Condominio sostenibile e certificato_novembre 2013

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I PRIMI MESI DI RIFORMA DEL CONDOMINIO SOTTO LA LENTE DEGLI AMMINISTRATORI. CHE SONO DELUSI PERCHÉ... RIVOLUZIONE ORA ASCENSORI: LA SCELTA PIÙ ADATTA DELL’INVERTER SECONDO ELTI SMART CITY L’EUROPA CHIEDE DELLE CASE INTELLIGENTI SICUREZZA LE SOLUZIONI ANTI INTRUSIONE DI GEWISS E DIERRE PERIODICO DI INFORMAZIONE DEGLI AMMINISTRATORI CONDOMINIALI Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 NE/TN - Virginia Gambino Editore - Viale Monte Ceneri 60 - Milano ANNO 1 - NUMERO 1 NOVEMBRE 2013 www.condominio.it

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i primi mesi di riforma del condominio sotto la lente degli amministratori.

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Periodico di informazione sulla gestione degli immobili

Anno 1 - Numero 1 - Novembre 2013Direzione, Redazione, Abbonamenti,

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Direttore responsabile / PublisherVirginia Gambino

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Luigi Clementi, Ferdinando della Corte, Gaia De Lorenzi, Federico Della Puppa,

Veronica Monaco, Sofia Marsigli, Santina Muscarà, Arianna Pace

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SOSTENIBILE, CERTIFICATO & INTELLIGENTE

F ateci caso: l’economia è come una matrioska, una cosa sta dentro l’altra. Se lo Stato è gestito male, i cittadini si comportano male. Se le imprese sono dirette in modo inefficiente, i dipendenti lavorano peggio. E se il condominio, che nel suo insieme muove l’1,1% del Pil non funziona, anche il Paese perde colpi. Non è esagerato sostenere, quindi, che amministrare bene uno stabile contribuisce a salvare l’Italia (oltre che a far star meglio chi ci abita, ovvio). Questa conside-

razione si riflette su quello che è il lavoro degli «amministratori delegati» delle abitazioni. Far funzio-nare finanziariamente e nella gestione un condominio non è un rifugium peccatorum, un passatempo di chi non ha trovato di meglio da fare nella vita. Questa percezione è un vizio tutto italiano, indotto dalla opinione che l’amministratore di condominio sia un dopolavorista, che dedica solo il suo tempo libero al funzionamento dei beni abitativi comuni. È arrivata l’ora, invece, che la categoria sia considerata per quello che è: manager al servizio dell’azienda-condominio. Professionisti tenuti a promuovere, control-lare e dirigere le attività che sono connesse con il loro ruolo. Il risultato del loro lavoro, poi, è sottoposto al giudizio dei soci, pardon, dei condomini. Proprio come in un’azienda quotata in Borsa il ceo, il chief executive officer, presenta i suoi risultati al consiglio di amministrazione, dalle spese, ai lavori eseguiti, fino alla scelta dei fornitori. Questo giornale, Condominio SoStenibile e CertifiCato, si ripromette di contribuire a cambiare l’opinione che colloca il lavoro in condominio tra le attività residuali. Perché non è vero che lo sviluppo dell’edilizia sarà legato in modo imprescindibile solamente alla pesante ristrutturazione dell’esistente, alla rottama-zione e alla ricostruzione radicale del patrimonio immobiliare. La manutenzione e la sostenibilità sono altrettanto importanti. Il nostro obiettivo è fare cultura in materia condominiale, con notizie e opinioni che saranno a disposizione di tutte le componenti vicine al condominio: dai singoli nuclei proprietari, alle imprese di manutenzione fino, naturalmente, agli amministratori. Il nostro vuole essere un modo nuovo di affrontare i problemi partendo dalle soluzioni tecnicamente ed economicamente più valide per migliorare la qualità della vita nei condomini e, di conseguenza, nelle nostre purtroppo spesso invivibi-li città. Proprio per questo oltre le rubriche di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale abbiamo previsto spazi fissi sulle innovazioni tecnologiche, la domotica, l’ecosostenibilità, gli aspetti legati alla convivenza. Perché, per parafrasare le parole di Henry Ford, quello che fa bene al condominio fa bene all’Italia. l

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Prove (fallite) di rivoluzione PaG 8Le novità della riforma che coinvolge milioni di persone: l’amministratore non può rappresentare, come delegato, il condòmino in assemblea, i professio-nisti possono essere revocati e...

riforma al botox PaG 12L’esperto di condominio Umberto Anitori commenta le novità e attacca: questa legge è solo un maquillage e provoca una gran confusione

una svolta in condominio PaG 14I cambiamenti della riforma sotto l’occhio degli esperti negli incontri organizzati dal mensile «YouTrade»

Professionisti troPPo delusi PaG 16Capacità mortificate. Confusione. Interpretazione dubbia del testo. La nuova riforma sconcerta gli addetti ai lavori. Che chiedono di cambiare

caos caldo tra le reGole PaG 18 C’è troppa incertezza tra codici e codicilli della riforma. E Ferdinando della Corte, avvocato esperto di diritto condominiale, spiega le contraddizioni sul riscaldamento autonomo

ascensori, tecnoloGia in risalita PaG 20 L’inverter consente precisione di fer-mata a tutti i piani serviti, un aumento del comfort di marcia e un risparmio energetico consistente sulla bolletta elettrica, intorno al 30%

l’efficienza che conviene PaG 22L’approccio di Italian Solar Infocenter presentato in un convegno a Padova

bisoGna rizzare le antenne PaG 24Le nuove abitazioni dovranno essere sempre più intelligenti, saper comuni-care ma anche risparmiare. Lo vuole la Ue, ma anche il buonsenso.

se la casa ha le stelle PaG 26Idea: attribuire agli stabili una valuta-zione come quella degli Hotel, asse-gnata con le stelle da uno a cinque. Ci prova Starpiù

sicurezza, tecnoloGia come chiave di volta PaG 28Dierre e Gewiss: l’elettronica che aumenta la capacità di resistere a un tentativo di intrusione

a ristrutturare ci si GuadaGna PaG 30L’installazione di pannelli fotovoltaici e pale minieoliche (dove è possibile) potrebbe azzerare anche i costi di energia elettrica

ti teleriscaldo ma te lo sPieGo PaG 34A Seregno i condomini con il nuovo servizio risparmiano circa il 20-30% in bolletta. Ma dopo aver ascoltato l’amministratore

all’asciutto e Più sicuri PaG 35I passi giusti per evitare infiltrazioni d’acqua dai terrazzi secondo L’esperto di Naici: bisogna analizzare il supporto su cui si dovrà intervenire

terremoto: quelle crePe dentro di noi PaG 36in viaggio nei territori dei terremoti italiani. Per raccontare un Paese che sa rinascere nonostante gli errori.

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RubRicheeditoriale Sostenibile, certificato e intelligente PaG 5

domande & risPoste I quesiti risolti da Umberto Anitori PaG 48

La foto top: il condominio più pazzo del mondo

Prove (fallite)

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L’amministRatoRe di condominio non può RappResentaRe,come deLegato, iL condòmino in assembLea. i pRofessionisti possono esseRe Revocati in quaLsiasi momento e...

Le novità

di Stefano Lavori

U n’attesa lunga anni. Fiumi di inchiostro. Polemiche a non finire. E, ovviamente, una marea di suggerimenti.

Alla fine, però, la rivoluzione in condominio sembra uno di quei capi di vestiario fallati, che si acquistano a poco prezzo in fab-brica. Sembrano uguali agli altri, ma hanno una manica più corta, un bottone che manca, una scuci-tura. Alla fine, il risultato si vede: indossare un abito elaborato, ma difettoso può risultare peggio che quello acquistato nel grande magazzino. La stessa cosa per la riforma: a sentire gli addetti ai lavori ha alcune innegabili novità ma, allo stesso tempo, è piena di difetti. Certo, si potrà correggere: ma quanti anni ci vorranno?Fatto sta che il 18 giugno è entrata in vigore la legge 220 dell’11 dicembre 2012 e con quella bisogna fare i conti. Al di là delle polemiche, le novità non mancano: dal numero limite di condomini previsti affinché sia valida un’assemblea, alla nuova disciplina sulle parti in comune, con le nuove maggioranze previ-ste per cambiare destinazione. Oppure, ancora, sono nuovi i quorum richiesti per l’instal-lazione di pannelli solari. E il mandato dell’amministrato-re diventa biennale, scatta il divieto di dare il via a lavori di manutenzione straordinaria senza copertura preventiva dei costi, arriva l’obbligo del conto corrente condominiale, si potrà chiedere all’amministratore di stipulare una polizza assicurativa ad hoc o di dotare lo stabile di un proprio sito internet. Infine, ora è necessario tenere una sorta di anagrafe condominiale, con i dati relativi agli appartamenti e al numero di occupanti. Ecco alcuni L

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dei cambiamenti introdotti.

Rappresentanza Con la riforma è stato introdotto un limite al numero di condomini che possono essere rappresentati in assemblea da una stessa per-sona. Infatti, se i condomini sono più di 20 il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore propor-zionale, ossia 200 millesimi.

DelegatiNessun limite riguardo alla quali-tà della persona che può ricoprire il ruolo di delegato: il condomino può farsi rappresentare da un parente, da un amico o da un avvocato.

AmministratoriL’amministratore di condominio non può più rappresentare, come delegato, uno o più condomini in assemblea. La legge con questo articolo intende porre fine all’an-noso problema del conflitto d’in-teressi. Non tutti sono d’accordo, ma ora all’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a «qualun-que» assemblea.

RevocaLa posizione dell’amministratore è in mano agli «azionisti» dello stabile. Il professionista, infatti, può essere revocato in ogni tem-po dall’assemblea dei condomini. Secondo le nuove norme, la revo-ca può essere decisa con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500 millesimi (sia in prima che in seconda convocazione), oppure con le modalità eventualmente previste dal regolamento. Non solo: l’amministratore può essere revocato anche dal Tribunale. Questo può avvenire su ricorso di ciascun condomino, se l’ammini-

stratore non rende il conto della gestione annuale. La differenza sta nel fatto che prima della riforma era richiesto il manca-to rendiconto per due anni. La revoca, è abbastanza scontato, può intervenire anche se ci sono fondati sospetti di gravi irregola-rità. In passato la legge, invece, non prevedeva ipotesi di «gravi irregolarità».

Peccati capitaliOra esiste un elenco preciso di mancanze che comportano la revoca dell’amministratore: l’o-messa convocazione dell’assem-

Le novità

PROvE (fALLITE) DI RIvOLuzIOnE

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PROvE (fALLITE) DI RIvOLuzIOnE

È stato introdotto un limite al numero di condomini che possono essere rappresentati in assemblea da una stessa persona. E per cambiare destinazione a una parte comune. Serve il voto favorevole dei quattro quinti dei partecipanti al condominio, per almeno i quattro quinti del valore dell’edificio

Ora esiste un elenco preciso di mancanze che comportano

la revoca del responsabile dell’amministrazione dello

stabile. Per esempio, l’omessa convocazione dell’assemblea

per l’approvazione del rendiconto condominiale

“blea per l’approvazione del ren-diconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge, la mancata esecuzione di provvedi-menti giudiziari e amministrativi, o di deliberazioni dell’assemblea, la mancata apertura ed utilizza-zione del conto corrente condo-miniale, l’inottemperanza agli obblighi previsti di tenuta dei registri condominiali e la manca-ta consegna, al condomino che ne faccia richiesta, dell’attestazione relativa allo stato dei pagamenti

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degli oneri condominiali e delle liti in corso.

Parti comuniLa legge stabilisce la maggioran-za e le formalità necessarie per cambiare destinazione a una parte comune. Serve il voto favorevole dei quattro quinti dei partecipanti al condominio, in rappresen-tanza di almeno i quattro quinti del valore dell’edificio (almeno 800 millesimi). La precedente normativa non faceva riferimento esplicito al cambio di destina-zione, per il quale era richiesta generalmente l’unanimità.

Procedure Attenzione alla forma: la leg-ge regola anche le cose da fare perché gli atti e le decisioni siano considerati regolari. La convo-cazione dell’assemblea che può decidere modifiche alla destina-zione di parti comuni, per esem-pio, deve rimanere affissa per non meno di 30 giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi destinati. Inoltre, deve essere affiancata da una lettera raccomandata o da un messaggio di posta elettronica. La comunica-zione deve pervenire almeno 20 giorni prima della data di convo-cazione. La convocazione, infine, deve indicare, pena nullità, le par-ti comuni oggetto della modifica e la nuova destinazione d’uso.

ContiNovità anche per quanto riguarda i bilanci. La riforma introduce anche nuove modalità di rendicon-tazione (articolo 1130 bis del Co-dice civile), applicabili ai bilanci degli esercizi iniziati a partire dal 18 giugno 2013. Arriva anche la responsabilità patrimoniale (arti-coli 63 e 67 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile), che si applicheranno alle obbligazioni sorte dopo il 18 giugno scorso. l

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Pillole di cambiamento: sono tante le novità contenute nella riforma che è ufficial-mente entrata in vigore lo scorso giugno (tra molte

polemiche e qualche perplessità). Proviamo a riassumere i principali cambiamenti.

Convocazione Per prima cosa, gli amministratori devono fare attenzione alle regole per la convocazio-ne: la nuova versione del

Codice civile impone l’avviso con raccomandata, Pec, fax o consegna a mano. E chi continua a utilizzare l’avviso a voce rischia di incappare nei ricorsi avviati dai condòmini dissenzienti o assenti.

Assemblee Le assemblee devono tenere conto dei nuovi limiti alle deleghe, che devono per forza essere date in forma scritta

(niente telefonate dell’ultimo minuto agli assenti) e non possono più essere affidate all’amministratore, per nessun tipo di votazione. Inoltre,

negli edifici in cui i condòmini sono più di 20, ogni delegato non può rappresentare più di un quinto dei comproprietari e del valore dell’e-dificio (vale a dire 200 millesimi). Una norma che potrebbe complicare parecchio le cose negli edifici più grandi, con effetti paradossali dove un unico soggetto possiede più di 200 millesimi.

Decisioni Nelle assemblee, è più semplice far passare le decisioni ordinarie. Finora, infatti, è stato necessario raccogliere i voti di un

terzo dei partecipanti al condominio che rappresentino almeno un terzo del valore dell’edificio, espresso in millesimi. Adesso, anche se rimane il limite di un terzo del valore, basta il voto favorevole della maggioran-za dei presenti. Questo dovrebbe semplificare il raggiungimento del quorum, soprattutto nei grandi pa-lazzi dove la partecipazione è tradi-zionalmente scarsa e ci sono alcuni proprietari che possiedono diversi alloggi (anche se per la validità della seduta dovranno comunque esserci

almeno un terzo dei condòmini).

Amministratore La nomina dell’amministratore è nulla senza accettazione. Prima non era richiesto nulla, mentre ora deve aggiun-

gersi la presentazione da parte del professionista del proprio compenso analitico. L’obiettivo è aumentare la trasparenza e la concorrenza, ma per questo i preventivi dovrebbero essere presentati prima della deli-berazione e strutturati secondo voci confrontabili, cosa che spesso non avviene.

