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Roberto Conti

Il mutamento del ruolo della Corte di cassazione fra unità della giurisdizione e unità delle

interpretazioni*

SOMMARIO. 1. Il ruolo del giudice nazionale sotto le spinte della nomofilachia europea. – 2. La

Corte di Cassazione fra esigenze di prevedibilità e certezza del diritto. – 3. La Corte di Cassazione

fra unità della giurisdizione e ‘unità delle interpretazioni’. – 3.1 Segue: l’art. 111, commi 7 e 8 Cost.,

come possibile accesso al ruolo unificante delle ‘interpretazioni’. – 3.2 Riflessioni sul controllo dei

limiti esterni della giurisdizione alla luce di alcune recenti decisioni delle Sezioni Unite. – 4. Il ruolo

dell’interpretazione e delle interpretazioni della Costituzione. – 5. Giusto processo o giusti processi

in relazione ai plessi giurisdizionali interni? – 6. Conclusioni in progress.

1. Il ruolo del giudice nazionale sotto le spinte della nomofilachia europea.

Il mutamento del ruolo del giudice - comune e di ultima istanza - si delinea attraverso non

marginali “cessioni di supremazia” in favore delle Corti sovranazionali, alle quali fa, per altro verso,

da contrappeso l’acquisizione di non indifferenti “quote di sovranazionalità” che contribuiscono ad

avvicinare le Corti tutte, intersecandone in modo più deciso i compiti, gli sviluppi interpretativi e le

soluzioni.

Ed è proprio su questo versante che si apprezza, in maniera davvero imponente, la discontinuità

con un passato caratterizzato da una visione del giudice interno - di merito e/o di ultima istanza -

come hortus conclusus, oggi davvero impossibile da assecondare.

La quotidiana opera di riconformazione, riparametrazione e riformulazione della giurisprudenza

alle istanze provenienti dal diritto sovranazionale alla quale si assiste, mai unidirezionale ma, anzi,

sempre più rivolta ad operazioni improntate a realizzare al meglio l’esercizio della giurisdizione ed il

massimo appagamento dei diritti fondamentali costituisce la cifra di un diritto giurisprudenziale

interno che supera ampiamente il recinto nazionale1, partecipando in modo incessante a processi di

concretizzazione dei diritti destinati ad entrare nel circuito internazionale.

Quanto ora rappresentato consente di fortemente rimodulare e, in definitiva, rivitalizzare il

principio di sussidiarietà posto a base del sistema come integrato dalla CEDU nel senso che esso

investe, ancora una volta ed in modo deciso, sul giudice nazionale, offrendogli strumenti di dialogo di

portata cruciale (penso al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE come alla richiesta di parere

preventivo delle Alte giurisdizioni interne alla Grande Camera della Corte europea dei diritti

dell’uomo voluto dal Protocollo n. 16 annesso alla CEDU ed ancora, purtroppo, in attesa di ratifica

da parte del nostro Paese) sulla strada della sempre maggiore, più efficace ed effettiva tutela dei

diritti fondamentali.

Il mutare delle coordinate rappresentato dall’avvento del diritto di matrice sovranazionale (diritto

UE, CEDU e trattati internazionali che riconoscono diritti fondamentali, in relazione a quanto

previsto dall’art. 117, comma 1, Cost.) rende evidente il cambio di prospettiva della funzione

nomofilattica - e in definitiva la mutazione genetica - della Corte di Cassazione, ormai

“giuridicamente obbligata” a garantire (anche) l’uniforme interpretazione della legge come

reinterpretata alla luce della CEDU, dei trattati internazionali e del diritto di matrice UE. In questa

prospettiva abbiamo già proposto alcune riflessioni sui temi della metamorfosi della funzione

nomofilattica della Corte di Cassazione e della c.d. nomofilachia europea alle quali qui è sufficiente

rinviare2.

* Relazione introduttiva alla sessione civile del workshop in diritto europeo organizzato da Area Europa presso la

Corte di Cassazione nei giorni 12 e 13 novembre 2015. 1 Cfr. A. Ruggeri, Dal legislatore al giudice, sovranazionale e nazionale: la scrittura delle norme in progress, al

servizio dei diritti fondamentali, in http://www.forumcostituzionale.it/, specificamente nel paragrafo dedicato alle

mutazioni genetiche della funzione giurisdizionale. 2 Cfr., volendo, R. Conti, Il rinvio pregiudiziale alla Corte UE: risorsa, problema e principio fondamentale di

cooperazione al servizio di una nomofilachia europea, relazione al convegno “Le questioni ancora aperte nei rapporti tra

le Corti Supreme Nazionali e le Corti di Strasburgo e di Lussemburgo” - 23 e 29 ottobre 2014-, organizzato presso la

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Ad esse sembra qui utile farne seguire altre, intese, sotto le sempre più pressanti spinte provenienti

dalla Corte dei diritti dell’uomo e della Corte di Giustizia – allorché quest’ultima si occupa di diritti

fondamentali -, ad esplorare, questa volta dall’interno, la casa in cui la Cassazione è chiamata a

svolgere il proprio ruolo al fine di verificare, anche sulla base di talune tendenze che vanno

sedimentandosi sul versante del c.d. diritto vivente, la possibilità di ampliare, pur nel pieno e rigoroso

rispetto della legge e della stessa Costituzione, il suo raggio di azione in una prospettiva non già di

supremazia gerarchico formale, ma semmai di “servizio” pieno ed effettivo rispetto ai diritti

fondamentali ed al canone fondamentale dell’eguaglianza che, insieme a quello della libertà, si

pongono al centro del sistema democratico interno.

È fin troppo delineata la necessità di garantire in modo pieno ed effettivo i diritti fondamentali nei

casi concreti in una linea di tendenza rivolta ad offrire livelli elevati di protezione dei diritti che

passano comunque per delicate operazioni di bilanciamento fra i diritti fondamentali stessi.

A questa prospettiva si affianca poi, in modo crescente, l’esigenza di salvaguardare il valore

dell’eguaglianza che, con l’ampliarsi e l’approfondirsi del contenuto dei diritti fondamentali e degli

ambiti della protezione che l’ordinamento appresta ad essi (anche prevedendo plessi giurisdizionali

autonomi e non regolati in modo gerarchico), reclama meccanismi interni capaci di ridurre al minimo

le difformità di trattamento capaci altrimenti di minare dalla base l’intero sistema di protezione dei

diritti umani. L’avvento del c.d. diritto giurisprudenziale, che si crea grazie alla c.d. carnalità del

diritto, per usare l’espressione assai efficace tanto cara a Paolo Grossi, ed il graduale spostamento del

baricentro della tutela dal diritto scritto al diritto attuato e realizzato dalle Corti esige sempre più nel

c.d. law in action caratteristiche di prevedibilità, nonché “certezze” come contrappeso

dell’ampliamento del ruolo del giudiziario, che devono trovare forme graduate e mediate di

‘protezione’.

