CORSO OPERATORE SOCIO SANITARIO Protezione e...

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16/07/2013 1 CORSO OPERATORE SOCIO SANITARIO Protezione e sicurezza dei lavoratori Modulo A/3 - SPP Giardini Andrea Tecnico della prevenzione Azienda USL 11 di Empoli

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16/07/2013 1

CORSO OPERATORE SOCIO SANITARIO

Protezione e sicurezza dei lavoratori

Modulo A/3 - SPPGiardini Andrea

Tecnico della prevenzioneAzienda USL 11 di Empoli

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Indice

11 Salute e sicurezza sul lavoro Salute e sicurezza sul lavoro

22 Rischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, ambiente di lavoroRischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, ambiente di lavoro

33 Dispositivi di Protezione IndividualeDispositivi di Protezione Individuale

Emergenze, procedure di esodo e prevenzione incendiEmergenze, procedure di esodo e prevenzione incendi44

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Segnaletica di sicurezzaSegnaletica di sicurezza

Movimentazione manuale dei carichi MMCMovimentazione manuale dei carichi MMC

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Quando fai un piano per un anno, Quando fai un piano per un anno, Quando fai un piano per un anno, Quando fai un piano per un anno,

semina grano. Se fai piani per un semina grano. Se fai piani per un semina grano. Se fai piani per un semina grano. Se fai piani per un

decennio, pianta alberi. Se fai piani decennio, pianta alberi. Se fai piani decennio, pianta alberi. Se fai piani decennio, pianta alberi. Se fai piani

per la vita, per la vita, per la vita, per la vita, formaformaformaforma e e e e educaeducaeducaeduca le le le le

persone*persone*persone*persone*

Perché siamo qui?

* Proverbio cinese: Guanzi (c 645 BC)

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Cos’è la sicurezza sul lavoro?

È la gestione dei rischi

Richiede: attenzione, collaborazione, partecipazione, giusto comportamento,

conoscenza dell’organizzazione, competenza… e tanto buon senso

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ÈÈ il testo il testo

unico in unico in

materia di materia di

salute e salute e

sicurezza sicurezza

sul lavorosul lavoro

Passaggio normativo

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�cultura diffusa della sicurezza come base indispensabile per garantire efficacemente la

tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori

�Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza

sul Lavoro (SGSL)

La FILOSOFIA del D.Lgs. 81/08

PROFESSIONE

SICUREZZA

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Ridurre il numero degli infortuni e delle malattie professionali:

• attuando misure di prevenzione

• agendo sui comportamenti

Scopo del SGSL

Le relazioni nel sistema di sicurezza

Datore di Lavoro

Dirigenti Preposti

TRIANGOLO DELLE DECISIONI/LINEA OPERATIVA

SPP

RLS M.C.

TRIANGOLO DELLE COMPETENZE/LINEA CONSULTIVA

LAVORATORI = Soggetti attivi

Titolare dei poteri di spesa e decisionali

Impartiscono disposizioni per la sicurezza

Sovrintendono e vigilano sulla osservanza da parte dei

singoli lavoratori dei loro obblighi di legge

Struttura di consulenza del datore di lavoro per la valutazione dei rischi e per l’individuazione delle azioni di

miglioramento

Collabora con l’SPP nella valutazione dei rischi e

attua la sorveglianza sanitaria

Rappresenta i lavoratori per gli aspetti di salute e sicurezza sul

lavoro

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È l’ora del test ………………..

Salute e sicurezza sul lavoro

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Indice

11 Salute e sicurezza sul lavoroSalute e sicurezza sul lavoro

22 Rischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, amb.lavRischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, amb.lav

33Dispositivi di Protezione IndividualeDispositivi di Protezione Individuale

Le emergenze, procedure di esodo e prevenzione incendiLe emergenze, procedure di esodo e prevenzione incendi44

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Segnaletica di sicurezzaSegnaletica di sicurezza

Movimentazione manuale dei carichi MMCMovimentazione manuale dei carichi MMC

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A)

RISCHI PER LA SICUREZZA DOVUTI A:

(Rischi di natura infortunistica)

• Strutture • Macchine • Impianti Elettrici • Sostanze pericolose • Incendio-esplosioni

B)

RISCHI PER LA SALUTE DOVUTI A:

(Rischi di natura igienico ambientale)

• Agenti Chimici • Agenti Fisici • Agenti Biologici

C)

RISCHI PER LA SICUREZZA E LA SALUTE DOVUTI A:

(Rischi di tipo cosiddetto trasversale)

• Organizzazione del lavoro • Fattori psicologici • Fattori ergonomici • Condizioni di lav. difficili

CLASSIFICAZIONE E DEFINIZIONE DEI RISCHI

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Rischi infortunistici, incidenti e infortuni mancati

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L’infortunio sul lavoroÈ un evento dannoso alla persona che si manifesta in modo rapido e violento, involontario, in occasione del lavoro e pregiudica la capacità lavorativa del soggetto interessato

La malattia professionaleÈ un evento dannoso alla persona che si manifesta in modo lento, graduale e progressivo, involontario e in occasione del lavoro

Definizioni

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QUESTO COS’E’?.....

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E QUESTO …..?

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per incidenti si intendono gli eventi che possono determinare un

infortunio, che non necessariamente si è verificato.

