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Bisogni Educativi Speciali (BES) e Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): obblighi e opportunità I.C. Pascoli Portogruaro 26 novembre 2013 Cosa sono i BES?

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Bisogni Educativi Speciali (BES) e

Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA):

obblighi e opportunità

I.C. Pascoli

Portogruaro

26 novembre 2013

Cosa sono i BES?

Per cominciare…

un po’ di ripasso sulla legge 170 del 2010 (DSA)

a cura di Lucia Ferrari

DSA: riferimenti normativi

• Legge 8 ottobre 2010, n. 170 Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico

• D.M. del 12 luglio 2011, n. 5669

• Linee guida per il diritto alla studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento, allegate al D.M. del 12 luglio 2011

(attenzione: il decreto definisce le Linee guida come “parte integrante” del decreto stesso;

in tal modo conferisce loro valore cogente e vincolante, al pari del D.M.)

a cura di Lucia Ferrari

Cosa sono le linee guida?

Sono un documento ampio e circostanziato (30 pagine) che chiarisce il senso e gli obiettivi della legge 170, e non lascia spazio a fraintendimenti su ciò che spetta per legge alle istituzioni scolastiche.

“Per consentire agli alunni con DSA di raggiungere gli obiettivi di apprendimento, devono essere riarticolate le modalità didattiche e le strategie di insegnamento sulla base dei bisogni educativi specifici, in tutti gli ordini e gradi di scuola.

Le Linee guida presentano alcune indicazioni, elaborate sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche, per realizzare interventi didattici individualizzati e personalizzati, nonché per utilizzare gli strumenti compensativi e per applicare le misure dispensative. Esse indicano il livello essenziale delle prestazioni richieste alle istituzioni scolastiche e agli atenei per garantire il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA.”

P.S. Risulta ambigua la distinzione tra interventi individualizzati e personalizzati.

a cura di Lucia Ferrari

Le linee guida pongono l’accento sulla necessità di documentare il percorso pensato per ogni studente:

3.1 Documentazione dei percorsi didattici

Le attività di recupero individualizzato, le modalità didattiche personalizzate, nonché gli strumenti compensativi e le misure dispensative dovranno essere dalle istituzioni scolastiche esplicitate e formalizzate, al fine di assicurare uno strumento utile alla continuità didattica e alla condivisione con la famiglia delle iniziative intraprese.A questo riguardo, la scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e in tempi che non superino il primo trimestre scolastico, un documento che dovrà contenere almeno le seguenti voci, articolato per le discipline coinvolte dal disturbo:· dati anagrafici dell’alunno;· tipologia di disturbo;· attività didattiche individualizzate;· attività didattiche personalizzate;· strumenti compensativi utilizzati;· misure dispensative adottate;· forme di verifica e valutazione personalizzate.

E proprio a far ciò serve il PDP (Piano Didattico Personalizzato).Esso, citando ancora le linee guida, fa appello alle “competenze psicopedagogiche dei docenti”, non solo a quelle disciplinari.Legge e linee guida “demedicalizzano” cioè il problema ed enfatizzano il ruolo sulla scuola.

Alcuni concetti introduttivi per

condividere una conoscenza comune

Terminologia e definizioni

(legge 170 e linee guida)

• Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA): “si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana”.

• Si tratta di una definizione che insiste sulle manifestazioni, sulle prestazioni degli alunni: il punto di vista, cioè, non è del clinico ma del pedagogista. Clinicamente invece possiamo utilizzare questa definizione: “disturbo del sistema nervoso centrale a base organica, geneticamente determinato”.

a cura di Lucia Ferrari

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Occorre distinguere:

disturbo ≠ difficoltà

• Il disturbo ha carattere innato, non guarisce, è resistente all’intervento e migliora solo nella misura in cui l’alunno riesce a diventare strategico e a compensare. Non scatta l’automatismo, i procedimenti non divengono routinari;

• La difficoltà non ha basi fisiologiche, è transitoria, è altamente modificabile con interventi didattici mirati. Può dipendere da situazioni socio-culturali di svantaggio, insegnamento poco efficace nei primi anni di scuola, scarse risorse personali, insufficiente grado di maturità…Le due forme molto spesso si possono confondere perché hanno manifestazioni simili. Nelle prove standardizzate di parla di “falsi positivi”. La prova dell’esistenza di un disturbo è la resistenza all’intervento di potenziamento mirato. Per riferirsi a entrambe le situazioni si può utilizzare l’acronimo DDSA (ora sostituito da BES).Per le difficoltà non esiste una diagnosi clinica; può essere tuttavia produttivo utilizzare le stesse strategie didattiche applicate ai DSA, come pure gli strumenti compensativi (non però in fase d’esame), al fine di portare l’alunno al successo formativo.

