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Le Rivelazioni di Frank O’Collins: Le Origini del Cristianesimo, del Giudaismo e la Storia di Gesù I SADDUCEI Pochi gruppi nella storia sono tanto enigmatici quanto i Sadducei. Nel corso di tutta la Bibbia vengono in numerose occasioni definiti come malvagi e dannati. Vengono indicati come le ricche famiglie dominanti che controllavano l’Alto Sacerdozio nella fase storica in cui visse Gesù. Conseguentemente, ci si riferisce ripetutamente a loro in termini particolarmente venefici all’interno dei vangeli come agli “Ebrei” che si resero responsabili dell’esecuzione di Gesù. La loro denominazione in Ebraico era “tsedduqim”, un nome che scelsero per sottolineare il fatto di rappresentare i seguaci degli insegnamenti dell’Alto Sacerdote Zadok, colui il quale ‘unse’ (benedì) cerimonialmente il re Salomone nel corso della fase storica del Primo Tempio (di Gerusalemme). Tuttavia, la tradizione rabbinica (Farisaica) suggerisce che essi non avessero assunto quella denominazione con riferimento all’Alto Sacerdote Zadok, quanto piuttosto con riferimento a un altro Zadok (che comunque sarebbe stato un sacerdote), che si ribellò contro gli insegnamenti di Antigone (Antigonus) di Soko, un rappresentante del governo della Giudea vissuto nel III secolo avanti Cristo e un anticipatore della tradizione rabbinica. Eppure, erano famosi per il fatto di negare la possibilità della salvezza per l’anima umana, e per la loro ossessione per i piaceri della vita, per il potere, il sesso e la magia nera. Come risultato, numerosi studiosi ritengono che le affermazioni impegnate a sostenere che i Sadducei fossero effettivamente i seguaci di Zadok siano fasulle, e sostengono che essi facessero riferimento agli insegnamenti di “qualche altro” maestro che ipocritamente sosteneva di essere uno Zadok. Tuttavia, se questo elemento non fosse già sufficientemente controverso, i Sadducei, come gli Esseni, sono noti per il fatto di aver considerato la Bibbia in buona parte una elaborazione di matrice Persiana, un mito venduto alle cosiddette “pecore”. Anche perché, agli occhi delle dominanti famiglie Sadducee, la popolazione Ebraica loro soggetta era da considerare semplicemente come bestiame, e come ogni altro animale erano da possedere, controllare e compiacere, se necessario. I Sadducei rigettavano gli insegnamenti che prevedevano una vita dopo la morte, e quindi rigettavano la dottrina Farisaica 1

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Le Rivelazioni di Frank O’Collins: Le Origini del Cristianesimo, del Giudaismo e la Storia di Gesù

I SADDUCEI

 Pochi gruppi nella storia sono tanto enigmatici quanto i Sadducei. Nel corso di tutta la Bibbia vengono in numerose occasioni definiti come malvagi e dannati. Vengono indicati come le ricche famiglie dominanti che controllavano l’Alto Sacerdozio nella fase storica in cui visse Gesù. Conseguentemente, ci si riferisce ripetutamente a loro in termini particolarmente venefici all’interno dei vangeli come agli “Ebrei” che si resero responsabili dell’esecuzione di Gesù. La loro denominazione in Ebraico era “tsedduqim”, un nome che scelsero per sottolineare il fatto di rappresentare i seguaci degli insegnamenti dell’Alto Sacerdote Zadok, colui il quale ‘unse’ (benedì) cerimonialmente il re Salomone nel corso della fase storica del Primo Tempio (di Gerusalemme). Tuttavia, la tradizione rabbinica (Farisaica) suggerisce che essi non avessero assunto quella denominazione con riferimento all’Alto Sacerdote Zadok, quanto piuttosto con riferimento a un altro Zadok (che comunque sarebbe stato un sacerdote), che si ribellò contro gli insegnamenti di Antigone (Antigonus) di Soko, un rappresentante del governo della Giudea vissuto nel III secolo avanti Cristo e un anticipatore della tradizione rabbinica. Eppure, erano famosi per il fatto di negare la possibilità della salvezza per l’anima umana, e per la loro ossessione per i piaceri della vita, per il potere, il sesso e la magia nera. Come risultato, numerosi studiosi ritengono che le affermazioni impegnate a sostenere che i Sadducei fossero effettivamente i seguaci di Zadok siano fasulle, e sostengono che essi facessero riferimento agli insegnamenti di “qualche altro” maestro che ipocritamente sosteneva di essere uno Zadok. Tuttavia, se questo elemento non fosse già sufficientemente controverso, i Sadducei, come gli Esseni, sono noti per il fatto di aver considerato la Bibbia in buona parte una elaborazione di matrice Persiana, un mito venduto alle cosiddette “pecore”. Anche perché, agli occhi delle dominanti famiglie Sadducee, la popolazione Ebraica loro soggetta era da considerare semplicemente come bestiame, e come ogni altro animale erano da possedere, controllare e compiacere, se necessario. I Sadducei rigettavano gli insegnamenti che prevedevano una vita dopo la morte, e quindi rigettavano la dottrina Farisaica della Resurrezione dei Morti. I Sadducei rappresentavano la fazione pro-Greca, si trattava di sacerdoti membri di famiglie aristocratiche, i cui maggiori interessi erano incentrati sul tempio e sul culto rituale. Il loro nome probabilmente derivava da Zadok, il famoso sacerdote dei tempi di Davide e di Salomone (II Samuele 8:17; I Re 1:34). Dato che la carica di Alto Sacerdote e quella di Governatore risultavano combinate, i Sadducei furono profondamente coinvolti nella gestione di affari politici di elevato livello. Dal punto di vista politico, le loro posizioni prevedevano l’indipendenza e un concetto di stato fondamentalmente teocratico, così come avveniva per la maggior parte degli Ebrei. Sebbene si opponessero alla dominazione straniera, non avversavano apertamente il fatto che venissero introdotti elementi di culture straniere nell’ambito dello stile di vita tipicamente Ebraico. Come i Farisei, sostenevano l’importanza dell’osservanza della Torah, ma rigettavano l’autorità della tradizione orale. Quando ci si doveva confrontare con condizioni non previste nella Torah, elaboravano nuove leggi. Rigettarono la dottrina Farisaica della resurrezione e di una vita dopo la morte ed invece si espressero a favore dell’antica tradizione Ebraica della Sheol. Neppure accettavano la fede nell’esistenza degli angeli. Quindi, ci sarebbe l’enigmatica questione riconducibile al fatto che le linee di sangue degli antichi Re di Israele fossero per definizione Sadducee. E per il fatto di discendere dalla “linea di Davide”, il padre di Gesù era da considerare un principe ereditario e quindi era da ritenere un rappresentante di primissimo piano dei Sadducei stessi. Tuttavia, l’unica prova storica della linea di sangue di Davide ad essere sopravvissuta al massacro ad opera dei Persiani intorno all’anno 590 dopo Cristo, quello che pose fine al regno di Zedekiah, è il viaggio della Principessa Tamar, grazie a Geremia e a Baruch, così

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come della Pietra del Destino (Stone of Destiny), dell’Arca di Akhenaton e della stemma reale del Leone di Giuda, in direzione dell’antica casa dei re in Irlanda. Ciò significa che se Gesù fosse stato davvero un membro della linea di sangue reale della Casa di Davide, allora la sua famiglia doveva aver avuto origine dai discendenti di coloro che giunsero dall’Irlanda, non da quelli provenienti da un povero villaggio del Medio Oriente. Significa inoltre che suo padre era un principe ereditario e che il suo titolo fosse chiaramente identificabile come Ha Rama Theo (Arimatea/Sua Altezza Divina). Tuttavia, un nuovo resoconto storico apparve molto più tardi, intorno alla fase 100-50 avanti Cristo, impegnato a sostenere il fatto che una seconda linea di sangue reale fosse “magicamente” sfuggita ai Persiani in seguito alla condotta tenuta da una mitica figura nota come Ismaele. Anche se tale versione appare priva di alcuna credibilità storica, rimane tuttavia una versione dei fatti che viene preferita rispetto a quella maggiormente avvalorata da prove e relativa alla sopravvivenza della linea di sangue di Davide in Irlanda. Ci sono inoltre le pretese accampate dai Farisei e dagli Ebrei Rabbinici, che tendono a creare ulteriore confusione, i quali sostengono che i Sadducei fossero una fazione originatasi soltanto intorno al II secolo avanti Cristo. In maniera piuttosto controversa, tale affermazione viene ritenuta valida dagli studiosi Cristiani pur senza avere a disposizione prove credibili in questo senso. Infine, è constatabile la quasi totale assenza della volontà di riconoscere la tradizione storica legata alla pratica della magia nera ad opera dei Sadducei. L’elemento ‘diabolico’ insito nella loro religione viene tendenzialmente ridotto ad elementi assolutamente triviali, quali versare l’acqua nella maniera sbagliata, o addirittura il fatto di ritenere che starnutire accidentalmente potesse dal loro punto di vista essere la causa determinante di una guerra. Sfortunatamente per numerosi Cristiani ed Ebrei, oggi, essendo tale antagonismo tra le diverse sette presentato come una serie di disquisizioni fondate su pura pedanteria, o su elementi di natura assolutamente superficiale, che si trattasse di disquisizioni su tali infime questioni è appunto ciò che le persone in generale sono portate a credere. Un numero limitato di persone sono in grado di porre in relazione, in maniera logica e consequenziale, la magia nera, i simboli di Salomone e di Davide con il culto satanico praticato dai Sadducei. Perché? Perché questi fatti sono trascurati e mai affrontati? Cosa può esserci di tanto terribile da spingere due religioni a lavorare tanto a lungo e tanto intensamente insieme per ridurre la possibilità che fosse presentata al pubblico l’effettiva storia, anche quando la Bibbia letteralmente trabocca di spunti particolarmente indicativi?

LA DEA MADRE

E’ storicamente ben noto che, nel 722 dopo Cristo, gli Assiri, sotto il regno di Shalmaneser, e successivamente sotto quello di Sargon, conquistarono Israele (il Regno del Nord), e distrussero la loro capitale Samaria, determinando per numerosi Israeliti l’esilio e la cattività. Ciò che è ben noto è che gli Israeliti stessi, essendo i discendenti delle popolazioni di Ugarit e di Ebla, fossero loro stessi strettamente imparentati con le famiglie reali e sacerdotali degli antichi Regni Assiri, e dei più antichi sacerdoti della storia, i Sacerdoti Re, i “feara cuileann” (gli Uomini Sacri) d’Irlanda. Ai tempi dei grandi patriarchi delle prime civiltà occidentali, le grandi città di Ebla e di Mari erano acerrime nemiche. Mari era un’antica città della Siria situata nei pressi dell’odierna località di Tell Hariri, sulla sponda occidentale del fiume Eufrate, a circa 120 chilometri da Dayr az-Zawr, in Siria. Gli Eblaiti erano seguaci di El, ed erano dediti alla conoscenza, a studi cosmologici approfonditissimi ed aborrivano i sacrifici animali ed i sacrifici umani. Al contrario, il popolo di Mari adorava Dagon, il Dio della vita, delle tempeste e della fertilità, e Ishtar, la Regina dei Cieli, e la dea dell’amore e del potere. Quando gli abitanti di Mari conquistarono e colonizzarono culturalmente Ebla, e più tardi Ugarit, fissarono per i posteri il culto di tali divinità che divennero più tardi note come Baal e Ashtar (Bacco e Afrodite per gli antichi Greci e Romani). Tanto nelle escavazioni condotte a Ugarit quanto in quelle condotte a Mari, così come in quelle condotte in riferimento ad altre rovine di templi

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dedicati ai prototipi di tali divinità, è stata scoperta la prova legata alla pratica di imponenti riti sessuali di massa, e di orge accompagnate da libagioni, e dalla pratica di sacrifici umani. Simili elementi potrebbero richiamare alla mente il disgusto dei re sacerdoti della linea di sangue del Faraone Akhenaton (“Mosè”) nei confronti dell’adorazione di Baal, dato che tale adorazione certamente implicava questi degradanti rituali legati al potere e alla fertilità. Il termine che utilizziamo per indicare il ‘male’ (evil) deriva dalla modificazione del termine “ubil”, che derivava a sua volta dal termine Baal. Alla stessa maniera, il termine Satana, ovvero il termine Ebraico con cui si indica “l’avversario”, deriva del termine con cui si indicava in origine l’antica divinità Dagan/Dagon, ovvero il prototipo della divinità che definiamo Baal. La storia relativa alla connessione con l’Irlanda, Ibbi-Eri, la “Terra di Ibbi”, successivamente nota come Ibiru, Habiru, Ibernia, Hibernia, Eriu, virtualmente non viene affatto considerata. In seguito a ondate successive di distruzioni operate dai Cristiani, assai poco della cultura pre-Cristiana dell’Irlanda è in effetti sopravvissuta. Eppure ci sono prove circostanziate che ancora abbondano a suggerire che fosse l’Irlanda, e non Gerusalemme, la casa spirituale delle più antiche tra le linee di sangue “ebree” Sadducee. Tutto ciò ha senso anche perché esistono prove evidenti a suggerire che i discendenti Sadducei dei re-sacerdoti fossero in guerra all’interno delle loro stesse fila, tra le più antiche linee di sangue, che praticavano una più elevata forma di culto, e i cosiddetti “pretendenti”, provenienti dalla Siria, impegnati nella pratica di segretissimi e abominevoli rituali. “Il Cantico dei Cantici” (Song of Songs) ed altri testi attribuiti a Salomone mostrano evidenti indizi dell’adorazione di Astoreth (Dea dell’Amore, della Guerra e del Potere) inclusi i riferimenti alle fanciulle del tempio. E’ quindi praticamente certo che a tali riferimenti fossero accompagnati gli antichi rituali orgiastici all’interno del tempio, abbinati a libagioni a base di vino e a sacrifici umani. Gli stessi Akkadici adoravano Ishtar e probabilmente sacrificavano bambini, o comunque esseri umani, e conducevano le medesime cerimonie. Considerate tali connessioni, è assai probabile che i leader Israeliti che praticavano i riti segretissimi di Baal e il sacrificio umano, la magia nera, e che ricorrevano alla pratica di orge rituali, restarono in una posizione di autorità, mentre coloro i quali si opponevano a tali pratiche vennero o uccisi, o imprigionati, o esiliati. Ciò che appare chiaro da ambedue le cronologie storiche, dall’interazione culturale e dai riferimenti con cura elaborati all’interno di numerosi testi religiosi, è che un vasto numero dei membri della classe dominante dei Sadducei, addirittura fino ai tempi di Gesù, fosse ancora impegnato nella pratica degli antichi culti della fertilità fondati su orge sessuali, libagioni a base di vino e sacrifici umani, che erano intrinsecamente legati alle loro pratiche religiose. Le fonti bibliche sono state profondamente alterate per cui è virtualmente impossibile determinare con precisione se alcuni di quei passaggi facciano in effetti riferimento a tali pratiche, tuttavia prove circostanziate riguardanti addirittura gli stessi Maccabei paiono indicare che tali rituali possano essere stati reintrodotti non più tardi del 140 avanti Cristo. La maggior parte delle persone, ai nostri giorni, tende ad associare tali pratiche, più che ad altri, ai corrotti Imperatori Romani. In verità, questo è un mito deliberatamente creato dai Cristiani, dato che numerosi leader Romani, prima dell’avvento del Cristianesimo, aderivano rigorosamente a codici di condotta caratterizzati da profondo stoicismo e autocontrollo, rispetto, tolleranza, e amore per la vita. Un eccellente esempio di questo genere di filosofia è rintracciabile negli scritti dell’Imperatore Marco Aurelio, che considerava i Cristiani la manifestazione stessa del male. Fu questa forza interiore e questa stessa auto-disciplina che permise ai Romani di tenere insieme un Impero caratterizzato da componenti tanto numerose e diversificate per 1000 anni. E’ anche da sottolineare, tuttavia, l’esistenza di prove evidenti relative alla pratica dei culti misterici di Bacco (una semplice modificazione della denominazione Baal) assai diffusi nell’ambito delle elite delle città Greche e Romane, ed esistono inoltre numerose fonti storiche che deplorano tali cerimonie, sebbene tali fonti si siano curate di non apparire troppo esplicite in riferimento a quanto terribili quelle pratiche potessero in effetti dimostrarsi. Al contrario, è chiaro che

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i Farisei, i creatori dell’Antico Testamento per come lo conosciamo oggi, considerassero queste pratiche come la manifestazione tipica del male. In effetti, tali pratiche rappresentano la radice stessa del termine che utilizziamo per indicare ‘male’ (evil/ubill/Baal). Non sorprende quindi che il Giudaismo Rabbinico sia stato metodico nel tentativo di prendere le distanze da tali pratiche. In ogni caso, addirittura sino al Medioevo, tale mito ha perdurato, in riferimento agli “atti malvagi” che gli “Ebrei” erano soliti condurre nei confronti di piccoli bambini nel caso fossero riusciti a impossessarsene, mitologia culminata nelle favole raccontate a proposito di streghe all’interno di foreste incantate. Tali fonti indicano il fatto che l’adorazione segreta di Baal/Satana e della Dea Madre Cibele, che includeva riti orgiastici, consumazione di droghe e sacrificio umano, in qualche misura abbiano perdurato.

SACRIFICIO UMANO E CANNIBALISMO

Ci viene insegnato che, fino ad almeno 5.000 anni fa, gli esseri umani che vivevano in Europa Occidentale fossero impegnati nel tentativo di perpetuare il loro stile di vita da ‘cacciatori e raccoglitori’ sviluppato nel corso dell’Era Glaciale, mentre il numero dei grandi animali da cacciare si riduceva sempre più. Gli individui vivevano in gruppi ristretti, e, a motivo della stringente necessità, cominciarono ad imparare come coltivare la terra e, nel tempo, ad addomesticare gli animali. Tutto questo pare avere senso, fino a quando ci si imbatte in monumenti risalenti al Neolitico, quali quello di Stonehenge a Salisbury, in Inghilterra, e nel complesso di Templi dei “Brù na Bòinne” nella valle del fiume Boyne a County Meath, in Irlanda. Per quanto riguarda New Grange, si stima che il monte del Tempio sia databile ad almeno il 2900 avanti Cristo, e che quindi risalga ad almeno 5.000 anni fa. Per quanto concerne Stonehenge, il sito originario risale ad almeno 8.000 anni fa, con gli elementi principali del circolo costituito dai grandi pietre databili ad un periodo compreso tra il 2600 avanti Cristo e il 2100 avanti Cristo. Ma ciò che è ancora più sorprendente è il numero di ‘persone impiegate per anno’ che sarebbe stato necessario per realizzarlo, senza parlare della realizzazione degli altri numerosissimi siti sacri risalenti al Neolitico. La stessa New Grange si stima abbia visto impegnate almeno tra le 6.000 e le 10.000 ‘persone per anno’, mentre nel caso di Stonehenge si stima sia stato coinvolto almeno tre volte tanto quell’ammontare di ‘forza lavoro umana’. Ora, in generale, se fossimo impegnati a discutere di civiltà agricole sviluppatesi nell’area del delta di alcuni fiumi in Mesopotamia, Siria settentrionale, o Egitto, in questa fase, sarebbero in quei casi state presenti persone a sufficienza da rendere concepibile una tale potenziale ‘forza lavoro’. Tuttavia, in Irlanda, la popolazione nella sua totalità, 5.000 anni fa, viene stimato fosse non superiore alle 20.000/10.000 persone, ad indicare il fatto che virtualmente ogni persona avrebbe dovuto in teoria lavorare per la maggior parte dell’anno, e  per numerosi anni, su questi antichi monumenti. La ricostruzione non regge. La fine dell’ultima Era Glaciale si è verificata lentamente e su scala differente in tutto il globo. Nella fase tra gli 8.000 e i 6.000 anni fa, l’intero Medio Oriente, il Nord Africa e l’Europa Sudorientale erano caratterizzati da terre fertili, da delta di fiumi ricchi di vegetazione che offrivano abbondanti riserve di acqua e di cibo. Al contrario, il Nord Europa restava ancora ricoperto di neve e di ghiaccio per buona parte dell’anno, mentre i ponti di ghiaccio tra l’Irlanda e la Gran Bretagna, e la Gran Bretagna e la Francia, si dissolsero in quella fase, gradualmente, con relativa crescita del livello dei mari. Quindi, a partire da 6.000 anni fa, il cambiamento climatico cominciò ad accelerare rapidamente per le tribù di cacciatori-raccoglitori del Nord Europa. Le grandi mandrie di animali cominciarono a scomparire. Per le popolazioni umane che risiedevano in Irlanda e in Gran Bretagna il cambiamento fu ancora più repentino. Si trattava di tribù che vivevano in piccoli insediamenti di carattere nomadico, che seguivano le migrazioni degli animali. Non necessitavano, in effetti, di una grande quantità di possedimenti o in generale di proprietà. Vivevano e cacciavano in base ai cicli della Luna. Certamente non si trattava di

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contadini. In nessuna località del Nord Europa quanto in Irlanda si verificarono quei drammatici cambiamenti nel ciclo della vita e della morte, nelle antiche abitudini, e nella lotta per la sopravvivenza, che giocò un ruolo altrettanto rilevante. L’Irlanda rappresentò un episodio sintomatico di quello che potenzialmente avrebbe potuto essere il destino dell’intera Europa settentrionale. L’Irlanda, una terra un tempo connessa alla Gran Bretagna, che supportava una popolazione nomadica di cacciatori-raccoglitori di circa 30.000 persone, 6.000 anni fa, improvvisamente sperimentò la scarsità di animali, anche quella di animali di piccola taglia. Inevitabilmente, la carestia, la guerra e il cannibalismo si trasformarono in eventi da affrontare quotidianamente. Nel giro di pochi anni, la popolazione precipitò a meno di 10.000 individui, e la vita era divenuta breve, brutale e incerta. Dovendo affrontare la fame, quelle che erano state le antiche tribù di cacciatori e raccoglitori dell’Irlanda cominciarono a consumare tutto ciò che gli fu possibile trovare. Ciò includeva numerose erbe, arbusti, e alberi caratterizzati da proprietà allucinogene “magiche”. L’Albero di Agrifoglio (cuillieann) assume una rilevanza assai particolare. Perché non erano semplicemente le sue bacche e le sue foglie leggermente velenose a trasformarsi in una potente fonte di sogni di carattere magico e di profonde visioni di carattere spirituale, tale pianta fu presto associata a una particolare categoria di personaggi, o uomini ritenuti “sacri”. Questi primi maghi, i primi druidi dell’umanità, i “cuilieann”, furono in grado di sollevarsi dall’inferno e dalla crisi legata alla carestia e alla morte ormai imperante, ed a riunificare il morente popolo d’Irlanda. Si trasformarono nella prima classe di sapienti al mondo. Nel nostro mondo, nel nostro tempo, qualunque elemento in grado di ampliare la nostra coscienza è stato reso fondamentalmente illegale. In parte poiché, quando consumate in maniera inappropriata, tali sostanze possono effettivamente determinare episodi psicotici, tuttavia, nella maggior parte dei casi, queste ultime permettono alle persone di avere la possibilità di guardare al mondo con maggiore chiarezza e obiettività – una condizione che è assai pericoloso raggiungere nella nostra ben organizzata società. Tuttavia, per l’uomo del Neolitico, che ignorava la civiltà, ma con una profonda conoscenza delle stagioni e dei cicli, le incredibili visioni indotte da tali sostanze naturali si dimostrarono una rivelazione di cui vi era, in quella fase, enorme necessità. Favorirono la possibilità di avviare una più approfondita ricerca indirizzata alla comprensione. Diedero vita alla religione. L’Albero di Agrifoglio (Holly Tree/Holly Wood) si trasformò in un simbolo vivente del loro potere e della loro magia. E fu assolutamente proibito a chiunque altro di fare uso di quelle piante magiche, pena la morte. Si trasformarono in “Coloro che sono Sacri e Divini”, negli “Spiriti Divini dell’Agrifoglio”. Al contrario di quei resoconti storici a noi forniti da menti ristrette e orientate alla cattiva ricostruzione storica che oggi ci vengono presentati, allontanarsi dall’Isola (Irlanda) e cercare altre fonti di cibo e di commercio si trasformò in una questione di vita o di morte per l’assai poco numerosa popolazione Irlandese. Posta in un altro modo la questione, se gli Irlandesi fossero stati quei selvaggi barbari che anche i più acclamati libri di Storia dipingono, considerate le circostanze, sarebbero tutti morti di fame in guerra o vittime del cannibalismo, almeno a partire dal 4.000 avanti Cristo, rendendo la costruzione di Newgrange e quella di tutti gli altri monumenti impossibile. Dovrebbe risultare ovvio, dalla storia stessa degli Irlandesi, che essi non siano mai stati i contadini più esperti del mondo, e neppure erano tali 6000 anni fa. Ma la necessità forzò questa poco numerosa popolazione ad unirsi e ad assumersi dei rischi, e i Sacerdoti Re, i “Feara Cuillaen”, gli Uomini Sacri gli garantirono la necessaria forza coesiva per creare un nuovo modello sociale e una nuova cosmologia religiosa. A due passi di distanza, in Britannia, le condizioni cominciavano a divenire tanto gravi quanto quelle dell’Irlanda, tuttavia ciò avveniva in assenza di una chiara e definita leadership. Le tribù Britanniche, nel disperato tentativo di accattivarsi il favore delle antiche divinità della natura, diedero il via a regolari sacrifici umani così come a pratiche estese di cannibalismo. Gli esploratori irlandesi, utilizzando navigazioni relativamente primitive si spinsero a Est fino a raggiungere la Spagna. Ed è in Spagna che gli

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Irlandesi scoprirono altre tribù, animali e futuri partner commerciali. Ma cosa potevano offrire gli Irlandesi in cambio del cibo? Al contrario di quanto avviene nel nostro mondo materialistico, l’uomo del Neolitico non aveva necessità di grandi possedimenti. La vita consisteva nell’alternarsi delle stagioni, nella cura delle greggi, e della tribù, e nel trasferimento da località in località. Quindi, i primi Sacerdoti-Re e gli Irlandesi, unificati nella fase del Neolitico grazie al primo credo religioso del mondo, non erano effettivamente in grado di scambiare pentole e padelle di terracotta in cambio di alimenti. Tuttavia, possedevano qualcosa di infinitamente più importante rispetto a tutto l’oro del mondo – la saggezza spirituale. Anche oggi, quando si leggono gli antichi testi religiosi tradotti che parlano di tesori, le nostre menti automaticamente associano questi ultimi a ricchezze materiali, perché a quanto pare si tratta di ciò che ricerchiamo e desideriamo più di ogni altra cosa. Tuttavia, per le tribù del Neolitico, che gli Irlandesi incontrarono per prime, la conoscenza spirituale, e l’associato concetto di società organizzata, rappresentava letteralmente un dono degli dei – un’ancora di salvezza rispetto alle condizioni di un mondo progressivamente in via di degradazione quale quello che esisteva alla fine di quella che era stata l’era dei cacciatori-raccoglitori. La religione e la sapienza spirituale rappresentarono il primo prodotto esportato dall’Irlanda, e non salvò semplicemente gli Irlandesi, salvò l’intero universo umano del Neolitico. Piuttosto che essere la conoscenza a giungere in Irlanda, furono gli Irlandesi ad esportare conoscenza verso il resto del mondo, oltre 6000 anni fa. Gli storici, nella loro infinita saggezza, collocano la corsa all’oro in Irlanda (naturalmente nel caso la menzionino) intorno al 2000 avanti Cristo o addirittura più tardi. Le basi per sostenere simili affermazioni sono quantomeno tenui e solitamente condizionate da pregiudizi di fondo e da scarse abilità forensi. Mentre l’ormai unificata colonia Irlandese aveva dato il via alla civiltà sulle coste di numerose terre straniere, all’interno dell’Irlanda stessa vi era ancora la necessità di sopravvivere. Avevano bisogno di commerciare in merci che avessero un valore concretamente quantificabile al fine di ottenere beni alimentari. Ciò di cui si resero conto fu la fascinazione, da parte delle altre tribù, per il potere dell’oro quale simbolo per eccellenza del culto religioso, e per la sua associazione con i primi sacerdoti, con la linea di sangue dei druidi. Numerose persone potrebbero non sapere nulla di questo, tuttavia i primissimi artefatti in oro Europei sono di origine Irlandese. Sono stati gli artigiani Irlandesi che per primi hanno lavorato oggetti in oro e tali oggetti specifici sono stati ritrovati praticamente ovunque in Europa. Per le antiche civiltà dell’Europa Meridionale, la lotta per la vita e la morte, la ricerca di cibo commestibile rappresentava un problema di rilevanza minore. In quei giorni, la Spagna era una terra fertile e ricca di frutta, piante ed animali. Una volta che tali elementi furono noti ai Sacerdoti Re Druidici, i Feara Cualaan (gli antenati dei Cuilliaen) ordinarono che la popolazione sviluppasse tecniche e capacità orientate all’estrazione dell’oro ed alla creazione di manufatti utilizzando quel materiale e scambiandolo con beni alimentari. La decisione fu di non ricorrere ad uno sviluppo su ampia scala dell’agricoltura, ma di puntare sullo scambio commerciale. Gli Irlandesi sopravvissero grazie al commercio e non soltanto ne trassero enormi vantaggi e benefici, ma in tempi relativamente rapidi cominciarono a sviluppare una società, una lingua e una cosmologia ancora più complessa. A partire dal 3300 avanti Cristo, la popolazione nel suo complesso era nuovamente cresciuta fino alle 15.000 unità, a cui si erano aggiunti gli schiavi catturati in Britannia, utilizzati per lavorare all’interno delle miniere. Tutto questo fornì inoltre la possibilità ai Re Sacerdoti Druidi di sviluppare ulteriormente la propria religione e di pianificare l’evoluzione della propria cultura. Beneficiando di tale coesione sociale, di abbondanza di cibo e di ricchezza, i Re Druidi, i Feara Cualaan commissionarono la costruzione di grandi tombe e commissionarono inoltre la costruzione di un enorme tempio sacro (Newgrange). Ma la loro più grande opera era di là da venire. Tra gli 8.000 e i 6.000 anni avanti Cristo, vi erano probabilmente oltre i 100.000-140.000 abitanti, impegnati come cacciatori e raccoglitori che ancora vivevano in Britannia prima che il ponte di terra affondasse definitivamente a causa del crescente livello dei mari. Tuttavia, intorno al 3300 avanti

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Cristo, la popolazione era precipitata a meno di 30.000 unità a causa di carestie, guerre, cannibalismo e sacrifici umani. Gli abitanti della Britannia avevano dovuto affrontare prove assai simili a quelle degli Irlandesi, sebbene meno drammatiche e per periodi relativamente più lunghi, inclusa la creazione di nuove pratiche religiose di carattere collettivo, per tentare di placare le divinità della natura. Stonehenge, a Nord di Salisbury, era divenuto uno dei maggiori centri di tale religione, fondata sul sacrificio umano, il cannibalismo e  la frenesia estatica. Per i Re Sacerdoti Druidi, era giunto il tempo di presentarsi in Britannia e salvare le anime di quel popolo. Le armi degli Irlandesi erano composte di bronzo naturale, quello che veniva estratto nelle regioni centrali e meridionali dell’Irlanda. Al contrario, gli abitanti della Britannia utilizzavano ancora lance con la punta in pietra che non potevano competere con le armi in bronzo. Il bronzo è una lega composta all’85-95% di rame, e da un 15-5% di stagno o arsenico, sebbene possano trovarsi tracce di altri metalli. Si scoprì che tale particolare combinazione chimica (presente naturalmente in Irlanda) produceva una lega più resistente del rame pur fondendo a temperature più basse. Mentre la ricchezza degli Irlandesi cresceva tramite i commerci, essi si decisero ad invadere la Britannia tra il 3200 e il 3100 avanti Cristo, e posero immediatamente fine ai locali culti fondato sul sacrificio umano e sul cannibalismo. Nei siti in cui venivano realizzati sin dall’antichità i sacrifici umani, essi distrussero gli antichi circoli di pietre sacre ed annesse strutture, e si impegnarono a costruirne di nuove in onore del Sole e della Luna. La più importante fu Stonehenge, esattamente al centro della Britannia – sarebbe divenuto il cuore di quella terra. Ma fu solo in concomitanza con la seconda corsa alle risorse minerarie dell’Irlanda, al grande boom del bronzo naturale, che i Re Sacerdoti Druidi, gli “Uomini Sacri”, ebbero a disposizione beni alimentari, risorse in generale e ricchezza a sufficienza per finanziare una delle opere di ingegneria più imponenti della storia dell’Europa antica – il circolo di pietre di Stonehenge. Come si può tentare di trasformare una cultura fondata su grandi superstizioni e su un radicale pessimismo cosmico di fondo, che vede nel sacrificio umano, nel cannibalismo, nell’omicidio e nella violenza un elemento naturale del ciclo di morte e rinascita come avveniva nel caso di quei cacciatori-raccoglitori? Prima di tutto, i membri di quella cultura, quale forza lavoro da impegnare nelle miniere, erano in grado di raddoppiare se non addirittura di quadruplicare la capacità di produzione tanto delle miniere in Britannia quanto delle miniere Irlandesi, naturalmente guidati dai Re Sacerdoti Druidici, incrementando di conseguenza la possibilità di sviluppare ulteriormente gli scambi commerciali in termini di beni alimentari e merci in generale. A propria volta, beni alimentari e merci implicavano una minore potenziale incidenza di fenomeni quali il ricorso forzato al consumo di rifiuti alimentari, la carestia e l’agricoltura di pura sussistenza. Quindi, quegli uomini avrebbero potuto essere utilizzate per lavorare su enormi progetti di rilevanza sociale, quali la stessa Stonehenge. Il piano era tanto semplice quanto brillante, e, nel giro di pochi anni, quest’ultimo riuscì a stabilizzare la popolazione della Britanna del Sud, tanto che un’enorme forza lavoro di oltre 20.000 persone fu resa disponibile per avviare la costruzione di Stonehenge. Indipendentemente dal proposito politico e sociale di Stonehenge, che era e resta ancora oggi il suo lascito perdurante (dato rimane uno dei principali monumenti del retaggio storico Inglese e Irlandese), tale sito rappresentava inoltre un calendario solare e lunare operativo a tutti gli effetti. Contrariamente a quanto affermano alcune fonti storiche, esso non rappresentò mai un tempio dedicato al sacrificio umano, sebbene in spregio della religione e dello spirito dei Re Sacerdoti Druidici (i Cuilliaen), ci furono effettivamente persone sacrificate in quei luoghi in alcune specifiche fasi storiche nel corso delle ere successive. In effetti, si trattava di un monumento permanente atto a testimoniare un nuovo patto tra gli dei della natura e dell’universo e il popolo della Britannia. Il secondo proposito di Stonehenge, al di là del suo valore politico e della sua mera strumentalità indirizzata a favorire una serie di trasformazioni sociali, era costruire un calendario astrologico assolutamente funzionale e operativo, in particolare riferito ai movimenti calcolati con precisione del Sole e della Luna. In anni più recenti, c’è stato un concertato

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attacco da parte degli storici cristiani dell’Occidente ai danni di tale teoria, per timore delle sue implicazioni. Gli “Uomini Sacri” (Holy Ones/Holly Ones) possedevano un’accurata conoscenza dei cieli, e la custodivano con grande oculatezza, e realizzarono infine tali precisi osservatori in pietra in grado di porre il proprio popolo nella giusta relazione con tali eventi cosmici e stagionali. Il terzo proposito relativo alla costruzione di Stonehenge risulta per molti versi affine al secondo principale proposito (quello astrologico), ed è legato all’impatto visivo. Gli esseri umani per molti versi sono portati a reagire come fanno gli animali. Le luci brillanti, le grandi strutture ed altri fenomeni di grande impatto visivo ci hanno sempre affascinato. Per gli antichi abitanti della Britannia, semplicemente non vi era una dimostrazione concretamente visibile del potere divino se non quella fornita dai Cualaan, dai Merlino che officiavano presso le strutture in pietra, dai raggi del Sole e della Luna che in differenti fasi o periodi illuminavano questo grande edificio. Si trattava del proposito stesso di quella struttura in pietra. Gli effetti visivi operavano soltanto da una specifica angolazione. Essa inoltre forniva un marcatore evidente dell’area che le persone comuni non potevano oltrepassare e del sacro tempio all’interno. Ancora oggi, milioni di persone ogni anno si recano in visita a Stonehenge e continuano a restare sbigottiti. Immaginate quindi cosa potesse accadere in un soggetto che fino ad allora era stato impegnato in sacrifici umani quando poteva assistere alla cerimonia condotta presso quella struttura in pietra, allo spettacolo visivo offerto dalla luce in quelle occasioni. Questa è una delle ragioni per cui la religione druidica sopravvisse tanto a lungo in Britannia. Sebbene gli storici siano impegnati a stabilire quale tra le culture abbia anticipato un’altra, l’onore di rappresentare i primi Re Sacerdoti, i primi maghi, i primi stregoni (wizards), i primi Uomini Sacri (Holy Ones) va ai Cualaan d’Irlanda, che salvarono il proprio popolo da morte certa sfruttando il potere delle droghe in grado di indurre visioni, e ricavandole dall’albero di agrifoglio (Holly Tree), e nel corso di tale processo crearono la prima vera religione fondata sulla sapienza sul pianeta Terra. La storia successiva improntata alla denigrazione nei confronti della memoria dei Druidi, le incredibili menzogne in base alla quali si afferma che la loro fu una religione successiva e relativamente recente, richiama alla memoria la storia dell’Irlanda stessa e l’effetto persistente della guerra condotta contro questa terra da coloro i quali cercano di perpetuare il sacrificio umano e l’oscurantismo. Perché ciò che si scatenò 8.000 anni fa, fu una guerra – una guerra tra il bene e il male negli stessi esseri umani – una guerra tra persone dedite alla ricerca dell’illuminazione ed impegnate ad aiutare altri esseri umani, e coloro i quali erano e sono ossessionati dai sacrifici, dai riti fondati sul sangue, e dalla conoscenza e dal potere soltanto allo scopo di schiavizzarli gli altri esseri umani. Questa guerra continua ancora oggi.

IL SENTIERO PIU’ BREVE E IL SENTIERO PIU’ LUNGO

Uno dei principali problemi per gli individui dei nostri giorni, in riferimento ai riti satanici e ad atti tanto abominevoli quali riti orgiastici di massa e sacrificio umano seguiti dal consumo del sangue e dal cannibalismo, è stabilire come persone razionali, senza parlare poi di quei personaggi che tendono a presentarsi come leader spirituali, possano mai risultare coinvolte in condotte tanto esecrabili. La risposta, così come le ragioni alla base dell’esistenza stessa dei riti satanici potrebbe scioccare molti. Perché nella storia umana è stato sempre riconosciuto, da parte degli antichi mistici, il fatto che esistano in effetti due sentieri in grado di condurre all’illuminazione spirituale e all’ispirazione divina – il sentiero “breve” e il sentiero “lungo”. Il sentiero “lungo” è il percorso che solitamente associamo ai santi e ai grandi personaggi della spiritualità, è il sentiero della continenza, della lunga lotta, dell’autodisciplina, della preghiera costante, della compassione e dell’eliminazione di ogni pensiero e azione che potrebbe nuocere o potenzialmente nuocere ad altri. Questo è inoltre il sentiero che assai spesso associamo ai santi, e/o alla mistica via sacra quale quella percorsa dal Buddha. C’è poi il sentiero “breve”. Il sentiero “breve” non ha nulla a che vedere con la rinuncia, con la continenza, o

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con il rispetto degli altri, o anche con la preghiera. Si tratta di una assoluta concentrazione sul potere, sul controllo, sull’ottenimento di un piacere senza limiti, e in definitiva sull’estasi fisiologica legata all’omicidio rituale di un altro essere vivente, e nella consumazione della sua forza vitale. Perché in quel momento, è come se il partecipante potesse vedere, toccare e comprendere la divina sapienza del cosmo, il significato delle nostre stesse vite, l’ispirazione tipica delle divinità stesse. Naturalmente, per le persone che non hanno mai partecipato a tali abominevoli atti di malvagità, la nozione in base alla quale fare del male ad un’altra persona possa condurre alla divina ispirazione e a Dio stesso può risultare tanto profondamente sconvolgente quanto per numerosi versi assurdo. Perché di certo l’Universo non dovrebbe rappresentare una creazione talmente perversa da permettere l’esistenza di una tale “breve” sentiero. Eppure, quest’ultimo esiste, ed è una delle ragioni per cui così tanti praticanti ed operatori impegnati in tali esecrabili condotte sono state, e sono ancora oggi, tanto vincolate ad esse e dipendenti da esse. Perché è come se esistesse un passaggio segreto, una via più breve, che è legata ad uno specifico percorso, che è in grado di condurre all’ispirazione divina, un sentiero che può essere percorso tramite la partecipazione e la realizzazione di tutte quelle attività che i testi sacri, i predicatori e le religioni hanno condannato per millenni. E’ davvero possibile tutto questo? E’ davvero una certezza che si tratti di un orientamento assolutamente privo di fondamento? Se davvero fosse così, il nostro mondo sarebbe assai più semplice da descrivere e da comprendere. Tuttavia, per qualche misteriosa ragione, la condizione umana è unica. Noi rappresentiamo una contraddizione vivente – se vogliamo, in grado di realizzare magnifiche opere e di impegnarci in profondissime attività spirituali, da un lato, e dall’altro di operare il male e la depravazione, mentre da un ulteriore punto di vista tendiamo a comportarci esattamente come se fossimo semplicemente degli animali. Lo ripetiamo, i grandi esperti di magia nera, provenienti dalla Siria e dalla Palestina, gli antenati degli Israeliti, e gli antenati ancora più antichi di questi ultimi, a Ugarit, avevano a disposizione una assai più chiara conoscenza della condizione umana rispetto alla maggior parte delle teologie cosiddette “spirituali”. Perché loro erano consapevoli che la nostra nascita fosse connessa alla nostra riduzione in schiavitù ad opera di esseri viventi dotati di grande potere, che erano stati banditi dalla Terra per la loro malvagità. Loro rappresentano i nostri effettivi padri e madri, ed anche dopo la morte, in forma di Arci-demoni, i Satanisti li ritenevano le uniche effettive divinità. Anche perché essi ritenevano che l’umanità fosse stata maledetta da queste malvagie forme di vita aliene, da questi spiriti Arci-demoniaci che infusero il loro stesso male nella nostra anima pura e spiritualmente divina, creando in definitiva un paradosso cosmologico, una vera e propria prigione mentale dalla quale mai avremmo potuto liberarci. Ogni volta, quindi, in cui un essere umano si orienti verso una effettiva illuminazione divina, questo spirito impostore, questa anima contraffatta (posticcia e dualistica) si maschererà ed ingannerà. Con maggiore decisione si opera in quella direzione, con maggiore decisione questo spirito cercherà di prevalere. Oggi conosciamo questo spirito contraffatto come ‘ego’, tuttavia per gli antichi, questa specifica caratteristica in grado di mascherare e di impedire una più profonda illuminazione spirituale veniva considerata come una maledizione ai danni dell’intera umanità operata dagli dei. I Satanisti quindi, ritenevano semplicemente futile il tentativo di battersi contro la natura stessa dei nostri creatori. I Satanisti, comprendendo il potere del sentiero “breve” in vista dell’illuminazione spirituale, vedevano in questa via apparentemente miracolosa verso l’illuminazione divina un ulteriore punto a favore di quegli dei e della loro volontà, ovvero quella in base alla quale quei sacrifici di sangue in loro onore dovessero continuare. Eppure, con il tempo, questi profondi elementi di sapienza, anche tra i più antichi e i più potenti Satanisti all’opera in tutto il mondo, erano in buona parte andati perduti. In effetti, i riti si erano trasformati più che altro in strumenti utili per perseguire il piacere e il potere che era ad essi associato. Tuttavia, nei Sadducei che praticavano tali riti, quella antica comprensione degli elementi mistici originari era ancora presente. In ogni caso, da allora, questi riti

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segreti riconducibili all’adorazione satanica, all’omicidio rituale e al cannibalismo, non hanno perduto il proprio potere. Perché con il mascheramento della duplicità – ovvero il ricorso a comportamenti che all’esterno apparivano sacri, ma che nei circuiti privati e segretissimi prevedevano atti caratterizzati da assoluta malvagità – tali riti si erano trasformati in pratiche in grado di garantire enorme potere ed inoltre in grado di assicurare l’assoluta lealtà dei personaggi che ad essi venivano introdotti. Lo stesso potere dell’inganno, della duplicità, insito nella pratica di tali riti, è divenuto un elemento straordinariamente attraente, anche per quelli che ancora ai nostri giorni ad essi ricorrono, indipendentemente dalla loro effettiva conoscenza del sentiero “breve”, o del significato più profondo delle attività che essi effettivamente praticano.. Considerato il numero limitatissimo di uomini ricchi e potenti che vivevano migliaia di anni fa, rispetto al sentiero “lungo” promosso dagli Esseni, e caratterizzato dalla continenza e dalla ricerca spirituale, la loro datata comprensione del sentiero “breve” già percorso dai propri antenati risultava di certo incredibilmente più attrattiva. In misura minore, il mondo continua a soffrire delle conseguenze associabili al sentiero “breve”, a sua volta riconducibile alla dipendenza dai piaceri che i Satanisti hanno da sempre promosso una dipendenza a livello spirituale che poggia sull’assoluto egoismo, sul consumo smodato di droghe e su una condotta decisamente immorale.

GEREMIA E I PERSIANI

Due delle più grandi figure religiose del Giudaismo furono Geremia e Baruch. Al contrario dei personaggi che prima di loro vengono presentati nell’Antico Testamento, sappiamo con certezza che si trattasse di personaggi storicamente reali che erano stati affrancati dai Babilonesi e incaricati di una serie di missioni ufficiali da portare avanti in uno specifico lasso di tempo intorno alla fine del VII secolo avanti Cristo. Noi sappiamo inoltre che tale singolare incarico fu affidato ad un certo numero di personaggi, e tra questi c’era anche Baruch, figlio di Neriah, lo scriba assegnato al profeta Geremia. Il nome completo di Baruch pare sia stato Berekhyahu. Figlio di Hilkiah, sacerdote di Qanathoth. Ciò che non è ben noto, e che non è chiaro neppure dalla Bibbia stessa, è che Geremia abbia chiaramente vissuto sotto il regno di uno dei più saggi degli antichi Re – Nabucodonosor (Nebuchadnezzar). In effetti la Bibbia si dimostra evidentemente schizofrenica quando si tratta di affrontare il tema “Persiani”. Questi ultimi da un lato vengono disprezzati in quanto razza malvagia e maledetta dagli Ebrei, eppure, allo stesso tempo, si dice che siano stati loro ad aver finanziato la restaurazione del tempio, ed inoltre pare avessero fornito grande autorità ed effettivi finanziamenti a Geremia, più tardi appoggiando l’autorità di Nehemiah (Neemia) ed Ezra nel corso delle loro riforme di carattere religioso orientate a porre fine ad una serie di crudeli e abominevoli pratiche. Gli scritti di Geremia sono raccolti nel Libro di Geremia, e, in base a ciò che a noi è giunto, nel Libro delle Lamentazioni (Book of Lamentations). Geremia è anche noto come il profeta “dal cuore affranto”  (che ha scritto o che comunque ha dettato un “libro affranto”, che si è dimostrato strutturalmente complesso per gli studiosi da collocare con precisione in termini storici), la cui accorata condotta in vita e le cui oscure e terribili profezie restarono pressoché inascoltate dai popoli della Giudea. Dio disse a Geremia: “Tu ti presenterai presso di loro; tuttavia loro non ti ascolteranno”. Ciò che è ancora meno compreso è che tre dei libri della Bibbia che noi oggi definiamo Torah, ovvero i cinque Libri di Mosè, appaiono in effetti citati come fonti solo ai tempi di Geremia. In effetti ciò che sembra più probabile è che, intorno alla fine del VII secolo avanti Cristo, egli sia stato inviato in missione portando con sé questi testi che in effetti erano già stati scritti! Ora, dato che i Farisei si dimostrano assolutamente fanatici nel proclamare l’antichità della Bibbia e l’autenticità delle storie in essa contenute indicandole come resoconti riferiti a fatti storici reali, ha senso ritenere che le ragioni per cui proclamassero tale verità, così come i loro discendenti, gli Ebrei Rabbinici, fanno oggi, era legata

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al fatto che essi intendessero presentarsi come la setta più antica, e che fossero invece i Sadducei la più recente. Perché se in effetti sono Geremia e Baruch gli architetti dei Cinque Libri di Mosè, e non Mosè stesso, e se in effetti tali libri rappresentano più che altro una serie di parabole indirizzate a riformare una serie di comportamenti abominevoli e non dei fatti storici in senso stretto, a quel punto le affermazioni dei Sadducei ed anche quelle di Paolo di Tarso, il fondatore del Cristianesimo, non risultano altro che assolute menzogne. I Farisei, dai quali la scuola Rabbinica e il moderno Giudaismo ha avuto origine, hanno trascorso gli ultimi due millenni a dipingere il movimento dei Farisei come il più antico nell’ambito delle tre sette classiche (Esseni, Sadducei e Farisei). Per proteggere i propri studiosi e i propri testi sacri, che furono messi a punto nella fase che va dal 610 avanti Cristo al 410 avanti Cristo, essi si sono costantemente impegnati nel dipingere il movimento dei Farisei come il più antico dei tre, rendendo ogni ricostruzione chiara, e supportata da prove, delle motivazioni o dei fatti storici che hanno condotto alle critiche pronunciate in questo senso dai Sadducei e dagli Esseni nei loro confronti priva di alcun valido fondamento. La verità è opposta,. i Farisei sono di gran lunga la più recente delle tre sette, ma la più zelante nel salvaguardare la propria storia, anche a costo di riscrivere costantemente la storia stessa e di eliminare prove scomode che dimostrerebbero il contrario. Perché quindi Geremia e il Re Persiano hanno sentito la necessità di creare una nuova religione basata sulle storie degli Israeliti provenienti da Ebla e da Ugarit combinandole con lo Zoroastrismo? Quale terribile segreto è stato tenuto celato nel corso di tutti questi secoli? Cosa accadde a Geremia e a Baruch? Ci sono due storie – una di queste è fondamentalmente una fiaba che si è trasformata in una sorta di mito, ed un’altra che include fatti e reperti storici ancora visibili oggi, compresa la tomba stessa di Geremia. La prima storia: il mito sostiene che successivamente all’esecuzione dell’intera famiglia reale (ad esclusione di quelli che sarebbero sopravvissuti nella linea cosiddetta di “Ismaele”), gli Ebrei condannarono a morte tramite lapidazione Geremia. La seconda storia è una ricca e dettagliata serie di resoconti i quali stabiliscono che, dopo aver assistito alla barbarie dei Persiani e all’esecuzione dell’intera famiglia Reale e dei nobili, un numero limitato di personaggi sarebbero riusciti a liberare la principessa reale dalla guardia dei Persiani conducendola verso la casa ancestrale degli antichi Re, in Irlanda. Il Profeta Geremia, così come la Principessa Tamar, Baruch, l’editore del primo Vecchio Testamento, attraccarono con una nave appartenente ai Danaan dell’Iberia (Iberia/Ibernia) nel porto di Baal-Boaz (Bilbao), e che avessero trasportato con sé una enorme, decisamente rinforzata e misteriosa cassa o grande contenitore che era per loro dotata ella massima importanza e custodita con straordinaria cura, oltre a una bandiera o a uno stendardo di colore aureo, sul quale era riportato come blasone il Leone Rosso di Gerusalemme, e una grande Pietra non lavorata. Negli anni compresi tra il 592 e il 593 avanti Cristo – circa 4 anni dopo la distruzione di Gerusalemme ad opera di Nabucodonosor (Nebuchadenezzar) – giunsero infine in un porto nel Nord-Est dell’Irlanda, oggi noto come Carrickfergus. Erano i tempi dell’Heremon Eochaid (“Heremon”, o Re Signore dell’Irlanda) – figlio di Ailill Finn, della linea di sangue dei Firbolg, e quindi appartenente agli “Ui Cualaan” del Sud, agli Uomini Sacri, e ai tradizionali Re Divini d’Irlanda – leggendario Grande Re d’Irlanda. Egli divenne re quando suo padre fu ucciso da Airgeatmar e dal suo alleato, Duach Ladhgrach. Geremia giunse con l’ultima sopravvissuta della linea di Giuda (Giudea), la Principessa Tamar, e con la cosiddetta “Pietra del Destino” (Stone of Destiny), la pietra sulla quale tutti i Re di Gerusalemme venivano consacrati, oltre all’Arca di Akhenaton (Mosè), all’arpa reale dei Re ed al loro simbolo dinastico, così come con i colori reali dell’antico Leone di Gerusalemme. Per il Re Eochaid degli Ui Cualaan, i doni stessi, senza parlare del fatto che si trattasse di doni da parte di un’altra linea di sangue di stirpe reale, rappresentarono un evento dall’enorme significato storico. Tuttavia il profeta Geremia non consegnò tali doni se non dopo che il Re ebbe dichiarato che si sarebbe impegnato a liberare l’Irlanda dalle pratiche ancestrali importate al tempo degli esiliati da Ugarit adoratori di Baal (Satana), che

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praticavano il sacrificio umano, il cannibalismo e i culti fondati sul sangue. Re Eochaid accettò, un atto che si dimostrò storico, e mutò la denominazione della capitale “Ath Cliath i Cualu”, chiamandola da allora in avanti “Tara” (“Torah”), ad indicare la “Collina della Legge”. Istituì inoltre una più regolare forma di governo, promulgò leggi più giuste, elaborò statuti e regolò le festività in base alle istruzioni fornitegli dal profeta Geremia, fondando inoltre istituti per l’insegnamento; ponendo così le fondazioni di quel sistema educativo collegiale ed avanzato che, come è risaputo, perdurò in Irlanda ben oltre l’era Cristiana. La squadrata e non lavorata pietra portata con sé dalla Principessa giocò inoltre un ruolo fondamentale nella cerimonia del matrimonio reale, dato che la coppia reale composta da Re Eochaid e dalla Principessa Tamar fu unita di fronte a tale “Pietra del Destino”, testimone silente della loro solenne unione; la coppia fu poi successivamente incoronata su di essa. L’impatto di Geremia sulla riunificazione dell’Irlanda non fu mai dimenticato, e successivamente alla sua morte egli fu venerato in Irlanda come il primo “santo” seppellito sull’isola di Devenish, l’Isola Sacra nel Lower Lough Erne, a due miglia da Enniskillen, una collina sulla quale non è stata mai permessa, da allora fino ai nostri giorni, la costruzione di alcuna abitazione privata . E’ ancora possibile notare le rovine di un antico Priorato (Priory) e di una ancora più antica Abbazia – e nell’ambito della struttura di quest’ultima, il sarcofago di Geremia il Profeta è ancora visibile.

NEHEMIAH (NEEMIA) E LA PERDITA DEL POTERE

Come è possibile fermare personaggi che adorano Dagon e Cibele, anche noti come Satana e Astarte, e che a loro sacrificano donne e bambini? I Persiani, come tutte le razze istruite, rispettavano profondamente della verità e disprezzavano la duplicità e gli atti di malvagità compiuti nella segretezza, e disprezzavano inoltre le antiche pratiche legate al sacrificio umano. Sebbene i costumi abominevoli degli Akkadici fossero stati debellati, gli Israeliti rimanevano testardamente legati alle loro pratiche fondate sul sacrificio di sangue e sul Satanismo. I Persiani, gli antenati di quello che è oggi il popolo Iranico, erano un popolo che poteva dimostrarsi altrettanto crudele e non vi era alcun dubbio sul fatto che il saggio Re Nabucodonosor (Nebuchadenezzar) avrebbe fatto ricorso al completo genocidio degli Ebrei come “soluzione finale” di fronte al perdurare di simili pratiche. Al contrario, tuttavia, egli adottò la soluzione ‘del bastone e della carota’, inviando Geremia in compagnia di una serie di scribi, e con una scorta di truppe scelte, oltre a una serie di testi religiosi nuovi di zecca noti come i Libri di Mosè, la Torah, per spingere gli Ebrei a desistere dall’adozione di tali pratiche. La prova affrontata da Geremia nel tentare di salvare gli Ebrei nella fase della sua evangelizzazione non appare interamente chiara fino a quando non ci si rende conto del livello del male ampiamente diffuso nell’area di Gerusalemme e in tutta la provincia. L’antica adorazione di Baal, noto anche come Dagon, noto inoltre come Satana, era pienamente operativa, con riti orgiastici che avevano luogo nel Tempio, riti accompagnati da vino e droghe nell’ambito dei quali c’erano persone che venivano sacrificate, mentre il loro sangue e la loro carne veniva successivamente consumata. I sacerdoti del tempio, con i loro copricapi a forma di mitra, e gli eunuchi celibi presiedevano questi riti riprovevoli e questa frenesia estatica. Pare tanto abominevole che a tali pratiche si facesse ricorso tanto apertamente, quasi con cadenza quotidiana, intorno al 620 avanti Cristo, che, per numerosi storici e studiosi, risulta assai più agevole rigettare completamente la possibilità effettiva della’esistenza di simili culti, in pratica facendo finta di nulla. Eppure, disseminate in tutta l’opera di Geremia e dei suoi scribi, ci sono frequenti seppure ‘moderati’ riferimenti a cosa esattamente si verificasse. In numerosi punti delle Sacre Scritture, è possibile rintracciare l’elencazione di riferimenti che parlano apertamente di adorazione di falsi idoli e di sacrificio umano. Naturalmente, per gli studiosi della Bibbia, queste sono tematiche assolutamente tabù e di cui non è possibile discutere. La ragione sta nel fatto che la data del 620 avanti Cristo risulta estremamente recente in termini di riferimenti storici. Quando si considera che i Greci erano

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impegnati ad elaborare i principi di una società di livello più elevato, nella fase in cui Pitagora e gli altri antichi filosofi erano impegnati a scrivere le proprie opere, c’erano invece Ebrei che sacrificavano il proprio figlio primogenito ed altre povere anime disimpegnandosi in orge selvagge dedicate naturalmente a Satana. Non esiste alcuna maniera di eliminare questi fatti storici, sono scritti tanto chiaramente quanto chiaramente è scritto il contenuto della Bibbia. Quindi, l’unica maniera per indirizzare la questione è non indirizzarla affatto, rifiutare categoricamente di riconoscerla e preferibilmente trovare una modalità per cambiare argomento. Tuttavia, tornando a Geremia, le prove che era costretto ad affrontare erano quasi insormontabili. Perché quando si va a considerare l’origine di tali riti di sacrificio umano e di cannibalismo, questi ultimi non rappresentavano affatto recenti innovazioni, o anche l’adozione di pratiche di precedenti conquistatori, bensì i rituali originari del popolo di Ugarit, del popolo di YHVH, degli Israeliti. La sua soluzione, presumibilmente discussa e pianificata dai suoi precedenti padroni, i Babilonesi, era assai brillante, si trattava di riscrivere effettivamente la storia degli Israeliti, eliminando quindi la storia di Ugarit, l’elemento legato all’adorazione satanica come religione di Stato, e reinterpretando, tramite una serie di resoconti, le ragioni per cui tali pratiche non risultavano più accettabili da Dio. I Babilonesi avevano da lungo tempo superato le proprie antiche tradizioni legate al sacrificio umano dopo aver abbracciato lo Zoroastrismo, una combinazione di monoteismo universale ispirata agli Esseni abbinata ad una reinterpretazione dei riti della fertilità. Ormai i fedeli non sacrificavano più persone, ma solo animali di piccola taglia alle proprie divinità. Ormai non bevevano più il sangue delle proprie vittime e non consumavano la loro carne, ma bevevano vino e consumavano pane nell’ambito delle nuove cerimonie. E’ certo che gli intellettuali Babilonesi così come altri intellettuali del mondo antico considerassero tali aperte e dilaganti pratiche un abomino e la manifestazione stessa della malvagità. La reinterpretazione di quella storia fu un’idea brillante, e si basava in parte sui fatti storici, riportati in termini generali, delle antiche Ebla e Ugarit, oltre che su una serie mista di valori morali ed etici, inclusa la storia di Akhenaton, ora indicato come Mosè, ed era inoltre scritta in maniera impeccabile. Nella rilettura della Genesi e dell’Esodo, alla luce del tentativo di porre fine alle pratiche di adorazione satanica e di sacrificio umano a cui facevano ricorso gli Israeliti, e considerando l’esistenza dello Zoroastrismo in quella fase (620 avanti Cristo), l’esempio relativo ad un Dio che faceva richiesta ad Abramo di non sacrificare il primogenito, ma di utilizzare invece un animale, risulta in effetti una meravigliosa parabola, a cui riconoscere un effettivo merito teologico. Per la maggior parte delle persone, oggi, quelle che sono assolutamente inconsapevoli di una parallela e nascosta corrente del Satanismo che esiste ancora ai nostri giorni, la storia di Abramo, a cui viene imposto di sacrificare il suo figlio primogenito Isacco, non ha alcun senso, dato che Dio teoricamente avrebbe dovuto rappresentare un Dio amorevole. In effetti, tale storia rimane, per gli odierni Cristiani, assolutamente inconsapevoli di ‘questo’ passato, una sezione che resta motivo di grande angoscia nel quadro della propria fede. E neppure le frasi presenti nell’Antico Testamento, quelle che parlano di Dio come di un ‘dio geloso”, paiono avere alcun senso, a meno che quello non sia un tentativo di modificare i comportamenti di una casta sacerdotale elitaria e di una ricchissima elite privilegiata dipendente dal potere e dal piacere sfrenato associato a quelle abominevoli pratiche. Dobbiamo tristemente ammettere che la Bibbia, e in particolare la storia che Geremia e Baruch ci riferiscono, sono chiarissime a proposito del fatto che Geremia non ebbe successo nei suoi tentativi di persuadere tramite la profezia, e che, alla fine, i Babilonesi si presentarono con ampi contingenti militari ed annientarono tutti i malvagi e dannati Israeliti adoratori di Satana che incontrarono lungo la propria strada. Questa storia è stata oggi travisata, per cui le ragioni dei Babilonesi, le loro relazioni con Geremia, il loro emissario che annunciava l’infausto destino ormai prossimo, ed inoltre la morte di quest’ultimo successivamente alla distruzione di Gerusalemme, sono tutte maldestramente mescolate. Eppure c’è materiale a sufficienza, in questo caso, per rendersi conto della realtà dei fatti

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storici per come si sono effettivamente verificati. Sebbene gli Esseni, in età più tarda, si dimostrarono profondamente contrariati dal fatto che tali storie mitiche si fossero trasformate in fede e verità, queste ultime non furono scritte per una causa malvagia, ma nel tentativo di sconfiggerlo il male. Sarebbe stata necessaria tutta la potenza dell’Esercito Persiano, così come la liturgia imposta dal cosiddetto Talmud Babilonese, 200 anni dopo, in seguito all’opera di Nehemiah (Neemia) e di Ezra, per riuscire finalmente a stabilire una religione ‘quasi-nobile’ per gli Ebrei. Quando la missione di Geremia fallì, Re Nabucodonosor fece esattamente ciò che qualunque persona effettivamente illuminata si sarebbe aspettato da lui, eliminò l’abominevole classe sacerdotale e bandì i superstiti che furono condotti in cattività nelle numerose regioni dell’Impero Persiano.

GLI ARCI-NEMICI DEI SADDUCEI

I tradizionali nemici dei Sadducei erano rappresentati dall’effettiva linea dei Sacerdoti Re degli Esseni, che risaliva al grande esodo da Ugarit, avvenuto a partire dal 1240 avanti Cristo, e che in effetti risaliva ancora più indietro all’esodo da Ebla, avvenuto intorno al 2230 avanti Cristo. Dato che ai tempi dell’invasione Assira la maggior parte delle famiglie sacerdotali si era ritirata in Egitto ed aveva eretto il Grande Tempio dell’Isola Elefantina in Egitto, i Sadducei restarono amaramente esposti alla crudeltà e alle vessazioni degli  Assiri. Una volta che Geremia e Baruch riuscirono nell’impresa di creare una nuova mitologia intorno alla figura di Mosè, ebbero a disposizione la propria teologia per contestare le prove storiche e l’origine più antica degli Esseni. Tuttavia, solo ai tempi di Nehemiah (Neemia) agli Esseni fu imposto di sottostare a nuovi riti quali la Pasqua (Passover). Nuovamente, tuttavia, essi rigettarono tali imposizioni quali menzognere, e Nehemiah (Neemia) orchestrò la distruzione del tempio (quello sull’Isola Elefantina in Egitto) che da più lungo tempo era stato dedicato a Dio. Un altro fatto di vitale importanza, che viene deliberatamente nascosto dalla storia, è la lontana e antica origine dei Sadducei. Questi ultimi rappresentavano i discendenti di quella classe di commercianti incredibilmente ricca e con incredibili connessioni politiche che oggi indichiamo come Fenici. La loro residenza spirituale potrebbe essere considerata Gerusalemme, così come la Siria stessa, ed in ogni caso questi personaggi rappresentarono il primo club internazionale impegnato a promuovere il consumismo più estremo ed arrogante. Costruirono per sé stessi residenze estive ed invernali caratterizzate dal lusso più sfrenato. Erano dediti all’importazione di cibo e di vini e di prodotti preziosi da tutto il mondo e conducevano la propria vita come se il domani non esistesse. A parte il fatto di aver rappresentato la prima elite globale impegnata a promuovere il consumo di massa, e a parte il fatto di aver creato dal nulla quell’atteggiamento e quell’attitudine assolutamente egoistica riconducibile al consumo di massa, che notiamo tanto fiorente oggi, è da attribuire a loro inoltre la più brillante di tutte le invenzioni – l’inganno spirituale. L’inganno spirituale è senza ombra di dubbio una delle più ingegnose creazioni del mondo antico, e fu opera dei Sadducei. Essendo soggetti alla continua minaccia legata alla loro stessa distruzione ad opera dei Persiani, e successivamente ad opera dei Greci e dei Romani, principalmente in relazione al culto satanico da essi praticato, i Sadducei adottarono l’apparenza esteriore di santità e di pia devozione tipica dei Farisei e degli Esseni., pur continuando a praticare le proprie sanguinolente cerimonie segrete e conservando il proprio stile sfarzoso. Oggi tale duplicità mentale viene considerata comune, e numerosi potrebbero esserne gli esempi, il più delle volte quelli associabili ai rappresentanti ufficiali della Chiesa Cristiana, principalmente nel corso degli ultimi due secoli. Ma ciò che bisogna tenere a mente è che tale duplicità mentale – quella mirata a mantenere una facciata esteriore di santità, un aspetto assolutamente convincente ispirato alla pia devozione, pur agendo in senso assolutamente opposto nel privato, sacrificando bambini e praticando il cannibalismo – richiedeva una straordinaria e senza precedenti struttura mentale che non aveva in effetti precedenti nel mondo antico. Le persone erano o buone o cattive. Tale inganno fondato sull’utilizzo della

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religione e della santità come mascheramento per un culto satanico non aveva precedenti storici. Tuttavia, mentre i Sadducei erano impegnati a perfezionare quella assoluta menzogna, quella stessa menzogna si trasformò in un fenomenale strumento di potere, principalmente assicurando una lealtà assoluta da parte di coloro i quali venivano introdotti nell’ambito del circuito più elevato di questo sistema e conseguentemente esposte al fascino di quell’inganno stesso. Un esempio assimilabile potremmo riscontrarlo nel caso in cui si verifichi che i genitori molestino i propri figli mantenendo l’esteriore apparenza di splendidi genitori. L’atto legato al presentarsi come ottimi genitori può spesso contribuire a nascondere la verità ed a forzare la compiacenza da parte da parte di figli o figlie che subiscono abusi per anni. C’è inoltre da aggiungere che i Sadducei scoprirono, a partire dal periodo in cui visse Gesù, che potevano letteralmente agire impunemente, conservando l’apparenza esterna di santità, e continuando a praticare le proprie perverse e abominevoli condotte in privato, in segreto. Anche perché risultava quasi impossibile combattere e sconfiggere personaggi tanto abili nell’arte della duplicità da presentarsi letteralmente con due volti talmente diversi (come il bi-fronte Dio Giano) da essere in grado di argomentare e di difendere sé stessi come personaggi dediti alla sacralità e alla spiritualità pura, pur agendo in maniera assolutamente abominevole nel segreto dei propri templi o della propria residenza. Tramite il Casato di Ananus e Paolo di Tarso, sarebbe stato appunto quello che abbiamo descritto il ‘meraviglioso’ lascito per la razza umana successivamente alla originaria creazione del Cristianesimo. Anche oggi, il lascito Sadduceo, ovvero il male mascherato come bene, nell’ambito della mentalità religiosa, risulta virtualmente impossibile da individuare, o da sconfiggere, fino a quando le prove oggettive di questo lascito vengano scoperte e rese note. Lo ripetiamo, a testimonianza della brillantezza della struttura mentale tipicamente sociopatica dei Sadducei, ogniqualvolta una di tali prove viene finalmente scoperta e resa nota, la condotta che viene scoperta e resa nota tende ad essere isolata come se fosse una colpa del singolo autore di quegli atti, riconducibile all’essere stati vittime di tentazioni e al fatto di essersi dimostrati deboli, mai si fa riferimento esplicito al fatto che si tratti di una caratteristica intrinseca al loro sistema o alla loro cultura. Quindi, fino a quando la cultura creata dagli Alti Sacerdoti Sadducei, quelli che hanno crocifisso Gesù, che hanno eliminato la sua famiglia, che hanno distrutto e soppresso il vero messaggio di Gesù, che hanno soggiogato milioni di “pecore”, che hanno condannato milioni di persone ad un tormento che è quello di anime intrappolate anche nell’oltretomba, non sarà riconosciuta come sistema, tutto continuerà come se niente fosse.

