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LETIZIA ALLEGRI

IL TRENO

PER SANTA FE'

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William ritorna ad Albuquerque nella casa del padre, dopo un'assenza di quasi dieci anni. Con lui sono la moglie e i suoi due figli. Ma non sarà una vacanza. Una vecchia rapina al treno e una serie di omicidi non gli daranno pace.

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Un sincero ringraziamento a tutti gli amici che mi hanno dato una mano, che poi sono gli stessi che hanno contribuito (in realtà hanno fatto tutto loro)

alla realizzazione della biblioteca di Pecos Bill cui si può accedere (per prelevare tutti gli albi dell'eroe del Texas e del simpatico indiano Oklahoma)

visitando il mio sito: http://pecosbill.altervista.org/pecosbill.php

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Alla persona che amo di più

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Il treno per Santa Fé

L'uomo si avvicina velocemente al corral del vecchio Miguel.

All'interno trova quello che cercava.

L'automobile è un po' impolverata ma sembra in buono stato.

E' un po' piccola però e quindi sta pensando che dovrà noleggiare anche un ca-

lesse.

Ma forse andrà bene anche un cavallo.

Porterà suo figlio in sella con sé.

Meno male che Doris sa guidare perché di sua madre si fida poco.

"La mamma terrà sulle ginocchia la bambina. E io sarò più tranquillo" pensa.

Non vede però Miguel.

Nella rimessa c'è solo una ragazza che si è voltata verso di lui quando lo ha

sentito entrare.

«Signorina, mi scusi. Mi sa dire dove posso trovare Miguel? Sembra che abbia

lasciato incustodito il suo corral.»

«Oh, no. Ha lasciato me di guardia» sorride la ragazza, «tornerà molto presto.

E' andato incontro a mio padre che gli sta portando una dozzina di puledre.»

«Suo padre? Non mi dire che tu sei Beth, la figlia di Morgan.»

Si accorge di esser passato involontariamente al tu e cerca di rimediare, ma lei

lo precede.

«Lei mi conosce, signore?» lo interroga stupita.

«Beh, l'ultima volta che ti ho visto tenevi in braccio una bambola di pezza e...»

La ragazza lo guarda meglio cercando di ricordare.

«Sono io, Beth. Sono William...»

«William» ripete lei interrompendolo.

«Ma certo. Come ho fatto a non riconoscerla subito?»

«Sono passati quasi dieci anni, Beth. E' un sacco di tempo.»

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Letizia

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«Immagino che anche sua madre sia qui con lei, signor William. E scommetto

che è venuto a noleggiare il macinino di Miguel per andare al ranch. Suo padre

impazzirà dalla gioia quando la vedrà arrivare. E sarà contento di rivedere an-

che sua madre. Credo che manchi ormai da tre mesi.»

«Già. Ma mi servirà anche qualcos'altro perché l'auto è troppo piccola. Con me,

oltre a mia madre, ci sono anche mia moglie e i miei due piccoli demonietti.»

«Mamma mia! E' una rimpatriata allora. Quasi quasi vengo con voi al ranch. Ne

approfitterò per stare un po' con il mio fidanzato. Lo sa che solo lui mi chiama

Beth? Anche i miei genitori mi chiamano Elisabeth.»

«No, non lo sapevo. Ma se vuoi, anch'io ti chiamerò...»

«Oh, no. Va bene così. Continui pure a chiamarmi Beth. Mi fa piacere.»

Un rumore nel cortile sul retro li avvisa che Miguel è tornato.

«Che mi venga la scarlattina tripla! William! Sei proprio tu?»

«Miguel! Credevi che fosse un ladro che approfittasse della tua assenza? Non

hai lasciato un guardiano valido, vedo.»

Sorride guardando Elisabeth che ride con lui.

«Morgan, vieni a vedere chi sta facendo la corte a tua figlia.»

«Chi è quel pazzo incosciente? Se lo pesca il suo fidanzato... Ma che mi ven-

ga... William. Non è possibile.»

Si stropiccia gli occhi come se non credesse a quello che vede.

«E c'è anche sua madre, papà. Anzi, a dire il vero, ha portato con sé tutta la

famiglia, compresi i suoi due figli.»

«Tonnerre! Stasera ci sarà festa grossa al ranch...»

«Papà, a proposito. Io vado con loro da Jack. E magari mi fermo anche a dor-

mire da lui. Ti dispiace?»

«No di certo, Elisabeth. Ma non sarebbe meglio un'altra volta? Non vorrei che

tu... insomma... ci sarà un po' di confusione, immagino. Non vorrei che anche

tu...»

«Morgan, Morgan. Che vai dicendo? Non vorrai per caso intendere che Beth ci

disturberà...»

«Ma no, William. Ma che vai pensando. Solo che starete più tranquilli senza di

lei. Sai, crescendo è diventata una peste.»

«Papà!»

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«Tuo padre sta scherzando, Beth. Scommetto che sei dolce più di tua madre

quando aveva la tua età.»

«Sta arrivando tua madre, William. E con lei ci sono tua moglie e i tuoi due fi-

gli, a quanto pare.»

«Già. Hai ragione, Morgan. Sono proprio loro.»

Va loro incontro e prende in braccio la bambina.

«Vieni, Doris. Ti presento il signor Morgan e la sua piccola Elisabeth. E quella

vecchia canaglia è Miguel. E' lui che tirerà sul prezzo quando gli chiederò di no-

leggiare la sua vecchia carretta.»

«Piccola? Forse per lei il tempo non è passato, William. Oppure non se n'è ac-

corto. Ho diciannove anni suonati.»

Miguel si toglie il suo cappellaccio e, tenendolo con entrambe le mani, china il

capo in segno di saluto.

«Molto piacere, signora Doris. Posso chiamarla Doris, vero? Piacere di riveder-

la, milady. »

«Ma certo, signor Morgan. E tu Elisabeth, non far caso a mio marito. Lo sai, gli

uomini non capiscono niente.»

«Milady? Da quando il tuo sangue è diventato blu, mamma?»

«Abbiamo sempre chiamato così tua madre, William. E' una vera signora e tuo

padre è un vero hidalgo.»

«Miguel, Miguel. Sarebbe stato meglio se avessi lasciato che ti impiccassero.»

«Tua madre mi ha salvato la vita. Lo sapevi, William?»

«Già. E me ne sono amaramente pentita.»

«Milady, lei scherza sempre. Ma mi vuole un gran bene. Lo so.»

«Sarà, ma farai bene a non cacciarti più nei pasticci, perché questa volta il sa-

pone per la corda ce lo metto io. Sarebbe questo il macinino che dovrebbe por-

tarci al ranch? A parte il fatto che è un modello del secolo scorso e che dubito

che possa mettersi in moto, ma ha solo due posti e noi siamo cinque.»

«Macinino? Secolo scorso? Ma se è l'ultimo modello e...»

«Va bene, Miguel. Non ti scaldare. Io verrò a cavallo col bambino, mamma

e...»

«Ma neanche per sogno. Tu verrai con un calesse. Starete più comodi.»

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«Ma ci metterò almeno un'ora in più. Con il calesse non posso passare per il

bosco di betulle. Con il cavallo, anche se andrò piano, arriverò al ranch anche

prima di voi.»

«Uhm. Va bene, testa di legno. Ma devi andare pianissimo. Avrai mio nipote

con te.»

«Tuo nipote? Mamma, prima di esser tuo nipote è mio figlio, perbacco.»

«Sì, ma se non ti avessi messo al mondo, ora non sarebbe tuo figlio. Quindi

prima di tutto è mio nipote.»

«Oh, mamma. Sei impossibile.»

«Will, sei sicuro? Vuoi andare a cavallo con tuo figlio? Non è pericoloso? E poi,

da quanto tempo non monti in sella?»

«Doris, dimentichi che sono cresciuto in un ranch e che ho imparato a cavalca-

re dai migliori cavalieri del mondo.»

«Bene. Allora non ci resta che partire. Doris, cara, tu siederai accanto a me e

terrai la bambina sulle ginocchia.»

«Che vuoi dire, mamma? Vuoi guidare tu? Non è meglio che lo faccia Doris?»

«Neanche per idea. Doris non conosce la strada e...»

«Mamma, la strada è una sola. Non potrebbe sbagliare neanche volendo.»

«Meglio così, allora. Se lei non potrebbe sbagliare neanche volendo, figurati io

che conosco la strada come le mie tasche.»

«Mamma, tu non hai tasche.»

«Oh, Will. Non mi dire che bisogna averle le tasche per conoscerle bene. E poi,

cos'è? Non ti fidi di me?»

«Oh, mamma. Sei impossibile.»

«L'hai già detto, mi pare. Hai bisogno di un dizionario per imparare qualche pa-

rola nuova?»

Sotto lo sguardo divertito di Morgan e di sua figlia, "milady" si avvicina verso la

macchina.

E anche Miguel ride sotto i baffi cercando di non farlo notare.

William non può che rendersi conto che sua madre è una vera maestra nell'ot-

tenere quello che vuole.

E anche che si diverte un sacco a prendere in giro tutti facendo credere di es-

sere un po' svampita.

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Sa anche che non ha mai conosciuto una donna in gamba come lei, anche se la

sua dolce Doris è molto intelligente.

Ma la mamma, la mamma non la batte nessuno.

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Mezz'ora dopo William ed Elisabeth sono nel bosco di betulle.

Suo figlio si sta divertendo come un matto.

E' la prima volta che sale su un cavallo e la cosa gli piace un sacco.

Si fermano a riposare al fresco.

La giornata è veramente calda.

Il ragazzino si addormenta sul prato.

Sono due giorni che viaggia e questa mattina si è alzato presto.

Elisabeth versa la borraccia nel suo Stetson e abbevera i due cavalli mentre

William la guarda un po' meravigliato.

Dalle sue parti non aveva mai visto una ragazza fare altrettanto.

Ma, a dire il vero, a Washington ci sono ragazze che non hanno mai visto un

cavallo.

«Hai mai provato ad andare in giro con dei vestiti più consoni ad una ragazza,

Beth? Voglio dire, non è che non stai bene così. E' che, con abiti femminili, sa-

resti più... più...»

«Scomoda, William. E poi al mio Jack piaccio così come sono. Una volta ho

provato a mettermi un abito della mamma. Sa, veniva dalla Francia. Jack ha

trattenuto a stento le risate.»

«Jack non capisce niente di ragazze. Se papà avesse osato ridere della mam-

ma... Non oso pensare cosa gli sarebbe capitato.»

«Non ci credo, William. Sua madre è una persona deliziosa e adora letteral-

mente suo padre.»

«Già, ma son tre mesi che non si fa viva con lui. Se l'amasse come Doris ama

me...»

«Non dica così, William. E lei, allora? Ha detto che sono quasi dieci anni che

non lo vede. Lei non gli vuol bene forse?»

«Ma è diverso, Beth. Io ho la mia vita e...»

«No, non è diverso, William. Sua madre ama voi due alla stessa maniera. Si è

mai chiesto perché passa più tempo con lei invece che con suo padre?»

«Beh, no. Ma tu che ne sai?»

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«Lei dimentica che io sono la fidanzata di Jack e che passo a casa sua quasi più

tempo che a casa mia. E non sono stupida. Non sono un'impicciona e non met-

to bocca nelle cose che non mi riguardano. Ma ho le orecchie.»

«Parlano di me? Che cosa dicono?»

«Lo saprà da loro quando saremo al ranch. Io le dirò solo una cosa. Non ne

hanno mai parlato, ma l'ho capito. Sua madre vuole ugualmente bene ai due

uomini della sua vita ma sa che, tra i due, quello che ha più bisogno di lei non

è il marito. E' lei William. Lei e sua moglie Doris.»

«Come puoi dire una cosa del genere, Beth?»

«So che sua moglie è orfana e che ha solo lei al mondo. E che lei, per motivi di

lavoro, non è quasi mai a casa. Doris ha due bambini piccoli e un marito a cui

badare. E la casa da tenere in ordine. E' faticoso, sa?»

«Ma io... io...»

«E scommetto che, ogni volta che sua madre lascia Washington per venire qui,

lascia qualcuno che dia una mano a sua moglie.»

«E' vero, perbacco. Quando la mamma viene qui da papà, c'è sempre una

donna che viene ad aiutare Doris.»

«E quanto la pagate, se non sono indiscreta?»

«Ma, non lo so. E' Doris che si occupa della parte finanziaria. Di tutto quello

che guadagno, mi tengo solo pochi spiccioli.»

«Deve guadagnare molto bene, se può permettersi una domestica a tempo

pieno.»

«Beh, io...»

«Si svegli, William. E' sua madre che paga tutto.»

«Mia madre! Ma... come...»

«Non lo sapeva, vero? Mi dispiace, William. Sono stata indiscreta. Ma...»

«No, no, Beth. Era ora che qualcuno me le cantasse. Me lo merito. Sono pro-

prio una testa di legno.»

«Ma io non gliele ho cantate, William. Ho solo...»

«No, Beth. Hai fatto bene. Sei una ragazza molto matura per la tua età. Solo

che non mi sarei mai aspettato una lavata di testa da una ragazzina alta una

spanna. Sono proprio un metro e novanta di giuggiolone.»

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«Oh, no. Lei è proprio un brav'uomo, William. Solo che lei è come tutti gli altri

uomini. Vi intendete solo di cavalli e di mucche. Le donne per voi sono il più

gran mistero dell'universo.»

«Questa poi. E non continuare a darmi del lei. Mi fa sentire più vecchio di quel

che sono.»

«OK, Will. Posso chiamarti Will, vero?»

«Ma certo, Beth. E poi, sto per diventare tuo zio, no?»

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«Kelvin, ti dico che è così. Tim non è sparito con i soldi. E' stato ucciso da un

grizzly in una località a nord est di Santa Fé. Non ho capito bene dove. Ma non

aveva il denaro con sé.»

«Come fai a sapere queste cose?»

L'uomo si gira e si rivolge al nuovo arrivato: «Ah bene, Burt. Meno male che

sei arrivato. Questi due testoni non vogliono credermi.»

«OK, Benny. Cosa è successo? Racconta.»

«Presto detto, Burt. Stamattina è arrivato dallo sceriffo un ranger o qualcosa

del genere. Ha fatto un sacco di domande su Tim. Sono certi che c'entri nella

rapina al treno perché gli hanno trovato addosso delle banconote... Sai, erano

segnate. Cioè c'era un elenco dei numeri di serie. Proprio come sospettavi tu.»

«OK. E poi?»

«Il ranger ha detto che hanno trovato Tim sbranato da un orso. Capisci? Non è

scappato con i nostri soldi, Burt. Ci ha lasciato la pelle. E' per questo che non si

è fatto più vivo. Non era scappato col denaro. E poiché gli hanno trovato ad-

dosso solo pochi spiccioli, è chiaro che deve aver nascosto i soldi da qualche

parte. Non ci ha tradito, povero Tim.»

«Già, ma noi non sappiamo dove ha nascosto i nostri soldi. Bella sfortuna. Quel

deficiente è andato a farsi accoppare da un orso.»

