, pur importante e stra-tegico per la scuola, che la rifor-ma prende in considerazione solo per trarne eventuali risparmi eco-nomici a parità di lavoro o servi-zio svolto.

Dovremmo quindi aspettar-ci l’esternalizzazione di alcuni servizi? Detto ciò, si potrà anco-ra parlare in futuro di scuola pub-blica? Ricordiamo che lo studio è un diritto sancito dalla Costituzio-ne, così come un lavoro stabile a salario pieno e sindacalmente tu-telato e noi dovremmo pretende-re queste misure a partire proprio dalla scuola. In sostanza la scuo-la deve tornare ad essere pubblica e gratuita e dev’essere governata dagli studenti dato che essi sono i principali attori assieme agli in-segnanti e al resto del personale; anche su questo aspetto la “buona scuola” di Renzi non è affatto una buona scuola poiché verranno in anticipo esclusi totalmente gli stu-denti dai futuri organi di governo della scuola previsti.

A tutto questo il collegio del Gobetti-Volta ha detto NO, appro-vando a larghissima maggioranza la mozione presentata dalla RSU con tali contenuti. Ciò sarà poco ma è bene che si sappia che il per-sonale di molte scuole rifiuta l’e-secuzione da parte del Berlusconi democristiano Renzi, del piano di Gelli e della P2 anche per quan-to riguarda la pubblica istruzione.Un lavoratore del Gobetti-Volta

di Bagno a Ripoli

Per il trionfo della causa del socialismo in italia

Anche un solo euro al meseIl PMLI ha bisogno dell’aiuto economico di tutti i fautori

del socialismo, gli anticapitalisti, gli antirenziani ovunque partiticamente collocati. Con le quote mensili dei soli militanti e dei contributi dei simpatizzanti attivi non ce la fa a sostenere le spese crescenti delle attività, della propaganda e delle sedi.

I contributi, anche un euro al mese, possono essere consegnati direttamente ai militanti del Partito oppure versati attraverso il conto corrente postale n. 85842383 intestato a: PMLI – via Antonio del Pollaiolo, 172/a – 50142 Firenze.

Grazie di cuore

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N. 45 - 11 dicembre 2014 cronache locali / il bolscevico 13Ad IschIA (NApolI) hANNo sveNtolAto le bANdIere deI MAestrI e del pArtIto

Grande manifestazione contro lo smantellamento dei servizi pubblici di trasporto

ApprezzAto il contributo del pMli �Dal corrispondente dell’Organizzazione di Ischia del PMLIUn lungo corteo di circa tremi-

la manifestanti che dal comune di Casamicciola ha raggiunto il Mu-nicipio di Ischia, il 29 novembre scorso, a tratti sotto la pioggia, in difesa del trasporto pubblico.

Una protesta popolare per dire No alla privatizzazione della Ca-remar, la società pubblica dei tra-sporti marittimi nel golfo di Na-poli, che l’assessore regionale ai trasporti Sergio Vetrella ha deci-so di smantellare, nell’interesse dell’armamento privato. Ma an-che per dire Sì al potenziamen-to ed alla riqualificazione dell’E-avbus, la società dei trasporti pubblici terrestri che collega fra loro i sei comuni dell’Isola, socie-tà anch’essa destinata al fallimen-to a causa delle politiche scellerate seguite dalla giunta di “centro-de-stra” Caldoro.

La manifestazione è stata or-ganizzata da un Comitato di lot-

ta promosso dall’Autmare, Asso-ciazione degli utenti del mare, che ha messo insieme una quarantina di associazioni di categoria, sinda-cali, culturali, partiti politici. Tra questi il PMLI, il cui rappresen-tante isolano, Gianni Vuoso, ha guidato il lungo corteo a bordo di un’auto munita di impianto acusti-co. Fra gli slogan e le parole d’or-dine lanciate dal PMLI, trovando il consenso dei manifestanti, l’in-vito ad astenersi dal voto alle pros-sime elezioni regionali, un voto, l’astensione, che nega il consen-so ai politici falliti del “centro-destra” e del “centro-sinistra” e contribuisce alla lotta per l’Italia unita, rossa e socialista.