Il GiudaismoIl Giudaismo moderno rappresenta una delle più antiche religioni praticate ai nostri giorni. E’ fondato sulle riforme introdotte dalla colonia di Yavne, in Palestina, successivamente alla distruzione di Gerusalemme nel 70 dopo Cristo, quelle che diedero vita al Giudaismo moderno o ‘Giudaismo Rabbinico’, e deve le proprie radici a una straordinaria fusione di ortodossia Farisaica e saggezza Essena. Sebbene il Giudaismo oggi abbia una evidente e ininterrotta storia in qualità di struttura religiosa che perdura da oltre 1900 anni, essa proclama spesso una antichità che ne traccerebbe l’origine a un passato ancora più lontano, a migliaia di anni prima. Sfortunatamente, quest’ultima è in massima parte una cattiva rappresentazione di fatti storici inoppugnabili, riconducibili al fatto che, prima del 70 dopo Cristo, il Giudaismo fosse assai distante dal presentarsi quale una religione unitaria, coesa ed omogenea. Al contrario, l’antico Giudaismo, quello da datare a migliaia di anni a ritroso nel tempo, potrebbe essere descritto al meglio come un insieme di fazioni in competizione a livello culturale, religioso e politico che condividevano una storia comune, e spesso antipatie reciproche, e in alcuni casi credenze condivise. Per numerosi aspetti, il più potente gruppo Ebraico, a livello di cultura e di fazioni, prima del 70 dopo Cristo, fu rappresentato dai Sadducei, e non dai Farisei, che in definitiva possiamo affermare abbiano fondato il Giudaismo che oggi conosciamo.

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Tuttavia, il gruppo Ebraico noto come Esseni reclamava addirittura un più antico retaggio rispetto ad ambedue le altre correnti. Ci sarebbero poi gli enigmatici Nazareni. Oggi, 14 milioni di persone identificano sé stesse come Ebree, e circa 3 miliardi e mezzo di persone seguono sistemi religiosi direttamente influenzati dal Giudaismo (inclusi il Cristianesimo, l’Islam, e la Fede Bah’ai). Il Giudaismo moderno è un fenomeno complesso che incorpora tanto l’elemento nazione quanto quello religione, e che spesso combina la rigorosa adesione a precetti rituali con atteggiamenti più permissivi nell’ambito della pratica religiosa. L’articolo di fede centrale del Giudaismo moderno è quello che sostiene l’esistenza di un unico Dio. Il Monoteismo non era comune nella fase in cui il Giudaismo si sviluppò, tuttavia, nella tradizione seguita dai Farisei, si ritiene, in base alle sacre scritture, che Dio abbia rivelato sé stesso ad Abramo, ovvero colui che si ritiene sia stato l’antenato del popolo Ebraico. A partire dalla sua rivelazione ad Abramo, pare che Dio si sia preso particolarmente cura degli Ebrei (Hebrews) (che successivamente sono stati indicati come Ebrei (Jews)). Seguendo i principi delle scritture inizialmente elaborate da Geremia e Baruch intorno al 600 avanti Cristo, e più tardi da Nehemiah e da Ezra intorno al 450 avanti Cristo, gli Ebrei credono che dopo essere stati liberati dalla schiavitù in Egitto, Dio abbia rivelato i Dieci Comandamenti a Mosè, oltre a numerose prescrizioni di carattere etico e religioso racchiuse nella Torah (“la Legge”). Numerose di tali prescrizioni (mitzvah) enfatizzavano elementi quali la purezza dei rituali (purezza rituale) e l’importanza attribuita al fatto di impegnarsi a rimanere separati dalle confinanti culture politeistiche. Al di là del suo rigoroso monoteismo, il Giudaismo fa riferimento a una quantità di principi religiosi relativamente limitata. L’identità Ebraica è fondamentalmente associabile al fatto di appartenere ad un antico popolo ed al fatto di impegnarsi nel preservarne le tradizioni. Il Dogma, seppure importante, assume un ruolo secondario. Sebbene il pensatore medievale Rabbi Maimonide abbia un tempo enumerato “13 Articoli di Fede”, numerosi Ebrei non li accettano nella loro totalità, e le credenze Ebraiche tendono relativamente poco omogenee in relazione a numerose questioni teologiche così come nella visione della natura umana e in quella dell’aldilà. Le divisioni nell’ambito del Giudaismo, note come “movimenti”, si sono sviluppate in tempi recenti come modalità di reazione variamente articolata nei confronti della secolarizzazione e della modernità. Il Giudaismo Ortodosso rappresenta il gruppo più conservativo, conservando quasi tutti i riti e le pratiche tradizionali. Sul lato opposto dello spettro, gli Ebrei Riformati (Reform Jews) conservano la propria identità Ebraica, ma assumono un atteggiamento più aperto e permissivo rispetto a numerosi principi e pratiche tipicamente Ebraiche. Il Giudaismo Conservatore si colloca essenzialmente a metà dello spettro, assumendo un approccio più moderato nella sua applicazione del Giudaismo nel mondo moderno. Gli Ebrei di tutti i movimenti celebrano numerosi giorni speciali nel corso dell’anno, e nel corso della vita di ogni persona. Nel calendario Ebraico, tutti i giorni cominciano al tramonto, per tutte le feste (vacanze) cominciano al calar del Sole e terminano al sorgere del Sole. Le principali festività religiose includono la Pasqua Ebraica (Passover), il Rosh Hashanah e lo Yom Kippur. La Hannukkah, storicamente una festività di minore rilevanza, ha assunto un’importanza maggiore nell’ultimo secolo per quegli Ebrei che vivono nelle aree in cui viene celebrato il Natale. Il Sabbath, un giorno di riposo e di culto presso le sinagoghe, viene osservato in occasione di ogni Sabato. Per riconoscere il ruolo di Dio e della comunità Ebraica nella vita di ogni persona, numerosi eventi relativi al ciclo di vita di una persona vengono osservati mediante riti di carattere tradizionale. In occasione del primo Sabbath successivo alla nascita di un bambino, l’orgoglioso padre è chiamato a presentarsi in sinagoga per recitare benedizioni a beneficio della madre e del bambino. Otto giorni dopo la nascita, i bambini maschi vengono circoncisi. All’età di 13 anni (12 per le ragazze), il ragazzo diviene un “Bar Mitzvah”, un “Figlio del Comandamento”, mentre la ragazza diviene una “Bat Mitzvah”, “Figlia del Comandamento”. L’occasione è caratterizzata dalla prima lettura pubblica da parte dei giovani della Torah all’interno della sinagoga (solo i maschi possono farlo nelle

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congregazioni Ortodosse), seguite da grandi e gioiose celebrazioni. Le cerimonie matrimoniali Ebraiche incorporano numerose antiche tradizioni e gesti simbolici (inclusa la ben nota rottura dei bicchieri), mentre i divorzi vengono concessi nell’ambito della comunità Ebraica. In occasione della morte, il corpo di un Ebreo viene preso in custodia dalla “chevra kiddisha”, la “sacra società”, che lava il corpo e lo prepara per la sepoltura. Il deceduto viene trattato con grande rispetto e mai lasciato da solo. Dopo la sepoltura, i cari del deceduto osservano un periodo formale di lutto, la cui natura decresce gradualmente nel corso dell’anno. Il deceduto viene ricordato e onorato ogni anno in occasione dell’anniversario della morte. Oltre a queste particolari festività e cerimonie, la vita Ebraica è caratterizzata dalla pratica religiosa regolare. Ogni Sabato, il Sabbath viene osservato tramite la cessazione del lavoro, la frequentazione della sinagoga e il trascorrere la propria giornata a casa con la famiglia . Lo studio della Torah e di altre scritture Ebraiche è considerato estremamente importante, e numerosi bambini Ebrei frequentano la scuola Ebraica in maniera da poter studiare anche nella propria lingua originaria. Nella vita quotidiana, gli Ebrei tradizionali osservano le leggi della “kashrut”, mangiando soltanto cibo che Dio ha designato come “kosher”. Tra gli alimenti “non-kosher”, o proibiti, ci sono il maiale, qualsiasi tipo di carne che non sia stata macellata ritualmente, i frutti di mare, e qualsiasi cibo in cui siano combinati derivati del latte e carne.

ELEMENTI CHIAVE

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I PRINCIPALI FONDATORI DEL GIUDAISMO

Il Giudaismo rappresenta la religione del popolo Ebraico. Viene indicato come una delle prime fedi religiose che abbiano fatto riferimento all’adorazione di un “Unico” Dio, mentre i suoi principi religiosi e i suoi valori si ritiene siano gli stessi della tradizione che fa capo ad Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Davide ed ai grandi profeti e re della storia Ebraica. Il Giudaismo viene inoltre considerato come l’elemento di riferimento essenziale di altre due grandi fedi monoteistiche, ovvero il Cristianesimo e l’Islam, religioni, queste ultime, che riconoscono l’autenticità delle antiche scritture Ebraiche. Quando i testi religiosi e storici Ebraici vengono citati, ciò si verifica quasi sempre nel quadro di un contesto che prevede una successione caratterizzata prevalentemente dalla continuità, e priva di differenziazioni di rilievo, tra “proto-Giudaismo” e “moderno Giudaismo”. Anche ai nostri giorni, quando qualcuno afferma di essere Ebreo (Jewish), solitamente non attribuisce a tale denominazione il fatto di rappresentare un seguace del Giudaismo Rabbinico. Eppure, virtualmente ogni persona che sostenga di praticare la fede Ebraica ai nostri giorni è in effetti un seguace del Giudaismo Rabbinico, un culto che è decisamente assai differente da quello che praticavano buona parte degli Ebrei 2.000 anni fa. Al contrario di quanto affermato nei resoconti storici di matrice Rabbinica e Cristiana dei nostri giorni, l’antico Giudaismo era ben lontano dall’essere monoteistico, rappresentando invece un universo in massima parte panteistico, caratterizzato da una serie di varianti/sette operative a livello regionale che cominciarono ad unificarsi, effettivamente, in quella che potremmo definire un’unica struttura religiosa, soltanto tra il III e il II secolo avanti Cristo. Ai nostri giorni, naturalmente, quelle enormi differenziazioni sono state attentamente occultate e rimosse dalla vista, per cui, gli stessi Ebrei, così come i Cristiani, non riescono a comprendere appieno quello specifico contesto storico. Alla stessa maniera, i Rabbini Ebraici reclamano un antichissimo retaggio di preminenza nell’ambito della società Ebraica che risalirebbe a un tempo antecedente alla distruzione del Tempio di Gerusalemme, addirittura sostenendo che la loro posizione ufficiale fosse stata quella di “Nasci” nell’ambito del consiglio Ebraico, il Sinedrio di quel tempo, relegando addirittura quelli che noi conosciamo come Alti Sacerdoti a un ruolo di semplici comprimari, ovvero qualificandoli quali funzionari e soggetti a cui era stata concessa una carica onorifica. Eppure, lo ripetiamo nuovamente, tutto questo pare dimostrarsi una attenta e astuta revisione della storia, indirizzata a tentare di aggiungere una serie di anni, se non di secoli, al contesto storico che vide la nascita dei Farisei, ovvero gli antenati degli odierni Rabbini. Esiste poi l’affascinante storia legata a località quali la città di Ebla, una città che ospitava oltre 250.000 abitanti, una città che ha dominato la storia umana dei suoi tempi, oltre 5.000 anni fa, quale fondamentale centro spirituale e centro radiante delle forme più elevate del pensiero, e che adorava i sui patriarchi, ovvero Abramo, Daniele e Isrele, e il suo Dio, El. Esiste inoltre l’ulteriore storia relativa non a uno, ma a due Templi Ebraici assolutamente operativi in Egitto, il primo nella fase compresa tra l’XI secolo avanti Cristo e il V secolo avanti Cristo sull’Isola Elefantina, e l’altro tra il II secolo avanti Cristo e il I secolo avanti Cristo a Leontopolis. Questi ultimi rappresentano siti di enorme rilevanza e rappresentano inoltre un elemento essenziale della storia Ebraica, eppure risultano curiosamente assenti dalle scritture Ebraiche, tanto moderne quanto antiche, degli ultimi 2.000 anni. Esiste inoltre una posizione, che pare universalmente riconosciuta nell’ambito di tutti i testi Giudaici, in base alla quale si sostiene che i Farisei fossero la più antica e arcaica fazione religiosa dell’antica Israele, e che fossero operativi già nella fase antecedente alla costruzione del Tempio, mentre gli Esseni e i Sadducei costituissero semplicemente le sue più recenti filiazioni. Eppure, esiste un ammontare decisamente impressionante di prove a sostegno del fatto che i Sadducei fossero in effetti i discendenti delle linee di sangue degli antichi re e sacerdoti di Israele, un elemento che daterebbe la loro origine a numerosi secoli prima dei Farisei. Alla stessa maniera, gli

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Esseni reclamano un retaggio esoterico addirittura antecedente, affermando di tracciare le proprie origini al faraone Akhenaton, che loro ritenevano fosse il vero personaggio che è a noi noto come Mosè, e addirittura affermavano di essere discendenti di linee di sangue ancora più antiche, che risalivano alle città di Ebla e di Ugarit. Ma non è solo in relazione alla fase antecedente alla distruzione del Tempio Ebraico che gli Ebrei Rabbinici devono fare i conti con enormi falle in quella che è la loro stessa storia. Anche perchè, almeno fino al XII secolo dopo Cristo, esisteva a tutti gli effetti un regno sovrano Ebraico, noto come Septimania, nell’area compresa tra la Spagna sud-orientale e la Francia, che aveva le proprie linee di sangue reali, a cui si fa riferimento in numerosi testi – almeno in quelli che sono sopravvissuti ai roghi, alla progressiva revisione dei relativi contenuti o alla semplice distruzione – e che esisteva almeno 300 anni prima della distruzione del Grande Tempio di Gerusalemme. Come è potuto avvenire che uno stato assolutamente Ebraico, dotato di una vera e propria monarchia, presente nel sud dell’Europa, possa risultare assolutamente assente da qualsiasivoglia testo Ebraico? Come può essere possibile che gli antenati spirituali dell’odierno Giudaismo si siano dimenticati di una simile circostanza? Chi sono allora questi fondatori del Giudaismo che hanno stabilito quali parti della propria storia includere e quali parti nascondere, e perchè? E’ appunto questo elemento che ora approfondiremo. Il Giudaismo, per come ci si presenta oggi, inclusi i differenti gruppi che lo caratterizzano, quali gli ortodossi, i conservatori e i riformati, devono i propri principi religiosi e i propri testi sacri a una scuola specifica, e in particolare a una specifica famiglia Ebraica, nota come la Scuola di Hillel, o anche come la Casa (Casato) di Hillel, così denominata in relazione a Hillel il Vecchio, altrimenti noto come Hillel il Babilonese. L’anno di nascita esatto di Hillel il Babilonese non è noto, tuttavia, dato che pare sia morto a circa 100 anni, sarebbe possibile datare l’anno della nascita al periodo compreso tra l’80 e il 60 avanti Cristo. Ciò che è noto è che gli anni della sua grande notorietà risulterebbero quelli compresi tra il 20 avanti Cristo e il 20 dopo Cristo, ovvero il periodo di 40 anni nel corso del quale gli studiosi Rabbinici dei nostri giorni affermano che egli sia stato l’effettivo Nasci (Presidente del Sinedrio), negando quindi che la carica più elevata in quella fase fosse detenuta dagli Alti Sacerdoti. Sebbene quest’ultimo costituisca un assoluto falso storico, è tuttavia assai probabile che in questa fase Hillel il Babilonese sia stato considerato come un patriarca spirituale e un esperto della Legge Ebraica, e che possa effettivamente essere stato considerato come un leader più “realistico”, per molti versi, di quanto avessero potuto esserlo gli stessi Alti Sacerdoti. Tuttavia, dal punto di vista dei dati ufficiali, non risulterebbe alcun fondamento per le pretese di Hillel, e neppure per quelle dei suoi successori, che si sostiene abbiano ricoperto funzioni e cariche più importanti di quelle degli Alti Sacerdoti stessi, cariche che, dai tempi di Erode sino a quelli della distruzione di Gerusalemme, furono prerogativa dei Sadducei, e in particolare di un’unica famiglia in questo ambito specifico, il Casato di Ananus. Essendo nativo di Babilonia, e rappresentando una figura di primissimo livello in riferimento all’interpretazione delle scritture Ebraiche, Hillel condivide alcuni degli elementi che caratterizzarono l’opera di Geremia, 600 anni prima, e di Neemia (Nehemiah), 400 anni prima. Dato che a questi ultimi due grandi profeti furono affidate delle vere e proprie missioni da parte dei Persiani, è possibile che a Hillel stesso possano essere state fornite una serie di ulteriori missioni ad opera dei sacerdoti, noti come Magi, dell’entourage che oggi conosciamo come Zoroastrismo. In ogni caso, Hillel si dedicò alla creazione di una scuola destinata ad affermarsi con decisione nell’ambito degli studi Ebraici, la prima vera e propria “università del Giudaismo”. A partire dal 10 dopo Cristo circa in avanti, numerosi dei figli delle più ricche famiglie Sadducee provenienti da tutto l’Impero Romano furono inviati presso la Scuola di Hillel affinchè potessero imparare le scritture Ebraiche, ed inoltre la lingua e la storia Ebraica. Nella stessa fase in cui si affermò Hillel il Babilonese, ad emergere fu un’altra figura nell’ambito dei Farisei, si trattava di Shammai (50 avanti Cristo/30 dopo Cristo. Alla pari della Casa (Casato) di Hillel, Shammai rappresentò un’altra figura di enorme

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rilevanza storica, che contribuì alla realizzazione dell’opera di riferimento principale nell’ambito della letteratura rabbinica, la Mishnah. Shammai rappresentò il più eminente tra i contemporanei e diretti competitori di Hillel, nell’ambito dell’interpretazione delle scritture di stampo Farisaico, e nel reclutamento di allievi, tanto da essere menzionato come un maestro pari allo stesso Hillel. La scuola di pensiero di Shammai divenne successivamente nota come la Casa (Casato) di Shammai (in Ebraico: Beit Shammai), mentre quella di Hillel fu indicata come la Casa (Casato) di Hillel (Beit Hillel). Addirittura gli stessi figli della Casa (Casato) di Ananus, ovvero i membri della Casa (Casato) che regnavano in qualità di Alti Sacerdoti degli Ebrei in quella fase storica, e che provenivano originariamente dalla Siria, frequentavano le scuole di Hillel o di Shammai. Tuttavia, fu sotto la guida del nipote di Hillel da Babilonia, Gamaliel il Vecchio, o Rabbi Gamaliel I, a partire dal periodo compreso tra il 10 e il 15 dopo Cristo, fino alla sua morte, avvenuta nel 63 dopo Cristo, che la scuola di Hillel si trasformò nel centro più noto tra le grandi scuole Ebraiche della storia antica, imponendosi definitivamente su quella di Shammai. Gamaliel il Vecchio rappresenta storicamente il primo Fariseo a cui sia stato attribuito il titolo ufficiale di Rabbino, un elemento che contraddice buona parte delle affermazioni degli odierni studiosi Rabbinici, i quali sostengono che quello fosse un titolo con il quale erano stati indicati numerosissimi e santi personaggi nel corso della storia Ebraica. E fu appunto Gamaliel il Vecchio a rappresentare il più importante interprete spirituale della Legge Ebraica nel corso del processo tenuto nel Sinedrio nei confronti di Gesù, prima che la giurisdizione del caso relativo a quest’ultimo passasse ai Romani, in relazione al fatto che lo stesso padre di Gesù fosse uno dei rappresentanti di maggiore rilievo tra i Sadducei ed inoltre un cittadino Romano.Gamaliel il Vecchio rappresenta inoltre una figura biblica chiave trattandosi del mentore di due tra i più importanti fondatori del Cristianeismo, ovvero Josephus ben Matthias, altrimenti noto come San Luca – figlio di un Ato Sacerdote, ed inoltre nipote di Ananus il Vecchio – e dello stesso Paolo di Tarso. Non ci sono dubbi sul fatto che Gamaliel il Vecchio e suo figlio Simone (Shimon) ben Gamaliel giocarono un ruolo essenziale nel guidare e nel consigliare tanto Josephus (San Luca) quanto Paolo di Tarso, nella fase in cui questi ultimi furono impegnati nella messa a punto dell’architettura teologica del Cristianesimo, lo strumento che avevano intenzione di utilizzare contro i Nazareni. I testi Gnostici e la predicazione di Gesù rappresentavano il singolo e più grande nemico degli insegnamenti di cui erano portatori i Farisei. Affermazioni quali quelle che vedevano nel Talmud Babilonese semplicemente un falso creato in origine da Geremia e da Baruch, ulteriormente perfezionato 200 anni dopo da Ezra e da Neemia (Nehemiah), risultava un affronto che non poteva rimanere senza risposta. A repentaglio c’era il futuro del Giudaismo così come era stato attentamente costruito dai Persiani ed in particolare dai Magi dello Zoroastrismo. Tuttavia, l’ulteriore affermazione di Gesù in base alla quale egli si dichiarava a tutti gli effetti il Figlio di Dio, e di conseguenza il vero Faraone d’Egitto, finì semplicemente con l’aumentare la pressione nei suoi confronti. Anche perchè Gesù avrebbe rischiato davvero di trasformarsi un giorno nel principe ereditario in esilio e nell’erede al trono, nel caso l’antico Regno di Israele fosse destinato ad essere nuovamente restaurato. Inoltre, in seguito al matrimonio di suo padre con una delle discendenti (figlie) di Aronne, Gesù rappresentava inoltre l’erede a tutti gli effetti anche in riferimento alla carica di Alto Sacerdote. Per cui, Gamaliel il Vecchio, i suoi figli, così come Paolo di Tarso, e il suo allievo prediletto Josephus ben Matthias (San Luca) risultavano nel loro complesso impegnati ad elaborare piani non soltanto orientati a liberarsi in toto della Casa (Casato) di Giuseppe e dei Nazareni stessi, ma della stessa loro religione che mirava a rendere nota l’effettiva verità a proposito dell’origine del Giudaismo. Un ulteriore indizio sul ruolo particolarmente attivo di Gamaliel il Vecchio nell’omicidio di Giacomo il Giusto, cittadino Romano e inoltre fratello di sangue di Gesù, è l’omicidio di cui lo stesso Gamaliel fu vittima pochi mesi più tardi, presumibilmente ad opera dei Sicari (Iscarioti), i guerrieri Zeloti fedeli ai Nazareni. Successivamente all’assassinio di Gamaliel il Vecchio ed alla crescente violenza nei confronti dei

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Farisei, dei Sadducei e dei Cristiani, immediatamente dopo l’omicidio di Giacomo il Giusto, la Scuola di Hillel chiuse i battenti, e gli scribi più importanti, così come i membri delle famiglie di primissimo rilievo decisero di rifugiarsi in località più sicure. A partire dal 66 dopo Cristo, coloro i quali appoggiavano i Nazareni, sotto il comando di una serie di figure chiave tra i Zeloti, quali Simon Pietro, erano riusciti ad impossessarsi ed a controllare Gerusalemme. In questa fase, i Farisei, così come i Sadducei, avrebbero rischiato di rimanere semplicemente una nota a piè di pagina della storia, se non fosse stato per il ritorno sulle scene di un brillante studioso dalle ingegnose qualità politiche. Josephus bar Matthias, altrimenti noto come Giuseppe Flavio (Flavius Josephus) e come San Luca, aveva fatto ritorno a Roma a partire dal 67 dopo Cristo, dopo aver salvato suo padre, i suoi zii e i suoi cugini, tre anni prima, dalla decapitazione (che era la pena prevista dal diritto Romano nel caso ci si macchiasse di crimini capitali), e lo aveva fatto in compagnia di Vespasiano (n. 9 – m. 79 dopo Cristo) e di Tito Flavio Vespasiano (Tito) (n. 39 – m. 81 dopo Cristo). Ciò che pochi ricordano, anche tra gli studiosi, a proposito delle rivolte nella Giudea, è che queste ultime non solo potevano potenzialmente istigare altri popoli a sollevarsi nel resto dell’Impero Romano, ma rischiavano inoltre di compromettere le principali rotte via terra legate al commercio delle granaglie dall’Egitto. Era solo per la sua posizione unica dal punto di vista strategico in relazione ai traffici via terra che i Romani si erano impegnati a conquistare quella regione nel 63 avanti Cristo. E’ appunto per quest’ultima ragione che i Romani intervennero in forze e senza risparmiare truppe e risorse per reprimere immediatamente le sommosse e far sì che la regione fosse prontamente riportata alla stabilità, permettendo la ripresa dei traffici via terra e delle forniture di beni alimentari. Essendosi già dimostrato un oratore dalle eccelse qualità, che tra l’altro lo avevano salvato dal patibolo, Josephus (San Luca) fu prontamente inviato in missione per tentare di negoziare un accordo di pace con Simon Pietro (anche noto come Simon Magus) e con gli altri comandanti degli Zeloti, tutti apostoli di Gesù il Nazareno. Tuttavia, nè Simon Pietro, nè gli altri apostoli si sarebbero mai fidati di uno dei fondatori del Cristianesimo, di uno dei membri della famiglia di Alti Sacerdoti che aveva fatto crocifiggere Gesù assicurandosi successivamente la sua effettiva morte, oltre a quella di suo fratello, a quella di sua madre (Maria), a quella delle sue sorelle e a quella di dozzine di altri membi di primo piano nell’ambito dell’entourage Nazareno. Tuttavia, pur non essendo stato in grado di far sì che gli apostoli si decidessero a cedere su Gerusalemme, egli riuscì tuttavia a mettere in salvo la famiglia del suo vecchio Tutore, e nel corso di quest’ultimo processo garantì, in maniera piuttosto singolare, la possibilità di perdurare alla stessa tradizione Farisaica del Giudaismo. Anche perchè Josephus fece sì che fosse fornita la possibilità di abbandonare la città proprio al suo vecchio maestro,a Johanan (Giovanni) ben Zakkai (Zaccaria), altrimenti noto come Giovanni il Battista, e ad un gruppo di ex-scribi dei Farisei, che ebbero la possibilità di spostarsi all’esterno della città di Gerusalemme. Alcuni Cristiani riterranno una simile questione ai limiti dell’impossibilità, dato che nei testi rivisti e corretti ad opera dello stesso Josephus (San Luca), incluso il Vangelo secondo Marco, Giovanni il Battista si dice sia stato decapitato da Erode, anche perchè Erode aveva dato la sua parola, e lui quella parola era solito mantenerla. In un senso assai specifico, quest’ultimo episodio ha sempre suscitato ironie da parte dei più istruiti studiosi Ebraici, senza che vi fosse la necessità di doversi affannare a comprendere complessi anagrammi. Anche perchè, chiunque creda ciecamente che uno dei figli di Erode possa essersi dimostrato una persona fedele ai propri principi, indipendentemente da quanto riesca a razionalizzare per suo conto la questione, non ha evidentemente alcuna idea della storia effettiva di quela regione. In effetti, Josephus (San Luca) fornisce ampia prova, nei suoi testi storici, del fatto che dei membri della famiglia di Erode non ci si potesse fidare neppure nel caso di una promessa che essi avessero fatto a sè stessi, figuriamoci parlare di quelle fatte a beneficio delle proprie mogli, dei propri figli, o di estranei. Di conseguenza, il resoconto in base al quale, in qualche maniera, Erode Antipa si fosse sentito in dovere, per tutelare il proprio onore, di procedere

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all’esecuzione di Giovanni il Battista, implica chiaramente che quest’ultimo costituisca un resoconto fasullo agevolmente riconoscibile da chiunque abbia letto Josephus. In ogni caso, numerosi studiosi Cristiani tendono a restare stupefatti rispetto all’ipotesi che Giovanni il Battista sia stato a tutti gli effetti il fondatore dell’odierno Giudaismo Rabbinico. Ciò che è noto, tuttavia, è che, grazie all’operato di Josephus, a questo ristretto gruppo composto da Esseni di Qumran e da membri della scuola Farisaica di Hillel fu concesso il permesso di creare una nuova scuola che si adoperasse per la diffusione della legge Ebraica a Yamnia (Yavne/Jabneh), poco prima della fine dell’assedio di Gerusalemme nel 70 dopo Cristo. Ciò che aggiunge credibilità al fatto che Johanan ben Zechariah fosse certamente un membro degli Esseni, sono le evidenti trasformazioni che la sua influenza determinò nella condotta dei Farisei. Per la prima volta nella storia Ebraica, egli riuscì a far bandire con successo la pratica del sacrificio animale – che era stato uno dei principali obiettivi degli Esseni per oltre 1.000 anni. In secondo luogo, egli enfatizzò l’importanza dell’insegnamento orale, anche con riferimento alla preghiera, affinchè si andasse oltre la semplice memorizzazione letterale delle scritture Ebraiche. Esiste inoltre un’ulteriore indicazione delle radici Essene che finalmente riuscirono a convergere con quelle dei Farisei, dato che, quando la tradizione orale fu allora fissata ad opera di Johanan (Giovanni) ben Zechariah (ovvero Giovanni il Battista), egli fornì, tramite quest’ultima, al Giudaismo Rabbinico, una più ampia possibilità di interpretazione della storia e del misticismo Ebraico rispetto ai testi letteralmente intesi che costituivano la Tanakh. Non solo Johanan ben Zechariah introdusse una vasta serie di misure ispirate ad un atteggiamento effettivamente pio e ispirato alla virtù nella nuova religione rappresentata dal Giudaismo Rabbinico, egli istituì addirittura un nuovo consiglio (Sinedrio) che fu denominato, come è ben noto, Concilio di Yavne (70-90 dopo Cristo), che contribuì alla creazione di una serie di principi di riferimento essenziali grazie ai quali ebbe origine l’odierno Giudaismo. Eppure, molti ancora evitano di riconoscere il fatto che si trattasse di Giovanni il Battista, sostenendo invece che quel personaggio fosse un “altro” Johanan ben Zechariah. Ciò che sorprende, e che inoltre rappresenta un ulteriore elemento di prova in questo senso, è che Josephus (San Luca) si sia espressamente riferito a Johanan ben Zechariah come all’uomo che salvò il Giudaismo. Probabilmente, tale atteggiamento ha radici nel suo passato, quello trascorso da giovinetto con Giovanni il Battista nel deserto, fase in cui ebbe la possibilità di apprendere la sapienza degli Esseni. Probabilmente, dopo tutto il male da egli stesso introdotto nel corso della creazione originaria del Cristianesimo, a cui si aggiunsero le devastazioni e le stragi che aveva contribuito a determinare nel processo che lo vide tra i protagonisti della sparizione dell’originario messaggio di Gesù e dei Nazareni dalla storia, Josephus (San Luca) desiderava probabilmente vedere quantomeno la fine dell’abominevole tradizione del Giudaismo di matrice Sadducea. Quali che siano state le sue più profonde motivazioni, egli contribuì a creare una religione di grande impatto, perfezionata e resa pura rispetto agli elementi peggiori del suo passato, rispettosa di Dio e che poneva in primo piano l’istruzione e la famiglia – il Giudaismo Rabbinico. Qualche tempo dopo la fine dell’assedio e successivamente alla distruzione del Tempio nel 70 dopo Cristo, il nipote di Gamaliel il Vecchio, Gamaliel di Yavne (anche noto come Gamaliel II) giunse infine a Yavne. Alla morte del grande Johanan (Giovanni) ben Zechariah (Giovanni il Battista), intorno all’80 dopo Cristo, Gamaliel di Yavne prese il suo posto quale capo carismatico, continuando la grande tradizione della lingua di sangue della sua famiglia, quella del grande Hillel il Babilonese. Sebbene Johanan (Giovanni) ben Zechariah (Giovanni il Battista) sia stato il punto di riferimento, in ambito spirituale, per la progressiva fusione tra i valori degli Esseni e la devozione e la disciplina tipica dei Farisei, fu Gamaliel a proteggere e preservare quest’ultimo bastione della sapienza dalla distruzione. Una delle prove più difficili che Gamaliel dovette affrontare nel corso della sua vita, fu l’oculato bilanciamento tra la distanza da mantenere rispetto ai fondatori del Cristianesimo, e quella da mantenere con gli Zeloti della fazione Nazarena, ed inoltre con i seguaci del messaggio originario

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di Giovanni il Battista, oltre che con le altre sette che in quella fase avevano avuto origine. E’ importante ricordare, a tale proposito, che a partire dal 65 dopo Cristo, era passibile di pena di morte chiunque nell’ambito dell’Impero Romano si dichiarasse Cristiano. Uno dei suoi (di Gamaliel II) viaggi più noti fu quello che lo condusse a Roma con i rappresentanti più importanti della propria scuola per garantirsi il supporto dell’Imperatore Romano Domiziano. Gamaliel di Yavne riuscì a porre fine alla divisione tra le interpretazioni che a quel tempo rivaleggiavano tra le correnti Ebraiche e fissò un unico ed effettivo approccio per l’interpretazione del Giudaismo Rabbinico. Da quel punto in avanti, il resto è storia.

I FARISEI

I Farisei rappresentano uno dei più importanti movimenti religiosi revisionisti della storia umana ed i padri spirituali del movimento rabbinico – l’elemento fondante di numerose pratiche religiose Ebraiche dei nostri giorni. Come buona parte delle persone di fede Ebraica del nostro tempo, 2000 anni fa, la maggior parte dei Farisei era composta da persone dalle oneste e pie attitudini impegnate a condurre un’esistenza caratterizzata dall’assoluto rigetto di pratiche associabili ad atti ispirati dal male o alle oscure arti della stregoneria. I Farisei erano noti per il gran numero di regole e di precetti a cui si attenevano nella loro pratica della fede in Dio, e migliaia di anni fa erano secondi in termini di complessità, in questo specifico ambito, soltanto alle rigorose regole di devozione tipiche dello Zoroastrianismo praticato in Persia (Babilonia). In effetti, i Farisei sostengono che il proprio retaggio risalga indietro nel tempo fino a quello che viene indicato come l’inizio della “Era del Secondo Tempio” (che prese il via intorno al 515 avanti Cristo). Un tempio che fu finanziato e costruito dal grande Re Dario I, seguace dello Zoroastrismo. Tuttavia, le effettive pratiche e i rigorosi precetti associati al Giudaismo Rabbinico che oggi conosciamo furono introdotte soltanto nella fase storica in cui vissero Nehemiah (Neemia) ed Ezra, quando questi ultimi misero a punto il cosiddetto Talmud Babilonese tra il 450 e il 430 avanti Cristo. Ai nostri giorni, gli Ebrei Ortodossi che seguono un regime più austero, vicino a quello degli originari Farisei, condividono numerose caratteristiche dell’Islam Ortodosso in riferimento all’obbedienza a rigorosi precetti che regolano una vita dedicata a Dio, libera dal male. Il termine Fariseo si ritiene derivi dal termine Ebraico “perushim”, che deriva a sua volta da “parash”, ovvero il verbo “separare”, la cui radice originaria sarebbe da rintracciare nel termine Aramaico “upharsin” (separato e diviso). Sebbene la loro stessa denominazione implichi che i Farisei fossero “separati” da assai più antiche forme di pratica religiosa tipicamente Giudaica, i Farisei e i loro discendenti, ovvero le scuole Rabbiniche del Giudaismo, continuano a sostenere di essere più antichi rispetto ai Sadducei e agli Esseni dei tempi di Gesù. Data la scomparsa dalla storia degli Esseni e la misteriosa “scomparsa” delle principali famiglie Sadducee successivamente alla distruzione di Gerusalemme nel 70 dopo Cristo, la pretesa relativa all’antichità dei Farisei raramente è stata messa in discussione. Un altro elemento particolarmente interessante è che, a seconda della specifica fase temporale, i Farisei sono stati indicati come un partito politico, come un movimento di rilevanza sociale, e come una scuola di pensiero nell’ambito della cultura Ebraica, sviluppatasi a partire dalla fase del “Secondo Tempio” fino alla sua distruzione, avvenuta nel 70 dopo Cristo.Un’altra anomalia storica riguardante i Farisei, è il loro apparente antagonismo con gli Esseni, ovvero con Gesù e i suoi discepoli. Perché i Farisei si dimostrarono tanto decisi nell’avversare Gesù e i suoi discepoli? Tale antagonismo è difficile da definire con chiarezza quando si fa riferimento ai vangeli Paolini, dato che Luca stesso, discepolo di Paolo, afferma che Paolo avesse definito sé stesso un Fariseo e di stirpe Farisea. Ed era inoltre noto che i Farisei non vedessero di buon occhio i Romani. E neppure si pronunciavano a favore della ricerca ossessiva della ricchezza tipica dei Sadducei. Quindi, come poteva Paolo di Tarso stesso essere stato un Fariseo se, in base a tutti i resoconti, l’intera sua

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famiglia era costituita da ricchi cittadini Romani che beneficiavano di tutti i diritti relativi a tale status? L’ORIGINE DEI FARISEI

Uno dei compiti più difficili quando si va a rileggere l’antica storia dei numerosi gruppi religiosi Ebraici, quali i Sadducei, gli Esseni e i Farisei, è riuscire ad ottenere un quadro chiaro delle evidenti differenze tra tali diversi gruppi. In numerosi casi, la storia che viene presentata, tanto dai Cristiani quanto dal Giudaismo Rabbinico, è che tale differenza fosse paragonabile a quella che esiste oggi tra i partiti politici all’interno di una moderna democrazia – in pratica che tutti facessero parte della medesima corrente definita Giudaismo, ma che ricorressero ad approcci lievemente differenti.Eppure simili analogie, che tentano di minimizzare le principali differenze tra Farisei, Sadducei ed Esseni, non risultano affatto accurate. Principalmente perché tutti e tre i gruppi facevano ricorso a interpretazioni sorprendentemente differenti riguardanti tanto l’origine del Giudaismo quanto l’interpretazione delle scritture Ebraiche. Ad esempio, i Sadducei rinnegavano la possibilità di redenzione per le anime, mentre gli Esseni consideravano l’intero Talmud Babilonese una mitologia inventata dai Persiani ed indirizzata a limitare le pratiche sataniche riconducibili al sacrificio dei bambini nell’ambito del culto di Baal/Dagon, praticato in origine dagli antenati dei Sadducei – ovvero dai primi Israeliti. Tali differenze possono difficilmente essere considerate di minore rilevanza. Se proprio si volesse sostenere un’affermazione quale quella di cui sopra, le credenze dei Farisei, poste a confronto con quelle dei Sadducei e degli Esseni sarebbero paragonabili, potremmo dire, a quelle che differenziano il Giudaismo, il Cristianesimo e l’Islam oggi – tutte condividono un’origine comune, ma ognuna di esse resta una religione differente. Per i discendenti spirituali diretti dei Farisei, e per la filosofia del Giudaismo Rabbinico, che rappresentano le fondamenta del Giudaismo dei nostri giorni, è estremamente importante minimizzare tali evidenti differenze. Prima di tutto, la minimizzazione di tali differenze è essenziale per validare le pretese dei Farisei che avrebbero l’ambizione di rappresentare la “più antica” delle tre differenti correnti maggiori del Giudaismo risalenti a 2000 anni fa. Alla stessa maniera, seppure per ragioni differenti, gli studiosi Cristiani tendono inoltre a minimizzare le principali differenze e la vera storia riguardante le differenze tra Farisei, Sadducei ed Esseni. Ad esempio, virtualmente nessun bambino che abbia frequentato una scuola Cristiana avrà mai avuto la possibilità di conoscere e di sapere che i seguaci di Baal, gli Assiri, così come gli Akkadici e i primi Israeliti, fossero Satanisti, che praticavano il sacrificio dei bambini e il cannibalismo (bere il sangue, mangiare della carne). Né sarebbe mai concepibile per un fedele Cristiano, per non parlare di una persona di fede Ebraica, riconnettere il simbolismo magico legato alla figura di Salomone, un antenato dei Sadducei, alle medesime pratiche sataniche. Né potrebbe l’evidenza archeologica e storica relativa all’esistenza di un tempio Ebraico, pienamente operativo sull’Isola Elefantina, nel bel mezzo del Nilo, in Egitto, per almeno 500 anni, fino al 430 dopo Cristo, apparire concepibile. Tali questioni, senza parlare delle affermazioni che ne conseguono, potrebbero apparire fantasiose, e magari semplicemente un affronto gratuito nei confronti dei personaggi presentati nella Bibbia. Non meraviglia quindi il fatto che impegnarsi a mantenere minime le differenze tra tali gruppi, contemporaneamente impegnandosi ad insistere sulla nozione che i Farisei fossero i “più antichi” dei tre gruppi, sia stata una condotta dalla rilevanza strategica essenziale.

IL TALMUD BABILONESE

Quando si parla dell’origine spirituale dei Farisei, al loro retaggio solitamente si fa riferimento citando il Talmud Babilonese, ed inoltre i primissimi resoconti relativi ad Abramo e ad Aronne nel corso del grande esodo dall’Egitto, e delle loro differenti interpretazioni riguardanti la volontà di Dio.

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Oltre a tali elementi, si fa riferimento a specifiche affermazioni riguardanti l’origine dei Farisei, principalmente facendo riferimento all’ambizione “separatista” manifestatasi all’indomani della distruzione del Primo Tempio intorno al 586 avanti Cristo ad opera dei Babilonesi. L’enfasi a cui si ricorre descrivendo l’Impero Persiano è quella associata ad una struttura di potere caratterizzata da crudeltà, idolatria e progressiva riduzione in schiavitù degli Ebrei. E’ la riduzione in schiavitù del popolo Ebraico, del “Popolo Eletto”, che viene perennemente enfatizzata, ovvero il fatto che in qualche maniera agli Ebrei fossero state un tempo promesse da Dio le terre del Golfo del Levante, a vantaggio dei discendenti di Abramo, ma che da allora in avanti il popolo Ebraico fosse stato regolarmente separato e disperso, messo in catene e perseguitato. I moderni studiosi Ebraici, ancora ai nostri giorni, ritengono che l’origine del termine “Ebraico” derivi dal termine Egizio con cui veniva indicato uno “schiavo”. Ciò si verifica nonostante il fatto che la storia Egizia mai faccia riferimento agli Ebrei in un simile contesto. Eppure, allo stesso tempo, ci sono centinaia di fonti storiche, e un’infinità di prove evidenti relative ad una razza, nota come “Hibiru”, che fu a propria volta il gruppo dal quale i Faraoni Egiziani Hyksos discesero. Perché ignorare quelle connessioni tanto ovvie tra il termine Ebraico e il gruppo noto come “Hibiru”, che a quanto pare proveniva esattamente dal Golfo del Levante, lo stesso luogo in pare che gli Ebrei avessero avuto origine? In nessuna maniera sarà mai riferito apertamente che il Talmud, per come lo conosciamo in qualità di Talmud Babilonese, che fu creato intorno al 430 avanti Cristo, non esistesse affatto in quella fase storica. Tuttavia, i discendenti spirituali dei Farisei e i Farisei stessi, 2000 anni fa, consideravano, e considerano ancora oggi, i Libri di Mosè come le più antiche sacre scritture del Giudaismo, datate a ben prima della conquista ad opera dei Babilonesi. Né sarebbe evidente, per chiunque si impegni a studiare un resoconto storico in tale maniera articolato, ed impegnato ad illustrare le decisive affinità religiose tra i Babilonesi del 586 avanti Cristo e i Persiani del 530 avanti Cristo, che ambedue tali gruppi praticassero in effetti la medesima religione – lo Zoroastrismo. In altre parole, lo stesso popolo che aveva distrutto il tempio nel 586 avanti Cristo, fu quello che ne costruì uno nuovo 50 anni più tardi. Questo estremamente attento e “selettivo” utilizzo di etichette e di definizioni è comprensibile in quanto tale soltanto quando davvero ci si pone la ‘domanda delle domande’: perché il Tempio di Salomone fu distrutto nel 586 avanti Cristo? Si tratta di una questione che in teoria non avrebbe alcun senso, dato che lo stesso popolo che ne fu autore, si impegnò poi a ricostruirlo 50 anni più tardi, a meno che il Giudaismo di Salomone fosse assai differente dal Giudaismo di Zerubbabel del 530 dopo Cristo. Queste ultime sono naturalmente informazioni che tanto gli studiosi Cristiani della Bibbia, tanto gli Studiosi Rabbinici, non desiderano affatto che voi comprendiate. La ragione sta nel fatto che hanno trascorso secoli a tentare di nascondere la terribile verità storica relativa al fatto che prima dell’influenza Persiana e Babilonese, associabile allo Zoroastrismo, la religione degli Ebrei si basasse sull’adorazione di demoni, sul sacrificio di bambini, e su riti orgiastici e cannibalismo. In effetti, alcune delle prove più rilevanti sono cripticamente occultate in tutta la Bibbia. Prove provenienti dalla Bibbia Ebraica. Il profeta Geremia del VI secolo avanti Cristo accusò i Giudaiti (Judahites) sincretisti di aver costruito un “alto luogo del Tophet” (“high place of Tophet”) nella Valle di Ben-Hinnom all’esterno di Gerusalemme (Geremia 7:30-32), in cui “bruciavano (sharaf) i propri figlie e le propri figlie nel fuoco (b’esh)”. Quest’ultima non è chiaramente una descrizione di figlie e figlie “che passano attraverso il fuoco” in una sorta di rito di passaggio dal quale emergono purificati e non inceneriti. Questi bambini, tanto maschi che femmine, “bruciano… nel fuoco”, ovverosia vengono cremati, in base a quanto dichiarato da Geremia. Questa non è la testimonianza di uno straniero che accusa i Giudaiti (Judahites) di pratiche malvagie, sono accuse che provengono da uno del loro popolo. Il termine “Tophet” può essere tradotto come “luogo in cui si brucia” o “oggetto utilizzato per arrostire/bruciare”. Il testo Ebraico non specifica se le vittime Giudaite (Judahites) fossero seppellite, semplicemente bruciate, sebbene “il luogo in cui si brucia” fosse probabilmente prossimo

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al luogo in cui avveniva la sepoltura. Il suolo, nel caso del Tophet di Cartagine, fu trovato pieno di carbone derivato da legno di ulivo, e senza dubbio veniva utilizzato per le pire sacrificali. Le ossa bruciate ritrovate nelle giare provenienti dal Tophet di Cartagine forniscono prove evidenti relative alla pratica Fenicia del sacrificio dei bambini. Le ossa animali, principalmente pecore e capre, ritrovate all’interno delle urne del Tophet, paiono suggerire con decisione che quello non fosse affatto il luogo di sepoltura di bambini nati prematuramente. Gli animali venivano sacrificati alle divinità, presumibilmente al posto dei bambini. E’ assai improbabile che bambini sufficientemente sfortunati da non avere sostituti potessero evitare di essere sacrificati e successivamente seppelliti nel Tophet. Inoltre, i ritrovamenti ossei rivelano che la maggior parte delle vittime fosse costituita da bambini di due o tre mesi, anche se alcuni arrivavano fino a 5 mesi. Fino ad ora, nessuno scheletro è stato ritrovato con segni di condizioni patologiche tali da poterne causare la morte. Si trattava di bambini in perfette condizioni di salute deliberatamente uccisi nell’ambito di sacrifici simili a quelli descritti nei testi sacri e biblici. Il sesso delle vittime non è ancora chiaro. Non sappiamo con certezza se si trattasse esclusivamente di maschi, come alcuni hanno affermato, o tanto di maschi quanto di femmine. Alcuni testi biblici suggeriscono che i primogeniti maschi fossero scelti quale offerta sacrificale ideale in onore delle divinità. Ad esempio, nel corso di uno scontro militare tra i Moabiti e gli Israeliti, il Re di Moab “prese a parte il proprio figlio primogenito, che era destinato a succedergli, e lo offrì in sacrificio tramite il fuoco (olocausto)”. Dopo aver assistito a tale sacrificio, gli Israeliti desistettero e “tornarono nella propria terra” (2 del Libro dei Re 3:27). Il profeta Micah classifica il sacrificio del primogenito maschio come la più elevata forma di offerta che un essere umano può fornire a un dio, ancora migliore di “agnelli di un anno di età”, “di arieti”, o di “fiumi di olio di oliva” (Micah 6:6-7). Altri testi, tuttavia, specificano che tanto “i figli maschi, quanto le figlie femmine” venissero sacrificate nel Tophet (Geremia 7:31 e 2 Re 23:10). Ora, esiste un’incredibile correlazione tra Cartagine, la Siria e gli Israeliti grazie ai “misteriosi” Fenici provenienti da Ugarit e da altre città. Non sono soltanto connessi storicamente, ma i Fenici stessi rappresentano una sorta etichetta “mascherante” per descrivere le effettive origini culturali degli Israeliti. I Fenici erano adoratori di una variante modificata della classica Dea Madre dell’Asia che loro definivano, tra le sue numerose denominazioni, Astarte. Adoravano inoltre una divinità il cui nome era Dagon o Dagan, anche noto come “dio pesce”. I sacerdoti di Dagon, in particolare, erano notissimi e famosi nel mondo antico per il fatto di indossare un copricapo simile alla bocca aperta di un pesce. Oggi, noi definiamo tale copricapo Mitra (Papale), un simbolo specifico legato al culto di Dagon, il Dio della fertilità. Naturalmente, tanto gli studiosi Cristiani, quanto gli studiosi Ebraici, rigettano con decisione che culture quali i Fenici, i Cartaginesi, avessero mai condotto tali orrende pratiche rituali.Tendono a negare recisamente le ormai irrefutabili prove archeologiche e cercano invece di intorbidire le acque della storia ad ogni costo. E gli studiosi Ebraici si dimostrano inoltre fanatici nel negare anche la minima connessione tra gli Israeliti e i Fenici. E’ una questione che si ricollega inoltre al rigetto deciso della connessione tra gli “Hibiru” e gli “Ebrei”, anche perché si tratta della stessa ed identica connessione con i Fenici stessi. Riconoscere tale ovvia connessione, e le origini del termine “Ebraico”, significa cominciare a raccontare una storia che è preferibile che rimanga nascosta. In riferimento alla storia degli Ebrei prima dell’invasione dei Babilonesi, tanto gli studiosi Ebrei che quelli Cristiani, sottolineano enfaticamente che tutte le fonti a cui si può fare riferimento all’interno della Bibbia non dovrebbero essere prese alla lettera, ma in termini simbolici, nonostante il fatto che tanto gli Ebrei quanto i Cristiani si affannino costantemente nel sostenere che la Bibbia rappresenti la parola di Dio. Che cosa ha che fare tutto questo, tuttavia, con i Farisei? Semplicemente il fatto che, se si sostiene che i Farisei siano stati la prima e la più antica delle fazioni religiose Ebraiche, a quel punto tutte queste disquisizioni riguardanti il Satanismo e la malvagia adorazione di idoli e i sacrifici di sangue potrebbero essere spiegati semplicemente quali storie fasulle

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e miti relativi al popolo Ebraico – ma se i Farisei rappresentassero invece la più recente delle principali sette Ebraiche, a quel punto farebbe il proprio ingresso nell’equazione l’effettiva datazione delle storie contenute nella Bibbia e le effettive motivazioni alla base della realizzazione della Bibbia stessa.

LO ZOROASTRISMO

Lo Zoroastrismo rappresenta storicamente una religione illuminata quando la raffrontiamo con le antiche tradizioni legate al sacrificio umano degli Accadici e degli Assiri dell’antica Mesopotamia e delle regioni del Medio Oriente. Piuttosto che sacrificare esseri umani, Zoroastro introdusse una serie di decisivi mutamenti filosofici, incluso l’utilizzo di animali da sacrificare a un dio monoteistico in sostituzione del sacrificio umano. In effetti, il Libro di Zoroastro (Vendidad) manifesta alcune sorprendenti similitudini con le leggi contenute nei Cinque Libri di Mosè, eppure gli studiosi Cristiani ed Ebraici hanno trascorso anni cercando disperatamente di convincere il mondo scientifico che lo Zoroastrismo fosse una religione”moderna” e relativamente recente in termini storici.Nonostante le innumerevoli prove a sostegno del contrario, tanto gli studiosi Cristiani quanto quelli Ebraici, rifiutano recisamente di riconoscere l’antichità dello Zoroastrismo, per timore delle ovvie implicazioni riguardanti tanto l’età che l’origine delle storie bibliche così come le motivazioni che si nascondevano dietro l’introduzione della Bibbia stessa. In effetti, numerosi studiosi Cristiani ed Ebraici hanno in maniera fraudolenta sostenuto nelle proprie opere che lo Zoroastrismo fosse in qualche maniera una brutta copia dell’antica religione Ebraica. Così come era avvenuto per Alessandro Magno e i Romani, Nabucodonosor il Grande (Nebuchedenezzar) (Re, 605-562 avanti Cristo) detestava le antiche pratiche legate al sacrificio dei bambini, le orge all’interno dei templi e il cannibalismo praticato dagli Accadici, dagli Assiri e dalle antiche tribù Israelite e Canaanite. In tutto il suo enorme impero, egli bandì tali pratiche abominevoli e si impegnò ad imporre una serie di nuove tendenze caratterizzate da un contesto legislativo più uniforme, da applicare all’ordine sociale nel suo complesso e ai commerci. Naturalmente, Nabucodonosor il Grande resta un terribile anatema tanto per gli studiosi Cristiani quanto per quelli Ebraici, così come lo sono i Romani, poiché egli rappresentò di certo un uomo di grande cultura, un uomo di sani principi e un sapiente, eppure si tratta anche del personaggio che ordinò la distruzione del Tempio di Salomone a Gerusalemme.Fu Nabucodonosor che inviò il profeta Geremia con il suo scriba di fiducia Baruch presso i sacerdoti Ebraici del Tempio intorno al 599 avanti Cristo, richiedendo che essi rinunciassero alle pratiche legate al sacrifico di bambini e ad una serie di altre pratiche sataniche abominevoli provvedendo ad adottare una mitologia modificata fondata sulle antiche tradizioni di Ebla e di Ugarit, e legate alla figura di Mosè. Sfortunatamente gli Ebrei, o meglio le linee di sangue sacerdotali e reali che presiedevano il culto di Satana (Dagon/Baal) sin dalle loro antiche origini a Ugarit, non avevano alcun interesse per queste innovative favole rispetto al proprio regno fondato sul sangue, il sesso e il potere. Non appena apparve chiaro che gli Ebrei avessero imprigionato Geremia come ostaggio per tentare di ostacolare l’invasione di Nabucodonosor, i Babilonesi/Persiani intervennero con le proprie forze militari, e, a partire dall’anno 597 avanti Cristo, imprigionarono i membri delle linee di sangue reali, facendo strage dei sacerdoti del satanico Tempio di Salomone, ed impegnandosi a demolire quella satanica struttura mattone per mattone. L’esperimento indirizzato a convincere pacificamente gli Ebrei a desistere dai sacrifici di sangue e dall’adorazione satanica fu decisamente abbandonato, e buona parte di questi furono venduti come schiavi o insediati in posizioni inferiori in tutto l’Impero Persiano. In maniera piuttosto singolare, questa drammatica perdita di potere con relativa soggiogazione, si dimostrò un elemento chiave nel trasformare l’atteggiamento degli Israeliti, e nel corso della cattività, furono in molti a cominciare ad avere fede nel messaggio di Geremia riguardante Mosè, e ad abbandonare la pratica abominevole rappresentata dai sacrifici umani.

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In ogni caso, tale esilio forzato e l’indottrinamento al credo di Zoroastro, orientato al rispetto della vita umana, dei bambini e della famiglia, causò inoltre trasformazioni nella tradizionale pratica dei riti legati al sacrificio di sangue, che perdurò ma solo nell’ambito di una serie di società segrete e gruppi, che continuarono ad esercitare le antiche pratiche, seppure in segreto. Questo fu appunto ciò che si verificò nel caso delle antiche linee di sangue reali e delle oramai poco numerose famiglie di sacerdoti, per cui fu adottato un comportamento apertamente ingannevole che prevedeva il fatto di apparire rispettosi della vita umana e pii in pubblico, impegnandosi tuttavia a praticare in segreto il sacrificio umano, e orge alimentate da vino e sesso sfrenato, accompagnate dalla pratica del cannibalismo.

IL TEMPIO DI DIO

A partire dal 537 avanti Cristo circa, l’apparente sradicamento della palese adorazione satanica e l’adozione di una nuove serie di pratiche religiose come inizialmente elaborate da Geremia fece guadagnare agli Israeliti la possibilità di ottenere nuovamente la libertà e di tornare a Gerusalemme e in Giudea. In seguito a tale contro-esodo, tornarono nella propria terra di origine le ben occultate e mascherate pratiche religiose caratterizzate dai riti satanici praticati in segreto, principalmente ad opera dai rappresentanti delle tradizionali linee di sangue Reali e Sacerdotali Sadducee. I Persiani ritennero di aver posto fine alle pratiche di adorazione satanica e di sacrificio umano da parte degli Israeliti e costruirono per loro un bellissimo Tempio che avrebbe rimpiazzato quel luogo di abominio che avevano distrutto 50 anni prima. Come in precedenza è stato menzionato, il fatto che i Persiani abbiano impiegato migliaia di lavoratori nel corso di 30 anni per fornire agli Ebrei un nuovo tempio è un tema che non è mai stato adeguatamente approfondito. Così come non sono state adeguatamente spiegate le ragioni per cui i Persiani si sentirono in dovere di distruggere, in un primo tempo, il Tempio di Salomone. Eppure, nonostante questo meraviglioso e incredibilmente costoso Tempio, nel giro di 60 anni, fu nuovamente evidente ai Persiani che essi non fossero riusciti a debellare completamente questi antichi sacrifici di sangue e comportamenti abominevoli da parte degli Israeliti, e che fosse necessaria una dottrina religiosa ancora più rigida. Intorno al 457 avanti Cristo, a Ezra fu assegnato in un primo tempo il compito di identificare leader potenzialmente in grado di promuovere il nuovo “Talmud” che era necessario introdurre, e a partire dal 446 avanti Cristo, supportato dalla guardia d’elite Persiana, Nehemiah (Neemia) giunse infine con il Talmud Babilonese. Nehemiah (Neemia) fu categorico – ogni singolo Ebreo avrebbe dovuto sottomettersi alla Legge del Talmud e alle Leggi di Mosè, pena la morte. Questo precetto si applicava alla totalità degli Israeliti, inclusi gli Esseni – la più antica delle sette Ebraiche, i discendenti del Faraone Akhenaton e dell’antica elite di Ebla – e ai loro notissimi patriarchi, ovvero coloro i quali si opponevano pacificamente al Satanismo stesso e al sacrificio.

LA PASQUA (PASSOVER)

A partire dalla fase 440/430 avanti Cristo, la cerimonia della Pasqua (Passover) fu istituita da Nehemiah (Neemia) in qualità di evento annuale, e accompagnata da precetti rigorosi a proposito della sua condotta e della sua gestione. Egli aggiunse inoltre una serie di festività nel corso dell’anno che gli Ebrei erano tenuti a rispettare. Che non si commettano errori a questo proposito, il rito della Pasqua per come descritto nella storia di Mosè, costituisce un evento relativamente recente, che è apparso soltanto a partire dal 430 avanti Cristo in avanti. Anche se gli Esseni si dimostrarono personaggi disposti al bene, che non sacrificavano persone o animali, e che erano stati incaricati della gestione del Tempio sull’Isola Elefantina a partire almeno dal 1096 avanti Cristo, Nehemiah (Neemia) insistette affinché per loro valesse la medesima regola. Non ci sono dubbi sul fatto che

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numerosi leader religiosi sotto il regno religioso di Nehemiah (Neemia) furono uccisi e passati a fil di spada dalle truppe Persiane sottoposte al suo diretto controllo. Anche lo stesso Tempio sull’Isola Elefantina fu distrutto per non aver seguito alla lettera le sue istruzioni. Sebbene il regno di Nehemiah si fosse dimostrato terribile e brutale, a partire dalla sua morte, nel 413 avanti Cristo, le leggi del Talmud Babilonese venivano ormai applicate esattamente come era stato previsto dai loro autori, e la Pasqua veniva celebrata esattamente come lui stesso e i Persiani avevano sperato. Ora, la storia che è stata appena descritta, risulta completamente differente da quella sostenuta dagli Ebrei Rabbinici e dai Cristiani. In effetti, molti di questi ultimi potrebbero sentirsi profondamente offesi da simili affermazioni, e probabilmente si affannerebbero a sostenere che si tratti di assolute menzogne. Eppure le prove, inclusa una antichissima lettera risalente al 419 avanti Cristo contenente le istruzioni a proposito dell’istituzione della Pasqua (Passover) restano in ogni caso un fatto storico. A quanto pare, tuttavia, anche tutte le prove di questo mondo non muterebbero la posizione degli studiosi Cristiani ed Ebraici – semplicemente perché questi ultimi non potrebbero mutare la propria posizione senza rischiare di mettere a repentaglio l’intera mitologia legata all’Antico Testamento, ovvero la posizione ultra-tradizionalista sostenuta dai Farisei. In altre parole, sino alla fine, rinnegheranno tali affermazioni definendole fasulle ed utilizzeranno ogni strumento a loro disposizione per confondere, rinnegare, ripudiare in ogni maniera possibile l’effettiva verità in relazione a questa storia specifica.

I CRUDELI SADDUCEI

E’ ormai chiaro perché esistesse un antagonismo tra i Farisei e i Sadducei. Non si trattava semplicemente di diversi partiti della stessa fede, ma di religioni completamente differenti in termini di stile di vita, concezione di dio, e verità sostenute. E’ anche chiaro a questo punto il perché gli Esseni non amassero i Farisei, anche se rispettavano la loro natura pia e la loro disposizione al bene, e ciò era dovuto al fatto che gli Esseni avevano ben presente la vera storia degli Israeliti, mentre i Farisei erano assolutamente impegnatissimi nel dimenticare la vera storia antecedente al 430 avanti Cristo, e a ricrearla in base a quanto auspicato da Nehemiah (Neemia), Geremia e dai saggi Re Persiani. Inoltre, gli Esseni avevano subito la distruzione della propria residenza spirituale, ovvero il Tempio sull’Isola Elefantina, ad opera dai fondatori della corrente Farisea, ovvero personaggi quali Nehemiah (Neemia) ed Ezra. Non sorprende quindi che gli Esseni considerassero i Farisei con tale disgusto. E’ anche chiaro il perché abbiamo avuto una così scarsa qualità di informazioni storiche, oltre che di confusione, in riferimento alle analisi riguardanti il periodo antecedente al 430 avanti Cristo.

ALESSANDRO E ARISTOTELE

Il periodo Ellenistico della storia Ebraica ebbe inizio nel 332 avanti Cristo, quando Alessandro Magno conquistò la Persia. Alla sua morte, avvenuta nel 323 avanti Cristo, il suo impero fu diviso tra i suoi generali. Ispirandosi ai brillanti sistemi filosofici e logici di Aristotele, i Greci riuscirono effettivamente a creare un Impero Ellenico, che aveva quali pilastri centrali l’insegnamento, la conoscenza, il commercio, una moneta comune, e un sistema giuridico coerentemente strutturato. Come i Persiani, gli illuminati Greci non vedevano affatto di buon occhio i comportamenti abominevoli di antica origine relativi a sacrifici di sangue e a orge all’interno dei templi. Tuttavia, una parte rilevante degli intellettuali Greci, nell’area di Atene e della Lidia, rappresentava una potente roccaforte delle scuole misteriche di Dioniso e di Orfeo, ed ambedue queste religioni rappresentavano un ramo del medesimo albero di cui facevano parte i culti Satanici/degli Israeliti/di Ugarit. In una prima fase, la Giudea fu governata dalla dinastia Egizio-Ellenica dei Tolomei, e sarebbe andata incontro ad una fase di effettivo e deciso controllo in riferimento a pratiche religiose

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di carattere abominevole, tuttavia, nel 198 avanti Cristo, l’Impero Siriano-Ellenico (Siro-Ellenico) Seleucide, sotto il regno di Antioco III, assunse il controllo della Giudea. I Siriani, in questa fase storica, rappresentavano un esempio unico nel mondo antico, dato che, con i Cartaginesi, rappresentavano l’ultimo bastione delle palesi pratiche sataniche e del sacrificio dei bambini. Sebbene le classi più elevate della società nelle città Greche, Romane e Giudee rifuggissero dalla palese pratica di orge rituali, cannibalismo e sacrificio di bambini, la Siria veniva considerata come il luogo di pellegrinaggio esclusivo per quella ‘diaspora’ riconducibile al mondo antico che poteva tracciare le proprie origini a coloro i quali erano stati esiliati 1000 anni prima dal Faraone Egizio Akhenaton. A questo punto, nel quadro di quel mondo meravigliosamente ‘ripulito’ che caratterizzò la fase storica definita Ellenistica, ci viene tradizionalmente riferito che i sacerdoti Ebraici ebbero acuti contrasti con Greci, da parte nostra, possiamo agevolmente renderci conto del perché. Con i Farisei e gli Esseni da un lato, e con i Sadducei dall’altro, appare chiaro che il Giudaismo fosse di nuovo in guerra nell’ambito delle proprie fila. Quando l’Alto Sacerdote Simone III morì nel 175 avanti Cristo, il conflitto eruppe tra suo figlio Onias III (che si opponeva alla Ellenizzazione di matrice Siriana, e che favoriva i Tolomei Egizi) e suo figlio Giasone (che era a favore dell’Ellenizzazione, e che favoriva i Seleucidi). Ne seguì un periodo di profondi intrecci politici, con sacerdoti quali Menelao impegnati a corrompere il Re per garantirsi l’Alto Sacerdozio, con relative accuse di omicidio scambiate tra i contendenti in competizione per il titolo. Il risultato fu una guerra civile di breve durata. Un gran numero di Ebrei sposarono la causa di Giasone, e, nel 167 avanti Cristo, il Re Seleucida Antioco IV invase la Giudea, fece il suo ingresso all’interno del Tempio, e si impadronì del tesoro in esso contenuto e degli oggetti sacri ivi contenuti. Giasone ripiegò in Egitto, e Antioco impose un programma di ellenizzazione forzata, obbligando agli Ebrei a rinunciare alle proprie leggi e ai propri costumi. A questo punto Mattia (Matthias) e i suoi 5 figli, ovvero Giovanni, Eeleazar, Simone, Gionata e Giuda Maccabeo, sacerdoti della famiglia di Hasmon, che risiedevano nell’area dell’antica Modi’in, si eressero a guide in quella che si dimostrò una sanguinosissima rivolta nei confronti dei Seleucidi.