Si tocca così da vicino non solo il tema del carattere più o meno vincolante delle sentenze rese

dalle Corti supreme e delle discontinuità spesso prodotte dalla medesima Corte di legittimità, ma

anche quello del deficit di uniformità di protezione di un medesimo diritto fondamentale in funzione

della diversità del plesso giurisdizionale individuato dall’ordinamento come competente rispetto ad

un determinato settore.

È, dunque, quest’ultima prospettiva che richiede un’ulteriore verifica del ruolo attuale della Corte

di cassazione, considerato che il patrimonio dei diritti fondamentali e della loro protezione non è più

riservato in via esclusiva alla giurisdizione ordinaria, ma s’irradia progressivamente su tutti i plessi

giurisdizionali chiamati a “maneggiare” diritti tanto e come il giudice ordinario, fino a poco tempo fa

considerato custode unico di siffatte posizioni giuridiche soggettive.

È ancora l’avvento dei diritti fondamentali in chiave sovranazionale ad imporre di guardare con

una lente forse diversa al tema, complesso, dell’unità della giurisdizione, di recente nuovamente fatto

oggetto di approfondite analisi3. A ben vedere, s’intravedono sul tappeto grandi valori fondamentali

che toccano trasversalmente tutte le giurisdizioni. Si pensi, a titolo meramente esemplificativo, al

tema delle pensioni e in genere ai diritti sociali, ove entra in gioco imperiosamente il diritto al

rispetto dei beni nell’accezione ampia che offre l’art. 1 Prot. n. 1 annesso alla CEDU, in una

prospettiva di tutela che nemmeno lontanamente era pensabile approfondire a livello interno, nel cui

ambito abbiamo sempre pensato, sì, alla proprietà con ad un quid oggetto di protezione ... ma fino a

un certo punto.

Ora, è fin troppo agevole comprendere come l’ampiezza della protezione per il diritto in discorso

non possa rimanere condizionata dal tipo di autorità giudiziaria che è chiamata a proteggerne il

contenuto, ma reclama indiscutibilmente un’applicazione convergente di tale valore che al suo

interno presenta, peraltro, un connotato di natura procedurale di non marginale rilevanza che, ancora

Corte di Cassazione dalle Strutture territoriali di formazione decentrata della Corte di Cassazione e della Corte d’Appello

di Roma, in http://www.cortedicassazione.it, e già in precedenza Barone, The european «nomofilachia» network, in Riv.

It. Dir. Pubb. Com., 2013, 351. 3 Il riferimento va ai contributi di A. Guardiano, S. Mirate, A. Police, A. Proto Pisani e A. Travi, apparsi sul fascicolo

n. 3/2015 di Questione Giustizia.

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una volta, non potrebbe sopportare livelli di tutela differenziati a seconda del giudice che ne fa

applicazione.

Il discorso non cambia quando ci accostiamo ai diritti che ruotano attorno all’integrità della

persona destinati anch’essi a trovare applicazione e ad entrare in gioco in qualunque plesso

giurisdizionale, pretendendo risposte organiche e non “zigzaganti” dai singoli plessi giurisdizionali. E

analoghe considerazioni potrebbero farsi se si pensa al tema del giusto processo - in tutte le sue

possibili declinazioni, fra le quali un posto sempre crescente occupa il tema delle leggi di

interpretazione autentica - dopo l’attuazione che l’art. 111 Cost. ha fatto dell’art. 6 CEDU,

ampliandone significativamente il raggio operativo, come si avrà modo di precisare nel prosieguo.

2. La Corte di Cassazione fra esigenze di prevedibilità e certezza del diritto.

E’ la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo a suggerire, sia pur con estrema cautela, l’adozione

di strumenti normativi interni che i singoli Stati nell’esercizio del margine di apprezzamento loro

riservato sono in grado di attenuare o azzerare eventuali diversità di trattamento in ragione

dell’autorità giudiziaria chiamata a provvedere.

L’esistenza di precedenti giurisprudenziali contraddittori in ordine alla portata di un diritto

fondamentale o alle limitazioni che lo caratterizzano non può che condurre a risultati imprevedibili o

arbitrari e dunque privare gli interessati da una protezione efficace ed effettiva dei loro diritti, anzi

offrendo soluzioni giuridiche diverse alle medesime questioni4.

E’ dunque doveroso soffermarsi su tale questione5 indagando, anzitutto, sulle diversità (recte,

disomogeneità) di tutele offerte dai diversi gradi che compongono un medesimo ordine

giurisdizionale ovvero lo stesso organo posto al vertice di un ordine giudiziario.

Sul tema la Corte europea dei diritti umani (Corte Edu, 6 dicembre 2007, Beian c. Romania) non

ha mancato di osservare che a fronte dell’assoluta fisiologia connessa alla diversità di orientamenti

giurisprudenziali fra le corti di merito e quella di legittimità, non è tollerabile che vi siano marcate

diversità di vedute all’interno dell’organo che ha il compito di dare uniformità alla giurisprudenza.

Principi ribaditi con riguardo alla diversità di trattamento ritenuta per casi identici da un giudice di

appello (cfr. Corte Edu 20 maggio 2008, Santos Pino c. Portogallo).

Ancora di recente, Corte Edu, 16 settembre 2014, Sepe e Di Leta c. Italia, ha ritenuto che le

esigenze di certezza del diritto e di tutela della fiducia dei cittadini non conferiscono un diritto alla

coerenza giurisprudenziale, anzi affermando che l’evoluzione della giurisprudenza non è di per sé

contraria alla corretta amministrazione della giustizia, ponendosi anzi in linea con l’esigenza di

favorire un approccio dinamico ed evolutivo6.

In definitiva, il principio della certezza del diritto non impone alla giurisprudenza nazionale,

secondo Strasburgo, il divieto di modificare i propri indirizzi e di seguire un indirizzo costante,

4 Corte Edu 30 maggio 2000, Belvedere Alberghiera c. Italia e Carbonara e Ventura c. Italia. 5 Tema già in parte indagato dalla Suprema Corte: v., di recente, Cass. n. 174/2015. Sulla decisione indicata nel testo

v. Lanzafame, Retroattivita degli overruling e tutela dell’affidamento. L’istituto del prospective overruling nella

giurisprudenza italiana tra occasioni mancate e nuove prospettive applicative. Note a margine di Cass. civ., VI, n.