• Dislessia: difficoltà nell'imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura. Si manifesta attraverso una minore correttezza e rapidità della lettura a voce alta rispetto a quanto atteso per età anagrafica, classe frequentata, istruzione ricevuta.

• Disgrafia: disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nella realizzazione grafica. Minore fluenza e qualità dell’aspetto grafico della scrittura manuale. È collegata al momento motorio-esecutivo della prestazione.

• Disortografia: disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei processi linguistici di transcodifica.È all’origine di una minore correttezza del testo scritto dovuta a difficoltà di transcodifica del linguaggio orale nel linguaggio scritto.

• Discalculia: disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà negli automatismi del calcolo e dell'elaborazione dei numeri.

a cura di Lucia Ferrari

Il deficit di automatizzazione

I disturbi di spettro DSA investono prestazioni anche non linguistiche:

• organizzare spazi e tempi,

• denominare oggetti rapidamente,

• eseguire sequenze motorie,

• coordinare più azioni...

Sono compiti che richiedono l’automatizzazione di procedure e abilità che, una volta acquisite, vanno a far parte della memoria implicita (magazzino che contiene anche il meccanismo di conversione grafema-fonema e la forma grafica di parole memorizzate in modo globale).

a cura di Lucia Ferrari

Automatizzazione e carico cognitivo

a cura di Lucia Ferrari

In assenza di automatizzazione, l’alunno DSA compensa con il controllo cosciente, compiendo così uno sforzo cognitivo maggiore. Pertanto necessita di tempi di esecuzione più lunghi, si stanca, e fatica quindi a mantenere la concentrazione e l’attenzione.

a cura di Lucia Ferrari

“Handicap indotti”Questi disturbi hanno spesso importanti conseguenze sul piano emotivo-

motivazionale.La reazione comportamentale può essere duplice:

Le due modalità possono alternarsi a seconda delle situazioni, con l’obiettivo finale di sottrarsi al compito, e quindi alla delusione del fallimento che ne conseguirebbe.

Ricordiamo sempre che tutti questi atteggiamenti sono la conseguenza e non la causa dei disturbi di spettro DSA!

a cura di Lucia Ferrari

Obiettivo della scuolaScardinare il circolo vizioso dell’impotenza appresa e alimentare il circolo virtuoso del successo

Come?

Proposta di compiti adeguati alle capacità,

guida all’utilizzo di strategie e strumenti

prestazione positiva, consensi esterni e senso di autoefficacia

motivazione all’impegno e desiderio di migliorarsi

miglioramenti

Suggerimento bibliografico:

Daniele Mugnaini, “Dislessia e qualità della vita. Come promuovere atteggiamenti efficaci in genitori, insegnanti e bambini”, ed. Libriliberi

Strumenti e interventi compensativi

vs

Misure dispensative

• Compensare: ottenere i risultati attesi utilizzando metodi e mezzi diversi, che permettano di bypassare le difficoltà. Tali mezzi possono essere le tecnologie (es. programma di scrittura con correttore e sintesi vocale), ma anche strategie o modalità didattiche (mappe concettuali, schemi…) che facciano leva sugli stili di apprendimento prediletti da ciascun alunno.

• Dispensare: se la compensazione non basta, occorre prevedere la dispensa da attività (es. lettura a voce alta) o argomenti di studio (es. modi e tempi verbali) per evitare che il disturbo possa portare all’insuccesso scolastico e alla compromissione dell’immagine di sé dell’alunno.

a cura di Lucia Ferrari

Dispensare è l’ultima spiaggia.

Per evitarla, occorre guidare l’alunno verso un’efficace compensazione.

Una buona compensazione deriva dalla capacità di far leva sui punti di forza dell’alunno, ossia di conoscerne le caratteristiche cognitive e gli stili di apprendimento.

Per arrivare a ciò è fondamentale

l’osservazione dell’alunno.

