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www.storiainrete.com n. 151 | Maggio 2018 | € 6,90 L'ULTIMO ASBURGO Con Carlo I, si consuma l'atto finale della dinastia sul trono di Vienna Qual era il piano del Duce nelle sue ultime ore? E perché è fallito? Nuove ricerche portano a risposte sorprendenti M U S S OLIN I L 'UL TI MO AP P U N TAME N TO Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L 353/03(conv in L. 27/02/2004 n°46) Art.1 Comma 1 Salerno Aut /SA/11/2018/C, CARNE UMANA CHE PASSIONE Dai Caraibi di Colombo all'Ucraina di Stalin,mito e realtà del cannibalismo AUGURI KARL MARX! Il mondo celebra e si interroga sui due secoli del papà del Comunismo

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  • www.storiainrete.comn. 151 | Maggio 2018 | 6,90

    L'ULTIMO ASBURGO

    Con Carlo I, si consuma l'atto finale della dinastia

    sul trono di Vienna

    Qual era il piano del Ducenelle sue ultime ore?

    E perch fallito? Nuove ricerche portanoa risposte sorprendenti

    MUSSOLINIL'ULTIMO APPU

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    Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonam

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    CARNE UMANA CHE PASSIONEDai Caraibi di Colombo all'Ucraina di Stalin,mitoe realt del cannibalismo

    AUGURI KARL MARX!Il mondo celebra e si interrogasui due secoli del papdel Comunismo

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  • 10 | STORIA IN RETE Maggio 2018

    COPERTINAMisteri dItalia

    Come certi piatti molto ricchi di ingredienti,il mistero di Dongo svela i vari sapori unpo alla volta. Lo fa con una lentezza esa-sperante ma lo fa. E non detto che isapori dominanti siano quelli che si fannoindividuare per primi. Anzi, per farsi sco-prire appieno possono aver bisogno di molti anni, anchepi di settanta... Ce lo conferma lultimo libro su quellin-credibile concentrato di enigmi rappresentato dagli ultimigiorni e dalle ultime ore di Benito Mussolini. Il libro lo hascritto Roberto Festorazzi, uno dei dongologi pi attividegli ultimi anni oltre che firma nota ai lettori di Storia inRete. Festorazzi ha dato da poco alle stampe il suo IlGolpe di Dongo (ed. Il Silicio / Editoriale Lombarda, pp.300, 30,00), un saggio incentrato su una delle ombrepi ingombranti e meno note delle spasmodiche giornatedi fine aprile 1945 sul lago di Como. Quellombra non haun volto (poche fotografie, nessuna di pubblico dominio)ma ha un nome e un cognome: Bruno Puccioni. Di questopersonaggio aveva parlato diffusamente e per la primavolta, nellormai lontano 1993, Alessandro Zanella autoredi Lora di Dongo (Rusconi) uno dei non molti testi fon-damentali nella fitta bibliografia sugli ultimi giorni di Mus-

    solini. E ora a quelle informazioni se ne aggiungono altreche confermano il ruolo giocato da questo avvocatofiorentino, uomo intelligente, affascinante e per nulla spa-ventato dalle contraddizioni come scopriremo tra poco.Per arrivare alle contraddizioni di Puccioni dobbiamo perprima partire dal sottotitolo del libro di Festorazzi, sottotitoloche ha fatto storcere la bocca a qualcuno perch, testualmente,recita cos: Renzo De Felice e le carte segrete sulla fine diMussolini.

    Probabilmente quei malumori nascono da un equivoco ecio che il giornalista di Como (Festorazzi) abbia voluto inqualche modo equipararsi al grande storico del Fascismo(De Felice). In realt, Festorazzi fin dalla introduzione delsuo libro (Senza pretendere di voler scrivere loperamagistrale che solo De Felice avrebbe potuto realizzare,basti qui dare conto della nuova pista di indagine che i do-cumenti rendono oggi possibile) ha messo bene in chiaroche il suo scopo pi che legittimo era quello di renderenote parte delle carte che avevano indotto De Felice a farealcune clamorose affermazioni poco prima di morire. Affer-mazioni che allepoca (si era nel 1995) fecero scalpore perpoi essere velocemente confinate nel dimenticatoio visto

    di

    MUSSOLINIFine aprile 1945: quale piano aveva il dittatore nelle sue ultime ore dauomo libero? La cattura da parte dei partigiani a Dongo imped un incontrodecisivo con emissari inglesi o americani? Un libro appena uscito rivelacircostanze che confermano lipotesi secondo la quale il capo del Fascismocerc fino allultimo una via di uscita politica. Che passava dai suoi dossiersegreti (incluso il carteggio Mussolini-Churchill) e da un personaggio misteriosorimasto a lungo nellombra...

    di Fabio Andriola

    LULTIMO APPUNTAMENTO

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  • Lincredibile intrico di giochi e giocatori che si incrociarono

    negli ultimi giorni di vitadi Mussolini, dalluscita

    dallArcivescovado di Milanoalla macelleria di Piazzale

    Loreto. Fra i suoi protagonistianche un agente segreto

    rimasto senza volto: BrunoPuccioni, i cui documenti

    vengono analizzati da RobertoFestorazzi in un nuovo saggio

    sul mistero dei misteri dItalia

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  • 22 | STORIA IN RETE Maggio 2018