Assicurazione Al momento dell’incarico, l’assemblea può anche pretendere che l’amministratore sia assicurato: in pratica, la

nomina è subordinata, volendo, alla presentazione ai condòmini di una polizza individuale di responsabilità civile per gli atti compiuti nell’e-sercizio del mandato. E i massimali dovranno essere adeguati se nel corso del suo mandato l’assemblea delibererà dei lavori straordinari. l

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Con la riforma, anche se rimane nelle riunioni il limite di un terzo del valore, basta il voto favorevole della maggioranza dei presenti. Questo dovrebbe rendere semplice raggiungere il quorum, soprattutto nei grandi palazzi dove la partecipazione è più scarsa

La riforma del condominio

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Page 13: Condominio sostenibile e certificato_novembre 2013

QuALchE PILLOLA cOn LE nOvITàbasta teLefonate ai condomini peR soLLecitaRLi a paRtecipaReaLL’assembLea. ed è più sempLice faR passaRe Le decisioni

L’amministratoreDeve avere diploma delle superiori, polizza professionale e seguire corsi di formazione

RinnovabiliImpianti installabili con la maggioranza degli intervenuti e almeno 500 millesimi

RiscaldamentoDiritto di distacco da quello centra-lizzato se non ci sono aggravi di spesa per gli altri

Parti comuniDestinazione d’uso

modificabile con l’ok dell’80%

di condòmini e millesimi

MorosiL’amministratore

può chiedere il decreto

ingiuntivo entro sei mesi

dal consuntivo

Che cosa cambiaScale e ascensoriMetà spesa suddivisa in base al valore millesimale. L’altra metà in base al piano

AssembleaPer la seconda convocazione serve un terzo dei condòmini e dei millesimi

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L’esperto di condominio Umberto Anitoriè criticosulle nuovenorme che regolano la gestionedegli stabili

LA RIfORMA AL bOTOx

di Santina Muscarà

R ivoluzione o ritocco? Cambio epocale o ag-giustatina? Hard rock o serenata alla luna? La riforma del condominio

divide. Qualcuno definisce le nuove normative condominiali una sorta di botox legislativo. Altri fanno notare che, in ogni caso, è una legge che si attendeva da settant’anni. Nella squadra degli scettici è iscritto l’esperto Umberto Anitori: «La definirei un maquillage della legge già esi-stente perché mi sembra che sia-

no state prese in esame le sentenze di Cassazione significative che ci sono state nel corso degli anni e siano state inserite nella nuova legge. Insomma, per chiamarla riforma ci si attendeva qualcosa di più». Bocciatura quella di Anitori che, in gran parte, si deve a quello che manca nel testo legislativo. «Per esempio, gli adeguamenti di legge obbligatori per gli immobili devono essere sempre sottopo-sti all’assemblea dei condomini che, però, può non approvare il preventivo, indipendentemente da ciò che pensa l’amministratore, la-sciando così il condominio in uno

stato di incertezza e i condomini senza tutele. Io credo sia grave che il legislatore su questo aspetto non sia intervenuto, soprattutto perché questa prassi vale anche per tutte le innovazioni correlate al risparmio energetico, alcune delle quali obbli-gatorie per raggiungere gli obiettivi europei». La figura dell’amministratore di condominio e gli aspetti sociali del-la riforma, inoltre, suscitano rifles-sioni più ampie. L’amministratore di condominio, in un certo senso, è il primo mediatore sociale perché la casa è la prima cellula della vita sociale, subito dopo la famiglia. «Ecco perché dovrebbe avere potere su ogni tipo di intervento», sostiene Anitori, «anche se ci sono situazioni difficili da valutare, come nei casi in cui l’amministratore viene a conoscenza dai condomini di mancanze o trasgressioni del re-golamento all’interno di un condo-minio e non ha modo di verificare la veridicità dei fatti». Tutti aspetti che non sono contemplati dalla legge. Un altro appunto riguarda la «possibilità dell’assemblea con-dominiale di chiedere all’ammini-

L’espeRto di condominio umbeRto anitoRi attacca: questa Legge è soLo un maquiLLage. e pRovoca una gRan confusione

Norme & Realtà

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Il vero problema nella amministrazione dei lavori

nasce al termine: come posso adeguare la polizza nel 2013

se poi dovrò affrontare le spese nel 2015?

stratore di inserire nella propria polizza di responsabilità civile professionale il nome dello stabile amministrato, per poterla adegua-re a eventuali lavori straordinari. Forse il legislatore ha confuso la polizza fideiussoria e la polizza di responsabilità civile professionale dell’amministratore», obietta l’e-sperto. «Invece, la responsabilità professionale è una cosa, la gestio-ne del denaro è un’altra. Il vero problema, nella amministrazione dei lavori, però, nasce al termine: come posso adeguare la polizza nel 2013 se poi dovrò affrontare le spese nel 2015?». Angoli ciechi che non mancheranno di suscitare polemiche. Così come la polizza globale dei fabbricati, che non è obbligatoria in tutti gli stabili. «La nuova legge ha reso obbligatoria l’apertura dei conti correnti in tutti i condomini, anche in quelli che hanno solo 3mila euro di spese all’anno e che potrebbero farne a meno. Questo vuol dire che se oggi la metà dei condomi-ni italiani ha un conto corrente bancario, ci sono ancora circa 500mila conti correnti da aprire

dal prossimo giugno e 500mila conti per 150 euro di spese per ognuno si traducono in 75 milioni di euro per le banche e tolti alle famiglie». La riforma, infine, sembra fare confusione tra ordini di grandezza, visto che non viene specificata alcuna distinzione tra i diversi condomini: «Bisognerebbe distinguere quelli piccoli, con una o due decine di unità immobiliari e quelli grandi, composti anche da cento unità immobiliari», obietta Anitori. Il nuovo codice prevede, inoltre, la possibilità a richiesta dell’assemblea di creare un sito internet del condominio. Ma anche in questo caso la mancanza di distinzione tra tipologie di con-domini non aiuta: «Bisognerebbe rendere obbligatoria l’apertura del sito web ai grandi condomini per agevolare le comunicazioni e, invece, per esperienza personale posso testimoniare che alcuni piccoli condomini si sono già dati da fare per richiedere l’apertura, mentre quelli grandi no», rende noto Anitori. Anche il web, in-somma, sembra mettere in crisi la legge. l

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Gli incontriorganizzatida «YouTrade»sul tema della riformadel condominiohanno vistoun’ampiapartecipazionedi pubblico

unA SvOLTA In cOnDOMInIO

di Arianna Pace

L e nuove regole sul con-dominio, se non saranno boicottate, risultano una vera svolta. Tanto che il titolo Rivoluzione

Condominio non è stato eccessi-vo per la tavola rotonda organiz-zata nei mesi scorsi dal mensile YouTrade. Obiettivo: riunire per un confronto senza rete ammini-stratori condominiali, proprietari e associazioni di categoria. Tema della discussione: il nuovo modo di amministrare gli stabili, che nasce dall’introduzione delle nuove norme apportate dalla legge 11 dicembre 2012 n. 220, quella che va sotto il nome di «Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici», in vigore dal 18 giugno. In con-

dominio, com’è noto, cambia tutto, a partire da una gestione più efficiente per ridurre le spese e rispettare i parametri imposti dalle leggi europee. Un cambia-mento epocale, che si è riflesso nel dibattito coordinato lo scorso 22 marzo a Milano e ripetuto in versione sintetica il 17 aprile a Seregno (Monza Brianza), dalla giornalista del Tg1 Francesca Grimaldi. Animatori dell’incontro sono stati l’esperto di condominio Umberto Anitori e il docente di economia dell’Università Iuav di Venezia, Federico Della Puppa, che hanno tenuto sapientemente le fila del dibattito in qualità di principali relatori. A cui si sono aggiunte proposte e suggerimenti concreti da parte di Fabrizio Bernacchi, responsabile didattico di Eu-

i cambiamenti deLLa RifoRma sotto L’occhio degLi espeRti negLi incontRi oRganizzati da «youtRade»

rosatellite; Rosario Calabrese, presidente nazionale Unai; Renato Calì, segretario nazionale Adicon-sum; Antonella Giraudi, consulen-te Assoedilizia; Rosaria Molteni, vice presidente nazionale Anaci; Andrea Tolomelli, vice presidente nazionale Alac; nonché dai parte-cipanti all’evento. «Dall’incontro sono nati molti nuovi spunti positivi», ha com-mentato Anitori, che ha sottoline-ato come gli incontri siano stati un’occasione per porre domande, esporre considerazioni persona-li e trovare risposte. Soluzioni che, ora, si possono trovare nel libro edito da Virginia Gambino Editore Condominio Sostenibi-le, presentato in occasione del convegno, che si pone come guida per la manutenzione e la messa a norma del patrimonio esistente. l

Sotto la lente

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PROfESSIOnISTI TROPPO DELuSI

di Sofia Marsigli

«Non vogliamo essere i secondini di una casa-car-cere». Se si porta fino all’estremo

il disagio della categoria degli amministratori condominiali, c’è anche questo. Perché, per certi aspetti, il rapporto si avvicina a quello tra controllore e control-lati, piuttosto che tra gestore e utenti che si affidano a un professionista. «Non si sentiva la necessità di una notifica della normativa esistente in materia condominiale, ma di una rivalo-rizzazione della figura dell’am-ministratore di condominio e di una ridefinizione dei suoi poteri», è la prima obiezione di Rosario Cala-brese, presidente dell’Unai. «L’amministratore, ai sensi dell’artico-lo 1710, è il primo padre di famiglia. E nell’articolo 1126 ha la funzione di punto di riferimento del condominio, di colui che grazie alla sua formazione, preparazione e capacità di porsi al di sopra delle parti, è in grado di fare le scelte migliori nell’in-teresse di tutti. Nell’articolo 1133, inoltre, all’amministratore è addirittura concessa la possi-bilità di emanare disposizioni determinati. Con la riforma, però, questo potere è oscurato dall’assemblea condominiale e oggi il singolo condomino ha la possibilità di convocare l’as-

semblea da solo, senza rispettare l’articolo 66». È un rischio, secondo Calabrese, perché ci sono condomini prepa-rati e aggiornati, anche grazie alle associazioni di categoria, ma nella maggior parte dei casi si tratta di proprietari poco informati e, soprat-tutto, aggressivi con l’amministra-tore, considerato un nemico. «Bisogna invece partire dal presup-posto che l’amministratore è il por-tavoce di tutti i condomini, colui che agisce nel loro interesse e nel quale si può riporre fiducia. Insom-ma, se l’obiettivo era regolamenta-re la figura dell’amministratore la legge non ci è riuscita», commenta il presidente dell’Unai. La confusione che rischia di

confondere anche il ruolo stesso dell’amministratore. Eppure, no-nostante le polemiche, il profes-sionista di condominio resta «colui che sa come affrontare i problemi perché conosce la situazione dello stabile che amministra e perché è costantemente aggiornato», com-menta la consulente di Assoedilizia Antonella Giraudi. «Oltre alle problematiche quotidiane, l’ammi-nistratore è capace di proporre le

soluzioni migliori per investimenti lungimiranti, come quelli inerenti il risparmio energetico. Questo è il suo compito: saper fornire indica-zioni sulle decisioni condominiali da intraprendere. Certo, oggi la situazione economica non consente sempre di ottenere le delibere che si vorrebbero e spesso il condomi-nio non crede nell’investimento a lungo termine, quindi risulta difficile per l’amministratore farsi ascoltare. Eppure è un esperto con una preparazione specifica, soprat-tutto grazie alle associazioni di categoria. Anche se bisogna saper scegliere bene l’associazione a cui fare riferimento», mette in guardia Calabrese. «Per quanto riguarda

la formazione, per esempio, l’amministratore deve avere una preparazione poliedrica, ma senza diventare una specie di tuttologo: ci sono competen-ze riservate ai tecnici di riferi-mento. L’ammi-nistratore deve piuttosto essere un consulente,

che capisce quando è il momento di intervenire».

toRNA iN gioCo LA RegoLAmeNtAzioNeGià, ma come giudicare la profes-sionalità? Torna in gioco l’argo-mento della regolamentazione della categoria, «un’attività che an-cora non viene riconosciuta a tutti gli effetti e che non è controllata da un’autorità, ma dal condominio

capacità moRtificate. confusione. inteRpRetazione dubbia deL testo. La nuova RifoRma sconceRta gLi addetti ai LavoRi. che adesso chiedono di cambiaRe

Presa diretta

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Page 19: Condominio sostenibile e certificato_novembre 2013

Bisogna partire dal presupposto

che l’amministratoreè il portavoce

di tutti i condomini, colui che agisce nel loro

interesse e nel quale si può riporre

la propria fiducia

stesso», lamenta Renato Calì, segreta-rio nazionale Adiconsum. «L’aggior-namento tecnologico e il risparmio energetico sono grandi battaglie che comportano scelte che devono essere tecnicamente assistite. Inoltre, neces-sitano di valutazioni preventive alle quali la mentalità del condominio non è abituata: è un classico sostituire la caldaia quando si rompe e non prima che arrivi all’usura. È qui che l’ammi-nistratore dovrebbe avere il potere di intervenire, ma l’attuale riforma non

affronta questi aspetti». «In Italia abbiamo un problema serio: su 393mila amministratori di condo-minio, solamente 4.700 ricoprono questo ruolo all’interno di un’atti-vità primaria di reddito». Insomma, sono professionisti a tutti gli effetti. Inoltre, non c’è modo di sapere se gli amministratori siano davvero informati a dovere oppure no, ecco perché «la legge dovrebbe prevede-re degli obblighi specifici in questo senso», conclude Giraudi. l

Adesso la situazione economica non consente sempre di ottenere le delibere che si vorrebbero e spesso il condominio non crede nell’investimento a lungo termine, quindi risulta difficile per l’amministratore farsi ascoltare

PROfESSIOnISTI TROPPO DELuSIcapacità moRtificate. confusione. inteRpRetazione dubbia deL testo. La nuova RifoRma sconceRta gLi addetti ai LavoRi. che adesso chiedono di cambiaRe

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Page 20: Condominio sostenibile e certificato_novembre 2013

di Ferdinando della Corte*

Bocciata. Ma non senza ammettere che la nuova legge sul Condominio è un cambiamento per alcuni aspetti simile a una rivoluzione. Che, come spesso accade, finisce per sovrap-porre aspetti migliorativi ad alcuni sconcertanti incongruenze. Per esempio, riguardo all’articolo 1118 del codice civile, quello che riguar-da la gestione e i diritti delle parti comuni. Parola di avvocato.