«Non parlare così, Kelvin. Tim era mio amico ed era una brava persona. Non ci

ha tradito.»

«Ok, Benny. Ma Kelvin ha ragione. Non sappiamo dove Tim ha nascosto i sol-

di.»

«Ma possiamo cercare di capirlo, Burt. Intanto cerchiamo di sapere con esat-

tezza dove hanno trovato Tim.»

«Slim ha ragione, Burt. Potremmo cercare il nascondiglio partendo da quel

luogo. Siamo in quattro e possiamo dividerci il terreno di ricerca.»

«La fai facile tu, Benny.»

«No, Burt. Non è affatto facile. Potremmo impiegarci anche dei mesi. ma non

credi che ne valga la pena?»

«Già. Un milione di dollari è una bella cifra, non credi?»

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«Piano, piano. E come avete intenzione di procedere? Ce ne andremo da Albu-

querque? Abbandoneremo le nostre attività? E se poi non riusciamo a trovare i

soldi? Cosa faremo?»

«Burt ha ragione. Non possiamo mandare tutto al diavolo. E se poi Tim avesse

detto a qualcuno dove ha nascosto il denaro? Se questo qualcuno l'avesse già

preso? Magari ora sta spassandosela chissà dove alla faccia nostra.»

«Ok, ragazzi. Adesso cominciamo a scoprire qualcosa di più su questa faccen-

da. Ma nessuno faccia mosse avventate e soprattutto cerchiamo di evitare lo

sbirro. Comportiamoci normalmente come abbiamo sempre fatto. Non faccia-

mo niente di insolito. Insomma, le solite cose di tutti i giorni. Siamo oneste

persone rispettabili. E tu, Benny, cerca di scoprire qualcosa su questa faccen-

da. Sei l'aiutante dello sceriffo e il tuo interessamento su questo caso verrà in-

terpretato come scrupoloso attaccamento al tuo lavoro. Ci si riunirà di nuovo

solo se scopriremo qualcosa di interessante.»

«Va bene, Burt. Il capo sei tu. faremo come dici.»

«Non sono più il capo, Benny. Sono solo interessato, come voi, a recuperare

questa montagna di denaro. E ora, via tutti. Ma uno alla volta. meglio non dare

nell'occhio.»

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«Siamo arrivati, Will. Ecco laggiù il ranch. Tua madre non è ancora arrivata.

Non vedo l'automobile.»

«Io sì.»

«Tu la vedi? E dove?»

«Non è ancora arrivata, Beth. Ma sta per arrivare. E' laggiù.»

Punta il dito in una direzione dove però la ragazza continua a non vedere nien-

te.

«Sei sicuro, Will? Io non vedo un accidente.»

«Guarda meglio, Beth. Laggiù, quel polverone.»

«Polverone? Dove? Aspetta... Ora lo vedo anch'io. Ma chiamarlo polverone... E'

una nuvoletta di polvere. Come diavolo hai fatto a vederla? Hai davvero la vi-

sta più acuta di quella di un'aquila.»

«Dimentichi di chi sono figlio, Beth.»

«Già.»

«Bene. Muoviamoci allora.»

In breve sono sulla strada che porta al ranch.

Qualcuno dei cowboy sta cercando di capire chi siano i due cavalieri che si

stanno avvicinando.

Uno di loro ha dei binocoli e li sta scrutando.

William lo capisce dal riflesso del sole su una lente.

Poco dopo i cowboy sparano numerosi colpi di revolver in aria.

«Credo che qualcuno mi abbia riconosciuto, Beth.»

«E' probabile, Will. I cowboy sono quasi tutti gli stessi che erano al ranch

quando te sei andato. Solo due o tre sono qui da poco.»

Gli spari continuano.

«Will, guarda. Quel cavaliere laggiù. Sta correndo come un matto verso il

ranch. E' Jack.»

«Jack? Come fai a dirlo? E' troppo lontano. Non puoi averlo riconosciuto.»

«Il suo cavallo. E' un pezzato inconfondibile. E poi solo lui è capace di cavalca-

re in quella maniera. Sembra incollato alla sella. E' il mio Jack.»

Prima ancora che possano arrivare al ranch, Jack li raggiunge.

«Ciao, Beth. Ma chi diavolo...»

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«Ciao, Jack» lo interrompe William.

«Ci conosciamo? Ma... Che mi venga... Billy! Sei proprio tu?»

«Billy?»

«Sì, Beth. Credevi di essere l'unica a essere chiamata in più modi? William,

Will, Bill, Billy. Credo proprio di batterti sul numero.»

«Il bambino allora deve essere il piccolo Kit.»

«Io non sono piccolo e non sono un bambino. Ho otto anni.»

«Già, è vero. Scusa, non me n'ero accorto. Ma, sai. Non hai lo Stetson e le

colt. Qui tutti i cowboy portano revolver e cappello. Ma rimedieremo presto.»

«Ah, no. Niente armi. Solo il cappello.»

«Hai sentito tuo padre? Niente pistole.»

Si avvicina al cavallo di William, si toglie il suo Stetson e lo mette sulla testa

del ragazzino.

«Intanto prendi il mio, poi vedremo di trovarne uno della tua misura» aggiunge

Jack mentre il bambino si tira un po' su il cappello che gli era calato sugli occhi.

«Immagino che nella macchina che solleva tutto quel polverone ci siano anche

Doris e la nonna. Non mi dire che c'è anche la piccolina.»

«Sì, ci siamo proprio tutti. Ma se mia madre scopre che tu l'hai chiamata non-

na, ti spella vivo.»

«Ma no. La nonna è una creatura angelica. E poi io sono il suo nipote preferi-

to.»

«Contento tu.»

Intanto sono arrivati al piazzale antistante la grande casa dalle pareti bianche.

Scendono da cavallo e tutti i cowboy gli si fanno intorno.

Fanno tutti una gran festa a William.

Dopo tutto, sono quasi dieci anni che manca da casa.

Jack fatica non poco ad arrivare fino a lui.

«Lasciati abbracciare, zio.»

Lo stringe affettuosamente a sé e non può far a meno di avvertire qualcosa

sotto la giacca di William.

«Ehi, che diavolo hai sotto la giacca?»

«E' la mia M1911 semiautomatica.»

«Una pistola?»

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«Una colt, per la precisione.»

«Hai una pistola, Will? Mi sembrava strano che un ranger andasse in giro di-

sarmato.»

«Non sono un ranger, Beth.»

«E' vero, Beth. Lui è un agente governativo del B.O.I.»

«Il B.O.I.? E cos'è?»

«Il Bureau of Investigation1 è un'agenzia federale, Beth. Si occupa di crimini

particolari e opera in tutto il territorio nazionale, dall'Atlantico al Pacifico.»

«William!»

La voce alle loro spalle li fa girare.

«William, sei proprio tu? E non mi dire che questo ometto è tuo figlio Kit.»

«Ciao, Luna.»

«Fatti vedere. Dio, quanto sei bello. Non mi dire che hai portato anche tua mo-

glie...»

«Mamma, ma cosa dici? Se ti sente papà...»

«Jack, perché non vai in cucina a dire a Mamie che abbiamo ospiti. Dille che

sono numerosi e affamati.»

«Oh, mamma...»

«Rimani pure con tuo zio, Jack. Vado io da Mamie.»

«OK, Beth. Grazie. Ci vediamo più tardi» e la bacia sulla guancia.

Il rumore dell'automobile di Miguel comincia a farsi sentire.

«A quanto pare sta arrivando mia madre. E con lei Doris e la bambina.»

1 Il B.O.I. nasce nel luglio del 1908 e diventerà Federal Bureau of Investigation, il famoso F.B.I., nel 1935.

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«Ciao, nonna. Che piacere rivederti. Ciao Doris. E questa bella bambina è...»

«Ciao, Jack. Sei ancora tutto intero? Hai smesso di volare, allora.»

«Per niente, nonna. La mia Betty è un gioiellino e funziona sicuramente meglio

del vecchio macinino di Miguel. Se ci avvisavi, venivo a prenderti con la mac-

china di papà.»

L'ha chiamata nonna per ben due volte e ha ancora tutte le ossa intere.

William non crede ai suoi occhi e alle sue orecchie.

«Ciao, Luna. E il mio Tex, dov'é?»

«Quale Tex, Lois? Senior o Junior?»

«Luna, Luna. Lo sai che, per quanto voglia bene a tuo figlio, c'è solo un Tex

per me.»

«Comunque sono tutti e due al pascolo. Anzi, tutti e quattro. Con loro ci sono

anche Tiger e il mio Falco. Saranno qui tra poco. Venite in casa. Sarete stanche

tutte e tre.»

Si avvicina alla moglie di William che tiene in braccio la figlia.

«Ciao, Doris. Sei la benvenuta. La mia casa è la tua casa. I tuoi figli sono i miei

figli.»

La bacia sulla guancia e poi le prende delicatamente la bimba dalle braccia.

«E tu chi sei, piccolina?»

La bambina si lascia prendere in braccio da quella che per lei è una sconosciu-

ta.

Ma non risponde e abbassa timidamente lo sguardo.

«Le devi essere simpatica, Luna. Ti posso chiamare così, vero?»

«Certo, cara.»

«E' la prima volta che si lascia prendere in braccio da qualcuno che non cono-

sce. Ci sai fare con i bambini.»

«Beh, per casa ne ho avuti quattro. Due miei e due di Sara.»

«A proposito, Luna, dov'è Sara?»

«Sarà qui a momenti, William. E' andata a far giocare i figli con l'aereo.»

«L'aereo?»

«Sì, zio Billy. Abbiamo un aereo, non lo sapevi? Se sei passato dal bosco di be-

tulle come penso, dalla collina non puoi non aver visto la pista.»

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«Beh, sì. L'ho vista, ma non pensavo che fosse la pista per un aereo.»

«Hai un aereo qui, Jack? Me lo fai vedere? Mi ci porti a fare un giro?»

«Ehi tu, ragazzino. Se vuoi vedere l'aereo, niente da ridire, ma niente voli. Ci

siamo capiti?»

«Ma, papà...»

«Niente ma, Kit. Se papà ha detto no, è no e basta. E poi non voglio nemmeno

io. E' troppo pericoloso.»

Jack vorrebbe intromettersi e dire che non è per niente pericoloso, ma capisce

che è meglio di no.

D'altronde non è mai riuscito a far volare neanche Elisabeth.

«Ora basta con le chiacchiere. Sono stanca morta e anche Doris e la bambina

hanno bisogno di riposare un po'.»

«Lois ha ragione. Jack, tu e William andate incontro a tuo padre e gli altri.

Anch'io non vedo l'ora di vedere tutta la famiglia riunita.»

«Beh, andiamo Jack. Non vedo l'ora di riabbracciare mio padre.»

«Non c'è bisogno, Billy. Voltati. Stanno arrivando. La vedi quella nube di polve-

re laggiù?»

«Sono loro?»

«Sì. La camicia gialla del nonno è inconfondibile.»

«La camicia gialla? Mia madre la odia.»

«La mette tutte le volte che lei non c'è.»

«Già.»

William pensa a quello che gli ha detto Elisabeth.

E' ora che sua madre rimanga definitivamente qui al ranch, con papà.

E' stato fin troppo egoista.

La mamma non è più una giovincella e ha bisogno di un po' di tranquillità.

Qui al ranch sarà servita e riverita e starà insieme all'uomo che ha amato di

più nella sua vita.

«Mi fai vedere la tua colt, Billy?»

La voce di Jack gli arriva come da molto lontano, tanto era assorto nei suoi

pensieri.

«Come? Ah, sì. La colt. Tieni.»

Gli porge l'arma tenendola dalla canna.

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Letizia

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Jack la prende e la fa roteare un paio di volte.

E' un'arma stupenda.

E' di un acciaio chiarissimo e lucido, che sembra quasi argento.

E' finemente lavorata e l'impugnatura è ricoperta da due lastre di legno intar-

siato.

«E' molto bella. Leggera e maneggevole. E' precisa?»

«E' precisissima. E anche molto veloce. Ti consente di sparare i colpi in rapida

successione.»

«Più veloce di una colt Navy? Non credo proprio.»

«No? Perché non la provi?»

«Posso davvero?»

«Certo. Togli la sicura. E'...»

«Lo so.»

Jack spara tre colpi velocissimi verso una pietra a una decina di passi.

Inutile dire che tutti i colpi vanno a segno.

«Niente male.»

«Te lo dicevo. E' un fulmine.»

Jack non sembra convinto.

«Uhm. Sono stato veloce?»

«Velocissimo. Io stesso non avrei saputo fare meglio.»

Jack allora lancia l'arma in aria, estrae la sua colt Navy dalla fondina, spara tre

colpi alla solita pietra, rimette la pistola nella fondina e afferra l'arma che ave-

va lanciato in aria.

Sorridendo, la fa roteare di nuovo mentre William lo guarda stupefatto.

«Ma come diavolo hai fatto? Si è sentito quasi un unico sparo.»

«Se tieni premuto il grilletto e armi il cane con il palmo della mano sinistra, di-

pende tutto dalla velocità con cui armi il cane. Non c'è neanche bisogno di ar-

marlo fino a fine corsa. Basta che il tamburo sia ruotato quel tanto che basta

per avere un nuovo colpo sotto il cane.»

«Se avrò bisogno di aiuto, saprò dove andare a cercarlo, allora.»

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«Niente da fare, zio. Non sparerò mai più contro un uomo. Ne ho avuto abba-

stanza a Verdun2.»

Nel frattempo Tex, senior e junior, Kit e Tiger Jack sono arrivati nel piazzale

davanti alla casa.

«Jack, si può sapere che ti prende? E chi è... Che mi prenda un colpo...»

«Ciao, fratellone. Ciao, papà.»

2 Vedi il romanzo "I due fratelli".

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Letizia

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L'espressione imperturbabile di Tiger non lascia trapelare la sua pur grande

sorpresa.

E Tex non è da meno.

Solo Tex junior si unisce alle esclamazioni di meraviglia di suo padre.

«Ciao, Tiger. Ciao, Junior» aggiunge William.

E Tex, accorgendosi del silenzio del nonno, cerca di riscaldare gli animi.

«Adesso ti ci metti anche tu a chiamarmi Junior?»

«Hai ragione. Avrei dovuto chiamarti Eagle, come fa Jack.»

«Ci manca solo questo. Jack ha smesso di chiamarmi così da un pezzo ormai.

Non cominciare tu ora.»

«OK. Ti chiamerò Tex e chiamerò papà il Tex senior.»

«Tua madre è arrivata con te?»

La voce di Tex arriva improvvisa.

«Sì, papà. E ci sono anche Doris e i ragazzi.»

«Hai portato anche tua moglie e i miei nipotini?»

William nota che il padre ha nominato Doris come "tua" moglie e i ragazzi co-

me "miei".

Scendono tutti da cavallo.

Un paio di cowboy che erano nei paraggi si occupano di portare le bestie nella

stalla.