    COPERTINAAnticipazioni

    Renzo De Felice, nella seconda met deglianni Ottanta del Novecento, ricevette docu-menti dellarchivio di Bruno Piero Puccioni,uomo dei servizi segreti e protagonista, sul-lalto lago di Como, nello scenario della finedi Mussolini, della pi spericolata collusionecon i partigiani che si possa immaginare. () Quei docu-menti raccontano una storia che supera ogni pi fantasticaimmaginazione. Dallesame delle carte, si comprende su qualielementi lo storico del fascismo fondasse le sue convinzioni,espresse nel libro-intervista Rosso e Nero, del 1995, nelquale, a sorpresa, si dichiar poco interessato a sapere i det-tagli dellesecuzione di Mussolini: scoprire se il grilletto lhatirato Tizio o Sempronio, se stato fucilato davanti al famosocancello di Mezzegra o ucciso in casa De Maria molti si me-raviglieranno a me importa poco. La morte non stata lacosa pi importante della vita di Mussolini!. Di gran lungadecisivo, invece, sarebbe stato raccontare che cosa suc-cesso, fra il 27 e il 28 aprile a Sal e a Giulino di Mezzegra. La

    morte di Mussolini va vista in una cornice di lotta e di con-correnza fra forze politiche italiane e servizi segreti stranieriche fecero di quellevento il punto di convergenza di una seriedi manovre i cui effetti si fanno sentire ancora oggi. Di qui,la sua affermazione, secondo cui la chiave di tutti gli enigmiera da ricercarsi nelle lettere del carteggio con Churchill cheavrebbero potuto riservare, alla loro apparizione, qualcheinedita sorpresa. Per capirne di pi, bisogna ritornare dun-que alla fonte degli ultimi studi defeliciani, in particolare alracconto dei fatti documentati nellarchivio Puccioni. Questi,sfollato dalla met del 1944 a Villa Camilla di Domaso, infil-tr gli uomini della locale 52 Brigata Garibaldi quella che,il 27 aprile 1945, ferm la colonna italo-tedesca in cui viag-giava il Duce che gli apparivano politicamente neutri, main sostanza anticomunisti. Prese corpo in tal modo una con-giura che solo oggi emerge, alla luce dei nuovi documenti. Inun suo appunto, Puccioni stesso descrive il livello di conta-minazione del teatro delle ultime ore di Mussolini, ad operadi potenze straniere in vivace contrapposizione tra loro. Una

    Tra i tanti agenti segreti operativi sul Lago di Comoa fine aprile 1945 cera ancheun misterioso avvocato fiorentino deciso a salvare Mussolini e a mettere le mani suisuoi documenti. Lavorava per il Regno del Sud e per gli americani e aveva dalla suaanche molti dei partigiani di Dongo. Molti ma non tutti: questo il dettaglio chefece fallire i suoi piani. Ma, comunque, pochi ebbero quanto lui chiara la situazionee la possibilit di vedere le famose carte di Mussolini, tra le quali cera anche ilfamoso carteggio con Churchill. Si chiamava Bruno Puccioni e negli anni Ottantarivel molte cose a Renzo De Felice che per non fece in tempo ad usarle per il suoultimo libro. Oggi Roberto Festorazzi ha potuto vedere a sua volta quelle carte e ciha scritto un libro Il Golpedi Dongo da cui abbiamo tratto alcuni passaggi

    di Roberto Festorazzi

    GUERRA DI SPIEDONGO

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  • Maggio 2018 STORIA IN RETE |23

    Il municipio di Dongo, sul Lago di Como,nelle concitate ore del 28 aprile 1945,quando Mussolini e gran parte della dirigenza della Repubblica Socialevennero fucilati dai partigiani

    presenza invisibile di missioni speciali che, per il tessitore ditrame occulte, era un normale ambiente di lavoro con cui in-teragire: Gi fino dai primi di marzo [del 1945], nella zonadi Como, da Menaggio al Ponte del Passo, si aggiravanoagenti segreti delle varie nazioni in guerra che prevedevano,come aveva annunciato Radio Londra, una fine molto pros-sima del conflitto. Agenti dellIntelligence Service inglese, delCIC [il servizio segreto militare USA, NdR] dellOSS [il serviziosegreto civile USA, lantesignano della CIA, NdR], del Giap-pone, dei tedeschi, dei russi insieme a molti disertori di variPaesi e a inviati alleati e del Regno del Sud, avevano da tempostretto contatto con informatori locali, anche non comunisti,e con paesani.

    A Gravedona (dove cera un centro SIS [il Servizio segretodella Regia Marina, NdR] e a Tremezzo, esistevano gi orga-nizzazioni efficienti e sempre allerta. A poco a poco si riusca conoscere il nome di alcuni informatori e lincarico da lororicevuto da parte delle nazioni dalle quali dipendevano. (...)

    In un contesto in cui anche i tedeschi si predisponevano avendere la persona fisica del Duce, sul piatto di una resa, senon onorevole, perlomeno in grado di salvare molta partedella gerarchia militare del Reich, risorsa da riciclarsi in unaguerra fredda ormai alle porte, i presidi di intelligence eranoallertati per guidare gli eventi nella direzione desiderata. Gliordini erano: neutralizzare le residue forze combattenti fasci-ste, evitare bagni di sangue, quelle Termopili vagheggiate,nel suo febbricitante romanticismo, da Pavolini. A Domaso,i partigiani, irretiti dallabilit di Puccioni, cominciarono cosa riunirsi, a Villa Camilla, per recepirne le direttive. Non tar-darono ad accorgersi che il legale fiorentino operava comeelemento di raccordo in grado di pilotare il trapasso di regimein una direzione concordata con lOSS statunitense. Il grandetessitore riusc cos a convincere il comandante della 52 Bri-gata, Pier Bellini Stelle, il suo braccio destro, Urbano LazzaroBill, e i loro fidi compagni di lotta, del fatto che, se le cosefossero precipitate, e il Duce fosse giunto nel territorio dellago di Como, per essere catturato, lo si sarebbe dovuto porre

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  • 32 | STORIA IN RETE Maggio 2018