GLI ASMONEI

Giuda riconquistò Gerusalemme nel 165 avanti Cristo restaurando le pratiche del Tempio. I combattimenti tuttavia continuarono, e Giuda e suo fratello Gionata (Jonathan) furono uccisi. Nel 141 avanti Cristo, una assemblea composta da sacerdoti e da altri rappresentanti di rilievo nominò Simone Alto Sacerdote e capo supremo, dando origine in effetti alla dinastia Asmonea. Quando Simone fu ucciso nel 135 avanti Cristo, suo figlio Giovanni Ircano (Hyrcanus) prese il suo posto in qualità di Alto Sacerdote e Re. Dopo aver sconfitto gli eserciti Seleucidi, il nipote di Giuda, Giovanni Ircano (Hyrcanus) creò una nuova forma di monarchia, che assunse le caratteristiche tipiche di quella che viene definita dinastia sacerdotale Asmonea, nel 152 (125) avanti Cristo – che attribuì ai sacerdoti stessi autorità tanto politiche quanto religiose. Ora, tali fatti, relativi a quello specifico contesto storico, vengono generalmente accettati dagli studiosi tanto Cristiani quanto Ebraici, ad eccezione di un elemento – la natura dell’effettiva disputa tra Farisei ed Esseni da un lato e Sadducei dall’altro, che avevano ora acquisito il controllo assoluto del Tempio. Ricordiamolo, fino al punto in cui si manifestò la cosiddetta “influenza Siriana”, i Persiani, e successivamente i Greco-Egizi (Tolomei), avevano favorito Alti Sacerdoti dell’antico lignaggio degli Esseni, che, a propria volta, supportavano apertamente i Farisei, seppure, nella propria arena privata, preferissero evitare la pratica di sacrifici animali, e non venire meno ai propri voti di purezza. Tuttavia, piuttosto che restaurare il Tempio in base ad un ideale di purezza, pare che gli Asmonei non solo evitarono di rispettare le regole all’epoca in vigore per gli Alti Sacerdoti, ma tornarono addirittura alle pratiche “abominevoli” del lontano passato. Le opere dei Maccabei e degli studiosi biblici tendono a minimizzare l’effettivo oggetto della

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contesa, affermando che la disputa fosse sulla legittimità alla carica di Re da parte delle linee di sangue degli Asmonei. Tali affermazioni potrebbero sembrare legittime, appaiono tuttavia più simili ad una “cortina fumogena” in grado di nascondere qualcosa di assai più terribile – ovvero il ritorno agli antichi rituali Giudaici legati ai sacrifici di sangue, appunto nel Tempio costruito per scoraggiare definitivamente quel genere di pratiche. Una prova per vie traverse potrebbe essere dedotta, in questo senso, dal riferimento all’adorazione di altre divinità, e dal riferimento a Zeus. Zeus è fortemente caratterizzato nel pantheon di divinità di origine Orfica, rappresentando inoltre l’equivalente di Baal. Quindi, affermare che Zeus venisse adorato nei templi dai primi Maccabei è una modalità assai sottile per affermare che l’adorazione di Baal/Dagon/Satana fosse tornata in auge nel luogo originario della sua adorazione dopo 400 anni di assenza. Sebbene i Farisei si fossero opposti alle guerre di espansione degli Asmonei, le differenze politiche tra tali fazioni si acuirono quando i Farisei fecero richiesta del fatto che il Re Asmoneo Alessandro Gianneo (Alexander Jannaeus) scegliesse tra la carica di Re e quella di Alto Sacerdote. In risposta a tale atteggiamento, Alessandro Gianneo si schierò apertamente con i Sadducei adottando i loro riti all’interno del Tempio. La sua condotta portò allo scontro nell’ambito del Tempio e condusse ad una guerra civile di breve durata che terminò con una sanguinosa repressione ai danni dei Farisei. Josephus, il comandante traditore che salvò la propria vita e che successivamente si trasferì a Roma, scrisse successivamente un resoconto in cui affermò che le leggi imposte da Alessandro si fossero dimostrate tanto causa di immani spargimenti di sangue quanto crudeli. (Alessandro), oltraggiato dal fatto di essere stato preso di mira dai Farisei, fece uccidere dai propri soldati ben 6.000 componenti della fazione che lo aveva contrastato. Ciò causò una guerra civile che durò circa 6 anni e che costò 50.000 vittime tra gli Ebrei. Quando la guerra infine terminò, Josephus riporta che Alessandro abbia trasportato una parte dei suoi prigionieri di guerra Ebraici, buona parte di loro probabilmente Farisei, a “Gerusalemme, dove compì nei loro confronti uno dei più atroci atti possibili, dato che mentre festeggiava con le sue concubine, di fronte a tutta la città, ordinò che 800 di questi venissero crocifissi, e mentre erano ancora in vita ordinò che le gole delle mogli e dei figli venissero tagliate di fronte ai loro occhi” (bk. 13, capitolo 14, sezione 2, “The Antiquities of the Jews”). Alessandro divenne costantemente più impopolare tra gli Ebrei, a causa della guerra civile e delle sue tendenze pro-Sadducee ed Ellenizzanti. L’influenza dei Sadducei restò prevalente fino alla sua morte nel 76 avanti Cristo. Sul suo letto di morte, Alessandro incaricò sua moglie, Salomè Alessandra, di trovare un accordo di pace con i Farisei, dato che la loro influenza sulla popolazione restava enorme. In una affermazione che pare richiamare alla mente una critica pesantissima di Gesù nei confronti dei Farisei del suo tempo, il Talmud Babilonese riporta che Alessandro avesse riferito a Salomè: “Non temere i Farisei e i non Farisei, ma gli ipocriti che scimmiottano i Farisei” (Sotah 22b). Una volta al potere, Salomè seguì il consiglio di suo marito e cominciò a favorire con maggior decisione i Farisei. Tale condotta non si dimostrò ardua per lei, dato che suo fratello, Simone ben Shetech, rappresentava appunto il leader dei Farisei in quella fase. Durante il regno di Salomè (76-67 avanti Cristo), i Sadducei persero buona parte della propria influenza. Sebbene Salomè fosse stata riconosciuta come leader della nazione, divenne subito ovvio che i Farisei avessero riguadagnato una significativa influenza. Furono reintrodotti nel Sinedrio e si trasformarono nella forza di maggioranza nell’ambito della politica nazionale. A tutti gli effetti, si trasformarono nel “vero potere dietro il trono”. Ormai in una posizione tale da potersi vendicare delle precedenti persecuzioni ad opera della fazione pro-Sadducea, operarono in maniera tale che numerosi tra coloro i quali erano stati i consiglieri di Alessandro fossero messi a morte. Dopo una serie di proteste ad opera dei Sadducei, anche da parte di suo figlio Aristobolo II, Salomè permise a questi ultimi di lasciare Gerusalemme per ritirarsi nelle fortezze che circondavano la città. Alla morte di suo figlio maggiore Ircano (Hyrcanus), (Salomè) ricercò infine l’appoggio dei Sadducei, e il suo figlio più giovane, Aristobolo (Aristobulus), fu il tramite essenziale per assicurarle tale appoggio.

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I ROMANI

Ora, discutere nuovamente delle origini Siriano-Fenicie dei sacrifici di sangue e dei riti satanici potrebbe apparire un atteggiamento criticabile in relazione al fatto che una simile affermazione appare a molti come la drammatica iper-enfatizzazione di elementi caratterizzati da limitata o scarsa evidenza storica. Di certo, una della principali accuse rivolte nei confronti di compie simili affermazioni è quella in base alla quale l’orrore legato ai sacrifici umani e all’avere operato il male venga crudelmente e ingiustamente fatto ricadere sulle antiche fedi Ebraiche e sullo stesso Cristianesimo. Anche perché, nel mondo odierno, casi effettivamente riportati, o anche miti urbani legati al sacrificio umani appaiono rari e assai distanti dalla sensibilità della persona comune. Per cui, si potrebbe semplicemente affermare che quel genere di eventi non si sia in effetti mai verificato, affermando di conseguenza che ogni pretesa di revisione storica costituisca un complotto sinistro ai danni dell’una o dell’altra cultura. Ma nel mondo antico, ai tempi dell’Impero Romano, oltre 2.000 anni fa, erano in molti a conoscere il male operato e il terribile passato in termini di sacrifici umani dell’intero Levante, nell’ambito delle culture Mediterranee. Ai nostri giorni, le vittime parlano direttamente dalla terra posta al di sotto di quelli che un tempo furono gli altari utilizzati per i sacrifici, miste ad ossa di animali e ad olii. La terra tende a restituire tutti i suoi segreti con il trascorrere del tempo, non importa quanto terribili possano essere. E non c’è propaganda, tentativo di distrarre il pubblico o di mentire spudoratamente che sarà mai in grado di nascondere la verità in relazione all’origine di tali abominevoli rituali. Appena dopo la conquista della Giudea ad opera di Roma intorno al 63 avanti Cristo, i Farisei si accordarono con Pompeo in vista della restaurazione delle proprie tradizionali prerogative in relazione alla carica dell’Alto Sacerdozio con relativo annullamento delle pretese degli Asmonei. Quest’ultimo si sarebbe dimostrato un atto di enorme portata, anche tenendo conto del fatto che Roma, prima dell’ VIII secolo avanti Cristo, fosse nota come Saturnia, la “città di Saturno/Satana” – rappresentando Saturno l’equivalente di Crono presso i Greci e di Baal in Siria. Inoltre, era tradizione, per gli Imperatori Romani, essere consacrati presso il Tempio di Giove/Saturno a Baalbek in Siria, uno dei più antichi e più enigmatici di tutti i siti sacri. Quindi, non sorprende il fatto che i Romani avessero scelto una soluzione diplomatica e compromissoria permettendo a Ircano (Hyracanus) di restare in carica quale Alto Sacerdote ed Etnarca pur abolendo la monarchia. 6 anni più tardi, Ircano (Hyrcanus) fu privato di ciò che restava della propria autorità politica e la definitiva giurisdizione passò al Proconsole (Romano) della Siria, che esercitava il dominio facendo affidamento sull’alleato Idumeo (Edomita) Antipatro (Antipater), e più tardi sui due figli di Antipatro, Phasael (governatore della Giudea) ed Erode (governatore militare della Galilea). Nel 40 avanti Cristo, il figlio di Aristobolo, Antigone (Antigonus), abbatté Ircano (Hyrchanus) e fece nominare sé stesso Alto Sacerdote e Re, ed Erode fu costretto a riparare a Roma. Tale episodio ci conduce ora a uno dei personaggi più singolari della storia Ebraica – Erode il Grande.

ERODE IL GRANDE

Per i Cristiani, Erode il Grande (37 a. C. - 4 d. C.) rappresenta il tiranno proditoriamente accusato della morte di Giovanni il Battista, ed inoltre accusato di essersi impegnato ad eliminare bambini innocenti nel corso della sua folle caccia indirizzata a scovare ed eliminare la famiglia reale. Tuttavia, per gli Ebrei, e in particolare per i Farisei, Erode il Grande rappresentò il restauratore della moralità e della sacralità nell’ambito della fede Ebraica, eliminando l’ultimo dei tiranni Asmonei, impegnandosi a limitare sempre più nel corso del suo regno il potere e l’influenza dei Sadducei,

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intraprendendo la costruzione di un nuovo tempio e supportando lo sviluppo di scuole e centri di insegnamento di ispirazione Farisaica. Josephus riporta che Erode abbia ricompensato un importante leader dei Farisei di nome Pollione (Pollio) e il suo discepolo Sameas, che avevano incoraggiato gli Ebrei ad accettare Erode, fondamentalmente sostenendo che il dominio esercitato da uno straniero fosse il risultato del giudizio divino e che il popolo avrebbe dovuto sentire la necessità di impegnarsi a supportarlo. Probabilmente, in seguito a tale intervento, Erode ebbe la possibilità di stabilire ottimi rapporti con i Farisei per l’intera durata del suo regno, e in termini più generali riuscì ad evitare conflitti con tale fazione fino a poco tempo prima della sua morte. Erode si impegnò inoltre a ridurre l’influenza dei Sadducei, che avevano acquisito nuovamente potere successivamente alla morte di Salomè, esercitando la propria influenza sull’Alto Sacerdozio oltre che sulla maggioranza dei membri del Sinedrio (Sanhedrin). Uno dei primi atti che Erode compì appena divenuto Re, nel 37 avanti Cristo, fu ordinare l’esecuzione di 45 membri dei Sadducei del Sinedrio in relazione al supporto da loro fornito al suo rivale per la carica di Re, Antigone (Antigonus); confiscò inoltre le loro proprietà per ripagare Marco Antonio, il Romano che lo aveva nominato Re. Egli trasformò inoltre il Sinedrio in una corte (tribunale) di carattere eminentemente religioso e spirituale, sottraendo ad esso una serie di poteri in riferimento a questioni di carattere secolare/temporale. Essendo solo parzialmente di origini Ebraiche, Erode era consapevole del fatto che il popolo non avrebbe tollerato che egli avesse assunto la carica di Alto Sacerdote oltre a quella di Re, come si era invece verificato nel caso di alcuni dei membri della dinastia Asmonea. Quindi, egli separò le due cariche, tuttavia agì nominando Alti Sacerdoti di suo gradimento. Eusebio, nel suo Storia Ecclesiastica (Ecclesiastical History), risalente al IV secolo dopo Cristo, scrisse: “Quando Erode fu reso Re ad opera dei Romani, egli non nominò più i sacerdoti di livello più elevato dalle antiche linee di sangue, ma iniziò ad offrire tali cariche a personaggi oscuri e sconosciuti… Erode fu il primo che si incaricò di porre al sicuro l’abito sacro dell’Alto Sacerdote, e vincolando l’utilizzo di quest’ultimo ad un’autorizzazione che derivava dal proprio personale sigillo, non permise più agli Alti Sacerdoti di averlo a propria diretta disposizione” (p. 31, capitolo VI, pop. ed.). Tali atti mutarono la tradizione in base alla quale la carica di Alto Sacerdote veniva considerata legata ad un novero ristretto di famiglie. Erode abolì inoltre la consuetudine in base alla quale era possibile detenere la carica di Alto Sacerdote a vita. In base a quanto riportato da Josephus, nei 107 anni che vanno dall’inizio del Regno di Erode sino alla caduta di Gerusalemme, vi furono 28 Alti Sacerdoti. Il Talmud riporta che, a partire dai tempi di Gesù, l’Alto Sacerdote acquisisse tale carica dal governo centrale, e che i personaggi ivi insediati venissero cambiati ogni anno. Tuttavia, pur abbandonando la carica, l’ormai ex-Alto Sacerdote conservava tutti i privilegi derivanti dalla carica stessa. Tale condotta fece sì che tale carica fosse concessa con una certa regolarità ad un novero ristretto di membri delle ricchissime famiglie sacerdotali Sadducee (in primo luogo le famiglie dei Boethus, di Ananus e dei Phiabi) . I membri della famiglia dei Boethus, che Erode più spesso aveva insediato come Alti Sacerdoti, rinnovarono le “pratiche spirituali” dei Sadducei, e da quel punto in avanti i Farisei ebbero di nuovo loro come antagonisti.Successivamente alla morte di Erode, nel 4 avanti Cristo, numerosi personaggi tra gli Ebrei più nazionalisti cominciarono a ribellarsi: Giuda in Galilea, i cui seguaci abbatterono l’Aquila Romana che adornava il Tempio; Simone, un ex-schiavo di Erode, a Perea, rendendosi responsabile dell’incendio del palazzo reale di Gerico, e Athronges in Giudea, un pastore che guidò una ribellione durata due anni. Il Legato di Roma in Siria, Publio Quintilio Varo, assunse a quel punto il controllo della Giudea, della Samaria e della Galilea, ponendo immediatamente fine alle ribellioni, uccidendo migliaia di Ebrei tramite la crocifissione e vendendone numerosi come schiavi. Roma prontamente ristabilì l’ordine sociale e politico, ripartendo il Regno di Erode tra quelli che furono i suoi figli: Archilao (Archelaus) ricevette la parte meridionale del territorio (Giudea e Samaria); Erode Antipa assunse la carica di Tetrarca della Galilea e della Trans-Giordania meridionale (Peraea); mentre a

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Filippo fu concessa la Trans-Giordania settentrionale (Batanaea). Archilao (Archelaus) agì in maniera decisamente repressiva nei confronti degli Ebrei, così come aveva fatto suo padre, mentre nel 6 dopo Cristo, l’Imperatore Augusto impose la creazione di una nuova struttura di delegati, collocando la Giudea e la Samaria sotto il controllo diretto di un procuratore Romano (o prefetto), ed esercitando da allora in avanti un controllo più diretto servendosi di Alti Sacerdoti nominati direttamente dai Romani.

IL SINEDRIO

Nel 57 avanti Cristo, il Proconsole Cabineo (Cabineus) stabilì la costituzione di Sinedri di carattere regionale (Sinedri o consigli) per regolare gli affari interni degli Ebrei. Ogni singolo Sinedrio era un consiglio legislativo composto da 70 anziani, oltre all’Alto Sacerdote, che interpretava le leggi Ebraiche e regolava le controversie soprattutto in materia rituale. La loro specifica composizione e i loro effettivi poteri variavano a seconda della volontà politica Romana. Ora, nel Giudaismo Rabbinico, i discendenti dei Farisei hanno trascorso numerosi secoli a rieditare e a modificare accuratamente la storia che a noi è giunta in relazione a tale istituzione, soprattutto in riferimento alla sua struttura formale ed allo stato delle relazioni tra i Farisei presenti al suo interno. Una manipolazione particolarmente accurata che con successo si è diffusa nell’analisi storica risulta essere l’idea in base alla quale la carica più elevata nell’ambito del Grande Sinedrio (del Grande Tempio) non fosse in realtà rappresentata dall’Alto Sacerdote, come la storia ci ha tramandato, ma da un sommo responsabile dell’applicazione della giustizia (Nasi) coadiuvato da un vice-responsabile dell’applicazione della giustizia (Av Beit Din). Coincidenza vuole che la storia Giudaico Rabbinica faccia riferimento a un “universo parallelo” in termini di leadership che risalirebbe invece ai tempi di Ciro, Re di Persia, e che faceva riferimento a quei personaggi che effettivamente detenevano la posizione di “Nasi” e di “Av Beit Din” del Sinedrio, quali gli Alti Sacerdoti, il re/governatore e il sommo responsabile dell’esazione delle imposte (tasse). Come viene reso noto in base a tale edizione rivista e corretta della storia, la carica più elevata, in base a quanto riportato dagli antenati dei Farisei, a partire dal 4 avanti Cristo, non era più quella di Alto Sacerdote, in quella fase controllata dai Sadducei, ma quella di un “presidente” (Nasci) che si suppone fosse una carica ricoperta da un Fariseo. Quando si pongono domande a proposito del fatto che tale reinterpretazione della storia risulti stranamente assente da testi semi-affidabili di carattere storico risalenti a quel periodo, la risposta è semplicemente quella in base alla quale si afferma che esistano comunque prove a sufficienza in grado di dimostrare che i Farisei fossero gli effettivi leader spirituali degli Ebrei in quella fase. Per numerosi aspetti si tratta della verità. I Farisei furono immensamente popolari tra gli Ebrei di quella fase storica. E per una buona ragione. Si interessavano effettivamente della salvezza del popolo Ebraico e non partecipavano ai segretissimi riti satanici ed ai sacrifici umani come facevano invece la massima parte dei loro più antichi nemici Sadducei. Nel quadro di tale contesto, non ci sono dubbi sul fatto che i più importanti tra i Farisei di quel tempo sarebbero stati considerati degli esperti in riferimento all’interpretazione della legge Ebraica, per cui è tranquillamente concepibile che un titolo in grado di onorare quella posizione fosse stato effettivamente formalizzato.Sono inoltre comprensibili le ragioni per cui ciò che oggi rappresenta il retaggio spirituale dei Farisei, ovvero il sistema Giudaico Rabbinico, si sia impegnato a creare una sorta di eredità di carattere storico che andasse oltre la mera concessione ad opera dei Romani immediatamente dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 dopo Cristo, fondamentalmente per costituire una decisiva base di riferimento per i propri insegnamenti spirituali. Per cui, tentare di dimostrare di avere in effetti una storia ben più lunga, da parte dei leader spirituali dei Farisei, ed inoltre in grado di dimostrare che essi stessi, in qualche maniera, esercitassero il controllo spirituale sul Grande Sinedrio, ha senso, ed in qualche misura rappresenta la verità. Tuttavia erano ancora gli Alti

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Sacerdoti a gestire lo spettacolo, pur essendo questi ultimi Sadducei, e pur essendo profondamente corrotti.. Forse dopo mille anni, quando la storia di quel periodo sarebbe stata dimenticata, la storia rivista e corretta creata dal Giudaismo Rabbinico sarebbe stata accettata come verità e gli Alti Sacerdoti sarebbero stati relegati in una posizione secondaria, addirittura nel ruolo di autorità fondamentalmente irrilevanti.

GAMALIEL L’ANZIANO

Sebbene il Fariseo Hillel il Vecchio (the Elder) e la sua famiglia siano considerati come una delle più influenti dinastie tra quelle dei maestri Ebraici, è suo nipote Gamaliel il Vecchio (the Elder), anche noto come Rabbi Gamaliel I, a risultare la figura più rilevante. L’anno della sua nascita non è certo, ma presumibilmente avvenne tra il 30 e il 20 avanti Cristo, mentre la sua morte è stata registrata nel 52 dopo Cristo. Nel Talmud, Gamaliel è il primo ad assumere il titolo di “Rabban” (Rabbi/Rabbino), un titolo a lui concesso dal Grande Sinedrio, in riferimento al quale egli rappresenta il primo di una serie di 7 leader della scuola di Hillel che riuscì a guadagnare per sé appunto quel titolo. Egli rappresenta quindi il primo Rabbino ufficiale del Giudaismo Rabbinico. Gamaliel I è noto come uno dei più grandi maestri negli annali del Giudaismo. Mish. Sorah IX 15 gli attribuisce a pieno titolo tale qualità, “Da quando il Rabbino (Rabban) Gamaliel il Vecchio è morto, non c’è più stato rispetto per la legge, ed inoltre la purezza e la continenza perirono anch’esse in quella fase”. Pur ritenendo che la legge fosse interamente ispirata da Dio, egli stabilì che la regola del Sabato (Sabbath) dovesse dimostrarsi meno rigorosa e che avesse un’applicazione meno drastica. Egli sostenne inoltre che la legge avrebbe dovuto proteggere le donne nel corso dei divorzi, e dichiarò che gli Ebrei dovessero cooperare il più possibile con i Gentili. Gamaliel rappresenta inoltre un maestro unico nel suo genere in riferimento ad una serie di numerose altre questioni di rilevanza storica. Egli rappresentò il maestro di Paolo di Tarso, e in base a tutti i resoconti ebbe con lui una relazione caratterizzata dalla prossimità e dall’amicizia. La sua favorevole disposizione nei confronti di Paolo, e della religione nota come Cristianesimo da quest’ultimo creata, viene riportata in tutti gli Atti degli Apostoli scritti da Luca, discepolo di Paolo. Luca cita inoltre il fatto che Paolo avesse dichiarato di essere un Fariseo, e che avesse sostenuto inoltre di essere figlio di padre Fariseo. Dato che ciò risulta assai improbabile, considerata la cittadinanza Romana di cui beneficiava, ciò implica che certamente che Paolo di Tarso conoscesse e fosse in buoni rapporti con il figlio maggiore di Gamaliel I, ovvero Simeone II ben Gamaliel. Per il fatto di essere ambedue maestri, mentori e sostenitori di Paolo di Tarso nel corso della creazione ad opera di quest’ultimo del Cristianesimo, Gamaliel viene anche riverito dal Cristianesimo come uno dei primissimi santi della chiesa Cristiana. Quest’ultimo è un elemento interessante, che lascia perplessi, dato che Gamaliel il Vecchio rappresentava certamente il leader spirituale più potente in riferimento all’applicazione della legge Ebraica ad opera del Grande Sinedrio che fu incaricato di giudicare le accuse mosse a Gesù. Di conseguenza, se i vangeli di Paolo raccontassero il vero, egli avrebbe dovuto rappresentare uno dei più importanti fautori della sua esecuzione. Questa straordinaria anomalia viene in alcuni casi giustificata da parte degli studiosi Ebraici e Biblici in base all’affermazione che Gamaliel fosse in effetti la misteriosa figura di Nicodemo, quella che viene nominata in un singolare testo non canonico noto come il Vangelo di Nicodemo, che a quanto pare combina tre diversi testi scritti. La storia di Nicodemo tratta del fatto che quest’ultimo sia stato l’unico personaggio nominato dalle scritture che si espresse a difesa di Gesù. Tuttavia, il fatto che Gamaliel corrisponda effettivamente a tale figura non è altro che pura e fantasiosa congettura. Di conseguenza, dato che nulla si dice a proposito del fatto che Gamaliel si trovasse a casa affetto da influenza o altrimenti ‘impossibilitato’ a presenziare, ciò implica che egli si trovasse a pieno titolo tra quei personaggi che si espressero a favore dell’esecuzione di Gesù.

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In ogni caso, la sua santità era assicurata, anche perché senza la sua guida, Paolo di Tarso non sarebbe stato in grado di comprendere i metodi di interpretazione e il contenuto stesso delle scritture che egli seppe usare tanto brillantemente nella creazione del Cristianesimo. La seconda principale anomalia riguarda la morte di Stefano il Martire. Sebbene le opere di Luca, discepolo di Paolo, si impegnino ad essere il più vaghe possibili in riferimento a quale fosse esattamente il Tempio in cui Stefano si espresse grandiosamente nella sua difesa, è assai improbabile che si trattasse di una locale riunione di sacerdoti di basso livello, quanto piuttosto del Grande Sinedrio stesso. Se in effetti fosse davvero questo il caso, una volta ancora Gamaliel sarebbe stato completamente compromesso nella questione legata all’esecuzione di Stefano, condannato a morte tramite la violenta e terribile pena della lapidazione. Naturalmente, data la vaghezza con cui si fa riferimento a tale questione negli Atti degli Apostoli, tali considerazioni risultano relativamente semplici da rigettare. In terzo luogo, risulta assai probabile che Gamaliel, nella fase in cui il suo protetto Paolo di Tarso fu costretto ad affrontare la sua più grande prova a difesa della propria nuova religione, nota come Cristianesimo, contro la grande potenza sapienziale rappresentata dalla Chiesa Nazarena di Giacomo il Giusto, nel 48 dopo Cristo, abbia offerto dettagliato e specifico consiglio. Infine, nella premeditata e brutale esecuzione di Giacomo il Giusto, il primo vero Papa, il fratello di sangue di Gesù, orchestrata da Paolo di Tarso, dal Casato di Ananus, e da rappresentanti chiave del Sinedrio, appare assai improbabile che il “Rabban” (Rabbino) Simeone II ben Gamaliel, che viene annoverato tra i “Nasci” di quel periodo, non avesse giocato anch’egli un ruolo essenziale. A proposito di tali questioni è difficile che sia fatta completamente luce e che sia possibile conoscere l’effettiva verità. Ciò che sappiamo con certezza, è che, a partire dall’80 dopo Cristo, suo nipote gli successe con la carica di “Nasci”, a Yavne, successivamente all’autorizzazione fornita da Vespasiano, e che, da allora in avanti, egli fu impegnato nella messa a punto della forma del Giudaismo Rabbinico che ai nostri giorni conosciamo.

GIOVANNI BAR ZECHARAIAH (FIGLIO DI ZACCARIA)

C’è una figura ancora più enigmatica coinvolta nella fondazione del Giudaismo Rabbinico (moderno) di cui è necessario parlare – Johanan bar Zecharaiah (Zakkai), o Giovanni, figlio di Zaccaria. Giovanni, figlio di Zaccaria, è il famoso ostaggio che, in base al resoconto dello stesso Josephus, egli aiutò a fuggire dalla Gerusalemme assediata, nascondendolo in una bara. Si tratta dello stesso leader spirituale anziano che è stato considerato come più potente e importante dello stesso Gamaliel il Vecchio. Quando giunse a Yavne, egli in prima persona contribuì a creare ciò che oggi conosciamo come Mishnah, o “Torah Orale”. Ora, per i non-Ebrei, l’errore frequente è concepire che i testi sacri scritti “rappresentino tutto ciò che in effetti esiste” per quanto riguarda il moderno Giudaismo. Sebbene la Tanakh (l’equivalente dell’Antico Testamento Cristiano) resti fondamentale, la Mishnah ha una eguale se non addirittura una maggiore rilevanza. Le ragioni stanno semplicemente nel fatto che la Mishnah fornisce l’intero resoconto storico relativo al contesto che circondava la realizzazione dei testi sacri. Si tratta di quella “conoscenza nascosta” trasmessa da Rabbino a Rabbino nel corso dei secoli. E, incredibile a dirsi, quest’ultima si presenta come decisamente “Essena” nei contenuti. In effetti, la Torah orale presenta elementi di superiore saggezza, assai più profonda e più decisamente Essena di qualunque altro dei testi scritti. Quindi, se ne potrebbe dedurre che una figura tanto potente, tanto saggia e tanto istruita nelle conoscenze tipiche degli Esseni avrebbe dovuto quantomeno essere di ascendenza Essena. Ma allora, chi è stato in effetti questo Giovanni, figlio di Zaccaria, il personaggio che stabilì i più essenziali cardini del moderno Giudaismo? Lo stesso Josephus ci fornisce alcuni spunti. Egli afferma che a 16 anni (intorno al 31 avanti Cristo), tale personaggio si ritirò per un periodo di tre anni nel deserto, in compagnia di un eremita di nome “Bannus”, un membro di una delle sette ascetiche Ebraiche che si diffusero in Giudea ai tempi di Cristo. Ora, tenendo presente che Josephus era il nipote del più potente Alto Sacerdote della storia

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Ebraica, ed inoltre chiaramente un giovane dotato di singolare genialità, esiste solo una setta Ebraica ascetica alla quale tale misterioso “eremita” poteva appartenere – gli Esseni. Semplicemente, nessun altro gruppo ascetico ha avuto lo stesso prestigio, né la stessa rilevanza storica nella storia Ebraica. Affermare il contrario significherebbe perpetuare datate menzogne. In secondo luogo, non vi è alcun dubbio sul fatto che il misterioso “Bannus” sia stato in effetti Giovanni il Battista e che la località di cui si discute sia in realtà Qumran. Naturalmente, il nome proprio di Giovanni il Battista, figlio dell’Alto Sacerdote Esseno esiliato, Zaccaria, nella tradizione Ebraica, è Giovani bar Zecharaiah, o Johanan bar Zecharaiah. Sebbene gli Esseni odiassero i Sadducei, che costituivano i loro tradizionali avversari, presumibilmente il Casato di Ananus fece affidamento su Giovanni il Battista considerata la brillante mente del giovane Josephus. Di certo, se egli già studiava approfonditamente le scritture con suo padre e i suoi zii all’età di 14 anni, anche Giovanni il Battista sarebbe stato incuriosito dalle sue qualità. Dato che il tempo da lui trascorso con il Battista fu di almeno tre anni, ciò indicherebbe il fatto che una sorta di amicizia o di rapporto maestro/allievo fu stabilito, dato che tutte le leggende a proposito del Battista tendono ad indicarlo come un personaggio dotato di un basso livello di tolleranza nei confronti dell’ignoranza o della superficialità. Un’ulteriore indicazione, a proposito dei rapporti instaurati da Josephus bar Matthias, è rappresentata dal fatto che egli, intorno all’età di 20 ani anni, nel 36 dopo Cristo, cominciò a studiare con i Farisei. Ora, per numerose persone, il fatto che Giovanni il Battista non sia stato affatto eliminato da Erode, per soddisfare un suo personale capriccio, e che invece sia stato in qualche maniera l’effettivo co-fondatore Giudaismo Rabbinico potrebbe sembrare un’affermazione decisamente azzardata. Pur tenendo conto delle prove in base alle quali la stessa Mishnah tende a presentarsi come decisamente Essena nei contenuti, da parte di molti si sarebbe portati a ritenere tale conclusione al limite dell’improbabile. Molti preferirebbero credere che Erode Antipa (Herod Antipas) si sia dimostrato un uomo di parola, pur essendo stato un uomo terribilmente malvagio e inaffidabile. Ed è appunto in questo che consiste un simile scherzo della storia – perché tutti quelli che credono che Erode sia stato un uomo in grado di mantenere la parola data, sono, o ignoranti dei fatti, o incapaci di rendersi conto delle evidentissime prove storiche in base alle quali è evidente che Erode fosse incapace di mantenere la parola data a chiunque. Perché nascondere quindi l’importanza essenziale di Giovanni il Battista nella creazione del Giudaismo? Perché è divenuto così essenziale creare il fasullo resoconto che tratta della storia della sua esecuzione? Per molti versi, è possibile associare questo genere di domande a quelle che ci si pone riguardo alla storia del Cristianesimo e del Giudaismo a partire dalla distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 dopo Cristo. Anche perché, più cresce il numero di quel genere specifico di domande, più crescono gli elementi inconsistenti che si palesano nella cosiddetta “versione ufficiale”.

IL GIUDAISMO MODERNO

Il Giudaismo moderno è caratterizzato essenzialmente da una struttura fondamentalmente di ispirazione Farisaica a cui si aggiungono i misteri e la sapienza degli Esseni rintracciabili nella tradizione orale per come fu impostata da Giovanni il Battista. Il Giudaismo moderno è una religione straordinariamente illuminata che proclama rispetto per la conoscenza e buona disposizione nei confronti del mondo intero. Si tratta di una religione, tuttavia, che non conosce il proprio retaggio, e che è troppo timorosa di approfondirlo, per timore di ciò che potrebbe in effetti essere rivelato. Di qui lo sviluppo di una ultra-ortodossia che tenta di negare la verità, così come le prove che potremmo essere in grado di notare con i nostri occhi e di mettere a fuoco con le nostre menti. Si tratta di una grande tragedia, perché comprendere la vera storia occulta legata all’evoluzione del movimento Farisaico in direzione dell’odierno Giudaismo – e la natura delle sue battaglie contro abominevoli sette del Giudaismo quali in primo luogo i Sadducei – è un elemento che può farci comprendere il gioco di quelle forze che hanno modellato e che contribuiscono a modellare il mondo intero ancora ai

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nostri giorni. In un certo senso, gli eventi culminanti nella distruzione del Tempio di Erode sono stati incapsulati in una sorta di area sospesa dello spirito e della storia, e l’effettiva conoscenza dei dettagli relativi a quegli eventi ed al loro vero significato è rimasta congelata a quel tempo. Ad un certo punto nel corso della storia e del tempo, quella capsula è stata aperta e attentamente analizzata. Ad un certo punto, gli eventi che hanno condotto e che hanno incluso la distruzione del Tempio nel 70 dopo Cristo sono stati nel dettaglio discussi e compresi. E nel corso di tale approfondimento, buona parte di ciò che è accaduto allora, e da allora, è stato possibile porlo nella giusta prospettiva storica. In definitiva, i principali nemici dei Farisei, le famiglie dinastiche Sadducee, quelle che ancora esistono ai nostri giorni, potrebbero effettivamente subire la propria definitiva sconfitta, oggi, una volta per tutte.

I Nazareni (Gnostici)

I Nazareni, o più precisamente la Chiesa (Ecclesia/Congregazione) Kahal (Ebraica) Nazarena di Yisra’el (Israel) rappresenta il movimento creato in origine da Yeshua (Jesus) bar Joseph e da suo padre Joseph Ha-Rama-Theo (Sua Altezza Divina) e dai suoi discepoli, 2.000 anni fa. Più spesso noti con la loro denominazione Greca (Gnostici), i Nazareni un tempo superavano di gran lunga i seguaci di Paolo di Tarso, tanto da essere in rapporto di 100 a 1. Oggi nessuna chiesa ufficiale e legata a quella originaria dei Nazareni esiste, e neppure una loro branca o filiazione, ad esclusione dei moderni movimenti che utilizzano tale denominazione. Tutti sono stati nel tempo eliminati uno dopo l’altro servendosi di tortura, inganni, atti esecrabili e abomini assortiti ad opera degli zeloti cristiani.In assoluto contrasto con la chiesa di Paolo (Cristianesimo), che proclama di adorare Gesù Cristo, i Nazareni rappresentavano i nemici giurati di Paolo stesso e dei fondatori del Cristianesimo, ovvero degli Alti Sacerdoti che fecero crocifiggere Gesù, che organizzarono, in collaborazione con Paolo stesso, l’omicidio di Stefano e di Giacomo, e che usarono violenza e perseguitarono il loro stesso popolo, che restò impassibile e nulla fece per aiutarli. Il termine Nazareth deriva da una corruzione della denominazione originaria riferita all’insediamento di “Nazara”, che significava ‘Città dell’Agrifoglio (Holly/Holy)’, o semplicemente ‘Città dei consacrati di Dio’. Nazara è un termine che ebbe origine appena prima della nascita di Gesù, e deriva dal titolo Ebraico di (nazorita), nazirita (in Ebraico: nazir), termine che faceva riferimento a un Ebreo che avesse preso i voti ascetici di auto-disciplina e di purezza. Il termine “nazirita” deriva dal termine Ebraico “nazir” che significa “consacrato” o “separato”. Il termine Nazirita viene frequentemente utilizzato nell’Antico Testamento, e numerosi dei profeti erano rispettosamente indicati come “Naziriti”, tra questi Elia e lo stesso Giovanni il Battista da Qumran. In un senso che potrebbe apparire assai controverso, i veri insegnamenti di Gesù risultano completamente opposti a quelli di  Paolo e dei nobili Ebrei Sadducei. Gli insegnamenti di questi ultimi si sono successivamente trasformati in quelli che ai nostri giorni sono praticati da coloro che definiamo Cristiani. Gesù riteneva che il dio delle antiche scritture Ebraiche, il dio che faceva richiesta di sacrifici umani, che richiedeva il sacrificio di sangue, che si presentava come un dio “geloso”, non fosse altro che un potentissimo demone (Satana), che pretendeva di essere adorato come se fosse Dio. Di sicuro, qualsiasi analisi oggettiva delle scritture dell’Antico Testamento supporta con decisione il punto di vista espresso in questo senso da Gesù nei suoi vangeli gnostici. Gesù e i Nazareni ritenevano che le scritture dell’Antico Testamento non fossero nulla più che una serie di manipolazioni e di falsi ad opera dei Persiani, creati successivamente a una serie di tentativi indirizzati ad impedire ai Sadducei di agire come Satanisti assetati di sangue e privi di scrupoli nei confronti di tutte le creature viventi. Al contrario, Gesù e i Nazareni affermavano che gli esseri umani non fossero stati creati da un dio universale dell’amore, ma, come le civiltà più antiche dell’Asia aveva già sostenuto migliaia di anni prima, che gli esseri

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umani fossero stati geneticamente modificati a partire da esseri maligni in carne e ossa, che “infusero” il proprio male all’interno dei nostri corpi tramite un’anima contraffatta (corrotta e dualistica/counterfeit soul), che operasse in competizione con la nostra componente animica più pura.Gesù e i Nazareni erano dediti alla conoscenza e al rispetto della vera sapienza, erano vegetariani e si impegnavano a non procurare danno ad alcun animale. Gesù era inoltre un grande promotore della parità tra i sessi, tanto in termini di autorità spirituale quanto in termini di autorità civile, tanto da rendere sua moglie Mariamne (Maria Maddalena) uno dei suoi principali discepoli.In ogni caso, tra le numerose dottrine di Gesù e dei Nazareni, la più controversa si dimostrò l’assoluta determinazione nel distruggere i Sadducei e il tradizionale atteggiamento di questi ultimi, quello di nascondersi dietro belle parole e abiti bianchi pur essendo intimamente devoti a nulla se non al male più puro e alla dannazione dell’intera umanità.Fu tale dottrina e obiettivo principale di Gesù che pose lui stesso e i Nazareni in rotta di collisione con le più potenti famiglie dei Sadducei della Siria, una lotta che infine condusse alla creazione della fasulla religione nota come Cristianesimo, quella che è stata creata per mascherare l’effettivo messaggio di Gesù e la natura effettiva delle linee di sangue Sadducee, quelle che perdurano ancora ai nostri giorni.

ELEMENTI CHIAVE

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I PORTATORI DELLA VERITA’

1965 anni fa l’uomo più ricco del mondo e un gruppo ristretto di sostenitori del suo unico figlio, intrapresero con coraggio la più imponente operazione di sostegno rispetto a una carestia di cui il mondo sia mai stato testimone. Grazie al loro impegno e alla loro dedizione, salvarono centinaia di migliaia di persone di diversi paesi da morte certa per fame e mancanza di acqua. Grazie ai loro sforzi furono salutati come eroi nazionali dai popoli che salvarono. Tuttavia, per il fatto di essersi impegnati, per il fatto di aver osato sfidare secoli di condotte esecrabili ad opera delle famiglie e dei personaggi più crudeli che abbiano vissuto su questo pianeta, i fondatori del Cristianesimo, guidati dal loro leader Paolo di Tarso, fecero assassinare numerosi di loro, e tra questi il loro leader, Giacomo il Giusto. Si trattava dei Nazareni, o più precisamente dell’Ecclesia Nazarena (Congregazione) Kahal (Ebraica/Hebrew) di Yisraèl (Israele). Probabilmente li conoscerete con la loro denominazione più nota, ovvero come gli apostoli di Gesù Cristo, capeggiati da Giacomo, il fratello di sangue di Gesù, e sostenuti dal padre di Gesù, Giuseppe Ha-Rama-Theo (d’Arimatea), principe ereditario in esilio. Che forse non abbiate mai sentito parlare della grande carestia del 43-50 d.C. è comprensibile. Che la Chiesa Cristiana non abbia mai parlato del fatto che gli apostoli si impegnarono con tutte le proprie forze, e per diversi anni, in questa memorabile operazione di soccorso, completamente cancellata dalla memoria dei popoli successivamente alla redazione delle Scritture, è altrettanto comprensibile. Perché se aveste sentito parlare della grande carestia e degli atti straordinari di Joseph Ha-Rama-Theo (Giuseppe d’Arimatea), che mise a disposizione del popolo il proprio patrimonio familiare accumulato nei millenni, vi chiedereste probabilmente chi fosse in effetti Giuseppe. Per quale motivo i diretti discendenti “spirituali” della Chiesa fondata da Paolo non fanno alcuna menzione di uno dei più grandi atti di carità e di buona disposizione nei confronti del prossimo compiuti dagli uomini? I Nazareni rappresentavano i nemici giurati di Paolo e dei fondatori del Cristianesimo, ovvero dei Sommi Sacerdoti che avevano crocifisso Gesù, e che avevano organizzato con Paolo l’omicidio di Stefano e di Giacomo, che avevano usato violenza e depredato il loro stesso popolo, che era rimasto impassibile a guardare senza fare nulla per aiutarli. La famiglia di Paolo e i suoi veri padroni del Casato di Ananus (noto anche come Hanan) si arricchirono enormemente raccogliendo fasulle beneficenze tra gli ebrei della diaspora in tutto l’Impero Romano, ebrei che credevano di contribuire a quel grande sforzo umanitario. L’obiettivo principale del Cristianesimo istituito da Paolo non fu forse quello di eliminare completamente e alla radice il pensiero gnostico, per sostituirlo con una religione fondata su 2 livelli differenti – uno destinato alle pecore, l’altro utile a favorire il perpetuarsi dell’antica pratica Sadducea legata ai culti satanici ed al sacrificio umano? Quindi, non stupitevi se non avete sentito parlare dei Nazareni, ma solo di Gesù di Nazareth. Né dovreste rimanere stupiti dal fatto che non abbiate mai sentito parlare del movimento che fu ufficialmente creato da Gesù, l’Ecclesia Nazarena.

I NAZARENI

Se non fosse stato per alcuni testi casualmente ritrovati e una serie di frammenti di sapienza gnostica rintracciabili in numerosi manoscritti, la Chiesa Cristiana sarebbe riuscita a cancellare completamente dalla storia le parole, gli insegnamenti e gli effettivi propositi di Gesù e dei suoi discepoli. Quando la maggior parte delle persone sente nominare il termine Nazareno, pensa automaticamente a un “uomo residente a Nazareth”, ovvero in una piccola cittadina dell’area settentrionale di Israele collocata su un altopiano a circa 1.200 piedi (350 metri) sul livello del mare, circondata da elevate colline alte 1600 piedi a Sud e ad Est, che costituiscono i punti più meridionali della catena montuosa del Libano, e protetta ad Ovest dal Monte Carmelo e da altri rilievi montuosi. Nazareth si trova a meno di 10 miglia a Nord-Est delle pendici del Monte Carmelo, e approssimativamente alla stessa distanza dalle

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pendici del Monte Tabor, a Nord, entrambi luoghi storici della Bibbia. L’antica direttrice dei traffici tra l’Egitto e l’entroterra dell’Asia Minore attraversa Nazareth, collocata alle pendici del Monte Tabor, e risale quindi a Nord in direzione di Damasco. Negli ultimi anni, gli archeologi hanno fatto riferimento al ritrovamento di tombe neolitiche a pochi chilometri da Nazareth per sostenere che il sito di Nazareth fosse probabilmente occupato molti anni prima della nascita di Gesù. Tuttavia, gli scavi condotti prima del 1931 non hanno rivelato alcuna traccia di un insediamento greco o romano in quell’area, e in base agli studi portati avanti tra il 1955 e il 1990, non è stata ivi riscontrata alcuna prova archeologica risalente ai periodi assiro, babilonese, persiano, ellenistico o anche al primo periodo dell’occupazione romana. Non vi è ombra di dubbio che l’antichità delle strutture ivi riscontrate e quindi la città stessa non possa essere più antica del 10 a. C. Questo dato è supportato dalla totale assenza di qualsiasi registrazione storica riferibile all’esistenza della città di Nazareth, in qualsivoglia resoconto storico dell’Antico Testamento, e in qualunque altro testo ebraico prima del III secolo, mentre la popolazione residente a Nazareth, nel periodo in cui nacque Gesù, si ritiene ammontasse a non più di 500 – 600 anime. Come risultato di tali evidenti anomalie, alcuni hanno persino suggerito che Nazareth non esistesse neppure ai tempi di Gesù. Tuttavia, questa è una conclusione che ignora l’indizio evidente rappresentato dalla denominazione stessa della città: “Nazareth”. Il termine Nazareth deriva da una corruzione della denominazione originaria dell’insediamento di “Nazara”, che significava “città degli holly/holy” (città dell’agrifoglio/città del sacro) o semplicemente “città dei consacrati di Dio”. Nazara è un termine coniato poco prima della nascita di Gesù, e derivava dal titolo ebraico “nazorita”, “nazarita” (in ebraico: nazir), che era riferito a un Ebreo che prende i voti ascetici di autodisciplina e di purezza. Il termine “nazirita” deriva dalla parola ebraica “nazir” che significa “consacrato” o “separato”. Il termine “nazarita” è spesso usato nel Vecchio Testamento e numerosi dei profeti furono rispettosamente indicati come “Nazariti”, come Elia e anche Giovanni Battista di Qumran. Tuttavia, è errato presumere in termini assoluti che un Nazareno, ovvero un membro della comunità di Nazareth, e il termine (Nazareno) in seguito utilizzato per indicare tutti i veri seguaci di Gesù, avessero lo stesso significato. Non ci sono prove che i Nazareni in quanto seguaci di Gesù applicassero i rigidi codici di abnegazione considerati necessari per essere riconosciuti come Nazariti. Eppure, tale confusione perdura ancora ai nostri giorni.

I DIVINI SPIRITI DEGLI HOLLY (dell’Agrifoglio) (Holly/Agrifoglio – Holy/Santo)

Contrariamente alle favole deliberatamente create da Paolo, da Luca e dai suoi sostenitori, il padre di Gesù fu Joseph “Ha-Rama-Theo” (Giuseppe d’Arimatea) che significa ” Sua Altezza Divina”. Mentre Erode e i suoi figli governavano come leader depotenziati nella fase della dominazione Romana, Giuseppe rappresentava il figlio maggiore della stirpe reale dinastica degli antichi re di Israele, e quindi era parte integrante della linea di sangue di Zedechia, l’ultimo re d’Israele. Giuseppe quindi era per nascita un Sadduceo, ed era il più ricco tra i sadducei, presumibilmente l’uomo più ricco del mondo antico. La ricchezza del principe ereditario, e il fatto che nelle sue vene scorresse il sangue della stirpe di Davide, risultano due delle più grandi anomalie mai riportate nel Nuovo Testamento, anomalie che la Chiesa Cristiana ha continuato a tenere occultate per secoli. La risposta ad entrambe le apparenti anomalie è che Giuseppe fosse in realtà il re supremo d’Irlanda, il vero discendente di Zedechia e delle linee di sangue ‘sacre’ più antiche della storia, ovvero quelle dei primi sacerdoti della storia umana, i Cuilleain (“spiriti divini dell’agrifoglio”). In secondo luogo, in quanto Re, a lui spettavano i diritti reali di estrazione tanto dell’Irlanda quanto del Galles, ovvero le loro enormi riserve di rame, stagno, naturale in bronzo, argento e oro. Si tratta di un elemento che potrebbe contribuire a spiegare la sua incredibile ricchezza, dato che il rame e lo stagno restarono due dei metalli più essenziali del mondo antico, e lo erano anche nel I secolo d.C. C’erano altre ricche

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famiglie Sadducee nel mondo antico, in particolare il Casato di Ananus. Noto come Hanan il Giovane, Ananus divenne il 64° Sommo Sacerdote degli Ebrei intorno al 6 dopo Cristo. Tale famiglia era composta da antichi e benestanti ebrei siriani-sadducei (Siro-Sadducei), cittadini romani, che possedevano i territori collocati lungo l’antica via commerciale a metà strada tra Antiochia a nord e Damasco a sud, dove sono oggi collocate la città di Hamah e la cittadina di Hanan. Sebbene numerosi tra i figli e i nipoti di Ananus il Vecchio (Elder) abbiano ricoperto ruoli storicamente rilevanti nella Bibbia, quali il genero Caifa – ovvero il sommo sacerdote che arrestò Gesù – e Ananus il Giovane (62 dopo Cristo) – ovvero colui che ordinò l’esecuzione di Giacomo, fratello di Gesù – fu suo nipote Giuseppe (Joseph) Ben Matthias (noto anche come San Luca) il personaggio più noto, ovvero colui il quale ha contribuito a creare il Cristianesimo e la maggior parte dei testi biblici per come li conosciamo oggi. Ora, ci piacerebbe poter affermare che gli antenati di Giuseppe fossero dei buoni re, ma sarebbe una menzogna. Dato che egli era Sadduceo e principe ereditario, erano stati i suoi antenati a praticare il sacrificio di bambini e di persone nel tempio in onore di satanici demoni, erano stati i suoi antenati a praticare il cannibalismo rituale e a bere il sangue delle proprie vittime, in abominevoli orge alimentate dalle droghe, in onore della Dea Madre. Quindi, per i sommi sacerdoti d’Israele, al tempo di Erode, egli non rappresentava solo uno di loro, ma addirittura, e a tutti gli effetti, uno dei loro leader. Ma accadde qualcosa, qualcosa che mai potremo conoscere nei particolari. Grazie a una sorta di miracolo divino, i nemici giurati dei Sadducei, la linea di sangue degli antichi sommi sacerdoti, gli Esseni, accettarono che Giuseppe potesse sposare una di loro, unendo così le linee di sangue degli antichi re e le linee di sangue degli antichi sacerdoti nella linea di sangue più pura dei re-sacerdoti nel corso storia umana. Gesù fu il risultato di queste singolari circostanze. In base alle scarse informazioni su cui possiamo fare affidamento per ricostruire tale quadro nel suo complesso, Giuseppe, il principe ereditario in esilio, fu certamente un esseno convertito almeno in una certa fase prima del suo matrimonio e della nascita di Gesù. Probabilmente, immediatamente dopo il fallito colpo di stato ai danni dei discendenti di Erode (Erodiadi), alla morte di Erode il Grande, Giuseppe operò per un periodo con gli assassini più temuti e i guerrieri più temerari del mondo antico, i Sicari, gli Iscarioti e gli Zeloti della Galilea. Nessuno poteva viaggiare attraverso la Galilea senza che il leader zelota sapesse dei suoi programmi e gli permettesse il passaggio. Quindi, Giuseppe, ai piedi del Monte Carmelo risultava intoccabile per i figli di Erode. Qui, ai piedi del Monte Carmelo, Giuseppe utilizzò la sua fama e la sua ricchezza senza precedenti per creare una nuova città che chiamò Nazara, che significa “città della verità”. Purtroppo, ogni possibile informazione riguardante Giuseppe è stata rielaborata e distorta dalla centrifuga cristiana, quindi, ottenere una chiara comprensione delle ragioni che furono alla base del suo agire non è semplice. C’è un’ulteriore prova evidente, un elemento che viene spesso “occultato” dagli storici. Nel periodo in cui nacque Gesù, è possibile riscontrare un enorme vuoto nei resoconti riguardanti i re supremi d’Irlanda, una circostanza che non si è mai verificata in periodi antecedenti o anche successivamente, fino alla loro definitiva scomparsa dalla scena mondiale. Questo vuoto corrisponde al periodo in cui Giuseppe si trovava in Medio Oriente e probabilmente non è una semplice coincidenza. Tuttavia, se esaminiamo le effettive parole e gli insegnamenti di Gesù per come sono stati rivelati dai vangeli gnostici, probabilmente potremo renderci conto della direzione in cui suo padre avesse intenzione di condurre lo spiritualismo ebraico.

LA CONOSCENZA E IL SANGUE

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La conoscenza, e ancor più nello specifico la sapienza divina e la memoria storica, erano considerate preziose quanto l’oro e i diamanti dagli antichi. Erano anche tesori da custodire con pari zelo. Oggi, nell’era di internet, le persone danno per scontato che sia possibile esplorare l’intera banca dati relativa alle conoscenze dell’umanità, dalle opere più grandiose fino ai più infimi simulacri di ciò che è possibile definire saggezza. Ma ai tempi di Giuseppe e di suo figlio Gesù, le persone non beneficiavano di una simile possibilità. Ben poco si sapeva del divino, dell’effettiva natura del cosmo, della connessione che esiste tra tutte le cose, del fatto che la vita è un sogno, del fatto che ogni pensiero e azione porta con sé delle conseguenze, questioni comprese da una cerchia ristretta, per lo più rappresentata dai custodi dei templi e delle antichissime sacre scritture. I personaggi che meglio comprendevano tali conoscenze erano rappresentati dai membri delle più antiche linee di sangue associate alla sapienza divina, quegli antichi re nelle cui vene scorreva il sangue dei Cuilleain, degli ‘Uomini Sacri’, dei supremi re d’Irlanda. Ancor prima che termini moderni quali “druido” fossero introdotti per indicarli, essi rappresentarono i primi sacerdoti della storia umana, quelli che salvarono le proprie comunità dalla fame più di 5.000 anni fa, quelli che costruirono Stonehenge per tentare di estirpare i culti satanici in Britannia ed inoltre coloro i quali rappresentarono i capi riconosciuti dei potenti Celti che popolavano l’Europa. Tali linee di sangue sono associate anche ad altri gruppi, quali gli esuli di Ebla e Ugarit, e gli esuli del regno di Akhenaton. Gli Esseni rappresentavano uno di questi gruppi. La loro biblioteca, ricchissima di antiche conoscenze esoteriche, probabilmente rivaleggiava con le più grandi raccolte di saggezza di qualsivoglia confessione religiosa nella storia del mondo, almeno sino alla creazione della grande biblioteca di Alessandria. Per esperienza diretta, gli Esseni sapevano dell’esistenza di uomini e donne pronti a uccidere per accedere ai segreti del divino, alle chiavi per accedere alle intenzioni ultime di Dio, ai principi alla base dell’Universo. E i personaggi dotati di tale disposizione erano inoltre disposti ad uccidere chiunque altro avesse accesso a quella conoscenza. Oggi ancora non riusciamo a renderci conto di quanto immensa fosse l’effettiva saggezza del mondo antico. Cristiani e persino Ebrei tendono a ripetere pappagallescamente parabole e storie del cui patrimonio simbolico segreto sanno poco o nulla. Ma numerosi studiosi e personaggi che hanno avuto accesso alle conoscenze del Buddismo e ai grandi testi spirituali del mondo, comprendono cosa sia in effetti la pura e vera saggezza, l’elemento in grado di fornire ad un individuo la possibilità di comprendere l’intero Universo. I limiti insiti nella nostra possibilità di comprensione il più delle volte implicano che, quando ci capita di leggere di testi antichi e di antichi tesori, la nostra prima reazione sia quella di immaginare favolosi tesori nascosti composti da oggetti in oro e da gioielli, quando in effetti le intuizioni di Akhenaton, i comandamenti perduti del vero Mosè, risultavano in effetti assai più preziosi. Gli Esseni erano quindi assai parsimoniosi nel rivelare ad altri quanto sapessero, per timore di provocare tanto l’ira mortale dei propri rivali, quanto l’invidia di chi volesse impossessarsi di tale conoscenza per trarne personale vantaggio. Per cui, quando Giuseppe, il principe ereditario, fu introdotto alla vera conoscenza, ovvero alla conoscenza dei misteri più antichi a proposito di chi in effetti avesse creato gli esseri umani, la nostra anima, la struttura dell‘Universo, le conoscenze a proposito del fatto che la vita è un sogno, così come quelle legate al rispetto per la vita stessa e alla realtà effettiva della vita dopo la morte, egli immaginò un mondo in cui tale conoscenza fosse resa disponibile a ogni uomo e a ogni donna. È interessante notare come questo fosse lo stesso spirito altruistico del Buddha, diverse centinaia di anni prima, in tutta l’India e nel vicino Oriente. Fu anche lo scopo di Maometto, il profeta e creatore dell’Islam, fino a quando la dinastia degli Omayyadi ritenne che fosse più vantaggioso distorcere le parole del Corano ed inserire, per fini propri, perverse e terribili distorsioni che ebbero come prime vittime le donne e i non-credenti. Quindi, per realizzare i suoi obiettivi, Giuseppe costituì in effetti il più grande campus universitario della storia antica, con dormitori, scriptorii, templi e biblioteche.

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GLI ESSENI E I NAZARENI

Gli Esseni avevano sempre saputo che il Talmud Babilonese fosse un documento fasullo, elaborato per porre fine ai sacrifici umani ed alle condotte abominevoli praticate nell’ambito di culti satanici. Gli Esseni, d’altronde, risalivano a tempi antecedenti rispetto ai fasulli Sadducei della Siria e soprattutto rispetto ai Farisei. Gli Esseni avevano anche a disposizione numerose prove per dimostrare il fatto che il Talmud Babilonese, la festività della Pasqua e praticamente tutto ciò che riguardasse la religione ebraica come la intendiamo oggi, costituissero in effetti un gigantesco inganno. Inoltre, gli Esseni aborrivano i sacrifici e la brutalità esercitata nei confronti degli animali in base alle “leggi di Mosè”, così come si opponevano con decisione alle pratiche di quegli adepti del satanismo che sacrificavano i propri figli primogeniti in onore dei demoni, in maniera da poter guadagnare più denaro, o per maledire i loro nemici. Dopo essersi inizialmente ribellato ai piani di suo padre, Gesù tornò sui propri passi e si rese conto che il suo destino sarebbe stato quello di diffondere la verità e la luce. Vide se stesso come il portatore di luce, colui che avrebbe rivelato la verità al mondo e posto fine al male per sempre. Ora, una questione è conoscere la verità, tutt’altra è discuterne apertamente. Tutti i Sadducei e i Farisei sapevano chi fosse Gesù. Per cui, quando Gesù fece ritorno dall’Egitto e proclamò di rappresentare l’unico vero Figlio di Dio e “l’unto” non sbagliava affatto definendosi tale, poiché parlava di sé stesso come del discendente della linea di sangue del faraone Akhenaton e dei supremi re d’Irlanda, della casta dei Cuilleann, la più antica di tutte le linee di sangue reale della storia. Inoltre, le sue dichiarazioni fanno intendere che non solo lo stava affermando, ma che si fosse già sottoposto al rito di consacrazione dei Sacerdoti di Amon presso il tempio di Tebe, poiché in base a tutti i resoconti si era rasato la barba e la sua pelle era liscia, rasata come quella degli egiziani. Ma Gesù era andato anche oltre. Tramite i suoi insegnamenti egli aveva rivelato l’effettiva cosmologia ed inoltre il fatto che gli ebrei avessero adorato demoni ed avessero agito come satanisti per millenni, ed infine le ragioni per cui gli esseri umani erano stati creati e da chi. Inoltre, aveva rivelato i segreti alla base della conoscenza del sé, e la natura stessa del dio universale nei suoi insegnamenti gnostici. Ora, un ebreo-irlandese, principe ereditario, che aveva assunto tanto il titolo di Faraone quanto quello di Figlio di Dio, che si comportava come un Faraone rivelando alle masse una sapienza di carattere gnostico tanto imponente, rappresentò la minaccia più pericolosa che i Sadducei e i Farisei avessero mai affrontato con riferimento alle proprie pratiche, esattamente l’effetto che Gesù più si auspicava. Tuttavia, egli aveva sottovalutato che in periodi di crisi persino i nemici possano unire le proprie forze, e in questo caso i Farisei e Sadducei unirono le proprie forze per far sì che ad ogni riunione di carattere religioso tenuta da Gesù potessero agire per porlo in cattiva luce e schernirlo, frustrando ogni suo tentativo di divulgare il proprio messaggio, corrompendo manifestanti e minacciando i partecipanti con l’intento di nuocergli nel caso avessero partecipato ai suoi raduni. Alla fine risultò chiaro che Gesù fosse sul punto di perdere la battaglia che stava conducendo in vista del suo principale obiettivo. Ad essere onesti, e senza tirare in ballo gli Alti Sacerdoti e i Farisei, la sapienza gnostica che Gesù e i suoi discepoli avevano rivelato rappresentava forse troppo per chiunque, tranne che per i pochissimi. La maggior parte degli ebrei ai tempi di Gesù era tranquillamente disposta a seguire la ridicola lista di regole inizialmente stabilite da Geremia e successivamente estese da Neemia (Nehemiah) 400 anni prima. Per la famiglia media esistevano certezze, una sicurezza di fondo legata alla applicazione di quella serie di prescrizioni religiose. In quella fase, Gesù era impegnato letteralmente a fare a pezzi tali certezze e canoni, ed era inoltre impegnato ad affermare che tutti gli ebrei fossero stati le vittime di un inganno gigantesco, che i personaggi che ritenevano i propri Alti Sacerdoti fossero in effetti perversi satanisti impegnati a sacrificare bambini ed a partecipare a riti fondati sul cannibalismo in onore della Dea Madre Astarte, nota anche come Ishtar e Cibele. Ancora oggi, dopo duemila anni, e successivamente all’avvento

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degli odierni sistemi educativi, per la maggior parte delle persone, i vangeli gnostici risultano incredibilmente ostici da comprendere. Ed in effetti, rendersi conto del fatto che i fondatori del Cristianesimo siano stati dei satanisti, come lo furono i Sadducei dell’antica religione israelita, è troppo per chiunque, tranne che per i pochissimi. Per cui le persone, esattamente come le pecore alle quali sono state assimilate nella Bibbia, hanno semplicemente evitato di ascoltare, voltandosi dall’altra parte. È possibile rendersi conto in numerosi sezioni delle scritture, quelle deputate a trasmettere specifici elementi di verità, quanto tutto questo possa essersi dimostrato terribilmente frustrante. La simbologia è sempre stata più potente della ragione. E ‘sempre stato più facile inginocchiarsi di fronte ad un’icona, come una croce, piuttosto che meditare sui propri scopi ultimi e sui propri valori nella vita, mantenendo un certo grado di auto-disciplina. Ma Gesù aveva un ultimo significativo gesto simbolico da porre in atto, simile ad un asso nella manica, avrebbe architettato la propria morte nel giorno del proprio compleanno, lo stesso giorno della festività della Pasqua, e così operando sarebbe divenuto il simbolo incarnato della fine della pratica dei sacrifici da parte del popolo ebraico. Tutto fu deciso. Fece in modo che i suoi discepoli si concentrassero sulla laborazione delle scritture che contenessero i propri insegnamenti e il senso da attribuire alla sua simbolica fine.