«Ragazzi, mi raccomando. Dategli una bella strigliata e che abbiano fieno e ac-

qua in abbondanza.»

Il tono di Kit non è quello del padrone che comanda, ma piuttosto di chi chiede

quasi per favore.

Ma non ce ne sarebbe stato bisogno perché i "boys" sanno quello che devono

fare.

Tex si avvicina al figlio e, senza dire una parola, lo stringe a sé in un lungo ab-

braccio.

William rimane un po' sorpreso.

Il padre non lo aveva mai abbracciato così.

«Willy, tizzone d'inferno. Sono quasi dieci anni...»

Non finisce la frase.

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Forse lo fa per evitare che il figlio noti un groppo nella sua voce.

«Papà, le cose cambieranno. Intanto la mamma resterà qui con te. Per sem-

pre. Lei ancora non lo sa. Ma sarà così. E io mi farò vivo più spesso.»

«Tua madre non lo sa?»

«Ancora no.»

«Sei tu che hai preso questa decisione per lei?»

«Sì. E ti assicuro che lei ne converrà.»

«Tu non la conosci abbastanza. Ha la testa più dura del ferro...»

«Papà, se vogliamo parlare di teste dure, non credo che mi batta nessuno. Ho

ereditato la cocciutaggine non solo dalla mamma, ma anche e soprattutto da

te. O forse credi di essere uno zuccherino?»

«Sarà.»

«E come mai hai preso questa decisione, Willy?»

«E' stata la ragazza di tuo figlio, Kit. Un soldo di cacio di ragazza ha aperto gli

occhi a un testone come me.»

«La mia Beth, zio Billy?»

«Proprio lei. Ho fatto il viaggio con lei da Albuquerque fino al ranch. E il viaggio

è lungo.»

«E che diavolo ti ha detto?»

«Niente di particolare, Jack.»

William non ha voglia di parlarne, anche se sa che non rimarrà certo un segre-

to.

La sua miopia non è un segreto e non lo rimarrà a lungo.

Se non ne parlerà Elisabeth, e William è sicuro che lei non lo farà, sarà lui

stesso a dirlo, specialmente a sua madre.

Ma ora non ne ha voglia.

Solo allora Kit nota la pistola luccicante che è rimasta nelle mani di Jack.

«E quest'arma stupenda è tua, Willy?»

«Già. E tuo figlio mi ha appena dimostrato di saperci fare meglio di me. E dire

che io, non solo la conosco meglio, ma devo dire che non me la cavo niente

male con le colt.»

«Sarai anche bravo, William, ma Jack non lo batte nessuno con le colt. A parte

me, naturalmente.»

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«Un corno. Io sono molto più veloce di te, Tex.»

«Ma io sono molto più preciso, Jack.»

«E' inutile che fate tanto i furbi, voi due. Vostro nonno, solo una ventina di an-

ni fa, non vi avrebbe neanche lasciato il tempo di estrarre. Ed era capace di

colpire mezzo dollaro a cento passi.»

«Esagerato. Papà, dai. Nessuno colpisce una moneta a cento passi con una

colt.»

«Padronissimo di non crederci, Jack. Adesso restituisci la pistola a Willy e an-

diamo a casa. Sono impaziente di conoscere Doris e i bambini.»

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Le donne e i bambini sono tutti riuniti nella grande biblioteca.

C'è anche Sara con i suoi figli Tommy e Charlie che hanno fatto subito amicizia

con il piccolo Kit.

Naturalmente la festeggiata è Doris.

Ed è naturale che sia così perché è la prima volta che viene al ranch dei Willer.

Lois, anche se negli ultimi tempi è stata parecchio assente, è di casa.

Luna d'Argento naturalmente è la regina della casa e Lois non ha mai interferi-

to sulla sua gestione del ranch.

Ma, sapete com'è Lois.

Ama stare al centro dell'attenzione e Luna, che la conosce bene, l'asseconda in

tutto.

Diciamo che, quando Lois è al ranch, ci sono due regine.

Due regine che però vanno molto d'accordo.

E i re?

Lo sanno tutti che a scacchi il pezzo più forte e importante è la regina.

Quando Tex (il vecchio, voglio dire) attraversa la porta della biblioteca, Lois si

alza dalla poltrona in cui era sprofondata e gli corre incontro.

Sembra una ragazzina.

Dove la prenderà poi tutta quell'energia è un mistero.

Tex a sua volta le va incontro velocemente e, quando lei gli arriva "a tiro",

l'abbraccia e la solleva da terra facendola roteare.

Le bacia i suoi capelli profumati e neri (ma a proposito, non dovrebbe averli

bianchi o quantomeno grigi?)

Nella stanza tutti li stanno a guardare compiaciuti.

Tranne naturalmente i tre bambini che stanno giocando sotto il tavolo con le

pistole dei grandi, scariche naturalmente.

«Dio mio, Lois. Quanto mi sei mancata.»

«Da oggi in poi non ti mancherà più, papà. La mamma rimarrà qui con te. Per

sempre.»

«Ah, sì?» lo interroga lei.

«E quando sarebbe stata presa questa decisione? E da chi?»

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Letizia

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«Da te ora, mamma. Io ho solo indovinato le tue intenzioni. Ti conosco troppo

bene.»

«Ma guarda. Io avrei deciso. E come mai io non lo sapevo e invece tu lo sapevi

benissimo?»

Si guarda in giro e nota che Elisabeth sta cercando di far finta di niente, mal

celando un sorriso sornione.

«Voi ne sapete qualcosa? Qualcuno ne era a conoscenza per caso?»

«Perché, mamma? Non vuoi rimanere con papà d'ora in poi? Non ne saresti

contenta?»

«Certo che ne sarei contenta. Io amo tuo padre molto più di quanto ami te,

giovanotto. Lui lo sa. E credo che lo sappia anche tu.»

No, accidenti, che non lo sapeva.

Ma è una rivelazione che non gli dispiace affatto.

«Bene. Allora va tutto bene. Ho indovinato, a quanto pare. Tu rimani qui e noi,

quando avrò finito l'indagine, ce ne ritorneremo a Washington. Io, Doris e i

bambini.»

«Indagine? Quale indagine?»

Tex si è fatto scuro in volto e William lo ha notato.

«La rapina al treno. Quella di tre anni fa. E' diventato un reato di competenza

federale e me ne sto occupando io.»

«Vuoi dire che sei venuto ad Albuquerque per lavoro e non per venire a trovare

la tua famiglia? Dopo dieci anni che non ti fai vivo?»

«Non è vero, papà. Ti ho scritto centinaia di lettere e...»

«Non è la stessa cosa.»

«E' vero. Ma lo sai che ho un lavoro molto impegnativo e...»

«Tanto impegnativo che non ti consentono neanche di prenderti un paio di set-

timane di riposo?»

«Certo, papà. Sono un agente federale e...»

«Beh, lo ero anch'io, se permetti.»

«Papà, non c'è paragone. Tu facevi quello che volevi quando eri un ranger. Hai

mandato a quel paese più pezzi grossi tu che tutto...»

«Ma non ho mai rifiutato un incarico.»

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«Certo che no. Ma avevi più libertà di movimento. Ti potevi permettere tutte le

pause che volevi. E, se vuoi proprio saperlo, il caso della rapina era già bello

che chiuso. Sono stato io a chiedere che venisse riaperto per poter venire qui.»

«Ah, bene. Ma se non lo facevano non saresti vento, vero?»

«No, papà. L'hanno riaperto per farmi un favore. Grazie anche al mio ottimo

stato di servizio.»

«Basta ora.»

La voce di Lois è tale da non ammettere repliche.

«Se credete di cambiare discorso litigando vi sbagliate di grosso.»

«Ma noi non stiamo litigando.»

La voce di padre e figlio si uniscono in coro, come se fosse una sola.

«Bene. Allora?»

«Allora cosa, mamma?»

«Quando hai deciso che non mi avresti permesso di venire con te e Doris a

Washington?»

«Ma non dire idiozie, mamma. Non è affatto così. Sai che io e Doris ti vogliamo

un gran bene e che ci fa piacere averti in casa con noi. Ma ora è giusto che tu

e papà passiate tutto il vostro tempo insieme. Qui al ranch. Ti sei sacrificata

abbastanza, mamma. E ora...»

«Sacrificata? Ma non è stato un sacrificio. Lo sai.»

«Sì che lo è stato, invece. E non solo tuo. Ma anche di papà. Lui ti adora, lo

sai. E farebbe qualsiasi cosa per te. Anche restare senza di te. Ma io non posso

più permetterlo.»

«Tu cosa...»

«Basta, mamma. Sai che ho ragione. Lo so che hai la testa dura. Ma io ce l'ho

più dura di te. E poi ti stai comportando come se tu non volessi rimanere e...»

«Adesso stai esagerando, William. Se vuoi proprio saperlo, avevo già deciso di

rimanere e di lasciarti vivere la tua vita con la "tua" famiglia. Con Doris e con

quegli amori dei tuoi figli. E anzi, non sapevo proprio come dirtelo. E ora mi

sembra di fare la figura di una donna che lascia far prendere al figlio le deci-

sioni che la riguardano.»

«Oh, mamma. Sei impossibile.»

William la abbraccia e la stringe a sé fino quasi a farle male.

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Luna d'Argento, sorridendo, interrompe il battibecco.

«Bene. Allora tutti di là in sala da pranzo. Vedo laggiù Mamie che ci sta venen-

do ad avvisare che il pranzo è pronto.»

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Il treno per Santa Fé

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A metà pomeriggio Tex e Lois si godono un po' di fresco nella veranda sul lato

est della casa.

Hanno tante cose da dirsi.

Tex non riesce a nascondere la sua gioia.

Lois rimarrà per sempre al ranch.

Con lui.

Le tiene dolcemente le mani e le sussurra...

Ma lo sapete che siete proprio indiscreti?

Cercate un po' di lasciarli in pace.

Non credete che se lo meritino?

Le donne, a parte Lois naturalmente, sono nella biblioteca a chiacchierare.

Mamie ha preparato un ottimo tè e l'ha servito insieme con una quantità esa-

gerata di pasticcini.

Non sono ancora le cinque, ma credo che non importi a nessuno.

La piccola Lilyth si è addormentata in braccio a Luna.

Come?

Non sapevate che la figlia di William e Doris porta il nome della prima moglie di

Tex?

Non ve lo avevo detto?

Beh, ve lo dico adesso.

E poi potevate anche immaginarvelo.

Hanno chiamato Kit il figlio più grande, quindi come potevano chiamare la

femminuccia?

Come dite?

Di solito alla figlia si dà il nome della nonna?

Non ditemi che avete pensato a Lois.

Si vede che non la conoscete bene.

Lois è unica al mondo.

Non avrebbe tollerato un'altra Lois Willer.

E adesso non venitemi a dire che non sapevate che Tex e Lois si erano sposati.

Inoltre William sapeva benissimo che al padre avrebbe fatto certamente piace-

re.

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Quindi...

Discorso chiuso.

E gli uomini?

Indovinate dove stanno gli uomini.

E i bambini, naturalmente.

Indovinato.

Ma non era poi così difficile.

Sono tutti nella rimessa dove Jack tiene la sua Betty.

Ma naturalmente il vecchio Tex non c'è, direte voi.

Ve l'ho già detto che siete proprio indiscreti?

I bambini stanno litigando perché l'aereo ha solo due posti e loro sono tre.

E naturalmente chi rimane a becco asciutto è il povero Charlie che è il più pic-

colo e Tex, il giovane naturalmente, ha il suo bel daffare per tenerlo buono.

E' sempre così.

Sono sempre i più deboli che devono subire le prepotenze dei più forti.

«Tex, non è James quello che sta arrivando di corsa?»

«E' proprio lui, Jack. »

«Chi è questo James?»

«E' l'aiutante dello sceriffo, William.»

«Grane in vista, allora.»

«Non dirmi che hai anche tu un sesto senso, Billy. Come il nonno.»

«Uhm. L'aiuto sceriffo che è venuto fin qui. E sta correndo. Grane.»

«Signor Willer...»

«Chi cerchi, James? Quale di noi quattro stai cercando?»

«Il signor William, l'agente federale.»

«Sono io, James. Sei l'aiutante dello sceriffo? Non ti ho visto stamattina. C'era

solo lo sceriffo e quel tizio. Come si chiama... Benny mi pare.»

«Proprio lui, signore. E' per questo che sono qui. L'hanno ammazzato.»

«Ammazzato? Come è successo? E chi è stato?»

«Non si sa, signore. L'ho trovato morto io. Verso l'una. Nell'ufficio dello scerif-

fo. Ero andato a pranzo e lui era rimasto lì. Poi sono tornato per dargli il cam-

bio. Sa, facciamo sempre così. Uno di noi due va a mangiare e l'altro resta. E

poi...»

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Il treno per Santa Fé

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«Sì, ho capito. Continua.»

«Oggi sono andato io a pranzo per primo. E quando sono tornato, l'ho trovato

vicino alla porta, tutto insanguinato.»

«Come è morto?»

«Accoltellato, signore. Una coltellata alla pancia e una al torace. Il Doc ha det-

to che gli hanno spaccato il cuore.»

William estrae il suo orologio dal panciotto.

«Peccato.»

«Perché peccato, Will?»

«Perché è tardi, Kit. Anche se partissi subito, non potrei essere di ritorno prima

delle dieci. E questa sera ho proprio voglia di stare con te e papà.»

«Ma se andrai domani, non sarà lo stesso, William?»

«No, Tex. Le ore più importanti nelle indagini sono quelle immediatamente

successive al crimine. E sono già passate circa quattro ore.»

«Bene. Allora ti ci porto io. In dieci minuti saremo ad Albuquerque.»

«Come? Vuoi dire che...»

«Certo, zio. Ti ci porto io con l'aereo.»

«Ma...»

«Non avrai mica paura di volare, vero?»

«Paura? Ma che dici, Jack? E' vero che non ho mai messo piede su uno di que-

sti trabiccoli volanti, ma... Paura? Credo proprio di no.»

«E allora preparati. Vai a prendere la pistola e a dirlo agli altri. Io intanto con-

trollo l'aereo e vedo se ha il pieno.»

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William non fa in tempo a dirlo.

«Vai in città con l'aereo di Jack, vero?»

«Papà. Come fai a saperlo?»

«Facile, Willy. James è prima passato da me e mi ha raccontato tutto. Sono

stato io a dirgli che eri nella rimessa. Dovevi assolutamente andare in città per

non far raffreddare la "pista". Ma è troppo tardi. L'unica soluzione è l'aereo di

Jack.»

«Hai sentito anche tu puzza di bruciato, papà?»

«Forte e chiara. Albuquerque è una città tranquilla. Non succede mai niente.

Arrivi tu e dopo poche ore c'è già un omicidio.»

«Già. Ci credo poco anch'io alle coincidenze.»

«E poi, chi vanno ad accoppare? L'aiutante dello sceriffo. E non uno a caso dei

due, ma proprio quello che stamattina ha sentito che tu sei venuto a indagare

sulla vecchia rapina al treno. Scommetto che non ha saputo tenere la bocca

chiusa ed è andato a spiattellarlo in giro. Magari è andato a raccontarlo proprio

al suo assassino.»

