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  • CORSO DI DIRITTO COMMERCIALE (Berardino Libonati)

    SEZIONE 1. L IMPRESA.

    CAPITOLO 1. IL FENONEMO DELL IMPRESA.

    1.1. Il dir commerciale come categoria storica.

    L ordinam giurid ita non conosce un corpo di norme che possa essere def, con rigore di confini e di

    contenuto, DIR COMMERCIALE. Il mom storico al quale tuttavia dato riconnettere l inizio dello

    sviluppo delle attuali discipline giuridicocommercialistiche di solito collegato all affermarsi dell

    economia e della cultura borghesi e cittadine proprie del periodo che vide fiorire, nel tardo

    medioevo italiano, la vita e la civilt comunale. Protagonista fu il mercante, che ebbe la capacit e

    la forza di rompere la frammentariet e l immobilismo dell economia feudale sollecitando scambi

    e baratti fra prodotti acquistati in luoghi diversi. A questi venne sostituendosi il mercante che

    organizzava la stessa produzione e assieme all organizzazione di tale nuovo processo produttivo

    vennero affinandosi rapp negoziali a contenuto squisitamente creditizio. I mercanti nel loro insieme

    costituivano un ceto, formalm una categoria, le corporazioni mercantili. Man mano che i negozi

    commerciali si particolareggiavano e si moltiplicavano, vennero costruendosi discipline, idonee a

    regolare gli atti dei mercanti ( dir. dei mercanti). La diffusione dell economia mercantile ha

    provocato l ampliamento della categoria. Si riconosciuta cos l acquisizione della qualifica di

    mercante quoad actum. E le leggi statali intese a proteggere e disciplinare il commercio si sono

    affiancate e vieppi sostituite alle consuetudini e alle normazioni corporative. Ci ha implicato delle

    conseguenze: anzitutto l adozione di un SISTEMA OGGETTIVO, nel quale l acquisto della

    qualit di commerciante risulta fondato sul compimento per professione abituale di atti di

    commercio anzich su requisiti soggettivi, i.e. l appartenenza ad una corporazione; in secondo

    luogo la fusione dello speciale ordinamento comm nel dir comune, e tuttavia l individuazione, nel

    corpo di dir comune, di discipline che si applicano solo agli atti di commercio, da chiunque

    compiuti. L adozione di un sistema ogg si completa poi sopratt per l affermazione della libert d

    iniziativa economica. L evoluzione successiva non ha modificato l impostazione: ha solo preso

    atto degli effetti della c.d. seconda rivoluzione industriale sulla produzione e sul commercio. Nel

    cod di commercio del 1882 l impresa ancora non rileva tout court, ma alcune categorie d imprese

    sono considerate atti di commercio; nel cod del 1942 l atto di commercio scompare e si adotta una

    regolazione del fenomeno commerciale riferita all es di un attivit economica organizzata

    obiettivamente considerata, i.e., all es di un attivit esercitata in forma d impresa.

    1.2. Il sistema del codice.

    Il complesso di norme che viene chiamato dir commerciale si centra dunque oggi sul rilievo

    giuridico concesso al fenomeno dell impresa. Il cod tuttavia definisce, all art. 2082, l

    imprenditore. L organizzazione economica mirata alla produzione e allo scambio di beni e servizi,

    suppone regolazioni specifiche vuoi quanto all azione che viene svolta, vuoi quanto agli strumenti

    coi quali l azione viene svolta. L attenzione cos portata su una attivit intesa come sequenza di

    atti fra loro coordinati vuoi strutturalmente che funzionalm; ma fermata non sugli atti che formano

    la sequenza singolarmente considerati seppure tenendo conto delle reciproche interconnessioni,

  • sibbene sulla sequenza globalmente intesa e sul profilo organizzativo che consente di individuarla e

    che esige regolazione. I vari atti di cui si compone la sequenza organizzativa presa in esame, non

    sono indifferenti al nesso che li lega all attivit organizzata in forma d impresa; al contrario,

    spesso l essere compiuti in un contesto di attivit d impresa li qualifica e ne condiziona la

    disciplina. Si ha cos la categoria dei contratti d impresa. Ma tornando all attivit di impresa

    propriamente detta, questa risulta passibile di valutazione, ed valutata in quanto tale, in via

    autonoma, separatamente dalla valutazione dei singoli atti. Vero che ogni atto di iniziativa

    economica coinvolge pluralit di interessi, tutti da prendere in considerazione. La congerie di

    istanze e di interessi esige un impostazione di vertice che ne consenta la regolazione nell ottica

    polivalente che si indicata e tuttavia nella considerazione delle interconnessioni che

    obiettivamente ricorrono. Da qui una serie di discipline speciali rispetto al dir comune nel contesto

    di un attivit d impresa. Da qui ancora discipline che regolano non gli atti organizzati ma il mom

    organizzativo che in definitiva li qualifica e li distingue come appartenenti ad attivit d impresa.

    Attivit d impresa che rileva allora come premessa logica utile a consentire la costruzione e la

    spiegazione di discipline specifiche. Ne discende la valenza normativa della nozione di attivit d

    impresa e la sua non suscettibilit ad essere considerata in termini di fattispecie. Il sistema

    privatistico si snoda peraltro sulla figura del soggetto . Il modello su cui il sistema si costruisce

    parte del sogg, regola per un verso classi di comportamenti leciti e/o dovuti, per altro verso schemi

    di azione culmunanti nell atto di autonomia negoziale. La def data dall art. 2082 si concilia cos

    con la struttura del cod; ma la regolazione del fenomeno comm resta ad attivit e si caratterizza e

    si distingue come tale. Com evidente, sarebbe errato parlare di personalizzazione dell impresa.

    All opposto, il sistema del cod rifiuta proprio la regolazione a sogg del fenomeno dell impresa, e

    altres il riconoscimento, nell impresa , di interessi metaindividuali.

    1.3. L impresa come attivit di produzione di beni e servizi per lo scambio.

    Non ogni attivit economica organizzata impresa ai sensi del cod. Il fenomeno sul quale l

    attenzione fermata si riconnette invero al mod stesso sul quale l intero discorso commercialistico

    ha avuto storicamente inizio, ovvero l attivit di produzione per lo scambio o di scambio di beni o

    servizi, attuata con criteri di economicit. Parl di produzione di beni e di servizi per lo scambio

    amplia la formula del cod, aggiungendo una finalizzazione dei risultati dell attivit volta allo

    scambio che l art. 2082 ignora. Probabilmente il disegno politico che ha presieduto alla discussione

    del codice tendeva ad una configurazione dell impresa pi ampia, attenta alla individuazione di una

    classe di produttori indipendentemente dalla destinazione del prodotto.

    1.4. Ai confini dell impresa: impresa e piccola impresa; l impresa artigiana; l impresa agricola;

    l impresa strumentale.

    A) Lart. 2083 nell individuare i piccoli imprenditori indica, oltre i coltivatori diretti del fondo, gli

    artigiani, i piccoli commercianti, generalmente coloro che es un attivit professionale organizzata

    prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Quando il prodotto , nel

    suo nucleo essenziale, il risultato del comportamento del soggetto agente e dei suoi familiari, si ha

    del resto una prima configurazione del fenomeno. Quando invece l azione del sogg agente, o dei

    suoi familiari, non si esaurisce, o non si traduce in via prevalente nella mera esecuzione del ciclo

    produttivo, ma si esprime in termini sopratt organizzativi di quel ciclo, si ha una configurazione del

    fenomeno diversa: ed quest ultima che si vuole come impresa. Si coglie (Ferri) che la distinzione

  • impresa- piccola impresa ha fondamento qualitativo piuttosto che quantitativo. Il nocciolo sta nel

    livello del ruolo organizzativo del sogg agente rispetto all attivit condotta.

    B) All impresa commerciale si contrappone altres l impresa agricola. Art. 2135: imprenditore

    agricolo chi esercita una delle seguenti attivit: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di

    animali e attivit connesse. Non dunque che nell impresa agricola manchi il mom organizzativo,

    ma , stante all enunciato codicistico, quello creativo dell attivit imprenditoriale, volendosi nella

    c.d. impresa agricola semplicemente organizzare la percezione dei frutti derivanti dal ciclo primario

    di produzione economica, appunto l agricoltura. La congerie di interessi che ormai ruota intorno

    all attivit agricola nella dimensione articolata che ha acquisito negli anni ha ovviamente ampliato

    l intervento normativo al riguardo. La contrapposizione fra agricoltura e impresa commerciale si

    tuttavia in larga misura conservata. Si ricordi l introduzione di una sezione speciale del registro

    delle imprese dedicato alle imprese agricole, sicch a rigore le imprese soggette a registrazione non

    sono oggi pi soltanto le imprese commerciali, ma anche le imprese agricole.

    C) L impresa strumentale una nuova figura, regolata dal d.lgs. 153/99, con la quale si vorrebbe

    identificare l attivit organizzativa svolta, con criteri di economicit, dalle fondazioni bancarie

    direttamente o tramite societ controllata. Si caratterizzano non solo per l assenza di motivazioni

    lucrative, ma anche perch godono di investimenti sostanzialmente a tasso zero ed ancora di

    agevolazioni fiscali. Soggiacciono alle discipline dell impresa, ma si contrappongono al fenomeno

    commerciale per i vantaggi sia in punto finanziario che fiscale di cui fruiscono. Con la conseguenza

    che si ritenuto di vederle destinate ad operare come cicli produttivi di beni o servizi di interesse

    generale ma per i quali vi assenza o carenza di imprese commerciali sul mercato. Verrebbe cos

    soddisfatta la finalit altruistica che presiede alle fondazioni: non si inquinerebbe il mercato con

    imprese aiutate.

    1.5. Professionalit ed economicit dell attivit d impresa.

    Il cod ravvisa quando vi sia (art. 2082) es PROFESSIONALE di un attivit ECONOMICA.

    A) ECONOMICITA significa anzitutto che l attivit organizzata sia condotta secondo parametri

    di economicit, che dia dunque risultati in senso lato economici, dai quali la dissipazione anche solo

    prevedibile o stimabile di risorse in principio da escludere. Economicit peraltro non significa

    lucrativit; nemmeno lucrativit del singolo atto. L impresa un sistema volto, ma in tesi, a

    produrre ricchezza maggiore. La effettiva realizzazione del risultato fa parte, invece, dell ovvio

    rischio dell azione programmata (c.d. rischio o alea d impresa). Ci che conta che il programma

    sia mirato a tale risultato, e non alla perdita, prevedibile sui normali metri di valutazione economica

    dell investimento. Importa il risultato non del singolo atto o dei singoli atti di cui l attivit si

    compone, ma dell attivit. Economicit non significa infine nemmeno lucrativit propriamente

    detta dell attivit intrapresa.

