Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità...le paisà ´Come mamma ti facette, Mamma,son...

8
OTTOBRE 2018 Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità Leggete e diffondete ‘U MANDAGGHIU- PISA POCU E NON CUSTA Contatti: Redazione: [email protected] Giuseppe Nicolò: [email protected] - 3393437559 Demetrio Giordano: [email protected] - 3454663695 Demetrio Crea: [email protected] - 3932988880 Seguici anche su: www.umandagghiu.wordpress.com U Mandagghiu Periodico Mosorrofano Periodico a cura dell‟Associazione Culturale “Messòchora” Anno V Numero 6 S OMMARIO: PAG.2 QUANTE NE BUSCAVAMO IL BILANCIO COMUNALE PAG.3 CANTAVAMO CON GLI AMICI…POI VENNE FACEBOOK Pag.4 MOSORROFANI TRA MUSICHE, CANTI E DANZE Pag.5 I TRI DU CONCERTINU Pag.6 THE RIDERS, THE RANGERS Pag.7 MOSORROFA LINEAMENTI DI STO- RIA ANTICA E CONTEMPORANEA Pag.8 "IL GIORNO DEI MORTI" RACCON- TATO DA ANDREA CAMILLERI ARRIVA L‟ACQUA DEL MENTA . “FINALMENTE I CITTADINI DI REGGIO POTRANNO BERE ACQUA DI QUALITÀ” … A MOSORROFA NO Arriva l‟acqua del Menta. “Finalmente i cittadini di Reggio potranno bere acqua di qualità” … a Mosorrofa no. I mosorrofani non sono cittadini di Reggio, forse non lo sono mai stati. Anche quest‟estate come in tutte le altre estati e per non toglierci l‟abitu- dine anche questo inverno, come in tutti gli altri inverni, il prezioso liqui- do “gocciola” dai rubinetti delle case di Mosorrofa solo per brevi periodi, a volte manca per intere settimane. Questa estate la gente stufa di conti- nue promesse, esasperata da una stori- ca ed incomprensibile crisi idrica si è riversata in strada, la piazza è tornata ad essere l‟Agorà, un brulicare di cit- tadini in assemblea a gridare la rabbia per lungo tempo repressa. Basta con la politica dei sopralluoghi senza azio- ni conseguenziali, basta con i selfie per festeggiare improbabili risultati, basta con interventi non richiesti dal- la comunità. L‟arrivo dell‟acqua della diga sul Menta è stata una grande festa per Reggio Calabria. In una città agli ultimi posti in tutti i settori più im- portanti la normalità è oggetto di mortaretti e tric trac “non più costret- ti ad adattarci ai disservizi dovuti alla penuria d‟acqua, soprattutto durante il periodo estivo…” questo sarà il fu- turo di Reggio, a Mosorrofa no, a Mosorrofa dobbiamo pazientare … altri trentanni. Ma come si fa a non gioire e non apprezzare un risultato tanto atteso per decenni? Noi abbiamo gioito ed apprezzato a tal punto che abbiamo voluto partecipare ai festeg- giamenti chiedendo l‟intervento di un grande e ironico poeta che ci ha rega- lato i dolci rumori della sua “Fontana Malata”. Altri rumori direte voi, ma vuoi mettere il silenzioso scorrere dell‟acqua del Menta nei tubi della città con la delicatezza e la musicalità delle gocce che cadono dalle nostre fontane. Clof, clop, cloch, cloffete, cloppete, clocchette, chchch… scri- veva Aldo Palazzeschi. Mi viene il dubbio che la sua non era frutto di vena poetica, ma la cronaca delle no- stre fontane. Finalmente l‟acqua del Menta Mosorrofa… Aspettando l‟acqua del Menta di Pino Nicolò

Transcript of Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità...le paisà ´Come mamma ti facette, Mamma,son...

Page 1: Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità...le paisà ´Come mamma ti facette, Mamma,son tanto felice, Caro papà, soprattutto canzoni del regi-me: Giovinezza, Duce, Duce,

OTTOBRE 2018

Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità

Leggete e diffondete ‘U MANDAGGHIU- PISA POCU E NON CUSTA

Contatti: Redazione: [email protected] Giuseppe Nicolò: [email protected] - 3393437559 Demetrio Giordano: [email protected] - 3454663695 Demetrio Crea: [email protected] - 3932988880

Seguici anche su: www.umandagghiu.wordpress.com

U Mandagghiu Periodico Mosorrofano

Periodico a cura dell‟Associazione Culturale “Messòchora”

Anno V Numero 6

SOMMARIO :