«La penso anch'io così, papà. E scommetto anche che...»

«... che questo sprovveduto è uno dei banditi della rapina al treno.»

«Già. E il suo assassino è uno dei suoi vecchi complici.»

«Ci puoi giocare la camicia.»

«A proposito di camicia, papà. Ho notato che l'hai cambiata. Non porti più la

tua bella camicia gialla?»

«Che fai, monellaccio? Hai voglia di essere sculacciato?»

«Ma no, mamma. Lo sai che...»

«E' meglio che ti levi subito dai piedi. E non nominare più quella orribile cami-

cia gialla. Credi che io non sapessi che tuo padre la indossava sempre quando

io non c'ero? Ma ora quei tempi sono finiti. Ora ci sono qua io e farò sparire

tutte le camicie gialle che trovo in giro.»

«Ma non puoi farlo, cara. Non sono tutte mie. Anche Kit e Jack ne hanno un

paio uguali.»

«Non temere. Il mio non sarà un furto, ma solo una sostituzione. Sono sicura

che nel cambio ci guadagneranno tutti.»

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William si avvicina a Doris e la bacia.

«Ciao, amore. Ci vediamo fra un'ora, al massimo due.»

«Ciao, caro. Ma stai attento.»

«Amore, non parto per la guerra.»

«Lo so. Ma sai... L'aereo... ho un po' paura.»

«Ah, grazie, zia. Vedo che ti fidi molto di me.»

«Jack, non dire sciocchezze. Lo so che sei molto bravo. Il più bravo di tutti. Ti

hanno dato anche una medaglia. Però...»

«Ti hanno dato una medaglia?»

«Sì, Kit. Non lo sapevi?»

«No, William. Non lo sapevo.»

«Ma anche Tex ha ricevuto una medaglia. Non sapevi neanche questo?»

Si guardano tutti meravigliati.

Tranne naturalmente i due fratelli.

«E tu come fai a saperlo, zio?»

«Come faccio a saperlo? Ma a Washington lo sanno tutti. Al comando tutti i

miei colleghi non fanno che congratularsi con me come se le avessero date a

me.»

Kit si avvicina ai suoi due figli.

«Come mai non ne avete mai parlato?»

«Papà» è Tex che risponde, «quella medaglia è sporca del sangue di tutti quelli

che sono stato costretto a uccidere. Non ne vado fiero, sai? Anche se eravamo

in guerra, anche se erano nemici, anche se mi sono solo difeso. Ho comunque

spezzato delle vite umane. Inizialmente sparavo solo per ferire, ma poi... sono

stato costretto...»

«E tu, Jack? Cos'hai da dire?»

«Pa', lo sai come la penso. Hai letto le mie lettere, no? 3»

«Ma non pensavate che avevamo il diritto di sapere che i nostri figli si erano

comportati da eroi? Non pensavate che la mamma sarebbe stata fiera di voi?»

E' sempre il figlio maggiore a rispondere.

3 Vedi il romanzo "I due fratelli".

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«La mamma è già fiera di noi, papà. Non ha bisogno di patacche infiocchetta-

te.»

Un lungo silenzio.

Poi Kit si avvicina ancora di più ai figli e li stringe entrambi in un unico lungo

abbraccio.

«Ora va', Jack. Porta mio fratello in città e riportalo a casa il più presto possibi-

le.»

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Neanche dieci minuti dopo Jack atterra in una pista di fortuna ricavata dietro

il corral di Miguel.

«Come è andato il volo, zio?»

«Liscio come l'olio, Jack. Sei veramente bravo.»

«Vorrà dire che al ritorno faremo qualche piroetta.»

«Fai come vuoi. Ricorda però che io sono armato e che sono alle tue spalle.»

«Bada che se mi spari precipiti anche tu.»

«Non ti devo mica ammazzare. Poi chi lo sente tuo padre? No, mi basta farti un

po' male.»

«Bah.»

«Ehi, William. Che mi venga un colpo.»

William si è girato come un fulmine.

La sua colt semiautomatica è comparsa nella sua destra come per incanto.

«Ti verrà, Sam Wilkinson, se continui a comportarti così.»

«Ehi, ehi. Metti via quel cannone. Che ti prende? Non riconosci più gli amici?»

«Conosci questo buontempone, zio?»

«Ehi, Jack. Diglielo anche tu di metter via l'artiglieria. Dove andate di bello?»

«Purtroppo sì, Jack. E' un amico dei bei tempi andati.»

«Ah ah. Ti ricordi anche tu, eh? Quante ne abbiamo combinate insieme.»

«Quante ne hai combinate, Sam. Eri sempre tu quello che si metteva nei

guai.»

«Dai, non te la prendere. Vieni, ti offro un bicchierino.»

«Ora ho da fare, Sam. Un'altra volta.»

«Ma cosa avrai di così importante da fare per...»

«Sam, un'altra volta ho detto.»

La voce di William è dura e decisa.

Come a voler significare: non rompere le scatole, Sam, ti conviene.

«Va bene, va bene. Non ti scaldare. Sarà per un'altra volta. Però toccherà a te

pagare.»

Proseguono verso l'ufficio dello sceriffo senza ribattere.

«Zio, ma davvero eri amico di quell'impiastro?»

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«Ci si frequentava, Jack. Abbiamo la stessa età e siamo cresciuti insieme. Suo

padre lavorava al nostro ranch.»

«Già. Io ero molto piccolo, ma lo ricordo anch'io.»

Lo sceriffo, uscendo dal suo ufficio nota i due Willer venire verso di sé.

«Signor Willer, non la aspettavo così presto. Cos'ha, volato?»

Ride della sua battuta.

E' ovvio che, per essere lì a quell'ora, deve per forza essere venuto con l'aereo.

E poi c'è Jack con lui a confermarlo.

«Stava andandosene, sceriffo?»

«Beh, sì. Andavo a fare il mio solito giro e poi me ne andavo a casa.»

«Vorrei vedere il povero Benny, se non le dispiace.»

«Venga, l'accompagno dal becchino.»

«Volete dire che già l'avete schiaffato dentro una cassa?»

«Beh, sì. Ma...»

«Meno male che non lo avete ancora sotterrato.»

Il becchino però c'era andato molto vicino.

Ci ha messo cinque minuti buoni a schiodare il coperchio della bara.

William esamina attentamente il poveraccio, soprattutto le due ferite da taglio.

E nota anche qualcosa sotto le unghie delle mani di Benny.

«Uhm.»

«Cosa c'è, zio? Cosa hai scoperto?»

«Frammenti di pelle sotto le unghie. Quest'uomo ha cercato di difendersi. Ha

graffiato il suo assassino. L'uomo che cerchiamo ha dei graffi da qualche parte.

Magari sul viso o sul collo.»

«Allora basterà cercare un uomo con dei graffi. Bravo, zio.»

«O magari una donna.»

«No, sceriffo. L'assassino è un uomo. Ci vuole una forza notevole per infliggere

coltellate così profonde. Nel suo giro cerchi di scoprire se qualcuno ha qualche

graffio, magari coperto dal fazzoletto al collo.»

«Bene, inizio subito il mio giro.»

«No. prima voglio dare un'occhiata al suo ufficio. E' lì che è stato trovato. Vo-

glio vedere se riesco a trovare qualche indizio.»

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Il treno per Santa Fé

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Lo sceriffo appare un po' contrariato, ma non può certo dire no a un agente fe-

derale.

Una breve perlustrazione e i due si congedano dallo sceriffo che tira un sospiro

di sollievo.

Finalmente questo seccatore lo lascerà in pace.

«Andiamo, Jack. Si ritorna a casa.»

Quando sono sull'aereo Jack chiede: «Hai trovato qualcosa nell'ufficio dello

sceriffo?»

«Purtroppo no, Jack. E poi chissà quante persone sono entrate in quella stanza

dopo l'omicidio.»

«Strano, perché m'era parso che tu fossi interessato a qualche particolare che

mi è sfuggito.»

«L'ho fatto intenzionalmente, Jack.»

«Cosa?»

«Dare l'impressione di avere scoperto qualcosa.»

«Come? Vuoi dire che sospetti dello sceriffo?»

«Non sospetto nessuno e non escludo nessuno. Neanche lo sceriffo. Non ha

graffi, ma può essere complice dell'omicida.»

«Non sospetterai per caso anche di me?»

«No. Tu hai un alibi di ferro. Eri con me al ranch all'ora del delitto.»

«Ah, bene. Meno male perché, se non avevo un alibi, ero nei pasticci. Grazie,

zio.»

«Oh, Jack. Possibile che non riesci a capire quando ti prendo in giro?»

«Oh, zio. Possibile che non riesci a capire quando ti prendo in giro?»

Non finisce nemmeno la frase che l'aereo perde improvvisamente quota.

Sarà stato un vuoto d'aria?

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Letizia

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«Burt, io ho paura.»

«Paura? E di cosa, Slim?»

«Ma come, Kelvin? Non lo capisci? Benny è morto, dannazione. E' stato am-

mazzato. Non può essere una coincidenza.»

«Slim ha ragione, Kelvin. Quel maledetto federale arriva in città per indagare

sulla rapina e poche ore dopo uno di noi ci lascia la pelle. Credevamo che il ca-

so fosse stato chiuso e invece...»

«Ma chi può essere stato? E quel Willer? Ha qualche sospetto?»

«Non lo so, Kelvin. Credevamo tutti che fosse venuto a trovare i parenti. Si è

portato dietro anche moglie e figli.»

«Io dico che quello sa qualcosa, capo. Ci scoprirà tutti. Magari è stato lui a uc-

cidere Benny. Magari si è accorto che lo sbirro ha scoperto qualcosa, ha cerca-

to di ammazzarlo e ha avuto la peggio.»

«Non dire idiozie, Slim. James ha detto che Willer si trovava al ranch di suo

padre. Non poteva essere qui ad ammazzare Benny.»

«Ma, Burt. Con l'aereo sarebbe arrivato qui in tempo. Poteva ammazzarlo e ri-

tornarsene tranquillo al ranch.»

«Sei proprio uno scemo, Slim. Non credi che qualcuno avrebbe visto l'aereo

dietro il corral di Miguel?»

«Ma allora chi è stato, Burt?»

«Non vorrei che lo sbirro si fosse portato dietro qualcuno che, a sua insaputa,

fosse interessato alla rapina.»

«Uhm. Forse hai ragione, Kelvin. Quei soldi farebbero gola a un sacco di per-

sone.»

«Potrebbe essere qualcos'altro e non solo i soldi, Burt.»

«Che vuoi dire, Kelvin?»

«Potrebbe essere anche vendetta, Burt. Qualcuno che magari crede che ab-

biamo abbandonato Tim nel posto dove è stato sbranato dall'orso. Dopo avergli

fregato il malloppo, naturalmente. So che aveva un fratello all'Est.»

«Ma noi non abbiamo abbandonato nessuno. E tantomeno non gli abbiamo fre-

gato i soldi. Siamo squattrinati che più di così non si può.»

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«Sì, Slim. E' vero. Ma questo tizio non lo sa. Io penso che Kelvin possa avere

ragione. La sua ipotesi è plausibile.»

«Cos'è un'ipotesi, Burt?»

«Ignorante. Vuol dire che quello che pensa Kelvin è possibile. Spiegherebbe

molte cose. L'assassino potrebbe essere andato da Benny per scoprire qualco-

sa sulle indagini del federale. Benny potrebbe aver capito qualcosa ed essersi

tradito. E quello l'ha fatto fuori. Non credo di trovare una spiegazione migliore.

Non è stato certamente uno di noi a far fuori il nostro amico.»

«Sicuro, Burt. Ma non dire più che sono un ignorante solo perché non conosco

qualche parola difficile.»

«Non dire così, Slim. Lo sai che tu per Burt sei come un fratello.»

«E' vero, Kelvin. Ma anche lui per me è come un fratello. E' stato Burt che mi

ha trovato lavoro al saloon. E mi ha aiutato tante volte quando ero in difficoltà.

Non so neppure quanti soldi mi ha prestato. Anzi, me li ha praticamente rega-

lati, perché non ce l'ho mai fatta a restituirglieli tutti.»

«Non ci pensare, Slim. Me li restituirai quando metteremo le mani sul mallop-

po. Ma adesso prudenza. Non sappiamo chi è questo misterioso assassino e

dobbiamo fare in modo che non sospetti minimamente di noi. E soprattutto,

nessuno ci deve più vedere insieme.»

«OK, Burt. Intanto io voglio tenere d'occhio un tizio che è arrivato ad Albu-

querque un paio di giorni fa. Potrebbe essere lui il nostro uomo.»

«Però stai attento, Kelvin. Non vorrei che ci lasciassi la pelle anche tu.»

«Tranquillo, capo. Ci tengo alla mia pelle.»

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«Jack, se ti alzi da terra anche di un solo pollice...»

«Tranquillo, zio Billy. Faccio solo un paio di giri della pista. Promesso.»

Doris sta guardando la scena un po' apprensiva, tenendo la piccola Lilyth in

braccio.

Sta cominciando a piangere.

L'aereo sta facendo troppo rumore e lei si è spaventata.

«Adesso basta, Kit. Ferma l'aereo, Jack, e fallo scendere.»

«Ancora un po', mamma. Cinque minuti e poi scendo. Va bene?»

Il piccolo Kit, con un paio di occhialoni più grandi di lui, si sta divertendo come

un matto.

Armeggia con chissà cosa fingendo di pilotare l'aereo nella postazione dietro il

cugino Jack.

«Ora basta davvero, Kit.»

Che strano.

Gli riesce difficile chiamare un ragazzino di otto anni con il nome di suo padre.

Ma d'altronde i Willer non hanno avuto grande fantasia nello scegliere il nome

dei loro figli.

Con esclusione di suo fratello Tex che li ha chiamati con nomi completamente

nuovi.

E neanche nella famiglia di Sara c'è nessuno che si chiami Tommy e Charlie.

O Thomas e Charles e derivati.

«Ora basta davvero. Sto consumando tutto il carburante. E senza quello il mo-

tore si ferma. Lo sai?»

«Certo che lo so. A casa papà si ferma sempre a rifornire la sua macchina. Dice

che beve più di un cammello.»

«Ah. Quindi ora ci facciamo quest'ultimo giro fino alla rimessa. E poi te ne vai a

giocare con i tuoi cuginetti. OK?»

«OK. Ma loro non sono i miei cuginetti. Tu sei mio cugino. Tu e tuo fratello

Tex.»

«Ah. Non ci avevo pensato. E allora tu cosa sei per loro?»

Jack sorride divertito.

«Mah. Non lo so. Forse sono suo zio.»

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«Si dice "il loro zio", birbante. E poi non credo proprio. Io sono il loro zio.»

«Lo chiederò a papà.»

Jack si dirige lentamente con l'aereo verso la rimessa.

Pochi minuti dopo lo scatenato ragazzino è insieme ai suoi "cuginetti".