La voce “incidenti” comprende anche i così detti “infortuni mancati” o “near

miss”

Incidenti e infortuni mancati

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Si definisce “infortunio mancato” qualsiasi evento, correlato al lavoro, che avrebbe potuto

causare un infortunio o danno alla salute (malattia) o morte, ma

solo per puro caso non l’ha cagionato.

Incidenti e infortuni mancati

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Comportamento: modo in cui una persona agisce e procede.

COMPORTAMENTO

E i comportamenti umani, come interferiscono con il verificarsi di un incidente?

ALCUNI ESEMPI …

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Luoghi di lavoro (TITOLO II art. 62 Decreto legislativo 09 Aprile 2008 n° 81 e s.m.i )

Si intendono per luoghi di lavoro, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro.

Ad esempio, un luogo di lavoro può essere fonte di rischio per i lavoratori se:

– non rispetta le regole d’igiene ambientale e di sicurezza dettate dalle norme specifiche di riferimento

– gli impianti non sono realizzati a regola d’arte– presenta caratteristiche di insalubrità

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• Gli impianti devono essere rispondenti alle norme.• Gli spazi di lavoro devono essere consoni all’attività.• L’illuminazione deve essere dimensionata alle esigenze di

lavoro e deve garantire una corretta visione dei luoghi di passaggio.

• Deve essere garantito sufficiente ricambio dell’aria, mediante le finestre o impianti correttamente dimensionati, rispetto ai volumi dei locali e al numero delle persone.

• L’ambiente deve essere pulito e salubre.

Requisiti minimi strutturali (allegato IV requisiti dei luoghi di lavoro)

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L’ambiente di lavoro: microclima(punto 1.9 allegato IV D.Lgs. 81/08)

Il microclima è una combinazione di diversi fattori quali:– temperatura dell'aria– umidità relativa– ventilazione (velocità dell'aria)– eventuale presenza di calore radiante (proveniente

ad es. da macchinari, pareti, ecc.)– attività dell’uomo

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Riscont

ri d’ari

a

Ricambi d’aria

Temperatura inverno estate

Umidità dell’aria

40-60 %

da “Sicurezza in ufficio” - campagna AIAS-ISPESL 1996-1997

Sostanze inquinanti

Benessere termico

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• Occorre garantire condizioni accettabili in base alle grandezze termo-igro-anemometriche che caratterizzano il microclima, l’illuminazione e la qualità dell'aria.

• I fattori microclimatici negli ambienti di lavoro, l'intensità dell'impegno fisico svolto e l'abbigliamento condizionano risposte biologiche graduate che vanno da sensazioni di benessere termoigrometrico a sensazioni di disagio (discomfort) a vero e proprio impegno termoregolatorio(sudorazione più o meno accentuata), a sindromi patologiche (stress da calore).

• Un rischio microclima, “discomfort”, nasce dalla percezione globale del corpo umano, da situazioni di disagio localizzate e può essere ricondotto a sensazioni di caldo, di freddo, di eccessive correnti d'aria o sbalzi termici.

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Si distinguono: • ambienti moderati, nei quali

rientra la maggioranza dei luoghi di lavoro (non troppo distanti da quelle ideali per l'organismo umano);

• ambienti severi caldi e freddi, nei quali rientrano tutti i lavori esercitati all'aperto o a ridosso di forni, i lavori che prevedono accessi alla cella frigo ma anche camere bianche, sale operatorie...

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I luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale (salvo che si tratti di locali sotterranei) in ogni caso, tutti i locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentano una illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere dei lavoratori.

L’ambiente di lavoro: illuminazione (punto 1.10 Allegato IV D.Lgs. 81/08)

Comfort visivo E’ sempre richiesta la luce naturale e,

solo laddove non sia tecnicamente possibile garantire la luce naturale, e’ ammesso il ricorso a fonti artificiali nel rispetto delle norme di buona tecnica

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Soffitto chiaro70%

Porta smaltata bianca

70%

Tavolo legno60%

Specchio 90%

Mobili opachi15%

L’ambiente di lavoro: illuminazione(punto 1.10 allegato IV D.Lgs. 81/08)

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Indice

11 Salute e sicurezza sul lavoroSalute e sicurezza sul lavoro

22 Rischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, ambiente di lavoroRischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, ambiente di lavoro

33 Dispositivi di Protezione IndividualeDispositivi di Protezione Individuale

Le emergenze, procedure di esodo e prevenzione incendiLe emergenze, procedure di esodo e prevenzione incendi44

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Segnaletica di sicurezzaSegnaletica di sicurezza

Movimentazione manuale dei carichiMovimentazione manuale dei carichi

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TITOLO III TITOLO III -- USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALEDISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

Capo II - Uso dei dispositivi di protezione individuale

Art. 74 (Definizioni)

Art. 75 (Obbligo di uso)

Art. 76 (Requisiti dei DPI)

Art. 77 (Obblighi del datore di lavoro)

Art. 78 (Obblighi dei lavoratori)

Art. 79 (Criteri per l’individuazione e

l’uso)

Art.Art. 74 Definizioni74 Definizioni

Si intende per DPI qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.

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QUALI SONO I DPI?

SI NO

Art.Art. 74 Definizioni74 Definizioni

Non costituiscono DPI:a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente

destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle

forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico;

d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto;

e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non per attività lavorative;

f) i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione; g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e

fattori nocivi.