LA SUPERBIA DELLA SAGGEZZA

A voler essere sinceri, l’individuo medio, pur rivendicando un autentico desiderio di conoscere la verità a proposito dell’Universo e la volontà di agire quale testimone della saggezza pura e dell’effettiva conoscenza del divino, tende tuttavia nella realtà a fare il contrario. Senza parlare poi di quei personaggi che promuovono consapevolmente l’ignoranza ed un culto semplicistico fondato su icone che in effetti fanno appello a demoni terribili. Si tratta semplicemente del fatto che, come avviene per tutte le forme di vita intelligenti, sono le relazioni, l’avere cibo a sufficienza a disposizione, un lavoro stabile e un tetto sopra la testa ad occupare le attenzioni della maggior parte delle persone nel corso della propria vita. Tale atteggiamento pratico e materialistico di rigetto nei confronti di quegli elementi che in verità rappresentano quelli più rilevanti rappresenta la pratica comune quasi esclusiva, principalmente dopo l’avvento e l’affermazione della civiltà. Ecco perché, in un certo senso, i Sadducei e i loro protetti, i Cristiani, sono riusciti letteralmente a scamparla ricorrendo a quell’omicidio, non perché i popoli nel loro complesso siano composti da stupidi, ma perché discussioni tediose sulla natura del cosmo e sulle origini del Giudaismo non risultano affatto una priorità per la maggior parte delle persone. E neppure si può affermare che gli stessi antichi Re Sacerdoti fossero personaggi dai principi assolutamente nobili. Saranno anche stati considerati come i “santi” e i “divini”, avranno anche potuto dominare la più antica delle terre, ma hanno mantenuto buona parte del proprio popolo nell’ignoranza della saggezza e della verità. Ad esempio, in Irlanda, ovvero nella casa spirituale delle linee di sangue dei più antichi re della storia, l’albero di agrifoglio era considerato tanto sacro per Cuilleain, i veri “druidi” della storia, che chiunque non fosse stato membro dei Cuilleain, e avesse tagliato dall’albero o danneggiato uno di quegli “alberi sacri”, sarebbe stato ritenuto colpevole di un gravissimo reato. Al contrario, il Cristianesimo affermò e cercò apertamente di fornire alle persone “comuni” l’accesso a ciò che veniva dipinto come “sapienza divina” – in sé era già una rivoluzione. I membri delle diverse popolazioni non erano più persone da considerare semplicemente come schiavi ignoranti, potevano ora partecipare ai riti ed alle cerimonie che in genere si riteneva fossero accessibili solo alle “elite” della propria società. Naturalmente, nessuna delle affermazioni del Cristianesimo corrispondeva alla verità. Eppure per i primi seguaci di Paolo di Tarso, Luca – ovvero Giuseppe/Joseph ben Matthias (figlio di Mattia), figlio del Sommo Sacerdote – e i loro sostenitori, tale populismo applicato alla spiritualità pare abbia rappresentato una delle ragioni essenziali della sopravvivenza del Cristianesimo stesso, nonostante le pratiche elitarie ed arroganti riferibili alla cosiddetta “conoscenza segreta” praticate agli alti livelli di quest’ultimo.

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Naturalmente, fu appunto questa l’opera pionieristica portata avanti dai Nazareni, ed inoltre la ragione per cui i Farisei ed i Sommi Sacerdoti siriano-sadducei (Siro-Sadducei) si dimostrarono tanto preoccupati dal suo possibile successo. E’ anche per questa ragione che il credo nazareno riscosse tanti successi in tempi così ristretti. LA FINE DEI NAZARENI

E’ difficile stabilire se Paolo di Tarso e San Luca – ovvero Giuseppe ben Mattia (Joseph ben Matthias) – nipote di Ananus il Vecchio, e lo stesso Casato di Ananus siano stati effettivamente in grado prevedere il crollo totale dei Nazareni successivamente alla guerra civile ed alla rivolta che ebbe luogo dopo l’uccisione di Giacomo, il fratello di sangue di Gesù. E ‘anche difficile stabilire se Paolo di Tarso e gli Alti Sacerdoti siriano-ebrei siano stati in grado di prevedere la reazione da parte della linea di sangue reale d’Irlanda e dei loro sostenitori in tutto l’Impero Romano. Esistono numerose prove relative al fatto che si verificarono moti nelle comunità e nelle terre celtiche, in occasione della morte di Giacomo. Tuttavia, gran parte di questa storia è stata deliberatamente cancellata. Ciò di cui si può essere certi è che quando “San” Paolo tornò dalla Francia con il suo trofeo, la testa mozzata di Gesù Cristo, intorno 61/62 d.C., quella famiglia che aveva creato il Cristianesimo si sia effettivamente sentita incoraggiata ad eliminare per sempre i Nazareni. Tuttavia, quando Giacomo il Giusto, fratello di sangue di Gesù ed eroe nazionale, fu barbaramente assassinato nel 62 d.C., tutti i membri della famiglia di Ananus, tra i quali “San Luca” (Giuseppe), furono arrestati, imprigionati e inviati a Roma nel 63/64 d.C. Pur essendo Paolo, così come tutti i membri della famiglia degli Alti Sacerdoti, un cittadino romano, condizione che impediva al governatore romano la possibilità di giustiziarli senza processo in base alle leggi romane, si macchiò in ogni caso di una condotta che avrebbe certamente potuto condurre alla sua condanna a morte. Il risultato di tale condotta, comunque, fu che quelle centinaia di migliaia di persone che erano state salvate dalla carestia si sentirono oltraggiate dalla condotta dei Cristiani e degli Alti Sacerdoti, e chiesero la testa di Paolo di Tarso e degli altri suoi sodali. Gli Apostoli di Gesù, che erano inoltre Zeloti, si trasformarono dall’oggi al domani in generali di enormi eserciti di soldati leali ma scarsamente addestrati, tuttavia disposti a morire per liberare la Giudea dal male rappresentato dai Cristiani e dai Sadducei. Tuttavia, contro l’efficientissima potenza militare dell’esercito romano, tali soldati privi di adeguato addestramento, e persino i ben noti guerriglieri “sicari”, non si dimostrarono all’altezza. In battaglia morirono a migliaia, decine di migliaia addirittura decisero di suicidarsi. Giuseppe Flavio (Flavius Josephus) (“San Luca”) ha fatto frequentemente seppure freddamente riferimento a tale evento in tutte le sue opere, riferendosi al numero impressionante di persone, tra cui donne e bambini di intere città e villaggi, che scelsero di togliersi la vita piuttosto che tornare a vivere sotto il dominio di Roma, dei Sadducei e delle influenze cristiane. Quando Simon Pietro progettò infine la distruzione del Tempio nel 70 d.C., in occasione della stessa data dell’anniversario della distruzione operata da Nabucodonosor il Grande, per abbattere il simbolo per eccellenza della natura malvagia dei Sadducei, i Nazareni erano in massima parte già in massima parte morti o dispersi. Fatta eccezione per una manciata di Apostoli e di personaggi che rientrarono nel mondo romano, i Nazareni furono cancellati per sempre. Gli stessi Cristiani di Paolo non se la cavarono molto meglio, se non nel caso di alcune figure storiche chiave, quali Giuseppe Flavio (Flavius Josephus) (San Luca). Se non fosse stato per questo nipote del Patriarca Ananus il Vecchio, che riuscì a ben gestire la propria salvezza, la propria redenzione politica e il proprio esilio, il Cristianesimo avrebbe rischiato di sciogliersi come neve al Sole e cadere nel dimenticatoio ed i Nazareni avrebbero in quel caso potuto riorganizzarsi. Invece, Giuseppe Flavio (Flavius Josephus) fu effettivamente in grado di cancellare i Nazareni dalla storia, e di riscattare la storia della propria famiglia, di far ricadere le colpe sui cattivi e mai adeguatamente descritti Zeloti, ed allo stesso tempo di eliminare l’effettiva legittimità delle affermazioni degli Esseni

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in riferimento al contenuto dell’Antico Testamento e della storia di Akhenaton. Giuseppe Flavio (Flavius Josephus) (San Luca) fu inoltre in grado di riorganizzare l’opera dell’ormai giustiziato Paolo di Tarso, determinando il quadro di riferimento essenziale della Bibbia Cristiana odierna che finì col comprendere l’Antico Testamento e i quattro i vangeli oggi utilizzati dai Cristiani. Egli contribuì inoltre ad appoggiare quel numero limitato di capi carismatici cristiani e di famiglie cristiane che sopravvissero alla grande purga successiva alla tentata distruzione di Roma. Sebbene Paolo sia stato determinante nell’assassinio di una serie di figure chiave dei Nazareni, quali Gesù, Maria Maddalena (Mariamne), (la “Vergine”) Maria, Giacomo, il fratello di Gesù e le sue sorelle, fu Giuseppe Flavio (Flavius Josephus), tanto in qualità di “storico” quanto come “Luca” il Cristiano, ad assicurare che solo in pochissimi avessero la possibilità di conoscere l’effettiva realtà storica dei Nazareni e la legittimità del vero messaggio gnostico di Gesù. Ma come tutti gli eventi nel corso della storia, anche una menzogna ben congegnata, quale l’opera di Giuseppe Flavio (Flavius Josephus), viene alla fine smascherata.

I Desposyni: La Famiglia di Gesù

FRATELLI E SORELLE

Ogni testo che si possa definire storicamente accurato a proposito della vita di Gesù, sia esso cristiano, pseudo-cristiano o ebraico, afferma che Gesù avesse almeno due o più fratelli. Risulta chiaro, dalla lettura dei Vangeli, come non venga fatto alcun tentativo per nascondere il fatto che Gesù avesse fratelli e sorelle. La ragione di tutto questo risiede probabilmente nel fatto che la morte di suo fratello Giacomo (il Giusto), il primo Patriarca/Papa e leader ‘consacrato’ dei discepoli successivamente alla crocifissione di Gesù, rappresenti un evento storico in riferimento al quale esistono sostanzialmente più prove e riferimenti di quanti ne esistano per lo stesso Gesù. L’omicidio brutale e a sangue freddo di Giacomo il Giusto, intorno al 62 d.C., fu realizzato dalla stessa famiglia di Sommi (Alti) Sacerdoti che erano stati i responsabili della crocifissione di Gesù, il Casato di Ananus (Hanan), fu questa famiglia ad organizzare il suo omicidio, con l’appoggio di Paolo di Tarso. Si trattò inoltre dell’assassinio di un personaggio che si era dimostrato un vero e proprio eroe nazionale, un evento che di lì a poco si trasformò nell’elemento scatenante della rivolta che condusse infine alla distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. Ora, se anche tale resoconto storico appare singolare ed enigmatico per chiunque sia stato educato nella fede cristiana, ciò non sorprende, dato che, nonostante il fatto che le chiese cristiane si dimostrino ben felici di riconoscere che Gesù avesse avuto effettivamente una famiglia, è a questo punto che le loro ammissioni tendenzialmente si fermano. Successivamente a tale ammissione, gran parte degli studiosi cristiani sono stati ossessionati dal fatto di introdurre genealogie complesse per illustrare il fatto che Gesù fosse effettivamente figlio unico, o che i suoi fratelli e le sue sorelle fossero stati adottati, o addirittura che l’intera storia riguardante i suoi fratelli e le sue sorelle costituisca un terribile fraintendimento. Perché tale menzogna? Perché questa deliberata volontà di evitare una delle poche indicazioni rese evidenti all’interno della Bibbia, e relativa al fatto che Gesù avesse fratelli e sorelle? Prenderemo in considerazione la tradizione a noi giunta e i motivi di fondo di tale condotta, cercando anche di rispondere con esattezza alla domanda relativa a chi fossero effettivamente i fratelli e le sorelle di Gesù e a ciò che accadde loro.

LA LINEA REALE DI GIUDA

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Mille e settecento anni fa, prima che i teologi cristiani si impegnassero ad elaborare una serie di fallaci argomentazioni impegnate a sostenere che Gesù fosse stato in effetti un Dio vivente, non vi era alcun dubbio sul fatto che Gesù fosse primogenito di una serie di fratelli e sorelle suoi consanguinei. Sostenere il contrario sarebbe stato assurdo, non solo perché esisteva ampia evidenza storica e liturgica di questo, ma anche perché le antiche tradizioni della regione imponevano la formazione di famiglie con un certo numero di figli, dati i rischi che si correvano a quel tempo. Tale condotta era certamente obbligata per ogni famiglia reale e in particolare per qualsiasi famiglia reale che si trovasse in esilio. Nel caso di Gesù, il suo patrimonio unico avrebbe dovuto costituire la convergenza tra la più antica delle linee di sangue degli originari Alti Sacerdoti di Israele (la linea di Aronne), da parte di sua madre, e quella degli antichi re di Israele (la linea di Davide), da parte di suo padre Giuseppe. Tutto ciò è assai più significativo rispetto a quello che la Bibbia o qualunque altro testo cristiano o ebreo possa mai dichiarare apertamente, poiché implicava un matrimonio tra i discendenti di due linee di sangue ben precise, ovvero tra un discendente della linea di sangue reale dei Sadducei e una discendente della linea di sangue degli Esseni. Questi due gruppi, nell’ambito della cultura ebraica, 2000 anni fa, rappresentavano due nemici giurati, in effetti quasi i poli opposti in riferimento alla propria fede e al proprio effettivo credo religioso. I misteriosi Esseni, o “gli egiziani”, come i Sadducei amavano definirli, rappresentavano i custodi di una fede profonda in una divinità monoteistica, erano vegetariani, ed erano ossessionati dalla purezza della mente, del corpo e dello spirito. I Sadducei rappresentavano invece gli infami satanisti che regnarono su Israele nel corso di periodi terribili, funestati da sacrifici umani e dissolutezza, ed erano leggendari per la loro assenza di autocontrollo e di pietà, e non condividevano in effetti alcuno dei principi religiosi degli Esseni. Considerando il fatto che un tale matrimonio avrebbe potuto dare vita ad eredi che sarebbero stati tanto legittimi Re di Israele quanto Alti Sacerdoti, quindi legittimi Re-Sacerdoti, esiste un unico caso registrato di un simile matrimonio, quello tra Giuseppe d’Arimatea (Ha-Rama-Theo, Sua Maestà Divina, Principe Ereditario) e Maria, la discendente di sangue di Zaccaria e, in definitiva, del faraone Akhenaton (“Mosè”). Non sorprende, data l’esclusiva combinazione di questi due opposte componenti in un’unica, potremmo dire, “super linea di sangue”, che a questa famiglia fosse stata concessa una denominazione unica e fuori dall’ordinario – I Desposyni (dal greco δεσπόσυνος (desposunos) “di o appartenenti al Padrone (Maestro) o al Signore”). Fu un nome riservato solo ai consanguinei di Gesù. Ma vi è un ulteriore elemento storico essenziale in questa specifica fusione tra linee di sangue, ed inoltre nella storia del padre di Gesù, ovvero il fatto che Giuseppe fosse definito Ha-Rama-Theo (Sua Maestà Divina). A tutti gli effetti, in qualità di diretto discendente della stirpe di Davide, doveva essere imparentato con il re Zedechia tramite la sola parente sopravvissuta, la Principessa Tamar. Ciò significa che il titolo di Giuseppe era quello di Supremo Re d’Irlanda, l’unico effettivo e diretto discendente di sangue di Zedechia rimasto sul pianeta Terra, uno dei Cuileann (che esistono ancora oggi come i O’ Cuilleain, i Cullen, Collins, Cullenan e O’ Coileain). Inoltre, l’importanza del matrimonio di Giuseppe e Maria assume un’ulteriore dimensione per il fatto di ri-stabilire e ri-unificare due linee di sangue, precedentemente antagoniste, una riunificazione di cui mai si era stati testimoni sin da quando Geremia e Baruch condussero la Principessa Tamar in Irlanda nel 590 a.C.

I DESPOSYNI

Ci sono nomi menzionati in diverse punti nella Bibbia e in altri documenti non canonici. Sulla base di questi ultimi, ecco la migliore elencazione che è possibile realizzare dei fratelli e delle sorelle di Gesù in ordine di età, dal più vecchio al più giovane. - Parenti stretti di Gesù: Giuseppe – Sua Divina Maestà, Re Supremo d’Irlanda in esilio.

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Maria, Madre di Gesù. Gesù (maggiore e primogenito, a cui fa riferimento anche l’anagramma di Lazzaro nel Vangelo secondo Giovanni). Maria Maddalena (Mariamne) – moglie di Gesù. Martha (Salomè anche soprannominata Matia). Giacomo (il Giusto). Joseph (Giuseppe). Giuda (Judas, noto anche come Tommaso il gemello). Maria (Miriam). Cugini: Cleofa (Cleopas), fratello minore di Maria. Simeone Cleofa (Simeon Cleopas). Maria Cleofa (Mary Cleopas). In riferimento a cosa sia accaduto a tali parenti più stretti, è chiaro che, nel 44 d.C. circa, quando Paolo di Tarso riuscì ad eliminare il responsabile dell’operazione Nazarena di sostegno alla popolazione rispetto alla carestia appena manifestatasi (Stefano, il martire), Giuseppe condusse tutta la sua famiglia, esclusi Gesù e Maria Maddalena, in Britannia, mentre Giuda (noto anche come Didimo Tommaso) si rifugiò nell’area di Tamil Nadie, in India. Il resto dei discepoli, insieme a Giacomo il Giusto, restarono a Gerusalemme per coordinare gli sforzi indirizzati a sostenere la popolazione a seguito della grande carestia verificatasi nella regione.

I FATTI RINNEGATI DALLA VERSIONE CRISTIANA

Rispetto a tale elenco dei parenti strettissimi di Gesù, le chiese cristiane sono concordi nel contestare i seguenti fatti. Il Cristianesimo d’Oriente, da Eusebio in avanti, ritiene che fossero “figli di Giuseppe avuti dalla sua (non registrata/non meglio identificata) prima moglie.” Il Cattolicesimo Romano, in base a quanto contenuto in Marco 15:40, Marco 16:01, Giovanni 19:25 e Giuda 1, ritiene, così come (San) Girolamo (autore della Vulgata), che fossero ‘cugini’ di Gesù, figli di Maria, la moglie di Cleofa, traducendo in cugino il termine greco per “fratello” o ” parente” utilizzato nei Vangeli. Seguendo Egesippo (150 d.C. circa), citato da Eusebio (Storia Ecclesiastica 3, 11), Cleofa (Cleopas) risulterebbe presumibilmente il fratello di Giuseppe, mentre Simone sarebbe il cugino di Gesù. Ovviamente, un conto è sostenere tali argomentazioni per tentare di screditare l’effettiva esistenza di fratelli e sorelle consanguinei, un altro è creare prove fasulle. “Il Protovangelo di Giacomo” – e tale documento rappresenta un’opera dalla dubbia fama che viene falsamente attribuita al leader della chiesa di Gerusalemme, Giacomo – afferma che Giuseppe fosse stato precedentemente sposato, e che da tale matrimonio avesse avuto due figli. Tanto gli studiosi cristiani quanto quelli ebrei sono impegnatissimi a sottolineare che nell’aramaico non esistesse alcun termine per indicare “cugino”, sostenendo quindi che il termine “fratello” fosse stato utilizzato come termine sostitutivo. Gli studiosi cristiani affermano inoltre, come se si trattasse di una sorta di dato di fatto, che tale utilizzo continuato del termine “fratello” per indicare anche un “cugino” non costituisse una novità assoluta, anzi, sarebbe da considerare più che altro una consuetudine comunemente accettata in quella lingua.Ovviamente questa teoria risulta assolutamente priva di senso quando ci si rende conto che i primi vangeli dei Nazareni furono scritti in greco, mentre i vangeli fasulli di Paolo e degli scribi degli Alti Sacerdoti furono scritti in aramaico e anche in greco. In greco, scusanti o sotterfugi di tale genere non possono essere utilizzate. Dato che un testo che si impegni a parlare di fratello o sorella significa appunto quello: fratello o sorella di sangue. La Chiesa Cristiana sviluppò, nel tempo, un altro ‘escamotage’ per rendere più difficile rivendicare, come buon senso imporrebbe, l’esistenza di effettivi fratelli e sorelle di Gesù. Si impegnarono ad affermare che Giuseppe fosse già anziano e che

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fosse morto poco successivamente al ritorno di Maria a “Nazareth” (la variante cristiana della località nota come Nazara). Tale affermazione assolutamente fasulla fu resa possibile successivamente al deliberato occultamento dell’identità di Giuseppe Ha-Rama-Theo, Supremo Re d’Irlanda in esilio, diretto discendente del Re Zedechia, della casa dei Cuileann, degli “Uomini Sacri”, le più antiche e ‘divine’ linee di sangue della storia, l’uomo più ricco di tutta la regione ed inoltre il padre di Gesù. La soluzione riguardante tali controversi elementi risulta più semplice di quanto possa apparire. Pur essendo la città di Arimatea puramente immaginaria, il suo anagramma raramente è stato contestato, così come non lo sono state le numerose sezioni apparentemente contraddittorie e prive di senso del Nuovo Testamento, un evento che si sarebbe verificato se Giuseppe di Arimatea non fosse stato il vero padre di Gesù. I Cristiani andarono persino oltre, dipingendo Gesù, il discendente di una stirpe reale di re e sacerdoti, come il figlio di un povero falegname (carpentiere), un travisamento vergognoso seppure per molti versi non una menzogna in senso assoluto, dato che suo padre Giuseppe aveva completamente auto-finanziato la costruzione di una città completamente nuova abitata da migliaia di persone, nota come Nazara, nell’arco di dieci anni. Sarebbe come affermare che la famiglia proprietaria della Wal-Mart sia in effetti una famiglia costituita da commessi di un centro commerciale. Ovviamente, tutto questo è stato reso possibile distruggendo sistematicamente ogni singola prova in grado di dimostrare il contrario. In primo luogo, ovviamente, distrussero i Nazareni, quindi gli Esseni e successivamente le residue connessioni irlandesi-ebraiche in tutto il Mediterraneo. Tale quadro include inoltre le numerose invasioni dell’Irlanda orientate a favorire l’eliminazione di quell’antica cultura e costringendo qualsiasi elemento in grado di dimostrarsi una prova dell’antica saggezza dei Supremi Re d’Irlanda a tornare all’ “età della pietra”. Nel corso di tale processo, la Chiesa garantì inavvertitamente la sopravvivenza della prova più schiacciante di tutte, ovvero quella relativa alle linee di sangue degli antichi re e dei diretti discendenti della stirpe di Davide e della stirpe di Gesù.

I FIGLI DI GESU’ E MARIAMNE (MADDALENA)

Ora, la presunta ragione per cui i non Cristiani, e perfino gli stessi Cristiani, ritengono che la Chiesa difenda a spada tratta il fatto che Gesù fosse figlio unico, sembrerebbe quella di proteggere il suo culto e la fede nella verginità e nella santità di Maria. Si tratta tuttavia, in questo caso, di difendere i canoni fondamentali del culto di Cibele, della “Regina Coeli”, i principi fondamentali del culto della Vergine e della Dea Madre, uno dei più antichi culti pagani e probabilmente il più sanguinario e perverso. Ciò che è evidente, è che se un cristiano, e in particolare la Chiesa Cattolica, dovessero ammettere che Gesù avesse avuto fratelli e sorelle biologici, ed esistono schiaccianti prove storiche a confermarlo, allora il concetto di un “divino figlio di Dio” comincerebbe a traballare. Quest’ultima è inoltre una delle ragioni per cui la Chiesa è impegnata ad avversare in ogni maniera possibile la versione presentata nel “Codice Da Vinci”. Tuttavia, la vera ragione, la ragione storica, è assai più sinistra, assai più terribile di un semplice tentativo di difesa nell’ambito di un dibattito teologico.Poiché, tramandato di vescovo in vescovo, di documento esoterico in documento esoterico, di reliquia in reliquia, la Chiesa, e soprattutto la Chiesa di Roma, è stata custode di un terribile segreto riguardante il Cristianesimo e la famiglia di Gesù. Ora, se avete letto il Nuovo Testamento e le informazioni da noi presentate a proposito dell’effettiva origine del Cristianesimo, vi renderete conto che non fu Gesù, né alcuno dei suoi discepoli a creare il Cristianesimo, ma Paolo di Tarso e i Sadducei. Inoltre, comprenderete come la stessa Chiesa Cristiana sia stata finanziata grazie a fasulle beneficenze incamerate sfruttando gli atti di carità effettiva compiuti dai discepoli così come dalla famiglia e dai parenti più stretti di Gesù. Infine, vi renderete conto che una delle missioni principali di Paolo di Tarso fu quella di distruggere tutto il bene contenuto nel messaggio di Gesù e, successivamente, la sua intera famiglia. Nessun uomo più malvagio è mai vissuto sulla terra. Nessun

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sistema più malvagio di quello riconducibile agli obiettivi primari e originari del Cristianesimo ideato e realizzato da Paolo di Tarso è mai stato costituito. Quindi, successivamente alla scomunica ad opera di Giacomo il Giusto, Paolo di Tarso, a partire dal 58/59 d.C. circa, diede il via ad una serie di omicidi che non si interruppe neppure quando egli fu arrestato e imprigionato intorno al 62 d.C. In relazione all’ orrendo omicidio di Giacomo, il fratello di sangue di Gesù. Quest’ultimo rappresentò tuttavia un evento che potremmo definire di secondo piano, dato che alcuni mesi prima, Paolo di Tarso, pervaso da rabbia omicida, aveva già navigato fino al Sud della Francia, dove i suoi cristiani convertiti, fanatici e prezzolati, avevano individuato la “sacra famiglia”. Paolo uccise Gesù, tagliandogli la testa e rendendola un trofeo da consegnare ai Sadducei. Uccise Miriam, la sorella di Gesù, e Maria Cleofa (Mary Cleopas), la cugina di Gesù, in quella stessa regione. Uccise anche Sara e Giuda, i più giovani dei figli di Gesù, e uccise Maria, ma non riuscì a trovare Maria Maddalena (Mariamne), né Marta. Accompagnato dalle sue fanatiche truppe cristiane salpò in seguito per la Britannia, nel tentativo di eliminare ciò che restava della famiglia di Gesù. Giunse nell’area di Glastonbury raggiungendo la famiglia di Giuseppe, il principe ereditario in esilio, che in quella fase specifica si trovava in Scozia. Paolo di Tarso, il fondatore del Cristianesimo, uccise quindi l’intera famiglia, guardò negli occhi la “Vergine” Maria ed eliminò anche lei. Nessuna leggenda riporta il fatto che le fu successivamente tagliata la testa, esiste tuttavia una leggenda che narra come al ritorno (nell’area del Devon) Giuseppe fece costruire la Cappella di Glastonbury in onore della sua regina assassinata. Ora, trasportando con sé con la testa di Gesù, il Cristo, quale trofeo, e avendo ormai eliminato la maggior parte delle figure chiave della famiglia di Gesù, il fondatore del Cristianesimo tornò a Gerusalemme e fece assassinare Giacomo il Giusto, leader dei Nazareni ed eroe nazionale – che aveva salvato la vita di centinaia di migliaia di persone nel corso della carestia del 44 – 50 d.C. E ‘chiaro invece, successivamente al ritrovamento della vera tomba di Gesù, che i resti di Miriam, Giuda/Sara, Gesù (ad esclusione della testa) furono inviati dai fedeli sostenitori dei nazareni a Gerusalemme, e sepolti a Talpiot est insieme ai resti di Giacomo, assassinato nel 62 d.C.

LA SOPRAVVIVENZA DELLA DESPOSYNI

La storia non è credibile senza prove che i Desposyni siano effettivamente esistiti e che siano effettivamente sopravvissuti. Lo storico Giulio Africano (/Julius Africanus), vissuto tra il 160 d.C. e il 240 d.C., le cui opere furono in gran parte bruciate dai Cristiani molto tempo fa, viene citato da Eusebio di Cesarea (275-339 dopo Cristo) dello stesso periodo per avere scritto: “Erode, che non aveva una goccia di sangue israelita nelle vene, si preoccupò del fatto che fosse tramandata memoria delle sue effettive origini, e decise di distruggere i registri delle famiglie… I più previdenti tra i membri di tali famiglie conservarono di nascosto i propri registri, avendo trascritto i dati o avendoli altrimenti recuperati dalle copie esistenti, e preservarono orgogliosamente la memoria della propria origine aristocratica. Questi ultimi includevano i personaggi a noi noti come Desposyni, così definiti a causa della loro parentela con la famiglia del Salvatore”. Un’altra citazione di Eusebio risulta ancora più esplicita: “Sopravvissero, della famiglia del Signore, i nipoti di Giuda, che fu suo fratello, in base a ciò che è noto. Questi resero noto di essere della linea di Davide e furono portati dinanzi a Domiziano Cesare (Imperatore)… Domiziano chiese loro se fossero della stirpe di Davide e loro lo ammisero.” Da entrambe le citazioni si può dedurre che le chiese nazarene e i discendenti di sangue di Gesù, che ancora praticavano la fede nazarena, fossero ancora pienamente operativi almeno fino al III secolo. Esiste una nota leggenda che racconta di come Papa Silvestro, nel 318 d.C., avesse incontrato a Roma una delegazione di otto dei Desposyni, i discendenti di sangue della famiglia di Gesù, e che da essi fossero state avanzate pretese quali: (1) la nomina dei vescovi cristiani di Gerusalemme Antiochia, Efeso e Alessandria avrebbe dovuto essere revocata; (2) tali vescovadi avrebbero dovuto essere invece conferiti ai membri dei Desposyni, discendenti della famiglia di Gesù

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e della linea di Giuda; (3) le chiese cristiane avrebbero dovuto “rinnovare” l’invio di denaro alla Chiesa dei Desposyni a Gerusalemme, che avrebbe dovuto essere considerata da allora in avanti come la Chiesa Madre. Papa Silvestro respinse le loro richieste, e questo si dice sia stato l’ultimo incontro tra i rappresentanti della Chiesa creata da Paolo (il Cristianesimo) e i rappresentanti della Chiesa creata da Gesù e dai suoi discepoli (Nazareni/Gnostici). Sebbene quest’ultimo sia stato l’ultimo incontro ufficiale tra la vera Chiesa di Gesù e la religione parassitaria di Paolo e dei Sadducei, esistono prove concrete del fatto che la religione dei Nazareni abbia continuato ad esistere per diversi secoli, seppure con denominazioni diverse. Esistono prove risalenti al V secolo d.C., in particolare negli scritti del fanatico cristiano Epiphanius (Epifanio), dell’esistenza effettiva dei Nazareni, che egli definì inesorabilmente come “eretici”. Ovviamente, esiste una prova incredibilmente schiacciante del fatto che il pensiero nazareno/gnostico sopravvisse in Irlanda, anche successivamente all’invasione di Patrizio, fino alla distruzione sistematica, nell’ XI secolo, di ogni elemento che avesse a che fare con la cultura e la storia dell’Irlanda – ovvero il progetto ‘zero’ dei Papi di Roma, orientato a cancellare l’Irlanda dalla faccia della storia e a ridurla ad una colonia di schiavi. Sarebbero inoltre da menzionare i catari del sud della Francia, che continuarono a vivere in base all’esempio e agli insegnamenti dei Nazareni, per essere infine orribilmente e disumanamente torturati ed annientati dalla Chiesa Sadducea della Roma Cristiana.

LE MENZOGNE INTENZIONALI DI PAOLO 

Naturalmente le chiese cristiane schiumeranno di rabbia dinanzi a simili affermazioni, sostenendo che si tratti di menzogne assolute e perverse. In effetti, hanno avuto 2000 anni per pulire le macchie di sangue del loro fondatore e maestro spirituale. Ma il sangue, come lo stesso omicidio, ha caratteristiche peculiari, poiché non importa quanto duramente si cerchi di lavare via le prove, qualche elemento rimane sempre. Nel 63 d.C., Paolo di Tarso, l’uomo più crudele della storia umana, si trovava ormai dietro le sbarre. L’intera Giudea scese sul piede di guerra successivamente all’assassinio di un uomo che aveva rinunciato alla fortuna di suo padre per salvare oltre un milione di persone dalla morte e dalla fame. I discepoli zeloti erano già partiti per la Galilea ed altre località con l’intenzione di armarsi e di eliminare ogni sadduceo e fariseo rimasto in vita, a quel punto, i Romani persero completamente il controllo della situazione. Ma Paolo non aveva ancora terminato la sua opera di assassino e di seminatore di morte. Nel corso della sua prigionia in Giudea e del suo successivo trasferimento a Roma nel 64 d.C., riuscì ad inviare numerose lettere ai suoi seguaci impegnati nel portare avanti omicidi, ovvero ai primi vescovi della Cristianità, i veri fedeli di Paolo, quei personaggi impegnati nella pratica dell’Alta Messa del Cristianesimo – ovvero il culto di satana, il sacrificio dei bambini e il cannibalismo. Su ordine di Paolo, i suoi uomini tornarono nel sud della Francia e rintracciarono Maria Maddalena (Mariamne) e Martha (Matia) e le eliminarono. Ancora si discute se, nel corso di questo periodo, i Cristiani abbiano effettivamente avuto la possibilità di giustiziare anche numerosi dei discepoli originari. I loro resti furono infine recuperati dai fedeli seguaci della prima ed effettiva chiesa di Gesù e dei suoi discepoli, e sepolti accanto a Gesù e il resto dei suoi familiari, quelli uccisi da Paolo e dalle sue forze, e deposti nella tomba di Talpiot est.Eppure, dopo aver raggiunto Roma, Paolo ritenne di non aver ancora terminato la propria opera. Elaborò, con Papa Linus (Lino), il primo vescovo cristiano di Roma, un piano molto dettagliato, mirante ad appiccare incendi nei punti nevralgici di quella città, abitata da oltre un milione di persone, per ucciderne il maggior numero possibile. Il piano funzionò quasi alla perfezione. Centinaia di migliaia di persone rimasero intrappolate nelle fiamme quando i numerosi incendi con premeditazione appiccati inghiottirono la città diffondendosi a partire da tutti gli angoli di Roma. Ben due terzi della città di Roma andarono completamente distrutti, non perché il piano fosse male architettato, ma perché il genio del male di Paolo e del suo protetto, Papa Linus (Lino), riuscì ad

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intrappolare senza fornire possibilità di scampo un numero elevatissimo di persone. Ad esclusione della guerra, gli incendi rappresentano il più terribile atto di terrorismo, ed inoltre la causa del maggior numero di vittime umane nella storia degli uomini. Un ulteriore record di cui il fondatore del Cristianesimo e i leader cristiani dovrebbero essere orgogliosi. I sopravvissuti furono curati ed ospitati nei palazzi di Nerone e dei cittadini più benestanti. Contrariamente alle menzogne e alle assurde manipolazioni operate dagli storici cristiani, Nerone interruppe la propria campagna indirizzata a tenere sotto controllo la rivolta in Giudea per fornire aiuto diretto nelle operazioni di soccorso, salvando decine di migliaia di persone dalla fame. Ma se Paolo di Tarso, l’uomo più spregevole, malvagio e perverso che abbia mai vissuto sulla Terra, era ormai alla fine della sua avventura terrena, aveva tuttavia in serbo un’ulteriore sorpresa. Successivamente all’esecuzione di Papa Linus (Lino), un principe britannico, la regina cristiana Boudicca (Budicca) lanciò una sanguinosa campagna di devastazione ai danni delle città romane in Britannia, incendiandone diverse e intrappolando negli incendi gli stessi abitanti. Nel giro di poche settimane, fu protagonista della strage di circa 250.000 anime. Infine, quando la testa di Paolo di Tarso fu recisa dal suo corpo, il suo regno del male temporaneamente ebbe fine. Il mondo beneficiò di un breve periodo di ritorno alla vera illuminazione, dal 100 d.C. circa al 200 d.C., prima che le forze del male attivate in origine da Paolo di Tarso e dalla sua religione cristiana potessero nuovamente riunire le proprie forze.In seguito a tale condotta perversa, che non aveva precedenti nella storia, di cui Paolo, l’uomo più crudele della storia umana e tra i primi Cristiani, fu autore, il semplice fatto di dichiararsi cristiani si trasformò in un crimine punibile con la pena capitale in tutto l’Impero Romano. Nessun’altra legge tanto severa fu mai approvata dal Senato romano e dall’imperatore nella storia dell’Impero Romano e del mondo antico. Semplicemente dichiararsi cristiani implicava, in base alla legge, la condanna a morte. E ciò si verificò poiché i Cristiani guidati da Paolo rappresentarono la forma peggiore di terrorismo mai manifestatasi al mondo, i personaggi più fanatici e pericolosi vissuti sulla faccia della Terra. Come supremo atto di perversione, quale solo una chiesa fondata dai Sadducei e ancora gestita dalle famiglie dei Sadducei potrebbe mai compiere, ancora ai nostri giorni la Chiesa Cattolica di Roma si affanna ad affermare che i Cristiani furono uccisi dai romani per le proprie nobili convinzioni, poiché era l’Impero Romano ad essere “malvagio”. Tale fasulla affermazione viene raramente contestata per l’evidente mancanza di prove atte a sostenere il contrario.

LA TOMBA PERDUTA DI GESU’

La questione singolare a proposito dei defunti e dell’Universo è che spesso non operano in base ai piani dei personaggi corrotti e menzogneri che sono al potere. La verità tende a rivelare sé stessa solo al momento opportuno. E’ appunto questo che si è verificato a Talpiot est, nei pressi di Gerusalemme, il 30 marzo 1980. Un ingegnere ebreo alle prese con la costruzione di appartamenti portò accidentalmente alla luce una tomba assolutamente unica e straordinaria, con elementi simbolici di cui mai si era stati testimoni in qualsiasi altra tomba antica dello stesso genere nella storia dell’umanità. Effettuata la scoperta, il primo elemento che notarono gli archeologi Josef Gat, Amos Kloner e Shimon Gibson fu lo strano simbolo riportato in corrispondenza dell’ingresso alla tomba di Gesù, sulla parete sud dell’anticamera. Una decorazione a forma di V – o anche un elemento simile a un timpano, a una chevron a forma di Y – al di sopra di un cerchio posto in primo piano. Misurava più di un metro di larghezza, si trattava una scultura in rilievo in pietra splendidamente realizzata. Numerose ossa erano state appositamente collocate nell’anticamera immediatamente al di sotto del simbolo rappresentato dallo chevron. Nell’antica Gerusalemme, i defunti venivano solitamente collocati all’interno delle tombe; una volta trascorso un certo periodo nelle tombe, le ossa dei defunti venivano sistemate all’interno degli ossari. Gli ossari, noti come “scatole di ossa”, costituivano una tradizione ebraica che perdurò per circa 100 anni fino alla distruzione del Tempio avvenuta nel 70

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d.C. Fondamentalmente, i morti venivano disposti su delle panche di pietra ricavate all’interno della tomba stessa per un tempo sufficientemente lungo da consentire a tutta la carne di decomporsi e di abbandonare quindi le ossa. Successivamente, trascorsa quella specifica fase, la tomba veniva riaperta e le ossa raccolte e collocate in un ossario. Eppure, tale collocazione delle ossa immediatamente al di sotto del simbolo dello chevron era assolutamente contraria alle tradizioni ebraiche del tempo, ed assai più simile alla tradizione egizia relativa alla sepoltura dei faraoni e alla sepoltura di grandi re in generale. L’esistenza stessa di una tomba indicava una famiglia di una certa rilevanza. Le tombe, soprattutto quelle intagliate nella roccia, erano riservate solo ai benestanti e ai personaggi di primissimo rilievo. Nel caso della tomba di Talpiot est, quest’ultima era da attribuire a una famiglia di grandissima rilevanza, così come evidenziato da quel simbolo tanto particolare. Tale simbolo, riconosciuto in generale come il più antico dei simboli della Massoneria, uno stilizzato “occhio di Ra”, è stato riconosciuto soltanto in un sito come uno dei primi simboli dei Nazareni. Lo stesso simbolo è stato trovato su decine e decine di ossari dei primi Nazareni, in numerosi casi erroneamente considerati come i primi Cristiani. Quando gli archeologi aprirono la tomba, scoprirono una tomba perfettamente concepita ed intagliata nella roccia, un elemento di grandissima rilevanza, dato che gli ebrei, nella costruzione delle proprie tombe, non erano in generale tanto ossessionati dalla precisione, così come lo erano invece gli antichi Egizi. Considerando la precisione del suo design, la tomba di Talpiot pare somigliare assai più a una tomba egizia che alle tradizionali tombe ebraiche. All’interno della tomba, gli archeologi ritrovarono dieci (10) ossari dalla struttura più semplice. Alcuni ossari, tra quelli scoperti, furono ritrovati accompagnati da sculture meravigliosamente realizzate, tipiche in particolare delle famiglie sadducee, che anche nella morte ambivano a distinguersi. La tomba di famiglia del Sommo (Alto) Sacerdote Caifa, un membro del Casato di Hanan (Ananus), ovvero lo stesso Sommo Sacerdote che, sostiene la Bibbia, aveva inviato Gesù presso Ponzio Pilato, conteneva numerosi ossari splendidamente realizzati. Nonostante l’evidente rilevanza di questa famiglia, l’assenza di ossari ornati indicava una scelta deliberata, piuttosto che una questione riconducibile a ridotte disponibilità economiche. Questo elemento farebbe pensare quindi a una tomba non sadducea e, più nello specifico, a una tomba essena o nazarena. Dei dieci ossari, sei su dieci ossari furono ritrovati con iscrizioni, una percentuale elevata se si considera che solo il 20% degli ossari ritrovati riportino in generale iscrizioni. Nell’ambito della stessa tradizione legata al seppellire nuovamente le ossa dei morti in ossari di calcare, era pratica tradizionale iscrivere con uno stile simile ai graffiti il nome, a volte il soprannome (nomignolo), della persona di primissima importanza sistemata all’interno di una importante tomba di famiglia. Tenendo conto dell’odierna ossessione per le lapidi scolpite con precisione e per gli epitaffi utilizzati nel caso dei defunti, in relazione a tale approccio stile “graffiti” – che in media caratterizzava solo un ossario su cinque – bisogna riconoscere che tale tradizione abbia avuto un notevole seguito nella storia. Persino le famiglie sadducee adottarono la medesima tradizione fino all’epoca della distruzione del Tempio. Le iscrizioni non erano destinate alla visione del pubblico, dato che, una volta sepolti, i morti erano destinati a restare nella loro ultima dimora. Un’altra tradizione era rappresentata dall’incisione di una X, che implicava il “Tau” o il concetto di “fine”, ben rifinita e riportata su alcuni degli ossari. Tale elemento viene interpretato in maniera errata dai biblisti e dagli archeologi come un simbolo che tipicamente indicava un muratore/costruttore, una interpretazione chiaramente sbagliata. Anche perché tale X non è mai nella stessa posizione, non ha neppure lo stesso stile, e non ha neppure uno specifico orientamento geometrico o lo stesso tipo di supporto. Né questa X fu un simbolo dei primi Cristiani, quanto piuttosto l’indicazione, da parte della famiglia, nel momento in cui seppelliva i propri cari, di una vita ben vissuta. C’è ancora un elemento ancora più sorprendente in riferimento a questa tomba, ovvero il fatto che essa fu aperta da archeologi, non da tombaroli. Quindi non ci può

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essere alcun dubbio né sull’autenticità dei suoi contenuti né sulla sua storia. Tutte le iscrizioni sono autentiche. Tutto ciò che riguarda tale tomba di 2000 anni fa è scientificamente verificabile. In termini di nomi stile graffiti incisi ai lati di quei sei ossari risultano particolarmente suggestivi: Ossario 80/500: “Mariamne e Mara”-“Mariamne, chiamata anche Maestro/a”Ossario 80/501: “Yehuda Bar Yeshua”- “Giuda, figlio di Gesù” Ossario 80/502: “Matia” – “Martha/Matteo” Ossario 80/503 “Yeshua Bar Yosef” – “Gesù, figlio di Giuseppe” Ossario 80/504: “Yose” o “Yosa” – un soprannome di “Giuseppe” Ossario 80/505: “Maria” – una versione latinizzata dell’ebraico “Miriam” Ossari 80/506-508 erano semplici, senza iscrizioni.Ossario 80/509 “James (Giacomo) bar Yosef” – Giacomo, figlio di Giuseppe – tale ossario fu in seguito rubato e modificato con la falsa dicitura “fratello di Gesù”, per cui l’iscrizione è stata modificata affinché si leggesse “Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù”. Tuttavia, successivamente ad alcuni test scientifici sul calcare ed un’analisi della spettroscopia di assorbimento atomico del materiale, nel caso dell’”ossario di Giacomo”, è risultata una corrispondenza al 100%, scientificamente verificata, con l’ossario rubato 80/509. Quando la tomba fu aperta, le ossa di Gesù e dei suoi fratelli e sorelle, tra cui suo figlio, furono ritrovate. La scienza è anche riuscita a recuperare parte del DNA di Gesù e Maria Maddalena (Mariamne). Tuttavia, le ossa di Gesù e della sua famiglia furono sepolte nuovamente dagli ebrei ultra-ortodossi che seguono la propria interpretazione del credo farisaico. L’ubicazione precisa delle ossa di Gesù e della sua famiglia è andata perduta. Non ci può essere alcun dubbio, la tomba di Talpiot est rappresenta l’ultima dimora del corpo di Gesù e dei suoi fratelli e sorelle. Né ci può essere alcun dubbio sul fatto che Gesù sia effettivamente esistito. Né ci può essere alcun dubbio sul fatto che il Cristianesimo creato dalle famiglie sadducee, e più recentemente il Cattolicesimo Romano, siano basati su una serie infinita di elementi assolutamente fasulli e mendaci. Eppure, il riscontro che è stato registrato con riferimento alla scoperta dell’effettiva tomba di Gesù risulta assai singolare. Gli studiosi cristiani sottolineano il fatto ovvio che i nomi Gesù e Maria fossero nomi comuni all’epoca, e che quindi non ci sarebbe alcun elemento degno di nota nei nomi iscritti sugli ossari di Talpiot est. Tuttavia, discutere semplicemente dei nomi in sé e rifiutare di rendersi conto della possibilità infinitesima che esattamente tutti quegli specifici nomi potessero essere presenti tutti in un’unica e specifica tomba, risulta in ogni caso una condotta deliberatamente tenuta allo scopo di ingannare, ed inoltre l’evidenza di un cattivo lavoro svolto dagli studiosi. Poiché l’elemento effettivamente da sottolineare sarebbe la probabilità che proprio quegli specifici nomi fossero presenti in quella specifica tomba. E una tale probabilità risulta quantomeno inverosimile. Vi è una probabilità compresa tra 1 su 200.0000.0000 e 1 su 3.000.000.000 che sia esistito nella storia umana un altro sepolcro esattamente identico, con i medesimi nomi della famiglia di Gesù, in una stessa tomba. In altre parole, 2.000 anni fa vivevano sul pianeta circa 120 milioni di persone, quindi tale probabilità risulterebbe ancora più infinitesima considerata la popolazione dell’epoca. Pertanto, anche restando nel campo della statistica pura, non vi è alcuna possibilità che la tomba sia di altri se non di Gesù, noto anche come Gesù Cristo.

PERCHE’ I CRISTIANI NON METTONO IN DISCUSSIONE I PROPRI LEADER?

L’elemento più singolare in relazione alla scoperta dell’effettiva tomba di Gesù, e della prova che egli non sia stato in realtà l’unico figlio di Dio, che non sia fisicamente asceso al cielo, come sostenuto dai Sadducei che hanno fondato il Cristianesimo quale vero e proprio contro-movimento rispetto al Gesù storico, è che alla maggior parte dei Cristiani tale scoperta neppure interessa. Il fatto che Gesù abbia fondato i Nazareni affinché si opponessero alle menzogne e alle pratiche sataniche dei Sadducei non sembra preoccupare la maggior parte Cristiani. Le ragioni sono molto semplici.

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I simboli utilizzati dai Sadducei, il culto nascosto della Dea Madre Cibele e del Dio Dagon, la divinità dei raccolti e della prosperità, rappresenta il culto delle più antiche divinità dell’umanità. E’ nel nostro stesso sangue, questo culto pagano è nella memoria genetica che ci accomuna ai nostri antenati. Quasi senza rendercene conto, stiamo parlando di una storia e di una serie di simboli che risultano infinitamente più antichi del Cristianesimo. Questi simboli risultano tanto potenti che il culto della Dea Madre, e il sacrificio umano ad essa correlato, potrebbe essere definito come l’elemento fondante su cui si è basata, sin dall’inizio, ogni cultura antica di rilievo nel mondo. Questa è la ragione di fondo in grado di illustrarci l’effettivo potere del Cristianesimo, e in grado di spiegare perché la maggioranza dei Cristiani, di propria volontà e in assoluta tranquillità, rinnega una verità che gli si disvela tanto chiaramente di fronte ai propri occhi, perché i simboli e i miti del Cristianesimo risultano più antichi e più attraenti, pur rappresentando delle assolute menzogne. Se un personaggio tanto potente e ispirato, quale fu Geremia, non è riuscito a convertire i Sadducei, se Gesù stesso non è riuscito ad impedire che i Sadducei distruggessero il suo messaggio trasformando lui stesso in un simbolo pagano legato al sangue ed al culto del cannibalismo, allora quale speranza può mai avere una persona comune impegnata ad illustrare ai Cristiani il fatto che i Cristiani stessi abbiano adorato la religione creata dei Sadducei per 2.000 anni?

IL GIORNO DELLA RESA DEI CONTI

I Cristiani esprimeranno indignazione nei confronti di questo resoconto storico che espone la maniera in cui i primi Cristiani si comportarono nei confronti di Gesù e della sua famiglia. Pretenderanno che elementi di questo genere non siano mai effettivamente discussi. Ma non saranno più in grado di condannare al rogo persone innocenti, di distruggere la storia e la cultura, di uccidere impunemente, di adorare in segreto Satana e di trattare le persone di buona volontà come pecore. Il regno dell’organizzazione più malvagia che sia mai esistita sulla faccia del pianeta terra è prossimo alla fine. Le anime di tutti coloro che furono uccisi da Paolo e dai fanatici Cristiani, attendono da lungo tempo questo momento. Le anime di Gesù e della sua famiglia hanno atteso questo momento per 2000 anni. In ogni occasione in cui una persona di buona volontà entri in una chiesa e si faccia il segno della croce in un tempio progettato e ispirato da Paolo di Tarso e dai Sommi (Alti) Sacerdoti del Casato di Ananus, contamina la memoria di coloro i quali furono assassinati, ovvero quella di Gesù e quella della sua famiglia. In ogni occasione in cui un sacerdote cristiano faccia appello a una regola, a un decreto divino o a principi di carità fasulla in nome di Gesù, contamina la memoria di coloro i quali furono assassinati, ovvero quella di Gesù e quella della sua famiglia, uccisi dagli effettivi fondatori del Cristianesimo. In ogni occasione in cui uno studioso cristiano si presenti e si impegni a promuovere una contro-argomentazione pretestuosa, o tenti una volta ancora di convincere la gente che il nero sia in realtà il bianco, che il male sia il bene, che cerchi di confondere le anime degli innocenti, egli contamina la memoria di coloro i quali furono assassinati, ovvero quella di Gesù e quella della sua famiglia. Per duemila anni questi ultimi hanno atteso, hanno atteso il giorno in cui il regno di Satana, che ha sede nelle stesse chiese che affermano di rappresentare il culto di Dio e di Gesù, giungesse al termine. Per duemila anni, a quel grande ingannatore (Satana), a colui che rappresenta il più grande degli ingannatori, grazie a Paolo di Tarso, venerato come San Paolo, è stata dedicata ogni singola chiesa che sia mai stata costruita da allora quale tempio cristiano. Per duemila anni, anime di buona volontà sono state corrotte, bambini innocenti sono stati sacrificati nel corso di riti satanici, mentre un’organizzazione dedita al male puro ha regnato affermando di rappresentare il bene. La religione che contamina il nome del suo Salvatore, la religione fondata da quegli uomini che hanno assassinato gli stessi personaggi che affermano di adorare, è prossima alla fine. La Fine dei Giorni, tanto temuta dalla Chiesa, è qui, ora, e una nuova era di illuminazione è finalmente prossima.

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IL SANTO GRAAL (LINEA DI SANGUE DI GESU’)

La ricerca del “Santo Graal” rappresenta uno dei più affascinanti campi di ricerca della cultura occidentale. Si tratta della storia di re Artù, dei nobili cavalieri della tavola rotonda, della connessione tra Giuseppe d’Arimatea e il Santo Graal, trasportati al sicuro in Britannia, solo per perdersi successivamente nelle le sabbie del tempo. Nel 1980, fu pubblicato per la prima volta un libro controverso che sorprese il mondo. Tale testo sosteneva che il “Santo Graal” rappresentasse in realtà l’anagramma di Sangreal, ovvero che indicasse la sacra linea di sangue di Gesù Cristo. Il libro di Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln dal titolo “The Holy Blood and the Holy Grail” (Il Santo Graal) delineò una teoria basata sull’analisi biblica, su antichi scritti esoterici e leggende, che sostenevano che Gesù non fosse morto, ma che si fosse sposato con Mariamne (Maria Maddalena) e che fosse fuggito verso il sud della Francia, per poi dare vita alle linee di sangue dei Re e delle Regine del mondo occidentale. Dopo 20 anni di costante e premeditato discredito ai danni di tale libro, la chiesa di Roma aveva quasi raggiunto l’obiettivo di renderlo irrilevante quando il romanzo, ormai storico, “Il Codice Da Vinci” di Dan Brown, abbatté tutti i precedenti record relativi ai best seller. Come il precedente lavoro di Baigent, Leigh e Lincoln, Brown basò il suo romanzo sull’idea che la linea di sangue di Gesù esistesse ancora ai nostri giorni, e che, per qualche misteriosa ragione, la Chiesa Cristiana, ed in particolare la Chiesa Cattolica Romana, avesse intrapreso una campagna implacabile per eliminare tutti i discendenti di Gesù che fosse riuscita a scovare. Il resoconto presentato risultò una lettura intrigante, tuttavia diede vita ad una trama cinematografica eccessivamente lunga e contorta. In ogni caso, ciò che il libro e il film hanno fatto è radicare ormai tali leggende nell’immaginario psichico delle persone comuni di tutto il mondo. Le persone non ridono più all’idea che Gesù abbia potuto sopravvivere alla crocifissione grazie a una serie di sottili stratagemmi. Le persone non si fanno più beffe dell’idea che Gesù potesse essere sposato. Le persone non respingono più l’idea che Gesù abbia potuto avere dei discendenti. Il problema è, e rimane, quello di ottenere prove a sostegno di tali affermazioni. Oggi esistono letteralmente centinaia di libri a proposito di tali leggende e tematiche, libri che tentano di approfondire alcune delle ipotesi presentate ne “Il Codice Da Vinci”, ed esistono naturalmente coloro i quali si impegnano a smentire tali affermazioni a vantaggio della versione sostenuta dalle chiese cristiane e da quelle cattolico-romane. Nel corso del tempo, non vi è dubbio che siano esistiti punti di vista gnostici e dissenzienti in relazione alla presunta messa in scena della crocifissione ed alla relativa sopravvivenza di Gesù e dei suoi discendenti, elementi il più delle volte veicolati tramite l’arcano simbolismo delle arti. Successivamente, grazie alla ricerca svolta negli ultimi decenni a proposito della storia dei Templari, della Massoneria ed ai nostri giorni anche del mondo segreto delle antiche società segrete francesi, quali il Priorato di Sion, notiamo prendere forma precise rivendicazioni in base alle quali si sostiene che la linea di sangue di Gesù continui a perdurare grazie ad una elite ristrettissima composta da famiglie aristocratiche, e un po’ eccentriche, tanto francesi quanto inglesi. Tali rivendicazioni sarebbero fondate sulla storia delle linee di sangue superstiti dei leggendari re Merovingi di Francia, che furono i primi ad unificare ed a governare la Francia, e che nel tempo furono perfidamente ingannati e progressivamente eliminati dalla Chiesa Cattolica Romana e dai suoi agenti. Ciò che è certo è che l’antichità e il dettaglio relativo alle informazioni fornite agli autori dai membri e dai fiancheggiatori di queste antiche famiglie, dimostrino una antichità in termini storici e un albero genealogico di assoluto rilievo quando poste a confronto con qualsiasi altra prova in senso contrario finora fornita. Ma sono davvero solo queste le prove che abbiamo? Dobbiamo fare affidamento semplicemente su tali elementi di prova per giungere alla conclusione che, se Gesù ha in effetti avuto figli, e se quelle linee di sangue sono effettivamente sopravvissute, tali famiglie costituiscano a tutti gli effetti ciò che ne rimane ai nostri giorni?

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Se la risposta fosse no, qual’è allora la storia effettiva delle linee di sangue di Gesù, e quali prove abbiamo a disposizione per sostenere il fatto che egli sia sopravvissuto alla cosiddetta crocifissione?

L’ENIGMATICO SAN GIOVANNI

 

Il Vangelo di Giovanni è il più singolare e caratteristico dei quattro vangeli canonici (“approvati”) del Cristianesimo. E’ con riferimento a tali differenze, rispetto alle evidenti analogie che esso ha con gli altri tre (Matteo, Marco e Luca), che tali vangeli vengono definiti vangeli “sinottici”, e riveriti come il resoconto “più accurato” riguardante la vita di Cristo.

Eppure, nel caso di nessuno degli altri tre vangeli è stato mai sostenuto che essi siano stati scritti da uno degli originari dodici apostoli di Gesù, mentre, nel caso del Vangelo di Giovanni, per gran parte degli ultimi 2.000 anni, si è costantemente affermato, riferendosi esplicitamente all’autore, che si trattasse a tutti gli effetti del Vangelo di Giovanni l’apostolo, noto anche come Giovanni l’evangelista e Giovanni di Patmos.

Soltanto nel corso degli ultimi cento anni, la Chiesa Cattolica Romana ha tentato di minimizzare tale affermazione, sostenendo, per diverse vie, che tale Vangelo poteva non essere stato scritto dall’apostolo Giovanni, ma da “qualche altro” Giovanni.

Ciò si è verificato poiché, grazie ai nuovi metodi forensi, tanto relativi alle analisi delle lingue, quanto relativi all’indagine storica, il Vangelo di Giovanni ha finito col suscitare una serie di interrogativi piuttosto che contribuire a fornire delle risposte.

Sussiste una evidente sfumatura di Gnosticismo nel corso del Vangelo di Giovanni nel suo complesso, una sorta di anomalia se si considera che Giovanni fu uno degli originari dodici apostoli e che le chiese cristiane hanno trascorso gli ultimi 2000 anni impegnandosi ad eliminare ogni possibile maestro gnostico, bruciando tutti i manoscritti gnostici che siano state in grado di rintracciare.

E appunto lì, nel Vangelo secondo Giovanni, c’è la notissima storia di Lazzaro. Lazzaro non figura per nome nei Vangeli di Luca, Matteo e Marco – anche se la sua “resurrezione dai morti” era in origine contenuta nei “primissimi” Vangeli di Marco, seppure sia stata successivamente rimossa.

Di risulta, Lazzaro è noto ai posteri solo grazie al quarto Vangelo – il Vangelo di Giovanni.

La storia della resurrezione di Lazzaro resta un episodio di critica rilevanza, dimostrandosi inoltre assai controverso per la Chiesa Cristiana. Si tratta di un episodio che è assimilabile alla morte ed alla resurrezione di Gesù. La similitudine di fondo è tale che, in numerosi casi, i Cristiani hanno utilizzato l’episodio di Lazzaro a sostegno dell’episodio relativo alla resurrezione di Gesù, sostenendo che il Nuovo Testamento non fornisca solo uno, ma “due” episodi di persone ritornate alla vita.

Eppure le caratteristiche assimilabili e l’evidente connessione tra Gesù e Lazzaro non si ferma semplicemente alla questione “morte e resurrezione” di ambedue i personaggi.

E’ chiaro, in base a ciò che chiaramente traspare dalle parole di Giovanni, che Lazzaro godesse di una sorta di trattamento preferenziale rispetto agli stessi discepoli. Eppure, curiosamente, non un singolo Vangelo lo enumera tra i discepoli.

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Giovanni, in definitiva, si riferisce a Lazzaro come a “colui che Gesù amava” – più degli altri discepoli. Considerata una simile affermazione, appare un’anomalia straordinaria che Giovanni menzioni nuovamente Lazzaro in altri contesti, mentre gli altri Vangeli evitano accuratamente di farlo.

Ma ciò che ha turbato numerosi studiosi della Bibbia, nel corso dei secoli, è la strana combinazione di affermazioni apparentemente contraddittorie, di anomalie e di elementi che vengono associati contemporaneamente nell’episodio di Lazzaro.

Ora, da un lato si dichiara che Gesù amasse Lazzaro più di tutti gli altri discepoli, tuttavia, dopo essere stato informato del suo imminente pericolo di morte, Gesù si dimostrò non solo indifferente, ma scelse di propria volontà di non spostarsi dal luogo in cui risiedeva per due giorni interi. “Quando sentì, pertanto, che era (Lazzaro) malato, si trattenne ancora due giorni nello stesso luogo in cui si trovava.” (Giovanni 11:6).

Lazzaro rappresenta un caso unico tra tutti i personaggi presentati nei Vangeli, se si esclude Gesù stesso, un caso tanto singolare che, successivamente alla sua apparentemente miracolosa resurrezione dalla morte, i Sommi (Alti) Sacerdoti tramarono di scovarlo e ucciderlo (Giovanni 12:10).

Lo stesso riferimento all’atteggiamento che Gesù assume dopo aver appreso della morte di Lazzaro, è anch’esso rivelatorio. Giovanni indica che quella morte doveva essere utile a qualche scopo. “Il nostro amico Lazzaro dorme, ma io vado, affinché lo svegli dal sonno” (Giovanni 11:11).

In effetti, diversi passi più avanti, le parole di Gesù risultano straordinariamente efficaci nell’implicare il fatto che la (falsa) morte e la relativa resurrezione di Lazzaro fossero state attentamente pianificate. “E mi rallegro per voi che non ero là, affinché voi crediate. Ma andiamo da lui.” (Giovanni 11:15).

Ma se questi versi sono sconcertanti, la reazione dei discepoli alla notizia della morte di Lazzaro appare assolutamente stranissima. “Poi disse Tommaso, che è chiamato Didimo, ai suoi condiscepoli: Andiamo anche noi, andiamo a morire con lui (Lazzaro).” (Giovanni 11:16).

Quest’ultimo verso sembra implicare letteralmente che almeno uno dei discepoli stia sostenendo di essere pronto a morire con Lazzaro. Dato che si tratta dei discepoli di Gesù, questa affermazione, pur indicando coraggio e nessun timore della morte da parte dei discepoli, resta tuttavia sconcertante.

Stranamente, una spiegazione in grado di illustrare pienamente il senso di questi stranissimi versi è giunta a noi non dalle chiese cristiane, ma da storici apparentemente “anti-Cristiani”, che oggi affermano che tali versi stiano chiaramente ad indicare una sorta di processo di iniziazione, citando a tale proposito le cerimonie segrete tipiche dei riti orfici e dionisiaci del mondo ellenistico dell’epoca.

Questa è in effetti una possibilità, che risulta tuttavia improbabile. I versi stanno chiaramente cercando di fornire informazioni di rilievo, preoccupandosi magari della correlazione logica tra gli eventi, ma evitando di dimostrarsi eccessivamente espliciti sul significato preciso da attribuire a quelle dichiarazioni.

In questo caso, perché si verifica una cosa di questo genere? Che cosa sta effettivamente accadendo in questo caso? Consideriamo a questo proposito il contesto in cui Giovanni scrisse il Vangelo.

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NASCONDERE LA VERITA’ IN PIENA VISTA

Nel tentativo di comprendere il significato di fondo di uno specifico messaggio, il contesto riguardante la condizione ed il tempo specifico in cui l’autore visse risulta spesso un elemento critico.

Sappiamo per certo che Giovanni fu l’ultimo degli originari dodici discepoli a morire. La data della sua morte, in base a diversi resoconti, viene collocata intorno al 101 d.C., sull’isola di Patmos, in Grecia.

Ciò significa che Giovanni fu testimone del periodo tumultuoso in cui si verificò la nascita del Cristianesimo, le rivolte in Giudea, la distruzione di Gerusalemme, l’incendio di Roma e l’imposizione, in tutto l’impero, della legge romana che prevedeva la pena capitale per chiunque si dichiarasse cristiano.

Il fatto che Giovanni fosse sopravvissuto fino a tarda età, per almeno 35 anni, mentre vigeva tale condanna alla pena capitale , ed inoltre nella fase in cui si verificava una decisa persecuzione ai danni dei Cristiani in tutto l’impero, è già in sé significativo.

Ma se non avete ancora letto la storia dei fondatori del Cristianesimo, che è parte integrante delle informazioni che presentiamo, e siete persone che semplicemente credono ai resoconti delle chiese cristiane e dei loro testi, allora potreste non rendervi conto della straordinaria sfida che Giovanni dovette affrontare scrivendo a proposito di una serie di questioni ed evitando accuratamente di deviare in qualsivoglia maniera dalla dottrina paolina.

Giovanni ha scritto un numero straordinario di testi, due dei quali restano ad oggi testi fondamentali del Cristianesimo, ovvero il Vangelo secondo Giovanni e il Libro dell’Apocalisse. Entrambi sono ricchi di analogie, di potenziali anagrammi e di simbolismi assai poco chiari. Eppure entrambi sono chiaramente scritti per trasmettere conoscenza occulta ad un pubblico che non sarebbe stato limitato solo quello che visse nei pochi decenni in cui il Cristianesimo ebbe origine.

Che tali testi siano sopravvissuti, per non parlare del fatto che essi siano inclusi tra i testi canonici del Cristianesimo, è già in sé un fatto straordinario, e testimonia la saggezza e l’abilità di Giovanni. Sebbene buona parte dei testi gnostici siano stati considerati eretici sin dall’affermazione del Cristianesimo, i messaggi segreti di Giovanni riuscirono a perdurare.

Ripeto, se avete letto di Paolo e degli effettivi fondatori del Cristianesimo, sarete in grado di comprendere esattamente perché tutto ciò si verificò. Se non lo avete ancora fatto, allora ciò che sto per affermare potrebbe risultare per voi probabilmente ancora poco chiaro.

Giovanni fu costretto a fare attenzione, naturalmente, non solo ai rischi a cui era soggetto in ogni angolo dell’Impero romano, ma anche ai leader Cristiani che rappresentavano i successori di Paolo nell’ambito del sistema da lui istituito, ovvero il Cristianesimo.

Se vi erano elementi di saggezza che egli era intenzionato a diffondere, allora è chiaro che fu costretto a ricorrere a specifiche tecniche per mascherare il vero significato del proprio messaggio. Questo elemento, in buona parte, potrebbe contribuire a spiegare la natura disarticolata dei suoi testi.

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Questa sua intenzione includerebbe l’episodio di Lazzaro come il complesso più essenziale di informazioni segrete che Giovanni intendeva trasmettere, data la sua evidente esclusione dal contenuto degli altri Vangeli creati e perfezionati da Paolo e dai suoi discepoli.

La ragione dell’inserimento della storia di Lazzaro, e il fatto che non sia stata volutamente cancellata dai seguaci di Paolo, può essere rintracciata probabilmente nell’insistenza, da parte di Paolo, sul fatto che fosse effettivamente necessaria la presenza di un apostolo autentico. Dato che tutti gli altri apostoli erano morti e che gli autori dei Vangeli stavano utilizzando informazioni di seconda e terza mano, probabilmente accettarono il resoconto fornito da Giovanni come corrispondente ai fatti.

Certo, ci sono prove che la prima versione del Vangelo di Marco abbia incluso anche un breve riferimento all’episodio di Lazzaro, tuttavia privo di passi semi-incomprensibili e apparentemente fuori luogo. In ogni caso, per qualche strana ragione, successivamente alla morte di Giovanni, quell’episodio fu rimosso per sempre.

Quindi, con riferimento a tutti gli eventi drammatici e significativi che si verificarono nel caso di Lazzaro, tutte le informazioni riguardanti questa figura chiave nella vita di Gesù terminano, da questo punto in avanti, nei Vangeli, per poi riapparire in storie e leggende a partire dall’800 dopo Cristo.