    U n libro di storia scritto in chiave divul-gativa si propone di storicizzare il sempreattuale Ventennio fascista, con una vi-sione il pi possibile deideologizzata,che si ferma alla narrazione della veritstorica. Ne sono autori Luciano Garibaldi,ben noto ai lettori di Storia in Rete, titolare, fin dalla fon-dazione del nostro mensile, della rubrica di corrispondenzacon i lettori e autore di oltre quaranta libri di storia, e la figliaSimonetta, a sua volta autrice di testi tra i quali Genova e iMille e Adolf Hitler. Il tempo della svastica. Il titolo delnuovo libro dei due autori : Eventi e protagonisti delVentennio fascista (200 pagine, 18 euro). Leditore Mattioli1885, per la collana Archivio Storia. Sono passati pi di 70anni dalla fine del Fascismo ed tornato nelle piazze loscontro tra fascisti e antifascisti. il segno di una ferita nonancora rimarginata: risultato che si potr raggiungere soloquando il Ventennio fascista sar finalmente storicizzato. quanto si propone di fare il nuovo libro, partendo dal raccontodelle leggi e delle riforme positive a cui il Regime seppe mettermano, come il blocco dellinflazione e della svalutazione dellalira, la bonifica delle paludi e la conciliazione tra Stato eChiesa. Non si possono per dimenticare le scelte nefastecome le leggi razziali, la fine della libert di stampa e lentratain guerra contro Francia e Inghilterra. Il Ventennio viene cosraccontato con stile giornalistico: dalla marcia su Roma sinoalla morte del Duce sul Lago di Como. Oltre a questo il lettorepotr conoscere gli ottanta principali protagonisti di quelperiodo con le brevi biografie delle pi rappresentative figure

    del Fascismo (solo per citarne alcune, DAnnunzio, Gentile,Ciano, Balbo, Badoglio e Graziani) e dellAntifascismo (DeGasperi, Pertini, Nenni, Togliatti, Matteotti, Gramsci, Carloe Nello Rosselli). Per gentile concessione delleditore, pubblichiamoi due capitoli dedicati al fatale 8 settembre 1943.

    La sera del 7 settembre 1943 giungono aRoma, a bordo di unautoambulanza, duealti ufficiali americani, raccolti in mare pocheore prima come finti prigionieri. Sono il ge-nerale Maxwell Taylor, giovane e atletico vi-cecomandante delle forze paracadutiste USA,e il suo aiutante di campo, il tenente colonnello Gardiner. Idue americani hanno una fretta maledetta e vogliono saperedove far atterrare i paracadutisti, poich lannuncio delcessate il fuoco tra italiani e Alleati ormai imminente.Ma prima il generale Carboni, capo del SIM (Servizio In-formazioni Militari), e poi lo stesso maresciallo Badoglio, lisupplicano di inviare un cablo a Eisenhower affinch so-prassieda allannuncio dellarmistizio, perch i tedeschihanno occupato tutti gli aeroporti ed impossibile faratterrare i paracadutisti. Secondo gli accordi verbali presidal generale Castellano durante la firma dellarmistizio, il 3settembre, a Cassibile, in Sicilia, il segnale stabilito da Ei-senhower per avvertirci del giorno in cui avrebbe dato lan-nuncio al mondo era un concerto di musiche verdianeseguito da una conferenza sul Sud America, che sarebberostati mandati in onda dalla BBC la mattina del d-day. L8settembre mattina, concerto e conferenza furono regolarmente

    Luci e ombre del giorno pi buio nella storia dItalia. Un nuovo libroripercorre uomini e date fatali degli anni del Fascismo e ovviamente nonpoteva evitare di parlare dellarmistizio annunciato tra mille incertezze dal ma-resciallo Badoglio. Un comunicato scarno cui seguirono infiniti drammi suiquali si mette sempre laccento ma anche moltissimi atti di valore e dicoraggio che invece vengono spesso dimenticati. Spesso ma non semprecome dimostrano le pagine che seguono

    di Luciano & Simonetta Garibaldi

    8 SETTEMBRE 1943LA MADRE DI TUTTE LE TRAGEDIE

    ANTICIPAZIONIPatrie in agonia

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  • Maggio 2018 STORIA IN RETE |33

    Un manifesto di Gino Boccasile:

    con l8 settembre1943 tutti

    gli sforzi degli italiani fin

    dal Risorgimento sembrarono

    perduti e cancellati per sempre

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  • 36 | STORIA IN RETE Maggio 2018

    Venivano chiamati IMI ed erano i soldati italiani che si rifiutarono di obbedire.Dopo larmistizio del 1943 oltre 650 mila militari del Regio vennero catturati daitedeschi deportati nei lager dove in pi di 50 mila persero la vita. Molti rifiutaronoogni collaborazione, sia militare che come lavoratori, con il Reich e la RSI e rimaseronei campi. Dimenticati e guardati con scetticismo nel dopoguerra, meritano di esserericordati come protagonisti di quellepoca. Oggi, una mostra permanente prova arompere una volta per tutte il silenzio sulla loro tragedia. E sul loro eroismo

    di Giacomo Tirozzi

    NOC CHI HA DETTO GUERRA CIVILE Resistenze passive

    Lotto settembre del 1943 lItalia firmalarmistizio con gli Alleati. Pochi giornidopo Mussolini fonda la Repubblica socialeitaliana. Lesercito italiano allo sbando.In questa fase oltre un milione di militariitaliani sono disarmati dai nazisti e pi