Art.Art. 75 Obbligo di uso75 Obbligo di uso

I DPI possono e devono essere impiegatiquando i rischi non possono essere evitati o

sufficientemente ridotti da

mezzi di protezione collettiva misure tecniche di prevenzione

misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro

Art.Art. 76 Requisiti dei DPI76 Requisiti dei DPI

I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, e sue successive modificazioni (D.Lgs. 2 gennaio 1997, n. 10).

Art.Art. 76 Requisiti dei DPI76 Requisiti dei DPI

I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:

a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sè un rischio maggiore;

b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;

c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;

d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità.

Art.Art. 76 Requisiti dei DPI76 Requisiti dei DPI

In caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell’uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.

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OBBLIGHI DEI COSTRUTTORI

D.Lgs. n. 475/92 e D.Lgs. n. 10/97

Norme per la fabbricazione dei D.P.I

OBBLIGHI DEGLI UTILIZZATORI

D.Lgs. 81/08 e s.m.i

Miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro.

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1° cat. = di progettazione semplice destinati a salvaguardare la persona da rischi di lieve entità.

3° cat. = di progettazione complessa destinati a salvaguardare da rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente. (Addestramento all’uso obbligatorio come per i D.P.I. dell’ udito, oltre all’informazione e alla formazione del personale ).

2° cat. = che non rientrano nelle altre due categorie.

Classificazione dei DPIClassificazione dei DPI

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RIENTRANO NELLA 1° CATEGORIA I D.P.I. CONTRO:

1) Le azioni lesive di lieve entità prodotte da strumenti meccanici

o prodotti detergenti

2) Contatto o urto con corpi aventi temperatura non > a 50° C

3) Urti lievi e vibrazioni non capaci di raggiungere organi vitali e

produrre lesioni permanenti

4) Azione lesiva dei raggi solari o degli ordinari fenomeni atmosferici

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RIENTRANO ESCLUSIVAMENTE NELLA 3° CATEGORIA

1) Gli apparecchi di protezione respiratoria filtranti contro aerosol solidi e liquidi, gas

irritanti, pericolosi, tossici o radio-tossici

2) Gli apparecchi di protezione isolanti, compresi quelli per l’ immersione subacquea

3) I D.P.I. che assicurano protezione limitata nel tempo contro aggressioni chimiche e le

radiazioni ionizzanti

4) I D.P.I per attività in ambienti con temperatura non < a 100°C oppure non > a – 50°C

5) I D.P.I per la salvaguardia della caduta dall’alto

6) I D.P.I. utilizzati a salvaguardia dai contatti elettrici pericolosi o utilizzati come isolanti

per le alte tensioni elettriche

7) I caschi e le visiere per motociclisti

Appartengono alla 2° categoria i D.P.I. che non rientrano nelle altre due categorie

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• La responsabilità dell’immissione sul mercato di un D.P.I. ricade sul fabbricante

• la responsabilità riguardo l’adozione, la scelta e il mantenimento in efficienza dei D.P.I. sul luogo di lavoro è attribuibile al Datore di Lavoro, il quale all’atto dell’acquisto verificherà che questi posseggano i requisiti essenziali di salute e sicurezza previsti nell’allegato II del D.Lgs. 475/92

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Il D.Lgs. 475/92 ha proprio la finalità di impedire che nel mercato mercato interno italiano vengano commercializzati D.P.I.privi di requisiti essenziali di salute e sicurezza.

In ogni caso il D.L. è garantito nell’acquisto dei D.P.I. da tre fondamentali adempimenti del costruttore; infatti tutti i D.P.I.sono soggetti:

alla dichiarazione di conformità CE (il fabbricante dichiara che il D.P.I. è conforme ai requisiti essenziali di salute e sicurezza)

- all’apposizione della marcatura CE sul D.P.I. e sull’imballaggio

- ad essere accompagnati obbligatoriamente da una nota informativa, anche in lingua italiana

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Marcatura CE

La garanzia che un DPI soddisfi i requisiti essenziali di salute e sicurezza è rappresentata dalla marcatura CE.

Esclusivamente per i D.P.I. di 3° categoria, si deve apporre il

contrassegno numerico identificativo dell’organismo di controllo

(XXXX). Tale marcatura può essere accompagnata da

pittogrammmi che specificano l’uso a cui sono destinati i D.P.I.

XXXX

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Rischid'impatto

Rischimeccanici

Calore ofuoco

Rischimicrobiologici

Elettricitàstatica

Freddo Irradiazioni ionizzantie contaminazione

radioattiva

Rischichimici

Esempi di pittogrammi usati per i marchi dei guanti e degli indumenti di protezione contro rischi di vario tipo:

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Nota informativa del fabbricante:

Rilasciata obbligatoriamente dal fabbricante deve contenere:

• nome ed indirizzo del fabbricante o del suo mandatario

• Le istruzioni per il deposito, l’impiego, la pulizia e la disinfezione

• Le prestazioni ottenute agli esami tecnici per verificare i livelli di protezione dei D.P.I.

• Gli accessori utilizzabili coi D.P.I.

• Le classi di protezione adeguate a diversi livelli di rischio ed i corrispondenti limiti di utilizzazione

• La data o i termini di scadenza

• Il tipo di imballaggio

• Il significato della marcatura, se questa esiste.