Ecco perché il PDP nella sua prima parte dedica molto spazio all’osservazione dell’alunno e del suo funzionamento: tale fase è fondamentale per la successiva formulazione di un piano didattico ad hoc.

Il cuore del PDP è poi la definizione strumenti e interventi compensativi e di eventuali misure dispensative.

a cura di Lucia Ferrari

Quali strumenti e interventi compensativi?

• Libro parlato con programma di lettura � libri forniti gratuitamente da AID, con il supporto di una sintesi vocale (free, come LeggiXme, o a pagamento, come Carlo Mobile di Anastasis e Alfa Reader di Erickson); compenso la difficoltà di lettura

• Registratore o lettore MP3 � l’insegnante può consentire all’alunno di registrare le lezioni per riascoltarle a casa; compenso la difficoltà di lettura

• Programmi di videoscrittura con correttore automatico e/o sintesi vocale �Carlo Mobile e Alfa Reader, ma anche un normale editor di testo come word, o LeggiXme, per riascoltare e individuare l’errore; compenso la difficoltà di scrittura

• Enciclopedie multimediali e Internet� tra i tanti vantaggi, da non trascurare la motivazione; compenso la difficoltà di lettura

• Dizionari multimediali o visuali, monolingue o bilingue� l’associazione testo/immagine aiuta a trovare i vocaboli e a fissarne il significato nella memoria; in L2 ascoltare la parola permette di fissare la pronuncia; compenso la difficoltà di lettura

E perché non per tutti?Il rischio dei compensativi, in particolare quelli ad elevato contenuto tecnologico, sta nell’effetto

diversità: il DSA rifiuta il compensativo e/o i compagni sono diffidenti, a volte ostili.

Molti di essi possono essere proposti per tutti, se non in fase di verifica almeno in classe e nel lavoro a casa:

• computer con sintesi vocale e correttore;

• registratore mp3;

• dizionario visuale/multimediale…

a cura di Lucia Ferrari

Cos’è il PDPÈ uno strumento didattico, ma anche educativo.

didattico perché individua gli strumenti di cui l’alunno necessita;educativo perché tali strumenti permettono di bypassare la disabilità, e quindi far emergere il vero alunno, scongiurando l’insorgere di problematiche di tipo psicologico: scarsa motivazione, passività, confusa immagine di sé, aggressività, devianza, depressione.

Nel PDP quindi si parla di come raggiungere degli obiettivi, che sono gli stessi della classe. In altre parole, il PDP permette di individuare i mezzi su misura che permettono all’alunno di conseguire i medesimi obiettivi dei compagni.

È uno strumento didattico che va condiviso dal Consiglio di classe o dal team dei docenti, e che parte proprio dall’osservazione effettuata da tutti gli insegnanti. Per tale motivo non va redatto all’inizio dell’anno, ma solo dopo un congruo periodo di osservazione.

La collegialità è un punto fondamentale: secondo le linee guida, tutti i docenti sono «corresponsabili del progetto formativo elaborato e realizzato per gli alunni con DSA».

a cura di Lucia Ferrari

Quando si redige

• Se l’alunno giunge nella classe prima media o in classi intermedie da altro istituto con una diagnosi, ci si prende il tempo necessario all’osservazione e poi si redige il PDP.

• Se la diagnosi giunge durante l’anno scolastico, si redige il PDP in qualsiasi momento dell’anno, in teoria anche alla vigilia degli scrutini!

• Nel caso di alunni già diagnosticati dagli anni precedenti, il PDP può essere redatto già durante il primo consiglio del nuovo anno scolastico, o semplicemente aggiornato se si ritiene il precedente ancora adatto come punto di partenza.

a cura di Lucia Ferrari

Come si redigeSi prevedono 20 minuti da dedicare al caso nel corso del primo consiglio di classe utile dopo la ricezione della diagnosi. È importante che tutti gli insegnanti siano presenti (si veda l’articolo 7 delle linee guida). Ciascuno prende visione della diagnosi in possesso della scuola, che non va fotocopiata per ragioni di privacy. Intercorso un tempo sufficiente all’osservazione dell’alunno, nel successivo consiglio o nel corso di un consiglio straordinario, il Cdc o il team redige collegialmente il PDP.