PAG.2 QUANTE NE BUSCAVAMO IL BILANCIO COMUNALE

PAG.3 CANTAVAMO CON GLI AMICI…POI VENNE FACEBOOK

Pag.4 MOSORROFANI TRA MUSICHE, CANTI E DANZE

Pag.5 I TRI DU CONCERTINU

Pag.6 THE RIDERS, THE RANGERS

Pag.7 MOSORROFA LINEAMENTI DI STO-RIA ANTICA E CONTEMPORANEA

Pag.8 "IL GIORNO DEI MORTI" RACCON-TATO DA ANDREA CAMILLERI

ARRIVA L‟ACQUA DEL MENTA . “FINALMENTE I CITTADINI DI REGGIO POTRANNO BERE ACQUA DI

QUALITÀ” … A MOSORROFA NO

Arriva l‟acqua del Menta. “Finalmente i cittadini di Reggio potranno bere acqua di qualità” … a Mosorrofa no. I mosorrofani non sono cittadini di Reggio, forse non lo sono mai stati. Anche quest‟estate come in tutte le altre estati e per non toglierci l‟abitu-dine anche questo inverno, come in tutti gli altri inverni, il prezioso liqui-do “gocciola” dai rubinetti delle case di Mosorrofa solo per brevi periodi, a volte manca per intere settimane. Questa estate la gente stufa di conti-nue promesse, esasperata da una stori-ca ed incomprensibile crisi idrica si è riversata in strada, la piazza è tornata ad essere l‟Agorà, un brulicare di cit-tadini in assemblea a gridare la rabbia

per lungo tempo repressa. Basta con la politica dei sopralluoghi senza azio-ni conseguenziali, basta con i selfie per festeggiare improbabili risultati, basta con interventi non richiesti dal-la comunità. L‟arrivo dell‟acqua della diga sul Menta è stata una grande festa per Reggio Calabria. In una città agli ultimi posti in tutti i settori più im-portanti la normalità è oggetto di mortaretti e tric trac “non più costret-ti ad adattarci ai disservizi dovuti alla penuria d‟acqua, soprattutto durante il periodo estivo…” questo sarà il fu-turo di Reggio, a Mosorrofa no, a Mosorrofa dobbiamo pazientare … altri trentanni. Ma come si fa a non gioire e non apprezzare un risultato

tanto atteso per decenni? Noi abbiamo gioito ed apprezzato a tal punto che abbiamo voluto partecipare ai festeg-giamenti chiedendo l‟intervento di un grande e ironico poeta che ci ha rega-lato i dolci rumori della sua “Fontana Malata”. Altri rumori direte voi, ma vuoi mettere il silenzioso scorrere dell‟acqua del Menta nei tubi della città con la delicatezza e la musicalità delle gocce che cadono dalle nostre fontane. Clof, clop, cloch, cloffete, cloppete, clocchette, chchch… scri-veva Aldo Palazzeschi. Mi viene il dubbio che la sua non era frutto di vena poetica, ma la cronaca delle no-stre fontane.

Finalmente l‟acqua del Menta

Mosorrofa…

Aspettando l‟acqua del Menta

di Pino Nicolò

Page 2: Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità...le paisà ´Come mamma ti facette, Mamma,son tanto felice, Caro papà, soprattutto canzoni del regi-me: Giovinezza, Duce, Duce,

PAGINA 2 OTTOBRE 2018 „U MANDAGGHIU

IL BILANCIO COMUNALE GESTIONE CORRENTE E CAPITALE

La strada provinciale aveva da qualche

anno soppiantato la comunale che, da

San Paolo alla Rotonda, conduceva

fino al paese, passando da Spirito San-

to, San Cristofaro e Prumo. Dopo il

ponte sul torrente Prumo, la strada,

che per alcuni tratti si sovrapponeva

alla vecchia comunale, giungeva al

Paese, costituito da tre borghi, Ripa-

ro, Cannavò e Riparo Vecchio, ormai

fusi in una unica frazione, anche se le

dispute, le rivalità, gli antagonismi,

continuavano, ormai sfogandosi nelle

partitelle di calcio ovvero a biliardo.

La strada provinciale era stata asfaltata

l‟estate prima, fu così che vedemmo

le prime ruspe e le prime “macchine

bombolone”. Delle strane macchine

che al posto delle ruote avevano gi-

ganteschi cilindri metallici per appiat-

tire il bitume. Le bici senza freni, o

forse senza niente, erano la regola del-

la mia infanzia, ma anche la provincia-

le senza parapetti era la regola. Quel

pomeriggio avevamo deciso di lanciar-

ci a tutta birra dalla discesa di Campo-

lo, per verificare chi arrivava primo

alla fontana della chiesa di Riparo, ma

è dura frenare con i soli piedi… così

Mimmo finì nella scarpata. Nel buio

di quel tardo pomeriggio di inverno

non lo vedevamo, sentivamo solo il

pianto, ma quello ci guidò, saltammo

giù e lo trovammo raggomitolato che

si teneva stretto al torace, con il sini-

stro, il braccio destro. Capimmo quel

pianto, o forse pensavamo di aver ca-

pito, per questo in coro formulammo

la retorica domanda: ti fa male? Cer-

to che si rispose… Lorenzo il più

esperto di noi in queste cose ( mica

per niente poi si è laureato in medici-

na) disse: non piangere adesso ti por-

tiamo a casa dai tuoi e poi magari mio

padre (era fra i pochi in paese ad avere

a quel tempo una macchina) ti accom-

pagna in ospedale così ti “ngessano” e

non ti farà più male. Mimmo rispose

tra un singhiozzo e l‟altro: non piango

per il dolore, ma perché penso a

quante me ne darà mio padre… All‟e-

poca “botte e pannelli facevano i fig-

ghioli belli”.