P otremo valutarne la por-tata effettiva soltanto tra qualche anno, ma sin d’ora risulta evidente che la riforma non è un semplice

ritocco di facciata. Le novità sono numerose, alcune incisive, altre probabilmente rivoluzionarie. Che poi la riforma sia stata realizzata in maniera oculata, coerente con l’inte-ro sistema del diritto condominiale, credo che nessuno lo possa sostene-re a ragion veduta. Molti nodi non sono stati sciolti, mentre ne sono stati creati di nuovi, dei quali non si sentiva alcun bisogno. Al fine della massima chiarezza tengo a precisare subito che il mio giudizio complessivo sulla riforma è negativo.La riforma ha preso le mosse

dal giusto e sentito intento di mettere finalmente mano a una materia tanto importante, ingessata da oltre 70 anni da un pugno di vecchie norme. Ma l’insipienza del legislatore ha portato a un testo confuso, contrad-dittorio, per alcuni aspetti lacunoso, per altri ridondante, in altri ancora inapplicabile. Anche il nuovo testo dell’articolo 1118 codice civile è censurabile. Il primo comma oggi recita: «Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non di-sponga altrimenti, è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene». Quindi, è stata cambiata la frase «sulle cose indicate dall’ar-ticolo precedente», mutata in una più semplice «sulle parti comuni», ed è stata sostituita la terminologia desueta «piano o porzione di piano» nella più corretta espressione «unità immobiliare». Pertanto, le modifiche apportate al primo comma costitu-

iscono delle

semplici, ma opportune precisazioni, che comunque non hanno alterato il precetto normativo, riguardo al quale non è mai superfluo evidenziare che il «diritto (...) sulle parti comuni» non vuol dire, come continuano a credere molti condomini, che una maggiore caratura millesimale dia diritto a utilizzare in misura maggio-re i beni comuni o ad avere diritto a spazi maggiori nel locale garage. L’uso delle parti comuni è pari tra tutti i condomini, indipendentemente dalle rispettive quote millesimali.La caratura millesimale determina la misura della partecipazione al formarsi della volontà collegiale in assemblea e la quota di contribuzio-ne alle spese per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni e l’erogazione dei servizi. Ben più incisive le modificazioni ap-portate con i due commi successivi.Il vecchio testo dell’articolo era composto da due soli commi. Il se-condo recitava : «Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione». Oggi il secondo comma si è scisso in due commi distinti. Il nuovo secondo comma molto seccamente dispone: «Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni».

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probabilmente rivoluzionarie. Che poi la riforma sia stata realizzata in maniera oculata, coerente con l’inte-ro sistema del diritto condominiale, credo che nessuno lo possa sostene-re a ragion veduta. Molti nodi non sono stati sciolti, mentre ne sono stati creati di nuovi, dei quali non si sentiva alcun bisogno. Al fine della massima chiarezza tengo a precisare subito che il mio giudizio complessivo sulla riforma è negativo.La riforma ha preso le mosse

desueta «piano o porzione di piano» nella più corretta espressione «unità immobiliare». Pertanto, le modifiche apportate al primo comma costitu-

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Ben più incisive le modificazioni apportate con i due commi successivi.Il vecchio testo dell’articolo era composto da due soli commi. Il se-condo recitava : «Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione». Oggi il secondo comma si è scisso in due commi distinti. Il nuovo secondo comma molto seccamente dispone: «Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni». IM

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Il condomino può rinunciare all’utilizzo se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini

Il terzo comma invece recita: «Il condomino non può sottrarsi all’ob-bligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobi-liare, salvo quanto disposto da leggi speciali». La prima osservazione è l’errore del legislatore di non essersi ricordato (o non sapere) che l’artico-lo 1138 cc indica come inderogabile soltanto il 2° comma dell’art. 1118.

ContraddizioniRimane certo e immodificato l’ele-mento centrale del precetto normati-vo dell’articolo 1118 cc, vale a dire la irrinunciabilità del bene condo-miniale da parte del condomino. Rimane non risolta la questione se una norma contrattuale del regola-mento possa legittimamente esentare un condomino dal dover contribuire alle spese. Riporto per comodità il dato testuale del nuovo 4° comma dell’art. 1118 c.c. « Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centraliz-zato di riscaldamento o di condi-zionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’im-pianto e per la sua conservazione e messa a norma».

Conflitto di normeForse per la fretta di licenziare comunque una normativa sull’argo-mento, il legislatore ha fatto come uno studente non preparato che utilizzi freneticamente la funzione copia-incolla senza avere la piena conoscenza della materia su cui met-te le mani. Difatti con la norma in esame il legislatore riteneva di aver «tradotto» in legge alcune importanti pronunce della Corte di Cassazio-ne e così di aver risolto l’annosa questione del distacco dall’impianto centralizzato del riscaldamento, autorizzandolo. Il problema è che le ha «tradotte» male, ma soprattutto ignorando bellamente le direttive eu-ropee, la normativa statale e le leggi regionali sulla materia, da anni tutte volte a impedire/vietare il distacco del singolo a favore della scelta dell’impianto termico centralizzato con la termoregolazione e contabi-lizzazione del calore, sul semplice quanto pacifico presupposto che una caldaia centralizzata consuma netta-mente meno di dieci o più caldaiette a gas unifamiliari.

il D.P.R. 2 aprile 2009 n. 59Questo decreto «vieta nei palaz-zi residenziali con più di quattro appartamenti la trasformazione di un riscaldamento centralizzato in tanti impianti termoautonomi». Ora è pur vero che il distacco è ipotesi parzial-mente diversa dalla trasformazione, ma è altrettanto vero che alla fine più distacchi determinano di fatto se non una trasformazione comunque una duplicazione di sistemi di riscal-damento all’interno del medesimo edificio e ciò in palese contrasto con «la filosofia del decreto (..) che la trasformazione da centralizzato a termoautonomo non sia affatto opera di risparmio» ( Avv. Carlo Patti). Quindi la legge licenziata dal Senato il 20 novembre 2012 va nella direzione esattamente opposta a quella della normativa interna vigente, sia statale che regionale, la quale però trova la sua scaturigine in quella europea. Resta poi da capire che fine faranno le leggi regionali che, in applicazione encomiabile delle direttive europee, hanno già di-sciplinato la materia in modo ancora più vincolante.

La derogabilità della norma Lo scopo era quello di risolvere un problema annoso e fonte inesauribile di controversie. A mio avviso, lo scopo è stato fallito completamente. Dopo l’entrata in vigore della nuova normativa sarà ancora valido quanto già sappiamo: è legittima oggi e lo sarà anche in futuro la norma con-trattuale contenuta nel regolamento di condominio che vieti il distacco del condomino dall’impianto di riscaldamento centralizzato. In più di un’occasione tecnici valenti hanno avuto modo di affermare che un

impianto centralizzato di riscalda-mento creato e tarato per tot unità immobiliari non possa funzionare in modo altrettanto efficace in caso anche di un solo distacco. Ne consegue che sempre un distacco dall’impianto centralizzato determini uno squilibrio di funzionamento. Ma ammettiamo che ciò invece sia possibile. Con l’auspicio che prima o poi quel «derivano» divenga un più corretto «derivino», l’utilizzo della parola «notevoli» dimostra come il legislatore non abbia imparato dagli errori degli anni passati. «Notevoli» è un aggettivo. È come dire bello o brutto.È una valutazione astratta, oltremo-do soggettiva. l

*Avvocato specializzato in diritto con-dominiale e delle locazioni, e presidente Collegio probiviri nazionale della Anaci (Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari).

cAOS cALDOtRoppa confusione: un espeRto di diRitto spiega peRché non è Lecito RendeRsi autonomi daLLa caLdaia

Condominio SC-19

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TEcnOLOgIAIn RISALITA

di Luigi Clementi*

L a maggioranza degli ascen-sori installati in Italia sono azionati a una o due velocità attraverso motori elettrici a corrente alternata industria-

le da 220 o da 380 volt, pilotati da un quadro di manovra a una o due velocità. Il motore elettrico asincrono è la macchina rotante più diffusa al mondo, trasforma l’energia elettrica d’ingresso in energia meccanica in uscita che attraverso l’argano e le

relative funi, permette il movimento verticale della cabina dell’ascenso-re a velocità fissa ai vari piani del condominio. Con l’azionamento tradizionale a una sola velocità que-sto movimento verticale può essere arrestato al momento dell’arrivo al piano di destinazione in modo molto brusco, con l’intervento del freno meccanico, che non permette una regolazione della velocità, del livel-lamento e della precisione di fermata ottimali.Un miglioramento delle prestazioni

Risparmio energetico sugli ascensori: la scelta dell’inverter

in livellazione e precisione di fer-mata è stato possibile con l’aziona-mento a doppia velocità: dagli anni Settanta si è sviluppata e diffusa questa tipologia, che comunque non garantisce la livellazione e la precisione di fermata necessaria per evitare incidenti dovuti alla forma-zione dello scalino tra la soglia di piano e la soglia della cabina.Dagli anni Novanta l’avvento dell’inverter ha allargato il campo di applicazione dei motori elettrici asincroni, consentendone l’appli-cazione anche all’azionamento dell’ascensore. Variando la frequen-za e la tensione di uscita del quadro di manovra, che pilota il motore con l’inverter, si ottiene una regolazione perfetta della velocità del motore in tutti i momenti, dalla partenza, al viaggio, all’arrivo preciso al piano.Nel mondo ascensoristico è stata portata una autentica rivoluzione, tanto che ogni nuovo impianto che si installa a fune ha l’inverter che rego-la la velocità del motore, che potrà essere asincrono oppure sincrono a magneti permanenti, come negli ascensori room-less senza locale macchinario.L’applicazione dell’inverter per pilotare l’ascensore provoca molti vantaggi ma anche alcuni possibili inconvenienti (vedi box). Ma alcuni accorgimenti possono evitare effetti collaterali. Per esempio, applicando filtri che li eliminano quasi comple-tamente.

Le caratteristicheLa scelta dell’inverter va effettuata seguendo specifiche caratteristi-che note ai costruttori di quadri di manovra ed alle aziende ascensori-stiche a cui spetta la responsabilità di tale scelta. La durata di vita di un inverter o vita tecnica dell’inverter dipende dai componenti di potenza, ma soprattutto dal suo raffredda-mento, ovvero dalla vita della ven-tola utilizzata allo scopo. Pertanto, l’inverter va installato in un armadio con un adeguato ricambio d’aria e in un ambiente con un efficiente ricam-bio d’aria, per mantenere l’inverter a temperature ragionevoli, al di sotto di 40 gradi. Altro elemento impor-tante è la corretta parametrizzazione che si effettua durante l’installazione di accoppiamento con il motore da pilotare, da parte del tecnico installa-tore. Se si rispettano questi accor-gimenti tecnici possiamo aspettarci una durata di vita di almeno dieci anni. l

*Direttore tecnico Elti

L’inverter consente precisione di fermata a tutti i piani serviti, un aumento del comfort di marcia e un risparmio energetico consistente sulla bolletta elettrica, intorno al 30%. A patto di scegliere bene

Si risparmia se si sceglie beneVantaggi1 Perfetta precisione di fermata a tutti i piani serviti.2 Aumento del comfort di marcia senza accelerazioni e decelerazioni brusche in partenza e in arrivo.3 Risparmio energetico consistente sulla bolletta elettrica, che si calcola intorno al 30%.4 Riduzione della corrente di avviamento e quindi della potenza installa-ta dalla rete con minore sensibilità alle variazioni della rete di alimenta-zione5 Minore riscaldamento del motore.6 Minore stress meccanico dell’argano, delle funi e di tutte le parti mobili dell’ascensore.

Svantaggi1 I sistemi elettronici interni dell’inverter generano degli impulsi ad alta frequenza (dai 4 ai 16 khz) che producono irradiazioni di onde radio nell’ambiente attraverso i cavi di alimentazione del motore, quindi questi cavi devono essere sempre schermati lungo il loro percorso dal quadro di manovra al motore che viene alimentato.2 Impulsi al motore nei picchi di potenza che potrebbero bucare l’isola-mento del motore.

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di Federico Della Puppa

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non si considera una sfera del tutto particolare: quella che offrono gli incentivi del governo in materia di ristrutturazioni e riqualificazione energetica. Unico caso, forse, in cui il denaro impiegato si traduce subito e nel tempo in un costante profitto. Quasi come fosse un acquisto di obbligazioni, con l’interesse che matura a scadenze determinate.Vantaggi che sono stati al centro di un incontro organizzato lo scorso 14 giugno a Padova, con l’obiettivo di presentare le iniziative di Italian Solar Infocenter, azienda inno-vativa che opera nel campo delle energie rinnovabili. Il convegno, intitolato «Ristrutturare per rispar-miare», ha presentato a cittadini, imprese e soggetti pubblici le opportunità che offre il conteni-mento dei consumi energetici. Che, oltretutto, migliora la qualità della vita con ambienti più salubri, che salvaguardano la salute e la

vita delle persone. Al centro della discussione è stata la proposta di trasformare la propria abitazione da ambiente energeticamente dispen-dioso a produttore di energia. E questo grazie agli incentivi gover-nativi prorogati fino al 31 dicembre 2013, che hanno visto aumentare la soglia di detrazione per l’efficien-tamento energetico al 65%. Come fare? Semplice, bisogna partire dal-la valutazione delle soluzioni tecni-che e dalla analisi della fattibilità e sostenibilità economico-finanziaria degli interventi. Il sistema delle detrazioni, infatti, consente oggi di operare nella propria abitazione azzerando i consumi energetici con investi-menti che, se valutati finanziaria-mente nel tempo, sono in grado di essere più competitivi dell’acquisto di Bot. Il risparmio in bolletta, in sostanza, libera risorse oggi bloccate per l’acquisto di energia e consente di realizzare gli interventi di efficientamento e ristrutturazio-ne, recuperando il 50% o il 65% dei costi in dieci anni grazie allo sconto fiscale e, soprattutto, dal decimo anno in poi, quando l’inter-vento si è ripagato, di guadagnare. In questo modo si rende attivo un

consumo che oggi, invece, è una voce passiva. I temi sono stati affrontati anche con il contributo di esperti econo-mici e tecnici. E, in particolare, dell’architetto di Friburgo Mein-hard Hansen, partner di Italian Solar Infocenter. L’azienda ha avviato in questi mesi sul territorio delle province di Padova e Treviso importanti collaborazioni con studi professionali, alla ricerca di una sinergia operativa di filiera oggi sempre più richiesta dal mercato. Un’altra tematica molto interessan-te discussa al convegno è quella riferita alla salubrità interna degli alloggi e alla necessità di investire su sistemi di miglioramento della ventilazione delle abitazioni per abbassare l’insorgere di muffe e di altre patologie che uno scarso ricambio d’aria genera e che ha conseguenze negative per la salute. Al convegno, infine, tra gli altri sono intervenuti Piero Ruzzan-te, deputato (Pd) alla Camera, il sindaco di Padova, Ivo Rossi, il presidente di Ater Padova, Flavio Frasson, il presidente della Camera di Commercio di Padova, Roberto Furlan, e il presidente di Treviso Tecnologia, Vendemiano Sartor. l

L’appRoccio di itaLian soLaR infocenteR pResentato in un Recente convegno a padova

Imprese & Innovazione

A fianco, l’architetto di Friburgo Meinhard Hansen (in piedi). A destra, due impianti di ItalianSolar Infocenter

22-Condominio SC

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di Fabrizio Bernacchi*

Q uesto articolo vuole intro-durre una serie di schede che potranno costituire un vademecum per il costruttore, il progettista,

l’amministratore di condominio e, non ultimo, per l’utente finale. Ogni scheda sarà composta da una sezione esplicativa, una sezione tecnico-applicativa, una normativa, una che illustra costi e vantaggi di una particolare soluzione impianti-stica che risponde a una particolare esigenza del condominio. Una guida pratica, fonte di informa-zione e formazione, utile per fare chiarezza su questo turbinare di proposte tecnologiche, che troppo spesso genera solo con-fusione negli operatori coinvolti e nei cittadini.