Concetti tra l’altro già espressi in un comunicato stampa che l’Or-ganizzazione isolana del PMLI aveva lanciato nei giorni prece-denti e pubblicato dai media loca-li dal titolo “Perché il PMLI scen-de in piazza ad Ischia”. In esso si invitavano gli ischitani “a scendere in piazza per imporre nuove poli-

tiche alla Regione Campania, con-tro i poteri del fascio regionale e di una borghesia che ha come unico obiettivo la salvaguardia del profit-to dei padroni” ed ancora, “a lottare contro la privatizzazione della Ca-

remar e per una vera qualificazio-ne dell’Eavbus. Le scelte scellera-te del governo regionale del fascio stanno riducendo Ischia a un’isola isolata, con corse marittime sop-presse a sorpresa e nel rispetto di

una logica che tende a far estin-guere il naviglio pubblico e sta di-struggendo il servizio del traspor-to pubblico terrestre perché anche in questo caso, l’obiettivo è quello di affidare ai privati i collegamenti

fra i sei comuni dell’isola”.Nel comunicato si ricordava la

lotta del PMLI che è tesa anche a difendere “i diritti degli studenti per una scuola sicura, vera, stabile che sull’Isola è ancora frantumata in varie esperienze di precarietà” ed infine,“che l’astensionismo è l’arma più forte per battere queste politiche, per negare il consenso a chi ha fatto della politica solo la fortuna personale alla faccia degli interessi delle varie popolazioni. La prossima tornata elettorale per il rinnovo della giunta regionale, prevista per la primavera, è l’occa-sione più immediata per astenersi dal voto, con l’obiettivo dell’Italia unita, rossa e socialista.”

Numerose le foto pubblicate sulla stampa del compagno rappre-sentante l’Organizzazione isolana del PMLI, che ha fatto sventolare con orgoglio la bandiera del Parti-to e che indossava le spille dei Ma-estri e del Partito, il cappello delle guardie rosse di Mao e la bandiera dei Maestri a mo’ di sciarpa.

ischia, 29 novembre 2014. un aspetto della grande manifestazione in difesa del trasporto pubblico (foto il bolscevico). la partecipazione del PMLI evidenziata nei servizi fotografici dei giornali “Il Golfo” e “Il dispari”

emergenza casa a Milano

pIsApIA MANdA lA polIzIA A sGoMberAre INvece dI AsseGNAre le cAse pubblIche sfItte

�Redazione di MilanoNon si placa l’emergenza casa

a Milano.Il 20 novembre scorso, in via

Ricciarelli, zona S. Siro, la poli-zia è intervenuta per sgomberare un alloggio “occupato abusiva-mente”. Mentre erano in corso le operazioni di sgombero, i comitati per la casa, al civico 24 della stes-

sa via, hanno organizzato un presi-dio in favore degli sfrattati.

Nel pomeriggio si è tenuto un altro corteo anti-sgomberi per le vie di S. Siro, dove i manifestanti sono scesi in piazza per dire: “Ba-sta sgomberi, sanatoria subito!”.

Il 24 novembre un’altra gior-nata di tensione nelle strade del quartiere Giambellino, a seguito

dello sgombero di una famiglia d’origine marocchina, che aveva occupato un alloggio popolare in via degli Apuli. Uova e sassi sono stati lanciati contro poliziotti e ca-rabinieri in tenuta antisommos-sa, mentre otto camionette erano posizionate davanti al caseggiato per scongiurare lo scontro fisico, che è stato inevitabile quando un centinaio di persone sono arriva-te dopo un veloce tam tam. A dar battaglia anche numerosi residen-ti occupanti, che temono di esse-re i prossimi ad essere allontanati dal quartiere ora invaso da scritte contro l’Azienda Lombarda Edi-lizia Residenziale (ALER). Dopo una decina di minuti di tafferugli, senza feriti, le “forze dell’ordine” hanno battuto in ritirata.