Ne vengono prodotte 3 copie: • 1 per il fascicolo personale dell’alunno, • 1 per la famiglia, • 1 per il registro dei verbali, a disposizione dei docenti per la consultazione.

Ciò vale anche nel caso di aggiornamento.Per le classi terze della secondaria il PDP va incluso nel fascicolo da consegnare al presidente di commissione d’esame a cura del coordinatore.

Se vi è una buona collaborazione con la famiglia, essa può essere invitata a redigere il PDP con i membri del consiglio di classe.Se utile e necessario, possono essere presenti il clinico che ha redatto la diagnosi e il referente dislessia d’istituto.

a cura di Lucia Ferrari

Le linee guida sintetizzano con questo schema l’iter per la gestione dei casi DSA, la cui ultima fase è la compilazione del PDP:

a cura di Lucia Ferrari

Alcuni nodi critici: la lingua

straniera

Dispensa vs esonero

D.M. e linee guida chiariscono il termine esonero, usato nella legge 170, e

introducono il termine dispensa; si tratta di provvedimenti molto diversi,

ma comunque estremi, motivati da situazioni di particolare gravità.

• esonero: dalla lingua nel suo complesso, ossia totale. Tale

provvedimento non permette il rilascio del diploma finale, ma solo di un

attestato di frequenza (come accade cioè con i gli alunni certificati

gravissimi, non in grado di sostenere prove d’esame);

• dispensa: dalle prestazioni in forma scritta. Devono tassativamente

sussistere 3 condizioni:

• esplicita richiesta nella diagnosi clinica in considerazione del particolare stato di

gravità;

• richiesta della famiglia (o dell’alunno se maggiorenne);

• approvazione del consiglio di classe.

a cura di Lucia Ferrari

Cosa significa dispensa dalla lingua scritta?

Non significa rimozione totale del supporto scritto: le prove di valutazione (esame compreso) non prevedono la forma scritta, ma le linee guida ricordano che il supporto scritto è indispensabile all’apprendimento di L2 anche per i DSA (la scrittura stimola la memoria visiva e cinestetica).

Stessa indicazione viene dalla Commissione Europea (“Special Educational Needs in Europe and the Teaching and Learning of Languages. Insights and Innovation”, 2005 http://ec.europa.eu).

Ma la dispensa dallo scritto non è una soluzione. Il problema del DSA in L2 è, ancor prima dell’ortografia, la difficoltà di automatizzazione di pattern e strutture: tale difficoltà può manifestarsi ancora più marcatamente all’orale, dove non c’è il tempo per riflettere, mettere in atto strategie e recuperare le conoscenze (nel caso di un alunno fortemente emotivo entra in gioco anche l’ansia linguistica).

a cura di Lucia Ferrari

Cosa fare allora?

• Sia allo scritto che all’orale si privilegerà l’efficacia comunicativa (produzione) e la capacità di cogliere il senso generale del messaggio (comprensione) più che la correttezza formale.

• Si invita a limitare le richieste a un lessico base ad alta frequenza.

• Per coloro che non sono dispensati: “Le prove scritte di lingua straniera sono progettate, presentate e valutate secondo modalità compatibili con le difficoltà connesse ai DSA”: si intende però le prove di tutti gli alunni, non sono previste prove differenziate per gli alunni DSA.

a cura di Lucia Ferrari

Alcuni nodi critici: la valutazione

• Le modalità valutative, periodiche e finali, devono essere coerenti con gli interventi pedagogico-didattici (perciò importanza del PDP!) e finalizzate al successo formativo;

• Si possono concedere tempi più lunghi (si suggerisce il 30% in più);

• Si garantisce l’uso degli idonei strumenti compensativi ed eventualmente l’adozione di misure dispensative (sempre coerentemente con il PDP);

• Si utilizzano criteri più attenti a valutare la padronanza dei contenuti piuttosto che la forma.

a cura di Lucia Ferrari

Linee guida e scuola dell’infanzia (1)

Cosa fare?• Le linee guida attribuiscono un ruolo chiave a questo grado

dell’istruzione, sia in termini di individuazione del problema, sia di attività di recupero.