    di 800 mila sono quelli fatti prigionieri e sottoposti apressanti richieste di collaborazione, prima con la Wehrmacht,poi con la Repubblica di Sal. Gli stessi soldati e ufficialiche dal 10 giugno del 1940 combattono al fianco deitedeschi sui fronti della Francia meridionale, Grecia, Russia,Balcani, ma anche dellItalia meridionale, si trovano difronte a una scelta: seguire il giuramento al re VittorioEmanuele III, nel frattempo rifugiatosi a Brindisi, o restarecon Mussolini, liberato dagli alleati tedeschi. Se per letruppe di stanza nel Meridione la scelta pi facile, diversa la situazione per quelle al nord dove presente lesercitogermanico. La maggior parte dei militari, oltre 650 mila,oppone un secco NO! alla proposta di combattere per leforze dellAsse e per questo tradotta nei lager del TerzoReich, sfruttata come forza lavoro coatta e costretta avivere in condizioni disumane. Pur essendo di fatto pri-gionieri di guerra, i soldati acquisiscono lo status diInternati militari italiani (IMI), voluto da Hitler eMussolini per evitare la tutela delle convenzioni internazionali

    e giustificare il fatto che ci fossero degli italiani prigionieridellalleato tedesco. Di questi militari circa 50 mila hannoperso la vita per malattie e stenti, talvolta brutalmente as-sassinati [nonch per i bombardamenti angloamericani suicampi; una parte inoltre fin in mano sovietica e francesesubendo un nuovo internamento NdR]. Questa la vicendala cui testimonianza oggi affidata allAssociazione na-zionale reduci dalla prigionia, dallinternamento, dallaguerra di liberazione e loro familiari (ANRP), che agliIMI ha dedicato unesposizione permanente, Vite di IMI.Il museo ha sede a Roma, in via Labicana, allinterno diuna struttura militare nella quale allestito un percorsomultimediale e immersivo in sei sale, che unisce nuovetecnologie, cimeli e documenti depoca provenienti daicampi di concentramento. In questa stessa sede, poi, lAs-sociazione presieduta da Enzo Orlanducci ha raccontato con la mostra temporanea Italia-Germania: insieme peruna politica della memoria, patrocinata dal CNR unaltrastoria, quella delle divisioni che sulla questione degli IMIsi registrarono allinterno della Repubblica sociale e traquesta e i tedeschi. Lesposizione curata da Luciano Zani, eallestita prima a Berlino e poi a Roma, si concentra tramitedocumenti inediti dellArchivio storico-diplomatico delministero degli Affari Esteri sulle divisioni interne allaRepubblica sociale, tra lala radicale che propendeva per

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  • Maggio 2018 STORIA IN RETE |37

    Militari italiani presi prigionieri dai tedeschidopo lArmistizio e caricati su un treno.

    La scritta sulla foto indica la destinazione:Polen, Polonia. Nelle foto accanto, le foto

    di schedatura di alcuni dei militari italiani internati in Germania

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  • 42 | STORIA IN RETE Maggio 2018

    Nella storia spesso isanti di qualcunosono le bestie neredi qualcun altro. Inunepoca di assolutimoralistici, le cate-gorie di riferimento diventano quelle dieroe o di criminale, rispettivamente.Alojzije Stepinac (1898-1960), arcivescovodi Zagabria durante la Seconda guerramondiale, in questo senso un casoesemplare. Beatificato dalla Chiesa cat-tolica il 3 ottobre 1998 sotto papa GiovanniPaolo II, simbolo nazionale per i croati,Stepinac invece considerato dai serbiun criminale in quanto arcivescovo incarica durante il regime ustascia di AntePavelic, fra 1941 e 1945. Allostilit daparte dei serbi che ricalca un solco di

    odio apparentemente insanabile fra idue popoli sud-slavi si aggiunge quelladellanticlericalismo, sempre alla cacciadi veri o presunti collaborazionisti fi-lonazisti sui quali costruire leggendenere. Valga per tutti il caso papa Pacelli,violentemente calunniato come il papadi Hitler.

    Sulla figura di Stepinac uscito in questigiorni uno studio dello storico Pier LuigiGuiducci, docente presso lUniversit La-teranense di Roma, dal titolo: DossierStepinac. Alojzije Stepinac (1898-1960).Un arcivescovo tra ustae, etnici, nazisti,fascisti e comunisti, (Albatros, Roma, pp.458, 19,00). Un testo che giunge a pocomeno di un anno dalle conclusioni (assaiinterlocutorie) della commissione istituita

    da Papa Bergoglio per una rilettura co-mune della figura di Stepinac in vista diuna sua possibile canonizzazione. Il Papa,infatti, pur in presenza di un miracolo ri-conosciuto ufficialmente dalla Chiesa, nonvuole un conflitto con i serbi ortodossiche hanno manifestato direttamente allaSanta Sede la contrariet alla proclamazionedella santit dellarcivescovo croato. Fran-cesco ha cos fermato il processo di cano-nizzazione di Stepinac e promosso unacommissione serbo-croata per uno studiostorico sulla figura e loperato dellarcivescovo.Nel luglio 2017, dopo un anno di incontri,i lavori si sono conclusi con un nulla difatto. In tale contesto normale che moltisi chiedano: chi era Stepinac? Un criminaleo un santo? Lopera di Guiducci (iniziataprima dellavvio dellattivit della com-

    Le proteste della Chiesa ortodossa serbahanno fatto arenare il processo di ca-nonizzazione di Alojzije Stepinac, vescovo croato durante la Seconda guerramondiale. Lodio tra serbi e croati e laccusa di collaborazionismo con il regimeustascia di Ante Pavelic hanno creato una leggenda nera attorno al vescovo chenel dopoguerra venne perseguitato dal regime comunista di Tito. Ora un nuovostudio basato su una notevole mole di documenti provenienti dagli archiviintende smascherare le menzogne che soprattutto i titini hanno rovesciato su uncoraggioso prelato che la Chiesa ha proclamato Beato. Storia in Rete ha parlatocon lautore del saggio, Pier Luigi Guiducci, storico presso lUniversit Lateranense

    di Emanuele Mastrangelo

    STEPINAC, IL VESCOVO CHE NON PIACEVA

    A FASCISTI E COMUNISTI

    INTERVISTEVite tribolate

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  • Maggio 201848 | STORIA IN RETE