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Prima di commercializzare un d.p.i. il costruttore deve:

Per i D.P.I. di 1° cat., soggetti ad autocertificazione, il costruttore deve redigere una ben definita documentazione tecnica.

Per i D.P.I di 2° cat. e 3° cat. il costruttore deve rivolgersi ad un organismo di controllo autorizzato e notificato alla ComissioneEuropea al fine di ottenere l’attestato di certificazione CE, che verificherà sia la rispondenza della documentazione tecnica di progettazione e fabbricazione sia un certo n° di esemplari del D.P.I., per effettuare il cosidetto controllo di prototipo.

I D.P.I di 3°cat. sono inoltre soggetti ad un sistema di controllo della produzione che può realizzarsi, a scelta del costruttore, tramite verifica del prodotto finito o del sistema di qualità

Art.Art. 77 Obblighi del DL77 Obblighi del DL

1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI: a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono

essere evitati con altri mezzi;

b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a) tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;

c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d’uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);

d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione

Art.Art. 77 Obblighi del DL77 Obblighi del DL

2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d’uso fornite dal fabbricante, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell’uso, in funzione di:

a) entità del rischio;

b) frequenza dell’esposizione al rischio;

c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;

d) prestazioni del DPI.

Art.Art. 77 Obblighi del DL77 Obblighi del DL

3. Il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del decreto di cui all’articolo 79, comma 2, fornisce ai lavoratori DPI conformi ai requisiti previsti dall’articolo 76.

Art.Art. 77 Obblighi del DL77 Obblighi del DL

4. Il datore di lavoro: a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene, mediante la

manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante;

b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;

c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l’uso

di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;

e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge; f) rende disponibile nell’azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su

ogni DPI; g) stabilisce le procedure aziendali da seguire, al termine dell’utilizzo, per la

riconsegna e il deposito dei DPI; h) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico

addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI.

Art.Art. 77 Obblighi del DL77 Obblighi del DL

5. In ogni caso l’addestramento é indispensabile:

per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;

b) per i dispositivi di protezione dell’udito.

Art.Art. 78 Obblighi dei L78 Obblighi dei L

In ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 20, comma 2, lettera h) (partecipare ai programmi di

formazione e di addestramento organizzati dal DL), i lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell’articolo 77 commi 4, lettera h), e 5.

Art.Art. 78 Obblighi dei L78 Obblighi dei L

In ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 20, comma 2, lettera d) (utilizzare in modo appropriato i

DPI messi a disposizione), i lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento eventualmente organizzato ed espletato.

Art.Art. 78 Obblighi dei L78 Obblighi dei L

I lavoratori:

a) provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;

b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.

Al termine dell’utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.

I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.

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art. 21 comma 1 OBBLIGHI DEI LAVORATORI art. 21 comma 1 OBBLIGHI DEI LAVORATORI

AUTONOMI e IMPRESE FAMILIARIAUTONOMI e IMPRESE FAMILIARI

NOVITA’ DEL T.U.

1. utilizzano le attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni del titoloIII (uso delle attrezzature di lavoro e dei DPI)

2. si muniscono di DPI e li utilizzano conformemente alle disposizioni di cuial titolo III.

Sanzione penale: arresto fino a 1 mese o ammenda 200-600 euro

Art.Art. 79 Criteri per l79 Criteri per l’’individuazione e lindividuazione e l’’usouso

Il contenuto dell’allegato VIII, costituisce elemento di riferimento per l’applicazione di quanto previsto all’articolo 77, commi 1 e 4 .

Art.Art. 79 Criteri per l79 Criteri per l’’individuazione e lindividuazione e l’’usouso

Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6, tenendo conto della natura, dell’attività e dei fattori specifici di rischio sono indicati:

a) i criteri per l’individuazione e l’uso dei DPI;

b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l’impiego dei DPI.

Fino alla adozione del decreto di cui al comma 2 restano ferme le disposizioni di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale in data 2 maggio 2001, pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 126 del 1° giugno 2001.

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Tipologie dei Dispositivi di Protezione Individuale

Convenzionalmente i DPI vengono suddivisi in funzione delle parti del corpo che devono proteggere sia per quanto concerne i rischi chimico-fisico-biologici sia per i rischi d’infortunio.

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FAMIGLIE DI DPI

• Protezione della testa (caschi, ecc.): EN397 e EN812. • Protezione degli occhi (occhiali, ecc.): EN166, EN169, EN175. • Protezione delle orecchie (cuffie, ecc): EN352. • Protezione delle vie respiratorie (mascherine, ecc): EN136, EN140,

EN141, EN143, EN149 ed EN405. • Protezione delle mani (guanti): EN374-2, EN374-3, EN388, EN407,

EN420, EN511, EN659, EN12477 ed EN ISO 10819. • Protezione dei piedi (calzature antinfortunistiche): EN344, EN345

ed EN347. • Abbigliamento professionale: EN340, EN342 ed EN343. • Alta Visibilità: EN340 ed EN471.• Indumenti monouso: EN465, EN468, EN374-2 ed EN374-3.• Sistemi di sicurezza anticaduta (imbraghi, ecc.) EN353-1, EN353-2,

EN354, EN355, EN358, EN360, EN361, EN362, EN363, EN364, EN365 ed EN 795

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PROTEZIONE DELLE MANI

• I DPI per la protezione delle mani devono essere conformi alla norma UNI EN 420 e devono salvaguardare da rischi di varia natura:� Rischi meccanici ed elettrostatici - norme di conformità EN388

La norma EN388 si applica a tutti i tipi di guanti di protezione per quanto riguarda le aggressioni fisiche e meccaniche quali l’abrasione, il taglio da lama, la perforazione e lo strappo.