«Jack, che ne diresti di fare un'altra capatina in città?»

«Sicuro, Billy. Non hai che da chiedere. La mia Betty e io siamo a tua completa

disposizione, lo sai. L'aereo volevo dire.»

William lo guarda divertito.

C'era proprio bisogno di precisare.

«Devo andare anch'io in città. Perché non ci andiamo tutti e tre con la macchi-

na? Magari ci fermiamo lì a pranzo e torniamo nel pomeriggio.»

«Perché no, Tex? Che ne dici, zio Billy? Non credo che se mancheremo a pran-

zo le donne troveranno da dire.»

«Uhm. Potrebbe essere un'idea. Se andiamo dal vecchio Bruce, potrebbero ar-

rivarci alle orecchie pettegolezzi interessanti. E poi la sua cucina non è niente

male. E' ancora così, vero?»

«Verissimo, Billy. Da Bruce si mangia benissimo. Sua moglie è un'ottima cuo-

ca.»

«Bene, allora. Andiamo a sentire cosa ne pensano le "ragazze".»

«Non mi dire che hai bisogno del benestare di tua moglie, zio Billy. O addirittu-

ra della nonna.»

«Non si tratta di benestare, Jack. Si tratta che in una coppia le decisioni si

prendono in due. Non fai anche tu così con la tua Beth?»

«Ma chissà quante decisioni prendi sul lavoro senza neanche sentire Doris.»

«E' diverso, Kit. E lo...»

«Sei proprio una frana, zio. Possibile che non riesci a capire quando ti prendo

in giro? Credi che anch'io non lo chiederò a Beth?»

«Ho capito, ho capito. Anch'io lo chiederò a Sara.»

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Mezzora dopo, sono tutti e quattro in macchina diretti verso Albuquerque.

Sì, avete indovinato.

Elisabeth ha voluto accompagnare Jack.

Ne approfitterà per andare allo store a fare un po' di acquisti.

«Allora, Jack. Quand'è che tu e Beth vi deciderete a fare il gran passo?»

IL volto di Elisabeth si colora leggermente.

«Non abbiamo ancora deciso, zio. E poi io vorrei una casa tutta per noi. E' vero

che la casa di papà è molto grande. Ma c'è già Tex con la sua famiglia. I suoi

bambini sono cresciuti e... Insomma, vorrei costruirmi una casa tutta mia.

Sempre lì al ranch. Ho già in mente il posto.»

«Certo. Ma intanto potreste sposarvi. Beth verrebbe ad abitare con te e nel

frattempo tu potresti costruire la vostra casa.»

«Li vuoi proprio vedere sposati questi ragazzi, William.»

«E ci sposeremo presto. La prossima primavera, penso. Se Beth naturalmente

mi vorrà sposare.»

«Ci devo ancora pensare, sai. Non credo che tu sia proprio il massimo come

marito. Sì, credo che dovrò pensarci molto bene.»

«Il massimo? Non troveresti uno migliore di me neanche in cent'anni.»

«Dici? Beh, qui in macchina ce ne sono già due che sono sicuramente meglio di

te. Peccato che siano già sposati.»

«Ma l'avete sentita, la signorina?»

«Certo. E secondo me ha ragione.»

«Ti ci metti anche tu adesso, Tex?»

«Devi dare sempre ascolto al fratello maggiore, Jack. E più saggio di te. E poi

la penso anch'io come lui.»

«Bah, siete impossibili. Tutti e tre.»

Sorridono mentre Elisabeth si stringe al suo Jack.

«Ehi, voi due. Non c'è abbastanza posto lì dietro?»

«Tu pensa a guidare, Tex.»

«Eh, caro Tex. Penso proprio che abbiano bisogno di accelerare i tempi delle

nozze.»

Il tempo passa velocemente quando regna l'allegria.

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A metà mattinata l'allegra combriccola arriva ad Albuquerque.

«Ragazzi, io devo sbrigare alcune faccende. Ci vediamo per l'ora di pranzo dal

vecchio Bruce. D'accordo?»

«Certo, Tex. Mentre Jack e Beth vanno allo store, io faccio un salto dallo scerif-

fo e poi vado un po' in giro a fare qualche domanda. Vediamo se riesco a sco-

prire qualcosa.»

«No, zio. Io vengo con te.»

«Vuoi lasciare la tua Beth da sola, Jack?»

«Ma non è una bambina e...»

«Nessuno ha detto che lo è. Ma non ti stai comportando da vero gentleman.

Non la vuoi aiutare nei suoi acquisti e portarle i pacchi?»

«I pacchi? Quali pacchi?»

Jack appare un po' impacciato mentre Elisabeth guarda la scena trattenendo a

stento un sorriso divertito.

«Beh, quando Doris va a far spese, ritorna sempre con un sacco di pacchi, pac-

chetti e pacchettini. Non fanno così anche le ragazze di qui? Siete fortunati.»

Lo sapete come andrà a finire?

No?

Scarsa fantasia.

Non solo Jack si annoierà a morte accompagnando Elisabeth a far spese, ma

lei, forse influenzata da quanto ha detto William sulle donne dell'Est, comprerà

un sacco di ninnoli e cianfrusaglie.

Almeno Jack pensa che siano oggetti inutili.

Elisabeth invece è convintissima che siano tutte cose indispensabili.

E indovinate chi le pagherà?

Questa volta era facile.

Mezzogiorno è passato da poco.

Tex ha sbrigato le sue faccende e si avvia verso la locanda di Bruce.

Entra per vedere se qualcuno l'ha preceduto.

E' il primo.

Si siede a un buon tavolo e aspetta.

Ma prima passa dalla cucina e chiede alla cuoca di preparare qualcosa di spe-

ciale per quattro.

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«Magari anche una bella torta di mirtilli.4»

«Stia tranquillo, signor Willer. Le preparerò una mia specialità. Sarà una sor-

presa. E naturalmente anche un paio di torte. Ho paura che una sola non ba-

sterà.»

Da lì a poco arriva anche William.

«Sei solo, Tex? I piccioncini non sono ancora arrivati?»

«Non ancora. Temo che tra un po' vedremo arrivare il nostro Jack carico di

pacchetti.»

Ma, quando i due "piccioncini" arrivano, di pacchi neanche l'ombra.

«Com'è, Elisabeth? Non hai trovato niente di tuo gradimento?»

«Non conosci le donne, Tex. Beth ha quasi svuotato l'emporio. Abbiamo porta-

to tutto in macchina. Ho dovuto fare tre viaggi.»

«Esagerato. Tutto quello che ho comprato lo hai portato con una mano sola.

Non ho preso che pochissima roba. E solo quello di cui avevo uno stretto biso-

gno.»

«Sarà. E tu, zio, come ti è andata? Hai scoperto qualcosa?»

«Praticamente nulla. Qualcuno ha visto andare Benny verso sud nella main

street. Così praticamente posso escludere "solo" mezza città.»

Insomma, una delusione.

Ma il modo per consolarsi c'è.

Eccome se c'è.

Il pranzo è stato ottimo.

La moglie di Bruce è davvero un'ottima cuoca.

Ha pure insegnato qualche ricetta a Mamie.

E la torta di mirtilli.

Non hanno mai mangiato niente di più buono.

Mentre Tex e William stanno litigando su chi deve pagare il conto, si ode uno

sparo.

In un attimo sono in strada per vedere cosa è successo.

«Stai qui dentro, Beth. Non uscire.»

«No, Jack. Non andare.»

4 Credevate che ordinasse una torta di mele? Allora avete sbagliato Tex. Questo è Tex Junior.

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Ma Jack è già fuori con Tex e lo zio.

William si guarda intorno e improvvisamente salta letteralmente addosso ai

suoi nipoti facendoli ruzzolare per terra.

I colpi sparati da una finestra della casa di fronte vanno così a vuoto.

«Jack. Mio Dio, Jack.»

Elisabeth, disobbedendo al fidanzato, è uscita in strada e urla.

«Tranquilla, Beth. Sto bene. Rientra nella locanda.»

Tex, dopo una rapida occhiata al fratello e allo zio, raggiunge di corsa la parte

opposta della strada.

William e Jack intanto rispondono al fuoco sparando verso la finestra.

Tex, svelto come un felino, con un salto si aggrappa al pavimento del balcone

al primo piano e velocemente raggiunge la ringhiera.

In un attimo si trova sulla balconata vicino alla finestra dalla quale sono partiti

i colpi.

Tenendosi al riparo, getta il suo Stetson all'interno della stanza.

Nessuna reazione.

Si affaccia velocemente e butta un rapido sguardo all'interno della stanza.

Un corpo a terra e nessun altro.

Salta nella stanza e si dirige verso la porta spalancata.

Il corpo che giace a terra ha il volto sfigurato da un colpo di arma da fuoco.

Esce dalla stanza e dà un'occhiata alle scale che scendono a terra.

Alla prima rampa c'è una finestra.

E' aperta e di sicuro l'assassino è fuggito da lì.

Scende ed è raggiunto dallo zio e da Jack.

Guardano tutti e tre dalla finestra.

Ma non si vede nessuno.

L'assassino si è dileguato in un dedalo di cortili e viuzze.

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Jack salta dalla finestra che si trova a poco più di un metro da terra.

«Vedo se riesco a trovare qualche traccia di quel maledetto.»

«Sta' attento Jack.»

«Non ti preoccupare, fratellone. Sono un esperto di guerriglia. Lo hai dimenti-

cato?»

«Stai attento lo stesso. OK?»

Intanto William è salito nella stanza e sta guardando il corpo sul pavimento.

«Chi è? Lo conosci Tex?»

«E' Kelvin Douglas. Il barbiere.»

«Questa è casa sua?»

«Sì. Abitava qui da solo» risponde Tex chinandosi a raccogliere il suo cappello.

«Hai visto qualcuno?» chiede William guardandosi intorno con attenzione.

«Purtroppo no, zio.»

«Sei stato un fulmine ad arrivare fin qui. Con un po' di fortuna in più avresti

potuto impallinare l'assassino.»

«Sei stato bravo anche tu, William. Se tu non ti fossi accorto di niente, a

quest'ora sarei disteso nella polvere in strada. Io non avevo visto nulla di so-

spetto.»

«Ho solo l'occhio più allenato.»

«Cribbio, a questo poveraccio hanno fatto saltare le cervella.»

«Già. Sono certo che conosceva il suo assassino. Era seduto al tavolo su que-

sta sedia e, quando è stato colpito, è caduto all'indietro. L'altro probabilmente

era seduto di fronte a lui.»

Jack rientra proprio in quel momento da una caccia purtroppo infruttuosa.

«Oh, cavolo. Kelvin ha fatto proprio una brutta fine.»

William si china sul corpo.

«Che fai, zio? Controlli se ha dei graffi sul collo?»

«Sì, Jack.»

«Credi allora che gli assassini siano due?»

«No. Solo non voglio escludere nessuna ipotesi.»

«Graffi sul collo?»

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«Sì, Tex. Lo zio ha notato della pelle sotto le unghie di Benny. Ha graffiato il

suo assassino prima di morire.»

«I due omicidi sono certamente collegati.»

«Sì, Tex. E credo di non sbagliare dicendo che questo Kelvin è uno dei rapina-

tori del treno per Santa Fé.»

In quel momento arriva lo sceriffo con il suo aiutante James.

E, dietro di loro, indovinate un po'?

Esatto.

Elisabeth era in ansia per il suo Jack.

Corre ad abbracciarlo.

«Oh, Jack. Stai bene? Sei ferito?»

«Va' con lei fuori della stanza, Jack. Questo non è certo un bello spettacolo.»

«OK, zio. Vieni Beth.»

«Cosa è successo, signor Willer?»

«Presto detto, sceriffo. C'è stato un altro omicidio. L'assassino ha poi cercato di

farci la pelle con quel fucile a canne mozze.»

Indica il fucile sul pavimento.

«E meno male che William si è accorto in tempo che ci stava sparando addos-

so.»

«Vi è sfuggito?»

«Purtroppo sì.»

«E non avete visto chi era?»

«No, sceriffo.»

«Kelvin conosceva sicuramente il suo assassino, sceriffo.»

«Come fai a dirlo, Tex?»

«Stavano tutti e due seduti a questo tavolo. Poi Kelvin si è preso una revolve-

rata e il suo cervello ora sta su quella parete. L'assassino poi ci ha visto dalla

finestra, ha preso la doppietta di Kelvin e ce l'ha scaricata addosso. Senza col-

pirci per fortuna.»

«La doppietta di Kelvin?»

«Sì, sceriffo» risponde il suo aiutante James.

«Io ero un suo amico e sono venuto qui qualche volta. Era appesa a quel chio-

do, là su quella parete.»

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«Certo che lei è una bella calamita per i guai, Willer. E' appena arrivato e ci

sono già stati due omicidi. E in meno di ventiquattro ore. Crede che questi due

delitti siano collegati?»

«Può essere. Ma ora ci perdoni, sceriffo. Vorrei tornare al ranch. La povera Eli-

sabeth è rimasta un po' scossa. Ha bisogno di stare un po' in pace con le per-

sone care. Pensa lei a questo poveretto, vero?»

«Certo, signor Willer. Certo. Arrivederci, signor Willer.»

William e Tex scendono in strada e raggiungono Jack ed Elisabeth.

«Zio, mi sei sembrato un po' distaccato con lo sceriffo. Non dirmi che sospetti

che lui c'entri in questa faccenda.»

«Oh no, Tex. Lo sceriffo è solo un ingenuo. Penso solo che non mi sarà di alcun

aiuto in queste indagini. Inoltre meno cose sa e meglio è. Potrebbe tradirsi e

dire qualche parola di troppo. L'assassino andrà sicuramente in giro ad ascolta-

re tutto quello che può essere utile per non farsi scoprire.»

«Non mi dire che hai già dei sospetti, William.»

«E allora non te lo dico.»

«Per tutti i diavoli, William...»

«Ehi, William. Certo che dove vai ci scappa il morto. Oggi è toccato a Kelvin.

Domani a chi toccherà?»

«Dannazione, Sam. Sei tu. Come fai a sapere che il morto è Kelvin Douglas?»

«Ma ne parlano tutti. E poi quella è la sua casa, no?»

«Ciao, Wilkinson. Come te la passi?»

«Ciao, Tex. Si tira a campare.»

«Ho sentito che hai qualche problema. Se ti servono dei soldi, sai che puoi

sempre contare su di me.»

«Oh no, Tex. Ti ringrazio. Le cose stanno cominciando ad andare per il verso

giusto.»

«Comunque lo sai che io ci sarò sempre per te, Wilkinson. Tuo padre era un

gran amico di mio padre e...»

«Grazie, Tex. Lo so. Anzi, quando torni al ranch, salutamelo. E porta anche i

miei saluti a tua madre e alla tua signora.»

«Certo, lo farò.»

«Beh, allora ciao. Ci vediamo, William.»

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«Ciao, Sam.»

Guardano entrambi Sam Wilkinson che si allontana.

«Che strano tipo, vero?»

«Già.»