• Le difficoltà possono manifestarsi in questi ambiti:• grafo-motorie (manualità fine)• coordinazione oculo-manuale e generale (goffaggine)• orientamento e integrazione spazio-temporale (ieri, oggi, domani)• memorizzazione • linguaggio, manipolazione di suoni (consapevolezza fonologica)

• È pertanto fondamentale l’osservazione di questi aspetti e un precoce lavoro di recupero rispetto a eventuali difficoltà. Le linee guida sono ricche di consigli e suggerimenti operativi in tal senso.

Suggerimenti bibliografici:

Lerida Cisotto, “Prime competenze di letto-scrittura”, Edizioni Erickson.

Rita Centra, “Come leggere DSA e scuola dell'infanzia. Quaderno operativo”, Giunti Scuola.

a cura di Lucia Ferrari

Linee guida e scuola dell’infanzia (2)

Area del calcoloLe linee guida invitano a lavorare allo sviluppo precoce dell’intelligenza numerica, ossia dei processi mentali specifici implicati nella cognizione numerica, nella stima di numerosità e nel conteggio.

Gli obiettivi in questo grado di scuola devono essere:

• insegnare a distinguere tra grandezza e numerosità degli oggetti

• insegnare ad astrarre il concetto di quantità, visto come indipendente dalle caratteristiche dell’oggetto

• avviare all’acquisizione delle parole-numero (nei suoi aspetti semantici, lessicali e di successione n+1)

• avviare al problem solving utilizzando il numero in situazioni quotidiane.

a cura di Lucia Ferrari

Linee guida e scuola primaria (1)Cosa fare?• Adottare il metodo fono-sillabico o puramente sillabico (anche in modo

integrato) ma non globale, con associazione grafema-immagine (es. M di montagna, non di mamma);

• Promuovere l’acquisizione della consapevolezza fonologica svolgendo quotidianamente attività fonologiche (in modo progressivo: parola, sillaba, incipit-rima, fonema iniziale e finale, tutti i singoli fonemi);

• Presentare le consonanti in tale ordine: grafemi con affinità (es. P e B, per evidenziarne le differenze), prima quelli scritti da sinistra (D, R…), poi quelli da destra (C, G, S);

• Se emergono difficoltà a livello fonologico più che visuo-spaziale, iniziare con i fonemi continui (nasali, liquide… solo alla fine labiali e dentali);

• Iniziare con stampato maiuscolo (scrittura bilineare, mentre script e corsivo sono quadrilineari);

• Presentare un carattere alla volta, fino a consolidamento avvenuto;

• Esplicitare, verbalizzare la modalità di realizzazione grafica del grafema (impugnatura, movimento, direzione, dimensioni);

• Prevedere momenti di potenziamento/recupero individualizzato;

• Lettura ad alta voce solo su brani molto esercitati.

Suggerimento bibliografico: Paola Gregoretti, “ Alfabeto diavolino “, Einaudi Ragazzi.

a cura di Lucia Ferrari

Linee guida e scuola primaria (2)

Area del calcolo

• Consolidare i prerequisiti (infanzia);

• Potenziare l’intelligenza numerica e promuovere l’automatizzazione insistendo sul calcolo a mente e sul conteggio a mente (non solo uno a uno).

N.B. Il calcolo scritto serve ad apprendere e automatizzare procedure per calcoli complessi; il calcolo mentale sviluppa l’intelligenza numerica. Si raccomandano pertanto attività brevi e giornaliere, anche ludiche, dedicate al calcolo mentale.

In tutte le aree, l’introduzione di compensativi e dispensativi si raccomanda solo dall’ultimo biennio.

a cura di Lucia Ferrari

Linee guida e scuola secondaria

(e ultime classi della primaria)

Cosa fare?

• Guidare all’elaborazione di un proprio metodo di studio ideale e di personali strategie di lettura (“a salti”), comprensione e fissazione dei concetti;

• Insegnare un uso autonomo ed efficace delle tecnologie compensative (computer e software). Così recitano le linee guida: “L’utilizzo di tali strumenti non è immediato e i docenti -anche sulla base delle indicazioni del referente di istituto -avranno cura di sostenerne l’uso da parte di alunni e studenti con DSA”.