� Rischi elettrici/folgorazione - norme di conformità EN60903 � Rischi chimici e microbiologici - norme di conformità EN374 � Rischi da freddo - norme di conformità EN511 � Rischi da calore e fuoco - norme di conformità EN407 � Rischi da vibrazioni - norme di conformità EN420

• Dal punto di vista costruttivo i guanti possono essere fatti in diversi materiali; plastica, gomma, cuoio e materiale dielettrico, ecc...

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PITTOGRAMMI

• Sono a forma di scudo, simboleggiano la protezione di un rischio;

• All’interno di ogni pittogramma troviamo una “i” ad indicare che il D.P.I. è correlato dalla sua specifica Nota Informativa.

• Accompagnano la marcatura dei guanti informando sui rischi di vario tipo.

• Il livello di prestazione (normalmente un numero da “0” a “6”) mostra come un guanto si è comportato in una prova specifica.

• Livello “X”: Il test non è applicabile o il guanto non è stato testato

• Livello “0”: Il guanto non ha raggiunto i requisiti minimi richiesti dalla prova.

• Ad un numero alto corrisponde un alto livello di prestazione e protezione.

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Il DPI è corredato di apposita nota

informativa

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GUANTI MEDICALI MONOUSO

• In generale sono adatti ad essere utilizzati in tutte quelle attività in cui c'è bisogno del massimo dell'igiene possibile come le attività mediche e ospedaliere, le attività di preparazione e di distribuzione dei generi alimentari e le attività come l'effettuazione di tatuaggi o di piercing. I guanti monouso sono adatti anche per le sale operatorie e per i laboratori di chimica o di biologia.

– NEGLI AMBIENTI SANITARI: hanno finalità di prevenzione sia per il medico e per gli infermieri sia per il paziente.

– NEI LABORATORI: hanno finalità di prevenzione per l’operatore di entrare a contatto con sostanze pericolose.

– NELLA DISTRIBUZIONE DEI GENERI ALIMENTARI: hanno finalità di prevenzione della contaminazione dell’alimento.

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NORMATIVA DI RIFERIMENTO

• DIR93/42/CEE recepita in Italia con D.Lgs. 46 del 24.02.97 e D.Lgs. 37 del 25.01.10.

• UNI EN 455 (requisiti e prove per i guanti medicali monouso)

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Ma il mio che guanto

è

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IN BASE AL TIPO DI MANSIONE/ATTIVITA’ AVREMO:

• Prevalenza di tutelare il paziente; l’esposizione a un rischio chimico e/o biologico da parte del lavoratore è accidentale: i guanti devono essere D.M., non è obbligatorio che siano certificati anche come DPI

• Garantire la protezione del paziente ma il rischio di esposizione del lavoratore a rischio chimico e/o biologico è frequente: il guanto deve avere la doppia certificazione ovvero sia come D.M. che come DPI di III cat.

• Prevalenza di garantire la protezione del lavoratore da rischio chimico e/o biologico: il guanto deve avere la certificazione come DPI, di III cat.

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PROTEZIONE DELLE VIE RESPIRATORIE

Indicata in presenza di:- polveri/fibre- fumi- nebbie- gas e vapori

In ambito sanitari si utilizzano i respiratori a filtro distinti in:- facciali filtranti (FF)- Semimaschere con filtri specifici- Maschere intere o pieno facciale con filtri specifici

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Industria chimica, tessile, del

ferro, dell’acciaio, ingegneria

civile, cantieri navali,

saldatura, laboratori, ospedali, produzione di

batterie, eliminazione rifiuti tossici, fibre di amianto,

metalli pesanti (cromo, nichel, piombo) ecc.

Carbonato di calcio, cemento, cellulosa, solforo, caolino, cotone, carbonio, metallo

ferroso, oli vegetali, minerali, legno, quarzo, alluminio, batteri, microrganismi,

plastica, manganese, platino, rame, stricnina, particelle

radioattive, ecc.

• Polveri

• Nebbie

• Fumi

• Vapori

• Gas

TOSSICHE

(se respirate danno

origine ad

avvelenamenti e

malattie professionali

gravi)

FFP3

Edilizia, fonderie, cantieri navali, industria chimica,

tessile, del legno, metalmeccanica,

farmaceutica, saldatura, laboratori, ospedali,

carteggiatura, fibre di vetro, ecc.

Carbonato di calcio, ceramica,

cemento, cellulosa, zolfo, cotone,

farina, carbone, metalli ferrosi,

legno duro, fibre di vetro, petroli

di plastica, vegetali e petroli

minerali, quarzo, rame,

alluminio, batteri,

microrganismi, rame ecc.

• Polveri

• Nebbie

• Fumi

TOSSICITA’

(se respirate possono

causare malattie

polmonari, lesioni acute o croniche)

FFP2

Edilizia, tessile, industria del legno, del vetro,

farmaceutica, mineraria, ceramica, metallurgia,

meccanica, lavorazione marmo e gesso, cemento, carpenteria leggera ecc.