«Non dirmi che sospetti di lui.»

«No davvero, Tex.»

«Zio, prima stavamo alludendo che hai dei sospetti...»

«E' solo un'intuizione, Tex. Ne parlerò quando avrò qualche elemento in più.»

«OK, William. Raggiungiamo Jack ed Elisabeth. Torniamo al ranch.»

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«Faccio prima un salto alla stazione, Tex.»

«Alla stazione, zio? E che ci vai a fare?»

«Un paio di cose, Tex. Tu intanto raggiungi i ragazzi. Ci vediamo alla rimessa

tra un quarto d'ora.»

Mentre William si avvia verso la stazione, James, l'aiutante dello sceriffo apre

la porta girevole di uno dei saloon di Albuquerque.

Al banco Slim è intento a versare un whisky a un cliente.

«Ehi, Slim. Versane uno anche a me. Hai sentito quello che è successo? Hanno

accoppato il barbiere.»

Ovviamente Slim ha già sentito la notizia.

Ne parla già tutta la città.

Cerca di nascondere il proprio nervosismo.

Noi sappiamo il perché.

Ma James sembra non accorgersene.

«Ehm... sì. Povero Kelvin.»

«Già povero Kelvin. Un'altra bella rogna per quell'agente federale. Secondo me

sta brancolando nel buio e non ha la più pallida idea di quello che sta succe-

dendo.»

«Dici?»

«Certo. Credo che sia convinto che questi omicidi abbiano qualcosa a che fare

con la rapina al treno per Santa Fé. Figurati se quei furboni, con un milione di

dollari in tasca, se ne vanno in giro in una città come questa. Con tutta quella

grana, lo saprei io dove andare.»

«E già. Anch'io. Non me ne starei certo qua a servire whisky di pessima qualità

a una marmaglia di cowboy ubriachi.»

«Vero. E hai proprio ragione. Questo whisky fa schifo. Ehi, ma quello che sta

entrando non è il tuo amico Burt Cooper?»

«Ehm... è proprio lui.»

Burt si avvicina al banco e fa un cenno d'intesa con gli occhi a Slim.

«Ciao, Burt. Il solito?»

«Sì. Ma servimelo a quel tavolo laggiù per favore. Ho dei documenti da esami-

nare.»

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«Vai pure, ti servo subito.»

«Guai, Burt?»

«No, James. Sono documenti su una terra che avrei intenzione di comprare.

Sempre se la banca mi presterà il denaro.»

Burt si allontana verso un tavolo in fondo al locale.

Un attimo dopo Slim gli porta una bottiglia con un bicchiere.

Burt bisbiglia qualcosa al suo amico.

«Ci vediamo a mezzanotte al tuo capanno da pesca a Corrales.»

Slim risponde con un cenno del capo e ritorna al bancone.

James rimane a guardare Burt che sembra immerso nella lettura di alcuni fogli.

Dopo aver tracannato l'ultimo sorso di bruciabudella, si avvia verso la porta ed

esce dal locale.

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Letizia

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«Un altro omicidio? Peste.»

«E ho paura che la cosa non sia finita, papà.»

«Uhm. Presto altri due moriranno.»

«Come?»

«Presto altri due moriranno.»

«Ho capito, Tiger. Ma come puoi dirlo?»

«L'ho visto.»

«Cosa hai visto?»

«Ho avuto una visione. Due bianchi uccisi.»

«Tiger, vuoi farmi credere che hai avuto una visione in cui altri due uomini

vengono assassinati?»

«Così è.»

«Ma non è possibile. Tu non puoi...»

«Calma, ragazzino. Se Tiger dice che ci sarà un duplice omicidio e che l'ha vi-

sto in una visione, ci puoi scommettere la camicia.»

«Senti, bambino mio. Lo so che sembra incredibile. Conosci tuo padre e cono-

sci anche Tiger Jack. Sono persone serie con la testa sulle spalle...»

«Ma, mamma...»

«... Oddio, serie. Diciamo che non hanno mai raccontato frottole.»

«Ma, mamma. Questa è una cosa soprannaturale. Adesso mi verrà a dire an-

che chi è l'assassino.»

«E' un bianco. Con una lunga barba.»

«Come?»

«Un bianco con la barba.»

«Oh, questa poi.»

«William, Tiger ha visto veramente questi omicidi.»

«Oh, Kit. Ti ci metti anche tu adesso?»

«Ho le prove.»

«Cosa?»

«E anch'io ho avuto delle visioni soprannaturali.»

«Anche tu?»

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Il treno per Santa Fé

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«Ho visto mia madre Lilyth. E anche Jack l'ha vista. Credi che siamo tutti dei

pazzi visionari?»

«Non ho mai detto una cosa del genere. Ma spero che ti renderai conto che è

una cosa dura da mandar giù. Davvero anche tu hai avuto delle visioni?»

«Sì. Ho visto veramente mia madre. Due volte.5 E se ti dicessi cosa mi è suc-

cesso, non mi crederesti mai.»

«E anche tu, Jack...»

«Sì, zio Billy. Ho visto una ragazza bellissima.6 Non sapevo chi fosse. Ho sapu-

to in seguito che era la nonna. Cioè la prima moglie del nonno.»

«Ma è... è incredibile.»

«Eppure è la verità, William.»

«E quando succederà, Tiger?»

«Non lo so. So però che non ci saranno altre uccisioni.»

«Uhm. Quattro morti. Il conto torna. I rapinatori del treno erano cinque e uno

è morto tre anni fa. E anche l'assassino con la barba. Corrisponde all'idea che

mi son fatto di lui.»

«Hai già dei sospetti, zio Billy?»

«Solo un'idea, Jack. Temo che domattina mi dovrai dare un altro passaggio in

città con la tua Betty.»

«Neanche a chiedere, zio. Considerami il tuo pilota personale.»

«Ma ora basta parlare di omicidi. E' una bellissima giornata e me la voglio gu-

stare insieme a voi. Sono con tutte le persone a cui voglio bene. Tutti i Willer

sono qui accanto a me. E presto, se qualcuno di mia conoscenza si deciderà, la

famiglia aumenterà di numero. Cosa posso volere di più?»

5 Vedi i romanzi "La luce nelle tenebre" e "L'urlo del Falco". 6 Vedi il romanzo "I due fratelli".

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Letizia

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E' quasi mezzanotte.

Slim è nel suo capanno sulla riva destra del Rio Grande.

Aspetta il suo amico Burt.

E' nervoso e ha paura.

Da quando è arrivato quel maledetto sbirro son morti già due componenti della

vecchia banda.

Ora rimangono solo lui e Burt.

Pensa che l'assassino non si fermerà.

Pensa che presto toccherà a lui e a Burt.

Ma chi è questo maledetto?

E perché?

Cosa cerca?

Vendetta?

Ma per quale motivo?

La rapina è andata liscia come l'olio.

Non ci sono state vittime e nessuno ci ha rimesso.

Il treno trasportava una riserva in denaro per la banca federale di Santa Fé.

In seguito il denaro rapinato è arrivato comunque con un altro convoglio.

Slim esclude anche che l'assassino possa essere Burt.

Se non fosse per lui l'amico che è, avrebbe anche potuto sospettare di lui.

Sarebbe plausibile.

Recuperare un milione di dollari e tenerlo tutto per sé è un valido movente.

Ma perché proprio ora?

Ma Burt non farebbe mai una cosa del genere.

Per lui è quasi un fratello.

A meno che...

Certo, Burt potrebbe aver ucciso gli altri due e poi dividere il malloppo solo con

lui.

Cinquecento mila dollari a testa.

Una bella sommetta.

Ma perché non gliene ha parlato prima?

E come mai solo adesso?

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Il treno per Santa Fé

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Perché non ha agito prima?

Mille congetture e mille interrogativi tormentano la mente di Slim.

E Burt non arriva.

Ma è ancora presto.

Non è ancora mezzanotte.

Burt è sempre stato un maniaco della precisione e della puntualità.

E' lui che ha ideato il colpo in ogni minimo dettaglio.

Nella rapina è filato tutto liscio perché aveva previsto tutto.

Il suo piano era perfetto.

E anche quella di fidarsi di Tim e affidargli tutto il malloppo non è stata una

cattiva idea.

Tim era un galantuomo e conosceva un nascondiglio perfetto.

Hanno solo avuto una maledetta sfortuna.

Sente poi un colpo alla porta.

E' mezzanotte.

Burt è puntuale come un orologio.

Slim apre.

Burt, con un'espressione terribile in volto, si avventa su di lui.

L'urlo di Slim rompe il silenzio della notte.

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«Ehi, zio. Guarda là sotto. E' la macchina dello sceriffo. Sta dirigendosi verso il

nostro ranch. Vuoi scommettere che stanno cercando te?»

«Già. E ho un brutto presentimento. Ce la fai ad abbassarti in modo che ci pos-

sa vedere? Gli farò cenno di tornare indietro.»

«Scherzi, zio? Con la mia Betty gli passerò così vicino che gli potrai togliere il

cappello.»

Non ha neanche finito la frase che effettua un'ampia virata che ha il doppio

scopo di rallentare e di abbassarsi di quota.

Lo sceriffo, alla guida della sua auto, vede l'aereo e rallenta a sua volta il vei-

colo.

Jack riesce davvero a volare a pochi metri dal suolo e William fa cenno allo

sceriffo di tornare indietro.

Lo sceriffo deve aver capito perché fa un largo giro e torna da dove era venuto.

Jack prende di nuovo quota e dirige la sua Betty verso la città che è ormai vici-

na.

Pochi minuti dopo l'aereo atterra dietro la rimessa di Miguel.

A attenderlo c'è James, l'aiutante dello sceriffo.

Deve aver visto l'aereo di Jack.

E soprattutto deve averne sentito il rumore.

«Signor Willer, signor Willer.»

«Cosa c'è, James? Un altro delitto? O magari due?»

«Come... come fa a saperlo?»

«Gli agenti federali sanno tutto, James. Dovresti saperlo.»

Jack si diverte a prendere in giro James che è sempre stato un po' credulone.

«Non fargli caso, James. Jack sta scherzando. E' stata solo un'intuizione. In ve-

rità me l'aspettavo. Chi sono i morti?»

«Burt Cooper e Slim Sullivan.»

«Burt e Slim?»

«Li conosci, Jack?»

«Sì, sono due brave persone. Una lavora nel saloon di...»

«Non importa, Jack. Dove è successo, James? E quando?»

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Il treno per Santa Fé

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«Al capanno di pesca di Sullivan, in riva al Rio Grande, nella località di Corra-

les. Quando non lo so. Li abbiamo trovati stamattina presto. Burt con una frec-

cia nella schiena e Slim con la gola tagliata.»

«Una freccia?»

«Andiamo sul posto allora. I cadaveri sono ancora là, vero?»

«Sì, signore. Ma non aspettiamo lo sceriffo?»

«No. Non voglio perdere tempo. Andiamo.»

Raggiungono in poco tempo il capanno.

E' come ha detto James.

Il corpo di Burt, disteso sull'ingresso, ha una freccia piantata nella schiena e

Slim, nell'interno del capanno, ha la gola squarciata.

La freccia non è sicuramente un oggetto indiano.

E' una grossolana imitazione che si può trovare in uno dei tanti negozi dove

vendono oggetti per turisti.

«A quanto pare, Burt non ha fatto neanche in tempo a entrare.»

«Sì, Jack. La freccia deve averlo colpito proprio mentre stava bussando alla

porta. Quando Slim gli ha aperto la porta, Burt deve essergli caduto addosso.

Scommetto che questo poveraccio ha pensato per un attimo che l'amico voles-

se ucciderlo.»

Sul pavimento di legno Slim ha tracciato un segno.

Ha le dita sporche del suo stesso sangue.

«Guarda, zio. Slim ha cercato di scrivere qualcosa. E' una X.»

«Uhm.»

«Potrebbe essere un indizio, zio. Ha sicuramente visto il suo assassino. Ma da

queste parti non c'è nessuno che ha una X nel nome.»

«E' vero, signor Willer. Non c'è nessuno ad Albuquerque con il nome che inizi

con la X. Forse è uno straniero. Ah! A proposito di straniero. Il capostazione mi

ha dato un biglietto per lei, signor Willer.»

«E perché non me lo hai dato subito, maledizione?»

«Mi è passato di mente, signore. Dice che uno straniero con la barba ha preso

il treno delle 8 e 15 per Santa Fé.»

«Lo hai letto?»

Il tono duro di William intimorisce il ragazzo.

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Letizia

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«Sì, signore. Pensavo che potesse essere utile per le indagini. Mi dispiace.»

«Va bene, va bene. Fai vedere.»

James gli porge il biglietto.

«Cosa dice, zio?»

«Quello che ha detto James. L'assassino ha preso il treno delle 8 e un quarto.»

«L'assassino, zio?»

«Sì, l'uomo con la barba. Tiger aveva visto giusto.»

«Ma... ma... cos'è questa storia? E cosa c'entra il signor Tiger Jack?»

«Non ti preoccupare, James. Poi ti racconteremo. Quando torna lo sceriffo, rac-

contagli tutto. Io e Jack inseguiremo l'assassino.»

«Ma cosa gli devo dire? Non ho capito niente.»

Ma William non lo ascolta.

Ha un aereo da prendere.

«Se James non ci ha capito niente, zio...»

«Sì, lo so. Tu ci hai capito poco.»

«Già. Perché il capostazione ti ha mandato quel biglietto, zio?»

«Perché gliel'ho chiesto io.»

«Tu?»

«Sì, Jack. Ieri, poco dopo l'omicidio. Tu non te ne sei accorto perché eri con

Beth che si era spaventata. Sospetto che l'assassino abbia scoperto il nascon-

diglio del denaro rubato. Oggi ha eliminato gli ultimi due vecchi complici e ora

sta andando a recuperare il malloppo. E porta la barba lunga per nascondere i

graffi che gli ha lasciato Benny.»

«E' vero. I graffi. E magari la barba è finta.»

«Ma ora andiamo.»

«Si va a Santa Fé?»

«Sì, ma non atterreremo là. Seguirai in volo la pista che va a Est. Andiamo al

Monastery Lake.»

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«Mi vuoi spiegare, zio Billy, perché credi che l'uomo che cerchiamo sia andato

proprio da quelle parti?»

«Per una serie di ragioni, Jack. Sospetti, intuizioni. Conosci il sesto senso del

nonno. Io credo di aver ereditato da lui questa "dote", se così si può chiamare.

Me lo sento nelle ossa. E' come se qualcuno mi avesse messo una pulce nell'o-

recchio.»

«Già. Hai sentito uno spiritello che ti diceva: Vai al Monastery Lake. E' là che è

diretto il cattivo. E' la che è stato nascosto il tesoro.»

«Scherza, scherza, Jack. Parleranno i fatti.»

«E se ti fossi sbagliato? Se da quelle parti non ci fosse anima viva?»

«Non è possibile.»

«Ne sei così sicuro?»

«Sì. Io non sbaglio mai.»

«Non ti sembra di esagerare, Billy. Neanche tuo padre, il grande Tex Willer era

poi così infallibile.»