    B) Con l affermarsi che l es dell attivit economica debba essere PROFESSIONALE per aversi

    impresa, il legislatore ha precisato l altro necessario elem di consistenza del fenomeno per ved

    applicate le discipline commercialistiche: escluso in principio dal novero delle imprese l es

    occasionale di un attivit economica, e non soltanto il compimento di un atto di natura

    commerciale. L attivit professionale anche quando non sia continua; ci per se vi sia una

    naturale ciclicit del ritorno della produzione considerata. La continuit di cui adesso si viene parl si

  • riferisce all es dell attivit, non al risultato di questa. Professionalit nell es di un attivit non

    significa infine che in quell es si esauriscono tutti i comportamenti del sogg agente. La

    professionalit implica, per autorevole dottrina, scopo di lucro. Certamente, l attivit potr risultare

    stabile, ed essere dunque professionale, solo se autosufficiente.Il requisito rinvia peraltro pi alla

    riflessione pratica sulla vicenda che alla sua costruzione concettuale.

    1.6 Impresa e professioni intellettuali.

    La contrapposizione fra attivit commerciale e professione intellettuale (vedi art. 2238) risulta,

    nell architettura del codice, radicale. L es di attivit intellettuale non richiede certo di svolgersi in

    via disorganizzata, ch anzi l organizzazione cui si ricorre cospicua: n vi difettano i requisiti di

    professionalit ed economicit. Non vale nemmeno evocare la rilevanza sui generis di una

    preparazione e/o di una esperienza conoscitiva. La contrapposizione va perci spiegata nella

    conservazione di un discrimine fra ci che storicamente si assume o meno commerciale. E curiosa

    peraltro la conservazione di una struttura corporativa per le professioni intellettuali ( albi ed elenchi,

    ex art. 2232). Ci si deve chiedere allora quando l attivit intellettuale rappr elem di un attivit

    organizzata in forma d impresa. A rigore, ci se il ciclo produttivo per cui organizzazione non

    si conclude con i prodotti o servizi tipici dell attivit intellettuale, verificandosi una sorta di

    ancillarit dei secondi rispetto al primo. Il che si manifesta talora anche formalmente. Ma cos

    ragionevolmente anche quando l organizzazione incida sul momento non esecutivo ma di vertice

    dell es di professione intellettuale. La materia comunque in evoluzione.

    1.7. L inizio e la fine dell impresa. La successione dell impresa.

    E evidente che l inizio, la successione e la fine dell impresa siano di significato notevole sotto il

    profilo pratico, stante l applicabilit o meno di speciali discipline a seconda che un attivit

    economica organizzata risulti o meno individuabile in concreto . In prima approssimazione, allora

    facile concludere aversi impresa quando la sequenza di atti in cui si traduce la attivit economica

    organizzata esprima consistenza tale da indicare che un ciclo produttivo si sia iniziato: quando cio

    si sia davanti ad atti dell organizzazione e non anche atti di organizzazione, ascrivibili questi

    ultimi ad un momento ancora soltanto preparatorio. L impresa avr fine inoltre quando l ultimo

    atto dell organizzazione si sia verificato e quando la sequenza sia esaurita. Si tratta di elementi di

    fatto, ragionandosi in punto d effettivit della sequenza che si intende localizzare nello spazio e nel

    tempo. Sotto un profilo logico poi, inizio e fine d impresa dovrebbero essere costruibili con gli

    stessi criteri. Le cose risultano tuttavia meno semplici. Il cod non dispone uno statuto che debba

    applicarsi a chi goda dello status di imprenditore e dal giorno in cui tale status venga riconosciuto,

    anzitutto perch non dato ravvisare nel sistema vigente uno status d imprenditore. Si tratta di

    definizioni di comodo per indicare certe discipline applicabili quando sussistano fattispecie regolate

    avendo attenzione ad un contesto di attivit esercitata in forma d impresa. Anche il fenonemo della

    successione nell impresa controverso. Di regola, si ritiene che debba parlarsi di successione nell

    azienda, non nell impresa; talora peraltro la figura della successione nell impresa sembrata

    passibile di richiamo.

    1.8. L impresa illecita.

    L attivit d impresa potr essere lecita o illecita, a seconda che sia conforme o meno a norme

    imperative. Talvolta peraltro la norma non vieta tout court l es di una certa attivit, ma lo subordina

  • a presupposti o a condizioni o lo riserva allo stato o a determinate figure organizzate. All eventuale

    illiceit dell impresa estraneo il problema della nullit, la quale infatti concerne l inidoneit dei

    singoli atti a produrre effetti. La nullit degli atti di cui si compone l attivit d impresa potr

    eventualmente essere dichiarata, ma ci non per la constatata illiceit dell impresa, sibbene perch

    la violazione della norma abbia in concreto inficiato anche il singolo atto ai sensi dell art. 1418. Pi

    delicato il problema delle conseguenze dell attivit d impresa illecita: dovendosi chiedere se

    nessuna o solo alcune o addirittura tutte le discipline che sono proprie all attivit d impresa trovino

    applicazione, davanti all unica sanzione che pare fuori discussione, quella della necessaria

    liquidazione dell attivit contra legem. E evidente che la immeritevolezza per l ordinamento si

    traduca nel divieto di continuare nell attivit; ma altrettanto evidente che se si postula come

    necessaria la cessazione dell attivit oggettivamente considerata possa e debba egualmente trovare

    tutela. Da qui la ragionevolezza della tesi che nega l acritica disapplicazione delle discipline dell

    impresa all attivit economica di cui ci sia coerente alla miglior tutela degli interessi coinvolti

    nella attivit d impresa che risulti obiettivamente ravvisabile; in una sorta di disaggregazione.

    1.9. Le imprese soggette a registrazione.

    Il cod, agli artt. 2188 ss., dispone e regola un registro delle imprese e all art. 2195 enuncia gli

    imprenditori soggetti a registrazione, il d.P.R. d l 95 ha poi costituito il registro delle imprese.

    Soggetti a registrazione sono gli imprenditori che esercitano attivit industriale diretta alla

    produzione di beni o servizi, attivit intermediaria nella circolazione di beni, attivit di trasporto per

    terra, acqua e aria, attivit bancaria o assicurativa, altre attivit ausiliarie alle precedenti.

    Tradizionalmente, sono costoro ad essere definiti imprenditori commerciali. L istanza di pubblicit

    e l assoggettamento a registrazione sono oggi maggiormente sentiti, in un contesto di sempre

    maggiore trasparenza dei rapp operativi. Da qui l obbligo di registrazione, seppure in sezioni

    speciali, anche di imprese non commerciali, come quella agricola, la piccola impresa, la societ

    semplice, senza che ci comporti per estensione delle discipline proprie a quando attivit d

    impresa commerciale vi sia.

    CAPITOLO 2. PROFILI DI DISCIPLINA DELL ATTIVITA D IMPRESA.

    2.1 .Imputazione degli atti e imputazione dell attivit. L imprenditore.

    Giacch l attivit d impresa si risolve in una sequenza di atti organizzati in un ciclo produttivo di

    beni e servizi, il suo centro d imputazione andr ricercato in chi organizza quella sequenza. La

    naturale diff tra atti esecutivi ed organizzativi di quel ciclo avverte subito che il centro d

    imputazione dell insieme deve ricavarsi dall attenzione ai secondi piuttosto che ai primi. Con la

    conseguenza:

    a) che gli effetti giuridici dei singoli atti di cui si compone l organizzazione vanno a ricadere su chi

    il ciclo produttivo abbia organizzato;

    b) che il risultato del ciclo produttivo andr a sua volta imputato a chi lo abbia organizzato; e

    c) che per comodit di discorso quel centro d imputazione viene indicato come l imprenditore.

  • La complessit dell organizzazione d impresa esige subito trasparenza della struttura d

    imputazione. Solo nella piccola impresa la paternit materiale del comportamento sufficiente allo

    scopo. L dove invece nel ciclo produttivo si diversificano fenomenologicamente l azione

    organizzativa dell imprenditore e gli atti esecutivi compresi nella sequenza organizzata, la spendita

    del nome dell imprenditore ex dir privato, e ancora con le modalit che si vedranno in seguito,

    risulta indispensabile. Talora il nome speso e l interesse per l attivit d impresa possono non

    coincidere del tutto; talora chi ha pretesa sui risultati diverso da colui il cui nome speso nei

    confronti di terzi. Nulla a priori si oppone a considerare il dominus occulto come il centro d

    imputazione dell attivit d impresa in luogo di o assieme a colui che appare ai terzi. Nell

    ordinamento vigente la spendita del nome cmq il criterio di riferimento. Com ovvio potranno

    esservi abusi, ed ogni abuso merita di essere contestato, anche ravvisando, nel caso concreto,

    estensioni di responsabilit.

    2.2. Segmentazione dell attivit d impresa e della responsabilit per l attivit d impresa.

    L imprenditore, in quanto centro di imputazione dell attivit d impresa, ne patrimonialmente

    responsabile in applicazione dei principi generali. L autonomia sotto il profilo fenomenologico

    dell attivit d impresa tuttavia sentita dal codice. Si assistito cos all introduzione di

    segmentazioni dell attivit dimpresa o della responsabilit per l attivit d impresa. La

    conseguenza evidente: ogni centro d imputazione vedr la sua resposabilit limitata alla attivit

    che gli si riferisce, e ne risponder con il suo patrimonio. Con gli artt, 2328 e 2463 come modificati

    dal d.lgs. 6/2003, possono essere adesso costituire s.p.a. e s.r.l. con un unico socio, persona fisica o

    giuridica. Una volta ammessa la societ unipersonae a resp limitata, per costituzione da parte anche

    di altra societ a sua volta eventualmente unipersonale, ogni attivit d impresa pu essere

    segmentata in pi centri d imputazione, ferma restando la sua unitariet come ciclo produttivo. Per

    altro verso, la stessa resp patrimoniale pu oggi essere parcellizzata. Ai sensi dell art. 2447bis ss. la

    s.p.a. pu costituire uno o pi patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno

    specifico affare. Il patrimonio destinato ad uno specifico affare pu essere oggi costituito solo da

    una s.p.a. Se la figura avr successo, non irragionevole immaginarne un uso pi esteso. Il regime

    della resp per l attivit d impresa potr perci vieppi staccarsi dalla visione totalizzante espressa

    dall art. 2740, in una accentuata libert di organizzazione e di articolazionme delle attivit

    economiche.