Carbonato di calcio, ceramica,

cemento, cellulosa, zolfo, cotone,

farina, carbone, metalli ferrosi,

petroli vegetali,

legno morbido ecc.

• Polveri

• Nebbie

NOCIVE

(se respirate limitano i

loro effetti ad irritazioni delle vie

respiratorie)

FFP1

TIPOCONCENTRAZIONE

a base acquosa e/o oleosa

CAMPO d’IMPIEGOSOSTANZA CONTAMINATETIPO di

RISCHIO

CLASSE di

PROTEZIONE

CE EN 149:2001

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Indice

11 Salute e sicurezza sul lavoroSalute e sicurezza sul lavoro

22 Rischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, ambiente di lavoroRischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, ambiente di lavoro

33 Dispositivi di Protezione IndividualeDispositivi di Protezione Individuale

Le emergenze, procedure di esodo e prevenzione incendiLe emergenze, procedure di esodo e prevenzione incendi44

55

66

Segnaletica di sicurezzaSegnaletica di sicurezza

Movimentazione manuale dei carichi MMCMovimentazione manuale dei carichi MMC

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Le emergenze(D.Lgs. 81/08 titolo I capo III –sezione VI - gestione delle

emergenze)

• Si definisce emergenza una situazione di pericolo grave e immediato che può provocare danno a persone e a cose.

• Si definisce situazione di emergenza una condizione nell’ambito della quale, per errore umano, guasto, calamità naturale, o altra circostanza negativa e imprevista, vengono a mancare parzialmente o totalmente, le condizioni che garantiscono la sicurezza delle persone.

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Le Emergenze Quali sono le priorità d’intervento?

1. salvaguardare le vite umane2. mettere sotto controllo l’evento incidentale3. proteggere i beni4. riportare in normali condizioni d’esercizio

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Il Piano di Emergenza

E’ un insieme di provvedimenti tecnici ed organizzativi, atti a far si che, al manifestarsi di un pericolo improvviso ed immediato, ne sia possibile il

controllo e la risoluzione.

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Scopo:

� Lo scopo del piano di emergenza è quello di consentire la migliore gestione degli scenari incidentali ipotizzabili.

Obiettivi principali:

� raccogliere in un documento organico e ben strutturato quelle informazioni che non è possibile ottenere facilmente durante l’emergenza;

� fornire una serie di linee guida comportamentali e procedurali che siano il frutto dell’esperienza di tutti i componenti dell’Azienda e rappresentano pertanto le migliori azioni da intraprendere;

� disporre di uno strumento per sperimentare e simulare situazioni di emergenza e promuovere organicamente l’attività di addestramento aziendale.

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Procedure di esodo e Prevenzione incendi(D.Lgs. 81/08 Titolo I Articolo 46 - Prevenzione incendi)

Definizione di INCENDIO

Rapida ossidazione di materiali con notevole sviluppo di calore, fiamme, fumo e gas caldi.

Effetti dell'incendio sono: � Emanazione di energia sotto forma di luce e calore

� Trasformazione dei combustibili in altri elementi (prodotti di combustione)

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I principali gas di combustione:

>Ossido di Carbonio>Anidride Carbonica>Anidride Solforosa >Acido Cianidrico>Acido Cloridrico

>Ammoniaca

La loro produzione varia in base al tipo di combustibile, percentuale di ossigeno e

temperatura dell’incendio.

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Effetti dell’incendio sull’uomo

ANOSSIA

AZIONE TOSSICA DEI FUMI

RIDUZIONE DELLA VISIBILITA’

AZIONE TERMICA

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Principi della combustione

La combustione è una reazione chimica sufficientemente rapida di una sostanza combustibile con un comburente che da luogo allo sviluppo di calore, fiamma, gas, fumo e luce. Può avvenire con o senza sviluppo di fiamme superficiali.

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Le condizioni necessarie per avere una combustione sono:

� presenza del combustibile (qualsiasi sostanza in grado di bruciare). I materiali combustibili possono essere allo stato solido, liquido o gassoso. Un combustibile brucia quando viene a trovarsi ad una temperatura tale che, avvicinando l'innesco, inizia la combustione

� presenza del comburente (sostanza che consente e favorisce la combustione). Il più importante comburente è l'ossigeno dell'aria ed è quello maggiormente reperibile in natura.

� presenza di una sorgente di calore (forma di energia che si manifesta con l'innalzamento della temperatura).

Pertanto solo la contemporanea presenza di questi tre elementi da luogo al fenomeno dell’incendio, e di conseguenza al mancare di almeno uno di essi l’incendio si spegne.

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Analisi delle cause e luoghi di incendio più comuni

� Deposito e utilizzo di materiali infiammabili e combustibili� Utilizzo di fonti di calore� Impianti ed attrezzature elettriche� Il fumo e l'utilizzo di posacenere (soprattutto improvvisati)� Rifiuti e scarti di lavorazione combustibili� Aree non frequentate o con scarsa vigilanza

I comportamenti scorretti sono tra le cause maggiori di innesco d’incendio (mancanza di buon senso e di applicazione di elementari concetti di prevenzione)

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Il Piano di Emergenza in caso di incendio

COSA CONTIENE :

� Procedure da adottare quando si scopre un incendio;

� Procedure da adottare in caso di allarme;

� Piano di evacuazione;

� Procedure di chiamata dei servizi di soccorso;

� Collaborazione con i Vigili del Fuoco in caso di intervento;

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Azioni da intraprendere

• Le azioni devono essere correlate alla effettiva capacità delle persone di svolgere determinate operazioni.