174/2015, in www.judicium.it; Molinaro, Mutamento di giurisprudenza e tutela dell’affidamento: alla ricerca di una

soluzione coerente, in Nuova giur. civ. comm., 2015, 6, 511. 6 Corte Edu, 18 dicembre 2008, Unedic c. Francia (ric. 20153/04) ha escluso che il mutamento di un orientamento

giurisprudenziale adottato da un giudice di ultima istanza possa vulnerare il principio della certezza del diritto anche se è

destinato a incidere retroattivamente sulle posizioni giuridiche soggettive. Il giudice di Strasburgo ha, anzitutto, avuto

modo di porre l’accento sul divieto, a carico del legislatore nazionale, di introdurre retroattivamente restrizioni a diritti

precedentemente riconosciuti nell’ordinamento, al solo scopo di impedire all’organo giurisdizionale investito di una

controversia l’emanazione di un provvedimento ricognitivo del diritto. La Corte dei diritti dell’uomo si è quindi chiesta se

la modifica retroattiva di un indirizzo giurisprudenziale, capace di incidere retroattivamente sulle posizioni giuridiche dei

soggetti scolpite in diverso modo dalla giurisprudenza al momento della proposizione della domanda giudiziale, potesse

determinare un vulnus all’art. 6 CEDU in tema di giusto processo. Il giudice europeo ha così escluso di potere rinvenire

una violazione dell’art. 6 CEDU.

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essendo peraltro il revirement giurisprudenziale della Cassazione perfettamente conosciuto dalle parti

già prima del giudizio.

Ed in questa stessa direzione si pone, d’altra parte, la giurisprudenza della Corte costituzionale

(sent. n. 230/12). E’ per tali ragioni che ci è capitato di sostenere che anche accedendo all’idea di

inquadrare la giurisprudenza tra le fonti del diritto, questa non si atteggia con caratteri integralmente

sovrapponibili a quelli della legge, non potendo in ogni caso il diritto vivente perdere la sua

principale vocazione, costituita dalla decisione del caso concreto7.

Detto questo, la medesimezza del caso sembra tendere, per le considerazioni appena espresse, il

progressivo riconoscimento dell’effetto vincolante delle decisioni del giudice di legittimità quando

esse riescono a diventare diritto vivente stabile.

L’analisi qui svolta consente forse di indagare sul ruolo della Cassazione rispetto al suo interno

dinamismo.

Affrontare la questione delle divergenze giurisprudenziali prodotte all’interno della Corte di

legittimità rende necessaria un’attività di sempre più attenta verifica, pur nel mare magnum di

pronunzie, anche se non oggetto di massimazione, dei contrasti interni non sempre percepibili per la

mole enorme di decisioni, in modo da essere in condizione di adottare soluzioni capaci di ridurre ad

unità le diversità interpretative8. Questione, quest’ultima, inscindibilmente connessa al c.d. fattore

tempo che, se correlato alla richiesta di sempre maggiori livelli di produttività ed al numero assai

elevato di consiglieri della Corte, imporrebbe modelli organizzativi capaci di sviluppare al meglio la

professionalità esistenti, ma anche di predisporre moduli di lavoro probabilmente nuovi anche

attraverso rinnovate forme di collaborazione con il foro. Senza ovviamente dire dell’opportunità di

modifiche, pure esse incidenti sul tessuto costituzionale (art. 117, comma 7, Cost.) e sulla

complessiva portata del controllo di legittimità più volte, anche di recente, autorevolmente invocate9.

Anche in questa prospettiva il canone fondamentale dell’eguaglianza, unito a quello della libertà,

dovrebbe costituire la stella polare da perseguire con abnegazione, pur consapevoli delle difficoltà

che si incontrano e si incontreranno per strada. Non si può allora non riflettere sulle parole di

Vladimiro Zagrebelsky 10 quando ci ricorda che ‘L’ormai innegabile componente creativa

dell’«interpretazione» della legge, che va ben oltre la mera ermeneutica, non vi si oppone, ma anzi lo

richiede. Si vuole che la giurisprudenza della Corte di cassazione - specialmente a sezioni unite - si

imponga a tutti i giudici, per assicurare l’unità del diritto nazionale o, diremmo noi ora, per assicurare

quanto più possibile l’eguaglianza di tutti davanti alla legge’.

In conclusione, questo trend verso l’universalizzazione del diritto giurisprudenziale, già

evidenziato in dottrina11, anche se al netto della perdita di valore nomofilattico delle decisioni quanto

più le stesse si risolvono in un dictum tutta ritagliato sul fatto e sulla sua specificità12, ha come

prospettiva tendenziale l’effettiva eguaglianza di trattamento dei cittadini che, più o meno vincolante

la decisione di legittimità, ha come dato ineludibile l’efficacia persuasiva delle pronunzie del giudice

di legittimità13.

3. La Corte di Cassazione fra unità della giurisdizione e ‘unita delle interpretazioni’.

7 Su tale pronunzia v., volendo, Conti, Il giudice e il biodiritto, Roma, 2a ed., 2015, 110 ss. 8 Proprio nella sentenza Ferreira Santos Pardal c. Portogallo, 30 luglio 2015, la Corte europea ha condannato il

Portogallo a causa dell’esistenza di precedenti giurisprudenziali della Corte suprema che avevano negato l’ammissibilità

di un’azione risarcitoria nei confronti dello Stato per errore giudiziario dopo che in altri casi anche successivi la stessa

Corte si era attestata su posizioni diverse (43 ss.). 9 Santacroce, Funzioni, tempi e risorse della giurisdizione di legittimita., in www.cortedicassazione.it. 10 Zagrebelsky, Sugli inattuali presupposti del vigente ordinamento giudiziario, in Foro it., 2014, V, 109. 11 Ruggeri, Penelope alla Consulta: tesse e sfila la tela dei suoi rapporti con la Corte EDU, con significativi richiami

ai tratti identificativi della struttura dell’ordine interno e distintivi rispetto alla struttura dell’ordine convenzionale (“a

prima lettura” di Corte cost. n. 230 del 2012), in Itinerari di una ricerca sul sistema delle fonti, XVI, Studi dell’anno

2012, Torino, 2013, 459 ss.; Id., Ancora a margine di Corte cost. n. 230 del 2012, post scriptum, ibid., 487 ss. 12 Conti, Giudici e biodiritto, Roma, 2015, 199 ss. 13 Nappi, Il sindacato di legittimità nei giudizi civili e penali di cassazione, Torino, 2011, 12.

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Occorre ora passare all’altro corno del problema.

Si diceva che analoga esigenza di garantire livelli di protezione egalitari ai diritti fondamentali

emerge anche quando le medesime situazioni giuridiche soggettive ‘piene’ si offrono alla tutela da

parte di plessi giurisdizionali fra loro diversi e non regolati formalmente da un sistema gerarchico.

Ciò che impone di verificare lo standard di protezione che all’interno di un medesimo ordinamento si

offre di un diritto fondamentale all’interno di plessi giurisdizionali autonomi.