Smart Building in Smart CityLe linee direttive che dovran-no guidare l’evoluzione eco-nomica europea nei prossimi anni coinvolgono essen-zialmente aspetti energe-tici e di comunicazione elettronica integrata nei vari aspetti applicativi. Per esempio, se parliamo di sviluppo intelligente della città, questo può essere pensato come coinvolgimento di due macro-aree: pubblica e privata.Infrastrutture «intel-ligenti» direttamente legate a responsa-bilità pubbliche possono essere, per esempio, reti di di-stribuzione elettri-

ca, acqua, gas; gestione della rete viaria, traffico,

trasporti pubblici; reti di comunica-zione pubblica; sistemi di sviluppo aree topologiche coerenti; abitazioni ed edifici «intelligenti» legati, da un lato a responsabilità pubblica, ma principalmente a responsabilità di tipo «privato».

Smart HouseUn’abitazione intelligente dovrà essere in grado, quindi, di vivere con il minore impatto energetico (impronta ecologica) possibile, ma consentire applicazioni necessarie alla vita quotidiana coordinate nella loro funzionalità attraverso una integrazione tecnologica. Il concetto di «integrazione tec-nologica funzionale» si sviluppa attraverso la possibilità di comuni-cazione tra i sistemi coinvolti. La comunicazione digitale deve essere capace di collegare tra loro aree tecnologiche diverse: energetica (efficientamento e utilizzo di fonti rinnovabili), telecomunicazioni (broadcast e broadband), automa-zione (di edificio e di appartamen-to). Dal punto di vista realizzativo ci si riferisce a impianti di tipo elettrico, elettronico e di comunica-zione (Eec) e di tipo No-Eec, quindi di riscaldamento e raffrescamento, impianti igienici, distribuzione gas. L’approccio tecnologico integrato dovrà naturalmente coinvolgere un’attività di progettazione che si concretizza tramite coordinamento tra competenze strutturali, impian-tistiche e di servizio sia in caso di nuove costruzioni che in sede di ristrutturazione di quelle esistenti.

Comunicazioni di servizioDunque la comunicazione digitale diviene un aspetto portante della nuova abitazione. Bisogna, per esempio, terner conto della gestione dei sistemi tecnologici (come posso pilotarli?). Della possibilità di controllarli (come posso veri-ficare il loro comportamento e la

Smart City

Le nuove abitazioni dovRanno esseRe sempRe più inteLLigenti. Lo vuoLe L’unione euRopea, ma anche iL buonsenso. paRoLa di un espeRto

Smart City

bISOgnA RIzzARE LE AnTEnnE

A fianco, la classifica delle città più «intelligenti» secondo lo Smart City Index

Page 27: Condominio sostenibile e certificato_novembre 2013

loro efficienza?). Della necessità di coordinarli nella loro interazione con l’ambiente nel quale devo-no operare (la generazione di un comfort termico può prescindere dalla misurazione della temperatura esterna?). E, infine, della necessità di coordinarli nella loro interazione con l’abitante (sia in senso indivi-duale che comunitario).Le risposte a questi bisogni saranno tanto più esaustive quanto più riu-sciranno a sviluppare efficienza di comunicazione tra sistemi tecnolo-gici, con gli utilizzatori (utente) e con l’ambiente esterno all’edificio (città). Ecco, quindi, come i pro-cessi comunicativi vanno a definire il grado di «intelligenza» dell’in-tero sistema abitazione a livello di singola unità abitativa, a livello condominiale comunque inserito in un contesto urbano.

Certificazione La strutturazione di «schemi di cer-tificazione» è stato uno dei principa-li obiettivi che l’Unione Europea ha individuato nel processo di integra-zione di energia da fonti rinnovabili negli edifici e anche nell’impian-tistica generale dell’edificio. La certificazione che oggi definisce la classe di efficientamento a cui un immobile appartiene, secondo la normativa attuale, prende in consi-derazione le tipologie di impianti tecnologici esistenti, il loro livello di efficienza energetica, il grado di integrazione possibile e il livello di espandibilità nel tempo possibile.

Principi guidaUna delle maggiori difficoltà per intraprendere la strada di innova-zione necessaria delle infrastrutture di impianto riguarda gli immobili esistenti. Per interventi parziali di ristrutturazione su immobili esi-stenti sarà importantissimo pensare ciascun intervento come parte di un «sistema unico» e non a compar-timenti stagni creando nel tempo una possibile convergenza con gli altri impianti tecnologici presenti nuovi o vecchi che siano. Bisogna sviluppare quanto più possibile un sistema di comunicazione integrato che costituirà la piattaforma por-tante di gestione di tutte le applica-

zioni tecnologiche dell’immobile e rendere indipendente la realizza-zione dell’impianto necessario dalla singola applicazione o dal singolo provider terzo rispetto al condo-mino o al condomino. Ancora: è necessario eliminare quanto più possibile la confusione tra impian-ti e apparati pensando strutture polivalenti, che non interferiscano tra loro e studiando soluzioni a cablaggio semplificato, che porte-ranno sicuramente vantaggi a livello funzionale e soprattutto di manuten-zione nel tempo.Insomma, è imprescindibile legare la costruzione e la ristrutturazio-ne di qualunque immobile alle esigenze di efficienza energetica, integrazione impiantistica (a livello condominiale e di singola unità abitativa), approccio progettuale integrato (a livello di team). Nel caso di ristrutturazioni, bisogna seguire una filosofia di convergenza e semplificazione impiantistica, di garanzia certificata (nella funziona-lità e nella sicurezza).L’obiettivo è percorrere assie-me questa logica di innovazione tecnologica, che potrà divenire da un lato una modalità condivisa di approccio, una risposta aderente alle direttive europee e nazionali, ma soprattutto un aiuto al miglio-ramento della qualità della vita del cittadino attraverso l’abbattimento di barriere architettoniche e tecnolo-giche volte al superamento di quel digital divide che rischia di creare cittadini di prima o seconda serie poiché vivono in immobili più o meno digitali. l * Consulente di gestione aziendale, esperto di domotica

Barcellona capitale a novembreLa capitale mondiale delle smart cities è Barcellona. Nella città catalana si terrà dal 19 al 21 novembre una nuova edizione dello Smart City Expo World Congress. Proprio l’evento che ha si-gnificato la consacrazione di Barcellona come polo leader per le città intelligenti. Sono attesi oltre 7mila visitatori provenienti da 82 Paesi (tra cui 3.055 delegati), 319 relatori e 140 aziende espo-sitrici si sono date appunta-mento per affrontare le sfide che le grandi città dovranno affrontare nel prossimo futuro.

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Condominio SC-25

Sopra, il progetto di una zona cablata a Barcellona

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condominio, Starpiù si impegna nella creazione di una rete di negozi in franchising sul territorio nazionale che si pongano al servizio dei con-domini come un punto di riferimento informativo: «I condòmini potranno così, soprattutto i decision maker, essere sempre informati sulle novità e prendere decisioni consapevoli riguardo al proprio condominio», continua Savi. «I primi due store sa-ranno aperti a Milano e Roma entro i prossimi sei mesi».

ClassificazioneMa, tornando alle stelle, la classifi-cazione permetterà sia di individuare immediatamente i servizi presenti in un condominio, sia di invogliare i condomini a fare scelte che valoriz-zino la propria proprietà immobiliare e che migliorino la qualità di vita. Con il supporto del Politecnico di Milano, Starpiù sta portando avanti questo obiettivo e, per un’incredibi-le casualità, il Sistema Analitico di Valutazione degli Immobili su cui si basa la classificazione a stelle, altro non è che l’acronimo del cognome del suo ideatore, Savi. l

dalla gestione del verde alla riquali-ficazione e «per il prossimo futuro ci aspettiamo di arrivare a 12 soci. Ci stiamo allargando, inoltre, al settore dell’antincendio domestico e vorrem-mo dotare le singole abitazioni di sistemi di sicurezza semplici da usare e alla portata di tutti, come il defibrillatore», continua l’imprenditore. «Ovviamente non può mancare la formazione, che può essere associata ai singoli condomini e a persone specifiche all’interno del condominio, che si stanno affermando sempre di più, come la badante condominiale che si prende cura dei bambini o degli anziani. Inoltre, puntiamo su servizi come il wi-fi condominiale o, allargandoci, l’orto in comune e la creazione di spazi condivisi-bili che uniscano i condomini in base alle proprie passioni».

tutti insiemeInsomma, l’idea dello stabile come luogo di litigi si allontana per fare spazio a un nuovo modo di vivere insieme, trovando forme di collaborazione che portano a soluzioni migliori. Oltre al

SE LA cASA hA LE STELLE

Idee idea: attRibuiRe agLi stabiLi una vaLutazione come queLLa degLi hoteL. ci pRova staRpiù

CHi SoNo i SoCi Knox Italia sistemi anticaduta e di sicurezzaSynaptics

comunicazione e parti integranti

Omnia Service servizi ambientali

e alla personaStadia gestione del verde Edilizia acrobatica edilizia acrobatica, linee vitaTermofrigo impianti termici Zeta rivestimenti e cappotti Secursat sistemi

di sicurezza, videosorveglianzaP

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di Santina Muscarà

C hissà come sarebbe se i condomini, come gli alber-ghi, fossero classificati in stelle e avessero la targa di classificazione affissa

all’ingresso. Certamente la scelta della propria abitazione diventerebbe più facile e ci sarebbe la possibilità, prima dell’acquisto, di conoscere in maniera chiara caratteristiche e servizi del condominio in questione.

Nascita di un’ideaMa non si tratta di sogni o ipotesi irrealizzabili: oggi c’è chi un’idea così non solo l’ha avuta, ma la sta portando avanti. Giancarlo Savi è un imprenditore che ha deciso di importare le sue competenze dal settore alberghie-ro a quello condominiale, con la costituzione di Starpiù, società dal nome stellare, appunto, pensata appositamente per il condominio: «Starpiù nasce a fine maggio 2013 dall’unione di quattro soci fondatori del settore edile, con l’obiettivo di fornire prodotti e servizi innovativi che permettano di sfruttare fino in fondo le potenzialità del condominio e soddisfare i crescenti e differenti bisogni», racconta Savi. Infatti, se prima si ragionava in un’ottica in-dividuale, oggi il condominio tende a strutturarsi sempre più come una comunità, all’interno della quale è possibile unire le forze in termini di risparmio e qualità. Senza dubbio, l’innalzamento dell’e-tà della popolazione e la nuova forma di telelavoro fanno sì che si trascorra molto più tempo in casa e che le esigenze stiano cambiando: è proprio con questa consapevolezza che Starpiù propone al condomi-nio prodotti e servizi riguardanti il comfort, la sicurezza, il risparmio energetico, l’attenzione all’ambiente e il necessario per rispondere a ogni esigenza. Oggi le imprese di Starpiù sono otto e ognuna si occupa di settori diversi, dalla sicurezza alla comunicazione,

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TEcnOLOgIAchIAvE DI vOLTA

di Sofia Marsigli

ospiti inattesi e non graditi al ritorno dalle vacanze o dal week-end? Molti hanno vissuto, purtroppo, un furto nella propria casa. Ma il

mondo dell’antintrusione è sempre più tecnologico e all’avanguardia

con soluzioni innova-tive e personalizzate, anche per i condomini. Basti pensare che oggi è possibile controllare in ogni momento che cosa sta succedendo davanti a una porta, oppure consentire o bloccare a persone specifiche l’accesso

alla propria casa anche a distanza, attraverso lo smartphone. Per non parlare delle volte in cui si fa ritorno con borse e sacchetti: basta un’app e un dispositivo elettronico per avvi-cinarsi alla porta d’ingresso e poter accedere con comodità senza tirare fuori le chiavi. Le soluzioni sono in-finite e in continua evoluzione, sulla scia della domotica, tutte connotate da alti livelli di sicurezza. «Per quanto riguarda i nostri prodot-ti, si distinguono per classe antief-frazione (dalla 2 alla 5), per il tipo di serratura, per il tipo di cerniera, etc. Solitamente nei condomini le porte d’ ingresso delle abitazioni hanno una classe media di antieffrazione, tra la 2 e la 3», afferma Laura De Robertis, responsabile marketing di Dierre, azienda che realizza porte blindate di sicurezza, serramenti blindati, porte interne, porte e por-toni tagliafuoco, garage, ponendosi come un unico interlocutore per la completa sicurezza del condominio, dalla protezione del parco auto, alla cantina, alla separazione del mondo garage con l’area abitata dei piani superiori (le tagliafuoco New Idra Security Dierre sono anche antieffra-zione). «Abbiamo reso più sicure le serrature a doppia mappa attraverso l’introduzione di una trappola che percepisce la differenza tra una chiave e un grimaldello bloccando automaticamente l’apertura se si

cerca di forzarla», aggiunge Luca De Robertis, responsabile ufficio tecnico di Dierre. «Viceversa la serratura a cilindro, dato che è più sicura da un punto di vista tecnico, ma meno se attaccata con la forza, l’abbiamo resa più sicura grazie a un meccani-smo che blocca la stessa in caso di tentativo di estrazione del cilindro con il cosiddetto attacco con il tubo Innocenti». Il tipo di serratura, oltre che per la sicurezza, è scelto anche per fattori culturali o per praticità (per esempio, c’è chi preferisce avere una chiave piccola come quella del cilindro).

tante combinazioniIn ogni caso il concetto di antieffra-zione è ormai un must superato in tutta la gamma Dierre, un contenuto dovuto a prescindere, a cui la R&S Dierre ha aggiunto plus di rilievo che incrementano il valore dell’intero involucro edilizio, dal design di stile ed essenziale, alla ricercatezza dei materiali utilizzati nei molteplici adattamenti dei rivestimenti delle porte, per arrivare alla sinergia di elementi chiave quali la trasmittanza termica, l’abbattimento acustico, la tenuta aria/acqua e l’anticondensa, da cui nasce la nuova tecnologia Syner-gy. Il condominio acquisisce valore e rispetta tutte queste esigenze grazie a Synergy-In, la porta che si affaccia sul vano scale; mentre Synergy-Out è per l’esterno. Le serrature elettroni-che Bi-Elettra Detector con il sistema Smartdoor System Security consente il controllo remoto della porta tutto attraverso una semplice app sugli smartphone; mentre Hibry è una chiave Easy Key del tipo automo-tive con trasponder. Di particolare interesse, per i condomini, è anche il sistema antintrusione offerto da Gewiss, specializzata in impianti elettrici integrati, che «offre la possi-bilità di collegare i sensori (volume-trici e perimetrali) alla centrale sia mediante collegamenti cablati sia in radiofrequenza», racconta Ivan Leoni, responsabile media relations di Gewiss. «La possibilità di collega-menti in radiofrequenza semplifica notevolmente l’installazione nei casi

Sicurezza

in cui l’antifurto deve essere appli-cato a edifici già costruiti riducendo al minimo gli interventi murari per il passaggio dei cavi di collegamento». Un’altra opzione interessante per i condomini di piccole dimensioni con massimo quattro unità abitative è quella di utilizzare un’unica centrale, che consente di gestire in modo au-tonomo e riservato ogni singola unità abitativa con la possibilità di gestione separata anche delle aree comuni, che saranno allarmate solo se lo sa-ranno tutte le unità, garantendo così la massima sicurezza dell’edificio nel suo complesso».