Il giorno dopo dalle 8.30 in via Tracia cinque camionette del-la polizia in assetto antisommos-sa hanno presidiato le operazioni di sgombero dei tecnici di ALER ai danni di una famiglia romena: genitori, nonna e tre figli. La no-tizia si è sparsa subito nel quartie-re e nel giro di una mezz’ora un centinaio di manifestanti si sono radunati davanti alla palazzina per protestare. Ci sono stati attimi di tensione per via di un contatto tra “forze dell’ordine” e abitanti del quartiere, che hanno lanciato al-cuni oggetti e bloccato dei mezzi che dovevano portare via le sca-tole degli occupanti, poi la ritirata di polizia e tecnici e il praticamen-te immediato rientro della fami-glia dentro l’abitazione. Come da prassi, i tecnici di ALER prima di andare via hanno vandalicamente spaccato i sanitari dei bagni: con i servizi non agibili, in teoria, le case non vengono rioccupate. An-che se i fatti, da anni, dimostra-no il contrario. L’operazione di lastratura della porta non era sta-ta invece ultimata. Gli attivisti del

centro sociale Cantiere e gli altri abitanti accorsi hanno aiutato la famiglia a riportare nell’apparta-mento i propri oggetti.

Secondo la famiglia che occu-pa abusivamente la casa, i poli-ziotti durante lo sgombero hanno legato le mani di due dei tre figli, entrambi adolescenti, con alcune fascette di plastica.

Com’era prevedibile, quindi, la politica della “tolleranza zero” e del pugno di ferro predisposta dal-la giunta arancione del neopodestà Pisapia e dal ministro di polizia, l’NCD Angelino Alfano, sta susci-tando la rivolta delle masse indi-genti costrette, dalla crisi capitali-stica e dal “libero mercato” degli affitti, ad occupare quegli alloggi che dovrebbero spettargli di diritto ad un canone d’affitto proporzio-nato alle loro reali disponibilità. Una politica neofascista di sgom-beri forzati che cinicamente mira a rendere senzatetto famiglie inte-re proprio alle porte dell’inverno.

Una vera e propria emergenza dovuta alla politica della giunta Pisapia, e predisposta dalla nuo-va gestione di Metropolitana Mi-lanese Spa (che come mission non ha, come la precedente ALER, la gestione dei centri abitativi pub-blici, ma il supporto tecnico-am-ministrativo per offrire consulen-za alle istituzioni pubbliche nella progettazione e realizzazione di grandi opere urbanistiche preli-minari alla cessione ai privati) di dismissione delle aree destinate all’edilizia residenziale pubblica da dare in pasto alla speculazione edilizia privata che mira alla “ri-qualificazione” tramite la costru-zione di costosissimi centri resi-denziali “di pregio” destinati alla vendita di chi se lo può permettere (dallo strato alto della piccola bor-ghesia in su). Una politica che fre-na l’assegnazione degli alloggi e

che viene coperta dietro la “man-canza di fondi” nel bilancio azien-dale ALER per ristrutturare gli ap-partamenti da assegnare.

In un articolo pubblicato su “Il Giorno” il 3 novembre scorso contenente tra l’altro un’intervi-sta a Gian Valerio Lombardi, com-missario di ALER Milano, si leg-ge che attualmente ci sono 4.084 appartamenti “occupati abusiva-mente”, di cui 1300 solamente nel corso di quest’anno. Tutti que-sti “abusivi” sono in realtà fami-glie che non sono in condizioni di avere una regolare sistemazione, a causa degli affitti alle stelle e una disponibilità di alloggi popolari troppo esigua rispetto alla doman-da crescente, conseguente all’au-mento della disoccupazione e alla riduzione del potere d’acquisto di salari e pensioni. Inoltre a chi non può più pagare l’affitto, e viene sfrattato per “morosità”, non vie-ne nemmeno riconosciuto il diritto a entrare in graduatoria per l’asse-gnazione di un alloggio.

Una situazione paradossale se si pensa che ci sono ben 5000 al-loggi pubblici sfitti. “Quando un appartamento diventa sfitto, ha quasi sempre bisogno di lavori di ristrutturazione prima che pos-sa essere riassegnato. Questi in-terventi costano in media 15mila euro ma in questo momento la pri-ma difficoltà è trovare risorse” af-ferma Lombardi. “ALER non ha soldi perché un terzo dei nostri inquilini non paga l’affitto. Ogni anno registriamo in media 65 mi-lioni di euro di affitti e spese non pagate su un bilancio di circa 180 milioni. Io sono arrivato da poco più di 12 mesi, ma questa situazio-ne si trascina da almeno 15 anni, c’è un debito e una carenza di fon-di cronica che limita le nostre pos-sibilità d’intervento”.