Assume sicuro rilievo, sul punto, Corte Edu (Grande Camera) 20 ottobre 2011, Nejdet Şahin e

Perihan Şahin c. Turchia14 , che ha offerto alla Corte stessa l’opportunità di fissare i principia

regolativi del tema delle divergenze giurisprudenziali fra diversi plessi giurisdizionali rispetto alle

quali non è previsto a livello interno una gerarchia giudiziaria comune e, dunque, un meccanismo di

controllo verticale15.

In tale occasione è stata posta all’attenzione della Corte EDU la vicenda in cui un soggetto aveva

infruttuosamente evocato innanzi all’Alta Corte amministrativa militare un ricorso volto al

riconoscimento di un diritto pensionistico che altri soggetti, coinvolti nel medesimo sinistro, avevano

chiesto ed ottenuto innanzi all’Alta Corte amministrativa ordinaria turca. Secondo la Corte Edu

assicurare la coerenza del diritto può richiedere tempo, e periodi di contrasti giurisprudenziali

possono essere tollerati senza mettere a rischio la certezza del diritto. Nel caso concreto le corti

supreme turche avevano la possibilità di risolvere le divergenze, sia decidendo di adottare un

approccio comune, sia rispettando gli ambiti di competenza a ciascuna riservati, astenendosi dal

pronunciarsi sullo stesso oggetto. Ciò non toglie alla Corte europea il potere di intervenire ove detti

contrasti dovessero permanere mettendo a repentaglio il principio della certezza del diritto,

trasformandosi in vere e proprie lesione del principio della certezza del diritto come declinato

dall’art. 6 CEDU16.

Orbene, la Corte di Strasburgo sottolinea di non essere un tribunale (interno) di ultima istanza

destinato a risolvere le controversie di cui sono investiti i giudici interni e di non avere alcun potere

di intervenire di fronte a pronunzie contraddittorie, soprattutto quando le decisioni rese nei confronti

dei ricorrenti erano state motivate né potevano ritenersi irragionevoli. Per queste ragioni la

responsabilità della coerenza della giurisprudenza dei giudici nazionali è rimessa essenzialmente agli

organi interni, mentre il sindacato della Corte europea in tale tipo di vicende deve ritenersi

eccezionale. Orbene, tale conclusione, decisamente avversata dall’opinione dissenziente resa dai

giudici Bratza, Casadevall, Vajić, Spielmann, Rozakis Kovler e Mijovic, i quali non hanno mancato

di evidenziare come il rilevato contrasto fra le decisioni rese dai due organi giurisdizionali era tale da

mettere a repentaglio il principio di legalità all’interno del Paese ove si era verificato il contrasto, non

sembra affatto elidere il deficit di ragionevolezza che un sistema può presentare se lo standard di

tutela offerto ad un diritto fondamentale di matrice convenzionale assume tratti diversi a seconda

della giurisdizione chiamata ad offrirgli protezione.

Ci avviciniamo, in questo modo, al tema dell’unità delle interpretazioni dei diritti fondamentali ad

opera della Cassazione che, al netto dell’indiscussa necessità di salvaguardare comunque la spinta

dinamico-evolutiva propria di ciascun plesso giurisdizionale, potrebbe porsi come “garante” del

canone di eguaglianza attorno al quale si radica il fondamento dello Stato e della sua unità.

3.1 Segue: l’art. 111, commi 7 e 8 Cost,. come possibile accesso al ruolo unificante delle

‘interpretazioni’.

Sul versante delle divergenze di protezione dei diritti fondamentali di matrice sovranazionale si

pongono, così, all’attenzione dello studioso e dell’operatore due ulteriori opzioni, entrambe fondate

sull’interpretazione di due diverse disposizioni contenute nell’art. 111 Cost., commi 7 e 8.

Rispetto al primo dato, Enrico Scoditti ha di recente prospettato la possibilità di estendere il mezzo

14 Corte Edu 20 ottobre 2011, Nejdet Şahin e Perihan Şahin c. Turchia, 51 ss. 15 Corte Edu, 30 luglio 2015, Ferreira Santos Pardal c. Portogallo, ric. n. 30123/10, 42 ss. 16 Corte Edu, 30 luglio 2015, Ferreira Santos Pardal c. Portogallo, cit., 84.

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di ricorso straordinario di cui al comma 7 dell’art. 111 Cost. alle violazioni di legge correlate alla

lesione di diritti soggetti rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo17.

La prospettiva, non implausibile ma sicuramente destinata ad ulteriori approfondimenti proprio

perché chiamata a convivere con l’esigenza, di segno opposto, a contrarre il sindacato di legittimità

alla quale si è sopra fatto cenno, sembra ancora una volta originata dall’imperioso affermarsi dei

diritti fondamentali che, uscendo dal recinto tradizionale nel quale erano stati per lunghi anni e con

alterne vicende protetti sono ormai approdati in maniera massiccia anche presso la giurisdizione del

giudice amministrativo (art. 55 cod. proc. amm.)18. È dunque il canone dell’eguaglianza a giocare un

ruolo rilevante nella prospettiva dell’ampliamento del ricorso straordinario per violazione di legge

mediante un’interpretazione evolutiva del precetto costituzionale 19 . Del resto, la funzione

nomofilattica che la Cassazione andrebbe a svolgere rispetto all’ambito della tutela dei diritti

fondamentali- ricostruiti in chiave interna e sovranazionale- avrebbe contenuti e caratteristiche

innegabilmente diverse da quelle che caratterizzano la “funzione nomofilattica” svolta dal Consiglio

di Stato20. Essa appunto tenderebbe ad impedire che la protezione di un diritto fondamentale assuma

connotati e contenuti diversi in funzione della giurisdizione che li applica, impregiudicata ogni alta

questione correlata a violazioni di legge ‘altre’.

3.2 Riflessioni sul controllo dei limiti esterni della giurisdizione alla luce di alcune recenti

decisioni delle Sezioni Unite.

Ma è l’altro versante che si muove nell’ambito del comma 8 dell’art. 111 Cost., inaugurato dalle

Sezioni Unite21 in tema di pregiudizialità amministrativa (Cass. S. U. 23 dicembre 2008, n. 30254)

rispetto al sindacato sulle questioni concernente i ricorsi proposti contro le decisioni del Consiglio di

Stato in tema di giurisdizione a destare maggiore interesse.

Quando Cass. S. U. n. 30254/2008 ha censurato per violazione del limite esterno della

giurisdizione la decisione del giudice amministrativo che negava l’ingresso di una tutela risarcitoria

degli interessi legittimi in carenza di una tempestiva impugnativa dell’atto autoritativo, essa si è fatta

portatrice di alcune rilevanti affermazioni di principio sul concetto di giurisdizione, profilando già, in

nuce, l’esigenza di un cambiamento profondo del ruolo delle Sezioni Unite della Cassazione,

chiamate a farsi sempre più garante del rispetto di un nuovo ordine nel quale assumono prioritaria

valenza, fra gli altri, i canoni di effettività e di tutela dei diritti insieme al primato del diritto UE sul

diritto interno.

