Consigliera di Parità - Comitato Unico di Garanzia Regione ... · Le parole difficili ... tutto...

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Consigliera di Parità - Comitato Unico di Garanzia Regione Lazio Donne e grammatica nelle istituzioni Linguaggio di genere e semplificazione del linguaggio burocratico Relatrice Silvia Garambois Roma 2 dicembre 2014

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Consigliera di Parità - Comitato Unico di Garanzia Regione Lazio

Donne e grammatica nelle istituzioni

Linguaggio di genere e semplificazione

del linguaggio burocratico Relatrice Silvia Garambois Roma 2 dicembre 2014

Le parole difficili

Il linguaggio burocratico ama le parole tecniche, difficili e arcaiche:

oblazione invece di pagamento obliterare invece di timbrare erogare invece di pagare o fornire istanza invece di richiesta ingiunzione invece di ordine

“Il popolo se usi parole difficili si affeziona” (Ettore Petrolini in “Nerone”)

L'antilingua (di Italo Calvino)

“Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L’interrogato, seduto davanti a lui, risponde alle domande un po’ balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo.

“Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata”.

Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione:

“Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli,

situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli nell’intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante”.

(da “Una pietra sopra”, Torino, Einaudi, 1980)

Il burocratese è il modello fornito dai testi ufficiali dell'amministrazione. Esso gode quindi di un'autorità istituzionale. Il danno che fa è quindi doppio!

Inoltre non è raro che i testi burocratici

rappresentino il principale contatto con la

scrittura per quei giovani che leggono poco

libri e giornali e si informano dalla tv e

soprattutto dai nuovi media (sms e

soprattutto i 140 caratteri di un tweet!).

Il burocratese

Lo stile artificioso e difficile alimenta erroneamente l'impressione che si tratti di un modello elegante e da imitare.

E la burocrazia purtroppo, oltre alle parole

difficili, ama anche le parole al maschile

(anche quando parla di donne...)

E' il 24 novembre 2011. E' da poco stato formato il governo Monti.

A Palazzo dei Marescialli, sede del CSM, il Presidente della Repubblica auspica un

“confronto costruttivo” tra amministrazione della giustizia e magistratura”, che “il

ministro non mancherà di promuovere”. Qui Napolitano si interrompe e

con un sorriso rivolto a Paola Severino dice: “Anzi, mi correggo. Che la ministra non

mancherà di promuovere”.

Un “testimonial” al Colle

Anche GiULiA al Colle

… e le donne dell'Accordo

“La cosa peggiore che si possa fare con le parole è di arrendervisi »

(George Orwell)

Le donne nel burocratese – I testi

1987 – Il sessismo nella lingua italiana - Raccomandazioni per un uso non sessista (Alma Sabatini)

1997 – Manuale di stile – Strumenti per semplificare il linguaggio delle pubbliche amministrazioni

2007 – Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle pubbliche amministrazioni.

2008 – La neutralità del linguaggio di genere nel linguaggio usato al Parlamento europeo

Questa signora in bicicletta è Alma Sabatini, colei che con le sue “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana” ha dato una scossa forse irreversibile al nostro linguaggio.

La lingua dell'Alma

Il libro “Il sessismo nella lingua italiana”, ricerca condotta con Marcella Mariani, Edda Billi e Alda Santangelo, è stato pubblicato nel 1987 (27 anni fa) dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Mise in luce il legame tra discriminazione sessuale e discriminazioni semantiche: ma non lo sapevamo da sempre che la lingua uccide più della spada?

La semplificazione (o del linguaggio che rispetta le

donne)

“Le parole sono fatte, prima che per essere dette, per essere capite: proprio per questo, diceva un filosofo, gli dei ci hanno dato una lingua e due orecchie.

Chi non si fa capire viola la libertà di parola dei suoi ascoltatori. E’ un maleducato, se parla in privato e da privato.

E’ qualcosa di peggio se è un giornalista, un insegnante, un dipendente pubblico, un eletto dal popolo.

Chi è al servizio di un pubblico ha il dovere costituzionale di farsi capire”.

Le parole per dirlo (Tullio De Mauro)

I progetti di “semplificazione”

“Le prime percezioni della necessità di semplificare il linguaggio usato dalle pubbliche amministrazioni arrivano da lontano.

Ad esempio, già Gramsci in “Quaderni dal carcere” scriveva: “A differenza dei funzionari francesi e inglesi, che scrivono per il popolo, quelli italiani scrivono per i propri superiori”.

Nel 1940 il primo ministro britannico Winston Churchill impartiva al proprio governo le seguenti istruzioni: “Chiedo ai miei colleghi e al loro personale di scrivere testi più brevi, che espongano i punti principali in una sequenza di paragrafi brevi e incisivi....” .

Tuttavia, in Italia soltanto a partire dagli anni '90 il legislatore affronta temi importanti per mettere l'amministrazione pubblica in maggior sintonia con il cittadino”.

Nel 1993, per volontà del ministro Cassese, esce il Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso della pubblica amministrazione, che riporta in appendice il vocabolario di base della lingua italiana di Tullio De Mauro.

Nel 1994 sempre il ministro Cassese vara il progetto finalizzato “Semplificazione del linguaggio amministrativo”, che porta tre anni dopo con Bassanini ministro alla pubblicazione del “Manuale di stile”.

Qual è la differenza sostanziale tra parole tecniche e parole burocratiche?

•Le parole/espressioni tecniche si possono sostituire solo con più lunghe perifrasi, si perde qualche pezzo o sfumatura di significato.

• Le parole/espressioni burocratiche sono perfettamente sostituibili con parole di uso comune, senza che vi sia alcuna dispersione semantica; inoltre la trasposizione è spesso più breve

Lezioni di stile (al femminile)

Alcuni suggerimenti per l’uso non discriminatorio della lingua sono contenuti nel

“Manuale di stile - Strumenti per semplificare il linguaggio delle amministrazioni pubbliche”

(Il Mulino 1997)

A cura di Alfredo Fioritto

per la Presidenza del Consiglio dei Ministri

Dipartimento Funzione Pubblica

Manuale di stile

“La lingua non è solo uno strumento di comunicazione attraverso il quale vengono trasmesse informazioni e idee. Essa riflette nei suoi usi la società che la utilizza.

Nello stesso tempo, però, la lingua influenza la società nel modo di pensare, di giudicare, di classificare la realtà.

Dietro forme ed espressioni linguistiche di uso comune spesso si celano pregiudizi sociali, culturali e sessuali che chi usa la lingua trasmette anche senza volerlo”.

Per evitare usi discriminatori nei confronti di persone di razza, religione e sesso diverso occorre fare attenzione alle loro caratteristiche sociali, culturali e sessuali.

Per esempio la prevalenza del genere maschile nella lingua italiana riflette la prevalenza del ruolo maschile nella nostra società.

Nello stesso tempo la prevalenza sociale del ruolo maschile determina o rafforza gli usi del genere maschile nella lingua italiana.

La lingua italiana considera il genere grammaticale maschile come genere base (il cosiddetto maschile "neutro" o "non marcato").

Alcune volte, poiché nei soggetti animati il genere grammaticale coincide con il genere naturale, gli usi linguistici indirettamente discriminano le donne.

In molti casi alcune forme di discriminazione sono facilmente risolvibili utilizzando alcuni dei suggerimenti che seguono.

Nei testi destinati all'intera collettività, usare, per il possibile, sostantivi non marcati o nomi collettivi che includano persone di ambo i generi (persone anziché uomini; lavoratori e lavoratrici anziché lavoratori; lettori e lettrici anziché lettori ecc.).

Negli atti chiusi, diretti cioè a persone di cui si conoscono le generalità, è preferibile utilizzare il genere grammaticale appropriato.

Negli atti destinati a essere completati in un secondo momento (come moduli, prestampati ecc.) da persone di ambo i sessi

è opportuno lasciare la possibilità di scegliere tra il genere maschile e quello femminile (...I... sottoscritto/a; l'abbonato/a; .../... pensionato/a ecc.).

Nei testi che si riferiscono a determinati profili professionali della pubblica amministrazione limitare l'uso del maschile come genere non marcato. Nei casi concreti usare sempre il genere appropriato.

Quando con un testo ci si riferisce a un incarico amministrativo ricoperto da una donna, volgere al femminile i riferimenti che la riguardano e, se esiste, usare la forma femminile della denominazione dell'incarico ricoperto.

Evitare dissimmetrie linguistiche che derivano da stereotipi culturali che possano discriminare i sessi (professione del padre/condizione della madre). Sia parlando, sia scrivendo, evitare, inoltre, di utilizzare per le donne il titolo di signora anche quando possiedono un titolo professionale.

Ciò vale soprattutto in contesti professionali, quando le donne sono citare insieme a uomini per i quali, invece, è usato abitualmente il titolo professionale (il dott. Rossi e la sig.ra Bianchi).

Misure di pari opportunità

La direttiva 23 maggio 2007 stabilisce:

Misure di pari opportunità

Sul sito del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione sono pubblicati i dossier sulle pari opportunità nelle PA.

L'ultimo rapporto è del 2013.

“Il processo di revisione al quale molte amministrazioni pubbliche hanno sottoposto la documentazione in uso nei loro uffici ha avuto due capisaldi:

(a) la sostituzione dei nomi di professioni e di ruoli ricoperti da donne declinati al maschile con i corrispondenti femminili;

(b) l’abolizione del maschile inclusivo e la sua sostituzione con le due forme, maschile e femminile, anche variamente abbreviate”.

Linee guida (di Cecilia Robustelli, 2012)

E ancora:

“In seguito alla riforma del Titolo V, parte seconda, della Costituzione (2001) comuni, province e regioni hanno adottato iniziative individuali in genere lodevoli, ma queste purtroppo non sono state coordinate, cosicché non è raro trovare, anche all’interno della stessa regione, comportamenti diversi”.

«Vorrei che le donne avessero potere non sugli uomini, ma su loro stesse» (Mary Wollstonecraft,

Rivendicazione dei diritti della donna, 1792)

Le parole dell'Europa

Europa: la neutralità di genere

Il 19 maggio 2008 l’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo ha accolto una prima serie di linee guida sul linguaggio neutro.

Il Parlamento europeo si impegna a utilizzare un linguaggio neutro dal punto di vista del genere nelle sue pubblicazioni e comunicazioni, ed è la prima istituzione a fornire linee guida specifiche sul linguaggio neutro dal punto di vista del genere in tutte le lingue di lavoro comunitarie.

“Utilizzare un linguaggio neutro dal punto di vista del genere va ben oltre il concetto di 'politicamente corretto'.

Il linguaggio di per sé, infatti, ha una fortissima influenza sulla mentalità, il comportamento e le percezioni.

Il Parlamento in quanto istituzione sottoscrive pienamente il principio dell’uguaglianza di genere e pertanto utilizza un linguaggio che rifletta questa sua posizione.”

“In molte lingue il termine “uomo” è usato in un’ampia gamma di espressioni idiomatiche che si riferiscono sia agli uomini sia alle donne: in italiano si pensi alle espressioni “uomo della strada” o “a misura o a passo d’uomo”. Con un minimo di attenzione è possibile utilizzare espressioni neutre dal punto di vista del genere”.

Linee guida specifiche per l'italiano

“In Italia il dibattito su un uso non sessista della lingua è ancora agli esordi e nella lingua correntemente usata dai media e, in particolare, dalla stampa,

nonché nel parlato e nello scritto comuni,

si utilizzano a tutt’oggi pochissimi neologismi e si tende a utilizzare il maschile con funzione neutra”.

“In ambito istituzionale la declinazione delle cariche al femminile (sindaca, ministra, assessora), già oggetto di esplicito pronunciamento ufficiale in altri Stati europei (v. Francia),

non è per lo più regolamentata ed è lasciata alla responsabilità individuale di Comuni, Province e Regioni”.

Alcune indicazioni tratte dalle “linee guida” europee:

Un caso particolare è rappresentato da “diritti dell’uomo”. È opportuno precisare che nel caso di espressioni quali “Corte europea dei diritti dell’uomo” e “Convenzione europea dei diritti dell’uomo” si tratta, nello specifico, di denominazioni ufficiali.

Qualora non si tratti di citare la giurisprudenza delle due corti, tuttavia, la locuzione “diritti dell’uomo” può essere sostituita da “diritti umani”.

Il termine “uomo”, più spesso al plurale, “uomini”, non è raccomandato invece allorché è utilizzato come sostantivo generico descrittivo di una categoria ed è come tale riflesso di una società in cui la presenza femminile era assente in determinate categorie”.

Si dovranno pertanto evitare espressioni come:

uomini d’affari (cui è preferibile “imprenditori”);

uomini politici (cui è preferibile “politici”);

uomini di legge (cui è preferibile “giuristi” o, se il contesto lo consente, “la dottrina”);

uomini di scienza (cui è preferibile “scienziati”, “le persone impegnate nella ricerca” );

uomini di stato (cui è preferibile “statisti”);

uomini di lettere (cui è preferibile “letterati”)

uomini primitivi (cui è preferibile “popoli

primitivi o popolazioni primitive)

È consigliato altresì l’uso delle forme impersonali:

si invierà il curriculum

si allegano i seguenti documenti

la risoluzione s’intende approvata

si richiama l’attenzione

si farà attenzione a specificare

Il ministro è incinta

Dice ancora il testo europeo: “Con riferimento alle funzioni è consigliabile l’uso del maschile con valenza neutra declinato al singolare o al plurale, ad esempio:

il Presidente del Parlamento europeo

il Presidente del Consiglio (dell’Unione europea)

i Questori

i Commissari (membri della Commissione europea)”

E' un vero “compromesso linguistico”, che a distanza di pochi anni sembra già obsoleto, e la cui ragione si esplicita poche righe dopo:

“Vi sono donne che preferiscono utilizzare la forma maschile della loro carica o professione. Sarà pertanto cura dell’autore o del traduttore attenersi alla loro volontà”.

Ma per l'Europa è una regola “provvisoria”, e nel testo si rammenta che

“il 31 maggio 2007 un gruppo di senatori della Repubblica italiana ha presentato un Atto di sindacato ispettivo che impegna il Governo italiano a introdurre negli atti e nei protocolli delle pubbliche amministrazioni una modificazione degli usi linguistici tale da rendere visibile la presenza di donne nelle istituzioni, riconoscendone la piena dignità di status ed evitando che il loro ruolo venga oscurato da un uso non consapevole della lingua”.

Sono passati sette anni, ma molte ministre italiane scelgono di farsi chiamare “ministro”.

I cambiamenti della lingua, del resto, non avvengono con norme e censure, ma con una maggiore consapevolezza e una nuova cultura.

Non è però così in tutta Europa.

Anche le linee guida del Parlamento europeo citano il caso della Francia, dove la declinazione di genere del linguaggio costituisce un dovere - e non un optional – nelle sedi ufficiali, inserito anche nel regolamento delle Instruction générale du Bureau de l’Assemblée Nationale (1998, article 19).

E dalla Francia la notizia che chi “parla male” paga anche una multa, salata...

“Molto tempo dopo, vecchio e cieco, camminando per le strade, Edipo sentì un odore familiare. Era la Sfinge. Edipo disse: “Voglio farti una domanda. Perché non ho riconosciuto mia madre?”. “Avevi dato la risposta sbagliata,” disse la Sfinge. “Ma fu proprio la mia risposta a rendere possibile ogni cosa.” “No,” disse lei. “Quando ti domandai cosa cammina con quattro gambe al mattino, con due a mezzogiorno e con tre alla sera, tu rispondesti l’Uomo. Delle donne non facesti menzione.” “Quando si dice l’Uomo,” disse Edipo, “si includono anche le donne. Questo, lo sanno tutti.” “Questo lo pensi tu”, disse la Sfinge.

Myth (di Muriel Rukeyser, 1968)