    2.3. La ditta. La sede dell impresa.

    La DITTA il nome sotto il quale l imprenditore svolge la sua attivit, cio il segno distintivo

    con cui d individua, sul mercato, il cedntro d imputazione dell impresa. Deve comprendere (c.d.

    principio della verit) almeno il cognome o la sigla dell imprenditore, che si conserva anche

    quando il nome civile abbia a cambiare, oppure quando vi sia, e si parler allora di ditta derivata,

    trasferimento della ditta in conseguenza del trasferimento d azienda per atto tra vivi o successione

    mortis causa nell azienda, a meno di diversa disposizione testamentaria. Stante la facilit dell

    omonimia, la legge ha attenzione a che non si creino equivoci. Se la ditta eguale o simile a quella

    gi adottata da altro imprenditore e ci crei confusione, chi la ha adottata in epoca posteriore deve

    integrarla o modificarla cos da ridarle effettiva capacit distintiva. La legge riconosce altres all

    impresa una SEDE principale e sedi secondarie. In ci si avverte la rilevanza obiettiva dell attivit

    d impresa, potendo la sua sede distinguersi dal domicilio della persona fisica- imprenditore. Il cod

  • all art. 2197 ammette perci la istituibilit di sedi secondarie, giuridicamente rilevanti quando

    esprimano una rappresentanza stabile e in tal caso soggette anch esse ad obbligo di registrazione.

    2.4. Capacit all esercizio dell impresa.

    L iniziativa economica costituzionalmente garantita a tutti. Chiunque pu perci organizzare un

    attivit d impresa. Si richiede tuttavia la capacit d agire, che si acquisa con il compimento del 18

    anno. Nel caso che il minore o l incapace esercitino abusivamente attivit d impresa, le discipline

    proprie a quest ultima non si applicano al soggetto agente. Le discipline dell impresa si applicano

    invece agli atti compiuti nel suo es, e quegli atti saranno inoltre regolati dalle norme specificamente

    applicabili. L inizio e la costituzione dell attivit d impresa da parte di incapaci possono essere

    autorizzati, ma in diverse configurazioni.

    a) Linizio di una nuova attivit d impresa pu essere autorizzata dal tribunale solo al minore

    emancipato, eventualmente anche senza l assistenza di un curatore. Quando autorizzato all es dell

    attivit d impresa, il minore emancipato acquista la piena capacit d agire; l autorizzazione per

    revocabile.

    b) La continuazione dell attivit d impresa invece ammessa anche per il minore non

    emancipato, per l interdetto e l inabilitato. Deve essere autorizzato dal tribunale. In caso di

    inabilitato autorizzato, alla continuazione dell es dell impresa, il tribunale pu subordinare la

    autorizzazione alla nomina di un istitutore. La legge pu vietare infine l esercizio dell impresa a

    det persone o subordinarlo a condizioni legali. L es abusivo da parte di chi vi sia incompatibile o

    non legittimato per mancanza di autorizzazione ecc. non esclude l applicazione delle discipline

    dell impresa: comporta tuttavia sanzioni, per chi vi abbia commesso l abuso.

    2.5. Organizzazione e rappresentanza nell impresa.

    L organizzazione d impresa esprime rapp di preminenza e di subordinazione nel suo contesto

    interno sulla base di contratti di lavoro subordinato e si avranno cos ausiliari dipendenti, e di

    collaborazione sulla base di rapp negoziali diversi, nel qual caso di usa parl di ausiliari indipendenti.

    Il cod non ha cura di ordinare nel dettaglio i rapp organizzativi interni. Quanto alle 3 figure tipiche

    regolate dal cod, queste si distinguono nettamente tra loro sopratt per la f.ne esercitata.

    a) Ai COMMESSI sono affidate f.ni tecnico materiali, a carattere esecutivo, di regola attinenti al

    mom finale del ciclo produttivo cosicch il contatto coi terzi sar normale. Soggiacciono

    pienamente alle direttive di chi gerarchicamente superiore nella sequenza organizzativa e che

    rappresenta l impresa nei loro confronti. Godono del potere d impegnare l impresa per gli atti

    che ordinariamente comporta la specie di operazioni di cui sono incaricati e per i quali appaiono

    incaricati, anche se manchi specifico atto di conferimento di procura, perch appunto

    obiettivamente rappresentano l impresa nelle f.ni loro specificamente affidate. Tale rappresentanza

    obiettiva dell impresa incontra alcuni limiti disposti dalla legge: i commessi non possono esigere

    il prezzo delle merci delle quali non facciano la consegna, n concedere dilazioni o sconti che non

    sono d uso, salvo che siano a ci espressamente autorizzati.

  • b) I PROCURATORI non sono preposti all es dell impresa. Rappresentano dunque l impresa

    solo in det suoi settori operativi. La procura loro concessa va iscritta nel registro delle imprese, e in

    tal caso conterr evidentemente l indicazione del settore operativo affidato e se del caso limitazioni

    ai poteri gestori. In mancanza, la rappresentanza del procuratore si riterr generale. I procuratori

    non hanno rappresentanza processuale, n attiva n passiva, neppure per gli atti da essi stessi posti

    in essere.

    c) L ISTITUTORE colui che preposto all es dell impresa o di una sede secondaria o di un

    ramo particolare dell impresa. La sua nomina, che si traduce nella c.d. procura institutoria, e le

    eventuali modifiche e revoa, vanno iscritte presso il registro delle imprese. Gode di poteri generali

    di gestione dell impresa o del ramo d impresa affidatogli, a meno che la procura istitutoria iscritta

    nel registri non disponga limiti, e sta in giudizio in nome dell impresa per le obbligazioni

    dipendenti da atti compiuti nell esercizio dell impresa o del ramo dell impresa cui preposto (art.

    2204.2). E tenuto assieme all imprenditore all osservanza delle disposizioni riguardanti l

    iscrizione nel registro delle imprese e la tenuta delle scritture contabili (art. 2205). L ampiezza del

    potere gestorio affidato all istitutore e il connotato obiettivo della rappresentanza dell impresa

    sono confermati dal fatto che:

    1. se tenuto, secondo i principi generali, a far conoscere al terzo che tratta per il preponente, cio

    per l imprenditore;

    2. nondimeno, ove a tale manifestazione della procura istitutoria non si addivenga, l istitutore che

    non abbia speso il nome dell impresa come doveva personalmente responsabile, ma il terzo pu

    agire anche contro il preponente, cio sollevare pretesa nei confronti dell impresa, per gli atti

    pertinenti all esercizio dell impresa o del ramo d impresa al quale l istitutore preposto.

    La connotazione di vertice della preposizione di vertice della preposizione istitutoria sottolineata

    ancora dal fatto che in caso di fallimento dell impresa l istitutore, seppure non fallisce, tuttavia

    assoggettato, ove colpevole, alle sanzioni penali previste per il fallito.

    La complessit dell organizzazione pu suggerire le preposizioni di pi istitutori. In tal caso

    agiranno, a meno che non sia diversamente disposto nella procura, ciascuno disgiuntamente dagli

    altri.

    2.6. Il registro delle imprese.

    Il registro delle imprese si trova presso la camera di commercio di ciascuna provincia, ed

    soggetto alla vigilanza del c.d. giudice del registro, nominato dal presidente del tribunale del

    capoluogo provinciale. E articolato in sezioni ordinaria e speciale. Nella prima sono iscritti: gli

    imprenditori comm; tutte le societ tranne quella semplice; i consorzi, con attivit esterna; i gruppi

    d interesse economico con sede in Italia; gli enti pubblici che abbiano per ogg esclusivo o

    principale un attivit comm; le societ estere con sede dell amministrzione o ogg principale dell

    attivit in Italia. Nella seconda sono iscritti: gli imprenditori agricoli, i piccoli imprenditori, le

    societ semplici. Gli atti da iscrivere sono genericamente quelli previsti dalla legge. L iscrizione

    avviene mediante tecniche informatiche. L ufficio del registro verifica: l autenticit della

    sottoscrizione della domanda; la regolarit formale della documentazione prodotta per l iscrizione;

  • la corrispondenza dell atto o del fatto del quale si prevede l iscrizione a quello previsto dalla

    legge; il concorso delle condizioni richieste dalla legge. Non giudica la validit e perci non pu

    eccepire eventuali cause di nullit o annullabilit dell atto. Chi non rispetta l obbligo di iscrizione

    quando vi sia tenuto incorre in sanzioni amministrative. La cancellazione dell impresa individuale

    avviene adesso con procedura semplificata, quando l ufficio del registro delle imprese accerti: a) l

    irriperibilit dell imprenditore; b) il decesso; c) il mancato compimento di atti di gestione per 3

    anni consecutivi, oppure d) la perdita dei titoli autorizzativi o abilitativi all es dell attivit

    dichiarata. Gli effetti dell iscrizione e della pubblicit legale che ne consegue sono diversi. Si parla

    cos di efficacia dichiarativa, quando tutto si risolve nella conoscibilit dai, e nella opponibilit ai,

    terzi dell atto o del fatto iscritti. Si parla di efficacia costitutiva, quando senza iscrizione l atto non

    produttivo di effetti, nei confronti di terzi o anche fra le parti. Si parla infine di efficiacia

    normativa, quando l iscrizione non ha valore costitutivo, ma in sua mancanza si applica non la

    disciplina organizzativa pure evocata ma un altra per cos dire a carattere residuale. Il minimo di

    pubblicit attribuito alla iscrizione quello di semplice notizia (c.d. pubblicit notizia).

    2.7. La contabilit d impresa.

    Unattivit economica che si voglia obiettivamente considerata pone problemi diversi.