A seguire questa prospettiva, il riconoscimento di un sindacato sull’attività del Consiglio di Stato

in materia di tutela risarcitoria altro non sembra essere se non la breccia attraverso la quale le Sezioni

Unite dimostrano di potere ampliare il loro ruolo “unificante” (che, del resto, è lo stesso art. 65 ord.

17 Scoditti, Ricorribilità in cassazione per violazione di legge delle sentenze del Consiglio di Stato su diritti

soggettivi:una questione aperta, in Foro it., 2014, V, 157 ss.;Id., più recentemente, I diritti fondamentali fra giudice

ordinario e giudice amministrativo, ibid., 2015, I, 951 ss. 18 Garofoli, La giurisdizione esclusiva nel codice del processo amministrativo: evoluzione, dubbi interpretativi e

posizioni antistoriche, in http://www.neldiritto.it/appdottrina.asp?id=5693#.Vj4goWDtjqc. 19 V., con specifico riferimento alla questione dell’ambito della giurisdizione esclusiva dopo l’introduzione del d.lgs.

n. 80/98 ed all’utilizzazione da parte del g.a. di istituti di stampo civilistico nell’ambito del risarcimento del danno

derivante da comportamenti, Bile, Qualche dubbio sul nuovo riparto di giurisdizione, in Corr. giur., 1998, 1478, il quale

insiste tanto sulla necessità di salvaguardare il canone dell’eguaglianza che quello della certezza del diritto: “.è proprio

assurdo immaginare che a proposito di una qualsiasi di questi problemi il giudice amministrativo possa pervenire a

soluzioni interpretative diverse da quelle date dal giudice ordinario, pur occupandosi entrambi della medesima

disposizione di legge? E come si fa a non pensare che in casi del genere si determinerebbe una situazione idonea a porre

in pericolo la certezza del diritto, non dissimile, anzi del tutto coincidente con quella- suscettibile di verificarsi

nell’ambito della giurisdizione ordinaria- alla quale hanno inteso porre rimedio prima l’art.65 dell’ordinamento

giudiziario e poi la Costituzione con il comma 2 dell’art. 111?” Contra v., Barbagallo, Il nuovo riparto di giurisdizione:

una scelta coerente, ibid, 1478. 20 Sandulli P., La tutela dei diritti dalla giurisdizione esclusiva alla giurisdizione per materia, Milano, 2004, 302 ss. 21 Sul tema della questione di giurisdizione v., amplius, Gioia, La decisione sulla questione di giurisdizione, Torino,

2009 (sul tema specifico affrontato nel testo: 86, 129 e 148 ss.)

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giud. ad attribuire alla Corte di Cassazione, chiamata ad assicurare non solo l’esatta osservanza e

l’uniforme interpretazione della legge, ma anche ‘il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni’)

fino a raggiungere territori ancora inesplorati.

L’attenzione va dunque rivolta alla recente pronunzia delle S.U. (Cass. S. U. n. 2242/2015) che è

giunta a riconoscere il proprio sindacato in punto di giurisdizione nei confronti di una pronunzia del

Consiglio di Stato distonica rispetto alla giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di

aggiudicazione di appalti, però sopravvenuta in epoca successiva alla decisione del G.A. 22 Ciò,

“...oltre che al fine di delineare gli ambiti giurisdizionali del G.A. nel senso voluto dalla normativa

europea (come, in questo caso, interpretata dalla Corte di giustizia), anche al fine di sottrarre lo Stato

dalla responsabilità risarcitoria per i danni cagionati dagli organi giurisdizionali di ultima istanza.”

Secondo le Sezioni Unite, poiché lo stesso organo decisore aveva modificato, in epoca successiva, il

proprio orientamento sulla questione, adeguandosi alla pronunzia della Corte di Giustizia “la

Cassazione della sentenza impugnata risulta, allora, indispensabile per impedire, anche nell’interesse

pubblico, che il provvedimento giudiziario, una volta divenuto definitivo, esplichi i suoi effetti in

contrasto con il diritto comunitario, così come interpretato dalla Corte di giustizia, con grave

nocumento per l’ordinamento europeo e nazionale e con palese violazione del principio secondo cui

l’attività di tutti gli organi degli Stati membri deve conformarsi alla normativa comunitaria. In altri

termini, la Cassazione, che deve decidere di un motivo di difetto di giurisdizione, applica, nel

momento in cui decide, la regola che risulta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e, se

riscontra che la regola applicata dal Consiglio di Stato è diversa, cassa la decisione impugnata.”

(corsivo aggiunto)

La formalizzazione del principio di diritto operata da Cass. S. U. n. 2242/201523 non elide la

sostanza dell’intervento caducatorio, rivolto a garantire quel ‘primato’ del diritto UE

nell’ordinamento nazionale che avrebbe subito un vulnus se l’esito del giudizio amministrativo si

fosse fermato a Palazzo Spada.

Il che dimostra, forse, come il canone generale ancora formalmente propugnato dalle S.U. del

febbraio 2015 in punto di ‘non’ controllo delle decisioni dei giudici amministrativi e contabili sul

rispetto del diritto UE potrebbe subire degli ulteriori aggiustamenti24.

Le giuste preoccupazioni, già in parte ricordate, espresse dalla dottrina25 circa una diversità di

protezione offerta ai diritti a seconda del plesso giurisdizionale, resa sempre più marcata - come già

detto - dall’estensione delle ipotesi (recte, della creazione di nuove forme 26 ) di giurisdizione

esclusiva, ma anche dalle persistenti difficoltà di individuare la giurisdizione alla quale rivolgere la

propria istanza (soprattutto nei rapporti fra giurisdizione contabile e ordinaria) potrebbero allora

ricomporsi attraverso la verifica che lo standard di tutela offerto a quei diritti dalla fonte

22 Va premesso che Cass. S. U. n. 2 403/2014, nel ritenere non rilevante la censura in ordine al mancato accoglimento

del rinvio pregiudiziale da parte del Consiglio di Stato, aveva escluso di potere esaminare la questione volta a verificare la

conformità della decisione del G.A. al diritto UE o, ancora, a vagliare sul mancato rinvio pregiudiziale alla Corte di

giustizia da parte del Consiglio di Stato. E sul punto la Corte Edu, 8 settembre 2015, Wind telecomunicazioni spa c. Italia

(ric. n. 5159/14) ha riconosciuto che il giudice ordinario nazionale, pur non avendo motivato sulla richiesta di rinvio

pregiudiziale prospettata innanzi a quello stesso organo giurisdizionale dalla parte, non ha dato luogo ad alcuna

violazione dell’art. 6 CEDU. 23 “In tema di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo del rispetto del limite esterno della

giurisdizione (che l’art. 111 Cost., u.c., affida alla Corte di cassazione) non include anche una funzione di verifica finale

della conformità di quelle decisioni al diritto dell’Unione europea, neppure sotto il profilo dell’osservanza dell’obbligo di

rinvio pregiudiziale ex art. 267, comma 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Tuttavia, è affetta da vizio

di difetto di giurisdizione e per questo motivo va cassata la sentenza del Consiglio di Stato che, in sede di decisione su

ricorso per cassazione, è riscontrata essere fondata su interpretazione delle norme incidente nel senso di negare alla parte

l’accesso alla tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo; accesso affermato con l’interpretazione della

pertinente disposizione comunitaria elaborata dalla Corte di giustizia.” 24 Cass. S. U. n. 6605/2015 e Cass. S. U., n. 6606/2015, che tende tuttavia ridimensionare la portata di Cass. S. U. n.