Controlli periodiciLa manutenzione dei sistemi comporta una verifica periodica e manutenzione: «La verifica periodica deve essere fatta ogni 26 settimane e prevede la verifica del corretto funzionamento dei sensori e delle segnalazioni programmate, in modo da essere certi della piena efficienza dell’impianto. La centrale Gewiss supporta in modo molto semplice l’effettuazione di questa verifica, al punto che può essere tranquillamente eseguita dall’utente finale stesso, come prevede la normativa di rife-rimento. La manutenzione ordinaria invece prevede la pulizia dei sensori, delle parti elettroniche della centrale, delle sirene e degli organi di coman-do, oltre ad eventuali sostituzioni, e deve essere effettuata da un tecnico: non vi sono prescrizioni sulla sua periodicità ma è consigliabile effet-tuarla a cadenza annuale», continua Leoni. L’esigenza di sicurezza è universale e indipendente da ceto sociale e area geografica e nei pros-simi anni «si assisterà a un’integra-zione sempre più spinta del sistema antintrusione con gli altri sistemi domotici e con la possibilità di una totale gestione locale e da remoto via Internet, con interfacce semplici e intuitive. L’offerta Gewiss già oggi offre queste possibilità funzionali che, a breve, con l’introduzione del nuovo navigatore di impianto Master Ice, evoluzione dell’attuale Master Chorus, sarà arricchita di ulteriori funzioni», conclude Leoni. l

Sopra, una porta Sinergy di Dierre.In basso, Master Ice di Gewiss

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ESAPERE è POTERE

di Sofia Marsigli

S apere è potere. Ma vuol dire anche litigare meno. Se le informazio-ni tra amministratori e condòmini fossero più

frequenti e precise, le incompren-sioni diminuirebbero. I proprietari di un appartamento, infatti, in genere si lamentano di non essere abbastanza informati sulle novità delle normative in vigore. E questo si traduce in discussioni e, a volte, in autentici contenziosi. Già, ma come si fa a informare correttamente i condomini? In campo giocano due player: da una parte la capacità del singolo ammi-nistratore, dall’altra l’azione più o meno incisiva delle associazioni di categoria.

Basterebbe un’e-mailCerto, in un mondo ideale (ma ci arriveremo presto), basterebbe un’e-mail per informare tutti in modo rapido e indolore. Ma non sempre le assemblee condominiali

sono ricettive all’adozione delle nuove (si fa per dire) tecnologie. «Spesso il condòmino non vuole avere un consulente e ha paura che l’amministratore sia troppo prepa-rato», sostiene Rosario Calabrese, presidente dell’Unai. «Nonostante questo, è giusto che l’ammini-stratore abbia la formazione che gli consenta di proporre suggeri-menti e rivolgersi ai tecnici. Anzi, dovrebbe avere anche un team di collaboratori. In ogni caso, credo che il problema sia a monte: il ruolo da ribaltare è quello del con-dòmino, che deve capire quando è il momento di prestare ascolto all’amministratore». Insomma, ci vorrebbe un percorso comune, che metta d’accordo chi gestisce uno stabile e i proprietari, fino a chi è specializzato nella gestione e nella manutenzione. «Prima di eserci-tare i propri diritti bisognerebbe conoscere anche i propri doveri», puntualizza Renato Calì, segretario nazionale Adiconsum. «Il rapporto con i condòmini è fiduciario. Do-vrebbe trovare posto lo spazio per

Informazione

poter ragionare su diritti e doveri. Da parte loro, le associazioni di categoria potrebbero costruire una sorta di vademecum sulle preroga-tive e gli obblighi dei loro iscritti. La legge parla di media conci-liazione, cioè della possibilità di sviluppare insieme dei protocolli di intesa per affrontare le contro-versie e risolverle sul nascere, in una logica di rapporto fiduciario tra condòmini e rappresentante del condominio. Inoltre, bisogna of-frire una sorta di alfabetizzazione riguardo questioni cruciali come il risparmio e l’efficienza energetica. Sono bei termini, ma quasi nessu-no sa come tradurli nel concreto, ragionando su costi e benefici». Rimane un punto in sospeso, e non di poco conto: chi dovrebbe pagare la formazione degli amministra-tori? «Secondo me non è compito dell’amministratore pagare la pro-pria formazione perché comunque rientra in un servizio a vantaggio del condominio», è la conclusione dell’esperto di condominio Um-berto Anitori. l

gLi inquiLini si Lamentano spesso di non esseRe abbastanza infoRmati suLLe novità deLLe noRme in vigoRe. e questo si tRaduce in discussioni

Condominio SC-29

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A RISTRuTTuRAREcI SI guADAgnA

Energia & Abitazioni

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di Federico Della Puppa

g li edifici sono responsabili di una quota elevata dei consumi energetici italiani e delle emissioni di gas serra.

Tra il 2000 e il 2010 i consumi legati agli edifici sono quelli maggior-mente cresciuti in Italia e, secondo le più recenti analisi, rappresentano complessivamente circa il 53% dei consumi elettrici e il 35% di quelli energetici totali. Questi dati evidenziano l’importanza che gli interventi di recupero energetico del patrimonio immobiliare rivestono in un programma mirato alla riduzione delle emissioni di Co2. A livello europeo queste esigenze sono state recepite dai legislatori comunitari con alcune linee guida molto im-portanti per il settore, in particolare la Direttiva europea 2002/91/Ce (Rendimento energetico edifici) in seguito aggiornata dalla Direttiva 2010/31/Ue. Queste norme rientrano in un piano globale che prevede il taglio dei consumi di energia nella Ue del 20% entro il 2020.

La svolta verdeSi profila dunque nei prossimi anni la grande sfida di intervenire sul patrimonio esistente, trovando stru-menti e incentivi in grado di indurre i cittadini a realizzare interventi di efficientamento energetico e ridurre i propri consumi. In Italia i condo-mini rappresentano circa 1 milione di edifici e 14 milioni di alloggi, molti dei quali costruiti negli anni del boom economico, e dunque con soluzioni costruttive e materiali che oggi non sono più adatti, a distanza di tanti anni, a offrire comfort abi-tativo e contenimento dei consumi energetici. A livello nazionale, il quadro normativo e il sistema di agevola-zioni e incentivi posti a supporto degli interventi di efficientamento energetico (50% e 65%) forniscono un insieme articolato di opportunità che permettono di intervenire con estrema efficacia. Questo soprattutto

in ragione delle modifiche apportate dal Nuovo codice del Condominio, che permette di poter intervenire con maggiore libertà rispetto a un tempo anche nei contesti condomi-niali. Ciò è un fatto positivo perché consente di poter costruire offerte di efficientamento energetico anche per quei condomini nei quali la proprietà risulti particolarmente frazionata e differenziata. Si pensi ad esempio alla difficoltà di gestire le spese di interventi strutturali con le quote millesimali in condomini misti nei quali siano presenti residenze, uffici, negozi ed altre attività, ognuna con sue specifiche esigenze, spesso poco attente al contenimento energetico.

Più sempliceLe novità introdotte dal nuovo codice promuovono un approccio semplificato, in particolare per quan-to riguarda proprio gli interventi nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, così come descritti all’articolo 5 e all’articolo 7 della legge. Tali norme prevedono, con l’approvazione dell’assemblea condominiale a maggioranza degli intervenuti e con almeno la metà del valore dell’edificio, le innovazioni delle cose comuni aventi come oggetto «le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produ-zione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinno-vabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune» (articolo 5).

Produzione di elettricitàIn particolare, la nuova legge permette di «installare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul

lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessa-to» (articolo 7). A questa nuova opportunità si associa il sistema di incentivi economici legati da un lato agli interventi di riduzione del consumo energetico dei condomini esistenti (50%), da un altro gli incentivi legati agli interventi di riqualificazione e ristrutturazione degli edifici (65%) e alle recenti agevolazioni riferite al conto termico (40%). Come noto,

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QUANDo Si PUò DetRARRe... 1 riqualificazione energetica globale2 interventi sugli involucri degli edifici (strutture opache e infissi)3 installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda4 sostituzione di impianti di climatizzazione invernale

...e CHe CoSA Si PUò FARe PeR gLi iNCeNtiVi 1 manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, recupero2 ricostruzione o ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi 3 realizzazione di autorimesse o posti auto4 eliminazione delle barriere architettoniche5 bonifica dell’amianto

L’installazione di pannelli fotovoltaici e pale minieoliche (dove è possibile) potrebbe azzerare

anche i costi di energia elettrica, con una ulteriore riduzione di oneri.

Complessivamente ogni condomino potrebbe liberare risorse, oggi vincolate alla spesa

per i consumi energetici, tra i 3.000 e i 3.500 euro all’anno

l’efficientamento energetico ha goduto di specifici incentivi a partire dalla Legge 296/2006 (Finanziaria 2007), che ha introdotto il mecca-nismo della detrazione d’imposta del 55% delle spese sostenute per la realizzazione di interventi volti al contenimento dei consumi energetici degli edifici esistenti. Tale norma, attraverso successivi decreti, è tutto-ra in essere ed è stata prorogata per i condomini fino al 30 giugno 2014 (vedi box in alto).

incentivi al massimoSe questi interventi conseguono le prestazioni stabilite per legge, si può usufruire degli incentivi nel limite massimo della detrazione, che è riferita all’unità immobiliare oggetto dell’intervento e, pertanto, andrà suddivisa tra i soggetti detentori o possessori dell’immobile e tra coloro che partecipano alla spesa, in ragione dell’onere da ciascuno effettivamente sostenuto. Ciò vale anche per gli interventi condomi-niali, il cui ammontare massimo di detrazione deve essere riferito a ciascuna delle unità immobiliari che compongono l’edificio, tranne le ipotesi in cui l’intervento si riferisce all’intero edificio e non a «parti» (le singole unità immobiliari). Il limite delle detrazioni (che non riguarda il limite di spesa) è riferito a 100mila euro per il punto 1, 60mila euro per ciascun punto 2 e 3, e 30mila per il punto 4.

RistrutturazionePer quanto riguarda il sistema di detrazioni fiscali legate alla ristruttu-razione edilizia, la norma, introdotta nel 1997, è stata più volte prorogata con alcune varianti. A oggi la legge prevede la possibilità di sfruttare un incentivo pari al 50% del costo di ri-strutturazione su un tetto massimo di spesa per singola unità immobiliare di 96mila (vedi box in alto a destra).

Detrarre i pannelliUn recente chiarimento dell’Agenzia delle entrate ha specificato che nelle

A RISTRuTTuRAREcI SI guADAgnA

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Page 34: Condominio sostenibile e certificato_novembre 2013

Le regole per abbassare i consumi

1 il mantenimento dell’impianto termico centralizzato in via prefe-renziale o la trasformazione degli impianti termici centralizzati ad impianti con generazione di calore separata per singola unità abitativa con rispondenza alle prescrizioni per il contenimento del consumo di energia degli edifici e relativi impianti termici (ad esempio attraverso l’utilizzo della geotermia ed installazione di pompa di calore);2 l’installazione di sistemi per la termoregolazione e contabilizzazione individuale del calore per le singole unità abitative, ove tecnicamente possibile;3 una diagnosi energetica dell’edificio e dell’impianto nella quale si individuano gli interventi di riduzione della spesa energetica, in particolare per cambio caldaia sopra i 100 kW. Quest’ultimo punto, in particolare, è molto rilevante, perché consente al condominio di co-noscere lo stato di efficienza energetica dell’involucro e dell’impianto termico, e di poter individuare i più adeguati interventi da realizzare per ridurre la bolletta energetica complessiva e migliorare il confort dei singoli condomini.

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I primi passi da compiere, secondo una metodologia consolidata, riguardano

l’audit, la diagnosi energetica e la definizione di un piano di lavori con allegato un business plan che evidenzi costi e benefici economici

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spese per la ristrutturazione edilizia, considerate congruenti per la detra-zione del 50%, può essere inserita anche l’installazione di pannelli fotovoltaici. Sorge quindi un’altra opportunità economica positiva, ovvero sfruttare la detrazione per ri-strutturazione (50%), ricordando che un’ulteriore agevolazione riguarda la possibilità di detrarre le spese per gli interventi di manutenzione ordi-naria sulle parti comuni di edifici condominiali. Inoltre recentemente, grazie a un decreto del ministero dello Sviluppo Economico del 28 dicembre 2012, entrato in vigore il 3 gennaio 2013, è stato attivato uno specifico Conto termico per persone private e condomini, che prevede un incentivo pari al 40% della spesa per installazione di pompe di calore, collettori solari termici e genera-tori di biomassa, da dividersi in un arco di tempo da 2 a 5 anni, in rate annuali costanti. Le spese possono essere considerate comprensive di Iva, quando l’imposta sia un costo indetraibile.

Quando si riqualificaPer affrontare con cognizione di causa interventi di riqualificazione energetica nei condomini bisogna considerare le norme relative al Dpr n. 59 del 2 aprile 2009 (vedi box a fianco). Ma come si realizza la riqualificazione energetica di un edificio condominiale? E soprattutto, come si può misurare la convenien-za economica all’investimento?

Le mosse giusteI passi da compiere, secondo una metodologia consolidata, riguardano l’audit e la diagnosi energetica e la definizione di un piano di lavori con allegato un business plan che evidenzi costi e benefici economici, rivolgendosi a seri professionisti del settore. L’audit energetico riguar-da l’analisi dello stato di fatto in cui si valutano il tipo di involucro edilizio, l’impianto di riscalda-mento e raffrescamento. Avviene attraverso un sopralluogo di tecnici specializzati, meglio se durante la stagione fredda, con una termoca-mera a infrarossi, che permette di valutare la trasmissione del calore dall’interno all’esterno e la presenza di anomalie (per esempio i ponti termici). Deve poi essere valutato il tipo di impianto di riscaldamento e/o raffrescamento (se presente), la sua età e i terminali di emissione. Con l’utilizzo di appositi software poi si ricrea lo stato di fatto, modellando le

strutture e gli impianti. L’output è il fabbisogno di energia per riscalda-mento, raffrescamento e acqua calda sanitaria, l’indice di prestazione energetica e le emissioni di Co2.

Fase successivaL’elaborazione di questi parametri consente di attribuire all’edificio la rispettiva classe energetica e di conoscerne quindi costi di gestione e consumi. La fase successiva consiste nella redazione di una diagnosi ener-getica, ovvero una serie di proposte strutturali, impiantistiche e tecnolo-giche volte a migliorare le prestazio-ni dell’edificio, previa valutazione attenta non solo dei parametri tecnici di intervento, ma affiancando ad essi adeguati business plan economico-finanziari che dimostrano la soste-nibilità degli interventi e il ritorno economico degli investimenti nel tempo, valutando tutte le opportunità di sfruttamento degli incentivi al massimo livello. Obiettivo finale è assicurare il miglior rapporto costi/benefici, in ragione delle effettive possibilità di intervento. Il range delle soluzioni varia in ogni caso dal livello minimo rappresentato dai requisiti stabiliti dal D.Lgs 192/05 per gli interventi di ristrutturazione, fino a un massimo che corrisponde

al più elevato grado di efficienta-mento energetico ottenibile. La terza fase è rappresentata dal piano dei lavori. Una volta scelto l’interven-to più adatto alle disponibilità ed esigenze del condominio, si procede a sviluppare fino in fase esecutiva il progetto delineato in diagnosi.