Una “possibile soluzione”,

pensata da ALER, è quella di far sostenere le spese di ristruttura-zione agli inquilini entranti, con la garanzia di restituire mese per mese i soldi spesi detraendoli dall’affitto, come già avviene per gli alloggi del comune di Milano: come è possibile per un nucleo fa-miliare, richiedente la casa popo-lare per motivi economici, soste-nere le spese di ristrutturazione?

Ad aggravare la mancanza di appartamenti ci sarà anche la ven-dita, da parte di ALER, di 6.700 immobili “non strategici”, ossia che non generano alcun profit-to, nei quali rientrerebbero anche centri commerciali, oltre però ad appartamenti utili per sanare que-sta piaga sociale.

I marxisti-leninisti lombardi ri-tengono che, nei fatti, i soldi per garantire la casa a tutti ci sono: vengono però destinati alle inu-tili “grandi opere” da realizzare per EXPO 2015 e, di conseguen-za, a certe imprese edili in svariati modi; andrebbero invece utilizza-ti per finanziare queste ristruttura-zioni. Altri utili provvedimenti sa-rebbero la confisca di tutte le case sfitte, da oltre un anno da parte dei comuni, per destinarli ad abitazio-ni popolari, così come la ristruttu-razione di vecchi edifici e l’impo-sizione alle banche, alle società di assicurazioni e ai grandi proprie-tari immobiliari ad affittare, come prima abitazione, le case di loro proprietà a canoni popolari.

Inoltre occorre impedire gli sgomberi, regolamentare gli occu-panti negli alloggi pubblici e met-tere a disposizione dei bisognosi di casa, con criteri di graduatoria che includano anche i “morosi”, il restante patrimonio abitativo co-munale e dell’ALER - attualmente tenuto sfitto - a un canone d’affitto dimezzato rispetto all’attuale.

I predAtor A supporto delle operAzIoNI

dI polIzIA e cArAbINIerIdi Antonio Mazzeo - Messina

Dalle guerre in Afghanistan e Libia alla vigilanza di piazze, cor-tei, manifestazioni e azioni di lot-ta contro le politiche di austerity del governo italiano. I “Predator” dell’Aeronautica militare, dopo essere stati schierati nei principa-li scacchieri di guerra mediorien-tali e africani saranno messi a di-sposizione delle forze di polizia e dei carabinieri per interventi d’or-dine pubblico e vigilanza del ter-ritorio. Nei giorni scorsi è stato firmato a Roma un accordo che prevede il “concorso con i velivo-li senza pilota Predator ad attività istituzionali della Polizia di Stato e dell’Arma dei carabinieri”, rife-risce il Comando dell’Aeronauti-ca italiana. Il protocollo d’intesa, mai discusso in sede parlamenta-re, è stato siglato dal capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica gen. Pasquale Preziosa, dal capo della polizia Alessandro Pansa e dal co-mandante generale dei Carabinie-ri, gen. Leonardo Gallitelli.

L’uso dei “Predator” in fun-zione di controllo interno rappre-

senta l’ennesimo salto di qualità nella gestione “militare” dell’or-dine pubblico, in linea con le più recenti elaborazioni strategiche in ambito Nato (le cosiddette Ur-ban Operations) che propongono l’intervento in future operazio-ni urbane antisommossa di repar-ti superspecializzati e superarma-ti di professionisti formatisi nelle operazioni di “guerra asimmetri-ca” in Iraq e Afghanistan. I veli-voli a pilotaggio remoto che l’A-eronautica metterà a disposizione di polizia e carabinieri saranno gli RQ-1A e RQ-9B in possesso del 32° Stormo con sede ad Amendola (Foggia). La versione più vecchia del “Predator” è lunga 8,2 metri, ha una larghezza alare di 14,8 m e può raggiungere una velocità di crociera di 135 km/h e un’altitudi-ne di 7.800 metri. L’RQ-9B, noto anche come “Reaper”, è una ver-sione più aggiornata e sofisticata del drone prodotto dall’holding statunitense “General Atomics”: ha una lunghezza di 11 metri, un’apertura alare di 20 e può vo-lare a 440 Km/h e a 15.000 metri dal suolo.