2242/2015). 25 Travi, Luci ed ombre nella tutela dei diritti davanti al giudice amministrativo, in Questione giustizia, 2015, 3153 ss. 26 Paino, Il riparto di giurisdizione, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di Cassese, Milano, 2000, Tomo IV,

spec.3249 ss.

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sovranazionale sia comunque espresso in modo armonizzato e uniforme.

4. Il ruolo dell’interpretazione e delle interpretazioni della Costituzione.

Entra in campo, in questo modo, ancora una volta, il ruolo dell’interpretazione della Costituzione

che, arato nel tempo dalle fondamenta dalla dottrina27, viene ai tempi nostri riconsiderato attraverso

la felice espressione utilizzata da Elisabetta Lamarque quando parla di ‘fabbrica delle interpretazioni’

per descrivere il fenomeno che in atto caratterizza la ricostruzione del diritto vivente rispetto al caso

deciso dal giudice28.

Già è capitato di soffermarci sulla scelta del legislatore costituente di affidare ad un organo esterno

alla giurisdizione il controllo di costituzionalità delle leggi e di preferire un sistema nel quale detto

controllo non fosse diffuso ma, per l’appunto, accentrato in capo alla Corte costituzionale29. Ai giorni

nostri, peraltro, per effetto dell’obbligo di interpretazione costituzionalmente orientata posto a carico

del giudice comune, si è stabilmente delineato in termini di sussidiarietà l’intervento della Corte

costituzionale in ordine al giudizio sulle leggi, accrescendosi specularmente il ruolo del giudice

comune, proprio attraverso il meccanismo dell’interpretazione conforme.

Il dato aggiuntivo che va ora evidenziato sta nella circostanza che la stessa interpretazione della

Costituzione risente dei materiali - nella sostanza costituzionali - che stanno ‘fuori’ dal recinto

costituzionale (CEDU, Carta di Nizza-Strasburgo, altri Trattati internazionali che contemplano diritti

fondamentali). ma che è la stessa Costituzione a richiamare come dati essenziali per cogliere il valore

e il significato della stessa Carta fondamentale. Si è, in questa prospettiva, più volte evidenziata la

tendenza alla “federalizzazione dei diritti” correlata al continuo confronto dialettico di norme e

giurisprudenze europee da un canto, norme e giurisprudenze nazionali, arrivando a profilare la

Costituzione come ‘intercostituzione’ al cui interno si confrontano ed alimentano vicendevolmente

valori di origine interna e sovranazionali30.

Ora, trasponendo le riflessioni di ordine generale sul ruolo dell’interpretazione al tema che qui si è

affrontato, occorre chiedersi se il risultato dell’unità delle interpretazioni sotto il duplice versante

dell’ampliamento del rimedio straordinario del ricorso per Cassazione in tema di violazione di legge

e di quello concernente i motivi inerenti la giurisdizione può essere realizzato ‘forzando’ il

meccanismo del controllo sulla giurisdizione garantito dall’art. 111 Cost. o per il tramite di una

modifica dell’assetto costituzionale.

Si tratta di questione che non può rimanere impermeabile all’idea stessa che di Costituzione si

intende offrire. Se, infatti, si guarda alla Carta costituzionale come strumento massimo di

affermazione dei diritti fondamentali aperto esso stesso, per sua naturale vocazione, al diritto

internazionale e sovranazionale, ed alla salvaguardia della coppia assiologica dei principi della libertà

ed eguaglianza espressivi della dignità umana, come Antonio Ruggeri in plurime occasioni ci ricorda,

l’idea di una verifica diretta ad impedire deficit di tutela in funzione della salvaguardia

dell’uguaglianza (e della libertà) non solo va prospettata, ma dovrebbe essere adeguatamente

realizzata con tutti gli strumenti possibili, pur non elidendo le difficoltà che sulla strada potrebbero

incontrarsi se si considera il carattere casistico delle giurisdizioni sovranazionali31. Difficoltà che,

27 V., nella sterminata letteratura e senza alcuna pretesa di compiutezza, Bartole, Interpretazioni e trasformazioni

della Costituzione repubblicana, Bologna, 2004; Ruggeri in plurimi scritti e, da ultimo, in A margine di M. Nisticò,

L’interpretazione giudiziale nella tensione tra i poteri dello Stato. Contributo al dibattito sui confini della giurisdizione,

Giappichelli, Torino 2015, in Www.Diritticomparati.It; Id., Linguaggio della Costituzione e linguaggio delle leggi:

notazioni introduttive, ancora inedito. 28 Lamarque, La fabbrica delle interpretazioni conformi a Costituzione tra Corte costituzionale e giudici comuni, in

www.astrid-online.it, n. 22/2009. 29 Conti, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il ruolo del giudice, Roma, 2011, 268 ss. 30 V., sul punto, Ruggeri, CEDU, diritto “eurounitario” e diritto interno: alla ricerca del “sistema dei sistemi”, in

www.diritticomparati.it , 19 aprile 2013; Id, Il futuro dei diritti fondamentali: viaggio avventuroso nell’ignoto o ritorno al

passato?, in www.federalismi.it, 4/2013, § 5; Id, Ragionando sui possibili sviluppi dei rapporti tra le corti europee e i

giudici nazionali (con specifico riguardo all’adesione dell’unione alla CEDU e all’entrata in vigore del Prot. 16, in

Rivista AIC n. 1/2014 del 7.2.2014. 31 Sul punto v. Ruggeri, L’intensita del vincolo espresso dai precedenti giurisprudenziali, con specifico riguardo al

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tuttavia, non dovrebbero costituire ostacolo al riconoscimento dello strumento processuale col quale

perseguire il meta-valore dell’eguaglianza, salvo poi a verificare in concreto i problemi che la singola

fattispecie presenta.