LA SACRA FAMIGLIA IN FRANCIA

Un testo straordinario fu messo a punto verso la metà dell’anno 800 dopo Cristo dall’arcivescovo di Magonza, Rabano Mauro Magnenzio (766-856 d.C.), ed il suo titolo era “La vita di Maria Maddalena”.

All’interno di questo testo, Magnenzio testimonia che Giuseppe d’Arimatea si recò in Britannia accompagnato da una serie di altri personaggi, alcuni dei quali presero congedo dal resto della compagnia in Francia, mentre altri raggiunsero via nave Glastonbury, un sito collocato al centro degli antichi distretti minerari irlandesi di stagno e di oro dei Sommi (Grandi) Re d’Irlanda in Galles e Inghilterra – un distretto noto anche per il fatto di rappresentare il sito dell’antica area mineraria in cui gli ebrei operavano direttamente. Una copia autentica del testo di Magnenzio si trova nella Bodleian Library dell’Università di Oxford.

“Abbandonarono le coste dell’Asia, e, favoriti da un vento che spirava da oriente, viaggiarono lungo il Mar Tirreno, tra Europa e Africa, lasciandosi la città di Roma e tutto il paese a dritta. Successivamente, favoriti dalle condizioni atmosferiche, mutarono la propria rotta, giungendo infine nei pressi della città di Marsiglia, nella provincia di Viennoise popolata dai Galli, dove il fiume Rodano sbocca nel mare. Lì, avendo invocato Dio, il Signore supremo del mondo intero, si separarono; i singoli gruppi si recarono quindi in direzione della provincia verso la quale lo Spirito Santo li aveva indirizzati; di lì a breve avrebbero predicato ovunque … ”

Il percorso che descrive è quello della nota rotta commerciale utilizzata dai fenici per recarsi in Britannia, così come descritta nelle opere dello storico greco Diodoro Siculo (90 a.C.-30 a.C.).

Pare che un testo ancora antecedente al VI secolo d.C., abbia registrato questo storico viaggio e questi stessi eventi, che furono riportati all’interno della “Historia de Rebus Brittannicis” ad opera di un bardo gallese del VI secolo, Maelgwn (anche noto come Melkin o Melchinus), oggi perduto (presumibilmente andato distrutto).

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Le date straordinariamente antiche di tali resoconti forniscono qualche prova a sostegno della nostra ipotesi, prove che non possono essere liquidate così su due piedi.

In effetti, in tempi a noi più vicini, nel XVII secolo, pare che la Chiesa Cattolica Romana fosse pronta a riconoscere l’autenticità di tali affermazioni, basandosi sull’opera del cardinale Cesare Baronio (1538-1609), bibliotecario e storico del Vaticano, che trascrisse tale viaggio da parte di Giuseppe d’Arimatea, Lazzaro, Mariamne (Maria Maddalena), Marta, Marcella e degli altri personaggi nei suoi Annales Ecclesiastici, volume 1, sezione 35.

E’ nella città di Rennes-le-Château, che si trova in quella stessa regione, che il misterioso sacerdote Bérenger Saunière fu accusato di aver ritrovato alcuni antichi ed occultati documenti ufficiali di viaggio romani che, a quanto pare, identificavano quei membri della parte politica vicina a Giuseppe che successivamente operarono nella zona. La leggenda che circonda tale scoperta, avvenuta alla fine del XIX secolo, è quella in base alla quale il parroco di Rennes-le-Château sia stato messo a tacere rispetto all’esposizione di tali fatti successivamente alla concessione di ingenti finanziamenti a vantaggio della sua parrocchia.

Seppure numerosi scrittori Cristiani si siano impegnati a screditare addirittura il fatto stesso che la ristrutturazione della chiesa potesse essere stata davvero così costosa, non ci può essere alcun dubbio sul fatto che Saunière fosse entrato improvvisamente in possesso di una notevole quantità di denaro, che avrebbe successivamente provveduto ad utilizzare per ristrutturare una chiesa adornata da una simbologia eretica che tuttavia poneva in evidenza il fatto che Gesù non fosse effettivamente morto sulla croce.

Ai nostri giorni, la chiesa di Roma preferisce non dichiarare nulla a proposito del viaggio di Joseph Ha-Rama-Theo (Sua Maestà Divina), dato che tale episodio risulta inoltre il principale elemento di riferimento de “Il Codice Da Vinci” e di numerose altre analisi storiche impegnate a sostenere che i figli di Gesù siano sopravvissuti.

LAZZARO, IL “BUON’UOMO”

Le leggende riguardanti Lazzaro non terminano in occasione del suo viaggio in Francia con la sua compagna di viaggio Mariamne (Maria Maddalena).

La tradizione afferma che Lazzaro e Mariamne (Maria Maddalena) fossero sbarcati in Provenza, in Francia, in una località nota oggi come Saintes-Maries. A partire da lì, si dice che Lazzaro abbia raggiunto Marsiglia, e che, dopo aver convertito un certo numero dei suoi abitanti al Cristianesimo, sia divenuto il loro primo pastore.

In base alla versione cristiana della storia, nel corso della prima persecuzione ai danni dei Cristiani ai tempi di Nerone (65 d.C.), si ritiene che Lazzaro abbia trovato rifugio in una cripta, su cui la celebre Abbazia di San Vittorio (Vittore)(St Victor) fu poi costruita nel V secolo.

Fu quindi sepolto in questa stessa cripta, quando invece avrebbe dovuto essere arrestato, imprigionato al tempo di Domiziano (51-96 d.C.), e quindi decapitato in una località, tradizionalmente una grotta, situata sotto la prigione di Saint-Lazare.

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In seguito, il suo corpo sarebbe stato trasportato ad Autun e sepolto nella cattedrale di quella città. Tuttavia, gli abitanti di Marsiglia affermano di essere in possesso della sua testa, quella che ancora ai nostri giorni venerano.

È interessante notare che, intorno alla stessa data della nascita di Domiziano, Paolo di Tarso iniziò il suo terzo grande viaggio “missionario” da Antiochia in direzione dell’Asia Minore, quindi attraversò la Macedonia e si spinse successivamente ad ovest fino a raggiungere la Spagna e quindi la stessa regione in cui Lazzaro si trovava in quella fase.

Quest’ultimo rappresenta un elemento assai singolare, perché Lazzaro era quasi certamente divenuto uno dei più antichi leader della chiesa della zona, sicuramente reso famoso dai resoconti di Giovanni, eppure i testi Cristiani fanno di tutto per sottolineare che Paolo non si trovasse assolutamente in aree prossime alla Spagna.

Perché i resoconti presenti nel Nuovo Testamento di Paolo sono tanto interessati ad escludere che egli abbia visitato la Francia, la Spagna o l’Inghilterra? Perché tali resoconti presenti nel Nuovo Testamento si presentano tanto simili ad un alibi?

Esisterebbero ulteriori e sorprendenti ragioni per sospettare che alcune delle tappe dell’itinerario di Paolo di Tarso siano state deliberatamente escluse dai resoconti, per qualche misteriosa ragione, in quanto legate all’esistenza di un principe reale britannico (Linus), uno dei figli della Regina Boudicca, che era divenuto il primo vescovo di Roma di cui esista documentazione, in particolare dal 58 al 64 d.C.

Tutto questo non può essere agevolmente liquidato come una pura coincidenza. Non vi sono dubbi sul fatto che Paolo rappresentasse l’architetto di questo episodio, elemento che starebbe ad indicare come egli avesse dovuto quantomeno recarsi in Britannia durante la sua terza “grande missione”, ed inoltre che quantomeno la famiglia reale del popolo Iceno della Britannia orientale si fosse convertita alla nuova religione rappresentata dal Cristianesimo di Paolo.

Ma perché la Chiesa desidera mantenere il segreto tanto su questo fatto quanto sulla tappa in Spagna? Perché dovrebbe? In cosa era impegnato o cosa ha effettivamente compiuto di tanto rilevante Paolo da dover essere tenuto fuori dalla storia? E come può Paolo aver convertito un intero popolo di decine di migliaia di persone a una nuova religione tanto rapidamente? E inoltre, perché la Chiesa appare tanto ferventemente impegnata a mantenere tale “miracolo” un segreto? Ne parleremo più avanti.

Lazzaro viene considerato uno dei santi patroni della Francia ed inoltre il primo vescovo di Marsiglia, anche se non esiste alcun resoconto ufficiale in base al quale sia possibile affermare che egli sia stato effettivamente insediato in tale ruolo.

Tuttavia, questione piuttosto singolare, esiste una seconda leggenda riferita a Lazzaro e legata a Cipro e a Costantinopoli.

Le chiese orientali sostengono che Lazzaro sia stato il primo vescovo di Cipro e che abbia vissuto lì per 30 anni, per poi morire serenamente intorno al 76 d.C., la sua festa si celebra il 17 ottobre.

La sua tomba, secondo la leggenda del Cristianesimo orientale, è rappresentata dal sito della chiesa bizantina dell’antica Kittim (oggi Larnaka). Il presunto rinvenimento e trasferimento delle sue

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reliquie, da Cipro a Costantinopoli, è stato registrato nell’anno 898 dopo Cristo, alcuni anni dopo l’avvenuta separazione tra la chiesa orientale e quella occidentale.

Successivamente, il 2 Novembre del 1972, una serie di resti umani, collocati in un sarcofago marmoreo appena sotto l’altare, furono scoperti durante i lavori di restauro della chiesa di Larnaka, e identificati come una parte delle ossa di Lazzaro.

L’antica disputa tra le chiese orientali ortodosse e le chiese d’occidente, a proposito di quale sito e di quali reliquie siano effettivamente quelle di Lazzaro, assume quindi delle caratteristiche straordinariamente peculiari.

Ci sono pochi altri esempi altrettanto palesi di una guerra senza quartiere a proposito delle reliquie sacre nella storia di altri santi dell’antichità.

In risposta, alcuni studiosi hanno proposto una serie di compromessi storici riguardanti l’effettiva cronologia e gli spostamenti stessi di Lazzaro tra Cipro e la Francia, facendo riferimento alla possibilità che il suo viaggio in Francia sia avvenuto molto tempo dopo il suo periodo di permanenza a Cipro.

Ciò è in effetti possibile, e indagheremo la possibilità che Lazzaro abbia effettivamente sostato in entrambe le località, a conferma pertanto delle pretese di entrambe le chiese cristiane, quella orientale e quella occidentale, le cui versioni potrebbero entrambe contenere elementi di verità.

Prima di approfondire le indagini a tale proposito, c’è un ulteriore elemento da considerare con attenzione, ovvero quello relativo all’età di Giuseppe e di Mariamne (Maria Maddalena) quando intrapresero i loro viaggi, così come la data della morte di Mariamne (Maria Maddalena) e il luogo della sua sepoltura con relativa localizzazione delle sue reliquie.

MARAMNE (MARIA MADDALENA)

 

Ora, una delle sfide principali riguardanti la collocazione temporale delle azioni e delle specifiche cronologie riferibili ai numerosi personaggi che intrapresero quel pericoloso viaggio con Giuseppe d’Arimatea (Ha-Rama-Theo, Sua Maestà Divina), è rappresentata dall’enorme varietà di ipotesi in merito all’effettiva età dello stesso Giuseppe.

Ad esempio, uno dei miti più popolari riguardanti Giuseppe riporta il fatto che egli morì alla veneranda età di 80 anni il 27 luglio dell’82 d.C. Presumibilmente, stabilire un giorno e una data precisa aveva in qualche modo lo scopo di rafforzare la credibilità di tale affermazione.

Abbiamo poi l’anno della morte di Mariamne (Maria Maddalena), il 62 d.C., lo stesso anno della morte di Giacomo il Giusto, il fratello di sangue di Gesù, e dell’arresto di Paolo. In quell’anno, si suppone che Giuseppe, Sua Altezza Divina (Ha Rama Theo), e Re d’Israele in esilio, abbia costruito la famosa cappella di Glastonbury in Inghilterra quale monumento in onore di “Maria”, la madre di Gesù.

Tanto per aggiungere un’altra serie di date e di elementi riguardanti l’età nella nostra analisi, viene considerata attendibile l’affermazione in base alla quale, ai tempi di Giuseppe e Mariamne (Maria

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Maddalena), gli uomini dovessero avere, al momento del matrimonio, un’età superiore a quella delle donne. Nel caso degli Esseni, l’età media dell’uomo era intorno ai 30 anni, quella della donna intorno ai 15-16 anni.

Tuttavia, nel caso di Mariamne (Maria Maddalena), è chiaro invece che quest’ultima fosse almeno di qualche anno più grande, quando divenne la compagna di Gesù. Questo elemento potrebbe in parte spiegare la frustrazione e il fastidio manifestato nei suoi confronti da parte della cerchia più ristretta dei discepoli, al di là del fatto che si trattasse di una donna.

Il motivo per cui tendo a sottolineare tali date, in questa fase, è quello di evidenziare la ‘astuzia’ degli studiosi Cristiani nell’indicare la data dell’ 82 d.C. come quella della morte di Giuseppe, poiché tale data implicherebbe, dato che Gesù era il primogenito, che Giuseppe avesse avuto in effetti circa 106 anni di età (Gesù era nato nel 6 d.C.), chiaramente un’età al di là di ogni possibile credibilità.

Dato che la Chiesa Cristiana ha storicamente avuto una consapevolezza piuttosto limitata dell’avanzato regime vegetariano e dell’attenzione riservata alla salute da parte degli Esseni, i creatori delle tecniche della moderna medicina, la maggior parte degli studiosi della Bibbia si sarà probabilmente sentita sicura del fatto che, proponendo datazioni tarde e improbabili, l’affermazione in base alla quale Giuseppe Rama-Ha- Theo fosse il padre di Gesù non sarebbe mai stata presa in considerazione.

Ciò che è noto, con riferimento ai secoli di dominio esercitati dalla Chiesa Cristiana nel mondo, a partire dall’anno 500 dopo Cristo in avanti, è che l’aspettativa di vita e le condizioni di salute dei popoli collassarono. Quindi, per un fanatico seguace di Paolo di mezza età, l’idea che una persona comune potesse vivere fino ad un’età che superasse i 60 anni apparve probabilmente come un elemento che non era necessario sostenere o modificare.

Una data più realistica per la morte di Giuseppe Ha Rama Theo/Sua Altezza Divina – ovvero il 68 d.C. circa, a Glastonbury, in Inghilterra – non è irragionevole, pur dovendo considerare una probabile età compresa tra gli 82 e i 92 anni.

Tuttavia, un ulteriore elemento rivelatore potrebbe risultare il resoconto riguardante la morte di Mariamne (Maria Maddalena), avvenuta nell’anno 62 d.C. ad un’età di circa 46 anni. Dato che si presume sia stata vegetariana, come Gesù ed i Nazareni nella loro totalità, e dato che è probabile abbia avuto a disposizione conoscenze avanzate a proposito di nutrizione, medicina oltre che a seguire gli avanzati orientamenti salutistici tipici degli Esseni, la sua morte si verificò quasi certamente a causa di eventi traumatici, incidenti o per mano di altri.

Ciò che è noto è che i suoi ultimi giorni li trascorse in isolamento in una grotta nella catena montuosa di S. Baume, a circa 25 miglia da Marsiglia, in Francia, dove visse come una eremita.

Perché scelse l’isolamento? Non vi è alcun indizio che vi fossero dei bambini con lei. Che cosa era accaduto a Lazzaro? Stava forse nascondendosi? Da chi e perché? Quali eventi l’avrebbero condotta a scegliere di nascondersi?

Il 62 d.C. rappresenta una data estremamente importante per la storia del Cristianesimo. Si tratta dell’anno in cui Paolo fu arrestato. E sembra che sia inoltre l’anno in cui un certo numero di figure chiave della famiglia di Gesù andarono incontro ad una morte prematura.

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Per quanto riguarda i suoi resti, conosciamo con esattezza l’effettiva localizzazione della sua sepoltura, a Talpiot est, nella Tomba di Famiglia di Gesù, in compagnia di cinque ossari autentici e catalogati rinvenuti dagli archeologi, tra cui quello di Gesù, di Giacomo, fratello di Gesù, e delle sorelle di Gesù, Marta e Miriam, dell’altro fratello Yose (Giuseppe), e del figlio di Mariamne e di Gesù, il cui nome era Giuda.

Tanto la tomba quanto gli ossari esistono ai nostri giorni, dato che sono stati rinvenuti nel 1980.

SU’RAZAL

Ora, un lettore, giunti a questo punto, potrebbe chiedersi: avete parlato di Lazzaro e dei riferimenti presenti nei Vangeli e in numerosi altri manoscritti e leggende, ma che dire di Gesù? Quali sono le prove riferibili alla vita di Gesù successivamente alla crocifissione? Quali sono le prove in relazione alle linee di sangue che da egli ebbero origine?

Prima di rispondere a queste domande, permettetemi di menzionare per l’ultima volta Lazzaro. E lasciate che in questa occasione prenda in considerazione una diversa interpretazione riferita a quello che è il suo nome (Lazzaro).

Gli anagrammi (parole e lettere la cui collocazione viene deliberatamente mutata per occultare un dato messaggio) hanno rappresentato un elemento caratteristico dei tentativi miranti all’occultamento di specifici fatti sin dai primordi dell’arte della scrittura.

Quando si inverte la parola Lazzaro, si ottiene “surazal”, un termine che di per sé indicherebbe poco e nulla.

Tuttavia, quando si suddivide il termine “surazal” in due elementi per rispecchiare la struttura tipica delle parole dell’antica lingua semitica occidentale del tempo, in generale quella delle tribù dei mercanti beduini e arabi che parlavano una lingua che costituiva a propria volta una variante dall’aramaico antico, si ottiene “su’razal” che significa “buono/santo uomo”, o in altre parole, “il Santo”.

A questo punto, sorge una domanda: perché Giovanni avrebbe scelto uno specifico dialetto, assai meno noto dell’aramaico, per creare un anagramma? Perché non usare il greco o qualche altra lingua?

La risposta a questa domanda ha certamente una doppia valenza. Sebbene l’aramaico fosse una lingua antica comune in tutto il Medio Oriente, articolata in diversi dialetti dall’antica origine, non ogni scriba ebreo o studioso istruito dell’epoca era versato in tutte queste varianti dialettali. Se l’anagramma fosse stato elaborato in una lingua nella quale i nemici di Gesù e dei discepoli erano ben versati, assai probabilmente sarebbe stato interpretato.

In secondo luogo, e probabilmente si tratta di un elemento ancora più rilevante, l’aramaico è noto per il fatto di ricorrere all’utilizzo di un complesso limitato di termini che assumono tuttavia significati molteplici, elemento che, a propria volta, implica la possibilità di ottenere numerose e differenti interpretazioni.

Questo è la stessa argomentazione, ad esempio, che viene utilizzata dagli studiosi Cristiani nel tentativo di invalidare qualsiasi riferimento possibile a Giacomo il Giusto quale fratello di sangue di

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Gesù, dato che questi ultimi giustamente fanno notare che l’aramaico di quel tempo non facesse alcuna chiara distinzione tra ‘fratelli’ e ‘cugini’.

Quindi, dopo esserci resi conto che l’anagramma “Lazzaro” invertito significhi in effetti “uomo buono” o “il Santo” in dialetto aramaico, qualunque altro significato (senso) potrebbe essere spacciato per elemento di pura speculazione o semplice coincidenza.

Giovanni, nel suo ultimo atto quale discepolo fedele al vero messaggio di Gesù, ed alla vera fede dei Nazareni, battendosi contro le forze del male che avevano dato origine alla fasulla religione nota come Cristianesimo, si presenta nuovamente a noi attraverso le pagine del tempo e ci fornisce un indizio fondamentale – Lazzaro è il “Santo” – Lazzaro è Gesù!

Ora, vi sono ulteriori indizi importanti associati alla morte di Gesù che sono stati inseriti in modifiche più recenti dei vangeli canonici e accettati, che, per un comune Cristiano, possono voler dire assai poco ad un livello superficiale di analisi.

Il primo e più evidente elemento è la “corona di spine”. La maggior parte dei Cristiani considera tale elemento un sottile strumento di tortura ed inoltre un oggetto che avrebbe lo scopo di suscitare derisione, fino a quando ci si rende conto dell’esistenza di una antica tradizione (risalente a migliaia di anni prima della nascita di Gesù) legata alle “corone di spine”.

La tradizione risale all’albero dell’agrifoglio (holly-holy: sacro) e ai più antichi re-sacerdoti della storia umana, i “feara cuileann”, a “Coloro che sono Santi” (Uomini Sacri), si trattava inoltre del titolo ufficiale degli antichi Sommi (Supremi) Re d’Irlanda.

Piuttosto che corone d’oro, quelle che solitamente si suppone che i re e le regine d’Europa abbiano indossato per secoli, i più antichi e saggi sacerdoti-re e maghi indossavano una corona di agrifoglio sulla sommità del capo nel corso del periodo autunnale ed invernale, fino al giorno del solstizio d’inverno.

La medesima tradizione legata all’utilizzo di corone di agrifoglio (agrifoglio o di holly/holy, ovvero “santo/sacro”) è stata successivamente osservata dagli imperatori romani (agrifoglio/ilex/I-Lex) nel corso delle festività, soprattutto quelle dedicate a “Saturno” e nella importantissima festività del “Sol Invictus”, il 25 Dicembre.

Nonostante le modifiche apportate ai Vangeli sostengano il contrario, le più antiche tra le leggende oggi note insistono con decisione sul fatto che la “corona di spine”, quella posta sulla testa di Gesù, fosse in realtà una corona di agrifoglio (holly/holy/ilex), una “sacra corona” che denotava la sua eredità di sangue quale effettivo Re degli Ebrei e Re Supremo d’Irlanda.

Quest’ultima non è l’unica leggenda associata all’agrifoglio, all’albero tradizionalmente più importante per i Sommi (Supremi) Re, ovvero per la linea di sangue più antica e potente dell’Umanità e definita ‘divina’.

Un’ulteriore antica leggenda, che risale a oltre 1.800 anni fa, racconta che la croce sulla quale fu crocifisso Gesù venne ricavata da un albero di agrifoglio.

Un’altra antica leggenda afferma che gli alberi di agrifoglio crebbero magicamente intorno ai membri della famiglia reale (sacra famiglia) nascondendoli agli uomini di Erode e salvandoli da morte certa.

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Naturalmente, l’agrifoglio non cresce naturalmente in Medio Oriente, di conseguenza simili leggende sono risultate relativamente semplici da rigettare. Tuttavia il peculiare simbolismo e i suoi occulti messaggi permangono.

LA SCENA DELLA CROCIFISSIONE

 Dopo esserci resi conto del significato occulto del riferimento che Giovanni fa nel caso di Lazzaro, volendo in effetti intendere Gesù, l’interpretazione da lui fornita in relazione all’intero episodio come riferito a Gesù ha ora un senso.

Reso edotto del fatto che la sua vita è in pericolo, Gesù resta indifferente e impassibile. Giovanni ci racconta, attraverso le pagine del tempo, che Gesù appariva indifferente rispetto all’ipotesi legata alla sua morte. (Giovanni 11:6)

Gesù non morì sulla croce, come credono tutti. Sopravvisse, tuttavia i Sommi (Alti) Sacerdoti (del Casato di Ananus) (Hanan) lo braccarono per mari e monti con l’intenzione di rintracciarlo e ucciderlo. Paolo di Tarso (S. Paolo) fu l’assassino a cui essi affidarono questa missione. (Giovanni 12:10)

La crocifissione fu da Gesù considerata un evento necessario. La considerò come quell’evento che avrebbe reso note agli ebrei le caratteristiche orripilanti e abominevoli tipiche della classe dei sacerdoti (sadducei) e del loro culto satanico praticato in segreto. (Giovanni 11:11)

Gesù pianificò la data della sua crocifissione. Desiderò che accadesse il 14 Nisan di un Venerdì. In altre parole, il Vangelo di Giuda è nel giusto, a lui fu effettivamente richiesto di tradire Gesù. (Giovanni 11:15)

I discepoli non si dimostrarono codardi come Paolo e Luca riferiscono nei loro vangeli fasulli traboccanti di menzogne. In realtà, i discepoli furono sempre pronti a seguire Gesù anche nella morte, ma fu lui stesso ad ordinare loro di non seguirlo e di impegnarsi invece nella elaborazione delle Scritture dei Nazareni, ovvero dei Vangeli Gnostici tanto odiati da Paolo e dal Cristianesimo. (Giovanni 11:16)

Quali, dunque, furono gli eventi che si verificarono quando effettivamente Gesù scampò alla morte sulla croce per affrontare poi la sua successiva ‘seconda’ morte? In quale maniera sopravvissero successivamente le linee di sangue che da lui ebbero origine? Di nuovo, dove sono le prove?

Queste sono le domande che a questo punto prenderemo in considerazione.

I FIGLI DI GESU’

Un elemento di cui non abbiamo trattato, a questo punto, è l’esistenza di possibili figli di Gesù e di Mariamne (Maria Maddalena), sua moglie.

La leggenda tratta del grande viaggio in seguito al quale Mariamne (Maria Maddalena) giunge infine per la prima volta in Francia in compagnia di “Lazzaro” ed accompagnata da una figlia femmina di nome “Sara”.

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Il nucleo centrale di tale leggenda è sempre stato il fatto che la famiglia reale avesse avuto all’epoca un solo figlio. Considerati gli almeno 8 anni trascorsi dalla data della crocifissione di Gesù (36 d.C.) sino al suo arrivo in Francia (44 d.C.), è decisamente improbabile, se non assolutamente improbabile, che Maria abbia concepito un solo figlio.

Una possibile giustificazione potrebbe essere rintracciata nel fatto che Gesù fosse stato reso sterile a motivo delle ferite riportate durante il calvario. Di nuovo, tale ipotesi resta decisamente improbabile.

Al contrario, è probabile che Gesù e Mariamne (Maria Maddalena) avessero almeno due, se non addirittura tre figli in questa fase, ed almeno un figlio maschio tra questi ultimi.

Sappiamo che Gesù e Mariamne ebbero almeno un figlio maschio, perché uno degli ossari all’interno della Tomba di Famiglia di Gesù da Talpiot est recita “Giuda figlio di Gesù”.

Quindi, la leggenda relativa all’arrivo di Mariamne (Maria Maddalena) accompagnata da un bambino quasi certamente testimonia il vero. La leggenda definisce tale figlio “Sara”, ma è possibile che quest’ultima sia semplicemente una traduzione errata di “Giuda”. In secondo luogo, “un figlio” sta ad indicare che il suo sesso poteva non essere stato evidente.

Ma ciò che è implicito in tale resoconto è che anche gli altri figli di Gesù e Mariamne (Giacomo e la sorella maggiore Maria) fossero già stati in qualche maniera affidati segretamente alle cure di altri, prima del loro arrivo (in Francia).

Inoltre, l’assenza di ossari in grado di rendere evidente la morte degli altri figli di Gesù e di Mariamne fornisce un appiglio per quei resoconti storici che sostengono il fatto che tale linea di sangue effettivamente perdurò.

IL LUOGO IN CUI FU OCCULTATO IL GRAAL

 Successivamente al 36 d.C., è documentato che la famiglia di “Lazzaro” risiedette a Betania, nei pressi del Monte degli Ulivi per diversi anni. E’ inoltre documentato che l’estensione delle proprietà di tale famiglia restò di assoluta rilevanza e che, in base a tutti i resoconti, queste ultime furono gradualmente liquidate. Fu Marta, la terza figlia maggiore, la responsabile dell’amministrazione di tali proprietà.

Tali elementi sono documentati nel libro di Rabinus (capitoli 34 e 35), da cui risulta che l’intero ricavato derivante dalla cessione delle proprietà fu concesso a Pietro, ed utilizzato per la costruzione della Chiesa Nazarena di Gerusalemme.

Possiamo a questo punto renderci conto del fatto che la questione apparentemente singolare relativa a tale proprietà possa essere chiarita facendo riferimento a Giuseppe (Ha-Rama-Theo), l’effettivo e Sommo (Supremo) Re d’Irlanda in esilio e padre di Gesù, che liquidò le sue proprietà in Giudea, concentrando la propria attenzione su un progetto di ordine differente.

Ora, il fatto che Gesù fosse effettivamente tenuto al sicuro in una località a due passi dalla sede del Casato di Ananus, è decisamente improbabile. In realtà, il riferimento al centro di Betania risulterebbe a quanto pare un riferimento indiretto al centro di Nazara, nota anche come la “nuova Betania”, mentre il Monte degli Ulivi costituirebbe un riferimento specifico al Monte della Galilea.

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Ciò che sembrerebbe accertato, in riferimento alla Galilea, area controllata dai leader dei Sicari, devotissimi seguaci di Gesù, è che nessun fariseo, né sadduceo, né Paolo stesso, avrebbero potuto avvicinarsi a quell’area senza rischiare la propria incolumità. La Galilea e Nazara stessa sarebbero stati quindi, quasi certamente, le località in cui Gesù fu condotto affinché recuperasse le proprie forze, in compagnia di tutti gli altri membri della propria famiglia, ad esclusione di Giacomo, che in questa fase era incaricato della gestione della Chiesa Nazarena, e che operava a partire da Gerusalemme.

Siamo anche relativamente certi del fatto che, in base a quanto sinora affermato, lo stesso Giuseppe risiedesse a Gerusalemme con alcuni dei suoi familiari della casa reale, per verificare in prima persona la condotta tenuta dal Casato di Ananus. La maniera più semplice e diretta per farlo sarebbe stata fondamentalmente quella di continuare a svolgere le sue mansioni quale uno dei membro più anziani (importanti) del Grande Sinedrio.

Tra il 36 d.C. e il 42 d.C., sembra che vi sia stata una disagevole stasi nelle questioni riguardanti Gerusalemme, e la regione immediatamente a ridosso di tale città, tra i Nazareni ed i loro acerrimi nemici del Casato sadduceo di Ananus (Hanan).

Tuttavia, le condizioni mutarono intorno al 43 d.C., quando, utilizzando probabilmente la siccità e la carestia appena manifestatasi, e sentendosi incoraggiato, il Casato di Ananus, ovvero la famiglia dei Sommi (Alti) Sacerdoti che aveva dominato su quelle terre per decenni, servendosi di quell’assassino professionista che fu Paolo di Tarso, catturò Stefano e lo giustiziò, ostacolando le operazioni di supporto alla popolazione in quella difficile fase.

Sebbene lo scenario descritto dalla Bibbia si presenti come decisamente contorto, Stefano doveva essere impegnato in operazioni di sostegno rispetto alla carestia appena manifestatasi, e probabilmente ricopriva in quell’ambito un ruolo decisamente rilevante. Anche perché, successivamente alla sua morte, è chiaro che Giuseppe avesse considerato anche la stessa Galilea come una località non più sicura, cercando di conseguenza la protezione dei Romani e delle famiglie che appoggiavano i Nazareni dell’area di Cesarea Marittima, lungo la costa. Risultano anche precisi riferimenti al fatto che uno dei più importanti funzionari romani ivi operativi risultasse un amico di lunga data del Casato di Giuseppe, il suo nome era Cornelio.

Allo stesso tempo, vi è una decisa indicazione a favore del fatto che Lazzaro (Gesù) sia salpato da Cesarea Marittima in direzione di Cipro per evitare di essere rintracciato da parte di Paolo e della sua banda di assassini professionisti.

In base a tutti i resoconti, le sorelle di Gesù e le altre Marie restarono a Cesarea nel corso di questa fase intermedia. Giuseppe tornò in Britannia, per curare al meglio i propri interessi commerciali, dato che si trattava del proprietario e del gestore delle più importanti e antiche miniere di stagno della Britannia stessa. Non si trattò di una lunga visita, ma di una visita lampo, dato che a quanto pare egli fece ritorno a casa prima della fine del 44 d.C., e prima del grande viaggio verso occidente intrapreso da Lazzaro (Gesù).

Ora, tale viaggio in Britannia, tale visita lampo in codesta regione, è significativa per due ragioni principali. In primo luogo, Giuseppe pare intenzionato a farlo apparire come un semplice viaggio d’affari, in cui avrebbe evitato di condurre con sé membri chiaramente riconoscibili della famiglia, e, in secondo luogo, egli fece ritorno a casa in tempi rapidissimi.

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E’ giusto supporre che questo fosse il noto viaggio associato al cosiddetto “Santo Graal”, in seguito al quale Giuseppe condusse con sé almeno due dei figli di Gesù e Mariamne (Maria Maddalena) in un luogo sicuro, in cui i sadducei non avrebbero mai potuto rintracciarli o catturarli. Si presume che siano stati i due figli maggiori, ovvero la figlia Maria e il figlio Giacomo, ad intraprendere tale viaggio in compagnia del nonno.

Non si trattò di una missione facile, anche perché bisogna ricordare che i sadducei rappresentavano i discendenti delle importantissime e antiche famiglie fenicie impegnate in ambito commerciale, e quindi avevano connessioni praticamente ovunque in tutto il mondo antico. Ovunque tranne che in un luogo magico, l’Irlanda.

La Chiesa si è sempre preoccupata di ritrarre l’Irlanda come una terra violenta, infida e pagana sino all’arrivo di Patrizio. Naturalmente è in direzione dell’Irlanda che gli esuli della famiglia reale di Ugarit, i principali discendenti di Akhenaton, fuggirono dopo essere stati attaccati dal faraone Seti. Quest’ultima terra rappresentava la casa spirituale degli “Uomini Sacri” (Santi) e l’effettiva località di origine dell’ultima linea di sangue rimasta dei Re di Israele.

Il popolo celtico dei Dumnonii era quello che occupava il territorio del Somerset, del Devon e della Cornovaglia, ed operava al servizio dei Supremi Re d’Irlanda, presso i quali Giuseppe aveva per breve tempo vissuto ed operato tempo prima, ed è appunto da quella regione che gli ebrei-irlandesi (Hibiru) estraevano oro e stagno, esportandolo in tutto il mondo antico.

Giuseppe, uno dei Supremi Re d’Irlanda (probabilmente è lui stesso il personaggio alla base del mitico eroe Cú Chulainn presente nei cicli dell’Ulster), colui il quale aveva rinunciato alle proprie cariche, e che inoltre quasi certamente era andato contro la volontà degli anziani Cuileann nel caso della sua decisione di fondare Nazara, non poteva avere certezze a proposito di come sarebbe stato ricevuto una volta recatosi direttamente in Irlanda.

Tuttavia, è invece evidente il fatto che, anche nel caso in cui a Giuseppe stesso fosse stato vietato di mettere mai più piede sul sacro suolo d’Irlanda, i suoi figli, i discendenti di sangue dei più antichi re, ed ora discendenti delle linee di sangue ormai fuse degli Esseni e di Giuseppe (Sadducei), sarebbero stati certamente ricevuti e ospitati presso la corte del Re Fiacha Finnfolaidh.

Per cui, intorno alla fine del 44 d.C., Giuseppe salutò la figlia maggiore di Gesù, che si chiamava anch’essa Maria, Mariamne (Maria Maddalena) e il fratello minore di Maria, Giacomo, per cui questi ultimi fecero ritorno alla loro casa ancestrale, alla casa dei Re, a Tara.

Durante una breve rivolta, nel 56 d.C., il Re e la linea dei Milesi (Milesian line) furono per breve tempo deposti, per cui il Re stesso ed i figli di Gesù e Maria fuggirono con gli uomini affidati alla loro custodia in Scozia.

Tale evento spiegherebbe inoltre il periodo che Giuseppe, Sua Altezza Divina (Ha Rama Theo), trascorse in Scozia, appunto in questa fase, poco prima della sua morte. Successivamente alla rivolta, e nel corso dell’esilio in Scozia, è possibile che Giuseppe abbia fatto sì che Giacomo fosse trasferito sotto la custodia di uno degli affidabili clan gallesi.

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Tuttavia, nel 76 d.C., Tuathal Teachtmhar, il figlio di Fiacha Finnfolaidh, fece ritorno alla testa di un esercito appoggiato dai Romani per rivendicare il trono di suo padre, e di certo rimase fedele al giuramento fatto dal padre di proteggere le linee di sangue di Gesù e Maria.

Ciò che è particolarmente interessante in questa fase temporale è che Tuathal Teachtmhar si suppone abbia sposato una “principessa” delle linee di sangue reali d’Inghilterra di nome Baine, in base ad un poema epico del IX secolo riguardante i grandi e antichi Re d’Irlanda.

Ebbero successivamente tre figli: Fithir d’Irlanda (F), Darina d’Irlanda (F), e Re Fedhlimidh Rachtmar (M) d’Irlanda, che ascese al trono nel 110 d.C. e morì nel 119 d.C.

Il problema, in riferimento a tale resoconto, è che non vi fu alcun “re” d’Inghilterra propriamente detto prima di Alfredo il Grande nel 871 d.C., quindi, o l’autore del poema compie un errore di fatto essenziale a proposito di un elemento di evidentissima rilevanza, o, come avviene nel caso di gran parte della conoscenza esoterica, si tratta di un errore intenzionale concepito per occultare una serie di conoscenze essenziali. Oppure, terza possibilità, il passaggio è stato deliberatamente “manipolato”, come è accaduto a numerose opere nel corso della storia.

Il nome “Bain” viene semplicemente interpretato come “fair bridge” (ponte propizio/buono/bello). Tuttavia, è probabile che tale termine sia una deliberata modifica del termine “Brid”, una denominazione notoriamente associata al’l'Irlanda con le “dee madri” del tre (3 dee madri). Il Caso di Maria (Case of Mary) in questo senso rappresenterebbe la terza generazione di tre Marie. In secondo luogo, l’unico vero Re presente in Britannia ai tempi di Tuathal Teachtmhar era appunto Joseph Ha-Rama-Theo (d’Arimatea, o Sua Altezza Divina, Re di Israele).

Bain, o Brid, la moglie di Tuathal Teachtmhar fu quindi, con tutta probabilità, Maria, la primogenita di Gesù e di Mariamne (Maria Maddalena).

Ora, se tutto questo corrisponde effettivamente al vero, e Maria, la figlia maggiore di Gesù e di Mariamne (Maria Maddalena), è in effetti divenuta Regina d’Irlanda intorno al 76 d.C., numerosi sono gli elementi che troverebbero una spiegazione.

Si spiegherebbe certamente la decisa ed assoluta devozione a Maria presente in tutta l’Irlanda, un elemento assai più significativo della semplice sincretizzazione riferita a un antico culto pagano ispirato al femminino.

Si spiegherebbe inoltre la decisa e profonda spiritualità e la grande saggezza tipica della tradizione irlandese, e si spiegherebbe inoltre perché l’Irlanda sia stato il primo paese a sperimentare un tentativo onnicomprensivo di pulizia etnica ad opera della Chiesa di Roma ai tempi di Patrizio, a partire dal 431 d.C.

Tanto efficaci si dimostrarono Patrizio e gli invasori che giunsero dopo di lui nella distruzione di numerosi testi e di ogni elemento associabile alla saggezza in Irlanda, che ancora oggi gli irlandesi, e la maggior parte delle persone al mondo, ritengono che i Celti abbiano costituito un Impero della durata di 1.000 anni in tutta l’Europa del Nord semplicemente facendo ricorso a tradizioni orali.

Naturalmente quest’ultima rappresenta una conclusione assolutamente priva di senso. Tuttavia, il timore radicato nei confronti degli Irlandesi da parte della Chiesa Cristiana continua a permanere ancora ai nostri giorni.

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Probabilmente esiste una ragione in grado di spiegare tutto questo. Perché in Irlanda, oggi, almeno il 20% della popolazione può tracciare le proprie origini fino ai Re Milesi (Milesian line), mentre il 5% può tracciarla sino a Tuathal Teachtmhar e alla Regina Maria (Bain, o Brid).

Anche perché, per quanto abilmente la Chiesa Cristiana Romana e gli Inglesi abbiano, nel corso dei secoli, tentato di massacrare, impoverire e distruggere gli Irlandesi, questi ultimi hanno continuato a fondare le proprie comunità su famiglie numerose ed hanno quindi superato le difficili condizioni a cui sono stati soggetti nel tempo.

I DIVINI SPIRITI DELL’AGRIFOGLIO E IL GRAAL

Detto questo, l’Irlanda non rappresenta l’unica località in cui le linee di sangue e i discendenti di Gesù e Mariamne (Maria Maddalena) perdurarono. Rappresenta tuttavia certamente il luogo in cui continua a vivere il maggior numero di persone che condivide il loro singolarissimo patrimonio, e rappresenta inoltre l’unico luogo ad essere caratterizzato da un riferimento ineliminabile ai Cuileann stessi, quelli che sopravvissero alla persecuzione nascondendosi infine nella regione di West Cork.

La seconda area in cui questo stesso discorso resta valido è il Galles, e la regione sud-occidentale dell’Inghilterra.

A differenza dell’Irlanda, il Galles non è mai stato uno stato sovrano. Tuttavia, ha mantenuto una fiera indipendenza e si è battuto per difendere l’integrità del proprio territorio ed il proprio patrimonio culturale per almeno duemila anni.

Ma prima di parlare del Galles quale possibile località in cui perdurò effettivamente la linea di sangue di Giacomo, il figlio secondogenito di Gesù e di Mariamne (Maria Maddalena), passiamo a considerare questa incredibile fase storica.

I Dumnonii, quel popolo che occupava l’area sud-occidentale della penisola e una parte del Somerset meridionale, quel popolo che controllava regione in cui Giuseppe – Re Supremo d’Irlanda in esilio e padre di Gesù – tradizionalmente possedeva proprietà reali quali le preziose miniere di stagno e di oro, quel popolo che rifiutò di fare fronte comune con la regina Boudicca contribuendo alla distruzione delle città romane, viene incredibilmente ritenuto semplicemente un assembramento neppure troppo omogeneo di persone dedite all’agricoltura di sussistenza!

Di nessun resoconto storico riferito a leader, re o discendenti, al di là delle leggende riguardanti il Re, vi è traccia in questa regione.

Consideriamo questo cospicuo “buco nero” della storia. Stiamo parlando di una regione che comprende circa i due terzi del territorio del Galles, dotata di terreno fertile, di acqua potabile ed inoltre di un territorio dall’essenziale importanza strategica.

Il fatto che la maggior parte degli storici accettino come veritiera quella che appare come una spaventosa voragine della storia, è stupefacente. Fatta eccezione per le leggende arturiane, non vengono fornite informazioni a proposito di alcuna linea dinastica.

Prima di parlare in maniera approfondita delle leggende arturiane, cerchiamo di prendere in considerazione una probabile catena di eventi.

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E’ chiaro che l’anno 62 d.C. rappresentò un anno assai insidioso per i membri della famiglia di Gesù. E’ inoltre evidente il fatto che, a partire dal 64 d.C. Fino al 78 d.C., i Romani, in Britannia e in Galles, furono impegnati a scrivere a proposito di quelli che oggi consideriamo dei pagani fanatici. Considerato il collegamento con Paolo, ora sappiamo che gli eventi che in quella fase ebbero luogo rappresentarono con tutta probabilità le prime ribellioni paolino-cristiane, innescate dall’arresto di Paolo e dalla sua esecuzione, nonché dall’esecuzione del Principe Linus (primo vescovo cristiano di Roma), figlio della regina Boudicca e membro di un’antica linea di sangue reale della Britannia.

Considerato il pericolo legato all’attraversamento di quelle regioni, è pressoché certo che Giacomo fosse rimasto in Scozia e che avesse creato lì la propria famiglia per fare successivamente ritorno nelle aree occupate dal popolo dei Dumnonii tra il 75 e il 76 d.C. Da questo punto in avanti, possiamo ragionevolmente assumere, in base alla evidente assenza di resoconti storici relativi a personaggi di rilievo che emersero in quella fase, che non si manifestarono leader di rilevanza storica.

Negli anni compresi tra il 200 e il 300 d.C., è probabile che i membri della famiglia di Giacomo ed i loro discendenti si fossero trasferiti a nord per trasformarsi nei leader dei popoli che vivevano nell’area del Galles.

Approfondiamo ora un’altra celebre raccolta di prove a sostegno della presenza di Giacomo in quest’area, oltre che i suoi legami con suo nonno e con le leggende riguardanti le linee di sangue di Gesù.

RE ARTU’

La leggenda di Re Artù è senza dubbio una delle più note nel mondo occidentale. E’ anche una delle più sconcertanti, anche perché, come si verifica nel caso del Vangelo di Giovanni, queste antiche leggende e queste antiche storie sembrano fornire un’abbondanza senza di limiti in termini di simbolismo misterioso, di anagrammi e di informazioni deliberatamente occultate.

Ad uno specifico livello, si tratta di una storia che tratta della lotta tra il bene e il male, della saggezza e del culto del vero dio, così come di una religione oscura legata alla magia, ai sacrifici di sangue ed al satanismo.

Ad un livello differente, si tratta invece di cavalleria e di nobiltà, di valori legati all’onore ed al rispetto nei confronti della conoscenza (sapere/saggezza). E si tratta inoltre di un processo che ha lo scopo di occultare determinate conoscenze, del deliberato occultamento di un certo tipo di origini e degli stessi eventi storici.

La storia tratta anche di inganno, inganno deliberato e premeditato ad opera dei personaggi più vicini al Re, per nascondere un terribile male, quel male in grado di mascherare sé stesso ed in grado di spacciarsi per il bene.

Si tratta inoltre, naturalmente, di una ricerca, della ricerca del Santo Graal, ovvero della linea di sangue di Gesù.

Gli storici, i teologi della Chiesa, ed altri “esperti”, sono pronti a rigettare la storia di Artù definendola una storia elaborata a tavolino e di carattere e mitologico, sebbene intrigante e ricca di singolari allegorie. Ma ci sono elementi nelle leggende arturiane, così come nel Vangelo di Giovanni, che continuano a colpirci senza mai perdere il proprio fascino.

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Anche perché, per quante volte si sia letta quella storia, sembra che vi sia in quest’ultima un misterioso elemento che pare occultato nel profondo di quelle meravigliose storie fiabesche, e che pretende di venire alla luce e di essere riconosciuto come verità. La domanda è: di cosa si tratta? E perché ciò accade?

Artù appare per la prima volta nell’ambito della letteratura gallese. In un antico e sopravvissuto poema gallese, “Il Gododdin” (594 d.C.), il poeta Aneirin (ca. 535-600 d.C.) scrisse in una delle sue opere “ha nutrito corvi neri sui bastioni, anche se non era Artù”.

In un’altra opera, attribuita a Taliesin, e che risale probabilmente ad una data addirittura antecedente: “The Chair of the Sovereign” (Il Trono del Sovrano), si parla di “Artù il Benedetto”; Preiddeu Annwn (“I Tesori di Annwn”), menziona “il valore di Artù” e afferma “ci siamo recati con Artù negli splendidi (luoghi) delle sue gesta”.

Ci sono poi altre opere di poesia epica che parlano di Artù, quali “Il Viaggio a Deganwy”, che contiene il passaggio “come avvenne nella battaglia di Badon grazie ad Artù, condottiero glorioso, con le sue splendide armi, rese rosse dalla battaglia, che tutti gli uomini ricordano.”

Un altro riferimento ad Artù, tra i primi in assoluto, è nella “Historia Brittonum”, attribuita al monaco gallese Nennio, che si dice abbia scritto questa raccolta dell’antica storia gallese intorno all’anno 830 d.C. In quest’opera, Artù viene indicato come un “condottiero in battaglia”, piuttosto che come re. Due fonti distinte all’interno di tale raccolta fanno menzione di dodici battaglie in cui pare egli abbia combattuto, che si concludono in occasione della battaglia del Mons Badonicus, dove si dice che egli da solo abbia ucciso 960 uomini.

Quindi, in base a quanto sostenuto negli “Annales Cambriae” del X secolo, si dice che Artù fu ucciso nella battaglia di Camlann nel 537 d. C.

Artù appare in una serie di ben note vite dei santi del VI secolo, molte delle quali scritte nel monastero di Llancarfan nel XII secolo.

Ad esempio, nella Vita di San Illtud, scritta intorno al 1140, si dice che Artù fosse un cugino di tale rappresentante ecclesiastico.

Intorno al 1100, Lifris di Llancarfan scrive, nella sua “Vita di San Cadoc”, che Artù fu sconfitto in maniera piuttosto singolare da San Cadoc. Cadoc garantì protezione ad un uomo che aveva ucciso tre dei soldati di Artù, e Artù fu ripagato del fatto tramite la cessione di una mandria di bestiame di proprietà di Cadoc, atto compiuto per riparare il danno legato alla perdita dei propri uomini. Cadoc consegnò gli animali, come richiesto, ma quando Artù prese possesso degli animali, questi ultimi furono trasformati in fasci di felci. Episodi di questo genere risultavano utili per rappresentare la maniera in cui un uomo di chiesa fosse in grado di sconfiggere e di avere la meglio su un leader mondano.

Artù compare anche nel racconto gallese “Culhwch e Olwen”, una narrazione solitamente associata al “Mabinogion”. In quest’opera, Culhwch si reca in visita presso la corte di Artù per ottenere il suo appoggio al fine di ottenere la mano di Olwen. Artù, che viene descritto come suo parente, acconsente alla richiesta e soddisfa le richieste del gigante Ysbaddaden, padre di Olwen, che

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includevano la possibilità di dare la caccia al grande cinghiale Twrch Trwyth, in dettaglio descritta dall’autore.

Gervasio, nel XIII secolo, afferma che Artù e i suoi cavalieri viaggiavano regolarmente lungo un’antica via tra il Castello di Cadbury e Glastonbury (che è ancora nota ai nostri giorni come la “King Arthur’s Causeway”) e che egli, in compagnia dei suoi cavalieri, fosse ancora visibile al chiaro di luna nei boschi della Britannia, della Bretagna e della Savoy (Savoia). Loomis fa riferimento ad un’opera scozzese del XVI secolo, e al fatto che numerose di tali leggende fossero ancora diffuse nel XIX secolo nei pressi del Castello di Cadbury e in numerose aree della Francia.

Tuttavia, i due manoscritti che hanno finito con l’articolare la leggenda arturiana per come la conosciamo oggi, sono quelli di Goffredo di Monmouth, ovvero “Historia Regum Britanniae” (1136-1138, “Storia dei Re della Britannia”) e la “Vita Merlini” (ca. 1148, “La vita di Merlino”).

La tomba di Re Artù è stata localizzata nei pressi della Glastonbury Abbey. In queste stesse leggende è inclusa la figura di Giuseppe d’Arimatea. In base a quanto riportato all’interno di tali opere, Artù venne ucciso nel corso della sua ultima battaglia, ovvero nella battaglia di Camlann, in cui aveva combattuto contro le forze di Mordred.

La storia afferma che Mordred fosse inoltre un cavaliere della Tavola Rotonda, un figlio nato da una relazione incestuosa tra Artù e sua sorella Morgana. In quasi tutti i resoconti, si dice che Artù fosse stato ferito a morte, e che, successivamente a tale battaglia, fosse stato condotto ad Avalon, località in cui le sue ferite guarirono e in cui il suo corpo fu infine sepolto in una cappella. Alcuni testi fanno riferimento ad un possibile ritorno di Artù nel futuro.

Come avviene nel caso di Giovanni, vi è dell’evidente simbolismo in tali resoconti.

Glastonbury rappresenta la località per eccellenza in cui si concentravano gli antichi interessi commerciali di Giuseppe d’Arimatea, Joseph (Giuseppe) Ha-Rama-Theo, il padre di Gesù.

Tanto Giuseppe quanto Maria (“Vergine Maria”) furono probabilmente sepolti nella chiesa di Glastonbury, prima che i loro resti fossero occultati, in tempi successivi, nella fase dei tumulti che si verificarono in Britannia intorno al XII secolo, successivamente alla conquista normanna.

La storia di Artù che, colpito a morte e successivamente sepolto in una cappella, pare destinato in futuro a risorgere dai morti, è singolarmente molto simile alla storia della miracolosa sopravvivenza di Gesù successivamente alla crocifissione.

I cavalieri della tavola rotonda, inoltre, risultano decisamente simili ai discepoli di Gesù, e l’episodio incestuoso relativo a Morgana e a Mordred, ricorda moltissimo il fatto che Paolo di Tarso sia stato accettato come apostolo solo per ricorrere successivamente all’inganno, impegnandosi ad eliminare i membri della famiglia di Gesù, tra i quali lo stesso Gesù.

In definitiva, il ritorno di Artù ricorda assai da vicino un testo relativo a una leggenda di carattere messianico.

C’è naturalmente una leggenda che scende ancor più nel profondo nel quadro di tali resoconti leggendari. Presso la corte di Tara, ai tempi di Cormac Mac Art (Artù) (Re d’Irlanda 227-266 d.C.), si tramanda che esistesse effettivamente una tavola rotonda. Cormac è famosissimo per il fatto di

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essersi dimostrato un re saggio, e le leggende relative alla sua linea di sangue abbondavano, così come quelle sulle linee di sangue dei leader delle tribù del sud-ovest dell’Inghilterra e del Galles.

Il Santo Graal è un altro promemoria. Il simbolo per eccellenza delle linee di sangue di Gesù e di Mariamne (Maria Maddalena). Quasi ad indicare che i loro discendenti fossero al sicuro e nascosti in qualche specifica località delle isole britanniche.

E’ tanto fitto il simbolismo che pare incredibile che le leggende di Artù siano sopravvissute all’occhio onniveggente della Chiesa di Roma. Probabilmente questo elemento potrebbe risultare spiegabile in base al fatto che ormai vi fosse una quasi certezza in relazione all’eliminazione di ogni elemento di prova che riguardasse il passato, l’idea che fosse stato bruciato, eliminato e cancellato per sempre.

Eppure questo passato non è mai stato dimenticato, e in qualche strana maniera, persino dopo centinaia di anni, il simbolismo della leggenda di Artù, così come quello di Giovanni, insiste nel ricordarci la vera storia delle linee di sangue di Gesù.

Queste ultime sono sopravvissute in Irlanda, e, grazie ad alcune famiglie, anche in Galles, per cui oggi esistono letteralmente centinaia di migliaia di persone che possono tranquillamente vantare una discendenza dallo stesso Gesù.

GLI ULTIMI ANNI DI GESU’

Ora, il fatto di nascondere il “Santo Graal” in Irlanda è solo una componente, un piccolo particolare di questa complessa storia.

Perché quando Giuseppe fece ritorno dalla sua missione segreta nel 44 d.C., intraprese successivamente un lungo viaggio portando con sé il resto della propria famiglia (tra cui “Lazzaro”), ma non Giacomo il Giusto, che era ormai il capo dei Nazareni.

Vi è un certo disaccordo sul fatto che “Lazzaro” e Mariamne (Maria Maddalena) si fossero recati prima in Gran Bretagna e successivamente in Francia, o se fossero stati in un primo tempo “lasciati” in Francia.

Considerando la previdenza di Giuseppe e quella dei membri del Casato di Ananus e del loro ‘killer’ di fiducia Paolo di Tarso, considerata l’assenza di Giuseppe e della sua famiglia da Caesarea, sorge immediato il sospetto che Glastonbury possa essere stata la prima destinazione che egli raggiunse via mare.

Non vi può essere alcun dubbio sul fatto che i Sommi (Alti) Sacerdoti del Casato degli Ananus avessero fornito istruzioni rigorose affinché a Giuseppe e agli altri figli non venisse fatto del male, ma Gesù, Mariamne (Maria Maddalena) e i loro figli dovevano essere eliminati ad ogni costo.

La ragione di un simile atteggiamento risiedeva nel fatto che qualsiasi atto pubblicamente commesso ai danni di Giuseppe o della sua famiglia, anche in un’altra area del mondo, avrebbe scatenato un terremoto al quale i Sommi (Alti) Sacerdoti rischiavano di non sopravvivere. Ma nel caso di Gesù, quest’ultimo “doveva assolutamente essere ucciso e/o finire in cielo”.

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Quindi è probabile che Giuseppe avesse fatto in modo che il suo figlio primogenito Gesù (Lazzaro), Mariamne (Maria Maddalena), sua moglie, e il figlio più giovane (Giuda) ‘Sara’, fossero fatti sbarcare in Francia nei pressi di Marsiglia, mentre gli avrebbe fatto successivamente rotta verso la Britannia con gli altri figli di Gesù e sua moglie (la “Vergine”) Maria.

Per quanto riguarda la storia tramandata dalle famiglie nobili francesi, quella che si cela dietro buona parte delle storie riportate nel Codice da Vinci, Sara, in qualche maniera, sopravvisse alla morte della madre, ed ebbe dei figli che vissero senza contribuire ad alcuna delle più note linee di sangue, almeno fino al V secolo dopo Cristo.

Si dice poi nella leggenda, che, intorno al periodo in cui Patrizio, su ordine della Chiesa di Roma, tentò di eliminare ogni persona che avesse avuto accesso all’istruzione in Irlanda per riportare quella terra all’età della pietra, i rifugiati fuggirono e si unirono tramite vincolo matrimoniale ai Franchi Sicambri, e che da quest’ultimo emerse successivamente una nuova dinastia ‘regnante’. Si trattava dei ben noti Re Merovingi che fondarono la monarchia francese ed introdussero il ben noto fleur-de-Lys (il simbolo ebraico della circoncisione), come emblema reale di Francia.

A partire dalla linea di sangue merovingia, un altro ceppo della famiglia costituì un regno ebraico assolutamente indipendente nel sud della Francia: il Regno di Septimania, nella regione che noi oggi conosciamo come Linguadoca. In questo caso, i primissimi principi di Tolosa, Aquitania e Provenza discesero tutti dalla linea di sangue messianica del Santo Graal. La Septimania fu concessa successivamente alla Casa Reale di Davide nel 768, e il principe Bernardo di Septimania sposò infine una figlia dell’imperatore Carlo Magno.

Ciò che è interessante in riferimento al collegamento tra le linee di sangue francesi, è che queste ultime tendono a presentarsi come strettamente connesse tra loro e progressivamente insediate in ambiti prossimi alla regalità, o comunque progressivamente imparentate con le famiglie reali. Ciò che appare chiaro è che coloro i quali hanno fornito prove in relazione all’antico Priorato di Sion, ed alla congiura della Chiesa ai danni delle linee di sangue di Gesù, si siano dimostrati previdenti puntando su un gruppo segretissimo composto da un numero assai ristretto di persone che ha quindi avuto l’onore di congiungersi a quella specifica discendenza.

Si tratta di un atteggiamento che ha assolutamente senso se si intende mantenere il massimo valore in relazione ad un dato bene. Come nel caso dei diamanti, ad esempio.

Se i diamanti risultassero a buon mercato, tenderebbero a perdere il proprio valore. Ma se si limita la loro circolazione sul mercato, permettendo semplicemente la collocazione sul mercato dei diamanti più “puri”, a quel punto il loro valore tenderà ad aumentare.

Sebbene molti considerino le pretese francesi, quelle in base alle quali essi apparterrebbero alla linea di sangue nobile originatasi da Gesù e Mariamne (Maria Maddalena), quale pura fiction, la storia dei matrimoni incrociati tra le famiglie reali d’Europa successivamente al periodo medievale sembrerebbe dipingere un quadro differente.

Pare esserci quantomeno una preferenza nel cercare di inglobare appunto quelle linee di sangue nell’ambito di numerose delle linee di sangue reali. Anche in questo caso, se il Priorato di Sion fosse antico come sostiene di essere, allora la sua esistenza, e l’apparente prestigio e l’esclusività rivendicati certamente renderebbero queste famiglie nobili di un rilievo particolare e più elevato.

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Ci sono però due decisivi punti deboli nella storia del pedigree relativo a tali linee di sangue. In primo luogo, non vi è alcuna indicazione del fatto che il nome del bambino fosse in effetti “Sara”, pare trattarsi di un nome differente, ovvero “Giuda”. In secondo luogo, non ci sono prove che il bambino sia sopravvissuto successivamente alla morte della madre avvenuta intorno al 62 d.C.

In effetti, l’ossario presente nella tomba di Gesù a Talpiot est è una decisiva prova archeologica del fatto che il figlio presente in Francia fosse in effetti un maschio, non una femmina, e che non fosse sopravvissuto a lungo dopo la morte di Mariamne.

In secondo luogo, se i leggendari Re Pescatori rappresentassero effettivamente le linee di sangue dei grandi Re d’Irlanda, allora almeno mezzo milione di irlandesi avrebbero un diritto assai più puro, più antico, e quindi maggiore diritto di rivendicare quell’eredità, assai più della categoria dei reali d’Europa degli ultimi 1500 anni nel suo complesso.

Naturalmente, Patrizio, e i mercenari cattolici che seguirono le sue orme nei secoli successivi, hanno fatto alle famiglie reali d’Europa un grande favore. Così come lo hanno fatto ai discendenti di Gesù e Mariamne (Maria Maddalena). Soprattutto perché hanno cancellato quella storia in maniera tanto radicale che ormai nessuno può più dimostrare, utilizzando prove concrete, l’effettiva verità in riferimento a tali linee di sangue.

Col senno di poi, se la Chiesa di Roma avesse compreso quanto pure fossero le linee di sangue in Irlanda, e quanto numerosi fossero gli effettivi discendenti, a quel punto l’ordine impartito a Patrizio avrebbe potuto essere quello di eliminare ogni anima in Irlanda.

Pare sia vero che, per secoli, numerosi dei Casati d’Europa abbiano rivendicato la propria regalità sulla base di elaborati e splendidamente articolati alberi genealogici che facevano riferimento al patrimonio dei mitici “Re Pescatori” e dei Merovingi. In altre parole, hanno rivendicato una discendenza di sangue dalle linee di sangue di Gesù e di Maria.

In un certo senso, è stata una benedizione per gli effettivi discendenti, quelli con i contatti più indiscutibili con quelle linee di sangue. Perché se tale verità fosse stata effettivamente riconosciuta, non ci sarebbe più alcun irlandese oggi, né probabilmente alcun gallese.

Ma la Chiesa di Roma, la Chiesa di Paolo, aveva dimenticato un elemento di saggezza fondamentale che restava la ragione principale per cui i loro antenati, in primis, fossero impegnati a bere il sangue delle proprie vittime ed a compiere sacrifici umani – la saggezza è nel sangue.

I Cristiani fanatici, gli zeloti di Paolo, potranno anche distruggere le grandi biblioteche in cui la grande sapienza viene conservata, come hanno fatto ad Alessandria e a Roma. Potranno saccheggiare e distruggere culture, come hanno fatto in Irlanda, con l’obiettivo di riportarle all’età della pietra. Potranno distruggere tutte le possibili prove storiche e fabbricarne di fasulle.

Ma quando si tratta della verità, di un elemento che è all’interno nel nostro stesso sangue, esistono qualità all’interno della nostra stessa struttura che ci guidano e che ci ricordano come siano andate effettivamente le cose.

La Chiesa Cristiana ha massacrato milioni di persone. Ma non può distruggere la saggezza che è nel nostro sangue, quella nel nostro DNA che è in grado di comunicare con noi.

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L’UOMO PIU’ MALVAGIO DELLA STORIA

C’è un ulteriore capitolo da scrivere sulla linea di sangue di Gesù e Mariamne (Maria Maddalena), e riguarda ciò che a quanto pare è stato scoperto nella regione che circonda Marsiglia.

Se, nell’ambito delle informazioni che presentiamo, avete prestato attenzione alla storia dei concili della Chiesa e dei fondatori del Cristianesimo, allora saprete che, successivamente al primo concilio della Chiesa nel 48 d.C., Paolo raddoppiò i propri sforzi indirizzati a creare la sua nuova religione per rendere inoffensivi i Nazareni e il messaggio stesso di Gesù.

Sappiamo, in base al contenuto del Nuovo Testamento, che Paolo fosse stato impegnato in una serie di grandi missioni. Con ogni probabilità si trattava di un genere di missioni assai specifico, brillantemente occultate tanto per promuovere il Cristianesimo quanto per reclutare spie a livello locale al fine di rintracciare e scovare il rifugio della famiglia reale.

Mentre dalla Bibbia appare evidente che Paolo non si sia mai recato in Britannia o in Spagna, è pressoché certo che Paolo si sia a tutti gli effetti recato in Britannia. Una leggenda racconta di come egli sia giunto lì ed abbia attraversato la regione controllata da Giuseppe, e la stessa Glastonbury, transitando nell’area del Devon. Esiste un antico racconto, in questa stessa area, che riferisce il fatto che il “Diavolo” abbia visitato il Devon.

Sappiamo inoltre che Paolo fu scomunicato intorno al 59-60 d.C. A causa dei suoi terribili crimini contro la vera Chiesa di Gesù.

Su tale base, i seguenti eventi risultano tristemente, e con tutta probabilità, la vera storia di ciò che accadde nel caso di Gesù, Maria e Giuda in seguito all’opera dell’uomo più malvagio della storia umana, il fondatore del Cristianesimo, Paolo di Tarso.

Essendosi impegnato a predicare apertamente assolute menzogne per danneggiare Gesù e l’effettivo messaggio dei discepoli di quest’ultimo, sin dal 50-52 d.C., Gesù e Mariamne (Maria Maddalena) ne avranno certamente avuto notizia.

Probabilmente, in una prima fase, Gesù fu in grado di contenersi. Ma quando il momento della scomunica di Paolo giunse, non fu probabilmente in grado di rimanere a lungo in silenzio. E’ possibile che sia stato Gesù stesso l’istigatore di tale evento tramite l’invio di uno specifico messaggio a suo fratello Giacomo, citando in giudizio Paolo affinché fosse scomunicato quale primo eretico della storia cristiana.

Tuttavia, agendo in questa maniera, Paolo e il Casato di Ananus avrebbero potuto finalmente rendersi conto della località in cui si trovavano tanto Gesù stesso quanto la famiglia reale.

Dopo essere stato scomunicato, Paolo quasi certamente tornò all’opera, impegnato nella sua grande “terza” missione, e raggiungendo la Francia. In base alla leggenda di Lazzaro, Paolo e la sua banda di assassini scovarono Gesù e con ogni probabilità fu Paolo stesso ad uccidere Gesù, tagliandogli la testa per consegnarla, come prova, a Jonathan (Gionata) ed al resto della famiglia dei Sommi (Alti) Sacerdoti.

A quanto pare, almeno in base alla leggenda di Mariamne (Maria Maddalena) – che, ormai sola, si nascondeva nella grotta di una collina nei pressi – Paolo uccise anche Giuda, il figlio più giovane di

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Gesù. Egli assegnò quindi ad un altro gruppo il compito di dare la caccia a Mariamne (Maria Maddalena) e di eliminarla, e immediatamente dopo partì per fare ritorno a Gerusalemme con la testa tagliata di Gesù quale trofeo da mostrare ai suoi padroni e all’effettivo e segretissimo Sommo (Alto) Sacerdote del Cristianesimo, Jonathan (Gionata).

La testa di Gesù, a quanto pare, andò successivamente perduta, fino a quando tale “tesoro” fu infine riscoperto da un manipolo di cavalieri sotto le rovine del Grande Tempio, che successivamente si impegnarono a fondare i Templari. Gli altri resti di Gesù, di Mariamne e dei loro figlio furono tutti ritrovati nella tomba perduta di Gesù e della sua famiglia, quella scoperta nel 1980, a Talpiot est.

Purtroppo i resti di Gesù, di Mariamne, di Giuda, di Giacomo e degli altri furono sottratti dagli ebrei ultra-ortodossi, che devono il loro patrimonio storico-religioso ai farisei, e furono sepolti nuovamente in una località ad oggi sconosciuta.