• Il piano di emergenza va strutturato tenendo conto che in condizioni di stress e di panico le persone tendono a perdere la lucidità.

• Poche, semplici, efficaci azioni sono meglio che una serie di incarichi complicati.

• È necessario effettuare esercitazioni pratiche e addestramento.

• In emergenza le azioni che riescono meglio sono le azioni che abbiamo saputo rendere più “automatiche” (tenuto conto di stress e panico in un’emergenza).

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Le procedure di chiamata dei servizi di soccorso

Deve essere individuata la persona (ed un suo sostituto) incaricata di diramare l’allarme.

Schema di richiesta di soccorso (dati essenziali):

� Indirizzo e numero di telefono;

� Tipo di emergenza;

� Persone coinvolte/feriti;

� Reparto coinvolto;

� Stadio dell’evento (in fase di sviluppo, stabilizzato, ecc.);

� Altre indicazioni particolari (materiali coinvolti, necessità di fermare mezzi a distanza, ecc.);

� Indicazioni sul percorso (Nei casi di non agevole individuazione del sito, come ad esempio zone rurali o contrade senza numero civico, può essere utile tenere a disposizione le coordinate GPS del luogo o predisporre una pagina fax che indichi i percorsi per raggiungere l’Azienda).

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Indice

11 Salute e sicurezza sul lavoroSalute e sicurezza sul lavoro

22 Rischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, ambiente di lavoroRischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, ambiente di lavoro

33 Dispositivi di Protezione IndividualeDispositivi di Protezione Individuale

Le emergenze, procedure di esodo e prevenzione incendiLe emergenze, procedure di esodo e prevenzione incendi44

55 Segnaletica di sicurezzaSegnaletica di sicurezza

66 Movimentazione manuale dei carichi MMCMovimentazione manuale dei carichi MMC

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Segnale di divieto: segnale che vieta un comportamento che potrebbe far correre o causare un pericolo

Segnaletica di sicurezza(D.Lgs. 81/08 Titolo V – Segnaletica di Sicurezza sul Lavoro)

Vietato fumare

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CARTELLI DI DIVIETO (vietano un comportamento)

- Forma rotonda - Pittogramma nero su fondo bianco; bordo e banda (verso il basso da sinistra a destra lungo il simbolo, con un’inclinazione di 45°) rossi (il rosso deve coprire almeno il 35% della superficie del cartello).

SEGNALETICA – DLgs. 81/08 Titolo V

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Segnale di avvertimento: segnale che avverte di un rischio o pericolo

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- Forma triangolare - Pittogramma nero su fondo giallo, bordo nero (il giallo deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello).

CARTELLI DI AVVERTIMENTO (avvertono di un pericolo)

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Segnale di prescrizione obbliga a tenere un comportamento o un’azione specifica, generalmente utilizzati per imporre di portare dpi

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- Forma rotonda - Pittogramma bianco su fondo azzurro (l’azzurro deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello).

CARTELLI DI PRESCRIZIONE (prescrivono un comportamento)

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- Forma quadrata o rettangolare - Pittogramma bianco su fondo rosso (il rosso deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello).

CARTELLI CHE IDENTIFICANO E INDICANO L’UBICAZIONE DELLE ATTREZZATURE ANTINCENDIO

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- Forma quadrata o rettangolare - Pittogramma bianco su fondo verde (il verde deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello).

CARTELLI DI SALVATAGGIO

CARTELLI DI SALVATAGGIO (forniscono indicazioni sul salvataggio)

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Indice

11 Salute e sicurezza sul lavoroSalute e sicurezza sul lavoro

22 Rischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, ambiente di lavoroRischi Infortunistici, incidenti e infortuni mancati, ambiente di lavoro

33 Dispositivi di Protezione IndividualeDispositivi di Protezione Individuale

Le emergenzeLe emergenze44

55

66

Procedure di esodo e incendioProcedure di esodo e incendio

Segnaletica di sicurezzaSegnaletica di sicurezza

77 Movimentazione manuale dei carichiMovimentazione manuale dei carichi

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Movimentazione Manuale dei CarichiD.Lgs. 81/08 Titolo VI

MMC: operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare che comportino, tra l’altro, rischi di lesioni dorso-lombari.

LESIONI DORSO-LOMBARI: lesioni a carico delle strutture ossee tendinee nervose e vascolari a livello dorso-lombare.

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Risposta dell'organismo

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DISTURBI AGLI ARTI SUPERIORIDISTURBI MUSCOLARI - DISTURBI ARTICOLARI

a livello della spalla, del gomito e del polso

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I disturbi lombari sono assai diffusi tra lavoratrici e lavoratori di molti settori produttivi.

Impiegati 34%

Fattorini 44%Lavoratori edili 50-60%

Personale di assistenza ai pazienti 50-60%Addetti ai carrelli elevatori 65%Addetti alla manutenzione 27%

Lavoratori agricoli 50-60%

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La normativa prevede, per la prevenzione delle lesioni dorso-lombari, che il Datore di Lavoro eviti la MMC da parte dei lavoratori ricorrendo all’impiego di attrezzature meccaniche.