5. Giusto processo o giusti processi in relazione ai plessi giurisdizionali interni?

Una conferma delle riflessioni ora esposte sembra potersi trarre accostandosi al tema del giusto

processo, oggetto di protezione costituzionale originata dall’art. 6 CEDU, per cogliere ulteriormente

quanto sia vera e ineludibile l’esigenza di offrire a livello interno schemi di protezione che non

subiscano oscillazioni correlate al plesso giurisprudenziale nel quale sono chiamati ad operare.

Trattando di recente alcune questioni che ruotano attorno al giusto processo innanzi alla Corte dei

conti32 mi è sembrato che la lente del giudice contabile rispetto al tema debba condurlo, sulla base del

fecondo impegno degli studiosi e della stessa giurisprudenza33, non soltanto verso la verifica di

compatibilità di tale processo con la nuova formulazione dell’art. 111 Cost. manifestatosi a più

riprese, ma anche alla tenuta del quadro processuale interno rispetto alle previsioni delle Carte dei

diritti fondamentali di matrice sovranazionale e all’art. 6 CEDU.

Ecco, allora, ancora una volta profilarsi sullo sfondo il tema imperioso dell’unità delle

interpretazioni.

Se la Corte di Cassazione, in sede di decisione sulla giurisdizione, ha più volte riconosciuto che

“anche dopo l’inserimento della garanzia del giusto processo nella formulazione dell’art. 111 Cost.,

il sindacato sulle decisioni della Corte dei conti in sede giurisdizionale continua ad essere

circoscritto al controllo dell’eventuale violazione dei limiti esterni della giurisdizione del Giudice

contabile, e non si estende al modo del suo esercizio, cui attiene la violazione della legge

processuale, talché rientrano nei limiti interni della giurisdizione, estranei al sindacato consentito,

eventuali errori in iudicando o in procedendo” 34 , si comprende come l’ombrello rappresentato

dall’art.6 CEDU impone alla giurisdizione contabile un confronto con la giurisprudenza della Corte

di Strasburgo senza possibilità di misurarlo con la protezione che di quel diritto fornisce il giudice

ordinario.

È vero, allora, che la centralizzazione dell’art. 6 CEDU e della giurisprudenza della Corte europea

dei diritti dell’uomo passa attraverso la conoscenza dei suoi contenuti e della suddivisione principale

che si intravede fra le previsioni che riguardano indifferentemente tutte le controversie nelle quali è

in discussione un diritto o un dovere di carattere civile o la fondatezza di un’accusa penale, da quelle

che invece si rivolgono in via esclusiva al settore penale. Ciò non vuol dire affatto perdere di vista le

fonti interne, la Costituzione, la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Cassazione, ma

semmai significa che, a fronte dei vincoli, spesso blandi, che il giudice contabile individua nella

giurisprudenza della Corte di Cassazione (come si è visto istituzionalmente non chiamata a svolgere

alcun ruolo in tema di giusto processo contabile), occorre porsi di fronte al diritto vivente che

promana dalla CEDU (quando esiste e, comunque, verificare se il parametro convenzionale osta ad

interpretazioni o a disposizioni normative interne capaci di vulnerarne il contenuto35).

Va allora attentamente esaminata la prospettiva, di recente tratteggiata da Cinthia Pinotti in un suo

piano dei rapporti tra CEDU e diritto interno e in vista dell’affermazione della Costituzione come “sistema”, in

“Itinerari” di una ricerca sul sistema delle fonti, XVII, studi dell’anno 2013, Torino,37 ss. 32 V.,volendo, Conti, Il giusto processo avanti al giudice ordinario e contabile: questioni comuni, Relazione svolta

all’incontro organizzato dalla Scuola della magistratura e dalla Corte dei Conti in Roma 5-6 ottobre 2015, sul tema

Esercizio della giurisdizione e responsabilità contabile, in www.europeanrights.eu. 33 V., di recente, Corte conti, sez. appello, n. 63/2015. 34 Cass. S.U. 8 marzo 2005 n. 4956, Cass. S.U. 16 dicembre 2008 n. 29348 e Cass. S.U. 23 marzo 2009 n. 6950, Cass.,

S.U., 13 novembre 2013, n. 25457; Cass. nn. 6081, 24149 e 23320 del 2013; n. 7847 del 2014 35 La mia personale sensazione rispetto a recenti prese di posizione sui rapporti fra ordinamento interno e CEDU

(sentt. n. 49 e 184 del 2015) è che la Corte costituzionale si sta orientando verso una profonda (ed affatto marginale)

rivisitazione (al ribasso) del ruolo della fonte convenzionale e conseguentemente dei ‘suoi’ giudici naturali (Strasburgo e

giudice comune): sul punto, v., volendo, Conti, La Corte assediata? Osservazioni a Corte cost. n. 49/2015, in questa

Rivista, 2015, I, 181 ss.

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brillante intervento di recente svolto presso la Corte dei Conti 36 , che vorrebbe favorire un

ampliamento del sindacato sui limiti esterni della giurisdizione contabile, proprio sulla spinta del

diritto di matrice sovranazionale, al fine di traghettare le questioni in tema di giusto processo verso il

controllo di cui all’art.111, comma 8, Cost.

Ciò, appunto, in quella prospettiva di armonizzazione di cui qui si è detto e che, pur nel

mantenimento della pluralità delle giurisdizioni, sia in grado di offrire standard di tutela omogenei

all’utente della giustizia, riottoso a giustificare diversi livelli di tutela in ragione della giurisdizione

che è chiamata ad applicare un diritto?

6. Conclusioni in progress.

Come realizzare l’obiettivo della certezza del diritto in un contesto di diritto fluttuante,

continuamente proteso a riparametrarsi per effetto dei plurimi interventi delle giurisdizioni nazionali

e sovranazionali? Per giungere a tale obiettivo è necessario muovere dalla precondizione che vi sia

l’una Corte capace di prevalere gerarchicamente sull’altra, tanto da immaginare che la certezza debba

raggiungersi, alla fine, attraverso l’ultima parola spettante nel sistema all’una Corte sull’altra? Può,

ancora, pensarsi ad un sistema nel quale l’unità della giurisdizione, nel senso ormai radicatosi per

effetto della decisioni delle S.U. sopra ricordate, si attui in modo da garantire parità di tutela a tutti i

soggetti titolari di diritti fondamentali a prescindere dal plesso giurisdizionale nel quale sono tenuti

ad instaurare una controversia? E può pensarsi alle S.U. come luogo elettivo per garantire quest’unità

delle giurisdizioni e, soprattutto, delle interpretazioni? Ha, infine, ma non per ultimo, la Corte di

Cassazione la capacità di offrire risposta in tempi rapidi a simile ulteriore esigenze quando essa stessa

si trova affogata dal numero dei ricorsi già ora possibili?

A chi scrive non compete il compito di offrire risposte appaganti a tali interrogativi.