Stabilire i tempiSi redige un cronoprogramma dove si definiscono i tempi delle varie fasi: la fase progettuale, le pratiche burocratiche richieste, le richieste di accesso agli incentivi ove previsti, la redazione di esaustivi piani di am-mortamento e la eventuale richiesta di finanziamento a istituti bancari, che peraltro favoriscono spesso facilmente tali interventi con mutui ad hoc in quanto i prestiti finanziari sono ripagati dallo stesso risparmio in bolletta. Quest’ultimo punto è forse quello più rilevante, sia in ter-mini di potenziale accesso al credito, sia per convincere i condomini che intervenire nei propri edifici oggi è conveniente. In sostanza, e non è una contraddizione che «spendendo si risparmia».Se prendiamo il caso di un classico condominio degli anni Sessanta in classe energetica G. È un edificio che, nella migliore delle ipotesi,

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Condominio SC-33

consuma 300-350 kWh/m² all’anno: equivale a un’automobile che fa 1 chilometro con 1 litro di benzina. Un edificio di questo tipo comporta costi medi annui di gestione (energia e acqua calda sanitaria) pari a circa 2.600 euro per alloggio. Oltre a questo aspetto meramente econo-mico ne vanno considerati anche di altrettanto importanti e non facil-mente quantificabili, quali il basso comfort per gli abitanti, costretti a vivere in condizioni ambientali poco confortevoli dovute al notevole caldo percepito d’estate e di contro al freddo nel periodo invernale.

il caldo scappaI fenomeni di dispersione del calore e di condensa sono responsabili di muffe e micro correnti d’aria, e dell’instaurarsi di un micro clima insano. La riqualificazione energeti-ca dell’edificio dovrebbe considerare innanzitutto un intervento sull’in-volucro e sui serramenti, con la rea-lizzazione di un cappotto isolante di almeno 14 centimetri e installazione di finestre in doppio vetrocamera basso emissivo (argon) e telaio pvc per ridurre i ponti termici. Si può anche ipotizzare la sostituzione dei terminali (termosifoni) con più ade-guati ventilconvettori (fancoil), l’in-stallazione di una pompa di calore e sonde geotermiche per il riscalda-mento e il raffrescamento e sistemi di ventilazione meccanica controlla-ta che consentono il ricambio d’aria costante e la deumidificazione degli ambienti. Un intervento di questo

tipo collocherebbe l’edificio in classe A, con un vantaggio notevole rispetto alla situazione iniziale.

il rendimentoLe emissioni di Co2 scenderebbero a 8 kg/m² all’anno e il rendimento energetico a 27 kwh/m² all’anno (2,76 m³ di gas metano per m² annuo), con una riduzione percen-tuale rispetto alla situazione iniziale dell’88% e del 92,7%. In pratica si inquina solo il 12% di quanto si fa-ceva prima e si consuma meno di un decimo della situazione precedente. Come se la nostra automobile iperin-quinante potesse circolare sempre, comprese le domeniche a piedi, e facesse 100 chilometri con un litro.

Conti in tascaAssumendo un prezzo medio del metano di 0,90 euro/m³, i nuovi costi di gestione dell’edificio passerebbe-ro a 2,5 euro/m², con un risparmio annuo di 2.500 euro per alloggio, oltre al maggior comfort abitativo. In pratica, ogni alloggio costerebbe 100 euro all’anno di gestione, rispet-to ai 2.600 attuali. L’installazione di pannelli fotovoltaici e pale minieo-liche (laddove possibile) potrebbe azzerare anche i costi di energia elettrica, con una ulteriore riduzione di spesa. Complessivamente ogni condomino potrebbe liberare risorse, oggi vincolate alla spesa per i con-sumi energetici, tra i 3.000 e i 3.500 euro all’anno. Moltiplicando questa cifra per i dieci anni di validità degli incentivi fiscali e considerando solo

la quota detraibile, si tratta della possibilità, a parità di condizioni (continuando dunque a pagare la bolletta attuale, senza aggravi), di mettere sul piatto almeno 15mila-18mila euro per alloggio nell’arco di dieci anni. Un finanziamento per interventi di questo tipo in edifici condominiali è ipotizzabile pari a circa 12mila-15mila euro per allog-gio, con uno scarto positivo rispetto alle risorse liberate e dunque con un beneficio economico tangibile. Che alla scadenza del finanziamento diverrà un risparmio annuo pari a tutta l’energia non consumata.

il guadagno Come se ogni alloggio permettesse, a intervento concluso e pagato, di trovarsi in tasca 3.500 euro all’an-no che oggi vengono invece spesi per pagare le bollette. Ovviamente anche le spese di gestione energetica delle parti comuni si ridurrebbero a zero, con ulteriore beneficio. Per gli edifici condominiali è un’ottima opportunità da sfruttare entro giugno 2014, ma il Governo è già impegna-to a promuovere tali incentivi anche in futuro. Buone notizie, dunque, e soprattutto grandi opportunità per gli amministratori condominiali, che possono svolgere in questo campo un ruolo molto rilevante, di vero e proprio consulente specializzato e di gestore di un processo che, nella manutenzione ordinaria successiva, necessita di controllo e di attenzione, oltre che di preparazione professio-nale. l

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di Maria Lisieux

A Seregno, in provincia di Monza e Brianza, ci sono molti condomini. Sembrano tutti ugua-li. Qualcuno, però, è

diverso dagli altri: sono quelli che si sono convertiti al teleriscalda-mento per usufruire dei vantaggi in termini di risparmio economico ed energetico. Il servizio consiste essenzialmente nella distribuzione attraverso una rete di tubazioni isolate, di acqua calda proveniente da una centrale esterna di produ-zione. «Il cambiamento fa paura a

tutti, eppure questo è un progetto che non costa nulla e produce no-vità interessanti», racconta Renato Greca, presidente dell’Anaci (As-sociazione nazionale amministra-tori condominiali e Immobiliari) di Monza e Brianza. «A Seregno diversi condomini hanno accettato da un po’ di tempo la proposta del teleriscaldamento spinti principal-mente dalla prospettiva di diminu-ire le spese per il riscaldamento. Peccato che al momento di dover pagare la bolletta i condomini si siano ritrovati con costi maggiori», spiega Greca. Un paradosso? «Il problema è nato dal fatto che non

c’è stato un controllo dell’acqua calda immessa nei condomini, né una manutenzione del sistema. Risultato: i consumi sono saliti a dismisura. Ecco perché abbiamo pensato a una soluzione diversa, affidando la gestione del teleriscal-damento a una società di controllo e manutenzione esterna, in accordo con l’azienda che gestisce la for-nitura del servizio». La soluzione prevede interventi mensili per la pulizia dei filtri e l’applicazione delle valvole termostatiche. «Così si è creata una certa mentalità nel gestire autonomamente ogni appartamento, arrivando a un risparmio che va dal 20 al 30% per ogni condominio», precisa il presidente Anaci. Insomma, nonostante il vantaggio sia chiaro, raggiungere l’obiettivo ha com-portato alcune difficoltà nel far capire ai condomini come gestire il nuovo servizio di riscaldamen-to: «Un bravo amministratore di condominio deve essere informato per riuscire a proporre soluzioni vantaggiose. Non solo: deve poi saperle illustrare al meglio ai condomini, in modo che possano rendersi conto dell’importanza del-le innovazioni. Io stesso, in questo caso, ho indetto un’assemblea per entrare nel dettaglio e spiegare i vantaggi e il funzionamento del servizio, e questa iniziativa è stata accolta positivamente. La verità è che gran parte delle decisioni condominiali dipendono dalla capacità dell’amministrato-re di esporre al meglio soluzioni innovative, come il teleriscalda-mento», conclude Greca. l

TI TELERIScALDO, MA TE LO SPIEgOa seRegno i condomini con iL nuovo seRvizio RispaRmiano ciRca iL 20-30% in boLLetta. ma dopo aveR ascoLtato L’amministRatoRe

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Renato Greca, presidente dell’Anaci (Associazione nazionale amministratori condominiali e Immobiliari) di Monza e Brianza. Il servizio proposto consiste essenzialmente nella distribuzione, attraverso una rete di tubazioni isolate di acqua calda proveniente da una centrale esterna di produzione (in basso)

Si è creata una mentalità nel gestire in autonomia ogni appartamento

Fattore Energia

34-Condominio SC

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di Santina Muscarà

m acchie sul muro di casa, non solo an-tiestetiche ma anche portatrici di muffe e distacchi di intonaci

e vernici. Sono il risultato di una cattiva impermeabilizzazione dei terrazzi che, nei casi più gravi, può provocare infiltrazioni fino alla struttura portante, con danni econo-micamente elevati. Quali sono, quindi, i passi principali per evitare che questo avvenga? Lo abbiamo chiesto ad Angelo Agnoni, direttore tecnico di Naici: «La prima cosa da fare per eseguire un lavoro a regola d’arte con-siste nell’analizzare bene il supporto sul quale verrà realizzata l’imper-meabilizzazione.

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Le guaine Liquide impeRmeabiLizzanti di uLtima geneRazione sono Le più adeguate e peRfoRmanti neL RendeRe impenetRabiLe un teRRazzo. sempLici RegoLe di appLicazione peR eLiminaRe infiLtRazioni e umidità

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Nel rendereimpermeabileun terrazzobisogna stare attenti anche alle temperature, perché solitamente i prodotti possono essere applicati in un range tra i 5 e i 35 gradi

Impermeabilizzazione

Infatti, una corretta e attenta analisi del supporto, su cui si deve interve-nire, renderà il lavoro di imperme-abilizzazione di facile esecuzione e garantirà un ottimo risultato. In base all’analisi fatta si potrà decidere con quali modalità e prodotti procedere», spiega l’esperto. Prima dell’applicazione delle resine quindi è importante innanzitutto rimuovere dal supporto muschi, olii e quant’altro possa compromettere

una perfetta ade-sione del prodotto. «La seconda cosa da fare è verificare che la superficie risulti asciutta. L’e-ventuale umidità presente nel sup-porto infatti, con il tempo evaporereb-be causando rigon-fiamenti del manto impermeabile. Per evitare ciò, in caso di presenza di umidità bisogna utilizzare in fase

di impermeabilizzazione specifici esalatori».Diversi i contesti in cui vi è la necessità di creare o ripristinare una corretta impermeabilizzazione. «Per poter operare in qualsiasi condizione Naici propone un prodotto altamente versatile, Cemenguaina. Guaina liquida ad alte prestazioni applica-bile dagli zero ai 50 gradi», precisa Agnoni. «Cemenguaina viene arma-ta con fibra di vetro per supportare i micromovimenti della struttura cosi da garantire un’ottima tenuta negli anni e la possibilità di rivestire anche grandi superfici». Questi sono i punti principali per ottenere un’efficace impermeabiliz-zazione: «Le nostre resine imperme-abilizzanti sono altamente calpesta-bili e possono essere lasciate a vista perché di gradevole effetto estetico e resistenti ai ristagni ai raggi Uv. Nai-ci, grazie a un’esperienza trentenna-le nel settore ed ai suoi laboratori di ricerca e sviluppo elabora costante-mente soluzioni sempre al passo con le esigenze di mercato», conclude Agnoni. l

Condominio SC-35

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di Federico Della Puppa

Ricordo come fosse ora. Era il 6 maggio 1976, avevo quindici anni e, come tutti i ragazzi di quell’età, a volte

ero un po’ esuberante. Era sera e con la mia famiglia e alcuni amici sta-vamo mangiando una pizza quando, per fare lo spiritoso, mi alzai in piedi per tagliarla meglio. Mia madre mi rimproverò, dicendo di sedermi, dato che stavo facendo tremare il tavolo. Ma proprio in quel momento arrivò un cameriere che ci disse di uscire rapidamente dal locale. Non ero io a far tremare il tavolo, era il terremoto. La scossa fu lunga, molto lunga. E poi ne seguirono altre. All’epoca non c’era internet, esisteva solo la radio, il mezzo più rapido per informarsi sugli avvenimenti. Ma le informa-zioni erano frammentarie e ricordo l’apprensione di tutti nel cercare notizie, con il titolare del locale che cercava di sintonizzare la radio sui notiziari. Andando a casa quella sera

cercavamo di immaginare dove fosse stato l’epicentro. I miei genitori, originari del Friuli, cercavano di tranquillizzarci, dicendo che Mestre, essendo sul bordo della laguna, era un’area sicura. Ma immediatamente il pensiero fu che se noi, che vive-vamo in un’area “sicura”, avevamo sentito la scossa così forte, chissà cos’era successo nei luoghi dove il terremoto aveva avuto origine.

iL LoNtANo tRAUmA CHe HA SCoSSo iL FRiULiIl Friuli era vicino a noi, sia geogra-ficamente sia per legami affettivi. La radio iniziò a raccontare frammen-tariamente il terremoto. I telefoni non rispondevano, non sapevamo come stessero i nostri parenti, non sapevamo esattamente dove e che cosa fosse successo, ma era evidente la sensazione che fosse accaduto qualcosa di molto grave. E il senso di angoscia e una paura sottile iniziò a farsi strada. Ricordo mio padre che continuava a tranquillizzarci, come sempre, dicendo che la nostra

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nei teRRitoRi dei teRRemoti itaLiani. peR RaccontaRe un paese che sa RinasceRe nonostante gLi eRRoRi. ma ha necessità di metteRsi in sicuRezza

QuELLE cREPEDEnTRO DI nOI

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casa era solida, che non dovevamo temere. Nei giorni seguenti riuscim-mo a metterci in contatto con i nostri parenti, che per fortuna stavano bene. Avevano perso tante cose, la casa e molto altro. Ma erano vivi. Eppure. Eppure un terremoto, anche lontano, ti resta dentro. Resta dentro quella sensazione, particolarissima e unica, nella sua tragicità, di essere in balia di qualcosa che non si può fermare. È quella sensazione ben stampata nei ricordi di tutti noi, nei racconti dei nostri amici, come di quella bambina ora adulta che al tempo si trovò a correre a piedi nudi scappando dalla distruzione intorno a sé. Di fronte ad altri eventi catastrofici c’è sempre l’idea che si possa fare qualcosa. Di fronte alle alluvioni, alle frane, agli incendi, al maltempo. Mettere in sicurezza i nostri cari e alle volte anche le nostre cose. Difendersi. Di fronte a certi eventi le difese ci sono e oggi, con i sistemi di previsione e prevenzione, sappiamo già se e che cosa dobbiamo o possiamo aspettarci. Riusciamo a prepararci, perlomeno mentalmente. Gli eventi calamitosi degli ultimi anni ci hanno insegnato molto, in questo senso. Ma di fronte al terremoto siamo inermi. L’unica difesa è difenderci prima, costruendo case antisismiche, met-tendo in sicurezza gli edifici. Eppure di fronte alle scosse, nonostante tutte le prevenzioni, non siamo preparati. Perché a differenza delle altre cata-strofi, arrivano quando non le aspetti.