Se ciò non è fattibile?

Il Datore di lavoro deve attuare le seguenti iniziative

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Principali fattori di rischio

CARATTERISTICHE DEL CARICO:• Se è troppo pesante (superiore ai limiti previsti per legge)• Se è ingombrante o difficile da afferrare • Se è in equilibrio instabile• Se il contenuto rischia di spostarsi• Se è posizionato lontano dal tronco

SFORZO FISICO RICHIESTO:• Se è eccessivo• Se può essere effettuato solo con la torsione del tronco• Se è compiuto con il corpo in posizione instabile• Se può comportare un movimento brusco del corpo

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Principali fattori di rischio

CARATTERISTICHE DELL’AMBIENTE DI LAVORO:• Se lo spazio libero è insufficiente• Se il pavimento presenta rischi di inciampo o di scivolamento• Se la manipolazione del carico avviene a livelli diversi• Se il pavimento o il punto di appoggio sono instabili• Se temperatura, umidità e circolazione dell’aria sono

inadeguate

ESIGENZE CONNESSE CON L’ATTIVITA’:• Sforzi fisici per la colonna dorso lombare troppo frequenti• Insufficiente periodo di riposo fisiologico o di recupero• Distanze troppo grandi di sollevamento, abbassamento o

trasporto• Pavimento o punto di appoggio instabili• Ritmi imposti da processi non controllabili dal lavoratore

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Altri fattori di rischio

• Inidoneità fisica per compiti di sollevamento manuale dei carichi

• Indumenti, calzature ed altri capi di abbigliamento inadeguati

• Insufficienza delle conoscenze e della formazione

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Forze di Compressione: LE SOLLECITAZIONI DISCALI

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Forze di Compressione: LE SOLLECITAZIONI DISCALI

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SICURO

FINO A 350 Kg

LIMITE DI AZIONE 350 (FINO A 650) Kg

NECESSITA’ DI AZIONI PREVENTIVE

LIMITE MASSIMO 650 Kg

LA PREVENZIONE E’ ASSOLUTAMENTE

NECESSARIA ED IMMEDIATA

Approccio del NIOSH nella valutazione delle forze compressive sui dischi lombari

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Forze di Compressione: LE SOLLECITAZIONI DISCALI

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Da una ricerca effettuata dalla Regione Piemonte, per sollevare con le braccia un peso di 10 Kg a tronco verticale con le ginocchia flesse, il carico discale che grava sul disco intervertebrale per effetto della posizione asimmetrica della colonna vertebrale rispetto al peso da sollevare, è di circa 282 Kg.

Se invece un peso di 10 Kg viene sollevato con il tronco flesso in avanti e con le ginocchia estese, il carico diventerà di 250 Kg a livello dei muscoli e di 700 Kg a livello del disco.

Se poi sempre lo stesso peso di 10 Kg viene sollevato a braccia estese davanti al tronco i carichi diverranno di 363 Kg a livello dei muscoli e di ben 1200 Kg a livello del disco.

LE SOLLECITAZIONI DISCALIAlcuni esempi pratici:

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Prima di sollevare/trasportare un oggetto è importante sapere:

o quanto pesa

o le caratteristiche del contenitore

o la stabilità del contenuto

REGOLE GENERALIREGOLE GENERALI

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REGOLE GENERALI

Negli spostamenti verticali:

• Evitare di prelevare o depositare oggetti a terra o sopra l’altezza della testa

• Non tenere le gambe dritte. Portare l’oggetto vicino al corpo e piegare le ginocchia

• Allargare la base di appoggio e tenere un piede più avanti dell’altro per avere piùequilibrio

• Evitare di inarcare troppo la schiena

• Non lanciare il carico

• Usare una scaletta stabile

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REGOLE GENERALI

Negli spostamenti orizzontali:

• Evitare di torcere il tronco e di tenere il carico lontano dal corpo

• Fare in modo che la zona di prelievo e quella di deposito siano angolate fra loro al massimo di 90°

• Fare in modo che il piano di prelievo e di deposito siano ad altezza simile (70-90 cm da terra)

• E’ preferibile spostare oggetti nella zona compresa tra l’altezza delle spalle e l’altezza delle nocche (mani a pugno lungo i fianchi)

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REGOLE GENERALI

Nei trasporti:

• Evitare di trasportare manualmenteoggetti per lunghi percorsi o soprarampe di scale, se non saltuariamente e con oggetti poco pesanti.

• Evitare di portare un grosso peso con un mano, ma suddividerlo tra le due mani.

• Se il carico è pesante suddividere il carico o farsi aiutare da un’altra persona.

• Per il trasporto in piano fare uso di carrelli, trans-pallet, elevatori

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REGOLE GENERALI

Nello stoccaggio:

• Non usare il piano del pavimento

• Non usare i ripiani posti sopra l’altezza delle spalle (145-155 cm)

• Mettere i prodotti più pesanti a 60-80 cm da terra e i prodotti piùleggeri più in basso o più in alto

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LA PREVENZIONE POSSIBILE

� FORMAZIONE E INFORMAZIONE

� ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO

� FORNITURA DI AUSILI

� RIPROGETTAZIONE DEGLI SPAZI

� ALLENAMENTO DEI LAVORATORI