• Stimolare la metacognizione e la riflessione sugli errori.

a cura di Lucia Ferrari

E ora… arrivano i BES

a cura di Lucia Ferrari

I riferimenti normativi• Direttiva MIUR del 27 dicembre 2012 (Strumenti

d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica);

• Circolare MIUR del 6 marzo 2013, n. 8 (Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”. Indicazioni operative)

• Nota MIUR del 27 giugno 2013 (Piano Annuale per l’Inclusività – Direttiva 27 dicembre 2012 e C.M. n. 8/2013)

• Circolare MIUR del 22 novembre 2013 (Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali. A.S. 2013/2014. Chiarimenti).

a cura di Lucia Ferrari

Cosa sono i Bisogni Educativi Speciali

Lo sfondo scientifico di riferimento è quello del modello diagnostico ICF (International Classificationof Functioning) dell’OMS: persona considerata in prospettiva bio-psico-sociale; si basa cioè su

• profilo di funzionamento

• analisi del contesto (qui ed ora).

Nell’identificazione dei bisogni speciali si adotta cioè non un modello clinico («i bisogni vanno certificati») ma un modello pedagogico: la scuola agisce senza dover dipendere dal clinico (ma anche senza trasformarsi in clinico!)

a cura di Lucia Ferrari

Dalla Direttiva 27/12/12

«ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta».Per rispondere a tali bisogni, si chiama in causa la comunità educante (non solo insegnanti di sostegno!) e, a livello organizzativo, CTI E CTS.

La C.M. 8 precisa così gli obiettivi della Direttiva:«delinea e precisa la strategia inclusiva della scuola italiana al fine di realizzare appieno il diritto all’apprendimento per tutti gli alunni e gli studenti in situazione di difficoltà».La circolare 22/11/13 ricorda che ciò non fa che ribadire l’art. 4 del DPR 275/99 sull’autonomia, che a sua volta deriva dai principi della Costituzione italiana.

a cura di Lucia Ferrari

Le categorie

Facciamo riferimento alla classificazione già vista. Nel dettaglio la direttiva esemplifica così:Disturbi evolutivi specifici:• difficoltà nell’area del linguaggio• bassa intelligenza verbale o non verbale (squilibrio)• disturbo di spettro autistico lieve.ADHD, anche in comorbidità con:• disturbo oppositivo-provocatorio• disturbo della condotta in adolescenza• DSA• disturbi d’ansia, umore…Borderline:• QI globale tra 70 e 85

a cura di Lucia Ferrari

Area dello svantaggio

È dettagliata nella C.M. 8:

• Il BES è individuato sulla base di elementi oggettivi (es. servizi sociali), ovvero fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche;

• Si fa riferimento a stranieri di recente immigrazione: per loro compensativi e dispensativi solo in fase transitoria; privilegiare le strategie.

• L’ultima circolare limita a stranieri parlanti lingue non neolatine.

a cura di Lucia Ferrari

Cosa propone alla scuola?Rispetto ai singoli casi:

«elaborare un percorso individualizzato e personalizzato per alunni e studenti con bisogni educativi speciali, anche attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato, individuale o anche riferito a tutti i bambini della classe con BES, ma articolato, che serva come strumento di lavoroin itinere per gli insegnanti ed abbia la funzione di documentare alle famiglie le strategie di intervento programmate.»Rimanda a compensativi e dispensativi previsti dalla legge 170.

a cura di Lucia Ferrari

Cosa richiede alla scuola?Rispetto alla propria organizzazione e alla propria filosofia:

«è auspicabile una riflessione interna che, tenendo conto delle risorse presenti, individui possibili modelli di relazione con la rete dei CTS e dei CTI, al fine di assicurare la massima ricaduta possibile delle azioni di consulenza, formazione, monitoraggio e raccolta di buone pratiche, perseguendo l’obiettivo di un sempre maggior coinvolgimento degli insegnanti curricolari, attraverso – ad esempio – la costituzione di gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica. Occorre in buona sostanza pervenire ad un reale coinvolgimento dei Collegi dei Docenti e dei Consigli di Istituto che porti all’adozione di una politica (nel senso di “policy”) interna delle scuole per l’inclusione».

Si invita quindi alla costituzione del GLI (Gruppo di Lavoro per l’Inclusione), del quale facciano parte risorse interne esperte in grado di offrire «soluzioni rapide e concrete».

a cura di Lucia Ferrari

Cos’è il GLI?È l’integrazione del gruppo di lavoro per l’handicap (G.L.H.) in un’ottica BES; comprende: • FS,• insegnanti di sostegno o con specifiche competenze,• coordinatori di classe,• genitori ed esperti esterni,• assistenti alla comunicazione…;Svolge le seguenti funzioni:• rilevazione BES,• raccolta buone-pratiche,• consulenza e supporto ai colleghi,• monitoraggio del livello di inclusività della scuola,• proposta di Piano Annuale per l’Inclusività (PAI) per l’a.s.

successivo.