QUANTE NE BUSCAVAMO: IL BRACCIO ROTTO

ENZO CUZZOLA RACCONTA

di Enzo Cuzzola

Lezione 2

Le entrate e le spese del bilancio co-

munale si distinguono in due grandi

“famiglie”, quella della gestione cor-

rente e quella della gestione capitale,

secondo un sano principio della sana e

buona amministrazione, che prevede

la destinazione delle entrate straordi-

narie (non ricorrenti) e dei risparmi

di spesa corrente alle spese di investi-

mento. L‟entrata corrente è assimila-

bile allo stipendio che maturo ogni

mese per 2500 euro, mentre una en-

trata straordinaria potrebbe essere

rappresentata da un finanziamento al

consumo che ho sottoscritto per ac-

quistare la macchina. Facciamo l‟e-

sempio che ogni mese spendo 2300

euro per il mantenimento della fami-

glia con un risparmio di 200 euro

mensili, alla fine dell‟anno avrò mes-

so da parte 2400 euro, sottoscrivo un

finanziamento di 10 mila euro, che

dedico a pagare il saldo di una mac-

china, del prezzo di 12400 euro, per

la quale avrò dato in acconto le 2400

euro risparmiate nell‟anno.

Se la rata mensile che dovrò pagare

sarà inferiore a 200 euro, allora potrò

dire che la mia gestione del bilancio

familiare è in equilibrio, qualora, in-

vece, la rata fosse di 300 euro il mese

(dato che io riesco a non spendere

correntemente dello stipendio solo

200 euro) la gestione della spesa fa-

miliare sarebbe squilibrata, a meno

che non riesca a contenere le spese di

altre 100 euro mensili, o non riesca a

garantirmi un aumento di stipendio di

100 euro mensili.

2. 500 €

100 €

200 €

2. 300 €

≤200 €

2. 300 2. 500 €

Page 3: Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità...le paisà ´Come mamma ti facette, Mamma,son tanto felice, Caro papà, soprattutto canzoni del regi-me: Giovinezza, Duce, Duce,

„U MANDAGGHIU OTTOBRE 2018 PAGINA 3

di Giuseppe Nicolò Cantavamo con gli amici…poi venne Facebook

Lei - Jntra lu me' giardinu rosi janchi sbòccianu 'nta 'na festa di culuri, ma di' hjuri mi manca lu cchiù bellu: mi manchi tu, garòmpulu d'amuri.

Lui - Jntra lu me' giardinu rosi russi sbòccianu 'nta 'na festa di culuri, ma di li rosi tu, rigina, manchi, Calabrisella mia, rosa d'amuri.

Lei - Se di li rosi jeu sula ti mancu tortu è lu toi chi no' mi curtivasti: jeu sugnu all'umbra e aspettu lu me' suli, jeu sugnu all'umbra e 'ntantu arridu e cantu. Però non vògghiu èssari cu' i tanti: vògghiu èssari spusa e non amanti. Se tu li rosi li voi tutti quanti, cerca hjuri 'i vitrina e non d'amuri.

Coro: Calabrisella mia, Calabrisella mia, Calabrisella mia, hjuri d'amuri.

Lui - Nina, ti vitti all'acqua chi lavavi e lu me' cori si linchìu d'amuri: quandu li panni a la sipala ampravi, jeu t'arrobbai lu mègghiu muccaturi.

Lei - Tu mi vidisti all'acqua chi lavava, jeu ti vitti 'nsonnu e mi guardavi. Se m'arrobbasti 'u mègghiu muccaturi,

m'assasti 'nta lu cori 'u mègghiu hjuri.

Coro: Calabrisella mia, Calabrisella mia, Calabrisella mia, rosa d'amuri.

Lui - Ora chi di la città jeu su' tornatu, mi guardi e mi sorridi, malandrina: Jeu dassarrìa 'u meu dutturatu sulu pe' avìri a ttia sempri vicina.

Lei - Se voi mu 'nd'hai a mmia sempri vicina, non c'è bisognu 'u dassi 'u dutturatu: va' e parla cu' me' patri e lu curatu, se no' vattindi e non penzari a mmia.

Coro: Se chissu è amuri veru, se jè amuri puru, va' e parla cu' me' patri e cu' me' mamma.