    ANTICIPAZIONI Il colpevole sempre il maggiordomo

    Nel 1939 usc in Italia il romanzo diP.G. Wodehouse, Il codice deiWooster o Jeeves non si smentisce.Per chi non conosce questa lettera-tura umoristica inglese diciamo su-bito che le intricate, quantospassose, vicende del nobiluomo Bertie Wooster ven-gono sempre dipanate felicemente dallinsostituibilemaggiordomo Jeeves, impegnato in questavventura, tralaltro, a districarsi anche tra le beghe di una fantomaticaorganizzazione fascista inglese, denominata lAssocia-zione dei calzoncini neri, ritenuta la salvatrice dellaGran Bretagna. Indubbiamente, dati i tempi, lautorenon resiste alla tentazione di parodiare il BNf (BritishUnion of Fascists), che tanto incuriosisce la societ bri-tannica e lo stesso Churchill, esponendolo alla gognamediatica. Il codice Wooster in questione non trattadi un impenetrabile sistema di comunicazione, come sipotrebbe pensare, ma semplicemente di un codice etico,secondo cui: un amico non si lascia mai in asso.Chiss se mai in seguito Wodehouse venne a sapere che,proprio in quegli anni, il maggiordomo italiano fran-cesco Costantini iscritto regolarmente, come quasi

    tutti del resto, al PNf tanto deriso al servizio del ba-ronetto sir Eric Drummond diplomatico accreditatopresso lambasciata britannica a Roma si prese giocodellIntelligence Service, causando pi danni, probabil-mente, di quanti ammontarono i proventi del suo ro-manzo. A quanto pare, dal diario del ministro degliEsteri, conte Galeazzo Ciano, pubblicato in Italia da Riz-zoli, nel 1946 gli inglesi appresero la dolente notizia diuna grave sottrazione di documenti importanti dallacassaforte dellambasciata di Roma ai tempi di sirDrummond, prima che fosse sostituito dal neogovernoChamberlain nel mese di aprile del 1939. ()

    La cosa provoc anche una interrogazione parlamen-tare alla Camera dei Comuni che si rinnov addiritturanel gennaio 1958, poich la stampa europea aveva bat-tuto la notizia che, in seguito a una pubblicazione uscitaqualche mese prima in Italia, a cura del Jeeves fran-cesco Costantini, si erano venuti a sapere i grotteschi re-troscena dellincredibile affare dellambasciata,esponendo al ludibrio mondiale il prestigio della GranBretagna. () Alla seduta della Camera dei comuni del27 gennaio 1958 mr. Davies, alquanto inviperito, chiese

    E cos Ciccio freglIntelligenceServiceIn Italia, quando si parla di spie nostrane, si pensa subito a servizideviati, stragi, depistaggi, collusioni con malavita e massoneria... E invecela nostra intelligence ha una lunga tradizione di successi che nulla hannoda invidiare alle storie di spionaggio inventate da cinema e letteratura.Ora un nuovo libro racconta alcune storie di questi 007 italiani. Neabbiamo scelta una davvero singolare: quella di Francesco Costantini,un maggiordomo che negli anni Trenta rub importanti documenti dal-lambasciata inglese a Roma

    di Angelo Acampora

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  • Maggio 2018 STORIA IN RETE |49

    Lambasciata britannica a Roma, accanto a Porta Pia, poco prima dellattentato sionista

    del 1946 che sventr la villa seicentesca del Duca di Bracciano in cui era insediata.

    Nellaltra foto, tratta da Candido del 1957,Francesco Costantini, detto Ciccio,

    maggiordomo nellambasciata britannica che negli anni Trenta forn ai servizi

    di informazione di Mussolini inestimabilidocumenti segreti della Gran Bretagna

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  • 56 | STORIA IN RETE Maggio 2018

    ANNIVERSARIProfeti materialisti

    Una delle caratteristi-che della figura delprofeta lassolutacertezza della veritdel messaggio che venuto ad annun-ciare e la cui traduzione nella realt ap-partiene al futuro. LAntico Testamento il testo chiave della tradizione profetica enon a caso nasce e si sviluppa nellambitodi un popolo, quello ebraico, che, proprioper la convinzione di essere stato sceltonel disegno divino di emancipazione del-lumanit, si proclama popolo eletto,da cui nascer il Messia destinato a portarela salvezza. Pu sembrare un discorsoche non ha nulla a che vedere con ilfilosofo di Treviri, di cui proprio nelmaggio di questo anno ricorre il due-

    centesimo della nascita, il 5 maggio 1818.Ma non cos, come vedremo nel corsodi questo articolo. La famiglia paterna diMarx poteva vantare una antica tradizionerabbinica a cui il padre, un teista allaLocke, si era per sottratto fin da giovane,crescendo nella cultura illuministica. Ac-cett il battesimo presso la chiesa evan-gelica nazionale, pochi mesi prima dellanascita di Karl, per evitare di dover ab-bandonare la professione di avvocato, aseguito dei provvedimenti restrittivi chela Prussia aveva adottato nei confrontidegli ebrei, determinando una chiusuradel giudaismo tedesco nellortodossia enel fanatismo, una volta svanite le pro-spettive di emancipazione. Il rapporto diMarx con questa tradizione ebraica ben sintetizzato nella frase che scrisse

    Alcune delle 500 figurine di KarlMarx installate dal tedesco OttmarHrl a Treviri nel maggio 2013, in occasione del 195 anniversariodella nascita del filosofo del materialismo storico