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4 il bolscevico / studenti N. 45 - 19 dicembre 2014

Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze

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N. 45 - 11 dicembre 2014 esteri / il bolscevico 15In Mississipi, contro la sentenza di assoluzione del poliziotto che ha ucciso il ragazzo nero Brown

RIvolta deglI afRoaMeRIcanI feRguson In fIaMMe

La polizia usa proiettili “non letali” per domare la rivolta. Ottanta arresti. Obama butta acqua sul fuocoIl procuratore della contea di

St.Louis, Robert McCulloch, un democratico del partito di Obama, annunciava il 24 novembre che il Grand Jury composto prevalen-temente da giudici bianchi aveva derubricato a “legittima difesa” l’omicidio del 18enne nero Mi-chael Brown, crivellato di colpi lo scorso 9 agosto nel sobborgo di Feguson, e stabilito che l’agente, bianco, Darren Wilson non doves-se essere processato. La risposta degli afroamericani era la rivolta che partiva da Ferguson, messa a ferro e fuoco dalle proteste durate alcuni giorni, e si estendeva in tut-ti gli Stati Uniti.

“La legge ammette gli omicidi nei casi di legittima difesa” sen-tenziava il procuratore McCul-loch che difendeva l’indifendibile agente omicida che aveva sparato due colpi di pistola dalla propria auto e rincorso il giovane ferito a una mano che stava scappando verso casa; aveva sparato un’altra decina di volte colpendolo ripetu-

tamente e finendolo quando si era fermato con altri sei colpi al corpo e alla testa. Una esecuzione in pie-na regola di un giovane colpevole soltanto di aver rubato una man-ciata di sigari nella cittadina po-vera del Sud, a maggioranza nera ma governata da un’amministra-zione bianca e reazionaria.

Secondo la giuria di St.Louis l’agente non è neanche incrimina-bile, una sentenza che non è rara, anzi è “normale” per casi come questi negli Usa tanto che aspet-tandosi la scandalosa e criminale assoluzione Obama aveva già in-caricato il ministro della Giusti-zia Holder di avviare una indagine federale sul corpo di polizia loca-le. Una decisione dai risultati dub-bi sulla possibilità di fare giustizia e dai tempi lunghi che è sembrata più un paravento per Obama im-pegnato a gettare acqua sul fuoco e a invocare manifestazioni paci-fiche.

La rabbia degli afroamericani è invece esplosa nelle strade del

sobborgo di St. Louis dove la sera del 24 novembre i manifestanti hanno eretto barricate e affrontato la polizia che ha impiegato lacri-mogeni e “proiettili non letali” per disperderli. La rivolta è prosegui-ta nei giorni successivi con alme-no 80 manifestanti arrestati. E si è

allargata in tutto il paese.Manifestanti si sono ritrova-

ti a Washington davanti alla casa Bianca, sono sfilati in corteo a Ti-mes Square a New York, a Seat-tle e Oakland; a Los Angeles il corteo è partito dal quartiere nero di South Central e ha bloccato il

traffico su un’autostrada prima di marciare lungo Martin Luther King boulevard fino alla centrale di polizia. Il 25 novembre le pro-teste si sono svolte in centinaia di località con cortei o assemblee nei campus universitari mentre a New York e Los Angeles gruppi di manifestanti bloccavano stra-de e ponti. Si sono registrati duri scontri fra manifestanti e polizia a Oakland e forti proteste a Cleve-land pochi giorni prima un bam-bino nero di 12 anni, Travis Rice, era stato assassinato dalla polizia perché sorpreso con una pistola ad aria compressa nei pressi di un parco giochi.

Un ulteriore esempio della re-pressione razziale attuata diretta-mente da una polizia militarizzata che è armata e si comporta nello stesso modo di come agivano le truppe imperialiste di occupazio-ne americane a Baghdad.

La “frontiera” di Ferguson analizzata in seguito all’assassi-nio del giovane nero risulta es-

sere una località presidiata mi-litarmente dalla polizia che è impegnata anche in una serie di persecuzioni e umiliazioni gior-naliere inflitte alla popolazione nera. A Ferguson il numero dei mandati d’arresto registrato nel 2012 è stato di 32.000 su una po-polazione di 21.000 abitanti. Ma l’uso delle armi da parte della po-lizia contro la popolazione povera nera non è una esclusiva di alcune località, è diffusa negli Stati Uniti; una recente indagine giornalistica ha calcolato che almeno due afro-americani sono stati uccisi ogni settimana da poliziotti bianchi tra il 2006 e il 2012. Il Malcolm X Grassroots Movement ha pub-blicato l’anno scorso un rapporto dal quale risulta che nel 2012 un afroamericano è stata ucciso ogni 28 ore da un agente, un poliziot-to privato o un vigilante. Una vera e propria guerra contro una parte povera del popolo americano che non si è interrotta nemmeno sotto la presidenza di Obama.

