Dossier - Così combattevamo il Duce di Luciano Regolo

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DOSSIER Luciano Regolo COSÌ COMBATTEVAMO IL DUCE 1

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L'impegno antifascista di Maria Josè di Savoia nell'archivio inedito dell'amica Sofia Jaccarino

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DOSSIER

Luciano Regolo COSÌ COMBATTEVAMO IL DUCE

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INDICE

PRE-TESTO

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TESTO

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AUTORE

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CONTESTO

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Nota introduttiva dell’Autore

PRE-TESTO

Luciano Regolo

«Gent.mo dott. Luciano Regolo,Ho letto con molto interesse il suo libro la Regina incompresa. È certo il più completo, sincero e documentato sulla vita della regina Maria Josè che ho la ventura di conoscere e frequentare da più di 70 anni. Appunto per questo desidero fare alcune precisazioni...».

Questo l’incipit di una lettera che Sofia Jaccarino mi scrisse nel 1997, l’anno in cui, per i tipi di SimoNlli, fu pubblicato il mio primo libro, la biografia dell’ultima sovrana d’Italia sulla base delle sue stesse testimonianze che raccolsi in Messico, tra il ‘94 e il ‘96, quando Maria Josè mi permise anche di studiare le sue agende e i documenti personali, che lasciò poi al British Museum. alla sua morte, nel 2001.

La Jaccarino, intima dei Savoia fin dal 1919, che aveva conosciuto la futura regina, da ragazza, alle nozze della principessa Mafalda con il principe Filippo d’Assia, celebrate a Racconigi il 23 settembre 1925 e che, dopo il suo arrivo in Italia come consorte di Umberto, le era stata sempre accanto fino al crollo della monarchia,intendeva chiarire che fosse lei e non Sofia Bossi Pucci, una dama di corte di Maria Josè, ad averla accompagnata, tra la fine del 1931 e il 1932, negli avventurosi giri a Torino e dintorni, con una serie di stratagemmi per eludere il controllo della polizia fascista.Così come precisava pure che era stata lei, nel medesimo periodo, e non Umberto Zanotti Bianco ad aver organizzato il primo incontro segreto, agli scavi di Pompei, tra Maria Josè e il filosofo Benedetto Croce. Da lì erano nati tra l’intellettuale, visceralmente avverso alla dittatura, e l’allora principessa di Piemonte, venuta dal democratico Belgio, un dialogo e una stima reciproca destinati a durare nel tempo. Il filosofo, infatti, scrivendo al principio degli anni Cinquanta, l’introduzione del volume dedicato dalla regina di maggio al Conte Rosso e al Conte verde, i cavallereschi avi del marito, Amedeo VI e Amedeo VII, la elogerà pubblicamente per la saggezza, l’amore per la cultura e il tentativo amorevole di riscoprire la grandeur della dinastia sabauda, travolta dagli eventi più recenti, riandando a un passato lontano.

La lettera di Sofia Jaccarino mi diede una grandissima chance poiché, per la sua discrezione immensa, non volle mai concedere interviste e neppure permettere ai biografi degli ultimi Savoia di esaminare il suo archivio, con la sola eccezione del compianto Renato Barneschi, autore di un eccellente libro sulla principessa Mafalda, al quale fornì qualche stralcio dei suoi scritti relativi alla sfortuna secondogenita di Vittorio Emanuele III, morta quarantaduenne nel campo di concentramento di Buchenwald.

Incoraggiato dalle circostanze, dunque, chiamai la Jaccarino e le chiesi un appuntamento, anche perché, all’epoca ero alle prese con la stesura del mio secondo libro, la biografia di Umberto II. Mi ricevette da lì a una settimana nella sua casa romana, non distante dalla Villa Savoia, la residenza privata di Vittorio Emanuele III, teatro di tanti eventi cui lei aveva assistito in prima persona, nell’arco di oltre un ventennio. Ovunque vi erano oggetti, foto, memorie di quel passato ancora vivo nel suo cuore.