Lui (comparendo) - Jeu ti dugnu 'u me' cori e 'a me' fidi, jeu parlu cu' to' patri e cu' to' mamma e tu 'ngrata assai se no' mi cridi. Calabrisella mia, chi canti e arridi. Mègghiu 'na contadina bona e fina, ca signurina bùrbara e sgarbata; mègghiu vedana bona e aggraziata ca 'gnura superba e 'mbelenata!

Coro: Calabrisella mia, Calabrisella mia, Calabrisella mia, rosa d'amuri!

I canti, i balli e la musica popolare, sono stati un eccezionale mezzo di comunicazione e di socializzazione da tempo immemorabile. Si ballava e si cantava per la nascita di un figlio, ai matrimoni, nei campi assolati durante la mietitura, durante la vendemmia, ogni occasione era buona, persino il decesso di persone care. Era impensa-bile presentarsi da una ragazza senza aver fatto una bella dichiarazione con una serenata tenendosi a debita di-stanza da genitori e fratelli che praticavano una rigida sorveglianza fino al matrimonio, altro che messaggini su facebook e uscite con rientri all‟alba. Era giusto, era necessario esprimere con una canzone la simpatia, la ge-losia o il disprezzo e soprattutto l'amore, senza preoccuparsi della base musicale. Spesso sullo stesso motivo sonoro si raccontavano storie diverse con parole diverse perché diverse erano le persone, i luoghi e i dialetti. Non si pensi che stiamo parlando di tempi molto remoti, basta andare alla generazione appena precedente agli attuali sessantenni. Si cantavano canzoni e stornelli seduti accanto ad un fuoco, sotto un balcone o sui gradini del sagrato della chiesa come ancora fa “ U fante”, uno degli ultimi cantori. Non si canta più con gli amici per-ché abbiamo rinunciato a crescere restando eterni bambini. Riempiamo la nostra solitudine con la continua ri-cerca di amici virtuali. Eppure proviamo la felicità di un archeologo mentre rimuove con delicatezza la terra che ricopre una ricchezza del passato quando scopriamo pezzi dimenticati delle nostre melodie. Felicità e stu-pore che provai ascoltando un antica versione della Calabrisella a S. Martino di Taurianova. Questa versione è stata cantata anche da Mino Reitano. Manca tirullalleru, lalleru, lallà, sta Calabrisella muriri mi fa ma potete ag-giungerlo nel coro se vi fa piacere. Posiamo per un attimo i nostri maledetti tablet e cantiamola con gli amici.

CALABRISELLA

Page 4: Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità...le paisà ´Come mamma ti facette, Mamma,son tanto felice, Caro papà, soprattutto canzoni del regi-me: Giovinezza, Duce, Duce,

Mosorrofani TRA MUSICHE, CANTI E DANZE

Mosorrofa, un paese allietato per lungo tempo da suoni, canti e balli. A parte la banda musicale, ne parlere-mo altra volta, suoni, canti e balli animarono le case, le taverne, le stra-de, con la ciaramella di Crea, di An-didero, di Trunfio “Prandessa”, di Eugenio Carini, di Andidero; con l‟organetto di Zema, di Sgro, di Rus-so; muttetti e canzoni dialettali, can-tate da “Bilica” , Caridi, Nicolò, altri, canzoni napoletane: “Simme „e Napu-le paisà” “Come mamma ti facette”, “Mamma, son tanto felice”, “Caro papà”, soprattutto canzoni del regi-me: “Giovinezza”, “Duce, Duce”, “Vincere, vincere, vincere”, “Faccetta nera”, ”Lilì Marlen”; balli? la tarantel-la è l‟unico ballo, in occasione delle feste nuziali, delle “pasquette”, di Carnevale, della festa in onore della Madonna della Consolazione e di San Demetrio. Nel 1942, a Mosorrofa torna il militare Mimì Plutino, con una fisarmonica, che aveva affidato a un suo commilitone, che fortunata-mente gli viene restituita. La musica e le canzoni ora sono melodiche, si ascoltano piacevolmente le canzoni di amore, ma diverse: “Firenze stanotte sei bella”, “Parlami d‟amore Mariù, “Ma l‟amore no”. Se tra i lettori c‟è

qualche nostalgico, che vuole risen-tirle, potrei… cantargliene quattro, per esempio l‟Ave Maria di Schubert o “Mamma son tanto felice”, dedicata a mia madre che spesso me le… suo-na, di santa ragione. Impara a suonare la fisarmonica Michedhu, il fratello di Mimì, ma è la chitarra lo strumento più popolare, che tutti riescono a suonare (Tutti? Tranne uno!). Ricor-do un maestro, (cognato del maestro Catalano) che suona divinamente, a Scalea, dove ora è il monumento ai Caduti, ed altri suoni si diffondono nell‟aria profumata dalla zagara dei bergamotti, come quello del violino, che suona ad Anzario il maestro Mimì Bruno, che frequenta i corsi del liceo musicale “Cilea” (poi, quando va ad insegnare in Sicilia), il fratello Agosti-no. Servono ad allegrare l‟ambiente pure gli “sfollati”, più acculturati di noi, circa cinquecento, che si sono rifugiati a Mosorrofa per paura delle bombe. Nel 1947 il parroco don An-tonino Caridi concede „a Cresia vec-chia per rappresentazioni teatrali, per commedie brillanti, e canzoni (Tita Crucitti canta “Firenze sei bella”); per balli, ora moderni: valzer, mazurche, tanghi (Ad un gran galà affollatissimo di Carnevale (ballo in maschera), si