«Sei proprio una frana, Jack. Possibile che non riesci a capire quando ti prendo

in giro?»

Toccato.

«Certo che posso sbagliarmi, nipote incredulo. Ma qualcosa mi dice che non è

così.»

«Vedremo. Intanto siamo quasi arrivati alla radura in cui si trova il lago. E con

l'aereo ho seguito tutta la pista, da Santa Fé fin qui. Se il bandito è passato di

qua, non possiamo non averlo visto. Il terreno offre mille nascondigli, ma è

impossibile far sparire un cavallo. L'avremmo notato per forza e...»

«Abbassati un po', Jack. Là. E' lui, se sono sicuro.»

«Dove?»

«Là, a ore undici.»

«Perbacco, zio. Conosci il gergo dei piloti? E che vista che ti ritrovi. Io non l'a-

vevo notato.»

«Non l'avevi ancora notato, Jack. Guardavi dalla parte opposta. Anche tu hai

un'ottima vista. Forse più di me. Tu sei per metà un Navajo.»

«Ci ha visto, zio. E soprattutto ci ha sentito.»

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Letizia

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«Cerca di tenerti fuori tiro. Ho visto che sta prendendo il suo winchester. Si

crede furbo l'amico. Ma noi saremo più furbi di lui.»

«Cosa hai intenzione di fare, zio? Non vorrai mica buttargli in testa una chiave

inglese?»

«No, no. Piombo caldo.»

«Ma, zio. Se noi saremo fuori tiro per lui, anche lui lo sarà per noi.»

«No. Tuo fratello mi ha prestato il suo winchester con la canna modificata. Ha

una gittata maggiore. E noi siamo in una posizione più favorevole.»

«Diavolo d'un Billy. E diavolo d'un Tex.»

Jack si abbassa leggermente mentre il bandito comincia a far fuoco.

«Inutile, amico. Sei troppo lontano.»

William prende con calma la mira.

E' un tiro difficile.

Non ha mai sparato da un aereo.

Tre colpi in rapida successione.

Il bandito è colpito alla spalla.

La ferita non è così grave da gettarlo giù dalla sella.

Ma anche il cavallo è colpito e cade al suolo trascinando il cavaliere che rimane

con una gamba sotto il corpo della bestia.

L'aereo di Jack fa un ampio giro e torna indietro.

«Caspita, zio. Sei quasi meglio di me. L'hai preso.»

«Già. Deve essersi rotto una gamba. Vedo che è intrappolato sotto il cavallo e

non riesce a liberarsi.»

«Vedo. Ha la gamba destra sotto quella povera bestia. Credo anch'io che se la

sia rotta.»

«Cerca un posto dove tu possa atterrare con la tua Betty. Ma non troppo lon-

tano. Non vorrei che fosse tutto un trucco.»

«Non credo, zio. Comunque, perché non ti butti mentre passo sopra di lui? Così

te lo ritrovi tra le grinfie senza troppa fatica.»

«Buttarmi? Ma sei matto, Jack?»

«Ma che hai capito? Ai tuoi piedi c'è un bel paracadute.»

«Ho capito benissimo. E non mi butterei neanche se sotto di me ci fossero mi-

gliaia di cuscini di piume.»

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Il treno per Santa Fé

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«Che c'è? Hai paura?»

«Nossignore. Ma non mi butto ugualmente. Neanche morto. Chiaro?»

«OK, OK. Non ti arrabbiare. Ti porto giù dolcemente. Sulle rive del lago c'è una

pianura che mi sembra abbastanza solida.»

«Lo è. Anche se da quassù potrebbe sembrare acquitrinosa.»

«Conosci il posto, zio? Ci sei già stato?»

«Sì.»

Poco dopo l'aereo è a terra, sulla riva sinistra del lago.

Jack è atterrato venendo da nord, in modo da portare l'aereo più possibile ver-

so sud, dove si trova il bandito ferito.

«Attenzione, Jack. Quel furfante è ferito ma è ancora armato e non ha niente

da perdere.»

«Non temere, Billy. Stai parlando con un reduce esperto di guerriglia.»

«Monello impertinente.»

«Chissà chi è quel tipo, zio.»

«Non te lo immagini?»

«Vuoi dire che sai chi è?»

«Certo.»

«E chi è?»

«Tra poco lo vedrai.»

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Letizia

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Un cappello che spunta da una roccia, uno sparo.

"Per fortuna non è il mio" pensa Jack guardando il buco nel coperchio di Wil-

liam.

«Ehi, pellegrino. Non ti sembra di essere tutto matto? Non ti trovi certo in una

bella situazione. Sei nel bel mezzo del nulla, a piedi, ferito e con una gamba

rotta. Se ci fai fuori ci lasci la pelle anche tu. Magari sbranato da un grizzly,

anche tu come il tuo compare Tim Carter.»

«Credi che se mi arrendo mi terrò la pelle cucita addosso? Per me c'è solo la

forca.»

«Non lo puoi dire. Avrai un regolare processo. Magari te la cavi andando a

spaccar pietre a Yuma.»

«Bella prospettiva.»

«Meglio così che cadavere, non trovi?»

Uno sparo come risposta.

Il masso dietro il quale Jack si è rintanato manda qualche scheggia.

«Ehi, aspirante suicida. Lo sai che se mi fai arrabbiare ti tolgo la pelle a strisce

sottili? Sono un Navajo per metà. Non lo sapevi?»

«Crepa.»

«Non ne ho alcuna intenzione, moscerino. Ho tutto il tempo che voglio. Ho ac-

qua e viveri a volontà. Posso aspettare. Tanto non mi scappi.»

«Come mi hai trovato, bastardo piedipiatti?»

«Oh, è stato facile. Sapevo che saresti venuto qui.»

«Lo sapevi? E chi te l'ha detto?»

«Curioso, eh? Se ti arrendi, te lo dico.»

Un attimo di silenzio.

Magari Jack lo sapesse.

"Sono più curioso io di quel poveretto. Non vedo l'ora che lo zio mi racconti

tutto".

«E so anche chi sei, dilettante da strapazzo. Ho sospettato di te quasi subito.»

Bravo Jack.

Stuzzicalo, così magari te lo dice lui chi è.

«Stai bluffando, sbirro.»

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Il treno per Santa Fé

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«Ah sì? E a quale scopo? Se non sapessi chi sei, non mi ci vorrebbe molto a

scoprirlo.»

«Dovresti prima venire qui. E come metti il naso fuori da quella roccia, te lo

porto via con il winchester.»

«Ti ho detto che non ho fretta, bello mio.»

«Come hai scoperto che non ero io il morto?»

Ma che diavolo sta dicendo?

Non era lui il morto?

Certo che non era morto.

E' qui che sta parlando.

Jack non ci capisce nulla.

«La curiosità si paga. Non sai giocare a poker?»

Ma non vi siete chiesti come mai è soltanto Jack a parlare con il bandito?

E William?

Che fine ha fatto?

Presto detto.

Il bandito sta per rispondere a Jack quando un leggero fischio dietro di lui lo fa

girare di scatto.

«Ciao. E' stato bravo mio nipote a distrarti con le sue chiacchiere, vero?»

Sono le ultime parole che ascolta perché William lo colpisce al capo con la can-

na del winchester.

«Jack, esci pure da lì. Il manigoldo sta dormendo come un angioletto.»

«Finalmente. Mi ero stancato di tutte queste chiacchiere.»

Si avvicina a William e guarda il bandito svenuto.

«Che mi venga... Ma questo è...»

«... è Kelvin Douglas.»

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«E non ha la barba. Logico, era finta. Ecco cosa intendeva quando mi ha detto

che non era lui il morto. Ecco perché aveva il volto deturpato dalla pallottola.

Già. Ma allora il morto chi era?»

«Era un cowboy di passaggio. Uno dei tanti vagabondi che girano ancora per

l'Ovest senza una meta fissa. Credo addirittura che avesse intenzione di venire

a cercar lavoro al nostro ranch.»

«Adesso però mi racconti tutto.»

«Dopo, Jack. Quando questo bel tomo si sveglia. Sarà curioso anche lui. E poi

adesso vorrei che facessi una cosa per me.»

«Cosa, Billy?»

«Vai all'aereo e usa la radio per chiamare il ranch. Mi hai detto che avete una

radio, no?»

«Sì, certo. Vuoi che chiami papà?»

«Sì. Digli che chiamino Santa Fé col telegrafo. Devono mandare qualcuno qui

da noi con un paio di cavalli sellati. Anzi no, meglio tre.»

«Tre? Ma io non posso certo lasciare qui l'aereo.»

«Certo che no. Un cavallo per me, uno per questo gaglioffo e il terzo di riserva.

Non si sa mai.»

«Ci vorrà un bel po' di tempo però. Tex dovrà andare in automobile ad Albu-

querque. E da Santa Fé dovranno arrivare fin qui. Non è uno scherzo.»

«Abbiamo tempo, Jack. Temo che dovremo passarci la notte qui.»

«Bella prospettiva.»

«Beh, tu puoi sempre tornare al ranch con l'aereo.»

«Non ci penso nemmeno. Però posso fare una cosa che ci farà risparmiare del

tempo.»

«E cioè?»

«Posso andare con l'aereo a Santa Fé, noleggiare quattro cavalli e venire di

persona qui da te.»

«Ma Santa Fé è poco più di un paese. C'è una pista per far atterrare l'aereo? E

poi, se anche ci fosse, lasceresti l'aereo là?»

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«Uhm, hai ragione. Non mi fido a lasciare l'aereo. Ma la pista la trovo di sicuro.

La mia Betty sa atterrare in un fazzoletto. Avviserò lo sceriffo e sarò di ritorno

in quattro e quattr'otto.»

«Uhm. Se faranno alla svelta, potrò ripartire oggi stesso. Non importa se arri-

verò con il buio a Santa Fé. Mi basta arrivare prima del tramonto alla Cañada

de Los Alamos. Poi non rischierò più di azzoppare i cavalli.»

«OK, zio. Parto subito.»

Mezzora dopo Jack è già di ritorno con la sua Betty.

Il bandito ha ripreso i sensi ma ha ancora la gamba intrappolata sotto il corpo

del cavallo.

La povera bestia ha una bruciatura all'altezza dell'orecchio sinistro.

Durante l'assenza di Jack, William ha dovuto abbatterla con un colpo di pistola.

Evidentemente durante la caduta si era rotta una zampa.

«Ecco cos'era quel colpo. Hai dovuto abbattere il cavallo. Ho riconosciuto il tuo

gioiellino dal rumore dello sparo.»

«Dammi una mano, Jack. Dobbiamo liberare questo disgraziato. Da solo non ce

l'ho fatta.»

«In compenso ci hai provato con il solo risultato di farmi un male infernale,

maledetto sbirro.»

«E il bello è che te ne farò ancora, bello. Vedi se riesci a trovare un ramo o una

trave che ci serva come leva.»

Mentre Kelvin impreca, Jack si aggira nei paraggi e ritorna poco dopo con

un'asse di legno che pare abbastanza robusta.

E così una decina di minuti dopo i due Willer riescono a liberare il bandito che

però, per il dolore insopportabile, perde i sensi.

Quando rinviene si ritrova ammanettato.

La catenella delle manette è girata intorno alla cintura in modo da limitargli al

massimo il movimento delle braccia che sono praticamente incollate alla vita.

La gamba, che gli fa un male del diavolo, è tenuta diritta da due rami che sono

tenuti stretti da una fasciatura di fortuna ottenuta con delle strisce ottenute

dalla stoffa dei suoi pantaloni.

«Allora, Jack. Che ha detto lo sceriffo di Santa Fé?»

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«Quando sono ripartito con l'aereo per tornare qui da te, era già in viaggio

con il suo aiutante e tre cavalli per voi. Un paio d'ore, massimo tre, saranno

qui. Ho anche parlato via radio con Tex. C'è rimasto di sale quando gli ho detto

chi era il misterioso assassino.»

«Tex chi? Tuo fratello?»

«Sì, certo. Tuo padre non l'ho mai chiamato per nome. Solo nonno. Ma adesso

tocca a te raccontare.»

«Già, sbirro maledetto. Non mi hai ancora detto come mi hai scoperto. Chi ti

ha messo sulla buona strada?»

«Sei stato tu, Kelvin.»

«Io? Ma che diavolo dici?»

«Semplice. Il giorno del mio arrivo sono andato a parlare con lo sceriffo. Il suo

aiutante, Benjamin Miller, quando ha saputo il motivo della mia visita, mi è

sembrato un po' strano.»

«Quel cretino di Benny. Dovevo immaginarlo che ti avrebbe insospettito.»

«Già. Si comportava come se sapesse qualcosa. Ma cercava di far finta di nien-

te. E poi, dopo poche ore, la sua morte prematura. Troppe cose non mi qua-

dravano. Troppe coincidenze. Ero sicuro che Benny facesse parte della banda

che ha rapinato il treno tre anni fa. Quello che lo ha condannato a morte è sta-

to l'esser venuto da te a raccontare tutto.»

«Perché non ci hai parlato subito dei tuoi sospetti, zio?»

«Beh, Jack. Era solo una sensazione. Niente di particolare. Benny poteva anche

essere nervoso per qualsiasi altro motivo.»

«E poi?»

«Il secondo omicidio è stato quello che mi ha messo sulla pista giusta. Quello

del presunto Kelvin. Un colpo di pistola al volto. Quindi irriconoscibile. Hanno

tutti pensato che era lui perché era in casa di Kelvin e portava i suoi vestiti. Ma

quasi mai le cose sono come sembrano.»

«Però hai controllato che non avesse i graffi che Benny aveva procurato al suo

assassino. A proposito, lui ce l'ha?»

«Sì. Ho già controllato. Ce l'ha sul collo.»

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Il treno per Santa Fé

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«Ma il secondo morto ammazzato non aveva i graffi. Non poteva averli. Era

soltanto un povero cowboy che aveva la dannata sfortuna di assomigliare va-

gamente a Kelvin.»

«Vero, Jack. Ma ho visto le mani di questo sfortunato. Non mi sembravano le

mani di un barbiere. Potevo anche sbagliarmi, naturalmente, Ma avevo la stra-

na sensazione di essere nel giusto. Se il morto non era Kelvin, chi poteva esse-

re? E perché si trovava in casa sua e con i suoi vestiti addosso? E soprattutto,

dov'era Kelvin?»

«Maledetto sbirro.»

«Hai voluto esagerare, signor Douglas. E ti sei accusato da solo. Tu dovevi

sparire e, per non essere sospettato, dovevi "sparire" del tutto. E hai inscenato

la tua morte. Ma sei stato troppo maldestro.»

«Non è vero, zio. Sei tu che sei troppo in gamba. L'avrebbe fatta in barba a

tutti. Già... è un barbiere.»

Ride.

«A tutti, ma non a te, zio.»

«Quello che poi mi ha dato la certezza sull'identità dell'assassino è stato il se-

gno che ha lasciato Slim.»

«La famosa X?»