Ferguson (USA). Una delle numerosi proteste contro la sentenza di assoluzione del poliziotto colpevele dell’omicidio di Brown e la violenza razzista della polizia

ManovRa fInanzIaRIa peR faR uscIRe l’ue IMpeRIalIsta dalla cRIsI

Il piano Juncker per gli investimenti non basterà a dare lavoro ai 24,8 milioni di disoccupati europei Si parla di 315 miliardi. Ma in realtà non ci sono. Per adesso sono stati stanziati solo 21 miliardi“L’Europa sta voltando pagina,

ora può offrire speranza al mondo su crescita e occupazione”, ha af-fermato il nuovo presidente della Commissione europea Jean Clau-de Junker il 26 novembre scorso di fronte al parlamento europeo, presentando il piano che dovreb-be “stimolare” gli investimenti e dare ossigeno all’Unione europea (Ue) ancora ben avvitata dentro la lunga crisi economica. Un piano per finanziare progetti in grado di creare 1,3 milioni di nuovi po-sti di lavoro, ha promesso Junker. Come dire di cercare di svuotare il mare con un cucchiaio dato che il numero ufficiale dei disoccupati europei è di 24,8 milioni, oltre 18 milioni nei paesi dell’area euro.

Non è questo l’unico dato di paragone che attenua di molto l’entusiasmo dello screditato Jun-ker, l’uomo della Merkel e delle multinazionali, nell’efficacia del suo piano; basti pensare che dal 2007 gli investimenti europei per effetto della crisi sono scesi del 15%, sono calati di 430 miliardi, una cifra ben lontana anche da-gli ipotetici poco più di 300 che il piano dovrebbe mettere in moto a partire dall’estate del 2015. Se le proiezioni della Commissione sono esatte vorrebbe comunque dire che per tornare ai livelli pre-ma della crisi dovranno passare almeno 10 anni.

Al centro dell’operazione pre-vista dalla Commissione c’è il nuovo Fondo europeo per gli in-vestimenti strategici (Efsi), l’orga-no di gestione che sarà finanziato

da 16 miliardi di euro provenien-ti dal bilancio della Commissione e da altri 5 dai fondi della Banca europea degli investimenti (Bei). Questi fondi dovrebbero innesca-re l’impiego di fondi privati in un rapporto di 1 a 15 moltiplicando-li fino a oltre 300 milioni di euro investiti in una serie di progetti affidati alla gestione di un appo-sito comitato diretto dal vice-pre-sidente della Commissione inca-ricato della crescita, il finlandese Jyrki Katainen, il cane da guardia della Merkel ai conti europei.

I settori nei quali dovrebbero essere indirizzati gli investimen-ti dal 2015 al 2017 sono banda larga, infrastrutture energetiche, trasporti, educazione, ricerca, in-novazione, energie rinnovabili e progetti delle piccole e medie aziende. Il piano potrebbe essere prorogato nel periodo 2018-2020, “se funzionerà” precisava Junker.

Un simile piano di crescita era stato già varato dalla Ue nel 2012 ma era fallito. “In questo periodo le risorse pubbliche sono scarse ma la liquidità delle banche, del-le società e dei privati è ampia e pronta all’uso: la sfida è rompe-re il circolo vizioso della sfiducia degli investitori” rilanciava Jun-ker; a dire il vero la “fiducia” de-gli investitori che non nasce dal caso potrebbe crescere magari dalle promesse eliminazioni delle barriere normative ed infrastruttu-rali dei paesi interessati dai pro-getti.