premiano le coppie, vincitrici Anna Nicolò, mia madre, e Anna Morabi-to; per concerti della Banda Musicale (Dirige Mimì Cassalia, tornato dalla prigionia). Qualcuno ha un giradi-schi, una radio (Quella di Mimì Mo-rabito, „u fatturi, con «l‟occhio magi-co», un display dove appaiono imma-gini di fiori colorati, diverse a secon-da dell‟intensità dei suoni. Si balla a casa degli Artuso, (al rione Calvario), sulla terrazza di casa Crucitti, nel cantinato di Mimì Morabito, nella sala Cozzupoli (dove ora è la sala gio-chi), dove Pepè Bruno si esibisce in un frenetico boogie woogie (pr. bu-ghi-vughi), ballo portato in Europa dai soldati americani di occupazione. Nel giorno più bello, gli sposi soglio-no invitare i giovani del paese a balla-re al suono di orchestre reggine (Più volte del maestro Altomonte, che suona splendidamente la fisarmoni-ca). Gradiscono, non si fanno prega-re. Ricordo: tra le dame più contese era Maria Tortora. Arriva La Televi-sione, dapprima un solo canale. Ra-gazzi crescono, si aggregano, concer-tano, si costituiscono complessi. So-no ricordi frammentari e lacunosi i miei, ora è tempo che lasci parlare chi più e meglio ricorda.

PAGINA 4 OTTOBRE 2018 „U MANDAGGHIU

di Pasquale Nucara

SPETTANDU A SAN MARTINU

Ogn'annu a virgilia i San Martinu Essendo soi divoti festeggiamu Vidimu si lu must esti già vinu Cu calic'e' bicchieri arti brindamu.

Tra'cant'e' Sonu e bucalett'i' vinu Fuji veloci, Curri la sirata Si sent' u' Sonu di la ciuramedha E magica diventa la nuttata.

Non mi nci mmanc' u' vinu i sonaturi Jinchitinc'i' bicchieri a li cantanti Cantamu e sonamu a tutti l'uri Brindamu e struzzamu tutti quanti.

All'arba quandu sona u matutinu Livamu sonu cusi' ndi rriggettamu Sperando chi natr'annu da Virgilia Ndi trova a tutti cca' e u festeggiamu.

di Demetrio Nucara

Poeta si nasce e “u Jolly” modestamente ...lo nacque

Page 5: Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità...le paisà ´Come mamma ti facette, Mamma,son tanto felice, Caro papà, soprattutto canzoni del regi-me: Giovinezza, Duce, Duce,

I TRI DU CUNCERTINU

Nel 1952, mio fratello Bruno mi re-gala una fisarmonica, una “Paolo So-prani”, allora ed ancora oggi, tra le miglior marche. Imparo a suonare, costituisco un complesso con gli ami-ci Agostino Bruno e Pepè Spanti. Il padre di Pepè, Dimitri, ogni volta

che c‟incontra, ci appella:« i tri du cuncertinu». Suono la fisarmonica, Agostino il violino, Pepè la chitarra. Più tardi si unisce a noi Alessandro Sorgonà, e la sua chitarra. Aggiunge Agostino Bruno:« Avevamo un moti-vo in comune, ci univa un sentimento importante: tutt‟e quattro eravamo fidanzati, ufficiosamente, io con Franca Morabito, con Pepè Spanti la sorella Ines, Alessandro con Marinel-la Russo, Umberto con Elena Crucit-ti, E la sera, specialmente d‟estate, ci accostavamo sotto le finestre delle loro case per stornelli a volontà. Le ragazze, che poi sarebbero diventate nostre spose, erano liete, qualcuno no: una sera viene fuori di casa Nico-lino, fratello di Elena, infastidito per la «chiassata», a sgridarci, e con un pugno rompe la chitarra di Alessan-dro. Riuscite ad immaginare lo stato d‟animo di Elena e il nostro? Si uni-scono a noi Nino Verbaro