«Non era una X, Jack. Era un K, l'iniziale di Kelvin.»

«Una K?»

«Sì, Jack. La mano tremolante di Slim che stava morendo non è stata molto

precisa. A osservare bene però, avresti notato che non poteva essere una X.

Se lo fosse stata, Slim avrebbe segnato due linee che si incrociavano.»

«E non era così, zio?»

«No. C'era un primo segno che doveva essere diritto ma che non lo era. E poi

altri due segni, le linee che completavano la K e che erano separate. Tre linee

in tutto e non due.»

«Diavolo. Ma perché uccidere anche gli altri due? E che ci stava venendo a fare

qui? E come facevi a sapere che stava venendo proprio qui?»

«Già, brutto sbirro. Come facevi a saperlo?»

«Semplice. Tim Carter è stato trovato ucciso da un orso proprio da queste par-

ti. Io l'ho detto allo sceriffo e Benny lo ha poi riferito ai suoi complici. Non so

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gli altri due, ma questo bellimbusto ha sicuramente capito che il denaro, che

non è stato trovato addosso a Tim, doveva essere stato nascosto nei paraggi.»

«Non mi dire che il malloppo sta vicino al lago, zio. Magari nella capanna.»

«Io credo piuttosto nella miniera, ma controlleremo. Abbiamo tempo.»

«OK. Ma tu come l'hai capito. I quattro rapinatori potevano aver già preso il

denaro e...»

«Anch'io l'ho pensato in un primo momento. Ma poi ho capito che non avevano

la minima idea del nascondiglio. L'hanno capito dopo, o forse l'ha capito solo

Kelvin, quando Benny gli ha detto il luogo del ritrovamento del corpo di Tim.»

«Vuoi dire che non sapevano che il loro complice era morto?»

«Proprio così. Erano convinti che fosse sparito con tutto il malloppo.»

«Chissà come ci sono rimasti male, poverini.»

«Quando Kelvin è venuto a sapere che Tim Carter non era morto e che era sta-

to trovato qui, sbranato da un orso, ha fatto due più due. Il suo complice ave-

va nascosto il denaro e non ha fatto in tempo a dire agli altri dove l'aveva na-

scosto. Kelvin l'ha capito subito. Il nascondiglio poteva essere solo il Monastery

Lake. Ma l'ho capito anch'io. Questo manigoldo non è il solo a conoscere bene

questi posti.»

«Già. Ma tu come la conosci questa zona, zio Billy?»

«Mia madre, Jack. Ha rischiato di morire qui al lago.7»

«Davvero? E quando?»

«Tuo padre non ti ha mai detto niente?»

«No, mai. C'era anche lui quando è successo?»

«No, cera solo mio padre. O meglio, mio fratello e il vecchio Carson sono arri-

vati alla fine. Io non ero ancora nato.»

7 Vedi il romanzo "Lois".

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«Ma perché uccidere i suoi complici, zio? Non poteva semplicemente sparire e

godersi il suo maledetto denaro?»

«Mah. Ha ucciso Benny perché ha intuito che io sospettavo di lui. Se ne è sba-

razzato perché poteva tradirsi e condurmi da lui. Il cowboy è stata una scelta

obbligata. Doveva fare in modo che io non lo cercassi. Se fosse semplicemente

scappato a prendersi il malloppo, io avrei sicuramente sospettato qualcosa per

la sua strana assenza e non gli avrei dato tregua. Doveva "morire". Per gli altri

due è stata ingordigia. Prendersi tutto era molto meglio che dividere in tre. E

poi due morti in più non avrebbero peggiorato la sua situazione. Senza contare

che anche gli altri due potevano arrivare alle sue stesse conclusioni sul na-

scondiglio.»

«Già.»

«Ma adesso è rimasto a bocca asciutta e noi andremo a recuperare il mal tol-

to.»

«Portatemi con voi.»

«Come?»

«State andando alla miniera. Voglio venire con voi. Voglio almeno vederlo, quel

maledetto milione di dollari.»

«Un milione di dollari, zio?»

«Già. Ma tu non sei in grado di camminare, Kelvin.»

«Voglio venire con voi. Fatemi una stampella, datemi una mano, ma portatemi

con voi.»

«Accontentiamolo, zio. Lo aiuterò io. Voglio guardare la sua faccia quando ve-

drà il malloppo che lo ha accecato al punto di fargli uccidere quattro uomini.»

«OK. Ma tu, niente scherzi o ti faccio saltare le cervella.»

«Che scherzi vuoi che faccia? Ho una gamba rotta, sono ammanettato e non

posso muovere le braccia.»

«Bene. E così resterai perché non ho intenzione di toglierti le manette per farti

camminare meglio.»

«Non te l'ho chiesto.»

«Bene.»

Jack prepara alla meglio una stampella per Kelvin e poi lo aiuta ad alzarsi.

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Si incamminano tutti e tre molto lentamente verso la miniera dove probabil-

mente è nascosta una montagna di denaro.

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«Prendi un po' di rami e fai una torcia, Jack. Qui dentro c'è buio pesto.»

«Tu siediti su questa pietra e fai il bravo, se non vuoi un altro bernoccolo sulla

tua capoccia.»

Kelvin, appoggiandosi su una stampella improvvisata, si siede con gran fatica

aiutato da Jack.

«Però voglio entrare anch'io.»

William fa un po' di luce con un fiammifero in attesa che Jack prepari una tor-

cia.

«Se speri di riuscire a venire qui dentro sei un illuso, Kelvin. Ci sono ostacoli

un po' dappertutto. Rischi di romperti anche la gamba sana.»

«Non mi interessa, voglio venire anch'io.»

«Non ti preoccupare. Te lo faremo vedere questo sporco denaro.»

«No. Voglio venire dentro quel buco anch'io.»

«Padronissimo. Io non te lo impedirò di certo, Ma nessuno di noi due ti darà

una mano. Dovrai arrangiarti.»

«Bastardo.»

Intanto Jack è andato all'aereo, ha preso uno straccio e l'ha inumidito col car-

burante.

L'ha poi arrotolato ben stretto ai rami che ha trovato.

Ecco pronta una bella torcia.

William lo sta aspettando all'ingresso della miniera.

«Ecco qua, zio. Questa dovrebbe durare un po'. Accendila ed entriamo.»

«Tu sta' qui e non tentare scherzi. Ci siamo capiti?»

Lasciano Kelvin a imprecare ed entrano nella miniera.

Il bandito vede la luce della torcia affievolirsi e sparire a poco a poco.

Dopo pochi minuti ode delle voci venire dall'oscurità.

«Maledizione. Questa non me la sarei mai aspettata.»

«Cosa diavolo è successo, zio? Io non vedo niente.»

«Reggimi la torcia, Jack. Io prendo un po' di questa roba.»

«Ehi, voi due là dentro. Che diavolo è successo? Avete trovato il denaro?»

Dalla caverna gli arriva la voce di William.

«Il denaro? Sì sì, l'abbiamo trovato. Eccome se l'abbiamo trovato.»

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«Che mi venga un colpo, zio.»

Kelvin sente il rumore metallico di alcune monete che tintinnano.

«Ma che diavolo succede lì dentro?»

La luce della torcia comincia ad apparire flebile finché non diventa più viva.

I due Willer stanno uscendo dalla miniera.

«Allora? Il malloppo? Dov'è il malloppo.»

«Il malloppo? Eccolo.»

William rovescia per terra il contenuto delle sue tasche.

Una manciata di monete d'argento da mezzo dollaro e qualche banconota ro-

sicchiata.

«Ma che diavolo significa? Dove sono i soldi?»

«I soldi? I castori hanno avuto tre anni per sgraffignarseli tutti.»

«I castori? Ma sei impazzito, sbirro?»

«No, Kelvin. Lo zio non è impazzito. I castori hanno usato i sacchi con il denaro

per costruirci una diga.»

«Una diga? Ma volete prendermi in giro?»

«Ci sono escrementi di castoro in tutta la miniera, Kelvin. Hanno fatto piazza

pulita di tutto. Hanno iniziato con i pali della miniera, con le travi e infine con la

carta dei vostri sporchi dollari. I dollari, per i quali hai ucciso quattro persone,

non esistono più, Kelvin.»

Il bandito tace incredulo.

Poi guarda le monete a terra e le poche banconote, o meglio quello che resta

delle banconote, rosicchiate e sporche di fango.

Tutto perduto.

Tutto inutile.

Poi scoppia in una fragorosa risata.

E ride, ride a lungo.

«Non so cosa ci trovi da ridere questo matto. Salirà sul patibolo per niente. Ci

sono solo poche decine di dollari ancora buoni. Solo le monete.»

«E' una risata isterica, Jack. Sta sfogando così la sua rabbia.»

«Lo sai invece perché rido, sbirro? Perché anche tu resti a bocca asciutta. Non

hai recuperato il denaro rubato. Hai fallito.»

«Davvero?»

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«Sì, davvero. Non tornerai dai tuoi padroni con la refurtiva.»

«Povero Kelvin. I "miei padroni" sono gli Stati Uniti d'America. Un milione di

dollari sono solo spiccioli. Ma non temere. Non sono andati perduti.»

«Ah, no? E che farai? Andrai a cercare la diga dei castori e li recupererai?»

«No, bello. Basterà un mio rapporto che ne dichiari la distruzione e il governo li

ristamperà.»

«Come?»

«Davvero, zio? Li ristamperanno?»

«Certo, Jack. Ogni anno il governo ritira una certa quantità di biglietti deterio-

rati, li distrugge e li ristampa. E questi possono considerarsi distrutti. Meno che

questi pochi dollari d'argento. Quindi...»

«Povero Kelvin. Beffato due volte.»

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Sono passate tre settimane.

William non è più tornato ad Albuquerque.

E' rimasto al ranch per tutto il tempo.

E' andato spesso a pescare con i due nipoti.

A proposito, la sapete una cosa?

Jack è diventato un vero maestro con la lenza.

E' diventato più bravo di suo fratello Tex che, a dir la verità, non è affatto invi-

dioso.

Anzi è contento che il fratello non va più a caccia con il winchester.

Beh, non ci va più.

Ci va ancora, ma molto meno di quanto faceva prima.

William è andato anche a trovare i Morgan che sono dei buoni amici per lui.

E poi tra poco diventeranno parenti.

Ma soprattutto ha passato giornate intere con il padre e con il vecchio Tiger

Jack.

E naturalmente si è fatto venire di nuovo i calli al posteriore.

Non era più abituato al cavallo.

E... sapete com'è.

A forza di stare in sella tutto il giorno...

Insomma, le parti molli...

Molto spesso si è portato dietro il figlio che sta cominciando a prendere confi-

denza con il cavallo.

Dietro preghiera della madre che era "leggermente" contraria, gli hanno dato

una puledrina molto docile e il ragazzino ha imparato a cavalcare.

In fondo è un Willer anche lui e buon sangue non mente.

La sua sorella più piccola è stata sempre con Luna d'Argento che l'ha riempita

di regali.

Le ha costruito con le sue mani due o tre bambole vestite con i variopinti colori

navajo e le ha cucito un delizioso abitino di pelle di daino adornato con i famosi

turchesi dell'Arizona.

E il tempo è volato.

«Insomma, domani ve ne andate.»

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«Sì, papà. E' quasi un mese che siamo qui da voi. Purtroppo devo andare.»

«Spero che non aspetterai altri dieci anni per ritornare.»

«Oh no, papà. Tornerò per il matrimonio di Jack e Beth. Mi hanno detto che sa-

rà la prossima primavera.»

I due ragazzi si guardano impacciati.

«E poi sarò irremovibile. Caschi il mondo, mi prenderò un periodo di riposo più

spesso. E mi prenderò anche gli arretrati. Verrò qui da voi tutti gli anni. Kit sta

imparando a cavalcare e voglio che diventi più bravo di me. E, quando sarà più

grandicello, gli insegnerò anche a sparare.»

«Questo te lo scordi, Will.»

«Tua moglie ha ragione, Will. Tuo figlio diventerà un ottimo avvocato. Come

me.»

«Ho detto quando sarà più grande.»

«Vedremo.»

«Però, prima di andarmene, devo fare ancora una cosa. Nel pomeriggio devo

andare in un posto.»

«Io e tua madre verremo con te, Will.»

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Quel pomeriggio tre cavalieri raggiungono la verde collina ad ovest della città.

Hanno fatto un lungo viaggio ma non sono stanchi.

Lei non indossa i suo soliti abiti dai colori sgargianti.

Nonostante l'età non ha mai indossato abiti "sobri".

Ma questo non significa che non ne abbia.

Ne ha qualcuno e li indossa solo per venire qui.

La sua figura esile e minuta contrasta in mezzo alla statura imponente dei due

uomini della sua vita.

Il marito le porge il suo braccio destro.

Indossa la sua camicia gialla.

Lei, quando gliel'ha vista indossare, non ha aperto bocca.

Il figlio invece porta il suo solito abito elegante, un completo grigio scuro e un

cappello nero a cupola bassa.

Gli uomini si tolgono il cappello mentre si avvicinano alla sommità della collina.

Le due tombe sono vicine e sono adornate da numerosi fiori dai colori vivaci.

Il ragazzo si inginocchia su una delle due tombe, in silenzio, mentre i genitori

rimangono alle sue spalle.

Guarda quella tomba nel cui marmo è scolpito il suo stesso nome.

Accarezza il marmo riscaldato dal sole cocente.

Tocca la scritta con le dita quasi a voler di nuovo incidere il nome.

Guarda poi l'altra lapide, dove riposa una donna che sarebbe stata sua zia.

Sul marmo è scolpito un doppio cognome.

Il primo è quello che porta lui stesso.

Non ha mai conosciuto le persone che riposano sotto quella terra.

Sono morte prima che lui nascesse.

Ma i loro visi sono scolpiti nella sua mente come se li avesse visti mille e mille

volti.

E in realtà è come se lo fosse.

Perché il viso di Cora è identico a quello di sua madre.

E quello del ragazzo, quello di suo fratello, lo può vedere tutti i giorni quando si

rade.

Una somiglianza impressionante.

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Glielo hanno sempre detto tutti, non solo i suoi genitori, anche tutti quelli che

hanno conosciuto lo sfortunato primogenito di suo padre.

Suo fratello Kit, il caro e buon vecchio Carson e qualcuno che non è più giova-

ne e che ha conosciuto anche Cora.

Pensa a suo fratello Kit.

pensa ai tre figli che Tex ha avuto da tre donne diverse.

Tre donne che ha amato intensamente tutte alla stessa maniera.

Tre donne che sono e saranno sempre nel suo cuore.

Poi pensa a suo padre.

Alla sua vita che è stata toppo dura con lui.

Gli ha tolto ben tre persone care.

Se non fosse la roccia che è, non avrebbe potuto resistere a tanto dolore.

Ma certe volte le rocce presentano delle rotture che non sono visibili dall'ester-

no.

William si alza e si avvicina al padre.

Lo stringe in un lungo abbraccio.

Lois li osserva in silenzio.

Una lacrima scende leggera sul suo viso.

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