Dall’ Introduzione

BIOGRAFIA

Luciano Regolo, nato a Catanzaro nel 1966, si è laureato in Scienze poli-tiche alla Luiss di Roma e specializzato in Giorna-lismo e Comunicazione di massa presso lo stesso ateneo. Giornalista professionista, ha lavorato per diverse testate, fra cui «la Repub-blica», «Oggi», «A» e «Chi» e ha diretto «Novella Due-mila», «Eva 3000» e «Vip». Esperto di famiglie reali, è autore di La regina incompresa (tre edizio-ni, tradotto in francese dalle Editions Racine), Il Re signore, La Reginella Santa e Jelena, le biografie di Maria José, Umberto II, Maria Cristina ed Elena di Savoia, edite da Simonelli.Con Mondadori ha pub-blicato il bestseller Na-tuzza Evolo. Il miracolo di una vita (2010), Natuzza amica mia (2011) e Il do-lore si fa gioia (2013).

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TESTO

“La storia nostra è storia della nostra anima; e storia dell’anima umana è la storia del mondo. (B. Croce, La storia come pen-siero e come azione, 1938)

Così combattevamoil duceL’impegno antifascista di Maria Josè di Savoia nell’archivio inedito dell’amica Sofia Jaccarino

ISBN:  COLLANA: L’Altra Storia DATA: settembre 2013 FORMATO: 21×14 PAG. 260 PREZZO: € 16,00

CollanaL’altra Storia

Luciano Regolo

Dagli inediti scritti di Sofia Jaccarino, dama di corte e amica stretta dell’ultima regina d’Italia, la ricostruzione incalzante dell’azione con-dotta da Maria José, negli anni in cui fu principessa ereditaria, per avvicinare la Corona sia all’opposizione antifascista in Italia sia alle potenze democratiche dell’Europa di fine anni Trenta.

Dagli incontri segreti con Croce, Zanotti Bianco, Monsignor Montini, futuro Paolo VI e altri personaggi come Olivetti, alle conversazioni in codice o sussurrate nei bagni del Quirinale tirando lo sciacquone per impedire che fossero registrate.

Un libro che, attraverso le figure affascinanti di due donne, la princi-pessa e Sofia, chimica e restauratrice di bronzi antichi in un laborato-rio al Palatino, teatro di conciliaboli contro la dittatura, ricostruisce e restituisce dignità a un tentativo politico, culminato in un tentativo di golpe nel 1938, al quale parteciparono anche i vertici militari, che certa storiografia, sminuendolo, ha etichettato come “congiura delle dame”.

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AUTORE

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Maria Josè di Savoia: la Regina di maggio

Dopo il matrimonio, Umberto e Maria Josè si stabilirono a Torino, dove rimasero sino ai primi del novembre 1931. Da allora si divide-ranno tra Napoli, per via degli impegni militari del principe, e Roma. Per proteggere la moglie dalle insidie sempre più frequenti e temibili nell’ambiente torinese tra i controlli della dittatura e le suscettibilità dell’aristocrazia subalpina che riteneva troppo nordiche e trasgres-sive le abitudini della principessa belga, Umberto decise di metterle accanto una delle sue più care amiche, Sofia, una persona di estrema fiducia, che aveva tutto per poter legare con lei e che infatti ne diven-ne la più intima confidente.