(“piripicchiu”) e Francesco “Luigino” Nicolò, 1° e 2° clarinetto, poi Pepè Verbaro („u pitturi) con la sua batte-ria, sulla cui cassa c‟era scritto «Umbertino e la sua orchestra». Quando Alessandro o Pepè non era-no disponibili, Umberto chiamava Nino Marino, oggi maestro di musica e compositore, virtuoso della fisar-monica, che si esercitava otto ore al giorno, che negli anni 1957-58 chia-mava me per accompagnarlo con la chitarra, a suonare valzer e tanghi in qualche festa nuziale. Per alcuni mesi ci siamo addestrati a casa dei Russo, una saletta (affittata) al piano terra, poi a casa di Umberto, al rione Sca-lea. Nel 1954 abbiamo comperato la batteria di Verbaro, che aveva lascia-to l‟orchestra, per 25 mila lire (Pagamento? 15.000 subito, 5 mila tre anni dopo, altrettante successiva-mente)».

di Umberto De Benedetto

I QUATTRO DEL MAG

Nel 1955, a Reggio, con tre studenti che frequenta-vano come me l‟Istituto Magistrale “T.Gulli”, for-mai “I quattro del Mag”, dove Mag sta per Magistra-le Gulli: Antonio ”Mimmo” Marrari (chitarra), France-sco Franzò (batteria),con mandolino e banjo Giovan-ni “Lillo” Mallamo, che og-gi fa parte del Laboratorio Teatrale dell‟Accademia del Tempo Libero di Reggio. Per cinque o sei anni ab-biamo suonato in case private e in locali pubblici: “Sala Azalea” e altre, con i fratelli Reitano (quando Mino aveva 12 anni, non ancora noto al pubblico nazionale), con Enzo Alto-monte, compagno alla scuola me-dia, il quale con la sua orchestra

suonò pure al mio matrimonio, il 22 maggio 1960 a Mosorrofa. Ag-giunge Pasquale Nucara: « Dov‟era la “Sala Azalea”, locale per matri-moni e feste danzanti, ora è il risto-rante pizzeria “MY AD 1” (maiadiunu), in via Vespucci. Sono stato lietamente sorpreso quando, anni fa, vi ho trovato in bacheca una immagine fotografica

della orchestra. Sulla cas-sa si legge «giugno 1959». Sul retro della foto:«28.11.2011. Il ri-cordo è lontano, la storia non cancella nemmeno i piccoli bei pensieri. Do-no questa foto con i mi-gliori auguri che la nuova attività della “Sala Azalea” abbia lo stesso successo.

Giovanni Mallamo». La “Sala Aza-lea” ebbe il suo periodo di fulgore negli anni 50-60: suonarono molti complessi musicali, qui esordì Mino Reitano e la sua orchestra; negli an-ni Novanta fu palestra, poi nuova-mente sala di ballo, di yoga, scuola per parrucchieri; dall‟11 novembre 2001 è ristorante pizzeria “MY AD 1”, condotto da Massimo Mancuso.

di Umberto De Benedetto

„U MANDAGGHIU OTTOBRE 2018 PAGINA 5

Page 6: Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità...le paisà ´Come mamma ti facette, Mamma,son tanto felice, Caro papà, soprattutto canzoni del regi-me: Giovinezza, Duce, Duce,

THE RIDERS

Corre l‟anno 1965, e un gruppo di amici amanti della Musica decidono di formare un gruppo musicale, lo chiamano The Rangers («Poliziotti a cavallo») (?) Sono: Nello Nicolò (fisarmonica), Antonino “Nino” Sor-gonà (basso), Domenico Spanti (batteria), Fortunato Brigandì (tromba), Enzo Brigandì (chitarra e voce), Giovanni Pitasi (chitarra), sal-tuariamente Nuccio Dalmazio (pianola) e, successivamente (prima ero a Como), io, voce solista. Il

Gruppo già ben avviato, con il passa-re del tempo va sempre meglio. Le prove si svolgono al rione Scalea, nel-la casa del sig. Demetrio Fotia („u guardia), successivamente al rione Calvario, un piccolo locale del signor Francesco Di Mondo. Gli impegni non mancano: tante serate in piazza, tanti matrimoni e manifestazioni va-rie. Nell‟ ottobre del 1968, in occa-sione della Festa di San Demetrio, con l‟aiuto di altri amici, organizzia-mo un carro allegorico, “‟U paisi da

maravigghia”. Poi, come tutte le cose che iniziano, hanno anche una fine. A maggio del 1969, per motivi di lavo-ro parto per Torino. Il Gruppo ri-mane unito, il 13 agosto 1970 suona-no al mio matrimonio, e per l‟occa-sione canto una canzone dedicandola a mia moglie. Eravamo un gruppo affiatato musicalmente, ma ancor pri-ma eravamo un gruppo di amici con la A maiuscola. E‟ stata una bella esperienza di vita, soprattutto di vera amicizia. I The Rangers si sciolgono nel 1971.

*Nel 1979, tra Natale e Capodanno, Franco De Benedetto ricostituì il comples-so e per cinque sere rallegrò i Mosorrofani al Cinema Prestipino con lo spettacolo “Mosorrofa Show „79”.

PAGINA 6 OTTOBRE 2018 „U MANDAGGHIU

di Totò Melari

The Riders (I Cavalieri), nel 1965 si

esibiscono per la prima volta sul sa-

grato della Chiesa di San Demetrio,

in occasione della festa del Patrono.

Pasquale Libri (batteria), Pasquale

“Micu” Caridi (chitarra), Andrea La-

rocca (chitarra e canto), Alessandro

Sorgonà (chitarra), cantante Danilo

Montenero, di Taurianova, si ag-

giungono poi Paolo Palmisano (sax)

e Nino Sorgonà (maracas). Direttore

artistico e presentatore Totò Melari.

Suonano per divertire e per divertir-

si. Nel 1966 e ancora per qualche

anno dopo organizzano a Mosorrofa

lo “Zecchino d‟oro”, senza compen-

si, addirittura per l‟occasione com-

prano giocattoli per i bambini. Per

cinque anni suonano nella “Sala Ni-

colò” per feste nuziali, e per feste di

ballo che organizzano settimanal-

mente, con tanghi, mazurche, val-

zer, one-step. Molti gli impegni, a

Reggio e in diverse località calabresi

fino a Lazzaro e a Villa San Giovanni,

per feste di paese, in sale per matri-

moni, “Sala Labella”, (Reggio Sud),

finanche ad Alì Terme (Sicilia). A

Roghudi si esibiscono su una terraz-

za, pagati in natura...una bella man-

giata di carne di pecora. Il complesso

si scioglie nel 1970, perché Alessan-

dro Sorgonà sposa Marinella, Andrea

Larocca è impegnato nello studio e

Pasquale Caridi comincia a lavorare.

THE RANGERS di Franco De Benedetto

Page 7: Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità...le paisà ´Come mamma ti facette, Mamma,son tanto felice, Caro papà, soprattutto canzoni del regi-me: Giovinezza, Duce, Duce,

„U MANDAGGHIU OTTOBRE 2018 PAGINA 7

INDOVINELLO

Tutti lo possono aprire, ma nessuno lo sa chiudere.

Cosa è?

La soluzione nel prossimo numero

La soluzione del numero precedente: ceralacca

PILLOLE DI SAGGEZZA

Legge dell‟energia: i bambini hanno

più energia dopo una lunga giornata

di gioco che dopo una bella notte di

sonno.

Steve Jarrell

Un percorso lungo secoli, a far tempo dal 1200 per quanto ne sappiamo noi, per quanto abbiamo appreso da docu-menti, libri, testimonianze.

Proviamo a partecipare, confidiamo che qualcuno voglia aggiungere altri elementi, magari correggendo, perché i giovani di Mosorrofa siano informati e vogliano approfondire.

Nel febbraio del 1979 scrivo all‟emi-nente glottologo Gerhard Rohlfs per conoscere il significato del toponimo Mosorrofa.

Lettera

Tubingen, 17.2.1979

Signor Pasquale Nucara

14 via Pio XI (Trav. Tortorella) 89133 Reggio Calabria

Egregio Signore, rispondo subito alla Sua del 9 febbraio.

Sull‟origine del nome Mosòrrofa non esiste

nessun dubbio. Esso appartiene alla grande e numerosa schiera di toponimi di tutta la zona dell‟Aspromonte che facilmente si spiegano dal greco, risultati da secoli non lontani (sec. XII-XIV), quando il greco era ancora lingua comune e lingua popolare in vaste zone dell‟Aspromonte, con ultimi avanzi moderni in zona di Condofuri e di Bova.

Si tratta di una pronunzia storpiata (sec. XIII Mesòrrifa) da Mesòchora (cfr. in Gre-cia il toponimo Mesòchora), con significato “paese di mezzo”.

La pronunzia più antica (di secoli passati) Mesochora risulta ancora bene dal cogno-me locale (in zona di Melito) Musorrofiti che vuol dire “oriundo di Mosorrofa”.

Per maggiore informazione, potete consul-tare il mio “Dizionario toponomastico ed onomastico della Calabria” e “Scavi lingui-stici della Magna Grecia” nella Biblioteca Civica (“De Nava” di Reggio Calabria).

Con i miei migliori saluti.

Gerhard Rohlfs

Similmente, Emilio Barillaro in

“Dizionario Bibliografico e Topono-

mastico della Calabria”: Il toponimo

Mesòchora, con significato «paese di

mezzo», ha dato il nome al «luogo»,

esso risale al XIII secolo.

Il prof. G. Rohlfs, ordinario di Filolo-gia neolatina nelle università di Tubin-ga e di Monaco di Baviera (Germania) ha pubblicato: “Nuovo Dizionario dia-lettale delle tre Calabrie”, (1977); “Dizionario dei Cognomi e Sopranno-mi in Calabria”, (1979), ”Dizionario toponomastico ed onomastico della Calabria”,(1990), frutti di ricerche personali che l‟emerito studioso tede-sco ha condotto dal 1921 al 1978 sull‟intero territorio della Calabria.