    Scomponendosi l attivit in sequenza di atti organizzativi, occorrer, qualora si abbia interesse o

    necessit a conoscerla, avere memoria storica. In secondo luogo, sembra ovvio che un giudizio al

    riguardo necessiti l adozione di un criterio che consenta di scandire l evoluzione o il regresso dell

    attivit vista nella sua continuit nel tempo. Infine, sar altres necessaria l adozione di criteri che

    consenta di scandire l evoluzione o il regresso dell attivit vista nella sua continuit nel tempo.

    Infine, sar altres necessaria l adozione di criteri che consentano una valutazione efficacemente

    comparativa dell una impresa rispetto alle altre. Per ci che concerne il primo profilo il cod

    dispone la conservazione ordinata di tutta la documentazione utile. Il cod dispone inoltre la

    registrazione nel libro giornale da parte dell imprenditore di tutte le operazioni relative all es dell

    impresa nella loro sequenza quotidiana. Per ci che concerne il II profilo il cod dispone anche la

    puntualizzazione di quanto avvenuto a scadenze periodiche, che si traduce nell inventario delle

    attivit e passivit all inizio dell impresa e poi ogni anno (l anno cui si riferisce ciascun es viene

    poi inteso come l anno solare, cos adottandosi una datazione uniforme). L inventario a chiusura

    d esercizio ha contenuto e f.ni diverse da una semplice enunciazione dell esistente. Il raffronto fra

    risultati di esercizi diversi impone evidentemente che quei risultati siano espressi in termini

    immediatamente comparabili. L uniformit raggiunta tramite l esposizione del valore di ogni

    attivit e passivit espresso numericamente in moneta nazionale, oggi l euro. Inoltre, atteso che la

    suddivisione per esercizi solo ideale e non interrompe la vicenda dell impresa, le attivit e

    passivit da inventariare vanno considerate in una prospettiva di prosecuzione dell azione

    imprenditoriale (c.d. going concern), in quanto altrimenti i offrirebbe un quadro non corrispondente

    alla realt. Da qui la necessit che l inventario contenga inoltre la valutazione delle attivit e

    passivit facenti capo all impresa: valutazione poi intesa ad individuare il reddito che l impresa

    capace di produrre, su tale capacit di reddito individuandosi anzi talora lo stesso valore da

    attribuire ai singoli cespiti. Il libro giornale deve indicare le sole operazioni relative all impresa; l

    inventario si chiude con il bilancio e col conto dei profitti e delle perdite. Libro giornale e bilancio

    esprimono cos l attivit dell impresa obiettivam considerata, il primo nella sua storia quotidiana,

    il secondo nella sua dimensione di fine esercizio. Tenendo conto della sequenza annuale dei bilanci

  • e dell omogeneit dei criteri per redigerli deve anzi dirsi che il bilancio rappr l impresa nella sua

    configurazione pi esatta. Ne sottolinea infatti l obiettiva consistenza, la valenza reddittuale e la

    dimensione concorrenziale, la solidit e la solvibilit. Libro giornale e libro inventari sono

    tassativamente prescritti da legge. Nella variet di conformazione e dimensione dell impresa e di

    ciclo produttivo svolto, le scritture contabili necessarie per un ordinata ed efficiente contabilit

    potranno essere molte e diverse. E perci stabilito, dall art. 2214.2, un principio generale. Si

    devono tenere, oltre le scritture contabili tassativamente imposte, tutte le altre scritture contabili

    che siano richieste dalla natura e dalla dimensione dell impresa. In proposito, baster ricordare il

    libro mastro, dove le operazioni sono raccolte sistematicamente, e il libro magazzino, che registra le

    entrate e le uscite di merci. Il codice si limita a precisare, all art. 2217.2, che nelle valutazioni di

    bilancio l imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle societ per azioni, in

    quanto applicabili. Ragionevolmente il richiamo dovrebbe allora essere il pi possibile completo.

    Il codice invece preciso nell articolazione delle modalit di esposizione tassativamente prescritte

    per garantire la certezza e la correttezza delle scritture contabili. Le attestazioni ivi contenute sono

    dichiarazioni di scienza (cio dich di verit espresse con l ausilio di partic tecniche: Schlesinger).

    Le scritturazioni relative al movimento giornaliero nel libro giornale e quelle relative all inventario

    devono essere tenute in fogli numerati progressivamente. Le scritture contabili devono essere

    formate inoltre secondo le norme di un ordinata contabilit; inoltre esse, insieme alla

    corrispondenza comm, devono essere conservate per dieci anni rispettivamente dalla data dell

    ultima registrazione o della trasmissione o ricezione. I libri e le scritture contabili fanno piena prova

    contro l imprenditore. Le scritture contabili possono anche giovare all imprenditore; com ovvio,

    l imprenditore che non tenga regolarmente le scritture contabili non pu invocarle a proprio favore;

    inoltre colpito da sanzioni penali in caso di bancarotta semplice o fraudolenta.

    2.8. Impresa e consumatori.

    In un economia sempre pi complessa e con un crescente carattere di massa, l esigenza di regole

    ah hoc sempre pi imp, dando luogo ad una congerie di inteventi, cmq sempre caratterizzati dal

    comune denominatore della protezione del consumatore. Le discipline che si sono progressivamente

    sovrapposte nel tempo sono state molteplici; esse trovano, ora, una sistemazione sufficientemente

    affinata nel d.lgs. 206/2005 (Cod del Consumo). Obiettivo del cod assicurare una pi elevata

    tutela del consumatore, operando a tre diversi livelli: 1) fase che precede il sorgere del rapp di

    scambio: il dir del consumatore di essere adeguatamente informato sulle caratteristiche del prodotto

    e del servizio offerto. Una maggiore enfasi che inevitabilmente si esprime, oltre che nell

    individuazione, a priori, di un contenuto minimo di informazione, in specie per quanto riguarda l

    indicazione del prezzo e sopratt nell imposizione a carico dell impresa di precise regole di

    correttezza. 2) Il secondo livello d intervento quello che concerne la disciplina del contratto. Le

    disposizioni richiamabili in proposito sono varie. a) Innanzitutto si devono rammentare gli artt. 33-

    36 del Cod, i quali dettano una disciplina estremamente articolata per le c.d. clausole vessatorie

    nell ambito dei contratti unilateralmente predisposti. L approccio del legislatore nel senso che si

    considerano vessatorie tutte quelle clausole che determinano, a carico del consumatore, un

    significativo squilibrio di dir e obblighi derivanti dal contratto. Le clausole vessatorie disciplinate

    dal Cod del consumo rappr una fattispecie potenzialmente aperta. Ai sensi dell art. 36, le clausole

    vessatorie poste a carico del consumatore, e che non siano state ogg di trattativa privata con costui,

    sono nulle. La nullit peraltro sempre una nullit parziale e relativa, nel senso che, tra le parti

  • contrattuali, solo il consumatore che vanta legittimazione a farla valere. b) Nel contesto di una

    moderna economia di mercato, i consumatori vengono sempre pi spesso sollecitati a compiere le

    proprie scelte di acquisto di beni e prodotti anche al di fuori dei locali commerciali dell impresa.

    Anzi, in un economia globalizzata, il consumatore in condizione di accedere con facilit a

    proposte e offerte commerciali direttamente dalla propria abitazione. E tuttavia il rischio , in questi

    casi, che la sua consapevolezza nella scelta possa essere minore. Non foss altro perch nei casi che

    si sono indicati il consumatore il pi delle volte subisce l offerta. In tal contesto allora coerente

    che il legislatore rafforzi la protezione del consumatore, prevedendo una serie di norme

    differenziate a seconda che si tratti di contratti conclusi fuori dai locali commerciali (artt. 45-49) o a

    distanza (artt. 50-61). Le due discipline sono in parte diverse, ma accomunate, tuttavia, nel

    riconoscimento, a favore del consumatore, della possibilit di ripensarci (dir di recedere, art. 64). 3)

    Il terzo livello di intevento quello che attiene alla fase che potrebbe dirsi successiva risp all

    attuazione dello scambio. La preocc del legislatore infatti che il consumatore non veda deluso il

    suo affidamento sulla possibilit di conseguire le utilit attese con l acquisto del bene di consumo.

    Di qui, allora, una duplice serie di regole, accomunate al vertice da una sostanziale identit di

    funzione. Il primo tipo di esigenza soddisfatto dalle norme dettate in tema di garanzia legale di

    conformit per i beni di consumo (artt. 128- 135). Ancora il consumatore dispone di un termine pi

    ampio di quello, brevissimo, previsto dall art. 1495 per la denuncia dei vizi della cosa venduta (art.

    132 Codice, termine di 2 mesi dalla data di scoperta del vizio). Anche queste disposizioni,

    ovviamente, sono imperative, sicch nullo ogni patto contrattuale volto ad escludere e limitare i

    dir vantati dal consumatore a fronte del vizio di non conformit. Al secondo tipo di esigenza, l

    ordinamento d soddisfazione prevedendo dapprima uno specifico obbligo (art. 104) di immettere

    sul mercato solo prodotti sicuri, quindi specifici obblighi di fornire al consumatore tutta una serie di

    informazioni utili alla valutazione e alla prevenzione dei pericoli derivanti dall uso normale o

    ragionevolmente prevedibile del prodotto, ed infine regolando una speciale forma di resp a carico

    del produttore per l ipotesi di danno cagionato dal prodotto difettoso. Nella convinzione che l

    attivit organizzata di produzione non possa non dare obiettivamente conto di ci che produce, il

    Cod del consumo contempla cos una particolare ipotesi di resp extracontrattuale a carico di

    chiunque produca beni mobili, ma intendersi anche comprensivi dei prodotti agricoli e dell

    elettricit. La resp risulta addebitata oggettivamente, a nulla rilevando la colpa o il dolo del sogg cui

    la stessa ascritta. Ai fini della disciplina in commento si considera produttore colui che produce la

    materia prima, nonch il fabbricante del prodotto finito o di una sua componente, destinati alla

    vendita o alla distribuzione, ma anche colui che importa prodotti nella CE. La categoria , nella sua

    indicazione letterale, pi vasta di quella delle imprese. Nel caso che il produttore non sia

    individuato, il fornitore- distributore ad essere resp. La resp per la distribuzione di prodotti

    difettosi, cio quelli che non offrono la sicurezza all uso. La resp del produttore si data dalla messa

    in circolazione del prodotto. Come gi si accennato, la colpa o il dolo dell agente non rilevano:

    questi potr esonerarsi da resp solo attrav la prova positiva di uno dei fatti indicati, con elencazione

    tassativa, dall art. 188 Codice. Nel caso in cui pi persone siano resp dello stesso danno,

    naturalmente sancita resp solidale salvo il dir di regresso di chi abbia risarcito il danno nei confronti

    degli altri corresponsabili. Il risarcimento per il danno cagionato dalla morte o da lesioni personali

    e per la distribuzione o il deterioramento di altri beni, in quest ultimo caso con una franchigia di

    387 euro. Occorre connessione causale fra difetto e danno con onere di prova a carico del

    danneggiato. La prescrizione dell azione di risarcimento in 3 anni dalla data di conoscenza del

    danno. Il termine di decadenza di 10 anni dalla messa in circolazione del prodotto. Il risarcimento

  • non dovuto quando il danneggiato era a conoscenza del difetto e del pericolo conseguente, ed

    egualmente vi sia volontariamente esposto. La rilevanza degli interessi diffusi, e la necessit di

    tutela degli stessi, giustificano la nullit, nei confronti del danneggiato, di ogni patto che escluda o

    limiti preventivamente la resp.

    CAPITOLO 3. LA CRISI DELL IMPRESA.

    3.1 Le procedure previste in caso di crisi dell impresa.

    La crisi dell impresa commerciale non un fatto patologico, bens fisiologico del mercato

    concorrenziale. Anche per la crisi la legge prevede discipline molto complesse. La premessa che

    sottesa alle discipline sulla crisi la consapevolezza del normale ricorso al credito da parte dell

    impresa, sicch l impresa in crisi si vedr oberata da debiti e verso un gran numero di creditori. Ab

    origine una articolazione della disciplina in tema di crisi d impresa era fondata sulla tutela delle

    istanze dei creditori. Il modello ha tuttavia subito deviazioni. Altre istanze sono sembrate meritevoli

    di tutela: accanto alla riattivazione del mercato finanziario, ha assunto significato la pluralit d

    interessi coinvolti nell impresa. Tali istanze sono a monte delle principali caratteristiche delle

    procedure che adesso si commentano. La prima la par condicio creditorum, cio il complesso di

    regole con cui si assicura una soddisfazione tendenzialmente eguale o quanto meno per percentuali

    proporzionali di tutti i debiti dell impresa fallita: da cui la def delle procedure in parola come

    procedure concorsuali, nelle quali garantito appunto il concorso dei creditori. La secnda il

    carattere necessariamente collettivo delle discipline di cridi, le quali sono mirate ad assicurare la

    soddisfazione di tutti i creditori, e che si svolgono sotto il controllo di un autorit pubblica, finendo

    per assumere una connotazione autoritaria. Per vero, il concorso dei creditori e la liquidazione dell

    impresa possono ottenersi anche altrimenti, e cio sulla base dell es dell autonomia negoziale. Gli

    artt. 1997 ss. regolano la cessione dei beni ai creditori. La cessione per, stante la sua natura

    negoziale, esige il consenso di tutte le controparti, dunque di tutti i creditori. Da qui difficolt

    concrete e conflitti, e la congruenza della cessione dei beni ai creditori ex art. 1997 a crisi

    economiche del privato che dell impresa. La terza istanza si esprime nella particolare attenzione

    posta dalla riforma alla conservazione e alla valorizzazione dell impresa intesa come going

    concern. Anche nell ambito di siffatte procedure l ordinamento non solo ammette in via

    generalizzata, ma addirittura favorisce soluzioni della crisi secondo modalit concordate coi

    creditori. La liquidazione dell impresa non sempre consente di ottenere risultati positivi. Talora le

    capacit dell impresa non sono azzerate, ma necessitano se mai solo di nuova finanza e di

    rinnovata gestione. Ne seguita l intro della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in

    crisi. Soggette alle proc concorsuali sono solo le imprese commerciali. Ne sono esclusi, oltre alle

    imprese agricole, gli enti pubblici e i piccoli imprenditori, come pure le imprese comm che

    dimostrino di aver un attivo patrimoniale complessivo non superiore a 300mila euro, di aver

    realizzato, nel medesimo periodo, ricavi lordi annui complessivamente non superiori a 200mila

    euro, e di avere un passivo non superiore a 500mila euro. Il costo della proced in questi casi sarebbe

    maggiore dei vantaggi che possono ricavarsene. Ciascuno risponde dei suoi debiti con tutto il suo

    patrimonio (universalit della resp). La crisi pu colpire sia imprenditori individuali che collettivi.

    Problemi si pongono sopratt quando si tratti di srl, perch il loro fallimento determina il fallimento

    anche dei soci.

  • 3.2. Insolvenza e crisi.

    La crisi dell impresa si manifesta con la sua insolvenza, che costituisce la premessa del fallimento

    e dell amministrazione straordinaria. Il non essere pi in grado di soddisfare regolarmente le

    proprie obbligazioni gi lessicalmente induce a considerare significativo uno SQUILIBRIO nella

    situazione economica dell impresa fra le sue componenti attive e passive. Non sono certo uno o pi

    inadempimenti ad esaurire fenomenologicamente l insolvenza. E non un caso nemmeno che, ai

    sensi dell art. 5 cit., gli inadempimenti o altri fatti esteriori per avere significato devono appunto

    mostrare che l imprenditore non pi in grado di onorare regolarmente le proprie obbligazioni.

    Sar invece necessario che l attivit d impresa risulti di dimensione economica inadeguata. Una

    volta di assumeva decisiva la fuga del bancarottiere come indice di crisi, oggi metaforicamente l

    indice pi sicuro quando l impresa stia fuggendo da se stessa come going concern, quando agli

    inadempienti si accompagni l indebolimento se non il crollo del suo ciclo produttivo. Il concordato

    preventivo, ha struttura completamente diversa. La sua premessa non sempre l insolvenza,

    potendo consistere in uno stato di crisi meno grave (tipo temporanea difficolt). L accesso al

    concordato risulta cmq circoscritto alle imprese che versano in stato di crisi.

    3.3 La procedura fallimentare.

    Il fallim ha inizio con un provvedimento del giudice, dichiarato con sentenza (considerata

    pronuncia di accertamento costitutivo). L iniziativa del debitore e dei creditori. Il debitore che

    non vi provvede corre rischio anche di sanzioni penali. La dichiarazione di fallimento rappresenta l

    esito di un istruttoria cd. Prefallimentare. Il tribunale, su istanza di parte, legittimato ad emettere

    provvedimenti cautelari o conservativi a tutela dell impresa. Il fallimento dell impresa cessata pu

    essere dichiarata entro un anno. La sent nomina gli organi fallimentari, ordina al fallito il deposito

    dei bilanci e delle scritture contabili nonch dell elenco dei creditori entro 3 gg, assegna termine ai

    creditori per presentare domanda di ammissione, stabilisce luogo e data per l adunanza destinata

    all esame dello stato passivo. La sent produce la generalit dei suoi effetti dalla pubblicazione

    mediante deposito in cancelleria, salvo quelli nei confronti dei terzi, che invece decorrono a partire

    dall iscrizione nel registro delle imprese. Comporta per l imprenditore fallito l obbligo di

    consegnare al curatore la corrispondenza relativa ai rapp compresi nel fallimento e di comunicare

    ogni cambiamento di residenza o di domicilio, e sopratt la perdita dell amministrazione e della

    disponibilit dei suoi beni, il cd. spossessamento. Il curatore ha altres la rappresentanza

    processuale del fallito. Contro la sent dichiarativa di fallimento pu essere presentato reclamo entro

    30 gg. Preposto tale reclamo, la corte d appello legittimata a sospendere la liquidazione dell

    attivo. Momenti essenziali della proc fallim sono:

    1. l accertamento del passivo, dove si hanno in sequenza la predisposizione di un elenco dei

    creditori da parte del curatore; le domande di ammissione da parte dei creditori con conseguente

    loro insinuazione nello stato passivo del fallimento; la formazione del progetto di stato passivo ad

    opera del curatore; la verifica dello stesso in un confronto coi creditori; le opposizioni tramite

    ricorso dei creditori esclusi o ammessi con riserva o insinuatisi in ritardom queste ultime

    presentabili entro 12 mesi dal deposito del decreto di esecutivit dello stato passivo e che avranno

    peso solo nei confronti delle attivit ancora non distribuite, e le impugnazioni nei confronti dell

    accoglimento della domanda di altri creditori.

  • 2. l accertamento dell attivo;

    3. l amministrazione dell attivo, che ammette anche l affitto in blocco della azienda del fallito, e

    pendente la quale si assiste alla formazione di una classe di creditore, cd. della massa;

    4. liquidazione dell attivo, da effettuarsi preferibilmente tramite la vendita dell intero complesso

    aziendale, di suoi rami, di beni o rapp giuridici individuabili in blocco;

    5. la sua distribuzione.

    Entro 30gg dalla sent il giudice delegato nomina il comitato dei creditori, composto da 3 a 5

    membri scelti tra i creditori in modo da rappr in misura equilibrata quantit e qualit dei crediti. Il

    comitato vigila sull operato del curatore, ne autorizza gli atti, pu ottenere dal giudice la cessazione

    dell es provvisorio dell impresa, approva il programma di liquidazione. Il parere del comitato non

    meramente consultivo, spesso invece il suo giudizio risulta determinante nell equilibrio stabilito

    dalla legge e la sua iniziativa vincolante per chi poi deve formalmente pronunziarsi. Il comitato ed

    ogni componente possono ispezionare in qualunque tempo le scritture contabili e i documenti della

    procedura ed hanno dir di chiedere notizie e chiarimenti al curatore e al fallito, con conseguente

    loro qualifica come residual owners, in luogo dei soci o del sogg fallito. La responsabilit dei

    membri del comitato regolata dall art. 2407 c.c., co. 1 e 3, che disciplina la resp dei sindaci di

    s.p.a.

    Il curatore nominato dal tribunale nella sent dichiarativa del fallimento: nell adunanza per l

    esame dello stato passivo i creditori che rappr la maggioranza dei crediti ammessi possono peraltro

    chiederne la sostituzione. Il precetto esalta il rapp fiduciario che deve correre fra curatore e ceto

    creditorio e l auctoritas riconosciuta a quest ultimo nell equilibrio che il legislatore ha ritenuto

    ottimale. Il curatore ha l amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni

    della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell ambito delle

    funzioni ad essi attribuiti. La curatela resta di resp personale. In buona sostanza, siamo davanti ad

    un manager, non competente esclusivo della gestione dell impresa in crisi ma solo competente

    operativo in un contesto dove gli atti significativi esigono preventiva autorizzazione dai o consenso

    dei diretti interessati. E una via di mezzo fra un ufficio pubblico ed uno privato.

    La riforma ha posto particolare attenzione alla conservazione e alla valorizzazione dell impresa

    come going concern. La preocc di tutela del going concern davanti a circostanze sicuramente

    traumatiche particolarmente evidente nella disciplina dell esercizio provvisorio dell impresa. Il

    tribunale pu disporre l esercizio provvisorio dell impresa, anche limitatamente a specifici rami d

    azienda, se dall interruzione pu derivare un danno grave, e purch non arrechi pregiudizio ai

    creditori. Alla proposta di continuazione temporanea come detto legittimato il curatore, previo

    parere favorevole del comitato dei creditori, venendo cos attribuito ai creditori una sorta di diritto

    di veto alla persistenza dell alea d impresa nel contesto di tutela delle loro ragioni. L attenzione

    per l attivit d impresa si rafforza ancora con la disciplina dell affitto dell azienda o di rami d

    azienda. E prevista la attribuzione convenzionale del diritto di prelazione all affittuario, su

    autorizzazione del giudice delegato e sempre previo parere favorevole del comitato dei creditori. La

    resp per i debiti maturati nell es dell impresa fino all eventuale retrocessione dell azienda o del

    ramo d azienda non torna al fallimento, ma resta in capo a chi, come affittuario, ha esercitato l

    attivit d impresa. Pu aggiungersi che la vendita dell intero complesso aziendale, tramite

  • procedure competitive, risulta privilegiata. Solo quando sia prevedibile che siffatta ipotesi di lavoro

    non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori va infatti disposta la liquidazione dei singoli

    beni. L attenzione per l attivit d impresa si rafforza infine col programma di liquidazione che

    il curatore deve predisporre e sottoporre all approvazione del comitato dei creditori entro 60 gg

    dalla redazione dell inventario. Il programma approvato comunicato al giudice delegato che

    autorizza l esecuzione degli atti ad esso conformi. Il comitato dei creditori pu proporre modifiche

    al programma. Il curatore pu presentare un supplemento di programma. Il fallim si chiude, per

    decreto del tribunale, su istanza del fallito, del creditore o d ufficio: una volta avvenuta l

    estinzione di tutti i debiti, quando non vi siano domande tempestive di ammissione di crediti al

    passivo del fallimento; quando vi sia insufficienza dell attivo per continuare utilmente nella

    procedura; o infine quando divenga definitivo il decreto di omologazione della proposta di

    concordato fallimentare, presentata dal fallito, da uno dei creditori o da un terzo e approvata dai

    creditori chirografari col voto favorevole della maggioranza dei creditori ammessi. Se la votazione

    ha avuto esito favorevole, il proponente richiede l omologazione del concordato al tribunale, il

    quale provvede dopo aver deciso sulle opposizioni eventualmente proposte dai creditori

    dissenzienti. Il fallimento pu essere riaperto, in conseguenza della risoluzione o annullamento del

    concordato fallimentare, o quando sopravvengono nel patrimonio del fallito attivit in misura tale

    da rendere utile il provvedimento o se il fallito offre garanzie di pagare almeno il 10% dei crediti

    vecchi e nuovi. Il fallito persona fisica pu chiedere al tribunale il beneficio della esdebitazione,

    cio la liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti. Gli

    effetti dell esdebitazione si producono nei confronti di tutti i creditori anteriori al fallimento, anche

    di quelli che non hanno presentato la domanda di ammissione al passivo. Restano invece salvi i

    diritti dei creditori nei confronti di coobligati, dei fideiussori del fallito e degli obbligati in via di

    regresso. Ovviamente il fallito persona fisica deve essere meritevole. I vantaggi dell esdebitazione

    dovrebbero invitare alla confessione spontanea dell insolvenza e cos ad accellerare il

    raggiungimento dell obiettivo primario, che non la condanna del bancarrottiere ma la liberazione

    della ricchezza da un investimento negativo per consentirne l investimento in iniziative migliori,

    idonee a produrre nuova ricchezza.

    3.4. La ricostruzione dell attivit dell impresa insolvente.

    Il mom centrale nel fallimento la ricostruzione del patrimonio del fallito per avviarlo

    integralmente alla liquidazione.

    A) Le prime misure concernono lo spossessamento del debitore e la sua sostituzione col curatore ai

    fini della conservazione e amministrazione del patrimonio oltre che nella rappresentanza

    processuale quanto alle controversie su beni che vi ineriscano. Segue l inefficacia nei confronti dei

    creditori, i.e. del fallimento, degli atti compiuti dal fallito e dei pagamenti a lui o da lui effettuati.

    Segue ancora eguale inefficacia delle formalit necessarie per rendere gli atti opponibili ai terzi,

    eseguite dopo la dichiarazione del fallimento. Ma segue soprattutto la ricomposizione delle attivit

    da destinare alla liquidazione concorsuale.

    B) In realt ci che qui emerge la rilevanza non solo dei beni con cui il debitore risp per l

    adempimento delle obbligazioni ai sensi dell art. 2740, ma di tutto ci che si ritenga avere fatto

  • parte delle attivit dell impresa al momento in cui questa risulti essere andata obiettivamente in

    crisi. Si vuole cos effettuare una sorta di ricostruzione storica. L individuazione a posteriori del

    primo indice anche non denunziato dell insolvenza non cosa facile, ovviamente. Da qui l

    adozione di un sistema normativo vincolante. I criteri su cui si fonda tale sistema, delle cd.

    revocatorie fallimentari, sono sostanzialmente due, di distantia temporis, procedendo a ritroso,

    dalla dichiarazione di fallimento, e di obiettiva normalit o anomalia dell atto, considerate poi nel

    contesto dell attivit d impresa.

    Il primo criterio serve a circoscrivere in margini di definitivit temporale l azione del curatore volta

    al recupero tramite l esperimento delle azioni revocatorie. Il secondo esprime i dubbi che si

    assumono ragionevoli sull ingenuit dell atto. La conseguenza l inefficacia relativa dell atto,

    cio solo nei confronti dei creditori, e per questi nei confronti del fallimento. La prima classe

    concerne gli atti a titolo gratuito, compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di

    fallimento. Risulta del pari totalmente anomalo il pagamento anticipato di un debito. Questi

    pagamenti sono tout court privi di effetto se compiuti nei due anni antecedenti il fallimento. E al

    riguardo, come quando si tratta di atti a titolo gratuito, stante il rigore della norma si parla di

    revocatoria di diritto.

    Nella seconda classe ricadono gli atti che possono considerarsi anche essi anomali. Vale a dire :

    -gli atti a titolo oneroso in cui il valore della prestazione eseguita o dell obbligazione assunta dal

    fallito sorpassi di oltre un quarto quello della controprestazione ricevuta;

    -gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o altri mezzi

    normali di pagamento;

    - le garanzie costruite per debiti gi esistenti e non ancora scaduti;

    -le garanzie, come sopra, con l aggiunta delle ipoteche giudiziali, concesse o costituite per debiti

    scaduti.

    Con riguardo a tali atti poi, se la buona fede del terzo che abbia negoziato con l imprenditore

    successivamente fallito deve essere sempre tutelata, sar per onere del terzo provare la sua

    ignoranza, quanto all anomalia dell atto. La terza classe ricomprende atti di per s normali, gli atti

    a titolo oneroso e quelli costitutivi di un dir di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente

    creati. L istanza di loro riallineamento nella massa passiva del fallimento perci tutelata in misura

    doppiamente ridotta: anzitutto il periodo sospetto si riduce a 6 mesi anteriori al fallimento, in

    secondo luogo onere del curatore provare che il terzo sapeva dell insolvenza.

    Disciplina a s trovano gli atti compiuti tra coniugi. Sono infatti revocati, se il coniuge non prova

    che ignorava lo stato d insolvenza del coniuge fallito:

    -tutti gli atti a titolo oneroso, i pagamenti, gli atti costitutivi di garanzie, compiuti nel tempo in cui il

    fallito esercitava un impresa commerciale e

    -tutti gli atti a titolo gratuito compiuti pi di due anni prima della dichiarazione di fallimento, ma

    nel tempo in cui il fallito (gi) esercitava attivit d impresa commerciale.

  • C) Nella medesima prospettiva si inquadra la scelta, pi radicale, di escludere la stessa revocabilit

    di una serie di atti, attrav un sensibile ampliamento delle esenzioni dall azione revocatoria, alla

    quale non risultano attualmente sogg, oltre alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario,

    i pagamenti:

    -di beni e servizi effettuati nell es dell attivit d impresa nei termini d uso;

    -dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori; di debiti

    liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all

    accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo;

    -gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell

    accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, nonch di un piano che appaia idoneo a consentire

    il risanamento della esposizione debitoria dell impresa e ad assicurarare il riequilibrio della

    situazione finanziaria;

    - le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purch non abbiano ridotto in maniera

    consistente e durevole l esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;

    -ed infine le vendite ed i preliminari di vendita trascritti, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad ogg

    immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l abitazione principale dell acquirente o di suoi

    parenti e affini entro il terzo grado.

    D) Rientra nella problematica adesso enunciata anche parte di ci che previsto in ordine ai

    contratti in corso di esecuzione. Di regola, l esecuzione di tali contratti rimane sospesa, fino a

    quando il curatore, conl autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel

    contratto, assumendo i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo, nel qual caso il

    contraente pu solo insinuare al passivo del fallimento il suo credito conseguente al mancato

    adempimento, senza che gli sia dovuto risarcimento del danno. Durante l es provvisorio dell

    impresa del fallito i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l

    esecuzione o scioglierli.

    E) Un ultima osservazione riguardante la ricostruzione delle attivit assoggettate a fallimento. I

    creditori hanno dir di compensare i loro crediti, anche se non scaduti, con debiti che hanno verso il

    fallito.

    3.5. Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione.

    Il concordato preventivo pu essere chiesto in caso d insolvenza, e pi in generale di crisi, sulla

    base di un piano che pu prevedere, tra l altro: la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei

    crediti attraverso qualsiasi forma, o altre operazioni straordinarie; la suddivisione dei creditori in

    classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei e la sottoposizione dei creditori

    apparenti a classi diverse a trattamenti tra loro differenziati.

    La domanda di concordato proposta, con ricorso, accompagnato da una serie di documenti

    contabili che la legge indica nel dettaglio. Il decreto che ammette il concordato nomina il giudice

    delegato e un commissario giudiziale e ordina la convocazione dei creditori entro 30gg. L

    ammissione alla procedura non spossessa il debitore dei beni; questi invece continua nella gestione

  • dell impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale. Non possono tuttavia essere iniziate o

    proseguite azioni individuali esecutive contro di lui, com anche nel fallimento. Il commissario

    redige l inventario dei beni del debitore e una relazione particolareggiata, dove dovrebbero essere

    esaurientemente commentate le cause del dissesto e la proposta di concordato. In apposita adunanza

    presieduta dal giudice delegato i creditori discutono la proposta e votano per approvarla. Della

    votazione steso processo verbale, sottoscritto dal giudice delegato, dal commissario e dal

    cancelliere. Le adesioni per lettera o telegramma eventualmente pervenute nei 20 gg dalla chiusura

    del verbale sono calcolate ai fini del computo della maggioranza dei crediti ammessi. Se il

    concordato preventivo approvato dai creditori viene sottoposto al giudizio di omologazione; i

    creditori dissenzienti possono opporsi all omologazione; il tribunale , verificata la regolarit della

    procedura e l esito della votazione, ed esaminate le eventuali opposizioni, decide con decreto

    motivato sull omologazione o, in difetto di questa, respinge il concordato. Il concordato omologato

    ovviamente obbligatorio per tutti i creditori dell impresa antecedenti il suo decreto di apertura o

    del debitore sotto la sorveglianza del commissario giudiziale; pu risolversi o essere annullato per le

    stesse cause del concordato fallimentare. Gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in

    esecuzione del concordato preventivo risultano, come si detto, sottratti all azione revocatoria

    fallimentare.

    Analoga esenzione dell azione revocatoria prevista per gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in

    essere in esecuzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato dall imprenditore in

    stato di crisi coi creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti e omologato dal tribunale su

    dom del medesimo imprenditore. L accordo pubblicato nel registro delle imprese e acquista

    efficacia dal giorno della sua pubblicazione: a partire da tale data, i creditori anteriori non possono

    iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore. Nei 30 gg successivi, i

    creditori ed ogni altro interessato possono proporre opposizione entro 30 gg dalla pubblicazione. Il

    tribunale, decise le opposizioni, omologa l accordo con decreto reclamabile alla corte d appello

    entro 15 gg dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese.

    3.6.Le liquidazioni coatte.

    La legge fallimentare stabilisce anche una disciplina unitaria della liquidazione coatta

    amministrativa, che si applica nelle ipotesi in cui sia ritenuto preminente un interesse pubblicistico

    nell es dell attivit d impresa. La liquidazione coatta caratterizzata da una posizione rafforzata e

    da una procedura pi attenta agli interessi generali, tutto non riducendosi a un concorso fra

    creditori. L accertamento del passivo compiuto direttamente dal commissario sulla base delle

    scritture contabili senza necessit di istanze dei creditori, previste solo quando il titolare del credito

    si affermi pretermesso o non riconosciuto bench avente diritto. La liquidazione coatta

    caratterizzata infine da una rigorosa finalit liquidatoria dell attivit d impresa. La disciplina

    predisposta dalla legge fallimentare si applica per salvo che le leggi speciali dispongano

    diversamente e le leggi speciali sono tante. Si usa perci dire che vi sono non la liquidazione ma le

    liquidazioni coatte.

    3.7. I reati fallimentari.

    Vi sono sanzioni per l imprenditore che dolosamente o colposamente intervenga sull impresa

    aggravandone la crisi ed aumentandone il costo in termini generali. La prospettiva adesso

  • menzionata comporta che la sanzione penale colpisca solo in caso di fallimento. Se non vi crisi

    che sfocia nella procedura concorsuale, manca a rigore la stessa premessa per l applicazione delle

    discipline adesso segnalate. L esistenza di una procedura concorsuale perci presupposto del

    reato o, come spesso si preferisce puntualizzare, condizione obiettiva di punibilit. Se il fallimento

    poi revocato, anche l azione penale viene meno.

    CAPITOLO 4. L IMPRESA NEL MERCATO.

    4.1. La disciplina a tutela della concorrenza e del mercato.

    L art. 41 Cost garantisce la libert di iniziativa economica. La disciplina a tutela della

    concorrenza e del mercato assume un ruolo centrale nella configurazione giuridica del fenomeno d

    impresa. Les dell iniziativa economica viene dimensionato in f.ne di un referente mercato, cio

    del luogo economico che si crea per e dove si svolgono idealmente gli scambi, nella sostanziale

    istanza di tutela di un effettivo pluralismo della domanda e dell offerta. La disciplina cd. antitrust

    attenta all interesse individuale del singolo imprenditore. Le leggi antitrust muovono dalla

    convinzione che il mercato concorrenziale in un sistema di libera iniziativa economica rappresenti il

    massimo vantaggio ragionevolmente realizzabile per i consumatori e la collettivit. Ne derivata l

    istanza di tutelare, e regolare, la struttura concorrenziale come tale, in un processo di oggettivazione

    del referente cui si parametra la libert di iniziativa economica del cittadino. L atto restrittivo di

    concorrenza vietato in una sua configurazione obiettiva che esonera non tanto dal volerlo imputato

    ad un imprenditore propriamente detto, ma dalla ricerca specifica di una sua allocazione in un

    attivit d impresa. Ne discende tra l altro l indifferenza per la nazionalit dell agente. Di

    peculiare vi solo che non sull allocazione geografica del fatto concorrenziale che si deve

    ragionare in tema di individuazione dell area di applicazione della legge, quanto sugli effetti

    anticoncorrenziali del fatto o atto, che si qualificano contra legem appunto per ci che determinano

    nel mercato italiano. La l. 287/90 prevede una relazione per cos dire speciale col trattato CECA, il

    trattato CE, e i regolamenti CE o atti comunitari con efficacia normativa equiparata, in una sorta di

    permanente subordinazione della norma nazionale alla norma comunitaria.

    4.2. Le autorit competenti dell applicazione delle discipline antitrust. L AGCM.

    La tutela del mercato nella sua prevista struttura concorrenziale affidata all AGCM in via

    generale, di concerto con la Banca d Italia con riferimento alle banche. L autorit a rigore un

    organo di tutela, non di vigilanza. Si prevedono infatti provvedimenti dell Autorit con contenuto

    di accertamento, di autorizzazione, di diffida, di sospensione cautelare, di divieto, di sanzione, di

    segnalazione al Parlamento; ma la sua attivit decisoria prevalente rispetto ad ogni altra. L

    autorit quando rileva casi di presunta infrazione apre un istruttoria, nella quale le imprese

    interessate devono essere sentite. Accanto a quella dell Autorit vi peraltro anche una

    competenza del g.o.

    4.3. Le intese. Il mercato rilevante.

    E INTESA ogni azione consapevole di quanto meno due imprese, nonch la delibera di consorzio,

    associazione di imprese e organismo similare, che producano conseguenze sulla struttura

    concorrenziale del mercato. Ci che conta l obiettiva svolta nel caso concreto, la consapevolezza

  • dell azione svolgendo nessun ruolo quanto alla identificazione dell ipotesi e ruolo marginale nella

    regolazione specifica. Le intese sono vietate quando hanno per oggetto o per effetto di impedire,

    restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all interno del mercato

    nazionale o in una parte rilevante.... L ampiezza della formula consente: l applicazione della

    norma sia alle intese orizzontali che a quelle verticali; la considerazione di ogni tipo di ostacolo o

    inquinamento alla competizione sul mercato; e ancora la considerazione di ipotesi di concorrenza

    vuoi attuale che potenziale, dovendosi ragionare non solo sugli effetti ma anche solo sull oggetto

    dell intesa. La restrizione di concorrenza deve peraltro essere consistente, in un contesto logico

    sufficientemente tradizionale. L individuazione del mercato rilevante il problema pi delicato. La

    soluzione pi comune di ragionare sull intercambiabilit di un prodotto o di una classe di

    prodotti, e di affinare come unit di misura, su cui calcolare la consistenza della restrizione, il

    mercato del prodotto materialmente sostituibile ai fini della soddisfazione del fruitore. Si adotta cos

    un impostazione empirica, ma di indubbia efficacia. L art.2.2 della l.287/1990 elenca anche alcune

    attivit che portano alla restrizione di concorrenza. Queste sono : la fissazione diretta o indiretta di

    prezzi d acquisto o di vendita o di altre condizioni contrattuali; l impedimento o il limite alla

    produzione, agli sbocchi o agli accessi al mercato, agli investimenti, allo sviluppo tecnico o al

    progresso tecnologico; la ripartizione dei mercati o delle fonti commerciali con altri contraenti, di

    condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti; la subordinazione della conclusione

    dei contratti all accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che non

    abbiano alcun rapporto con l oggetto dei contratti stessi. Le intese poste in essere in violazione del

    divieto come sopra enunciato sono nulle. L dove sussista una violazione della norma istruttoria

    metter in via di principio capo ad un provvedimento amministrativo di accertamento, cui potr

    ricollegarsi l applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie. E tuttavia la disciplina accorda

    alle imprese la possibilit di sottrarsi al rischio della sanzione, assumendo nei confronti dell

    Autorit impegni aventi ad ogg l adozione di comportamenti o misure idonee a porre rimedio e a

    far venir meno i profili anticoncorrenziali delle condotte censurate e che sono sub indice.

    Indipendentemente dal meccanismo degli impegni sopra descritto, deve cmq rilevarsi che in taluni

    casi le intese possono essere autorizzate anche se restrittive della concorrenza. Ma essenziale che

    l intesa comporti un sostanziale beneficio ai consumatori. L intesa infragruppo, cio fra le (sole)

    societ facenti parte di un gruppo, non vietata. L intesa pu essere comunicata all Autorit per

    sapere se attuabile sul mercato o se invece vi rischio di sanzioni. La comunicazione deve

    spiegare la vicenda in maniera esauriente, perch il giudizio dell autorit si limiter alla

    valutazione dell enunciato. In tal ipotesi l Autorit, o avvia l istruttoria entro 120 gg dalla

    comunicazione, o non pu pi avviarla, salvo il caso di comunicazione incompleta o inveritiera.