Ricordava la Jaccarino:«Avevo già conosciuto la figlia del re del Belgio a Racconigi, in occa-sione delle nozze di Mafalda di Savoia. Ma, all’inizio del 1930, il principe Umberto, trovandosi a Roma venne a cercarmi. Mi chiese di andare a Genova a fare compagnia alla mo-glie che doveva trattenersi a Palazzo Ducale per una serie di mani-festazioni. “Non voglio che sia sola e triste”, mi disse. “È da poco che ha lasciato la sua famiglia, il suo Paese... E poi chissà quante persone saranno pronte a criticarla”. Il principe conosceva bene entrambe, sua moglie e me, sapeva che avevamo molte cose in comune. Infatti, dal mio soggiorno a Genova, nacque una bella amicizia. La principessa e io condividevamo l’interesse per l’archeologia e la scultura. Avevamo lo stesso modo di scherzare, di guardare la vita con ottimismo. Lati che, in fondo, erano anche nel carattere del prin-cipe» (cit. da Luciano Regolo, Il Re signore, La Reginella Santa e Jelena in: Così combattevamo il duce).

settembre 1930 - Maria Josè scende dall’Alfa

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Vittorio Emanuele III (1936)

CONTESTO

Le anime femminili del primo ‘900Il consenso

Lei stessa, una volta in Italia, aveva potuto constatare la mancanza di dissenso, apparentemente totale, le gran folle entusiastiche che con-fluivano ad ogni adunata fascista. Ricordava Maria Josè: «I treni spaccavano veramente il minuto, la posta veniva consegnata fino a due o tre volte al giorno e, almeno, dalla lettura dei quotidiani, sembrava che il tasso di criminalità fosse bassissimo. Su di me, inoltre, facevano un certo effetto alcune iniziative del duce in campo sociale e assistenziale, come l’Opera Maternità e Infanzia, il Dopolavoro fa-scista, l’Opera Nazionale Balilla e così via. Non mi era ancora chiaro, infatti, che si trattava di strutture per “ingabbiare” il consenso degli italiani, nel tentativo di livellarne costumi e preferenze. Ci fu soltanto una cosa che mi colpì negativamente appena mi trasferii. Volevano italianizzare il mio nome in “Maria Giuseppina”, perché Maria Josè era troppo “straniero” per i gusti di Mussolini (…). Ne parlai con mia madre. Lei andò su tutte le furie: “No, devi importi! Ti è stato dato il nome della tua nonna (Maria Josè di Braganza, moglie di Carlo Teodo-ro di Wittelsbach, duca in Baviera, ndr), perché dovresti cambiarlo?”. I gerarchi fascisti mi chiesero di firmare “Maria Giuseppina” persino sull’Atto di Matrimonio. Ma io rifiutai, Umberto, imbarazzato, non disse nulla. Ho sempre continuato a firmare “Maria Josè”, anche se le pressioni non cessarono nel corso degli anni. I giornali, per obbedire al duce, senza scontentare neppure la principessa, risolsero il problema chiamandomi Maria di Piemonte» (La regina incompresa, L. Regolo)

L’ultimo volo di Italo Balbo

«Balbo ci parlò in termini molto scettici riguardo al regime e a Benito Mussolini. Disse che la “ciambella del fascismo” non era riuscita secondo le aspettative e che “un paese, dove non si può manifestare liberamente la propria opinione non aveva avvenire”. Il governatore, inoltre, sembrava essere già al corrente delle intenzioni che il duce, di lì a qualche mese, avrebbe manifestato a proposito dell’Etiopia» (L. Regolo, La regina incompresa). Questo dissenso si era sempre più acuito a partire dal 1938, quando, in più occasioni, Balbo manifestò a Mussolini la sua contrarietà alla promulgazione delle leggi razziali. Il governatore della Libia – e forse il rivale più temuto da Mussolini stesso – proveniva da Ferrara, città sede di un’antica e rappresentativa comunità ebraica, aveva amici e finanziatori ebrei, e salvò la Libia dalla persecuzione razziale. Raccolse l’invito della principessa  Maria José a dissuadere Mussolini dall’entrare in guerra, ma il Duce decise di restare fedele all’alleato tedesco.