Nel 62 d.C., incoraggiato dagli eventi, Jonathan (Gionata) riuscì a far sì che suo fratello fosse eletto Sommo (Alto) Sacerdote, e nello stesso anno Maria fu finalmente rintracciata ed assassinata, mentre Paolo fu responsabile della brutale tortura pubblica e dell’assassinio di Giacomo, fratello di Gesù.

Il resto è storia. L’uomo più malvagio che mai abbia messo piede sulla terra fu finalmente decapitato nel 65 d.C., ma solo dopo che circa mezzo milione di persone fu massacrato ad opera dei suoi fanatici seguaci.

LE PROVE SONO OVUNQUE

Nonostante tutto questo male, le linee di sangue di Gesù e Mariamne (Maria Maddalena) sono sopravvissute e sono state rievocate grazie ad alcuni dei più grandi poeti, autori delle vite dei santi e musicisti di ogni epoca.

Chi afferma che non esista oggi alcun rappresentante della linea di sangue di Gesù e della linea reale di Giuda, si sbaglia.

Chi ama invece rivendicare il fatto che tali stirpi siano rintracciabili esclusivamente nelle famiglie aristocratiche d’Europa e nelle famiglie segretissime associabili alle teorie della “cospirazione” e alle società segrete, si sbaglia, in buona parte, alla stessa maniera.

Perché non ci sono solo una o due dozzine di persone che hanno nelle proprie vene le linee di sangue di Gesù, di Giuseppe, di re Zedechia, di Re Davide e di Salomone, esistono decine di migliaia di persone che possono vantare una simile ascendenza.

E cosa ancora più rilevante, queste persone non si limitano ad essere parte integrante della linea di sangue di Gesù e della linea di Giuda, nelle loro vene scorre il sangue dei veri eredi al trono dei faraoni d’Egitto, andando a ritroso nel tempo fino ad Akhenaton, il vero Mosè.

Eppure, ancora più sorprendentemente, queste migliaia di persone risultano le eredi della singolarissima combinazione di linee di sangue che include quelle dei faraoni Hyksos e dei re di Ugarit, risalendo indietro nel tempo fino ai re di Ebla e ai primi re-sacerdoti d’Irlanda, a più di 8.000 anni fa.

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Nel corso della storia, questi ultimi sono stati variamente indicati come “I Divini Spiriti dell’Agrifoglio”, o gli Spiriti Santi, i “Santi (Holly) “, o la Sacra Famiglia, gli Illuminati e gli dei viventi, poiché nessun altra categoria di persone ha mai avuto una tale possibilità di accesso alla saggezza nelle proprie vene, nessun altro gruppo di persone ha mai avuto la possibilità di vantare ascendenze riconducibili a linee di sangue ‘divine’ più importanti di queste ultime.

Nessun altro gruppo è mai stato definito in questo modo. Loro rappresentano gli “Holly” da cui deriva il termine “holy”, santo/sacro. La “sacralità” è nella loro stessa denominazione!

Sopravvivono grazie al loro numero, perché non sono più stati regine e re da quando il Cristianesimo ha preso il sopravvento. Sopravvivono semplicemente perché si è perduta la memoria di cosa e di chi sono.

Anche facendo riferimento al cognome, sono difficili da individuare come un unico grande gruppo. Alcuni hanno oggi cognomi quali Cullen, Collins, Cuilleann, altri ancora O’Culenan, Nicholas, O’Collins, Cullenan, O’Cuilleain e O’Coilean.

Oggi si trovano praticamente ovunque, in tutto il mondo, assolutamente ignari del proprio patrimonio, mentre agli irlandesi non è più rimasto alcun vero e proprio testo storico in base al quale rendersi conto di ciò che sinora abbiamo raccontato.

Ci sono quasi certamente ancora più persone che possono dirsi eredi di queste linee di sangue in seguito a matrimoni incrociati che sono troppo numerosi e complessi da considerare in questa sede.

Tuttavia, ciò che effettivamente resta è la consapevolezza che scaturisce dalla propria interiorità, quelle storie, quelle leggende, quei collegamenti, quei sentieri della storia che continuano a fare ritorno costantemente negli stessi luoghi, e a far riferimento agli stessi personaggi, alla stessa idea di fondo.

Naturalmente, quando si discute da un punto di vista accademico o scientifico, le leggende e i racconti risultano agevolmente liquidabili ed emarginabili nell’ambito dell’analisi storica. Tuttavia, si scopre molto spesso che anche nelle profondità della storia stessa vi sia in effetti un’altra “storia”. Ogni teoria che viene presentata contiene in sé un peculiare punto di vista sui fatti. Non c’è storia che sia stata scritta che si presenti priva di errori.

Non è questo tuttavia lo scopo del tempo trascorso a presentarvi questi fatti e queste affermazioni. Il nostro scopo è invece quello di risvegliare le coscienze delle persone affinché si rendano conto del fatto che esistono numerose persone, numerose decine di migliaia di persone, che condividono questo particolarissimo legame in questo mondo, un elemento che resta importante in riferimento alla storia della razza umana ed a quella dei personaggi di stirpe reale presentati nella Bibbia, e di quelli che si sono impegnati in prima linea nella battaglia tra le forze del bene e del male.

E dopo 2.000 anni dall’anno della nascita di Gesù, così come l’apostolo Giovanni aveva sperato, come molti avevano pregato che avvenisse, l’era di Satana sta per volgere al termine.

LA BATTAGLIA FINALE TRA IL BENE E IL MALE

Quando accendete la televisione e guardate un film riguardante personaggi della Bibbia che si battono contro il male, noterete quella trama classicheggiante, quella maniera di presentare i

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personaggi quasi come dei super-eroi di fronte ai terribili ostacoli che gli si presentano mentre si battono per fare del bene, di fronte alle risorse invece apparentemente infinite del male.

Per la maggior parte delle persone, tali disquisizioni a proposito di una vera e propria battaglia letteralmente intesa tra il bene e il male potrebbero apparire esagerate, l’ambito tipico di predicatori fanatici, che si illudono spesso di rappresentare una sorta di figure messianiche e che tendono a manipolare le menti dei propri seguaci.

Tuttavia, queste ultime non sono ipotesi irragionevoli. Numerose persone vedono sé stesse come una sorta di salvatori e messia, e predicano alle persone ciò che è bene e ciò che è male, etichettando sommariamente le persone e spesso facendo appello ad argomentazioni fondate sull’odio.

Ma tale tendenza non è in alcuna maniera paragonabile alla storia più profonda ed effettivamente “storica” che parla di forze che sono ancora ai nostri giorni ossessionate dal sacrificio umano, dal conservare il proprio potere e la propria ricchezza, dall’impegnarsi nel controllare il destino del mondo per ostacolare quella forza che è in grado di cooperare con l’universo in qualsiasi momento lo desideri, che cerca di illuminare il mondo, che cerca di smascherare coloro i quali tengono in ostaggio il mondo e di porre fine al loro regno.

Questa è una guerra reale ed effettiva, ed è una guerra che non è infuriata solo per 100 anni, o mille anni, o anche per duemila anni, ma che risale a numerose migliaia di anni fa, agli albori della civiltà e della stessa religione.

Sin dall’inizio emersero rapidamente due ‘gruppi, quelli che comprendevano il segreto della “via breve”, e che praticando il male potevano collegarsi all’universo per i propri fini e il proprio potere, e quelli che comprendevano la “via lunga”, la via legata all’impegnarsi creativamente, al tentativo di aiutare le proprie comunità e, quindi, riconducibile al tentativo di cooperare con l’Universo nei secoli.

Da allora, questi due gruppi sono stati coinvolti in una grande battaglia, e, nel tempo, o l’uno o l’altro ha prevalso in una determinata fase.

L’ultima grande guerra del bene contro il male, iniziò intorno al 600 a.C., vide l’età dei lumi scemare fino al 62 d.C. circa, quando l’incendio intenzionale di Roma, appiccato da S. Paolo e dai suoi fanatici cristiani controllati dai Sadducei, causò la morte di centinaia di migliaia di persone.

In origine, Gesù tentò di denunciare il male operato dai Sadducei e a tutti gli effetti anche la storia della discendenza ebraica della linea di sangue di suo padre legata ai re d’Israele. Successivamente, invece, si è trasformato nella figura tormentata del nuovo culto sadduceo che oggi definiamo Cristianesimo, che ha gettato una nuvola oscura e corrotta sul mondo per quasi duemila anni.

Ora siamo di nuovo nel bel mezzo di una battaglia tra il bene e il male, dove le schiere di coloro che si impegnano a schiavizzare il mondo, di coloro che mentono, di coloro che fingono di essere buoni, ma che continuano a perpetuare le guerre e il male, sono chiamate a rendere conto del proprio operato, di fronte all’Uomo, di fronte alle anime di buona volontà che lottano per il bene.

Contro tali apparenti e insormontabili ostacoli, la battaglia incombe ancora una volta su tutti noi, come è stato profetizzato.

Questi sono a tutti gli effetti gli Ultimi Giorni.

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Ma piuttosto che dimostrarsi una battaglia in cui si manifesterà un vincitore e uno sconfitto, questa battaglia riguarderà l’unificazione delle potenzialità dell’anima umana, l’unificazione dei cieli e la fine della guerra per sempre.

Il Cristianesimo

QUADRO GENERALE

 

Con quasi due miliardi di fedeli professanti in tutto il mondo, il Cristianesimo è attualmente la principale religione del mondo. Ha dominato la cultura occidentale per secoli e rimane la religione praticata dalla maggior parte della popolazione in Europa e in America.

Le credenze cristiane sono principalmente modellate sulle sacre scritture e sulle dottrine elaborate inizialmente dal Sadduceo, ed originario della Siria, Paolo di Tarso (San Paolo), a sua volta supportato da Josephus Bar Matthias (San Luca), figlio di un Alto Sacerdote Sadduceo e membro del Casato di Ananias (Ananus).

La religione creata da Paolo e dagli Ebrei Sadducei è fondamentalmente basata sui resoconti riguardanti un maestro e guaritore di nome Gesù di Nazareth, di nobile nascita, stranamente presentato come il figlio di un povero falegname (carpentiere).

Ad un livello più profondo, Paolo e i Sadducei riuscirono a fondere le più antiche teologie pagane nella storia, rendendo Gesù il ‘Figlio di Dio’, nato il 24/25 Dicembre da una vergine per salvare il mondo.

Ad un livello ancora più profondo, i principali riti dei Sadducei, quali il sacrificio umano, e i riti basati sul sangue, sono stati inoltre inseriti nell’ambito del culto, tanto da rendere la religione cristiana creata da Paolo fondamentalmente dualistica fondata su una Messa Bassa per i non-iniziati, e una Messa Alta per i sacerdoti di elevato livello e per i membri di quelle linee di sangue che continuano a conservare la propria decisiva influenza ancora ai nostri giorni.

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Il più importante quartier generale del Cristianesimo è rappresentato dal Colle Vaticano (il Vaticano), il più antico e il più importante sito dedicato all’adorazione di Cibele (Regina Coeli), così come del Satana del mondo antico, rappresentando inoltre uno dei siti ritenuti più sacri dai nobili Sadducei che fondarono il cristianesimo.

Il nome originario di Roma era Saturnia, in onore di Saturno/Satana, e il secondo più importante giorno di festa per il Cristianesimo è il 25 Dicembre, in onore dell’antica celebrazione di Saturnia (Satana) e del Sol Invictus (nascita del sole). La data del 25 Dicembre non ha assolutamente alcuna connessione con la data effettiva della nascita di Gesù che è assai probabilmente da collocare nel giorno 14 del mese di ‘Nisan’ del 6 dopo Cristo.

A distanza di 200 anni dalla formazione del Cristianesimo, il primo gruppo che la Chiesa Cristiana si impegnò ad eliminare in quanto ‘eretici’ fu rappresentato da coloro i quali celebravano la nascita e/o la morte di Gesù intorno al 14 Marzo o al 1 Aprile.

Il più importante festività della religione creata da Paolo (il Cristianesimo) è la Pasqua (Easter), detta anche ‘Eoster’, in onore della denominazione Sassone/Britannica della Dea Cibele, Regina dei Cieli e Dea Madre. Ciò a motivo del fatto che tale Dea è, ed è sempre stata, la più importante tra le divinità adorate dai Sadducei. La data della Pasqua non ha assolutamente alcuna connessione con l’effettiva data della crocifissione di Gesù che storicamente si ritiene sia avvenuta nello stesso giorno della sua nascita.

Il testo sacro di riferimento per il Cristianesimo è la Bibbia, e consiste di un corpus parzialmente modificato delle Scritture Ebraiche a cui sono stati aggiunti 4 vangeli accuratamente selezionati ed approvati da Paolo e dai suoi seguaci, oltre agli scritti di Paolo e di Josephus Ben Matthias (San Luca). L’effetto principale di tale composizione nel suo complesso è una maggiore enfasi sugli scritti di Paolo, seguiti in termini di rilevanza dall’Antico Testamento, mentre le effettive parole di Gesù sono state rese a tutti gli effetti quelle meno rilevanti – fu appunto questa la ragione per cui la

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famiglia degli Alti Sacerdoti Sadducei (del Casato di Ananus) articolò la Bibbia in questa specifica forma in occasione della sua traduzione in Greco avvenuta nel 50 dopo Cristo.

Sebbene si trattasse in origine di una religione dinastica fondata sulle linee di sangue delle dinastie Sadducee della Siria, il Cristianesimo ha in numerose occasioni riformato numerosi dei suoi elementi.

Il Cristianesimo è suddiviso oggi in tre principali branche. Il Cattolicesimo Romano, che rappresenta la chiesa cristiana riformata a partire dall’inizio del III secolo dopo Cristo ad opera delle famiglie nobili Sadducee, che è guidata dal Papa. Le credenze di carattere distintivo per i Cattolici includono una assai più evidente adorazione di Maria quale figura rappresentativa di Cibele (Regina dei Cieli), con i seguaci che utilizzano addirittura la tradizionale collanina (rosario) di Cibele ed il ciclo di preghiere definito appunto ‘rosario’ adorandola in effetti alla stessa maniera dei Sadducei oltre 2000 anni fa. La Chiesa Ortodossa Orientale e il Cattolicesimo Romano si separarono nel 1054 dopo Cristo, quando il Patriarca di Costantinopoli e il Papa si scomunicarono l’uno con l’altro. La Chiesa Ortodossa Orientale (che include la Chiesa Ortodossa Russa e quella Greca oltre a numerose altre) differisce dal Cattolicesimo per il rifiuto della sua sottomissione al Papa, per la sua enfasi sull’utilizzo delle icone nell’ambito del culto, e per la data in cui viene celebrata la Pasqua. Esistono tuttavia ulteriori differenze di carattere culturale, politico e religioso.

Il Protestantesimo si sviluppò nel XVI secolo nella fase della cosiddetta Riforma. I Protestanti non riconoscono l’autorità del Papa, rigettano numerose tradizioni e precetti della Chiesa Cattolica, ed enfatizzano l’importanza della lettura della Bibbia esprimendosi a favore di una dottrina della salvezza fondata semplicemente sulla fede (e non sulle opere). Il Protestantesimo consiste in numerosi gruppi con diverse denominazioni, inclusi i Luterani, i Battisti, i Metodisti, gli Episcopali, i Presbiteriani, i Pentecostali e gli Evangelici (Evangelisti).

ELEMENTI CHIAVE

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Divinità dell’Antico Oriente e Greco-Romana, è conosciuta con varie denominazioni. Il nome Cibele o Cibebe predominano nella letteratura greca e romana a partire dal Quinto secolo avanti Cristo. Il suo nome completo, a Roma, era Mater Deum Magna Mater.

La grande Dea Pagana Cibele (Kybele: “Keh – Ba’al – Leh” – colei (la divinità) che dimora nelle caverne, nelle grotte), sarebbe stata confusa e nel tempo conosciuta, successivamente ad una serie di trasformazioni operate dai Greci, come Sibilla/e. La grande Dea dell’Asia Minore è la più antica Dea conosciuta dalla storia, anticipando di ben 5000 anni le divinità Sumere e dell’Antico Egitto, così come le derivate divinità greche e romane, ponendosene inoltre come archetipo fondamentale.

Una immagine trovata a Catal Huyuk, datata ad 8000 anni fa, rappresenta la Dea Madre acquattata in procinto di partorire, affiancata da due leopardi. Nei secoli successivi, i leopardi sarebbero stati sostituiti dai leoni – Atalanta e Ippomene dopo la metamorfosi, nonostante il fatto che i leopardi fossero ritenuti leoni femmina nell’antichità. La sua adorazione era di solito combinata con quella del Toro Celeste, la cui presenza è prominente a Catal Huyuk.

Le leggende sono in accordo nel situare la nascita dell’adorazione della Dea Madre nell’area della Frigia, in Asia Minore (odierna Turchia centro-occidentale), ed in epoca classica il centro più importante del suo culto era a Pessinus, città situata alle falde del monte Dindymus, o Agdistis (di qui alcune sue denominazioni quali Dindymene ed Agdistis). Tuttavia, l’esistenza di numerose divinità simili in aree esterne alla Frigia sta ad indicare che Cibele rappresentasse la forma Frigia di una dea della Natura comune a tutta l’Asia Minore. A partire dall’Asia Minore, il suo culto si diffuse poi nel territorio greco. I Greci riconobbero nella Grande Madre una notevole somiglianza con la propria dea Rhea finendo con il tempo con l’identificarle completamente.

Durante l’invasione della penisola italiana ad opera di Annibale, nel 204 avanti Cristo, i Romani seguirono le istruzioni dettate da un oracolo della Sibilla in base al quale il nemico sarebbe stato sconfitto e scacciato solo se la “Madre Idea” fosse stata portata a Roma, insieme al suo simbolo più sacro,una enorme meterorite che si riteneva fosse caduta dal cielo. La sua identificazione da parte romana con divinità quali Maia, Ops, Rhea, Tellus e Cerere contribuì notevolmente all’affermarsi del suo culto. Alla fine del periodo repubblicano, il culto di Cibele si era

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decisamente affermato, mentre nel periodo imperiale divenne uno dei principali culti del mondo Romano.

La grande Madre Cibele fu portata da Pergamo a Roma nel 204 avanti Cristo.

La dea fu accolta con tutti gli onori dai più importanti cittadini Romani. Il Pontefice Massimo(Pontifex Maximus) le tributò un assai caloroso benvenuto e la Dea divenne la Magna Mater o “sacra” (“holy”) Madre di Roma:

“Quando Cibele fece il suo ingresso a Roma, ella rappresentava la dea che, provenendo da un mondo antico,  giungeva nel nuovo a garantire la vittoria. E’ quindi facile arguire il perchè della sua iniziale collocazione nel Tempio della Vittoria. Nello stesso anno del suo arrivo, comunque, la costruzione di un tempio, a lei espressamente dedicato, fu affidata ai Censori M. Livius Salinator e C. Claudius Nero. Dopo tredici anni – un periodo così lungo fu probabilmente dovuto alle difficoltà di quei giorni – il nuovo edificio in suo onore venne quindi inaugurato dal Pretore M. Junius Brutus il 10 Aprile del 191 avanti Cristo. Le nuove rilevazioni archeologiche operate da Pietro Romanelli nel 1951 hanno mostrato che ad oggi ben poco è rimasto dell’originale costruzione. L’anniversario dell’inaugurazione di questo tempio veniva celebrato annualmente”. (Vermaseren, Cybele and Attis, p. 41.)

In tutti i loro elementi caratteristici, tanto Romani, quanto Greci ed Orientali, la grande Madre era caratterizzata essenzialmente dalle stesse qualità. La più prominente tra queste riguardava il concetto della sua universale maternità. Ella rappresentava la grande madre non solo degli Dei ma anche degli uomini e degli animali. Era anche chiamata Montagna Madre o Madre Montagna, ed un’enfasi particolare era posta sul concetto della sua maternità nei confronti della natura selvaggia. Tale aspetto si manifestava in particolare nel carattere orgiastico della sua adorazione. I suoi mitici assistenti, i Corybantes, erano esseri selvaggi, semi-demoniaci. I suoi sacerdoti, i Galli o Galloi, venivano castrati nel momento in cui entravano a servizio della Dea.

L’auto-mutilazione era giustificata sulla base del mito riguardante il suo amante, il Dio della fertilità Attis, eviratosi all’ombra di un albero di pino, punto in cui era sanguinato fino alla morte. Alle festività annuali dedicate a Cibele (tra il 15 ed il 27 Marzo), un albero di pino veniva tagliato e portato nel suo tempio dove veniva onorato come una divinità ed adornato di violette, le

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quali si riteneva originatesi dal sangue stesso di Attis. Il 24 Marzo, il “Dies Sanguinis” o”Giorno del Sangue”, il suo sacerdote più importante, chiamato Arci-Gallus, si inferiva ferite alle braccia per trarne il sangue da offrire in dono alla Dea al suono di cimbali, tamburi, e flauti, mentre il clero minore danzava vorticosamente inferendosi ferite sul corpo intorno al suo altare bagnando così di sangue il pino sacro e l’altare stesso della Dea. Il 27 Marzo, la statua argentea della Dea, adornata da una piccola pietra sacra incastonata sul capo, veniva condotta in processione e bagnata nell’Almo, un tributario del fiume Tevere.

STRUTTURA RELIGIOSA

In ogni tempio della Dea, l’Alta Sacerdotessa ricopriva il ruolo più importante, seguita dagli Arci-Galli.

Immeditamente sub-ordinate nello status erano le Sacerdotesse ordinarie. Al punto più basso della gerarchia si trovavano i Galli o Galloi.

Perpetuarsi dell’adorazione di Cibele presso il Phrygianum restaurato sul colle Vaticano

L’altare principale della Dea Frigia Cibele, dai quali numerosi modelli di altari con iscrizioni sono derivati, era situato in un luogo non ben identificato vicino alla Basilica Vaticana. Dovrebbe essere stato chiuso in occasione delle misure prese dall’imperatore Teodosio contro i culti pagani tra il 391 ed il 392 dopo Cristo. Tra i numerosi altari con iscrizioni ritrovati, vi è questo altare dedicato a Cibele ed Attis, adornato con il pino sacro di Attis, un toro, un ariete, un souvenir dei sacrifici condotti ed i numerosi oggetti di culto. La data esatta della dedica alla Dea è inscritta sull’altare stesso: il 19 Luglio del 394 d.C.

IL VATICANO, ROMA – INFORMAZIONI GENERALI

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Il Colle Vaticano (in Latino Mons Vaticanus), collocato a circa 45 metri dalla pianura alluvionale del fiume Tevere, è il colle più vicino al versante nord-occidentale del fiume stesso, di fronte ai sette colli di Roma ed all’esterno delle antiche Mura Repubblicane erette nel Primo secolo avanti Cristo.

Il colle Vaticano si trova a circa due chilometri e mezzo a Nord-Ovest del Colle Capitolino (altezza circa 50 metri), tradizionalmente il più alto dei sette colli e sede del Campidoglio, il più grande complesso di templi dedicato agli dei dell’antica Roma, costruito da Lucius Tarquinius Superbus intorno al 520 avanti Cristo.

Significativamente, il colle Vaticano è collocato come il più vicino e contemporaneamente il più alto punto di vista rispetto al Campo di Marte se si prende come punto di osservazione il sacro complesso di templi del Campidoglio sul Colle Capitolino.

Considerata la sua altezza rispetto alla pianura alluvionale del Tevere, e tenuto conto del panorama che offriva rispetto al Campidoglio oltre che della sua collocazione all’esterno delle antiche mura, esso divenne, a partire dal 520 avanti Cristo, la più sacra Necropoli di Roma, in particolare per i nobili e le persone di rilievo della città. Uno dei nomi originali del colle era infatti “città (colle) del divino” e “Città dei Morti”.

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Nell’Anno 204 avanti Cristo, le Guerre Puniche portarono a disastrose conseguenze tanto per l’esercito romano quanto per la salvezza e la sicurezza di Roma. Annibale aveva devastato le campagne romane e la forza delle divinità tradizionali del Tempio Capitolino non sembrava in grado di porre rimedio alla situazione.

Una tradizione riferita da numerosi autori Romani riporta che una serie di Oracoli della Sibilla (Cibele), inclusi quello di Delfi, nell’area di Atene, furono consultati e la profezia che ne derivò fu che affinchè Annibale venisse sconfitto, la grande Dea Madre (Cibele) avrebbe dovuto essere condotta da Pessinus, in Frigia, fino a Roma. La personificazione della Dea Madre era rappresentata dal più grande meteorite ferroso del mondo antico, un enorme oggetto conico dell’altezza di circa 5 metri e mezzo, adorato come il Simulacro di Cibele e del peso di numerose tonnellate.

Nello stesso 204 avanti Cristo, un’ambasciata composta da cinque senatori romani con M. Valerius Laevinus come capo delegazione, fu inviata a Pessinus, all’epoca sotto il dominio di Attalus I (269 – 197 avanti Cristo), Re di Pergamo (odierna Turchia), ed alleato di Roma. Attalus inizialmente rifiutò l’offerta. Tuttavia una leggenda Romana narra che un terremoto occorse nell’area nel periodo delle negoziazioni, accompagnato dalla voce di Cibele che imponeva l’inizio del suo viaggio: tutto ciò, si tramanda, venne prontamente interpretato come un presagio.

Il Simulacro di Cibele, il più grande meteorite nero ferroso del mondo ed un numeroso gruppo di sacerdoti ed attendenti partirono quindi dal complesso di templi originario e giunsero a Roma accolti da una grande festa di benvenuto nel 204 avanti Cristo, organizzata dal Senato Romano.

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IL PHRYGIANUM SUL COLLE VATICANO

Tanto importante risultava essere la nuova dea per Roma che il Senato commissionò ai due Censori M. L. Salinator e  C. Cl. Nero la progettazione e la costruzione di un edificio degno di ospitare la Pietra Nera e la Dea Cibele (conosciuta come Magna Mater dai Romani). Un grande tempio della lunghezza di circa 70 metri fu così progettato e costruito.

Fu scelto di collocarlo sul Colle Vaticano, data la sua prossimità e la particolare relazione geografica con il complesso di templi del Campidoglio situato sul Colle Capitolino e di costruirlo in maniera tale da non inficiare in alcuna maniera il ruolo primario dei templi degli antichi dei di Roma. Tuttavia, il sito presentava una serie notevole di problemi tanto dal punto di vista religioso quanto da quello ingegneristico. Prima di tutto, il Colle Vaticano rappresentava la più importante e sacra Necropoli di Roma. In secondo luogo, il suo suolo argilloso non forniva la necessaria stabilità per supportare un grande tempio romano in mattoni, pietra e marmo.

Per ovviare al problema, i romani costruirono una intelligente serie di livelli di camere aperte o strutture a “catacomba”, come piattaforme nel terreno argilloso, permettendo al peso di essere redistribuito al meglio ed operando inoltre per l’appiattimento del colle stesso al fine di garantire maggiore spazio alla costruzione. Ciò significava anche che buona parte dell’originaria Necropoli, ivi esistente da più di duecento anni, sarebbe rimasta indisturbata.

Le imponenti strutture di fondazione a “catatomba” ed il complesso templare si tramanda siano state realizzate lavorando per circa tredici anni, tra il 204 ed il 191 avanti Cristo. E’ solo l’11 Aprile del 191 avanti Cristo che il Pretore Marcus Iunus Brutus inaugurò e dedicò a Cibele il Tempio sul Colle Vaticano.

In questa data, la Magna Mater fu posta sul trono come Sacra Protettrice della Città e fregiata di un meteorite conico molto più piccolo del “Simulacrum” incastonato sul capo, e condotta tramite una processione verso il Secondo Tempio di Cibele, quest’ultimo collocato tra i santuari degli altri dei romani sul Colle Palatino. In onore di tale occasione, i Ludi Megalenses furono istituiti e festeggiati per la prima volta.

(Nonostante alcune similitudini, le immagini sotto riportate non rappresentano al meglio la struttura originale del Phrygianum)

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I cosiddetti ‘Megalesia’ continuarono poi ad essere festeggiati per una intera settimana all’inizio di Aprile: periodo riconosciuto come l’anniversario dei giorni di nascita della Dea. In occasione di questi ultimi, grandi giochi venivano tenuti nel Circo Massimo, culminanti con la processione dal Colle Vaticano al Colle Palatino.

Il design stesso del Phrygianum forniva inoltre ulteriori benefici alle famiglie sacerdotali dei culti di Cibele, Attis e Dagon/Baal/Moloch. Le sezioni delle catacombe che supportavano la struttura venivano infatti utilizzate come cappelle secondarie, frequentemente per rituali di sacrificio umano e per le iniziazioni.

Sotto Claudio I (41 – 54 dopo Cristo), il culto di Cibele sul Colle Vaticano andò incontro a notevoli trasfomazioni dato che l’Imperatore, assumendo per sè la carica di Pontifex Maximus (Pontefice Romano), reclamò i diritti di Alto Sacerdote in riferimento a tutti i culti, incluso quello della Magna Mater. A partire quindi dal 43 dopo Cristo in poi, il pontefice Romano divenne il nuovo Alto Sacerdote del Phrygianum e le date dei Megalesia furono spostate nei giorni compresi tra il 15 ed il 27 Marzo in modo da coincidere con l’Equinozio di Primavera.

DESIGN INTERNO E CARATTERISTICHE DEL PHRYGIANUM SUL COLLE VATICANO

Restano alcune evidenze di importanti caratteristiche del Phrygianum, inclusi alcuni elementi stilistici ed architettonici che restano in uso ancora oggi.

E’ da ricordare che almeno fino alla cosiddetta “Età Oscura” (600 – 900 dopo Cristo) nell’ingresso del tempio, a partire dalla facciata in direzione dell’atrio, era collocato in posizione centrale una enorme pigna bronzea, conosciuta appunto come “La Pigna”, dedicata ad Attis, figlio ed amante di Cibele.

L’edificio principale interno era costituito da cinque navate laterali, un’ampia navata centrale e due navate laterali più piccole, le quali erano caratterizzate ognuna da ventuno colonne di marmo. Alla fine di quest’ultima (Transetto) era collocato un enorme Ciborium (coperatura interna) sopra la statua sacra di Cibele dietro alla quale una struttura rinforzata teneva in piedi l’enorme Simulacrum (meteorite nero) di Cibele.

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Il design del baldacchino nell’odierna Basilica di San Pietro, ad opera di Gian Lorenzo Bernini, e risalente al 1623, si dice sia stato ispirato da queste ultime caratteristiche. Le sue origini pagane appaiono infatti in netto contrasto con il resto della chiesa.

IL GRANDE INCENDIO DI ROMA ED IL PERIODO CHE NE SEGUI’

Il Grande Incendio di Roma, nel 64 dopo Cristo, deliberatamente appiccato da Papa Linus e dai seguaci del Culto Paolino (San Paolo l’Apostolo) non danneggiarono il Phrygianum a causa della sua distanza dal nucleo cittadino principale.

E’ altamente probabile che le classi sacerdotali del Phrygianum fornirono una qualche forma di supporto ed anche primi luoghi di culto ai seguaci di Paolo, in relazione alla stretta associazione di tale culto con l’adorazione di Cibele e del Baal ellenizzato.

Prima della falsa tradizione in base alla quale si afferma che l’apostolo Simon bar Jonah (San Pietro) non sia in realtà stato ucciso all’esterno delle mura di Gerusalemme durante l’assedio del 69 dopo Cristo, ma trasportato a Roma ed ucciso come “primo Vescovo”, si diceva fosse stato invece San Paolo ad essere seppellito sotto il Phrygianum nell’ambito dell’antica Necropoli.

Recentemente il Vaticano ha annunciato che si crede vi siano le ossa di San Paolo l’Apostolo, deposte in qualche luogo “nei pressi” del supposto luogo di seppellitura di Simon bar Jonah.

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CHIUSURA DEL PHRYGIANUM SUL COLLE VATICANO

Sotto l’Imperatore Domiziano (81 – 96 dopo Cristo) fu emanato un decreto nell’ambito dell’Impero Romano in base al quale il sacrificio umano veniva considerato un crimine capitale (per il quale si era quindi soggetti alla pena di morte). Sebbene in realtà non vi siano prove ad attestarlo, una leggenda sussiste in base alla quale la decisione di Domiziano fu influenzata dalla rivelazione dell’anziano Flavius Josephus, conosciuto anche come San Luca, il quale, prima di morire, rigettò il movimento contraffatto più tardi conosciuto come Cristianità e ritornò agli originali vangeli Nazareno-Gnostici della persona reale che noi conosciamo sotto il nome di Gesù Cristo.

Tutti i templi in cui veniva praticato il sacrificio umano vennero chiusi, incluso il Phrygianum. Le famiglie sacerdotali furono bandite da Roma e fissarono la propria residenza a Tusculum, a Sud Ovest di Roma.

Tuttavia, utilizzando tunnel segreti a partire da una Necropoli situata nei pressi del Colle Vaticano, le cerimonie segrete del culto di Cibele, inclusa la tradizione del culto paolino riferita al sacrificio degli infanti continuò nelle strutture delle catacombe.

Se ciò avveniva sotto terra, sulla terra invece con il succedersi degli Imperatori, la forza e l’influenza dello gnosticismo continuò a crescere ed il Phrygianum restò chiuso. Sotto il regno di Antonino Pio (138 – 161 dopo Cristo) al culmine della popolarità dello Gnostico Valentino, l’Imperatore ordinò che i tunnel segreti e gli stessi templi situati nelle Catacombe fossero sigillati, bandendo numerose famiglie nobili Romane, inclusi numerosi membri della Famiglia dei Fulvii, da Tusculum a Leptis Magna, in Libia.

SETTIMIO SEVERO E LA RESTAURAZIONE DEL PHRYGIANUM

Nel 193 dopo Cristo, l’Imperatore Settimio Severoda Leptis Magna, in Libia, con il supporto dei Fulvii esiliati fu il primo Imperatore a togliere il bando sul Culto Paolino come crimine capitale. Tale bando, in realtà, non fu mai contro i Cristiani, dato che il termine Cristiano non fu inventato che ai tempi di Costantino, un centinaio di anni dopo. Nè si estendeva al culto dei Beoti delle regioni Orientali dell’Impero.

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Nel 193 dopo Cristo, Severo chiuse inoltre prontamente la scuola Gnostica fondata da Valentino, in cui venivano insegnate le scritture ed il messaggio originale di Gesù, ed al tempo diretta da suo figlio Ippolito, il quale all’età di 79 anni fu esiliato in Sardegna dove morì un anno dopo.

Significativamente, Severo ordinò la riapertura del Phrygianum dedicato alla Magna Mater, (il Grande Tempio di Cibele) sul Colle Vaticano, garantendo il controllo del tempio al Culto Paolino sotto la podestà di suo zio Gaius Fulvius Victor. Tuttavia, invece di riportare il tempio ai suoi rituali tradizionali in base ai quali era l’Alta Sacerdotessa a ricoprire il ruolo più importante, Fulvius dichiarò sè stesso Vescovo di Roma (Papa) utilizzando il nome Victor (Vittorio) come simbolo della sua vittoria sugli Gnostici di Valentino.

Questo rese Papa Vittorio I, in realtà, solo il secondo Vescovo della “Cristianità” a Roma, a 129 anni di distanza da Papa Lino. In ogni caso, Vittorio e la sua famiglia, che lo seguì a Roma, compreso suo figlio, il futuro Papa Zephyrinus I (199 – 205 dopo Cristo), e suo nipote, il futuro Papa Callistus I (217 – 222 dopo Cristo), erano ben lontani dall’essere cristiani.

Al posto del tradizionale sacrificio di bambini in occasione delle festività più importanti, Vittorio istituì il sacrificio di bambini in ogni occasione in cui la Messa veniva celebrata. Così sanguinoso fu il loro regno in riferimento al numero di bambini sacrificati e la corruzione nelle cariche che nel 222 Callistus fu ucciso su ordine dell’Imperatore Marcus Severus Alexander (222 – 235 dopo Cristo).

IL RITORNO AL PAGANESIMO DEL PHRYGIANUM

Successivamente all’esecuzione di Callistus nel 222, il Phrygianum ritornò nelle mani di famiglie sacerdotali puramente pagane e riguadagnò la sua fama di tempio pagano.

Durante il regno di Papa Fabiano (236 – 250 dopo Cristo), è certo che egli non avesse il controllo del Phrygianum restaurato, nè che lo ebbe Papa Novation (250 – 252 dopo Cristo), nè che lo ebbero la serie di regni Papali intermittenti fino al regno di Eusebius di Caesaria (309 – 310 dopo Cristo).

Un altare di Cibele originariamente ospitato nel Phrygianum e dedicato a Cibele stessa, datato 374 dopo Cristo, supporta con certezza la tesi che il Colle Vaticano restò fermamente un tempio pagano dedicato a Cibele almeno fino all’arrivo di Papa Damasus (366 – 384 dopo Cristo).

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L’assenza di qualunque Papa al primo Concilio di Nicea può quindi anche essere spiegata sulla base del fatto che non esistesse alcun Vescovo “Cristiano” (Papa) di Roma in questo periodo, almeno fino a quando Julius (più tardi conosciuto Papa Giulio, 337 – 352 dopo Cristo) fu inviato da Costantino come Vescovo Cristiano intorno al 337 dopo che il concilio stesso aveva “votato” per la creazione della Cristianità.

IL REGNO DEI THEODOSII

Il regno dei Papi Theodosii a partire da Damasus, passando per Siricio, Anastasio, Innocenzo, Bonifacio, Celestino e Leone vide i primi veri tentativi indirizzati a rendere il Phrygianum un tempio cristiano nel vero senso della parola.

A Papa Siricio, nel 384 dopo Cristo, fu anche concesso dall’Imperatore, suo strettissimo parente, il titolo di Pontifex Maximus o “Pontefice Romano” (Papa).

All’epoca di Papa Vigilius(537 – 555 dopo Cristo), con le grande epidemie giunte ad infestare l’Europa, il Phrygianum fu ribattezzato San Pietro e la fittizia linea di Papi così come riportata nel Liber Pontificalis fu elaborata per la prima volta.

IL MITO DEL COLLE VATICANO

Una serie di miti poveramente costruiti e scarsamente supportati da prove restano ai nostri giorni riguardo le vere origini dell’antica Basilica di San Pietro e del Colle Vaticano.

Il primo incredibile mito è quello in base al quale l’Imperatore Nerone (54 – 68 dopo Cristo) avesse costruito una pista privata per le corse sopra o nei pressi delle tombe dei nobili sulla cima del Colle Vaticano. La seconda parte di questa gigantesca farsa è quella riguardante l’esecuzione di Simon bar Jonah (San Pietro) e San Paolo proprio in questa pista privata ed il loro seppellimento nelle vicinanze della collina stessa .

A parte le sostanziali prove archeologiche riguardanti le investigazioni fatte sul sottosuolo del Vaticano indicanti il fatto che la maggior parte della collina fosse stata un tempo una Necropoli, e a parte il fatto che nessun Senatore Romano, nè Guardia Pretoriana, nè cittadino avrebbe mai

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permesso ad un Imperatore di commettere un tale sacrilegio quale quello di costruire una pista privata per le corse sopra o anche vicino ad una Necropoli, è inoltre la fonte stessa che reclama la veridicità di tale fantasiosa costruzione a restare assai sospetta.

La fonte di tali affermazioni pare sia infatti rintracciabile in un noto passo degli Annali di Tacito (XV. 44), uno storico Romano che si ritiene sia vissuto intorno al 116 dopo Cristo. Il problema è che nessun manoscritto originale di Tacito è sopravvissuto al tempo, a parte la testimonianza di un monaco cristiano del Decimo secolo che afferma di averne accuratamente trascritto il testo originale.

Tuttavia, frammetti sopravvissuti di un manoscirtto ad opera di Sulpicius Severus chiamato Chronica, e risalente al Quinto Secolo, che cita l’opera originale di Tacito, contraddicono numerosi degli stessi passi “trascritti” dal monaco cristiano. La seconda fonte cui si fa riferimento per sostenere tali asserzioni è invece l’altamente dubbioso e pesantemente ri-redatto Liber Pontificalis.

Il Liber Pontificalis introduce inoltre un addizionale insieme di fraudolente affermazioni, incluso il fatto di ammettere che in realtà esistesse un Tempio di Cibele sulla cima del Vaticano ma che questo coesistesse con una pista privata per gli Imperatori, una piccola Necropoli ed una grande Basilica costruita da Costantino come “dono” per il popolo Romano, in riferimento alla costruzione della quale erano stati impiegati “trent’anni”, dal 326 al 356 dopo Cristo.

A parte gli altri “doni” di Costantino fabbricati con la frode, inclusa la famosa lettera in cui viene affermata l’autorità garantita alla Chiesa Cattolica, così come la falsità delle affermazioni che reclamano sia stato Papa Silvestro ad operare per la “cristianizzazione” di Costantino, non vi è alcuna prova del fatto che Costantino abbia devoluto alcuna parte dei suoi fondi o del suo tempo per migliorare o creare edifici a Roma dato che era così impegnato nel rendere minore il potere di Roma stessa tramite la costruzione della sua “Nuova Roma” a Bisanzio.

LA FINE DEL PHRYGIANUM

Nel 1505, il Phrygianum fu infine demolito per ordine del Papa Giulio II per lasciare il posto al nuovo grande tempio pagano che noi oggi conosciamo con il nome di Basilica di San Pietro.

La nuova grande struttura è stata sottoposta ad un numero notevole di nuove impostazioni a livello di architettura e di costruzione che si sono susseguite nel corso dei successivi centocinquanta anni, con Michelangelo a ricoprire un ruolo certamente preminente.

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IL PONTEFICE MASSIMO – INFORMAZIONI GENERALI

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La posizione di Pontifex Maximus (Pontefice Maggiore o Massimo) fu creata per la prima volta dal secondo Re di Roma Numa Pompilio (717 – 673 avanti Cristo) intorno al 720 avanti Cristo, come elemento essenziale nell’ambito della creazione del più complesso Collegium Pontificum (Collegio dei Pontefici).

Sebbene non restino resoconti credibili riferibili a questo periodo, è probabile che il Collegium fornisse un potere consiliare tanto spirituale, quanto politico al Re, in maniera simile a come operano al giorno d’oggi il Governo ed il Primo Ministro di un’odierno monarca. In maniera simile, inoltre, a come accade oggi nella Monarchia britannica, il Re Romano restava la carica suprema sia temporale che spirituale (Alto Sacerdote) di uno Stato fondato su una religione politeistica.

Quando la monarchia Romana fu abolita nel 509 avanti Cristo dal fondatore della Repubblica Romana Lucius Junus Brutus, i precedenti compiti ufficiali e religiosi del Re furono preservati nella nuova carica di Rex Sacrorum ovvero “Re dei Riti/delle Cerimonie Sacre”. Tali diritti furono allora garantiti in capo al Pontifex Maximus con la premessa di limitare la sua influenza in campo politico.

Durante il periodo Repubblicano ed Imperiale, il Pontefice Massimo veniva eletto solitamente nell’ambito del Collegio dei Pontefici. La residenza ufficiale del Pontifex Maximus era la Domus Publica, situata tra la Casa delle Vergini Vestali e la Via Sacra, e vicino alla Via Regia, nel Foro Romano.

A motivo del potere risultante dalla carica, la posizione risultava essere assai ambita dalle famiglie nobili romane. Giulio Cesare, ad esempio, divenne Pontifex nel 73 avanti Cristo e Pontifex Maximus nel 63 avanti Cristo. Al fine di ridurre le possibilità che ci fosse una sola famiglia (o gens) a controllare la carica, inoltre, non più che ad un membro di una gens era permesso di essere membro del Collegio dei Pontefici, nè era ammesso che una persona potesse tenere più di un sacerdozio nell’ambito di un Collegio. Tali tradizioni furono tuttavia largamente ignorate durante le trasformazioni politiche che si verificano nel Terzo Secolo dopo Cristo.

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L’ARRIVO DELLA MAGNA MATER – CIBELE MAGNA MATER

Nel 204 avanti Cristo, il Simulacro di Cibele, il più grande meteorite nero ferroso del mondo, oltre ad un gran numero di sacerdoti ed attendenti del complesso templare originario di Pessinus, in Frigia (odierna Turchia Sud-occidentale) si trasferirono a Roma per un grande festival di benvenuto preparato per quell’occasione dal Senato Romano.

Tanto importante era la nuova dea per Roma che il Senato commissionò ai due Censori M. L. Salinator e C. Cl. Nero di pianificare e costruire un edificio degno di ospitare la Pietra Nera e la Dea Cibele (conosciuta da allora come Magna Mater dai Romani). Un grande tempio della lunghezza di circa 70 metri fu così progettato e realizzato.

Fu scelto di collocarlo sul Colle Vaticano, data la sua prossimità e la particolare relazione geografica con il complesso di templi del Campidoglio situato sul Colle Capitolino ed in maniera che non inficiasse in alcuna maniera il ruolo primario dei templi degli antichi dei di Roma. Tuttavia, il sito presentava una serie notevole di problemi tanto dal punto di vista religioso quanto dal punto di vista ingegneristico. Prima di tutto, il Colle Vaticano rappresentava la più importante e sacra Necropoli di Roma. In secondo luogo, il suo suolo argilloso non forniva la necessaria stabilità per supportare un grande tempio romano in mattoni, pietra e marmo.

Per ovviare al problema, i romani costruirono una intelligente serie di livelli di camere aperte o strutture a “catacomba”, come vere e proprie piattaforme nel terreno argilloso, permettendo al peso di essere redistribuito al meglio, ed operando inoltre per l’appiattimento del colle stesso al fine di garantire uno spazio maggiore alla costruzione. Ciò significava anche che buona parte dell’originaria Necropoli, ivi esistente da più di duecento anni, sarebbe rimasta indisturbata.

Le imponenti strutture di fondazione a “catatomba” ed il complesso templare si tramanda siano state realizzate lavorando per circa tredici anni, tra il 204 ed il 191 avanti Cristo. E’ quindi l’11 Aprile del 191 avanti Cristo che il Pretore Marcus Iunus Brutus inaugurò e dedicò a Cibele il Tempio sul Colle Vaticano.

In questa data, la Magna Mater fu posta sul trono come Sacra Protettrice della Città, e fregiata di un meteorite conico molto più piccolo incastonato sul capo, quindi condotta tramite una processione in direzione di un Secondo Tempio di Cibele collocato tra i santuari degli altri dei romani sul Colle Palatino. In onore di questa occasione, i Ludi Megalenses furono istituiti e festeggiati per la prima volta.

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Da tale data in poi, la carica di Pontifex Maximus rimase intimamente interconnessa tanto con la religione della Dea Madre Cibele, in qualità di suo Alto Sacerdote, quanto al Grande complesso templare collocato sulla cima del Colle Vaticano.

COMPITI ORIGINALI DERIVANTI DALLA CARICA

Nel periodo Repubblicano i compiti ufficiali del Pontifex Maximus decrebbero in importanza. Il suo compito e dovere principale restò la “pax deorum” ovvero la “pace tra gli dei”.

Inoltre, i suoi doveri di stato includevano l’amministrazione dello jus divinum Romano o ” diritto divino”. Non appena le tradizioni religiose venivano codificate, queste ultime venivano ufficialmente dichiarate “dogma” ed incorporate in un corpus giuridico esteso.

Il Pontifex Maximus era anche tradizionalmente in carica degli standards ufficiali dei calendari Romani e delle unità di misura.

In termini di incarichi religiosi, i Megalesia (ad Aprile) rappresentavano una delle due più importanti cerimonie annuali, cui si aggiungevano i Saturnia (in Dicembre), ed ambedue erano essenzialmente associati al suo ruolo come Pontefice della “Chiesa Madre” di Cibele sul Colle Vaticano.

COME ESTENSIONE DEL POTERE DEGLI IMPERATORI ROMANI

Durante il periodo della Roma Imperiale, il ruolo di Pontifex Maximus venne inquadrato nei numerosi titoli e poteri dell’Imperatore.

Durante il regno di Domiziano(81 – 96 dopo Cristo), la religione ufficiale della Magna Mater Cibele fu abolita in seguito alla conversione dello stesso Domiziano allo gnosticismo sotto la guida di Josephus bar Matthias (San Luca). Sebbene gli Imperatore non abbiano ceduto ad altri il titolo di Pontifex Maximus, il Phrygianum di Cibele sul Colle Vaticano rimase tuttavia chiuso al culto fino alla fine del Secondo secolo dopo Cristo.

Nel 193, Gaius Fulvius Victor (193 – 199 dopo Cristo) anche conosciuto come “Papa Vittorio I” divenne il primo non Imperatore a reclamare il titolo di Pontifex Maximus, patrocinato in tale direzione dall’Imperatore Settimio Severo (193 – 211 dopo Cristo). I Severi non solo rimossero il

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bando posto sul culto di Cibele, ma fornirono ingenti risorse per favorire la ricostruzione ed il miglioramento del Phrygianum sul Colle Vaticano. In risposta, “Papa Vittorio” si ritiene abbia sacrificato bambini ed innocenti quasi su base quotidiana alla dea.

A Vittorio successe suo figlio, Pontifex Maximus Zephyrinus (199 – 205 dopo Cristo), come il secondo degli Alti Sacerdoti pagani e quindi il nipote, l’infame Pontifex Maximus Callistus (217 – 222 dopo Cristo).

LA PRIMA ASSOCIAZIONE DEL PONTIFEX MAXIMUS CON IL VESCOVO CRISTIANO DI ROMA

Successivamente alla cacciata dal trono imperiale dei Severi e l’esecuzione dell’ultimo della dinastia dei pontefici della famiglia dei Fulvii, la posizione ritornò nelle prerogative dell’Imperatore, almeno sino al regno degli Imperatori Teodosiani Bizantini, periodo in cui il titolo fu garantito al Vescovo Cristiano Siricio (“Papa Siricio”), strettamente imparentato con l’Imperatore stesso, intorno al 385 dopo Cristo, principalmente nel tentativo di rafforzare la pretesa familiare dei Teodosiani nel controllo spirituale sul decadente versante occidentale del Sacro Romano Impero.

Il titolo rimase una posizione chiave per i Vescovi Cristiani Teodosiani, almeno sino alla morte di Leone per mano di Genserico, Re Gnostico dei Vandali nel 455 dopo Cristo, durante il saccheggio di Roma.

RITORNO ALLA RIBALTA DELTITOLO E SUA ASSOCIAZIONE CON CIBELE

A partire dal 450 al 750 dopo Cristo, Roma perse essenzialmente tutta la sua influenza come centro cristiano, mentre Ravenna divenne la nuova capitale della Cristianità in Italia, e ciò già a partire dalla metà del Sesto secolo. Durante questo periodo, i discendenti delle famiglie sacerdotali del Collegium Pontificium, centrate a Tusculum, tentarono di dare nuova vita alla religione di Cibele ed assunsero la carica di Pontifex Maximus in qualità di Alti Sacerdoti del sacrificio umano nelle catacombe del Vaticano.

Nessuno di tali pontefici era Cristiano, Ariano o riferibile a qualunque altra versione del Cristianesimo. Durante le grandi epidemie, questi Papi divennero più simili a mostri che a leader spirituali avviando una serie di orribili e bizzarri sacrifici a Cibele.

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La maggior parte dei regni di tali pontefici fu di breve vita, inclusi quelli di Felice III (484 – 493 – dopo Cristo), Felice IV (526 – 530 dopo Cristo) e Gregorio I (590 – 607 dopo Cristo).

PIPINO IL BREVE ED IL FALSO IMPERO

Quando, nel 755-756 dopo Cristo, Pipino il Breve colse l’occasione, mentre il Sacro Romano Impero andava sfaldandosi, per la creazione dell’interamente fittizio ruolo del Pontefice “Cattolico” Romano, il titolo fu abbreviato a Pontefice e “Papa” di Roma.

Comunque, è solo nell’827 dopo Cristo, quando i diretti discendenti dei Conti di Tusculum, gli antichi sacerdoti di Cibele, riuscirono ad accaparrarsi nuovamente la gestione del Papato, che il titolo completo di Pontifex Maximus cominciò ad essere ufficialmente utilizzato in associazione con i Papi Cattolici.

Quest’ultimo resta inoltre il primo titolo storicamente reclamato dalla serie dei Papi Cattolici a partire dall’invenzione della Chiesa Cattolica nel 755 dopo Cristo.

IL PRIMO ANTI-PAPA E PONTIFEX MAXIMUS

In seguito alla perdita dell’Italia da parte dei Carolingi, i Conti di Tusculum reclamarono per sè, rispetto alle antiche famiglie Romane della regione, il diritto alla carica di Pontifex Maximus e quindi alla più elevata carica sacerdotale del culto della Magna Mater (Cibele).

Il primo Pontifex Maximus della famiglia fu certamente l’Antipapa Formosus, l’uomo accreditato per l’incoronazione di Guido di Spoleto come “falso” Imperatore utilizzando le false pretese create a tavolino dai Carolingi contro loro stessi.

Formosus fu poi seguito da una lunga linea ininterrotta di Alti Sacerdoti puramente pagani conosciuti nella storia come la “pornocrazia”, che finì con l’includere:

L’ULTIMO PURO PONTIFEX MAXIMUS – GREGORIO VII

Il Pontifex Maximus Gregorio VII rappresenta non solo il fondatore del Culto Romano, ma anche l’ultimo puro Pontifex Maximus nella storia.

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Quando Re Enrico IV si decise ad invadere l’Italia nel 1083, e Roma stessa nel 1084, il Pontifex Maximus Gregorio VII fu catturato e giustiziato. Inoltre, il Cattolico Enrico ordinò la completa distruzione della città di Tusculum, che fu in effetti rasa completamente al suolo, oltre che l’esecuzione di tutti coloro che fossero sospettati di essere sacerdoti pagani.

LA CHIESA CATTOLICA – FONDAZIONE

La Chiesa Cattolica fu fondata nel 742 dai fratelli Pipino il Breve, Carlomanno e Winfred – figli di Carlo Martello – al Primo Concilio Ecumenico tenuto a Saint Denis, nella città di Parigi.

La formazione della Chiesa Cattolica ad opera dei profondamente religiosi Cavalieri Pipinidi – difensori tradizionali dei Re “Sangreal” Merovingi – fu inizialmente operata come risposta diretta alla scomunica della famiglia ad opera dell’Imperatore Cristiano Leone III nel 730, avvenuta in seguito al rifiuto di Carlo Martello stesso di abbandonare il regno Merovingio e divenire il Capo dello staff militare di Leone III nella difesa del Sacro Romano Impero Cristiano.

All’epoca di Carlo Martello, l’intera Civiltà Occidentale (incluso l’Impero Bizantino) era stata salvata da lui in quanto “Cavaliere dei Cavalieri” nella Battaglia di Tours del 732 avanti Cristo.

In termini pratici, l’editto di scomunica aveva un effetto limitato nel ridurre il potere di Carlo Martello. Egli rimase il leader dell’armata più professionale del tempo e non fu mai sconfitto in battaglia. Ma in termini personali, danneggiò profondamente una famiglia dotata del più profondo senso dell’onore. Legalmente, in seguito a tale decreto, Carlo Martello, in quanto soggetto a scomunica cristiana, non avrebbe potuto essere incoronato come Re Cristiano. Lo stesso discorso valeva per uno qualsiasi dei membri della sua famiglia, a meno che una forza pari o più grande rispetto a quella di Costantinopoli si manifestasse per neutralizzare l’effetto della scomunica stessa.

Nei tempi che seguirono la scomunica di Carlo Martello ad opera dell’Imperatore Leone III, nel 730, fu il Venerabile Beda, il Tutore Ufficiale dei Pipinidi, lo strumento essenziale per portare avanti l’idea di Carlo: quella di creare il più grande scriptorium sul continente europeo degli ultimi cinquecento anni, da collocare nell’Abbazia di Saint Denis nei pressi del Palazzo Gotico dei

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Pipinidi. Nel 731, quindi, lo stesso Beda fu nominato primo Abate di Saint Denis, una carica che andava ad aggiungersi ai suoi compiti di tutore.

La sede del potere della famiglia dei Pipinidi era il Palazzo di Saint Denis, a circa otto chilometri dal centro di Parigi – un palazzo magnifico e la prima costruzione Gotica della Storia. Il sito fu successivamente riconosciuto come sede della tomba di Saint Denis (“Dionysus”). Questo fuorviante mito storico non è in realtà più recente del XIV secolo. Non è poi neanche rispondente a verità il fatto che rappresentasse il sito in cui erano collocate le tombe Reali dei Merovingi prima dell’VIII Secolo – la maggior parte di queste, infatti, furono spostate lì solo dopo che il palazzo Reale Carolingio fu massicciamente rinnovato per divenire la prima Cattedrale della Chiesa Cattolica a partire dal 742 dopo Cristo.

Il primo compito che Carlo Martello affidò al Venerabile Beda fu comunque quello di organizzare, in collaborazione con gli studiosi raccoltisi intorno a lui, una nuova lingua “comune” per il Regno Franco. Questa lingua sarebbe stata chiamata Anglaise o “Inglese” e mirava a liberarsi delle pastoie dei Sacri Romani Imperatori di Costantinopoli e dal loro Latino e Greco. In secondo luogo, Carlo voleva che il suo popolo potesse ascoltare le parole della Bibbia Cristiana nella nuova lingua comune.

LE GRANDI CONTRAFFAZIONI CHE FONDARONO LA CHIESA CATTOLICA

Alla morte del padre, Carlomanno, Winfred e Pipino rimasero fedeli all’onore dimostrato dai loro antenati e lavorarono insieme principalmente per liberare l’Impero Franco prima dalle ribellioni e più tardi per espandere il proprio territorio e la propria influenza. Immediatamente dopo la morte del padre, i fratelli furono subito messi alla prova dalle ribellioni di Hunoald di Aquitania nel 742, da quelle dei Sassoni ed anche da quella di Odilo di Baviera.

Carlomanno fu lo strumento essenziale, in qualità di nuovo capo della famiglia, nello scegliere di convertire l’intero palazzo in un tempio sacro al padre trasformandolo nel primo tempio in senso proprio della Chiesa Cattolica – poi divenuto nel tempo la prima vera e propria Cattedrale, con Carlomanno stesso riconosciuto come primo “santo” della Chiesa Cattolica.

Essendo venuto a conoscenza dell’avvenuto Sinodo e del nuovo nome per la scissionista “Chiesa Cattolica”, il Sacro Romano Imperatore Costantino V (741 – 775), figlio dell’Imperatore Leone III, rispose all’affronto definendo i Franchi “Iconodules” (in Greco, eikono-doulos significa “colui che serve/adora false immagini”). L’insulto ebbe probabilmente l’effetto opposto rispetto a quello desiderato, incoraggiando i figli di Carlo Martello a raddoppiare i propri sforzi. Tuttavia,

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l’etichetta ha avuto un perdurante effetto storico ed è servita come perfetta “icona” per rappresentare falsamente e nascondere la verità sulla formazione della nuova Chiesa Cattolica, trasformando tale evento in una specie di “piccolo scandalo”.

Nel 743, i fratelli permisero l’incoronazione di Childerico III (743 – 751) come Re dei Franchi, tramite l’amico di famiglia Daniele di Winchester, una misura ad interim, mentre loro stessi si impegnavano per la nascita e lo sviluppo della loro Chiesa Cattolica. In ogni caso, la mossa di nominare un Re “fantoccio” fu accettata solo da una parte dell’Impero ed Hunoald di Aquitania si alleò con i Baschi ribellandosi al potere centrale.

Già nel 745, la ribellione fu sedata, e Carlomanno e Pipino concentrarono la loro attenzione sui piani per rafforzare le ambizioni della Chiesa Cattolica nel divenire una forza superiore a quella di Costantinopoli, di conseguenza liberando sè stessi dal giogo della scomunica. Non più tardi del 746, il lavoro era già ben avviato, nella neonata Abbazia di Saint Denis, sia per quanto riguarda la stesura della Donazione di Costantino sia per la stesura della Vulgata, quest’ultima basata sugli scritti in Latino di Saint Jerome.

Con la storia mitica di San Pietro come primo Vicario di Roma in via di completamento e la Donazione di Costantino a reclamare il fatto che Costantino stesso aveva concesso la sua autorità spirituale come “fondatore della cristianità” ad un Vicario collocato nell’Antica Roma, tutto quello che restava da fare era invadere l’Italia, prendere Roma e stabilire una volta per tutte la carica di Vicarius Christi (Vicario di Cristo).

E’ certo che i Sacri Romani Imperatori di Costantinopoli avessero spie consapevoli dei piani dei fratelli, dato che esistono indicazioni storiche nelle quali viene riportato che l’Imperatore Costantino V rinforzò effettivamente il contingente collocato a Roma - alle spese delle truppe a difesa dell’Esarcato di Ravenna – per difendersi contro un eventuale attacco dei Franchi. Carlomanno partì infine per Roma nel 747, via mare, con un vasto contingente da utilizzare contro i Bizantini.

Nel 751 Carlomanno sconfisse i nemici e prese Roma. Tuttavia, piuttosto che dichiarare Roma ed il territorio circostante come parte dell’Impero Franco, Carlomanno mise in atto il passo successivo del piano elaborato con i fratelli e rinunciò alla sua vita precedente, mutando il suo nome in Zaccaria – in onore dell’Alto Sacerdote del Tempio esiliato e padre di Giovanni il Battista – ed assunse per sè il titolo di Vicarius Christi (Vicario di Cristo).

Esibendo la Donazione di Costantino, Zaccaria emanò la prima “Bolla Papale” della storia scomunicando in pratica l’intera famiglia reale Bizantina, il Patriarca di Costantinopoli e tutti i

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suoi vescovi. Così, per la prima volta, dopo ventuno anni, i Pipinidi poterono finalmente liberarsi dell’infamante scomunica – dato che l’opera del Vicarius Christi Zaccaria (alias Carlomanno) neutralizzava dal punto di vista legale le pretese Bizantine affermando di conseguenza che, in realtà, la loro Chiesa non avesse alcuna autorità apostolica.

Ma prima che Pipino potesse essere incoronato “legittimo” Patriarca della cristianità della Chiesa Cattolica, i Bizantini scatenarono tutto ciò che era in loro potere per impedire che l’evento apparentemente inevitabile si verificasse, abbandonando intere parti del loro stesso Impero per raccogliere le forze utili a sconfiggere le armate dei Franchi. Pipino inoltre si trovò ad affrontare una serie di estese rivolte in tutto l’impero, fomentate dalle spie bizantine, mentre Carlomanno, il primo “Papa” di sempre della Chiesa Cattolica, era egli stesso sotto attacco grazie alle nuove forze fresche bizantine giunte presso Roma.

Con un’astuta mossa, nello stesso anno (751), Zaccaria nominò il fratello Winfred come suo emissario, mentre Pipino era impegnato nell’elaborazione di altre due contraffazioni – il Seggio di San Pietro, il documento noto sotto il nome di Lettera di San Pietro oltre all’elaborazione del concetto legato alla donazione volontaria o tassazione successivamente nota come “Denarii Sancti Petri” (Peter’s Pence).

Pipino convocò il Re “fantoccio” Childerico III ordinandogli di richiamare a sè i nobili per incontrarlo a Saint Denis, dove Childerico stesso avrebbe dovuto abdicare sotto l’occhio vigile delle truppe di Pipino. Winfred quindi esibì tanto il Seggio di San Pietro quanto la Lettera di San Pietro come “prove” dirette ai nobili e riguardanti la legittimità della posizione e della carica di Zaccaria a Roma, decretando di conseguenza l’annullamento della scomunica contro gli stessi Pipinidi. Fu così che Winfred incoronò suo fratello Pipino sul “Seggio di San Pietro” come Re dell’Impero Franco.

La loro gioia durò poco, tuttavia, dato che l’anno successivo (752), il Vicarius Christi Zaccaria (Carlomanno) e numerosi componenti della sua famiglia furono uccisi dalle truppe Bizantine successivamente al lancio di un attacco a sorpresa su Roma coronato da successo. Questo evento – nel 752 – più di qualunque altro cambiò per sempre l’atteggiamento ed il codice d’onore dei Pipinidi verso il dissenso, verso i nobili che gli si opponevano e verso le loro iniziali ambizioni riguardanti la Chiesa Cattolica e l’Impero.

Il figlio di Carlomanno (Papa Stefano I) riuscì tuttavia a fuggire da Roma ed a rientrare nell’Impero Franco, accolto da Pipino, che di lì a breve, organizzò una

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sfarzosa cerimonia in occasione della prima “incoronazione” della storia avvenuta nella Basilica di Saint Denis, in cui il “Papa” Stefano incoronò Re Pipino (suo zio) come patricius Romanorum (patrizio Romano).

Per rafforzare la pretesa dei Pipinidi e della loro emergente Chiesa Cattolica, ai maestri della contraffazione ospitati nell’Abbazia di Saint Denis fu commissionata la creazione di un vero capolavoro del settore, il Liber Pontificalis (“le vite dei Pontefici”) – con Stefano ormai ufficialmente riconosciuto come Pontefice o Papa (il primo nella storia) – che finiva con l’utilizzare addirittura l’antica carica pagana di Pontifex Maximus per rafforzare il suo ruolo di Capo della Chiesa Cattolica, ovvero di Vicarius Christi.

Genealogie e storie interamente fittizie furono mescolate con eventi storici realmente accaduti per mettere al mondo questo capolavoro della contraffazione – il Liber Pontificalis appunto – con lo scopo principale di creare una completa successione di “Papi” che potesse essere invocata a partire da San Pietro per giungere fino a “Papa Stefano”.

Sia Pipino che Stefano continuarono quindi ad impegnarsi nel creativo sviluppo della dottrina della Chiesa Cattolica a Saint Denis, fino a quando i Franchi furono pronti a lanciare il loro attacco via mare, verso Roma, nel 755. Quando tale spedizione partì, il contingente Bizantino venne ivi sbaragliato fino all’ultimo uomo. Pipino quindi scatenò le sue forze contro il Re Longobardo Astolfo senza mostrare alcuna pietà.

LA NASCITA DEGLI STATI DEL PAPA A SUPPORTO DELLA LEGITTIMITA’ DELLA ‘DONAZIONE DI COSTANTINO’ 

In meno di un anno, quella che veniva definita come l’ “invincibile armata Longobarda” fu letteralmente fatta a pezzi dall’esercito professionale Franco. A partire dal 756, Pipino aveva conquistato tutto il territorio originariamente parte dell’Esarcato Bizantino di Ravenna e sconfitto Re Astolfo. Il mito storico sostiene che Pipino permise ad Astolfo di vivere e che quest’ultimo perse “accidentalmente” la vita in un incidente di caccia di lì a breve. Invece non vi è alcun mistero su come selvaggiamente i Franchi agirono sui Longobardi. Non furono fatti prigionieri. Nessun accordo fu concluso con i nobili Longobardi per evitare future ribellioni.

A partire dal 756, dopo l’eliminazione delle possibili future minacce nella Penisola Italiana, Pipino avviò una delle imprese più temerarie ed uniche della storia – egli si assicurò che le terre precedentemente occupate dall’Esarcato Bizantino di Ravenna fossero concesse al Pontefice ed alla Chiesa Cattolica, ora denominata Chiesa Cattolica Romana per la prima volta nella storia.