E capisci che non puoi fare nulla. E quando proseguono, minano le nostre sicurezze, aprendo delle crepe dentro di noi, oltre che sui muri delle case, con lo stillicidio delle “scosse di assestamento”, degli aftershocks, degli sciami sismici. Fin da bambini ci hanno raccontato che dopo la “grande scossa” ci sono quelle di assestamento e che poi finisce tutto e tutto rientra nella normalità. Un modo come un altro per tranquilliz-zarci. Oggi sappiamo che non è così. I terremoti sono costanti e continui, in tutto il mondo, compreso il nostro Paese. È solo l’intensità che cambia e molte scosse neppure le avvertiamo, ma gli strumenti registrano tutto e, grazie a internet, oggi possiamo sa-pere esattamente quante e dove sono. Dopo, mai prima.

iL teRReNo NoN è SoLiDoViviamo su una superficie che crediamo solida ma che invece è mobile, che si sposta e si adatta, a volte addirittura va in liquefazione, e che procede imperterrita nelle sue modificazioni geologiche. Dobbiamo adattarci. Negli ultimi cinque anni in Italia ci sono stati 55 terremoti con intensità superiore al 4° grado della scala Richter. In media un evento significativo ogni mese. Alcuni sono stati particolarmente gravi e cata-strofici, l’Abruzzo nel 2009, l’Emilia nel 2012, ma sono tanti gli altri terremoti «dimenticati» perché non hanno causato vittime. Quello più recente e più eclatante è il terremoto della Lunigiana del 2013, il «non evento», come lo chiamano ormai tutti, dato che i danni esterni alle case sono poco visibili e che non ci sono state vittime. Ma basta entrare dentro le case, vedere le crepe, vedere un patrimonio di ricordi, di vite, di affetti ed effetti personali incrinato dalla forza della natura. E parlando con le persone, sentendo le loro sensazioni, si percepisce il loro stato di precarietà. È quello che resta dentro di noi. I terremoti scavano crepe non solo nelle case, non solo nel terreno, le scavano dentro di noi, portandoci via a volte i nostri cari, ma portando via anche i nostri ricor-di, che sono anche fatti di luoghi, di case, di strade, di piazze e di negozi. Il vuoto delle strade deserte, il vuoto delle case abbandonate, il vuoto dei capannoni svuotati delle macchine e delle attrezzature produttive è il vuoto che ci si porta dentro quando si visitano i luoghi nei quali il terre-moto ha colpito. Attraversare l’Italia dall’Abruzzo all’Emilia, per visitare i luoghi dove gli eventi sismici degli

Immagini delle conseguenze del terremoto che ha colpito l’Emila lo scor-so anno. Il bilancio degli eventi più recenti è pesante: 365 morti, ai 2mila feriti, agli 80mila sfollati. Negli ultimi cinque anni in Italia ci sono stati 55 terremoti con intensità superiore al 4° grado della scala Richter. In media un evento significativo ogni mese

ultimi quattro anni hanno lasciato una lunga scia di distruzione, morte e di danni ingenti, è raccontare un’Ita-lia colpita nel profondo, ferita indele-bilmente, ma è anche accorgersi che il sentimento comune è proseguire, andare avanti, riprendersi i luoghi, come se non vi fosse alternativa alla riappropriazione, alla necessità di dichiarare la propria appartenenza, di testimoniare la propria volontà, di affermare la propria determinazione nel ricominciare. Di affermare la vita, in fin dei conti. Le polemiche innescate dalla gestio-ne del post-terremoto in Abruzzo ruotano proprio attorno al tema della necessità di riconquistarsi i luoghi della propria vita, di farli tornare vivi quanto prima, riempiendoli dei suoni e dei respiri delle persone che da sempre li hanno abitati. Oggi quei luoghi sono vuoti e silenziosi, ma non per volontà dei cittadini. Il contrario di quanto accade nelle città emiliane, dove la vita scorre a fianco e a stretto contatto con gli edifici le-sionati, con i cantieri che si affaccia-no su piazze transennate nelle quali comunque si svolge il mercato, si organizzano concerti, si rioccupano i plateatici. E allora il dolore che si prova di fronte a così tanta distruzio-ne, ai 365 morti, ai 2mila feriti, agli 80mila sfollati dei terremoti recenti, si tramuta in lieve speranza. UN CANtieRe CHe LAVoRAÈ il rumore del cantiere in lonta-nanza che rompe il silenzio della grande città abbandonata, è la gru in azione attorno alla quale si muovono i caschetti bianchi e gialli dei tanti operai che, all’ora di pranzo, escono dai cantieri e danno una parvenza di vitalità cittadina. È la quieta rasse-gnazione di chi si sente abbandonato e dimenticato più degli edifici e delle seconde case, ma che resta nonostan-te tutto, nonostante il turismo che da risorsa vitale, come per la Lunigiana, scompare del tutto e si trasforma in pochi “turisti del terremoto”, quei visitatori che cercano la distruzione e, qui, non la trovano, andandosene delusi. O come la mamma che al centro de L’Aquila dice al figlio «vedi qui era tutto raso al suolo ma adesso stanno ricostruendo». La lieve speranza è il perdono di chi sente queste frasi e spera solo che domani tornino i turisti, quelli veri. È la sopportazione e la convi-venza con le scosse continue, più o meno deboli, che accompagnano questi luoghi e li accompagneranno per sempre. È la caparbietà di chi vuole tornare alla normalità subito,

Condominio SC-37

QuELLE cREPEDEnTRO DI nOI

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nelle proprie case, cancellando le crepe esteriori, riaprendo subito le fabbriche, i capannoni, le piazze, le strade, i negozi, perimetrando esattamente solo le aree veramente a rischio e chiedendo che la burocrazia non ostacoli la volontà di ripartire. Esattamente da dove si era rimasti. Se c’è una lezione che si impara attraversando questi territori è che rimanere e riappropriarsi dei luoghi è rinascere. La vita dopo un terremoto continua, ma deve continuare lì, mettendo in sicurezza e recuperando tutto ciò che si può recuperare, sgombrando il campo subito dalle macerie, ridando dignità ai luoghi, che significa ridare dignità alle persone. Signi-fica mettere in atto scelte, sistemi e procedure che devono essere partecipate, condivise, socializzate. Certo, ogni terremoto e ogni luogo è diverso dagli altri e la lezione friula-na è lontana, anche se nel ricordo è sempre ben presente. Ma un viaggio in queste aree ci racconta di un’Italia che sembra saper rinascere nono-stante i tanti errori, alcuni gravi ed eclatanti. E ci dice che è la socialità che va tutelata, prima ancora degli edifici. Ed è facendo con i residen-ti e non per i residenti che si può trovare la strada giusta. Il dossier che presentiamo in queste pagine fa il punto della situazione sui terremoti recenti, che dal 2009 a oggi, hanno attraversato l’Italia.

QUeLLe immAgiNi FANNo RiFLetteReLo fa attraverso un racconto fotogra-fico, appunti di viaggio, riflessioni e notizie utili a comprendere che il nostro territorio va tutelato con scel-te adeguate alle nostre specificità. Significa comprendere che l’anti-sismicità non è più una condizione prescrittiva per alcune aree, ma deve essere un elemento strutturale che da Nord a Sud deve permeare tutto il sistema costruttivo italiano e che, proprio vedendo che cosa è stato colpito in questi terremoti, deve par-tire da una grande azione di messa in sicurezza dei nostri edifici, utilizzan-do tutti gli strumenti a disposizione, a partire dagli incentivi. Non è un’urgenza, è una necessità inde-rogabile, che deve essere sorretta politicamente da scelte consapevoli, coerenti e lungimiranti. Le attendia-mo da anni e non sono ormai più prorogabili. Ce lo ricorda la corsa di una bambina a piedi nudi mentre il mondo le crolla intorno. È per lei che dobbiamo impegnarci tutti. Per ridare al suo viso il sorriso che le appartiene. Qui e ora. l D

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EMERgEnzAA ORARIO cOnTInuATOanche se non sempRe Li avveRtiamo,ogni gioRno in itaLia si RegistRano 34 teRRemoti. un dato che dovRebbe spingeRe goveRno e impRese ad adottaRe misuRe di pRevenzione. peRché iL disastRo è in agguato

di Federico Della Puppa

Da molti anni è attiva la Rete sismica nazionale italiana, che pubblica i parametri dei terremoti registrati e revisionati dagli analisti del

Centro nazionale terremoti dell’I-stituto nazionale di geofisica e vul-canologia. I dati, consultabili online con uno strumento interattivo per la selezione e la creazione di mappe dei terremoti all’indirizzo: http://iside.rm.ingv.it, fanno riferimento a oltre 300 stazioni di rilevamento e a un sistema, ormai ben collaudato, che è in grado di aggiornare la situazione ogni due minuti. Dal 2005 a oggi sono stati registrati oltre 100mila terremoti, ovvero oltre 12mila eventi all’anno, con una media di circa mille al mese. Insomma: circa 34 terremoti ogni giorno. Le oscillazio-ni possono ovviamente essere ele-vate, per cui si passa da giornate con pochi eventi a quelle con centinaia di eventi. Per la cronaca, il cento-millesimo evento, da quando è stato istituito questo servizio nel 2005, è stato registrato il 26 aprile 2013 alle 2:53 (ora italiana) e ha avuto magnitudo 0.7, ovvero al di sotto della soglia dell’avvertibilità, nella zona di Città di Castello, in Umbria, dove da tempo è in atto una sequen-za sismica molto ricca di terremoti. Le mappe che si ricavano da Iside evidenziano come il territorio ita-liano sia ovunque molto attivo, con l’unica eccezione della Sardegna. In particolare tutta l’Italia peninsulare, con una fascia pressoché continua

di epicentri dalla Pianura padana alla Sicilia. Ma anche l’arco alpino risulta attivo, particolarmente nei settori occidentale e orientale, e il Mar Tirreno, caratterizzato da terremoti molto profondi (alcune centinaia di chilometri). Secondo uno studio riservato della Protezio-ne civile, che pianifica l’emergenza in caso di terremoti, il numero di crolli, di case inagibili e di abitazio-ni danneggiate, oltre che di vittime e feriti potenziali, nel caso di un forte terremoto, sono preoccupan-ti: 160mila a Catania, 112mila a Messina, 85mila a Reggio Calabria, 46mila a Catanzaro, 32mila a Be-nevento, 19mila a Potenza, 74mila a Foggia, 24mila a Campobasso, 21mila a Rieti, 17.500 a Belluno, per citare solo i capoluoghi più esposti e potenzialmente più colpiti. A questi danni vanno poi sommati gli effetti nelle città vicine, che possono aggravare il bilancio del

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potenziale disastro. Un disastro che è sotto i nostri piedi quotidianamen-te e che, ad ogni evento reale, mette in luce la fragilità del nostro terri-torio, ma soprattutto il tanto tempo sprecato in prevenzione, precauzioni e prescrizioni costruttive dall’ultimo grave terremoto dell’Irpinia, del 1980. L’Aquila e l’Emilia sono lì a ricordarcelo, come peraltro anche la Lunigiana. Quest’ultimo caso è, in particolare, molto interessante perché le prescrizioni antisimiche di quei luoghi hanno fatto sì che nessun edificio sia crollato, e che le strutture esterne abbiano potuto resistere bene. Ma anche dove non si è intervenuto, per esempio sulle partizioni interne, si sono verificati crolli interni e gravi condizioni di inagibilità, nonostante l’attenzione all’antisismicità dei muri perimetrali degli edifici. Recentemente una rete di monitoraggio internazionale, alla quale partecipa il dipartimento di Matematica e geoscienze dell’U-niversità di Trieste, ha acceso un segnale d’allarme sull’Italia centrale e sul Meridione, in particolare sulla Calabria e la Sicilia orientale. D’altronde, basta consultare quo-tidianamente il bollettino Iside per osservare quante scosse vi sono, molte delle quali non sentite dalla popolazione, ma anche molte ben avvertite, perché oltre la soglia minima di percezione.

QUeSt’ANNo L’AttiVità SiSmiCA è StAtA ComUNQUe RiLeVANteChiunque, analizzando i dati, può scoprire che nelle zone del terremo-to dell’Emilia del 2012, quest’anno l’attività sismica è stata comunque rilevante, anche se al di sotto della soglia di danno. «Non si registrano danni a persone o a cose», è la frase con la quale i bollettini raccontano un’attività tellurica che nel nostro Paese è in continua evoluzione e della quale dobbiamo essere consapevoli, per mettere in atto politiche di intervento adeguate a garantire una sufficiente sicurezza alle nostre città, grandi e piccole. Un sisma di magnitudo 7 nell’Ap-pennino meridionale, ovvero di una intensità rilevante, ma ritenuta possibile perché già registrata in passato, potrebbe contare fino a 11mila morti e più di 15mila feriti. E se si ripercorrono i terremoti e le gestioni delle emergenze dal 1968 a oggi, attraverso i dati della Camera dei Deputati è possibile quantificare come la gestione dell’emergenza e la ricostruzione finora sono costate allo Stato 135 miliardi di euro (va-

lori attualizzati al 2008), dei quali 92 stanziati dalla pubblica amministra-zione. Gli effetti sui conti pubblici sono ancora oggi di tutta evidenza: per il terremoto del Belice in Sicilia (1968) gli impegni di spesa finanzia-ti da leggi e decreti termineranno nel 2018, per l’Irpinia (1980) nel 2020, per le Marche e l’Umbria (1997) nel 2024, per il Molise (2002) nel 2023, per l’Abruzzo (2009) nel 2033. Soltanto per il Friuli (1976) il capitolo di bilancio è stato archiviato definitivamente nel 2006.

megLio ALzARe LA SogLiALa prevenzione è dunque uno degli elementi sui quali intervenire e da promuovere attraverso specifiche po-litiche e azioni, compreso il sostegno agli incentivi governativi che con-siderano gli interventi antisismici al pari delle spese di ristrutturazione e dunque defiscalizzabili oggi al 50%. Ma da più parti si chiede che tale so-glia sia portata al 65%, per agevolare la loro realizzazione e soprattutto per permettere una grande azione di prevenzione e precauzione che po-trebbe allineare in alcuni anni l’Italia alle medie internazionali di rischio, con meno vittime potenziali, meno crolli e meno danni patrimoniali. Un beneficio per tutti, per le famiglie, per le imprese, per l’economia, per il patrimonio edificato. Anche in prospettiva di quanto accaduto e che potrebbe accadere con le decisioni del Governo in merito al sostegno alle famiglie e alle imprese in caso di terremoto. Tutti ricordano, infatti, come poche settimane prima del ter-remoto in Emilia, l’esecutivo aveva proposto la riforma della Protezione Civile, affermando che lo Stato non si sarebbe più fatto carico dei danni subiti dai cittadini in caso di cata-strofe naturale. Ciò che è accaduto in Emilia è emblematico, dato che se la ricostruzione è a carico dei danneggiati, il problema è il ruolo che possono assumere le compagnie assicurative, tra polizze che potreb-bero divenire molto elevate e in

generale una politica mutualistica ancora tutta da definire. Il Governo Letta propone di rendere obbligato-ria la copertura assicurativa contro le catastrofi naturali per le aziende, con l’adozione di un sistema che riduca l’aggravio sulle imprese. È eviden-te che il patrimonio edificato è un bene privato, ma è anche parte della competitività di un Paese. Preven-zione, dunque, ma anche assistenza e assicurazioni adeguate, perché va trovato un punto di equilibrio, tra pubblico e privato, che permetta di rendere adeguate scelte che priva-tizzano il rischio. Ma le imprese, in caso di eventi eccezionali, devono comunque poter contare su una facilità di accesso alle protezioni da rischi, per esempio attraverso una parziale defiscalizzazione dei premi assicurativi contro le catastrofi. Prevenzione può significare molte cose, dagli interventi sulle strutture alla sottoscrizione di polizze contro i rischi. Ma è evidente che deve essere al centro dell’azione del Governo la sburocratizzazione delle procedure e una vera sussidiarietà nelle azioni di intervento post-sisma. L’esempio più chiaro è l’accelerazione che vi è stata nella risoluzione degli impasse nella gestione del post terremoto a L’A-quila. E in questo senso l’esempio del Friuli è sempre lì a ricordarci che se vogliamo, possiamo e sappiamo farlo. Con l’impegno di tutti. l