Per invogliare gli investimenti pubblici Junker ha promesso che i

contributi degli Stati non verran-no conteggiati nei parametri fissa-ti dal Patto di Stabilità e Cresci-ta e dagli altri trattati sul rigore di bilancio della Ue. Nel documento presentato a Strasburgo si afferma che “la Commissione adotterà una posizione favorevole nel contesto del giudizio delle finanze pubbli-che nell’ambito del Patto di stabi-lità e crescita” riguardo alla con-

tabilità dei contributi volontari al Feis, che non garantisce affatto lo sconto automatico sui calcoli di bilancio. Il passaggio ambiguo sulla “posizione favorevole” che adotterà la Commissione nelle va-lutazioni è comunque stato riven-duto dai sostenitori della flessibi-lità dei bilanci come una vittoria. Perlomeno fino alla resa dei conti.

Il cordone della borsa della Ue

resta ben chiuso anche perché di soldi freschi ci sarebbero i 5 mi-liardi di euro messi dalla Bei men-tre i 16 miliardi della Ue saranno ricavati da altre poste di bilancio riallocate e da somme “da reperire nei prossimi esercizi finanziari”. Una operazione complicata dato che il bilancio dell’Unione è stato rivisto al ribasso, è in rosso e c’è chi non paga, come la Gran Bre-

tagna. Dei 16 miliardi sembrereb-bero disponibili solo poco più di 8. Comunque pochi anche a fron-te delle 1.800 proposte di proget-ti, per un valore di 1.100 miliardi, già arrivate a Bruxelles. Si pro-spetta una specie di assalto alla diligenza dei paesi membri per accaparrarsi l’osso spolpato dei fondi dedicati agli investimenti.

Rappresaglia nazista di netanyahu

Rase al suolo le case deglI attentatoRI palestInesI

Israele ha abbattuto in Cisgiordania 543 case solo nel 2014, per un totale di 27 mila dal 1967“Questa mattina abbiamo de-

molito a Silwan la casa di un terrorista. Ci saranno altre de-molizioni di case. Siamo deter-minati a riportare la sicurezza a Gerusalemme”, sono state le pa-role pronunciate il 19 novem-bre dal premier sionista Benja-min Netanyahu per annunciare la rappresaglia nazista contro la popolazione palestinese in segui-to agli attentati del 22 ottobre e del 18 novembre nel quale erano morte sette persone, oltre ai quat-tro attentatori palestinesi.

“Gli occupanti israeliani - ha

affermato la madre di uno di essi - vogliono distruggere la nostra famiglia e renderci degli sfollati. Essi pensano che distruggendo le case dei martiri potranno fermare il popolo di Gerusalemme e Pa-lestina”, non ci riusciranno.

Anche organizzazioni uma-nitarie israeliane hanno condan-nato la politica delle demolizioni di case praticata a suo tempo dai colonialisti britannici durante il loro mandato in Palestina e ripor-tata dai sionisti nell’ordinamen-to militare in vigore nei territori occupati. Dallo scorso giugno il governo Netanyahu ha deciso di

applicarla anche in Israele.In applicazione di tale diretti-

va i sionisti solo nel 2014 Israele hanno demolito almeno 543 case e edifici palestinesi in Cisgior-dania. Dai dati raccolti dalle or-ganizzazioni delle Nazioni unite che operano nei territori palesti-nesi risulta che dal 1967 sono ben 27.000 le costruzioni palesti-nesi demolite per ordine del regi-me di Tel Aviv. Molte sono case demolite perché costruite senza permesso, permessi che le au-torità sioniste non concedono ai palestinesi alle quali si aggiun-gono quelle sistematiche delle

case dove vivono o vivevano i palestinesi responsabili di attac-chi contro gli occupanti.

Una politica denunciata an-che dal giornale israeliano Haa-retz, che commentando la rap-presaglia nazista di Netanyahu evidenziava che queste misure punitive “sono riservate solo alle famiglie dei palestinesi”, men-tre “le case dei terroristi israe-liani che hanno bruciato il ragaz-zo palestinese Mohammed Abu Khdeir rimangono intatte. Il pun-to è che la giustizia selettiva non è giustizia: è vendetta”.

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2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 23 - 12 giugno 2014

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IL PROLETARIATO AL POTEREITALIA UNITA, ROSSA E SOCIALISTA

Spazziamo via il governodel Berlusconi democristiano Renzi

LAVORO8 ORE

SCIOPERO GENERALE DI

Giù le mani dall'articolo 18 e dallo Statuto dei lavoratori

Abolizione del precariato e assunzione di tutti i precari

Rinnovo dei contratti di lavoro del Pubblico impiego

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO