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DIRITTO COMMERCIALE L’EVOLUZIONE STORICA DEL DIRITTO COMMERCIALE L’attività commerciale ha sempre avuto nel corso dei secoli una disciplina particolare nonostante non abbia mai costituito una  branca del diritto completamente autonoma rispetto al diritto civile. La società romana non conobbe un sistema unitario del diritto commerciale e lo “jus civile” non pose le regole riguardanti la  produzione manifatturiera e gli scambi commerciali, considerati attività inferiori persino presso le classi plebee. Il commercio in senso stretto aveva infatti, in Roma, carattere tipicamente esterno. Le origini del diritto commerciale vanno ricercate nell’età comunale grazie al rigoglioso sviluppo del commercio e alla nascita delle corporazioni di arti e mestieri. Successivamente l’affermarsi dei traffici marittimi sulle grandi tratte oceaniche determinò la nascita dei titoli documentali di credito per agevolare i pagamenti su piazze lontane. Con la Rivoluzione Francese del 1789 le corporazioni vennero travolte perché contrarie ai principi liberali: il diritto commerciale perse il suo carattere di specialità soggettiva e si passò a considerare commerciale ogni singolo atto che interessasse da vicino il commercio. Si aprì così la strada alle grandi codificazioni dove il diritto commerciale era ormai oggettivizzato: nel codice di commercio napoleonico del 1808, l’atto di commercio, da chiunque compiuto, divenne l’unico criterio di applicabilità della disciplina commercialistica 1 . Il primo codice italiano di commercio venne pubblicato il 25 giugno 1865 e ricalcava largamente i principi del codice francese, già introdotto in Italia con le guerre napoleoniche. Il diritto commerciale si affermò come un sistema di norme autonomo rispetto al diritto civile, prevalente su di esso per il criterio della specialità e caratterizzato dall’esistenza di principi generali propri dei rapporti commerciali. 1 In questo periodo i codici di commercio sono separati da quelli civili per poter essere più facilmente emendabili al fine di soddisfare le mutevoli esigenze dei traffici. 1

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DIRITTO COMMERCIALE

L’EVOLUZIONE STORICA DEL DIRITTO COMMERCIALE

L’attività commerciale ha sempre avuto nel corso dei secoli una

disciplina particolare nonostante non abbia mai costituito una  branca del diritto completamente autonoma rispetto al dirittocivile.La società romana non conobbe un sistema unitario del dirittocommerciale e lo “jus civile” non pose le regole riguardanti la produzione manifatturiera e gli scambi commerciali, consideratiattività inferiori persino presso le classi plebee. Il commercio in

senso stretto aveva infatti, in Roma, carattere tipicamente esterno.Le origini del diritto commerciale vanno ricercate nell’etàcomunale grazie al rigoglioso sviluppo del commercio e allanascita delle corporazioni di arti e mestieri. Successivamentel’affermarsi dei traffici marittimi sulle grandi tratte oceanichedeterminò la nascita dei titoli documentali di credito per agevolarei pagamenti su piazze lontane. Con la Rivoluzione Francese del1789 le corporazioni vennero travolte perché contrarie ai principiliberali: il diritto commerciale perse il suo carattere di specialitàsoggettiva e si passò a considerare commerciale ogni singolo attoche interessasse da vicino il commercio. Si aprì così la strada allegrandi codificazioni dove il diritto commerciale era ormaioggettivizzato: nel codice di commercio napoleonico del 1808,l’atto di commercio, da chiunque compiuto, divenne l’unicocriterio di applicabilità della disciplina commercialistica1.Il primo codice italiano di commercio venne pubblicato il 25giugno 1865 e ricalcava largamente i principi del codice francese,già introdotto in Italia con le guerre napoleoniche. Il dirittocommerciale si affermò come un sistema di norme autonomorispetto al diritto civile, prevalente su di esso per il criterio dellaspecialità e caratterizzato dall’esistenza di principi generali propridei rapporti commerciali.

1 In questo periodo i codici di commercio sono separati da quelli civili per poter essere più facilmente emendabili al fine di soddisfare le mutevoliesigenze dei traffici.

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Con il codice civile del 1942 venne deciso di unificare il codicecivile e il codice di commercio, per unificare il diritto delleobbligazioni, partendo da una considerazione unitaria di ogniattività economica facente capo alla figura generale

dell’imprenditore commerciale.LE FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE

 Nell’ambito delle fonti legali, due sono, accanto alla Costituzionee accanto al codice civile, le species cui occorre assegnare una posizione di preminenza:

a) la legislazione speciale, che in alcuni settori del dirittocommerciale ha profondamente innovato rispetto alla

disciplina del codice civile, provocando mutazioni radicali;b) la legislazione comunitaria, la quale soprattutto nel settoresocietario ha modernizzato la preesistente disciplina.

Una seconda categoria di fonti è quella degli usi, prevista alnumero 4 dell’art. 1 delle disposizioni preliminari al codice civile.Gli usi di cui parliamo e che possiamo continuare a chiamarecommerciali, sono normalmente relativi ad aspetti contrattuali nondisciplinati da norme scritte o fatti salvi da esse. Comunque nonsono da escludersi gli usi c.d. legali perché frutto di prassiconsuetudinarie, né le pratiche generali interpretative previstedall’art. 1368 c.c.. Uno degli argomenti principali per negare laspecificità del diritto commerciale dopo l’unificazione dei codici èstato sempre quello della scomparsa di una norma come quellacontenuta nel nell’art. 1 del codice di commercio del 1882, chenell’ordine delle fonti anteponeva gli usi mercantili al dirittocivile. Non v’è dubbio che il netto ridimensionamento degli usinormativi (commerciali) nella unificazione del 1942 è statoaccompagnato da una sostanziale dilatazione della portata e dellarilevanza degli usi negoziali, tra i quali naturalmente occupanouna posizione dominante le clausole d’uso di natura commerciale2.Occorre inoltre aggiungere che:

• sono frequenti casi in cui convenzioni internazionali o

direttive comunitarie indicano le norme usuarie come fonti primarie cui l’imprenditore deve far capo;

2 Ex art. 1340, le clausole d’uso si intendono inserite nel contratto se non risulta che non sono state volute dalle parti.

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• non va sottovalutata la funzione che gli usi svolgono versola tipizzazione di molti dei nuovi rapporti commerciali;

•  per molti comparti ed in particolare per quello dei contrattiche possono considerarsi come contratti di impresa (leasing,

factoring), esiste un corpus codificato di usi (raccolte di usi,di cui al n. 9 dell’art. 1 delle disposizioni preliminari).Una terza categoria di fonti è costituita da quelli chedenomineremo riassuntivamente codici. Questi codici possonoessere i più vari e possono, innanzi tutto, essere collettivi eindividuali3.L’IMPRESA

L’IMPRENDITORE E L’IMPRESACONCETTI GENERALI

Nozione economica e giuridica di imprenditore commercialeSotto il profilo economico, l’imprenditore si presenta come coluiche utilizza i fattori della produzione organizzandoli, a propriorischio, nel processo produttivo di beni o servizi: egli è, dunque,l’intermediario tra quanti offrono capitale e lavoro e quantidomandano beni o servizi.Da un punto di vista giuridico, la nozione di imprenditore hasubito una profonda evoluzione. Si è infatti passati da unimprenditore inteso come speculatore sul lavoro, una figura  particolare di commerciante, ad una visione completamenteopposta che considera imprenditore e commerciante in unrapporto da genere a specie4: il commerciante è quell’imprenditorela cui attività consiste nello scambio di beni.Per l'art 2082 del cod. civ. è imprenditore "colui che esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della  produzione o dello scambio di beni o di servizi". Da taledefinizione si evincono i caratteri che qualificano l’attivitàimprenditoriale:

3 Possono ritenersi tali alcuni tipi di regolamenti come:• i regolamenti di borsa o i regolamenti delle camere arbitrali;

• le condizioni generali di affari codificate da associazioni professionali al fine di predisporre una disciplina unitaria e certa per lecontrattazioni nel settore merceologico interessato;

• i contratti normativi, che predispongono il regolamento dei futuri comportamenti dei soggetti e dei rapporti ancora da concludere;

• i codici di lealtà e di correttezza professionale elaborati anch’essi da associazioni di operatori o da enti indipendenti senza fini di lucro.4 L’abrogato codice di commercio non conteneva una definizione di imprenditore, ma all’art. 3 elencava alcune attività che erano reputate atti di

commercio ed all’art. 8 definiva “commercianti” “coloro i quali esercitavano atti di commercio per professione abituale e le società commerciali”.

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• l’attività economica, in quanto per creare nuova ricchezza,espone al rischio di perdere la ricchezza utilizzata5;

• l’organizzazione, che prescinde tuttavia dall’impiego omeno di collaboratori o di un complesso di beni

materialmente percepibile come invece si pensava in passato6;• la professionalità, risultante da un’attività costante e

sistematica, non solo occasionale7;• il fine della produzione o scambio di beni o servizi;• lo scopo di lucro8, che tuttavia la dottrina dominante ritiene

solo requisito naturale e non necessario;•

la spendita del nome, requisito necessario in quantodetermina l’assun-zione del rischio imprenditoriale9;5 Il termine “attività economica” sta ad indicare una  serie di atti finalizzati ad uno scopo, nel senso che ogni atto che l’imprenditore compie serveall’esercizio dell’impresa e, più in particolare, a realizzare la produzione o lo scambio di uno o più beni, di uno o più servizi determinati. Il passaggiodal sistema degli atti di commercio, previsto nel codice di commercio del 1882, al sistema dell’attività, previsto nel codice del 1942, non è esente dacritiche: in primo luogo, occorre ribadire che l’attività deve potersi far risalire alla volontà del soggetto. Non a caso la dottrina si è domandata sel’attività dovesse considerarsi un fatto ovvero un atto. La seconda conseguenza rende ancora più evidente la contrapposizione tra vecchio e nuovosistema, dove si consideri che nell’ambito di una attività perfettamente lecita l’imprenditore può compiere singoli atti illeciti e che, nell’ambito di unaattività illecita l’imprenditore possa compiere una serie di atti perfettamente leciti. Il discorso sull’impresa illecita assume grande importanza. Nelladisputa tra coloro i quali respingono decisamente la plausibilità di un’impresa illecita e coloro i quali l’ammettono preferendo porre l’accento sul profilo ontologico, si inseriscono quegli autori i quali preliminarmente distinguono l’ipotesi in cui illecita è l’attività come tale dall’ipotesi in cuil’illiceità riguarda solo le modalità di svolgimento di un’attività lecita. Nel primo caso la sanzione è quella della non invocabilità della disciplinadell’impresa da chi è autore e partecipe dell’illecito; nel secondo caso si tratterà di valutare di volta in volta se l’atto singolo debba o no essere colpito

dalla sanzione della nullità.6 Il termine “organizzata” è richiamato più volte nel codice civile come ad esempio nell’articolo 2083. Ai fini dell’organizzazione occorrono quindi:capitale, proprio o altrui, e lavoro. Secondo l’opinione prevalente, l’organizzazione serve a individuare il confine tra le attività produttive, che inquanto organizzate, assumono il carattere di impresa e quelle attività che, pur essendo destinate a produrre beni o servizi, non assumono carattere diimpresa proprio perché non sono organizzate (lavoro autonomo e professioni liberali). L’organizzazione deve rivolgersi al mondo esterno, si parla a proposito di eterorganizzazione, e deve essere rivolta al mercato. Se queste sono le conclusioni della dottrina prevalente, v’è da registrare l’opinionecontraria di chi ritiene che la presenza di una organizzazione intermediatrice fra quanti hanno lavoro e capitale da offrire, gli imprenditori, e quantidomandano determinati beni o servizi, i consumatori, non costituisca più carattere distintivo ed esclusivo dell’impresa. Concludendo, non potendosiignorare una distinzione che il legislatore comunque fa, quella cioè tra imprenditore e lavoratore autonomo, si può scrivere che vi è “lavoro autonomofinché l’uso di mezzi o di strumenti materiali serve all’esplicazione dell’attività di lavoro del soggetto e non configura una produttività che eccedaquella del lavoro individuale; vi è impresa quando il livello è superato, appunto come risultato del concorso determinante e qualificante di altri fattori,quale che sia poi il rapporto tra di essi e il rapporto tra essi e l’attività di lavoro del soggetto”.7 Il termina “professionalità” sta a significare abitualità, ma non vuol dire permanenza, né esclusività, né prevalenza nell’esercizio. E mentre allastregua di tali precisazioni, non sono imprese quelle occasionali, come ad esempio la costruzione di un edificio per abitazioni civili da parte del libero professionista che dispone di eccedenze liquide, lo sono quelle stagionali, come ad esempio gli stabilimenti balneari e, quando la lavorazione seguivai ritmi naturali della fruttificazione, le imprese di trasformazione dei prodotti agricoli. Altro problema è quello dell’accertamento della professionalità

relativamente al momento della nascita e della cessazione dell’impresa, da un lato, e, dall’altro, in funzione dell’attività professionalmente esercitatada una attività occasionalmente esercitata e quindi l’impresa occasionale. Occorre subito affermare che per aversi impresa occasionale non èsufficiente il compimento di un singolo atto o di un singolo affare, perché anche tale tipo di imprese necessità il più delle volte di una reiterazione diatti per un certo periodo di tempo. Si può concludere affermando che la valutazione relativa all’esistenza del requisito della professionalità non puòandar mai disgiunta da una coeva valutazione dei dati relativi alla organizzazione.8 È discusso se costituisca requisito essenziale dell’attività di impresa lo scopo di lucro. Parte della dottrina (Ascarelli) è orientata in sensoaffermativo sul rilievo che la realizzazione di un profitto è insita nel concetto di attività economica e nel concetto di professionalità. Per altri autori(Ferrara) non è necessario che in concreto il soggetto percepisca un lucro, ma occorre che l’attività da lui esercitata sia astrattamente lucrativa, capacecioè di procurare un lucro indipendentemente dal fatto che concretamente lo produca o meno. Altri autori, infine, e sono oggi la maggioranza(Galgano), ritengono che lo scopo di lucro non sia un elemento essenziale dell’attività imprenditoriale, ma solo un elemento naturale: se, infatti, nellamaggior parte dei casi, l’impresa è esercitata al fine di ricavare i mezzi necessari di sostentamento per l’imprenditore, non mancano comunque ipotesiin cui il f ine di lucro esula dagli scopi dell’impresa ( imprese esercitate da enti pubblici, cioè casse di risparmio, le imprese mutualistiche, cioè societàcooperative e società di mutua assicurazione). Più che lo scopo di lucro, quello che è essenziale all’impresa è la obiettiva economicità della suagestione, cioè la capacità di r icavare dall’attività svolta quanto occorre per coprire con i ricavi i costi di produzione.9 Nel caso di imprenditore occulto (quando cioè è un prestanome a figurare come titolare dell’impresa), parte della dottrina ritiene che sia il

 prestanome a ricoprire la qualifica dell’impren-ditore, salva la responsabilità in solido con l’imprenditore occulto verso i creditori.Alla tematica dell’imputazione appartengono anche

• la figura dell’impresa senza imprenditore, figura creata dalla dottrina: vi rientrerebbero le ipotesi dell’ente pubblico, delle fondazioni odelle associazioni che esercitino attività di impresa ma non come oggetto istituzionale esclusivo o prevalente, dell’impresa esercitatadall’incapace o dal rappresentante legale dell’incapace senza la prescritta autorizzazione, delle entità prive della soggettività giuridica piena; ma secondo qualche autore un fenomeno di spersonalizzazione si può cogliere anche considerando il mondo della grande impresa,nel quale non solo vi è spesso scissione tra coloro che hanno investito nel capitale sociale e chi governa l’impresa;

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Ai sensi dell’art. 2238, i liberi professionisti e gli artisti non sonomai – in quanto tali – imprenditori: essi lo diventano solo se ed inquanto la professione intellettuale sia esercitata nell’ambito diun’altra attività di per se qualificata come impresa10. Il motivo di

tale esclusione è da ricercare nel fatto che tali soggetti nonassumono, nell’esercizio delle proprie attività, quel rischio dellavoro che caratterizza la figura di imprenditore: si parla per essidi una “obbligazione di mezzi” e non di una “obbligazione dirisultati”. Quindi il professionista ha diritto al compenso per ilsolo fatto di aver prestato la propria opera ed a prescindere dalrisultato di essa, il cui rischio, pertanto, grava sull’altra parte del

rapporto obbligatorio.Lo “status” di imprenditore e la nozione di impresa nel codicecivile

La qualifica di imprenditore comporta per il soggetto uno specialeregime giuridico (status di imprenditore). Questi infatti:

• ha la direzione dell’impresa;• ha l’obbligo di tutelare le condizioni di lavoro dei propri

dipendenti;• è sottoposto ad un regime di particolare rigore pubblicistico.Quanto all’impresa, poiché il codice si limita a definire la figuradell’imprendi-tore, è la dottrina ad estrapolarne la nozione:  partendo dal presupposto che l’im-prenditore è il titolaredell’impresa, questa può essere definita come l’attività economicaorganizzata dall’imprenditore e da lui esercitata professionalmenteal fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.Principi costituzionaliTutto il Titolo della Costituzione dedicato ai “Rapportieconomici” riguarda in modo più o meno diretto l’impresa. Infatti:

• all’art. 41 si sancisce la libertà di iniziativa economica privata e pubblica: per cui l’impresa pubblica e quella privatacoesistono nel nostro sistema in condizioni giuridicamente

• il caso dell’imprenditore che eserciti più attività d’impresa o addirittura più imprese. Occorre far riferimento al concetto stesso di impresae agli elementi costitutivi di esso: per cui si avranno imprese distinte, sia pur facenti capo allo stesso soggetto, quando potrannoriscontrarsi e pluralità di attività e pluralità di organizzazioni, mentre dovrà parlarsi di impresa unica quando l’unica attività sia organizzatacon articolazioni di stampo autonomistico sul piano territoriale, amministrativo, contabile o addirittura aziendale, cui sarà più consonoattribuire la natura di settori o di rami d’impresa.

10 A titolo di esempio si consideri il medico che gestisce una clinica privata nella quale egli stesso opera.

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  paritarie e di concorrenza. Se da un lato si stabilisce chel’iniziativa economica è libera, dall’altro si proclama che essanon può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e in modo darecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana.•

all’art. 43 si sancisce l’intervento pubblico nell’economia informe sia autoritative che espropriative. Le imprese inquestione debbono riferirsi a servizi pubblici essenziali, a fontidi energia, a situazioni in monopolio ed avere un preminenteinteresse generale. La normativa esaminata, sancendol’intervento dello Stato nell’economia, spezza il rapportotradizionale fra pubblico e privato e porta, come afferma

Galgano, alla conversione del diritto privato in un dirittocomune a pubblici e privati operatori che, nell’esercizio delleattività economiche, operano in posizione paritaria.• all’art. 41 comma 3 si sancisce l’indirizzo e il coordinamentoa fini sociali dell’at-tività economica pubblica e privata.• Agli art. 45 e 46 si ha invece il riconoscimento dellacooperazione mutualistica, la tutela e lo sviluppodell’artigianato e la collaborazione dei lavoratori alla gestionedell’azienda.

LE CATEGORIE IMPRENDITORIALI

L’imprenditore agricoloFino all’entrata in vigore del codice del 1942, l’attività disfruttamento delle terre - considerata attività di mero godimento – era regolata anziché dal codice di commercio, dal codice civile. Lanormativa attuale, considerando imprenditore chiunque svolgaun’attività creativa di ricchezza, ha incluso nella categoria anchel’agricoltore ma ha conservato per esso alcuni privilegi comel’esclusione dall’obbligo della tenuta delle scritture contabili e lanon assoggettabilità al fallimento. Per l'art. 2135 è imprenditoreagricolo “chi esercita un'attività (professionale) diretta allacoltivazione del fondo11, alla silvicoltura12, all'allevamento del

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Per coltivazione del fondo deve intendersi il complesso unico e inscindibile del ciclo dei lavori svolti dall’agricoltore per conseguire i prodottiimmediati e diretti dalla terra, dalla rottura del suolo al raccolto. La giurisprudenza tende a far rientrare nella nozione di attività agricole anche lafloricoltura sempre che il fondo rappresenti realmente il fattore produttivo e non sia solo lo strumento per la conservazione delle piante. La dottrinanon ritiene verificate le condizioni minime richieste dalla norma in relazione alle colture artificiali attuate fuori dal fondo (piante le cui radici sonoimmerse in particolari soluzioni).12 La silvicoltura sta ad indicare l’attività tecnica volta al fine di ottenere il più conveniente prodotto del bosco entro cicli regolari di tempo. Nonrientra nell’attività di silvicoltura l’attività meramente estrattiva del legname, attività tipicamente industriale se disgiunta dalla coltivazione.

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 bestiame13 e attività connesse”; il 2° comma dell'art. 2135 precisache "si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione oall'alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizionormale dell'agricoltura". La giurisprudenza e la dottrina

 prevalenti ritengono che le imprese agricole per connessione nonsi esauriscano nel novero di quelle elencate dalla normaconsiderando tale elencazione meramente esplicativa. Inquest’ottica si distinguono:

• attività connesse tipiche, cioè quelle dirette allatrasformazione o all’aliena-zione di prodotti agricoli, quandorientrano nell’esercizio normale dell’agri-coltura;

attività connesse atipiche, cioè tutte le altre attivitàesercitate in connessione con la coltivazione del fondo, lasilvicoltura e l’allevamento del bestiame (es. agriturismo,trebbiatura per conto terzi ecc.).

Tali attività sono oggettivamente commerciali ma vengonoconsiderate agricole qualora siano connesse ad una delle treattività agricole essenziali. Perché possano essere considerateconnesse, tali attività devono presentare:

• una connessione soggettiva, in quanto il soggetto cheesercita l’attività deve essere un imprenditore agricolo;

• una connessione oggettiva, in quanto l’attività connessa nondeve configurare un’autonoma speculazione commerciale oindustriale e, tramite la persona dell’agricoltore, deve esseresempre collegata oggettivamente alla terra. Talecollegamento oggettivo viene individuato per le attivitàconnesse tipiche attraverso il criterio dell’esercizio normaledell’agricoltura; per le attività connesse atipiche mediante ilcriterio dell’accessorietà.

L’imprenditore commercialeL’imprenditore commerciale può essere individuato per viaresiduale allorché la sua attività non costituisca “attività agricola”.In particolare, ai sensi dell’art. 2195, sono imprenditori

commerciali coloro che esercitano:13 Al termine di numerosi dibattiti, alcuni dei quali sono ancora vivi in dottrina e giurisprudenza, possiamo affermare che: deve considerarsi agricolala pastorizia anche se svolta in forma transumante, poiché assume importanza il fondo e non la sua coltivazione; è dibattuto il senso e la portata deltermine bestiame, nel quale, se interpretato estensivamente, rientrerebbero gli animali da pelliccia o da mero allevamento, le specie avicole el’apicoltura.

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• attività industriali dirette alla produzione di beni o servizi:sono tutte quelle che si propongono, attraverso latrasformazione di materie prime, la creazione di nuovi prodotti ovvero, attraverso la organizzazione di capitale e

lavoro, la predisposizione di servizi;• attività intermediaria nella circolazione di beni, ovvero le

attività commerciali;• attività di trasporto per terra, per acque, per aria14;• attività bancaria, che si concreta nella raccolta di risparmio

tra il pubblico e nell’esercizio del credito;• attività assicurativa, cioè quelle attività che consistono

nell’esercizio delle assicurazioni private15

;• attività ausiliarie alla precedenti, cioè quelle attività che

agevolano l’esercizio delle attività specificamente indicate ocomunque sono legate a queste ultime da un rapporto dicomplementarità.

Occorre prestare attenzione ai casi particolari:• dell’impresa civile, intesa come attività di produzione di

servizi, non definibile come attività industriale ai sensi del n.1 dell’art. 2195: parte della dottrina ritiene che l’imprenditorecivile non sia assoggettabile alla disciplina dell’imprenditorecommerciale (quindi non fallirebbe); la dottrina dominanteritiene invece che la dicotomia impresa agricola – impresacommerciale esaurisca ogni possibile tipo di impresa e quindinon esista una “impresa civile”;

• degli enti pubblici economici, ovvero quella particolarecategoria di enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di una attività commerciale: per essi, lanormativa dettata per gli imprenditori privati, si aggiunge o sisovrappone alla disciplina istituzionale16.

14 L’attività di trasporto, specialmente di cose, è attività ausiliaria delle attività industriali e commerciali, ma per la sua essenzialità nella vita e nellosviluppo di una comunità essa è elevata a categoria autonoma e differenziata.15 Ragion per cui non sono imprese di assicurazione quegli enti che gestiscono le c.d. assicurazioni sociali, le quali sono vere e proprie forme pubbliche di assistenza e previdenza.16

È impresa pubblica quella esercitata dallo Stato o da altro ente pubblico, retta da uno statuto approvato con provvedimento nel quale sono indicatigli scopi che essa si prefigge di raggiungere. Oggi l’intervento pubblico nell’economia non ha più il ruolo di primo attore e sta abbandonandolentamente la scena per tanti anni tenuta. Infatti, è in atto un processo generale di privatizzazione, nel senso che lo Stato sta, attraverso procedure emodalità differenti, abbandonando progressivamente la politica dell’intervento pubblico in economia .È opinione quasi generale della dottrina privatistica e pubblicistica che l’impresa pubblica non presenti rispetto all’impresa privata elementi didifferenziazione. Una conferma in questo senso viene dalle uniche due norme di carattere generale che, nel codice civile, sono dedicate all’impresa pubblica:

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Il piccolo imprenditoreL’art. 2083 definisce piccoli imprenditori il coltivatore diretto delfondo17, l'artigiano18 e il piccolo commerciante19, e tutti coloro cheesercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente

con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia. Taledefinizione si scontra però con l'art. 1 della legge fallimentaresecondo la quale “sono piccoli imprenditori quegli imprenditoriche siano titolari, ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, di unreddito inferiore al minimo imponibile e, quando sia mancatol'accertamento, abbiano investito nella loro azienda un capitalenon superiore a L. 900.000”. La discrasia pare essersi risolta con 4

 pronunce della Corte Cost. La sentenza del 22 dicembre 1989 hastatuito che la norma del secondo comma dell'art. 1 L. Fall. ècancellata dal nostro ordinamento né è, fortunatamente,resuscitabile. La distinzione tra le categorie di piccolo, medio egrande imprenditore, ed insolvente civile deve essere operata, pertanto, non più in relazione ad un così esiguo capitale investito,  bensì con ponderato riferimento “all’attività svolta,all’organizzazione dei mezzi impiegati, all’entità dell’impresa edalle ripercussioni che il dissesto produce nell’economia generale”.

• l’art. 2093 che stabilisce espressamente che le disposizioni di questo articolo si applicano agli enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali;

• l’art. 2201 che obbliga gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale all’iscrizione nel registrodelle imprese.

Si deve inoltre ricordare che il fine dell’attività imprenditoriale è sempre quello della produzione o dello scambio di beni e servizi e che la finalità diinteresse generale perseguita dall’impresa pubblica ha la stessa collocazione della finalità di profitto dell’imprenditore privato rispetto all’impresa e alfine dell’impresa. Infine, ai sensi dell’art. 2221, l’impresa pubblica non è soggetta a fallimento e al concordato preventivo, bensì, di norma, allaliquidazione coatta amministrativa.17 Il coltivatore diretto del fondo è definito, sia pure indirettamente dall’art. 1647, come colui che coltiva il fondo “col lavoro prevalentemente

 proprio o di persone della sua famiglia sempre che il fondo non superi i limiti di estensione che, per le singole zone o colture, possono essere

determinate”, rappresenta la specie dalla quale è iniziato quel processo di progressiva divaricazione tra la figura codicistica di piccolo imprenditore el’interpre-tazione che di essa è stata data dalla legislazione speciale, la quale si è preoccupata di quantificare l’avverbio “prevalentemente”. Così conun susseguirsi di leggi si è giunti ad affermare che sia necessario che la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzodi quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento e il governo del bestiame, e che ai fini del computo delfabbisogno di giornate lavorative occorre tener conto anche dell’impiego delle macchine agricole.18 Questa è la categoria che ha dato luogo a dibattiti più accesi e corposi, anche perché oggetto di due leggi, la n. 860 del 1956 e la n. 443 del 1985(legge – quadro dell’artigianato), le quali, a differenza delle leggi speciali dettate per il coltivatore diretto che si sono limitate a dare una valenzaquantitativa dell’avverbio “prevalentemente”, hanno inciso profondamente sulla nozione stessa di artigiano. Occorre ricordare che la Costituzione,all’articolo 45 comma 2, stabilisce che “la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”, e all’articolo 117 che la materia è dicompetenza delle regioni. Le linee principali della legge – quadro dell’artigianato possono così riassumersi:

• l’impresa artigiana ha ad oggetto prevalente lo svolgimento di una attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di produzione diservizi, escluse le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni eausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti o bevande;

• è imprenditore artigiano colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare dell’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri e rischi inerenti alla sua gestione e direzione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro,anche manuale, nel processo produttivo;

• l’impresa artigiana può essere svolta anche con la prestazione di opera di personale dipendente diretto personalmente dall’imprenditoreartigiano o dai soci.

19 Piccolo commerciante è colui che, rispondendo ai caratteri di cui all’art. 2082, svolge un’attività di intermediazione nella circolazione dei beni,vale a dire il piccolo imprenditore commerciante. Questi non deve tenere le scritture contabili obbligatorie, non è soggetto alle procedure concorsualie solo recentemente è stato obbligato all’iscrizione in una sezione speciale del registro delle imprese ai fini di certificazione e di pubblicità notizia.

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ACQUISTO DELLA QUALITÀ DI IMPRENDITORE COMMERCIALE

L’acquisto della qualità di imprenditore commerciale, per le persone fisiche, è indipendente da ogni adempimento di carattereformale e si produce in conseguenza dell’inizio effettivo della

attività economica. Sul momento in cui debba dirsi nata l’impresa,l’orientamento della dottrina si bipartisce in due teorie:• teoria oggettiva: l’impresa nasce quando sono realizzate

organizzazione e attività produttiva. Alla stregua di talecriterio sembrerebbe risolto in senso negativo il problemadella ricomprensione nell’attività di impresa di quelli chesono stati denominati gli atti di organizzazione, quegli atti,

cioè, preparatori al vero e proprio inizio dell’attività;• teoria soggettiva: secondo i fautori di tale tesi, la distinzione

tra atti di organizzazione e atti dell’organizzazione nonavrebbe rilievo decisivo nella soluzione del problema,soprattutto, perché, a parte la difficoltà pratica diinquadramento degli atti compiuti dal soggetto in una piuttosto che in un’altra delle due categorie, anche gli atti  preparatori dell’attività rientrano nell’attività di impresa.L’importante è che non si tratti di atti isolati.

L’accettazione di una piuttosto che dell’altra tesi non è senzaconseguenze pratiche, proprio perché alla individuazione delmomento dell’inizio dell’attività di impresa, la legge ricolleganell’ordine:

• l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese;• l’obbligo di tenuta delle scritture contabili per gli

imprenditori commerciali;• l’applicazione delle forme di tutela dei segni distintivi e

contro la concorrenza sleale;• la soggezione alle procedure concorsuali.

È doveroso registrare l’opinione di una parte della giurisprudenza,la quale ritiene che non sia di ostacolo all’acquisto della qualità diimprenditore l’esercizio da parte dello stesso soggetto di altraattività non compatibile ovvero l’esistenza di divieti espliciticontenuti in altri ordinamenti.

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Conseguenze all’assunzione della qualifica di “imprenditorecommerciale”

Dalla qualità di imprenditore di una delle parti di un rapportocontrattuale, conseguono determinati effetti, fra i quali occorre

ricordare:• la proposta o l’accettazione di un contratto, fatta

dall’imprenditore nell’esercizio della sua impresa, non perdeefficace se l’imprenditore muore o viene dichiarato incapace prima della conclusione del contratto, salvo che si tratti di  piccolo imprenditore o che risulti diversamente dallacircostanze o dalla natura dell’affare;

la norma dell’art. 1341 (condizioni generali del contratto), siriferisce alle attività imprenditoriali per delineare la figura delc.d. contraente più forte;

• nell’interpretazione del contratto, se una delle parti èimprenditore, le clausole ambigue si interpretano secondo gliusi del luogo in cui si trova la sede dell’impresa.

Capacità di esercitare un’impresa commercialeSi può dire che chi ha la capacità di agire è anche capace diesercitare un’impresa. Sia l’incapace (minore o interdetto) chel’inabilitato possono essere autorizzati solo a continuare, ma nonad iniziare, l’esercizio dell’attività commerciale. Fa eccezione allaregola il minore emancipato, il quale, peraltro, dopol’autorizzazione consegue la piena capacità di agire anche per gliatti estranei all’impresa, con la sola eccezione degli atti didonazione. In ogni caso, l’esercizio–continuazione o inizio di unaimpresa commerciale, sia nel caso di incapacità assoluta, sia nelcaso di incapacità relativa, deve essere sempre autorizzato daltribunale su parere del giudice tutelare. Nel caso del minore edell’interdetto, il giudice tutelare può autorizzare l’esercizio provvisorio dell’impresa20.Le deroghe alla disciplina comune riguardano esclusivamente leimprese commerciali, e non pure le imprese agricole, per le quali

valgono le norme generali per il compimento degli atti giuridici da parte dell’incapace comune. Questa disparità di trattamento trova20 Tutti i provvedimenti di autorizzazione e di revoca di questa devono essere iscritti, ex art. 2198, nel registro delle imprese.

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la sua giustificazione nella maggiore sicurezza dei risultati  produttivi dell’impresa agricola e nell’essere, in tale tipo diimpresa, prevalenti gli atti di ordinaria amministrazione.La pubblicità dell’imprenditore individuale

Di solito, la legge non impone l’adempimento pubblicitario ma fadiscendere da esso l’opponibilità ai terzi dell’atto pubblicizzato(trascrizione). Il registro delle imprese nasce con il codice del1942 e assolve una duplice esigenza:

• quella dell’impresa di rendere edotti della propria attivitàcoloro che entrano con essa in contatto;

• quella dei terzi di essere tutelati attraverso l’informazione

relativa alle vicende più importanti della vita di un’impresa a partire dalla sua nascita, e cioè la sede e le eventuali sedisecondarie, l’oggetto dell’attività, la ditta, gli ausiliarilegittimati ad agire, le modificazioni di tali elementi e lacessazione.

La disciplina era integrata dagli art. da 99 a 101 delle disposizionidi attuazione del codice civile. La disciplina transitoria è stata per cinquant’anni la disciplina del registro delle imprese sino aquando non è intervenuta la legge n. 580 del 1993. Le innovazioni principali contenute e nell’art. 8 della legge n. 580 del 1993 e nelregolamento di attuazione sono:

• individuazione nella Camera di Commercio del responsabilealla tenuta del registro delle imprese deputato a curarne latenuta sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidentedel tribunale del capoluogo di provincia e sotto la direzionedi un conservatore nominato dalla Giunta camerale;

• l’istituzione delle sezioni speciali del registro, nelle qualisono iscritte tutte quelle categorie di imprenditori per lequali, nel regime previgente, non era prevista alcuna forma di pubblicità, e cioè gli imprenditori agricoli, le società semplicie le imprese artigiane21.

21 Appare utile un riepilogo degli enti soggetti ad iscrizione, contenuto nell’art. 7 del regolamento. Tali soggetti sono:• gli imprenditori;• le società;• i consorzi;• le società consortili;• i gruppi europei di interesse economico;• gli enti pubblici che hanno per oggetto principale o esclusivo attività commerciali;

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Il BUSARL e il BUSCIl DPR 1127/69 sanciva l’obbligo per le società di capitali di pubblicare una serie di atti ad esse inerenti sul Bollettino Ufficialedelle Società per Azioni e a Responsabilità Limitata quale

ulteriore forma di pubblicità. Gli atti per i quali era richiesta tale  pubblicazione erano opponibili ai terzi soltanto dopo la pubblicazione stessa. Allo stesso modo, il D.M. 23-4-77 avevaintrodotto il Bollettino Ufficiale delle Società Cooperative, in cuiquest’ultime erano obbligate a pubblicare un’altra serie di atti main questo caso ai soli fini di pubblicità notizia (priva quindi dieffetti giuridici). L’art. 29 della legge 266/97 ha stabilito che

l’obbligo di registrazione degli atti o dei fatti per i quali la legge prevede la pubblicazione sul Busarl o sul Busc, è assolto conl’iscrizione o il deposito nel registro delle imprese, istituito pressoogni Camera di Commercio.Le scritture contabiliLa tenuta della contabilità e la rivelazione periodica dello stato patrimoniale hanno una triplice funzione:

• quella di consentire all’imprenditore di seguire costantementel’andamento della gestione per capire se l’impresa va bene ova male;

• quella di informare i terzi che entrano in contatto conl’imprenditore ed hanno rapporti con essa;

• in caso di dissesto, quella di permettere la ricostruzione dellasituazione debitoria dell’imprenditore.

Fra la tenuta delle scrittura contabili e la redazione del rendicontoo del bilancio esiste un rapporto di propedeuticità, nel senso chesolo sulla base delle risultanze delle prime l’imprenditore puòcompilare il secondo. Soggetti obbligati alla tenuta delle scritturecontabili sono, oltre che l’imprenditore commerciale individuale,anche le società, qualunque sia l’attività esercitata, e gli enti pubblici che svolgono attività commerciale non in via principale.Il legislatore italiano ha adottato un sistema misto, stabilendo che,

• le società soggette alla legge italiana;• gli imprenditori agricoli;• i piccoli imprenditori;• le società semplici.

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accanto all’obbligo di tenuta di scritture nominativamenteindividuate, e delle quali viene descritta normativamente anche lafunzione (libro giornale e libro degli inventari), l’imprenditoredebba necessariamente tenere le altre scritture contabili che siano

richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa. Il minimoindispensabile è dunque costituito dal libro giornale, dal librodegli inventari e dalla conservazione della corrispondenza. In particolare:

• nel libro giornale le operazioni relative all’eserciziodell’impresa devono essere annotate secondo l’ordinecronologico in cui sono compiute, con l’osservazione altresì

del c.d. criterio dell’immediatezza (ogni “affare” deve cioèessere annotato appena compiuto);• nel libro degli inventari, devono essere indicate e valutate le

attività e le passività relative all’impresa, nonché le attività ele passività dell’impren-ditore estranee alla medesima22;

• l’imprenditore deve conservare ordinatamente per ciascunaaffare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatturericevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e dellefatture spedite.

Per ciò che riguarda il “nucleo mobile” delle scritture contabili, lascienza aziendalistica non ha mancato di individuare i libri resinecessari sia dalle dimensioni dell’azienda sia dal ramomerceologico in cui l’impresa opera (libro mastro, che seguel’ordine sistematico, il libro magazzino). Il sistema normativo ècompletato dalle disposizioni relative alle modalità di tenuta dellescritture contabili, la cui osservanza è indispensabile perché lescritture siano considerate regolari. Regolarità che costituisce  presupposto indispensabile sia perché l’imprenditore possainvocare come prova a suo favore le registrazioni, sia per essereammessi, in caso di dissesto, al beneficio del concordato preventivo o dell’amministrazione controllata. I principali puntisono:22 Esso si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite:

• il bilancio è un conto patrimoniale costituito dalla contrapposizione tra il complesso delle attività ed il complesso delle passività: se il primo supera il secondo, il dato differenziale rappresenta l’utile dell’impresa; se il secondo supera il primo, il dato differenzialerappresenta la perdita dell’impresa.

• il conto dei profitti e delle perdite, invece, è un conto economico ed indica le fonti dei ricavi e delle spese pertinenti ad ogni esercizio.

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• il libro giornale e il libro degli inventari devono essere progressivamente numerati in ogni pagina e bollati in ognifoglio dall’ufficio del registro delle imprese o da un notaio;

• tutte le scritture contabili devono essere tenute secondo le

norme di un’ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senzainterlinee e senza abrasioni;• la contabilità deve essere conservata per dieci anni.

Le scritture contabili possono essere utilizzate come mezzo di  prova sia contro che a favore dell’imprenditore23. I mezzi processuali di acquisizione delle scritture sono:

• l’esibizione, che può avere ad oggetto solo determinate

registrazioni e viene ordinata dal giudice anche su istanza di parte;• la comunicazione, la quale concerne l’integrale contabilità

dell’impren-ditore, ed è ammessa, sempre su ordine delgiudice, solo in caso di controversie relative alloscioglimento della società, alla comunione dei beni e allasuccessione per causa di morte.

L

’IMPRENDITORE

 E

 I

 SUOI

 AUSILIARI

All’attività imprenditoriale partecipano diversi soggetti. Questacollaborazione si attua mediante la prestazione di opera sia da parte di persone estranee all’organiz-zazione (ausiliari autonomi),sia da parte di persone che agiscono nell’ambito dell’impresa eche si pongono, rispetto all’imprenditore, in posizione disubordinazione (ausiliari subordinati).L’institoreL’institore è la persona preposta dal titolare all’esercizio diun’impresa commerciale, o di una sede secondaria o di un ramo particolare dell’impresa. La rappresentanza institoria è per suanatura generale. La procura è la via maestra del conferimento dei

23 In particolare, le scritture contabili:

• fanno sempre prova contro l’imprenditore, cioè possono sempre essere utilizzate dai terzi come mezzo processuale di prova control’imprenditore che le tiene. Chi vuole trarne vantaggio, tuttavia, non può scinderne il contenuto ed avvalersi solo della parte a luifavorivole. L’imprenditore, inoltre, potrà dimostrare con qualsiasi mezzo che le proprie scritture non rispondono a verità.

• non costituiscono prova, a favore dell’imprenditore, nei rapporti con i non-imprenditori e con gli utenti dell’impresa: ad esse può essereattribuito soltanto il carattere ed il valore di elementi indizianti, idonei a dare vita, in concorso con altri elementi, ad una valida prova per  presunzioni ai sensi degli artt. 2727 e seguenti.

•  possono costituire prova, a favore dell’imprenditore, soltanto nei rapporti fra imprenditori inerenti all’esercizio dell’impresa e purché sitratti di libri bollati e numerati nelle forme di legge e tenuti secondo le norme prescritte.

Il valore probatorio spetta, in ogni caso, al giudice.

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  poteri institori, ma non è necessariamente l'unico mezzo.L'orientamento consolidato della Cassazione è ormai nel senso cheil fondamento della rappresentanza sta nel fatto stesso della preposizione. Tra i poteri dell'institore vi sono:

• la rappresentanza dell'imprenditore;• la corresponsabilità con l'imprenditore per l'osservanza delle

disposizioni riguardanti l'iscrizione nel Registro delleimprese e la tenuta delle scritture contabili;

• la c.d. contemplatio domini, in virtù della quale l'institore cheomette di fare conoscere che tratta per il proponente risponde personalmente.

Si noti infine che l’institore:• non può nominare altri institori, in quanto i suoi poteri si

estendono alla sola gestione dell’attività cui è preposto;• non può essere preposto ad una piccola impresa.

I procuratoriSono procuratori coloro i quali, in base ad un rapportocontinuativo, possono compiere per l’imprenditore gli atti

 pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendovi preposti.La materia dei procuratori è regolata dall'art. 2209. Egli – al paridell’institore – è un rappresentante generale dell’imprenditore aquesti legato da un rapporto di lavoro subordinato. Non gravanosul procuratore gli obblighi di iscrizione nel registro delle impresee di tenuta delle scritture contabili; né compete ad esso larappresentanza processuale dell’imprenditore, neppure per gli attida lui posti in essere, se non per effetto di un appositoconferimento di potere.I commessiI commessi sono coloro che esercitano attività subordinata diconcetto o di ordine, estranea però a funzioni direttive. Essi possono essere:

•   preposti alla vendita nei locali dell’impresa (commessi dinegozio);

• incaricati della vendita da piazza a piazza (commessiviaggiatori);

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I loro poteri rappresentativi sono strettamente collegati allemansioni svolte potendo compiere solo gli atti che ordinariamentecomporta la specie delle operazioni di cui sono incaricati.L’AZIENDA

Ai sensi dell’art. 2555 c.c., l’azienda è “il complesso dei beniorganizzati dall’impren-ditore per l’esercizio dell’impresa”.L’imprenditore non deve essere necessariamente proprietario dei beni aziendali: è infatti sufficiente che egli disponga di un dirittoreale o personale che gli permetta di utilizzarli. Da questaconsiderazione si evince che la titolarità dell’azienda non deveessere intesa nel senso di una proprietà sul complesso bensì nel

senso di una titolarità di diritti.GLI ELEMENTI COSTITUTIVI E IL CONCETTO DI “AVVIAMENTO”Per quanto attiene agli elementi costitutivi dell’azienda la dottrinaè divisa:

•  per alcuni possono ritenersi tali solo le cose in senso propriodi cui l’impren-ditore si avvale per l’esercizio dell’impresa;

•  per altri sono riconducibili ad essi tutti i rapporti contrattualistipulati per l’esercizio dell’impresa e pure i crediti verso iclienti e i debiti verso i fornitori.

Il fatto che l’azienda sia caratterizzata da un complesso di beniorganizzati in funzione di uno scopo produttivo ci induce aconsiderare che tali beni – così intesi – abbiano un valoremaggiore rispetto agli stessi individualmente considerati. Talemaggior valore che i beni aziendali acquistano a causa della“organizzazione”, prende il nome di avviamento dell’azienda24. Ilnostro ordinamento giuridico appresta all’avviamento una tutela:

• diretta: si pensi, ad esempio, alla tutela riconosciuta dagliartt. 34 e 35 della L. 392/78 a favore dell’imprenditorelocatario nei confronti del locatore dell’immobile destinatoall’impresa;

• indiretta: si pensi alla repressione della concorrenza sleale,alla tutela dei segni distintivi ecc.

24 Diversa dall’avviamento è la clientela: essa può essere definita come l’insieme dei destinatari dei beni o servizi prodotti dall’imprenditore oppure – sotto un’ottica più economica – come flusso costante della domanda dei beni o servizi che fanno capo all’azienda . La clientela è dunque unrapporto di fatto tra consumatori ed impresa e non deve confondersi con l’avviamento.

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TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E SUCCESSIONE NELL’IMPRESA

Il trasferimento dell’azienda da un imprenditore ad un altro è unfenomeno assai frequente. Questo può attuarsi mediante un attointer vivos - come la vendita, la concessione in usufrutto o

l’affitto25

- oppure mortis causa.La disciplina che regola la circolazione dell’azienda – talvoltamediante norme inderogabili – ha il fine di mantenere la potenzialità produttiva di essa e di assicurare la tutela dei creditorie dei contraenti dell’alienante, in ordine ai rapporti contrattinell’esercizio o per l’esercizio dell’azienda. D’altro cantol’imprenditore è libero di cedere singoli beni aziendali e in tal caso

 – come è logico – non si applicherà la disciplina specifica.Per le ipotesi di trasferimento mortis causa il codice non prevededisposizioni particolari, dovendosi applicare le regole generalisulle successioni. In generale, se l’erede continua l’eserciziodell’impresa, tutti i precedenti rapporti passano in capo ad esso; seal contrario non vuole continuare l’esercizio dell’impresa e laaliena a terzi, si applicano le norme relative ai trasferimenti per atto inter vivos. Il succedere di più coeredi ad un unicoimprenditore defunto dà luogo ad una comunione incidentale diazienda per successione ereditaria (con il possibile costituirsi diuna società).NEGOZI DI TRASFERIMENTO E DIVIETO DI CONCORRENZA

L’azienda non ha peculiari modalità di trasferimento ma circolanelle forme proprie dei beni che la compongono: cedere o affittarel’azienda, cioè, equivale a cedere o locare una serie di beni26.  Nell’atto di cessione non è necessario indicare tutti i benidell’azienda che si trasferiscono, mentre occorre necessariamenteindicare i beni che non vengono trasferiti27. Nell’ipotesi di alienazione di una azienda commerciale, l’alienantedeve astenersi – per un periodo di 5 anni dal trasferimento – dall’iniziare una nuova impresa che sia idonea a sviare la clienteladall’azienda ceduta. L’obbligo in oggetto è soltanto un effetto

25 Queste sono le ipotesi espressamente previste dal codice. Tuttavia l’azienda può essere ceduta anche per donazione, permuta e conferimento insocietà.26 Per le sole imprese soggette a registrazione è poi prevista la necessità della forma scritta ai fini della prova (ad probationem).27 Si ricordi che la ditta non può essere trasferita separatamente all’azienda e che essa non passa all’acquirente senza il consenso dell’alienante.

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naturale del negozio di trasferimento: le parti possonoescluderlo, limitarlo o anche stabilire un divieto più ampio28. Ladurata del divieto non potrà comunque eccedere i cinque anni ed atale periodo di tempo si riduce la eventuale maggiore durata

 pattuita.SUCCESSIONE NEI CONTRATTI DELL’AZIENDA CEDUTA

In seguito al trasferimento dell’azienda, se non è pattuitodiversamente, l’acqui-rente subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale(art. 2558 c.c.)29. La successione si verifica – a differenza del principio generale sancito dall’art. 1406 c.c., indipendentemente

dal consenso del contraente ceduto: questi ha solo la facoltà, in  presenza di una giusta causa, di recedere dal contratto – coneffetto ex nunc – entro tre mesi dalla notizia del trasferimento (art.2558 II° c.c.).SUCCESSIONE NEI RAPPORTI DI LAVORO

In caso di trasferimento di azienda, il rapporto di lavoro continuacon l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che nederivano. Alienante e acquirente sono obbligati in solido per tutti icrediti inerenti a rapporto di lavoro vantati dal lavoratore al tempodel trasferimento. Il trasferimento di azienda non costituisce di per se motivo di licenziamento, ma resta ferma la facoltàdell’alienante di esercitare il diritto di recesso ai sensi dellanormativa in materia di licenziamenti.CREDITI E DEBITI DELL’AZIENDA CEDUTA

Gli artt. 2559 e 2560 c.c. regolano la successione nei crediti e neidebiti dell’azienda ceduta, cioè in quelle posizioni giuridichecostituite dal solo lato attivo o passivo di un rapporto obbligatorioe non facenti parte di un rapporto sinallagmatico in attocomprendente anche la controprestazione. Regola generale èquella che i crediti ed i debiti relativi all’azienda ceduta passano,in linea di principio, all’acquirente.

28 Purché – in quest’ultimo caso – non ne resti impedita ogni attività professionale per l’alienante.29 I contratti in cui succede il cessionario sono quelli stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa (es. contratti di locazione dell’immobile in cui operal’azienda, contratti di somministrazione ecc.). Sono invece esclusi quelli che abbiano carattere personale, cioè quei contratti che, pur se stipulati per l’azienda, si fondano sostanzialmente ed esclusivamente sulla fiducia fra le parti.

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Per quanto riguarda i rapporti tra alienante e acquirentedell’azienda, mentre da un lato la dottrina ritiene necessaria una pattuizione espressa, la giurisprudenza è orientata nel senso dellasuccessione automatica.

USUFRUTTO E AFFITTO DELL’AZIENDAL’azienda può essere costituita in usufrutto o concessa in affitto.L’usufruttuario e l’affittuario hanno l’obbligo:

• di esercitare l’azienda sotto la ditta che la contraddistingue;• di gestirla senza modificarne la destinazione;• di ricostituire le normali dotazioni di scorte e sostituire gli

impianti deteriorati dall’uso.

Il divieto di concorrenza nei confronti del concedente o del nudo proprietario è limitato alla durata dell’affitto o dell’usufrutto.SEGNI DISTINTIVI DELL’IMPRENDITORE

L’impresa deve poter essere facilmente individuata e localizzata.Tale obiettivo riguarda tre diversi aspetti:

• l’individuazione della impresa come tale;• i prodotti della stessa;•

i locali nei quali si esplica l’attività produttiva.Sussiste, pertanto, un sistema di segni distintivi quali la ditta, ilmarchio, l’insegna che la legge tutela, riconoscendoall’imprenditore l’esclusività dell’uso30.LA DITTA

La ditta è il segno che contraddistingue l’impresa nel suocomplesso ed è necessario nel senso che, in mancanza di diversa

scelta, esso coincide con il nome civile dell’imprenditore. Lefunzioni della ditta sono l’identificazione del titolare el’individuazione dell’impresa. Oggi, tuttavia, la ditta tende aconfondersi con il marchio specialmente per le imprese di medie egrandi dimensioni.La ditta può essere liberamente formata dall’imprenditore purchérispetti:

30 Si tratta però di una esclusività in senso merceologico, limitata cioè a quei prodotti o servizi in ordine ai quali il titolare del segno opera: solo intale ambito, infatti, può crearsi rischio di confusione.

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• il principio della verità, secondo il quale la ditta devecontenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore(salva l’ipotesi della ditta derivata);

• il principio della novità, secondo il quale la ditta non deve

essere uguale ad altra già usata da imprenditore concorrente;• i principi di liceità e della capacità distintiva seppure siano

 previsti dalla legge solo per i marchi.Il titolare della ditta ha il diritto all’uso esclusivo del segno eacquista tale diritto in virtù dell’uso stesso. Tuttavia, perché siabbia contraffazione di ditta non basta l’identità o la confondibilitàtra i segni; occorre anche che i due imprenditori siano in rapporto

di concorrenza fra di loro per l’oggetto dell’impresa o per il luogoin cui questa è esercitata.L’art. 2564 prevede a carico di chi violi l’altrui diritto alla ditta,un obbligo di integrazione o modificazione della propria ditta “conindicazioni idonee a differenziarla dalla ditta del concorrente”.Infine, l’art. 2565 consente il trasferimento della ditta purchéavvenga congiuntamente a quello dell’azienda. Tale norma ècomunque da considerarsi implicitamente abrogata in seguitoall’introduzione della regola di libera cedibilità del marchio.R AGIONE E DENOMINAZIONE SOCIALE

Ragione sociale e denominazione sociale sono per le società ciòche il nome civile è per la persona fisica. Il codice civile chiamaragione sociale il nome delle società di persone; chiama invecedenominazione sociale il nome delle società di capitali. Queste, per poter essere regolarmente formate devono:

• rispettare, nel contenuto, i vincoli posti dal legislatore per ciascun tipo di società;

• contenere indicazioni non contrarie alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume, né ingannevoli;

•  presentare il requisito della novità.Il nome della società è oggetto di iscrizione nel registro delleimprese. Si ritiene, tuttavia, che il diritto venga acquisito con l’usoe che la registrazione valga solo a rendere il diritto opponibile aiterzi, risolvendo così il conflitto tra più società che abbiano lostesso nome.

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L’INSEGNA

L’insegna è un segno distintivo facoltativo. Secondo alcunicontraddistingue i locali in cui si svolge l’attività d’impresa;secondo altri contraddistingue l’intero complesso aziendale.

L’unico requisito espressamente richiesto è quello della novità; ladottrina ritiene comunque che non si possa prescindere anchedagli altri requisiti della liceità, verità e capacità distintiva. Anche per l’insegna vale oggi la nuova regola di libera cedibilità.IL MARCHIO

Requisiti del marchioIl più importante segno distintivo è senza dubbio il marchio inteso

come il segno che si appone sul prodotto e ne costituisce la marca.Le funzioni da esso svolte sono essenzialmente tre:• la funzione distintiva;• la funzione di indicazione di provenienza;• la funzione attrattiva.

Come segno distintivo, il marchio deve consistere in un’entitàesterna al prodotto o al suo involucro, che si aggiunge al prodotto

  per indicare la provenienza, ma da esso separabile senzasnaturarlo. I marchi, che in quanto strumenti di comunicazionedevono essere rappresentabili graficamente31, possono essere:

• denominativi, se costituiti solo da parole;• figurativi o emblematici, se costituiti solo da figure;• misti.

Il marchio di forma

Il marchio può essere costituito anche dalla forma del prodotto odalla confezione dello stesso ad esclusione delle forme:• necessarie, quelle cioè imposte dalla natura stessa del

 prodotto: sono liberamente utilizzabili.• funzionali, necessarie per ottenere un risultato tecnico: sono

tutelabili mediante il brevetto per invenzioni.• ornamentali, che danno un valore sostanziali al prodotto:

sono tutelabili mediante il brevetto per modelli.

31 Il limite della rappresentabilità grafica va però interpretato in modo elastico potendo costituire marchio anche le combinazioni o tonalitàcromatiche, i suoni, le forme del prodotto o della sua confezione.

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La registrazione delle forme funzionali e ornamentali comemarchio permetterebbe di godere di un diritto di esclusiva praticamente perpetuo (in considerazione della sua rinnovabilità).Pertanto, per assicurare uno spazio reale ai marchi di forma, è

necessario restringere l’ambito di operatività delle formesuscettibili di brevettazione come modello.I requisiti di validità del marchioPer poter costituire oggetto di tutela, il marchio deve presentaredeterminati requisiti di validità. In particolare:

• la capacità distintiva, che consiste nell’idoneità aidentificare i prodotti contrassegnati tra tutti i prodotti dello

stesso genere immessi sul mercato32

;• la novità, che ricorre quando il marchio non risultava già

noto al mercato33;• la liceità, cioè il non essere contrario alla legge, all’ordine

 pubblico o al buon costume, come il non essere già utilizzatoo protetto da organismi sovranazionali o nazionali;

• la verità, che definibile in negativo, consiste nel non dover essere idoneo ad ingannare il pubblico sulla provenienzageografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti.

L’assenza del requisito della novità del marchio è suscettibile diuna sanatoria definita convalida del marchio prevista dall’art. 48L.ma. Tale norma prevede l’incontestabilità del marchio da partedel titolare del diritto anteriore ove questi, per cinque anniconsecutivi, abbia tollerato, essendone a conoscenza, l’uso di unmarchio posteriore registrato uguale o simile. La convalida ècomunque preclusa ove si provi che il marchio posteriore sia stato32 Non possono fungere da marchio:

• le denominazioni generiche;• le indicazioni descrittive.

Tuttavia è frequente che l’imprenditore, per far presa sul pubblico, adotti come marchio una parola che, pur non rientrando nelle categorie vietate,abbiano però la capacità di richiamare in qualche modo il prodotto stesso o le sue capacità. La giurisprudenza, con notevole indulgenza, ha ammessola validità di questo tipo di marchio (c.d. marchio espressivo), purché, però, l’elemento descrittivo in esso contenuto sia accompagnato da elementi didifferenziazione costituiti da aggiunte di suffissi o prefissi, distorsioni della parola, particolari combinazioni.Dal punto di vista della tutela, il marchio espressivo è un marchio debole, in quanto lievi varianti saranno sufficienti a escluderne la confondibilità.33 L’art. 16 della legge sul marchio accenna a tale requisito allorché dice che “possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresatutti i nuovi segni…” ma è il successivo art. 17 che chiarisce in negativo cosa debba intendersi per nuovo. In particolare non sono nuovi:

• i segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio;

• i segni identici o simili a quelli già usati da altri in Italia come marchio per prodotti o servizi identici o affini, qualora sussista un rischio diconfusione per il pubblico che può anche consistere in un rischio di associazione tra i due segni;

• i segni identici o simili ad un segno già noto come ditta, denominazione o ragione sociale e insegna, adottato da altri nell’ambito di attivitàimprenditoriali identiche o affini;

• i segni identici o simili ad un marchio già da altri registrato in Italia;

• i segni identici o simili ad un marchio che goda di rinomanza, anche se registrati per prodotti o servizi non affini, qualora ritraggano dallanotorietà del marchio anteriore un indebito vantaggio o arrechino allo stesso un pregiudizio.

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domandato in malafede34. Resta da aggiungere che la convalidanon consente al titolare del marchio convalidato di opporsi all’usodel marchio anteriore35.Acquisto del diritto

In seguito alle modifiche apportate all’art. 22 L.ma. dal L.Lgs480/92, qualunque soggetto, anche non imprenditore, può ottenereuna registrazione per marchio d’impresa. Naturalmente, talelibertà incontra alcuni limiti. In particolare, per quanto concernel’uso come marchio:

• del ritratto altrui, subordinato al consenso del ritrattato e,dopo la sua morte, al consenso dei congiunti fino al quarto

grado;• del nome altrui, consentito purché l’uso non sia tale da

ledere la fama, il credito o il decoro dell’interessato36;• di segni notori, registrabili solo dall’avente diritto o dietro il

consenso di questi37;• di segni il cui uso violerebbe l’altrui diritto di esclusiva,

quali ad esempio il diritto d’autore o di proprietà industriale. Nel caso in cui la registrazione sia richiesta ed eventualmenteottenuta da un soggetto non avente diritto in base alla normativaappena esaminata, l’art. 25 L.ma. detta un’articolata disciplina aseconda che il richiedente non legittimato abbia già ottenuto laregistrazione oppure sia in attesa perché la domanda risulti ancora pendente. Nel primo caso (registrazione effettuata), l’avente diritto può:

• ottenere, con sentenza ad efficacia retroattiva, il trasferimentoa proprio nome della registrazione;

• far valere la nullità della registrazione. Nel secondo caso (registrazione non ancora effettuata) può invece:

• assumere a proprio nome la domanda di registrazionedepositata dal non avente diritto;

• ottenere il rigetto della domanda stessa;

34 Non è invece di ostacolo la malafede sopravvenuta.35 E’ questo un caso ulteriore in cui l’ordinamento consente l’uso contemporaneo di marchi confondibili da parte di imprenditori diversi.36 Inoltre l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi può, anche in questo caso, subordinare la registrazione al consenso dell’interessato.37 In questo caso il legislatore tiene conto del valore di suggestione, traducibile in capacità di vendita, che ritiene quindi degno di tutela.

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• depositare una nuova domanda con effetti risalenti alla datadella domanda del non avente diritto.

Il procedimento di registrazioneIl procedimento di registrazione, volto all’ottenimento

dell’attestato di registrazione emesso dall’Ufficio Italiano Brevettie Marchi, si articola nelle seguenti fasi:• deposito della domanda, che deve avere ad oggetto un solo

marchio (di cui un esemplare deve esserne allegato) emenzionare i prodotti o servizi che il marchio è destinato acontraddistinguere;

• esame della domanda da parte dell’Ufficio, limitata alla

forma e al requisito della validità. Il controllo della novità èsolo eventuale ed affidato alla cognizione del giudiceordinario;

• fase della decisione, che può sfociare in un accoglimento oin un rigetto ricorribile entro 30 giorni alla Commissione deiRicorsi;

Gli effetti della decisione consistono nel diritto di esclusiva sul

marchio per un periodo di dieci anni rinnovabili alla scadenzaanche più volte. Quanto infine all’ambito territoriale, laregistrazione si estende a tutto il territorio nazionale.La tutela del dirittoIl diritto d’uso esclusivo del marchio si sostanzia nella possibilità,riconosciuta al titolare, di vietare a terzi, salvo il proprio consenso,determinati comportamenti. Il diritto di esclusiva ha natura reale,sicché la sua violazione va ravvisata in ogni abusiva riproduzione,indipendentemente da qualsiasi connotazione soggettiva di buonao mala fede e, quindi, dalla presenza della colpa o del dolo nella parte che abbia dato luogo all’abuso.Il rischio di confusione con l’associazione richiede, oltre allaconfondibilità tra i segni, anche l’identità o l’affinità tra i prodottio i servizi contrassegnati38. Pur in presenza di segni identici,infatti, tale rischio non può verificarsi quando i prodotti ai quali

sono applicati sono merceologicamente lontanissimi gli uni dagli38 Sono considerati affini quei prodotti che possono ragionevolmente far pensare al consumatore di provenire dalla medesima impresa. Quindi latutela non è limitata alle ipotesi di confondibilità tra prodotti ma è estesa anche al caso in cui, pur essendo i prodotti contrassegnati distinguibili traloro sotto il profilo merceologico, la situazione concreta è tale da indurre il pubblico a ritenerli provenienti da un’unica fonte.

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altri. È questo il principio della relatività o specialità dellatutela del marchio39.L’identità o somiglianza tra segniQuando due marchi non sono identici ma soltanto simili, occorre

valutare se tra essi vi sia confondibilità sulla base di varieconsiderazioni:• occorre anzitutto considerare il tipo di consumatore

destinatario;• si deve poi considerare il fatto che il confronto è spesso fra

un marchio e il ricordo dell’altro marchio non essendonecessariamente entrambi disponibili “uno accanto all’altro”

al momento dell’acquisto;• terzo momento dell’indagine, poi, è il confronto tra i due

marchi nel loro aspetto grafico, fonetico, ideologico.Il confronto dei due marchi, secondo la giurisprudenza, deveavvenire non in via analitica, ma sintetica ed unitaria. Di diversoavviso è la dottrina, secondo la quale non si può prescindere dauna attenta analisi preventiva in cui il giudice esamina ognielemento dei due marchi40.Il contenuto del diritto di esclusivaIl diritto di esclusiva derivante dalla registrazione del marchio,riguarda:

• l’immissione dei prodotti recanti il marchio;• l’offerta in commercio o la detenzione a fini commerciali dei

 prodotti contraddistinti dal segno;• l’importazione o l’esportazione dei prodotti stessi;• l’utilizzazione del segno nella pubblicità.

Da ciò si deduce che il legislatore vieta soltanto l’uso del marchioaltrui in funzione distintiva. Fra gli usi atipici più frequenti

39 Tale principio non si applica ai marchi che godono di rinomanza. I titolari di tali marchi possono vietare ai terzi di usare un marchio identico osimile al proprio, anche per prodotti o servizi non affini, quando l’uso del segno senza giustificato motivo consenta di trarre indebitamente vantaggio

dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o rechi pregiudizio agli stessi.40 L’ambito di tutela di un marchio contro la confondibilità può essere ampliato mediante i c.d. marchi protettivi che sono marchi simili a quello principale registratati proprio al fine di “proteggersi” nei confronti di marchi che si presume potrebbero essere introdotti senza formalmente andareincontro ai divieti sopra visti.Inoltre un marchio può essere depositato, pagando correlativamnte più tasse, non solo per il prodotto servizio in relazione al quale si intendeeffettivamente usarlo, ma anche per prodotti o servizi diversi. In analogia ai marchi protettivi, si parla, a tal proposito, di liste di difesa o diprotezione, in quanto si viene così ad ampliare la sfera di protezione del marchio stesso.

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abbiamo quello della funzione descrittiva così denominando leipotesi previste dall’art. 1bis della L.ma.41.L’azione di contraffazioneLegittimato attivo nell’azione di contraffazione è, ovviamente,

colui che vede leso da terzi il proprio diritto di esclusivaall’utilizzo di un marchio42.L’onere di provare la contraffazione incombe sul titolare delmarchio con le agevolazioni dell’art. 58bis della L.ma..L’azione di contraffazione può essere preceduta dalle misurecautelari tipiche:

• della descrizione, che ha la funzione di precostituire la prova

della contraffazione;• del sequestro, che ha la funzione di impedire la circolazione

dei prodotti che costituiscono violazione del diritto delmarchio;

• dell’inibitoria, con la quale si intima al contraffattore lacontinuazione delle attività illecite.

Con la sentenza che accerta la contraffazione, il giudice puòdisporre a carico del soccombente le sanzioni dell’inibitoria, delrisarcimento del danno, della distruzione dei segni e dellapubblicazione della sentenza.La circolazione del marchioLa cessione del marchioSi ha cessione del marchio quando il titolare del marchio sispoglia definitivamente di tale titolarità a favore di un altrosoggetto. Mutando radicalmente la vecchia normativa, il D.Lgs.480/92 ha affermato il principio della libera cedibilità delmarchio – non più connessa quindi ad altri elementi aziendali – ericonosciuto la legittimità della cessione parziale   – ovvero lacessione del marchio solo per una parte dei prodotti per i quali èregistrato43.

41 In particolare è lecito che un terzo, nelle proprie attività economiche, usi, anche a rischio di ingenerare confusione:• il proprio nome e indirizzo;

• le indicazioni descrittive concernenti il prodotto;• il marchio d’impresa altrui, se ciò è reso necessario per indicare la destinazione di un proprio prodotto o servizio.

42 L’azione di contraffazione può essere promossa anche in pendenza della sola domanda di registrazione. Tuttavia la registrazione deve intervenire prima della sentenza perché la domanda di contraffazione possa venire accolta.43 La cessione parziale del marchio è ammissibile anche quando sussista una affinità tra i prodotti per i quali il diritto al marchio rimanga al cedente equelli per i quali passi al cessionario.

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La licenza di marchioIl marchio, oltre che ceduto, può essere concesso in licenza. Ilcontratto di licenza è quello mediante il quale il titolare delmarchio (licenziante), pur conservando tale titolarità, ne

attribuisce l’uso e il godimento a terzi (licenziatari)44

.Il divieto di inganno al pubblicoDalla cessione o dalla licenza di marchio non deve derivareinganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenzialinell’apprezzamento del pubblico. La continuità qualitativaimposta da tale norma non esige necessariamente che il prodottofornito dal licenziatario o dal cessionario sia della stessa identica

qualità di quello già contrassegnato, con il medesimo marchio, dalloro dante causa. L’obiettivo del legislatore è di evitare l’ingannodel pubblico: ciò che la norma vieta, dunque, sono solo queideterioramenti rilevanti del prodotto di cui il pubblico non vengaavvertito.I contratti di merchandisingSono denominati contratti di merchandising quei contratti con iquali il titolare di un marchio notorio concede a terzi la facoltà diusare il marchio per prodotti notevolmente diversi dai propri.La trascrizioneL’art. 49 L.ma. sottopone le vicende attinenti al marchio registratoad un regime di trascrizione simile a quello che la legge prevede per i beni mobili registrati. La trascrizione, che si effettua pressol’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, condiziona non la validitàdell’atto ma la sua opponibilità a terzi; costituisce, inoltre, uncriterio di preferenza tra due aventi causa del medesimo dantecausa.L’estinzione del marchioL’estinzione del marchio si realizza con:

• la scadenza del termina decennale di efficacia dellaregistrazione;

• la rinuncia del titolare;44 La licenza può essere:

• con o senza esclusiva (nel secondo caso abbiamo l’ipotesi in cui due o più soggetti mettono sul mercato prodotti con lo stesso marchio; i prodotti devono pertanto essere uguali);

• totale o parziale (relativa cioè a tutti o solo ad una parte dei prodotti per i quali il marchio è stato registrato);

• riferita all’intero territorio dello Stato o soltanto a parte di esso.

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• la dichiarazione di nullità del marchio45;• il verificarsi di determinate cause di decadenza.

La nullità del marchioIl marchio registrato può essere dichiarato nullo dal giudice

ordinario qualora manchi dei suoi presupposti e dei requisiti divalidità. In particolare il marchio è nullo qualora:• non corrisponda al tipo di segno indicato dall’art. 16 L.ma.

(denominativo, figurativo, misto);• non sia nuovo ai sensi dell’art. 17 L.ma.;• sia in contrasto con l’art. 18 L.ma. (contrarietà all’ordine

 pubblico, denominazione generica);

• sia stato domandato in malafede;• sia in contrasto con l’art. 21 L.ma. (ritratti di persona, nomi

di persona, segni notori);• sia stato registrato a nome di chi non ne aveva diritto.

Va ricordato, infine, che la riforma del 1992 ha espressamente previsto, all’art. 47ter, la nullità parziale del marchio, che ricorrequando il motivo di nullità colpisce solo una parte dei prodotti o

servizi per i quali il marchio è stato registrato.La decadenza del marchioLa decadenza è la cessazione anticipata del diritto di marchiorispetto al termine di scadenza previsto dalla legge. Ne sonoipotesi:

• la decadenza per non uso: il marchio decade ove non vengautilizzato46 entro cinque anni dalla registrazione ovvero se

l’uso ne venga sospeso per un periodo ininterrotto di cinqueanni, senza una giustificazione legittima;• la volgarizzazione, prevista quando il marchio sia divenuto

nel commercio – per fatto dell’attività o inattività del titolare – denominazione generica del prodotto o del servizio;

• la decadenza per recettività, qualora il marchio diventiidoneo a indurre in inganno il pubblico, in particolare circa lanatura, qualità o provenienza dei prodotti o sevizi, a causa delmodo o del contesto in cui viene utilizzato dal titolare o con

45 In realtà, più che l’estinzione del diritto, la dichiarazione di nullità è l’accertamento del suo non essere mai sorto.46 L’utilizzo deve essere effettivo e non sporadico al solo fine di impedire la decadenza.

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il suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali èregistrato;

• sopravvenuto contrasto con la legge, l’ordine pubblico o ilbuon costume.

Le azioni di nullità e di decadenzaLegittimato attivo a tali azioni è chiunque vi abbia interesse47,legittimato passivo è il titolare del marchio, litisconsorti necessarisono coloro che hanno diritto al marchio così come risultadall’attestato di registrazione. Autorità competente è il giudiceordinario; la competenza per territorio è funzionale e inderogabile.L’onere della prova incombe su chi impugna la validità del

marchio registrato48

.Le sentenze che pronunciano la nullità o la decadenza di unmarchio, una volta passate in giudicato, hanno efficacia ergaomnes e sono retroattive, le prime alla data della registrazione, leseconde alla data del fatto che ha provocato la decadenza.L’invalidità del marchio, di regola, si traduce nell’impossibilità per il titolare di pretenderne l’uso esclusivo. Quando però la causadi nullità comporti l’illiceità dell’uso del marchio, l’art. 10 L.ma.vieta a chiunque di farne uso.I marchi collettiviI marchi collettivi sono destinati ad essere utilizzati da una pluralità di imprenditori diversi dal titolare e non da quest’ultimo,il quale si limita a concedere in uso il marchio in questione a  produttori che si impegnino all’osservanza di determinatiregolamenti. Tali regolamenti riguardano particolari aspetti della produzione come l’impiego di certi materiali o la provenienzageografica del prodotto. Devono essere allegati alla domanda diregistrazione del marchio collettivo. I titolari dei marchi collettividevono anche, pena la decadenza stessa del marchio, monitorarel’attività dei produttori per verificarne il rispetto dei regolamenti.I marchi collettivi non devono essere confusi con leDenominazioni di Origine Controllata che sono utilizzate per 

47 L’art. 59 L.ma. legittima anche il P.M.48 La prova del non uso può essere data con ogni mezzo ed anche con presunzioni semplici. La ratio di tale temperamento va ravvisatanell’impossibilità per il terzo di dare piena prova del fatto che il marchio da lui impugnato non sia mai stato usato in nessun tempo e in nessun luogo,e per contro nella facilità per il titolare di dar prova dell’avvenuto uso.

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contraddistinguere prodotti le cui caratteristiche qualitative sonolegate ad una determinata zona geografica per l’influsso di fattoriambientali o per la presenza di particolari tecniche produttive.I SEGNI DISTINTIVI ATIPICI

  Nell’esperienza giurisprudenziale, si individuano come segniatipici:• l’emblema, che indica un segno puramente figurativo, usato

in funzione di ditta;• lo slogan;

le particolari divise indossate dal personale di certe imprese.

I DIRITTI DI PRIVATIVALE CREAZIONI INTELLETTUALI E LE OPERE DELL’INGEGNO

Le creazioni intellettuali sono idee creative nel campo dellacultura e della tecnica, tutelate nel nostro ordinamento comeespressione originale della personalità umana. Non essendo cosecorporali, sono definite dalla dottrina come beni immateriali. Lecreazioni intellettuali si distinguono in due grandi categorie:

opere dell’ingegno: sono quelle idee di carattere creativo cheappartengono al campo delle scienze, della letteratura, dellamusica, delle arti figurative, dell’architettura, del teatro e delcinema (art. 2575). Il diritto d’autore (sia morale che  patrimoniale) nasce per il fatto stesso della creazionedell’opera, a prescindere dal suo valore intrinseco, dalla suautilità pratica e dalla sua novità, purché ne sia originale laforma rappresentativa;

• invenzioni industriali: definibili come soluzioni concrete,nel campo della produzione economica, di un problematecnico, per effetto di una creazione della mente umana,eccedente le normali conoscenze, in applicazione dellatecnica contemporanea49.

Sull’invenzione industriale, intesa quale bene immateriale, sonoriconosciuti al suo autore:

• diritti morali: il c.d. diritto di paternità che consiste neldiritto ad essere riconosciuto autore dell’invenzione per il

49 Al concetto di invenzione industriale, la legge riconduce anche i c.d. modelli di utilità e modelli e disegni ornamentali.

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solo fatto di averla creata. E’ un diritto imprescrittibile,irrinunciabile, intrasmissibile;

• diritti patrimoniali: consistenti nel diritto al brevetto – ovvero il diritto di pretendere dall’autorità il rilascio del

 brevetto qualora ne ricorrano i presupposti – e il diritto di  brevetto – ossia il diritto esclusivo all’utilizzazioneeconomica dell’oggetto brevettato nei limiti e alle condizionistabiliti dalla legge.

IL BREVETTO

Il brevetto può essere definito come l’attestato amministrativo conil quale si attribuisce all’inventore il diritto esclusivo di godere,

 per un tempo determinato, dei risultati di una nuova invenzione. Inalternativa si può definire il brevetto come una sorta di contrattofra l’inventore e la collettività: l’inventore fornisce uninsegnamento che la collettività non possiede ed in cambio ricevel’attribuzione di un diritto esclusivo di uso, limitato nel tempo.Oggetto del brevetto sono soltanto le invenzioni tecnologiche;restano scoperte – perciò – le innovazioni di tipo commerciale.Il sistema brevettuale italiano è regolato dal codice civile agli artt.2584-2594 e dalla legge speciale R.D. 1127/39 e successivemodifiche50.Quanto alla natura giuridica del brevetto la dottrina non èunanime:

• alcuni ravvisano in esso un diritto di proprietà su un beneimmateriale;

•  per altri configurerebbe un obbligo di non fare, posto a caricodi terzi e, più precisamente, come un divieto di concorrenzaai danni dell’inventore.

Al sistema brevettuale si riconosce la funzione fondamentale diincentivo al progresso tecnico e alla diffusione delle innovazionitecnologiche. A ben vedere, infatti, alla base del brevetto c’è unalogica di rivelazione, di trasparenza della strutturadell’invenzione: la descrizione dettagliata dell’invenzione,

allegata alla domanda di rilascio del brevetto, consente, alla

50 Una riforma sostanziale di tale legge è stata effettuata con D.P.R. 338/79 di adeguamento alle importanti convenzioni internazionali degli anni ’70.Recentemente è intervenuto il D.Lgs. 198/96 per adeguare la normativa italiana agli accordi internazionali di Marrakech (denominati Trip’s).

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scadenza del termine fissato dalla legge, la sua acquisizionestabile al patrimonio collettivo.Le invenzioni brevettabili e i loro requisitiLa definizione tradizionale di invenzione brevettabile è quella di

soluzione originale di un problema tecnico: l’invenzione si collocaquindi nel mondo della tecnica, visto in contrapposizione a quellodella scienza51.I requisiti di brevettabilità dell’invenzione sono tradizionalmentequattro:

• l’industrialità, cioè l’attitudine dell’invenzione ad avereun’applicazione industriale;

la novità (o novità estrinseca), che ricorre quandol’invenzione non è compresa nello stato della tecnica;• l’originalità (o novità intrinseca), che ha la funzione di

selezionale, tra tutto ciò che è nuovo, ciò che si differenzia inmaniera qualificata dallo stato della tecnica;

• la liceità, non potendo essere brevettata l’invenzionecontraria all’ordine pubblico e al buon costume.

Quanto alle varie tipologie di invenzioni possiamo distinguerefra:

• invenzioni di prodotto e invenzioni di procedimento;• invenzioni derivate da altre precedenti invenzioni:

o invenzioni di perfezionamento;o invenzioni di combinazione;o invenzioni di traslazione52.

Il procedimento di brevettazioneIl diritto esclusivo di utilizzare l’invenzione nasce con il rilasciodel brevetto che è l’atto di accertamento costitutivo della P.A.con cui si conclude una procedura che si articola in varie fasi:

1. il deposito della domanda di brevetto presso l’Ufficio ItalianoBrevetti e Marchi o presso l’UPICA;

2. l’esame della domanda53;

51 Non sono infatti brevettabili, ad esempio, le scoperte, le teorie scientifiche, i metodi matematici, i metodi per attività intellettuali.52 Le invenzioni di traslazione sono quelle che si applicano ad un settore diverso rispetto ad invenzioni note in altro settore, traendone un risultatonuovo ed originale.53 Tuttavia l’autorità deve soltanto accertare la regolarità formale della domanda, la ricorrenza del requisito della industrialità e della liceità. Ilcontrollo degli altri requisiti è dunque devoluto, come fatto puramente eventuale e successivo al rilascio del brevetto, alla cognizione del giudiceordinario.

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3. la decisione da parte dell’autorità.Il giudizio di nullitàLa concessione del brevetto non pregiudica l’esercizio delle azionigiudiziarie circa la validità del brevetto; essa serve solo a spostare

l’onere della prova della mancanza dei requisiti per la brevettabilità dell’invenzione a carico di chi intende impugnarnela validità54. Ai sensi dell’art. 59 della legge sul brevetto,quest’ultimo è nullo:

• se l’invenzione manca del carattere della novità oindustrialità;

• se la descrizione allegata alla domanda non comprende tutte

le indicazioni necessarie a persona esperta per mettere in pratica l’invenzione;• se l’oggetto del brevetto si estende oltre il contenuto della

domanda;• se il titolare del brevetto non aveva diritto di ottenerlo e

l’inventore non abbia fatto valere i suoi diritti.La sentenza che accerta la nullità del brevetto è oggetto di

 pubblicità ed ha efficacia retroattiva fermi restando gli atti giàcompiuti di esecuzione di sentenze di contraffazione passate ingiudicato e i contratti già eseguiti aventi ad oggetto l’inven-zione(salvo eventuale rimborso stabilito dal giudice).La titolarità dei diritti nascenti dall’invenzioneIl diritto di rilascio del brevetto spetta a chiunque abbia posto inessere l’attività inventiva che ha dato luogo alla nuova invenzione.Le eventuali controversie circa la titolarità del diritto sono dicompetenza dell’autorità giudiziaria ordinaria.In particolare, nel caso in cui con sentenza passata in giudicato, siaccerti che il diritto al brevetto spetti ad una persona diversa dachi abbia depositato la domanda, l’art. 27bis L.brev. prevede dueipotesi:

• quella in cui la procedura di brevettazione si sia già conclusacon il rilascio del brevetto a favore del non avente diritto. Intal caso il vero titolare potrà:

54 La possibilità di transigere sulla questione di nullità o di rimettere la cognizione ad un giudice arbitrale è oggetto di dibattito: per alcuni ciò nonsarebbe ammissibile in quanto l’oggetto è di diritto pubblico; per la dottrina prevalente e per la giurisprudenza tale possibilità è invece ammissibile etrova giustificazione nel fatto della conoscibilità della questione di nullità da parte del giudice anche per via incidentale.

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o far valere la nullità del brevetto rilasciato al nonavente diritto;

o rivendicare il brevetto;• quella in cui la procedura di brevettazione sia ancora

 pendente. Il vero titolare ha tre mesi di tempo per:o assumere a proprio nome la procedura di brevetto;o ottenere il rigetto della domanda di brevetto;o depositare a proprio nome una nuova domanda di

 brevetto, il cui contenuto non ecceda quello della primadomanda, con decorrenza dalla data di deposito delladomanda iniziale, che cessa così di avere effetto.

Il contenuto del brevetto ed i suoi limitiIl diritto di esclusiva sull’invenzione attributo dal brevetto ha unadurata limitata a venti anni (salvi i termini diversi previsti dallenormative brevettali speciali) a decorrere dalla data di depositodella domanda di brevetto. Quanto al limite spaziale ha efficaciasolo nell’ambito dello Stato che lo ha rilasciato.L’art. 4 L.brev. prevede che l’inventore possa utilizzare

l’invenzione, e quindi lanciare il prodotto sul mercato, già a partire dalla data di deposito della domanda di brevetto55.L’esclusività attribuita dal brevetto al suo titolare, così comerisulta dall’art. 1bis della L.brev. concerne:

• la realizzazione del prodotto o del procedimento;• la sua utilizzazione;• la sua commerciabilità56;•

il divieto di importare lo stesso prodotto o il prodotto fruttodel procedimento brevettato.L’ambito dell’esclusiva, così definito, incontra tuttavia qualchelimitazione. In particolare sono leciti:

• gli atti compiuti in ambito privato e a fini non commerciali;• gli atti compiuti in via sperimentale;

55 Questo non è possibile per i brevetti farmaceutici. La legge infatti richiede un periodo di accertamenti e sperimentazioni del farmaco prima dellamessa in commercio. Per evitare che la durata della protezione brevettuale risulti in tal modo erosa, la L. 349/91 ha previsto un certificatocomplementare che prolunga la protezione brevettuale oltre la sua scadenza naturale per una durata pari al periodo intercorso fra la data di depositodella domanda e la data del decreto di autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco.56 L’esclusiva del commercio trova un limite nel principio dell’esaurimento, in base al quale il diritto del titolare si esaurisce una volta che il prodottosia stato posto in vendita.

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• la preparazione estemporanea e per unità, di medicinalinelle farmacie su ricetta medica;

La contraffazione del brevettoSalve le ipotesi sopra analizzate, ogni uso dell’invenzione altrui,

non autorizzato dal titolare del brevetto, costituisce contraffazione.Si distinguono vari casi di contraffazione:• contraffazione integrale, quando l’invenzione altrui è

interamente imitata;• contraffazione non integrale, quando l’imitazione non è

integrale ma tocca comunque l’ambito coperto dalla privativaaltrui57;

contraffazione per equivalenti, quando pur non essendoidentici neanche gli elementi essenziali delle duerealizzazioni, tuttavia l’idea inventiva, che è alla basedell’invenzione brevettata, è presente anche nellarealizzazione altrui;

• contraffazione evolutiva, quando la soluzione adottata dalterzo, pur presentando la stessa idea inventiva di una

 precedente soluzione brevettata, la modifichi, migliorandola,adattandola, perfezionandola;• contraffazione indiretta, che si sostanzia principalmente in

due ipotesi:o  produzioni e messa in vendita di parti staccate o di pezzi

di ricambio;o invenzioni di nuovo uso di un prodotto nuovo.

Quanto all’estensione del brevetto, occorre distinguere tra il brevetto di prodotto – che ha estensione limitata all’uso descritto erivendicato e agli usi ad esso equivalenti58 - e il brevetto di  procedimento – che conferisce al titolare una posizione diesclusività in ordine a quel determinato metodo o processo oggettodi brevetto.

57 L’estensione del brevetto è determinata dalle rivendicazioni, ma le rivendicazioni sono, a loro volta, interpretate alla luce dell’intero fascicolo brevettuale.58 Non risulta infatti accettabile – per varie incompatibilità – la teoria dell’estensione assoluta.

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Il giudizio di contraffazioneIl titolare del brevetto59 è legittimato ad agire in giudizio contro ilterzo che – senza autorizzazione – fa uso dell’invenzione  brevettata, mediante l’azione di contraffazione. Il giudizio di

contraffazione è affidato all’autorità giudiziaria ordinaria e sisvolge davanti al giudice territorialmente competente ai sensidegli artt. 75 e 76 L.brev.60. L’onere di provare la contraffazioneincombe sul titolare del brevetto.Per evitare che la possibile lunghezza del giudizio dicontraffazione torni a danno del titolare del brevetto, gli artt. 81,82 e 83 L.brev. prevedono a favore di questi – prima ancora

dell’instaurazione del giudizio – alcune misure cautelari61

:• la descrizione, che ha la funzione di precostituire la prova

della contraffazione;• il sequestro, che ha la funzione di evitare la circolazione del

 prodotto contraffatto, affidandone la custodia ad un soggettoche non può disporne senza ordine del giudice;

• l’inibitoria, che è l’ordine con cui il giudice proibisce alcontraffattore la prosecuzione o la ripresa dell’attività difabbricazione, di commercializzazione e di uso dei prodotticoperti dal brevetto altrui.

Descrizione e sequestro perdono efficacia qualora non sianoseguiti dall’instaura-zione del giudizio di merito entro trentagiorni. Quanto all’inibitoria, può essere concessa sia ante causam,con domanda da proporre al giudice competente a conoscere lacausa nel merito, sia in corso di causa, con competenza del giudiceistruttore.Con la sentenza che accerta la contraffazione, il giudice puòdisporre – a carico del soccombente – le seguenti sanzioni:

• l’inibitoria, consiste nell’ordine al contraffattore di cessare enon riprendere l’attività illecita;

• la rimozione, distruzione o assegnazione in proprietà dei prodotti brevettati o dei mezzi usati per la contraffazione62;

59 Sono legittimati all’azione anche il licenziatario e l’usufruttuario.60 L’art. 76, in particolare, prevede la c.d. moltiplicazione dei fori alternativi: consente all’attore di scegliere il foro del luogo in cui sono staticompiuti i fatti lesivi della sua privativa.61 Tali misure sono oggi fruibili anche da parte del titolare della domanda di brevetto grazie al D.P.R. 338/79.62 Anche tali sanzioni prescindono dall’esistenza del dolo o della colpa del contraffattore.

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• il risarcimento del danno63;• la pubblicazione della sentenza;• la condanna in futuro, che consiste nella liquidazione di una

somma che il contraffattore dovrà versare nell’ipotesi di

mancata cessazione o successiva ripresa dell’attività illecita.La trasferibilità e l’estinzione del brevettoCome abbiamo già avuto modo di vedere, i diritti patrimonialinascenti dalle invenzioni industriali sono trasferibili. In  particolare, per quanto concerne i diritti di brevetto, gli attitraslativi inter vivos sono riconducibili ai modelli della:

• cessione, quando il titolare del brevetto si spoglia della

titolarità dell’attes-tato a favore di un altro soggetto medianteun qualsiasi contratto capace di produrre effetti traslativi(vendita, permuta, donazione ecc.);

• licenza, che è il contratto con il quale il titolare del brevetto(licenziante), pur conservando tale titolarità, concede ad unterzo (licenziatario), dietro corrispettivo, il diritto di utilizzarel’invenzione brevettata;

La licenza è – in assenza di prescrizioni legislative – un contrattoatipico il cui contenuto è quindi rimesso all’autonomia delle parti64. A carico del licenziatario, il contratto prevede l’obbligo di pagare il corrispettivo che può essere fissato in una somma aforfait oppure in pagamenti periodici (royalties). La durata dellalicenza è fissata dalle parti e coincide solitamente con la durata del brevetto. Infine, poiché i contratti di licenza possono costituireintese restrittive della libertà di concorrenza, devono esserevalutati alla luce della normativa antitrust65.La licenza obbligatoria e altri casi di circolazione coattivaLa legge contempla le ipotesi di licenza obbligatoria66 nei casi di:63 Per ottenere la condanna del soccombente al risarcimento del danno è necessaria la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 2043 c.c.: la colpadell’autore dell’illecito e il danno. Per quanto riguarda la colpa, la giurisprudenza ritiene che la pubblicità legale del sistema brevettuale crei una presunzione di colpa in capo al contraffattore. Per quanto riguarda il danno, in linea di principio il danno risarcibile coincide con il mancato utile nettoche il titolare del brevetto ha subito per la contraffazione.64 Una delle clausole più rilevanti in esso contenute, è la clausola di esclusiva con la quale il licenziante si priva del potere di attuare egli stessol’invenzione e di concedere altre licenze a terzi.65 Una nota a parte merita la c.d. licenza di pieno diritto. L’art. 50 L.brev. concede infatti al richiedente o al titolare del brevetto la possibilità di

offrire al pubblico – con dichiarazione resa nella stessa domanda oppure con comunicazione successiva all’ufficio dei brevetti – una licenza per l’usonon esclusivo dell’invenzione. Tale offerta, che si perfeziona con la notifica al titolare dell’accettazione di eventuali interessati, comporta la riduzionealla metà delle tasse annuali di brevetto.66 Con la licenza obbligatoria l’ordinamento impone al titolare del brevetto il rilascio della licenza a terzi. La procedura amministrativa di rilascio sisvolge quasi interamente presso l’Ufficio Italiano Brevetti e si conclude con un decreto del Ministero dell’industria, il commercio e l’artigianato. Lalicenza obbligatoria può essere concessa soltanto dietro corresponsione da parte del licenziatario, a favore del titolare del brevetto, di equo compenso.Ha una durata massima pari alla durata del brevetto e è sempre non esclusiva e a titolo oneroso.

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• mancanza o insufficiente attuazione dell’invenzione:l’art. 54 L.brev. legittima il rilascio della licenza obbligatoriaqualora, per cause dipendenti dalla volontà del titolare del brevetto, l’attuazione dell’invenzione, per oltre un triennio,

manchi o risulti insufficiente ai bisogni del paese67

;• invenzioni dipendenti: il diritto ad ottenere la licenza

obbligatoria sussiste, però, solo quando la secondainvenzione costituisce, rispetto alla precedente, un importante progresso tecnico di rilevanza economica.

La legge prevede inoltre una generale possibilità di espropriazionedel brevetto nell’interesse della difesa militare del Paese o per 

altre ragioni di pubblica utilità.L’estinzione del diritto di brevettoI diritti patrimoniali nascenti dall’invenzione si estinguono:

• con la scadenza del termine stabilito dalla legge per lesingole categorie di invenzioni;

• con la dichiarazione di nullità del brevetto;• con la rinuncia del titolare;•

con il verificarsi di determinate cause di decadenza:o la mancata o insufficiente attuazione dell’invenzione

  protratta per un biennio oltre la concessione dellalicenza obbligatoria;

o il mancato pagamento della tassa annuale di brevetto;o lo scavalcamento per priorità previsto dalla

Convenzione di Unione di Parigi68.

L’invenzione non brevettata e la sua tutela Nell’ordinamento italiano, l’invenzione non brevettata è protettamediante le regole di tutela del segreto industriale. Il segretodelinea una protezione di mero fatto e di tipo obbligatorio.Precisamente, la protezione dell’invenzione non brevettata sisostanzia nella previsione di un obbligo legale di segretezza acarico dei collaboratori dell’inventore69, e nel riconoscimento della

67 E’ considerata attuazione dell’invenzione anche l’introduzione o la vendita di oggetti prodotti in paesi membri della C.E. o della O.M.C.68 Secondo tale regola, il brevetto perde i suoi effetti a seguito del deposito in Italia di una domanda di brevetto, per la stessa invenzione, da parte dichi ha depositato, nell’anno precedente, una domanda di brevetto (per la stessa invenzione) in un altro Stato aderente alla Convenzione di Unione.69 Tale obbligo deriva dal generale obbligo di fedeltà posto dall’art. 2105 c.c. a carico dei collaboratori subordinati. La regola è comunqueapplicabile, per analogia, anche ai collaboratori autonomi. La sanzione è di tipo risarcitorio.

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validità dei contratti di know-how70, accompagnati dall’obbligodi segretezza posto a carico dell’acquirente.Il diritto di preusoL’art. 6 L.brev. crea – a favore di chi abbia utilizzato

un’invenzione non brevettata nel corso dell’anno anteriore aldeposito di un’altrui domanda di brevetto – il diritto di  prosecuzione di tale utilizzazione (diritto di preuso). Devecomunque trattarsi di effettiva attuazione e tale diritto di preusonon è comunque opponibile a terzi. Il preutente, infatti, non vantaun diritto di esclusiva nei confronti del successivo registrante, né  può agire con l’azione di contraffazione, ma è semplicemente

immune dall’azione di contraffazione del titolare del brevetto.I brevetti per i modelliAccanto ai brevetti per invenzione, il nostro ordinamento prevedei brevetti per modelli industriali, espressione quest’ultima checomprende due diversi gruppi di creazioni:

• i modelli di utilità che proteggono una innovazionetecnologica, e vengono perciò accostati ai brevetti per invenzione;

• i modelli e disegni ornamentali che proteggono, invece,un’innovazione puramente estetica, avvicinandosi, così, aldiritto d’autore.

Il modello di utilitàIl modello di utilità è la forma nuova di un prodotto industriale,idonea a conferire al prodotto stesso una particolare efficacia ocomodità di applicazione o di impiego. Non è facile distinguerenettamente il modello di utilità dall’invenzione: dottrina egiurisprudenza oscillano tra un criterio quantitativo, che vede ilmodello come una invenzione minore, e un criterio qualitativo, per il quale nel modello manca la soluzione nuova di un problematecnico, agendo qui l’innovazione solo su aspetti marginali edesecutivi di ciò che è già noto71.

70 Tale contratto, atipico, è definito dalla dottrina come il contratto con cui un imprenditore (concedente), dietro compenso, mette in condizione unaltro imprenditore (concessionario) di conoscere ed utilizzare, nel processo produttivo o distributivo, le proprie tecniche o i propri ritrovati non brevettati (o non brevettabili) ma coperti da segreto.71 L’art. 4 della L.mod. consente, peraltro, il c.d. deposito di domande alternative: chi deposita una domanda di brevetto per invenzione puòdepositare anche una domanda di brevetto per modelli di utilità che varrà solo nel caso che la prima non sia accolta o sia accolta solo in parte.

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Complessi sono i rapporti tra modello di utilità, marchio diforma e divieto di imitazione servile. Il problema che si pone è sele forme utili possano anche essere registrate come marchio o protette ex. art. 2598, n. 1 c.c.: se ciò fosse possibile, le forme utili

riceverebbero una tutela potenzialmente perpetua ed il limitetemporale del brevetto per modello risulterebbe così vanificato. E’quindi preferibile ritenere che le forme utili non possano accedereal brevetto per marchio o alla tutela ex art. 2598 n. 1 neanche sedotate di valore distintivo, qualora esprimano un nuovo concettoinnovativo e siano, perciò, brevettabili come modello.Il modello ornamentale

Il modello ornamentale è il trovato che conferisce ad un oggettonoto uno speciale ornamento, sia per la forma, sia per una  particolare combinazione di linee e di colori. Il brevetto per modello ornamentale ha efficacia per quindici anni.Il modello ornamentale va distinto dall’opera d’arte applicataall’industria. Rilevano, a tal proposito, il criterio dellascindibilità tra valore artistico e carattere industriale72 e il criteriodella sufficienza del valore artistico della forma.

IMPRESA FAMILIARE E AZIENDA CONIUGALE

L’impresa familiare è stata introdotta con la riforma del diritto difamiglia del 1975, con l’inserimento nel codice civile dell’art. 230  bis, il quale la definisce come l’impresa cui collaborano ilconiuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo.L’impresa familiare non è istituzionalmente impresa collettiva e latitolarità di essa deve imputarsi secondo le regole generali, noncompetendo in particolare ai familiari prestatori di lavoro, i qualinon hanno, come tali, diritti o poteri né responsabilità dicoimprenditori o soci. L’art. 3 del D.L. 853/84 prevedeespressamente la possibilità di costituire l’impresa familiare informa di società in nome collettivo o in accomandita semplice.Quanto ai diritti patrimoniali, il familiare che presta in modo

continuativo la sua attività di collaborazione:

72 Si ha scindibilità quando l’opera può essere apprezzata esteticamente indipendentemente dall’utilità del prodotto.

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• ha diritto al mantenimento, secondo la condizione patrimoniale della famiglia;

•  partecipa agli utili dell’impresa familiare, ai beni acquistaticon essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine

all’avviamento.Per quanto riguarda l’attività gestoria dell’impresa familiare,spettano al titolare le decisioni concernenti l’ordinariaamministrazione; spettano invece alla maggioranza le decisioniconcernenti:

• l’impiego degli utili e degli incrementi;• la gestione straordinaria;

• gli indirizzi produttivi;• la cessazione dell’impresa.

Secondo parte della dottrina, solo nelle decisioni circa l’impiegodegli utili e degli incrementi la maggioranza si impone allaminoranza. Negli altri casi, tenuto conto che l’unico responsabiledell’impresa è il titolare, non sembra accettabile che lamaggioranza possa superare la contrarietà di costui. Tuttavia, in

quest’ultimo caso, le decisioni della maggioranza, qualora iltitolare rifiuti di adottarle, si pongono come giusta causa diimmediato recesso dall’impresa familiare.Tra i beni oggetto della comunione legale, l’art. 177 comprendeanche le c.d. aziende coniugali. In particolare:

• l’art. 177 lettera d) stabilisce che costituiscono oggetto dellacomunione le aziende gestite da entrambi i coniugi e

costituite dopo il matrimonio;• l’art. 177 comma 2 dispone che qualora si tratti di aziende

appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonioma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili egli incrementi.

Tali articoli hanno rotto l’argine divisorio, come afferma unillustre autore, tra comunione e impresa collettiva, nel senso chementre prima si riteneva che l’unico modello per la regolazionedei rapporti patrimoniali non fosse quello della comunione maquello associativo, ora invece si riconosce che l’esercizio

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dell’azienda comune da parte dei coniugi non trasforma lacomunione in società, come del resto dimostrano le disposizionidegli art. 181 e 182 che inquadrano l’esercizio comunenell’ambito della comunione.

CONCORRENZA E COOPERAZIONE TRA IMPRESELA DISCIPLINA CONCORRENZIALE

Fino all’entrata in vigore del codice civile del 1942, l’unica normain materia era costituita dall’art. 10bis introdotto con una revisionedel 1925 alla Convenzione Internazionale per la tutela della  produzione industriale stipulata a Parigi nel 1883. Conl’introduzione del codice del 42 sono invece gli artt. 2598 e ss. ad

occuparsi della materia.La disciplina della concorrenza sleale si applica solo quandoricorrano i presupposti soggettivi che riguardano il rapporto in cuidevono trovarsi il soggetto attivo e quello passivo e la qualità professionale di entrambi i soggetti. Quanto al rapporto fra i duesoggetti, questo deve essere di concorrenza (anche potenziale); laqualità professionale è quella di imprenditore73.Inoltre, l’imprenditore è responsabile anche degli atti posti inessere dai suoi collaboratori autonomi ed ausiliari, nonché,ovviamente, dai dipendenti nell’esercizio delle loro mansioni74.Illecito e danno concorrenzialeGli atti di concorrenza sleale previsti dall’art. 2598 si distinguonoin tre categorie:

• atti di confusione, di cui al n. 1 della norma;• atti di appropriazione di pregi e di denigrazione, di cui al

n. 2;• altri atti contrari alla correttezza professionale, di cui al n.

3, caratterizzati oltre che dalla contrarietà ai principi dellacorrettezza professionale75, dall’idone-ità a danneggiarel’altrui azienda76.

Secondo un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, per integrare gli estremi dell’illecito concorrenziale, non è necessario73 Sono ricompresi nella disciplina anche la P.A., le attività non professionali ma occasionali e gli esercizi di impresa senza licenza.74 Si ritiene tuttavia che – eccetto il caso del dipendente – il terzo sia responsabile in solido con l’imprenditore.75 Secondo la dottrina più recente, per giudizio di correttezza professionale dobbiamo intendere un giudizio di natura morale ma non professionale, bensì di morale pubblica corrente quale è espressa dalla collettività dei consociati di cui il giudice è interprete.76 L’idoneità dannosa deve essere qualificata, deve cioè essere maggiore a quella normale di un atto dello stesso tipo non scorretto.

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che il danno si sia effettivamente realizzato, ma è sufficiente cheesso sia potenziale.Le singole fattispecie di concorrenza slealeGli atti di confusione

Le fattispecie in esame sono disciplinate dal n. 1 dell’art. 2598 edhanno in comune l’idoneità a produrre confusione con i prodotti econ l’attività di un concorrente, ossia l’idoneità a convincere iconsumatori che un prodotto o un’attività provengono da un certoimprenditore mentre in realtà sono da ricondurre ad unimprenditore diverso. Tale confondibilità è intesa come lariproduzione – più o meno puntuale – di uno o più elementi77 atti

ad individuare un prodotto o una attività.  Non esistendo, per i segni distintivi in esame, un sistema diregistrazione e – quindi – una presunzione di validità del segno,l’onere di provare la presenza in esso dei requisiti di tutelabilitàgraverà, secondo i principi generali, su colui che ne invoca latutela. La sola dimostrazione della preesistenza di segniconfondibili graverà sulla parte che nega la tutelabilità. Infine la  presenza della capacità distintiva non è oggetto di prova ma piuttosto di una valutazione del giudice sulla base del notorio,venendo qui in rilievo fatti appartenenti alla comune esperienza.Analizzando più da vicino l’art. 2598, troviamo al n. 1 lafattispecie di chi “usa nomi o segni distintivi idonei a produrreconfusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usatida altri”. Ci si chiede se tale norma riguardi – oltre ai segni atipicicui specificatamente si rivolge – anche quelli tipici, cioè giàtutelati altrove dalla legge come la ditta, l’insegna e il marchioregistrato. È la stessa norma a rispondere positivamente (“ferme ledisposizioni (…)”) ma resta il problema della cumulabilità delledue tutele: la giurisprudenza opta per la soluzione negativa,mentre la dottrina le ritiene applicabili entrambe78. Quanto ai segniatipici della ditta irregolare e del marchio di fatto, la normadell’art. 2598 n. 1 ne costituisce la forma esclusiva di tutela.

77 Segni denominativi, emblematici, figurativi. Inoltre il segno distintivo imitato deve essere dotato di capacità distintiva (originalità), di novità edeve essere concretamente utilizzato nel mercato.78 In particolare, per quanto riguarda il marchio registrato, non si potrà agire in concorrenza sleale quando il marchio non sia stato usato o quando ilsuo uso sia territorialmente limitato in modo da non creare una sovrapposizione.

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L’art. 2598 n. 1 contempla, come seconda delle tre fattispecie, lac.d. imitazione servile. Tale norma ha subito nel tempo progressive limitazioni applicative:

• un primo limite riguarda le parti del prodotto la cui

imitazione può definirsi illecita: tale imitazione deve infattiriguardare le parti appariscenti, esterne, del prodotto;• un secondo limite deriva dall’esigenza di coordinare il

divieto di imitazione con la disciplina brevettuale79: per risolvere la questione si è giunti ad una interpretazionerestrittiva dell’art. 2598 n. 1 sostenendo che le formesuscettibili di costituire oggetto di brevettazione come

modello ornamentale o come modello di utilità sonoliberamente imitabili ove non siano brevettate o non lo siano più per la scadenza del relativo brevetto.

Quanto alle forme utili o funzionali si sostiene che queste – quando sarebbero potute essere brevettate come modelli di utilitàma non lo siano state – non siano tutelabili contro l’imitazioneservile e siano quindi liberamente imitabili. Per quanto riguardainvece le forme ornamentali, si sostiene che soltanto le formedotate di un ornamento speciale e cioè superiore ad un certolivello estetico siano brevettabili come modello ornamentale,mentre le forme (distintive) che presentino un ornamento nonspeciale non lo siano e possano, perciò, ricevere la tutela control’imi-tazione servile.Infine, la terza fattispecie dell’art. 2598 n. 1 – reprimendo gli altrimezzi con cui si compiano atti confusori – rappresenta una normadi chiusura con la quale il legislatore intende escludere la liceità diqualsiasi atto confusorio80.Denigrazione e appropriazione di pregiIl n. 2 dell’art. 2598 disciplina due diverse ipotesi di concorrenzasleale:

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I brevetti che qui interessa considerare sono quelli per modello ornamentale e quelli per modello di utilità in quanto riguardano essenzialmente laforma del prodotto e cioè proprio l’oggetto della tutela contro l’imitazione servile. Naturalmente il divieto di imitazione decade allo scadere dellavalidità del brevetto (15 anni per il modello ornamentale e 10 anni per il modello di utilità). Questa considerazione però crea un conflitto applicativocon la norma dell’art. 2598 n. 1 in quanto quest’ultima prevede una tutela potenzialmente perpetua contro l’imitazione servile.80 Poiché però – per compiersi – gli atti confusori richiedono l’uso di segni distintivi confondibili, l’applicazione della norma in esame risultaestremamente rara e concerne di solito ipotesi di appropriazione di segni distintivi inusuali, quali ad esempio l’uso di furgoni dello stesso colori delconcorrente, l’uso di fotografie di prodotti altrui nel proprio materiale pubblicitario o la copiatura di cataloghi.

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• la denigrazione, che consiste nella diffusione di notizie edapprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente,idonei a determinarne il discredito e a procurare, così, undanno concorrenziale81;

l’appropriazione di pregi, dove per pregi si intendono nondelle entità materiali appartenenti all’impresa aggredita, madelle qualità dell’impresa stessa o dei suoi prodotti; più  precisamente costituisce pregio qualsiasi caratteristicadell’impresa o dei suoi prodotti considerata tale dalmercato82.

I casi più frequenti di denigrazione si legano al fenomeno della

pubblicità comparativa intesa come quella pubblicità basata sulraffronto fra il prodotto di un soggetto e quello di un suoconcorrente. La L. 25/99 (legge comunitaria per il 1998) delega ilGoverno ad emanare – entro un anno dalla sua approvazione – undecreto legislativo che regolamenti nel nostro paese la pubblicitàcomparativa. Prima della riforma la comparazione pubblicitariaera inclusa, pur senza alcun riferimento esplicito, nelle ipotesi didenigrazione del prodotto altrui. La direttiva 97/55, invertendol’orientamento interno, include la pubblicità comparativa fra isistemi di comunicazione commerciale ammessi nell’ambitodell’Unione Europea (naturalmente a precise condizioni).Anche per la concorrenza sleale, configurata come aspettodell’illecito aquiliano, si parla di legittima difesa e cioè si sostieneche l’illiceità del comportamento vietato può essere esclusa seesso sia stato posto in essere per reagire al comportamento illecitodel concorrente83.Quanto alla legittimazione ad agire per concorrenza sleale, questariguarda il solo imprenditore che risulti obiettivamenteidentificabile come soggetto passivo della denigrazione. Nel casoin cui quest’ultima riguardi un intero genere di prodotti facenticapo a più imprenditori, la legittimazione sarà estesa a tutti gli

81 Tale diffusione di notizie non deve essere necessariamente indirizzata ad una pluralità di soggetti ma anche ad una cerchia ristretta o ad un singolosoggetto. Fa eccezione l’ipotesi in cui la comunicazione sia fatta non su iniziativa del concorrente ma ad esempio su richiesta del cliente; oppure chela comunicazione sia fatto al solo concorrente interessato.82 Per esempio nel caso di chi si dichiari – falsamente – concessionario di una celebre marca.83 L’agire in legittima difesa è subordinato a due condizioni: le notizie diffuse devono essere vere; la difesa deve essere proporzionata all’esigenza didare notizia dell’aggressione subita ai soggetti interessati (in genere alla clientela). La difesa deve essere obiettiva, non tendenziosa e moderata.

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imprenditori della categoria, nonché alle associazioni dicategoria, ai sensi dell’art. 2601.  Nell’ambito invece dell’appropriazione di pregi, si parla diagganciamento alla notorietà altrui, quando chi si propone al

 pubblico lo fa equiparandosi in modo esplicito ad un concorrentenoto o ai suoi prodotti, approfittando, così, del frutto dell’altruilavoro o investimento.Atti contrari alla correttezza professionaleIl n. 3 dell’art. 2598 – in considerazione della rarità di fattispecieinedite da classificare – funge da “contenitore” di fattispecietipizzate, già individuate prima dell’entrata in vigore del codice,

che vengono ricondotte alla norma in esame per trovare una lorocollocazione.Fra le fattispecie di concorrenza sleale qui riconducibili, ilmendacio concorrenziale (messaggi ingannevoli) è senza dubbiouna delle più importanti. Oltre all’ipotesi della pubblicitàmenzognera, l’illiceità si estende a qualsiasi comunicazionerivolta ai potenziali consumatori o fruitori di determinati prodottio servizi, che non corrisponda a verità e che sia idonea adingannare i suoi destinatari provocando, così, un dannoconcorrenziale.Altra fattispecie rilevante è quella che riguarda le manovre suiprezzi. In generale non si potrebbe negare la liceità dei ribassi di  prezzo senza negare il concetto stesso di libera concorrenza.Tuttavia certe vendite sottocosto possono essere considerateillecite quando vengano poste in essere con fini monopolistici econ continuità temporale.La violazione di certe norme di diritto pubblico attinenti almondo dell’impresa possono integrare varie fattispecie diconcorrenza sleale. Ad esempio la violazione di norme cheimpongono limiti all’esercizio dell’attività, di norme cheimpongono costi (se si collegano ad un atto di concorrenza), dinorme che impongono oneri o addirittura di quelle norme legate

alla corruzione e reati analoghi.Lo storno dei dipendenti, consistente nel sottrarre i dipendenti adun concorrente istigandoli a dimettersi per poi assumerli, è

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considerato illecito se attuato con l’intento di disgregare odisorganizzare l’azienda del concorrente, se attuato, cioè conanimus nocendi. A questa ipotesi è anche spesso legata quellarelativa alla sottrazione di segreti aziendali.

Altre fattispecie riguardano infine la concorrenza dell’exdipendente, la concorrenza parassitaria, l’induzioneall’inadempimento, il boicottaggio84 e la concorrenza viainternet.Tutela cautelare e sanzioniLa lunga durata del giudizio di concorrenza sleale e la gravità deidanni, che nel frattempo l’imprenditore può subire, legittimano il

ricorso alle misure cautelari di cui all’art. 700 c.p.c.. In forza ditale norma, il richiedente può ottenere:• l’inibitoria provvisoria del comportamento scorretto altrui;• il sequestro dei beni prodotti o commercializzati in modo

illecito.Per ottenere la tutela cautelare occorre fornire una prova sommariadella bontà della pretesa e del pericolo che deriverebbe dalla non

concessione della misura. Con la sentenza che accerta ilcompimento di uno o più atti di concorrenza sleale, il giudice puòapplicare, su richiesta di parte, le sanzioni previste dagli artt. 2599e 2600 che sono:

• l’inibitoria, che consiste nel divieto di continuare l’attività odi ripetere l’atto dichiarato illecito;

• l’emanazione di opportuni provvedimenti per la rimozione

degli effetti dell’illecito, come, ad esempio, l’ordine di ritirodal commercio dei beni realizzati con l’attività illecita;• la pubblicazione della sentenza;• il risarcimento del danno, sempre che ricorrano il dolo o la

colpa del convenuto e la prova del danno effettivamentesofferto.

84 Per boicottaggio si intende il comportamento di chi, attraverso il rifiuto proprio o di altri soggetti di stipulare ed intrattenere rapporti con undeterminato terzo, impedisca a quest’ultimo di accedere o di permanere sul mercato. Si distingue fra:

•  boicottaggio primario, quando uno o più soggetti decidono di non contrattare con il terzo: con l’entrata in vigore della legge antitrustitaliana, tale comportamento è illecito se lo è sotto il profilo antitrust;

•  boicottaggio secondario, quando uno o più soggetti (promotori), esercitando pressioni economiche o di altro tipo, obbligano altri soggetti(esecutori) a non intrattenere rapporti con un concorrente dei primi (boicottato).

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LA LEGISLAZIONE ANTITRUST

Il diritto antitrust ha il preciso obiettivo di correggere eventualisquilibri del mercato che tende sempre ad allontanarsi dal modelloideale di concorrenza perfetta. Per fare ciò occorre sorvegliare

costantemente sia il mercato – in modo da poter intervenire prontamente sulle evoluzioni delle strutture e dei comportamenti – sia l’andamento della normativa antitrust degli altri paesi.Le norme antitrust sono solitamente divise in due categorie:

• per se rules: per le quali l’illiceità di un comportamento èdeterminato dalla sua conformità o meno a quello astrattodeterminato dalla norma;

rules of reason: per le quali è l’organo di controllo chestabilisce se un comportamento – pur conforme allafattispecie astratta – è o meno contrario agli interessi che lanormativa vuole tutelare.

La normativa antitrust trova un grave limite nella difficoltàdell’imporre una sanzione realmente efficace ad uncomportamento ritenuto illecito. E’ quindi preferibile tentare di prevenire i comportamenti illeciti piuttosto che reprimerli.L’antitrust nella Comunità EuropeaL'articolo 3 lettera g) del trattato istitutivo della comunità europeaindica tra i fini della comunità la creazione di un regime inteso agarantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune.  Nasce così l'esigenza di eliminare qualsiasi impedimento eostacolo alla concorrenza. I principi fondamentali della disciplinadella concorrenza, posti dal trattato di Roma, possono cosìsintetizzarsi:

• divieto di intese pregiudiziali al commercio tra gli statimembri e restrittive della concorrenza all'interno del mercatocomune;

• divieto, alle imprese che hanno una posizione dominante nelmercato comune, di farne un esercizio abusivo;

• disciplina delle relazioni finanziarie tra i poteri pubblici e le

imprese pubbliche, nonché delle imprese alle quali gli Statiaffidano la gestione di servizi nell'interesse generale;

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• regolamentazione degli interventi degli Stati membrinell'economia, per impedire che gli aiuti economici alleimprese generino limitazioni e modifiche al libero esplicarsidella concorrenza.

L'articolo 81, in particolare, dichiara che: "sono incompatibili conil mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte ledecisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordateche possono pregiudicare il commercio tra Stati membri e cheabbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsareil gioco della concorrenza all'interno del mercato comune". Lastessa norma, con elencazione non tassativa, specifica che sono

vietate le intese consistenti nel:• fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di

vendita ovvero altre condizioni di transazioni;• limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo

tecnico o gli investimenti;• ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;• applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti,

condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così dadeterminare per questi ultimi uno svantaggio nellaconcorrenza;

• subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per la loro natura secondo gli usi commerciali, non abbianoalcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.

Il sistema previsto obbliga le imprese a dichiarare preventivamente gli accordi che possono rientrare nel campo delleregole di concorrenza per ottenere il placet degli organicomunitari. In questo settore è la Commissione che prende ledecisioni sulla base del regolamento n. 17 emanato dal Consiglionel 1962.Essa in particolare può:

• vietare l'intesa, che in questo caso è nulla;• concedere un esenzione dal divieto a favore delle intese che

contribuiscono a migliorare la produzione o la distribuzioneovvero a promuovere il progresso tecnico o economico;

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• constatare che non vi sia motivo di intervenire.Le intese non dichiarate possono essere oggetto di inchiesta da parte della commissione che, allorché constati una violazione delleregole di concorrenza, può con apposita decisione infliggere

ammenda e penalità di mora.L'articolo 82 del trattato CE dispone che: “è incompatibile con ilmercato comune e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra gli stati membri, lo sfruttamentoabusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominantesul mercato comune o su una parte sostanziale di questo”. Talenorma non vieta la posizione dominante in sé, ma l'abuso di essa

da parte di una o più imprese85

.A differenza di quanto previsto per le intese dall’art. 81 (ex 85), incaso di abuso di posizione dominante non sussiste alcuna possibilità di esenzione dal rispetto della disposizione dell’art. 82.Quanto alle norme di applicazione vale, anche per l’art. 82 ilregolamento n. 17, con la precisazione che, trattandosi in taleipotesi di vietare dei comportamenti e non degli accordi formali,

non è prevista la sanzione giuridica della nullità. Sono inveceapplicabili, da parte della Commissione, le sanzioni pecuniarie per le violazioni e le penalità di mora per i ritardi. Con il passare deglianni sono stati emanati numerosi regolamenti che hanno introdottodiscipline dettagliate di varie ipotesi di intese. In genere essidistinguono due liste di clausole contrattuali:

• la c.d. lista bianca elenca clausole considerate non restrittivedella concorrenza e la cui presenza non ostacola l’esenzionedal divieto;

• la c.d. lista nera elenca le clausole restrittive considerate nonesentabili e che quindi fanno qualificare un’intesa comeillecita.

 Nel trattato CE mancano, invece, esplicite previsioni normativevolte a disciplinare le concentrazioni fra imprese, ma la Corte di85 Il 2° comma dell’art. 82 individua quattro fattispecie tipiche di abuso di posizione dominante, che consistono:

• nell’imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni di transazione non eque;• nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;

• nell’ applicare ai rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questiultimi uno svantaggio;

• nel subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro naturao secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.

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Giustizia ha riconosciuto che le concentrazioni cui partecipanoimprese aventi una posizione dominante possono, in taluni casi,essere considerate sfruttamento abusivo di una posizionedominante e quindi essere vietate86. Si ha dunque concentrazione

quando due o più imprese si fondono o quando una o più persone,già controllanti almeno un’impresa, acquisiscono direttamente oindirettamente il controllo dell’insieme o di parti di imprese, siaacquistando partecipazioni nel capitale sociale sia con qualsiasialtro mezzo. Tutte le operazioni di concentrazione devono esserenotificate alla Commissione, la quale dovrà dichiarare (con unadecisione) l’accertata compatibilità delle stesse con il mercato

comune, ovvero ordinare — in ipotesi di incompatibilità — laseparazione delle imprese o degli elementi patrimoniali acquistatio incorporati, la cessazione del controllo comune, nonché ognialtra misura idonea a ripristinare condizioni di concorrenzaeffettiva. L’incompatibilità, in particolare, riguarda quelleoperazioni che creano o rafforzano una posizione dominante, si daostacolare in modo significativo il mantenimento o lo sviluppodella concorrenza effettiva nel mercato comune o in una partesostanziale di questo87. A norma dell’art. 86 (ex 90) CE, le regoledi concorrenza comunitarie devono trovare applicazione anche neiconfronti delle imprese pubbliche e delle imprese alle quali gliStati membri «riconoscono diritti speciali o esclusivi».L’esistenza di una posizione dominante può essere accertata solodopo aver individuato i confini geografici ed economici delmercato su cui tale impresa domina.In primo luogo il mercato deve essere delimitato in sensogeografico: esso non è altro che la zona, piccola o grande che sia,interna al mercato comune, in cui opera, insieme ad altri operatori,l’impresa dominante. È ovvio che un’impresa è sicuramente in posizione dominante quando incide in tutto il mercato CE; quando

86 Questa interpretazione giurisprudenziale ha improntato la formazione del Regolamento sul controllo della concentrazione, entrato in vigore il 10ottobre 1990 dopo una discussione durata 17 anni. Il Regolamento si è reso necessario perché la soppressione delle frontiere interne porterà a

numerose ristrutturazioni, soprattutto per concentrazioni, delle imprese nella Comunità. Questo processo non deve però pregiudicare la concorrenza ela CE ha deciso di dotarsi di una disciplina più precisa e più moderna di quella prevista dal Trattato.87 La procedura prevista dal suddetto regolamento è stata innovata dall’accordo raggiunto il 24 aprile 1997 dal Consiglio dei ministri dell’Industriadell’Unione Europea. La nuova soluzione ha ampliato la competenza della Commissione, finora limitata ai casi più rilevanti, abbassando la soglia delfatturato necessario per l’esame delle operazioni di fusione e concentrazione da parte del Commissario europeo. Sono inoltre stati aboliti la notifica edil relativo esame da parte di ogni singola autorità nazionale previsti dal vecchio regime: in questo modo la procedura risulterà semplificata e sarannoridotti quelle impasse burocratiche che impedivano spesso l’esame di importanti operazioni di rilevanza comunitaria.

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invece si parla di «parte sostanziale» del mercato non si guardaall’ ampiezza territoriale dell’area in cui si svolge l’attivitàesaminata quanto piuttosto al volume di tale attività. Così anche ilterritorio di un solo Stato membro della CE e anche solo una sua

 parte possono essere «parti sostanziali del mercato comune».Per quanto riguarda invece il mercato dei prodotti, il problema èmolto più complesso in quanto consiste nel dover stabilire quali prodotti fanno parte del mercato: si può dire che l’estensione delmercato rilevante corrisponde a quella mappa dicommercializzazione dei prodotti che in base alle loro specifichecaratteristiche (aspetto, prezzo, qualità, adattabilità ed

utilizzazione), unitamente alle scelte ed ai gusti dei consumatori,consentano un sufficiente livello di sostituibilità fra di loro in unadeterminata area geografica.La Commissione, cioè l’esecutivo del sistema CE, si occupadell’applicazione delle regole di concorrenza. Le decisioni dellaCommissione possono essere impugnate davanti ai Tribunale di primo grado delle Comunità Europee (in passato le decisioni dellaCommissione si impugnavano davanti alla Corte di Giustizia delleComunità Europee, che decideva in unico grado). Il procedimentodavanti alla Commissione può essere diviso in due parti: una faseinformale ed una vera e propria procedura. Questa prevede unanecessaria fase scritta ed un’eventuale fase orale. In caso di intesee comportamenti illeciti, a carico dei loro autori è previsto ungenerale obbligo di rimozione degli effetti, nonché il pagamentodi ammende.L’antitrust in ItaliaIl nostro Paese si è dotato di una normativa antitrust con notevoleritardo rispetto agli altri Stati della Comunità Europea. Lalegislazione nazionale si era infatti limitata a fornire unaminuziosa disciplina del contratto di consorzio, senza affrontare il  problema di sancire la liceità dei multiformi accordi che  perseguono in fine diretto o indiretto della restrizione della

concorrenza. Con la L. 287/90 tale situazione è mutata e – largamente ispirata alla normativa comunitaria – è stata introdottaanche nel nostro paese un’ampia disciplina antitrust affiancata

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dall’istituzione dell’Autorità garante della concorrenza e delmercato.Ai sensi dell’art. 1 della L. 287/90, le disposizioni introdotte dallastessa si applicano soltanto alle intese, agli abusi di posizione

dominante ed alle concentrazioni di imprese “che non ricadanonell’ambito di applicazione degli artt. 65 e 66 del trattato CECA edegli artt. 86 e 86 del Trattato CEE, nonché dei regolamenti deidella CEE e di atti comunitari con efficacia normativa equiparata”.L’applicabilità sussiste quindi allorché non ci sia pregiudizio per gli Stati comunitari: in quest’ultimo caso troverà infattiapplicazione il diritto comunitario.

Da un punto di vista soggettivo, la normativa antitrust si applica:• alle imprese, intese qui in senso assai più ampio rispetto

all’art. 2082 c.c.;• alle imprese pubbliche e a partecipazione statale88.

Sono invece escluse le imprese che, per disposizione di legge,esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ele imprese che operano in regime di monopolio sul mercato.

Regimi speciali sono previsti infine per le imprese operanti neisettori della radiodiffusione e dell’editoria, le aziende ed istituti dicredito e le imprese assicurative.Il divieto delle inteseL’art. 2 della L. 287/90 vieta, a pena di nullità, gli accordi e le  pratiche concordate tra imprese nonché le deliberazioni diconsorzi, associazioni di imprese ed altri organismi simili cheabbiano il fine di:

• impedire, in maniera consistente, la concorrenza all’internodel mercato nazionale o in una sua parte rilevante, nel sensodi vietare del tutto l’esercizio di una determinata attività o proibire la vendita di un determinato prodotto;

• restringerla, nel senso di sottoporre l’esercizio a determinatecondizioni;

• falsarla, ad esempio con atti di concorrenza sleale.

88 Deve considerarsi pubblica ogni impresa sottoposta direttamente o indirettamente all’influenza preponderante dello Stato, di uno dei suoiorganismi, o di un’altra entità di diritto pubblico, quale che sia la forma giuridica di detta impresa.

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Oltre a tale clausola generale, vi sono cinque categorie di intesetipizzate che ricalcano quelle previste dall’art. 81 del Trattato CE(v. pag. 32).L’abuso di posizione dominante

Si ha posizione dominante quando una o più imprese possonoinfluire in misura sostanziale sulle decisioni di altri agentieconomici mediante una strategia indipendente, sottraendosi cosìad una concorrenza effettiva.La nostra legge antitrust vieta – in stretta analogia all’art. 82 delTrattato CE – l’abuso di posizione dominante (v. nota n. 67).La concentrazione di imprese

Secondo la nostra legge antitrust, l’operazione di concentrazionesi realizza:• quando due o più imprese procedono a fusione;• quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno

una impresa ovvero una o più imprese acquisiscono,direttamente o indirettamente, il controllo dell’insieme o di parti di una o più imprese;

quando due o più imprese procedono, attraverso lacostituzione di una nuova società, alla costituzione diun’impresa comune.

In ogni caso per aversi concentrazione deve prodursi unamodificazione della struttura interna delle imprese interessate. Leoperazioni di concentrazione appena specificate non sono vietatein assoluto, ma solo se comportino la costituzione o ilrafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale,in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole laconcorrenza.L’ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE

L’associazione in partecipazione è il contratto con cui una parte(associante) attribuisce ad un’altra (associato) una partecipazioneagli utili della sua impresa, o di uno o più affari, verso ilcorrispettivo di un determinato apporto89. Elementi essenziali del

contratto – posti in un rapporto sinallagmatico – sono dunque:

89 Anche le società, non solo le persone fisiche, possono assumere sia la figura di associante che quella di associato.

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• l’apporto da parte dell’associato, che può consistere inuna somma di denaro ma anche nel conferimento dideterminati beni o servizi;

• l’attribuzione di una partecipazione agli utili da parte

dell’associante.Salvo patto contrario, a norma dell’art. 2553, l’associato partecipaalle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili; sullostesso, però, non possono gravare perdite in misura superiore alsuo apporto90. L’associato non diviene socio dell’as-sociante maresta un suo creditore: il rapporto tra loro, infatti, rimane puramente interno. Quanto alla natura giuridica, il contratto in

 partecipazione è:• consensuale, in quanto l’apporto dell’associato si sostanzia

nell’obbligo di conferimento e non nella materiale consegnadel bene;

• necessariamente bilaterale, poiché l’art. 2550 subordina alconsenso dell’as-sociato la facoltà dell’associante diattribuire ad altre persone partecipazioni alla stessa impresa oallo stesso affare che rimangono tuttavia rapporti distintil’uno dall’altro;

• non formale, salvo che questa sia richiesta dalla natura dei beni oggetto del conferimento;

• oneroso;• di durata non necessariamente limitata nel tempo, in

quanto può anche essere perpetuo.L’associazione in partecipazione è un contratto destinatoesclusivamente a regolare i rapporti tra associante ed associato econ esso non si costituisce un ente collettivo distinto dalle personedei contraenti91. I punti fondamentali in cui possiamo riassumerela disciplina sono i seguenti:

90 La Corte di Cassazione considera la partecipazione alle perdite come un elemento meramente eventuale ma non necessario del contratto di

consorzio.91 Infatti, a differenza di quanto avviene con le società, nell’associazione in partecipazione:

• non si ha formazione di un fondo comune;• l’impresa resta impresa personale dell’associante;

• l’associato rimane un creditore dell’associante e, come tale, è soggetto al concorso degli altri creditori di lui;• allo scioglimento del contratto non consegue uno stadio di liquidazione.

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• l’iniziativa economica è rimessa alla determinazioneesclusiva dell’associate purché questi non modifichi l’oggettodell’impresa o l’affare;

• l’associante è il solo responsabile verso i terzi, salva la

responsabilità in via surrogatoria dell’associato qualora nericorrano i presupposti;• la gestione dell’impresa o dell’affare spetta all’associante;• l’associato dovrà prestare la sua opera sotto la direzione

dell’associante;• l’associato ha il diritto di rendiconto;• la partecipazione dell’associato agli utili ed alle perdite è

disciplinata dal contratto;• lo scioglimento del contratto attribuisce all’associato

unicamente il diritto alla liquidazione della sua quota sulla base della situazione patrimoniale esistente in quel momento.

I CONSORZI, LE  SOCIETÀ  CONSORTILI, LE  ASSOCIAZIONI  TEMPORANEE  DI IMPRESE

Il consorzio di imprese è costituito da un gruppo di imprese

munito di una organizzazione comune idonea a soddisfaredeterminate esigenze di coordinamento della produzione e delloscambio. Il fine del consorzio è quindi far conseguire ad ogniimpresa associata una struttura più solida e maggiori possibilità diaffermazione e di espansione, attraverso la creazione di unaorganizzazione comune unitaria92. Fonte dell’organizzazioneconsortile può essere un contratto, un atto della pubblica autorità

(nel caso di consorzi obbligatori) o la stessa legge (c.d. consorzicoattivi).Fondamentale è la distinzione tra:

• consorzi con attività meramente interna, destinati ad operaresolo tra i consorzianti;

• consorzi con attività esterna, operanti anche nei confronti deiterzi ed aventi un fondo comune dotato di autonomia

 patrimoniale.

92 A differenza dei patti di concorrenza, in cui le imprese assumono solo obblighi di non facere, con il consorzio si crea una vera e propriaorganizzazione unitaria alla quale è rimesso il coordinamento dell’azione dei singoli partecipanti.

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Il consorzio volontarioIl consorzio volontario è quello che trova il suo fondamento nelcontratto consortile, in quel contratto, cioè, con cui piùimprenditori istituiscono una organizzazione comune per la

disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettiveimprese. Pertanto:• i soggetti che possono stipulare il contratto di consorzio

devono essere imprenditori;• gli imprenditori possono anche esercitare attività economiche

diverse;• il consorzio richiede una organizzazione comune per la

disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi dellerispettive imprese;• all’infuori di tali fasi determinate le singole imprese restano

indipendenti e autonome.Il contratto consortile è un contratto formale - in quanto è richiestala forma scritta ad substantiam – associativo plurilaterale, apertoall’adesione di altre parti. Deve indicare:

l’oggetto del consorzio;• la durata;• la sede;• le attribuzioni ed i poteri degli organi consortili;• i diritti, i doveri, le quote dei singoli soci e le condizioni per 

l’ammissibilità di nuovi soci;• le sanzioni per l’inadempimento degli obblighi dei

consorziati.Inoltre, per i consorzi con attività esterna, il codice detta unadisciplina speciale, che integra la disciplina generale fissata dagliartt. 2602-2611. In particolare:

• il contratto deve prevedere l’istituzione di un ufficiodestinato a svolgere attività con i terzi;

• un estratto del contratto medesimo deve essere depositato,

 per l’iscrizione, presso l’ufficio del registro delle imprese delluogo ove tale ufficio ha sede;

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• i contributi dei consorziati ed i beni con essi acquistaticostituiscono il fondo consortile, che rappresenta il patrimonio del consorzio: tale patrimonio è autonomo;

• coloro cui è affidata la direzione del consorzio hanno

l’obbligo di redigere annualmente e depositare una situazioneconsortile patrimoniale;• il consorzio può essere convenuto in giudizio nella persona di

coloro ai quali il contratto attribuisce la presidenza o ladirezione.

Dal consorzio si esce per recesso o per esclusione: in tali casi laquota di partecipazione del consorziato receduto od escluso si

accresce proporzionalmente a quella degli altri. Quantoall’organizzazione, il codice non prevede la necessaria istituzionedi una assemblea consortile né l’esistenza di un consiglio diamministrazione o di un collegio sindacale; non può mancare,invece, un ufficio comune, sia esso di gestione o di controllo.Occorre infine accennare:

• alle società consortili, definite dell’art. 2615ter come lesocietà che hanno come oggetto sociale gli scopi indicatinell’art. 2602;

• alle associazioni temporanee d’imprese che costituisconoforme di cooperazione temporanea ed occasionale fra piùimprese alle quali si ricorre per realizzare congiuntamenteopere di rilevanti dimensioni o affari complessi;

• al Gruppo Europeo di Interesse Economico, istituito conregolamento comunitario n. 2137/85, quale organismoassociativo comunitario finalizzato a consentire agliimprenditori europei lo svolgimento di iniziative economichecomuni, la realizzazione di proficui rapporti di cooperazioneinteraziendale, nonché la partecipazione congiunta a gare diappalto per la realizzazione di opere pubbliche o private.L’istituto non si pone nell’area dei contratti di società, bensìnella categoria dei contratti di collaborazione.

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LE SOCIETÀLE SOCIETÀ IN GENERALE

Secondo l'art. 2247 "con il contratto di società due o più personeconferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di una

attività economica allo scopo di dividerne gli utili". Taledefinizione della società come contratto, tuttavia, non è più idoneaa ricomprendere l’intero fenomeno societario, giacché non tieneconto delle fattispecie delle società costituite ad opera di unsingolo soggetto93.Da una prima analisi del testo dell’art. 2247 si può individuare unnucleo essenziale di elementi, e cioè i soggetti e i conferimenti per 

la costituzione del fondo sociale, l’oggetto sociale e la causa, ealcuni elementi peculiari a volte tra loro combinati, che servono adidentificare e a connotare i vari tipi di società che rappresentano:

• specificazioni–variabili degli elementi costanti (diversoregime del fondo comune che nelle società per azioni assumeil nome di capitale sociale con una sua peculiare disciplina);

• o novità indotte dal tipo prescelto (la disciplina del bilancio

nelle società per azioni).I soggettiCome abbiamo già avuto modo di accennare, deve precisarsi chela pluralità di soggetti non costituisce più la condicio sine qua non per la costituzione della società, dal momento che è possibile lacostituzione per atto unilaterale sia pure per la sola società aresponsabilità limitata. Deve notarsi che quando la società sicostituisce per atto scritto, occorre sempre che i contraenti sianoindividuati col nome e cognome, il luogo e la data di nascita, ildomicilio e la cittadinanza. In linea generale possono sottoscrivereil contratto di società sia le persone fisiche, sia le personegiuridiche, sia gli enti non riconosciuti. Particolari norme sonostabilite per le società personali commerciali in relazione allacontinuazione della società da parte degli incapaci. Mentrenessuna limitazione di rilievo sussiste con riguardo alla

  partecipazione dei soggetti appena menzionati alle società dicapitali e alle società mutualistiche, dottrina e giurisprudenza sono93 Infatti, il D.Lgs. n. 88/93 ha espressamente previsto la costituzione di società a responsabilità limitata con unico socio.

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schierate su due fronti opposti nel rispondere al quesito se possano divenire soci di società di persone le società di capitali,mentre la partecipazione di società personali non suscitacontrasti94.

I conferimentiLa norma di cui all’art. 2247, oltre a presupporre i soggetti ha lafunzione di illustrare le peculiarità del contratto sociale. E la piùimportante va individuata nel conferimento di beni e servizi, dalmomento che non esiste società senza conferimenti, né può darsisocio senza obbligo di conferimento. Con la stipulazione delcontratto di società ciascun contraente si obbliga a contribuire alla

formazione di un fondo sociale mediante una prestazione di dare odi fare, nel che appunto consiste il conferimento. Esso costituisce,dal punto di vista più tecnico, l’unico obbligo gravante su chiintenda divenire socio di una società, di qualunque tipo essa sia.Importante è il discorso sulle specie dei conferimenti, in relazionealle quali tre sembrano essere le distinzioni più importanti:

• con riguardo all’oggetto della prestazione, in conferimentiaventi ad oggetto una prestazione di dare e conferimentiaventi ad oggetto una prestazione di fare, possibili soltantonelle società personali;

94 È meglio analizzare più approfonditamente le ipotesi prospettabili:Al quesito se possano divenire soci di società di persone, segnatamente di società in nome collettivo e in accomandita semplice, altre società dicapitali, risponde positivamente la dottrina prevalente e una parte minoritaria della giurisprudenza di merito, mentre la soluzione negativa è difesadalla giurisprudenza della Cassazione e dalla maggioranza dei tribunali e delle corti di appello. A chi fa leva essenzialmente sul fatto che lastipulazione del contratto di società personale avviene sulla base del c.d. intuitus personae che sarebbe configurabile solo tra persone fisiche, essendofondato sulla conoscenza personale e sulla fiducia nell’onestà e nella capacità dei soci tra di loro, si è obiettato, da un lato, che l’intuitus personae nonè mai stato considerato un elemento indefettibile delle società personali, riguardando in ogni caso l’interesse delle parti, e, dall’altro, che, ancheammessa l’essenzialità di tale elemento, non si vede perché esso non possa sussistere anche tra persone fisiche e persone giuridiche; a chi fa leva suldiverso regime della responsabilità fra società di capitali e società di persone con la conseguente incompatibilità con la posizione di socio aresponsabilità illimitata della società di capitali, si è obiettato, da un lato, che anche le società personificate per effetto della partecipazione rispondono

senza limiti e in solido con tutto il patrimonio al pari delle persone fisiche e, dall’altro, che si è trascurato di considerare che anche per la societàsemplice con effetto interno ed esterno e per le società in nome collettivo con effetto solo interno, la legge consente ai soci di limitare la propriaresponsabilità.Meno rilevante del problema precedente è quello della partecipazione di una società in nome collettivo ad un’altra società in nome collettivo o inaccomandita semplice. Al quesito si dà una quasi unanime risposta positiva, argomentando dall’ intuitus personae che in questo caso nonmancherebbe e dividendo l’ipotesi principale in due sotto–ipotesi: quella della costituzione di una società personale cui partecipino accanto a soci e persone fisiche una o più società personali, in ordine alla quale è possibile parlare di società partecipante e di società madre ed è quindi possibile porsigli interrogativi relativi alla sostanziale mancanza dell’intuitus personae per la mutevolezza del corpo sociale della società partecipante; e quella dellacostituzione di una società personale tra le società personali, in ordine alla quale i problemi appena esposti non sono neanche prospettabili, perché isoci passano in secondo piano ed assumono un rilievo peculiare solo nel caso in cui, per effetto del fallimento doppiamente riflesso delle società edelle società socie di questa, essi stessi falliscono in estensione dell’art. 147 della legge fallimentare. Nessun problema si è mai posto per la partecipazione di società di persone ad una società di capitali, che è stata sempre considerata ammissibile.Al quesito se sia ammissibile la partecipazione di società cooperative a società di capitali e a società di persone ha risposto la legge n. 72 del 1983(legge Visentini bis) la quale dispone che le società cooperative e i loro consorzi possono costituire ed essere soci di società per azioni e aresponsabilità limitata.Al problema della partecipazione di società di capitali a società cooperative si è risposto che se alcune norme dettate in tema di cooperative

 prevedono la possibilità che soci siano anche le persone giuridiche, è anche vero che consentire la partecipazione di società di capitali a societàcooperative significa esporre queste ultime a pericoli di tralignamenti dallo scopo mutualistico.Prevalentemente dottrinaria è l’ipotesi della partecipazione della comunione legale dei beni ad una società in nome collettivo . La soluzione positiva, per quanto prevalente, è comunque condizionata alla preventiva sottrazione delle quote dal patrimonio coniugale attraverso una modifica pattizia secondo la facoltà concessa dall’art. dal comma primo dell’art. 210 c.c.: l’adozione di un tipo di società come quella collettiva comportainfatti l’applicazione di una normazione in materia di amministrazione e di responsabilità verso terzi, incompatibile con quella inderogabile previstadal comma terzo dell’art. 210 c.c. per i beni facenti parte del patrimonio coniugale.

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• con riguardo alla fonte, potremo distinguere i tipi diconferimenti espressamente previsti dalla legge (denaro, beniin natura, di crediti, e di prestazioni d’opera), e quelliconsistenti in entità che dottrina e giurisprudenza ritengono

 passibili di essere conferite in società (partecipazioni ad altresocietà, in aziende, nel consenso all’ammissione del proprionome nella ragione e nella denominazione sociale,nell’emissione di cambiali all’ordine della società);

• la terza distinzione è quella tra conferimenti di capitale econferimenti di non capitale. I primi hanno ad oggetto entitàiscrivibili in bilancio, sono costituiti da beni idonei a

garantire i creditori sociali, e quindi suscettibili di esecuzioneforzata. I conferimenti non di capitale, o di patrimonio chedir si voglia, non hanno, invece, alcuna delle caratteristicheindicate, pur essendo idonei al raggiungimento dello scoposociale.

I conferimenti, oltre che strumento tecnico per l’acquisto dellaqualità di socio, servono anche alla formazione del fondo sociale.E se diversa, a seconda dei tipi di società, può essere la situazionegiuridica di questo, la sua esistenza è in ogni caso il presuppostonecessario della disciplina legislativa dei vari tipi; e unica è,comunque, la funzione che il fondo assolve: che è quella di  permettere la formazione di un patrimonio della societàindispensabile per lo svolgimento dell’attività comune. Appare oraopportuno compiere una esegesi dell’art. 2248 e spiegare ledifferenze tra comunione e società, che si concretano soprattuttonella diversità della condizione giuridica del fondo sociale e del patrimonio sociale costituito con i conferimenti dei soci. L’art.2248 stabilisce che “la comunione costituita o mantenuta al soloscopo del godimento di una o più cose è regolata dalle norme deltitolo Settimo del libro terzo”. È da ribadire che c’è comunione, equindi comproprietà di beni, quando i soggetti costituiscono ilrapporto e lo mantengono solo per godere dei beni stessi e dei

frutti che essi producono e i comunisti possono ciascuno in modoautonomo dall’altro, esercitare tutte le facoltà spettanti al proprietario; mentre si ha società quando i beni sociali vengono

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impiegati, essendo loro impresso, per effetto della volontà deisoci, uno specifico vincolo di destinazione che ne consentel’utilizzazione solo per l’esercizio in comune tra i soci medesimidell’attività d’impresa, essendone esclusa ogni diversa

destinazione. Il che trova solida base nella disciplina legislativa intema di società dalla quale derivano importanti conseguenze:• nel divieto del socio di servirsi, senza il consenso degli altri

soci, delle cose appartenenti al patrimonio sociale;• nelle norme contenute negli art. 2272, 2448 e 2539, che,

fissando tassativamente le cause di scioglimento e sottraendoin tal modo l’iniziativa al singolo socio, rendono evidente la

contrapposizione con il regime della comunione, doveciascun proprietario può, in qualsiasi momento, chiedere loscioglimento della comunione medesima e impediscono che i beni sociali possano essere ripartiti tra i soci se non quando sisiano verificati questi eventi che la legge stessa predetermina;

• nelle norme contenute negli art. 2289 e 2437, che,disciplinano le modalità di liquidazione della quota del socioil cui rapporto con la società che si scioglie;

• nella destinazione esclusiva del patrimonio sociale allasoddisfazione dei creditori sociali.

 Nella comunione di godimento tutto questo manca. In ogni caso,quella del patrimonio sociale è un’autonomia funzionale rispettoalla realizzazione degli interessi che sono in definitiva quelli deisoci: si è, infatti, pur sempre in presenza di una forma diutilizzazione, da parte di più persone, della propria ricchezza. Lalettura complessiva degli art. 2247 e 2248 esclude l’ammissibilitàdi una società di solo godimento. E non possono considerarsi, diconseguenza, contratti di società quei contratti che, dietro ladeclinazione di un oggetto formalmente concretante l’esercizio diun’attività economica e quindi rispettoso del dettato normativodell’art. 2247, danno luogo alla nascita di soggetti, società dicomodo, che in realtà non esercitano alcuna attività economica.

Si è innanzi accennato al fatto che i conferimenti confluiscono nelfondo sociale, che in alcune società assume la denominazione dicapitale sociale, definibile come il valore in danaro dei

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conferimenti dei soci, quale risulta dalle valutazioni compiutenel contratto sociale. Ciò significa che i conferimenti diversi daldenaro devono essere valutati all’atto del conferimento econvertiti in una espressione numerica. Dal fondo sociale o dal

capitale sociale, va tenuto distinto il patrimonio sociale, il qualerappresenta il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivifacenti capo alla società ovvero, se si preferisce una definizione  più tecnica, il complesso dei beni effettivamente esistenti,calcolati al netto o al lordo, a seconda che siano state o no dedottele passività. Si può accennare fin da ora al problemadell’autonomia patrimoniale delle società. Si parla di autonomia

  patrimoniale con riferimento ai soggetti diversi dalle personefisiche, per indicare le condizioni dei rapporti giuridici facenticapo a tali soggetti. Si ha autonomia patrimoniale perfetta solonelle persone giuridiche e con riferimento alle società solo quelledi capitali. Nelle società di persone, invece, si parla di autonomia  patrimoniale imperfetta, ciò desumendosi dalle disposizionidettate nelle varie sedi: si passa da un embrione di autonomia patrimoniale nella società semplice, dove i creditori particolari deisoci possono addirittura chiedere la liquidazione della quotasociale di pertinenza del socio debitore, a quella più accentuatadella società in nome collettivo, dove cioè non può avvenire edove i creditori sociali non possono aggredire il patrimonio deisingoli soci se non dopo avere infruttuosamente esperito le azionigiudiziarie contro il patrimonio della società.L’esercizio comune dell’attività economicaL’esercizio comune dell’attività economica rappresenta lo scopo – mezzo attraverso il quale le parti si propongono di raggiungere lafinalità ultima della realizzazione dell’utilità. L’attività economicasi concretizza di volta in volta nella scelta di un particolare ramomerceologico di attività che costituisce l’oggetto sociale:elemento la cui espressa indicazione nel contratto sociale illegislatore impone per tutti i tipi di società e che, oltre a dover 

consistere necessariamente in un’attività economica, deve  possedere i requisiti richiesti dall’art. 1346 per ogni tipo dicontratto, e cioè la liceità, possibilità, determinatezza o

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determinabilità. Ed è con riferimento a questo requisito che varibadita la mancata rispondenza alle prescrizioni normative di queicontratti di società che enunciano l’oggetto sociale in modo tale danon consentire una effettiva individuazione, oggetto generico, o

contengono l’indicazione di più attività merceologicamentedistinte e neanche complementari tra di loro, oggetto plurimo. Laconcreta individuazione dell’oggetto sociale è comunqueimportante da più punti di vista:

• consistendo in una attività economica, consente didistinguere la società dalla comunione di godimento;

• consistendo in un’attività economica professionalmente

esercitata consente di affermare che quella della società, seeffettivamente esercitata, è sempre una attività di impresa;• infine, permette, soprattutto a terzi, di individuare i limiti ai

 poteri degli amministratori.Appare poi importante sottolineare che in alcuni casi la leggeesige in modo espresso e tassativo l’esclusività dell’oggettosociale: nel senso che predetermina normativamente l’oggettostesso e vieta che la società possa svolgere altre attività (si pensialle società di intermediazione mobiliare, attività diintermediazione finanziaria). Ed è forse il caso di includere inquesta categoria anche quelle società per le quali, pur non essendo prescritta espressamente l’esclusività dell’oggetto sociale, questasi desume dalla circostanza che la normazione speciale che ledisciplina individua con puntualità e precisione l’oggetto stesso(società esercenti l’attività bancaria o assicurativa, le societàfiduciarie).Il conseguimento dello scopo istituzionaleIl quarto elemento rilevante per l’analisi dell’art. 2247 è quellocausale. Il conseguimento di un utile per distribuirlo ai soci, scopolucrativo, ovvero la pratica della gestione di servizio e l’offerta aisoci di beni od occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose diquelle che i soci incontrerebbero sul mercato, scopo mutualistico,

ovvero la istituzione di un’organizzazione comune per losvolgimento o per la disciplina di fasi delle imprese dei soci,scopo consortile, possono caratterizzare, ovviamente in via

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alternativa, il contratto di società del quale costituiscono lacausa e quindi elemento marcante ed essenziale.Il contratto di società è inoltre: oneroso, consensuale,sinallagmatico, plurilaterale e con comunione di scopo in cui

l’avvenimento che soddisfa l’interesse di tutti i contraenti è unicoe le prestazioni dei contraenti possono essere del più diversovalore e di contenuto più vario possibile.SOCIETÀ DI PERSONE E SOCIETÀ DI CAPITALI

La prima importante distinzione all’interno della generalecategoria delle società, riguarda le società di persone – cui vannoricondotte le società semplici, le società in accomandita semplice

e le società in nome collettivo – e le società di capitalicomprendenti le società per azioni, le società in accomandita per azioni e le società a responsabilità limitata. È bene cominciare colsottolineare che le società di persone sono organizzate in funzionedell’uomo–socio, il quale viene preso in considerazione per le suequalità personali o professionali, o ancora per la sua situazione  patrimoniale; le società di capitali sono invece organizzate infunzione dei capitali conferiti dal socio, nel senso che in esse ilsocio non viene in considerazione solo in quanto persona, maanche in ragione della quota di capitale sottoscritta, anche se larealtà del mondo societario insegna quanto sia importante oggi,anche in questi tipi di società, conoscere non solo l’entità delconferimento, ma anche chi conferisce. Sulla base di questadifferenza possono indicarsi quali principali caratteri distintivi:

• il diverso regime di responsabilità dei soci per le obbligazionisociali (responsabilità illimitata e limitata);• la diversa misura del potere del socio di incidere con la propria opera sulla gestione della società95;• mentre nelle società di capitali esiste una organizzazioneinterna, nella società di persone non esiste una vera e propriaorganizzazione interna, perché i poteri di gestione edeliberazione risiedono entrambi nei soci – amministratori;

95 Infatti, mentre nelle società di persone il socio è naturale amministratore della società e ciò avviene perché egli rischia nell’impresa anche il patrimonio personale, nelle società di capitali il potere di amministrazione è svincolato dalla qualità di socio ed è esercitabile dal socio soloindirettamente, nel senso che egli potrà contribuire, attraverso l’esercizio del diritto di voto, alla scelta degli amministratori.

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• il diverso regime di circolazione delle partecipazionisociali96.

LE SOCIETÀ DI PERSONE

SOCIETÀ SEMPLICE

Secondo la comune opinione è semplice, nel sistema del codice, lasocietà che non presenta elementi di identificazione ulterioririspetto a quelli contenuti nella norma che definisce la societàcome contratto, e cioè l’art. 2247. La caratteristica fondamentaledella società semplice è data dal fatto che essa può avere per oggetto esclusivamente l’esercizio di attività economiche lucrativenon commerciali. La sfera di applicazione delle società semplici si

estende pertanto alle:• attività agricole: l’ambito di applicazione di tale tipo di società

 per l’esercizio di attività agricola risulta marcatamente ridotto,ove si tenga conto, da un lato, che, già prima della loroscomparsa, le due forme più importanti di contratti a strutturaassociativa per l’esercizio dell’attività agricola erano, per espressa previsione di legge, sottratti alla disciplina dellasocietà semplice e sottoposti o agli usi o ad una appositaregolamentazione; e dall’altro che, non potendo la società cometale avere ad oggetto il mero godimento di beni, ne risultanoescluse le fattispecie in pratica più ricorrenti, come quella deicondomini di un fondo rustico che concedono in affitto i beni dicui sono proprietari. L’ipotesi che più di frequente si verificanella pratica è quella dei coeredi i quali continuano l’eserciziodell’impresa agricola del loro dante causa97;

• società di revisione: sono regolate, in maniera abbastanzasommaria, dalla legge n. 1966 del 1939, la quale non detta unadisciplina differenziata a seconda che la società eserciti unavera e propria attività di revisione ovvero un’attività fiduciaria.

96 Mentre nelle società di capitali le regole che presiedono sia alla circolazione inter vivos dei beni sia al trasferimento mortis causa non subisconoderoga alcuna, nel senso che i titoli documentali della partecipazione sono liberamente trasferibili e si trasmettono agli eredi secondo le regole deldiritto successorio, nella società di persone, costituendo il trasferimento della quota una modificazione dell’atto costitutivo, la regola generale deicontratti riprende vigore e viene addirittura inserita una deroga al diritto successorio: ed infatti, il trasferimento della partecipazione per atto tra vivi

 può avvenire solo con il consenso di tutti i soci, mentre per il trasferimento a causa di morte, la regola è che, salvo patto contrario, la partecipazionenon si trasmette agli eredi, che hanno solo il diritto alla liquidazione della quota ( leggere art. 2284 ).97 Più sinteticamente, le limitazioni all’esercizio di una attività agricola riguardano:

• l’impossibilità di avere ad oggetto il mero godimento di beni;• le comunioni tacite familiari sono regolate dagli usi e non da contratto di società;

• i contratti a struttura associativa per l’esercizio delle imprese agricole (mezzadria, colonia) sono regolati da norme particolari.

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Solo nel 1975 il legislatore è tornato sull’argomentodemandando alle società di revisione il compito di sottoporre acontrollo contabile e alla certificazione del bilancio le societàcon azioni quotate in borsa, nonché le società aventi particolari

oggetti sociali. Ai sensi dell’art. 8 del decreto 136 del 1975,nell’Albo speciale delle società di revisione “possono essereiscritte le società autorizzate ai sensi della legge 1966 del 1939che rispondano a seguenti requisiti: ( … ) per le società semplicidevono osservarsi le modalità di pubblicità previste nell’art.2296 del codice civile”;

• attività professionali in forma associata: oggi sono ammissibili

grazie alla recentissima legge Bersani che ha abolito la legge1815 del 1939;Per quanto riguarda le attività che venivano considerate civili, èstato rilevato che il genere delle imprese agrarie non si identificaintegralmente con quello delle imprese non commerciali: vi sonodelle imprese che non sono agrarie, né commerciali che una partedella dottrina ha voluto classificare civili e che possono formareoggetto di società semplice (attività di vigilanza notturna). Deveaggiungersi che uno dei punti più controversi è quello checoncerne le società di mero godimento che nel linguaggio comunevengono definite società per l’acquisto e l’amminis-trazione diimmobili. Non mancano ulteriori ipotesi discusse come possibiliattività delle società semplici, sia pure non omogenee rispetto alle precedenti: così il sostenere che oggetto della società semplice puòessere una piccola impresa sempre che non sia costituita secondouno dei tipi consentiti per l’esercizio in comune di una impresacommerciale ovvero includere tra le possibili attività oggetto dellasocietà semplice quella artigianale significa confondere i piani,dimenticando che piccola impresa non è l’equivalente di attivitànon commerciale e che anche il piccolo imprenditore puòsvolgere un’attività commerciale. Ne deriva che una simile attività – attività commerciale – non può essere esercitata dalla società

semplice, che è il tipo sociale proprio delle attività noncommerciali.

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Costituzione della società sempliceLa costituzione della società semplice è caratterizzata dallamassima semplicità formale e sostanziale, essendosi il legislatorelimitato a stabilire nell’art. 2251 che “il contratto non è soggetto a

forme speciali, salve quelle richieste dalla natura dei beniconferiti”. La forma scritta è indispensabile solo quando venganoconferiti dai soci in proprietà o in godimento ultranovennale beniimmobili o altri diritti reali immobiliari, discutendosi, peraltro, sea rivestire la forma scritta debba essere l’intero contratto di società(il quale, mancando questa sarebbe totalmente invalido), ovverosolo il negozio di conferimento, di maniera che la sanzione per 

l’inosservanza della prescrizione formale colpirebbe il solovincolo del conferente98. La semplicità sostanziale e l’assenza di prescrizioni analitiche in ordine al contenuto dell’atto costitutivoinducono ad affermare la sufficienza dei requisiti generalmentestabiliti per ogni tipo di contratto (soggetti, oggetto e causa) con leseguenti specificazioni:

• i soggetti devono essere almeno due ed i problemi a questo proposito sono essenzialmente:

o se sia applicabile anche alla società semplice la normadell’art. 2294 che disciplina la partecipazione degliincapaci alle società in nome collettivo99;

o se possano divenire socie di società semplici, e in generedi società personali, altre società di capitali e di persone;

• l’oggetto deve presentare i requisiti richiesti dall’art. 1346(possibilità, liceità, determinatezza e determinabilità);

• la causa non presenta nessun problema particolare.Completa l’elenco degli elementi essenziali il fondo sociale, che èlo strumento di attivazione dell’oggetto sociale. Proprio in sede didisciplina della società semplice si trova la norma dell’art. 2253, ilcui secondo comma stabilisce che “se i conferimenti non sonodeterminati, si presume che i soci siano obbligati a conferire, in

98 Sempre che la partecipazione di quest’ultimo alla società non debba considerarsi essenziale, comunicandosi in questo caso l’invalidità all’interocontratto.99 Il dibattito si è svolto tra chi, ravvisando la ratio dell’art. 2294 nella esigenza di sottrarre l’incapace ai rischi della responsabilità illimitata ritiene lanorma applicabile anche all’incapace che voglia diventare socio di una società semplice e chi, al contrario, esclude l’applicabilità di esseall’imprenditore collettivo non commerciale che è la società semplice e quindi a chi voglia in questa entrare come socio.

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 parti eguali tra di loro, quanto è necessario per il conseguimentodell’oggetto sociale”.La pubblicitàAll’art. 8 della legge n. 580 del 1993 si stabilisce che “sono iscritti

in sezioni speciali del registro delle imprese le società semplici”ed aggiunge, al quinto comma, che “l’isc-rizione nelle sezionispeciali ha funzione di certificazione anagrafica e di pubblicitànotizia, oltre agli effetti previsti dalle leggi speciali”; e taledisposizione è confermata nell’art. 7 del d.p.r. del 1995 n. 581.Orbene, se è vero che nelle società personali la pubblicità nonincide sulla validità del contratto né sull’esistenza del soggetto e

se è vero che per la società semplice, atteso il tenore delledisposizioni ora richiamate, la mancata iscrizione nel registro delleimprese non determina quella situazione di irregolarità che invece provoca sia nelle società in nome collettivo che nelle società inaccomandita semplice, è anche vero che neanche si può continuarea ritenere che le nuove disposizioni abbiano lasciato invariata lasituazione precedente: anche se la pubblicità notizia, pur costituendo un obbligo, ha una funzione puramente informativa adifferenza della pubblicità dichiarativa (rende opponibile a terzideterminate situazioni), questo non significa che la pubblicità chesi attua mediante l’iscrizione nell’albo speciale del registro delleimprese non possa costituire un mezzo di trasmissione di notizie,soprattutto quando è la legge a disporre che queste debbano essere  portate a conoscenza dei terzi. Ed infatti uno dei problemimaggiori della società semplice è stato sempre quello di trovaregli opportuni e più efficaci canali per consentire la veicolazione ditali informazioni. E non c’è dubbio che tra i “mezzi idonei”richiamati dagli articoli 2266 e 2267, può essere utilmente inclusaanche l’iscrizione nel registro delle imprese di tutte quelle notizieche devono essere portate a conoscenza dei terzi: tanto più che, exart. 19 del d.p.r. del 1995 n. 581, “gli amministratori della societàsemplice devono richiedere l’iscrizione della modificazione del

contratto sociale entro trenta giorni dalle modificazioni”.

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L’organizzazione interna e la gestioneLa disciplina positiva contiene a tal riguardo due sole norme: gliarticoli 2257 e 2258, che regolano i sistemi di amministrazioneadottabili nelle società personali. Non esistono organi sociali in

senso proprio, ai quali, come accade nelle società di capitali, siaistituzionalmente attribuita dalla legge una sfera di competenze,ma esistono solo i soci ai quali la legge stessa attribuiscenaturalmente il potere di decidere amministrando100. I modi diamministrare le società personali, previsti dall’ordinamento sonodue: l’amministrazione disgiuntiva e l’amministrazionecongiuntiva.

Amministrazione disgiuntivaÈ regolata dall’art. 2257, il quale consta di tre commi e disponeche “salvo diversa pattuizione, l’amministrazione della societàspetta a ciascun socio disgiuntamente dall’altro. – Sel’amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socioamministratore ha diritto ad opporsi all’operazione che una altrovoglia compiere, prima che sia compiuta. – La maggioranza deisoci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negliutili, decide sull’opposizione”. Il concreto esercizio del potere didirezione spetta a ciascun socio, il quale è legittimato adintraprendere da solo in nome della società tutte le operazioni cheritenga utili all’interesse della società senza necessità di informare preventivamente gli altri soci e di portarle a termine, a meno che ilcompimento dell’operazione non sia paralizzato dall’esercizio deldiritto di opposizione. Il terzo comma demanda alla maggioranzadei soci, computata per quote di interessi, il potere di decideresull’opposizione avanzata dal socio, sempre che permangal’attualità del conflitto, nel senso che una eventuale rinunciaall’opposizione impedisce alla maggioranza di pronunciarsi econsente la ripresa dell’operazione interrotta.

100 Questa conclusione viene contestata da una parte minoritaria della dottrina: e cioè sia da chi postula una vera e propria scissione tra poteredeliberativo e potere amministrativo e quindi l’esistenza di una vera e propria assemblea di soci, sia da quegli autori, i quali, non sentendosela di

arrivare a questa conclusione, postulano la possibilità di una collegialità pattizia, nel senso che il contratto potrebbe prevedere l’esistenza diun’assemblea e di un consiglio di amministrazione con conseguente adozione del metodo maggioritario e dell’osservanza delle regole relative allaconvocazione dell’assemblea e all’ordine del giorno. Senza volere approfondire il discorso, basterà osservare che, da un lato, non si rinvengononorme che suffraghino l’esistenza di un’organizzazione interna articolata sulla falsariga di quella della società per azione e che, per quanto più in particolare riguarda la collegialità pattizia, la tesi relativa è postulabile solo con riguardo alle società costituite per atto scritto. In realtà, il legislatoreha fatto dei soci i naturali amministratori della società anche per bilanciare la loro responsabilità illimitata nei confronti dei terzi e ha dettatoun’embrionale disciplina del funzionamento del sistema delineato.

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Amministrazione congiuntivaÈ regolata dall’art. 2258, il quale consta anch’esso di tre commi edispone che “se l’amministrazione spetta congiuntamente a piùsoci, è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per il

compimento delle operazioni sociali. – Se è convenuto che per l’amministrazione o per determinati atti sia necessario il consensodella maggioranza, questa si determina a norma di quest’ultimocomma dell’art. precedente. – Nei casi preveduti da questoarticolo, i singoli amministratori non possono compiere da solialcun atto, salvo che vi sia urgenza di evitare un danno allasocietà”. L’introduzione di tale sistema deve essere espressamente

convenuta all’atto della stipulazione del contratto con il consensodi tutti i soci. Anche nell’amministrazione congiuntiva è possibile prevedere che le decisioni vengano adottate non secondo la regoladell’unanimità, ma secondo la regola pattizia della maggioranza,la quale viene anche in questo caso calcolata per quote di interessi.Gli schemi adottabili per l’amministrazioneQualunque dei due modi di amministrare si scelga, due sono glischemi che all’interno di ciascuno di essi possono darsi:

• Quello in cui tutti i soci, disgiuntamente o congiuntamente,siano amministratori. Per avere questo tipo di amministrazioneo non dovrà stabilirsi alcunché nel contratto sociale – nel casodell’amministrazione disgiuntiva affidata a tutti i soci – o sidovrà compiere nel contratto un’opzione secca a favore delsistema di amministrazione congiuntiva;• Quello in cui, invece, l’amministrazione sia affidata solo adalcuni soci, avendovi gli altri espressamente rinunciato. Inquesto caso, occorrerà indicare nel caso di amministrazionedisgiuntiva, solo i nomi dei soci incaricati dell’amministrazionee, in ipotesi di amministrazione congiuntiva, sia il sistema diamministrazione scelto e sia i soci amministratori.

In alternativa a questi schemi, una parte della dottrina ritiene possibile, data l’assenza di norme che espressamente lo vietino,

l’affidamento dell’amminis-trazione a non soci (amministratoriestranei). In realtà, la soluzione positiva o negativa del problema èchiaramente influenzata dall’opinione che si ha in tema di fonte

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del rapporto di amministrazione: per chi ritiene che la qualità diamministratore non sia un connotato naturale della qualità di sociodi società personale e che la fonte del rapporto di amministrazionesia diversa da quella del rapporto di società, essendo

l’amministratore un mandatario, appare conseguente sposare lasoluzione dell’ammissibilità di amministratori estranei; così comeè naturale abbracciare la soluzione negativa per chi ritiene che ilsocio possa sì rinunciare al suo diritto di amministrare, ma solo afavore di altri soci. Qualunque soluzione si accetti devono esseremantenuti fermi alcuni punti: l’affidamento dell’amministrazionead estranei non fa venire meno la responsabilità illimitata dei soci;

una volta ammessi gli amministratori estranei, questi sono investitidel potere di compiere, entro i limiti stabiliti dall’art. 2266, ognioperazione per la società e i soci non potrebbero interferire néopporsi alle loro operazioni, se non nella forma estrema dellarevoca.Fonte del rapporto di amministrazioneIl rapporto di amministrazione non viene disciplinato allo stessomodo per tutti i tipi di società, anche se, in primo luogo, identica è per l’investito la funzione amministrativa e, in secondo luogo,chiara è la distinzione dell’amministrazione dalla rappresentanza,attenendo l’amministrazione alla direzione degli affari socialinell’ambito della competenza risultante dalla legge o dal contrattoe la rappresentanza alla legittimazione sostanziale e processualead impegnare il nome della società nei confronti dei terzi. Le fontidel rapporto di amministrazione possono essere la legge e, quandoa questa si deroghi, il contratto sociale ovvero ancora un attoseparato. In questi ultimi due casi è necessario il consensounanime di tutti i soci. In assenza di norma esplicita che contempliil caso, viene risolto negativamente il problema dell’ammissibilitào meno della nomina di un amministratore giudiziario che prendail posto dell’amministratore revocato dalla stessa autoritàgiudiziaria ai sensi dell’art. 2259 ovvero nelle ipotesi di discordia

tra i soci. La legge stabilisce all’art. 2260 che “i diritti e gliobblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sulmandato”.

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I dirittiFatto salvo il diritto di amministrare sancito all’art. 2257, l’unicaquestione resta quella del diritto al compenso: ad una sostanzialeconcordia di opinioni esistenti nella giurisprudenza, la quale

ritiene che, in mancanza di regole contrattuali sulla ripartizionedegli utili, al socio amministratore spetta un compenso, in forzadella presunzione di onerosità del mandato contenuta nell’art.1709, fa riscontro una variegazione di orientamenti della dottrinadivisa tra:

• chi nega il diritto dell’amministratore al compenso inmancanza di espressa pattuizione in tal senso;

chi fa dipendere la soluzione della questione da quella data al problema della natura del rapporto di amministrazione101;Gli obblighiL’articolo 2260 comma due stabilisce che “gli amministratorisono solidalmente responsabili verso la società per l’adempimentodegli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale”.Altri obblighi sono:

fornire il rendiconto ai soci non amministratori in forzadell’art. 2261;• fornire ai soci non amministratori notizia dello svolgimento

degli affari sociali e di consentire la consultazione deidocumenti relativi all’amminis-trazione, sempre ai soci nonamministratori;

• ottemperare agli obblighi di iscrizione della società nell’Albospeciale del registro delle imprese;

• tenere le scritture contabili imposte dalle dichiarazione dilegge.

I poteriL’art. 2266 comma primo, dispone che “la società acquista diritti eassume obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno larappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi”.L’art. 2266 sta a significare che nei rapporti esterni, pur non

avendo la personalità giuridica, la società semplice, e in generale101 nel senso che, ove si ritenga che l’amministratore presti la sua opera in forza dello stesso rapporto sociale, la negazione del suo diritto alcompenso appare la più naturale, mentre soluzione opposta dovrebbe adottarsi nel caso in cui rapporto di società e rapporto di amministrazione sianoconsiderati distinti, trovando il secondo fonte in un mandato presunto oneroso.

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tutte le società di persone, si presentano come un gruppounitario, portatore di una propria volontà e titolare di un proprio patrimonio, capace come tale di acquistare diritti, di assumereobblighi e di stare in giudizio. Da questa norma si ricavano i punti

di riferimento sulla base dei quali i terzi possono determinare illoro orientamento e la loro condotta verso la società:• la distinzione tra rappresentanza sostanziale e processuale;• la possibilità di indicare quali tra i soggetti amministratori

abbiano la rappresentanza;• l’individuazione dell’oggetto sociale come limite ai poteri

degli amministratori;•

la possibilità di determinare il contenuto dei poterirappresentativi come risulta dall’espressione di esordio (“inmancanza di diversa disposizione del contratto”) dell’art.2266, comma secondo.

In relazione a questo ultimo punto, appare opportuno distinguerele ipotesi possibili:

• con riguardo ai soggetti investiti del potere rappresentativo

(se il contratto nulla dispone in ordine alla rappresentanza,questa spetta a ciascun socio amministratore; se il contrattocontiene disposizioni esplicite in ordine alla rappresentanza,l’unico problema aperto riguarda la possibilità di attribuire larappresentanza ad estranei);

• con riguardo ai contenuti della rappresentanza (in mancanzadi diversa pattuizione il rappresentante può compiere tutti gliatti che rientrano nell’oggetto sociale; se il contratto dettadelle limitazioni queste non sono opponibili se non sono state portate a conoscenza di terzi con mezzi idonei).

Per vincolare quindi la società, l’amministratore – rappresentantedeve spendere necessariamente il nome della società e deve aver compiuto un atto, lecito o illecito che sia, che rientri nell’oggettosociale. In linea di massima i principi esposti per la rappresentanzanegoziale, valgono anche per la rappresentanza processuale; e

 prima di tutto il principio per cui se nel contratto sociale esistonospecifiche disposizioni in ordine alla rappresentanza negoziale,

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queste, e non la disposizione dell’art. 2266, si estendono allarappresentanza processuale.La responsabilità degli amministratori e controllo degli altri

soci

L’art. 2260 dispone che “gli amministratori sono solidalmenteresponsabili verso la società per l’adempimento degli obblighi adessi imposti dalla legge e dal contratto sociale. Tuttavia, laresponsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essereesenti da colpa”. I principi che da questa norma si ricavano sonotre:• la responsabilità degli amministratori si atteggia nei confronti

della società e non dei singoli soci;• la solidarietà fra gli amministratori opera oltre che in regime di

amministrazione congiuntiva, come sarebbe naturale, anche inregime di amministrazione disgiuntiva;

• ciascun amministratore può esimersi da responsabilitàdimostrando di essere immune da colpa.

La responsabilità si estende anche agli amministratori di fatto: a

quegli amministratori che hanno in realtà svolto le relativefunzioni. Problemi sorgono, in conseguenza del silenzio dell’art.2260, sul modo in cui far valere la responsabilità. Si può dire che:

• la legittimazione ad esperire l’azione spetta alla società o alcuratore fallimentare e non ai singoli soci;

• l’azione tende ad ottenere la reintegrazione del patrimoniosociale depauperato dal comportamento illegittimo degliamministratori attraverso la condanna di questi ultimi alrisarcimento del danno.

L’art. 2261 attribuisce ai soci che non partecipanoall’amministrazione ed in coerenza con la circostanza che anche isoci non amministratori continuano a rispondere delleobbligazioni sociali, una serie di poteri di controllo sull’amminis-trazione della società, e precisamente:• il diritto di ottenere dagli amministratori notizia dello

svolgimento degli affari sociali;• il diritto di consultare i documenti relativi all’amministrazione;

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• il diritto a ricevere il rendiconto quando gli affari per cui fucostituita la società sono stati compiuti ovvero, se la duratadella società è ultrannale, al termine di ogni anno.

Estinzione del rapporto di amministrazione

Se si eccettua l’ipotesi della revoca (2259), l’estinzione delrapporto di amministrazione non è regolata in modo organico,analogamente a quanto avviene per la nomina. I casi di cessazionedel rapporto di amministrazione sono:

• L’esclusione del socio amministratore dalla società. Questa èuna soluzione obbligata e coerente solo per chi ritiene la qualitàdi socio presupposto naturale e indispensabile per l’esercizio

delle funzioni amministrative; per chi considera il rapportosociale distinto da quello amministrativo, l’esclusione del socioamministratore, se motivata da ragioni che riguardano il solorapporto sociale, potrebbe consentire al socio escluso ilmantenimento della carica di amministratore: sempre,ovviamente, che si ammettano gli amministratori estranei.• La revoca. È l’unica ipotesi di cessazione espressamenteregolata dalla legge, e precisamente dall’art. 2259, il qualestabilisce che “la revoca dell’amministratore nominato con ilcontratto sociale non ha effetto se non ricorre una giusta causa. – L’amministratore nominato con atto separato è revocabilesecondo le norme sul mandato. – La revoca per giusta causa  può in ogni caso essere chiesta giudizialmente da ciascunsocio”102.

La qualità di socioDella qualità di socio, intorno alla cui natura sempre vivace è statoil dibattito soprattutto dottrinale, si assumerà l’accezione più lata

102 L’interpretazione plausibile della norma, la quale può essere suddivisa idealmente in due parti – revoca ad opera della collettività dei soci (primidue commi) e revoca da parte dell’autorità giudiziaria – consente queste deduzioni:

•  per quanto attiene alla revoca da parte della collettività dei soci , essa è possibile solo nei confronti degli amministratori che siano statinominati con il contratto sociale o con atto separato, e non pure nei confronti di quegli amministratori che ripetono il loro potereunicamente dalla legge; mentre deve registrarsi il permanente divario di opinioni sul perché del diverso trattamento tra amministratorenominato con il contratto sociale, revocabile solo se ricorra giusta causa, e amministratore nominato con atto separato, revocabile secondole norme sul mandato, deve aggiungersi che per il secondo il rinvio ricorrente è all’art. 1726, onde la necessità del consenso unanime deisoci, così come questo è indispensabile per la nomina;

• più impegnativi i problemi sollevati dalla revoca giudiziaria: si ripropone anche in questo caso il problema relativo all’ambito diapplicazione di questo istituto all’amministratore che non ripeta la propria nomina dal contratto sociale o da un atto separato ed eserciti lasua funzione in forza dell’art. 2257 e, in secondo luogo, si dibatte sul concetto di giusta causa. Questa consiste in ogni evento, anche nonimputabile all’amministratore, che renda impossibile il naturale svolgimento del rapporto di gestione. Da un punto di vista procedimentale,occorre sottolineare che la revoca giudiziale per giusta causa può essere domandata da ciascun socio solo ove l’azione sia stata deliberatadai soci; che i richiedenti devono fornire la prova della sussistenza della giusta causa e che il giudizio instaura tra i soggetti richiedenti e ildestinatario della domanda di revoca, senza instaurazione di un litisconsorzio necessario.

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  possibile, e cioè come la posizione di membro della società,  produttiva di una serie di interessi, variamente tutelatidall’ordinamento giuridico nei confronti della società stessa.L’acquisto della qualità di socio può avvenire:

•  per effetto dell’adesione originaria al contratto di società;•   per effetto dell’acquisto inter vivos di una quota di

 partecipazione103;•  per effetto della successione mortis causa, sempre che esista

una clausola di continuazione della società con gli eredi delsocio defunto ovvero l’ac-coglimento da parte degli eredimedesimi della proposta di subentrare in società in luogo del

de cuius loro rivolta dai soci superstiti.La soluzione dei problemi relativi all’ammissibilità dellacostituzione di usufrutto e pegno sulle quote sociali è strettamentelegata alla soluzione del problema del trasferimento: evolutosi il pensiero di autori e giudici verso l’ammissibilità del trasferimento,analogo atteggiamento si è avuto in ordine ai diritti reali minori;ovviamente, anche in tal caso, l’ammissibilità della loro

costituzione è subordinata al consenso di tutti gli altri soci. Restain ogni caso aperto il problema relativo alla spettanza dei dirittiafferenti alla quota. E se è scontata la permanenza in capo al sociodella qualità di socio nonché la possibilità dell’usufruttuario e delcreditore pignoratizio di opporre il loro diritto oltre che neiconfronti del proprietario della quota anche nei confronti dellasocietà, è possibile dividere le altre situazioni soggettive in trecategorie:

• quelle il cui esercizio spetta sicuramente al socio, nelle qualiva incluso il diritto di recesso;

• quelle il cui esercizio spetta sicuramente all’usufruttuario o alcreditore pignoratizio, nelle quali vanno inclusi il diritto agliutili, il diritto di voto, il diritto di amministrare;

• quelli che possono essere esercitati e dal socio edall’usufruttuario, in cui si fanno rientrare i diritti di controllo

103 Anche se il principio ispiratore della materia è quello della non libera trasferibilità della quota, la pratica insegna che la quota viene consideratacedibile, ma l’efficacia della cessione è subordinata al consenso di tutti gli altri soci, e tale consenso può essere non solo tacito, ma prestato anchedopo che sia intervenuto tra le parti il contratto di cessione. Così come sono ammissibili clausole contrattuali in deroga con le quali si sancisca il principio della libera trasferibilità o la sufficienza del consenso della maggioranza.

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spettanti ai soci non amministratori e il diritto alla quota diliquidazione.

Per quanto concerne gli obblighi, ed in particolare quelli delconferimento, si adottano soluzioni differenti per il pegno e

l’usufrutto: nel primo caso, esso grava sul socio e nel secondosull’usufruttuario. A quali misure cautelari la quota siaassoggettabile è problema che trae origine dalla norma contenutanell’art. 2270 a tenore del quale “il creditore particolare del socio,finché dura la società può compiere atti conservativi sulla quotaspettante a quest’ultimo nella liquidazione”. Vi rientrano: ilsequestro conservativo, l’espropriazione e il pignoramento nelle

forme del pignoramento presso terzi.Gli obblighi del socio vanno distinti in due categorie:• quelli sanciti con sicurezza da una norma e che pertanto non

  possono essere posti in discussione (come l’obbligo delconferimento);

• quelli creati dalla dottrina e per ciò opinabili.All’obbligo del passaggio dei beni nel patrimonio della società, è

connessa l’impossibilità per il socio stesso “di servirsi delle coseappartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quelli dellasocietà”, come stabilisce l’art. 2256. Per quanto concerne gliobblighi non sanciti da norme di legge, un posto di riguardomerita l’obbligo di collaborazione, da ricollegarsi ai profilisoggettivi dell’esercizio in comune di una attività economica.Accanto al diritto di amministrare il socio è titolare di altresituazioni giuridiche attive che possono essere distinte in duegrandi categorie:

• quelle amministrative o sociali o di amministrazione in sensolato, che possono essere così individuate:

o il diritto di esprimere il proprio parere e il diritto diopporsi,

o il diritto di chiedere giudizialmente la revoca del socio odei soci amministratori quando ricorra una giusta causa,

o il diritto di recesso,o il diritto di opporsi alla propria esclusione,

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o i diritti di controllo;• quelle di carattere patrimoniale o economico che spettano

indistintamente a tutti i soci, amministratori o no, e sono:o il diritto agli utili,

o il diritto alla liquidazione della quota,o il diritto alla quota di liquidazione (all’estinzione della

società).Gli utiliAppartenendo la società semplice al novero delle società lucrative,centrale importanza assumono le regole relative al conseguimentoe soprattutto alla destinazione degli utili. Premesso che per utile

deve intendersi quello derivante dall’attività economica esercitatadalla società e che solo i guadagni effettivamente così realizzati possono essere destinati alla ripartizione periodica ai soci, occorredire che alla materia in discorso sono dedicate quattro norme: gliart. 2262 – 2265. Tra le quattro, preminente rilievo assume l’art.2262, perché stabilisce il diritto del socio di società personale alladivisione periodica degli utili. Se il socio ha diritto alla

ripartizione periodica integrale degli utili prodotti in esercizio ègiocoforza postulare la necessità che ogni “deviazione” da questoschema richieda il consenso singolo del titolare del diritto e quindidi ogni socio. Si potrà dire che, a tal proposito, non sono in alcunmodo ammissibili perché nulli, sia patti che stabilisconodevoluzioni dell’utile contrastanti con la causa del contrattosociale sia patti, diretti o indiretti, con i quali uno o più socivengono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite(c.d. divieto del patto leonino, art. 2265). Né potranno ritenersiammissibili rinunce preliminari del socio a percepire utili,quand’anche per destinarli ad altri scopi previamente individuati:il socio potrà solo rinunciare ad esigere il dividendo spettanteglidopo che sia stato approvato il rendiconto. Gli art. 2263 e 2264riguardano più da vicino i criteri per determinare la partecipazionedei soci ad utili e perdite e da esse si ricavano le regole e i principiseguenti:

• come regola generale il principio per cui la disciplina legaleha carattere suppletivo, in quanto l’applicazione di tale norma

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è condizionata all’assenza di pattuizioni contrattuali intema di ripartizione degli utili e delle perdite;

• come principio legale inderogabile, il divieto del pattoleonino sancito all’art. 2265;

come principio suppletivo, quello per cui solo quandomanchino pattuizioni contrattuali, intervengono le presunzioni poste dall’art. 2263, e cioè:

o se il valore dei conferimenti è determinato nel contratto,vige il principio della proporzionalità, nel senso che le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti;

o

se manca ogni determinazione contrattuale del valoredei conferimenti, scatta il principio di eguaglianza;o   presunzione di eguaglianza tra partecipazione ai

guadagni e partecipazione alle perdite, ove il contrattodetermini solo la parte di ciascuno nei guadagni;

• come regola in deroga al principio espresso sotto il  precedente punto, che la determinazione della parte diciascun socio nei guadagni e nelle perdite può essere rimessaad un terzo, la cui decisione può essere impugnata ai sensidell’art. 1349, salvo che dal socio il quale abbiavolontariamente eseguito la decisione stessa (art. 2264).

Regola a parte è quella contenuta nell’art. 2263 comma due, che,in mancanza di determinazione contrattuale delle parti, affida alladecisione del giudice secondo equità la determinazione della partedi utili spettante al socio che ha conferito la propria opera. E ciòcostituisce occasione propizia per trattare della discussa figura delsocio d’opera. La norma non risolve affatto il problema che lafigura del socio d’opera ha suscitato, sempre in bilico tra la posizione di lavoratore subordinato che trova nella prestazionedella sua opera la fonte del su sostentamento e la posizione di prestatore autonomo di lavoro in quanto cointeressato alle sortidell’impresa. È questa incertezza che si riflette nelle posizioni

della dottrina che si è occupata dei criteri che il giudice deveseguire, dividendosi tra chi ritiene che occorre estendere al sociod’opera i principi propri del lavoro subordinato prestato nella

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società rappresenti l’unica fonte di sostentamento, e chi pensache il giudice non possa ispirarsi, neppure in via indicativa, alleretribuzioni stabilite dai contratti collettivi ma debba ricorrere aicompensi correnti per i lavoratori autonomi. E forse sembra più

giusto l’orientamento di chi tenta una mediazione tra le due posizioni, indicando parametri di valutazione endogeni. In ognicaso, qualunque delle soluzioni si accolga, appare opportunoavvertire che in tanto il giudice potrà applicare la norma in esame,solo in quanto il valore del conferimento del socio d’opera nonsia determinato e lo siano invece quelli dei soci capitalisti.I rapporti della società con i terzi

La problematica relativa ai rapporti della società con i terzi puòessere analizzata sotto i due punti di vista della rappresentanza edella responsabilità per le obbligazioni sociali.Problematica relativa alla rappresentanzaL’ipotesi in esame riguarda i soggetti che hanno il potere dispendere il nome della società e quindi di impegnarla nei confrontidi terzi. Si tratta solo di ricordare la norma dell’art. 2266, la qualedispone che “la società acquista diritti e assume le obbligazioni  per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta ingiudizio nella persona dei medesimi. – In mancanza di diversadisposizione del contratto, la rappresentanza spetta a ciascun socioamministratore e si estende a tutti gli atti che rientranonell’oggetto sociale. – Le modificazioni e l’estinzione dei poteri dirappresentanza sono regolate dall’art. 1396”. Efficacemente si èscritto che questa disposizione pone le condizioni in presenzadelle quali un diritto acquistato da un socio o un’obbligazione daquesto assunta può essere qualificato come diritto o comeobbligazione sociale, e quindi come diritto destinato a far parte del patrimonio sociale. La condizione posta è che il diritto sia statoacquistato e l’obbligazione sia stata assunta da un socio che abbiala rappresentanza della società. Le situazioni che sulla base dellanorma possono in concreto verificarsi con stretto riguardo alla

 persona dell’investito sono le seguenti:

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• se il contratto sociale nulla dispone in ordine allarappresentanza, questa spetterà a ciascun socioamministratore;

• quando il contratto contiene disposizioni esplicite in ordine

alla rappresentanza, si tratterà di valutarne l’ammissibilitàsoprattutto con riguardo alla persona dell’investito.Le situazioni che, sempre in relazione all’art. 2266, possonoverificarsi in concreto con riguardo al contenuto e all’estinzionedei poteri di rappresentanza:

• se il contratto nulla dice, la rappresentanza si estende alcompimento di tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale;

se, invece, il contratto detta disposizioni limitatrici delcontenuto si tratterà di stabilirne l’ammissibilità.Circa l’opponibilità delle modificazioni o dell’estinzione dei poteri rappresentativi, il problema si pone solo nel caso in cui ilcontratto detti norme in ordine al potere rappresentativo: lelimitazioni originarie, saranno sempre opponibili ai terzi, anche sequesti non le conoscessero, ed incomberà perciò sui terzimedesimi l’onere di accertare il potere e il contenuto dei poteri dicolui che agisce in nome della società; per le modificazioni ol’estinzione vige un diverso principio: incomberà sulla societàl’onere di portare a conoscenza dei terzi questi eventi con i mezziidonei o di provare che i terzi le conoscessero, penal’inopponibilità degli eventi stessi.Problematica relativa alle obbligazioni socialiQuesta ipotesi coinvolge indirettamente anche il discorso suirapporti con i creditori sociali e i creditori particolari del socio.L’art. 2267 costituisce la norma centrale, disponendo che “icreditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale. Per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e illimitatamente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci”. Icreditori sociali possono far valere le loro pretese innanzi tutto sul

  patrimonio sociale, che è destinato principalmente se nonesclusivamente alla soddisfazione delle loro pretese, conesclusione di ogni pretesa dei creditori particolari dei soci, i quali,

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oltre a poter far valere i loro diritti sugli utili spettanti al socio ea poter compiere atti conservativi sulla quota che al sociomedesimo spetterà nella liquidazione, possono chiedere laliquidazione della quota dei loro debitori, solo a condizione che gli

altri beni di costoro siano insufficienti a soddisfare leobbligazioni. Gli stessi creditori sociali possono rivolgersi per lasoddisfazione dei loro crediti anche nei confronti dei soci, i qualirispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazionisociali (art. 2267). Per la verità, la legge opera una distinzione trasoci che hanno agito in nome e per conto della società, soci agenti,e gli altri soci, disponendo per i primi la inderogabilità della

responsabilità illimitata e solidale e per i secondi la derogabilità ditale disposizione. La responsabilità del socio per le obbligazionisociali è sussidiaria. Il creditore sociale ben può aggredire il patrimonio del socio senza aver preventivamente esperito alcunaazione contro il patrimonio sociale, ma il socio può paralizzaretale azione, dimostrando che esistono beni sociali sui quali ilcreditore può agevolmente soddisfarsi. Due cose sonoindiscutibili:

• il patrimonio sociale costituisce la garanzia esclusiva per icreditori sociali e non subisce, se non limitatissimamente, ilconcorso dei creditori particolari dei soci;

• in nessun caso può restare esclusa la responsabilità personaledi tutti i soci.

L’art. 2270 detta, a tutela dei creditori particolari, tre regole,concedendogli le seguenti possibilità:

• far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore: questaregola è coerente con il principio secondo cui, datal’autonomia patrimoniale della società, il socio non ha dirittoalcuno sui beni della società, ma solo sugli utili realizzati esulla quota di liquidazione all’atto della cessazione delrapporto e dello scioglimento della società. Far valere i suoidiritti sugli utili significa compiere atti conservativi ed

esecutivi, ma non equivale a dire che il creditore possa inqualche modo influire sulla distribuzione e più precisamentesulla quantificazione degli utili da distribuire;

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• compiere atti conservativi sulla quota spettante aquest’ultimo nella liquidazione;

• ottenere la liquidazione della quota del suo debitore “se glialtri beni di questi sono insufficienti a soddisfare i suoi

crediti”.A salvaguardia del patrimonio sociale, stanno, perciò, nella societàsemplice, due importanti regole:

• il creditore particolare, nel richiedere la liquidazione dellaquota, ha l’onere di provare che gli altri beni del debitoresono insufficienti a soddisfare i suoi crediti ed essendo taledisposizione eccezionale, fin quando vi è capienza nel

 patrimonio personale del socio, la liquidazione della quotanon può essere chiesta;• il creditore personale non potrà agire direttamente sui beni

della società, ma potrà ottenere una somma di denarocorrispondente al valore della quota.

Modificazioni soggettive del contratto di societàPer tali si intendono le modificazioni del contratto che riguardano

le persone dei soci. La manifestazione più significativa di talimodificazioni è, accanto al trasferimento della quota sociale, loscioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio. Èopportuno ricordare che il socio può rimanere tale finoall’estinzione della società, ma può cessare di essere tale anche prima di tale momento, oltre che per la morte, anche per causedipendenti dalla sua volontà (recesso) o dipendenti dalla volontàdella società (esclusione) ovvero ancora indipendenti e dall’una edall’altra (esclusione di diritto).MorteLa disciplina di questo evento contiene una deroga al regimeordinario delle successioni mortis causa: gli eredi, infatti, nonsubentrano di diritto nel rapporto sociale, atteso che l’art. 2284 pone, come regola ordinaria, l’intrasmissibilità mortis causa della posizione di socio, disponendo che in caso di morte di uno dei

soci, salvo contraria disposizione del contratto sociale, gli eredihanno solo diritto a ricevere la liquidazione della quota del loro

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dante causa. Dalla morte del socio possono derivare le seguenticonseguenze:

• se nulla prevede il contratto sociale le strade alternativamente percorribili sono tre:

o la liquidazione della quota agli eredi del defunto;o scioglimento della società con deliberazione adottata da

tutti i soci;o invito degli eredi ad entrare nella società, subentrando

nella stessa posizione del socio defunto;• in relazione alla possibilità che il contratto preveda patti in

deroga alla disciplina legale, si sono ipotizzati vari tipi di

clausole limitative del potere di scelta. Le clausole che hannointeressato maggiormente la dottrina e la giurisprudenza sonoquelle che prevedono la continuazione della società con glieredi del socio defunto, che sogliono raggrupparsi in trecategorie distinte: le clausole di continuazione facoltativa,che obbligano i soci a continuare la società con gli eredi, iquali hanno, a loro volta, il diritto ma non l’obbligo di aderire

al contratto sociale; le clausole di continuazione obbligatoria,con le quali si prevede l’obbligo degli eredi di entrare insocietà; le clausole di continuazione automatica, in forzadelle quali il chiamato all’eredità consegue, per il solo fattodell’accettazione dell’eredità, la qualità di socio.

RecessoIl recesso è una dichiarazione unilaterale di volontà, con la quale ilsocio dichiara di voler sciogliere il rapporto contrattuale che lolega alla società. Regolato dall’art. 2285, tre sono i casi in cui esso può essere esercitato:

• quando la società è stata contratta a tempo indeterminatoovvero è stata commisurata alla vita di uno dei soci;

• quando sussiste una giusta causa;• nei casi previsti dal contratto sociale.

 Nei primi casi si parla di recesso legale, mentre nell’ultimo casosi parla di recesso convenzionale. Può considerarsi una ipotesi direcesso legale anche il recesso per giusta causa, in ordine al quale

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il punto di riferimento privilegiato deve considerarsi lagiurisprudenza, che ha individuato due criteri generali per poter ritenere giustificato il recesso, e cioè quando esso costituisca lareazione ad un illegittimo comportamento degli altri soci ovvero

quando si ricolleghi all’altrui violazione di obblighi contrattuali edi doveri di fedeltà. Occorre infine ricordare che il recesso non èné limitabile né rinunciabile e deve essere esercitato personalmente dal socio o dal suo legale rappresentante.La dichiarazione di recesso non è assoggettata a particolari forme.Essa può essere espressa ovvero tacita e, nel primo caso, puòessere scritta o orale. In ordine all’efficacia, l’art. 2285 stabilisce

che “nei casi previsti nel primo comma, il recesso deve esserecomunicato agli altri soci con un preavviso di almeno tre mesi”.Per poter opporre la dichiarazione di recesso agli altri soci,occorre provare che il mezzo scelto per “comunicare” abbiaraggiunto lo scopo di far conoscere a costoro la dichiarazione direcesso e per poterlo opporre a terzi, occorre portarlo a loroconoscenza con mezzi idonei.EsclusioneL’esclusione è vista come una sorta di risoluzione parziale delcontratto di società che produce i suoi effetti immediatamente neiconfronti delle persone dei soci. In linea di principio, i casi diesclusione trovano la loro fonte nella legge, laddove la possibilitàdi prevedere, nel contratto, ipotesi aggiuntive rispetto a quellelegali è circondata da riserve e da limiti. L’esclusione può esserefacoltativa o di diritto. L’esclusione detta facoltativa, cheavviene per deliberazione della maggioranza dei soci o nellasocietà di due soci in seguito a pronuncia del tribunale, si chiamacosì proprio perché l’adottare il provvedimento è una facoltà e nonun obbligo. Essa è regolata all’art. 2286 il quale prevede vari casi:

• il primo motivo è costituito dalle gravi inadempienze delleobbligazioni che derivano al socio dalla legge o dal contrattosociale;

• il secondo motivo riguarda la persona del socio, nel senso chequesto può essere escluso ove sia colpito da provvedimentodi interdizione, legale o giudiziale, e di inabilitazione;

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Una terza categoria di cause (art. 2286 commi due e tre)comprende cause che si riconnettono alla impossibilitàsopravvenuta della prestazione e precisamente:

• la sopravvenuta inidoneità del socio a svolgere l’opera

conferita;• il perimento della cosa conferita in godimento dovuto a cause

non imputabili agli amministratori;• il perimento della cosa conferita in proprietà se questo è

avvenuto prima che la proprietà sia acquistata dalla società.Un quesito particolare si pone per il socio amministratore: se cioèescluderlo dalla società rilevi o no il tipo di violazione commessa

e se la violazione debba riguardare il socio in quanto tale ol’amministratore in quanto tale. L’orientamento prevalente è nelsenso che il tipo di violazione non rilevi.Il procedimento di esclusione riguarda la sola esclusionefacoltativa e si snoda attraverso le seguenti fasi:

• Deliberazione della maggioranza dei soci. Occorre noncomputare nel numero di questi il socio da escludere. È

sufficiente il consenso della maggioranza anche senza unadeliberazione in senso tecnico.• Comunicazione al socio escluso.

L’esclusione ha effetto decorsi trenta giorni dalla comunicazione eda tale momento il socio perde tale qualità e decorrono altresì i seimesi per la liquidazione della quota da parte della società. Anorma dell’art. 2287 entro trenta giorni dalla data dellacomunicazione “il socio escluso può fare opposizione al tribunale,il quale può sospendere l’esecuzione”. La legittimazione attivaspetta al socio escluso e quella passiva è radicata in capo allasocietà. La legge prevede che il provvedimento possa esseresospeso con conseguente inefficacia di esso fino al momento della pronuncia della sentenza esecutiva che rigetta l’opposizione. Dallacomunicazione del provvedimento di esclusione decorre il termine per proporre opposizione dinanzi al tribunale, che può sospenderel’esecuzione; così come da tale momento decorre il termine di seimesi per la liquidazione della quota da parte della società.

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L’esclusione di diritto si caratterizza rispetto all’esclusionefacoltativa perché consegue quasi automaticamente al verificarsidel fatto che la legge indica come generatore, indipendentementeda ogni valutazione discrezionale degli altri soci. A norma dell’art.

2288 è escluso di diritto il socio che si sia dichiarato fallito e ilsocio nei cui confronti il creditore particolare abbia ottenuto laliquidazione della quota.La liquidazione della quota al socio cessatoDall’art. 2289 che regola la materia vanno separatamenteesaminati i due primi commi che riguardano le questioni piùimportanti. Al primo comma si legge: “nei casi in cui il rapporto

sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredihanno diritto soltanto ad una somma di denaro, che rappresenti ilvalore della quota”. Dall’avverbio “soltanto”, si desume che ilsocio uscente non può pretendere la restituzione dei beni che egliabbia eventualmente conferito in natura. Al secondo comma silegge: “la liquidazione della quota è fatta in base alla situazione  patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica loscioglimento”, nel senso che il socio sopporta le conseguenzedelle operazioni in corso al momento dello scioglimento delvincolo. Il quarto comma stabilisce che la quota deve essereliquidata entro sei mesi dal giorno in cui si è verificato loscioglimento del rapporto, con la conseguenza che la mancataliquidazione entro tale termine comporta l’applicazione del principio della rivalutazione del debito della società nei confrontidel socio cessato. L’articolo in esame non precisa se l’obbligodella liquidazione della quota gravi sulla società o sui soci, e se èvero che il problema resta dibattuto è anche vero che lamaturazione e la sempre migliore delineazione del concetto disoggettività e la stessa esigenza di chiarezza e coerenza fra  premesse concettuali e decisioni concrete fanno chiaramente pendere la bilancia a favore della tesi che considera la societàobbligata a liquidare.

La responsabilità del socio cessatoL’art. 2290 stabilisce che “nei casi in cui il rapporto sociale siscioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi sono

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responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino algiorno in cui si verifica lo scioglimento. – Lo scioglimento deveessere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; inmancanza, non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa

ignorato”.La durata della società e la proroga tacitaLa fissazione di un termine di durata della società non è, nellasocietà semplice, indispensabile. Nell’ipotesi in cui il contrattosociale contenga tale elemento, nulla esclude che prima dellascadenza i soci possano fissare un altro termine di durata, prorogando espressamente la società. la disciplina prevede anche

una proroga tacita, la quale si ha “quando, decorso il tempo per cui fu contratta, i soci continuano a compiere le operazionisociali” ( art. 2273 ).SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO

La disciplina della società in nome collettivo è contenuta negliarticoli da 2291 a 2312. La società in nome collettivo può esseredefinita come la società in cui tutti i soci rispondonoillimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali, senzache il patto contrario abbia effetto nei confronti dei terzi.Caratteristiche peculiari di tale tipo di società sono la possibilità diessere utilizzata per l’esercizio di ogni specie di attività e laresponsabilità illimitata e solidale dei soci. L’art. 2291 induce a untriplice ordine di considerazioni:

• la norma assolve, innanzi tutto, ad una funzione diidentificazione del tipo, anche se la responsabilità illimitata esolidale per le obbligazioni sociali è elemento necessario manon sufficiente. Ne consegue che una specifica ed espressadichiarazione di voler adottare il tipo della società in nomecollettivo occorrerà soltanto se l’oggetto sociale consistanell’esercizio di un’attività non commerciale, data la possibile confusione con il tipo della società semplice;

• l’ambito di applicazione di tale norma va al di là dell’attualità

del vincolo sociale, nel senso che in forza dell’art. 2269 “chientra a far parte di una società già costituita risponde con glialtri soci per le obbligazioni sociali anteriori all’acquisto

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della qualità di socio” , e in forza dell’art. 2290, i sociuscenti o i loro eredi rispondono verso i terzi per leobbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica loscioglimento;

il secondo comma sancendo l’inefficacia assoluta neiconfronti dei terzi dei patti limitativi della responsabilitàsanziona una prima, non trascurabile differenza di disciplinarispetto al regolamento dell’omologa materia nella societàsemplice.

Le principali differenze della società in nome collettivo con lasocietà semplice sono:

la presenza, nella disciplina delle società in nome collettivo,di una norma che indica il contenuto dell’atto costitutivo, ecioè l’art. 2295;

• l’inesistenza di limiti relativi all’oggetto sociale, che può,nella società in nome collettivo, consistere nell’esercizio diqualunque tipo di attività lecita (commerciale, agricola, professionale);

• l’inefficacia esterna dei patti limitativi della responsabilitàdei singoli soci;

• un più accentuato livello di autonomia patrimoniale, e quindiuna regolamentazione parzialmente diversa dei rapporti dellasocietà con i terzi;

• l’esistenza di un regime di pubblicità abbastanza articolato;• l’esistenza di una serie di norme in tema di capitale sociale,

che mancano nella società semplice.L’atto costitutivoA differenza di quanto avviene per la società semplice, la leggedisciplina in modo compiuto l’atto costitutivo e le indicazioni chedevono esservi contenute. La libertà della forma resta la regolaanche per la costituzione della società in nome collettivo e l’attoscritto è richiesto solo a fini dell’iscrizione nel registro delleimprese e, perciò, solo ai fini della regolarità della società, tant’è

che come esiste la società semplice di fatto così esiste anche lasocietà in nome collettivo di fatto. In caso di costituzione dellasocietà per atto scritto, non è indispensabile la contestuale

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 presenza di tutti i requisiti indicati nei numeri da 1 a 9 dell’art.2295, dovendosi distinguere dal contenuto del contratto socialeessenziale per l’esistenza della società quel contenuto che servesolo ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese.

I soggetti partecipantiIl numero uno dell’art. 2295 prescrive che l’atto costitutivo deveindicare “il cognome e il nome, il luogo di nascita, il domicilio ela cittadinanza dei soci”. L’essenzialità dell’elemento è in re ipsa,dal momento che non esisterebbe un contratto che non contenessel’indicazione delle parti contraenti. I problemi che la normasuscita riguardano la partecipazione degli incapaci e la

  partecipazione di soggetti diversi dalle persone fisiche. Conriferimento al primo di essi, la disciplina contiene una norma,l’art. 2294, a tenore della quale “la partecipazione di un incapacealle società in nome collettivo è subordinata in ogni casoall’osservanza delle disposizioni degli art. 320, 371, 397, 424 e425”. Queste norme dispongono che il minore, l’interdetto el’inabilitato, per continuare l’esercizio di una impresacommerciale devono ricevere l’autorizzazione del tribunale e cheil minore emancipato può esercitare un’impresa commercialesenza l’assistenza del curatore se è autorizzato dal tribunale previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore.Per ciò che riguarda l’amministrazione basta tenere presente latrattazione effettuata per le società di persone e quindi, ai sensidell’art. 2295, nell’atto costitutivo devono essere indicati i sociche hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società.Deve aggiungersi che per gli amministratori di società in nomecollettivo è prescritto l’obbligo di tenuta dei libri e delle scritturecontabili prescritti dall’art. 2214.La ragione socialeIl n. 2 dell’art. 2295 indica quale elemento da includere nell’attocostitutivo la ragione sociale, autonomamente disciplinata nell’art.2292, proprio per rimarcare che anche la società in nome

collettivo deve esercitare la sua attività adottando un nome.Definibile come la ditta sotto il quale agiscono le società in nomecollettivo e le società in accomandita semplice, la ragione sociale

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assolve, in primo luogo, ad una funzione di identificazione delsoggetto. L’art. 2292 fissa due regole: il primo comma, quando prescrive che accanto al nome dei soci venga indicato il rapportosociale, sembra confermare il principio di verità, già vigente per la

formazione della ditta dell’imprenditore individuale; il secondocomma, disponendo che “la società può conservare nella ragionesociale il nome del socio receduto o defunto, se il socio receduto ogli eredi del socio defunto vi consentono” (ragione socialederivata). Occorre ancora precisare tre punti: l’inosservanza della prescrizione contenuta nell’art. 2292 determina l’irregolarità dellaragione sociale, che può dar luogo anche al rifiuto di iscrizione

dell’atto costitutivo nel registro delle imprese; la ragione sociale èliberamente trasferibile; alla ragione sociale si applica il principiodi novità, grazie al rinvio diretto all’art. 2564 disposto dall’art.2567.La sede della società e l’oggetto socialePer sede della società si intende sul piano formale, quellarisultante dall’atto costitutivo e dallo statuto e nella quale – almeno di norma – si trovano stabilmente gli organi che hanno larappresentanza dell’ente e la capacità di obbligarlo. L’indicazionedella sede è importante al fine di:

• stabilire il giudice territorialmente competente per lecontroversie giudiziarie che interessano la società;

• l’individuazione del registro delle imprese in cui la societàdeve essere iscritta;

• l’applicazione della disciplina fallimentare.Può darsi il caso che la sede legale non coincida con la sede reale,che è quella dove c’è il centro effettivo di direzione e disvolgimento dell’attività sociale, dove risiedono gli amministratorie coloro che hanno il potere di rappresentare la società, dove èconvocata l’assemblea sociale. Quando non vi è corrispondenzatra la sede legale e sede effettiva, giurisprudenza e dottrina, quasiunanimemente, propendono per la prevalenza della seconda sulla

  prima, con la precisazione che nel caso di società collettivaregolare, non potendosi vanificare del tutto gli effetti della  pubblicità, la società non potrà opporre ai terzi la mancata

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coincidenza della sede dichiarata con quella effettiva. Alla sedesecondaria è dedicata una norma (2299), la quale si limita astabilire prescrizioni formali relative all’obbligo di iscrizione ditale sede presso l’ufficio del registro delle imprese del luogo in cui

essa è istituita. Per aversi sede secondaria occorrono:• un rapporto di dipendenza economica ed organizzativa con la

sede principale;• uno stabile apprestamento di mezzi destinati allo svolgimento

dell’attività sociale ed un rappresentante stabile della società;• un autonomo ambito di affari, sulla base del quale viene

determinata la legittimazione sostanziale e processuale di

colui che è ad essa preposto.Per quanto riguarda questo punto basterà rivedere quanto scritto a proposito della società semplice.Conferimenti, capitale sociale e distribuzione degli utiliIl n. 6 dell’art. 2295 prescrive che l’atto costitutivo indichi i“conferimenti dei soci, il valore ad essi attribuito e il modo divalutazione”. Per la società in nome collettivo appare piùopportuno parlare di capitale sociale dal momento che la leggeesplicitamente vi allude in due norme, gli art. 2303 e 2306, pur non menzionandolo espressamente tra gli elementi da includerenell’atto costitutivo. Ripetuto che il capitale sociale rappresenta ilvalore in denaro dei conferimenti dei soci, quale risulta dallevalutazioni compiute nel contratto sociale, si dovrà aggiungere chequesto è il concetto di capitale nominale fissato da una cifracontrattuale. Questione aperta è se nel capitale sociale possanoessere compresi anche i conferimenti d’opera, che, come si èscritto, da una parte della dottrina vengono consideraticonferimenti non di capitale in quanto suscettibili di valutazione indenaro. Il patrimonio sociale rappresenta, invece, il complesso deirapporti giuridici facenti capo all’impren-ditore. Le funzioniattribuite al capitale sociale sono quattro:

• strumento di attivazione dell’oggetto sociale;• strumento di rivelazione della situazione patrimoniale della

società;• strumento di misura della partecipazione del socio;

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• strumento di garanzia per i creditori sociali.Anche per la società in nome collettivo è importante porre inevidenza la necessità di un confronto costante tra capitale sociale e patrimonio sociale per capire se la situazione patrimoniale della

società si evolva in senso positivo o in senso negativo. Anchenella società in nome collettivo si deve sottolineare l’esigenza chela determinazione convenzionale non si risolva in danno dei socidei terzi. Ed alla soddisfazione di tale esigenza checomplessivamente può considerarsi nella formula della integritàdel capitale sociale come moderatore legale e contabile della vitadella società, sono preordinati gli art. 2303 e 2306, rispettivamente

dedicati alla perdita e alla riduzione del capitale. La prima diqueste norme, dopo aver sancito al primo comma che possonoessere distribuiti solo gli utili realmente conseguiti, dispone alsecondo comma che “se si verifica una perdita di capitale socialenon si può fare luogo a ripartizione degli utili fino a che il capitalenon sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente”. A normadell’art. 2306, la delibera di riduzione del capitale sociale può

essere attuata:• quando nessun creditore sociale abbia fatto opposizione;• quando le opposizioni eventualmente proposte siano state

successivamente ritirate;• quando il tribunale, su richiesta della società, abbia

autorizzato l’esecuzione della delibera, previa prestazione digaranzia idonea;

• quando i creditori sociali siano stati soddisfatti, dal momentoche solo ad essi è inopponibile l’esecuzione della delibera.

La prescrizione contenuta nell’art. 2295, n. 7 impone che nell’attocostitutivo siano indicate le prestazioni dei soci d’opera. Sociod’opera è colui che si sia impegnato a conferire la propria attivitàe il risultato di questa. Scontata la negazione dell’assimilazionedella prestazione del socio d’opera a quella del lavoratoresubordinato. L’indicazione dei soci d’opera è importante: in primoluogo, non essendo ontologicamente possibile valutare in terminimonetari, a differenza di quanto avviene per la maggior parte dellealtre specie di conferimento, l’apporto di chi conferisce il proprio

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lavoro, il legislatore si è preoccupato di richiedere innanzi tuttoche venga consacrato contrattualmente l’obbligo del conferimentodella propria opera e, in secondo luogo, che sia precisato nelcontratto in che cosa l’apporto medesimo si concreti.

Per la ciò che concerne la distribuzione degli utili occorreanalizzare l’art. 2295, secondo cui nell’atto costitutivo devonoessere indicate le norme secondo le quali gli utili devono essereripartiti e la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite. Se èvero che, con riguardo agli utili, v’è assoluta identità di dettato frale norme disciplinanti questa materia, non altrettanto può dirsi conriguardo alle perdite: in altri termini, identica la norma sugli utili,

manca nella disciplina delle società di capitali ogni disposizionerelativa alle perdite di contenuto analogo a quello della norma incommento.La durata della societàIl n. 9 dell’art. 2295 impone che nell’atto costitutivo sia indicata ladurata della società, in tal modo avvicinando la disciplina dellasocietà in nome collettivo a quella delle società di capitali e dellesocietà cooperative. L’apparentamento con la società di capitali èneutralizzato dalla presenza di una norma come l’art. 2307, che,consentendo una proroga tacita, rende ammissibile una società innome collettivo di durata indeterminata e quindi, da un punto divista sostanziale, avvicina la società in nome collettivo alla societàsemplice. Occorre un accenno alla proroga della durata dellasocietà. la proroga può essere:

• espressa, qualora i soci, di comune accordo, decidano difissare, prima della scadenza del termine originario, un nuovotermine di durata;• tacita, allorché secondo il disposto dell’art. 2273,“decorso il tempo per cui fui contratta, i soci continuano acompiere le operazioni sociali”.

Il regime della pubblicitàLa disciplina della pubblicità della società in nome collettivo è

contenuta principalmente in due norme:• l’art. 2296, che fa obbligo agli amministratori (e al notaio se

la stipulazione è avvenuta per atto pubblico) di depositare

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l’atto costitutivo, nel termine di trenta giorni, per l’iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese nellacui circoscrizione è stabilita la sede sociale;

• l’art. 2300, che impone agli amministratori di richiedere,

sempre entro trenta giorni, l’iscrizione delle modificazionidell’atto costitutivo e degli altri affari relativi alla società, deiquali è obbligatoria l’iscrizione.

Tre sono i punti da sottolineare:• la società in nome collettivo è soggetta all’onere dell’iscrizione

nel registro delle imprese, indipendentemente dal fatto chel’attività sia o no esercitata ad impresa e dal fatto che l’attività

stessa sia o no di natura commerciale;• l’iscrizione della società in nome collettivo nel registro delle

imprese: l’inosservanza di essa determina, da un lato, unasituazione di irregolarità e, dall’altro, una parzialemodificazione della disciplina dettata per le società collettiveregolari;

•  presupposto indefettibile per l’iscrizione è il deposito pressol’Ufficio del registro della scrittura privata autenticata ovverodella copia autenticata dell’atto pubblico.

La società in nome collettivo irregolareÈ irregolare quella società in nome collettivo per la quale nonsiano state osservate le prescrizioni relative agli adempimenti pubblicitari contenute nell’art. 2296: in una parola, quella societàin nome collettivo che non sia stata iscritta nel registro delleimprese. Dal momento che la volontà di agire come soci puòderivare da accordi verbali o da manifestazioni tacite, si avrà inquest’ultimo caso la società irregolare di fatto. Dalla norma di cuiall’art. 2297 possono ricavarsi tre principi:

• la disciplina dei rapporti interni tra i soci è la medesimadettata per la società collettiva regolare, della quale siapplicheranno tutte le norme ad eccezione di quelle che presuppongano o implichino adempimenti pubblicitari;

• soluzione opposta il legislatore ha adottato per i rapporti trasocietà e terzi creditori e contraenti, cui si attaglia la omologadisciplina della società semplice, la quale prescinde da un

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sistema di pubblicità legale o meglio è sottoposta ad undiverso regime di pubblicità;

• la regola in base alla quale ai rapporti società in nomecollettivo irregolare – terzi, si applicano le norme regolanti

l’omologa materia nell’ambito della società semplice subiscedue importanti eccezioni:o resta ferma ai sensi del primo comma dell’art. 2297 la

responsabilità illimitata e solidale dei soci nei confrontidei terzi per le obbligazioni sociali;

o si presume che la rappresentanza sociale spetti a tutti isoci che agiscono per la società, e non si applicherà

quindi l’art. 2266 comma due.L’irregolarità può anche essere sopravvenuta, nel senso che unasocietà originariamente regolare divenga poi irregolare per aver continuato l’attività dopo la cancellazione dal registro delleimprese. Di converso, una società irregolare può sanare la sua  posizione attraverso la regolarizzazione, la quale si attua conl’iscrizione della società nel registro delle imprese a normadell’art. 2296 e ha effetto ex nunc provocando la sostituzione delladisciplina della società irregolare con quella collettiva regolare.Rapporti della società e dei soci con i terziIl tema dei rapporti della società con i terzi coinvolgeessenzialmente due sottotemi:

• quello della rappresentanza della società e quello dellaresponsabilità per le obbligazioni sociali;

• in misura meno intensa i rapporti tra soci e loro creditori personali.

Rappresentanza della societàLa norma dell’art. 2298 pur avendo una sua centralità, non ha unasua compiuta autonomia, nel senso che, al fine di delineareintegralmente il sistema della rappresentanza nella società in nomecollettivo, occorre necessariamente richiamare i primi due commidell’art. 2266, e cioè:

• nei rapporti esterni, pur non avendo la personalità giuridica,le società di persone e quella in nome collettivo in particolaresi presentano come un gruppo unitario, portatore di una

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 propria volontà e titolare di un proprio patrimonio, capacecome tale di assumere obbligazioni, acquistare diritti e distare in giudizio;

• il limite ai poteri degli amministratori è costituito

dall’oggetto sociale, come si ricava dall’espressione diesordio dell’art. 2298;• è possibile determinare il contenuto dei poteri di

rappresentanza (art. 2298);•   per essere opponibili ai terzi le limitazioni devono essere

iscritte nel registro delle imprese o, in mancanza, occorre provare che i terzi ne hanno avuto conoscenza;

gli amministratori–rappresentanti devono, entro quindicigiorni dalla nomina, depositare presso l’ufficio del registrodelle imprese le loro firme autografe.

La responsabilità per le obbligazioni socialiL’art. 2304 difende il patrimonio personale dei soci, stabilendoche “i creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo

l’escussione del patrimonio sociale”. La norma non si applica allesocietà in nome collettivo irregolari e a quelle di fatto, mentre ne èdiscussa l’applicabilità nel caso di fallimento della società.I creditori particolari del socioLa materia è regolata dall’art. 2305, il quale costituisce una prosecuzione dell’art. 2270, regolante la posizione del socio disocietà semplice nei confronti del proprio creditore particolare.Mentre il creditore particolare del socio di società semplice potràchiedere sempre la liquidazione della quota del socio suo debitore(qualora gli altri beni di quest’ultimo siano insufficienti asoddisfare i suoi crediti), tale potere è negato al creditore  particolare del socio di collettiva, tranne che nelle ipotesi diaccoglimento dell’opposizione giudiziale alla proroga espressa dalui stesso esperita e di proroga tacita. La norma di cui all’art. 2305è infine complementare anche all’art. 2304, nel senso che,

unitamente a quest’ultimo, integra il fondamento normativodell’autonomia patrimoniale della società in nome collettivo.

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SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE

La società in accomandita semplice è caratterizzata dalla esistenzadi due categorie di soci:

• i soci accomandatari, i quali sono responsabili

illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali edhanno correlativamente il potere di amministrare la società;• e i soci accomandanti, i quali sono responsabili nei limiti

della quota conferita e sono correlativamente esclusidall’amministrazione della società, pur avendo poteri dicontrollo sulla gestione.

La disciplina consta di due gruppi di norme:•

norme dettate in sede materiale, le quali sono contenute negliart. 2313 – 2324;• norme regolanti la società in nome collettivo, espressamente

richiamate dall’art. 2315, a condizione che siano compatibilicon la disciplina materiale.

Occorre ricordare:• che anche per la costituzione della società in accomandita

semplice non è imposta alcuna forma determinata, essendo laforma scritta funzionale unicamente all’iscrizione nel registrodelle imprese;

• che l’atto costitutivo deve contenere gli elementi indicatinell’art. 2295 con due aggiunte: la ripartizione dei soci nelledue categorie di accomandanti e accomandatari e la distintaindicazione dei conferimenti degli uni e degli altri.

La società in accomandita semplice va distinta dall’associazionein partecipazione: mentre nella società in accomandita semplice ilconferimento del socio accomandante confluisce in un fondosociale comune ed autonomo rispetto ai patrimoni personali,nell’associazione in partecipazione l’apporto dell’associato passain proprietà dell’associante che, per ciò, diventa debitore del primo. Tale figura si distingue inoltre dalla società in accomandita  per azioni, nella quale le partecipazioni sono rappresentate

necessariamente da azioni.

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La disciplinaL’art. 2318 testualmente dispone che “i soci accomandatari hannoi diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo”.L’art. 2314 è norma imposta dall’esistenza delle due categorie di

soci. Esso dispone, da un lato, che la ragione sociale devecontenere, accanto all’indicazione del rapporto sociale, il nome dialmeno uno dei soci accomandatari e legittima, dall’altro, laragione sociale derivata.La nomina e la revoca degli amministratoriLa materia è regolata essenzialmente da tre norme contenute negliart. 2318 – 2320: il secondo comma dell’art. 2318 stabilisce che

“l’amministrazione della società può essere conferita soltanto aisoci accomandatari” e, di converso, l’art. 2320 che esordiscestabilendo che “i soci accomandanti non possono compiere atti diamministrazione, né trattare o concludere affari in nome dellasocietà, se non in forza di procura speciale per i singoli affari”. Neconseguono queste regole:

• se nulla dispone l’atto costitutivo, il potere diamministrazione spetta disgiuntamente a ciascun socioaccomandatario secondo le regole fissate nel primo commadell’art. 2257;

• se l’amministratore viene nominato con atto separato, ladecisione, oltre a dover ricevere il consenso di tutti i sociaccomandatari, deve avere l’approvazione della maggioranzadei soci accomandanti (analogamente deve avvenire per larevoca dell’amministratore così nominato);

• i soci accomandanti non possono essere amministratori.I divieti a carico degli accomandantiEsistono due tipi di divieti che la legge pone in capo agliaccomandanti:

• il primo è contenuto nell’art. 2314 comma due, il qualecommina all’accomandante che abbia consentito di far comparire il proprio nome nella ragione sociale la perdita

della responsabilità limitata nei confronti dei terzi;• agli accomandanti è, altresì, fatto divieto di amministrare.

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Ed in questo caso all’accomandante che contravviene e compieanche un sol atto di amministrazione non è solo comminata la perdita della responsabilità limitata: a sottolineare la maggioregravità della violazione, è prevista anche la possibilità

dell’esclusione della società a norma dell’art. 2286.I problemi che il divieto di immistione fa sorgere sonoessenzialmente due:

• il primo concerne l’opponibilità degli atti compiutidall’accomandante ingeritosi nell’amministrazione. In ordinea questo problema va detto che la società e per essa i sociaccomandatari non saranno vincolati, salvo ratifica o

accettazione, dagli atti posti in essere dall’accomandanteingeritosi e non risponderanno quindi delle obbligazioni sortein conseguenza di tali atti. La legge prevede una limitatafacoltà di deroga, ove l’accomandante abbia ricevuto procuraspeciale relativa al compimento di singoli affari.

• il secondo problema riguarda l’atteggiarsi dellaresponsabilità: in questo caso si discute se l’accomandanteingeritosi divenga responsabile solo nei confronti dei terziovvero se debba sopportare anche nei rapporti interni unaquota delle perdite subite dalla società.

I poteri dell’accomandantePer ciò che concerne i poteri l’art. 2320 consente agliaccomandanti di “prestare la loro opera sotto la direzione degliamministratori”. Nel caso che vengano a mancare tutti gliaccomandatari, l’art. 2323 concede agli accomandanti il potere dinominare per il semestre di grazia un amministratore provvisorio  per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. Gliaccomandanti hanno altresì il diritto di “avere comunicazioneannuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite e dicontrollarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documentidella società”. Con riguardo ai poteri aventi la loro fonte nell’attocostitutivo, oltre ad un possibile allargamento generale di essi,

vanno segnalati quello di dare autorizzazione e pareri per determinate operazioni e quello di compiere atti di ispezione esorveglianza (art. 2320).

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Trasferimento della quotaLa quota dell’accomandante è trasferibile sia inter vivos chemortis causa: nel primo caso, è fatta salva la diversa disposizionedell’atto costitutivo ed in ogni caso l’efficacia della cessione verso

la società è subordinata all’approvazione da parte dellamaggioranza dei soci della cessione stessa, mentre nel secondocaso la deroga al regime normale dell’art. 2284 è prevista nel primo comma della norma appena citata, statuente che “la quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile per causa dimorte”.Problematiche residue relative all’accomandante

Sono problemi riguardanti l’applicazione all’accomandante dialcune norme dettate per il socio di società in nome collettivo, edin particolare:

• dell’art. 2288 che prevede l’esclusione di diritto del sociofallito;

• dell’art. 2294, che subordina la partecipazione di incapacilegali, inabilitati e emancipati alle disposizioni dettate in

materia per l’imprenditore individuale. La tesi della nonapplicabilità della norma viene giustificata con la circostanzache, essendo la responsabilità dell’accomandante limitata alconferimento, non ricorre l’esigenza di proteggerel’accomandante dalle rovinose conseguenze cui laresponsabilità illimitata può portare.

• l’art. 2301 non si ritiene applicabile all’accomandante. Talearticolo vieta al socio di collettiva di esercitare un’attivitàconcorrente con quella della società e di partecipare comesocio illimitatamente responsabile a quella di altra società.

La società in accomandita semplice non registrataOccorre ricordare che l’iscrizione della società in accomanditasemplice ha efficacia dichiarativa e la sua mancata iscrizionedetermina la irregolarità di essa. La disciplina dell’accomanditasemplice irregolare è contenuta nell’art. 2217, il quale fissa due

regole:

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• rinvia per i rapporti tra società e terzi alle disposizionicontenute nell’art. 2297, che è la norma che disciplina lacollettiva irregolare;

• esclude dalla responsabilità illimitata nei confronti dei terzi i

soci accomandanti, “salvo che abbiano partecipato alleoperazioni sociali”.Dalla combinazione delle due regole deriva che appare identicaalla responsabilità illimitata dei soci di collettiva irregolare la solaresponsabilità dei soci accomandatari, proprio perché resta ferma,ad onta della mancata registrazione, la limitazione diresponsabilità dei soci accomandanti per le obbligazioni sociali.

Alle società in accomandita semplice irregolare si applica laresidua disciplina della società in accomandita semplice regolaread eccezione delle norme che presuppongano adempimenti pubblicitari.LE SOCIETÀ DI CAPITALI

LA SOCIETÀ PER  AZIONI

La società per azioni rappresenta il principale tipo di società di

capitali e, allo stesso tempo, la forma più importante di società predisposta per le imprese di grandi dimensioni, che richiedonol’apporto di ingenti capitali e importano l’assunzione di notevolirischi. Carattere fondamentale della società per azioni è il vincolotra società e socio che risulta impersonale e anonimo. Sotto il profilo giuridico la S.p.A. può essere definita come la personagiuridica che esercita attività economica con il patrimonioconferito dai soci e con gli utili eventualmente accumulati e nellaquale le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate daazioni.Caratteri della S.p.A.Ai sensi dell’art. 2325, “nella società per azioni, per leobbligazioni sociali, risponde soltanto la società con il suo  patrimonio. – Le quote di partecipazione dei soci sonorappresentate da azioni”. In considerazione, anche, dell’art. 2327,

le prerogative della S.p.A. risultano essere:• la limitazione della responsabilità dei soci al conferimento,

 pertanto i creditori sociali dovranno rivolgersi alla società,

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senza poter esperire azioni individuali nei confronti deisingoli soci104;

• il fatto che le quote di partecipazione siano rappresentate daazioni, ovvero frazioni di uguale misura in cui è diviso il

capitale sociale;• il fatto che il capitale sociale non possa essere inferiore a L.

200.000.000.Le fonti normative della S.p.A.La società per azioni è regolata dal codice civile e da numerosi  provvedimenti normativi emanati negli anni successivi. Questiultimi si sono resi necessari per sopperire alle notevoli limitazioni

del nostro codice dovute al suo carattere unitario e indifferenziatoche mal si concilia alle realtà spesso diversissime delle S.p.A.Le nuove norme, in particolare per le società quotate, non solohanno rafforzato i diritti del piccolo azionista all’internodell’ordinamento societario, ma hanno anche integrato tale tutelacon misure che riguardano più specificamente il campo del dirittodei mercati mobiliari.

Occorre ricordare:• il D.P.R. 1127/69 che ha modificato le disposizioni originariein materia di invalidità dell’atto costitutivo, di poteri degliamministratori e di pubblicità degli atti sociali;

• la L. 216/74 e i tre DDPR 136,137,138/75 con i quali:o si è affidato alla Consob il compito di controllare

l’operato delle società quotate;o sono state create le azioni di risparmio;o si è cercato di dare più evidenza ai collegamenti che

  possono determinarsi fra società (partecipazioniincrociate, società collegate ecc.);

• la L. 904/77 (c.d. Legge Pandolfi) che ha apportato alcunemodifiche riguardanti il capitale sociale e la disciplina delcollegio sindacale;

104 Un discorso a parte merita la c.d. società con unico azionista. Qualora, per qualsiasi motivo, tutte le azioni si concentrino nelle mani di una sola persona, l’art. 2362 – al fine di evitare che con la costituzione di una S.p.A. una persona singola possa limitare la propria responsabilità patrimonialein danno dei creditori – ha sancito la responsabilità illimitata dell’unico azionista per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui le azioni

risultino essere appartenute a lui soltanto (anche se fittiziamente intestate ad altri).

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• la L. 281/85 che ha eliminato le c.d. clausole di merogradimento;

• il D.P.R. 30/86 che ha introdotto una normativa di tutela delcapitale sociale;

il D.Lgs. 22/91 sulle fusioni e le scissioni;• il D.Lgs. 127/91 sul bilancio d’esercizio e i gruppi di società;• il D.Lgs. 88/92 sul collegio sindacale e la società di revisione

contabile;• la L. 149/92 sulle OPV, OPS e OPA;

La costituzione della S.p.A.La società per azioni si costituisce per  atto  pubblico che può

essere stipulato simultaneamente, cioè immediatamente, ovvero in più fasi con il procedimento di pubblica sottoscrizione (art. 2333).Esso deve indicare:

• il cognome ed il nome dei soci, il luogo e la data di nascita, ildomicilio, la cittadinanza dei soci e degli eventuali  promotori, nonché il numero delle azioni sottoscritte daognuno di essi. Il riferimento ai promotori riguarda la societàcostituita per pubblica sottoscrizione.

• la denominazione, la sede della società e le eventuali sedisecondarie. La società ha un nome che deve essere dichiaratocon l’integrazione del tipo; indispensabile è l’individuazionedella sede, la principale, cioè, la legale e le eventuali sedisecondarie.

• l’oggetto sociale. Si distingue tra oggetto sociale principale(ad es. la costruzione di automobili) e quello secondario nelquale sono indicate le operazioni strumentali al primo.

• l’ammontare del capitale sottoscritto e versato. Lasottoscrizione segna il momento nel quale il socio si obbligaa conferire. Il capitale sociale si distingue in capitalesottoscritto e versato; il capitale minimo è attualmente 200milioni di lire.

• il valore nominale e il numero delle azioni e se queste sono

nominative o al portatore. Il primo è espresso dal risultatodella divisione tra l’ammontare del capitale e il numero delleazioni.

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• il valore dei crediti e dei beni conferiti in natura.• le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti. La

 previsione può riguardare, tra l’altro, sia la misura dell’utileche si intende dividere, nel rispetto della destinazione a

riserva sia la destinazione da imprimergli per finalità,comunque, compatibili con l’interesse della società, ma non a beneficio dei soci.

• la partecipazione agli utili eventualmente accordata ai promotori o ai soci fondatori.

• il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando traquesti quali hanno la rappresentanza. Necessaria

l’individuazione dei soggetti cui è affidata la gestione,innanzitutto, in considerazione del fatto che nell’attocostitutivo devono essere indicati i primi amministratori (art.2383); per la rilevanza, poi, del potere di rappresentanzalegale che identifica chi agisce per la società.

• il numero dei componenti il collegio sindacale. Anche conriguardo ai sindaci, i primi devono essere nominati nell’atto

costitutivo ( art. 2400 ); il numero è ricompreso tra unminimo di tre ed un massimo di cinque, da prescegliere anchetra i soci.

• la durata della società.• l’importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la

costituzione poste a carico della società. indicazione che  parrebbe finalizzata a consentire ai soci costituentitendenziale consapevolezza sui costi che saranno sopportati per quella ragione.

Atto costitutivo e statutoIl collegamento tra l’atto costitutivo e lo statuto ripropone larilevanza delle regole sul funzionamento della società, e dunquequelle della sua organizzazione; la relativa disciplina dovrebbetrovare previsione nello statuto che dello statuto è parte integrante.Lo statuto non è, tuttavia, indispensabile come l’atto costitutivo; i  principi sul funzionamento della società sono già fissati, con prevalente imperatività della normativa di legge. In concreto vieneredatto per personalizzare, nei limiti del possibile, il

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funzionamento dell’organizzazione al servizio di specificheesigenze (operatività dell’organo amministrativo, modifica deiquorum deliberativi delle assemblee, limiti alla circolazione delleazioni). Anche lo statuto ha natura contrattuale e viene redatto

nella forma dell’atto pubblico. L’esaurimento della fasecontrattuale già suscita l’interesse dell’ordinamento: il  procedimento di costituzione è stato avviato e si dovrebbeconcludere con la nascita della società. Devono ricorrere puntualicondizioni, in mancanza delle quali il procedimento dicostituzione si arresta. L’art. 2329 esige che:

• sia sottoscritto per intero il capitale sociale;•

siano versati presso un istituto di credito almeno i tre decimidei conferimenti in denaro105;• sussistano le autorizzazioni governative e le altre condizioni

richieste dalle leggi speciali per la costituzione della società. Nel periodo tra la stipulazione dell’atto costitutivo e l’iscrizione,la società non è nata e per le obbligazioni che sono state assuntenel suo nome, rispondono illimitatamente e solidalmente, verso i

terzi, coloro che hanno agito. A costituzione avvenuta la società sifa carico delle spese sopportate e delle obbligazioni assunte, senecessarie per avviare e completare il relativo procedimento. Lastessa società, tuttavia, potrebbe decidere di far proprie anchequelle non necessarie, al pari delle obbligazioni contratte per altreragioni. Il procedimento di costituzione si sviluppa poi, con ildeposito dell’atto costitutivo presso il registro delle imprese, entrotrenta giorni dalla stipulazione, per iniziativa del notaio ovvero dicoloro che sono designati quali amministratori. Opportuno èsottolineare che, qualora notaio ed amministratori (proprio inquesto ordine) non provvedano, ciascun socio può effettuare ildeposito a spese della società o far condannare gli amministratoriad eseguirlo. Una volta eseguito il deposito dell’atto costitutivo, iltribunale è posto nella condizione di omologarlo. Deve, dunque,accertare se l’accordo dei soci è conforme con le regole

dell’ordinamento e se si siano avverate le condizioni fissate105 Tale versamento non costituisce un requisito dell’atto costitutivo in quanto il contratto di società non è reale ma consensuale. Inoltre l’obbligo diversamento non può precedere la sottoscrizione delle quote di capitale da parte degli stipulanti l’atto costitutivo, perché deriva proprio da quellasottoscrizione.

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dall’art. 2329. L’autorità giudiziaria non entra nel meritodell’atto per stabilire se l’iniziativa è adeguata o meno; effettua uncontrollo di legalità teso ad accertare la coerenza delle pattuizionicon il modello normativo prestabilito dalla legge e più

 puntualmente se la struttura organizzativa del nuovo soggetto siaidonea ad operare legalmente. Non si tratta, pertanto, di uncontrollo che investe la validità dell’atto, dal momento che questo,ancorché essenziale, non è la sola componente del procedimento.L’omologa può, essere negata per ragioni di validità se si riscontraad esempio, che una clausola è nulla ovvero annullabile. Il procedimento di omologazione si svolge in camera di consiglio,

sentito il pubblico ministero. Se il tribunale la concede il relativo  provvedimento è adottato nella forma del decreto comenell’eventualità di rifiuto; è reclamabile davanti alla Corte diAppello nei trenta giorni successivi alla comunicazione. Esauritaquesta fase, si procede all’iscrizione dell’atto costitutivo nelregistro delle imprese che determina l’acquisto della personalitàgiuridica. L’articolato sviluppo del procedimento di costituzioneconsiglia di non condividere l’opinione secondo cui,anteriormente all’iscrizione, l’atto costitutivo determinerebbe lanascita della società per azioni irregolare.La costituzione della società per pubblica sottoscrizioneLa costituzione per pubblica sottoscrizione è disciplinata dall’art.2333 ed ha come fasi essenziali:

• la predisposizione, da parte dei promotori, di un programmache indichi l’oggetto e il capitale sociale e le principalidisposizioni dell’atto costitutivo;

• le progressive sottoscrizioni delle azioni da parte degliinteressati che devono risultare da atto pubblico o da scrittura  privata autenticata. Raccolte le sottoscrizioni, i promotoriassegnano, ai sottoscrittori, un termine non superiore ad unmese per effettuare il versamento decorso inutilmente il quale  possono scegliere se agire nei confronti dei sottoscrittori

morosi ovvero sciogliersi dall’obbligazione. In quest’ultimaeventualità si può procedere alla costituzione della società

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soltanto dopo che siano state collocate le azioni per lequali non è stato effettuato il versamento;

• i promotori convocano l’assemblea dei sottoscrittori che,accertata l’esistenza delle condizioni richieste per la

costituzione della società, delibera, tra l’altro, sul contenutodell’atto costitutivo e sulla nomina degli amministratori e delcollegio sindacale. L’assemblea è validamente costituita conla presenza della metà dei sottoscrittori ognuno dei quali hadiritto ad un voto a prescindere dal numero delle azionisottoscritte. Le deliberazioni, di cui si è fatto cenno, sonoadottate a maggioranza, quelle relative alla modificazione del

 programma richiedono tuttavia il consenso unanime;• esaurita l’assemblea, con l’assunzione delle necessarie

decisioni, chi vi ha preso parte, anche in rappresentanza degliassenti, stipula l’atto costitutivo.

La complessità di questo procedimento spiega le ragionidell’insuccesso. I promotori, che sottoscrivono il programma,sono solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioniassunte per costituire la società; se vi si perviene gli stessi promotori sono rilevati dalla società: beneficiano del rimborsospese sostenute, semprechè necessarie per la costituzione ovverose approvate dall’assemblea dei sottoscrittori. La responsabilitàcui sono esposti i promotori è bilanciata dall’oppor-tunità che gli èconcessa di riservarsi, indipendentemente dalla loro qualità di socinella costituenda società, una partecipazione non superiorecomplessivamente ad un decimo degli utili netti risultanti dal  bilancio e per un periodo massimo di cinque anni. Identico beneficio è accordato ai soci fondatori.I contratti parasocialiI contratti parasociali sono quegli accordi, che in genere siaccompagnano alla stipulazione dell’atto costitutivo, i quali hannolo scopo di regolare il comportamento dei soci in seno alla società.Tali contratti hanno efficacia obbligatoria solo tra le parti

stipulanti, con esclusione dei successivi acquirenti delle azioni. Non possono essere opposti ai terzi, né alla società (che non sia parte); non invalidano gli atti compiuti in violazione di essi e, nei

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confronti del trasgressore, gli altri soci partecipanti all’accordoviolato possono esperire soltanto l’azione di risarcimento deidanni qualora sia dimostrabile un pregiudizio derivato dal suocomportamento.

I sindacati di votoI sindacati di voto rappresentano dei gruppi di azionisti che siformano nell’ambito delle S.p.A. con particolari funzioni didominio o di difesa. Tali sindacati possono assumere dueconfigurazioni:

• quella dell’accordo intercorso tra più azionisti, i quali siobbligano a votare nello stesso modo in assemblea;

quella dell’accordo tra più azionisti, i quali rilascianomandato con rappresentanza ad una determinata persona, chevoterà nelle assemblee:o o secondo il suo parere;o o secondo le direttive impartitegli dal sindacato.

I sindacati di bloccoI sindacati di blocco sono costituiti da quegli azionisti i quali, al

fine di evitare che le azioni di uno o più tra essi possano passare dimano ad altre persone, si impegnano reciprocamente a limitarel’alienazione delle azioni stesse, in modo da garantire una certacomposizione del corpo sociale.I sindacati di emissione o di collocamentoSi tratta di sindacati mediante i quali due o più soggetti siobbligano reciprocamente (o anche nei confronti della società) asottoscrivere azioni ed a collocarle poi sul mercato, alle condizionied al momento opportuni, con l’impegno di trattenere per sé i titolinon collocati. I sindacati di emissione costituiscono una variantedella costituzione per pubblica sottoscrizione: infatti la società ècostituita simultaneamente, ma parte del capitale sociale èsottoscritto da banche, le quali si impegnano verso gli altrisottoscrittori a collocare le azioni presso i propri clienti.I patti parasociali nelle società quotate Nelle società con azioni quotate in borsa e nelle società che lecontrollano, sono gli artt. 122-124 del T.U. n. 58/98 a disciplinare

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i patti parasociali ricoprendo in tale categorie i patti, inqualunque forma stipulati:

• che hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto;• che istituiscono obblighi di preventiva consultazione per 

l’esercizio del diritto di voto;• che pongono limiti al trasferimento delle azioni o di

strumenti finanziari che attribuiscono diritti di acquisto o disottoscrizione delle stesse;

• che prevedono l’acquisto concertato delle azioni o deglistrumenti finanziari anzidetti;

• che hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche

congiunto di una influenza dominante su tali società;Patti siffatti devono essere:• comunicati alla Consob entro 5 giorni dalla stipulazione;•   pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana entro 10

giorni;• depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la

società ha sede entro 15 giorni dalla stipulazione.

 Nel caso di inosservanza di tali obblighi i patti sono nulli.Inoltre non può essere esercitato il diritto di voto inerente alleazioni che costituiscono l’oggetto dell’accordo penal’impugnabilità della deliberazione in tal modo adottata.I collegamenti fra societàLa realtà socio-economica attuale è caratterizzata da numeroseforme di collegamento tra società di capitali, le quali – attraverso

 processi di espansione e di coesione – mirano a rafforzare la lorocapacità competitiva sul mercato. In relazione a tali collegamenti,il legislatore interviene al fine di:

• evitare il c.d. “annacquamento patrimoniale” delle societàcoinvolte;

• garantire il regolare funzionamento delle rispettiveassemblee, impedendo uno svuotamento di contenuto dei

titoli azionari.

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I rapporti di partecipazioneI rapporti di partecipazione tra società incontrano alcuni limitigenerali finalizzati al perseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo precedente. Anzitutto l’art. 2360 vieta alla S.p.A. di

costituire un’altra società ovvero di aumentare il capitale mediantesottoscrizione reciproca di azioni, anche per tramite di societàfiduciaria o per interposta persona106. Questo divieto, comunque,ha una portata limitata, poiché è applicabile solo nelle ipotesi dioperazioni di sottoscrizione funzionalmente collegate con larelazione di reciprocità ed inoltre non si estende all’acquisto diazioni nel mercato successivamente alla sottoscrizione delle

stesse.Altri limiti generali riguardano le partecipazioni azionarie:• ai sensi dell’art. 2361, l’assunzione di partecipazioni in altre

imprese da parte della S.p.A. non è consentita se, per lamisura e per l’oggetto della partecipazione, ne risultasostanzialmente modificato l’oggetto sociale determinatodall’atto costitutivo107;

ai sensi dell’art. 5 della L. 96/42, la S.p.A. non può possedereazioni di altre società per un valore superiore a quello del proprio capitale.

Infine, una disciplina particolare è dettata dall’art. 120 del T.U. n.58/98 relativamente alle partecipazioni a società con azioniquotate in borsa. La norma in esame stabilisce che tutti coloro che partecipano in una società con azioni quotate in misura superioreal 2% del capitale di questa, ed ogni società quotata che partecipiad altra non quotata o a una s.r.l. in misura superiore al 10% delcapitale di questa, sono tenuti a darne comuinicazione scritta allasocietà partecipata e alla Consob. In caso di mancatacomunicazione, viene sospeso il diritto di voto inerente alle azionio quote per le quali questa sia stata omessa108.  Nelle ipotesi anzidette, nel caso di partecipazioni reciprocheeccedenti da entrambi i lati i limiti percentuali dianzi specificati,106 Senza tale divieto, infatti, la stessa somma, nella misura della reciprocità, formerebbe il capitale sociale di più società ed al capitale così formatonon corrisponderebbe un patrimonio effettivo.107 Ciò al fine di impedire modifiche di fatto dell’oggetto sociale, con elusione delle competenze assembleari in materia di modificazioni dell’attocostitutivo.108 Le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono comunque computate ai fini della regolare costituzione dell’assemblea.

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se non trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 2359 bis, non è previsto soltanto l’obbligo della comunicazione, madeve cessare la reciprocità dell’eccedenza: pertanto, la società cheesegue la comunicazione dopo aver ricevuto quella dell’altra

società non può esercitare il diritto di voto inerente alle azioni oquote eccedenti e deve alienarle entro 12 mesi dalla data in cui hasuperato il limite109. In caso di mancata alienazione, la sospensionedal diritto di voto e l’obbligo di alienazione si applicano adentrambe, salvo diverso accordo che deve essere immediatamentecomunicato alla Consob.Società controllate

Il controllo costituisce una particolare situazione per effetto dellaquale una società è potenzialmente in grado di improntare con la propria volontà l’attività economica di un’altra società. La dottrinadistingue due tipi di controllo:

• interno o azionario, attuato tramite la partecipazione sociale e può essere di diritto o di fatto;

• esterno o contrattuale, derivante da particolari vincoli

contrattuali le cui prestazioni siano essenziali per losvolgimento dell’attività.A norma dell’art. 2359, una società esercita il controllo su un’altraquando:

•  possiede un numero di azioni o quote tali da assicurare lamaggioranza dei voti richiesti per le assemblee ordinarietenute dalla società controllata (controllo azionario di diritto);

•   per l’entità della partecipazione posseduta, dispone di votisufficienti per esercitare un’influenza dominante nelleassemblee ordinarie tenute dalla società controllata (controlloazionario di fatto);

• in virtù di particolari vincoli contrattuali, può esercitareun’influenza dominante nella vita sociale della societàcontrollata (controllo contrattuale).

109 La soglia del 2% può essere elevata al 5% solo se il superamento del primo limite da parte di entrambe le società è avvenuto a seguito di unaccordo autorizzato preventivamente dall’assemblea ordinaria delle due società. Inoltre, la disciplina delle partecipazioni incrociate non si applica nelcaso in cui il superamento dei limiti del 2% e del 10% sia avvenuto per effetto di un’OPA diretta ad acquistare il 60% delle azioni ordinarie. Tale previsione serve ad evitare che si possano creare ostacoli al trasferimento del controllo a seguito di un’acquisizione derivante da un’OPA.

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Infine, occorre tener presente che una società può esserecontrollata indirettamente quando è sotto il controllo di altrasocietà controllata direttamente (società a catena). Quindi, ai finidella individuazione di una situazione di controllo, deve tenersi

conto anche dei voti spettanti a società direttamente controllate o asocietà fiduciarie o ad interposta persona e non devono altresìtrascurarsi le conseguenze connesse ad eventuali partecipazioni asindacati di voto.La normativa che regola la materia – come si è già detto – si prefigge gli scopi di:

• garantire l’integrità del capitale e della riserva legale

dall’annacquamento che si determinerebbe se fosseconsentito alla società controllata di investire il propriocapitale e le proprie riserve nel capitale della controllante (lafattispecie realizza indirettamente un acquisto di proprieazioni, vietato, come operazione diretta, dall’art. 2357);

• impedire che la società controllata eserciti il voto nelleassemblee della controllante secondo le direttive diquest’ultima (operazione che indirettamente realizza lo stessorisultato che l’art. 2357 ha inteso evitare).

Per il conseguimento di tali finalità, l’art. 2359 bis prescrivequanto segue:

• la società controllata non può acquistare azioni o quote dellasocietà controllante se non nei limiti degli utili distribuibili edelle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancioregolarmente approvato;

•   possono essere acquistate soltanto azioni interamenteliberate;

• il valore delle azioni o quote acquistate non può mai eccederela decima parte del capitale della società controllante;

• l’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea, a normadell’art. 2357;

• è inoltre imposto l’obbligo di costituire una riservaindisponibile pari all’importo delle azioni acquistate iscrittoall’attivo del bilancio; tale riserva dovrà essere mantenutafinché le azioni non saranno trasferite.

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Le azioni o quote acquistate in violazione dell’art. 2359 bisdevono essere alienate entro un anno dall’acquisto, secondo lemodalità determinate dall’assemblea, e, in mancanza, la societàcontrollante deve procedere senza indugio al loro annullamento ed

alla corrispondente diminuzione del capitale.Le disposizioni anzidette non si applicano (ex. art 2359 quater),quando le azioni della controllante sono acquistate:

• a titolo gratuito;• in conseguenza di fusione o successione universale;• in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di

un credito della società;

Va però ugualmente rispettato il limite della decima parte delcapitale della controllante: in violazione, le azioni dovranno esserealienate entro 3 anni pena il loro annullamento da parte dellacontrollante stessa.Società collegateSono società collegate quelle sulle quali un’altra società esercitaun’influenza notevole. A norma dell’art. 2359, 3° comma, tale

influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essereesercitato almeno un quinto dei voti, ovvero un decimo se lasocietà ha azioni quotate in borsa. Nelle ipotesi di collegamento illegislatore tutela il diritto all’informazione degli azionisti e deiterzi attraverso un’articolata previsione di prescrizioni daosservare nella formazione del bilancio di esercizio.I gruppi di società e la Holding

La scienza economica comunemente configura il gruppo comeun’aggregazione di unità produttive, giuridicamente autonome, macollegate sul piano organizzativo al fine di una migliore attuazionedegli obiettivi perseguiti dal complesso. Il fenomeno è quindicaratterizzato:

• da una direzione economica unitaria, improntata dalla societàcapogruppo (detta holding);

• dall’autonomia formale delle imprese partecipanti.La holding può essere:

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• pura, qualora mediante il possesso di più pacchettiazionari e l’esercizio dei poteri inerenti, assolva una funzionemeramente strumentale, limitandosi ad esplicare l’attività didirezione e di controllo del gruppo;

operativa, qualora esplichi l’attività direttiva anche mediantel’esercizio di funzioni economiche e finanziarie nei confrontidelle società di cui possiede i pacchetti azionari dimaggioranza.

Infine, occorre ricordare che:• la holding deve esercitare in via diretta ed in nome proprio

l’attività di direzione e di coordinamento;•

ciascuna società assume la responsabilità patrimonialeconnessa alle obbligazioni direttamente assunte, nonché alleattività negoziali direttamente ed in nome proprio esplicate;

•  potrebbero individuarsi eventuali responsabilità della holding per le obbligazioni assunte dalle società operative qualoraessa assuma, in modo effettivo ed apparente, la veste di sociounico delle società controllate;

Le società con partecipazione pubblica Nel nostro ordinamento anche lo Stato, direttamente o attraversoenti pubblici, interviene a partecipare al capitale di alcune società  per azioni. Alle società partecipate, in considerazione dei fini  pubblici cui tendono, è riservata una particolare disciplinalegislativa:

• in caso di liquidazione sono sottoposte ad uno specialeUfficio costituito presso il Ministero del tesoro, del bilancio edella programmazione economica;

• sono obbligate a comunicare i proprio programmi diinvestimento al Ministro;

• non possono finanziare partiti o gruppi parlamentari;• devono sottoporre a revisione i propri bilanci di esercizio;• lo Stato e gli enti pubblici possono nominare uno o più

amministratori o sindaci.

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La nullità della societàLa disciplina dei vizi che possono inficiare il procedimento dicostituzione della società per azioni è influenzata dal fatto che diesso sono elementi essenziali un contratto ed un assetto

organizzativo. Prima dell’iscrizione assume rilevanza l’attocostitutivo al quale si applicano le regole generali sull’invalidità,cioè quelle relative ai contratti associativi. Successivamenteall’iscrizione, nata la persona giuridica, la società è operativa sulmercato. Se, pertanto, anche dopo l’iscrizione, trovasseroapplicazione i principi generali sull’invalidità, segnatamente quellirelativi alla nullità, si potrebbero determinare rilevanti

controindicazioni. La dichiarazione di nullità travolgerebbe gli atti posti in essere dalla società, con possibilità di sanatoria pressochéingestibili (la conversione) e consistenti pregiudizi per i terzi e per i soci. Nel tentativo di ovviare a questi pericoli è stata adottata la prima direttiva CEE sulla disciplina delle società, introdotta nelnostro ordinamento con il d.p.r. n. 1127 del 1969. La nullità è statadisciplinata in funzione delle esigenze dell’apparato organizzativodella persona giuridica. Non più, dunque, nullità dell’attocostitutivo, bensì nullità della società (art. 2332). Questadisposizione, testualmente prevede che, avvenuta l’iscrizione nelregistro delle imprese, la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei seguenti casi:

• mancanza dell’atto costitutivo (art. 2332): riguarda il difettodel consenso dei contraenti;

• mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella formadell’atto pubblico: riguarda la situazione nella quale ilconsenso è stato prestato;

• inosservanza delle prescrizioni di cui all’art. 2330 relative alcontrollo preventivo: interessano l’omologa che potrebbe nonessere stata rilasciata;

• illiceità o contrarietà all’ordine pubblico dell’oggetto sociale:sono relative all’illiceità dell’attività;

• mancanza nell’atto costitutivo o nello statuto di ogniindicazione riguardante la denominazione della società, o i

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conferimenti, o l’ammontare del capitale sottoscritto ol’oggetto sociale;

• inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 2329 n. 2;• incapacità di tutti i soci fondatori, la quale è stata circoscritta

a carenze della capacità di agire che inciderebberosull’efficienza dell’organizzazione;• mancanza della pluralità dei fondatori, segnala un vizio

nell’atto costitutivo per non essere stato stipulato da almenodue persone.

La dichiarazione di nullità non pregiudica l’efficacia degli atticompiuti in nome della società dopo l’iscrizione nel registro delle

imprese. I soci non sono liberati dall’obbligo dei conferimenti finoa quando non sono soddisfatti i creditori sociali. Occorreindividuare i punti fermi dell’art. 2332 e le finalità perseguite:

• innanzitutto, la rigorosa tassatività degli otto casi di nullità,insuscettibili di estensione;

• la nullità fa salva l’efficacia degli atti posti in essere dallasocietà successivamente all’iscrizione;

la sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori dellasocietà;• la nullità non può essere dichiarata quando la causa che l’ha

determinata è stata eliminata per effetto di una modificazionedell’atto costitutivo iscritta nel registro delle imprese.

L’elemento personaleLa qualità di socio

Socio di una S.p.A. si diventa per effetto dell’acquisto della proprietà di titoli azionari della società stessa. Nel titolo azionariosono documentati la qualità di socio e la quota di partecipazione;tuttavia, qualora la società abbia deliberato di non distribuire ititoli azionari, la qualità di socio è provata dall’iscrizione nel librodei soci.Diritti dei sociI diritti dei soci si dividono in due grandi categorie:

• diritti di amministrazione :o diritto di intervento alle assemblee;

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o diritto di voto (con le eventuali limitazioni chevedremo in seguito);

• diritti patrimoniali:o diritto al dividendo;o diritto alla ripartizione del residuo attivo;o diritto di opzione, per l’eventuale sottoscrizione di

nuove azioni;I conferimentiIl conferimento deve farsi in denaro, se nell’atto costitutivo non èstabilito diversamente (art. 2342). Non possono, invece, formareoggetto di conferimento le prestazioni d’opera o di servizi;

sfuggirebbero ad ogni puntuale valutazione, risultando, comunque,incerte nella durata. Se il conferimento riguarda beni in naturaovvero crediti è necessario valutarli attraverso un articolato procedimento (art. 2343). Il conferimento è l’obbligo che il socioassume di apportare beni in società, il versamento ne costituiscel’esecuzione. Quale corrispettivo l’azionista riceve, in  proporzione, le azioni, le quote cioè, nelle quali è diviso il

capitale. Il capitale sociale nominale è la componente del  patrimonio netto insuscettibile di distribuzione tra i soci. Conl’esercizio dell’attività, infatti, il patrimonio si modifica,incrementandosi o riducendosi, ma tra gli azionisti se ne puòripartire soltanto la parte che eccede l’ammontare del capitalesociale nominale. Il bilancio che rende conto dei risultatidell’esercizio è in utile se si registra un’eccedenza delle attività

rispetto alle passività maggiorate del capitale sociale nominale;l’eccedenza può, allora, essere divisa tra i soci. Per converso il bilancio segnala una perdita se le passività, al pari maggiorate delcapitale sociale nominale, sopravanzano le attività. Effettuandol’integrale versamento, le azione sono liberate e devono essereemesse nominative per somma non inferiore al loro valorenominale. È consentita l’emissione del soprapprezzo, per un

valore, dunque, superiore al nominale. Anteriormente alla stessaemissione possono essere rilasciati certificati provvisori ( art. 2344); gli amministratori possono far vendere le azioni a rischio e per 

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conto del socio moroso avvalendosi di un agente di cambio o diun istituto di credito. Se la vendita non può avere luogo, il socio èdichiarato decaduto e quanto ha eventualmente versato è trattenutodalla società. le azioni non vendute, se non sono rimesse in

circolazione nell’esercizio del quale è stata dichiarata ladecadenza, devono essere estinte con la riduzione corrispondentedel capitale. Il socio che vende le azioni anteriormente alcompletamento dei versamenti rimane obbligato, in solido, conl’acquirente, per tre anni (la sua obbligazione assume il caratteredella sussidiarietà rispetto all’obbligazione dell’acquirente).I conferimenti in natura

Se il socio non conferisce denaro, ma beni in natura o crediti, sene rende necessaria la stima, in conformità del procedimentodisciplinato dall’art. 2343. Vi provvede un esperto nominato dal presidente nominato dal tribunale competente, quello nella cuicircoscrizione ha sede la società; non quello nella cuicircoscrizione si trova il bene conferito o nella quale il creditodeve essere incassato. Ciò che rileva, in realtà, è l’effettivaconsistenza di questi conferimenti. L’esperto giura la propriarelazione nella quale descrive i beni o i crediti, i criteri per la lorovalutazione e l’attestazione che il valore attribuito non è inferiorea quello nominale aumentato dell’eventuale soprapprezzo. Gliamministratori e i sindaci devono controllare, poi, la relazione neisei mesi dal conferimento. Fino a quando questa verifica non èesaurita, le azioni corrispondenti ai conferimenti in natura non  possono essere alienate e devono restare depositate presso lasocietà. Se il controllo degli amministratori e dei sindaci confermala stima del perito, i titoli azionari possono circolare. Se,viceversa, sussistono fondati motivi, amministratori e sindacidevono procedere alla revisione della relazione, stimandonuovamente i beni in natura e i crediti. Se all’esito diquest’ulteriore accertamento il loro valore risulta inferiore di oltreun quinto a quello per il quale era stato effettuato il conferimento,

è necessaria la proporzionale riduzione del capitale conl’annullamento delle azioni scoperte; il socio che ha conferito puòversare la differenza tra il valore iniziale del conferimento e quello

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accertato dagli amministratori e dai sindaci; non avvalendosi ditale facoltà deve recedere; con la conseguenza che la misura dellasua partecipazione viene determinata esclusivamente in funzionedella parte coperta dal versamento.

L’acquisto da promotori, fondatori, amministratoriLa protezione dell’integrità del capitale è stata ulteriormentesoddisfatta assicurando la trasparenza ad alcune operazioni postein essere dai promotori, dai fondatori e dagli amministratori neidue anni dall’iscrizione della società nel registro delle imprese: seinfatti vendono, proprio alla società, beni o crediti, l’acquisto deveessere autorizzato dall’assemblea ordinaria. È prescritto un

  procedimento di stima identico, per la parte che riguarda larelazione giurata dell’esperto, a quello ora illustrato; lo integra ildeposito di questo documento, presso la sede della società neiquindici giorni che precedono l’assemblea; non è, invece, previstala verifica della relazione da parte degli amministratori e sindaci.Il verbale della seduta deve essere depositato presso il registrodelle imprese. Sono sottratti a questa procedura gli acquisti seeffettuati a condizioni normali nell’ambito delle operazionicorrenti della società ovvero in borsa e, infine, sotto il controllodell’autorità giudiziaria o amministrativa. L’assunzionedell’obbligo di conferimento cui segue il versamento, concompleta liberazione delle azioni, realizza, anche nella società per azioni, la fase nella quale si apprestano i mezzi per l’eserciziodell’attività; la prima indicata nel contratto di società. Non èescluso che accanto all’obbligo principale, quello di conferimento,sia previsto l’impegno dei soci di rendere prestazioni accessorie,non in denaro e delle quali è necessaria la determinazione delcontenuto, della durata, delle modalità, del compenso; dellesanzioni, infine, nel caso di inadempimento (art. 2345).Le prestazioni accessorieLe prestazioni accessorie non riguardano, necessariamente, tutti isoci. In considerazione delle caratteristiche della società per azioni

 parrebbe preferibile che le prestazioni accessorie non vanifichinola funzione del capitale assumendo rilevanza preminente.Diversamente si rischierebbe l’alterazione della fisionomia della

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società, indotta dalla prevalenza della personalizzazione della prestazione che nella società per azioni è e rimane “anonima”.Proprio in considerazione di tale peculiarietà (la personalizzazione), le azioni alle quali è connesso l’obbligo della

  prestazione accessoria devono essere nominative e non sonotrasferibili senza il consenso degli amministratori (art. 2345). Gliamministratori sono tenuti a valutare se autorizzare o meno iltrasferimento. In mancanza di previsione dell’atto costitutivo, gliobblighi oggetto delle prestazioni accessorie non possono esseremodificati senza il consenso di tutti i soci (art. 2345). La prestazione accessoria, invece, non è disciplinata dal contratto di

società, è di regola da un altro accordo che si collega con quello disocietà, pur mantenendo la propria autonomia. Chi somministra ochi esegue l’appalto opera, cioè, quale somministrante ovveroquale appaltatore, non nella qualità di socio. La società beneficiadell’adempimento pagando il corrispettivo tipico della prestazioneaccessoria, cioè il prezzo. I limiti alla circolazione delle azioni cuisi connettono le prestazioni accessorie provano che esse assumonoimportanza per la società pur traendo origine da un rapportocontrattuale soltanto parallelo all’atto costitutivo.Cessazione della qualità di socioLa cessazione della qualità di socio può avvenire:

•  per volontà della società, in caso di trasferimento coattivodelle azioni del socio moroso con dichiarazione di decadenzadello stesso;

•  per volontà del socio, che può esercitare:o il diritto di recesso, in determinate circostanze;o il trasferimento delle azioni;

•  per volontà di terzi, in caso di espropriazione mobiliare delleazioni, su istanza dei creditori particolari del socio forniti dititolo esecutivo.

I titoli azionariLe quote di partecipazione alla società sono rappresentate daazioni: documenti sottoscritti da uno degli amministratori, checostituiscono frazioni del capitale sociale. Le azioni non possono

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essere emesse per una somma inferiore al loro valore nominale,al fine di evitare che il capitale sociale sia soltanto apparente, edevono indicare:

• la denominazione, la sede e la durata della società;

• la data dell’atto costitutivo e della sua iscrizione;• il loro valore nominale e l’ammontare del capitale sociale;• i diritti e gli obblighi particolari ad esse inerenti;• la sottoscrizione di uno degli amministratori.

L’azione attesta la qualità di socio e pertanto ha:• una funzione di legittimazione, in quanto chi la possiede può

esercitare i diritti di socio;• una funzione di trasferimento, in quanto chi trasmette il

documento trasferisce la qualità di socio110.Quanto al valore dell’azione, possiamo distinguere:

• un valore nominale, corrispondente alla parte di capitalesociale che essa rappresenta;

• un valore effettivo (o valore di borsa, per le azioni quotate),che consiste invece nel valore di mercato dell’azione.

Categorie di azioniConsiderando che le azioni devono essere di uguale valore econferiscono uguali diritti, la posizione dei soci dovrebbe variaresoltanto in funzione della maggiore o minore ampiezza delnumero che ne è stato sottoscritto (art. 2348). Sennonché questadisposizione, al secondo comma, permette di creare categorie diazioni fornite di diritti diversi. Se i soci intendono giovarsi di tale

opportunità sono tenuti ad inserire la relativa previsione nell’attocostitutivo ovvero a modificarlo successivamente. L’art. 2350stabilisce che ogni azione attribuisce il diritto ad una parte proporzionale degli utili netti e del patrimonio netto risultantedalla liquidazione, salvi i diritti stabiliti a favore di specialicategorie di azioni. La regola è, dunque, nel senso che le azioniattribuiscono uguali diritti; l’eccezione è che è possibile

diversificarli. La conseguenza di tale ultima ipotesi è che se i socise ne avvalgono la società risulta articolata in diverse categorie di

110 L’azione è liberamente trasferibile con le forme dei titoli di credito ma non è un titolo di credito poiché non attribuisce al possessore un dirittoletterale, autonomo e astratto.

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azionisti e la diversificazione può, addirittura, interessare ildiritto di voto. L’art. 2351 prescrive che esso è attribuito ad ogniazione. L’atto costitutivo può, tuttavia, stabilire che le azioni privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale

allo scioglimento della società abbiano diritto di voto soltantonelle assemblee straordinarie. La posizione degli azionistiprivilegiati, affermata dall’art. 2351, è segnata proprio da questitratti: a fronte del rafforzamento dell’interesse patrimonialesubiscono la parziale limitazione del diritto di voto, il cui esercizioè circoscritto alle assemblee straordinarie con esclusione di quelleordinarie. Gli azionisti di risparmio non dispongono, in nessun

caso del voto, né nell’assemblea ordinaria né in quellastraordinaria; a fronte di questo sacrificio è stato,significativamente ed innanzitutto, protetto il diritto all’utile equello alla quota di liquidazione. Gli utili netti, infatti, risultantidal bilancio regolarmente approvato, dedotta la quota di riservalegale, devono essere distribuiti alle azioni di risparmio fino allaconcorrenza del 5 per cento del loro valore nominale; non solo, poiché questi azionisti concorrono, con gli altri, nella ripartizionedell’utile residuo; in definitiva gli è assicurato un dividendocomplessivo maggiorato, rispetto a quello delle azioni ordinarie inmisura pari al 2 per cento del valore nominale dell’azione. Dacondividere l’opinione secondo cui l’attribuzione dell’utile, finoalla concorrenza del 5 per cento del valore non esige unadeliberazione di ripartizione dello stesso utile; è, cioè, sufficienteche esso risulti dal bilancio; automaticamente l’azionista dirisparmio ha diritto al relativo dividendo. Necessaria, viceversa, ladeliberazione per assegnare la parte dell’ulteriore utile, quella che permette di sopravanzare gli azionisti ordinari. La tutela di questisoci non si esaurisce qui: se, in effetti, non avessero ottenuto in unesercizio, il dividendo nella prescritta misura complessiva, hannodiritto a conseguirlo nei due esercizi successivi. Le azioni dirisparmio non possono essere emesse per un ammontare che

ecceda la metà dell’intero capitale sociale; se la società ha emessosia le une sia le altre, tale soglia deve essere, comunque, rispettata.Questi i benefici fissati dalla normativa di legge che possono

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essere ampliati dall’atto costitutivo ovvero da una successivamodifica. I tratti che qualificano le azioni di risparmio accreditanoil convincimento che ai soci che ne sono titolari non competa ildiritto di impugnativa delle deliberazioni assembleari, attribuito al

loro rappresentante comune, cui è affidata la tutela della categoria,unitamente alla speciale assemblea della quale questi azionistifanno parte; a tali azioni sono attribuiti gli altri diritti.Alle categorie dei soci di risparmio e privilegiati si può affiancarequella formata dai dipendenti della società. L’art. 2349 prevedel’emissione di azioni a loro favore per favorirne l’interessamentoalle sorti della società. E’ possibile convertire a capitale gli utili

straordinari che la società intende destinare ai dipendenti, conl’emissione di azioni che gli vengano assegnate. Un’altra categoriaè quella dei titolari delle azioni di godimento (art. 2353) riservateai soci i cui titolari azionari siano stati sorteggiati per ridurre ilcapitale sociale esuberante (art. 2445). In effetti, gli azionisti le cuiazioni siano state estratte e che, pertanto, escono dalla società,compete la quota di liquidazione calcolata sul valore nominale enon su quello reale; potrebbero, dunque, subire un pregiudizio seil valore reale risultasse superiore. Vi si può allora ovviare conl’assegnazione di azioni di godimento che permettono di  partecipare alla distribuzione degli utili futuri, ancorché con posterogazione rispetto ad altre categorie di soci.Ricapitolando, possiamo quindi distinguere:

• azioni ordinarie, con normali diritti di partecipazione;• azioni privilegiate, con priorità nella distribuzione degli utili

o nella restituzione del capitale;• azioni di godimento, assegnabili in sostituzione delle azioni

ordinarie quando – in occasione di riduzione del capitalesociale – ne sia stato rimborsato il valore nominale, sul presupposto che il valore dell’azione ordinaria sia superiore,al momento del rimborso, al valore nominale, a causa delleriserve esistenti;

• azioni assegnate ai prestatori di lavoro;

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• azioni con prestazioni accessorie, che impongono alsocio, oltre all’obbligo del conferimento, prestazioni nonconsistenti in denaro;

• azioni di risparmio, istituite per tutelari i piccoli

risparmiatori;Categorie di azioni e rischio di impresaLa possibile articolazione delle società per azioni in categorie disoci, diversificate dall’eterogeneità dei diritti, rende conto del fattoche la collocazione degli azionisti nell’organizzazione èinfluenzata dalla diversa incidenza del rischio di impresa. Questoè il fondamento dell’eccezione alla regola generale secondo cui

l’azione conferisce diritti uguali (art. 2348). Ogni categoria devegiovarsi di una protezione adeguata e coerente con le proprie, particolari caratteristiche. Questo è il fondamento dell’art. 2376che prevede per ognuna di esse un’assemblea speciale di cui è,appunto, speciale la competenza in contrapposizione a quellagenerale dell’assemblea, ordinaria e straordinaria della società. Sequeste ultime adottano decisioni suscettibili di pregiudicare idiritti della speciale categoria, gli azionisti che ne sonocomponenti devono approvare la decisione; in mancanza del loroconsenso, espresso nell’assemblea speciale, la deliberazione che lidanneggia non è efficace. Il pregiudizio deve colpire un dirittodella categoria sia direttamente sia indirettamente. Questa secondaeventualità è stata ricondotta all’esigenza di tutela del c.d. dirittodi rango teso a garantire l’equilibrio nel rapporto con le altrecategorie di soci; sufficientemente agevole la sua individuazioneconcettuale, meno quella dei margini della concreta azionabilità.La circolazione delle azioniLa circolazione delle azioni si attua secondo le norme prescritte per i titoli di credito. Il trasferimento si effettua con al consegnadel titolo e, per avere piena efficacia, richiede la duplice formalitàdell’annotazione del nome dell’acquirente sul titolo e sul libro deisoci111.

La legge pone alcuni limiti alla circolazione delle azioni e precisamente:111 Tali formalità, tuttavia, non devono essere necessariamente contestuali e possono compiersi separatamente.

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• no sono alienabili le azioni prima dell’iscrizione dellasocietà nel registro delle imprese;

• non sono alienabili le azioni, corrispondenti ai conferimentiin natura, prima della revisione della stima;

• non sono alienabili, senza il consenso degli amministratori, leazioni connesse a prestazioni accessorie;• non sono alienabili, senza il consenso degli amministratori, le

azioni delle società fiduciarie e di revisione.Inoltre, la legge prevede che altre limitazioni possano essereimposte dall’atto costitutivo e dai patti parasociali. In particolare,ai sensi dell’art. 2355, l’atto costitutivo può sottoporre a

  particolari condizioni l’alienazione delle azioni nominative. Leclausole limitative statutarie più frequentemente adottate sono:• le clausole di gradimento, ovvero112:

o clausole che subordinano l’alienazione delle azioni al  possesso, da parte dell’acquirente, di determinatirequisiti soggettivi o oggettivi;

o clausole che subordinano genericamente l’alienazione

delle azioni al benestare di un organo sociale;o clausole che subrodinano l’alienazione delle azioni ad

un placet dell’assemblea, dei sindaci o degliamministratori (spesso insindacabile e inappellabile);

• le clausole di prelazione, per le quali il socio che intendaliberarsi in tutto o in parte delle sua azioni, debba preferire, a parità di prezzo, uno o tutti i soci. Secondo la giurisprudenza

  prevalente, la violazione della clausola di prelazionedeterminerebbe la nullità del trasferimento.Tali clausole, se non previste dall’atto costitutivo, possono essereintrodotte solo all’unanimità, comportando la perdita di un dirittosoggettivo del socio. Per sopprimerle è sufficiente, invece,un’ordinaria delibera a maggioranza dato che il risultato è ilripristino del regime legale di circolazione delle azioni.Per quanto rigurda i patti parasociali, già di è detto dei sindacati di blocco, stipulati da due o più soci, che limitano o impediscono la

112 L’art. 22 della L. 281/85 ha testualmente stabilito che “ sono inefficaci le clausole degli atti costitutivi di società per azioni, le quali subordinano

 gli effetti del trasferimento delle azioni al mero gradimento di organi sociali”.

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circolazione delle azioni da essi possedute. Tali accordi sonolegittimi, ma il divieto di alienazione non è valido se non ècontenuto entro convenienti limiti temporali e se non risponde auun apprezzabile interesse di una delle parti (art. 1379). La

violazione dei patti, avendo questi efficacia meramenteobbligatoria ed esterna alla società, non invalidano il trasferimentoma fanno sorgere soltanto l’obligo del risarcimento del danno.Sindacati di collocamento e offerte pubblicheDei sindacati di collocamento ne abbiamo già parlato a propositodei patti parasociali. Sarà quindi sufficiente ricordare che in virtùdegli stessi, due o più soggetti si obbligano reciprocamente a

sottoscrivere azioni da collocare successivamente sul mercato, allecondizioni ed al momento opportuni, assumendo l’impegno ditrattenere per sé i titoli non collocati.Le offerte pubbliche, invece, si correlano ad operazioni ditrasferimento di titoli attraverso le quali possono anche realizzarsicambi di maggioranze o di controlli societari.Offerte pubbliche di vendita e di sottoscrizioneL’abrogata disciplina, contenuta nel capo I della L. 149/92,riguardava le offerte al pubblico aventi per oggetto azioni,obbligazioni convertibili o altri titoli o diritti che comunqueconsentono di acquistare diritti di voto: già emessi (offerta divendita), ovvero di nuova emissione (offerta di sottoscrizione).Attualmente il fenomeno viene ricondotto dal T.U. n. 58/98nell’ambito dell’appello al pubblico risparmio e la relativadisciplina deve essere fissata dalla Consob nel rispetto dei principigenerali fissati dall’art. 94 in tema di sollecitazioneall’investimento113.Offerte pubbliche di acquisto e di scambioL’offerta pubblica di acquisto o di scambio si sostanzia in ogniofferta, invito ad offrire o messaggio promozionale, in qualsiasiforma effettuati, finalizzati all’acquisto o allo scambio di prodottifinanziari, rivolti ad un numero di soggetti e per un ammontare

complessivo superiori a determinate soglie fissate dalla Consobcon proprio regolamento. Chi intende lanciare l’OPA ha l’obbligo113 Per una trattazione dell’argomento si rimanda alla sezione sui mercati mobiliari.

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di presentare preventivamente alla Consob un documento,destinato alla pubblicazione, contenente le informazioni necessarie per consentire ai destinatari di pervenire ad un fondato giudiziosull’offerta. L’offerta pubblica di acquisto o di scambio:

è irrevocabile (tuttavia può essere condizionata alraggiungimento di un quantitativo minimo);• deve essere rivolta, a parità di condizioni, a tutti gli azionisti

di una stessa categoria o a tutti i titolari di azioni convertibilidella medesima società;

• deve avere una durata, concordata con la Consob, noninferiore a 15 e non superiore a 35 giorni.

L’OPA, solitamente volontaria, risulta invece obbligatoria in duecasi:• offerta successiva: chiunque, a seguito di acquisti a titolo

oneroso, venga a detenere una partecipazione superiore allasoglia del 30% del capitale di una società quotata in Italiadeve promuovere un’offerta pubblica di acquisto sulla totalitàdelle azioni ordinarie di quella società. L’offerta deve essere

 promossa, entro 30 giorni, ad un prezzo non inferiore allamedia aritmetica fra il prezzo medio ponderato di mercatodegli ultimi 12 mesi e quello più elevato pattuito nello stesso periodo dall’offerente per acquisti di azioni ordinarie;

• offerta residuale: chiunque, a seguito di acquisti a titolooneroso o per qualsiasi causa, detenga più del 90% delcapitale votante in una società quotata deve promuovereun’offerta pubblica di acquisto sulla totalità dei titoli ancorain circolazione ed il prezzo deve essere determinato dallaConsob.

In caso di violazione delle norme sull’OPA obbligatoria, l’art. 110  prevede la sospensione del diritto di voto per l’intera partecipazione detenuta, nonché l’obbligo di alienazione, entro 12mesi, della partecipazione detenuta in eccedenza.Pegno, usufrutto e sequestro di azioniLe azioni possono essere oggetto di diritti reali limitati, nonché disequestro e di esecuzione forzata, indipendentemente dalla

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circostanza che siano stati emessi, o meno, i relativi certificati. Nei casi di pegno e di usufrutto:

• spettano all’usufruttuario ed al creditore pignoratizio il dirittodi voto e tutti i diritti funzionali, dipendenti o connessi al

diritto di voto;• spettano al creditore pignoratizio ed all’usufruttuario gli utili;• spettano al socio il diritto di recesso e di opzione.

Quanto al sequestro ed al pignoramento:• secondo parte della dottrina, l’esercizio dei diritti sociali

compete al soggetto cui è affidata la custodia dei titoli;• altri autori distinguono fra sequestro giudiziario e sequestro

conservativo ed affermano che nel primo caso il diritto divoto spetta al sequestratario, nel secondo al socio.L’elemento patrimoniale nella S.p.A.Capitale e patrimonio socialeIl capitale sociale è il valore in denaro dei conferimenti degliazionisti, quale risulta dalla valutazione fatta nell’atto costitutivo.Esso, per legge, non può essere inferiore a 200 milioni di lire e

 può essere variato solo mediante apposite delibere.Il patrimonio sociale è il complesso di attività e passività dellasocietà in un dato momento e varia – quindi – secondo le vicendedella società.Capitale e patrimonio sociale coincidono soltanto all’atto dellacostituzione della società, quando, cioè, non è ancora stataintrapresa alcuna attività. In seguito, può accadere che il valore

effettivo del patrimonio netto:• sia superiore alla cifra capitale, in conseguenza di incrementi  patrimoniali (utili) non distribuiti ai soci, oppure inconseguenza dell’aumento di valore dei cespiti già esistenti;

• si riduca al di sotto della cifra capitale, in conseguenza di  perdite. In tal caso, se la riduzione supera un terzo delcapitale, il rapporto tra patrimonio netto e capitale socialedeve essere ripristinato attraverso la riduzione del capitalemedesimo in proporzione delle perdite accertate.

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Il capitale sociale è tutelato nella sua integrità dalla leggeattraverso:

• la determinazione di criteri peculiari per la redazione e lavalutazione delle poste di bilancio;

• la specificazione delle norme sugli ammortamenti e sugliaccantonamenti;

• la previsione dell’obbligo di formazione della riserva legale;• varie norme dettate per impedire che il capitale sottoscritto

subisca compromissioni attraverso operazioni di c.d.annacquamento114.

I fondi di riserva

Le riserve sono immobilizzazioni di utili, imposte dalla legge odallo statuto della società oppure create volontariamentedall’assemblea al fine di assicurare la stabilità del capitale socialedi fronte alla oscillazione dei valori e di fronte a perdite che possono verificarsi in singoli esercizi e per dotare la società dinuovi mezzi finanziari in funzione dei suoi prevedibili sviluppi.Possiamo individuare varie tipologie di riserve, in particolare:

la riserva legale ordinaria: l’art. 2430 stabilisce che dagliutili netti annuali della S.p.A. deve essere dedotta edaccantonata una quota, in misura corrispondente almento allaventesima parte di essi, fino a raggiungere il quinto delcapitale sociale. La riserva legale, dunque, è un vincolo diindisponibilità che colpisce una parte degli utili conseguiti,allo scopo di rafforzare la garanzia dei creditori e di

consentire alla società di superare eventuali crisi senzaintaccare il capitale sociale;• le riserve facoltative o straordinarie: le società, per una

  prudente amministrazione, possono liberamente costituire114 Trattasi delle norme contenute negli artt.:

• 2443 bis: disposizioni limitative degli acquisti, da parte della società di beni o di crediti dei promotori, fondatori, soci e amministratori;

• 2346 e 2420 bis: divieto di emissione di azioni o obbligazioni convertibili in azioni al di sotto del valore nominale;

• da 2357 a 2357 quater : divieto per la società di acquistare e sottoscrivere proprie azioni, se l’acquisto non è fatto con utili regolarmenteaccertati e se le azioni non sono integralmente liberate;

2358: divieto di anticipazioni sulle proprie azioni e di prestiti per l’acquisto delle stesse;• 2359 bis: divieto di investimento, da parte di una società controllata, del proprio capitale in azioni delle società controllante o di altra

società da questa controllate;

• 2360: divieto di sottoscrizione reciproca di azioni;

• 2433: divieto di pagare utili non realmente conseguiti;

• 2446 : obbligo di riduzione del capitale nel caso in cui il patrimonio risulti diminuito di oltre 1/3 in conseguenza di perdite.

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riserve ulteriori a quella legale. A tali riserve puòattingersi specialmente per aumenti gratuiti di capitale;

• la riserva statutaria: tale riserva può essere eventualmenteimposta dall’atto costitutivo, in aggiunta a quella legale, al

solo fine di rafforzare la posizione economica della società;• la riserva occulta: deriva dall’espediente contabile di

stiamare talune attività sociali ad un valore inferiore a quelloeffettivo (sottovalutazione dell’attivo) ovvero di iscrivere al  passivo poste correttive sproporzionate all’effettivodeperimento o agli effettivi rischi (sopravalutazione del passivo), al fine di dissimulare utili effettivamente conseguiti

 per evitare la loro distribuzione agli azionisti o per sottrarlialla tassazione fiscale115.Il bilancio di esercizioAi sensi dell’art. 2423 del cod. civ. si ricava che il bilancio diesercizio è il documento contabile da redigersi al termine di ogniesercizio annuale, che deve rappresentare – con chiarezza ed inmodo veritiero e corretto – la situazione patrimoniale e finanziariadella società e il risultato economico dell’esercizio. Il bilancio diesercizio è uno strumento di informazione i cui diretti destinatarisono i soci da una parte, i creditori e i tezi in generale dall’altra.Esso è costituito:

• dallo stato patrimoniale, che contiene la descrizione e lavalutazione del patrimonio della società;

• dal conto economico, che descrive tutte le variazioniintervenute nel patrimonio durante l’esercizio;

• dalla nota integrativa, il cui contenuto è rivoltosostanzialmente a dare ragione dei dati esposti nello stato patrimoniale e nel conto economico.

Ad esso vanno poi allegate:• la relazione degli amministratori sulla gestione sociale;• la relazione dei sindaci (per le società dotate di collegio

sindacale);• la relazione della società di revisione (per le società quotate).

115 Secondo la Cassazione le riserve occulte debbono considerarsi illecite allorquando la sottovalutazione dell’attivo o la sopravvalutazione del passivo superino “il limite di ogni ragionevolezza”, così da non potere apparire in alcun modo giustificate da principi di prudenza.

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Quanto alle funzioni del bilancio, esso deve:• illustrare, al termine di ogni esercizio, il valore del

 patrimonio sociale;• rappresentare la situazione finanziaria della società;• indicare il risultato economico dell’esercizio, specificando gli

utili conseguiti o le perdite sofferte116;La formazione del bilancioIl bilancio di esercizio deve essere approvato dall’assembleaordinaria della società e questa – a tale scopo – deve essereconvocata entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale.La formazione del bilancio si articola nei seguenti punti:

• gli amministratori redigono il progetto di bilancio; indi locomunicano al collegio sindacale insieme ad una relazionesull’andamento della gestione sociale e con i documentigiustificativi, almeno trenta giorni prima del giorno in cui siterrà l’assemblea cui va sottoposto;

• il collegio sindacale formula proposte ed osservazioni sul  progetto di bilancio e riferisce all’assemblea sull’esercizio

sociale e sulla tenuta della contabilità, facendo proposte circal’approvazione;• copia del progetto di bilancio, insieme con le relazioni degli

amministratori e dei sindaci, deve rimanere depositata nellasede sociale durante i quindici giorni che precedonol’assemblea, e fino all’approvazione, affinché i soci possano prenderne visione;

• l’assemblea ordinaria delibera sul progetto di bilancio e, se loapprova, delibera anche sulla distribuzione degli eventualiutili ai soci;

116 Opportunamente si è suggerito di qualificare il bilancio, per la funzione che svolge, atto di organizzazione dell’impresa. Le suerappresentazioni e le sue rilevazioni indicano le decisioni da adottare che si riflettono sull’azionariato e sui terzi qualunque sia la misura del lorocoinvolgimento (per i primi in considerazione del fatto che si accerta se l’esercizio si è chiuso in utile o in perdita). L’approvazione del bilanciocostituisce, infatti, presupposto della deliberazione di distribuzione dell’utile e, sulla base del risultato maturato, anche della ripartizione di acconti didividendo nell’esercizio successivo. Il bilancio dà ancora modo di verificare l’integrità del capitale orientando per le necessarie iniziative. Si spiega,così, il progressivo e crescente interesse che la normativa di legge ha riservato a questo rilevantissimo documento contabile. Già quella del codice del

1942 risultava più specifica rispetto alle previsioni di quello di commercio del 1882, ancorché il complesso delle disposizioni si sia rivelatoassolutamente inidoneo per la realizzazione delle rinnovate esigenze del mercato. Numerosi i successivi interventi il più rilevante dei quali èrappresentato dall’attuazione della quarta e della settima direttiva comunitarie emanate con il Dlgs n. 127 del 1991 che hanno apportato modifichedecisive che hanno mutato sia il contenuto del bilancio sia i criteri per la redazione. Sono sottratte all’applicazione della nuova normativa le banche ele società finanziarie che svolgono in via esclusiva o prevalente, anche indirettamente, attività di raccolta e di collocamento del pubblico risparmio, leimprese di assicurazione e, con alcune perplessità, quelli editoriali. Per converso, per ragioni di pratica semplificazione, alle società di più ridottadimensione è accordata la facoltà della redazione del bilancio in forma abbreviata.

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• una copia del bilancio approvato, corredata dalla relazionesulla gestione, dalla relazione del consiglio sindacale e dalverbale di approvazione dell’assemblea, deve esseredepositata, a cura degli amministratori ed entro 30 giorni

dall’approvazione, presso l’Ufficio del registro delle imprese,ovvero inoltrata a mezzo di lettera raccomandata117;Principi fondamentali del bilancioL’art. 2423, 2° comma, individua i principi fondamentali del bilancio:

• il principio della chiarezza della redazione, in quanto il bilancio deve risultare comprensibile da parte dei destinatari;

il principio della verità e correttezza dellerappresentazioni, che si sostanzia nel comportamento di  buona fede del redattore del bilancio rivolto a fornire aidestinatari una informazione adeguata alla comprensione delvalore rappresentato, scevra da qualsiasi intento distrumentalizzazione118.

Altre due importanti regole sono poste dall’art. 2423:• il redattore del bilancio deve fornire le informazioni

complemetari necessarie a dare una rappresentazioneveritieria e corretta qualora la quantità di informazioni prescritte non fosse sufficiente;

• il redattore è altresì obbligato a derogare ad uno qualsiasi dei  precetti sul bilancio nei casi eccezionali in cui la loroosservanza fosse incompatibile con la rappresentazioneveritiera e corretta che il bilancio deve offrire ai suoi lettori.

Criteri di redazioneL’art. 2423 bis enuncia le regole giuridiche da seguire nellaredazione del bilancio:

• al n. 1 specifica che la “valutazione delle voci deve esserefatta secondo prudenza”, intendendosi per tale lasubordinazione della stima positiva alla certezza dei dati

117 Nello stesso termine le società non quotate in mercato regolamentato devono altresì depositare, per l’iscrizione nel registro delle imprese, l’elencodei soci riferito alla data di approvazione del bilancio, con l’indicazione del numero di azioni posseduto da ciascuno, nonché dei soggetti diversi daisoci che sono titolari di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni medesime.118 Chiarezza, correttezza e rappresentazione veritiera costituiscono qualità essenziali del bilancio, i principi base che ne segnano la redazione e che,opportunamente, sono definite clausole generali sulle quali si modellano le molteplici regole particolari. Le clausole generali fissano gli obbiettivi difondo alla cui realizzazione contribuiscono le norme specifiche.

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valutati e di quella negativa alla semplice probabilità deidati119;

• sempre al n. 1 viene enunciato il principio della continuitàdella gestione: la valutazione delle voci deve essere fatta,

cioè, nella prospettiva della continuazione dell’attività120

;• al n. 3 specifica che “si deve tener conto dei proventi e degli

oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalladata dell’incasso o del pagamento”, ovvero occorre rilevare proventi ed oneri nell’esercizio in cui si sono verificati e nonin quello in cui sono effettuati i relativi incassi e pagamenti(principio di competenza);

al n. 5 rileva il principio di valutazione separata deglielementi patrimoniali: “gli elementi eterogeneri – cioè – ricompresi nelle singole voci devono essere valutatiseparatamente”. Ciò in quanto la valutazione complessiva ditali elementi renderebbe possibile la compensazione degliutili separati su alcune categorie di beni con le presunte perdite che dovrebbero essere rilevate su altre categorie di beni e che in questo modo non risulterebbero dal bilancio;

• al n. 6, infine, viene indicato il principio di continuitàsostanziale dei bilanci secondo il quale, “ i criteri divalutazione non possono essere modificati da un esercizioall’altro”.

Contenuto dello stato patrimonialeSi è sottolineato che il bilancio è formato dallo stato patrimoniale,dal conto economico e dalla nota integrativa; il rigore chedisciplina la redazione di questi documenti è confermato dalla previsione secondo la quale nello stato patrimoniale e nel contoeconomico non solo le voci devono essere iscritte separatamente,ma anche nell’ordine indicato dagli art. 2424 e 2425. Tali vocisono articolate per categorie che, contrassegnate da letteremaiuscole (A, B, C, D) sono ulteriormente suddivise insottocategorie, distinte con numeri romani, ancora suddivise in

119 In altre parole nel bilancio si possono indicare esclusivamente gli utili realmente conseguiti e debbono essere presi in considerazione rischi e perdite non certi ma probabili.120 Il patrimonio deve essere valutato a valori di uso, in relazione all’efficienza produttiva dei beni – e non di scambio – in un quadro dinamicodell’impresa.

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voci contraddistinte da numeri arabi; talvolta un’ulterioreripartizione è distinta da lettere minuscole. Per ogni voce dellostato patrimoniale e del conto economico deve essere indicatol’importo della voce corrispondente dell’esercizio precedente per 

agevolare la comparazione e la valutazione dell’eventualeevoluzione. Si è osservato che lo stato patrimoniale rappresenta laconsistenza e la composizione delle attività e delle passività equelle dei mezzi finanziari. Lo stato patrimoniale è articolato acolonne contrapposte, con iscrizione a sinistra delle attività e adestra delle passività e del patrimonio netto. L’attivo è articolato per categorie (art. 2424):

A) crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separataindicazione della parte già richiamata;B) immobilizzazioni, ripartite in immobilizzazioni immateriali,

materiali e finanziarie121;C) attivo circolante che individua i beni acquistati grazie allo

sviluppo dell’attività e che sono destinati ad essere scambiaticon altri beni122;

D) ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio123 sui prestiti124.

Il passivo dello stato patrimoniale è articolato per categorie,segnatamente:A) il patrimonio netto, formato dal capitale sociale e dalle diverse

riserve. E’ integrato dagli utili dei precedenti esercizi,ovviamente non distribuiti e da quelli dell’esercizio che si èchiuso; è diminuito delle perdite pregresse, portate a nuovo edi quelle maturate nel corso dell’esercizio. Lo somma di questevoci, integrata degli utili, ovvero diminuita delle perdite,determina il patrimonio netto. Tali voci formano il passivoideale, diverso da quello effettivo; individuano ciò che residua

121 Le immobilizzazioni individuano i beni destinati ad impiego durevole nello svolgimento dell’attività. Le immobilizzazioni immateriali sonoulteriormente ripartite nei costi di impianto e ampliamento, in quelle di ricerca e di sviluppo, diritti di brevetto e utilizzazione delle opere dell’ingegnoecc.. Le immobilizzazioni materiali sono suddivise nei terreni e fabbricati, negli impianti e macchinario, nelle attrezzature industriali e commerciali.Le immobilizzazioni finanziarie sono distinte tra quelle relative a partecipazioni, a crediti, ad altri titoli e ad azioni proprie.122 Tale voce è articolata: nelle rimanenze; nei crediti verso i clienti od altri; attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni;disponibilità liquide.123 Il disaggio di emissione del prestito obbligazionario, è il saldo tra quanto riscosso presso l’obbligazionista e il maggior importo che gli saràdovuto alla scadenza del rapporto.124 I ratei attivi individuano i proventi di competenza dell’esercizio che la società incasserà in quelli successivi; i risconti attivi identificano i costisopportati durante l’esercizio, ancorché di competenza di quelli di successivi.

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dell’attivo dopo aver detratto, gli accantonamenti, i debitied i risconti passivi.

B) fondi per rischi ed oneri, suddiviso in quelli per trattamento diquiescenza ed obblighi simili, per imposte ecc.

C) trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato; nellarelativa voce deve essere indicato l’importo calcolato a normadell’art. 2120;

D) debiti, suddivisi in obbligazioni, convertibili, verso banche,verso altri finanziatori, acconti, fornitori, rappresentati da titolidi credito, debiti verso lo imprese controllate, collegate,controllanti ecc.;

E) ratei e risconti; i costi, cioè, di competenza dell’eserciziochiuso, ma esigibili in quelli successivi.In calce allo stato patrimoniale devono essere indicati le garanzie prestate con distinzione tra i fideiussori, avalli, altre personali ereali nonché, tra l’altro, i beni di terzi ricevuti, ad esempio, indeposito (art. 2424).Il conto economicoMentre lo stato patrimoniale contiene una rappresentazione staticadel patrimonio alla fine dell’esercizio, il conto economicocontiene una rappresentazione dinamica dei movimenti del patrimonio nel corso dell’esercizio e fornisce spiegazioni circa ilsaldo figurante nello stato patrimoniale. L’art. 2425 delinea loschema di redazione del conto economico, secondo le seguentivoci:

• valore della produzione (ricavi delle vendite e delle prestazioni ecc.);

• costi di produzione (per materie prime, beni di godimento,salari ecc.);

•  proventi ed oneri finanziari;• rettifiche di valore di attività finanziarie;•  proventi ed oneri straordinari.

Criteri di valutazioneL’esigenza che il bilancio soddisfi un’informazione oggettiva edimparziale, a beneficio dei soci, dei creditori ed in genere del

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mercato, giustifica il rigore prescritto per le valutazioni che nonriguardano i valori certi, ma quelli stimati. In considerazionedell’importanza e della delicatezza del relativo compito degliamministratori e con l’obbiettivo di impedire violazioni, la

normativa di legge ha fissato ulteriori criteri di cui l’organoamministrativo è obbligato ad avvalersi, qualunque sia il cespiteda valutare. Per circoscrivere, pertanto, i margini dell’opinabilità,l’art. 2426 fissa rigorosi criteri di valutazione soltantoeccezionalmente derogabili. Le immobilizzazioni devono essereiscritte al costo di acquisto o di produzione (che comprende tutti icosti direttamente imputabili al prodotto). Il criterio è privo di

alternativa per le immobilizzazioni materiali ed immateriali, non per quelle finanziarie che, se relative a partecipazioni in impresecollegate o controllate, possono essere stimate anche nel rispettodi una regola alternativa, quella del patrimonio netto; è consentito,cioè, iscriverle per un importo pari alla corrispondente frazionedel patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio delle impresecontrollate o delle collegate, con detrazione dei dividendi edoperate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancioconsolidato (art. 2426). I costi di impianto e di ampliamento,quelli di ricerca di sviluppo e di pubblicità possono essereiscritti nell’attivo, con il consenso del collegio sindacale, se hannoutilità pluriennale. L’avviamento, sempre con il consenso delcollegio sindacale, può essere iscritto nell’attivo se acquisito atitolo oneroso e, comunque, nei limiti del costo per esso sostenutoche deve essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni. Ildisaggio su prestiti deve essere iscritto nell’attivo edammortizzato in ogni esercizio per il periodo di durata del prestito.I crediti devono essere iscritti secondo il valore di presumibilerealizzazione. Le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie chenon costituiscono immobilizzazioni, devono essere iscritti al costodi acquisto o produzione ovvero al valore di realizzo; tale minorevalore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono

venuti meno i motivi. Il costo dei beni fungibili può esserecalcolato col metodo della media ponderata o con quelli “primoentrato, primo uscito” o “ultimo entrato, primo uscito”. I lavori in

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corso su ordinazione   possono essere iscritti sulla base dicorrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza. Leattrezzature industriali e commerciali, le materie primesussidiarie e di consumo possono essere iscritte nell’attivo ad un

valore costante qualora siano costantemente rinnovate ecomplessivamente di scarsa importanza in rapporto all’attivo di bilancio. A questi criteri che intendono orientare rigidamente levalutazioni degli amministratori è possibile derogare soltanto incasi eccezionali, se cioè, la loro applicazione è incompatibile conl’obbiettivo della rappresentazione veritiera e corretta. In questaeventualità l’organo amministrativo può attribuire al cespite un

valore superiore, ma nella nota integrativa non solo deve motivarela deroga, ma è tenuto ad indicare anche la sua influenza sullarappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e delrisultato economico.La nota integrativaIl contenuto della nota integrativa è specificato dall’art. 2427 ed èrivolto sostanzialmente a dare ragione dei dati esposti nei conti patrimoniale ed economico. La nota deve infatti evidenziare:

• i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio enelle rettifiche di valore;

• i movimenti delle immobilizzazioni;• le variazioni intervenute nelle varie poste dell’attivo e del

 passivo;• l’elenco descrittivo delle partecipazioni possedute in imprese

controllate e collegate;• i debiti assistiti di garanzie reali su beni sociali, con specifica

indicazione della natura delle garanzie;• gli impgni non risultanti dallo stato patrimoniale;• se significativa, la ripartizione dei ricavi delle vendite e delle

  prestazioni secondo categorie di attività e secondo areegeografiche;

il mumero medio dei dipendenti, ripartito per categoria;• l’ammontare dei compensi spettanti agli amministratori ed ai

sindaci;

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• il numero ed il valore nominale di ciascuna categoria diazioni della società.

La relazione degli amministratoriLa relazione degli amministratori, che deve accompagnare il

 bilancio di esercizio, serve ad illustrare la situazione della societàe l’andamento della gestione, nel suo complesso e nei vari settoriin cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con  particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti. In particolare, dalla relazione devono risultare:

• le attività di ricerca e di sviluppo;• i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e

imprese sottoposte al controllo di queste ultime;• il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia

delle azioni o quote di società controllanti possedute dallasocietà, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l’indicazione della quota di capitalecorrispondente;

• il numero ed il valore nominale sia delle azioni proprie sia

delle azioni o quote di società controllanti acquistate oalienate dalla società nel corso dell’esercizio, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, conl’indicazione della quota di capitale corrispondente, deicorrispettivi riscossi o pagati e dei motivi degli acquisti edelle alienazioni;

• i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio;•

l’evoluzione prevedibile della gestione.Entro tre mesi dalla fine del primo semestre dell’esercizio gliamministratori della società con azioni quotate in borsa devonotrasmettere al collegio sindacale una relazione sull’andamentodella gestione, redatta secondo i criteri stabiliti dalla Consob conapposito regolamento.Il bilancio in forma abbreviataL’art. 2435 bis stabilisce che le società possono redigere il  bilancio in forma abbreviata quando, nel primo esercizio e

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successivamente per due esercizi consecutivi, non abbianosuperato due dei seguenti limiti:

• totale dell’attivo dello stato patrimoniale ammontante a L.4.700 milioni;

• ricavi delle vendite e delle prestazioni ammontanti a L. 9.500milioni;

• n. 50 dipendenti occupati in media durante l’esercizio. Nel bilancio in forma abbreviata sono semplificati e ridotti glischemi dello stato patrimoniale e della nota integrativa. Laredazione di gestione può essere omessa a condizione che, nellanota integrativa, vengano fornite le notizie richieste ai punti 3 e 4

dell’art. 2428. Le società che per due esercizi consecutivi superinodue dei limiti dianzi specificati dovranno tornare alla formaordinaria di bilancio.La revisione contabile Nelle società con azioni quotate le funzioni di controllo dellaregolare tenuta della contabilità sociale sono attribuite ad unsocietà di revisione. La società di revisione verifica:

nel corso dell'esercizio, la regolare tenuta della contabilitàsociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nellescritture contabili;

• che i bilanci di esercizio e il bilancio consolidatocorrispondano alle risultanze delle scritture contabili e degliaccertamenti eseguiti e che siano conformi alle norme che lidisciplinano.

La società medesima esprime, con apposite relazioni, un giudiziosul bilancio di esercizio e consolidato, che può essere senza rilievi,con rilievi o negativo; ovvero rilascia una dichiarazione diimpossibilità di esprimere un giudizio: negli ultimi due casi essadeve informare immediatamente la Consob.Il bilancio consolidato  Nei casi in cui esistono situazioni di controllo tra due o piùimprese, la legge prevede la redazione di un bilancio consolidatoche attraverso l'eliminazione dei valori rappresentanti operazioniinterne e l'aggregazione dei dati riferiti alle relazioni con i terzi è

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finalizzato a descrivere l'andamento composito della gestione.Sono obbligati a redigere il bilancio consolidato:

• le società per azioni, in accomandita per azioni ed aresponsabilità limitata che controllano un'impresa;

le società cooperative e mutue assicuratrici che controllanosocietà per azioni, in accomandita per azioni o aresponsabilità limitata;

• gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principaleun'attività commerciale.

Struttura e contenuto del bilancio consolidatoIl bilancio consolidato viene predisposto dagli amministratori

dell'impresa controllante ed è costituito dallo stato patrimoniale,dal conto economico e dalla nota integrativa. Le modalità diredazione dello stato patrimoniale e del conto economicoconsolidati, la struttura ed il contenuto degli stessi, nonché i criteridi valutazione possono essere modificati da un esercizio all'altrosoltanto in casi eccezionali e la deroga deve trovare specificamotivazione nella nota integrativa. La data di riferimento del

  bilancio consolidato deve coincidere, di regola, con la data dichiusura del bilancio dell'esercizio dell'impresa controllante, ma può tuttavia coincidere con la data di chiusura dell'esercizio dellamaggior parte delle imprese incluse nel consolidamento o delle più importanti di esse. Dev'essere allegata al bilancio consolidatouna relazione degli amministratori sulla situazione complessivadelle imprese in esso incluse e sull'andamento della gestione nelsuo insieme e nei vari settori, con particolare riguardo ai costi, airicavi e dagli investimenti. Il bilancio consolidato la relazionesulla gestione sono assoggettati al controllo nelle forme previste  per il bilancio d'esercizio dell'impresa controllante. Una copiadeve essere depositata nell'ufficio del registro delle imprese,insieme al bilancio d'esercizio.L’invalidità della deliberazione di approvazione del bilancioÈ opportuno riprendere il discorso sull’invalidità delle

deliberazioni assembleari: sono viziate di nullità quelle il cuioggetto è illecito o impossibile, da annullabilità quelle inficiate dacarenze del procedimento attraverso il quale si perviene alla loro

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formazione. Questi cenni agevolano l’introduzione di un profilo delicato che ha impegnato dottrina e giurisprudenza: quellodell’invalidità della deliberazione assembleare di approvazione del  bilancio. Opportune appaiono alcune preliminari osservazioni

sulla rilevanza degli specifici interessi in gioco. Per un verso,quello che è tutelato dall’informazione oggettiva ed imparziale del  bilancio; per l’altro quello della stabilità delle deliberazioniassembleari. L’indirizzo della giurisprudenza è orientato per lalinea del rigore: se la deliberazione approva un bilancio chemanchi di chiarezza e renda rappresentazioni non veritiere, il suooggetto è illecito, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 2379,

l’atto è viziato da nullità; chiunque ha interesse può impugnarlosenza limiti di tempo. Chi se ne avvale deve aver concretamentericevuto informazioni fuorvianti incompatibili con le finalità dichiarezza e della rappresentazione veritiera; in difetto l’azione dinullità non può essere proposta. La deliberazione di approvazionedel bilancio potrebbe risultare inficiata non soltanto da vizi relativial suo contenuto, al suo oggetto, ma anche da carenze del procedimento che ne consente l’adozione se non conforme allalegge e all’atto costitutivo (art. 2377). L’irregolarità di ognunadelle fasi attraverso le quali si sviluppa determinerebbel’annullabilità dell’atto.La distribuzione degli utili ai sociLa deliberazione di approvazione del bilancio acquista rilevanzadecisiva poiché la stessa assemblea decide anche sulladistribuzione dell’utile ai soci. A differenza delle società di persone, in cui l’approvazione del bilancio comporta l’automaticaattribuzione degli utili ai soci, nelle società per azioni èindispensabile uno specifico atto di destinazione, in mancanza delquale l’utile rimane nell’esclusiva titolarità della società. Questaregola subisce una eccezione per le azioni di risparmio che beneficiano di parte dell’utile di loro pertinenza per effetto direttodella deliberazione di approvazione del bilancio. L’adunanza

deve, quindi, operare una scelta: se sia più conveniente ripartirlo,con immediato vantaggio per gli azionisti ovvero impiegarlo per altre finalità. La decisione dell’assemblea è condizionata dal

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  bilancio dal quale deve risultare l’utile e che deve, altresì,essere approvato; al pari è soluzione che propone all’adunanza che può condividerla o respingerla. Necessario che la deliberazioneche, per la soddisfazione dell’interesse sociale, sacrifica quello del

socio per la remunerazione, sia conforme ai principi di correttezza buona fede e non persegua, invece, obbiettivi diversi, quello adesempio di indurre la minoranza, delusa dalla mancatadistribuzione, ad abbandonarne la comune impresa.Dividendi sulle azioni possono essere corrisposti soltanto per utilirealmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmenteapprovato. Se si verificano perdite del capitale sociale, non può

farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non siaintegrato o ridotto in misura corrispondente. Gli utili netti non possono essere integralmente distribuiti ai soci. Si deve procedere preventivamente, invero:

• all'accantonamento della quota di riserva legale;• all'erogazione delle partecipazioni concesse ai promotori, ai

soci fondatori ed agli amministratori;•

all'eventuale accantonamento per far fronte a riservestatutarie.I dividendi erogati in violazione delle prescrizioni di legge nonsono ripetibili solo allorquando i soci li abbiano riscossi in buonafede ed in base ad un bilancio regolarmente approvato dal qualerisultino utili corrispondenti ai dividendi di cui è stata deliberata ladistribuzione.Acconti sui dividendiUna vivace disputa divideva la dottrina sul problema della liceitàdella distribuzione di acconti sui dividendi futuri. L'articolo 19 delDPR n. 30/86 ha fornito una soluzione normativa la disputa,attraverso l'introduzione dell'articolo 2433 bis che ha fissato iseguenti principi:

• la distribuzione di acconti sui dividendi è consentita solo allesocietà il cui bilancio è assoggettato per legge alla revisioneda parte di società iscritte all'albo speciale;

• la distribuzione di acconti sui dividendi dev'essere previstadallo statuto ed è deliberata dagli amministratori dopo la

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certificazione e l'approvazione del bilancio dell'esercizio precedente;

• non è consentita la distribuzione di acconti sui dividendiquando dall'ultimo bilancio approvato risultino perdite

relative all'esercizio o a esercizi precedenti;• l'ammontare degli acconti sui dividendi non può superare la

minor somma tra l'importo degli utili conseguiti dallachiusura dell'esercizio precedente, diminuito delle quote chedovranno essere destinate a riserva per obbligo legale ostatutario, e quello delle riserve disponibili;

• gli amministratori deliberano la distribuzione di acconti sui

dividendi sulla base di un prospetto contabile e di unarelazione, dai quali risulti che la situazione patrimoniale,economica e finanziaria della società consente ladistribuzione stessa. Su tali documenti deve essere acquisitoil parere del collegio sindacale;

• il prospetto contabile, la relazione degli amministratori e il  parere del collegio sindacale devono restare depositati incopia nella sede della società fino all'approvazione del bilancio dell'esercizio in corso e i soci possono prendernevisione.

Qualora sia successivamente accertata l'inesistenza degli utilirisultanti dal prospetto, gli acconti sui dividendi erogati inconformità con le disposizioni anzidette non sono ripetibili se isoci li hanno riscossi in buona fede.La tutela dell’integrità del capitale sociale e della riserva

legaleA tutela dell’integrità del capitale sociale e della riserva legale, lalegge pone alcuni divieti ed alcuni obblighi a carico della società:

• divieto di emettere azioni per somme inferiori al loro valorenominale, onde evitare che il capitale non sia effettivo per la parte corrispondente alla differenza tra il valore delle azioni eil minor valore dei beni conferiti;

• divieto di emettere nuove azioni (e quindi aumentare ilcapitale) finché quelle già emesse non siano interamenteliberate;

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• divieto agli amministratori di restituire i conferimenti agliazionisti o di liberarli dall’obbligo di eseguirli;

• divietto alle società di acquistare azioni proprie utilizzando il  patrimonio sociale per un ammontare corrispondente al

capitale sociale;• limiti alle società nell’acquisto di azioni proprie;• divieto alle società di sottoscrivere azioni proprie;• divieto alle società di costituire o aumentare il capitale

sociale mediante sottoscrizione reciproca, contemporanea econnessa di azioni;

• divieto alle società di concedere anticipazioni su pegno di

azioni proprie;• divieto alle società di concedere mutui a terzi per l’acquisto

di azioni proprie;• divieto alle società di accettare azioni proprie in garanzia,

anche per interposta persona o per tramite di societàfiduciaria;

• divieto alla società di distribuire ai soci le somme percepite

  per l’emissione di azioni ad un prezzo superiore al lorovalore nominale, fino a che la riserva legale non abbiaraggiunto il quinto del capitale sociale;

• obbligo di reintegrare la riserva legale, in caso didiminuzione della stessa per perdite, nella misura di 1/5 delcapitale sociale, prelevando almeno la ventesima parte degliutili netti annuali successivi;

obbligo per gli amministratori di convocare l’assemblea a cuisottoporre un bilancio straordinario in caso di diminuzionedel capitale di oltre 1/3 per perdite;

• obbligo dell’assemblea di deliberare la trasformazione dellasocietà o la reintegrazione del capitale in caso di diminuzionedel capitale al di sotto del minimo legale;

• l’art. 2343 bis prescrive, infine, che l’acquisto da parte dellasocietà – per un corrispettivo pari o superiore al decimo delcapitale sociale – di beni o di crediti dei promotori, deifondatori, dei soci, o degli amministratori deve essere

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autorizzato dall’assemblea ordinaria qualora avvenga neidue anni dalla iscrizione della società nel registro delleimprese.

Acquisto e sottoscrizione delle proprie azioni

L’art. 2357 fa espresso divieto alle società di acquistare azioni proprie, se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riservedisponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato.  Nei limiti anzidetti, inoltre, possono essere acquistate soltantoazioni interamente liberate.L’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea, la quale nefissa le modalità, indicando in particolare il numero massimo di

azioni da acquistare, la durata, non superiore a diciotto mesi, per la quale l’autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed ilcorrispettivo massimo. In nessun caso il valore nominale delleazioni acquistate può eccedere la decima parte del capitale socialetenuto conto anche delle azioni possedute dalle società controllate.Le azioni acquistate in violazione delle prescrizioni anzidettedebbono essere alienate secondo modalità da determinarsidall’assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In mancanza,deve procedersi senza indugio al loro annullamento e allacorrispondente riduzione del capitale. Qualora l’assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che lariduzione sia disposta dal Tribunale secondo il procedimento previsto dall’art. 2446, secondo comma.Tale disciplina non si applica, tuttavia, nei seguenti casi:

• in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea diriduzione del capitale, da attuarsi mediante riscatto eannullamento di azioni;

• a titolo gratuito, sempre che si tratti di azioni interamenteliberate;

•  per effetto di successione universale o di fusione;• in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di

un credito della società, sempre che si tratti di azioniinteramente liberate.

Gli amministratori possono disporre delle azioni proprie acquisitealle condizioni di legge appena viste soltanto previa

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autorizzazione dell’assemblea, che deve stabilire le relativemodalità. Per tali azioni inoltre:

• il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni;

• il diritto di voto è sospeso, ma le azioni medesime sonoegualmente computate ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell’assemblea;

• deve essere costituita e mantenuta una riserva indisponibile,  pari all’importo delle azioni proprie iscritto all’attivo del bilancio;

Per quanto riguarda la sottoscrizione di azioni proprie, l’art. 2357

quater vieta tassativamente tale possibilità. Chiunque abbiasottoscritto in nome proprio, ma per conto della società, azioni diquest’ultima è considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle azioni rispondono solidalmente,salvo che non dimostrino di essere esenti da colpa, i promotori, isoci fondatori e, nel caso di aumento del capitale sociale, gliamministratori.

L’acquisto e la sottoscrizione delle azioni nel fenomeno delcontrolloIl sistema normativo – relativamente alla sottoscrizione eall’acquisto di azioni proprie – tutela l’integrità del capitale edinteressa tali operazioni anche se effettuate tra la societàcontrollante e le sue controllate. È innegabile, in effetti, che inqueste situazioni i pericoli risultino accentuati: in primo luogo inconsiderazione del rapporto di controllo che potrebbe agevolare lemanovre della società controllante che indirizza l’attività dellacontrollata; in considerazione, altresì, della possibile fittiziamovimentazione dei capitali. Anche con riferimento a questesituazioni è opportuno distinguere le operazioni di acquisto daquelle di sottoscrizione. Il Dlgs n. 315/1994 ha introdotto gli art.2359 bis, ter e quater. Identici i divieti già illustrati:

• l’acquisto da parte della controllata è consentito soltanto neilimiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibilirisultanti dall’ultimo bilancio approvato;

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•  può riguardare esclusivamente azioni interamente liberate;• l’acquisto deve essere deliberato dall’assemblea alle

condizioni e alle modalità di cui all’art. 2357.In nessun caso il valore nominale delle azioni può eccedere la

decima parte del capitale della società controllante e si deve tener conto delle azioni possedute dalla medesima società controllante edalle società da essa controllate. Deve essere costituita una riservaindisponibile pari all’importo delle azioni della societàcontrollante, iscritta all’attivo del bilancio e deve essere mantenutafin quando le azioni non siano trasferite. La società controllata non  può esercitare il voto nell’assemblea della controllante. È,

ovviamente, sanzionato l’acquisto effettuato per il tramite disocietà fiduciaria o per interposta persona. Ai sensi dell’art. 2359ter la trasgressione di questi limiti impone l’alienazione delleazioni entro un anno dall’acquisto nel rispetto delle modalitàdecise dall’assemblea della società controllata. In difetto, lacontrollante, deve procedere all’annullamento delle azioni e allacorrispondente riduzione del capitale sociale con rimborso del

socio recedente; se non vi provvede la riduzione è decretataall’autorità giudiziaria su iniziativa degli amministratori e deisindaci. Identico rigore e identico divieto assoluto riguarda lasottoscrizione di azioni o quote della controllante da parte dellacontrollata. Anche in questo caso le azioni sottoscritte inviolazione della preclusione si intendo sottoscritte dagliamministratori della controllante che devono liberarle. È applicataanche la regola che colpisce le acquisizioni effettuate da chi agiscein nome proprio, ma per conto della controllata. Il quadro deiriferimenti normativi è completato dall’art. 5 della legge n.216/1974, modificato dal Dlgs n. 90 del 1992, che regola lesituazioni di incrocio tra due società quotate in borsa o delle qualianche una soltanto sia quotata.Variazione del capitale socialeLe variazioni del capitale sociale possono essere in aumento o in

diminuzione e si attuano mediante modificazioni dell’attocostitutivo, deliberate dall’assemblea straordinaria, omologate dalTribunale ed iscritte nel registro delle imprese.

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Aumento di capitaleLa deliberazione assembleare di aumento del capitale stabilisce lostesso in una cifra superiore a quella esistente. L’atto costitutivo può attribuire anche agli amministratori la facoltà di aumentare il

capitale, fino ad un ammontare determinato e per il periodomassimo di 5 anni dalla data di iscrizione delle società nel registrodelle imprese. L’aumento di capitale può essere deliberato solo sele azioni precedentemente sottoscritte siano state interamenteliberate.Per attuare l’aumento di capitale si possono seguire tre vie:

• conferimento di nuove attività da parte di soci o terzi;•

trasferimento in conto capitale di riserve o fondidisponibili125;• imputazione a capitale dei c.d. “saldi attivi risultanti da

rivalutazione per conguaglio monetario”.Il diritto di opzioneIl diritto di opzione consiste nel diritto spettante a ciascun socio disottoscrivere le azioni di nuova emissione in proporzione delle

azioni da lui possedute, a preferenza di altri soggetti al fine di:• evitare un’alterazione delle partecipazioni sociali esistenti;• offrire ai vecchi soci la possibilità di ulteriori investimenti

 per i loro capitali.L’opzione si riconnette normalmente all’aumento di capitale,anche se la relativa deliberazione non ne fa menzione.L’esclusione di tale diritto, infatti, può aversi soltanto nei seguenti

casi, tassativamente previsti dalla legge:•   per le azioni di nuova emissione che, secondo ladeliberazione di aumento del capitale, debbono essereliberate mediante conferimenti in natura;

•   per deliberazioni dell’assemblea quando l’interesse dellasocietà lo esige, cioè quando sussista un concreto interessesociale che giustifichi il sacrificio;

125 Questo aumento di capitale può attuarsi:• mediante aumento del valore nominale delle azioni in circolazione;• mediante proporzionale assegnazione gratuita ai soci di nuove azioni;• mediante assegnazione gratuita di azioni ai dipendenti della società.

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•   per deliberazione dell’assemblea, con la maggioranzarichiesta per l’assemblea straordinaria, quando le azioni dinuova emissione debbano essere offerte in sottoscrizione aidipendenti della società.

Riduzione di capitaleLa riduzione del capitale sociale consiste nel portare lo stesso aduna cifra inferiore, osservando il limite legale. Può dipendere da:

•   perdite, in tal caso la riduzione è obbligatoria in alcuneipotesi e facoltativa in caso di perdite inferiori;

• morosità di azionisti, se le loro azioni rimangono invendute osi annullano;

recesso di azionisti;• inferiorità del valore dei beni conferiti in natura di oltre 1/5

rispetto al valore per cui avvenne il conferimento;• esuberanza dell’attivo patrimoniale sociale in relazione

all’oggetto sociale perseguito. In questo caso la deliberazionedi riduzione del capitale può eseguirsi solo dopo tre mesidalla data della sua iscrizione, purché nessun creditore abbia

fatto opposizione.La riduzione può ottenersi:• rimborsando parte dei conferimenti ai soci, o liberandoli

dall’obbligo di eseguirli;• acquistando azioni proprie ed annullandole;• mediante sorteggio di azioni (per l’ammontare della

riduzione) e rimborso alla pari ai portatori.

La riduzione deve comunque effettuarsi con modalità tali che, inseguito ad essa, le azioni proprie eventualmente possedute dallasocietà non eccedano la decima parte del capitale sociale. Infine,allorquando siano state emesse delle obbligazioni, il capitale non  può essere ridotto ad una cifra inferiore all’importo delleobbligazioni in circolazione.Le obbligazioniLa società per azioni per ottenere finanziamenti può attingere almercato non solo offrendo azioni, ma anche particolari documentidefiniti obbligazioni. Ricorrendo all’emissione di azioni riceve

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capitale qualificato di rischio; chi le sottoscrive è espostoall’alea di perdere ciò che ha destinato in società anche se il  beneficio della limitazione della responsabilità patrimoniale losottrae ad ulteriori sacrifici. Diversa è la posizione

dell’obbligazionista che non mette a disposizione capitale dirischio, bensì un prestito di cui esige la restituzione con gliinteressi, quindi capitale di credito. L’emissione di obbligazioni èun’operazione con la quale la società chiede al mercato mezzifinanziari che si obbliga a restituire. Peculiarità essenzialedell’emissione di obbligazioni è la sua unitarietà; la società, insostanza, con un’unica operazione si rivolge ai risparmiatori per 

essere finanziata. La provvista che richiede si pone come un’entitàunitaria, frazionata in una molteplicità di titoli della stessa natura equalità, spesso assistiti dalle stesse garanzie e sottoposti alla stessadisciplina; anche le obbligazioni  sono, conseguentemente,frazioni standardizzate di un unitario capitale (di credito). Leobbligazioni sono ricomprese tra i titoli di credito e soggette allarelativa disciplina:

• con riguardo all’incorporazione della posizionedell’obbligazionista nel documento e la cui acquisizione in buona fede consente l’acquisto della proprietà, sottraendo il possessore a rivendicazioni (art. 1994);

• con riguardo alla funzione di legittimazione che permettel’esercizio dei diritti connessi con il titolo a prescindere dalla prova sulla proprietà, sempreché il titolo obbligazionario siastato trasferito nel rispetto della legge di circolazione.

Le obbligazioni, che possono essere al portatore o nominative,devono indicare:• la denominazione, l’oggetto e la sede della società con

indicazione dell’ufficio del registro delle imprese presso ilquale la società è iscritta;

• il capitale sociale versato ed esistente al momentodell’emissione;

• la data della deliberazione dell’assemblea e la sua iscrizione nelregistro;

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• l’ammontare complessivo delle obbligazioni emesse, ilvalore nominale di ciascuna, il saggio di interesse e il modo di pagamento del rimborso;

• le garanzie da cui sono assistite (art. 2413).

I titoli obbligazionari appartengono ai titoli di massa, hannoeguale valore nominale e attribuiscono uguali diritti.Quanto alle varie tipologie di obbligazioni reperibili sul mercato,se ne vanno diffondendo, anche in Italia, di nuove, con particolaricaratteristiche tese ad attenuare l’alea della svalutazione monetariatipica dei titoli a reddito fisso e a collegare i dirittidell’obbligazionista alle vicende economiche favorevoli

dell’impresa. Possiamo ricordare:• obbligazioni di partecipazione, per le quali la misura

dell’interesse degli obbligazionisti è integrata da una certa partecipazione agli utili distribuiti agli azionisti;

• obbligazioni parametrate, che assicurano agli obbligazionistiun interesse ed un rimborso commisurato al prezzo dieventuali merci prodotte dall’attività economica esercitata

dalla società;• obbligazioni convertibili in azioni126;• obbligazioni con diritto di opzione su azioni;

La disciplina del prestito obligazionarioL’ampiezza dell’impegno che la società contrae spiega il limite posto all’emissione delle obbligazioni, la cui somma complessivanon può eccedere il capitale versato ed esistente secondo l’ultimo bilancio approvato (art. 2410); il parametro assunto non è, dunque,il capitale sottoscritto, ma quello effettivamente versato. Il divietonon solo tutela gli obbligazionisti ma assicura razionalità allagestione delle operazioni di finanziamento delle società per azioni,impedendo squilibri tra i mezzi propri e quelli apprestati da terzi.Il limite fissato dall’art. 2410 può essere superato quando:126 Le obbligazioni convertibili in azioni possono considerarsi come figure intermedie fra le obbligazioni e le azioni. Si rivolgono a quei soggetti chenon sono allettati da una semplice forma di investimento obbligazionario, né vogliono esporsi totalmente ai rischi di un investimento azionario. Leobbligazioni convertibili, infatti, conferiscono in via alternativa il diritto al rimborso del capitale prestato alla società (con i relativi interessi) e il 

diritto di sottoscrivere azioni. L’emissione di tali tipi di obbligazione richiede due deliberazioni:• la deliberazione di emissione, la quale deve determinare, fra l’altro, il rapporto di cambio con le azioni e le modalità di conversione;

• la deliberazione contestuale di aumento del capitale sociale, per un ammontare corrispondente al valore nominale delle obbligazioniconvertibili.

 Non si possono emettere obbligazioni convertibili se il capitale sociale non sia stato interamente versato, né per somma inferiore al loro valorenominale.

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• le obbligazioni sono garantite da ipoteca su immobili di proprietà della società sino a due terzi del loro valore;

• l’eccedenza dell’importo delle obbligazioni rispetto al capitaleversato è garantito da titoli nominativi o garantiti dallo Stato,

con scadenza non anteriore a quella delle obbligazioni, ovveroda equivalente credito di annualità o sovvenzioni a carico dellostato o enti pubblici;

• ricorrendo particolari ragioni che interessano l’economianazionale la società può essere autorizzata con provvedimentodell’autorità governativa, a superare il limite.

La società non può ridurre il capitale se non in proporzione delle

obbligazioni rimborsate; se a causa di perdite, la riduzione èobbligatoria, sempre in protezione degli interessi dei sottoscrittori,la misura della riserva legale deve continuare a calcolarsi sulla  base del capitale esistente al tempo dell’emissione, fino a chel’ammontare dello stesso capitale e della riserva legale noneguaglino quello delle obbligazioni in circolazione. Anche ilrapporto tra la società emittente ed i sottoscrittori dei titoli è

segnato da unitarietà poiché ognuno di essi, in funzione della propria convenienza, aderendo all’offerta, accetta di prestare unaquota del complessivo finanziamento; si instaura un rapportocontrattuale tra la società e il singolo obbligazionista che èfrazione dell’operazione globale. Tale rapporto si riconduce almutuo: la massa dei sottoscrittori assume l’unitaria posizione dimutuanti, la società quella di mutuatario, debitore (unamolteplicità di creditori davanti all’unico debitore). Laconfigurazione del rapporto tra società emittente e sottoscrittorisecondo lo schema del mutuo si riflette sulla disciplina del titoloobbligazionario, come titolo di credito da annoverare tra quellicausali, influenzati in misura significativa dal rapporto sottostante,nella specie, il contratto di mutuo.L’organizzazione degli obbligazionistiL’organizzazione degli obbligazionisti si articola in due organi:

• assemblea degli obbligazionisti, che delibera:o sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune;

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o sulle modificazioni delle condizioni del prestito;o sulla proposta di amministrazione controllata e di

concordato;o sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie

alla tutela degli interessi comuni e sul relativorendiconto;o sugli altri oggetti di interesse comune degli

obbligazionisti;• rappresentante comune degli obbligazionisti, al quale spetta:

o dare esecuzione alle deliberazioni dell’assemblea;o rappresentare gli obbligazionisti nelle procedure

concorsuali della società;o assistere alle operazioni di sorteggio delle obbligazioni

ed all’assem-blea dei soci;o tutelare gli interessi comuni degli obbligazionisti nei

rapporti con la società.Gli organi sociali nella S.p.A.L’assemblea dei soci

 Nella società per azioni l’attività è esercitata attraverso l’apparatoorganizzativo le cui competenze sono fissate dalla legge, conalcuni margini concessi all’autonomia contrattuale delle parti. Èstata sottolineata la singolarità del legame tra la componentenegoziale e quella strutturale organizzativa propria delle imprese a  base capitalistica che rileva anche nella fase di svolgimentodell’attività. L’esercizio dell’impresa richiede decisioni

tempestive e consapevoli cui contribuiscono gli organi dellasocietà in conformità dei rispettivi compiti istituzionali:deliberativo rimesso all’assemblea, amministrativo al consigliodi amministrazione o all’ammin-istratore unico, di controlloaffidato al collegio sindacale. I soci possono incidere in parte, conopportune previsioni dell’atto costitutivo o dello statuto, sulfunzionamento di questi organi, ma non possono sopprimerli.

L’assemblea pone le basi per lo svolgimento dell’attivitànominando e revocando gli amministratori e i sindaci eapprovando il bilancio (2364). In sede straordinaria delibera sulle

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modificazioni dell’atto costitutivo, sull’emissione diobbligazioni, sulla nomina, sui poteri e sulla revoca dei liquidatori(art. 2365). La distinzione tra la seduta ordinaria e straordinariaè indotta dalla diversità degli argomenti, e, di riflesso, dalla

diversità dei quorum costitutivi e deliberativi; l’ordinaria deveriunirsi almeno una volta all’anno, entro quattro mesi dallachiusura dell’esercizio, salva l’eventualità in cui l’atto costitutivo preveda un termine maggiore non superiore in ogni caso a seimesi, quando particolari esigenze lo richiedono. Questa riunione,almeno annuale, è imposta dalla necessità dell’approvazione del  bilancio che rende conto della situazione patrimoniale e dei

risultati dell’attività. Lo schema legale non assegna all’assembleauna competenza diretta in tal senso; le riserva, invece, quellamediata, relativa alla nomina degli amministratori eall’approvazione del bilancio. Questo disegno può, tuttavia, subiredegli adattamenti in funzione delle concrete necessità sia per iniziativa dei soci sia per quella degli stessi amministratori. L’art.2364 n. 4 stabilisce, infatti, che l’assemblea ordinaria deliberasugli altri oggetti attinenti alla gestione della società riservati allasua competenza dall’atto costitutivo o sottoposti al suo esamedagli amministratori. Occorre, dunque, definire l’oggetto e i limitidell’estensione dei compiti dell’organo deliberativo. Se, in effetti,le decisioni di natura gestionale competessero,monopolisticamente ovvero soltanto in misura rilevante,all’assemblea, verrebbe meno la responsabilità illimitata degliamministratori verso i creditori, il singolo socio ed il singoloterzo: gli amministratori agendo, in effetti, in conformità delledeliberazioni assembleari opererebbero in esecuzione di atti altruiche si limiterebbero ad attuare; con un ulteriore, negativo riflesso  per i creditori ai quali sarebbe precluso agire nei confrontidell’assemblea. Notoriamente irresponsabile. Accertato chel’ampliamento delle sue competenze incontra il limitedell’esautoramento dell’organo amministrativo; accertato che la

gestione esige permanente continuità con il compimento di attiquotidiani, coordinati e unitariamente finalizzati, l’esercizio, cioè,di una attività; accertata l’ampiezza del potere di legale

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rappresentanza degli amministratori che non è limitabile neiconfronti dei terzi si delinea l’estensione della competenzagestionale dell’assemblea che integra quella relativa alla nominadelle cariche sociali e dell’approvazione del bilancio: l’assemblea

  può deliberare sui singoli atti di amministrazione, ma nonsull’intera attività, unitariamente coordinata e finalizzata, quindi,soltanto su episodi, anche se rilevanti. I soci con l’atto costitutivoo con una successiva modifica, possono attribuire all’assembleacompetenze mirate, contingenti, non quelle sull’interosvolgimento dell’impresa, inderogabilmente rimesse all’organoamministrativo. Del resto, nella pratica, è frequente che gli

azionisti si riservino specifiche decisioni (costituzione dellegaranzie, dismissione di immobili). Ma il rapporto non si sviluppacon il solo trasferimento di competenze agli amministratoriall’assemblea, poiché è consentito anche il processo inverso:l’assemblea può, in effetti, demandare proprie competenze agliamministratori delegandoli al compimento di particolarioperazioni, quali l’aumento del capitale sociale ovverol’emissione di obbligazioni che, di regola, investendo modifichedell’atto costitutivo o l’assunzione di rilevanti impegni finanziari,spettano all’adunanza degli azionisti. La delicatezza del profiloche investe la responsabilità degli amministratori e, in primoluogo, quella verso i creditori sociali, suggerisce di distingueredue diverse situazioni. Quella nella quale la decisione di caratteregestionale compete all’assemblea, in conformità dell’attocostitutivo e in ordine alla quale è, senz’altro, più correttoriconoscere che il potere di sindacato degli amministratori nonviene meno e che, pertanto, sono tenuti a valutare la convenienza, per la società, della deliberazione degli azionisti. Per converso, sela deliberazione fosse stata adottata su sollecitazione degliamministratori, i margini della sua valutazione, inevitabilmente, siridurrebbero. La linearità e la correttezza del rapporto traassemblea e amministratori contribuisce ad assicurare la legalità

dell’attività che è, comunque, garantita da molteplici regole.

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La convocazioneI soci riuniti in assemblea formano, votando, la volontà dellasocietà. Intangibili permangono le competenze dell’assembleasulle nomine alle cariche sociali e sull’approvazione del bilancio,

nonché quelle sulle modifiche dell’atto costitutivo esull’emissione di obbligazioni, queste ultime delegabili agliamministratori; ma l’impresa è svolta al di fuori dell’assemblea; isuoi tempi e le modalità attraverso le quali si adottano le decisioninon sono con essa compatibili. Il lungo periodo che intercorre trail momento della sua convocazione e quello della riunione urtacon le esigenze del mercato, segnatamente con i ritmi della

concorrenza. L’adunanza in quelle di grandi dimensioni,normalmente, si risolve in un cerimoniale vuoto, scandito dalrigoroso rispetto di molteplici fasi ed il cui esito è scontato. Nellesocietà di medie, piccole dimensioni il fenomeno non segnala taliesasperazioni poiché la ridotta base azionaria permette, ancora, il parziale, ma diretto coinvolgimento degli azionisti. L’assemblea èorgano collegiale che decide nel rispetto della regolamaggioritaria. Le sue deliberazioni esauriscono un unitario edarticolato complesso di fasi che prendono il via dallaconvocazione; si sviluppano con la costituzione e discussionedegli argomenti in esame, ed infine, appunto, con le deliberazioni;lo svolgimento dei lavori viene progressivamente verbalizzato. Laconvocazione dell’assemblea compete, innanzitutto, all’organoamministrativo. Se la società è organizzata con un consiglio diamministrazione la decisione di riunire gli azionisti deve essereassunta con una deliberazione dello stesso consiglio. Gliamministratori sono tenuti a convocare l’assemblea per l’approvazione del bilancio quattro mesi dopo la chiusuradell’esercizio ovvero, se particolari esigenze lo giustifichino, nonoltre i due mesi successivi. Possono sollecitare la convocazione gliazionisti che rappresentano il venti per cento del capitale (2367).Si discute se i soci richiedenti possano indicare, senza limitazione,

gli argomenti che intendono discutere. Il solo limite,oggettivamente insuperabile, parrebbe quello della liceità e della possibilità delle materie proposte. L’art. 2367 tutela i diritti delle

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minoranze consentendogli un ruolo attivo e di proposizione cheli sottrae al pericolo della passiva soggezione alle scelte, ancorchélegittime, del gruppo di comando. Da non condividere, allora, èl’opinione secondo cui la richiesta di convocazione dovrebbe

essere valutata alla stregua del rigoroso rispetto delle competenzeassembleari: l’estraneità dell’argomento giustificherebbe il rifiutodegli amministratori di riunire gli azionisti. Questa impostazionesvilisce il significato del rapporto tra la maggioranza e laminoranza e tralascia di considerare che altro è la richiesta diconvocazione, altro è la deliberazione che può seguirne.  Nell’eventualità che si dichiari incompetente, i soci richiedenti

 potrebbero impugnare la decisione. Se si precludesse, in radice,l’opportunità di sollecitare la riunione si rischierebbe di frustrareulteriormente l’interesse della minoranza costretta ad avvalersidell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratorianche, e forse, ai sensi dell’art. 2395. L’assemblea deve essereconvocata anche quando specifiche circostanze lo esigano( deliberare l’acquisto di azioni proprie, ammissione a concordato preventivo ). Se gli amministratori non provvedono, la necessariaconvocazione compete ai sindaci che la curano, altresì, quandovengono a mancare tutti gli amministratori o l’amministratoreunico.Competenze e quorumIn funzione degli argomenti da trattare l’assemblea si articola in:

• ordinaria (2364), le cui competenze sono:o l’approvazione del bilancio;o la nomina degli amministratori, dei sindaci e del

 presidente del collegio sindacale;o la determinazione del compenso degli amministratori e

dei sindaci se non è stabilito nell’atto costitutivo;• straordinaria (2365), le cui competenze sono:

o delibera sulle modificazioni dell’atto costitutivo;o delibera sulle modificazioni sull’emissione delle

obbligazioni;

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o delibera sulle modificazioni sulla nomina e sui poteridei liquidatori.

Diversi anche i quorum deliberativi dell’ordinaria rispetto a quellidella straordinaria; ma non per questo viene meno l’unitarietà

dell’organo deliberativo. Nella pratica, normalmente, assembleaordinaria e straordinaria si svolgono senza soluzione di continuità;si inizia con la prima cui segue la seconda; e al limite nonrisulterebbe viziata la convocazione che non distinguesse traassemblea ordinaria e straordinaria, sempreché sianoinequivocabilmente scanditi gli argomenti dell’una e dell’altra.Quando l’assemblea viene convocata, i soci ne devono essere

informati; l’esigenza è soddisfatta dall’avviso con l’indicazionedel giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza e l’elenco dellematerie da trattare. L’avviso deve essere pubblicato nella GazzettaUfficiale almeno quindici giorni prima di quello della riunione.L’avviso di convocazione può indicare la data dell’assemblea inseconda convocazione ma in questo caso l’adunanza non puòtenersi nello stesso giorno fissato per la prima. Se, invece, la data

della seconda convocazione è omessa, l’assemblea deve esserericonvocata nei trenta giorni successivi a quella stabilita per la prima convocazione e il termine di pubblicazione nella GazzettaUfficiale non è più di quindici giorni bensì di otto. Per le societàquotate in borsa è prevista anche una terza convocazionedell’assemblea straordinaria qualora i soci intervenuti in secondaconvocazione non rappresentino il capitale sociale necessario per deliberare. Con la seconda convocazione si intende mettere adisposizione degli azionisti un’ulteriore occasione per deliberare.L’assemblea ordinaria, in effetti, è regolarmente costituita con la  presenza di tanti soci che rappresentino almeno la metà delcapitale sociale, escluse dal computo le azioni a voto limitato;delibera a maggioranza assoluta, salvo che l’atto costitutivorichieda una maggioranza più elevata. Per l’assembleastraordinaria non è previsto un quorum costitutivo che, pure, si

trae indirettamente, ma è prescritto quello deliberativo: le deliberedevono essere adottate con voto favorevole di tanti soci cherappresentino più della metà del capitale sociale, se l’atto

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costitutivo non richiede una maggioranza più elevata (2368). Inseconda convocazione l’assemblea ordinaria, per la quale inquesto caso non è richiesto un quorum costitutivo, deliberaqualunque sia la parte di capitale rappresentata dai soci

intervenuti; quella straordinaria, sempre in seconda seduta, decidecon il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più di unterzo del capitale sociale a meno che l’atto costitutivo richieda unamaggioranza più elevata. È unanime convincimento che questa previsione non possa subire modificazioni, nell’atto costitutivo onello statuto, che rigidamente, predetermino i quorum costitutivi edeliberativi dell’assemblea ordinaria in seconda convocazione. Ai

soci è permesso, invece, di maggiorare il quorum costitutivo equello deliberativo della prima convocazione dell’assembleaordinaria. Agli azionisti è consentito di maggiorare il quorumdeliberativo sia della prima che della seconda convocazionedell’assemblea straordinaria; ma le decisioni, in secondaconvocazione, se relative a specifici oggetti richiedono il votofavorevole di tanti soci che rappresentino più della metà delcapitale (modificazione dell’oggetto sociale, trasformazione dellasocietà, anticipazione dello scioglimento). Al pari protette ledeliberazioni dell’assemblea straordinaria delle società quotate in borsa per le quali, in prima, seconda e terza convocazione èrichiesto il voto favorevole di almeno due terzi del capitalerappresentato nella riunione; rimessa all’atto costitutivo èl’opportunità di maggiorare questo quorum. Le formalità dellaconvocazione dell’assemblea non sono necessarie se tutti i soci,tutti gli amministratori e tutti i sindaci si riuniscono. In questaeventualità l’adunanza, ancorché non convocata, e per la qualemanca, quindi, il relativo avviso, si può regolarmente tenere. Lafisica presenza di tutti gli interessati induce a ritenere che essi possano decidere; se, peraltro, non dispongono della sufficienteconsapevolezza ognuno degli intervenuti può opporsi alladiscussione. Tale assemblea è definita totalitaria proprio per la

 presenza di tutte le componenti interessate.

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Il diritto di interventoL’assemblea è presieduta dalla persona indicata nell’attocostitutivo o in mancanza da quella designata dagli intervenuti. Il  presidente è assistito da un segretario la cui presenza non è

necessaria quando il verbale dell’assemblea è redatto da un notaio.Questi soggetti formano l’ufficio di presidenza cui compete laverifica della regolarità della convocazione e quelle degliinterventi, per accertare il raggiungimento del quorum costitutivo;al presidente spetta, altresì, la conduzione dei lavori assembleari;tali competenze non sono trasferibili ai soci. Hanno diritti diintervenire all’assemblea i soci iscritti nel libro soci e quelli

giratari delle azioni, ma sia gli uni sia gli altri devono depositare ititoli azionari, almeno cinque giorni prima dell’adunanza. Normalmente il deposito viene effettuato presso la sede socialeovvero presso gli istituti di credito indicati nell’avviso diconvocazione (2370). Per agevolare l’ingresso in assemblea,  prevalentemente le società quotate in borsa, rilasciano i c.d.  biglietti di ammissione la cui presentazione legittima la partecipazione alla riunione. Si è accennato al collegamento tra ildiritto di intervento e quello di voto e si è sottolineata la scarsarilevanza del primo se l’azionista non dispone del secondo; di quiil convincimento che, innanzitutto, ai soci ai quali è negato il votoin alcune assemblee è, al pari, precluso l’intervento.Analogamente per il socio moroso cui è inibito di votare, aititolari, ancora, delle azioni di godimento. Orientamento,senz’altro prevalente, riconosce, viceversa, a questi soci il dirittodi intervento al quale assegna, così, funzione autonoma dal voto.Si ricorderà che per gli azionisti di risparmio non si ponequestione dal momento che il diritto di intervento non gli èriconosciuto. La separazione dell’intervento dal voto suscita perplessità non solo per l’incertezza della normativa che parrebbenegarla, bensì essenzialmente per le sottolineate esigenze di tuteladell’azionariato che dispone del voto soltanto in misura parziale.

In ogni caso, pur ritenendo che il diritto di intervento competaanche in mancanza del voto, si dovrebbe, comunque, impedire aquesti azionisti di partecipare alla discussione; diversamente i

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soci, titolari del voto, potrebbero subire il condizionamento dichi non contribuisce all’adozione della deliberazione. Si conferma,così, l’articolazione della società per azioni tra più assemblee: lagenerale cui intervengono i soci titolari di azioni ordinarie e quelle

speciali alle quali partecipano i titolari, appunto, di particolaricategorie di azioni (privilegiate, di risparmio, di godimento). Ildibattito assembleare è regolato dal presidente e con la discussionesi persegue il consapevole esercizio del voto.Rappresentanza, diritto di voto e conflitto di interessiL’azionista può farsi rappresentare in assemblea. La disciplinadella rappresentanza persegue una duplice finalità: agevolare la

 partecipazione dei soci anche se per il tramite del rappresentante,impedire la raccolta delle deleghe a tutto beneficio del gruppo dicomando della società. In passato, infatti, le deleghe eranoconferite in bianco, per lo più da parte di istituti di credito che, diregola, esercitavano il voto secondo le aspirazioni dello stessogruppo di comando. Si è quindi avvertita la necessità di limitarneil rilascio. In primo luogo, la rappresentanza deve essere conferita per iscritto e i documenti relativi devono essere conservati dallasocietà (art. 2372); deve essere attribuita per singole assemblee; ladelega, mai in bianco, non può essere concessa agliamministratori, ai sindaci e ai dipendenti della società; né allesocietà da essa controllate, ai loro amministratori, sindaci e aidipendenti, né ad aziende o istituti di credito. Lo stessorappresentante non può rappresentare più di dieci soci, se lasocietà è quotata in borsa; più di cinquanta se ha un capitale nonsuperiore a dieci miliardi; più di cento se superiore a dieci miliardie non superiore a cinquanta; più di duecento se la società ha uncapitale superiore a cinquanta miliardi. La normativa di legge nonregola le modalità di votazione disciplinate, invece, con previsionidell’atto costitutivo o statutarie; i sistemi più seguiti sono quellodell’alzata di mano, dell’alzata e seduta, per acclamazione, per schede. Suscita fondate perplessità lo scrutinio segreto che

impedisce l’individuazione di chi vota con negativi riflessi,  pertanto, sull’esercizio dell’impugnativa delle deliberazioni

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assembleari e del recesso consentito ai soci dissenzienti eassenti127. La normativa di legge regola le situazioni nelle qualil’interesse del socio è antagonista di quello della società. E’affermata, dunque, la libertà di voto alla condizione che il socio

non sia portatore di interessi in conflitto con quelli della società.Anche con riguardo a questa particolare situazione trovanoconferma i principi che preservano la stabilità della deliberazionesottraendola alla prospettiva della caducazione; si tende, insostanza, a limitare i casi in cui, adottata la decisione, ne possanovenire meno gli effetti. Il primo comma dell’art. 2373 stabilisceche il diritto di voto non può essere esercitato dal socio nelle

deliberazioni nelle quali ha un interesse in conflitto con quellodella società. Il secondo comma modifica la portata del primo perché non impone al socio in conflitto di interessi di astenersi,  bensì di esercitare il voto in modo da non recare danno allasocietà; il diritto di voto non è, pertanto, sospeso, ma limitatodall’esigenza di non arrecare pregiudizio. Nell’eventualità in cui sicontravvenga a tale limitazione, la deliberazione, assunta anchecon il socio in conflitto di interessi, non è necessariamente viziata.Occorre accertare se la trasgressione assuma o meno effettivarilevanza: l’annullamento della deliberazione è proponibile alladuplice condizione che i voti espressi dal socio in conflitto diinteressi siano risultati decisivi e che la decisione possa arrecaredanno alla società ( è sufficiente la idoneità a recare pregiudizio ).L’art. 2373 preclude agli amministratori, che siano anche soci, divotare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità. Ildivieto non è temperato, dal momento che l’amministratore è, inogni caso, obbligato all’astensione.Il verbale dell’assembleaLo svolgimento dei lavori dell’assemblea, in ogni fase, da quelladella costituzione fino a quella conclusiva, deve risultare dalverbale; nelle assemblee nelle quali non interviene il notaio ilverbale è redatto dal segretario dell’adunanza che forma il c.d.127 Il socio assente o dissenziente può recedere dalla società se la deliberazione approvata in sua assenza o con il suo dissenso ha avuto per oggetto:

• il cambiamento dell’oggetto sociale;• la trasformazione della società;• il trasferimento della sede sociale all’estero.

La dichiarazione di recesso deve essere comunicata agli amministratori con raccomandata che deve loro pervenire entro tre giorni dalla chiusuradell’assemblea, per i soci intervenuti; entro 15 giorni della data dell’iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese, per i soci non intervenuti.

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ufficio di presidenza; in quelle straordinarie lo predispone ilnotaio. Si discute se il verbale assolva anche al funzione distrumento di controllo dell’attività assembleare ovvero documentisoltanto lo svolgimento dei lavori. Se si considera la rilevanza

dell’unitario procedimento attraverso il quale si sviluppa lariunione, parrebbe preferibile la prima soluzione. La normativa dilegge non riserva al verbale specifico interesse poiché richiedesoltanto la sua sottoscrizione da parte del presidente e delsegretario o del notaio ( art. 2375 ). Le modalità della suaredazione hanno costituito, soprattutto in passato, oggetto dispecifica attenzione con riferimento all’esigenza di identificare,

nominativamente, i soci intervenuti, legittimati, se dissenzienti,all’impugnativa delle deliberazioni annullabili ecc.. Lagiurisprudenza si è, inizialmente, orientata per l’obbligatoria,nominativa individuazione; si è, poi, indirizzata per decisioni più  permissive che sembravano definitivamente consolidate. Direcente, peraltro, essenzialmente per le sollecitazioni rivolte dallaConsob alle società soggette al suo controllo, l’analiticità dellaverbalizzazione è stata riaccreditata.Nullità e annullabilità delle deliberazioniLe deliberazioni assembleari, prese in conformità della legge edell’atto costitutivo, vincolano tutti i soci, ancorché nonintervenuti o dissenzienti (art. 2377). Questa è la regola generaleche afferma il principio di maggioranza e, prima ancora,l’aderenza della decisione con lo schema legale e con l’attocostitutivo che su di esso si modella. Anche la validità degli attiassembleari ha costituito oggetto di perseverante interesse siadella dottrina sia della giurisprudenza. Opportuno fissare i puntifermi. L’art. 2377 deve essere analizzato unitamente all’art. 2379.La prima disposizione esige la conformità della deliberazione allalegge o all’atto costitutivo; l’altra ne afferma la nullità se il suooggetto è illecito ovvero impossibile. Viziata da nullità ladeliberazione con oggetto lecito, ma contenuto illecito; si

richiama, in proposito, quella di approvazione del bilancio falso,lecita nell’oggetto, ma illecita nel contenuto. Eventualità, questedella nullità, nelle quali trovano, comunque, applicazione gli art.

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1421, 1422 e 1423; la nullità può essere fatta valere dachiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d’ufficio, larelativa azione non si prescrive ed è preclusa la convalida. Ladeliberazione potrebbe risultare invalida non solo per vizi relativi

al suo contenuto, ma anche per carenze del procedimentoattraverso le quali si perviene alla sua adozione e che neimpediscono la conformità alla legge e all’atto costitutivo.Quest’ulteriore categoria di vizi ne determina l’annullabilità inconsiderazione del fatto che il procedimento è difforme dalle previsioni del modello legale e da quelle dell’atto costitutivo odello statuto. Secondo le regole consuete dell’annullabilità, la

deliberazione produce i propri effetti, ma l’accoglimentodell’azione di annullamento, proposta con l’impugnativa, nedetermina, ex tunc, la caducazione, fatti salvi i diritti acquistati in  buona fede dai terzi (art. 2377). Si è, pertanto, correttamenteaffermato che, rispetto alle situazioni generali, nel sistemadell’invalidità delle deliberazioni assembleari, l’annullabilitàesprime la regola, la nullità l’eccezione, con l’inversione, quindi,della tradizionale configurazione dei vizi. Significativo che iltermine per impugnarli sia, a pena di decadenza, di tre mesidall’adozione ovvero dall’iscrizione nel registro delle imprese.Altrettanto significativo che siano legittimati all’esercizio dellarelativa azione tra i soci, soltanto gli assenti e i dissenzienti, conesclusione, pertanto, di quelli che hanno votato a favore nonché, infunzione del loro rispettivo ufficio, gli amministratori e i sindaci.Rilevante, inoltre, che l’effetto dell’annullamento operi per tuttigli azionisti ed obblighi gli amministratori a prendere iconseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità. Ne puòtralasciarsi la considerazione sulla possibilità, concessa allasocietà, di sostituire la deliberazione di cui si chiedel’annullamento, con altra, con preclusione dello sviluppodell’impugnativa (art. 2377).L’inesistenza

Peccano di linearità le soluzioni che pongono a fondamentodell’applicazione delle regole generali sulla nullità situazioniaffatto eccezionali (ricondotte all’incerta categoria

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dell’inesistenza) come quella, addirittura, della mancanza dellariunione dei soci o quella della partecipazione di estranei alladeliberazione; e sulle quali si costruisce, giustificandolo, il ricorsoai principi generali. Appare utile ricordare che questi principi

operano su un piano diverso da quelli propri e peculiari delsistema societario. Il presidio che l’apparato organizzativo pone alservizio della legalità dell’attività sociale riservando le sottolineatecompetenze agli amministratori e ai sindaci, e che consentel’incisivo sviluppo dei controlli esterni è, oggettivamente, idoneoa porre rimedio ad ogni possibile disfunzione, anche quelleeccezionali sulle quali si fondano strumenti di reazione non solo

fragili, ma ancor prima incoerenti con le regole della società per azioni. Non a caso la stessa giurisprudenza ha avvertitol’opportunità di circoscrivere le situazioni di nullità quelle, cioè,da ascrivere ad illiceità ed impossibilità dell’oggetto se è vero checon specifico riguardo a queste ultime, ha affermato che rilevasoltanto la violazione di norme imperative poste a tutela sia diinteressi generali e non del singolo socio sia delle concrete finalità perseguite con la costituzione della società.Il procedimento di impugnativaAnche il procedimento di impugnativa delle deliberazioniannullabili, che è regolato dall’art. 2378, conferma la protezioneriservata all’organizzazione. Il socio la propone davanti altribunale del luogo dove la società ha sede ed è tenuto a depositarein cancelleria un’azione che attesti la sua qualità di azionista; iltitolo deve rimanere depositato nel corso dell’intero giudizio. Il presidente del tribunale può imporre al socio di prestare un’idoneagaranzia per l’eventuale risarcimento dei danni. Tutte leimpugnazioni relative alla medesima deliberazione devono essereistruite congiuntamente e decise con un’unica sentenza, per evitaregiudicati difformi. L’impugnativa non determina la sospensionedella deliberazione e, se richiesta, ricorrendo gravi motivi, puòessere concessa sia dal presidente del tribunale, anteriormente

all’assegnazione al giudice istruttore, ovvero da quest’ultimo,sempreché siano stati, preventivamente, sentiti gli amministratoried i sindaci. Il decreto di sospensione si riconduce tra i

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  provvedimenti di natura cautelare che precedono laconclusione del giudizio di merito (deve essere iscritto nel registrodelle imprese per essere poi opponibile ai terzi). Anche il  procedimento di impugnativa delle deliberazioni assembleari,

nulle per illiceità o impossibilità dell’oggetto, ancorché nonregolamentato, è modellato sostanzialmente su quello disciplinatodall’art. 2378. Questa impugnativa, ovviamente, può essere  proposta anche dai creditori sociali ovvero da qualsiasi terzosempreché titolari dell’interesse ad agire.Gli amministratoriGli amministratori gestiscono l’attività di impresa, fatte salve le

attribuzioni che la legge conferisce all’assemblea ovvero quelleche i soci si sono riservati ovvero, infine, quelle che alla stessaassemblea sono state demandate dagli amministratori. L’organoamministrativo può assumere struttura unipersonale( amministratore unico ) o pluripersonale ( consiglio diamministrazione ). La carica di amministratore può essere assuntada azionisti e/o da estranei alla società; l’atto costitutivo nestabilisce il numero; se, tuttavia, è indicato soltanto quello minimoe massimo, la determinazione spetta all’assemblea. L’attocostitutivo può prevedere norme particolari per la nomina allecariche sociali: è, allora, consentito di modificare i quorumdeliberativi, elevandoli o riducendoli, fissare peculiari sistemi divotazione che assicurino alla minoranza la designazione di uno o più componenti dell’organo amministrativo. La recente normativasulle privatizzazioni prevede il voto di lista per assicurare, allaminoranza, propri designati nel consiglio di amministrazione e nelcollegio sindacale della società, appunto, privatizzate, la relativaclausola deve essere inserita nello statuto. Gli amministratori sononominati per un periodo non superiore a tre anni e sonorieleggibili, salva diversa disposizione dell’atto costitutivo; sonorevocabili, dall’assemblea, in qualunque tempo anche se nominatinello stesso atto costitutivo. Se la revoca non è indotta da giusta

causa, hanno diritto al risarcimento del danno. Nei quindici giornisuccessivi alla notizia della nomina, gli amministratori devonochiedere, per la conoscenza dei terzi, l’iscrizione nel registro delle

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imprese. Non possono essere nominati amministratori, e senominati decadono, l’interdetto, l’inabilitato, il fallito o chi è statocondannato ad una pena che importa l’interdizione, anchetemporanea, dai pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici

direttivi. La cessazione del rapporto di amministrazione non èdeterminata soltanto dalla revoca; la può indurre la rinuncia, lamorte, la sopravvenienza di una causa di decadenza. Larinuncia, che deve essere comunicata al consiglio diamministrazione e al presidente del collegio sindacale, produceeffetto immediato se rimane in carica la maggioranza degliamministratori, diversamente opera momento della sua

ricostruzione con l’accettazione dei nuovi ( prorogatio; art. 2385 ).Qualunque sia la causa di estinzione del rapporto, questa deveessere iscritta entro quindici giorni nel registro delle imprese.Finalizzata alla tutela dell’interesse della funzionalità è la regola per la quale la cessazione di uno o più amministratori, nel corsodell’esercizio, impone agli altri di nominare i sostituti; la relativadelibera del consiglio di amministrazione deve essere approvatadal collegio sindacale. Gli amministratori, nominati con talemodalità, definita cooptazione, restano in carica fino alla prossimaassemblea per consentire ai soci che del potere di scelta deicomponenti dell’organo amministrativo sono titolari, di assumerela decisione che gli compete: confermando il cooptato oeleggendone un altro ( art. 2386 ). La composizione del consigliodi amministrazione è garantita dal modello legale; agli azionisti èconsentito avvalersi, peraltro, di clausole da inserire nell’attocostitutivo o nello statuto, tese a preservarne anche l’omogeneità,quali ad es. simul stabunt simul cadent, ampiamente diffusa: saalcuni amministratori rinunciano alla carica o decadono, cessanoanche gli altri e l’assemblea provvede a nominare i nuovi.Competenze e poteriGli amministratori sono investiti di poteri che, in primo luogo, glisono attribuiti dalla normativa di legge: questi amministrano e

quelli investiti della rappresentanza legale della società possonocompiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, salvo lelimitazioni della stessa legge o dell’atto costitutivo ( art. 2384 ).

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Gli amministratori adempiono, dunque, ad un obbligo generale,quello di gestire tale attività, con diligenza, evitando conflitti diinteressi; ad esso si connette quello di vigilare sul generaleandamento della società; adempiono poi obblighi specifici

( convocano l’assemblea, ne eseguono le deliberazioni,impugnano quelle non conformi alla legge e all’atto costitutivo ).Se l’organo è pluripersonale l’esercizio dei poteri è collegiale,fatta salva l’eventualità di specifiche attribuzioni ( deleghe ) adalcuni suoi componenti. Essi dispongono di una autonomiadecisionale incompatibile con le caratteristiche di questo contratto;ciò non equivale negare la natura concettuale del legame che,

indotto da una proposta e da una accettazione, è stato qualificatodi amministrazione. Alla sua esecuzione gli amministratori,adempiendo ai doveri imposti dalla legge o dall’atto costitutivo,devono attendere con la diligenza del mandatario pur non essendomandatari. Gli amministratori hanno diritto al compenso che puòanche essere rappresentato dalla partecipazione agli utili, fermorestando il cumulo tra l’uno e l’altra e la cui misura è determinatadall’atto costitutivo o dallo statuto ovvero dall’assemblea; per quelli investiti di particolari cariche la remunerazione è stabilitadallo stesso consiglio sentito il parere del collegio sindacale.Il funzionamento dell’organo amministrativo; la delegaLa normativa di legge si limita a disciplinare la validità delledeliberazioni del consiglio di amministrazione per le quali ènecessaria la presenza della maggioranza di quelli in carica,quando l’atto costitutivo non richieda un maggior numero di presenti ( art. 2388 ); è stabilito che le decisioni sono prese amaggioranza assoluta, salvo diversa disposizione dell’attocostitutivo. I riferimenti legislativi sono completati dal divieto, per l’amministratore, di esercitare il voto, in consiglio, per rappresentanza. Ai soci è consentita l’integrazione dell’essenziale,scarna disciplina legale con opportune clausole dell’attocostitutivo e dello statuto suggerite dalle circostanze concrete. Il

consiglio di amministrazione viene convocato dal suo presidente oquando ne è fatta richiesta da parte dei suoi componenti, conl’invio agli amministratori ed ai sindaci dell’avviso di

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convocazione, cioè, dell’ordine del giorno che indica gliargomenti da trattare. Le esigenze dello svolgimento dell’attività potrebbero imporre di organizzare l’esercizio dei poteri di cui ilconsiglio di amministrazione è investito collegialmente in modo

tale da assicurarne l’uso più efficace e tempestivo. Se l’attocostitutivo o lo statuto ovvero l’assemblea lo consentono, ilconsiglio può delegare le proprie attribuzioni ad un comitatoesecutivo composto alcuni suoi membri o anche ad uno o più diessi (anche non organizzati in comitato) determinando i limiti, piùo meno ampi, della delega (art. 2381). Il consiglio non si priva dei propri poteri di cui rimane titolare, ne conferisce l’esercizio, per 

ragioni di funzionalità. Al consiglio è consentito, in qualsiasimomento, di revocare l’investitura; si può porre tutt’al piùquestione se la delega venga attribuita a termine e, in questaeventualità, si ritiene, talvolta, che la revoca sia consentitaricorrendo una giusta causa.Gestione e rappresentanza; la tutale dei terziCon le decisioni gestionali gli amministratori esercitano il poteredi iniziativa, che rileva, esclusivamente, all’interno della società.Il potere di impegnare la società con i terzi, con l’assunzione diobblighi e l’acquisto di diritti che è esercitato all’esterno, èqualificato di rappresentanza; gli amministratori che ne sonoinvestiti rappresentano, infatti, legalmente la società, anche processualmente. Esso per ragioni di funzionalità non è conferito atutti gli amministratori, ma soltanto ad alcuni: il presidente delconsiglio di amministrazione e i delegati, questi ultimi in coerenzacon le prerogative che gli sono state attribuite con la delega. Gliamministratori possono impegnare la società compiendo tutti gliatti che rientrano nell’oggetto sociale salve le limitazioni di leggeo dell’atto costitutivo. Orientamento assolutamente prevalenteritiene che il potere di gestione ed il potere di legalerappresentanza competano inscindibilmente all’organoamministrativo sia se a struttura collegiale sia se a struttura

unipersonale. Il funzionale collegamento tra il potere di gestione equello di legale rappresentanza non impedisce ai soci didisciplinare l’uno e l’altro in modo diverso. Nulla ne vieta la

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separazione ovvero la ripartizione dell’esercizio, ed infine, lalimitazione dell’oggetto dell’uno e dell’altro. Ai soci è, soltanto,  precluso di privare l’organo amministrativo della prerogativagestoria. Anche con riguardo al potere di rappresentanza trovano

applicazione le regole al servizio della pubblicità legale; gliamministratori che ne sono investiti devono depositare, neltermine di quindici giorni dalla notizia del conferimento, le proprie firme autografe presso l’ufficio del registro delle imprese.La tutela dei terzi è preservata ulteriormente: le cause di nullità odi annullabilità della nomina degli amministratori che hanno lalegale rappresentanza non gli sono opponibili; le limitazioni poste

dall’atto costitutivo o dallo statuto al potere di rappresentanza,analogamente, non gli sono opponibili salvo che questi abbianointenzionalmente agito a danno della società (art. 2383 e 2384).Il conflitto di interessiL’amministratore, che per conto proprio o di terzi, è portatore diun interesse antagonista di quello della società, deve darne notiziaagli altri amministratori ed al collegio sindacale; deve, inoltre,astenersi dal partecipare alla deliberazione riguardantel’operazione. Se non si attiene a tale prescrizione risponde delle  perdite subite dalla società per il compimento dell’operazionestessa. Questa è l’ennesima conferma della rilevanza dellacomponente fiduciaria propria del rapporto tra amministratore esocietà. La deliberazione può essere impugnata dai soci assenti odissenzienti, ovvero dai sindaci alla duplice condizione che possarecare danno alla società e che il voto dell’amministratore inconflitto di interessi sia risultato determinante per la decisione;l’impugnativa deve essere proposta nel termine di decadenza di tremesi che decorrono dalla data della sua adozione. Nel tentativo diimpedire che l’eccezionalità di questa disciplina ( non sono  previsti altri casi di invalidità ) incida negativamente, sugliinteressi dei soci e dei creditori, consistente parte dellagiurisprudenza la configura, invece, quale modello per affermare

ulteriori situazioni di invalidità. Si ritiene che l’art. 2391 nonriguardi quale norma eccezionale, ma che affermi un principio di portata generale che individua il rimedio di cui avvalersi quando

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ricorrono i presupposti per la caducazione della deliberazionedegli amministratori. Questo indirizzo, che non è condiviso dalla  prevalente dottrina, suscita perplessità analoghe a quelle chehanno investito l’applicazione, al sistema delle società per azioni,

dei tradizionali canoni sull’invalidità dei negozi. La limitazionedell’invalidità delle deliberazioni consiliari al solo conflitto diinteressi dell’amministratore, non rende conto di una lacuna delsistema; si è coerentemente protetto l’apparato organizzativo dellasocietà, sottraendolo a strumentalizzazioni e ad ostruzionismitanto più pericolosi se destinati ad interferire sul direttosvolgimento dell’impresa. La severità delle sanzioni per 

l’amministratore in conflitto di interessi dà ragione del divieto, per gli stessi amministratori, di assumere posizioni competitive conquelle della società; gli è preclusa, infatti, la qualità di sociillimitatamente responsabili in società concorrenti, nonchél’esercizio di attività concorrente, per conto proprio o di terzi.L’amministratore che contravviene si espone alla sanzione dellarevoca e risponde dei danni subiti dalla società ( art. 2390 ).La responsabilità verso la societàLa responsabilità degli amministratori può essere indotta dalmancato rispetto di obblighi specifici; l’inadempimento potrebberiguardare, inoltre, l’obbligo generale di esercitare l’attività con  professionale diligenza non incorrendo in conflitto di interessi.Mentre è agevole l’individuazione della violazione specifica edelle conseguenze che provoca, più difficoltosa la precisazionedella trasgressione dell’obbligo di portata generale. Soltanto in parte soccorre la normativa di legge che prescrive il livello delladiligenza del comportamento. Opportuno chiarire preliminarmenteche gli amministratori rendono prestazioni di mezzi e non dirisultato (rispondono se violano la valutazione professionaledell’iniziativa, superando il limite del rischio consapevolmenteaccettabile). L’azione tesa al risarcimento del danno deve essere promossa a seguito della deliberazione dell’assemblea ordinaria

che deve essere convocata con il relativo ordine del giorno. Se gliamministratori, che dell’iniziativa sono i destinatari, non provvedono, la convocazione deve essere curata dai sindaci; in

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difetto degli uni e degli altri, se sollecitati dai soci titolari delquinto del capitale sociale, dal presidente del tribunale che vi  provvede con decreto. In una sola occasione non è necessariol’inserimento, nell’ordine del giorno dell’assemblea,

dell’argomento relativo all’azione di responsabilità, e cioè quandogli azionisti sono convocati in adunanza per l’esame del bilancio(art. 2393). La deliberazione dell’azione di responsabilità noncomporta la revoca degli amministratori salvo che non sia adottatacon il voto favorevole di un quinto del capitale sociale; in questaeventualità la stessa assemblea provvede alla sostituzione (art.2393). Deliberata l’azione di responsabilità la società chiama in

giudizio gli amministratori per ottenere il risarcimento del danno.La sentenza che lo conclude non investe la convenienza dellascelta, ma riguarda il comportamento ovvero l’omissione valutataalla stregua del criterio della diligenza. La società può siarinunciare all’azione sia transigere la controversia, ma in entrambii casi le relative decisioni devono essere approvate dall’assembleasempreché una minoranza di soci che rappresenti il quinto delcapitale sociale non li disapprovi.Unanime è il convincimento che la responsabilità degliamministratori (solidale) nei confronti della società abbia naturacontrattuale; la società è tenuta, pertanto, a provarel’inadempimento e il danno risarcibile; l’amministratore, chiamatoa rispondere, deve, viceversa, dimostrare la propria incolpevolezzaindicando i fatti che escludono ovvero attenuino la suaresponsabilità.La responsabilità verso i creditoriSi è osservato che l’inadempimento degli amministratori puòdanneggiare anche i creditori sociali. Indispensabile è accertarel’interesse di cui sono portatori per stabilire quando risulti offeso.Indiscutibile che essi perseguano la sola finalità dellarealizzazione del credito, di riflesso gli amministratori rispondonoverso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti

alla conservazione dell’intero patrimonio sociale (art. 2394).Mentre è unanime il convincimento sulla natura contrattuale dellaresponsabilità degli amministratori verso la società, affiorano

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dubbi su quella nei confronti dei creditori che pare, comunque, preferibile qualificare allo stesso modo. Se la società rinuncia a proporre l’azione di responsabilità non è impedito ai creditori diesperire la propria. L’eventuale transazione tra società ed

amministratori può essere impugnata dai creditori soltanto conl’azione revocatoria quando ne ricorrano gli estremi. Si discute sulcollegamento tra le due azioni, segnatamente se quella deicreditori sia autonoma dall’altra, ovvero ne risulti condizionata,qualificandosi, in questo caso, surrogatoria. Il fondamento delledue azioni, e cioè la reintegrazione del patrimonio sociale, èidentico, ma si atteggia in modo diverso per la società e per i

creditori. Si assegna precedenza all’iniziativa risarcitoria dellasocietà che assicura la ricostruzione del patrimonio che nongarantisce, tuttavia e soltanto, i creditori sociali, ma che è,innanzitutto, strumento per lo svolgimento dell’impresa. Del restoil ricorso ai rimedi per fronteggiare l’alterazione delle modalitàattraverso le quali si dispiega l’attività sociale deve essere, ancorauna volta, valutato alla stregua dei principi della società per azioni. Mentre la società può agire a fronte di qualsiasi violazioneche induca pregiudizio, i creditori possono esercitare l’azione diresponsabilità soltanto quando in concreto sia attentato il recuperodel credito.La responsabilità verso il singolo socio e il singolo terzoGli amministratori rispondono anche dei danni direttamentearrecati, nell’esercizio o in occasione del loro ufficio, alpatrimonio del singolo socio o del singolo terzo (art. 2395). Per il danno sofferto dalla società, soltanto la stessa è in grado direagire per il risarcimento del danno il cui ottenimento soddisfa,simmetricamente, anche il singolo socio. Questi, viceversa, puòesercitare individualmente l’azione di responsabilità quando lacondotta o l’omissione degli amministratori, colposa o dolosa, si  proietti, senza mediazione della società, sul suo patrimonio.  Normalmente si richiama la situazione nella quale gli

amministratori abbiano rappresentato, in modo infedele, nel bilancio di esercizio, lo stato della società, determinando il socio oil terzo a sottoscrivere azioni di nuova emissione per un prezzo

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ingiustificato; si richiama, altresì, quella nella quale un terzoabbia finanziato la società confidando nei lusinghieri risultatirappresentato in un bilancio, invece falso. Prevale ilconvincimento che la responsabilità degli amministratori nei

confronti del singolo terzo e del singolo socio abbia natura extracontrattuale. È opportuno muovere dalla premessa che la lesionedeve essere ascritta ad atti od omissioni posti in essere o perpetratedagli amministratori nell’esercizio ovvero in occasione del loroufficio. Inoltre l’art. 2395 esige che la condotta degliamministratori danneggi direttamente il socio. La categoria deiterzi non si esaurisce in quella dei creditori: gli amministratori

 potrebbero aver danneggiato estranei alla società, non titolari dicrediti. Anche in questa eventualità l’iniziativa risarcitoria nonincontra limiti, il singolo terzo può, quindi, agire in pienaautonomia, individualmente, in considerazione del fatto che nonopera il presupposto dell’insufficienza del patrimonio sociale: ilcomportamento degli amministratori lesivo degli interessi delsingolo terzo ha prodotto effetti mirati, non riguarda,indistintamente, la categoria dei terzi; investe una specifica  posizione al cui titolare è concesso l’immediato esercizio delrimedio per ottenere il risarcimento del danno. Per tali ragionil’organico sistema normativo che disciplina la responsabilità degliamministratori ( 2393 – 2394 – 2395 ) suggerisce di qualificarecome contrattuale anche la responsabilità nei confronti del singolosocio o del singolo terzo.Il direttore generaleL’articolazione attraverso la quale vengono ripartiti i poteri per l’esercizio dell’attività comporta il conferimento di specificicompiti a soggetti che nella gerarchia dell’impresa assumono laqualifica di direttori generali. Questi, con assoluta frequenza,sono dipendenti della società, mentre il contratto che lega gliamministratori non è segnato da subordinazione. Gli vengonoconferiti poteri esercitati nell’ambito dell’organizzazione

societaria, raramente all’esterno; la proiezione esterna può trovarefondamento nell’attribuzione dei compiti di gestione ecoordinamento del personale dipendente, tra i quali quello della

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sua assunzione o del suo licenziamento. L’art. 2396 disciplinale conseguenze della nomina del direttore generale da parte deisoci, sia nell’atto costitutivo sia in assemblea: in questeeventualità trovano applicazione le regole sulla responsabilità

degli amministratori in relazione ai compiti che gli sono affidati.In ogni caso il direttore generale collabora con l’organoamministrativo al cui controllo è, di regola, assoggettato. Se ildirettore generale è investito di poteri esercitabili con proiezioneesterna, si ritiene che operi come institore della società.Il collegio sindacale Nell’organizzazione della società per azioni il collegio sindacale

svolge molteplici compiti controllando l’esercizio dell’attività el’osservanza della legalità. I sindaci esercitano poteri di verifica edi accertamento al servizio della correttezza dell’azione sociale. Illoro controllo investe la condotta degli amministratori, ai quali  peraltro competono autonomi poteri per garantire la legalitàdell’attività. Non si determinano peraltro sovrapposizioni einterferenze: il ruolo dei sindaci è sovraordinato a quellodell’organo amministrativo poiché essi sono tenuti a controllarel’amministrazione della società; anche l’obbligo di vigilanzasull’osser-vanza della legge e dell’atto costitutivo non equivale aquello degli amministratori di vigilare sul generale andamentodella gestione. Il collegio sindacale deve, poi, accertare la regolaretenuta della contabilità e la corrispondenza del bilancio allerisultanze dei libri e delle scritture contabili e l’osservanza dellenorme per la valutazione del patrimonio sociale ( art. 2403 ). Siconferma la sua posizione sovraordinata agli amministratorinell’assicurare la legalità poiché i sindaci controllano se l’organoamministrativo ha rispettato quelle esigenze di regolarità, dicorrispondenza e di valutazione. Il collegio sindacale può esserecomposto di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci; devonoaltresì essere nominati sindaci supplenti (art. 2397). I primi sindacisono nominati con l’atto costitutivo, il presidente del collegio

sindacale è nominato dall’assemblea. Anche per la loro nominal’atto costitutivo può prevedere clausole particolari, simili a quelleesaminate a proposito degli amministratori. I sindaci rimangono in

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carica per tre anni e non possono essere revocati se non per giusta causa; la deliberazione di revoca deve essere approvata condecreto dal tribunale, sentito l’interessato (art. 2400). I sindacisono ineleggibili per le stesse ragioni previste per gli

amministratori, l’interdizione, il fallimento o la condanna ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubbliciuffici o l’incapacità a esercitare uffici direttivi. L’importanza deicompiti del collegio sindacale ha indotto l’adozione di provvedimenti volti a valorizzare specifiche qualità professionalidei suoi componenti. Il Dlgs n. 88/1992 ha modificato a tal fine la precedente disciplina fissata dall’art. 2397. In passato le società

 per azioni con capitale inferiore a cinquecento milioni di liredovevano scegliere tra gli iscritti nel ruolo dei revisori dei contialmeno uno dei sindaci effettivi se questi fossero stati nel numerodi tre e non meno di due, se i sindaci effettivi fossero stati nelnumero di cinque; in entrambi i casi uno dei sindaci supplenti; lealtre società per azioni dovevano scegliere almeno uno dei sindacieffettivi e uno dei supplenti negli albi professionali determinatidalla legge. In conformità della novella legislativa, che saràapplicata con le progressive cessazioni dei sindaci in carica dalladata del 21 aprile 1995, i sindaci devono essere scelti tra gli iscrittinel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero diGrazia e Giustizia. Per evitare soluzioni di continuità che  potrebbero compromettere il funzionamento del collegiosindacale, in caso di morte, di rinuncia o di decadenza di unsindaco, subentrano i supplenti in ordine di età. Anche i sindaci,che cessano dall’ufficio per scadenza del termine, rimangono incarica fino alla nomina dei sostituti, sebbene questa specifica  prorogatio non sia espressamente prevista come lo è per gliamministratori; induce per questo convincimento l’esigenza digarantire l’ininterrotto funzionamento dell’organo di controllo.Le funzioniLe funzioni curate dai sindaci hanno costituito oggetto di ripetute

indagini della dottrina ed hanno suscitato pari interesse dellagiurisprudenza; si va sempre più accreditando il convincimentoche gli competa più incisivo controllo sul merito della gestione,

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verificando ed accertando se l’attività degli amministratori nontrasgredisca la diligenza; necessario sottolineare che si devetrattare di compiti di controllo con la conseguenza che ai sindacinon spetta, in alcun modo, contribuire all’adozione di scelte

operative, di monopolistica competenza degli amministratori;sono, comunque, tenuti a paralizzarle se eccedono il limite dellatolleranza, se, in definitiva, espongono la società a rischi giudicatiinaccettabili. Questo orientamento, stimolato anche dallagiurisprudenza, muove dal contenuto dei compiti riservati alcollegio sindacale e di cui si è fatto cenno in precedenza: ilcontrollo dell’amministrazione, la vigilanza sull’osservanza della

legge e dell’atto costitutivo, l’accertamento della regolare tenutadella contabilità sociale, la corrispondenza del bilancio allerisultanze dei libri e delle scritture contabili, l’osservanza dellenorme per la valutazione del patrimonio sociale (art. 2403). Icompiti del collegio sindacale si completano con lo svolgimento diun’attività definita consultiva.Esprimono pareri:

• sul bilancio di esercizio, predisponendo una appositarelazione nella quale esprimono le proprie osservazioni invista della sua approvazione da parte dell’assemblea;

• sul prospetto contabile e sulla situazione patrimonialeeconomica e finanziaria della società che giustifichino ladistribuzione degli acconti dividendo (art. 2433);

• sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni nel casodi esclusione o limitazione del diritto di opzione;

• sulla remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche.

La responsabilitàI sindaci devono compiere i loro doveri con la diligenza delmandatario e sono responsabili della verità delle loro attestazioni edevono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hannoconoscenza per ragione del loro ufficio (art. 2407). Anche i

sindaci sono soggetti all’azione di responsabilità promossadall’assemblea e dai creditori sociali, per questi ultimi semprechéil patrimonio sociale sia insufficiente. Tenuto conto che il collegio

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cura i propri compiti anche controllando l’attività degliamministratori, i sindaci rispondono solidalmente con essi; e ciò per i fatti e le omissioni di questi ultimi quando il danno non sisarebbe prodotto se avessero vigilato. Priva di disciplina la

responsabilità dei sindaci nei confronti del singolo socio o delsingolo terzo, prevista, invece, per gli amministratori. Non siravvisano, per la verità, ragioni per escludere che i sindaci possano risultare destinatari dell’azione del singolo socio o delsingolo terzo all’insuperabile condizione, tuttavia, che siano statidirettamente danneggiati dal loro inadempimento.Controlli esterni sulle S.p.A.

L’intervento dell’autorità giudiziariaLa legalità dell’attività non è garantita soltanto dall’esercizio dispecifici poteri degli amministratori e dei sindaci che li esercitanoall’interno della società; ancora più efficaci quelli a rilevanzaesterna poiché determinano l’intervento dell’autoritàgiudiziaria. I soci che rappresentano il decimo del capitalesociale, se vi è fondato sospetto di gravi irregolaritànell’adempimento dei doveri degli amministratori e dei sindaci, possono denunziare i fatti al tribunale; delle gravi irregolarità si  può rendere, autonomamente, responsabile l’organoamministrativo e quello di controllo, non è, cioè, necessaria lacongiunta trasgressione. Il procedimento regolato dall’art. 2409 può essere sollecitato dai soci, che titolari del prescritto quorum propongano il relativo ricorso al tribunale, l’azione spetta agliazionisti di minoranza. Opportuno è chiarire che il procedimentonon compete, esclusivamente, alla minoranza. Né può escludersiche il ricorso sia proposto dai titolari dell’intero capitale sociale,quindi da tutti i soci, proprio in considerazione del fatto che lalegalità dell’azione li riguarda indistintamente.La denuncia del pubblico ministeroLa denuncia al tribunale può essere presentata anche dal pubblicoministero al quale compete la tutela degli interessi generali,

dunque pubblici (art. 2409). Il procedimento in esame non tutelasoltanto interessi privati, ma anche e contestualmente, quelli  pubblici identificati, specie in passato, nelle esigenze

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dell’economia nazionale. Per identificare le finalità perseguitedal ricorso promosso dal pubblico ministero, giova richiamare leconsiderazioni svolte in occasione dell’esame dell’omologa almomento della costituzione della società, segnatamente quelle

relative alla sua funzione. Si ricorderà che in questa fase ilcontrollo dell’autorità giudiziaria si accerta se la strutturaorganizzativa della società è idonea per operare legalmente.L’avallo prova la “diffidenza” dell’ordinamento per un’iniziativacaratterizzata dalla movimentazione di ricchezza in un regime diirresponsabilità dei soci che rischiano soltanto il conferimento. Insostanza la verifica permette di stabilire se l’organizzazione della

quale gli azionisti si avvalgono, possa disattendere le regole.Questo richiamo agevola l’individuazione delle finalitàdell’azione del pubblico ministero. Il momento in cui agisce èaffatto diverso da quello della costituzione, la società, infatti,opera. Le esigenze della permanente conformità della sua azioneal modello legale, impongono che un qualificato controlloassicuri, prevedendole ovvero reprimendole, le disfunzioni, speciese indotte da gravi irregolarità nell’adempimento di amministratorie sindaci, i garanti della legalità. L’iniziativa del pubblicoministero soddisfa questo obbiettivo.Il procedimentoIl procedimento non può essere arrestato dalla rinuncia dei sociche lo hanno promosso anche nell’eventualità nella quale abbianomaturato un’intesa con la società, o meglio con gli amministratoried i sindaci; in effetti è, comunque, indispensabile che l’autoritàgiudiziaria verifichi se le gravi irregolarità sussistono; l’interesse,meritevole di tutela, non è soltanto quello dell’azionariato, è piùampio, si identifica in quello del mercato in generale. Il  procedimento ex art. 2409 permette all’autorità giudiziaria diconfermare o di negare i sospetti oggetto di denuncia; è fattoobbligo di sentire in camera di consiglio gli amministratori e isindaci; al termine dell’audizione il tribunale può ordinare

l’ispezione dell’amministrazione della società. L’ispezione  persegue l’obbiettivo di stabilire se le irregolarità denunciatesussistano. Il tribunale dispone (sia nella immediata conferma

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delle irregolarità, sia al termine dell’ispezione) gli opportuni provvedimenti cautelari e convoca l’assemblea per le conseguentideliberazione. L’adunanza dei soci potrebbe non aderire ed iltribunale ne trarrebbe le sue conclusioni; se, viceversa,

l’assemblea si uniforma, le gravi irregolarità vengono eliminatecon la riaffermazione della legalità dell’attività che può riprendereregolarmente. L’amministratore giudiziario opera in strettocontatto con il tribunale di cui è ausiliario ed è munito della legalerappresentanza della società; con l’autorizzazione del presidentedello stesso tribunale compie anche atti di straordinariaamministrazione, in autonomia quelli di natura ordinaria.

Anteriormente alla scadenza dell’incarico, l’amministratoregiudiziario convoca e presiede l’assemblea per la nomina degliamministratori e dei sindaci o per proporre, se del caso, la messain liquidazione della società. In effetti delle due l’una: o sono statenuovamente poste le premesse per la legale operatività affidataagli amministratori ed ai sindaci che hanno sostituito quelli  precedenti, ovvero non vi è ragione per la prosecuzionedell’attività, ed è, di riflesso, coerente la messa in liquidazione.Autorità giudiziaria e disfunzioni dell’organizzazioneIl controllo esercitato dall’autorità giudiziaria, in conformità conl’art. 2409, consente l’organica puntualizzazione del ruolo cheessa esercita sull’intera vicenda societaria, fin dal momento dellacostituzione. In effetti quando si tratta di accertare la coerenzadelle scelte iniziali degli azionisti con il modello legale, il notaio ogli amministratori sottopongono l’atto al tribunale; e ciò per ottenere l’omologazione che lo stesso tribunale, ricorrendone gliestremi, concede, sentito il parere del pubblico ministero (art.2330). Identico il procedimento in occasione della modificazionedell’atto costitutivo, naturalmente, nel corso di svolgimentodell’attività sociale, con esclusione, peraltro, del potere del singoloazionista (art. 2411). L’autorità, in queste situazioni, quando sitratta di verificare la conformità, allo schema legale, delle scelte

dei soci, non agisce di propria iniziativa.

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Controlli esterni sulle società quotateIl T.U. n. 58/98, al fine di assicurare un’ampia tutela degliazionisti e del risparmio investito nelle società quotate, nonchéallo scopo di garantire ai soci ed al pubblico una informazione

compiuta e veritiera circa la situazione patrimoniale e le vicendeinterne di tali società e dei gruppi di esse, ha disciplinato conregole innovative il sistema dei controlli esterni sulle stesse,incentrato sulle funzioni attribuite:

• alla Consob: Commissione Nazionale per le Società e laBorsa;

• a società di revisione contabile, in possesso di determinati

requisiti.La ConsobLa Consob è un organo collegiale composto da un Presidente equattro membri di comprovata esperienza, indipendenza emoralità. E’ nominata dal Presidente della Repubblica, su propostadel Presidente del Consiglio, previa delibera del Consiglio stesso.I componenti durano in carica 5 anni, sono rieleggibili una solavolta e non possono esercitare alcun’altra attività. Questoorganismo:

• determina l’ammissione dei titoli alla quotazione in borsa;• dispone la soppressione e la revoca delle quotazioni;• disciplina il funzionamento del mercato ristretto.

Per garantire l’informazione a beneficio della trasparenza:•  prescrivere la redazione del bilancio consolidato;• richiedere la pubblicazione, nei modi e nei termini da essa

stabiliti, di dati e notizie necessari per l’informazione del pubblico;

• richiedere la comunicazione anche periodica di dati e notiziee la trasmissione di atti e documenti ad integrazione di quellirelativi al bilancio di esercizio, alle modificazioni dell’attocostitutivo e ad operazioni di fusione e di scissione;

• eseguire ispezioni ed assumere notizie e chiarimenti dagliamministratori, dai sindaci e dai direttori generali al fine diaccertare l’esattezza e la completezza dei dati;

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• richiedere l’indicazione nominativa dei soci secondo lerisultanze del relativo libro nonché altri dati ad esso relativi.

Successivamente all’entrata in vigore del Dlgs n. 58, la Consob:• svolge ulteriori funzioni con riguardo agli assetti proprietari

delle società quotate in borsa;•   può impugnare le deliberazioni assembleari viziate

dall’esercizio del diritto di voto vietato per la violazione degliobblighi di comunicazione di cui al precedente punto;

• stabilisce le modalità di esercizio del voto per corrispondenzae le modalità di svolgimento della relativa assemblea;

• vigila sull’attività delle società di revisione, assumendo i

necessari provvedimenti, anche sanzionatori.I provvedimenti della Consob sono definitivi: contro di essi non èammesso alcun ricorso gerarchico, ma il ricorso giurisdizionale alT.A.R.Tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Consob,in ragione delle sua attività di vigilanza, sono coperti da segretod’ufficio anche nei confronti delle P.A. ad esclusione del Ministro

del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.Le società di revisioneSi è accennato al rinnovato rapporto tra il collegio sindacale e lasocietà di revisione e al diverso ruolo che esercitano, rispetto al passato, con riguardo al bilancio: le originarie competenze deisindaci sono state, infatti, attribuite ai revisori. Il conferimento diquesto compito alle società di revisione costituisce proiezionedell’atro, anch’esso di verifica e anch’esso sottratto al collegiosindacale, relativo alla regolare tenuta della contabilità sociale ealla corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritturecontabili. Le società di revisione devono essere iscritte in un albospeciale alla cui tenuta provvede la Consob che, al pari, cural’iscrizione stessa, previo accertamento degli indispensabilirequisiti. La Consob vigila sull’operato dei revisori per controllare, proprio ed innanzitutto, l’indipendenza e l’idoneità

tecnica. Compete all’assemblea delle società quotate in borsaconferire l’incarico a quelle di revisione, finalizzato alla revisionedel bilancio di esercizio e quello consolidato, previo parere del

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collegio sindacale. Se l’assemblea non provvede, l’incarico èconferito d’ufficio dalla Consob; in ogni caso è di durata triennalee può essere rinnovato per non più di due volte. La società direvisione esprime con apposita relazione il giudizio sul bilancio di

esercizio e su quello consolidato. Se il giudizio è negativo ladeliberazione di approvazione del bilancio può essere impugnatada tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale nonchédalla Consob. La delicatezza e l’importanza dell’attività dellesocietà di revisione è confermata dal parere che esprimono sullacongruità del prezzo di emissione dei titoli azionari quando èescluso o limitato il diritto di opzione e sulla valutazione dei

conferimenti in natura; dalla relazione sulla congruità del rapportodi cambio nelle operazioni di fusione e di scissione e sulladistribuzione degli acconti dividendo. Le società di revisionerispondono della propria attività, ai sensi dell’art. 2407, quindi insolido con gli amministratori dell’impresa soggetta a revisione.LE SOCIETÀ IN ACCOMANDITA PER  AZIONI

Società per azioni e in accomandita per azioni sono accomunateda dalla suddivisione del capitale in azioni, ma diversificate dalladall’esistenza di due categorie di soci: gli accomandatari,amministratori di diritto che rispondono solidalmente edillimitatamente (in via sussidiaria) delle obbligazioni sociali; e gliaccomandanti, i quali rispondono nei limiti del conferimento enon possono amministrare la società. Rilevanti sono le diversitàtra gli accomandatari dell’accomandita per azioni per azioni equelli dell’accomandita semplice. Il socio accomandatario diquest’ultima società non è, infatti, necessariamenteamministratore; risponde solidalmente ed illimitatamente con gliaccomandatari, ma non è di diritto amministratore. La suaresponsabilità non si riconduce, ancora una volta necessariamente,all’attribuzione del potere di amministrazione che potrebbemancare; non a caso risponde per le obbligazioni contratte dallasocietà anteriormente all’acquisto della qualità di socio e di quelle

sorte successivamente alla dismissione della carica. Nettamentediversa la responsabilità del socio accomandatariodell’accomandita per azioni che risponde per il periodo in cui

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mantiene l’ufficio di amministratore (art. 2467). L’indiscutibileconnessione tra la qualità di socio accomandatario e quella diamministratore rappresenta il pregio ed il limite di questa società:il pregio, in considerazione del fatto che è preservata la stabilità

della gestione della società, perché salva la revoca il socioaccomandatario può mantenere la carica di amministratore permanente; e il limite, poiché la prospettiva della responsabilitàsolidale ed illimitata ha notevolmente condizionato il gradimentodi questo tipo di società. Nella società in accomandita per azionirisulta attenuata l’irrilevanza della partecipazione, ancorchérappresentata da azioni: la persona di chi appresta i mezzi

assumendo la qualità di socio accomandatario, amministratore didiritto, assume importanza non trascurabile, anzi decisiva. Questaessenziale peculiarità della società in accomandita per azioniinfluenza, in primo luogo, la sua denominazione nella quale deveessere riprodotto almeno il nome di uno dei soci accomandatari,con l’indicazione, comunque, di società in accomandita per azioni;se ne giovano i terzi che identificano uno degli amministratorisulla cui consistenza patrimoniale possono confidare, adintegrazione di quella del patrimonio sociale (art. 2463). L’attocostitutivo deve indicare i soci accomandatari che amministratoridi diritto sono soggetti agli obblighi di quelli della società per azioni (art. 2465). Si è già osservato che la revoca degliamministratori deve essere deliberata con le maggioranza prescritte per le deliberazioni dell’assemblea straordinaria dellesocietà per azioni. Al pari con lo stesso quorum viene decisa lasostituzione dell’amministratore; se gli amministratori sono più diuno, la nomina del sostituto o dei sostituti deve essere approvatada quelli rimasti in carica, per assicurare omogeneità alla gestionedell’impresa. Il nuovo amministratore assume la qualità di socioaccomandatario dal momento dell’accettazione della nomina, congli effetti sul regime della sua responsabilità, solidale e illimitata,che sono stati richiamati. Al servizio della stessa finalità – la

 protezione del ruolo dei soci accomandatari, amministratori – la  prescrizione che impone l’approvazione delle modificazionidell’atto costitutivo con le stesse maggioranze fissate per 

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l’assemblea straordinaria della società per azioni nonché conl’approvazione di tutti i soci accomandatari (art. 2740).L’accomandita per azioni, in effetti, si può sciogliere se cessanodall’ufficio tutti gli amministratori e se nel termine di sei mesi non

si è provveduto alla loro sostituzione ed i sostituti non hannoaccettato la carica (art. 2468). Nel periodo necessario per tentare laricomposizione dell’organo amministrativo il collegio sindacalenomina un amministratore provvisorio per il compimento degliatti di ordinaria amministrazione che non assume la qualità disocio accomandatario (art. 2468). La tutela accordata ai sociaccomandatari incontra il solo limite, indicato dall’art. 2469: non

hanno diritto di voto, per le azioni di cui sono titolari, nelledeliberazioni dell’assemblea relative alla nomina ed alla revocadei sindaci e all’esercizio dell’azione di responsabilità nei loroconfronti. Indiscutibile la finalità di garantire l’indipendenzadell’organo di controllo.SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA

La società a responsabilità limitata è una società di capitali  preordinata al fine di fornire, alle imprese sociali di ridottedimensioni, uno schema societario che per metta di fruire del beneficio della responsabilità limitata.Società per azioni e società a responsabilità limitata beneficiano,entrambe, della piena autonomia patrimoniale ed i rispettivi socirispondono esclusivamente nei limiti del conferimento. Ledistingue, tuttavia, la tecnica di ripartizione del capitale sociale:quello della società per azioni articolato in azioni, quello dellasocietà a responsabilità limitata in quote. Queste ultime possonoessere di diverso ammontare, ma in nessun caso inferiori a millelire. Se il conferimento è superiore a questo minimo la quota deveessere costituita da un ammontare multiplo di mille lire. Il capitaleè suddiviso in funzione delle persone dei soci che possonosottoscrivere frazioni di ammontare diverso che non attribuisconouguali diritti (come le azioni). Queste parti del capitale formano

unitariamente la quota del socio sulla quale si commisural’ampiezza della sua partecipazione. Mentre l’azionista è titolaredi una o più azioni, il socio di una società a responsabilità limitata

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lo è di una sola quota. La quota non si “cartolarizza” in undocumento e non è, quindi, trasferibile con l’efficace semplicità esicurezza dell’azione; priva, cioè, di consistenza fisica, ricompresatra i beni immateriali, si trasferisce in conformità di un

 procedimento introdotto da recente normativa di legge. I soci dellasocietà a responsabilità limitata che svolgono la comune attivitàconfidando, innanzitutto e fiduciariamente nella reciproca identità  personale, destinano, di solito, al servizio dell’impresa risorselimitate: il capitale minimo è fissato in venti milioni. Viene, diregola costituita per la realizzazione di obbiettivi più circoscrittirispetto a quelli della società per azioni e dell’accomandita per 

azioni; nulla vieta, tuttavia, che la società a responsabilità limitatasia utilizzata per iniziative di ampia prospettiva per la quale siapprestino i mezzi idonei incrementando, pertanto, il capitaleminimo.L’autonomia privata ed i limiti ai principi capitalisticiLa società a responsabilità limitata è ricompresa in quelle a basecapitalistica: beneficia della limitazione della responsabilità e lasua struttura organizzativa segnala la sostanziale identità conquella della società per azioni e in accomandita per azioni; ai suoisoci è concesso, con ampiezza, di adeguare tale struttura“personalizzandola”, senza che ciò induca identificazione tra le persone dei soci e l’organizzazione. È necessario, infatti, ribadirel’intangibilità degli aspetti qualificanti dell’organizzazione chel’autonomia contrattuale non può, in ogni caso, attentare (adesempio, non può essere soppressa l’assemblea). La singolaritàdell’assetto organizzativo della società a responsabilità limitatatrae origine dalla particolare articolazione del complesso delledisposizioni di legge che la governano, che valorizza l’autonomiacontrattuale. La verosimile spiegazione di questa articolatadisciplina è da individuare proprio nella funzione riconosciutaall’autonomia contrattuale dei soci. Mentre nell’accomandita per azioni, per la rigidità del modello legale essa è circoscritta e ne

sono consentite manifestazioni assolutamente contenute, nellasocietà a responsabilità limitata le è riservata un’importantefunzione. Si giustifica, così, che siano indicate le regole della

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società per azioni applicabili a quella a responsabilità limitata eche, non a caso, riguardano, innanzi tutto, i profili intangibilidell’organizzazione; all’autonomia contrattuale dei soci èradicalmente precluso modificarli. Trovano, altresì, applicazione

le regole specifiche proprie di questo tipo di società; per il restoopera l’autonomia negoziale.Riflessi sull’organizzazione: costituzione e conferimentiL’atto costitutivo, atto pubblico, modellato pedissequamente suquello della società per azioni, deve contenere l’indicazione disocietà a responsabilità limitata. È vietata la costituzione per  pubblica sottoscrizione in coerenza con la tendenziale peculiarietà

di questa società per la selezione dei partecipanti per favorire leconvergenze personali (art. 2475). Il capitale minimo è fissato inventi milioni (art. 2474). In ordine al conferimento trovanoapplicazione le regole della società per azioni sia se in denaro siase in natura; al pari richiamati i limiti relativi agli acquisti di benio di crediti dai fondatori, dai soci e dagli amministratori (art.2476); modellate sulle società per azioni le prestazioni accessorie(art. 2478). Diversa, anche se in maniera non significativa, ladisciplina dell’inadempimento del socio all’obbligo delconferimento. Innanzitutto gli amministratori possono diffidarloaffinché lo esegua nel termine di trenta giorni e non in quello diquindici. La diffida non è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, magli è inviata direttamente; il più consistente profilo distintivo: gliamministratori sono tenuti a vendere la quota del socio moroso per il valore risultante dall’ultimo bilancio approvato; è accordato aglialtri soci il diritto di preferenza nell’acquisto (art. 2477).Socio unicoA seguito dell’attuazione della dodicesima direttiva CEE,introdotta dal Dlgs n. 88 del 1993, la costituzione della società aresponsabilità limitata è consentita per atto unilaterale; nasce,cioè, in mancanza di un contratto e il socio unico che le dà vita  beneficia della limitazione della responsabilità diversamente

dall’azionista unico che risponde se la società per azioni èinsolvente (art. 2362). La tutela dei terzi è garantita dal regime di  pubblicità che impone agli amministratori, quando le quote

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appartengono ad un socio, o quando muta la sua persona, didepositare per l’iscrizione nel registro delle imprese unadichiarazione che lo identifichi anagraficamente (art. 2475 bis).Quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli

amministratori devono depositare la relativa dichiarazione (art.2475 bis). Al pari sanzionata la violazione di questi obblighi nelriflesso sui terzi: il socio unico perde il beneficio della limitazionedella responsabilità fino a quando non sia stata attuata la prescritta pubblicità (art. 2479). Rigorosa anche la disciplina del socio unicocon la società: i contratti o le operazioni a suo favore, anchequando non fossero stati eseguiti gli adempimenti pubblicitari ora

richiamati, devono essere trascritti nel libro delle adunanze e delledelibere del consiglio di amministrazione ovvero risultare da attoscritto. I crediti del socio unico nei confronti della società nonsono assistiti da cause legittime di prelazione per evitare di pregiudicare gli altri creditori nel caso di fallimento della stessasocietà (art. 2490 bis).Assemblea, organo amministrativo e collegio sindacaleLa rilevanza delle persone dei soci nella società a responsabilitàlimitata non elimina, ovviamente, l’organizzazione, ma nesemplifica il funzionamento. Il procedimento di convocazionedell’assemblea è, in effetti, snello e rapido. Non è necessaria la  pubblicazione dell’avviso di convocazione nella GazzettaUfficiale poiché è inviato ai soci, dagli amministratori, conraccomandata almeno otto giorni prima dell’adunanza; lacomunicazione deve indicare il giorno, l’ora e il luogo dellariunione e l’elenco delle materie da trattare (art. 2484). Nell’attocostitutivo possono essere previsti altre modalità come ad esempioil fax. Non è prevista la seconda convocazione; nulla sconsiglial’inserimento della relativa regola nell’atto costitutivo. Hannodiritto di intervenire nell’assemblea i soci iscritti nel libro sociche, diversamente dagli azionisti, non possono depositarealcunché per legittimarsi alla partecipazione: la quota di cui sono

titolari non si cartolarizza, in effetti, in un documento. Non sonofissati quorum costitutivi, ma soltanto quelli deliberativi. Ognisocio ha diritto ad almeno un voto; se la quota è multipla di mille

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lire ha diritto ad un voto per ogni mille lire (art. 2485). Larilevanza delle persone dei soci e l’opportunità di agevolare il lorocontributo per l’adozione delle deliberazioni assembleari giustificaquorum deliberativi più elevati di quelli della società per azioni.

L’assemblea ordinaria delibera con il voto favorevole di tanti sociche rappresentano la maggioranza del capitale, la straordinaria conquella di due terzi. Da non condividere il convincimento di partedella giurisprudenza che nega la riduzione del quorumdell’assemblea straordinaria, giustificandone soltanto l’aumento.Manca, in realtà, una previsione, nella normativa di legge, sullaquale poggiare tale limitazione incompatibile con l’ampia

autonomia concessa ai soci nella determinazione dell’attocostitutivo. Suscita discussione il mancato richiamo dell’art. 2380che riguarda la società per azioni; con la conseguenza che la presenza di più amministratori non determinerebbe la costituzionedell’organo collegiale, cioè, del consiglio di amministrazione.Tale omesso richiamo non impedisce l’applicazione, in viaanalogica, di quell’articolo. In definitiva se siano, ovviamente piùdi uno non parrebbe vietato affidare i relativi poteri ad ognuno diessi disgiuntamente. La soluzione parrebbe possibile proprio per ilmancato richiamo dell’art. 2380; il vuoto normativo autorizzal’autonomia contrattuale a manifestarsi con ampiezza. Lasemplificazione dell’apparato organizzativo investe anchel’attività di controllo. Se il capitale sociale è inferiore a duecentomilioni, la nomina del collegio sindacale non è obbligatoria (art.2488); al pari non è obbligatoria se ricorrono le condizioni postedall’art. 2435 bis per la redazione del bilancio in forma abbreviata(art. 2488); venendo meno o l’una o l’altra circostanza, i sindacidevono essere, invece, nominati. In ogni caso, anche in mancanzadel collegio sindacale, è consentito il ricorso all’autoritàgiudiziaria, ai sensi dell’art. 2409, quando la denuncia sia propostadai soci che rappresentino il decimo del capitale (art. 2488).L’assenza del collego sindacale è bilanciata dall’attribuzione di

una specifica autotutela ad ogni socio cui è consentito di ottenerenotizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i librisociali. I soci che rappresentino almeno un terzo del capitale

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hanno, inoltre, il diritto di fare eseguire annualmente a propriespese la revisione della gestione.Le modificazioni dell’atto costitutivoLe modificazioni dell’atto costitutivo segnalano alcune peculiarità

rispetto alle società per azioni. Non sono richiamate né la delegaagli amministratori per l’aumento del capitale, né la soppressionedel diritto di opzione che spetta ai vecchi azionisti sulle azioni dinuova emissione, quando l’interesse sociale lo esige (art. 2441).Da non condividere l’opinione secondo la quale della delega nonsia consentito avvalersi poiché il conferimento del relativo poteresi rivelerebbe incompatibile con i caratteri qualificanti della

società. In linea con le precedenti osservazioni sembra correttodistinguere la situazione nella quale l’amministrazione sia affidataa soci da quella nella quale sia affidata ad estranei. Nel primo casogli amministratori provengono dalla compagine sociale e non sidelineano controindicazioni per il conferimento della delega; sononella condizione, cioè, di valutare sia l’esigenza dicapitalizzazione della società sia la disponibilità dei soci adassecondare l’operazione di aumento. Per le ulteriorimodificazioni dello stesso atto costitutivo trovano applicazione le prescrizioni che riguardano la società per azioni, fermo restandoche nell’eventualità di riduzione del capitale per perdite i sociconservano i diritti sociali secondo il valore originario dellerispettive quote (art. 2496).Il trasferimento delle quoteSi è accennato che le quote sono liberamente trasferibili, salvodiversa previsione dell’atto costitutivo. Per colpire illeciteoperazioni di riciclaggio del denaro sono state introdotte regole  particolari per il trasferimento delle quote della società aresponsabilità limitata (l. 1993 n. 310). Il trasferimento deverisultare da scrittura privata con sottoscrizione autenticata dalnotaio che è tenuto a depositare l’atto di trasferimento per l’iscrizione nel registro delle imprese, nei trenta giorni successivi.

  Negli ulteriori successivi trenta giorni si deve provvedereall’iscrizione del trasferimento nel libro soci, su richiestadell’alienante o dell’acquirente, a fronte dell’esibizione del titolo

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da cui risulti il trasferimento stesso e l’avvenuto deposito (art.2479). Nel caso di cessione della quota, il socio che l’aliena èobbligato solidalmente con l’acquirente per i versamenti ancoradovuti, per un periodo di tre anni (art. 2481).

LE SOCIETÀ MUTUALISTICHELe prime società mutualistiche vennero costituite in Europa, concaratteristiche analoghe a quelle odierne, ai primi dell’ottocento,  per iniziativa delle classi sociali meno abbienti oppresse dalleingiustizie e disumane regole di vita imposte dalla rivoluzioneindustriale. Successivamente, però, il movimento perse la suaoriginaria impronta rigorosamente sociologica e classista, e le

cooperative finirono per essere considerate, nei vari ordinamentieuropei, come comuni formule organizzative della iniziativaeconomica privata. Il codice attuale richiama per le cooperativeuna parte della disciplina dettata per le società per azioni. L’art.2516 infatti stabilisce che “alle società cooperative si applicano inogni caso le disposizioni riguardanti i conferimenti e le prestazioniaccessorie, le assemblee, gli amministratori, i sindaci, i libricontabili, il bilancio e la liquidazione della società per azioni, inquanto compatibili con le disposizioni seguenti con quelle delleleggi speciali”. Al codice si affianca una copiosa e complementarelegislazione speciale che ha una portata preminente e che spessointroduce regole particolari, non del tutto coerenti con i principigenerali. Al vertice del sistema delle fonti si colloca l’art. 45Cost., che sancisce che “la Repubblica riconosce la funzionesociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini dispeculazione privata. La legge ne promuove e favoriscel’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura con gli opportunicontrolli, le finalità”. Recentemente, la legge Bersani del 1997 n.266 ha istituito la piccola società cooperativa. Si tratta di unasocietà a struttura semplificata, nella quale la gestionedell’impresa può essere affidata all’assemblea.Lo scopo mutualistico

  Nell’ordinamento giuridico vigente le cooperative possonodefinirsi come società caratterizzate dallo scopo mutualistico e daun particolare tipo di organizzazione, che, per la loro funzione

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sociale, godono di agevolazioni di varia natura e sonoassoggettate a specifici controlli. L’elemento fondamentale, tra imolti che compongono questa definizione, sta però nello scopomutualistico. Questo caratterizza oggi un tipo particolare di

società e giustifica il particolare tipo di organizzazione internadelle cooperative. Lo scopo mutualistico attribuisce inoltre allecooperative particolare meritevolezza, e quindi funzione socialegiustificando le agevolazioni, che non riguardano le imprese che  perseguono scopi diversi da quello mutualistico. Lo scopomutualistico delle cooperative consisterebbe in una reciprocità diprestazioni tra soci e società (gestione di servizio) che sarebbe

assente dallo scopo delle società ordinarie. Le cooperativedebbono svolgere la loro attività direttamente per i propri soci, e acondizioni di favore rispetto a quelle praticate sul mercato.Pertanto, lo scopo mutualistico delle cooperative si traduce in unaserie di obblighi della società fornire beni, servizi e occasioni dilavoro ai propri membri a condizioni più favorevoli di quelle delmercato. Il rapporto mutualistico si realizza in ogni settore, in basea rapporti distinti e successivi al rapporto sociale. In tal senso,nelle cooperative si sottolinea la esigenza di una duplicità dirapporti: contratto di società e successivi rapporti contrattuali discambio, caratterizzati da una particolare vantaggiosità economicadella prestazione alla quale il socio ha diritto. Una eccezione èdata dalle mutue assicuratrici. In questo particolare tipo diimpresa mutualistica, in base all’art. 2546, non si può acquistare laqualità di socio, se non assicurandosi presso la società, e si perdela qualità di socio con l’estinguersi dell’assicurazione, salvoquanto disposto dall’art. 2548. Il vantaggio mutualistico puòessere realizzato con due tecniche distinte: quella del vantaggioimmediato, e quella del vantaggio differito o ristorno. Si ha la prima ipotesi quando la società pratichi immediatamente prezziinferiori o retribuzioni superiori a quelle di mercato. Nellaseconda ipotesi il vantaggio mutualistico viene attribuito ai soci

attraverso i ristorni che sono somme di denaro che la societàdistribuisce, o meglio restituisce, ai soci periodicamente, quasisempre in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio, in

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 proporzione ai rapporti intercorsi con la cooperativa. Si ritiene,ma non tutti sono d’accordo su questa interpretazione, che le leggirecenti abbiano introdotto nel nostro ordinamento anche unamutualità di sistema, consistente nell’obbligo delle singole

imprese di contribuire con le proprie risorse al rafforzamento delmovimento cooperativo, e fondata sulla istituzione dei Fondimutualistici per la promozione e lo sviluppo dellacooperazione, ai quali tutte le cooperative devono devolvere unaquota, pari al 3%, degli utili di esercizio e i patrimoni residui diliquidazione.Scopo mutualistico e attività lucrativa

Il legislatore italiano non ha mai imposto alle cooperative, trannein casi eccezionali, un divieto generale di rapporti con i terzi nonsoci (mutualità pura). Anzi, il nostro legislatore, ha predisposto unsistema complessivo di norme che confermano l’assunto che lesocietà cooperative possono normalmente offrire le proprie prestazioni anche ai terzi non soci (mutualità spuria). Né puòritenersi esistente un obbligo legale per le cooperative di agire  prevalentemente con i propri soci. Questo sistema è previstoespressamente per le banche di credito cooperativo, è adombratoda altre disposizioni, ma non è il modello di gestione che possaessere generalizzato e imposto a tutte le imprese mutualistiche. Non esistendo ostacoli sostanziali a che le cooperative operino,anche in maniera sistematica e prevalente, con il mercato, questeimprese possono anche trovarsi a perseguire uno scopo di lucro.Però il legislatore, a questo proposito, detta una serie di regole chedivergono tra quelle stabilite per le società lucrative. In particolare:

• la legge stabilisce un limite massimo ai conferimenti indenaro dei soci;

• la legge stabilisce poi un sistema particolare di distribuzionedegli utili di esercizio128;

• non è consentita la ripartizione delle riserve tra i soci in caso

di scioglimento del singolo rapporto sociale;128 L’art. 2536 stabilisce due destinazioni obbligatorie e prioritarie degli utili di esercizio: a riserva legale e ai Fondi mutualistici per la promozione elo sviluppo della cooperazione. La distribuzione di dividendi ai soci è assoggettata a limitazioni quantitative. La remunerazione del capitale socialedelle cooperative e dei consorzi non può in alcun caso superare la remunerazione dei prestiti sociali.

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• in caso di scioglimento della società, se la cooperativaaspira a godere di agevolazioni tributarie, lo statuto deve  prevedere la devoluzione dell’intero patrimonio sociale,dedotti il capitale versato e rivalutato e i dividendi

eventualmente maturati, ai Fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione;• non esiste un mercato dei titoli di partecipazione a società

cooperative. La cessione della partecipazione in cooperativaè soggetta alla autorizzazione degli amministratori puòaddirittura vietare la cessione delle quote e delle azioni coneffetto verso la società;

le cooperative possono costituire consorzi di cooperative chesono di tre tipi:o consorzi di cooperative ammissibili ai pubblici appalti;o consorzi di cooperative in forma cooperativa, e cioè

cooperative tra cooperative;o consorzi di cooperative per il coordinamento della

 produzione e degli scambi;•

una posizione particolare è riservata ai soci sovventori e gliazionisti di partecipazione cooperativa ai quali è riconosciutoun privilegio nella distribuzione degli utili e nel rimborso delcapitale.

Tutti queste disposizioni hanno introdotto elementi sempre piùmarcatamente lucrativi, ed hanno posto la dottrina di fronte allascelta tra la conciliazione della mutualità e lucratività o laammissione della odierna irrilevanza dello scopo mutualistico. Nella prima direzione le norme che hanno elevato il livello dilucratività delle cooperative potrebbero essere interpretate nelsenso che la legge per salvaguardare il carattere mutualistico dellecooperative, non impone ad esse limiti alla produzione masolamente vincoli alla distribuzione e devoluzione dell’utile diesercizio.La costituzione della società

Alla costituzione della società sono dedicate tre norme nel codicecivile, e cioè gli articoli 2518, 2519 e 2520, e due norme nellalegge Basevi, e cioè gli art. 22 e 23. Si applicano altresì per rinvio

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espresso dell’art. 2519, gli art. 2330 e 2331, dettati per lesocietà per azioni e rispettivamente disciplinanti l’iscrizione dellasocietà nel registro delle imprese e gli effetti dell’iscrizione.Analogamente a quanto avviene per le società per azioni, la

costituzione della società cooperativa si configura come unafattispecie a formazione successiva, composta di tre fasi:• la stipulazione dell’atto costitutivo;• l’omologazione dell’atto costitutivo da parte del

tribunale;• l’iscrizione della società nel registro delle imprese.

Questo significa che la società sorge solo al compimento della

fattispecie appena delineata. Non rientra nella fattispeciecostitutiva l’iscrizione, temporalmente successiva, della societàcooperativa negli uffici prefettizi delle cooperative e nelloschedario generale della cooperazione prescritta dagli art. 13 e15 della legge Basevi. A differenza di quanto è previsto per lesocietà in generale, per procedere alla legale costituzione di unasocietà cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove.I requisiti dei sociIl codice civile, tranne i labili riferimenti che possono cogliersidagli art. 2518, 2523, 2525 e 2531, non contiene alcunadisposizione espressa relativa ai requisiti personali dei soci. A ciò  provvedono le leggi speciali, che però lasciano molti settoridell’attività mutualistica privi di regole specifiche. Così, per lecooperative di lavoro si prevede che i “soci di cooperativa dilavoro devono essere lavoratori ed esercitare l’arte o il mestierecorrispondente alla specialità delle cooperative di cui fanno parteo affini”. Per alcune forme di cooperative agricole si stabilisceche non possono essere ammesse come soci “persone cheesercitano attività diversa dalla coltivazione della terra”. Per lecooperative di consumo si prevede che in esse non possonoessere ammessi come soci “intermediari e persone che conducanoin proprio esercizi commerciali della stessa natura non

cooperativa”. Per le cooperative edilizie, la situazione è molto piùcomplessa perché il testo unico per l’edilizia popolare edeconomica stabilisce quali sono i requisiti dei soci delle

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cooperative fruenti di contributi pubblici, mentresuccessivamente varie leggi speciali hanno individuato i varirequisiti dei soci con riferimento alle agevolazioni tributarie. Per le cooperative di credito si è invece stabilito che “per essere soci

di una banca di credito cooperativo è necessario risiedere, averesede ovvero operare con carattere di continuità nel territorio dicompetenza della banca stessa”.Responsabilità dei sociAnche la disciplina della responsabilità dei soci per leobbligazioni sociali distingue le cooperative dagli altri tipi disocietà. Innanzitutto esistono cooperative a responsabilità limitata

in senso vero e proprio (art. 2514), nelle quali per le obbligazionisociali risponde esclusivamente la società con il suo patrimonio.Vi sono cooperative poi a responsabilità sussidiaria o multipla,nelle quali, in aggiunta alla responsabilità del patrimonio sociale,ciascun socio risponde per le obbligazioni sociali per una sommamultipla della propria quota. Nell’ambito di tale categoria ilcodice e la legge fallimentare pongono un’ulteriore suddivisione, precisando che tale responsabilità sussidiaria multipla può esserelimitata o illimitata. La responsabilità sussidiaria è limitata quandola percentuale massima entro la quale ogni socio può esserechiamato a rispondere delle obbligazioni sociali in caso difallimento o di liquidazione coatta amministrativa è determinatanell’atto costitutivo. Essa è invece definita illimitata quando lamisura della partecipazione dei soci alle perdite sociali non è predeterminata dall’atto costitutivo, ma viene stabilita di volta involta dagli organi del fallimento o della liquidazione coattaamministrativa della società. Ulteriore caratteristica del regimeadottato per le cooperative è che la responsabilità sussidiariamultipla, limitata o illimitata, può essere fatta valere solamente incaso di liquidazione coatta amministrativa e di fallimento dellasocietà. La odierna disciplina, sommariamente descritta, è il fruttodi stratificazioni legislative verificatesi in periodi successivi e

questo rilievo ne spiega la evidente macchinosità. Ed infatti, latendenza del legislatore è quella di imporre a tutte le cooperative ilregime della responsabilità limitata vero e proprio.

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La pubblicitàDal primo ottobre 1997 per effetto della legge n. 266 del 1997 (lac.d. legge Bersani), l’obbligo di pubblicazione degli atti sulBollettino ufficiale delle società cooperative (B.u.s.c.) è assolto

con l’iscrizione e il deposito nel registro delle imprese. Funzionediversa ha la iscrizione nei registri prefettizi e nello schedariogenerale della cooperazione. Nel registro prefettizio dellecooperative oltre alle cooperative ammissibili ai pubblici appaltidevono essere iscritte tutte le cooperative legalmente costituite,qualunque sia il loro oggetto. Il registro è tenuto distintamente per sezioni: cooperazioni al consumo, di produzione e lavoro,

cooperazione agricola, cooperazione edilizia, cooperazione ditrasporto, cooperazione della pesca e cooperazione mista. L’art. 15della legge Basevi ha poi istituto lo schedario generale dellacooperazione, che è tenuto presso il Ministero del Lavoro e della  previdenza sociale. Nello schedario sono iscritte tutte lecooperative che figurano già nei registri prefettizi. In più sono inesso iscritte:

le cooperative di credito e di assicurazione;• i consorzi di cooperative ammissibili ai pubblici appalti;• le cooperative aventi sede nelle regioni Sicilia, Trentino Alto

Adige, Friuli Venezia Giulia.L’iscrizione nei registri e nello schedario generale costituisce il  presupposto essenziale ma non sempre sufficiente per laconcessione alle cooperative di agevolazioni tributarie e di altranatura. È stato presso la Direzione generale della cooperazione delMinistero del lavoro l’albo nazionale delle società cooperativeedilizie di abitazione e loro consorzi al quale debbono iscriversi lecooperative edilizie e i consorzi che intendono ottenere contributi pubblici.La partecipazioneL’art. 2525 del codice civile stabilisce che “l’ammissione di unnuovo socio è fatta con deliberazione degli amministratori su

domanda dell’interessato”. Assieme all’art. 2520, che prevede lac.d. “variabilità del capitale” la norma viene ritenuta espressionelegislativa del principio della porta aperta, che è un aspetto

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organizzativo qualificante e indefettibile delle impresemutualistiche. La dottrina più recente ha però dovutoridimensionare la rilevanza giuridica di questa regola. Infatti, per quanto riguarda l’entrata nella società, l’espressione “porta aperta”

 può risultare ingannevole, in quanto il sistema vigente dimostrache l’ingresso di nuovi soci nelle cooperative, essendo subordinatoal possesso di determinati requisiti personali e all’autorizzazionedegli amministratori, non è affatto più agevole di quello previsto per la partecipazione a società di capitali. Limiti alla libertà diingresso sono imposti anche dal fatto che nelle cooperative siinstaura sempre una comunione di interessi tra i soci che spinge

taluno a intravedere in esse imprese “di tendenza” ovveroideologicamente orientate: si tratti o meno di rapporto retto daintuitus personae, quello che è certo è che l’ingresso di nuovi socinon può essere assolutamente libero ed indiscriminato, come laformulazione letterale del principio lascerebbe pensare. Il principio della porta aperta non può che intendersi come sinonimodella regola della variabilità del capitale. Anche da questoraffronto il principio esce notevolmente ridimensionato, in quantola variabilità del capitale, correttamente intesa, non significalibertà di investimento e di disinvestimento. Essa indica inveceuna semplificazione di forme per l’ingresso di nuovi soci, che puòverificarsi anche senza ricorrere al procedimento di modificadell’atto costitutivo, e una maggiore libertà di scioglimento delsingolo rapporto sociale. Recentemente, il legislatore è ritornatosu questo delicato argomento, introducendo due disposizioniespressamente dedicate alla ammissione di nuovi soci nellecooperative di credito, che concedono maggiore protezione a coluiche aspiri ad essere ammesso nella società. per quanto riguarda le banche popolari, l’art. 30 del Dlgs n. 385 del 1993 ha stabilito che:

• le deliberazioni del consiglio di amministrazione devonoessere motivate avuto riguardo all’interesse della società, alle prescrizioni statutarie e allo spirito della forma operativa;

• l’interessato, in caso di rigetto della domanda, può presentareistanza di revisione al collegio dei probiviri;

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• il consiglio di amministrazione è tenuto a riesaminare ladomanda quando il collegio dei probiviri ne faccia richiesta.

Inoltre si stabilisce che coloro ai quali il consiglio diamministrazione abbia rifiutato l’ammissione a socio possono

esercitare i diritti aventi contenuto patrimoniale relativi alle azioni possedute. L’art. 34 inoltre stabilisce per le banche di creditocooperativo che è in facoltà della Banca d’Italia obbligare la bancastessa a motivare e comunicare agli interessati le deliberazioni dirigetto. L’art. 2525 stabilisce che il nuovo socio deve versare, oltrel’importo della quota o dell’azione, una somma da determinarsidagli amministratori per ciascun esercizio sociale, tenuto conto

delle riserve patrimoniali risultanti dall’ultimo bilancio approvato.Il trasferimento della partecipazione socialeL’art. 2523 del codice stabilisce che “le quote e le azioni non possono essere cedute con effetto verso la società, salvo in questocaso il diritto del socio di recedere dalla società”. La formulazioneletterale del primo e del secondo comma sembrerebbe ammetterel’efficacia inter partes del trasferimento. L’articolo in esameinsiste sulla inefficacia verso la società della cessione nonautorizzata, con formula che richiama l’art. 2023 e l’art. 2479. Per questa ragione, una parte della dottrina e la giurisprudenza prevalente ammettono la possibilità di trasferimenti con efficacialimitata alle sole parti contraenti, il che implicherebbe che ilcedente, legittimato all’esercizio dei diritti sociali, resti obbligatoa ritrasferire al cessionario i benefici economici conseguentiattraverso la partecipazione in società, senza che quest’ultimo  possa però avanzare pretese nei confronti della società. altrinegano invece ogni possibilità di effetti, anche inter partes, dellacessione non autorizzata: ciò in quanto la partecipazione a societàcooperative è collegata a requisiti personali imposti direttamente oindirettamente dalla legge e i benefici mutualistici, alla produzionedei quali lo Stato concorre con incentivi di vario genere, sonoriservati ai soci, se ed in quanto posseggano determinati requisiti.

Informazione dei sociI soci delle società cooperative, quando almeno un terzo delnumero complessivo di essi lo richieda, hanno diritto, oltre a

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quanto stabilito dall’art. 2422, di esaminare il libro delleadunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione eil libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitatoesecutivo, se questo esiste.

I soci sovventoriL’art. 4 della legge n. 59 del 1992, intitolato “soci sovventori”, prevede la applicabilità dell’art. 2548, dettato in tema di mutueassicuratrici, alle società cooperative e loro consorzi. Non tutte lecooperative, però, possono prevedere soci sovventori. Sonoinnanzitutto escluse le società e i consorzi operanti nel settoredell’edilizia abitativa. Non possono, poi, prevedere soci

sovventori le banche popolari e le cooperative di assicurazione. Sidiscute se i sovventori siano soci veri e propri o solo finanziatoridella società. si osserva infatti, nel senso della natura nonsocietaria del rapporto di sovvenzione che gli apporti deisovventori non confluiscono nel capitale sociale, ma in fondi per lo sviluppo tecnologico e per la ristrutturazione o il potenziamentoaziendale. Se questa osservazione fosse esatta il sovventoreavrebbe diritto non a utili, ma ad un interesse, e non ad unaliquidazione di quota ma ad un rimborso dell’apporto. Le azionidei sovventori sono necessariamente, senza che sia necessario ilconsenso del consiglio di amministrazione previsto dall’art. 2525.Tuttavia si prevede che l’atto costitutivo possa stabilire particolaricondizioni per l’alienazione di tali azioni. Il sovventore effettua unapporto la cui entità è determinata liberamente, indipendentementedai limiti massimi stabiliti per i conferimenti dei soci ordinari.Tuttavia i voti attribuiti ai sovventori non devono in ogni casosuperare un terzo dei voti spettanti a tutti i soci. Analogamente, isoci sovventori possono essere nominati amministratori, comeaccade nelle mutue assicuratrici ( art. 2548 ).Gli azionisti di partecipazione cooperativaL’art. 5 della legge n. 59 del 1992, intitolato “finanziamento deisoci e dei terzi” ha previsto la possibilità per le cooperative di

emettere “azioni di partecipazione cooperativa”. Tale emissione èconcessa alle cooperative “che abbiano adottato nei modi e neitermini stabiliti dallo statuto precedente di programmazione

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  pluriennali finalizzate allo sviluppo e all’ammodernamentoaziendale”. Le azioni di partecipazione possono essere emesse per un ammontare non superiore al valore contabile delle riserveindivisibili o del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio,

che deve essere certificato e depositato presso il Ministro delLavoro e della previdenza sociale. L’alternativa offerta dalla leggeè forse frutto di una svista, perché il patrimonio netto dovrebbecomprendere in ogni caso le riserve, a meno che il legislatore nonabbia inteso far riferimento, quando ha menzionato le riserve,anche a fondi che non compongono il patrimonio netto. Il bilanciodi riferimento deve essere certificato e depositato presso il

Ministero del Lavoro. Le azioni di partecipazione cooperativedevono essere offerte in opzione ai soci e lavoratori dipendentidella società, i quali possono sottoscriverle anche superando ilimiti quantitativi indicati dall’art. 3 della stessa legge. È dubbiose gli azionisti di partecipazione cooperativa possano esserenominati amministratori; e ciò soprattutto se si mette indiscussione la natura societaria del rapporto che li lega allacooperativa. I possessori di azioni di partecipazione sonoorganizzati in assemblea speciale, la quale delibera sulla nomina esulla revoca del rappresentante comune, sull’approvazione delledeliberazioni dell’assemblea della cooperativa che pregiudichino idiritti della categoria, sulla costituzione di un fondo per le spesenecessarie alla tutela dei comuni interessati, e sugli altri oggetti diinteresse comune.Scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un solo

socioRecessoL’art. 2526 stabilisce che “la dichiarazione di recesso, nei casi incui questo è ammesso dalla legge o dall’atto costitutivo, deveessere comunicata con raccomandata alla società e deve essereannotata nel libro dei soci a cura degli amministratori. Essa haeffetto con la chiusura dell’esercizio in corso, se comunicata tre

mesi prima e, in caso contrario, con la chiusura dell’eserciziosuccessivo”. L’unica ipotesi di recesso ammessa direttamente dalcodice civile è quella di cui all’art. 2523, per il caso di divieto

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statutario di cessione delle quote o delle azioni. Perciò ci siinterroga se alle cooperative siano applicabili le ipotesi di recessostabilite dalla legge per la società per azioni nell’art. 2437, conriferimento alle deliberazioni di cambiamento dell’oggetto sociale,

del tipo della società o di trasferimento della sede socialeall’estero; e, in caso di risposta affermativa, se la disciplinastabilita nell’art. 2437 prevalga o meno su quella stabilita nell’art.2526. Alla prima domanda la dottrina e la giurisprudenza  prevalenti danno risposta positiva. Altro problema sollevatodall’art. 2526 è quello dei limiti alla introduzione di ipotesi direcesso statutario. A tale proposito l’opinione preferibile è che,

data la vigenza della regola della variabilità del capitale, e diquella contenuta nell’art. 2523 lo statuto della cooperativa può  prevedere liberamente i casi di recesso, sino ad ammettere la possibilità di un recesso ad nutum, anche se la società è a tempodeterminato.EsclusioneL’esclusione è ammessa nelle cooperative qualunque sia il tipodella società. nonostante l’improprietà del linguaggio, il codiceintende avvertire che l’esclusione è possibile anche nell’ambitodelle cooperative a responsabilità limitata, nelle quali la possibilitàdi scioglimento del singolo rapporto sociale potrebbe pregiudicaregli interessi dei creditori sociali. L’art. 2527, richiamando gli art.2286 e 2288, ammette testualmente i seguenti casi di esclusione:

•  per mancato pagamento delle quote o delle azioni;•   per gravi inadempimenti delle obbligazioni che derivano

dalla legge o dal contratto;•  per l’interdizione o per l’inabilitazione del socio;•   per la condanna del socio ad una pena che importa

l’interdizione anche temporanea dai pubblici uffici;• in caso di conferimento del godimento di una cosa, il socio

 può essere escluso per il perimento della cosa o per causa nonimputabile agli amministratori;

•   può essere escluso il socio che si è obbligato con ilconferimento a trasferire la proprietà di una cosa, se questa è perita prima che la proprietà sia acquistata dalla società;

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• infine, il socio può essere escluso nei casi stabilitidall’atto costitutivo.

In tutti questi casi si parla di esclusione facoltativa o volontaria.Vi sono però anche ipotesi di esclusione di diritto, che può aversi,

ex 2288:• nel caso di dichiarazione di fallimento del socio;• in caso di liquidazione della quota del socio, ottenuta dal

creditore particolare a seguito di opposizione alla prorogadella società.

Il rimedio dell’esclusione colpisce anche l’ipotesi di invalidità delrapporto sociale derivante dalla mancanza, originaria o

sopravvenuta, di requisiti personali. Le principali ipotesi diesclusione del socio di cooperativa sono previste negli statuti, conriferimento a vicende che riguardano lo svolgimento del rapportomutualistico, e, in particolare, con riferimento all’inadempimentoo alla impossibilità sopravvenuta delle prestazioni dovute dalsocio alla società o ai terzi. Come prevede espressamente l’art.2527, il socio può essere escluso anche nei casi stabiliti dall’atto

costitutivo. L’art. 2527 stabilisce che quando l’esclusione non haluogo di diritto, essa deve essere deliberata dalla assemblea deisoci o, se l’atto costitutivo lo consente, dagli amministratori, edeve essere comunicata al socio. La deliberazione di esclusionedeve essere motivata. Il socio può, nel termine di trenta giorni, proporre opposizione innanzi al tribunale, che, in via cautelare e diurgenza, può sospendere l’esecuzione della deliberazioneimpugnata.Morte del socioL’art. 2528 del codice stabilisce che “in caso di morte del socio,salvo che l’atto costitutivo disponga la continuazione della societàcon gli eredi, questi hanno diritto alla liquidazione della quota o alrimborso delle azioni, secondo le disposizioni dell’art. seguente”.La continuazione della società è possibile con l’erede o con glieredi che siano in possesso dei requisiti, e si trovino nellecondizioni necessarie per essere ammessi nella società. Laclausola statutaria che ammette la trasferibilità mortis causa della partecipazione sociale assume quindi un valore ben preciso: se

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infatti compare nel contratto sociale, essa vincola innanzituttola società, come se si trattasse di una opzione ex art. 1331. Ilvincolo per la società si risolve nella circostanza che è preclusaagli amministratori ogni valutazione circa la opportunità della

ammissione degli eredi, essendo già stata fatta questa valutazionea priori da tutti i soci fondatori, o dalla maggioranza dei soci inoccasione di apposita modifica statutaria.La liquidazione della quotaL’art. 2529 stabilisce che “nel caso di recesso, esclusione o mortedel socio, la liquidazione della quota o il rimborso delle azioni haluogo sulla base del bilancio dell’esercizio in cui il rapporto

sociale si scioglie limitatamente al socio. Il pagamento deve essereeffettuato entro sei mesi dall’approvazione del bilancio stesso”.Capitale e patrimonioLe prime società cooperative anziché essere fondatesull’autonomia patrimoniale, poggiavano interamente sullagaranzia illimitata e sui contributi periodici, saltuari e facoltativi,dei soci. D’altro canto, per consentire alle classi meno abbienti la  partecipazione a tali sodalizi, il legislatore ha consentito lacostituzione di cooperative munite di capitale sociale irrisorio, lacui congruità non può essere sindacata nemmeno dal tribunale almomento della iscrizione della società nel registro delle imprese.Questo principio non vale però per quelle cooperative alle quali lalegge impone un capitale minimo obbligatorio: tali sonosoprattutto le cooperative di credito, le cooperative diassicurazione e le mutue assicuratrici. Le cooperative vengonocomunemente definite società a capitale “variabile”, mentre tuttele altre società sarebbero a capitale fisso. Questa definizione potrebbe però indurre in errore: in tutte le società il capitale èvariabile, come variabili sono quasi tutti gli elementi del contrattoe dell’organizzazione. La distinzione tra società a capitalevariabile e società a capitale fisso consiste nel fatto che nelle prime è possibile un ingresso continuo di nuovi soci che, pur 

determinando un aumento di capitale per effetto dei nuoviconferimenti, non deve accompagnarsi ad una deliberazionedell’assemblea straordinaria. L’art. 2520 stabilisce così che “la

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variazione del numero e delle persone dei soci non importamodificazione dell’atto costitutivo”. La variabilità riguardaanche l’uscita dei soci dalla società. Infatti, considerando le ipotesidi scioglimento del singolo rapporto sociale, nelle cooperative

emerge una maggiore libertà di scioglimento del rapporto sociale,tanto è vero che il codice stesso ammette l’esclusione dei soci e,forse, la possibilità di recesso, ad nutum oltre che nei casi previstinello statuto. Le cooperative sono, quindi, sottoposte a questadisciplina:

• il capitale della società, anche se questa è a responsabilitàlimitata, non è determinato in un ammontare prestabilito;

negli atti e nella corrispondenza della società non deve essereindicato il capitale sociale;• la regola della variabilità del capitale dovrebbe esonerare le

cooperative dal rispetto degli art. 2446 – 2447, che disciplina,nell’ambito della società per azioni, l’ipotesi della riduzionedel capitale per perdite di oltre un terzo che riducono ilcapitale al di sotto del minimo.

Quote ed azioniLa partecipazione sociale nelle cooperative può essererappresentata da quote o da azioni. Le azioni debbononecessariamente essere nominative. Le azioni dei sovventori sononominative e liberamente trasferibili, a meno che l’atto costitutivonon preveda particolari condizioni per la loro alienazione; mentrele azioni di partecipazione cooperativa possono essere anche al portatore. L’art. 3 della legge n. 59 del 1992, modificando l’art.2521 e le leggi speciali successive che si occupano di questo problema, hanno stabilito che nelle società cooperative e nei loroconsorzi il valore nominale di ciascuna quota o azione non puòessere inferiore a lire cinquanta mila, e il valore nominale diciascuna azione non può essere superiore a lire un milione, salvoquanto disposto per particolari categorie di enti cooperativi. L’art.29 del Dlgs 385/1993 stabilisce che il valore nominale delle azioni

delle banche popolari non può essere inferiore a lire cinquantamila. L’art. 33 dello stesso decreto ha stabilito che il valorenominale di ciascuna azione di banca cooperativa non può essere

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inferiore a lire cinquanta mila, ne superiore a lire un milione.L’art. 7 della legge n. 59 del 1992, ha previsto che le cooperative ei loro consorzi possano destinare una quota di utili ad aumentogratuito del capitale sociale sottoscritto e versato. Questo aumento

del capitale non richiede una deliberazione dell’assembleastraordinaria, ma può attuarsi attraverso le deliberazionidell’assemblea ordinaria che approvano il bilancio di esercizio.I prestiti dei soci e le obbligazioniLe cooperative e i consorzi di cooperative, in quanto imprese  presenti anche nei mercati internazionali, hanno necessità diingenti risorse finanziarie. In questa situazione, uno sviluppo

 particolare hanno avuto i prestiti dei soci, e cioè i finanziamentiche la cooperativa riceve direttamente dai propri aderenti.L’esistenza di una disciplina di favore fiscale, pur testimoniandola liceità del fenomeno, lascia però aperta la questione dei limitiche eventualmente debbano assegnarsi a tale operazione sul pianosostanziale. In particolare, è vivamente controverso se ai prestitidei soci debba applicarsi la disciplina pubblicistica che riguardavala attività di raccolta del risparmio tra il pubblico; e sel’operazione possa attuarsi anche attraverso l’emissione di valorimobiliari. Si è sempre discusso, poi, se le cooperative possano farericorso al prestito obbligazionario; e la soluzione prevalente indottrina è stata quasi sempre di segno negativo. Solo alle banchecooperative la legge ha consentito recentemente la possibilità diemettere obbligazioni, anche convertibili, nominative e al portatore.L’acquisto di azioni e quote proprieL’argomento è toccato dall’art. 2522 e da alcune disposizioni dileggi speciali: l’art. 34 del Dlgs n. 385 del 1993 stabilisce che le banche di credito cooperativo non possono acquistare le proprieazioni, né fare partecipazioni su di esse, né compensarle con leobbligazioni dei soci. Nelle cooperative l’operazione di acquistodi azioni e quote proprie ha una portata più ristretta di quella che

essa riveste nella società per azioni. L’art. 2522 contribuisce adattuare il principio della variabilità del capitale, consentendo unrapido smobilizzo della partecipazione di quei soci che non

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  possano, o non vogliano, invocare le norme più rigide inmateria di recesso. In tale senso può anche parlarsi di“favoritismo” verso i soci. L’art. 2522 consente alle cooperativel’acquisto e il rimborso delle azioni o quote proprie, purché siano

 previsti nell’atto costitutivo, e nei limiti degli utili distribuibili edelle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato.Gli organi socialiLa disciplina di assemblee, amministratori e sindaci di cooperativaè data da poche regole particolari, contenute nel codice e nelleleggi speciali, e da un nucleo di regole fondamentali, mutuatedalla società per azioni.

L’AssembleaPer quanto riguarda l’assemblea, le regole particolari del codice edelle leggi speciali riguardano i seguenti punti:

• le forme di convocazione: l’art. 2518 consente all’attocostitutivo di prevedere forme di convocazione in deroga alledisposizioni di legge (raccomandata, affissione dell’avviso diconvocazione nella sede sociale);

• il diritto di intervento e il diritto di voto: l’art. 2532stabilisce che nelle assemblee hanno diritto di voto coloroche risultano iscritti da almeno tre mesi nel libro dei soci.Stabilisce inoltre che ogni socio ha un voto, qualunque sia ilvalore della quota o del numero delle azioni possedute;

• le maggioranze: la seconda parte dell’art. 2532 stabilisce chel’atto costitutivo può determinare le maggioranze necessariein deroga agli art. 2368 e 2369.

• il voto per corrispondenza: qualora l’atto costitutivo loconsenta, il voto può essere dato per corrispondenza. In talcaso, l’avviso di convocazione dell’assemblea deve essere  particolarmente analitico e contenere per esteso ladeliberazione proposta;

• la rappresentanza: l’art. 2372 richiede, ai finidell’ammissibilità della rappresentanza in assemblea, una

espressa previsione dell’atto costitutivo, in mancanza dellaquale la rappresentanza non è consentita. Nelle cooperative

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inoltre la rappresentanza può essere conferita solo ad altrosocio.

Le assemblee separateL’art. 2533 ha espressamente previsto la possibilità di svolgimento

di assemblee separate. La disposizione più frequentemente citata aquesto proposito è quella contenuta nell’art. 15 del Dlgs n. 1235del 1948 in tema di consorzi agrari. Possono prevedere assembleeseparate:

• le cooperative con non meno di cinquecento soci chesvolgano la propria attività in più comuni;

• le cooperative costituite da appartenenti a categorie diverse,

in numero non inferiore a trecento, anche se svolgono la propria attività in più comuni.Il codice impone che l’atto costitutivo preveda le modalità per laconvocazione delle stesse, per la nomina dei delegatiall’assemblea generale e per le deliberazioni dell’assembleagenerale. Una fondamentale e irrisolta questione è quella dellasfera di competenza deliberativa delle assemblee separate. Ilcodice ammette implicitamente che le assemblee separate debbanodeliberare nel merito degli argomenti ad esse sottoposti (imedesimi dell’assemblea generale). La deliberazionedell’assemblea generale si forma in modo successivo. Si ritiene,ma la tesi non è pacifica, che lo statuto debba prevedere anche lanomina di delegati di minoranza, e che il mandato conferito aidelegati sia da ritenersi imperativo e vincolante.Gli amministratoriL’art. 2535 contiene alcune disposizioni specifiche relative agliamministratori di cooperative. Sostanzialmente il codice, per quanto concerne la disciplina del consiglio di amministrazione,richiama gli articoli 2380 e seg. limitandosi a fissare alcunedisposizioni specifiche in ragione delle peculiarità del fenomenomutualistico. La regola fondamentale stabilita dall’art. 2535 è chegli amministratori di cooperativa devono essere soci o mandatari

di persone giuridiche socie. Il sistema di riservare tale carica aisoci non è però privo di inconvenienti pratici. Il primo è quellodella possibile arretratezza culturale e professionale dei soci, che

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ostacola il corretto svolgimento di una qualsiasi attivitàamministrativa degna di questo nome. Di tali inconvenienti sisono fatte carico alcune leggi speciali, che hanno ammesso varie possibilità di deroga al principio enunciato dal codice. In senso

diametralmente opposto, può ritenersi orientata la più recentenormativa relativa alle aziende di credito, anche in formacooperativa, che richiede, in capo ai soggetti che svolgonofunzioni di amministrazione, direzione e controllo, requisiti di professionalità e di onorabilità. In secondo luogo, la formulazioneletterale dell’art. 2535 implica che non può essere nominataamministratore una persona giuridica, ancorché socia. Per 

mandatari di persone giuridiche socie, infatti, devono intendersi isoggetti ai quali la persona giuridica socia conferisca il propriodiritto all’elettorato passivo alla carica di amministratore.Il collegio sindacaleAnche per i sindaci vige una disciplina basata sul rinvio allasocietà per azioni. L’ultima parte dell’art. 2535 stabilisce però chenon si applicano alle cooperative le disposizioni dell’art. 2397, iquali, dopo l’entrata in vigore del Dlgs n. 88 del 1992, impongonoche i sindaci di società per azioni debbano essere scelti tra gliiscritti nel registro dei revisori contabili istituto presso il Ministerodi Grazia e Giustizia.Amministratori e sindaci nominati dallo Stato o da Enti

Pubblici - I probiviriIl caso di nomina di amministratori e sindaci da parte dello Stato oenti pubblici si presenta, nelle cooperative, con una frequenzamaggiore rispetto alle società per azioni. Ma la disciplina dettatacon riguardo al fenomeno mutualistico è molto meno ampia diquella dettata in tema di società di capitali. Nelle cooperative èconsentita la nomina extra assembleare della sola minoranza di taliorgani e la facoltà di nomina di amministratori e sindaci dipendeesclusivamente da previsioni statutarie. Nelle cooperative lafacoltà di nomina extra assembleare prescinde dalla circostanza

che lo Stato o gli enti pubblici siano soci della società, mentreinvece gli art. 2458 e 2459 distinguono tra l’ipotesi in cui vi sia onon vi sia una partecipazione pubblica. Non vi può essere nomina

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extra assembleare di amministratori e sindaci nelle banche  popolari e nelle banche di credito cooperativo. Accanto adamministratori e sindaci, nelle cooperative spesso capita diimbattersi in un organo atipico che è il collegio dei probiviri, al

quale le leggi speciali, o clausole statutarie attribuiscono funzioniarbitrali per la soluzione di controversie interne alla società.Il controllo giudiziario (art. 2409)L’ammissibilità del controllo giudiziario ex art. 2409 potrebbeessere sostenuta con maggiore attendibilità per le cooperative conazioni quotate in borsa. Tuttavia, poiché di fatto le unichecooperative quotate in borsa sono le banche popolari,

l’applicazione dell’art. 2409 è esclusa espressamente dall’art. 70del testo unico bancario del 1993, che prevede, in caso di graviirregolarità, la possibilità di un ricorso e di una denunzia allaBanca d’Italia.Le modificazioni dell’atto costitutivoLa trasformazioneLa trasformazione di società cooperativa in società lucrativacomporta non solo il mutamento dell’organizzazione, ma anche unmutamento della causa (trasformazione eterogenea). Prima cheentrasse in vigore la legge n. 127 del 1971, la quale ha stabilitoche le società cooperative non possono essere trasformate insocietà ordinarie, anche se la trasformazione sia deliberataall’unanimità, si contendevano il campo tre orientamenti principali:

• una prima tesi sosteneva la trasformabilità delle cooperativein società ordinarie, secondo le normali regole dellemodificazioni dell’atto costitutivo, e quindi a maggioranza;

• una seconda tesi ammetteva la trasformabilità solo sedeliberata all’unanimità;

• una terza tesi propugnava l’assoluta inammissibilità dellatrasformazione.

Le leggi speciali possono prevedere eccezioni al divieto. La piùnota è costituita dalle banche popolari: per le particolari esigenzedel sistema creditizio si stabilisce che la trasformazione di banca

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  popolare in società per azioni può essere autorizzata dallaBanca d’Italia, ma solo in tre casi:

• nell’interesse dei creditori;•  per esigenze di rafforzamento patrimoniale;

• a fini di razionalizzazione del sistema.  Non è consentita la trasformazione delle banche di creditocooperativo in società per azioni mentre resta vivamentecontroverso se le stesse possano trasformarsi in banche popolari.La fusione e la scissioneLa fusione è lo strumento più comunemente usato per realizzare processi di concentrazione, ed è espressamente ammessa per le

cooperative dal codice e da leggi speciali. Il codice, all’art. 2538,stabilisce che la fusione di società cooperative è regolata dagli art.2501 – 2504. La fusione di cooperative, come quella di società ingenere, può attuarsi nelle due forme previste dall’art. 2501:

• mediante la costituzione di una società nuova;• mediante la incorporazione in una società di una o più altre.

Ciò premesso, la fusione può riguardare due o più società, tutte

caratterizzate dallo scopo mutualistico; e può riguardare societàmutualistiche e società lucrative. In questo ultimo tipo di fusione,il divieto legislativo di trasformazione delle società mutualistichein società lucrative comporta la inammissibilità di una fusione tracooperative che sbocchi nella costituzione di una società lucrativa,e la inammissibilità della incorporazione di una societàcooperativa in una lucrativa.

L’art. 2358 prevede la scissione, che può essere attuata nelleforme previste per la società per azioni, ma che, in campocooperativo potrebbe determinare, oltre che la lesione degliinteressi dei creditori, anche la lesione degli interessi dei soci al  perseguimento dello scopo mutualistico, o il mutamento dellacausa mutualistica in causa lucrativa.I controlliLe società cooperative, per l’interesse pubblico ad esse collegato,sono soggette a rigorosi controlli dell’autorità governativa. Alvertice del sistema si colloca il Ministero del Lavoro e della

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 previdenza sociale. Per la esecuzione delle ispezioni ordinarieesso si avvale delle Associazioni nazionali di rappresentanza,assistenza e tutela del movimento cooperativo debitamentericonosciute, relativamente alle cooperative ad esse iscritte.

Abbiamo poi le Commissioni provinciali di vigilanza. Costituite  presso la prefettura e composte da membri elettivi cherappresentano adeguatamente le varie categorie di cooperativedella provincia, le commissioni hanno funzione ispettiva, e divaria altra natura.La vigilanza sulle cooperative si attua mediante ispezioniordinarie e straordinarie. Le ordinarie sono effettuate dalle

Associazioni nazionali riconosciute e dal Ministero del Lavoro per quelle che non aderiscono ad alcuna associazione. La legge n. 59del 1992 ha assoggettato ad ispezione ordinaria annuale lecooperative che abbiano un fatturato superiore a trenta miliardi,ovvero che detengano partecipazioni di controllo in società aresponsabilità limitata, nonché le società cooperative edilizie diabitazione ed i loro consorzi iscritti all’albo. Le ispezionistraordinarie sono invece disposte dal Ministero del Lavoro ognivolta che se ne presenti l’opportunità.La certificazione del bilancioLa riforma introdotta dalla legge n. 59 del 1992 ha previstol’obbligo di certificazione annuale del bilancio di esercizio per le cooperative e i loro consorzi che:• abbiano un fatturato superiore a ottanta miliardi;• detengano partecipazioni di controllo in società per azioni;•  posseggano riserve indivisibili superiori a lire tre miliardi;• raccolgano prestiti o conferimenti di soci finanziatori superiori

a tre miliardi.Sono, altresì, soggetti a certificazione del bilancio le società eassociazioni che gestiscono i Fondi mutualistici.La gestione commissarialeL’art. 2543 stabilisce che in caso di irregolare funzionamentodelle società cooperative, l’autorità governativa può revocare gliamministratori e i sindaci, e affidare la gestione della società ad un

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commissario governativo, determinandone i poteri e la durata.Ove l’importanza della società cooperativa lo richieda, l’autoritàgovernativa può nominare un vice commissario che collabora conil commissario e lo sostituisce in caso di inadempimento. Al

commissario governativo possono essere conferiti per determinatiatti anche poteri dell’assemblea, ma le relative deliberazioni nonsono valide senza l’approvazione dell’autorità governativa.Lo scioglimento per atto dell’autoritàL’art. 2544 stabiliva, nella sua versione originaria, che le societàcooperative che, a giudizio dell’autorità governativa, non sono incondizione di raggiungere gli scopi per cui sono state costituite, o

che per due anni consecutivi non hanno compiuto atti di gestione,  possono essere sciolte con provvedimento dell’autoritàgovernativa, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale dellaRepubblica e da iscriversi nel registro delle imprese. Se vi è luogoa liquidazione, con lo stesso provvedimento sono nominati uno o  più commissari liquidatori. La riforma del 1992 ha introdottonell’articolo una nuova disposizione molto complessa che riguardale cooperative edilizie e i loro consorzi. Le une e gli altri se nonanno depositato in tribunale nei termini prescritti i bilanci relativiagli ultimi due anni sono sciolte di diritto e perdono la personalitàgiuridica.La sostituzione dei liquidatoriIn caso di irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimentodella liquidazione ordinaria di una società cooperative, l’autoritàgovernativa può sostituire i liquidatori e se questi sono statinominati dall’autorità giudiziaria può chiederne al tribunale lasostituzione.La crisi economicaL’art. 2540 stabilisce che le cooperative che hanno per oggettouna attività commerciale sono soggette a fallimento, salve ledisposizioni delle leggi speciali. Le cooperative sono dunquesoggette a liquidazione coatta amministrativa. Il concorso tra le

due procedure, una volta fissati questi principi, è regolato dalcriterio della prevenzione indicato dall’art. 196 della leggefallimentare: la dichiarazione di fallimento preclude la

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liquidazione coatta amministrativa e il provvedimento diliquidazione coatta amministrativa preclude il fallimento. L’art.2540 esclude dal fallimento:

• le cooperative che non hanno per oggetto una attività

commerciale;• quelle che, pur avendo oggetto commerciale, siano

espressamente sottratte, da leggi speciali, al fallimento.Cooperative non commerciali, ai fini dell’esonero del fallimento,sono innanzitutto le cooperative agricole. E’ opportuno ricordareche in base all’art. 147 della legge fallimentare, il fallimento dicooperativa con soci illimitatamente responsabili non si estende a

questi ultimi.LE MUTUE ASSICURATRICI.Il codice civile dedica tre articoli alle mutue assicuratrici o societàdi mutua assicurazione. La mutualità in campo assicurativo puòdunque attuarsi in due forme: attraverso cooperative diassicurazione e attraverso mutue assicuratrici. Queste ultimehanno una caratteristica particolare che ne sottolinea il carattere

 più marcatamente mutualistico, almeno dal punto di vista formale:nelle mutue non si può acquistare la qualità di socio se nonassicurandosi presso la società, e si perde la qualità di socio conl’estinzione dell’assicurazione. Nella sostanza le mutueassicuratrici tendono allo stesso scopo economico di tutte lecooperative: quello di consentire ai soci un risparmio, attraverso laeliminazione dell’intermediario speculatore. Il codice stabilisce unnucleo essenziale di norme, l’art. 2546 (le mutue assicuratrici sonocaratterizzate dalla responsabilità limitata), l’art. 2456 comma due(i soci sono tenuti al pagamento di contributi fissi o variabili, entroil limite massimo determinato nell’atto costitutivo), l’art. 2458(l’atto costitutivo può prevedere soci sovventori). Richiama poi ladisciplina generale delle cooperative a società limitata. Incombesulle mutue assicuratrici la legislazione speciale sull’eserciziodelle assicurazioni private. Meritano di essere segnalate alcune

caratteristiche peculiari dell’ordinamento patrimoniale delle mutueassicuratrici, rispetto a quelle delle cooperative. Nelle mutue lalegge impone la formazione la formazione di un fondo di garanzia

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e di riserve tecniche, e non viceversa la creazione di un capitalesociale e di riserve legali. La costituzione dei fondi di garanziaavviene normalmente attraverso i contributi dei soci assicurati; può però avvenire anche mediante speciali conferimenti da parte

di assicurati o terzi (soci sovventori). I soci sovventori possonodisporre di più voti ma non più di cinque e i soci sovventori, pur  potendo essere nominati amministratori, non possono essere, nelconsiglio di amministrazione, essere in maggioranza rispetto aisoci assicurati.LE MODIFICAZIONI DELL’IMPRESA SOCIETARIA

La trasformazione

La trasformazione è disciplinata dagli articoli 2498 – 2500 e puòessere definita come il cambiamento del tipo sociale, o più precisamente come il mutamento da un tipo ad un altro disocietà da parte di una determinata società. Il soggetto societàresta il medesimo e muta soltanto il profilo organizzativodell’impresa società. Non esiste nessun limite alla trasformabilitàtra società causalmente omogenee: e cioè dall’uno all’altro tipo disocietà lucrativa commerciale e dall’uno all’altro tipo di societàmutualistica. È vietata per legge la trasformazione di societàcooperative in società ordinarie, anche se adottate all’unanimità;mentre sembra ormai pacifica la trasformabilità delle societàordinarie in società cooperative. Costituendo la trasformazioneuna modifica dell’atto costitutivo, essa va deliberata secondo ilregime normativo che vige per ciascun tipo sociale in ordine allemodificazioni dell’atto costitutivo. Se si volessero riassumere glieffetti che alla trasformazione conseguono, si potrebbe comporreil seguente quadro sinottico:

• i capitale sociale resta immutato;• ai soci di società di capitali o di società mutualistica assenti o

dissenzienti dalla delibera di trasformazione è consentito ildiritto di recedere dalla società, che è estendibile ai soci disocietà di persone quando, come consente l’art. 2252, la

decisione sia stata adottata a maggioranza;• la trasformazione di una società nella quale i soci rispondano

solidalmente e illimitatamente in una società a responsabilità

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limitata non libera i soci della società trasformata dallaresponsabilità personale per le obbligazioni sociali contratte prima della trasformazione, salvo che non risulti il consensodei creditori (art. 2499).

La fusioneLa fusione è da considerarsi come la vicenda giuridica per la qualead una pluralità di società se ne sostituisce una sola: se questa èuna delle società preesistenti si parla di fusione perincorporazione, mentre se dalla fusione nasce una società nuovasi parla di fusione in senso stretto. Più che discutere sulla naturadella fusione è più utile sottolineare che la fusione è certamente un

fenomeno di integrazione tra imprese. L’attuale procedimento difusione comprende le seguenti fasi:• redazione del progetto di fusione;• redazione della situazione patrimoniale delle società

 partecipanti alla fusione;• redazione della relazione degli amministratori sul progetto di

fusione e sul rapporto di cambio;•

deliberazione di fusione da parte delle società partecipanti;• stipulazione dell’atto di fusione.L’art. 2501 bis impone agli amministratori delle società che sifondono la redazione di un progetto di fusione. Il progetto inquestione deve essere il frutto del comune lavoro degliamministratori di tutte le società che partecipano alla fusione ecostituisce quindi la spiegazione in chiaro degli obbiettivi che conla fusione si vogliono raggiungere. Il progetto deve specificare:

• l’atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione odi quella incorporante, con le eventuali modificazionirisultanti dalla fusione;

• in chiaro: nel progetto deve essere contenuto per interol’assetto regolamentare della società che nascerà dallafusione;

• il rapporto di cambio delle azioni o quote, nonché l’eventualeconguaglio in denaro. Il rapporto di cambio è il rapporto in base al quale vanno attribuite le partecipazioni della societàincorporante ai soci della società incorporata o, in caso di

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fusione in senso stretto, della società che risulterà dallafusione ai soci delle società che si fondono.

L’art. 2501 bis stabilisce che il conguaglio in denaro non piòessere superiore al dieci per cento del valore nominale delle quote

e delle azioni. Il progetto di fusione deve essere depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede lesocietà partecipanti alla fusione e se alla fusione partecipano lesocietà di capitali deve essere pubblicato per estratto nellaGazzetta Ufficiale.L’art. 2502 stabilisce che “la fusione deve essere deliberata daciascuna delle società che vi partecipano mediante

l’approvazione del relativo progetto”. Se la deliberazione difusione è adottata dall’assemblea straordinaria di società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata, ladeliberazione deve essere omologata e iscritta nel registro delleimprese. Se invece la decisione è presa da una società di persone,essa deve ricevere il consenso di tutti i soci, ai sensi dell’art. 2252,e deve essere depositata per l’iscrizione nel registro delle imprese.La fusione non può essere attuata se non siano trascorsi due mesidall’iscrizione nel registro delle imprese senza che sia fattaopposizione dai creditori; e se è vero che l’opposizione sospendel’esecuzione della fusione, è anche vero che il tribunale puòdisporre che, nonostante l’opposizione, la fusione abbia luogo previa prestazione di idonea garanzia da parte della società. Il procedimento di fusione si chiude con la stipulazione dell’atto difusione. L’atto di fusione, cui si riconosce dai più naturacontrattuale deve:

• rivestire la forma dell’atto pubblico;• essere depositato per l’iscrizione entro trenta giorni presso

l’ufficio del registro delle imprese dei luoghi ove è posta lasede delle società partecipanti alla fusione, di quella che nerisulta o della società incorporante;

• se una delle società partecipanti ovvero la società risultante

ovvero quella incorporante è una società di capitali, deveessere pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale.

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L’effetto principale della fusione è che nella fusione in sensostretto la società nuova e nella fusione per incorporazione lasocietà incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle societàestinte. La fusione ha effetto quando è stata eseguita l’iscrizione

nel registro delle imprese dell’atto di fusione, anche se nellafusione per incorporazione può essere stata stabilita una datadiversa.Per ciò che concerne i limiti occorre distinguere tra limiti legali elimiti scaturenti dal sistema e ipotizzati da dottrina egiurisprudenza. L’unico limite legale risulta dall’art. 2501, il qualestabilisce che la “partecipazione alla fusione non è consentita alle

società sottoposte a procedure concorsuali né a quelle inliquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo”. Ilimiti scaturenti dalla elaborazione dottrinale e giurisprudenzialeriguardano la fusione di fra società causalmente eterogenee. Adesempio la fusione tra le società mutualistiche e società ordinarie èimpedita da esplicito divieto normativo (legge n. 127/1971).La scissioneSecondo quanto dispone l’art. 2504 septies, la scissione di unasocietà può eseguirsi in due forme:

• mediante il trasferimento dell’intero suo patrimonio a piùsocietà, preesistenti o di nuova costituzione, e assegnazionedelle loro azioni o quote ai soci della prima;

• mediante il trasferimento di parte del suo patrimonio a una o  più società, preesistente o di nuova costituzione, eassegnazione delle loro azioni o quote ai soci della prima.

L’unico limite ex lege è quello dell’art. 2504 septies il qualeimpedisce la partecipazione alla scissione delle società sottopostea procedure concorsuali e delle società in liquidazione che abbianoiniziato la distribuzione dell’attivo. La disciplina delprocedimento è in gran parte modellata su quella della fusione,tant’è che c’è una norma – l’art. 2504 nonies – che contiene rinvioa molte norme dettate per la fusione. Le tappe del procedimento

sono:

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• la redazione di un progetto di scissione, il quale devecontenere l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali datrasferire a ciascuna delle società beneficiarie;

• la redazione della situazione patrimoniale, della relazione

degli amministratori sul progetto di scissione e dellerelazione degli esperti;• redazione dell’atto di scissione, con successivo deposito

dell’atto stesso presso il registro delle imprese e pubblicazione.

Per ciò che concerne gli effetti l’art. 2504 decies afferma checiascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore

effettivo del patrimonio netto ad essa trasferito e rimasto, deidebiti della società scissa non soddisfatti dalla società a cui essifanno carico.LA FINE DELL’IMPRESA SOCIETARIA

L’estinzione dell’impresa societaria non è mai conseguenzaimmediata del solo verificarsi di una causa di scioglimento,occorrendo altresì che ad esso segua un procedimento diliquidazione (fattispecie a formazione successiva). La disciplinadelle cause di scioglimento prende avvio da due disposizioninormative: relative l’una alle società di persone (art. 2272), l’altraalle società di capitali (art. 2448). Sono, infatti, cause discioglimento comuni a tutte le società:

• Il decorso del termine. La durata della società – indicata nelcontratto – può essere prorogata prima della scadenza. Ma  proprio perché la proroga implica una modificazione delcontratto, essa, nelle società di persone, richiede il consensodi tutti i soci, salvo che nel contratto sia convenutodiversamente; nelle società di capitali, invece, rientra nellacompetenza dell’assemblea straordinaria e quindi esige ilricorrere delle maggioranza per questa previste. Nelle societàdi persone è ammessa altresì la proroga tacita, che si haquando, decorso il tempo per cui la società fu contratta, i soci

continuano a compiere le operazioni sociali. In tal caso lasocietà è prorogata a tempo indeterminato (art. 2273). Anchequi occorre il consenso implicito di tutti i soci, desumile da

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atti o fatti che facciano supporre l’esistenza di una volontàunanime tesa alla prosecuzione, senza soluzione dicontinuità, dell’attività sociale. Va inoltre detto che nellasocietà semplice il termine di durata non costituisce elemento

essenziale del contratto. La proroga tacita è esclusa per tuttele società di capitali; e anche per le società cooperative.• Il conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta

impossibilità di conseguimento. Per ciò che riguarda lasopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale,  punto fermo è che l’impossibilità deve essere oggettiva eassoluta; ma codesta impossibilità può collegarsi a diversi

eventi (impossibilità dell’unica attività economica in vistadella quale la società fu costituita; l’impossibilità difunzionamento della società per insanabile dissidio tra i soci;il venir meno dell’apporto di un considerato essenziale).

• La società si scioglie per volontà di tutti i soci. Questa è laregola posta dall’art. 2272 in tema di società di persone. Iltenore dell’art. 2272 si giustifica in virtù del principionormale dell’unanimità dei consensi, che però non escludel’applicazione del principio maggioritario, ove ciò siaconvenuto. Una lettura restrittiva dell’articolo non trovaadeguati argomenti a sostegno. Più semplice il discorso per lesocietà di capitali. La deliberazione di anticipatoscioglimento è di competenza dell’assemblea straordinaria equindi richiede le maggioranze rafforzate indicate dallalegge; e nella società in accomandita per azioni altresìrichiede l’approvazione di tutti i soci accomandatari.

A queste cause di scioglimento si possono aggiungere quelle altreeventualmente previste dall’atto costitutivo. Una di queste, adesempio, è indicata implicitamente dall’art. 2284, allorché ilcontratto elevi a causa di scioglimento dell’intera società ildecesso di uno dei soci.Sono tipiche cause di scioglimento delle società di persone:

• la sopravvenuta mancanza della pluralità dei soci, se neltermine di sei mesi questa non è ricostituita;

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• la sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari oaccomandanti, se nel termine di sei mesi non è ricostituita lacategoria dei soci venuta a mancare (art. 2323).

Prevalente è la tesi che la causa di scioglimento operi trascorsi i

sei mesi, tempo durante il quale il potere di amministrare da partedel socio superstite non soffre le limitazioni previste dall’art.2274. Soluzione analoga ha il caso dell’art. 2323, dove peròl’amministratore provvisorio ha poteri limitati agli atti di ordinariaamministrazione e non assume la qualità di socio accomandatarioe, per tesi pacifica, può essere sia un socio accomandante, sia unterzo estraneo alla società.

Costituiscono cause di scioglimento di tutte le società di formacommerciale (art. 2249):• il provvedimento dell’autorità governativa nei casi stabiliti

dalla legge;• la dichiarazione di fallimento, salvo che abbiano per oggetto

un’attività non commerciale.Più articolato è il panorama delle cause di scioglimento tipiche

delle società di capitali e delle società mutualistiche. Comunialle une e alle altre sono:• l’impossibilità di funzionamento o la continuata inattività

dell’assemblea;• la dichiarazione di nullità della società, nei casi previsti

dall’art. 2332.È invece causa di scioglimento propria alle sole società di

capitali, la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale.La riduzione del capitale al di sotto del limite legale produrrebbeautomaticamente e immediatamente lo scioglimento della società,salvo il verificarsi della condizione risolutiva costituita dallareintegrazione del capitale o dalla trasformazione della società aisensi dell’art. 2447 che farebbe venir meno ex tunc loscioglimento. Anche nella società in accomandita per azioni,costituisce ulteriore causa di scioglimento la cessazionedall’ufficio di tutti i soci amministratori se nel termine di seimesi non si è provveduto allo loro sostituzione e i sostituti non

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abbiano accettato. Del tutto peculiare alle società per azionicon azioni quotate in borsa è lo scioglimento che si produce nelcaso che la riduzione del capitale per perdite abbia alterato ilrapporto tra azioni ordinarie e azioni senza voto o con voto

limitato oltre le soglie stabilite dalla legge. Infine nelle societàcooperative sono elevate a causa di scioglimento le seguentiulteriori circostanze:

• la perdita dell’intero capitale sociale;• in ipotesi di mutualità protetta, l’atto dell’autorità

governativa conseguente ad un giudizio sfavorevole sulraggiungimento degli scopi della società, al mancato deposito

  per due anni consecutivi del bilancio di esercizio o almancato compimento per lo stesso periodo di tempo di atti digestione;

• la riduzione dei soci a un numero inferiore al minimo dinove, se tale numero non è reintegrato nel termine massimodi un anno.

Tutte le cause di scioglimento sono soggette a più o meno intenso

regime di pubblicità: essendo interesse dei terzi apprendere ilverificarsi di un evento che incide così profondamente sullo scopoe sulle modalità di funzionamento della società. E’ in questa  prospettiva che si giustifica la regola generale dettata dall’art.2250 secondo cui dopo lo scioglimento della società in formacommerciale deve essere espressamente indicato negli atti e nellacorrispondenza che la società è in liquidazione: adempimento alquale si può attribuire il valore di pubblicità notizia. Ma a questalimitata forma di pubblicità, si aggiunge nelle società di capitaliqualcosa di più: infatti ex art. 2449 deve essere omologata daltribunale, iscritta nel registro delle imprese e pubblicata nelB.u.s.a.r.l. la deliberazione dell’assemblea di anticipatoscioglimento.L’avverarsi di una causa di scioglimento non produce l’estinzionedella società: produce soltanto una serie di effetti preliminari e

funzionali al momento estintivo. Si tratta di effetti che seguono inmodo diretto e immediato al verificarsi di una qualsiasi causa discioglimento e che pertanto operano  di  diritto, nel senso che

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operano senza che sia necessario un accertamento a valorecostitutivo. Gli adempimenti pubblicitari imposti – in ipotesi discioglimento – a tutte le società di capitali mantengono il lorocarattere di pubblicità dichiarativa: con la conseguenza che in

difetto lo scioglimento della società non può essere opposto aiterzi, a meno che la società provi che ne erano a conoscenza. Si èsostenuto che a queste regole farebbe eccezione il caso discioglimento per scadenza del termine, in quanto – risultando ladurata della società dall’atto costitutivo, di per sé soggetto a  pubblicità – non occorrerebbero, ai fini della opponibilità, gliulteriori adempimenti indicati dall’art. 2449. L’avverarsi di una

causa di scioglimento implica il mutamento dello scopo dellasocietà. Allo scopo di lucro subentra quello di liquidazione.Un’opinione autorevole ravvisa nella causa di scioglimento unfatto che determinerebbe anche lo scioglimento del contratto. Il permanere della organizzazione sociale si giustificherebbe in vistadell’esigenza di definire i rapporti preesistenti. Ai sensi dell’art.2274, avvenuto lo scioglimento, i soci amministratori conservanoil diritto di amministrare, limitatamente ad affari urgenti; a tenore,invece, dell’art. 2449 gli amministratori, quando si è verificato unfatto che determina lo scioglimento della società, non possonointraprendere nuove operazioni. Si può allora dire che nellesocietà di persone, sia nelle società di capitali il potere degliamministratori è limitato al compimento degli atti diconservazione del patrimonio sociale: facendo loro divieto diintraprendere nuovi affari. L’inosservanza di tale divieto èsanzionata – nelle società di capitali e nelle società cooperative – con la responsabilità illimitata e solidale degli amministratori per inuovi affari intrapresi. Dubbio è se discorso simile sia proponibile per le società di persone. Gli amministratori che non si limitano acompiere atti urgenti incorrono in responsabilità verso la società,ma anche verso i terzi? È preferibile ritenere che l’atto nonurgente dell’amministratore deve intendersi come atto posto in

essere da falsus procurator, e come tale opponibile ai terzi: beninteso, sempre che la causa di scioglimento della società siastata portata a conoscenza di costoro con mezzi idonei. In tal caso

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l’atto non sarà imputabile alla società ( salvo che non loratifichi ); e l’amministratore risponderà nei limiti dell’interessenegativo. Gli amministratori sono responsabili della conservazionedei beni sociali fin quando non ne abbiano fatto consegna ai

liquidatori; e inoltre, nelle società di capitali e mutualistiche, entrotrenta giorni dallo scioglimento devono convocare l’assemblea per le deliberazioni relative alla liquidazione ( art. 2449 ).All’avverarsi di una causa di scioglimento la società entra in statodi liquidazione: una nuova situazione giuridica che tra l’altro sicaratterizza per il fatto che cessa l’attività sociale volta alconseguimento di uno scopo di lucro o mutualistico; sorgono i

diritti dei soci alla liquidazione della quota. Il procedimento diliquidazione implica il dissolversi di un patrimonio autonomo; eciò è possibile in quanto, con l’avverarsi di una causa discioglimento, viene meno quel vincolo di destinazione che in ognitipo di società colpisce i beni sociali e ne impedisce la divisionetra i soci. Nessuno dubita che nelle società di capitali non può maimancare un procedimento di liquidazione. Ma la stessa cosa non si può dire per le società di persone. Infatti per quanto riguarda lasocietà semplice, l’art. 2275 assegna alla disciplina codicistica unruolo meramente suppletivo poiché su di essa si fa prevalere ilmodo di liquidare il patrimonio sociale previsto nel contrattosociale o d’accordo determinato dai soci. Evidentemente ha quifatto premio la preoccupazione di non imporre un procedimentoche in molti casi sarebbe sproporzionato. Le opinioni si articolanoe si dividono proprio intorno al ruolo che questa norma svolgenelle società di persone soggette all’obbligo di registrazione.Secondo i più, anche nelle società in nome collettivo irregolare ein accomandita semplice irregolare varrebbe la regola dell’art.2275, fermo restando l’obbligo del previo pagamento dei debitisociali. Per contro, esisterebbe una sorta di binomio tra pubblicitàe obbligo di procedimento legale di liquidazione, argomentandoda tutta una disciplina che sembra supporre, per le società

registrate, la necessaria presenza di uno o più liquidatori. Il procedimento di liquidazione prende avvio con la nomina deiliquidatori. In tutte le società il contratto o l’atto costitutivo

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 possono prevedere particolari modalità di nomina. In mancanzadi disposizioni del genere la nomina nelle società di persone,richiede il consenso unanime di tutti i soci, nelle altre società,spetta all’assemblea straordinaria, ma la relativa deliberazione non

è soggetta ad omologazione. In mancanza di volontà unanime siha l’intervento del tribunale che nomina, su istanza di un o piùsoci, i liquidatori. Nonostante il silenzio di legge, dovrebberovalere anche per i liquidatori le cause di ineleggibilità e didecadenza previste per gli amministratori dall’art. 2382. Iliquidatori comunque nominati possono essere sempre revocati per volontà dei soci con le stesse modalità previste per la nomina.

Parimenti, le stesse regole previste per la nomina si applicano allasostituzione dei liquidatori per qualsiasi causa venuti a mancare.Con la differenza che legittimati all’istanza di nomina sono uno o più soci, i liquidatori o i sindaci. Il rapporto che si instaura trasocietà e liquidatori presenta evidenti analogie con col rapporto diamministrazione; è un rapporto contrattuale per cui alla propostadeve seguire l’accettazione, manifestata anche per fatticoncludenti. Sono doveri dei liquidatori:

• compiere gli atti necessari per la liquidazione;• rappresentare la società anche in giudizio;

se i fondi disponibili risultano insufficienti per il pagamento deidebiti sociali, possono chiedere ai soci:

• nelle società con soci illimitatamente responsabili, le ulteriorisomme eventualmente necessarie;

• nelle altre società, proporzionalmente, i versamenti ancoradovuti.

Questi poteri spettano:• nelle società di persone, disgiuntamente a ciascun

liquidatore;• nelle società di capitali e mutualistiche, collegialmente ai

liquidatori, nel rispetto delle regole di funzionamento delconsiglio di amministrazione.

Devono inoltre:

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• depositare le loro firme autografe presso l’ufficio delregistro delle imprese;

• devono prendere in consegna i beni e i documenti sociali eredigere, insieme con gli amministratori, l’inventario;

non possono ripartire tra i soci i beni sociali, finché non sonostati pagati i creditori della società o accantonate le somme per pagarli;

• contemporaneamente all’estinzione delle passività sociali,devono restituire ai soci i beni conferiti in godimento.

L’inventario è atto strumentale al passaggio delle consegne traamministratori e liquidatori, tende ad accertare il valore di realizzo

dei singoli beni e quindi la consistenza del patrimonio sociale. Ildivieto di nuove operazioni evoca gran parte delle considerazionisvolte a margine dell’art. 2449.Con la consegna dei beni sociali ai liquidatori cessa il rapporto diamministrazione. Non più di questo si può dire per ciò cheriguarda le società di persone. Per quanto riguarda invece le altresocietà l’art. 2451 dispone che le disposizioni sulle assemblee esul collegio sindacale si applicano anche durante la liquidazione,in quanto compatibili con questa. Il punto sul quale continua aregnare il più vivace dissenso riguarda l’ammissibilità o menodella c.d. revoca della liquidazione. In sintesi, sono state prospettate le seguenti tesi:

• in nessun caso è consentita la eliminazione della causa discioglimento, e quindi la revoca della liquidazione: unavolontà unanime in tal senso potrebbe al massimoapprezzarsi come ricostituzione della società;

• la revoca della liquidazione è consentita in tutte le società, purché esista il consenso unanime dei soci;

• la revoca della liquidazione è possibile, nelle società dicapitali e mutualistiche, anche se deliberata a maggioranza.

I maggiori suffragi raccoglie la seconda tesi. Elevandosi arequisito della fattispecie l’unanimità dei consensi, vengono

superate le principali obiezioni solitamente opposte alla revoca.Estinti i debiti sociali, deve farsi luogo alla ripartizionedell’attivo residuo tra i soci. È l’unica regola che vale per tutte le

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società. Poi i percorsi normativi divergono. Nella societàsemplice, i liquidatori devono prima restituire gli apporti, quindiripartire l’eventuale eccedenza fra i soci in proporzione della partedi ciascuno nei guadagni (2282). Non è necessario che i beni

sociali siano convertiti in denaro. La ripartizione può avvenireanche in natura. L’approvazione del rendiconto finale libera iliquidatori di fronte ai soci e segna la fine della liquidazione. Nellesocietà di forma commerciale i liquidatori devono redigere il bilancio finale e proporre ai soci un piano di riparto. Bilancio e piano di riparto, sottoscritti dai liquidatori, devono essere nellesocietà di persone comunicati ai soci mediante raccomandata;

nelle altre società depositati per l’iscrizione presso l’ufficio delregistro delle imprese. L’impugnativa del bilancio finale èun’azione di annullamento volta ad accertare qualsiasi vizio cheincide sulla regolarità formale e sostanziale del bilancio stesso.Legittimato all’azione è ciascun socio. Si instaura così un giudizioche può decidere un diverso riparto, con obblighi di restituzione diquanto eventualmente percepito. Nelle società non registrate il momento estintivo coincide con laregolare chiusura del procedimento di liquidazione. Nelle societàregistrate occorre un ulteriore adempimento: la cancellazionedella società dal registro delle imprese. Questa efficaciacostitutiva presuppone un regolare procedimento di liquidazione.Ma non basta. In caso di sopravvivenze passive, la società esiste e  può essere dichiarata fallita, fin quando non sia stato pagatol’ultimo creditore sociale, estinto l’ultimo rapporto giuridico. Ilregime delle sopravvivenze attive solleva problemi assai minori:dopo la cancellazione, esse dovrebbero ricadere in comunione espettare pro – quota ai soci. Compiuta la liquidazione, a cura deiliquidatori i libri e le scritture contabili della società devono esseredepositati, per le società di forma commerciale, presso la personadesignata dalla maggioranza e per quelle di capitali emutualistiche, presso il registro delle imprese. E quivi devono

essere conservati per dieci anni. Chiunque può esaminarli,anticipando le spese.

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I TITOLI DI CREDITOPROFILI GENERALI

La disciplina generale dei titoli di credito è una novità dellegislatore del 1942; sotto il vigore del vecchio codice di

commercio, infatti, erano disciplinate soltanto alcune figure particolari di titoli di credito. Nonostante questo, il legislatore nonha fornito del titolo di credito una definizione espressa: quindi,sulla base del dato normativo, titolo di credito può definirsi “undocumento contentente la promessa unilaterale di effettuare unadata prestazione a favore di chi lo presenterà al debitore”. Lafunzione pricipale del titolo di credito è quella della

“mobilizzazione della ricchezza”: di favorire, cioè, la circolazionedei beni, rendendola più semplice e più sicura, sia nello spazio chenel tempo.Prima di intraprendere la trattazione particolare dei titoli dicredito, merita un accenno la problematica relativa all’inclusionedell’azione di società fra i titoli di credito stessi. Parte delladottrina ritiene infatti che l’azione sia liberamente trasferibile conle forme dei titoli di credito ma non sia un titolo di credito, poichénon attribuirebbe al possessore un diritto letterale, autonomo eastratto:

• non attribuirebbe un diritto letterale perché i diritti del socionon si determinano in base alla lettera del documento ma in base al rapporto quale effettivamente sussiste con la società;

• non attribuirebbe un diritto autonomo perché se l’azione èstata dichiarata estinta nei confronti del precedente titolarechi l’acquista non viene ad avere alcun diritto;

• non attribuirebbe un diritto astratto perché la causa dei dirittiattribuiti al socio sta nei conferimenti.

Al contratio, secondo l’orientamento prevalente – anche dellagiurisprudenza – le azioni sono ricomprese nella categoria deititoli di credito. Innegabile è, pertanto, l’applicazione degli art.1994 e 1992, con la conseguenza che l’acquirente delle azioni, se

in buona fede e sempreché sia stata rispettata la legge dicircolazione, ne diviene proprietario anche se il venditore non loera; non è, cioè, esperibile l’azione di rivendicazione (art. 1994).

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Il titolo azionario incorpora la posizione del socio nellasocietà e il suo possesso conferisce la legittimazione adesercitare i relativi diritti a prescindere dalla prova, da partedel socio così legittimato, di esserne o meno il proprietario129.

CARATTERI DEI TITOLI DI CREDITOIncorporazioneIl titolo di credito è un documento costitutivo: si dice, infatti, cheil diritto è incorporato nel titolo. Il diritto sul titolo porta con se ildiritto al titolo. Quindi:

•  per provare l’esistenza del diritto è necessario il documento;•  per ottenere la prestazione è necessaria la presentazione del

documento;• la distruzione del documento può importare, salvo quanto

diremo a proposito dell’ammortamento, la perdita del diritto;• qualsiasi vincolo sul diritto non ha effetto sul credito

incorporato se non colpisce anche il titolo;• con il trasferimento del documento di trasferisce anche il

diritto.

Letteralità della promessaIl diritto è determinato dal tenore letterale del titolo: il contenuto ela portata della promessa, infatti, sono quelli, e soltanto quelli, cherisultano documentati dal contesto letterale del titolo. Da talecarattere consegue che:

• il titolare non può pretendere una prestazione diversa o piùampia da quella risultante dal documento, né il debitore può

eseguire una prestazione diversa o più ristretta;129 La scelta concessa al socio tra azioni nominative, a meno che non siano imposte dall’atto costitutivo, e al portatore è rimasta virtuale finoall’entrata in vigore del codice civile; anche attualmente i titoli della società per azioni e dell’accomandita per azioni sono soltanto nominativi, conl’eccezione delle azioni di risparmio. L’obbligatoria nominativa è stata affermata dal r.d.l. n. 1148 del 1941 dal successivo regolamento; sostanzialel’identità tra questa normativa e quella del codice civile nella parte relativa ai titoli di nominativi. L’intestazione dell’azionista deve risultare sia daltitolo sia dal registro della società emittente, cioè il libro dei soci. Il trasferimento delle azioni che comporta, dunque, la modifica del nominativo delsocio sia sul titolo sia su questo registro può essere realizzato in due modi, mediante transfert e mediante girata. Se il socio alienante e l’acquirente siavvalgono della prima soluzione, la relativa operazione è gestita dalla società su richiesta, indifferentemente, dell’alienante o dell’acquirente. Il procedimento è complesso e segnala il solo pregio della contestuale annotazione sul titolo e sul libro dei soci con immediata efficacia anche per lasocietà stessa. Spesso, pertanto, si ricorre alla modalità alternativa, quella del trasferimento mediante girata: il venditore gira il titolo all’acquirente, producendo, così, l’effetto traslativo che non è ancora opponibile alla società; soltanto quando l’acquirente chiede, ed ottiene, l’iscrizione nel librosoci è tale a tutti gli effetti. Anteriormente, l’acquirente, nella qualità di giratario dell’azione, può, a sua volta, sempre mediante girata, trasferire iltitolo, ma non può esercitare i diritti sociali. Con l’entrata in vigore della legge 1745 del 1962, indotta da finalità fiscali è venuta meno la limitazionead avvalersi di tali diritti. Al giratario, infatti, non solo è consentito di girare l’azione, ma anche di intervenire all’assemblea e di riscuotere l’utile; la

società che provvede all’iscrizione nel libro soci entro novanta giorni dall’esercizio di uno di questi due diritti soddisfa, inoltre, l’istanza fiscalecomunicando alla competente amministrazione i nominativi dei soci intervenuti in assemblea e/o che hanno riscosso il dividendo. Questa soluzione haalimentato il dubbio che le azioni avessero perso le caratteristiche proprie dei titoli nominativi, convertite in titoli all’ordine. Tale regime normativo èvigente ad eccezione dell’ipotesi in cui i titoli azionari siano immessi nel sistema di gestione accentrata, oggi disciplinato dal decreto Draghi e, per leazioni quotate sui mercati regolamentati, dal Dlgs. 213/1998 che ne prevede l’immissione obbligatoria e in regime di integrale dematerializzazione:entrambi i decreti sono integrati dai regolamenti attuativi della Consob. Il sistema è teso, per un verso, ad eliminare gli inconvenienti del materialemovimento delle azioni e, per l’altro, ad agevolare le negoziazioni, poiché la circolazione è attuata con registrazioni contabili.

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• il debitore non può disconoscere le obbligazioni inseritenel titolo.

Possiamo avere due ipotesi di letteralità:• diretta: nel caso in cui il titolo di credito è completo in tutti i

suoi elementi (es. cambiale);• indiretta: nel caso di titolo incompleto (es. azione di società).

Autonomia del titolo incorporatoColui che risulta, in base alla legge di circolazione del titolo,titolare di esso, esercita un diritto proprio, autonomo edindipendente dai precedenti rapporti intercorsi tra altri titolari ed ildebitore. Il debitore, di regola, non può opporre all’ultimo

 possessore del titolo le eccezioni personali riguardanti i rapporticon i precedenti possessori.CartolaritàIl credito cartolare si contrappone al credito chirografaro, in cui ildocumento ha solo efficacia probatoria ed il diritto è del tuttoindipendente dal titolo stesso.CREAZIONE E CIRCOLAZIONE DEL TITOLO DI CREDITO

La nascita del titolo di credito si sostanzia in due fasi:• la creazione, cioè la materiale redazione del documento, che

culmina con la sua sottoscrizione;• l’emissione, cioè l’effettiva consegna del titolo, già redatto,

al creditore.Da ciò sorge il problema di stabilire in quale di queste due fasi iltitolo di credito venga ad esistenza e si perfezioni il rapporto

incorporato nel titolo. La dotrina è divisa tra la teoriadell’emissione e la teoria della creazione.Teoria dell’emissioneIn base a questa teoria la creazione del titolo ha un mero valoreinterno: è soltanto con la fase successiva della emissione, e cioècon la consegna al creditore, che il documento diventa titolo dicredito vincolante. Il contratto con cui si trasferisce il titoloassume, in tal modo, carattere reale. Pertanto, se il titolo, inveceche per rilascio, sia uscito dalla disponibilità del sottoscrittoresenza la di lui volontà (es. per furto o smarrimento), ovvero per 

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volontà viziata (da errore, violenza, dolo), esso, sebbene creato,non può considerarsi emesso e la sua circolazione deve ritenersiirregolare.Teoria della creazione

In base a questa teoria, per l’esistenza del titolo di credito ènecessaria e sufficiente la semplice creazione e non occorre anchel’emissione in quanto il contratto traslativo avrebbe naturaconsensuale. A sostegno di questa tesi si richiamano:

• l’art. 1994 c.c. : “chi ha acquistato in buona fede il possessodi un titolo di credito, in conformità alle regole che nedisciplinano la circolazione, non è soggetto a

rivendicazione”;• l’art. 20, 2° comma della legge cambiaria: “se una persona ha

 perduto per qualsiasi ragione il possesso di una cambiale, chil’acquista in buona fede non è tenuto a consegnarla a chi l’ha perduta”;

• l’art. 1993 c.c., l’art. 65 L. cambiaria e art. 57 L. sugliassegni che non considerano, tra le eccezioni opponibili aldebitore, la non volontaria entrata in circolazione del titolo.

Conclusioni e concetto di rapporto fondamentaleDal complesso di queste disposizioni si deduce che, per il nostroordinamento, il titolo di credito viene ad esistenza con la semplicecreazione. Una volta creato il titolo, esso viene emesso, medianteun atto giuridico di consegna a persona determinata, compiuto“intuitu personae” e sorretto dalla specifica volontà di eseguire uncontratto o di adempiere ad un obbligo legale mediante talerilascio. In altre parole si emette un titolo di credito sempre inconsiderazione di un negozio o di un rapporto patrimoniale daregolare – che si chiama fondamentale o sottostante  – intercorrente fra il creatore emittente del titolo ed il primo prenditore. Il rilascio del titolo costituisce mezzo di rafforzamentodella situazione della controparte, oltre che agevole e prontomezzo di soddisfacimento dell’obbligazione della quale

l’emittente è soggetto passivo: in tale nesso di strumentalità fra lacreazione del titolo ed il rapporto sottostante si ravvisa la causadel titolo di credito.

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CLASSIFICAZIONE DEI TITOLI DI CREDITO

Classificazione in base al rapporto fondamentaleIn base al rapporto fondamentale (o sottostante), si distingue tra:

• titolo causale: nel quale, insieme alla promessa, è pure

indicato il rapporto sottostante, alla cui sorte viene legatol’adempimento del titolo, anche di fronte ai terzi130;• titolo astratto: in cui, invece, il rapporto fondamentale non è

enunciato ed è, perciò, irrilevante nei confronti dei terzi possessori in buona fede del titolo, i quali avranno diritto alla  presentazione anche se il rapporto fondamentale più nonsussiste, ovvero è viziato. Il titolo di credito astratto, dunque,

opera indipendentemente dal negozio che ha portato alla suaesistenza, per cui nessuna eccezione derivante da tal negoziosarà opponibile al possessore di buona fede131.

Classificazione in base al regime di circolazionePossiamo distinguere fra:

• titoli nominativi, intestati ad una determinata persona132: iltrasferimento avviene mediante l’annotazione del nomedell’acquirente sul titolo e nel registro dell’emittente o con ilrilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo titolare;

• titoli all’ordine, intestati anch’essi ad un nome133: iltrasferimento avviene mediante consegna del titoloaccompagnato da girata134

• titoli al portatore, non intestati ad alcun nome: per iltrasferimento è sufficiente la semplice consegna del titolo.

Da quanto detto si deduce che la legittimazione all’esercizio deldiritto incorporato nel titolo deriva:

• nei titoli nominativi: dal possesso accompagnatodall’intestazione del titolo, contenuta sul documento e sulregistro dell’emittente, a proprio favore;

130 Sono, in particolare, titoli causali:• l’azione e l’obbligazione di società;• l’obbligazione di un ente pubblico;•

la fede di credito;• i titoli rappresentativi di merci.

131 Sono titoli di credito astratti la cambiale e l’assegno circolare.132 Tale intestazione risulta sia dal titolo che dal registro dell’emittente.133 L’intestazione, tutavia, risulta unicamente dal titolo e l’emittente non è tenuto a registrarla.134 La girata è l’ordine di pagare ad una determinata persona rivolto dal creditore al debitore.