Il 28 giugno 1940 Balbo si levò in volo da Derna per raggiungere il campo d’aviazione “T.2” di Tobruch con due trimotori, uno pilotato da lui stesso e uno dal generale Felice Porro, comandante della 5ª Squadra aerea. Giunti in vista di Tobruch verso le 17:30 i piloti videro alte colonne di fumo dovute a un attacco britannico e Balbo ordinò di atterrare per verificare la situazione. Fu scambiato dalla contraerea di terra e dell’incrociatore  italiano “San Giorgio”, ormeggiato nei pressi del porto, per un aereo nemico e fu colpito.L’aereo precipitò in fiamme al suolo provocando la morte di tutto l’equipaggio.

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AUTORE

Ritratto (Archivio-Accademia dei Lincei)

Maria Bakunin

Maria Bakunin (Krasnojarsk 1873 – Napoli 1960) la Signora, per gli ami-ci Marussia, era figlia del filosofo e socialista anarchico Mikhail Baku-nin e di Antossia Kwiatowoska, d’origine polacca.

Professoressa di Chimica all’Università di Napoli, conduceva negli anni Trenta diversi esperimenti di laboratorio anche su reperti arche-ologici, ai quali spesso Sofia Iaccarino conduceva Maria Josè come os-servatrice appassionata.

«Siamo contenti che la Principessa è rimasta soddisfatta della visita. Al suo ritorno dall’America, organizzeremo un’altra visita alla quale lei non deve mancare. Ci sono ancora molte e belle esperienze da mo-strare e forse la Principessa troverà svago nel ripetere periodicamente le visite...» (Lettera di Maria Bakunin a Sofia Jaccarino, Napoli, 27 luglio 1933)

Oltre all’attività scientifica Bakunin conduceva un’intensa attività di-dattica, e la forte personalità, la vasta cultura e le qualità umane la resero per molti anni l’animatrice dell’ambiente chimico napoletano: il suo salotto fu sempre aperto ai migliori esponenti del mondo cultu-rale, spesso non graditi al regime.

Ottenne importanti riconoscimenti accademici. Fu socio corrispon-dente dell’Accademia dei Lincei, della Reale Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli, della Società dei naturalisti e del-la Scuola di incoraggiamento. Fu primo presidente dell’Accademia Pontaniana su segnalazione di Benedetto Croce (1944) e presidente dell’Accademia delle scienze fisiche e naturali nel 1932 e nel 1952.

Il Corpo Militare della C.R.I. e quello delle infermiere volontarie

“Il primo Settembre 1939 era stata nominata Ispettrice Nazionale Ma-ria Josè Principessa di Piemonte, che, insediatasi pochi giorni dopo, iniziò la riorganizzazione del Corpo nominando nel Maggio dell’anno successivo le 16 Ispettrici dei Centri di Mobilitazione.  Allo scoppio della guerra, il 10 Giugno del 1940, il Corpo si trovò a do-ver fare fronte a molteplici esigenze che ne richiedevano il supporto: ospedali militari, ospedali da campo, treni e navi ospedale, ospedali extra territoriali, ovunque c’era necessità di un’assistenza costante e competente, le Infermiere risposero all’appello.  Unanime, nelle memorie scritte delle Sorelle, il riconoscimento alle capacità organizzative e direttive dell’Ispettrice Nazionale, la “Sorella di Piemonte”, affiancata per altro da validissime collaboratrici. [...] Furono lunghi anni di sacrificio in una guerra che non aveva fronti e si estendeva verso altri continenti, in terre lontane, riarse dal caldo o indurite dal ghiaccio. [...] Notevole fu il contributo delle Infermiere Volontarie sulle navi ospe-dale [...] per il trasporto dei feriti dalle terre d’Africa e per il salvatag-gio dei naufraghi. Al seguito delle truppe italiane nella campagna d’Africa, nella cam-pagna di Russia, d’Albania, di Jugoslavia, restano di quelle missioni, testimonianze fotografiche, diari, libri di memorie, racconti che ci tramandano l’eroismo quotidiano, umile, oscuro, di tante “Sorelle”, donne giovani, meno giovani, aristocratiche e borghesi, donne forti che seppero resistere e soffrire come soldati, con i soldati”. (da http://cri.it/)

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