    DUE SECOLI DI

    MARXDuecento anni fa nasceva il filosofo che probabilmenteha pi condizionato la storia dellumanit nel Novecento.Uninfluenza resa possibile anche grazie ad un mix diidealismo e materialismo, di profezie e di analisi sociali, diammirazione per la rivoluzione industriale e nostalgia peril mondo antico. Rivediamo le mille contraddizioni chehanno reso affascinante - e drammatico - il pensiero diKarl Marx, un uomo che amava i proletari, criticava laborghesia ma non rinunci mai al suo statusdi borghese

    di Aldo G. Ricci

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  • Maggio 2018 STORIA IN RETE |57

    Foto: cortesia di Michael Stubbs, Trier (Treviri)

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  • 64 | STORIA IN RETE Maggio 2018

    BIOGRAFIECarlo I dAsburgo

    Alle 9 di sera del 21novembre del 1916,a Vienna, nella reggiadi Schnbrunn, di-venta ImperatoredAustria, Re aposto-lico dUngheria e sovrano delle terre ci-sleitanie (cio i territori a nord-ovest delfiume Leita che segnava il confine fraAustria e Ungheria), Carlo dAsburgo Lo-rena. Pochi minuti prima si era spento,dopo quasi 68 anni di regno, il suo prozio,Francesco Giuseppe. Il nuovo imperatoreha 29 anni ed sposato con una principessaitaliana, Zita di Borbone Parma. Per laparte austriaca dellImpero il nuovo sovranoprende il nome di Carlo I. Il 30 dicembredello stesso anno, in Ungheria, a Budapest,come da protocollo nella duplice Monar-chia, lImperatore riceve anche la coronareale di Santo Stefano e qui il Re, per tuttigli atti del regno, prende il nome di CarloIV. Meno di due anni dopo lImpero,stretto nella morsa distruttiva della Primaguerra mondiale e delle vicende politico-

    militari a questa connesse, si sarebbe sbri-ciolato tra le mani di Carlo. Dai frammentiterritoriali della duplice monarchia na-sceranno diversi Stati nazionali che avreb-bero ridisegnato la carta geografica del-lEuropa centrale. In questo scenariolAustria si trasform in una repubblica emand in esilio in Svizzera la famigliaimperiale. LUngheria, pur rimasta for-malmente fino al 1944 una monarchiasenza re nelle mani di un reggente, lexammiraglio comandante in capo dellaflotta imperiale, Miklos Horthy, nella so-stanza divenne una dittatura ostile agliAsburgo. Per due volte, a marzo e a ottobredel 1921, Carlo tent di tornare sul tronodUngheria, senza luso della forza. Nonebbe fortuna. Nel fallimento del secondotentativo, Horthy ebbe un ruolo decisivo.Il reggente us le armi contro il Re a cuiaveva giurato fedelt, addirittura cattu-randolo e consegnandolo, insieme conZita, agli inglesi. Questi ultimi, come ave-vano fatto con Napoleone Bonaparte, oltreun secolo prima, trasferirono lex imperatore,

    su un isola delloceano Atlantico, la porto-ghese Madeira. Qui, il 1 aprile 1922, nellalocalit di Funchal, Carlo, privo di mezzieconomici, muore per le complicazioni diuna polmonite. Dopo 82 anni, il 3 ottobredel 2004, Papa Giovanni Paolo II, conclu-dendo un processo avviato da Pio XII nel1949, proclama beato Carlo I. La decisionedella Santa Sede ha suscitato da una parteconsensi ma anche voci di dissenso.

    Mentre questanno cadono i cento annidella fine della Prima guerra mondiale edella conseguente liquefazione dellImperoAustro Ungarico, appare legittimo cercaredi comprendere lazione politica di CarlodAsburgo e capire chi fosse veramentedal punto di vista umano. Certamente fuun uomo di grande fede, tenace nelle pro-prie convinzioni pacifiste, cattolico fin nelmidollo ma quasi sicuramente non fu unsantino senza spina dorsale. Innamoratodella famiglia, a differenza della maggiorparte dei regnanti dellepoca non ebbeamanti: fu sempre fedele a Zita, con cui

    Giusto centanni fa lImpero austro-ungarico inizi a scricchiolare. Laparabola discendente fu invano contrastata dallultimo degli Asburgo, Carlo I,sul trono dal novembre 1916. Cattolico, leale, pacifista non smise per mai didisprezzare gli italiani che giudicava il vero tradizionale nemico dellAustria.Un astio che fin per far fallire i tentativi di pace che intraprese alle spalle delsuo alleato tedesco e decretare la fine del suo regno e della sua dinastia. LaStoria e la propaganda di guerra lo hanno maltrattato a lungo ma oggi, dopola sua beatificazione ad opera della Chiesa cattolica, emergono anche altriaspetti della sua personalit

    di Eugenio Parisi

    LIMPERATORE BEATOCHE NON CI AMAVA

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  • Maggio 2018 STORIA IN RETE |65

    Carlo I dAustria (1887-1922), lultimo degli Asburgo sul trono

    dellImpero austro-ungarico

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  • 72 | STORIA IN RETE Maggio 2018