NB: Le risorse sono quelle de FIS.a cura di Lucia Ferrari

Cos’è il PAI?Il Piano Annuale per l’Inclusività (PAI) va proposto dal GLI al Collegio Docenti; una volta approvato, va inviato all’USR. Il Collegio a fine anno verifica i risultati raggiunti rispetto agli obiettivi del PAI.Comprende:• analisi di criticità e risorse;• ipotesi di utilizzo delle risorse.Tutto ciò va raccordato con il POF. La Nota MIUR del 27 giugno 2013 specifica che scopo del PAI è «fornire un elemento di riflessione nella predisposizione del POF, di cui il P.A.I. è parte integrante».Il PAI è un momento di riflessione della comunità educante sulla cultura dell’inclusione attuata dalla scuola.Esso fornisce, in forma sintetica, un quadro della varietà di criticità presenti nella scuola (Circolare 22/11/13).

a cura di Lucia Ferrari

La parola a Flavio Fogarolo (1)da Superando, 23 ottobre 2013

La scuola non dichiara gli “alunni BES”, né tanto meno li certifica, ma individua quelli per i quali è «opportuna e necessaria» una personalizzazione formalizzata, ossia un PDP (Piano Didattico Personalizzato). Pertanto il PDP non è una conseguenza di questo riconoscimento come per la disabilità e i DSA («Questo alunno è BES quindi la scuola deve predisporre un PDP»), ma parte integrante dell’identificazione della situazione di bisogno («Questo alunno è BES perché

secondo la scuola ha bisogno di un PDP»).

Certamente non tutti gli alunni che hanno qualche difficoltà rientrano tra i BES e non per tutti quelli che hanno bisogno di una qualche forma di personalizzazione dev’essere predisposto un PDP. La scuola ha tanti modi, strumenti e procedure per adattare la didattica ai bisogni individuali, molti dei quali assai più semplici e informali, ma in certi casi ugualmente efficaci, se non di più.

Identificare un alunno come BES significa riconoscere per lui la necessità non solo di un percorso didattico diverso da quello dei compagni, ma anche di una sua ufficializzazione, come assunzione formale di impegni e responsabilità da parte della scuola e, se possibile, anche della famiglia. Ossia di un PDP, appunto.

a cura di Lucia Ferrari

La parola a Flavio Fogarolo (2)da Superando, 23 ottobre 2013

La riscoperta attenzione verso gli alunni con Bisogni Educativi Speciali va vissuta realmente, e non solo a parole, come un’opportunità per le scuole, ossia come la “possibilità”, non l’obbligo, di fare alcune cose che prima sembravano impossibili, o quanto meno di dubbia legittimità, come formalizzare un percorso diverso anche per chi non abbia portato a scuola documenti o certificati particolari. Adesso sappiamo ufficialmente che possiamo fare molto anche per loro, per i nostri sans papiers che, almeno a scuola, non devono necessariamente essere considerati “cittadini di serie B”.

a cura di Lucia Ferrari

PDP sì o no?Come collegio docenti, come consiglio di classe, come team di docenti, ci dobbiamo chiedere:

per questo alunno X

• in questa scuola, in questa classe

• quest’anno

redigere un PDP è

• necessario (c’è una diagnosi o è in arrivo)

• utile (strumento di continuità, strumento di lavoro)

• opportuno (bilancio pro/contro).

a cura di Lucia Ferrari

Alcuni interrogativi che ci poniamo

• Il PDP va firmato dal DS (o suo delegato), dai

docenti e dalla famiglia… e nel caso di

svantaggio sociale?

• Per la redazione del PDP occorre l’unanimità del

CDC/team? (condizione citata chiaramente

nella bozza dell’ultima circolare; nella versione

finale si dice ambiguamente: «soltanto

qualora… si concordi di valutare l’efficacia…»).

a cura di Lucia Ferrari

Grazie per l’attenzione!

a cura di Lucia Ferrari