    4.4. L abuso di posizione dominante.

    Lart.3 della l. 287/90 sanziona il comportamento abusivo di chi goda di una posizione

    dominante sul mercato. La posizione dominante va valutata in funzione del mercato significativo

    nel caso di specie. La posizione di dominio si individua inoltre nella capacit di indipendenza di

    comportamento dell impresa considerata, cio nella circostanza che l impresa abbia modo di

    indirizzare la sua azione senza preoccuparsi dei comportamenti e delle reazioni del mercato. La

    posizione dominante di per s non vietata; essa implica o vista come parziale sottrazione alla

    competizione sul mercato.L art.3 diretto a limitare la libert di iniziativa economica dell impresa

    dominante. Proprio perch limite di un dir fondamentale, comprensibile che la sua applicazione

  • sia ancorata al ricorrere di un presupposto assai stringente, quale certamente quello implicato dalla

    nozione di dominanza, e non si applichi, invece, in via di principio a comportamenti pure

    espressione di abuso in danno di imprese ma posti in essere da chi non sia titolare di un autentico

    potere di mercato nel senso che si sopra chiarito. E tuttavia anche simili abusi possono, ove

    diffusi, generare disfunzioni sul funzionamento complessivo del mercato. In questa logica si spiega

    pertanto che all AGCM sia attribuito un potere di intervento anche dinanzi a fattispecie di

    sfruttamento abusivo da parte di un impresa, non gi di un vero e proprio potere di mercato ma

    piuttosto di una posizione di preminenza economica che essa vanta nei confronti di altre imprese

    con cui si relazione ed interagisce.

    4.5. Le concentrazioni.

    Si ha concentrazione quando pi imprese cessino di essere autonomi centri direzionali e vengono

    sottoposte ad un controllo gerarchico unico. Vi si pu addivenire per procedimenti diversi, in

    quanto ci che conta il possibile effetto che si assume anticoncorrenziale , cmq raggiunto o

    raggiungibile. L applicazione della disciplina delle concentrazioni anche a sogg in posizione di

    controllo d imprese mostra la sua estensione anche a non imprenditori e conferma la sua valenza

    obiettiva indipendentemente dalle qualifiche degli agenti. La concentrazione non cmq vietata di

    per s, ma come mezzo al fine. Risulta infatti in contrasto con la disciplina antitrust solo la

    concentrazione che comporti la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante. L

    impatto della concentrazione deve infine essere economicamente significativa. La concentrazione

    va preventivamente comunicata da chi o da coloro che vi siano soggettivamente interessati all

    Autorit. La comunicazione di regola accompagnata da una relazione assai ampia, in conformit

    di un formulario predisposto dall Autorit notevolmente attento al dettaglio. L Autorit entro 30gg

    dalla ricezione della comunicazione legittimata: a comunicare alle imprese interessate di non

    ritenere necessaria l apertura di un istruttoria, cos riconoscendo la liceit e realizzabilit dell

    operazione; oppure ad avviare una seconda fase della procedura questa volta propriamente

    istruttoria, se ritiene che l operazione sia suscettibile di divieto. L autorit pu avviare l istruttoria

    peraltro anche dopo tale termine se le imprese hanno fornito notizie gravemente incomplete o

    inveritiere; o in ogni momento nel caso in cui non abbia ricevuto comunicazione dagli interessati e

    purch entro 30gg da quando ne abbia cmq avuto conoscenza. L istruttoria deve concludersi in 45

    gg, prorogabili di non oltre 30. L istruttoria pu chiudersi in senso negativo o positivo. Nella prima

    ipotesi, l esecuzione dell operazione vietata dall Autorit, che ove la concentrazione sia stata

    gi eseguita pu comminare sanzioni amministrative pecuniarie di entit anche assai elevata e

    prescrivere la cd. deconcentrazione, cio le misure necessarie a ripristinare condizioni di

    concorrenza effettiva, eliminando gli effetti distorsivi.

    4.6. Le competenze del g.a. e del g.o.

    Il giudice amministrativo verifica la ragionevolezza e la correttezza del procedimento condotto dall

    Autorit, mentre non pu sindacare il merito delle scelte compiute n pu sostituire le proprie

    valutazioni a quelle formulate dalla stessa (in proposito si definito quello del g.a. un sindacato di

    tipo debole). L autorit non rappresenta l organo esclusivo di tutela della concorrenza. Accanto ai

    suoi interventi restano possibili quelli del giudice ordinario, il quale pu conoscere delle violazioni

    delle disposizioni della l. 287/90 al fine di: dichiarare la nullit di eventuali atti, contratti o clausole

  • attrav i quali si manifestano le fattispecie vietate, nonch di condannare le imprese al risarcimento

    dei dann che taluno provi di aver subito per l attivit anticoncorrenziale accertata.

    4.7. Concorrenza e concorrenza sleale.

    Il mercato concorrenziale viene preso in considerazione dalla legge non solo per tutelarne la

    struttura che si vuole dinamica e senza ostacoli alla libert d accesso da parte di chiunque, ma

    anche per garantirne un regolare e proficuo funzionamento. Proprio perci occorre che la

    competizione avvenga nel rispetto di regole che consentano la vittoria nella gara a chi sia

    obiettivamente pi meritevole. Vi deve essere conformit ad un modello d azione che si ritiene

    conforme alle regole del gioco e come tale da rispettare: si tratta di norme comportamentali, per l

    esattezza di norme a limitazione di comportamenti concorrenziali, per la cui violazione legittimato

    ad agire soltanto l imprenditore che abbia subito l atto di concorrenza sleale,e non ad es il singolo

    consumatore o un associazione di consumatori. Le conseguenze sono varie:

    a) Anzitutto, l atto di concorrenza viene obiettivamente considerato dall ordinamento, e come tale

    vietato. Quando poi eventualmente si accerti l esistenza di un danno economico per un

    imprenditore causato da comportamenti concorrenziali scorretti sviluppati in dolo o colpa, alla

    speciale disciplina che vieta il proseguimento di quegli atti si aggiunge la generale disciplina del

    risarcimento, con la particolarit che la colpa presunta, e che l ingiustizia del danno non discende

    dalla lesione di una situazione soggettiva, ma dalle modalit sleali, del comportamento dannoso.

    b)Ancora, sembra ragionevole concludere non esservi spazio per ragionamenti che facciano perno

    su un dir assoluto su di un bene azienda o clientela o avviamento. La concorrenza leale

    proprio diretta a sottrarre clientela e ad aumentare il proprio avviamento, svilendo l altrui azienda.

    Occorre solo che si giochi nel rispetto della concorrenza professionale, sicch se si vuole ravvisare

    un valore tutelato per l imprenditore che agisce contro l altrui comportamento scorretto, questo

    la probabilit di guadagno nel libero corretto confronto sul mercato. Il danno viene valutato sul

    mancato ricavo che si ottiene raffrontando il ricavo pregresso e il (minore) ricavo attuale, sulla

    premessa, o illazione, che l eventuale calo di vendite sia dovuto in tutto o in parte all azione

    distortiva del concorrente scorretto.

    c) Infine trova facile spiegazione l essere, la sanzione tipica dell atto di concorrenza sleale, l

    inibitoria della sua continuazione, vale a dire un ordine di non fare, anche se la sent che accerta

    quell atto possa disporre gli opportuni provvedimenti affinch ne vengano eliminati gli effetti

    ancora correnti. Se poi accertabile un danno conseguente ad un consapevole comportamento

    scorretto, l azione risarcitoria seguir: ma non essenziale, ripetiamolo, per il verificarsi della

    fattispecie regolata dall art. 2598 c.c.

    4.8. Le categorie di atti di concorrenza sleale.

    Il cod elenca alcune categorie di atti che tipicamente considera sleali: altre figure sono state

    costruite sulla base dell esperienza. Deve trattarsi di atti di concorrenza sleale effettiva, anche

    potenzialmente e non solo attuale.

    A) La prima categoria concerne gli atti di CONFUSIONE, che hanno come risultato di ostacolare

    la differenziazione fra i concorrenti, cos inquinando la competizione. Confusione si avr non solo

    a ragione di atti, ma anche di sequenze di atti, e anche quando i prodotti singolarmente considerati

  • non siano di per s confondibili. La confusione pu essere provocata anche in campagne

    pubblicitarie e in comunicazioni. Posizione a s occupa infine la IMITAZIONE SERVILE, ex art.

    2598, vietata anch essa solo quando rappresenti realmente mezzo idoneo a creare confusione.

    B) La seconda categoria comprende gli atti di DENIGRAZIONE del prodotto o dell attivit

    altrui, o di APPROPRIAZIONE DI PREGI dei prodotti o dell impresa del concorrente, in un

    confronto abusivo la cui scorrettezza si manifesta elementare.

    C) Una terza categoria, ex art. 2598.3, quella che comprende lo STORNO di clienti attuato con

    mezzi diretti (ad es, il loro sviamento mediante inviati ad hoc che precludono, circuendo, la scelta

    consapevole del prodotto o del servizio).

    D) L ultima categoria quella degli atti compiuti da chi si vale direttamente o no di ogni altro

    mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l altrui

    azienda. Qui si voluto adottare una CLAUSOLA GENERALE per lasciare spazio alla

    necessaria applicazione della disciplina tutte quelle volte in cui la maliziosa fantasia degli operatori

    lo esiga. Tradizionalmente viene considerato atto di concorrenza sleale ai sensi dell art. 2598.1,

    n.3, il DUMPING, ossia la vendita sotto costo attuata con sistematicit e non solo a fini di

    promozione del prodotto al momento del suo lancio sul mercato. Per la disciplina antitrust, la

    vendita sottocosto punita solo se compiuta da impresa in posizione dominante, e dove anzi la

    vendita sottocosto del newcomer considerato strumento non illeggittimo per conquistare quota di

    mercato sottraendola all incumbent.

    4.9. La tutela del consumatore medio nel mercato: dalla disciplina della concorrenza sleale alla

    disciplina delle pratiche commerciali scorrette.

    Il parametro su cui valutare la concorrenza sleale il consumatore medio: la connotazione mediana

    del consumatore naturalmente anch essa soggetta ad identificazione non r