    GRANDE GUERRAI reparti dassalto italiani

    Dal fianco occidentale del massiccio delPasubio si erge solitario come la pruadi una nave il Monte Corno. Dallaltodei suoi 1.765 metri un naturale os-servatorio sulla Vallarsa, in territoriotrentino. Quel formidabile torrione erarimasto in mano austroungarica quando a fine maggio1916 loffensiva contro i fedifraghi ex-alleati italiani, lacosiddetta Strafexpedition, era stata bloccata e respinta dalRegio Esercito. A fine giugno tocc alla 1a Armata italianadare inizio alla controffensiva nella zona del Pasubio e aglialpini del battaglione Vicenza espugnare quel bastione,irto di mitragliatrici incavernate ed efficacemente difesodalla retrostante quota 1801, cui era collegato tramite unlungo camminamento scavato nella roccia. Gli alpini riu-scirono a conquistare il sottostante Monte Trappola spin-gendo loccupazione fino alla forcella che collega alle paretigrigio-giallastre a strapiombo del Monte Corno. Intuitoche per espugnare quella cuspide era necessario avvolgerlada nord, varie pattuglie vennero inviate di notte per risalire

    le pietraie scoscese del canalone est. Gli austroungarici,per, vegliavano e respinsero gli italiani infliggendo lorodure perdite. Al comando di una di quelle pattuglie cera iltenente Cesare Battisti, classe 1875, nativo di Trento, exdeputato austriaco, fervente rappresentante della causa ir-redentista, arruolatosi volontario non appena lItalia dichiarguerra allAustria-Ungheria. La notte fra 8 e 9 luglio Battistitent nuovamente ma questa volta dal canalone ovest.Rifer di averlo trovato sgombro. Sulla base di quellinfor-mazione lattacco venne fissato per la notte seguente edaffidato agli alpini del Vicenza, sostenuti da due battaglionidi fanteria dei reggimenti Ancona e Puglie. Alluna di nottedel 10 luglio gli alpini salirono silenziosamente per ilcanalone occidentale e colsero di sorpresa i difensori, chesi arresero dopo poche fucilate, prendendo possesso dellaselletta tra la quota 1801 e la cima del Corno.

    Lazione risvegli tutto il fronte ed i cannoni nemici co-minciarono a tuonare. Un po per il fuoco delle artiglierie,ma soprattutto per la scarsa dimestichezza sul terreno

    LA CONQUISTAdi

    CIMA BATTISTILuglio 1916: fallisce il tentativo di conquistare il Monte Corno da partedegli alpini tra i quali ci sono Cesare Battisti e Fabio Filzi, catturati e poigiustiziati dagli austro-ungarici. Quasi due anni dopo i comandi italianidecidono di conquistare quella posizione, ormai chiamata Cima Battisti, pertogliersi una dolorosa spina dal fianco, ma soprattutto per vendicare i duemartiri. Limpresa affidata agli Arditi. Come andata a finire ce lo racconta loscrittore Roberto Roseano, che rievoca le imprese di Carlo Sabatini, tenentedegli Arditi, Medaglia dOro al Valore Militare, che ha guidato la conquista diCima Battisti esattamente cento anni fa

    di Roberto Roseano

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  • Maggio 2018 STORIA IN RETE |73

    La Medaglia dOro Carlo Sabatini. Tenentedegli Arditi, nel maggio 1918 guid un

    pugno dei suoi uomini in unimpresa rischiosissima: strappare agli austro-

    ungarici il Monte Corno scalando una parete di roccia alta 50 metri.

    Nelle foto in basso, due viste del MonteCorno (rispettivamente da sudovest

    e da sudest) - ribattezzato CimaBattisti - che danno unidea dellasprezza

    del teatro degli scontri fra italiani e asburgici sul massiccio del Pasubio

    Cortesia Archivio Famiglia Sabatini

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  • 84 | STORIA IN RETE Maggio 2018

    BIOGRAFIEDonne fatali

    Una bionda fatale dal fascino slavo. Alta.Snella. Dallo sguardo seducente. Colta evolitiva. Chiamata la Venere tartara. Sichiamava Barbara Rimsky-Korsakov, erauna nobile russa, il suo palcoscenico stata la Parigi, soprattutto quella splendentee godereccia del Secondo Impero, i circa ventanni di regno diNapoleone III. La Rimsky-Korsakov, personaggio di spicco deisalotti e dei saloni russi e parigini stata ritratta dal pittoretedesco Franz Winterhalter, il cui capolavoro esposto alMuse dOrsay di Parigi. Ma chi era davvero la donna ritrattada Winterhalter, ora al centro di una biografia scritta dalloscrittore torinese Andrea Biscro? Varvara Dmitrievna Mergassovnasce in Russia, a Kostroma, nel 1833 e si spegne a Nizza nel1878. Nel 1850 convola a nozze col nobile Nikolaj SergeeviRimsky-Korsakov. Tre figli maschi, separata (ma rimarr inbuoni rapporti col marito), un amante, che si trasferisce aParigi con lei (nulla traspare dalle cronache del tempo, famelichecome oggi di gossip) e successivamente in Costa Azzurra, dovpresente una radicata colonia russa.

    Il lavoro di Biscro, Lamante di se stessa (Graphe.it Edizioni,15,00 ), va oltre la ricostruzione della parabola esistenziale diquesta originale e ricchissima donna, ben conosciuta in Russia,nella Parigi di Napoleone III, a Nizza durante la Terza Repub-blica, ovunque per lEuropa e pure in quel di Tunisi. Lamantedi se stessa un viaggio nei luoghi esclusivi del Vecchio Conti-nente, senza tralasciare la vita quotidiana e la mentalit del-lepoca, con una particolare attenzione alla dimensionefemminile. Si incontrano pittori e opere darte, letterati, giorna-listi, nobildonne e cortigiane, la Contessa di Castiglione, lo

    sfarzo dei men alla francese e alla russa, la Ville Lumire in pro-fonda trasformazione, lostentazione ovunque diffusa (inclusele passeggiate al Bois de Boulogne, impareggiabile vetrina permostrarsi al mondo che conta), la raffinatezza, il disincanto e ilcinismo della classe dominante. La stessa Rimsky-Korsakov ciha lasciato uno scritto estremamente interessante su Parigi: AParigi scrive si ride degli dei, dei re, dellamore, si ride digusto, si ride delle illusioni, si ride persino quando si soffre, equello che non si accetta la seriet, e tutti hanno la pretesadaverla.