E‟ stato due volte a Mosorrofa negli anni Settanta, accompagnandosi ad Alessandro Crucitti.

Dello stesso avviso del prof. G. Rohlfs è Emilio Barillaro, avvocato, nato a San Giovanni di Gerace nel 1904, cri-tico, letterato, storico, etnologo e archeologo. Ha meritato prestigiosi premi.

Di altro avviso è il prof. Giuseppe

Pensabene. Del che diremo nel pros-

simo numero di questo giornale.

MOSORROFA LINEAMENTI DI STORIA ANTICA E CONTEMPORANEA di Pasquale Nucara

Page 8: Periodico Mosorrofano di cultura sport e attualità...le paisà ´Come mamma ti facette, Mamma,son tanto felice, Caro papà, soprattutto canzoni del regi-me: Giovinezza, Duce, Duce,

PAGINA 8 OTTOBRE 2018 „U MANDAGGHIU

HALLOWEEN, SEMHAIN E FESTA DEI MORTI MONDI DIVERSI CHE SI INCONTRANO

Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c‟era un picci-liddro si popolava di morti a lui fami-liari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi be-ne, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d‟occasione stampato sulla fac-cia, il vestito buono stirato a regola d‟arte, non facevano nessuna differen-za coi vivi. Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c‟erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 matti-na, al risveglio. Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci fa-cevano una carezza, si calavano a pi-gliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all‟alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano do-ve l‟avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava

cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo. I giocatto-li erano trenini di latta, automobiline di legno, bambole di pezza, cubi di legno che formavano paesaggi. Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lun-gamente supplicato nelle mie preghie-re, mi portò dall‟aldilà il mitico Mec-cano e per la felicità mi scoppiò qual-che linea di febbre. I dolci erano quel-li rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frut-ta, “rami di meli” fatti di farina e mie-le, “mustazzola” di vino cotto e altre delizie come viscotti regina, tetù, car-cagnette. Non mancava mai il “pupo di zucchero” che in genere raffigurava un bersagliere e con la tromba in boc-ca o una coloratissima ballerina in un passo di danza. A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una fe-sta, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest‟an-no i morti?». Domanda che non fa-cemmo a Tatuzzo Prestìa, che aveva la

nostra età precisa, quel 2 novembre quando lo vedemmo ritto e composto davanti alla tomba di suo padre, scom-parso l‟anno prima, mentre reggeva il manubrio di uno sparluccicante trici-clo. Insomma il 2 di novembre ricam-biavamo la visita che i morti ci aveva-no fatto il giorno avanti: non era un rito, ma un‟affettuosa consuetudine. Poi, nel 1943, con i soldati americani arrivò macari l‟albero di Natale e len-tamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato. Avevamo perduto la possibilità di toccare con mano, mate-rialmente, quel filo che lega la nostra storia personale a quella di chi ci ave-va preceduto e “stampato”, come in questi ultimi anni ci hanno spiegato gli scienziati. Mentre oggi quel filo lo si può indovinare solo attraverso un mi-croscopio fantascientifico. E così di-ventiamo più poveri: Montaigne ha scritto che la meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà, perché chi ha appreso a morire ha disimparato a servire. (Tratto da :“Racconti quotidiani”, di Andrea

Camilleri, notissimo romanziere contemporaneo)

"IL GIORNO DEI MORTI" RACCONTATO DA ANDREA CAMILLERI

Streghe, zombie, mostri e zucche… questo ci viene in mente quando pen-siamo alla festa di Halloween resa po-polare da uno sfrenato consumismo americano, un carnevale fuori tempo e noi pronti a seguire la nuova moda. Gli emigranti Irlandesi avevano porta-to le loro tradizioni nel nuovo mondo e Semhain era la festa celtica più im-portante. Rappresentava un momento di passaggio, fuori dal tempo. Per i Celti una sottile parete divideva il re-gno dei morti da quello dei vivi e po-teva essere attraversata dai morti per tornare nel mondo dei vivi ed entrare

in contatto con essi. Per questo moti-vo la festa di Semhain era anche un momento per onorare i morti. Non è forse il modo di onorare i morti in molte zone d‟Italia in particolare in tutto il meridione . Non siamo come i celti quando lasciamo la tavola appa-recchiata in attesa della visita dei no-stri morti. Il Dolcetto o scherzetto di

Halloween non lo troviamo nei dolci della nostra tradizione, morticedhi, dita di apostolo, ossa dei morti? Non è delicato il rapporto con i parenti mor-ti dei bambini siciliani quando cercano giocattoli e dolci nascosti per loro. Non ci separa una sottile parete dal mondo dei nostri morti come raccon-ta Andrea Camilleri?