Tale atto di Pipino ebbe due principali effetti per la sua emergente Chiesa Cattolica. In primo luogo, significò che una vasta quantità di terre e proprietà cadevano ora sotto il controllo del Papa in qualità di Monarca assoluto – un potere che non aveva precedenti nella storia per un Alto Sacerdote di qualunque religione. Anche il Patriarca Primate della Chiesa Cristiana a Costantinopoli, infatti, era sottoposto all’Imperatore – in riconoscimento di come la Cristianità stessa fu fondata per la prima volta dal Sacro Romano Imperatore Costantino.

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Il secondo effetto della Donazione di Pipino fu che essa creò, in una maniera senza precedenti, la pretesa alla successione apostolica tramite la Donazione di Costantino, il Liber Pontificalis, Il Seggio di San Pietro ed il concetto del “Peter’s Pence” o Denarii Sancti Petri, oltre a tutte le altre contraffazioni create nell’Abbazia di Saint Denis nei dieci anni precedenti. Fu anche l’estrema vendetta nei confronti  degli autori della scomunica subita da suo padre (Carlo Martello), il vero oggetto della guerra sostenuta dai Pipinidi contro la Chiesa Cristiana, che fu conclusa con un tale successo che ora era la loro stessa chiesa appena creata a possedere ed a dominare sulle terre dei loro passati detrattori in un regime di assoluta monarchia.

Pipino lasciò una parte considerevole delle sue truppe in Italia a servizio di suo nipote Stefano, lanciando successivamente un violento attacco contro i Saraceni che occupavano parte della Gallia, scacciando quelli che erano “gli invincibili Mori” dalla regione ed integrando pienamente l’Aquitania nel suo regno.

I Vicari di Cristo ed i Primati Pipinidi della Chiesa Cattolica dominarono Roma fino all’846, quando la città, allora sotto il Primate Eugenio II, fu attaccata ed occupata dall’Armata Saracena (musulmana) di Maometto I Abul-Abbas ibn al-Aghlab Abi Affan (841 – 856), Emiro di Ifriqiya (Africa).

LA PERDITA DI ROMA, OCCUPATA DAI SARACENI (847 – 872)

A partire dall’847, i Saraceni dichiararono la maggior parte del Centro e del Sud d’Italia come nuovo “Emirato” – con un nome che è nel tempo andato perduto – con la sua capitale a Bari (sulla Costa Sud-orientale dell’Italia). Si narra che il nome dell’Emiro fosse Sawdan - il quale viene ricordato da alcune fonti come saggio e tollerante mentre da altre come uno spietato tiranno. Ciò che è invece chiaro – in relazione alla permanenza in vita ed alla progressiva acquisizione di status nel quadro del nuovo Emirato – è che i Conti di Tusculum e le altre famiglie nobili Longobarde stipularono una serie di trattati di pace con gli invasori musulmani.

A causa di ribellioni interne e di rivalità familiari, i Franchi non riuscirono ad organizzare un vero e proprio contrattacco fino all’867. In una delle più grandi falsificazioni di questo periodo, il Culto Romano afferma che in questa fase il più mortale nemico dei Franchi, l’Imperatore Cristiano Bizantino Basilio I, fosse sceso a patti in qualche maniera con il leader della Chiesa Cristiana Cattolica Luigi al fine di costituire una flotta in grado di riprendere Roma – presumibilmente per reclamare l’autenticità delle pretese della Chiesa Cattolica, nata appena da 125 anni a quel tempo.

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Tuttavia, questa falsificazione dei fatti storici sfuma nel ridicolo se la si paragona alle revisioni fatte successivamente sul Liber Pontificalis da parte del Culto Romano in base al quale esistevano “Papi” Cattolici ancora al potere nel periodo in cui i musulmani controllavano Roma.

Data la tolleranza mostrata dai Musulmani nei confronti delle famiglie nobili pagane dell’Italia, invece, il periodo dell’occupazione musulmana di Roma (847 – 872) vide quasi certamente un ritorno al potere dei Conti di Tusculum nel loro ruolo di Alti Sacerdoti pagani – ovvero di Pontifex Maximus dell’altare pagano della Magna Mater, Regina dei Cieli. L’inclusione di famosi Alti Sacerdoti pagani nella lista dei Papi durante tale periodo è decisamente una prova in questo senso.

Quando Luigi attaccò infine i Saraceni nell’871, egli concentrò le sue forze direttamente sulla presa di Bari. Immediatamente dopo i primi successi, i principi Longobardi nominalmente cristiani cambiarono nuovamente fronte e proclamarono la loro lealtà alla Chiesa Cattolica.

Ma tramite un atto di puro tradimento, caratteristico degli antichi principi Longobardi, Radelchi I, principe di Benevento, dapprima dette il benvenuto a Luigi II come ospite, quindi lo prese in ostaggio – trattenendolo probabilmente per venderlo ai suoi padroni musulmani. Tuttavia all’arrivo dei rinforzi Saraceni, Radelchi I cambiò idea e costrinse Luigi II a promettergli solennemente che nè lui, nè i suoi discendenti prendessero la propria vendetta per quel tradimento, nè che entrassero in Benevento con un esercito – una promessa che i Franchi mantennero fino all’anno 1086.

Ritornato successivamente al suo esercito, Luigi scacciò i Saraceni e, a partire dall’Aprile dell’872, Roma tornò nuovamente nelle mani della Chiesa Cattolica. Nel Maggio dell’872, una volta che “Papa” Adriano II fu insediato, Luigi II fu nuovamente incoronato Sacro Cattolico Romano Imperatore a Roma.

LA NASCITA DEL CULTO ROMANO

Alla morte di Luigi II nell’876, egli lasciò un vuoto di potere notevole nell’ambito dell’Impero Franco. Lo stesso Papa Cattolico Adriano II non sopravvisse a lungo dopo che le contese nell’ambito degli Stati del Papa si manifestarono nuovamente.

Durante questo periodo, i numerosi principi Longobardi che avevano cercato di mantenere titoli e terre cambiando costantemente fronte tra Bizantini, Musulmani ed invasori Cattolici si decisero a

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combattere per reclamare definitivamente per sè il titolo di Re d’Italia e di Sacro Romano Imperatore.

Durante questo periodo non vi era assolutamente alcun Papa Cattolico a Roma dato che i Conti di Tusculum, in qualità di Alti Sacerdoti del Culto della Magna Mater (Cibele) avevano nuovamente ripreso il potere ed il controllo della città.

Il primo a rompere gli indugi tra i continuamente guerreggianti principi Longobardi fu Guido II di Spoleto. Tramite un atto molto astuto, nell’anno 891, Guido riuscì a convincere Formoso, l’Alto Sacerdote della Magna Mater di quel tempo (Pontifex Maximus) ed antenato della famiglia Colonna, a convertirsi, almeno in apparenza, e ad assumere la carica di Papa Cattolico, divenendo di conseguenza capace di coronare Re Cattolici ed addirittura Imperatori.

Se Formoso si sia o meno convertito al cristianesimo è questione di dibattito, quello che è certo è che nell’anno 892, in una sontuosa cerimonia tenuta a Roma, Guido fu incoronato Re d’Italia e Sacro Romano Cattolico Imperatore da “Papa” Formoso.

Nè il regno di Guido, nè quello di Formoso furono in realtà molto lunghi dato che almeno quest’ultimo venne assassinato da altri membri della sua ferocemente pagana famiglia di antichi sacerdoti, non più tardi dell’anno 896.

Il Vaticano ed i Conti di Tusculum ritornarono di conseguenza alle loro sanguinose abitudini pagane fino al momento in cui il Pontifex Maximus Gregorio VII (1045 – 1046) fu catturato e giustiziato dalle forze del Sacro Imperatore Cattolico Enrico III.

Il legittimo Papa Cattolico Clemente II fu così il primo Papa Cattolico a tornare a Roma dai tempi di Adriano II e restò in carica fino alla morte dell’Imperatore nel 1056.

Immediatamente dopo, nel 1057, “Papa” Gregorio VII (1057 – 1084) divenne il primo genuino Alto Sacerdote della Magna Mater Cibele (Pontifex Maximus) a convertirsi al Cattolicesimo, fondando le dottrine chiave di quello che sarebbe poi divenuto il Culto Romano – una parassitaria serie di eresie che hanno resistito fino ai nostri giorni per più di mille anni, e che si ponevano in assoluto contrasto tanto con i cardini del Cristianesimo nella sua forma originaria, tanto con quelli che erano i crismi della Chiesa Cattolica.

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E’ infatti a Gregorio VII che si deve l’infusione dei rituali di sacrificio umano dedicati alla Dea Madre (“Magna Mater”) Cibele, che ora assumeva il nome in Maria, in una liturgia che pretendeva di essere “Cattolica”. Questo fu uno dei motivi che condussero all’invasione dell’Italia da parte di Enrico IV  ed all’esecuzione da parte di questi dello stesso Gregorio VII nel 1084. Il Culto Romano, tuttavia, sopravvisse tramite le linee di sangue Longobarde dei Principi di Benevento, i quali, attraverso le incredibili strategie e traversie di Urbano II (alias Pietro l’Eremita) riuscirono a raggruppare un esercito di dimensioni impensabili ed a conquistare Costantinopoli, sequestrando i testi storici e sacri contenuti nell’Archivio Imperiale di Costantinopoli.

Una volta che il Culto Romano ebbe in suo possesso i testi ed i resoconti storici concernenti la formazione della Cristianità, era solo una questione di tempo prima che qualcuno permettesse al Culto Romano di prendere in effetti il parassitico controllo completo della Cattolicità. Tale evento occorse infine nel Concordato di Worms del 1123, in cui un accordo ben delineato fu raggiunto tra il leader del Culto Romano Callisto II ed il Sacro Imperatore Cattolico Enrico V.

Dal Concordato in poi, ci sono stati numerosi periodi nella storia in cui il patto scellerato tra le famiglie nobili Cattoliche e le famiglie del Culto Romano è stato rotto - segnatamente in occasione del “Grande Scisma” verificatosi tra il 1378 ed il 1417.

In ogni caso, il Culto Romano – che raccoglie oggi solo poche migliaia di membri costituiti dai discendenti delle famiglie nobili legate agli antichi sacerdoti di Cibele – per la maggior parte del trascorso millennio, ha controllato il Papato della Chiesa Cattolica, la sua liturgia e la sua Straordinaria ricchezza. Un “pugno” di individui che oggi controlla gli interessi e la condotta di più di un miliardo di fedeli sul pianeta.

Seguono i Papi “legittimi” della Chiesa Cattolica (inclusi gli Antipapi Sassoni)

IL CULTO ROMANO (CATTOLICO) – FONDAZIONE

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Il Culto Romano, anche conosciuto come Culto Cattolico Romano del Vaticano, fu fondato ufficialmente per la prima volta nel 1057 dal capo degli Alti Sacerdoti del Culto della Magna Mater (Cibele), conosciuto con il nome di Gregorio VII.

Il Culto Romano non ha mai rappresentato la leadership legittima della Chiesa Cattolica. Tuttavia, tramite una campagna continua e costante indirizzata a consolidare il proprio potere, questo gruppo relativamente ristretto di individui controlla oggi il destino di più di un miliardo di fedeli Cristiani e di Cristiani rispettosi dell’etica Cattolica, i quali, ad oggi, restano convinti della effettiva legittimità del Culto Romano stesso.

Un Culto sanguinario e brutale – che implica il sacrificio umano, la pratica di bruciare sul rogo le vittime (avviata già a partire dall’XI secolo), l’adorazione delle forze oscure ispirate alla Magna Mater ed il più rigoroso celibato del clero di livello più basso – e che utilizza come centro di potere l’enorme Phrygianum collocato sul Colle Vaticano già a partire dal II secolo avanti Cristo.

E’ a partire dal I secolo dopo Cristo che il suo Alto Sacerdote, una posizione ereditaria controllata da un pugno di antiche famiglie, reclamò per sè l’antico e Pre-Repubblicano titolo di Pontifex Maximus dopo che gli Imperatori Romani assunsero su di sè la carica di Alto Sacerdote del culto statale della Magna Mater (Cibele).

Custodendo gelosamente il loro passato e la loro eredità pagana, oltre che il diritto a sacrificare esseri umani alle divinità oscure legate al culto di Cibele che essi in realtà adorano, queste antiche famiglie furono più di una volta bandite dalla città di Roma subendo anche l’onta della chiusura del loro tempio principale collocato sul Vaticano.

Tuttavia, durante i tumultuosi periodi della storia Romana e dopo il collasso di Roma come centro dell’Impero, gli Alti Sacerdoti pagani assunsero più di una volta il ruolo di leader della comunità di Roma ed in più di un periodo ritornarono apertamente alle loro antiche pratiche di sacrificio di bambini, cannibalismo ed adorazione delle forze oscure associate alla Magna Mater tanto nel periodo che va dal 590 al 752, quanto in quello che va dall’847 all’872 ed infine in quello che va dall’896 al 1057.

IL PRIMO “FALSO” PONTIFEX MAXIMUS CATTOLICO, FORMOSO

Alla morte di Luigi II nell’876, egli lasciò un vuoto di potere notevole nell’ambito dell’Impero Franco. Lo stesso Papa Cattolico Adriano II non sopravvisse a lungo dopo che le contese nell’ambito degli Stati del Papa si manifestarono nuovamente.

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Durante questo periodo, i numerosi principi Longobardi che avevano cercato di mantenere titoli e terre cambiando costantemente fronte tra Bizantini, Musulmani ed invasori Cattolici si decisero a combattere per reclamare definitivamente per sè il titolo di Re d’Italia e di Sacro Romano Imperatore.

Durante questo periodo non vi era assolutamente alcun Papa Cattolico a Roma dato che i Conti di Tusculum, in qualità di Alti Sacerdoti del Culto della Magna Mater (Cibele) avevano nuovamente ripreso il potere ed il controllo della città.

Il primo a rompere gli indugi tra i continuamente guerreggianti principi Longobardi fu Guido II di Spoleto. Tramite un atto molto astuto, nell’anno 891, Guido riuscì a convincere Formoso, l’Alto Sacerdote della Magna Mater di quel tempo (Pontifex Maximus) ed antenato della famiglia Colonna, a convertirsi, almeno in apparenza, e ad assumere la carica di Papa Cattolico, divenendo di conseguenza capace di coronare Re Cattolici ed addirittura Imperatori.

Se Formoso si sia o meno convertito al cristianesimo è questione di dibattito, quello che è certo è che nell’anno 892, in una sontuosa cerimonia tenuta a Roma, Guido fu incoronato Re d’Italia e Sacro Romano Cattolico Imperatore da “Papa” Formoso.

Nè il regno di Guido, nè quello di Formoso furono in realtà molto lunghi dato che almeno quest’ultimo venne assassinato da altri membri della sua ferocemente pagana famiglia di antichi sacerdoti, non più tardi dell’anno 896.

Il Vaticano ed i Conti di Tusculum ritornarono di conseguenza alle loro sanguinose abitudini pagane fino al momento in cui il Pontifex Maximus Gregorio VII (1045 – 1046) fu catturato e giustiziato dalle forze del Sacro Imperatore Cattolico Enrico III.

IL “GRANDE” GREGORIO VII

Ildebrando (Gregorio VII) era nato a Soana, odierna Sovana, una piccola città nel Sud della Toscana. Si ritiene appartenesse alla nobile famiglia degli Aldobrandeschi, un sottogruppo della più ampia famiglia di sacerdoti pagani di Tusculum.

Nel 1046, le forze del Sacro Imperatore Cattolico Enrico III invasero l’Italia ed uccisero tutti i membri della linea di sangue dei Conti di Tusculum che riuscirono a trovare e catturare - in questo senso Gregorio VI (1045 – 1046) fu l’ultimo legittimo e completamente pagano Pontifex Maximus di Roma.

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In seguito al sacrificio della più antica dinastia di Alti Sacerdoti di Cibele d’Italia ad opera di Enrico III, pare che Ildebrando abbia giocato un ruolo particolamente attivo nello stabilire una nuova serie di relazioni tra le varie famiglie di Principi che avevano combattuto contro le numerose invasioni di forze Cattoliche, di forze Imperiali Cristiane di Costantinopoli e di forze Musulmane lungo tutta la penisola italiana.

Fu inoltre probabilmente in una delle sue numerose visite a Pandolfo IV, componente dei potenti Principi di Capua e Benevento, che Ildebrando venne per la prima volta in contatto con i fratelli Baschi Roberto e Rogelio Borja, mercenari spesso conosciuti anche come Borgia, Borsa o “Guiscardi” (che semplicemente significava “infidi ed astuti”).

I Baschi erano antichi adoratori delle forze oscure, in particolare di Mari – l’archetipo sia dell’immagine del Diavolo-Mendes in forma di Capro che di Lucifero. Inoltre, tale popolo nutriva un odio profondamente radicato nei confronti del Cattolicesimo, principalmente per il fatto che Carlo Martello ed i suoi discendenti avevano ridotto in macerie quel paese (anche per la serie di tradimenti che i Baschi stessi  avevano in numerose occasioni consumato a danno dei Franchi).

Nel 1056, l’Imperatore Enrico III morì ed il legittimo Papa Clemente II fu assassinato di lì a poco. Pare che a questo punto Ildebrando pose in essere un piano molto brillante per prendere il potere.

Riconoscendo che, fino a quando le famiglie pagane dei Principi dell’Italia avessero continuato a rigettare tanto il Cristianesimo, quanto il Cattolicesimo, l’Italia avrebbe continuato ad essere invasa ed il loro potere ad essere sopraffatto dalle forze straniere, Ildebrando offrì un accordo ai fratelli Borja, in base al quale se lo avessero appoggiato nell’assicurarsi Roma ed il consenso degli altri Principi d’Italia, egli avrebbe garantito a loro stessi ed ai loro discendenti titoli e terre.

Così a partire dal 1057, Ildebrando nominò sè stesso Pontifex Maximus Gregorio VII, in onore dei nobili di Tusculum massacrati, e sotto la protezione dei fratelli Borja, mercenari Baschi, avviò una serie di riforme per riuscire ad integrare i culti delle forze oscure caratteristici della cultura religiosa dei Principi italiani ed associata al culto di Cibele direttamente nel Culto Romano.

La prima e più significativa innovazione di Gregorio VII fu quella di imporre alle ferocemente pagane famiglie nobili italiane di comportarsi, almeno in apparenza, come Cattolici.

In effetti, le famiglie dei Principi italiani erano da sempre a conoscenza del fatto che la Chiesa Cattolica era stata in realtà fondata su una massa davvero enorme di falsità e ridicole contraffazioni. Tuttavia, la forza militare dei sovrani Cattolici restava per loro non battibile. Così, invece di negare apertamente le falsità che il Cattolicesimo imponeva come verità, egli riuscì a convincere i Principi italiani a comportarsi da allora in avanti, almeno in apparenza, come dei Cattolici in piena buona fede.

Questo elemento era essenziale per il successo del suo piano. Ildebrando, in realtà, pianificava nientemeno che fornire piena e legittima eredità alla Chiesa Cattolica, ma solo in quanto Rito Romano, affermando che in realtà i Pontefici Romani erano sempre stati Cattolici e che il Liber Pontificalis era in estremo errore nel non riconoscerlo.

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In secondo luogo, il Papa “Cattolico” Gregorio VII portò a pieno compimento la seconda delle sue brillanti innovazioni – istituì infatti la carica di Cadinale, così come il Collegio dei Cardinali. Infatti, per rafforzare la sua pretesa nel ritenere che in realtà fossero loro stessi i legittimi eredi della religione Cattolica (creata appena 300 anni prima), egli introdusse la carica di Cardinale (in maniera simile a quanto accadeva con le cariche analoghe del passato, quali quella di semplice Pontifex) affermando che ad ogni famiglia di Principi e nobili sarebbe stato permesso di avere non più di un membro della propria famiglia in qualità di Cardinale. Il passo successivo prevedeva che il Pontifex Maximus venisse eletto all’interno di questo gruppo ristretto e selezionato.

In terzo luogo, Gregorio VII formalizzò concretamente il processo legato alla concessione di terre e di titoli, ponendo fine a secoli di lotte feudali tra i vari principi ed assicurando tutti sul fatto che il processo legato alla concessione di terre e titoli sarebbe stato regolato esclusivamente tramite il il Pontefice ed il Collegio dei Cardinali (ricalcando quindi l’antico Collegium Pontificum Romano), mediante un organo che venne da allora chiamato “Curia” Romana. E’ così che il Culto Romano e le basi del proprio potere furono poste in essere.

Gregorio introdusse inoltre una serie di innovazioni utili a rinforzare il mito che in realtà i Latini fossero “sempre” stati Cattolici introducendo una serie di testi contraffatti come ad esempio il “Dictatus Papae” - una raccolta di 27 affermazioni assiomatiche che stabilivano non solo che i Latini fossero in realtà sempre stati Cattolici ma introducendo elementi del culto della Magna Mater Cibele nella liturgia della stessa Chiesa Cattolica.

Gregorio andò anche oltre, affermando che Cibele era ora divenuta Maria, Madre di Dio – tecnicamente superiore a Gesù – decretando quest’ultima, dall’alto della carica assunta, come dottrina “ufficiale” della Chiesa Cattolica – mentre una simile eresia era in contrasto tanto con ciò che veniva sostenuto dalla Chiesa Cristiana, quanto con quello affermato dalla dottrina Cattolica. Nel giro di duecento anni, tuttavia, sarebbe stata proprio quest’ultima a divenire la dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica, ormai sotto il controllo completo del Culto Romano.

In risposta alla condotta di Gregorio, nel 1083, l’Imperatore Cattolico Enrico III si preparò all’invasione dell’Italia e nel 1084 Gregorio fu catturato con tutta la sua famiglia e giustiziato. Tuttavia, le innovazioni dal punto di vista dei comportamenti delle famiglie nobili italiane e la ristrutturazione delle credenze legate al culto della Magna Mater ed al sacrificio umano ad essa connesso, così come l’istituzione di una parassitico sistema di credenze che si dichiarava “Cattolico” gli sarebbero sopravvissuti. Il suo lascito è il Culto Romano e la capacità di quest’ultimo nel tenere sotto scacco l’intera Cattolicità fino ai nostri giorni.

PAPA URBANO, IL “GRANDE”

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Nonostante il successo delle innovazioni introdotte da Gregorio, se non fosse stato per i Principi di Capua e di Benevento, alla morte di quest’ultimo, il Culto Romano sarebbe divenuto semplicemente un piccolo incidente, di quelli che spesso si verificano nella storia, e sarebbe stato con il tempo semplicemente dimenticato. Fu Zotto di Landalf, anche conosciuto come Pietro l’Eremita, oltre che come il “Grande” Papa Urbano II, ad assicurare al Culto Romano una lunga vita di successi e prosperità, tramite un atto che può essere a pieno titolo collocato tra la follia più estrema ed il genio militare più sottile.

Nel 1086, un grande esercito Cattolico composto da circa 36.000 uomini riuscì alla fine a rompere l’assedio del leader del Culto Romano, Gregorio VII, a Roma, dove viveva protetto dall’esercito mercenario del Basco Roberto Borja (detto il “Guiscardo”). Roberto Borja riuscì tuttavia a fuggire con alcuni dei suoi uomini più fidati, mentre l’Antipapa Gregorio VII non fu così fortunato e fu prontamente catturato, scomunicato ed ucciso come eretico della Chiesa Cattolica.

Roberto Borja si rifugiò invece a Benevento ed il Principe di Benevento Landolfo, padre di Zotto, prontamente reclamò per sè il titolo di Pontifex Maximus in qualità di Antipapa eretico del Culto Romano Vittorio III (1084 – 1086), in opposizione al regno dell’autentico Papa Cattolico Clemente III (1080, 1084 – 1100). Le truppe di elite Normanne di Enrico IV assediarono infine Benevento fino a che la città, ben fortificata, cadde tra il 1086 ed il 1087 e l’Antipapa Vittorio III insieme a Roberto Borja furono anch’essi giustiziati in quanto eretici contro la Chiesa Cattolica.

Zotto di Landalf (figlio di Landolfo) e gli ultimi sacerdoti del Culto Romano sopravvissuti riuscirono a scampare all’assedio con ciò che restava dell’armata mercenaria dei Borja e nel 1086 fu Zotto stesso ad assumere la carica di nuovo Antipapa eretico Urbano II – Pontefice Massimo del Culto Romano.

Un uomo inseguito, e supportato solo da un manipolo di mercenari, l’Antipapa Urbano II sarebbe stato peduto se non fosse ricorso ad una mossa geniale ed ardita. Prima di tutto, Urbano modificò completamente il suo aspetto fisico trasformandosi in quello che poteva apparire un povero eremita, e facendosi chiamare Pietro. Quindi cominciò a raccogliere supporto non solo tra i nobili ma anche tra la gente comune, sfruttando in particolare una serie di storie, leggende e dicerie riguardanti l’orrore e le torture che gli Imperatori di Bisanzio infliggevano ai “buoni cristiani”, così come dei vasti tesori nascosti nei forzieri della città di Costantinopoli. Come prova Urbano era solito addurre le enormi ricchezze sequestrate da Roberto Borja ai Bizantini in Sicilia.

Così trasformato appariva l’antipapa Urbano nelle vesti del sant’uomo “Pietro l’Eremita” che egli viaggiò sino al Concilio di Clermont per avanzare il suo nuovo progetto, quello di una Santa Crociata.

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In seguito alla completa distruzione del Sacro Romano Impero ad opera degli eserciti del Culto Romano nel XV Secolo, la storia della Prima Crociata è stata in effetti artificiosamente trasformata in maniera da far passare il messaggio che l’obiettivo fosse Gerusalemme ed i Musulmani – l’ennesimo falso.L’obiettivo era sempre stato Costantinopoli per colpire la Chiesa Cattolica appropriandosi della più grande biblioteca di prove esistente al mondo contro la religione creata dai Pipinidi nel 741: gli Archivi Imperiali di Costantinopoli.

Utilizzando brillantemente la dottrina Cattolica contro sè stessa, a partire dal 1095 l’Antipapa Urbano aveva ammassato una tale quantità di straccioni, sbandati e soldati da costituire un enorme esercito che cominciò la sua marcia verso gli antichi territori del Sacro Romano Impero.

Nel 1096, l’esercito di Urbano raggiunse ed assediò l’odierna Belgrado facendo centinaia di migliaia di vittime nella città e lungo la sua strada, una delle più grandi efferatezze e bagni di sangue della storia. Il terrore ispirato dalla sua armata era tale che intere città si spopolavano alla semplice avvisaglia del loro avvicinamento. Nello stesso anno, il 1096, toccò alla pesantemente fortificata Costantinopoli cadere. Urbano ordinò immediatamente di rimuovere tutto il contenuto degli Archivi Imperiali e di trasportare i testi alla sua base italiana dando successivamente alle sue truppe l’ordine di saccheggiare ed incendiare la città. Alla fine della mattanza l’esercito di Urbano sterminò 50.000 persone nella sola Costantinopoli.

Reso baldanzoso dal successo, Urbano si spostò in direzione di Gerusalemme. Probabilmente con eccessiva fiducia, egli mosse subito attraverso la Turchia e la Siria fino ad Antiochia mietendo altre centinaia di migliaia di vittime cristiane, tanto nella città che durante il viaggio. A quel punto, tuttavia, i Musulmani riuscirono a spezzare in due tronconi le sue forze e, nel 1098, Urbano si trovò assediato ad Antiochia, tagliato fuori dal resto della sua Armata. Si dice che Urbano abbia continuato a manifestare notevoli qualità oratorie e di persuasione durante l’assedio cercando di persuadere gli stanchi e feriti uomini della sua armata che essi potessero in realtà sconfiggere un nemico superiore nel numero e più disciplinato, quale l’armata Musulmana – un obiettivo che questa volta non riuscì a raggiungere.

Egli fu catturato e decapitato dai Musulmani alla fine dell’assedio nel 1099. Per vendetta, suo figlio, l’Antipapa Teodorico raggruppò le sue armate e saccheggiò Gerusalemme, uccidendo tutti i suoi abitanti – cristiani, musulmani ed ebrei – ed i loro animali domestici, in quello stesso anno.

IL CONCORDATO DI WORMS

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Una volta che il Culto Romano – ovvero il Culto della Magna Mater Cibele riformato – entrò in possesso dei documenti originali riguardanti le origini della Cristianità e quelle del Sacro Romano Impero, era solo una questione di tempo prima che qualche accordo fosse concluso per assicurare al Culto Romano un parassitico controllo sulla Chiesa Cattolica. Ciò avvenne infine con il Concordato di Worms nel 1123, in particolare tra il leader del Culto Romano Callisto II ed il Sacro Cattolico Imperatore Enrico V.

Da allora in avanti, la Chiesa Cattolica è rimasta ostaggio di questo piccolo gruppo di famiglie che continuano a mantenere le redini del vero potere.

Anno dopo anno, secolo dopo secolo, le dottrine originali e della Cristianità e del Cattolicesimo sono state rimpiazzate con le dottrine eretiche del Culto Romano, con la Cristianità nel suo complesso praticamente incapace di fermarle.

Anche i grandi movimenti di riforma che si sono succeduti hanno tenuto fuori dalla discussione l’elemento essenziale da affrontare, e cioè che sono state costruite tali e tante falsità e contraffazioni nella formazione della religione cristiana che il Culto Romano è stato sufficientemente più bravo a gestire questa mole enorme di falsità per modificare importanti articoli di fede della Cristianità nella direzione che più gli pareva opportuna.

LA SERIE DEGLI ANTIPAPI DEL CULTO ROMANO

Quella che segue è una accurata lista degli Antipapi del Culto Romano a partire dalla formazione del falsamente Cristiano Culto Romano, ad opera di Gregorio VII.

** Tutti i Papi a partire dal Sedicesimo Secolo in avanti sono stati membri a pieno titolo del Culto Romano

MARIA – ORIGINI

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Maria (Giudeo-Aramaico: מרים, Maryam; Ebraico: Miriam; Greco: Μαριαμ or Μαρια; Arabo: Maryam, e chiamata fin dal periodo Medievale Madonna (Mia Signora).

I Cristiani generalmente ritengono che ella fosse vergine al momento del concepimento ed almeno sino alla nascita di Gesù. I Cattolici Romani, gli Ortodossi d’Oriente e le numerose Chiese Orientali Orientali Ortodosse così come alcune denominazioni delle Chiese Protestanti continuano a ritenere che Maria sia restata vergine per tutta la sua vita denunciando e condannando i primi resoconti cristiani che riportavano come fatto storico che ella avesse dato alla luce altri figli. 

Come risultato, Giacomo, conosciuto fino al Sesto secolo dopo Cristo come il fratello di Gesù e come il suo legittimo successore viene raramente menzionato dalla Chiesa Cattolica, tranne che come figlio presumibilmente avuto da Giuseppe con una seconda famiglia, o come “cugino” in qualche maniera di Gesù stesso.

Il concepimenro di suo figlio Gesù si ritiene sia stato un atto dello Spirito Santo, atto a completare la profezia di Isaia in base alla quale una vergine (o giovane donna) avrebbe dato alla luce un figlio che sarebbe stato chiamato Emanuele (Immanuel – “Dio con noi”).

La Chiesa Cattolica Romana, la Chiesa Cattolica Orientale, e le Chiese Ortodosse Orientali la venerano come la Sempre Vergine Madre di Dio (Theotokos), particolarmente favorita dalla Grazia di Dio (i Cattolici ritengono inoltre che ella fu concepita senza peccato originale) e che completata la sua esistenza terrena, ella sia fisicamente ascesa al Cielo ed in Paradiso.

I titoli più frequenti di Maria includono La Beata Vergine Maria (anche abbreviata “BVM”), Nostra Signora (Notre Dame, Nuestra Senora, Nossa Senhora, Madonna), Madre di Dio e Regina dei Cieli (Regina Coeli) (per il resto verificare le sue attribuzioni nella Litania della Beata Vergine Maria o “Litania Lauretana”).

COME PERSONIFICAZIONE DI CIBELE

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Nel Culto Cattolico Romano, la devozione a Maria, in particolare sotto la denominazione “Regina dei Cieli” è un riferimento diretto a Cibele. In questo senso, i fedeli non adorano la Maria descritta nella storia cristiana, ma la Dea Madre del Colle Vaticano.

In altre parti d’Europa, Maria viene adorata come la componente oscura del femminino Mari, anche conosciuta come Mendes.

Il culto dell’Opus Dei è il gruppo più conosciuto degli adoratori di Maria nella sua forma di Mari.

MARI – ORIGINE

 

Mari, Mari Urraca, Anbotoko Mari (“la Signora di Anboto) e la parzialmente distinta Murumendiko Dama (“la Signora di Murumendi”) era una dea – una cosiddetta Lamia – dei popoli Baschi. Suo compagno era il dio Sugaar, detto anche Sugoi o Majue.  

Una serie di leggende ricollegano i suoi poteri alle forze metereologiche: si diceva che quando lei e Majue viaggiavano insieme sarebbe caduta la grandine, e che la sua dipartita dalla caverna in cui risiedeva sarebbe stata accompagnata da tempeste o da carestie, ed inoltre che la collocazione geografica della caverna in cui risiedeva al momento avrebbe determinato la qualità del clima, in particolare se asciutto o umido: umido nel periodo in cui viveva ad Anboto, asciutto quando risiedeva altrove (i dettagli geografici, in questo caso, variano). Altri luoghi in cui si riteneva si rifugiasse includono l’abisso di Murumendi, la caverna di Gurutzegorri (Ataun), Aitzkorri e Aralar, sebbene non sia sempre possibile essere certi di quali leggende dei Baschi si riferissero esattamente a questa fondamentale Lamia.

Mari era associata a numerose forze della natura, inclusi il fulmine ed il vento. Come personificazione della Terra, la sua adorazione era associata alla figura di un’altra Lamia, Lurbira. Il compagno di Mari era Majue, mentre tra i loro figli erano inclusi gli spiriti benigni Atarrabi e gli spiriti maligni Mikelats

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Mari era in particolare ritenuta la protettrice dei senatori e del ramo esecutivo del potere. Veniva anche rappresentata come colei che conduceva un carro trainato da cavalli ed arieti attraverso i cieli. I suoi idoli avevano solitamente la caratteristica di riportare una Luna Piena dietro la testa.

Mari viene anche descritta come la “Donna in rosso”. Ella veniva anche descritta come la “Donna del fuoco”, la “Donna-albero” e come il fulmine. Era inoltre associata a tutti gli animali di colore rosso o rossastro (mucca, ariete e cavallo) e con il capro nero.

FRANCESCO D’ASSISI – INFORMAZIONI GENERALI

Giovanni Bernandone Morosini (Moriconi) (alias Francesco d’Assisi, alias Marino Morosini) era nato a Parigi come uno dei numerosi bambini avuti dal potente banchiere/commerciante Ebreo Sefardita Veneziano Pietro Bernandone Morosini (Moriconi) dalla nobildonna Francese Pica di Bourlemont.

Il nome “Francesco” è un nomignolo (o soprannome), non essendo mai stato il suo vero nome – lo indica infatti  semplicemente come il “francese”, per il fatto di essere nato a Parigi. Allo stesso modo, “Assisi” è una deliberata corruzione dell’antico nome della località di Ascesi, e stava ad indicare, riferita a lui, “colui che è asceso”. Quindi, il soprannome completo “Francesco d’Assisi” può essere reso con maggiore proprietà come “il Francese che è asceso al Cielo”.

Al contrario di quanto viene affermato dalla storia ufficiale, i Veneziani non avevano avuto sino ad allora alcuna ragione per convertirsi al Cristianesimo, di conseguenza Giovanni era quasi certamente di religione Ebraica. A partire dalla fine del Dodicesimo secolo, l’impero bancario e commerciale della famiglia Morosini, fondato sul commercio della lana, di tessuti pregiati, del sale e delle granaglie, si estendeva dall’Inghilterra a Costantinopoli. Tuttavia, gli eventi che condussero al Trattato di Venezia ed all’espulsione dei Veneziani dalla Francia nel 1182 e dall’Impero Bizantino nello stesso anno, inflissero un durissimo colpo alle fortune della famiglia.

Suo padre, Pietro Bernandone Morosini pose quindi suo figlio e la sua intera famiglia sotto protezione a Pisa, mentre egli tornò a Venezia per confrontarsi con i risultati del disastroso regno del Doge Vitale II Michiel. Per ragioni sconosciute, la famiglia fu in seguito costretta a lasciare Pisa ed a trasferirsi nella località conosciuta come Ascesi (oggi Assisi), dove vissero per pochi anni.

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Nel 1187, l’Antipapa Beneventano Gregorio VIII fu scacciato dal potere ed esiliato, e la famiglia Morosini si spostò nell’appena commissionato Palazzo Moriconi a Lucca, destinato a restare una potente roccaforte della famiglia per i successivi duecento anni. Lì, Giovanni ed i suoi fratelli furono istruiti nelle lingue, nelle materie finanziarie e nelle leggi derivanti dai trattati di Venezia (le basi dell’odierno diritto marittimo e commerciale).

Tuttavia, fin dalla più tenera età, si narra del grande desiderio del giovane Giovanni di divenire un “trovatore”, un cavaliere militare piuttosto che seguire le orme dei suoi antenati Ebrei Sefarditi Veneziani come commerciante e finanziere. I cosiddetti “Longhi” Veneziani, infatti, erano orgogliosi del loro status “al di sopra” della guerra e delle miserie a queste riconducibili che essi stessi avevano costantemente finanziato, e per uno dei figli di un Morosini ricercare il proprio successo in una posizione così “inferiore” sarebbe stata incontrata con grande disappunto dal padre Pietro Bernandone.

Quando un discendente dei Pierleoni - una delle più antiche famiglie di Venezia (tra i cosiddetti “Longhi”, quindi) - l’Antipapa Innocenzo III giunse al potere nel 1198, Giovanni decise di seguire la chiamata alle armi di Innocenzo III e di intraprendere la carriera militare – che implicava la sua conversione, almeno in apparenza, al cristianesimo. Tale evento è certamente la base storica del contesto legato al fatto di essere stato diseredato da suo padre Pietro Bernardone.

Giovanni lasciò Lucca non più tardi del 1201, spostandosi a Nord-Est verso le terre del famoso generale Bonifacio I, Marchese del Monferrato. Sebbene non sia chiaro se egli abbia raggiunto in effetti il Monferrato, è certo invece che il suo nobile e potente lignaggio fu riconosciuto e che egli fu catturato, imprigionato (probabilmente in attesa di riscatto) e rilasciato nel giro di un anno, probabilmente contraendo qualche forma di malattia.

Una volta fatto ritorno a Lucca, ed essersi ripreso, egli intraprese un nuovo viaggio, questa volta verso Sud con una scorta, a Roma. Lì  incontrò l’Antipapa Innocenzo III per la prima volta: un discendente della casata Ebraica dei Pierleoni/Urseoli di Venezia che incontrava un discendente dei suoi acerrimi nemici della famiglia Morosini.

Sebbene nulla di concreto emerse da questo primo incontro, è chiaro che, non essendo Giovanni stato immediatamente giustiziato, Innocenzo abbia creduto alle forti motivazioni di questo antico nemico dei suoi antenati e sia stato probilmente lo stesso Innocenzo a battezzarlo come Cristiano. Giovanni prese quindi congedo da Innocenzo con la convinzione di divenire un

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grande generale e di poter vendicare l’onore ferito della sua famiglia ad opera dei Francesi e dei Bizantini. Nello stesso anno, Venezia cooperò con il Culto Romano e gli Inglesi per il trasporto delle loro truppe in sicurezza via mare e preparare l’assalto navale a Costantinopoli nell’Aprile del 1204, dando man forte alle truppe di Innocenzo ivi dislocate.

Quattro anni dopo, nel 1209, il ventottenne Giovanni Bernardone Morosini (Moriconi) ritornò da Innocenzo III con alcuni collaboratori ed un piano. Egli – Giovanni – avrebbe fatto quello che a nessuno mai era riuscito prima: convertire Venezia alla cristianità e forgiare la sua leale alleanza con Roma ed il Culto Romano. Sebbene Innocenzo non abbia probabilmente creduto alle possibilità di successo di un simile piano, diede tuttavia a Giovanni la propria benedizione.

Giovanni si recò quindi, l’anno successivo, a Venezia, dal Doge Pietro Ziani (1205 – 1229). Essendo un Morosini, Giovanni risiedette probabilmente nel Palazzo della famiglia Morosini incontrandosi lì con lo stesso Pietro Ziani.

Le proposte che egli portò a Venezia erano in fondo piuttosto semplici: fino a quando Venezia avesse agito come potenza neutrale nelle guerre tra Cristiani e Cristiani e tra Cristiani e Musulmani, avrebbe continuato a fronteggiare rischi imminenti riguardanti le fondamenta stesse del proprio potere commerciale, marittimo e finanziario. Ma se Venezia avesse supportato i discendenti dei Pierleoni/Urseoli ed il loro Culto Romano, garantendogli il potere a Roma, il loro futuro sarebbe stato assicurato, almeno fino a quando il Culto Romano avesse tenuto in pugno le sorti della Chiesa Cattolica.

Giovanni quindi propose che il Doge e le dominanti famiglie Veneziane dei “Longhi” gli garantissero la possibilità di fondare un’accademia cristiana di sacerdoti-navigatori leali tanto a Venezia, quanto a Roma che sarebbe stata rafforzata nel tempo da un editto appositamente elaborato dal Culto Romano ed impegnativo per tutte le nazioni cristiane. Di conseguenza, la Chiesa stessa avrebbe contribuito a rinforzare il monopolio di Venezia nel controllo dei traffici via mare in cambio della lealtà di Venezia, oltre che di una parte dei proventi dei traffici stessi.

Sebbene Pietro Ziani probabilmente non ritenesse possibile l’attuazione di un simile piano, egli acconsentì tuttavia a garantirgli il futuro sito della Basilica di San Marco nei pressi del Palazzo del Doge, così come il futuro sito di San Francesco della Vigna, nei pressi di Piazza San Marco, come primo Monastero Francescano e Scuola di Finanza e di Navigazione.

Utilizzando i beni della ricostituita fortuna di famiglia, anche grazie agli attacchi condotti su Costantinopoli, la costruzione della futura Basilica destinata ad ospitare i resti di San Marco – di cui Giovanni (Francesco) si era appropriato ad Alessandria – iniziò immediatamaente.

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Giovanni lasciò quindi Venezia per dirigersi verso la Spagna e l’Inghilterra e reclutare i migliori navigatori del tempo per la costituzione della sua nuova scuola e del suo nuovo ordine monastico a Venezia.

Nel 1215, Giovanni ritornò a Roma per presenziare al Quarto Concilio Laterano. Nel 1216, Innocenzo III morì e ad egli successe Onorio III che prese molto a cuore i piani di Giovanni, e, non più tardi del 1219, egli assegnò ai suoi primi consiglieri il compito di vigilare sui progressi dell’Ordine dei Frati Minori.

Nella stessa direzione, i Veneziani consolidarono la loro joint-venture con il Culto Romano tramite la creazione della Santa Sede (“Holy See”) – un monopolio commerciale comprendente l’intero mondo conosciuto, fondato sul controllo dei mezzi di trasporto per il commercio, sulla conoscenza delle tecniche di navigazione, sulla mappazione e sulla cartografia così come sulla tecnologia concernente la costruzione dei mezzi navali.

La prima partnership dell’Ordine dei Frati Minori fu con l’Inghilterra: ed è così che il Culto Romano ed i Veneziani permisero per la prima volta l’accesso Inglese a tutte le conoscenze più avanzate riguardanti le più moderne tecnologie applicate alla costruzione delle navi, alle tecniche metallurgiche, alle materie militari ed all’educazione, grazie appunto al ruolo di “Francesco d’Assisi”.

Fu tale il successo dell’azione di Giovanni (Francesco) che nel 1249 egli divenne il primo Doge Cristiano di Venezia (1249 – 1253). E’ anche per questo che gli storici del Culto Romano hanno nel tempo provveduto ad eliminare tutte le possibilità di riconnettere San Francesco – della famiglia dei Morosini/Moriconi – al Doge “Marino” (marinaio, dei mari) Morosini che regnò a Venezia, tra il 1249 ed il 1253.

Nel primo anno del suo regno, i lavori sulla Basilica di San Marco furono ampliati ed il primo Bucintoro – in qualità di galea di stato – fu costruito. Quindi Giovanni invocò presso l’Antipapa Innocenzo IV (1243 – 1254) l’anello papale come riconoscimento della sua appena costituita nuova autorità.

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Nel 1250, sul Bucintoro, il Doge Giovanni ed  Innocenzo IV si recarono sul mare antistante Piazza di San Marco, ed il Doge Marino lanciò ritualmente l’anello papale in mare nel corso di una cerimonia formale del Culto Romano, pronunciando le storiche parole “Desponsamus te, mare, in signum veri perpetique domini” ovvero “Noi sposiamo te, o mare, in nome dell’unico Signore onnipotente”: una cerimonia che sancì Venezia ed il mare come una indissolubile unità (Monade) – ed è così che nacque la Santa Sede (in Inglese “Holy See”: Sacro – “Holy”; “See” Mare), come la prima completamente cristiana “joint-venture” della storia tra il Culto Romano, Venezia e la Corona d’Inghilterra.

Con l’aiuto dei Francescani addestrati dai Veneziani, Papa Innocenzo IV promosse quindi nuovi centri di insegnamento a Roma, attirando i migliori e più talentuosi studiosi, come, tra gli altri, Tommaso d’Aquino. Fu sotto la supervisione e la guida di Tommaso d’Aquino che il Culto Romano sviluppò le sue più potenti armi per combattere nel mondo e dominarlo, tramite termini e trucchi legali ed i termini essenziali stessi costituenti gli odierni termini di “legge” e “giustizia”.

I Veneziani erano in effetti in possesso del più sofisticato sistema di editti marittimi, passato di Doge in Doge e formalizzato in un codice già a partire dalla fine del Decimo secolo. Quest’ultimo fu infine consolidato nella cosiddetta Legge dell’Ammiragliato (“Admiralty Law”), ovvero la legge della proprietà e del debito – la legge che regola il denaro, la terra, il mare e la proprietà. Di conseguenza, utilizzando il diritto marittimo veneziano come infrastruttura di base, Tommaso d’Aquino sviluppò una nuova serie di leggi che fu concessa di diritto anche alla Corporazione della Corona d’Inghilterra e chiamata legge dell’Ammiragliato: quest’ultima considerava tutti gli uomini e le donne nate senza titoli nobiliari alla stregua di animali, ovvero come “esseri umani” e non “uomini”, rappresentati da una persona giuridica fittizia che forniva la possibilità alla Corona stessa, a quel punto riconosciuta quale loro “proprietaria”, il loro trattamento alla stregua di vascelli, vessilli, o meglio “oggetti”.

Alla morte di Giovanni Bernardone Morosini (Moriconi), nel 1253, egli aveva adempiuto alla sua inizialmente assai ambiziosa promessa. Era nata la Santa Sede – ovvero la joint-venture tra il Culto Romano, Venezia e la Corona Inglese. Il nome della sua famiglia e la fortuna della stessa era restaurato al massimo degli onori possibili ed egli venne da quel punto in avanti ricordato come il più grande generale di Venezia e come il più grande santo del Culto Romano.

Per proteggere la memoria del più importante e riverito tra i servitori tanto di Venezia quanto del Culto Romano, Giovanni fu ribattezzato Francesco (il Francese) e promosso come santo immediatamente dopo la sua morte. Quindi, durante il Quindicesimo ed il Sedicesimo secolo, il

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Culto Romano ebbe la pretesa di reclamare che egli fosse andato incontro agli stessi segni miracolosi di Gesù Cristo nella forma specifica delle Stimmate.

Nonostante le conoscenze acquisite e l’intelletto ci portino ad inquadrare storicamente la natura di tali miti, le favole create duecento anni dopo la sua morte a proposito di Giovanni (alias San Francesco d’Assisi) persistono ancora oggi.

LA SANTA SEDE – INFORMAZIONI GENERALI

La Sedes Sacrorum (dal Latino “Sedes”: seggio, sede; e “Sacrorum”: sacra, santa) anche conosciuta come Santa Sede ed SS, così come conosciuta in Inglese come “Holy See”, rappresenta il complesso apparato legale e giuridico tramite il quale il Papa Cattolico Romano e la sua Curia di Vescovi reclamano il riconoscimento storico di entità sovrana con superiori diritti giuridici e legali.

La Chiesa Cattolica utilizza infatti due diverse personalità giuridiche tramite le quali conduce i suoi affari e rapporti internazionali: la prima, in qualità di stato internazionale, conosciuto come Stato della Città del Vaticano, nell’ambito del quale il Papa è anche Capo del Governo; la seconda, è in qualità di suprema personalità giuridica rispetto a tutte le altre personalità giuridiche esistenti, pretendendo, su tale base, che tutte le creature e le proprietà del Pianeta vengano qualificate come soggette alla sua autorità.

La forza giuridica della sua prima personalità giuridica di Stato Internazionale è limitata dalla Legge Internazionale. Lo Stato Sovrano della Città del Vaticano dipende infatti dal riconoscimento continuato di un accordo conosciuto come i “Patti Lateranensi” firmati dal Dittatore Fascista Cattolico Benito Mussolini nel 1929 e dal suo supporter politico, Papa Pio XI. E’ da ricordare che tale riconoscimento resta in contrasto con le vigenti leggi internazionali che proibiscono il riconoscimento intenazionale degli Stati e delle leggi create da dittatori macchiatisi di genocidi di massa.

La forza legale della seconda personalità giuridica della Chiesa Cattolica come Santa Sede è dipendente dall’aderenza continuata a statuti legali, definizioni, convenzioni e patti accumulatisi sin dal Medioevo e concernenti il primato del Papa rispetto a tutte le proprietà e le creature esistenti sul pianeta Terra. Tali statuti, convenzioni e patti restano la sostanza ed il fondamento del moderno sistema legale e giuridico in numerosi paesi del mondo.

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Per estendere la sua forza legale utilizzando tale seconda personalità giuridica la Chiesa Cattolica considera ogni regione del Mondo controllata da un vescovo una Sede.

ORIGINE DEL TERMINE SEDE

Il Culto Romano che controlla la Chiesa Cattolica ritiene che la prima persona ad utilizzare il termine Santa Sede sia stato San Pietro. Ciò è ovviamente impossibile dato che l’etimologia della parola “Sede” (Sedes) ed il significato ad essa attribuito non vennero ad esistenza che numerosi secoli dopo l’esecuzione di San Pietro stesso all’esterno delle mura di Gerusalemme durante l’assedio del 70 dopo Cristo.

Il primo utilizzo del termine Sede risale invece al suo utilizzo informale in riferimento alla creazione del cosiddetto “Seggio di San Pietro”, creato dai monaci dell’Abbazia di Saint Denis, a Parigi, per conto di Pipino il Breve, intorno al 748 dopo Cristo, in previsione della sua futura incoronazione e per la costituzione della prova stessa della legittima autorità di Pipino nella creazione della sua Chiesa Cattolica. Il termine deriva dall’antico francese Sied o Sed che, a sua volta, deriva dal termine Latino Sedem (nominativo Sedes), indicante “seggio, sede” o anche l’oggetto utilizzato per mettersi “a sedere”. Il termine formale per il seggio era – ed è ancora – Cathedra Petri – letteralmente “Seggio di San Pietro”.

Quando il seggio fu creato a Saint Denis, esso avrebbe dovuto avere il compito di rafforzare il concetto di sede o “seggio” di potere per il Vicarius Christi, e ciò in diretta opposizione al Primate e Patriarca di Costantinopoli che reclamava a sua volta di rappresentare la sede o il seggio più importante della cristianità.

La finzione legale conosciuta come Ex Cathedra (letteralmente “dal Seggio… di San Pietro) implicante l’infallibilità papale non era l’intenzione originale nel momento in cui fu creata la contraffazione, al contrario, il concetto di infallibilità papale, soprattutto in riferimento alla lotta alle eresie, non apparve che molto più tardi.

Non è neanche rispondente a verità il fatto che i Patriarchi Imperiali Cristiani abbiano mai utilizzato il termine Sede o Seggio fino al momento in cui fu creata la Chiesa Cattolica ad opera di Carlo Martello e dei suoi figli.

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L’opera contraffatta, inoltre, non finì subito a Roma ma restò nella Chiesa Madre della Chiesa Cattolica a Saint Denis, dove venne utilizzata come seggio per l’incoronazione di Re Pipino il Breve nel 751. Il Seggio fu portato da Pipino stesso in Italia solo nel 752 – come dono per l’incoronazione del nuovo Vicarius Christi nel 757 – la prima volta nella storia in cui un “Papa” si sia seduto su un seggio che reclamava determinati attributi.

Nei secoli, numerosi seggi di San Pietro sono stati inoltre rubati, vandalizzati fino all’irreparabile, incendiati o andati perduti. Tuttavia, come avviene per le altre contraffazioni, quali il capolavoro del genere noto come Liber Pontificalis, il Seggio di San Pietro reclama un’altrettanto ininterrotta successione di Papi che su esso si sono seduti esercitando la propria autorità, da San Pietro ad oggi.

Sia in termini giuridici che tecnici, se il Seggio di San Pietro fosse andato perduto o distrutto senza che la Chiesa Cattolica fosse stata in grado di sostituirlo velocemente per nascondere il fatto stesso della sua scomparsa, a quel punto il legittimo potere primario della Santa Sede – che si proclama tale appunto in riferimento al possesso di tale sacra “reliquia” – sarebbe immediatamente cessato, così come sarebbero immediatamente cessate tutte le pretese concernenti le eventuali dichiarazioni “Ex Cathedra”: in pratica, nessun Seggio posseduto = nessun potere derivante dal Seggio stesso

Il seggio più recente, che è stato collocato nel Grande Altare di San Pietro grazie al lavoro di Lorenzo Bernini, si ritiene risalga all’Ottavo secolo – di conseguenza si pretende che sia l’originale. Al contrario è assai probabile che si tratti di una versione contraffatta risalente al Diciassettesimo secolo.

Inoltre, nonostante la Chiesa Cattolica ammetta apertamente che il Seggio di San Pietro sia sostanzialmente un’opera contraffatta, tuttavia espone al pubblico l’opera stessa come una delle reliquie più importanti della Chiesa Cattolica.

COME E’ NATA LA SANTA SEDE

Nel 1249, Giovanni Bernardone Morosini (Moriconi) anche conosciuto come San Francesco d’Assisi e nipote del Doge di Venezia Domenico Morosini (1148 – 1166) divenne il primo Doge Cristiano di Venezia (1249 – 1253). Questa è una delle ragioni per cui è stato nel tempo necessario, da parte degli storici del Culto Romano, rimuovere tutte le

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possibilità di riconnettere San Francesco stesso al Doge Marino Morosini, evitando di far comprendere il fatto che, in realtà, si trattasse della medesima persona.

Nel suo primo anno in carica, i lavori sulla Basilica di San Marco furono ampliati e la prima galea di stato, nota come Bucintoro, fu costruita. A quel punto Giovanni chiamò a Venezia l’Antipapa Innocenzo IV (1243 – 1254) affinchè gli concedesse l’anello papale come simbolo della sua appena costituita autorità.

Nel 1250, sul Bucintoro, il Doge Giovanni ed  Innocenzo IV si recarono sul mare antistante Piazza di San Marco, luogo in cui il Doge Marino lanciò ritualmente l’anello papale in mare nel corso di una cerimonia formale del Culto Romano pronunciando le storiche parole “Desponsamus te, mare, in signum veri perpetique domini” ovvero “Noi sposiamo te, o mare, in nome dell’unico Signore onnipotente”: una cerimonia che sancì Venezia ed il mare come una indissolubile unità (Monade): è così che nacque la Santa Sede (in Inglese “Holy See”: Sacro “Holy”; Mare “See”), come la prima “joint-venture” completamente cristiana  della storia tra il Culto Romano, Venezia e la Corona d’Inghilterra.

ORIGINI DELL’ENTITA’ LEGALE “SEDES SACRORUM”

La prima volta in cui il termine “Santa Sede” fu utilizzato per indicare esplicitamente la qualità giuridica dell’incarico dato ad un vescovo fu sotto il papato di Bonifacio VIII, quando quest’ultimo emanò la Bolla Papale del 25 Febbraio del 1296 nella quale decretava “che tutti i prelati o superiori ecclesiastici i quali, sulla base di qualunque pretesto o pretesa, senza l’autorità ad essi concessa dalla Santa Sede, paghino una parte delle rendite od averi della Chiesa ad un potere pubblico (ai laici, quindi), così come tutti gli imperatori, re, duchi, conti etc. che si impegnino in qualunque maniera per riscuotere tali averi, sono per il fatto stesso sottoposti a sentenza di scomunica”.

La Bolla Papale costituiva, in realtà, una risposta alla crescente promulgazione di Carte e Lettere dei nobili d’Europa che si muovevano nella direzione indicata dalla Magna Charta del 1215. Alcuni di tali documenti prevedevano, tra l’altro, l’effetto giuridico tecnico del passaggio delle proprietà della Chiesa ad un Sovrano, ponendo rischi di espropriazione delle proprietà ecclesistiche alla morte del vescovo stesso. La creazione di un concetto di personalità giuridica denominato Santa Sede, antecedente all’incarico fornito a tale vescovo e pedurante alla morte dello stesso, rappresentava una maniera per ovviare ad un simile rischio.

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Papa Bonifacio VIII associò inoltre un secondo e più significativo concetto all’idea di Santa Sede quando dichiarò, in quello stesso periodo, che “ogni creatura è soggetta all’autorità del Papa”. Papa Bonifacio VIII rafforzò ulteriormente il veicolo della Santa Sede nel 1302, anno in cui stabilì nella famosa Bolla Papale Unum Sanctam che “Noi dichiariamo, sosteniamo, definiamo e pronunciamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana essere soggetta al Pontefice Romano”.

La personalità giuridica della Santa Sede divenne strumentale per la Chiesa Cattolica nel costituire uno degli affari più profittevoli del Medioevo: il traffico internazionale degli schiavi. Questa vera e propria industria, inizialmente controllata dal Portogallo e dalla Spagna, fu resa possibile solo ed esclusivamente sulla base degli attributi che la Santa Sede si era data e che aveva con estrema decisione affermato, nella sua qualità di Santa Sede o “Holy See”.

Ciononostante, nuove controversie emersero riguardo le spedizioni proposte verso le “nuove terre” tra la Spagna ed il Portogallo, e sulla maniera in cui queste ultime avrebbero dovuto essere gestite. Papa Sisto IV (1471 – 1484) riuscì a risolvere le questioni attinenti il Tratto di Alcacovas tramite la Bolla Papale Aeterni Regis del 1481 che garantì le terre “ancora da scoprire” lungo la costa occidentale dell’Africa sino alla Guinea al Portogallo.

Quando la Spagna sponsorizzò una spedizione della Marina Papale per reclamare il Nuovo Mondo sotto la guida di Cristoforo Colon (Colombo), Papa Innocenzo VIII (1484 – 1492) estese il concetto di Santa Sede a tutti gli oceani ed alle terre in essi ricomprese. A Cristoforo Colombo, in particolare, fu concesso lo speciale titolo legale di Governatore e Capitano-Generale delle Indie, Isole e Terraferma del Mare Oceano.

Il termine “Indie” non si riferiva inoltre alle isole ora conosciute come Caraibi ma trattavasi di un termine che definiva, nel loro complesso, il nome delle “creature umane” sottoposte alle pretese legali di Controllo del Papa stesso.

Il termine legale esteso di Santa Sede indicante la personalità giuridica della Chiesa Cattolica come comprensiva degli oceani e dell’intera Terra fu ulteriormente raffinata dalla Bolla Papale Dudum Siquidem datata 25 Settembre 1493, ed intitolata, nello specifico, “Estensione delle Garanzie Apostoliche e della Donazione riferita alle Indie”, tramite la quale il Papa garantiva alla Spagna anche quelle terre al di là dell’Oceano e delle acque orientali” che erano un tempo appartenute o appartenevano al momento all’India”. Tale annullamento delle ambizioni dei

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Portoghesi condusse nel 1494 al Trattato di Tordesillas tra Spagna e Portogallo che portò la linea di suddivisione scaturente dai trattati del passato a 39° 53′ Ovest.

Inizialmente, la linea di suddividione non si estendeva esplicitamente all’intero globo, la Spagna ed il Portogallo avevano ancora la facoltà di spostarsi verso Est o verso Ovest, rispettivamente, sull’altra parte del globo, e prendere possesso di tutto ciò che fossero stati i primi a scoprire. In risposta alla scoperta da parte del Portogallo delle Isole delle Spezie nel 1512, gli Spagnoli spinsero per l’idea, poi resa fattuale da Papa Alessandro VI, nel 1518, di dividere l’intero mondo in due parti. La linea degli antipodi nell’Emisfero Orientale fu quindi fissata dal Trattato di Saragozza (1529) vicino ai 145° E.

ORIGINI DELL’ENTITA’ SPIRITUALE RICONOSCIUTA COME SS

Sotto il Papato di Innocenzo VIII, il ruolo dell’Inquisizione e dell’Inquisitore mutarono per rendere maggiore la loro autorità legale e spirituale nel “perseguimento degli eretici”. Intorno al 1483, Tommaso di Torquemada fu nominato Inquisitore Generale di Aragona, Valencia e Catalogna.

I suoi torturatori e la sua milizia specializzata furono quindi benedetti ed introdotti nel più elevato ordine sacro del Culto Romano – le SS o Cavalieri della Sedes Sacrorum.

Come ordine militare della Chiesa Cattolica Romana, ai cavalieri della Sedes Sacrorum (SS) era attribuito l’ordine legale da parte della Santa Madre Chiesa di indire costante Sacra Inquisizione nei confronti di tutti gli eretici, tramite l’assassinio, la tortura e la contro-intelligence, per proteggere il nome della Santa Madre Chiesa, direttamente rappresentando gli interessi della Santa Sede come ordine primario dei Sacri Cavalieri – La SS (Sedes Sacrorum o Holy See).

Come ordine spirituale della Chiesa Romana Cattolica, le SS erano fornite della grazia straordinaria Romano Cattolica relativa al fatto che era per loro previsto il perdono per tutti i peccati mortali – potevano quindi andare in Paradiso – che digraziatamente avessero commesso nell’osservanza degli ordini temporali del Papa. In altre parole, le truppe del Grande Inquisitore Tommaso di Torquemada furono il primo ordine militare in assoluto ad essere beneficiati da una impunità dall’Inferno da parte del Papa riguardo eventuali atti di tortura, terroristici o efferati.

Gli ultimi grandi sacrifici alle forze oscure sotto la podestà della Santa Inquisizione risalgono

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all’inizio del Diciannovesimo secolo. All’inizio del Ventesimo secolo, vi erano soltanto un numero ristretto di soldati della SS ancora assegnati alla Santa Inquisizione. Tuttavia, con l’incarico fornito al Fratello della Compagnia di Gesù Heinrich Himmler nel 1929, nell’ambito del NSDAP, in Germania, un nuovo esercito di Nazi SS (Cavalieri della Sedes Sacrorum) comprendente centinaia di migliaia di soldati fu creato nel 1939 per portare avanti la più grande singola Inquisizione portata avanti dal Culto Romano – con più di 18 milioni di individui bruciati vivi nei campi della Russia e della Polonia.

Le SS Tedesche furono infine smantellate alla fine della Seconda Guerra Mondiale con il passagio delle consegne della carica di SS che passava ai Servizi Segreti (SS o Secret Service) degli Stati Uniti d’America già a partire dal 1945. In verità, le SS statunitensi furono create immediatamente dopo l’assassinio del Presidente Mc Kinley nel 1901. Fu soltanto successivamente al falso conflitto a fuoco all’esterno della Blair House, nel 1950, tuttavia, che le SS degli Stati Uniti hanno  stabilito un sistema di protezione assoluta rispetto al Presidente degli Stati Uniti, tenendolo in pratica come prigioniero virtuale dello Stato e mascherando tale condotta come protezione ufficiale.

VENEZIA – INFORMAZIONI GENERALI

Venezia - una città collocata nei pressi del versante nord-orientale delle paludi situate sul delta del fiume Po nell’area nord-adriatica – fu fondata nel 532 dalle famiglie nobili Ebree Sefardite Sarmate in cerca di rifugio dall’Impero Bizantino e dal crimine capitale imposto dall’Imperatore Giustiniano sulla pratica dell’antica religione Sarmatica (adorazione demoniaca e sacrificio umano tramite il fuoco) come crimine capitale.

Il termine Venezia deriva dal Latino Veneti, l’equivalente del Greco Etenoi, ovvero i “Beneamati, i Prescelti”. Ed è lo stesso titolo di cui si ritenevano portatori i Sarmati, i quali ritenevano di essere l’unica razza “prescelta da Dio”  rispetto alle altre, destinate ad essere consumate dal fuoco e dalla miseria.

Tale titolo divenne il loro non ufficiale grido di resistenza contro i Bizantini rispetto alla ricerca da parte di questi ultimi di nuove colonie in Spagna e nel Nord dell’Adriatico.

LA VENEZIA ANTICA – UN FAMOSO STATO EBRAICO

Prima che fossero elaborate una serie di revisioni per nascondere quelli che erano in passato indiscutibili fatti storici, Venezia era conosciuta come il più famosso Stato Ebraico del Medioevo.

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Dopo che la Septimania (in Spagna) fu occupata dal Califfato Omayyade nel VII secolo, Venezia divenne in effetti l’ultimo Stato puramente Ebraico della storia sino alla formazione di Israele nel 1948.

A distanza di 150 anni dal loro esilio forzato da Sarmara, i coloni Etenoi (Veneti) avevano tuttavia già firmato un nuovo patto commerciale con i Bizantini che permetteva agli Stati fondati sul commercio di Septimania – in Spagna – dell’Egitto e di Venezia di spostare i loro vascelli oltre Costantinopoli verso Sarmara, la capitale dei Kazari sul mar Nero.

Nel periodo della formazione della Chiesa Cattolica, e della successiva invasione di Roma da parte delle forze Cattoliche, e quindi più tardi con l’emersione della Dinastia Abbaside Islamica dei Kazari, nell’area a ridosso del Caucaso,Venezia divenne una alleata chiave di Costantinopoli.

IL DOMINIO DEL CLAN URSEOLI 

Tra tutti i Dogi che regnarono a Venezia, il Clan degli Urseoli rappresentava senza ombra di smentita il più potente tra quelli che operarono in qualità di Re-Sacerdoti-Maghi Ebrei Sefarditi Sarmati per più di 200 anni (dal IX all’ XI secolo) prima di essere scacciati dalla cittadinanza veneziana.

I Capi veneziani non divennero tuttavia cristiani che nel XII secolo ed anche in quell’occasione solo nel comportamento esteriore.

Il lungo declino di Venezia cominciò poi nel XV secolo, allorchè essa tentò di mantenere il possesso della Tessalonica contro gli Ottomani (1423 – 1430). Essa inviò anche delle navi per difendere Costantinopoli durante l’assedio dei Turchi del 1453.