    Due grandi penne arricchiscono la narrazione: Lev Tol-stoj col suo Anna Karenina, nella cui trama presente lafigura di Madame e del consorte. Laltra penna illustre quella di Thophile Gautier, suo amico parigino. Ci sonoper anche i ricordi scritti dalla figlia di Gautier, Judith,che hanno contribuito a delineare la figura interiore di que-sta femme fatale, affascinante e intelligente, che sembravafelice e voleva sembrarlo perch aveva tutto per esserlo:amici importanti, denaro, cultura, ammirazione. Tutta-via Non di rado suggerisce lautore chi sbandieraeccessivamente lo stendardo della felicit, nascondedrammi interiori occultati da mille e pi maschere. Facceprese a nolo, a seconda delle occasioni della vita. Ma-schere, quelle maschere nascoste, che la biografia ha saputosvelare, consentendo al lettore di accedere al mondo inte-riore di una donna estremamente complessa grazie allamoderna analisi grafologica (firmata da un nome autore-vole della grafologia, Lidia Fogarolo) di una sua lettera cu-stodita allIstituto di Francia e indirizzata allamicoThophile Gautier. Sul rapporto tra Madame e lautore di Ca-

    E PARIGI IMPAZZ PER LA VENERE TARTARARivive in una nuova biografia la figura di Barbara Rimsky-Korsakov, la nobilerussa divenuta regina della vita mondana allombra del Secondo Imperonapoleonico. A renderla immortale, oltre ad un celebre ritratto, ha contribuitoanche lammirazione di grandi scrittori dellepoca come Flaubert e Gauthier

    di Antonio Simoni

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  • Maggio 2018 STORIA IN RETE |85

    Ritratto di Barbara Rimsky-Korsakov(1833-1878) opera di Franx Winterhalter,

    1864, esposto al Muse dOrsay

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  • 88 | STORIA IN RETE

    ANTROPOLOGIA Pi che il voler pot il digiuno

    Che il conte Ugolino rinchiuso nella Torredei Gualandi a Pisa abbia effettivamentemangiato figli e nipoti poco importante,perch il suo un ruolo sostanzialmentesimbolico, per porre in rilievo quelloche pu essere considerato latto pibasso a cui pu giungere luomo: mangiare un propriosimile. Dagli orchi ai serial killer, il cannibalismo ha rap-presentato un fantasma della cultura che non ha lasciatoindenni i grandi pensatori dellOccidente, da Erodoto eMontaigne, fino ai moderni antropologi: tutti hannodovuto fare i conti con il peso di una pratica da cui lanostra specie non riesce ad affrancarsi completamente,determinando una sorta di cortocircuito tra il piano sim-bolico e quello fisiologico. Il cannibalismo diffuso tragli animali a pi livelli, in particolare tra gli insetti; neimammiferi sono noti casi con finalit eugenetiche,cio femmine che mangiano i piccoli con imperfezioni, operch nati in cattivit; alcuni felini maschi divorano lacucciolata nata dallaccoppiamento della loro attuale fem-mina con altri maschi. Il cannibalismo intraspecie tra glianimali pu anche essere determinato dalle sfavorevolicondizioni ambientali e nella lotta per la supremazia tra

    maschi dominanti. Sul piano etimologico il termine an-tropofagia deriva dal greco (composto di uomo e - -fagia, mangiare) eindica la pratica di nutrirsi di carne umana; mentre laparola cannibalismo, che utilizzata come sinonimo, hauna propria funzione specifica nel regno animale.

    Per quanto riguarda la parola cannibalismo, essa haletimo in comune con Caraibi: caribe, secondo quantoscritto da Cristoforo Colombo (1452-1506) era un terminein uso tra le popolazioni con cui era venuto a contattoper indicare in particolare gli indiani Arawak, descritticome dediti allantropofagia. Dallalterazione di caribe derivato lo spagnolo canbales, poi entrato nelle altrelingue europee. Le ricerche moderne sullantropofagia inalcune societ attuali, confermano solo parzialmente, senon addirittura smentiscono, lesistenza di tale praticadocumentata dagli studi del passato. Alcune societ rife-riscono che il cannibalismo apparteneva al loro passatolontano, mentre altre negano che abbia mai fatto partedella loro cultura. Alcuni popoli ritengono poi che amangiare i propri simili siano stati gli occidentali. Sonoperaltro ancora oggetto di discussione le tesi sulla diffusione

    I TANTI VOLTI DELCANNIBALEDalla Preistoria allAfrica Nera, dagli indigeni incontrati da Colombo ainaufraghi dellOttocento; dallURSS degli anni Venti e Trenta alle Ande del1972... la storia degli uomini che mangiano altri uomini lunga ma nonlineare. Infatti buchi neri e leggende si alternano a notizie certe e riscontriarcheologici e antropologici. Incluse alcune sorprendenti ricette mediche...

    di Massimo Centini

    Maggio 2018

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  • Maggio 2018 STORIA IN RETE |89

    I figli di Pindorama, una delle incisioni di Theodor de Bry che illustra il libro di memorie del marinaio tedesco Hans Staden del 1562 Vera storia e descrizione di uno Stato di persone selvagge, nude, sinistre, cannibali nel Nuovo Mondo, America. Staden fu catturato dagli indiosTupi e raccont diversi episodi di cannibalismo. Secondo alcuni studiosi, Staden non venne divorato perch si comport pavidamente davanti agli indios,fra i quali era uso mangiare solo i nemici valorosi

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