Resta però forte la sensazione che l’avvento delle fonti sovranazionali contribuisca a delineare in

modo diverso i rapporti fra le giurisdizioni, in ogni caso chiamandole ad operazioni che devono

comunque tendere a realizzare risultati interpretativi conformi alle fonti extrastatali. Il che comporta,

al di là del riconoscimento in capo ad uno di questi plessi giurisdizionali del potere di verificare

siffatta armonizzazione, la quasi fisiologica – anche se solo tendenziale- tensione verso un’“unità

delle interpretazioni” dei plessi giurisdizionali interni, tutti costretti a coabitare sotto una casa

comune e dunque a misurarsi con le giurisdizioni sovranazionali, ormai rappresentabili, anch’esse,

come veri e propri ombrelli sotto i quali è doveroso porsi.

Le riflessioni qui esposte intendono dunque offrire agli studiosi ed i pratici qualche suggestione su

temi estremamente delicati e complessi. Non ci si può nascondere, del resto, che esse richiederebbero

un approfondimento, qui totalmente mancato, sulla posizione giuridica soggettiva rappresentata

dall’interesse legittimo che sta del resto alla base del riparto di giurisdizione interno.

Rimane comunque forte la sensazione che sia ancora tutto da arare il campo della tutela dei diritti

fondamentali. E’ dunque importante, direi vitale, dialogare non solo con le fonti sovranazionali e con

le giurisdizioni che quelle fonti interpretano 37 , ma anche e soprattutto fra plessi giurisdizionali

nazionali diversi, chiamati a stare tutti sotto uno stesso unico ombrello, rappresentato per l’appunto a

seconda dei casi dalla CEDU e dal diritto UE.

La lezione che viene, a me pare, dall’avvento della CEDU e del diritto UE è quella che i tentativi a

volte posti in essere dal giudiziario di screditare e delegittimare il valore e il peso di ciò che proviene

dall’esterno (è ancora fresco il ricordo del granitico filone giurisprudenziale delle Sezioni Unite,

almeno fino al 2003, sul ruolo della CEDU e della giurisprudenza della Corte europea qualificata

come “fonte autorevole” ed al contempo sterilizzata attraverso la ritenuta portata non vincolante) si

ritorcono pericolosamente contro chi, in modo velleitario, si è ritenuto al di sopra del suo

36 Pinotti, Il giusto processo avanti al giudice ordinario e contabile: questioni comuni, in

http://www.foroeuropa.it/index.php?option=com_content&view=article&id=166%3Arivista-2015-n3-art-4-

pinotti&catid=75%3Arivista-2015-n3&Itemid=101#_ftn15 37 È in progress l’idea di creare delle stabili forme di collegamento e dialogo fra Cassazione e Corte europea dei diritti

dell’uomo.

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interlocutore, facendosi portatore di una sorta di ‘patriottismo giudiziario’ piegato a logiche di

malcelato primato dell’una fonte o dell’una giurisdizione sull’altra.

Vi sono, ancora oggi, grandi fronti non compiutamente esplorati che richiedono un impegno e un

confronto ‘comune’ di tutti i giudici ‘comuni’. Penso ai rapporti fra giudice ‘comune’, Carta e Corte

costituzionale ma anche all’apparentemente iperscrutato tema del rapporto fra giudice comune e

CEDU - a me pare delineato in modo ancora inappagante da Corte cost. sent. n. 49/2015 - o ancora

all’effettiva consistenza del primato del diritto UE rispetto ai diritti fondamentali ed alla portata

dell’art. 101 Cost. quanto alla soggezione del giudice “comune” soltanto alla legge.

Miope sarebbe continuare ad approfondire questi temi coltivando l’idea di un confronto

esclusivamente interno al proprio ordine giurisdizionale ed alla propria ‘casa’ che rimane foriero di

non marginali deficit di eguaglianza ai quali si è fatto cenno.

Credo fermamente che gli anni a seguire dovranno essere spesi per alimentare un dialogo interno

fra le giurisdizioni costruito dal basso e capace di superare nei fatti il tema divisivo dell’unità della

giurisdizione operando in via dialettica e preventiva, non tanto e solo con la verifica a posteriori dei

risultati interpretativi dei singoli plessi, ma soprattutto costruito sul confronto delle idee, delle

prospettive e delle energie delle quali ciascun plesso giurisdizionale è portatore. E’ assai singolare,

del resto, accorgersi che i giudici nazionali hanno possibilità concrete di dialogo con i giudici

sovranazionali ai quali si è già fatto cenno- rinvio pregiudiziale, richiesta di parare preventivo alla

Corte dei diritti dell’uomo- e non possono dialogare in via preventiva tra diversi plessi giurisdizionali

quando in gioco ci sono valori fondamentali comuni. E anche questa assenza di dialogo istituzionale

non può che suscitare l’idea di ulteriori riflessioni, magari de iure condendo.

Sono convinto che la Corte di Cassazione saprà fare la sua parte, dimostrando l’apertura culturale

che è richiesta in misura massima in chi è investito del ruolo di garante dell’uniforme interpretazione

della legge, ormai declinata nella sua accezione plurale e sono fiducioso sul fatto che anche le altre

giurisdizioni interne perseguiranno un simile obiettivo. La prospettiva del dialogo non intende, in

definitiva, svuotare delle prerogative che ciascuna Corte ha, ma semmai giungere alla decisione che

ciascuno deve adottare con una consapevolezza precisa di ciò che l’altra Corte pensa in termini

generali o specifici attorno ad una questione. Il dialogo, in altri termini, non come palliativo ma,

come ha detto V. Zagrebelsky, elemento indispensabile per serietà, per apertura di argomenti altrui,

per arricchimento della consapevolezza della complessità delle questioni, pur non essendo

risolutivo38.

Lavorare insieme scendendo ciascuno dal proprio piedistallo è operazione che ci viene ormai

richiesta dall’orizzonte europeo, nel quale i contrasti interni sul ruolo di ciascun plesso

giurisdizionale potrebbero non essere adeguatamente compresi se essi non appaiono realmente votati

al perseguimento di un elevato livello di tutela dei diritti fondamentali.

La scuola della magistratura, in tutte le sue articolazioni, gli osservatori della giustizia civile, la

comparazione con le giurisdizioni nazionali ‘altre’, anch’esse chiamate ad affrontare i medesimi nodi

problematici qui sinteticamente esposti39 potrebbero essere i luoghi naturali dove praticare questo

confronto continuo, al servizio di una giustizia che aspira ad essere sempre più giusta.

38 Zagrebelsky, Il dialogo fra le Corti europee, la Corte costituzionale e la Corte di Cassazione: punti fermi e visioni

prospettiche, in Giust. pen., 2014, 4, 127. 39 V., di recente, per un vigoroso richiamo all’utilità della comparazione Ridola, Comparazione e diritto europeo, in

www.diritticomparati.it