Quando la città di Bisanzio cadde infine nelle mani di Mehmet II, quest’ultimo dichiarò guerra a Venezia. Tale guerra durò circa trent’anni e costò a Venezia molti dei suoi possedimenti nel Mediterraneo orientale. Successivamente, la Spagna scoprì il Nuovo Mondo, mentre il Portogallo trovò una nuova via marittima verso l’India distruggendo il monopolio via terra di Venezia. La Francia, l’Inghilterra e l’Olanda le seguirono, mentre le galee veneziane non erano adeguatamente strutturate per il traffico oceanico e furono ben presto lasciate indietro nella corsa alle colonie.

La Morte Nera devastò la popolazione comune – non Sefardita, dato che i “prescelti” erano geneticamente caratterizzati dal noto recettore di deformità CCR 5, che li immunizzava rispetto a pestilenze varie ed una serie ampia di altre malattie epidemiche, compreso l’AIDS dei nostri giorni

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- dapprima nel 1348 ed ancora tra il 1575 ed il 1577. In tre anni, la piaga uccise circa 50.000 persone. Mentre nel 1630 la piaga uccise un terzo dei 150.000 abitanti di Venezia.

Venezia cominciò quindi a perdere la sua posizione chiave nel commerio internazionale durante l’ultima parte del Rinascimento mentre il Portogallo diveniva il principale intermediario europeo nei traffici con l’Oriente, un evento che colpì alle radici la grande ricchezza di Venezia, tutto ciò mentre Francia e Spagna combattevano per l’egemonia sull’Italia nelle Guerre Italiane che finirono per l’emarginare definitivamente la sua influenza politica.

In ogni caso, l’Impero Veneziano restò comunque un importante esportatore di derrate e prodotti agricoli oltre che un notevole centro manifatturiero almeno sino alla metà del XVIII secolo.

Dopo ben 1070 anni, la Repubblica perse infine la sua indipendenza quando Napoleone Bonaparte il 12 Maggio del 1797 conquistò la città durante la cosiddetta Guerra della Prima Coalizione.

Venezia divenne infine territorio austriaco quando Napoleone firmò il Trattato di Campoformio il 12 Ottobre del 1797. Gli Austriaci presero poi il controllo della città in data 18 Gennaio 1798. Venezia fu successivamente sottratta agli stessi Austriaci dal Trattato di Pressburg del 1805, divenendo parte integrante del Regno d’Italia di Napoleone, ma fu nuovamente concessa all’Austria in seguito alla sconfitta di Napoleone nel 1815, allorchè divenne parte del Regno Lombardo-Veneto controllato dagli stessi Austriaci.

Nel 1848-1849, una rivolta ristabilì per breve tempo una Repubblica, sotto la guida di Daniele Manin. Ma nel 1866, in seguito ai risultati della Terza Guerra d’Indipendenza Italiana, Venezia, con tutto il resto del Veneto, divenne parte integrante del nuovo Regno d’Italia.

LA STRANA ESCLUSIONE DI VENEZIA DALLASECONDA GUERRA MONDIALE

Venezia era ufficialmente parte delle forze dell’Asse dei Dittatori Cattolici Fascisti nella Seconda Guerra Mondiale, tuttavia è stata l’unica maggiore città di tutte le forze dell’Asse a non essere bombardata durante la Seconda Guerra Mondiale, se si esclude la cosiddetta Operazione Bowler che fu, in realtà, una semplice dimostrazione di forza che non durò più di quindici minuti e non fece assolutamente alcuna vittima civile – fondamentalmente condotta per provare che gli Alleati avessero in realtà operato contro le forze dell’Asse ivi dislocate sin dall’inizio della Guerra.

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L’importanza di Venezia in quanto a tesori artistici ed architettonici era molto minore rispetto a quella di numerose città distrutte dai bombardamenti Alleati e dell’Asse durante la Seconda Guerra Mondiale, soprattutto in Germania. Il perchè una città strategicamente così importante venne completamente ignorata nella Seconda Guerra Mondiale non è mai stato adeguatamente spiegato.

L’ANTIPAPA ONORIO III – INFORMAZIONI GENERALI

Nato come Cencio Savelli nell’ambito dalla “onnipotente” famiglia Savelli, sotto il Papato di Clemente III (1187 – 1191) e di Papa Celestino III (1191 – 1198), ricopriva la carica di tesoriere della Santa Chiesa Romana, per poi divenire Cancelliere della stessa tra il 1194 ed il 1198.

Nel 1197, egli fu nominato tutore del futuro Imperatore Federico II, che era stato posto a guardia del Papa Innocenzo III (1198 – 1216) dalla Imperatrice vedova Costanza.

Egli fu elevato alla carica di Cardinale prima del 13 Marzo del 1198, data in cui ottenne il Titulus dell’Incarico Titolare di San Giovanni e Paolo.

Alla morte di Papa Innocenzo, le fazioni che si davano battaglia per la carica Papale erano capeggiate dai Cardinali Ugolino da Ostia (che successivamente divenne Papa Gregorio IX) e da Guido da Praeneste, e, per risolvere le controversie, venne scelto di conferire l’incarico a Cencio come una soluzione compromissoria. Egli fu quindi consacrato a Perugia il 24 Luglio ed incoronato a Roma il 31 Agosto, prendendo possesso del Laterano il 3 Settembre del 1216.

Onorio III è il Papa che riconobbe, dall’alto della sua carica, l’Ordine Dominicano nel 1216 e quello Francescano nel 1223. Egli approvò, in particolare, la Regola di San Domenico nella sua Bolla Papale Religiosam Vitam , datata 22 Dicembre 1216, e quella di San Francesco nella Bolla Papale Solet Annuere del 29 Novembre del 1223 .

Durante il suo Pontificato numerosi ordini terziari vennero inoltre ad esistenza. Egli approvò infatti l’Ordine dei Fratelli Francescani e delle Sorelle della Regola di Penitenza con la Bolla Papale Memoriale Propositi. Il 30 Gennaio del 1226 approvò l’Ordine Carmelitano nella sua Bolla Ut Vivendi Normam. Approvò infine la congregazione religiosa “Vals des Ecoliers” (Vallis Scholaris, la Valle degli Studiosi), che era stata fondata da quattro pii professori dell’Università di Parigi.

Uno dei più importanti degli scritti da lui commissionati fu inoltre il Liber Censuum Romanae Ecclesiae che rappresenta la più importante fonte per rintracciare le posizioni medievali della Chiesa riguardo le proprietà ad essa facenti capo ed in parte opera anche in continuità con quella frode di

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gran successo che è il Liber Pontificalis nello stabilire la leggenda mitica della successione apostolica.

Ma senza alcun dubbio, il suo contributo più noto e raffinato resta senz’altro il più noto dei Libri di Magia Nera mai scritti, ovvero Il Grimoire di Onorio il Grande, in particolare concentrato sulle modalità per la conduzione del sacrificio umano e finalizzato essenzialmente a porre in essere ed affermare il concetto odierno di stregoneria, contemporaneamente fornendo la possibilità di eseguire sacrifici umani ad opera degli ordini religiosi da lui stesso posti in essere, sulla base della colpa legata all’aver condotto attività di stregoneria.

Onorio morì nel Marzo del 1227, a lui successe Papa Gregorio IX.

Lista di Crimini Efferati Commessi:

a) di aver creato una attività illegale al fine di perseguire propositi criminali: che Onorio III abbia approvato e creato l’Ordo Praedicatorum, o Ordine dei Predicatori Domenicani di San Domenico (vedi anche Religiosam Vitam e Nos Attendentes) come un Ordine avente il compito di perseguire le eresie tra le popolazioni esistenti e gestire il pentimento, la tortura o la sentenza capitale per gli eretici. In particolare, per fornire supporto speciale alle unità militari nella caccia e nell’eliminazione degli eretici stessi.

b) di aver creato una attività illegale al fine di perseguire propositi criminali:  che Papa Onorio III (1216 – 1227) abbia deliberatamente scritto e pubblicato uno dei più famosi Libri di Magia Nera, ovvero il Grimoire di Onorio il Grande, concentrandosi in particolare sulle modalità di conduzione del sacrificio umano e fissando per i posteri l’esistenza effettiva della stregoneria; ponendo inoltre a disposizione, tramite il manoscritto stesso, la trattazione delle tecniche da adottare nel sacrificio rituale di feti e bambini, e ciò per soddisfare le abitudini e le esigenze secolari di ricche e benestanti (ma non Sadducee) famiglie nobiliari; che, in aggiunta, tali testi rivelassero alcune pratiche occulte effettivamente praticate dal culto Romano Cattolico, le quali vennero ridefinite al fine di porre in essere un credibile “male” alternativo al Culto Romano stesso e rendere così possibile l’opera dell’Inquisizione tramite il sacrificio umano in pubblico e l’appropriazione indebita delle proprietà degli eretici. Ancora ai nostri giorni, viene creduto che siano stati gli “Ebrei” e non la Chiesa Cattolica Romana ad aver formalizzato l’odierno concetto di Stregoneria e gli stessi testi “satanici” che risalgono al Tredicesimo secolo.

IL CULTO SATANICO VENEZIANO

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Il Culto Satanico Veneziano fu fondato dall’Antipapa Innocenzo III intorno all’anno 1198 durante il suo regno in qualità di AntiPapa e capo supremo del Culto Romano.

Al contrario dei precedenti membri del Culto Romano, Innocenzo III non era un adoratore della Magna Mater (Cibele) e delle antiche divinità oscure della tradizione Vaticana. Al contrario, Innocenzo III introdusse elementi di una religione per molti versi completamente nuova e fondata sulle antiche ed esoteriche conoscenze degli Alti Sacerdoti Sadducei che avevano retto gli antichi templi di Baalbek e di Gerusalemme già 1800 anni prima.

In luogo dell’adorazione di Cibele, i membri del Culto Satanico Veneziano adoravano ed adorano Moloch ed i demoni del mondo ctonio (sotterraneo o infernale).

In particolare, fu il figlio di Innocenzo III, l’AntiPapa Onorio III ad essere strumentale nell’introdurre una liturgia completamente nuova, principalmente tramite il suo “Grand Grimoire” – il primo vero e proprio libro di Stregoneria della Filosofia Occidentale. In effetti, Onorio rappresenta, a pieno titolo, il padre tanto della Stregoneria, quanto dell’odierna Wicca così come della stessa Inquisizione.

Prima della liturgia messa a punto da Onorio e la creazione dell’Inquisizione, in Europa non si era mai sentito parlare di streghe, stregoneria o di qualsiasi concetto alieno riferito alla dannazione delle anime. L’Inquisizione fu inoltre brillantemente concepita per “educare” le persone alle arti nere, alle forze demoniache, ai pentagrammi ed a numerosi altri simboli contemporaneamente pretendendo di combattere e perseguire le cosiddette “streghe”.

BACKGROUND

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A partire dal 360 dopo Cristo, e fino al 532, lo Stato Sarmata di Palestina aveva raggiunto un tale potere ed una tale ricchezza da riuscire a governare e controllare le terre originariamente occupate dagli antichi Regni Ebraici ed i suoi leader proclamavano sè stessi Re di Israele.

A partire dalla morte del carismatico Baba Rabba, nel Quarto Secolo dopo Cristo, le varie famiglie nobili Ebraiche di Stati quali Himyarites (Yemen), Nabatea (Arabia) e Sarmara erano talmente cresciuti in influenza che il più grande di questi Stati, ovvero Sarmara, era divenuto uno degli Stati più ricchi dell’antichità così come la patria di centinaia di migliaia di persone.

L’antica adorazione delle forze oscure – e di Ba’al Moloch in particolare – che caratterizzava la religione Sarmata si era ampiamente diffusa nella regione, ed ora includeva le nuove dottrine fissate grazie a Baba Rabba, ovvero, tra le altre, l’uso della Kippa ed i rituali di devozione quotidiana diretta verso il tempio sul Monte Gerezim.

In ogni caso, tra le più “perverse” innovazioni religiose introdotte da Baba Rabba vi era senza dubbio l’esecuzione pubblica tramite il fuoco – la condanna al rogo, in pratica – di innocenti Ebrei non Sarmati che rifiutavano di convertirsi e di adorare le divinità demoniache degli stessi Ebrei Sarmati. Centinaia di migliaia di persone furono uccise in questa maniera in quell’area. Quando Giustiniano venne proclamato Imperatore nel 527, uno dei suoi primi atti fu quello di proclamare la religione dei Sarmati un crimine capitale punibile con la morte. Fu tale atto, più di qualunque altro, a spingere sempre più le famigli nobili Sarmate a spostare le proprie residenze ed i propri centri di influenza verso la parte Occidentale del Mediterraneo, in particolare durante il regno dell’Alto Sacerdote-Re Julianus Ben-Sabar.

Lo Stato Sarmata e la sua stessa cultura fu infine devastata dall’Imperatore Giustiniano I nel periodo compreso tra il 531 ed il 532 dopo Cristo, così come fu distrutto, in quello stesso periodo, e per l’ultima volta, il fondamentale tempio sacro del Monte Gerezim. Al termine della brutale campagna di Giustiniano, temendo la nuova legge imperiale, nessun componente della famiglie nobili e sacerdotali Sarmate rimase nella propria madrepatria, un evento che rischiò di determinare la quasi estinzione del Culto Sarmata tanto come “religione” ufficiale quanto addirittura come cultura – nonostante la sopravvivenza di alcune migliaia dei componenti di tali famiglie nobili e sacerdotali.

I Samaritani si spostarono quindi, per sfuggire alla minaccia derivante dal potere detenuto in Oriente dal Sacro Romano Impero, in parte nelle zone più Occidentali del Mediterraneo ed in

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parte a Nord e nell’area interna delle montagne del Caucaso, dove vennero più tardi conosciuti come i Kazari. In particolare, le più importanti delle famiglie nobili delle linee di sangue degli Alti Sacerdoti si stabilirono nelle aree paludose collocate sugli estuari del Po e dell’Adige nell’Adriatico Settentrionale, mentre un’altra grande colonia si trasferì sulla costa dell’Armorica meridionale nei pressi della Baia di Morbihan in Gallia (una regione che oggi si trova nell’Odierna Spagna)

Sebbene isolati, i rifugiati Sarmati – non più in grado di dichiararsi ufficialmente tali sotto il crimine capitale posto su di loro dal Sacro Romano Impero di Bisanzio – dimostrarono una rimarchevole coesione. Essi rinominarono sè stessi Etenoi (in greco “i beneamati, i prescelti”) – presto divenendo famosi come commercianti e studiosi.

In particolare, la loro colonia nell’Adriatico Settentrionale fu chiamata – successivamente al cambio di denominazione da Sarmati ad Etenoi (in latino: Veneti) – Venezia, divenendo una delle più famose città della storia.

I SACERDOTI-TIRANNI DEL CLAN “PIETRO” A VENEZIA

La stessa natura geografica legata alla collocazione della città di Venezia si dimostrò ideale per gli esiliati Sarmati, i quali assunsero la carica di Dogi della nuova città, che divenne ben presto un importantissimo centro per gli scambi commerciali. La più potente ed efferata tra le famiglie degli antichi Alti Sacerdoti Sarmati di Venezia era costituita dai componenti del Clan Pietro (più tardi conosciuti come PierLeoni), i quali dominarono la città con il pugno di ferro dall’VIII secolo fino a quando Pietro II Orseolo (1009-1026) fu definitivamente tradito dalle altre importanti famiglie della città e tenuto lontano da Venezia all’inizio dell’Undicesimo secolo, nel periodo in cui il Doge stesso era impegnato in una guerra contro gli Ottomani.

Egli venne in effetti sconfitto dagli Ottomani e costretto alla ritirata, tuttavia con la sua città fortemente fortificata che non gli permetteva l’accesso e gli Ottomani che lo inseguivano non fu in grado di porre sotto assedio la stessa Venezia e riguadagnare il controllo della città.

Al termine di queste peripezie, le navi rimanenti della sua flotta presero infine terra nei pressi di Trieste e Pietro II Orseolo, in seguito alla protratta permanenza in quell’area, dovette scontrarsi con i suoi Soldati-Marinai (marines) con le truppe di Stefano di Ungheria. In tale battaglia, i Soldati-Marinai (marines) “Ebrei” Veneziani sconfissero gli Ungari Cristiani e

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Pietro Orseolo fu incoronato Re di Ungheria già nel 1028. Egli regnò quindi come uno spietato tiranno fino alla sua morte nel 1041. Ad egli successe suo figlio Re Pietro III Orseolo di Ungheria (1041-1047).

Nel 1047, lo stesso Re Pietro III Orseolo di Ungheria fu esiliato, con la sua famiglia, dall’Ungheria, trovando rifugio a Roma. Durante le lotte che si susseguirono tra i legittimi Papi Cattolici e gli AntiPapi del Culto Romano, il figlio di Pietro III Orseolo, il cui nome era Pietro Leone (di qui la famiglia PierLeoni), si dichiarò infine “Cristiano” in maniera tale da poter entrare a pieno titolo nell’enclave del Culto Romano. In ogni caso, resta certo il fatto che tale Alto Sacerdote Sarmata, tra l’altro uno degli uomini più ricchi del mondo antico, rimase un dedito seguace del Culto di Ba’al Moloch.

Nel 1119, questo Alto Sacerdote Ebreo Sarmata riuscì quindi ad ottenere per sè la carica di AntiPapa con il nome di Callisto II (1119-1124), divenendo il primo Papa Ebreo Sadduceo della Storia. Per nascondere tale evento, più tardi, gli storici Vaticani hanno mescolato dettagli della sua vita reale con quella di un altro legittimo Papa della Chiesa Cattolica sostenendo che egli fosse in realtà nato nella Regione della Burgundia.

A Callisto II, successe suo figlio Onorio II (1124-1130) e quindi suo nipote Innocenzo III (1130-1143). Anche in questo caso, come in altri, la storia dei Papi Ebrei Sadducei (Samaritani) è stata cancellata dalla storia, nonostante il loro lascito – persone bruciate sul rogo, adorazione del pentagramma e la stessa eucaristia: tutti elementi da loro stessi per la prima volta introdotti come false dottrine della Chiesa Cattolica.

L’INQUISIZIONE E LA LEGALITA’ DEL SACRIFICIO UMANO

Mentre si ritiene che sia stato Papa Lucio III il primo a fissare l’esistenza dell’Inquisizione tramite la Bolla Papale “Ad Abolendam”, in particolare nella sua forma di struttura legale e morale mirata ad autorizzare il sacrificio umano e la barbara tortura di innocenti, è stato, in realtà, il discendente dei Papi Ebrei Sadducei, in particolare l’AntiPapa Innocenzo III (1198-1216), a rendere l’Inquisizione stessa pienamente efficace ed

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operante, grazie alla fissazione degli  elementi chiave di quest’ultima: le Leggi della Chiesa, l’Inquisitore, l’Accusato, l’Atto (o Offesa), il Tribunale ed il Testimone.

L’Inquisitore, in termini pratici, era un giudice speciale ma permanente che agiva a nome e per conto del Papa ed a cui era concesso dal Papa stesso il diritto-dovere di agire sulle basi delle leggi della Chiesa nei confronti delle presunte Offese rese alla Fede come definite dalle stesse leggi canoniche. Quindi, sulla base del diritto-dovere di agire a tutela della Chiesa, l’Inquisitore aveva – ed ha ancora ai nostri giorni – il potere legale di vita o di morte sull’accusato stesso.

Inoltre, l’accusato era obbligato a presentarsi di fronte all’Inquisitore, ma non doveva necessariamente essere accusato di alcun crimine di eresia a questo punto; tuttavia una volta che il suo nome fosse stato scritto su un documento cartaceo e l’individuo avesse riconosciuto sè stesso con il nome del soggetto riportato nel documento, egli automaticamente cessava di essere una persona e diveniva contemporaneamente una personalità giuridica ed una proprietà legale. Di conseguenza, il fatto stesso di riconoscersi come quell’individuo di fronte all’Inquisitore era sufficiente all’Inquisitore stesso per avere, in base alla legge canonica, il totale controllo sul destino di quella persona.

Le accuse, a quel punto, sarebbero state formalizzate successivamente, se necessario. Ma, il più delle volte, la persona sarebbe stata torturata fino a che qualche tipo di confessione di un crimine previsto dalla legge canonica fosse stata estorta – soprattutto nei successivi secoli, sarebbero state principalmente storie fittizie di streghe e magia ad essere promosse dalla Chiesa per poi utilizzarle per mettere in catene, torturare ed uccidere innocenti, spesso con problemi mentali.

IL PERIODO DI MAGGIOR POTERE DEL CULTO SATANICO VENEZIANO 

Il Culto Satanico Veneziano ha raggiunto il picco del suo potere poco meno di 80 anni fa, durante la Seconda Guerra Mondiale, periodo in cui fu reso effettivo, in particolare ad opera dell’ AntiPapa Pio XII, il più grande sacrificio di innocenti a Moloch della Storia, quando più di 18 milioni di persone furono arse vive in forni crematori tra l’Unione Sovietica e la Polonia.

Gli stessi campi per il sacrificio umano più importanti furono deliberatamente collocati in maniera tale da formare in termini geografici il più grande Pentagramma del Male realizzato nella storia.

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FONDAZIONE

I Gesuiti furono fondati in origine come La Compagnia di Gesù il 15 Agosto del 1534, il giorno dell’ “Assunzione”, nel corso di una cerimonia segreta tenuta nella cripta della Cappella di San Dionigi da Ignazio di Loyola (nome completo Íñigo López de Loyola), Francisco Xavier, Alfonso Salmeron, Diego Lainez, e Nicolás Bobadilla tutti provenienti dalla Spagna, Peter Faber dalla Savoia, in Francia, e Simão Rodrigues dal Portogallo.

La sua costituzione fu approvata da Francesco Borgia, un componente della famigerata famiglia “Borgia”, noti anche come Borja/Borgia, Duca di Grandia, nipote di papa Alessandro VI e patrocinatore di Ignazio di Loyola. Francesco Borgia fu il principale finanziatore ed architetto della progressiva trasformazione dei Gesuiti nel primo ordine di monaci dalle caratteristiche espressamente militari nell’ambito della Chiesa Cattolica. Fu anche promotore dell’emanazione della Bolla papale “Regimini militantis” (27 settembre 1540), ad opera dello strettissimo sodale della famiglia Borgia, Alessandro Farnese, Papa Paolo III, che per primo concesse ai Gesuiti lo status ufficiale di ordine.

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Ignazio di Loyola fu notato per la prima volta dal giovane Duca di Grandia già nel 1529, quando fu arrestato nuovamente dall’Inquisizione in relazione a pratiche estreme di devozione religiosa. Borgia notò del potenziale nella devozione fondata sull’estremismo di carattere militare predicata da Ignazio di Loyola, e nella sua volontà di istituire un ordine di monaci militari. Fu il giovane Borgia che salvò la vita di Ignazio dall’Inquisizione.

Alla morte di Ignazio nel 1557, avrebbe dovuto essere Francesco Borgia a garantirsi  la nomina di secondo Superiore Generale. Tuttavia, le sue ambizioni furono ostacolate in primo luogo dall’arci-nemico Giovanni Pietro Carafa, ovvero Papa Paolo IV (1555-1559). Papa Carafa era sempre stato uno dei più grandi avversari di Papa Alessandro VI Borgia e prontamente nominò Diego Laynez (Jaime Lainez) come Superiore Generale.

Papa Paolo IV morì nell’agosto del 1559 e ad egli successe Giovanni Angelo de’ Medici  (Papa Pio IV). In entrambi i casi, il Superiore Generale dei Gesuiti Diego Laynez si allineò fedelmente alle condotte del pontefice, dimostrandosi praticamente intoccabile.

Tuttavia, quando Papa Pio IV torturò e uccise Benedetto Accolti e altri membri delle famiglie papali successivamente a quello che venne definito un complotto ai suoi danni non coronato da successo, il Cardinale Borgia agì e Pio IV fu avvelenato e ucciso il 9 dicembre 1565. A pochi giorni di distanza, il Superiore Generale Diego Laynez subì la stessa sorte e immediatamente dopo il Cardinale Francesco Borgia fu eletto all’unanimità terzo Superiore Generale.

CARATTERISTICHE UNICHE DELL’ORDINE DEI GESUITI

Borgia rafforzò i già notevoli poteri del Superiore Generale dei Gesuiti, rendendo il potere del proprio ordine superiore a quello di qualsiasi altro nella storia della Chiesa Cattolica.

Anche se in termini tecnici erano da considerare dei monaci, la Costituzione dell’Ordine era unica nel suo genere in quanto esentava i sacerdoti dell’ordine dalla regola della clausura. Al contrario, i monaci Gesuiti erano incoraggiati ad agire “nel mondo”. Soltanto ai sacerdoti Domenicani, che all’epoca operavano come i torturatori a capo dell’Inquisizione della Chiesa Cattolica, erano state in precedenza concesse simili libertà.

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Tuttavia, la Costituzione Gesuita, sin dall’inizio, andò ben oltre, in quanto consentì e addirittura incoraggiò i sacerdoti a non indossare l’abito (l’abito tradizionale del monaco), in maniera tale che fosse più semplice per loro “fondersi” con il mondo.

Borgia si garantì inoltre una Bolla, ad opera di Papa Paolo III nel 1545, che permise ai Gesuiti di predicare, confessare, dispensare i sacramenti e di recitare messa, senza dover fare riferimento a un vescovo – collocandosi quindi con efficacia all’esterno del controllo del clero regionale.

Inoltre, Borgia modificò ulteriormente la Costituzione dell’Ordine Militare dei Gesuiti quando riuscì a permettere il conferimento di una tale quantità di poteri a vantaggio della carica di Superiore Generale dei Gesuiti, da rendere quest’ultimo secondo in termini di influenza solo al Papa. In base alla stessa Costituzione dell’Ordine, a partire dal 1565 (quella che rimane in vigore anche oggi), il Superiore Generale può assolvere i sacerdoti e le nuove reclute da tutti i loro peccati, anche dal peccato di eresia, di scisma e di falsificazione di scritti apostolici. Inoltre, al Superiore Generale, dai tempi di Borgia in avanti, fu attribuito il potere “ufficiale”, in base alla Bolla Papale e alle norme in essa contenute, di annullare sentenze di scomunica, di sospensione o di interdizione, e anche di assolvere sacerdoti Gesuiti colpevoli di omicidio e di bigamia.

Ma uno dei successi più sorprendenti del Superiore Generale Borgia si verificò nell’anno della sua morte, quando garantì al suo ordine, sotto il pontificato di Papa Gregorio XIII nel 1572, il diritto per i Gesuiti di condurre affari nel settore commerciale e in quello bancario – un diritto che non era stato concesso a nessun ordine religioso della Chiesa Cattolica sin dai tempi dei Cavalieri Templari, quattrocento anni prima.

In effetti, sono appunto queste norme contenute nella Costituzione dell’Ordine dei Gesuiti che hanno portato ad attribuire al Superiore Generale il nomignolo di Papa Nero.

I GESUITI E L’ISTRUZIONE

Sebbene sin dalla sua origine l’Ordine Militare dei Gesuiti sia stato concepito per dimostrarsi in grado di condurre missioni rischiose e pericolose di ogni genere, dall’assassinio, alla propaganda, alla falsificazione di documenti e al furto, la loro missione

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principale fu, e resta ancora oggi, l’impegno orientato a sconfiggere tutte le forze che si opponevano e oppongono all’autorità del Papa Cattolico Romano – in particolare il movimento protestante.

Anche nel corso del XVI secolo, la Chiesa Cattolica si impegnò ad ostacolare e controllare il libero commercio e l’accesso all’istruzione tramite la combinazione di diritto pontificio, azione politica, ed utilizzando inoltre occasionalmente la forza. Al contrario, quegli Stati che avevano rigettato la supremazia del Papa, come l’Inghilterra e numerose aree della Germania, della Francia, dell’Est e del Nord Europa, furono libere di perseguire senza ostacoli il libero commercio e scelte indipendenti nel settore dell’istruzione.

Tra le più rilevanti conseguenze della Riforma, la più pericolosa per la Chiesa Cattolica si dimostrò (e si dimostra ancora oggi) l’accesso all’istruzione. E’ per questo che i Gesuiti, in una fase tanto precoce, furono costretti ad adottare una contro-posizione in materia di istruzione. Utilizzando i poteri a loro concessi, in sordina i Gesuiti costituirono nel settore dell’educazione un contro-movimento in opposizione ai protestanti, facendo ricorso  all’inestimabile vantaggio legato all’accesso agli archivi segreti del Vaticano. I Gesuiti si dedicarono a manipolare ogni maggiore fonte di scienza e filosofia agendo contro gli intellettuali protestanti, compresa la sovversione delle loro società segrete.

Le possibilità di reclutamento e la promozione dell’istruzione rappresentarono un vantaggio accessorio per i Gesuiti, in quanto garantirono loro la possibilità di reclutare soggetti di grande talento e rese più graditi i loro servigi in tutto il mondo cattolico. I Gesuiti divennero ben presto noti come l’Ordine dedicato all’eccellenza nell’istruzione all’interno dei paesi cattolici, un concetto perverso considerando che la loro ragion d’essere e la loro struttura in origine fosse stata tipicamente militare.

I GESUITI E I PRIMI SCAMBI COMMERCIALI

Un altro settore in cui i Gesuiti cercarono inizialmente di competere con gli stati protestanti fu quello delle lucrative rotte commerciali. Grazie a Papa Gregorio XIII, i Gesuiti furono l’unico ordine religioso cui fu concesso il potere di condurre transazioni commerciali e bancarie.

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Il Superiore Generale dei Gesuiti Claudio Acquaviva (1581 – 1615) approfittò subito di questa possibilità quando nel 1580 ordinò a Padre Vilela della Compagnia di Gesù (SJ) di acquistare il porto di Nagasaki da un locale signore della guerra giapponese. Il Generale Acquaviva inviò successivamente Alessandro Valignano (SJ) affinchè gestisse la nuova missione commerciale.

I Gesuiti promossero alacremente la crescita del proprio possedimento territoriale, il porto di Nagasaki, che si trasformò in uno dei porti commerciali più redditizi del mondo. La proprietà Gesuita del porto di Nagasaki fornì alla Società un monopolio concreto in riferimento alla possibilità di tassare tutti i prodotti importati che facevano il loro ingresso in Giappone.

I Gesuiti sotto Pietro Claver (SJ) si dimostrarono anche uno strumento essenziale per lo sviluppo del commercio degli schiavi dall’Africa verso il Sud America, da utilizzare nelle miniere d’oro. Furono circa mezzo milione gli schiavi trasportati utilizzando mezzi navali sotto la supervisione di Pietro Claver (SJ). In seguito, i Gesuiti trasformarono Claver da uno dei Signori del traffico di schiavi peggiori della storia nel Santo protettore degli schiavi, colombiani e afro-americani.

Tuttavia, tanto la Spagna quanto in particolare il Portogallo furono profondamente infastiditi dalla crescente ricchezza ed influenza dei Gesuiti, che miravano ad estrarre profitti esorbitanti dal traffico degli schiavi ed alla monopolizzazione del commercio ad essi riconducibile.

In risposta al tentativo dei portoghesi, che cercavano di limitare l’influenza dei Gesuiti in Giappone armando i loro nemici, il Generale Claudio Acquaviva strinse un’alleanza con gli olandesi (protestanti) nel 1595, garantendo una serie di privilegi alle loro navi mercantili e ai loro traffici commerciali. Successivamente alla nuova alleanza, il Parlamento inglese approvò un documento che concesse il monopolio a questo stesso accordo piratesco di carattere commerciale noto come Compagnia delle Indie Orientali, nel 1600.

Nel 1602, il Generale Claudio Acquaviva garantì il suo appoggio ai mercanti dell’Ordine dei Gesuiti al fine di ottenere un accordo ufficiale, in grado di garantire la possibilità di agire in condizioni di monopolio per 21 anni, presso gli Stati Generali dei Paesi Bassi nel quadro dell’appena creata Vereenigde Oostindische Compagnie, o VOC, in olandese, letteralmente, “Compagnia Olandese delle Indie Orientali”.

Utilizzando le competenze esclusive dei Gesuiti nel condurre operazioni bancarie e commerciali, la Compagnia Olandese delle Indie Orientali rappresentò una delle ‘compagnie’ più redditizie della storia grazie al controllo da essa esercitato sul traffico di spezie, schiavi, droghe e relative piantagioni. I Gesuiti ne persero il controllo solo nel 1773 in occasione dello scioglimento del loro Ordine.

LO SCIOGLIMENTO DELL’ORDINE

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Sebbene l’obiettivo iniziale dei Gesuiti, nel quadro del loro coinvolgimento nel settore dei commerci, fosse quello di danneggiare e ostacolare le attività commerciali dei paesi protestanti, furono in realtà le nazioni cattoliche ad esserne le maggiori vittime. Ai danni causati dai Gesuiti, si aggiunse il crescente pericolo riconducibile alle grandi abilità dell’Ordine nel portare a termine omicidi. Ogni volta che un nuovo Re o una nuova Regina veniva assassinato sotto la loro custodia, ciò contribuiva ad agitare le famiglie nobili d’Europa.

Ma furono il controllo assoluto del settore dell’istruzione e la repressione del liberalismo ad opera dei Gesuiti a portare al loro scioglimento. Mentre le nazioni protestanti facevano costanti progressi nel settore del commercio, dell’industria e dell’istruzione, gli stati cattolici continuavano a perdere potere. Spagna, Portogallo, gli stati d’Italia e anche la Francia erano in costante decadenza mentre l’Inghilterra, la Germania, la Russia e altri Stati del Nord Europa crescevano in ricchezza e prestigio.

Nel 1758, il ministro di Giuseppe I del Portogallo (1750-1777), il Marchese di Pombal, espulse i Gesuiti dal Portogallo, e li spedì in massa a Civitavecchia, in qualità di “dono per il Papa”. Nel 1764, anche Re Luigi XV di Francia espulse i Gesuiti.

Fino al 1769, il movimento orientato all’espulsione dei Gesuiti crebbe con tale costanza che vi fu un rischio reale che addirittura le Proprietà del Papa potessero essere prese di mira. Papa Clemente XIII indisse quindi un concistoro, al fine di sciogliere i Gesuiti, che comprendeva l’elaborazione di una Bolla papale che si pronunciasse in questo senso. Ma il 2 febbraio del 1769, la notte prima che la Bolla che stabiliva la soppressione dei Gesuiti fosse promulgata, il Generale Lorenzo Ricci fece assassinare il Papa.

Il suo successore, Papa Clemente XIV, egli stesso istruito dai Gesuiti, operò in maniera più strategica. Nel luglio del 1773, Papa Clemente XIV firmò tuttavia l’ordine “Dominus ac Redemptor Noster” indirizzato a sopprimere i Gesuiti, mentre le loro chiese e i loro beni furono sequestrati tramite una serie di operazioni simultanee. In cambio, al Papa Clemente e allo Stato della Chiesa, furono restituite Avignone e Benevento per “servizi resi” alle Case Reali.

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La repressione colse il Generale Ricci completamente di sorpresa, ma prima che potesse reagire venne arrestato il 17 agosto e imprigionato a Castel Sant’Angelo, a Roma. In ogni caso, il 22 settembre 1774, Ricci riuscì a far assassinare Papa Clemente XIV, che morì all’età di 68 anni. Ricci rimase imprigionato e morì il 24 novembre 1775, dopo 15 anni in carica come Generale.

LA CONTROFFENSIVA DEI GESUITI

La prigionia e la morte di Ricci e la Lettera di Soppressione non portarono la fine che ci si auspicava per i Gesuiti. La Lettera restò valida solo nei paesi in cui fu ufficialmente promulgata (dal locale Sovrano).

Federico di Prussia riconoscendo il valore dei Gesuiti come educatori, rifiutò di promulgare la Breve. Così come Caterina II di Russia proibì la sua promulgazione, per i medesimi motivi. In un primo momento, alcuni dei Gesuiti si trasformarono in tali paesi in sacerdoti di parrocchia e continuarono, come avveniva in precedenza, ad insegnare nei Collegi dei Gesuiti.

Dal momento che in questi due paesi (Prussia e Russia) continuarono ad essere legalmente riconosciuti come Gesuiti, i Padri della Russia Bianca convocarono una Congregazione Generale – la prima nella Russia Bianca. Nel corso di quest’ultima elessero come Vicario Generale il 53enne Padre Stanislao Czerniewicz, il Gesuita a capo della Provincia e Rettore del Collegio di Polotsk.

Stanislao Czerniewicz morì il 7 luglio 1785, e i Padri convocarono la Seconda Congregazione della Russia Bianca per eleggere il successore. Fu eletto Vicario Generale Padre Gabriel Lenkiewicz il 27 settembre.

Due anni dopo la sua elezione, Gabriel Lenkiewicz SJ (Compagnia di Gesù, Society of Jesus – SJ) colse l’occasione per scatenare la sua vendetta ai danni di una delle Case Reali europee che avevano contribuito alla caduta in disgrazia dell’Ordine dei Gesuiti. Re Luigi XVI di Francia, dalla disposizione riformatrice, aveva convocato l’Assemblea dei Notabili – si trattava di un gruppo composto da nobili, da borghesi e da selezionati membri della burocrazia, al fine di aggirare il Parlamento, in quella fase dominato dalle famiglie nobiliari.Al fine di migliorare il tenore di vita dei più poveri abitanti della Francia e porre rimedio al crescente disagio alimentare, il Re chiese l’approvazione all’Assemblea del proprio piano orientato a tassare per la prima volta le famiglie nobiliari e la stessa Chiesa Cattolica. Il piano indignò i Vescovi cattolici e i Gesuiti furono richiamati dalla Russia al fine di fornire assistenza nel

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sovvertire il piano di quel Re ben disposto.I Gesuiti presto sfruttarono il piano del Re orientato ad aggirare quel Parlamento tanto profondamente corrotto, e diedero il via alla stampa di opuscoli e materiale anti-monarchico in base al quale erano le attività del Re ad essere definite contrarie agli interessi del popolo, anche perché  in base alla legge un terzo (il Terzo Stato) del Parlamento francese sarebbe stato eletto dal popolo.Anche in questo caso, sfruttando a proprio vantaggio il desiderio del Re di vedere un effettivo cambiamento, i Gesuiti promossero scontri aperti ed un contro-movimento, sostenendo che fosse il popolo a desiderare il cambiamento, e non il Re. Per porre fine al caos, nel 1791, Re Luigi XVI promulgò una nuova Costituzione in base alla quale la Francia si sarebbe trasformata in una monarchia costituzionale – fornendo per la prima volta libertà politica e democrazia effettiva ed anticipando in questo senso tutte le altre nazioni sul continente europeo.In risposta, Papa Pio VI (1775-1799) ordinò all’Imperatore (del ‘Sacro Romano Impero’) Leopoldo II d’Austria di attaccare il cognato. Nel 1792, i Giacobini, controllati dai Gesuiti, imprigionarono il Re e nel corso dei successivi due anni, durante il cosiddetto “regno del terrore” Gesuita, oltre 40.000 persone furono giustiziate, in massima parte senza neppure un processo.La stessa Rivoluzione non portò inizialmente vantaggi per la causa dei Gesuiti nell’ottica del loro reinsediamento. Fornì invece loro nuova fiducia rispetto alle possibilità effettive di far cadere anche la più antiche delle monarchie, e queste condizioni diedero inoltre origine a quel piano audace mirato ad abbattere il Papa e ad appropriarsi dei tesori della Chiesa Cattolica.In uno dei più grandi depistaggi e falsificazioni della storia, il leale agente gesuita Gilbert du Môtier, Marchese de La Fayette, noto ai più semplicemente come “La Fayette”, non solo abbandonò le sue devote truppe e rinunciò alla sua influenza per nascondersi nell’anonima regione di Liegi, in Belgio, dove fu apparentemente tenuto “prigioniero” per 5 anni. Addirittura La Fayette fu incaricato dai Gesuiti di impossessarsi delle enormi riserve d’oro della Francia e di farle giungere in America.A New York, l’oro francese rubato fu depositato nella Bank of New York (fondata nel 1784) e nella neonata Bank of The Manhattan Company (oggi JP Morgan Chase Bank).

L’agente Gesuita Antoine Christophe Saliceti aveva accuratamente predisposto la carriera del compagno corso Napoleone Bonaparte per diversi anni. Nel 1795, mentre era di servizio a Parigi, Napoleone riuscì a schiacciare una rivolta di monarchici e anti-rivoluzionari ed entrò nelle grazie del nuovo leader del regime Paul François Jean Nicolas, Visconte di Barras (Paul Barras).Successivamente al matrimonio di Napoleone con Giuseppina de Beauharnais, Saliceti si assicurò che a Napoleone stesso fosse concesso il comando dell’esercito francese d’Italia nel marzo 1796, e ordinò di invadere l’Italia, principalmente per catturare il Papa a Roma.Allo stesso tempo, i Gesuiti, utilizzando la Svizzera, costituirono le banche private Darier Hentsch & Cie e Lombard Odier Darier Hentsch, affinchè custodissero tutto l’oro, i tesori e i

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contratti sequestrati durante la campagna.Tuttavia, Papa Pio VI concluse un proprio trattato di pace con Napoleone a Tolentino il 19 febbraio 1797. Fu necessaria l’organizzazione da parte dei Gesuiti dell’assassinio del Generale di Brigata francese Mathurin-Léonard Duphot a Roma, per far sì che Napoleone completasse finalmente il compito a lui affidato ed orientato ad arrestare il Papa. Sei settimane dopo il trasferimento del Papa nelle pessime condizioni tipiche della cittadella di Valence, quest’ultimo morì il 29 agosto 1799.Tornati a Roma, gli agenti del Superiore Generale dei Gesuiti Gabriel Lenkiewicz (SJ) presero visione di tutti i documenti della Tesoreria del Vaticano, con riferimento alle diverse locazioni dell’oro e dei tesori vaticani, spedendoli in Svizzera e presso la banca Darier Hentsch & Cie. In cambio, tale banca continuò per un certo tempo a finanziare Napoleone per le sue ulteriori campagne di conquista.Nel novembre del 1798, Gabriel Lenkiewicz S.J. morì, e il 1 febbraio Padre Franz Xavier Kareu fu eletto Vicario Generale.

RE-INSTITUZIONE E NUOVI ORDINI MILITARI DEI GESUITI

Successivamente alla morte di Pio VI, nel mese di agosto 1799, da prigioniero francese, il Conte Cardinale Barnaba Chiaramonti fu eletto Papa Pio VII, il 14 marzo 1800. Inizialmente in buoni rapporti con Napoleone, con cui aveva stipulato un Concordato nel 1801, partecipò addirittura alla sua stessa incoronazione nel 1804. Tuttavia, nel 1808, fu condotto nuovamente in prigionia in Francia, non a motivo di intrighi promossi dai Gesuiti ma per mano di Napoleone stesso, che aveva deciso di continuare da solo la sua corsa.

Appena la disastrosa campagna russa indebolì a sufficienza il potere di Napoleone, il leader Gesuita Tadeusz Brzozowski (primo Superiore Generale della Restaurazione) si incontrò con Papa Pio VII nella sua prigione nel Gennaio/Febbraio 1814, e si assicurò un accordo con Papa Pio VII orientato a ricostituire completamente l’Ordine Gesuita e alla concessione di nuove terre e di nuovi diritti di sfruttamento in Asia previo accordo: (1) che i Gesuiti avrebbero organizzato il rilascio del Papa contemporaneamente all’arresto di Napoleone (evento che si verificò nel mese di aprile 1814); (2) che i Gesuiti non avrebbero più intrapreso azioni contro i successivi Papi e che avrebbero ribadito il loro giuramento di fedeltà; (3) che il Papa avrebbe ripreso il controllo dei territori pontifici; e (4) che una parte dei fondi sequestrati alla Chiesa Cattolica controllata dal Vaticano sarebbe stata restituita.

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Successivamente, la Società fu ricostituita agli occhi del mondo con la Lettera Papale “Solicitudine Omnium Ecclesiarum”, in data 14 Agosto 1814.

ORIGINI DELL’ORO

Oro, il dio dei Cesari Romani in opposizione al Divino Creatore come riportato nel Nuovo Testamento; il falso dio degli Israeliti (vitello d’oro) in opposizione a Yah; il falso dio dei MenesHeh in opposizione a Sabaoth (Satana); il significato ultimo della ‘G’ nella Massoneria; lo strumento di dannazione all’interno del quale le ‘anime salvate’ grazie all’opera delle banche e dei tribunali condannano i nostri spiriti a partire dal 1543; il devastatore delle civiltà e la causa delle grandi depressioni in qualità di moneta ‘legale’; lo strumento tramite il quale si rendono effettivi gli incantesimi e la follia.

Nessuno strumento ha causato così tante sofferenze, così tante guerre e così tanto dolore. Nessun altro materiale è stato associato a maledizioni tanto numerose. Nessun altro oggetto si è dimostrato materiale tanto pessimo per garantirsi moneta ‘legale’ in relazione all’inconfutabile prova legata al suo utilizzo ad opera di banchieri e mercanti per defraudare, usurpare e far collassare imperi. Eppure, nonostante tutti questi precedenti, incluse le più numerose raccomandazioni ad esso dedicate nelle scritture rispetto a qualunque altro materiale, e ciò con riferimento a più fedi di qualunque altra sostanza, l’oro resta un materiale adorato da centinaia di milioni di persone, soprattutto Cristiani, in assoluta contraddizione e in spregio della loro stessa fede.

Nonostante la sua adorazione, nonostante l’inconfutabile prova storica relativa al pericolo da esso rappresentato, coloro che promuovono l’utilizzo dell’oro, soprattutto come moneta ‘legale’, raramente considerano quella che è stata la sua vera storia, il suo quasi esclusivo ‘possessore’, ed il suo principale lascito nel corso di duemila anni, quale devastatore di culture, e portatore di maledizioni e disgrazie ai danni di coloro i quali da quest’ultimo sono stati incantati. E’ per questa ragione che noi investigheremo la maniera in cui un simile strumento abbia acquisito un potere materiale e simbolico tanto maligno.

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LE ORIGINI RELIGIOSE DELL’ORO

Nonostante tale fatto sia stato cancellato dai libri di storia, le prime miniere d’oro di cui si abbia testimonianza e i primi lavori orafi di carattere artigianale si svilupparono in Irlanda – la fonte di gran parte dell’oro nella fase iniziale e centrale dell’Età del Bronzo. L’Irlanda e soprattutto la prima classe sacerdotale della Civiltà Occidentale, i Cuilliaèan o ‘Holly’ (agrifoglio, I-LEX, holy=sacro), che rappresentano inoltre la fonte e la matrice stessa dell’originario utilizzo in senso religioso dell’oro.

Dato che i Cuilliaèan (Classe Sacerdotale Druidica) esportarono le conoscenze relative al mondo spirituale fino ai più sperduti angoli del mondo a partire dal V secolo AC in avanti, alla stessa maniera anche i loro artefatti in oro vennero considerati come depositari di poteri sovrannaturali. Uno dei più sublimi esempi di lavoro orafo spirituale ad opera dei Cuilliaèan, ancora preservato, è rappresentato dai cappelli da ‘Mago’ (Wizard) o da Vizir (uno di questi è conosciuto come il Cappello d’Oro di Berlino – Berlin Gold Hat) sul quale erano riportate le fasi lunari in estremo dettaglio oltre ad informazioni di carattere astronomico.

LE ORIGINI DELLE MALEDIZIONI ASSOCIATE ALL’ORO

Ai tempi dei Re Hyksos dell’Egitto, esiliati dalla loro un tempo riconquistata Ebla e loro stessi connessi tanto all’Irlanda quanto all’antico lignaggio dei Re-Sacerdoti di Ebla, l’oro come mediatore di carattere sacro assunse un’importanza ancora maggiore. Tuttavia, successivamente all’avvenuta sconfitta dell’ultimo Faraone assoluto Hyksos Akhenaten ad opera dei

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pirati delle paludi del Delta del Nilo, i Menes, questi ultimi presero il potere come la dinastia dei Ramsete e diedero il via ad una progressiva dissipazione ed all’abuso delle enormi ricchezze dell’Egitto, determinando ulteriori difficoltà e danni economici.

Seti, il figlio di Ramsete I, fu protagonista della cattura delle più importanti famiglie che in precedenza dominavano la corte di Akhenaten da Ugarit, e agì per riportarle in Egitto in schiavitù e più non come membri di livello elevato della corte. In ogni caso, ai tempi di Ramsete II, a partire dal 1260 AC, questi esseri ‘sovrannaturali’ che erano sopravvissuti alle piaghe d’Egitto furono obbligati a rubare dalle tombe dei loro precedenti signori, profanando i loro stessi antenati per fondere lo splendido oro degli Hyksos e pagare le stravaganze dei pirati Menes.

Quindi, la maledizione dell’oro cominciò con migliaia di piccoli ‘lingotti’ (bars) che furono coniati come la prima ‘moneta legale’, tutti intrisi di migliaia di maledizioni associate alla profanazione dei Cuilliaèan (Sacri-Holy) Re Hyksos. Da questo punto in avanti, i seguaci di Akhenaten, con la denominazione di Mosè, divennero noti come gli Israeliti o gli ‘impuri/maledetti’.

L’ADORAZIONE DELL’ORO COME UN VERO E PROPRIO DIO

A partire dalla progressiva infusione di milioni di maledizioni nell’oro utilizzato come strumento di ‘moneta legale’ ad opera dei pirati Menes di Ramsete, i quali ordinarono agli Israeliti di ‘fondere’ letteralmente la storia degli Hyksos, tre gruppi avevano assunto il dominio e il controllo dell’oro, ed uno soltanto tra questi si era effettivamente reso immune dalla maledizione dell’oro – i Cuilliaèan; mentre gli altri due gruppi erano costituiti dagli Israeliti e dai pirati che infestavano le paludi, ovvero i Menes (più tardi noti come MenesHeh – Manasse – tra i cui discendenti sono da annoverare i Kazari, i Veneziani, gli Askenaziti, i Sionisti).

Durante la cattività, ai tempi dei Faraoni pirati della dinastia dei Ramsete, gli Israeliti furono il primo gruppo che diede il via all’adorazione dell’oro come propria divinità, nella forma del ‘vitello d’oro’ in aperto rigetto di Yah e del Divino Creatore. Il vitello fu più tardi adottato come falso dio dai MenesHeh stessi.

Tale aperto rigetto in opposizione diretta al Divino Creatore – una sorta di maledizione invertita proclamata contro tutte le creazioni del Divino – trova il suo equivalente moderno nella ‘G’ della Massoneria, e nel più elevato riconoscimento, per coloro che hanno ottenuto lo status di illuminazione, di ‘Gewe’ che la G simboleggia con riferimento al dio dell’oro in qualità di maledizione e di odio viscerale nei confronti del Divino, del mondo e dell’armonia.

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L’adorazione della G nella sua qualità di Simbolo Aureo della Massoneria, che rappresenta inoltre l’incarnazione stessa del Vitello d’Oro, è anche all’origine del Parassitismo (monetario) – una malattia mentale perpetuata tramite il manuale della malattia mentale, noto come Talmud, che continua ad infettare il mondo oggi e che spinge tramite incantesimi gli adoratori dell’oro a distruggere il mondo piuttosto che a salvarlo, a sacrificare le loro stesse famiglie per il loro ‘dio’ terreno.

L’ORIGINE DELLA “MONETA LEGALE” E IL DISTRUTTORE DEGLI IMPERI

Sebbene l’utilizzo dell’oro come valuta e veicolo di ricchezza risalga al tempo dei pirati Menes delle paludi, e quindi ai Faraoni Ramsete d’Egitto, la produzione di oro – e qualsiasi sua associazione con il concetto fittizio di debito – era sempre stata considerata pubblica fino agli eventi che ebbero luogo a Roma tra il 60 e il 62 AC. In effetti, le città stato della Grecia e numerose altre civiltà avevano coniato ed utilizzato monete d’oro come valuta per centinaia di anni in precedenza, lo stesso accadeva per le città della Lidia, senza che ciò causasse depressione economica. Il mutamento di prospettiva in termini storici è rappresentato da ciò che si verificò tra il 60 e il 62 AC a Roma, quando Giulio Cesare tentò di ‘acquistare’ il controllo dell’Impero Romano grazie all’appoggio dei pirati Menes, ormai mercanti e banchieri, che controllavano il tempio di Giunone. In cambio della ‘privatizzazione’ dell’emissione della moneta per conto di Roma, con il passaggio da un conio fondato su ‘metalli vili’ a quello fondato sull’oro, e in cambio della garanzia a favore di questi ultimi legata ad una loro esclusiva e perpetua produzione di moneta, essi furono d’accordo nel finanziare le sue campagne.

Quindi, in effetti, la fase che va dal 60 al 62 AC rappresenta il ‘punto zero’ nell’ottica della creazione di una moneta legale ad opera dei banchieri e mercanti Menes tramite l’acquisizione del controllo di quella che era stata l’emissione pubblica della moneta che veniva ora privatizzata, utilizzando l’oro come incantesimo e illusione. In appena due anni, l’intero Impero Romano fu soggetto ad una grave crisi finanziaria che portò alla guerra civile. Quindi, con la creazione della ‘moneta legale’ – grazie alla possibilità concessa ad una classe di pirati, storicamente privi di coscienza, etica o credo religioso, di controllare la moneta, servendosi dell’oro – l’Impero fu messo progressivamente in ginocchio. Il Tempio di Giunone fu denominato Tempio di Giunone Moneta, ed è all’origine del termine stesso ‘Moneta’ (Money).

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L’utilizzo dell’oro come espediente per guadagnare successivamente il controllo e la privatizzazione dell’emissione della moneta è stato nel tempo consolidato da queste medesime famiglie, e da coloro che a queste sono succedute, ovvero i Kazari/Veneziani/Askenaziti (Nazi – Nasi), ed ha visto innumerevoli imperi imporsi e decadere, a partire da quello Spagnolo, per passare poi a quello Tedesco, Francese, Inglese, ed ora, molto presto, all’Impero Americano della Pax Americana, a partire dal 2011/2012 (se i loro piani non verranno contrastati).

Negli ultimi 300 anni, coloro i quali controllano gran parte dell’oro hanno avviato due specifiche campagne – eliminare la possibilità che privati cittadini possano detenere oro, e rimuovere la possibilità di mantenere riserve pubbliche di oro per eliminare un potenziale fattore di competizione. L’oro è stato quindi ritirato dopo un certo tempo, rimpiazzato da garanzie, e da garanzie fondate sull’elemento cartaceo, fino a vere e proprie valute cartacee. Non appena il debito è divenuto ingestibile, l’oro ha fatto a quel punto il suo ritorno con una funzione diversa, ed è stata utilizzata la povera classe intellettuale e quella della ‘verità e dell’illuminazione’ per promuovere la sua nuova forma di validità.

Questo è esattamente il piano che è stato perseguito dai discendenti dei pirati di mare Menes e dai pirati di terra Kazari ai nostri giorni, nella loro qualità di banchieri e mercanti. I più decisi sostenitori della ‘moneta legale’ oggi non sono rappresentati dalla classe impegnata nel mondo degli affari, da storici o da politici, ma dal movimento che si batte per la verità (truth movement), inopinatamente manipolato dai banchieri come lo è stato sistematicamente ogni 70 anni, come se si trattasse di un orologio, negli anni ’30 del Novecento a livello globale, negli anni ’60 dell’Ottocento in America, negli anni ’90 del Settecento in Francia, e negli anni ’20 del Settecento a Amsterdam e in Germania.

Nonostante il fatto che le famiglie parassitarie di banchieri/mercanti abbiano utilizzato il trucco dell’oro ‘moneta legale’ ripetutamente, e nonostante la questione legata alle prove schiaccianti riferite al fatto che tale accettazione tende semplicemente a rafforzare il loro controllo sui commerci, il movimento che si batte per la verità (truth movement) ai nostri giorni è completamente ipnotizzato, male informato e stregato esattamente come lo è stato in ogni altra occasione sin dai giorni dell’Impero Romano e di Giulio Cesare – di qui il maledetto potere dell’oro.

L’ORIGINE DELL’ORO COME PRIGIONE DELLE “ANIME SALVATE”

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Il 14 Marzo del 1543, i Veneziani completarono la progressiva transizione dalla struttura di potere del Culto Romano alla loro nuova chiesa ed al loro nuovo strumento di potere, la Compagnia di Gesù (Gesuiti), assicurandosi quindi che nè i Medici, nè i loro arci-rivali delle famiglie parassitarie di Genova potessero riguadagnare nuovamente per sè un potere effettivo. Il nuovo sito per tale apparato del Vaticano sarebbe stato la Sacra Rota, la Sacra Cancelleria, mentre il Tesoro e la Sacra Penitenzieria sarebbe stata Londra, in qualità di Tempio della Nuova Gerusalemme, e più tardi gli Stati Uniti, come estensione di tale Tempio.

Nel corso di tale fase, ai Gesuiti fu garantito un ‘diritto’ esclusivo di cui mai si era sentito parlare prima, il concetto legato al riscatto di queste anime ‘perdute’ per la (Santa) Sede (Seggio di San Pietro, Santa Sede, Holy See, See=Sea, Mare) servendosi del concetto di Salvezza, utilizzando Banche e Tribunali (Corti di Giustizia) come parte del loro apparato – e quindi l’assoluta commercializzazione del peccato.

Quale elemento, allora, i Gesuiti considerarono fosse il più adeguato collaterale rispetto alla carne in termini di garanzia e di rendimento riferito a tale nuovo genere di cambiali? A tutti gli effetti, si trattò dell’anima. Ma dove esattamente qualcuno può collocare qualcosa di etereo una volta riscattato, e all’interno di quale strumento tangibile? La risposta era nei Lingotti d’Oro (Gold Bars), ovvero l’origine stessa della denominazione ‘Bar Associations’, le ‘mietitrici di anime’.

‘Bar’ (lingotto, barra) significa ‘barra o bastone di ferro utilizzato per rendere più sicura una porta o un ingresso’. Significa anche ‘regnare con un bastone di ferro (il pugno di ferro)’. Quindi, a questo punto, i Gesuiti controllavano la Sacra Penitenzieria all’interno della quale erano collocati i beni di maggiore valore rispetto a tutti gli altri, le anime dannate all’interno di Lingotti d’Oro (Bars of Gold).

Naturalmente, tali affermazioni potrebbero essere facilmente rigettate quali folli teorie cospiratorie e a sfondo satanico prive di fondamento. Eppure l’oro è rimasto in qualche maniera la base sottostante tutto ciò che si definisce ‘moneta legale’ sin da quel tempo, ripresentandosi sulla scena approssimativamente ogni 70 anni, promosso dal movimento che si batte per la verità (truth movement) e dai patrioti di quel tempo specifico, a loro eterno disappunto successivamente al fatto compiuto.

In ogni caso, una decisa prova di carattere simbolico esiste in riferimento al fatto che il requisito obbligatorio per cui un lingotto d’oro debba essere puro al 999,9 in termini percentuali derivi in realtà dal 666, che rappresenta appunto la cifra che si ottiene dal capovolgimento del 999,9. Di nuovo, tale argomentazione potrebbe essere definita una pura congettura. Eppure ciò che non può essere

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contestato è che l’oro, in qualità di moneta legale, viene definito, in termini che sono i più assoluti possibili all’interno della Bibbia, ed in altri testi, come un abominio, come un falso idolo – eppure è assolutamente supportato e promosso da personaggi che reclamano di seguire gli insegnamenti in essa contenuti – un elemento che prova quindi senza tema di smentita i poteri sovrannaturali associabili a tale strumento di dannazione.

QUANTO ORO E’ STATO MAI ESTRATTO?

Potrebbe sorprendervi, o forse no, sapere come non vi sia accordo unanime in relazione ad esattamente quanto oro sia mai stato estratto, e neppure su quello che in realtà esiste, nè su chi sia a ‘possederlo’ con riferimento all’intero pianeta Terra. Sappiamo che le riserve d’oro ufficiali (pubbliche) ammontino a 30.000 tonnellate di Oro, la singola e più grande struttura preposta al deposito di oro è rappresentata dalla Federal Reserve di New York con circa 5.000 in riserve d’oro ufficiali (pubbliche).

Ci sono poi riserve d’oro private, non dichiarate e non incluse nelle stime totali. La stima internazionalmente riconosciuta operata dalla Barclays Bank ammette come vi siano tra le 24.000 e le 26.000 tonnellate che sono immagazzinate in strutture di deposito private e che circa l’80% dell’oro nel tempo estratto esista in forma di lingotti. Di conseguenza loro stimano che l’oro estratto nel suo complesso ammonti a sole 70.000 tonnellate.

In ogni caso, l’internazionalmente riconosciuto US Geological Survey Department, così come le pubblicazioni relative alla storia delle estrazioni stimano la produzione totale globale di oro, dal 1900 al 2006, in 128.075 tonnellate, per cui la cifra sarebbe di oltre 58.000 tonnellate più elevata, semplicemente nel corso dell’ultimo secolo, rispetto al totale stimato dalla Barclays Bank in qualità di cifra in grado di indicare tutto l’oro che sia mai stato estratto!

Al contrario del settore bancario che sembra sostanzialmente orientato ad abbassare tali stime, l’industria di estrazione sostiene che il totale dell’oro prodotto sia prossimo ad una cifra oscillante tra le 140.000 e le 150.000 tonnellate.

Comunque, se noi prendessimo in considerazione tanto le misurazioni accurate sull’effettiva produzione, quanto i dati storici, a partire dal 1600 fino ai nostri giorni, sarebbero oltre 150.000 tonnellate quelle che sono state prodotte, ciò ad indicare quanto anche l’apparentemente ‘elevata’ cifra di 150.000 tonnellate risulti eccessivamente cauta.

Ad esempio, oltre 3.000 tonnellate di oro sono state trafugate dalle civiltà Americane ad opera degli Spagnoli tra il 1492 e il 1600, quantità stimata in oltre il 40% della produzione totale globale relativa a quel periodo. Tra il 1600 e il 1800, i Gesuiti hanno controllato e gestito le enormi miniere di schiavi della Colombia e del Brasile che si stima abbiano prodotto 3 volte la quantità di oro trafugata nel corso dei genocidi perpetrati ai danni delle civiltà Americane.

La stima più accurata, che tiene conto di tutte le documentazioni, di tutti i dati storici, e della storia delle tecniche di estrazione mineraria, e delle diverse aree minerarie, è che una cifra intorno ai 200.143 tonnellate sia la più vicina a quella dell’oro effettivamente mai prodotto/estratto.

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DOMANDA TIPICA ED UTILIZZO DELL’ORO AI NOSTRI GIORNI

La produzione media globale di oro nel corso degli ultimi 10 anni si attesta attualmente intorno alle 2.300/2.500 tonnellate all’anno. Attualmente i tre maggiori produttori di oro nel mondo sono il Sud Africa (24%), l’Australia (16%) e il Canada (8%).

Se facciamo riferimento alla domanda globale media, tale domanda globale si è attestata intorno ad una cifra tra le 3.800 alle 4.000 tonnellate all’anno, delle quali l’81% viene utilizzato nell’ambito del settore della gioielleria, il 10% dal settore industriale ed il 9% in forma di lingotti (settore dell’investimento al dettaglio – retail investment).

Tale consumo più elevato di oro rispetto alla quantità prodotta ha portato alcuni analisti a ritenere che il prezzo dell’oro sia destinato a salire ulteriormente negli anni a venire.

PERCHE’ TALE DISCREPANZA?

E’ difficile ricostruire le ragioni per cui tali massicce ed ovvie discrepanze continuino a sussistere per ridurre deliberatamente la dimensione totale dell’ammontare totale di oro dalle 200.000 e oltre tonnellate, a meno di 70.000 tonnellate.

Una ragione ovvia è quella legata al tentativo di mantenere elevati i prezzi dell’oro. Fino a quando la produzione (offerta) sarà più bassa della domanda, e fino a quando i mercati forniranno una percezione legata ad una quantità di riserve limitata, gli operatori di mercato e i proprietari di oro potranno tranquillamente fare richiesta di prezzi esorbitanti.

Una seconda ragione, più difficile da provare, potrebbe essere rintracciata nell’esistenza di proprietari/possessori di enormi quantitativi d’oro, che si trovano in una posizione finanziaria talmente favorevole da avere tutta l’intenzione di mantenere tali enormi riserve private di oro lontane da qualsiasi possibilità di rendicontazione, per ottenere vantaggi di carattere strategico, politico e finanziario.

I Russi, ad esempio, si ritiene detengano numerose tonnellate di oro in termini di riserve private, che sono impossibili da verificare effettivamente. In ogni caso, quando facciamo riferimento alle stime ufficiali, stiamo parlando, in termini di discrepanza riferita alle stime sull’oro, di una cifra ammontante a circa 50.000 tonnellate (quasi 1000 miliardi di $) che sono semplicemente mancanti e non rendicontate.

1/4 dell’oro del mondo non è che semplicemente scompaia. Coloro che detengono riserve private possono sottrarne una porzione dalla circolazione, ma nel tempo quest’ultima tornerebbe in circolo e potrebbe essere tracciata. E neppure vi sono singoli dittatori in grado di avere il potere o gli apparati necessari per ricorrere a tali pratiche.

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LE RISERVE IN ORO DETENUTE DAL VATICANO E DAL LORO PADRONE PARASSITA VENEZIANO 

Il maggiore e singolo detentore di lingotti rispetto a qualsiasi altra organizzazione nel corso dei trascorsi 1.000 anni è, ed è sempre stato, il Culto Romano che controlla la Chiesa Cattolica.

La Chiesa Cattolica Romana controlla approssimativamente 60.350 tonnellate d’oro, due volte la dimensione delle riserve ufficiali totali di oro di tutto il mondo, o approssimativamente il 30,2% di tutto l’oro mai estratto/prodotto. A prezzi correnti, è possibile stimare il valore di tali beni che costituiscono il più grande tesoro della storia dell’umanità in oltre 1.245 miliardi di dollari statunitensi ($).

Ai nostri giorni, la Chiesa Cattolica Romana è tornata a numeri che l’hanno condotta nuovamente ad una posizione dominante nel settore dell’oro di cui non si era testimoni dalla caduta del Sacro Romano Impero (intorno al 1100), fase in cui controllava poco meno del 30% dell’oro complessivamente presente nel mondo.

Per la maggior parte dei trascorsi 1.000 anni, la Chiesa Cattolica ha assunto una posizione dominante che gli ha permesso di controllare i mercati dell’oro a livello mondiale, in relazione al fatto di aver posseduto oltre il 50% di tutto l’oro, ed in una posizione talmente dominante, a partire dal XIV secolo fino a  giungere al XVII secolo, da controllare oltre il 60% di tutto l’oro mai estratto.

Tale tesoro nella sua totalità è stato suddiviso tra numerose riserve dichiarate ed altrettanto numerose riserve non dichiarate. Soltanto il 20% delle riserve d’oro totali sono immagazzinate tramite ‘partiti terzi’ in riserve ufficiali, la maggiore riserva dichiarata è rappresentata dalla Federal Reserve Bank, seguita dalle riserve presenti in Italia, Svizzera, Germania e Francia.

Questo è il Tesoro che una volta ancora verrà utilizzato per riguadagnare il controllo del mondo servendosi del ‘mascheramento’ in base al quale ci si orienterebbe a salvare il mondo tramite la ‘moneta legale’ nel 2011/2012, a meno che persone di buona volontà non vengano risvegliate dall’incantesimo lanciato dai banchieri e dal loro oro.

Fonte: http://www.one-evil.orgTraduzione: Heimskringla

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