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• nei titoli all’ordine: dal possesso del titolo derivante dauna serie continua di girate135;

• nei titoli al portatore: dal semplice possesso del titolo.Classificazione in base ai diritti enunciati nel titolo

Possiamo avere:• titoli di pagamento, che danno diritto ad una determinata

 prestazione di carattere pecuniario (es. cambiale e assegno);• titoli rappresentativi, che attribuiscono un diritto reale (es.

fede di deposito, nota di pegno, lettera di vettura);• titoli di partecipazione, che attribuiscono al possessore un

determinato status giuridico con i relativi diritti da esso

derivanti.Altre classificazioniIn relazione alla natura dell’emittente si distinguono titoli dicredito pubblici (emessi da un ente pubblico come ad es. i buonidel tesoro) dai titoli di credito privati. In relazione al modo in cuisono creati ed emessi si distinguono i titoli individuali dai titolidi massa (detti anche di seria, creati in un’unica operazione come

ad es. le azioni e le obbligazioni sociali)

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.Figure non rientranti tra i titoli di creditoAlcune figure giuridiche, pur se indicate comunemente come“titoli”, debbono essere tenute distinte dai titoli di credito perché prive delle relative caratteristiche. Possiamo ricordare:

• i titoli impropri, che consentono il solo trasferimento di undiritto senza l’osservanza delle normali forme della cessione,ma non attribuiscono al cessionario alcun diritto letterale eautonomo. Trattasi in sostanza di scritture in cui, oltre adessere enunciate le condizioni del contratto, è inserita laclausola all’ordine, sì da consentire la cessione del contrattostesso con lo strumento della girata;

• i titoli di legittimazione, che servono solo ad identificarel’avente diritto ad una determinata prestazione (es. bigliettiferroviare o del cinema).

135 I titoli all’ordine possono circolare anche come titoli al portatore, quando la girata, anziché piena (cioè con l’indicazione del nome del soggetto acui favore è fatta), è in bianco (consiste, cioè, nella sola firma del girante): in tal caso il titolo si trasferisce con la semplice consegna, senza necessitàdi ulteriori girate.136 I titoli di massa sono tutti causali .

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Titoli atipiciTitoli atipici sono quelli non previsti da alcuna disposizionenormativa ma emergenti dalla pratica commerciale. Il codice neesclude la libertà di emissione nel solo caso di titoli al portatore

aventi per oggetto l’obbligazione di pagare una somma di denaro;nessun divieto pone per i titoli all’ordine e nominativi.Tra i titoli atipici più importanti possiamo ricordare i warrants,speciali buoni di sottoscrizione che danno diritto al detentore diacquistare, ad un prezzo prefissato ed entro un lasso di tempostabilito, un certo numero di azioni (c.d. azioni di compendio).Altri titoli atipici sono:•

i certificati di partecipazione ad un fondo comune diinvestimento mobiliare;• i certificati di deposito d’oro;• i certificati rappresentativi di quote di associazione in

 partecipazione.ECCEZIONI OPPONIBILI DAL DEBITORE CARTOLARE

Chi è debitore in base ad un titolo di credito non può esimersi dal

 pagarlo invocando eccezioni che derivino da rapporti intercorrenticon i precedenti portatori del titolo stesso. Tali rapporti, in particolare, non influenzano in alcun modo il diritto del portatore.Al portatore del titolo saranno opponibili solo le eccezioni a lui personali e quelle reali o assolute.Eccezioni personaliL’individuazione delle eccezioni personali non ha precisioneassoluta. Possiamo distinguere fra:

• eccezioni personali in senso stretto, attinenti, cioè, allostesso rapporto cartolare. Tale è quella di difetto di titolarità, per cui il debitore che sappia che il titolo è stato sottratto ofalsificato da chi glielo presenta per il pagamento puòeccepire al portatore che egli non ha diritto di esigere il pagamento stesso. Il pagamento al non titolare del diritto èliberatorio solo qualora il debitore adempiente sia senza doloo colpa grave;

• eccezioni fondate sui rapporti personali, cioè su rapportidiversi da quello cartolare. Esempio tipico sono le eccezioni

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derivanti dal rapporto fondamentale sottostante. In un solocaso il debitore può opporre al possessore del titolo leeccezioni fondate sui rapporti personali con i precedenti possessori: cioè quando, acquistando il titolo, il possessore ha

agito intenzionalmente a danno del debitore.Eccezioni reali o assoluteLe eccezioni reali o assolute, in particolare, sono:

• le eccezioni relative alla forma del titolo, quando la leggerichiede una forma particolare (es. per la cambiale);

• le eccezioni rivolte ad escludere la provenienza del titolodalla persona del debitore (es. falsità della firma, omonimia);

le eccezioni che tendono ad escludere la validitàdell’obbligazione cartolare per incapacità di agire delsottoscrittore al momento dell’emissione del titoolo o per difetto di rappresentanza in chi ha sottoscritto il titolo a nomedel debitore;

• le eccezioni che risultano dal contesto letterale del titolo e,nei titoli causali, quelle relative al rapporto tipico causale

richiamato dal titolo;• le eccezioni relative alla mancanza delle condizioninecessarie per l’esercizio dell’azione (es. il titolo non èancora scaduto; è intervenuta la prescrizione; l’azione diregresso cambiaria non è stata preceduta dal protesto).

AMMORTAMENTO DEL TITOLO DI CREDITO

Qualora un titolo di credito venga sottratto, smarrito o distrutto, lalegge tende a far conseguire, a colui che ha perduto il possesso deltitolo, un documento che ne faccia le veci; occorre però tener conto che il titolo originario potrebbe continuare a circolareingenerando confusione fra i terzi circa la sua validità.Per conciliare le opposte esigenze è predisposto un particolare  procedimento c.d. di ammortamento, rivolto ad eliminarel’efficiacia del titolo smarrito, sottratto o distrutto ed a concedereal possessore un duplicato, stabilendo che il pagamento sia

ugualmente eseguito in suo favore.Il procedimento si compone di due fasi:

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• una prima fase, necessaria, che si conclude con il decretodi ammortamento pronunciato dal Presidente del Tribunale;

• una seconda fase, meramente eventuale, inizia qualora vi siaopposizione al detentore del titolo ed importa l’accertamento

  – in contraddittorio tra ricorrente e debitore – circa laspettanza del diritto sul titolo. L’opposizione deve essere proposta, con atto di citazione, nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione del decreto di ammortamento nella G.U.; incaso contrario il decreto acquista efficacia di cosa giudicata.

L’ammortamento è ammesso per i soli titoli all’ordine enominativi, non anche per i titoli al portatore. Il legittimo

  possessore di questi ultimi, qualora li abbia perduti per smarrimento o sottrazione, può denunciare detti eventiall’emittente del titolo, dandone prova, ed avrà diritto alla prestazione solo dopo che sia decorso il termine di prescrizionedel titolo stesso. Nel contempo il titolo continua ad incorporare ildiritto per tutto il periodo di prescrizione e questo può venirelegittimamente acquistato da un possessore di buona fede.PROFILI DEI TIPI DI TITOLI DI CREDITO PIÙ RILEVANTI

LA CAMBIALE

La disciplina di quel particolare titolo di credito che va sotto ilnome di “cambiale” è contenuta nel D.Lgs. 1669/33 che hatradotto in norme giuridiche interne la legge uniforme sullecambiali e sui vaglia cambiari, cioè la prima delle tre Convenzioniapprovate a Ginevra nel 1930, ed è stato emanato in forza delladelegazione legislativa per la riforma dei codici.Nozione e caratteristicheLa cambiale può definirsi “un titolo all’ordine, formale ed astratto,che attribuisce al possessore legittimo il diritto incondizionato difarsi pagare una somma determinata alla scadenza indicata”. In base alla definizione si evince che la cambiale:

• è titolo all’ordine: pertanto requisito naturale di essa è la possibilità di circolare mediante girata;

• è titolo formale: infatti, la forma per essa prescritta è, nellacambiale, un elemento essenziale per l’esistenza del titolostesso;

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• è titolo completo: deve contenere in sé tutti i requisitirichiesti sul foglietto cambiario, essi non possono esseredesunti, cioè, da altri documenti;

• è titolo astratto: infatti, nella cambiale, manca qualsiasi

menzione del rapporto fondamentale sottostante;• è titolo esecutivo: a condizione che siano state osservate le

disposizioni di carattere fiscale della legge;• ammette il confluire in essa di più obbligazioni aventi il

medesimo oggetto: infatti, all’obbligazione originaria siaggiungono quelle di ogni successivo girante edell’avvallante: obbligazioni tutte autonome e valide

indipendentemente dalle altre, ma tutte legate dal vincolodella solidarietà;• è assistita da un particolare rigore processuale: infatti, nei

giudizi cambiari, se le eccezioni proposte sono di lungaindagine, il giudice deve emettere sentenza di condanna conriserva, rinviando ad un secondo momento la cognizionedelle eccezioni.

Figure particolariLa tratta o cambiale in senso strettoContiene l’ordine che un soggetto, detto traente, dà ad un altro,detto trattario, di pagare ad un terzo, il prenditore, una sommadi denaro.Il vaglia cambiario o pagherò cambiarioContiene la promessa, fatta da un soggetto, emittente, di pagareuna somma di denaro ad una determinata scadenza a favore di unaltro soggetto, prenditore. Tale struttura porta a distinguere fra:

• rapporto di valuta, fra traente e prenditore: dà causaall’emissione o negoziazione del titolo;

• rapporto di provvista, fra traente e trattario: in virtù delquale il traente ordina al trattario di pagare la somma portatadal titolo al prenditore o ad un suo giratario.

Requisiti della cambiale

La dichiarazione cambiaria deve essere redatta in forma scritta edeve avere carattere autonomo: non può ritenersi valida, pertanto,una scrittura cambiaria inserita nel contesto di un altro documento.

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Per la redazione delle cambiali si fa uso di appositi modulimessi in vendita dall’Amministrazione finanziaria dello Stato per un importo corrispondente alla tassa graduale di bollo. Lacambiale non bollata sin dall’origine non ha efficacia di titolo

esecutivo (né tale efficacia può ottenerla a seguito di successivaregolarizzazione), ma è valida soltanto come “promessa di pagamento”.Requisiti essenziali della cambiale, in difetto dei quali si può parlare solo di attestazione di credito, sono:

• la denominazione di cambiale inserita nel contesto del titoloed espressa nella lingua in cui esso è redatto;

l’ordine incondizionato o la promessa incondizionata di pagare una determinata somma;• il nome del trattario, nel caso di cambiale-tratta;• il nome del primo prenditore;• la data di emissione;• la sottoscrizione dell’emittente o del traente.

Elementi accidentali sono:

• il luogo di pagamento;• la data di scadenza, in difetto della quale si considera a vista,

che può essere:o a giorno fisso;o a vista, se pagabile al momento della presentazione del

titolo;o a certo tempo vista, se scade dopo un certo tempo in

seguito alla presentazione;o a certo tempo data, se scade dopo un certo tempo in

seguito all’emissione del titolo.Cambiale incompleta e in biancoI requisiti cambiari di cui al precedente paragrafo devonosussistere nel momento in cui la cambiale è presentata per il pagamento: nel momento dell’emissione è sufficiente che vi sia la

firma dell’emittente e la denominazione cambiaria.La cambiale che circola sprovvista di uno dei requisiti essenzialiviene definita:

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• incompleta: quando il rilascio del titolo avviene senza unaccordo circa il suo successivo riempimento;

• in bianco: quando sussiste un contratto di riempimentosuccessivo. Se gli accordi non vengono rispettati, l’eventuale

eccezione di abusivo riempimento non può essere opposta alterzo portatore, salvo che questi abbia acquistato la cambialein mala fede o con colpa grave. La facoltà di riempimento èsottoposta ad un termine di decadenza di tre annidall’emissione del titolo.

Categorie di obbligati e autonomia delle obbligazionicambiarie

Gli obbligati al pagamento della cambiale si distinguono in duecategorie:• obbligati principali: che sono l’emittente nel pagherò e

l’accettante nella tratta;• obbligati in via di regresso: che sono il traente e i giranti.

L’avallante assume la posizione di obbligato principale se dàavallo per un obbligato principale; altrimenti, quella di obbligato

in via di regresso.Alla data di scadenza della cambiale, se l’obbligato principalerifiuta il pagamento, l’attuale portatore legittimo del titolo puòrivolgersi ad uno qualunque tra gli altri obbligati; l’obbligato diregresso, poi, può pretendere il rimborso di quanto ha pagato daigiranti che lo precedono, dal traente e dai loro avallanti.Le varie obbligazioni cambiarie sono autonome: l’incapacità diuno degli obbligati, la falsità di una firma, l’invalidità in genere diuna di tali obbligazioni, non hanno alcuna influenza sulleobbligazioni degli altri firmatari, che restano valide.Se, invece, è l’obbligazione del traente o dell’emittente ad esserenulla per vizio di forma o di contenuto, tale nullità travolge anchele dichiarazioni cambiarie degli altri obbligati (di per séregolari)137.Capacità

Tutte le persone giuridicamente capaci possono assumereobbligazioni cambiarie ad eccezione dell’interdetto e del minore137 Nell’ipotesi di alterazione del testo della cambiale, chi ha firmato dopo l’alterazione risponde nei termini del testo alterato.

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sotto tutela o soggetto a potestà parentale. Il genitore ed iltutore possono obbligarsi cambiariamente in nome del minore odell’interdetto solo a condizione che il primo vi sia autorizzato dalgiudice tutelare e l’altro dal Tribunale, su parere del giudice

tutelare.Il minore emancipato e l’inabilitato, qualora non siano autorizzatiall’esercizio del commercio, possono obbligarsi cambiariamentesoltanto se la loro firma sia accompagnata da quella del curatorecon la clausola “per assistenza”.Rappresentanza cambiariaLe dichiarazioni cambiarie possono essere compiute anche per 

mezzo di rappresentante: in tali ipotesi dalla dichiarazione o dallasottoscrizione deve apparire che il dichiarante si obbliga in nomedel rappresentato, affinché gli effetti dell’atto compiuto siriflettano direttamente sul rappresentato stesso. La procuragenerale, qualora il rappresentato non sia imprenditorecommerciale, non si considera comprensiva della procuracambiaria. Colui che appone la propria firma su una cambialequale rappresentante ma senza il potere per farlo, si obbliga in proprio.Accettazione della trattaAbbiamo visto che nella cambiale-tratta un soggetto, il traente, dàad un altro soggetto, il trattario, l’ordine di pagare una certasomma ad un terzo. L’accettazione della tratta è l’atto negozialecon cui il trattario entra nel rapporto cambiario e si obbliga a pagare la somma indicata nel titolo. Fino a che non intervienel’accettazione, non sorge un’obbligazione cambiaria né vi è undebitore principale cambiario. Il traente, gli eventuali giranti ed iloro avallanti sono soltanto obbligati di regresso; il portatore dellacambiale non vanta alcun diritto, né può esperire alcuna azione neiconfronti del trattario.Ad accettazione avvenuta138, invece, entra nel rapporto cambiarioanche il trattario che assume l’obbligazione di pagare alla

scadenza la somma portata dal titolo come obbligato principale.138 L’accettazione può essere chiesta presso la residenza del trattario – dal portatore legittimo o anche da un semplice detentore del titolo – fino algiorno della scadenza. La presentazione della cambiale è solitamente facoltativa ma diventa obbligatoria allorché sia espressamente prescritta daltraente o da un girante, così come nelle ipotesi di tratta “a certo tempo vista”, ovvero pagabile presso un terzo o in un luogo diverso dal domicilio deltrattario.

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La girataLa girata può essere definita come un negozio giuridico cartolare,unilaterale ed astratto, contenente un ordine di pagamento139. Deveessere incondizionata ed ogni eventuale condizione si ha per non

apposta. La girata può essere apposta anche dopo il protesto deltitolo: in tal caso, come precisa l’art. 25 della legge cambiaria, sitrasferiscono i soli diritti cambiari del cedente esposti a tutte leeccezioni che sarebbero state opponibili al girante. La girata puòessere:

•  piena o in bianco: quest’ultima non contiene l’indicazione delgiratario ed è costituita dalla sola firma del girante.

  per procura o per incasso: con questa clausola il giratarioassume la figura di un mandatario del girante, mero detentoredel titolo; solo come tale egli potrà esercitare, per conto delgirante, tutti i diritti inerenti alla cambiale e non potrà girarlaulteriormente a terzi se non per procura;

• in garanzia: con essa il girante costituisce a favore delgiratario, che è anche suo creditore, per garantirglimaggiormente la solvibilità del proprio debito, un pegno sulcredito rappresentato dal titolo. Il giratario acquista lacambiale per garantirsi di un credito: egli dunque, assume la  posizione di un creditore pignoratizio e non potràulteriormente girare la cambiale se non per procura;

• fiduciaria: quando sul titolo non viene posta alcuna clausola,ma la limitazione del diritto del giratario risulta da unnegozio extracambiario;

• simulata: quando le parti simulano la traslazione dellacambiale senza volerne gli effetti.

La legittimazione del portatore della cambialeLa legittimazione del portatore avviene in base a due elementi:

• il possesso della cambiale;• la girata140;

Il possesso di buona fede vale ad attribuire la titolarità del diritto:

infatti, chi detiene la cambiale è tenuto a verificarne la continuità

139 La formula tipica è “ per me pagate a … “.140 Se le girate sono più di una, occorre che la serie sia continua.

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delle girate, ma no la loro autenticità (tranne che, acquistandola cambiale, non agì in mala fede o con colpa grave). Il portatoredeve presentare la cambiale al debitore per il pagamento nelgiorno della scadenza o in uno dei due giorni feriali successivi. In

deroga ai principi generali, il portatore non può rifiutare un  pagamento parziale, perché tale pagamento libera, sia pure parzialmente, gli obbligati in via di regresso.L’avalloL’avallo è una dichiarazione con la quale taluno garantiscecambiariamente il pagamento della cambiale per uno degliobbligati cambiari (il traente, l’emittente, un girante). Si tratta di

una obbligazione cambiaria autonoma di garanzia, diversa dallafideiussione. Infatti, la fideiussione ha come caratteristical’accessorietà: accede ad una obbligazione principale e ne segue lesorti; l’avallo, invece, è indipendente dalla obbligazione cambiaria per cui è dato. Inoltre l’avallante, per il principio dell’autonomia,non può opporre le eccezioni personali opponibili dall’avvallato alcreditore cambiario.Ogni successivo portatore della cambiale ha, verso l’avallante, ildiritto al pagamento della somma cambiaria alle stesse condizionia cui lo ha verso l’avallato ed è legittimato ad esercitare in modoautonomo, nei confronti dell’avallante, il diritto portato dal titolo,quali che siano stati i rapporti intercorsi tra avallante e avallato etra avallante ed i precedenti possessori del titolo.Il diritto del portatore attuale, in quanto autonomo, non può essere pregiudicato dalle eccezioni opponibili dall’avallante ai precedenti portatori, né da quelle che allo stesso portatore attuale avrebbe potuto opporre l’avallato, ma solo dalle eccezioni che spettanoall’avallante per un suo rapporto personale con il portatore.L’avallante, inoltre, non può pretendere che il portatore escuta preventivamente l’avallato; si ritiene – invece – che egli possaopporre al portatore eventuali fatti estintivi dell’obbligazionecambiaria (pagamento, compensazione, remissione del debito,

novazione, ecc.).L’avallante che effettui il pagamento della somma cambiariaacquista in modo autonomo i diritti inerenti alla cambiale,

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accresciuti degli interessi e delle spese, nei confrontidell’avallato e di coloro che sono obbligati cambiariamente versoquest’ultimo. L’obbligazione di avallo deve essere scritta sullacambiale.

La cambiali garantiteIl credito cambiario, oltre che dall’avallo, può essere rafforzatoanche da garanzie extracambiarie. Tali ipotesi si hanno nella:

• cambiale ipotecaria, in cui la garanzia del credito cambiarioè costituita da un’ipoteca iscritta su immobili o su benimobili registrati;

• cambiale agraria, in cui la banca mutuante e prima

 prenditrice della cambiale ha privilegio sui frutti raccolti dalmutuatario ed emittente della cambiale stessa nell’annataagraria di scadenza del prestito;

• cambiale-tratta con cessione della provvista, in cui ilcredito cambiario è garantito dalla cessione “pro solvendo”del credito derivante da forniture di merci che il traente henei confronti del trattario. La garanzia consisteessenzialmente nell’attribuire al portatore della cambiale ildiritto di agire nei confronti del trattario sulla base delrapporto di fornitura di merci; essa, comunque, è destinata afunzionare nell’eventualità che la cambiale non vengaaccettata. In vero, una volta intervenuta l’accettazione deltrattario, ogni funzione della garanzia è esaurita, poiché, per effetto dell’accettazione, sorge l’obbligazione cambiariadiretta del trattario stesso.

Le azioni cambiarie ed il protestoIl portatore di una cambiale, qualora il pagamento venga rifiutatodal trattario (per la tratta) o dall’emittente (per il pagherò), può pretendere lo stesso da tutti gli obbligati cambiari, ed a tal fine può:

• iniziare l’esecuzione forzata sul patrimonio del debitore,servendosi della cambiale come titolo esecutivo;

•  promuovere un ordinario giudizio di cognizione;• avvalersi del procedimento ingiuntivo (poiché esso consente

di iscrivere sollecitamente ipoteca giudiziale).

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In ciascuno di tali casi, l’azione cambiaria può essere:• diretta: contro gli obbligati principali (l’accettante e i suoi

avallanti nella “tratta”, l’emittente e i suoi avallanti nel“pagherò”);

di regresso: contro gli obbligati di regresso (traente, girante eloro avallanti nella “tratta”; giranti e loro avallanti nel“pagherò”).

L’azione diretta viene esercitata dal portatore nei confronti degliobbligati principali senza formalità particolari o termini didecadenza. L’azione di regresso, invece, può essere esercitata:

• qualora il pagamento non abbia avuto luogo alla scadenza

esercitata;• se l’accettazione della tratta sia stata rifiutata tutta o in parte;• in caso di fallimento del trattario;• in caso di fallimento del traente di una cambiale non

accettabile.L’esercizio dell’azione di regresso è subordinato ad un particolareonere: il protesto. Questo è un atto pubblico, redatto da un notaio

o da un ufficiale giudiziario, nel quale si accerta in forma solennel’avvenuta presentazione della cambiale ed il conseguente rifiutoad accettare o pagare141.Azioni extra-cambiarieAzione causalePoiché l’emissione della cambiale non estingue il rapportofondamentale sottostante, l’azione da questo nascente (detta

appunto causale) permane nonostante l’emissione o latrasmissione della cambiale, salvo che si provi che vi funovazione. L’esercizio dell’azione causale è subordinato almancato buon fine della cambiale.Per impedire che, nonostante l’esperimento dell’azione causale, lacambiale continui a circolare ed il debitore possa trovarsi espostoal rischio di un duplice pagamento e per mettere il debitoremedesimo in condizioni di esercitare a sua volta l’azione diregresso, la legge cambiaria pone a carico del portatore, che voglia

141 Il protesto non è necessario se la cambiale contiene la clausola “senza spese”, “senza protesto”, o altra equivalente.

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agire con l’azione causale, l’onere di offire la restituzione dellacambiale e di depositarla in Cancelleria.Azione di arricchimentoPer impedire che il portatore resti danneggiato dal gioco delle

decadenze e delle prescrizioni cambiarie, la legge offre – comeultimo rimedio – l’azione di ingiustificato arricchimento.L’esercizio di tale azione ha carattere residuale ed è subordinatoalla impossibilità di esperire l’azione cambiaria contro tutti gliobbligati ed al fatto che non spetti, all’interessato, l’azionecausale.Con tale azioni il portatore può agire per il pagamento non della

somma indicata nella cambiale, ma eventualmente di quellaminore di cui il traente, o l’accettante, o il girante si sianoarricchiti ingiustamente a suo danno. Trattasi di un’azione acarattere sussidiario, appunto perché esercitabile quando ildanneggiato sia privo di ogni altra azione specifica verso ilconvenuto.PrescrizioneAi sensi dell’art. 94 della legge cambiaria:

• le azioni cambiarie contro accettante o emittente si  prescrivono in 3 anni dalla data della scadenza dellacambiale;

• le azioni del portatore contro i giranti e contro il traente si prescrivono in un 1 anno dalla data del protesto;

• le azioni dei giranti gli uni contro gli altri o contro il traentesi prescrivono in 6 mesi dal giorno in cui il girante ha pagatola cambiale o è stata proposta azione di regresso contro di lui;

• l’azione causale ha lo stesso termine di prescrizione dei dirittinascenti dal rapporto fondamentale;

• l’azione di arricchimento si prescrive in 1 anno dal giornodella perdita dell’azione cambiaria.

Cambiali finanziarieLe cambiali finanziarie sono titoli di credito all’ordine emessi in

serie (L. 43/94). Hanno una durata compresa fra i 3 e i 12 mesi esono dirette alla raccolta di risparmio tra il pubblico da parte delle

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imprese che necessitano di un finanziamento a breve terminesenza dover ricorrere all’indebitamento bancario.Trattasi di titoli di credito causali, dato che l’obbligatoriainserzione in essi della dizione “cambiale finanziaria” fa si che il

rapporto fondamentale sottostante all’emissione della cambialeemerga dalla lettera del titolo stesso. E’ inoltre prescritto che lecambiali finanziarie siano emesse nella forma della cambiale propria.L’ASSEGNO BANCARIO

L'assegno bancario è un titolo di credito, all'ordine o al portatore,contenente l'ordine, rivolto ad un banchiere (trattario), di pagare a

vista una somma determinata e comportante, in via sussidiaria, laresponsabilità cambiaria dell'emittente (traente) e di tutti isuccessivi firmatari verso il possessore legittimato. La qualifica di banchiere, per colui il quale l'ordine di pagamento è diretto, èconsiderata generalmente requisito di validità del titolo. Il dirittodel traente di ordinare il pagamento al legittimo presentatore presuppone:• che il traente abbia somme disponibili presso il trattario

(rapporto di provvista);• che il traente possa disporre di tali somme a mezzo di assegno,

in conformità di una convenzione espressa o tacita.La banca trattaria, tuttavia, rimane del tutto estranea al rapporto divaluta e non si obbliga in alcun modo nei confronti del prenditore,né dei successivi legittimati, ad eseguire il pagamento.La disciplina giuridica dell'assegno bancario è dettata dal R.D.21/12/1933, numero 1736, comunemente indicato come “leggesugli assegni”, emanato in forza della delega legislativa per lariforma dei codici, sulla base della prima di tre Convenzionirelative alla normativa dello check, approvata nella conferenza diGinevra il 19/3/1931. Per quanto riguarda la natura giuridicadell'assegno, è stata ravvisata l'esistenza di due distinti negozi traloro collegati: la delegazione di pagamento e l'assunzione

dell'obbligo di garantire lo stesso.L'articolo 35 della legge numero 1736/33 riconosce al traente la possibilità di revocare l'ordine di pagamento, ma pone dei limiti a

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tale potere, allo scopo di tutelare la funzione economicadell'assegno bancario, nonché l'interesse del portatore a conseguirequanto dovutogli. La banca trattaria, pertanto:

• ha l'obbligo di uniformarsi alla revoca soltanto dopo la

scadenza del termine di presentazione del titolo;• fino alla scadenza di tale termine, invece, è lasciata arbitra di

decidere se pagare o meno, restando esonerata da ogniresponsabilità nei confronti sia del traente, sia del possessoredell'assegno.

A regime della revoca si connettono le figure dell'assegno vistatoe dell'assegno limitato. L'assegno vistato (o annotato, o

certificato) è caratterizzato da una certificazione del banchieretrattario in ordine all'esistenza della provvista, con assunzionedell'obbligo, nei confronti del legittimo possessore del titolo, dinon consentirne il ritiro, da parte del traente, prima della scadenzadel termine di presentazione. L'assegno limitato reca impresse, sulrelativo modulo, la dicitura a copertura garantita, nonché la ciframassima per cui può essere emesso.Requisiti formali e sostanziali dell'assegnoL'assegno bancario deve contenere i seguenti requisiti di forma,che sono essenziali per la sua validità:

• la denominazione di “assegno bancario”;• l'ordine incondizionato di pagare una somma determinata;• l’indicazione del trattario;• l’indicazione del luogo di pagamento;•

la data e il luogo di emissione;• la sottoscrizione autografa del traente.

Per quanto attiene ai requisiti sostanziali delle dichiarazionicontenute nell'assegno si rinvia a quanto enunciato con riferimentoalla cambiale. Pare opportuno ricordare soltanto che:

• l'emissione di assegno bancario deve considerarsi attoeccedente l'ordinaria amministrazione per il minore e

l'interdetto;• mentre, per la cambiale, la procura generale comprende

anche la facoltà di obbligarsi cambiariamente solo se

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rilasciata da un imprenditore commerciale (salvoesclusione espressa), per l'emissione e la girata di assegni nonè richiesto, invece, che il potere di rappresentanza siaspecificamente conferito: l'articolo 15 della legge assegni

dispone, infatti, che la facoltà generale di obbligarsi in nomee per conto altrui comprende quella di obbligarsi per assegno.La circolazione dell'assegnoL'assegno bancario può essere emesso all'ordine o al portatore e, per la circolazione di tali titoli, trovano applicazione i principi giàenunciati nei capitoli riguardanti titoli di credito in generale e lacambiale:

assegno all'ordine: il trasferimento si attua mediante giratacui deve accompagnarsi la consegna del titolo;• assegno al portatore: il trasferimento si attua mediante la

semplice consegna del titolo.L'assegno, comunque può anche circolare secondo le forme deldiritto comune quali la cessione ordinaria o la successione mortiscausa.Il pagamentoL'esercizio dei diritti cambiari incorporati nel titolo è subordinatoall'inderogabile onere, per il portatore, di presentare l'assegno altrattario per richiederne il pagamento. La legge stabiliscetassativamente dei termini massimi per la presentazione decorrentidalla data di emissione:

• 8 giorni, se coincidano il comune di emissione e quello di pagamento;

• 15 giorni, se si tratta di comuni diversi.Alla scadenza di tali termini non consegue l'automatico enecessario rifiuto di pagamento da parte del trattario, ma soltantola possibilità che l'ordine di pagamento venga revocato dal traente.Se l'assegno non è interamente coperto, il trattario potrà pagarlosino a concorrenza della provvista ed il presentatore non potràrifiutare il pagamento parziale. Nelle ipotesi di pagamentorifiutato dal trattario, il portatore è tenuto a dare avviso al propriogirante, al traente ed ai loro eventuali avallanti, nel termine diquattro giorni successivi a quello in cui è stato elevato il protesto.

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Ogni girante è, a sua volta, tenuto a comunicare l'avviso al precedente girante nel termine di due giorni da quello in cui lo haricevuto.Le azioni

 Nell'ipotesi di rifiuto opposto dal trattario, il portatore ha diritto diottenere il pagamento da tutti i firmatari dell'assegno (traente,giranti, avallanti) congiuntamente o individualmente, senza esseretenuto ad osservare l'ordine nel quale essi si obbligarono. Lostesso diritto spetta all'obbligato che abbia eseguito il pagamentodell'assegno, nei confronti dei firmatari che lo precedono. Glianzidetti diritti possono esercitarsi attraverso:

il procedimento esecutivo;• il procedimento ordinario di cognizione;• il procedimento di ingiunzione.

Figure particolare di assegniPer diminuire il pericolo che l'assegno bancario, soggetto a furti esmarrimenti, sia pagato ad un portatore di mala fede o da luinegoziato, la legge predispone particolari cautele limitative della

circolazione e della legittimazione, che rendono difficile al ladro oal ritrovatore l'utilizzazione della somma cambiaria.Clausola non all'ordineL'assegno bancario emesso con tale clausola può essere cedutosoltanto con le forme e con gli effetti della cessione ordinaria. Sela clausola è apposta da un girante, essa non impedisce ulteriorigirate del titolo, ma esclude la responsabilità cambiaria di regresso

del girante che ha apposto la clausola verso coloro i qualil'assegno sia successivamente girato.Clausola non trasferibileTale clausola blocca la circolazione del titolo sia nelle formecambiarie sia in quelle del diritto comune. L’assegno nontrasferibile può essere pagato solo al prenditore che non può girareil titolo, se non per l'incasso, ad un banchiere. La clausola di nontrasferibilità è obbligatoria per gli assegni bancari di importosuperiore a venti milioni.

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Assegno sbarratoLa clausola di sbarramento limita la circolazione del titolo nellasola fase finale, poiché l'ultimo giratario deve esserenecessariamente un banchiere, oppure un cliente del banchiere

trattario: quest'ultimo, cioè, può pagare l'assegno soltanto ad unsuo cliente o ad un altro banchiere.Assegno da accreditareTale assegno non può essere pagato in contanti, ma chi intendeincassare l'importo può solo versarlo alla banca trattaria, se ne ècliente, affinché venga accreditato sul proprio conto.Assegno turistico

Il pagamento di tale assegno è subordinato all'esistenza sul titolodi una doppia firma conforme del prenditore, il quale deve ripeterela firma all'atto della presentazione. Tale procedura mette al sicuroil prenditore da eventuali smarrimenti, in quanto l’illegittimo possessore, per incassare l'assegno, dovrebbe riuscire da porre sultitolo una firma identica a quella già posta dal prenditore.L’ASSEGNO CIRCOLARE

L'assegno circolare è un titolo di credito all'ordine, contenente una promessa diretta di pagamento e dotato di particolari requisiti diforma, emesso da un istituto bancario a ciò preposto dall'autoritàcompetente, per somme che siano disponibili presso di esso almomento dell'emissione, e pagabile a vista presso tutti recapiticomunque indicati dall'emittente. L'assegno circolare è simile per struttura al pagherò cambiario a vista ma si differenzia nettamenteda questo sotto il profilo della funzione che è quella di consentirel'effettuazione di pagamenti senza il rischio dello spostamentomateriale della moneta, alla quale l'assegno circolare si equipara poiché incorpora un credito di sicura esigibilità. L'utilità, per la banca emittente, deriva dall'incasso della provvista al momentodell'emissione dell'assegno ed al pagamento differito al momentodella presentazione ed estinzione del titolo, con conseguente lucrodei relativi interessi. Non è possibile l'emissione di assegno

circolare al portatore, onde impedire una sostanziale parificazionedel titolo al biglietto di banca. La promessa di pagamento integrauna obbligazione cambiaria, diretta e principale, della banca

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emittente e tale caratteristica distingue l’assegno circolaredall'assegno bancario.Presupposti dell’emissioneL’istituto emittente è tenuto a costituire, a garanzia del pagamento

degli assegni circolari, presso la Banca d'Italia, una riservaspeciale in misura percentuale all'ammontare degli assegni incircolazione.L'emissione di assegno circolare dev'essere correlata all'esistenzadi somme disponibili è presso l'istituto emittente (provvista).DisciplinaAll'assegno circolare si applicano, in genere, le norme sul vaglia

cambiario relative alle girata, al pagamento, al protesto, alregresso, alle azioni extra cambiarie, alla prescrizione, in quantonon siano incompatibili. Norme peculiari sono, invece, leseguenti:

• la girata a favore dell'emittente (cosiddetta girata quietanza)estingue l'assegno;

• l'azione contro l'emittente si prescrive entro tre anni

dall'emissione;• il possessore dell'assegno circolare decade dall'azione diregresso se non presenti per il pagamento il titolo,all'emittente, entro 30 giorni dall'emissione.

I TITOLI RAPPRESENTATIVI

I titoli rappresentativi di merci sono titoli di credito causali, macaratterizzati dai requisiti della letteralità e della autonomia,emessi da un terzo detentore della merce, in essi esattamenteindividuata per genere, stato, qualità, ubicazione, e della qualel'emittente si obbliga ad effettuare la riconsegna o restituzioneesclusivamente al legittimo possessore del titolo. La funzionetipica del documento è quella di procurare il possesso e non quelladi trasferire il diritto di proprietà o altri diritti reali sulla merce.Trasporti terrestriIl mittente, se il vettore lo richiede, deve rilasciare un documento

denominato lettera di vettura. Il vettore, se l’emittente lo richiede,deve rilasciare un duplicato della lettera di vettura ovvero, se nonè stata data lettera di vettura, una ricevuta di carico. Tali

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documenti solo se vengono emessi con la clausola all'ordinecostituiscono titoli di credito, ed in questo caso soltanto chi èlegittimato dal titolo può esercitare i diritti nascenti dal contrattodi trasporto. Il trasferimento di tali diritti, dunque, avviene

mediante girata.Trasporti marittimiPolizza ricevuto per l'imbarco Nella pratica marittima, il vettore o il raccomandatario, una voltaassunto il trasporto, sono tenuti a rilasciare al caricatore unordinativo di imbarco delle merci da trasportare, oppure unapolizza ricevuto per l'imbarco, che fa prova dell'avvenuta

consegna della merce al vettore ma non ancora dell'avvenutoimbarco di questa sulla nave. Dopo l'imbarco il comandante ètenuto a rilasciare al caricatore una ricevuta di bordo per le merciimbarcate a meno che non rilasci direttamente, in nome delvettore, la polizza di carico.Polizza di carico marittima per merci a bordoIl vettore, inoltre, qualora non vi abbia provveduto il comandanteè tenuto a rilasciare la polizza di carico, la quale fa provadell'avvenuta caricazione delle merci sulla nave. Il vettore, primadi emettere la polizza, deve assicurarsi che le merci indicate sianoconformi a quelle effettivamente imbarcate.Gli ordini di consegna propri (delivery orders)I delivery orders sono titoli di credito rappresentativi, con cui ilvettore ordina al comandante della nave o all'impresa di sbarco diconsegnare al possessore del titolo le singole partite o frazioni dimerci in essi specificate; ciò rende più facili i commerci,facilitando la divisione e la distribuzione del carico.Gli ordini di consegna impropriTali ordini, invece che dal vettore, sono emessi dal possessoredella polizza di carico. Essi non sono titoli di credito, ma semplicititoli di legittimazione, poiché si limitano ad indicare una personaalla quale il vettore può validamente consegnare la partita di

merce specificata. Questa indicazione è, tuttavia, semprerevocabile e il possessore della polizza non perde mai ladisponibilità delle merci.

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Trasporti aereiLa lettera di trasporto aereoAnche per il trasporto aereo è previsto un particolare documento  probatorio del ricevimento delle merci da trasportare, che

costituisce, al tempo stesso, titolo di credito rappresentativo diquesto. Il mittente, infatti, può chiedere al vettore l'emissione diuna lettera di trasporto aereo o di tante lettere per quanti sono incolli da trasportare.Titoli emessi dal depositario  Nei contratti di deposito, i titoli eventualmente emessi daldepositario hanno, di regola, funzione probatoria: soltanto la fede

di deposito e la nota di pegno emesse dai magazzini generalihanno efficacia rappresentativa e di titolo di credito.La fede di deposito è titolo all'ordine, emesso dal magazzinogenerale su richiesta del depositante, in cui sono indicate le mercidepositate con tutti gli estremi atti ad individuarle, il luogo deldeposito, il nome del depositante, ed è specificato se per la mercesiano stati pagati i diritti doganali e se essa sia stata assicurata.La nota di pegno è un documento allegato alla fede di depositoche consente di costituire pegno sulle merci depositate e serve adottenere, per il possessore, eventuali anticipazioni sulle merci.La fede di deposito e nota di pegno possono circolare siacongiuntamente che separatamente: vengono, infatti, separatequando sulle merci depositate si costituisce un diritto di pegno.ALTRI TITOLI DI CREDITO

I titoli speciali dell’istituto di emissioneVaglia cambiarioIl vaglia cambiario è un titolo esclusivamente all'ordine, pagabilea vista ed in qualsiasi filiale dell'istituto di emissione, contenentela promessa incondizionata della somma in essa indicata. Esso sidistingue dal pagherò cambiario, poiché non è uno strumento dicredito, ma è emesso dietro versamento, nelle casse dell'istituto diemissione, del corrispondente importo in biglietti di banca o in

valuta legale.

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Assegno bancario liberoL'assegno bancario libero è un titolo all'ordine, emesso per contodella banca d'Italia e dietro versamento del relativo importo, amezzo di corrispondenti a ciò autorizzati a seguito di prestazione

di idonea cauzione. Esso è diretto a consentire l'emissione di titolidella banca d'Italia in quelle località dove la banca stessa non hafiliali, per mezzo dell'organizzazione bancaria altrui.Assegno bancario piazzatoL'assegno bancario piazzato è un titolo all'ordine, emesso per conto della banca d'Italia, da corrispondenti a ciò autorizzati, indoppia matrice, e pagabile presso una sola filiale dell'istituto di

emissione. A differenza dell'assegno bancario libero, non èrichiesto il versamento preventivo del controvalore; una delle duematrici, però, deve essere inviata dal corrispondente alla filialedella banca d'Italia cui esso è aggregato affinché questa, constatatala sufficienza della cauzione versata dal corrispondente stesso, lamunisca di visto e la faccia pervenire alla filiale sulla qualel'assegno tratto.Fede di credito o polizzinoLa fede di credito è un titolo di credito all'ordine, contenente la promessa del banco emittente di pagare una somma determinata, presso una qualunque filiale di esso.L'assegno I.C.C.R.I.È l'assegno dell'istituto di credito delle casse di risparmio italiane.Esso contiene una promessa di pagamento dell'istituto medesimoma è emesso, in nome proprio ed in qualità di traente, dallesingole casse di risparmio, autorizzate in base alla prestazione diadeguata cauzione in titoli pubblici.IL MERCATO MOBILIARE E L’INTERMEDIAZIONE

FINANZIARIAIL MERCATO MOBILIARE E I SERVIZI DI INVESTIMENTO

IL MERCATO MOBILIARE

La nozione di mercato mobiliare, a partire dalla L. 216/74, è stata

incentrata su quella di valore mobiliare, che precedentemente erariferita soltanto ai titoli di credito di massa. Trattasi di una nozione  piuttosto ampia, che non trova nella legge una definizione

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generale, bensì una descrizione di tipo casistico, correlataall’operatività di discipline specifiche.Una rilevante riforma del mercato mobiliare si è avuta con ilD.Lgs. 415/96:

la nozione di valori mobiliari è stata sostituita con quella distrumenti finanziari; la nozione di attività di intermediazionemobiliare con quella di servizi di investimento;

• è stato soppresso il monopolio delle S.I.M. nazionali sullagestione dei servizi di investimento a favore degli istituti bancari;

• è stata realizzata la privatizzazione dei mercati finanziari.

Infine, con il D.Lgs. 58/1998, sono state dettate le normesull’organizzazione dei mercati mobiliari, la cui gestione è stataliberalizzata, e una nuova disciplina relativa alla tutela delleminoranze nelle società quotate.VALORI MOBILIARI E STRUMENTI FINANZIARI

Come abbiamo detto nel paragrafo precedente, il D.Lgs. 415/96 hasostituito alla categoria dei valori mobiliari, la più ampia nozione

di strumenti finanziari. A norma dell’art. 1 secondo comma delcitato decreto, per strumenti finanziari si intendono:• le azioni è gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio

negoziabili sul mercato dei capitali;• le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito

negoziabili sul mercato dei capitali;• le quote di fondi comuni di investimento;•

i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;• qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta diacquisire gli strumenti indicati nei precedenti punti, e irelativi indici;

• i contratti futures su strumenti finanziari, su tassi di interesse,su valute, su merci e sui relativi indici, anche quandol’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenzialiin contanti;

• i contratti di scambio a pronti e termine (swaps) su tassi diinteresse, su valute, su merci nonché su indici azionari

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(equity swaps), anche quando l’esecuzione avvengaattraverso il pagamento di differenziali in contanti;

• i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi diinteresse, a valute, a merci e relativi indici, anche quando

l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenzialiin contanti;• i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti

indicati nei precedenti punti e i relativi indici, nonché icontratti di opzione su valute, su tassi di interesse, su merci esui relativi indici, anche quando l’esecuzione avvengaattraverso il pagamento di differenziali in contanti;

le combinazioni di contratti o di titoli indicati nei punti precedenti.I SERVIZI DI INVESTIMENTO ED IL LORO ESERCIZIO

Ai sensi dell’art. 1 del T.U. 58/98, sono servizi di investimento,quando hanno ad oggetto strumenti finanziari, le seguenti attività:

• negoziazione per conto proprio;• negoziazione per conto terzi;•

collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione oacquisto, a fermo, ovvero assunzione di garanzia neiconfronti dell’emittente;

• gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi;

• ricezione e trasmissione di ordini noncé mediazione;Sono invece servizi accessori:

la custodia e l’amministrazione di strumenti finanziari;• la locazione di cassette di sicurezza;• la concessione di finanziamenti agli investitori per consentire

loro di effettuare un’operazione relativa a strumentifinanziari, nella quale interviene il soggetto che concede ilfinanziamento;

• la consulenza alle imprese in materia si struttura finanziaria,

di strategia industriale e di questioni connesse, nonché laconsulenza e i servizi concernenti la concentrazione el’acquisto di imprese;

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• i servizi connessi all’emissione o al collocamento distrumenti finanziari, ivi compresa l’organizzazione e lacostituzione di consorzi di garanzia e collocamento;

• la consulenza in materia di investimenti in strumenti

finanziari;• l’intermediazione in cambi, quando collegata alla prestazione

di servizi d’investimento.L’esercizio professionale, nei confronti del pubblico, dei servizi diinvestimento è riservato:

• alle S.I.M.;• alle imprese di investimento;• alle banche;• agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui

all’art. 107 T.U. bancario, limitatamente alla negoziazione  per conto proprio degli strumenti finanziari derivati ed alcollocamento;

• alle società di gestione del risparmio, limitatamente allagestione su base individuale di portafogli di investimento per 

conto terzi;Gli intermediari autorizzati all’esercizio dei servizi diinvestimento e delle attività negoziali possono offrire servizi di:

• gestione collettiva, che si realizzano attraverso:o la promozione, istituzione e organizzazione di fondi

comuni di investimento e l’amministrazione dei rapporticon i partecipanti;

o

la gestione patrimoniale dei fondi anzidetti, di propria oaltrui istituzione, ovvero del patrimonio delleS.I.C.A.V., mediante l’inves-timento avente ad oggettostrumenti finanziari, crediti, o altri beni mobili oimmobili;

• gestione individuale, che si realizzano attraversol’affidamento al gestore di un singolo patrimonio.

IL

 CONTRATTO

 DI

 GESTIONE

 DI

 PATRIMONI

 MOBILIARI

 INDIVIDUALI

Il contratto di gestione di patrimoni mobiliari individuali ha lafinalità di valorizzare un determinato patrimonio mediante il

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compimento di una serie di atti unitariamente rivolti alconseguimento di un risultato utile dell’attività di investimento edisinvestimento in valori mobiliari.Il contratto deve essere redatto in forma scritta e la relativa

disciplina è data dall’art. 24 del T.U. 58/1998. L’impresa diinvestimento ha i seguenti obblighi:• comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza

nell’interesse dei clienti e per l’integrità del mercato;• investire al meglio il patrimonio del cliente;• dare esecuzione alle eventuali istruzioni specifiche, per essa

vincolanti, impartite dal cliente142;•

non contrarre, salvo specifica istruzione scritta, obbligazioni per conto del cliente che lo impegnino oltre il patrimoniogestito.

Il gestito, in deroga alle norme civilistiche in tema di mandato, hadiritto di recedere dal contratto in ogni momento, anche senzagiusta causa o preavviso, e non è tenuto a risarcire il gestore daeventuali danni, ferma restando l’inefficacia del recesso per le

operazioni già eseguite o in corso di esecuzione.LA SOLLECITAZIONE ALL’INVESTIMENTO

La sollecitazione all’investimento, attraverso l’appello al pubblicorisparmio, si ricollega ad ogni operazione di massa, gestita dal  promotore o da un terzo, che viene offerta al pubblico degliinvestitori con la prospettazione di un profitto e che hacaratteristiche tali da escludere che gli investitori medesimi possano gestirla o controllarla in modo determinante, limitandosila loro funzione a quella di finanziatori. Sollecitazioneall’investimento può aversi:

• mediante offerta al pubblico;• con attività svolta direttamente nel domicilio degli investitori,

o comunque in luogo diverso dalla sede dell’emittente143.Coloro che intendono effettuare una sollecitazioneall’investimento devono darne preventiva comunicazione allaConsob, allegando un prospetto informativo contenente le142 Il gestore ha la possibilità di recedere dal contratto qualora ritenga che le medesime istruzioni siano contrarie all’interesse dell’affidante.143 In tal caso, l’efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari è sospesa per 7 giorni. Entro detto termine l’investitore può comunicareil proprio recesso senza spese né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato.

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informazioni necessarie affinchè gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale,economica e finanziaria dell’emittente e sulle prospettive direndimento.

IL PROMOTORE DI SERVIZI FINANZIARIUn intermediario abilitato non può operare fuori della propria sedesociale e delle sedi secondarie se non per mezzo di promotorifinanziari.Ai sensi dell’art. 31 del T.U. 58/98, è promotorefinanziario la persona fisica che, in qualità di dipendente, agente omandatario, esercita professionalmente l’offerta fuori sede. Il promotore deve esercitare la sua attività per conto e nell’interesse

di un solo intermediario abilitato.LA VIGILANZA SUGLI INTERMEDIARI ABILITATI

Il T.U. 58/98 prevede un articolato sistema di vigilanza sulleattività degli intermediari abilitati allo scopo di garantire latrasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudentegestione, avendo riguardo alla tutela degli investitori e allastabilità, alla competitività e al buon funzionamento del sistemafinanziario. I poteri di vigilanza sono attribuiti:

• alla Banca d’Italia, per quanto riguarda il contenimento delrischio e la stabilità patrimoniale;

• alla Consob, per quanto riguarda la trasparenza e lacorrettezza dei comportamenti.

Il Testo Unico distingue tre tipologie di vigilanza:• regolamentare, con cui la Banca d’Italia e la Consob

disciplinano tramite regolamento vari aspetti dell’attivitàoperativa degli intermediari abilitati;

• informativa, con cui la Banca d’Italia e la Consobrichiedono agli stessi soggetti comunicazioni di dati e notizieo la trasmissione di atti e documenti;

• ispettiva, con cui la Banca d’Italia e la Consob possonoeffettuare ispezioni o richiedere l’esibizione di documenti.

LE SOCIETÀ DI INTERMEDIAZIONE MOBILIARE

LE S.I.M.Le Società di Intermediazione Mobiliare svolgono l’esercizio  professionale, nei confronti del pubblico, dei servizi di

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investimento, dei servizi accessori, e altre attività finanziarie,nonché attività connesse o strumentali. Le SIM debbono esserecostituite come società per azioni, devono ricomprendere nelladenominazione sociale le parole “società di intermediazione

mobiliare” ed avere sede sociale nel territorio della Repubblica.Tutte le SIM devono inoltre essere iscritte in un apposito albotenuto presso la Consob.LA SEPARAZIONE PATRIMONIALE

L’art. 22 del TU 58/98 detta norme specifiche volte a mantenereseparati i beni dei clienti da quelli dell’intermediario e degli altriclienti, ai fini di salvaguardia dei diritti degli investitori. Infatti,

nella prestazione dei servizi di investimenti e accessori, glistrumenti finanziari e le somme di denaro dei singoli clienti, aqualunque titolo detenuti dalla SIM, costituiscono patrimoniodistinto a tutti gli effetti da quello dell’intermediario e da quellodegli altri clienti. Su tale patrimonio non sono ammesse le azionidei creditori dell’intermediario o nell’interesse degli stessi, néquelle dei creditori dell’eventuale depositario o sub-depositario.Le azioni dei creditori dei singoli clienti sono ammesse nei limitidel patrimonio di proprietà di questi.I CONTRATTI RELATIVI ALLA PRESTAZIONE DEI SERVIZI

In via generale, i contratti relativi alla prestazione dei servizi diinvestimento e accessori devono essere redatti per iscritto ed unacopia deve essere consegnata ai clienti. La Consob può tuttavia prevedere, con regolamento, anche altre forme.L’ATTIVITÀ DI NEGOZIAZIONE NEI MERCATI REGOLAMENTATI

L’art. 25 secondo comma del T.U. 58/98 riconosce alla Consob lafacoltà di disciplinare con regolamento le ipotesi in cui lanegoziazione degli strumenti finanziari trattati nei mercatiregolamentati italiani deve essere eseguita nei mercatiregolamentati stessi e, in tale eventualità, di stabilire le condizioniin presenza delle quali l’obbligo non sussiste.

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I FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO

GENERALITÀ

I fondi comuni di investimento consentono la raccolta delrisparmio per l’impiego dello stesso in beni, strumenti finanziari o

altri valori. Possiamo distinguere:• fondi comuni di investimento mobiliare;• fondi comuni di investimento immobiliare;• fondi aperti, nei quali non sono posti limiti all’ingresso di

nuovi partecipanti o all’uscita degli investitori;• fondi chiusi, caratterizzati da un importo fisso della

sottoscrizione e destinati a finanziare investimenti ben

definiti per dimensione e qualità.LA SOCIETÀ DI GESTIONE DEL RISPARMIO

La società di gestione del risparmio promuove la raccolta sulmercato delle disponibilità finanziarie che daranno vita al patrimonio del fondo e può gestire sia fondi di propria istituzionesia fondi istituiti da altre società. Essa deve essere autorizzatadalla Banca d’Italia e iscritta in un apposito albo.

La società di gestione del risparmio provvede, nell’interesse dei partecipanti, all’esercizio dei diritti di voto inerenti agli strumentifinanziari di pertinenza dei fondi gestiti, salvo diversadisposizione di legge.LA BANCA DEPOSITARIA

La banca depositaria ha anzitutto in custodia il patrimonio delfondo. Inoltre, nell’esercizio delle proprie funzioni:

• accerta la legittimità delle operazioni di emissione e rimborsodelle quote del fondo, il calcolo del loro valore e ladestinazione dei redditi del fondo;

• accerta che nelle operazioni relative al fondo lacontroprestazione le sia rimessa nei termini d’uso;

• esegue le istruzioni della società di gestione del risparmio senon sono contrarie alla legge, al regolamento o alle prescrizioni degli organi di vigilanza.

STRUTTURA E CARATTERISTICHE DEI FONDI

L’art. 37 del T.U. 58/98 demanda al Ministro del Tesoro, delBilancio e della programmazione economica, con regolamento

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adottato sentite la Banca d’Italia e la Consob, ladeterminazione dei criteri generali cui devono uniformarsi i fondicomuni di investimento relativamente all’oggettodell’investimento, alle categorie di investitori, alle modalità di

 partecipazione, all’eventuale durata.Ciascun fondo comune di investimento, o ciascun comparto di unostesso fondo, costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti glieffetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e daquello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimoniogestito dalla medesima società. Su tale patrimonio non sonoammesse azioni dei creditori della società di gestione del

risparmio o nell’interesse della stessa, né quelle dei creditori deldepositario o del sub depositario o nell’interesse degli stessi. Leazioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse soltantosulle quote di partecipazione dei medesimi.IL REGOLAMENTO DEL FONDO

Il rapporto di partecipazione al fondo comune di investimento èdisciplinato dal regolamento del fondo. La Banca d’Italia, sentitala Consob, determina i criteri generali di redazione di taleregolamento e il suo contenuto minimo. Il regolamento del fondodefinisce le caratteristiche del fondo, ne disciplina ilfunzionamento, indica la società promotrice, il gestore, se diversodalla società promotrice, e la banca depositaria; definisce laripartizione dei compiti tra tali soggetti, regola i rapportiintercorrenti tra tali soggetti e i partecipanti al fondo.LE SOCIETÀ DI INVESTIMENTO A CAPITALE VARIABILE (S.I.C.A.V.)NOZIONE

La Società di Investimento a Capitale Variabile, disciplinata dalD.Lgs. 84/92, può essere definita come la società per azioni che ha  per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonioraccolto mediante l’offerta al pubblico di proprie azioni. Ladifferenza sostanziale rispetto ai fondi comuni di investimentoconsiste nel fatto che, mentre nei fondi l’investitore è mero titolare

di una quota di partecipazione ad un fondo ammministrato da unasocietà di gestione, nelle S.I.C.A.V. l’investitore è socio della

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società ed il fondo patrimoniale è lo stesso patrimonio dellasocietà.COSTITUZIONE

La S.I.C.A.V. può essere costituita solo previa autorizzazione

della Banca d’Italia, sentita la Consob, qualora presenti i seguentirequisiti:• sia costituita come società per azioni;• abbia la sede legale nel territorio della Repubblica;• abbia il capitale sociale non inferiore a quello stabilito dalla

Banca d’Italia;• sia amministrata e diretta da soggetti di riconosciuta

 professionalità;• abbia come oggetto esclusivo l’investimento collettivo del

 patrimonio raccolto mediante offerta al pubblico delle proprieazioni.

CAPITALE SOCIALE

La S.I.C.A.V. è caratterizzata dalla variabilità del capitale socialein quanto quest’ultimo muta direttamente in relazione ad eventi

che concernono la compagine sociale come l’ingresso di nuovisoci o il recesso di vecchi, profitti e perdite di gestione. Talevariabilità porta il capitale sociale a coincidere sempre con il  patrimonio netto della società, valutato secondo i criteri dellaBanca d’Italia. Ciò determina la pressoché totale disapplicazionedella disciplina di diritto comune concernente le riserve, nonché lariduzione e l’aumento del capitale.

LE AZIONILe azioni devono essere interamente liberate al momento dellaloro emissione. La legge prevede nelle S.I.C.A.V. due categorie diazioni:

• le azioni nominative, che attribuiscono il voto in riferimentoalla porzione di patrimonio corrispondente;

• le azioni al portatore, che attribuiscono al socio un solo votoindipendentemente dal numero di azioni possedute.

In nessun caso la S.I.C.A.V. può acquistare o detenere azioni proprie, né può emettere obbligazioni.

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LE ASSEMBLEE SOCIALI

L’assemblea ordinaria e l’assemblea straordinaria in secondaconvocazione, possono validamente deliberare qualunque sia la parte di capitale sociale intervenuta. Se lo consente lo statuto, il

voto può essere dato per corrispondenza. Le deliberazionicomportanti modifiche allo statuto devono essere approvate dallaBanca d’Italia, alla quale esse devono essere inviate entro 15giorni dalla data di svolgimento dell’assemblea.LA GESTIONE

La S.I.C.A.V. può delegare poteri di gestione del proprio patrimonio ma delegata può essere esclusivamente una società di

gestione del risparmio. Il rapporto tra S.I.C.A.V. e società delegatasi configura, secondo la dottrina, come rapporto di rappresentanzaorganica, con la conseguente applicabilità dell’art. 2384, il qualedispone l’inopponibilità al terzo contraente di buona fede delsuperamento della delega da parte del delegato.FUSIONE  E SCISSIONE; SCIOGLIMENTO E LIQUIDAZIONE

La S.I.C.A.V. non può trasformarsi in organismo diverso. Glieventuali progetti di fusione e scissione debbono ricevere il nullaosta della Banca d’Italia.La S.I.C.A.V. si scioglie per il verificarsi della diminuzione del patrimonio al disotto dei minimi previsti, se non si provvede areintegrarlo entro 60 giorni144, o per una delle altre cause previstedall’art. 2448 (decorso del termine, conseguimento dell’oggettosociale, impossibilità di funzionamento, deliberazione dell’assem- blea, altre cause previste dall’atto costitutivo).In seguito allo scioglimento la società non può più procedereall’emissione ed al rimborso delle azioni. La nomina, la revoca ela sostituzione dei liquidatori compete all’assemblea straordinariae si applica l’art. 2450.Deve ricordarsi, infine, che la S.I.C.A.V. non può fallire ed èassoggettabile, invece, alle procedure concorsualidell’amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta

amministrativa.

144 Il termine è sospeso qualora sia iniziata una procedura di fusione con altra S.I.C.A.V.

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I MERCATI REGOLAMENTATI

GENERALITÀ

L’istituzione dei mercati finanziari regolamentati si ricollegatradizionalmente all’esigenza di organizzare mercati efficienti per 

lo scambio dei titoli e che offrano opportune misure di garanzia atutela degli emittenti e dei risparmiatori. Nel sistema del mercatomobiliare italiano, sono mercati regolamentati:

• la Borsa Valori;• il mercato ristretto;• il mercato per la negoziazione dei derivati (Idem);• il mercato secondario dei titoli di Stato o garantiti dallo Stato,

sia quotati che non quotati nella Borsa (Mts);• il mercato dei contratti uniformi a termine sui titoli di Stato

(Mif, Mto).LE SOCIETÀ DI GESTIONE DEI MERCATI REGOLAMENTATI

L’attività di gestione dei mercati è considerata attivitàimprenditoriale a tutti gli effetti. Le società di gestione debbonoessere costituite come S.p.A., dotate di ampia autonomia nella

scelta della propria compagine azionaria. La partecipazione alcapitale sociale, infatti, non è riservata ai soli intermediariautorizzati ma lasciata aperta a tutti i soggetti previsti dai relativistatuti. All’assemblea ordinaria dei soci spetta l’adozione delregolamento di disciplina dell’organizzazione e gestione delmercato.LA BORSA VALORI

Prima dell’intervento del D.Lgs. 415/96, la Borsa Valori era, nelnostro paese, un mercato organizzato di diritto pubblico cheoffriva un servizio pubblico di monopolio e come tale gestito evigilato dalla pubblica autorità. Il citato decreto l’ha inveceinquadrata come impresa operante in regime privatistico sia puresotto il controllo e la vigilanza di autorità istituzionali. Il Consigliodi Borsa, già operante dal 1993, fu incaricato alla costituzione

delle varie società di gestione. Il 7 Febbraio 1997 fu così istituitala Borsa Italiana S.p.A. per la gestione della Borsa valori, delmercato ristretto e del mercato dei derivati.

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Il funzionamento della BorsaLe modalità operative della Borsa sono state innovateradicalmente a partire dal 25 Novembre 1991 quando si è passatidal sistema di contrattazione “alle grida” al sistema telematico.

La contrattazione continua si svolge tutti i giorni di apertura dellaBorsa ed è suddivisa essenzialmente da due sessioni: l’MTA, ilmercato diurno, dalle 9:30 alle 17:30 e dall’TAH, il mercatoserale, operativo dal 15 maggio 2000.Compensazione e liquidazione delle operazioni di Borsa,

sistemi di garanziaMentre secondo la disciplina anteriore al T.U. 58/98, la

liquidazione delle operazioni su valori mobiliari doveva avvenireattraverso appositi organismi pubblici denominati stanze dicompensazione, attualmente i servizi di compensazione eliquidazione possono essere affidati ad una apposita societàautorizzata dalla Banca d’Italia e dalla Consob e sottoposta avigilanza esercitata dai medesimi organi. Inoltre, sono stateintrodotte significative novità anche in relazione al sistemafinalizzato a garantire il buon fine dei contratti.IL MERCATO RISTRETTO

Accanto al listino ufficiale ne esiste un secondo, chiamatoMercato Ristretto, nel quale è iscritto un numero limitato di titolima che per tutto il resto ricalca esattamente il fratello maggiore.Le differenze sostanziali fra listino ufficiale e mercato ristrettosono essenzialmente due:

• la minore consistenza del flottante in circolazione;• la mancanza, in molti casi, di tutti i requisiti per essere

ammessi alla quotazione ufficiale.Il Mercato Ristretto svolge inoltre una funzione preparatoria, di“acclimatazione”, all'iscrizione al listino. E’ il caso di ricordareche il Mercato Ristretto italiano autorizzato ufficialmente soltantodal maggio del 1978. Prima di allora era un qualcosa di spontaneo,non regolamentato se non dagli usi ed alle consuetudini.

ALTRI MERCATI TELEMATICI

In borsa possono essere trattati soltanto lotti minimi di titoli.Questo vincolo crea non pochi problemi ai possessori di un

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quantitativo di titoli inferiore al lotto minimo di contrattazione.Per questo motivo è stato creato un mercato di supporto a quello  principale, il Mercato telematico delle spezzature, dove è possibile liquidare tali quantitativi “anomali” di titoli. Il mercato si

articola in due diverse sessioni:• la prima va dalle 8:15 alle 12:45: in questo arco di tempo è

consentito procedere alla contrattazione di spezzature divalori mobiliari inseriti nel gruppo A del mercato principale,vale a dire i titoli più importanti e a più largo flottante;

• la seconda ha inizio alle 12:45 e termina alle 18: in questafase si proceda all'abbinamento dei residui titoli del gruppo A

che non hanno segnato un prezzo di apertura sul mercato principale e dei titoli del gruppo B a minor flottante.LA VIGILANZA SUI MERCATI REGOLAMENTATI

La Consob è l'organo centrale e fondamentale di controllo deimercati regolamentati. Essa ha il compito istituzionale di vigilaresui mercati medesimi al fine di assicurare la trasparenza, l'ordinatosvolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. È datafacoltà alla Consob di stabilire le modalità e i termini con i quali  può chiedere alle società di gestione la comunicazione anche periodica di dati, e in genere di tutte le informazioni utili, nonchéeseguire ispezioni presso le stesse e richiedere l'esibizione didocumenti e il compimento degli atti ritenuti necessari. Nel casoin cui si verifichino situazioni di necessità ed urgenza, la Consob può, inoltre, per perseguire la finalità di tutela degli investitori,sostituirsi alla società di gestione o adottare direttamente i  provvedimenti ritenuti necessari. La vigilanza sui sistemi dicompensazione, di liquidazione e di garanzia, invece, è esercitatasia dalla Consob che dalla banca d'Italia. A tal fine la bancad'Italia e la Consob possono richiedere, ai gestori dei sistemi, allasocietà autorizzata a gestire il sistema di compensazione eliquidazione e agli operatori, dati e notizie in ordine allacompensazione e liquidazione della operazioni ed effettuare

ispezioni. In caso di necessità e urgenza, la banca d'Italia adotta i provvedimenti idonei a consentire la tempestiva chiusura della

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liquidazione, anche sostituendosi ai gestori dei sistemi e deiservizi.I CONTRATTI DI BORSA: GENERALITÀ

Poiché il codice civile non contiene una disciplina specifica dei

contratti di borsa, per definire questi ultimi occorre riferirsi adalcuni contratti nati attraverso la pratica delle borse edoriginariamente regolati solo dagli usi di borsa.Tali contratti si definiscono:

• a mercato fermo, allorquando i contraenti si obbligano adeseguirli secondo il contenuto stabilito al momento dellaconclusione;

a mercato libero, allorquando un contraente versa all'altro unasomma ed acquista il diritto di variare il contenuto delcontratto o di sciogliersi da esso.

Essi poi, possono essere:• a contante: vanno eseguiti entro il termine massimo di dieci

giorni dalla stipulazione;• a termine: con esecuzione differita rispetto al momento della

stipulazione del contratto.I contratti a premioI contratti a premio sono quelli in cui uno dei contraenti, medianteil pagamento di un compenso (premio) si riserva la facoltà direcedere dal contratto o di variarne il contenuto scegliendo traacquisto e vendita dei titoli, oppure raddoppiando o triplicando ilquantitativo di titoli contrattati.  Nel giorno di risposta premi il compratore del premio deve  precisare se intende o meno eseguire il contratto e, in casoaffermativo, deve precisare la quantità di titoli che intende ritirareo consegnare, secondo il tipo di contratto a premio stipulato. Icontratti a premio rappresentano, insieme alle opzioni su azioni, leuniche modalità attualmente ammesse di negoziazione a termine.Ciò si è verificato in seguito all'estensione per tutti gli altri tipi dicontratti della liquidazione a contanti, facendo scomparire la

categoria dei contratti a termine fisso.

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Altri contrattiI Financial FuturesIl termine financial futures è usato per definire quella parte,sempre più consistente, di contratti a termine standardizzati su

grandezze finanziarie, in cui una parte si impegna a vendereall'altra, in una data predefinita, una determinata quantità di unostrumento finanziario. L'altra parte a sua volta si impegna adacquistare. Ciò che differenzia i contratti futures da quelli atermine è la specifica determinazione del tipo di strumento oggettodella negoziazione, nonché della sua quantità, delle date discadenza dei contratti e in genere di tutte le modalità di

negoziazione. Ma la distinzione più rilevante fra questi due tipi dicontratti è rappresentata dalla clearing house, che nei futures sisostituisce alle controparti appena concluso il contratto. Ciòdetermina una scissione dell'obbligazione in due vendite distinte:la prima dalla controparte alla clearing house e la seconda dallaclearing house all'altro soggetto del contratto. In tal modo laclearing house, divenendo controparte diretta di tutti i partecipantial mercato, assume l'onere di adempimento di tutti i contratticonclusi, incrementando, in maniera determinante, l'affidabilitàdel mercato.Le optionsL'opzione è un contratto che attribuisce all'acquirente il diritto enon l'obbligo di comprare (opzione call) e di vendere (opzione put) uno specifico strumento finanziario (titoli, valuta, tassi diinteresse) al un determinato prezzo (prezzo di esercizio) entrooppure a una data futura determinata. Il diritto è conferito dalvenditore al compratore previa corresponsione di un premio detto prezzo dell'opzione.IL RIPORTO DI BORSA

Il riporto di borsa si caratterizza rispetto al riporto di banca per lasua specializzazione causale e la disciplina codicistica trovaattualmente specificazione nella delibera Consob 27/2/96, numero

9821, ove si distingue tra:• riporto titoli: il riportatore ha necessità di ottenere un

finanziamento in titoli. Il riportato glieli trasferisce in

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  proprietà per un determinato prezzo ed il riportatoreassume l'obbligo di ritrasferirgli altrettanti titoli della stessaspecie per un prezzo decurtato in misura pari al corrispettivo pattuito per il finanziamento (deporto).

riporto lire: il riportato ha necessità di ottenere unfinanziamento in lire. Trasferisce titoli in proprietà alriportatore per un determinato prezzo e questi assumel'obbligo di ritrasferirgli altrettanti titoli della stessa specie per un prezzo incrementato in misura pari al corrispettivo pattuito per il finanziamento (riporto).

In entrambi i casi possono formare oggetto del contratto le azioni,

le obbligazioni convertibili e di warrants quotati in borsa onegoziati a contante. 

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