Gli effetti dei terremoti sui conti pubblici sono pesanti: per il terremoto del Belice in Sicilia (1968) gli impegni di spesa finanziati da leggi e decreti termineranno nel 2018, per l’Irpinia (1980) nel 2020, per le Marche e l’Umbria (1997) nel 2024, per il Molise (2002) nel 2023, per l’Abruzzo (2009) nel 2033. Soltanto per il Friuli (1976) il capitolo di bilancio è stato archiviato definitivamente nel 2006. Sotto: i terremoti dal 1981 al 2011

EMERgEnzAA ORARIO cOnTInuATOanche se non sempRe Li avveRtiamo,ogni gioRno in itaLia si RegistRano 34 teRRemoti. un dato che dovRebbe spingeRe goveRno e impRese ad adottaRe misuRe di pRevenzione. peRché iL disastRo è in agguato

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L’AQuILA, vIAggIO nEL SILEnzIO visita aLLa zona Rossa deLLa città, dove iL LavoRo è Lento, difficiLe e compLesso. è necessaRio metteRe in sicuRezza Le stRuttuRe danneggiate. peR pReveniRe

di Federico Della Puppa

è stato il quinto terremoto più grave dell’epoca recente (dopo quelli di Messina nel 1908, di Avezzano nel 1915,

dell’Irpinia nel 1980 e del Friuli nel 1976): 308 morti, 1.600 feriti, circa 65mila sfollati e danni per 14 mi-liardi. Il cratere sismico nella zona dell’Aquila ha coinvolto 57 comuni, 42 nella provincia del capoluogo, otto di quella di Teramo, sette di quella di Pescara. Quello abruzzese del 6 aprile 2009 è stato anche il terremoto più seguito dal punto di vista mediatico, non solo perché è rimbalzato attraverso internet, ma anche perché ha ospitato l’incontro del G8 del 2009, che inizialmente doveva essere realizzato in Sar-degna e che invece, proprio in omaggio alle popolazioni colpite, il governo ha poi spostato a L’Aquila. La diffusione della comunicazione ha anche favo-rito l’interven-to umanitario di numerosi Paesi per rico-struzione. Ma, accanto al dramma per i cittadini colpi-ti, il sisma ha portato anche una lunga scia di polemiche e di inchieste della magi-stratura, alcu-ne delle quali recentemente, e con ulteriore clamore, sono giunte alla conclusione. Per esempio, la senten-za che ha comminato condanne per il crollo alla

Casa dello Studente o quella legata alla commissione Grandi rischi, peraltro molto discussa, secondo cui la popolazione non sarebbe stata avvertita in modo adeguata del possibile disastro. Ma, al di là delle polemiche e delle decisioni dei giudici, ciò che emerge dall’e-sperienza del terremoto abruzzese è che, per la prima volta, un evento del genere viene considerato come «non imprevedibile». Certo, un terremoto rimane comun-

que un evento non programmabile nel giorno e nell’ora, argomentano i magistrati, ma la negligenza nella realizzazione dei lavori di messa in sicurezza antisismica e la scarsa informazione ai cittadini sui rischi potenziali di fenomeni in atto, rappresentano due facce di una medaglia che in realtà ha una sola immagine, quella della prevenzione e della precauzione, qui completa-mente dimenticate. La tesi non ha mancato di suscitare perplessità. Ma una cosa è certa: le sentenze evidenziano che di fronte all’e-ventualità di un sisma, le misure precauzionali, la prevenzione e le prescrizioni devono essere fattori al centro dell’operato di tutti i soggetti coinvolti, da chi controlla e deve avvertire di potenziali rischi a chi è chiamato a intervenire per adeguare gli edifici alle norme. Il terremoto a L’Aquila insegna anche che molti morti possono essere evitati con la prevenzione, l’informazione e se si

seguono re-gole edilizie adeguate. Nel caso specifico, la scossa di magni-tudo 5,9 sulla scala Richter (ma pari ad una magnitudo momento di 6,3) che alle 3 e mezza di notte ha col-pito l’area abruzzese, provocando danni a oltre il 50% degli edifici, in particolare nel centro storico de L’Aquila e in alcune frazioni

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come Onna, era stata preceduta da una lunga serie di eventi (uno sciame sismico). I primi sono stati di lieve entità, nel dicembre 2008, e poi, dal gennaio 2009, con fenomeni crescenti per frequenza e intensità. Ancora oggi, a distanza di anni, le scosse proseguono molto frequenti, alcune delle quali avvertibili, come quelle della fine di luglio del 2013: segno che l’attività tellurica non è conclusa e che tutti gli interventi di ricostruzione e di messa in sicurezza degli edifici devono comprendere oggi una estrema attenzione alla riduzione del rischio e al non impro-babile reiterarsi di terremoti nella zona. Basti considerare che l’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vul-canologia) ha registrato circa 18mila terremoti in tutta l’area della città dell’Aquila nei 12 mesi successivi all’evento catastrofico. A distanza di oltre quattro anni dal sisma qual è la situazione a L’A-quila? Una visita alla zona rossa, ancora molto estesa, riporta alla dura realtà di una ricostruzione lenta, difficile e complessa, per la natura urbanistica del capoluogo e per la notevole presenza di palazzi storici e di un patrimonio storico-artistico di cui la città era ricca, con le oltre cento chiese quasi tutte ancora oggi inagibili. Chi cammina, a oltre quattro anni di distanza dal sisma, nella zona rossa della città non può che provare un’immersione profonda, dolorosa, silenziosa nel dramma. Per dirla con lo scrittore ceco Bohumil Hrabal, è una «solitu-dine troppo rumorosa» quella che ci accompagna nella nostra visita. Una solitudine e un dolore amplificato dal silenzio irreale che pervade tutte le aree della zona rossa. Pochi echi di suoni in lontananza. Solo il battito delle ali dei colombi che hanno colonizzato tutti i buchi e le macerie di una città che vuole rinascere, ma che oggi è ancora vietata, chiusa, impermeabilizzata al passaggio, se non per alcune strade, poche, che permettono di avvicinarsi ai luoghi della ricostruzione.

ANDARe AVANtiL’esistenza della zona rossa e le poche strade aperte potrebbero dare l’impressione che L’Aquila sia di nuovo vivibile. Nel centro città due bar aperti sembrano dire che si può ricominciare. Ma appena si esce dalla strada principale e ci si addentra per le strade e i vicoli vietati al passaggio, senza adegua-to lasciapassare, la sensazione è che riportare la vita, la socialità in questi luoghi sarà compito diffici-

le, duro, lungo e che prevede una volontà ferrea, come quella del sindaco Massimo Cialente e di chi si adopera per dare certezza alla ricostruzione. Servono 10 miliardi di euro, e oggi si può contare solo su risorse limitate, 630 milioni di euro fino al 2015, come ha di recen-te puntualizzato il ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia in una audizione della Camera. Se la ricostruzione durerà dieci anni, come stimato, significa 1 miliardo all’anno. Il governo ha dichiarato che affronterà il tema nella legge di stabilità. Vedremo. Ciò che è verificabile da chiunque, oggi, è la lentezza della ricostruzione. Sono passati più di quattro anni ma, a di-spetto delle promesse della politica (e delle sceneggiate a uso delle reti televisive) dispensate all’epoca del sisma, in alcune strade tutto sembra immobile, fermo a quella notte, con l’aggiunta del vuoto delle vetrine che ci accompagna, che accresce la sensazione di abbandono e soli-tudine. Le poche porte e finestre aperte testimoniano infatti un abbandono definitivo. Oppure dalle poche macerie, ancora presenti, che in alcune zone hanno di fatto cristallizzato quella tragica notte. L’infinita sequenza di ponteggi ci assiste nel nostro cammino, ci protegge, ma protegge soprattutto la città e la aiuta a rimettersi in piedi, come le stampelle aiutano noi negli infortuni. E allora guardando con occhi diversi alla zona rossa, non si può non notare i tanti gruppi

di tegole ben allineate e pronte a essere rimesse sui tetti, quando sarà il momento.

Le gRU AL LAVoRo I grandi cantieri con le grandi gru e i contenitori dei materiali sono ben visibili, ma è nelle piccole strade, nei vicoli laterali dove si riconquista metro a metro l’agibilità, dove il gesto sapiente di un intonacatore evidenzia la cura nel riportare una casa al suo splendore. E allora quel silenzio si fa rumore, improvviso, dirompente: è quello dei motori dei miniescavatori che d’improvviso sbucano di fronte a noi e spariscono dentro a un palazzo, dei martelli pneumatici che i teli dei cantieri nascondono alla vista, delle pompe che sigillano con il calcestruzzo le crepe di un dramma che oggi è vi-sibile a tutti, dentro ma anche fuori la zona rossa, e che attira oggi tanti turisti sui luoghi del disastro e del dolore. È da lì che si deve ripartire, dalla socializzazione della ricostru-zione, dal mantenere viva l’atten-zione sulla necessità di intervenire ben sapendo che non tutto, e forse ben poco, potrà essere «com’era e dov’era». In molte parti della città si dovrà demolire per ricostruire. Ma anche quella sarà una ripartenza. E se sarà fatta con le necessarie e dovute prescrizioni e precauzioni, mettendo la prevenzione al primo posto, e con adeguati finanziamenti, sarà una vera rinascita per L’Aquila. Quella che attendiamo tutti da quel-la buia notte del 6 aprile 2009. l

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Il cratere sismico nella zona dell’Aquila ha coinvolto 57 comuni, 42 nella provincia del capoluogo, otto di quella di Teramo, sette di quella di Pescara

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In EMILIA LA vITA c’ènon sono i danni, ancoRa visibiLi, che coLpiscono chi visita i Luoghi deL teRRemoto deL 2012, ma La voLontà di un RitoRno aLLa noRmaLità da paRte di chi ci abita ancoRa

Federico Della Puppa

i l terremoto che ha colpito l’E-milia e alcune aree del Veneto e della Lombardia il 20 maggio 2012 è stato un evento che ha messo in evidenza, più di tutti

gli altri e in tutta la sua drammati-cità, come sia cambiata la mappa della sismicità del nostro territorio. Le aree della pianura padana fino ad alcuni anni fa erano classificate come potenzialmente sicure e, in caso di eventi sismici, oggetto di danni di piccola entità. I terremoti in Italia negli ultimi 30 anni non hanno provocato tragedie nel territorio tra Torino e Venezia. Ma il 2012 ha rap-presentato la presa di coscienza che nessuna area, salvo rare eccezioni, è esclusa da possibili disastri. La conclusione è che bisogna rivedere non solo i parametri di sismicità delle diverse aree geografiche, ma anche le prescrizioni costruttive e di sicurezza. Il terremoto dell’Emilia ha, inol-tre, presentato un fenomeno ben conosciuto ma tutto sommato nuovo per l’Italia: la cosiddetta liquefazio-ne dei terreni (cioè quel compor-tamento dei suoli sabbiosi che, a causa di un aumento della pressione, passano improvvisamente da uno stato solido a uno fluido, instabile). Questo fenomeno ha colpito alcune zone e ha ulteriormente allarmato le popolazioni. Un altro elemento che ha aggravato la situazione è che alle prime due forti scosse, di magnitudo 5,9 registrate alle 4:03 (ora italiana) ne è seguita una di uguale intensità il 29 maggio alle 9:00, seguita da altre tre rilevanti alle 12:55 (magnitudo 5,4), alle 13:00 (magnitudo 4,9) e un ulteriore evento alla stessa ora di magnitudo 5,2. La successione è proseguita il 31 maggio con due scosse oltre la magnitudo 4,0, alle quali poi è seguito uno sciame sismico con un ulteriore forte tremito della terra, di magniutudo 5,1, il 3 giugno. Le scosse e lo sciame sismico sono poi proseguiti inin-

terrottamente, come dimostrano i dati dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), fino all’e-vento recente, di magnitudo 4,0, del luglio 2013. Il terremoto del 2012 ha causato complessivamente 27 vitti-me, delle quali 22 a causa dei crolli, e ha generato circa 15mila sfollati in un’ampia area compresa tra le pro-vince di Modena, Ferrara, Mantova e in alcuni comuni della provincia di Bologna. In particolare Cavezzo, Concordia sulla Secchia, Mirandola, Moglia, Novi di Modena, San Felice sul Panaro, Camposanto, Crevalco-re, Mirabello, San Giacomo delle Segnate, Bondeno, Finale Emilia, Ficarolo, Reggiolo, Carpi, Cento, Medolla, Poggio Renatico e Poggio Rusco. I danni ammontano a poco più di 13 miliardi di euro, dei quali circa 3,3 per l’edilizia residenziale, 5,3 per le attività produttive, 2,7 per i beni storico-culturali e gli edifici religiosi.

oRA Si PUNtASULLA QUALità Ad attraversare oggi, a poco più di un anno di distanza dal sisma, le aree colpite si constata proprio questa situazione. Ma si avverte anche la volontà di iniziare subito la ricostru-zione, per proseguire la produzione nelle fabbriche. Ovunque si leggono cartelli con scritto «aperto» o «siamo aperti». Qui si è usato moltissimo le-gno e meno ponteggi, si è transenna-to a filo dei palazzi, lasciando aperte

le strade, rendendo percorribili le zone colpite, garantendo l’accesso ai palazzi non lesionati e alle case agi-bili. A Crevalcore la strada centrale è percorribile da una porta all’altra, i locali del centro stanno riaprendo. Sono poche le «zone rosse» ancora esistenti. La sensazione diffusa è in una volontà di rinascita che si scon-tra con la necessaria riorganizzazio-ne delle attività, vero motore della ricostruzione, costrette in alcuni casi a delocalizzarsi o a spostare la pro-pria sede. Ma si scontra anche con le esigenze di una burocrazia che molti, da queste parti, contestano duramen-te, abituati alla velocità delle scelte e alla capacità operosa di metterle in atto velocemente. Non sono pochi i segnali di una insofferenza alla eccessiva burocratizzazione della gestione degli aiuti e in particolare alle difficoltà di avere certezze sui tempi. Ma al di là delle polemiche, inevitabili, la sensazione è che qui si è voluto procedere con velocità per cancellare immediatamente i segni, nefasti, delle crepe e dei crolli. Quasi tutti gli edifici pericolanti sono già stati demoliti, le aree pulite. Pochi edifici di grande dimensione resisto-no, nella loro inagibilità, a ricordarci che, se si deve costruire, ma in modo sicuro, antisismico e in qualità, bisgona farlo. Una qualità voluta, cercata, vissuta in prima persona, attraverso l’impegno attivo, giorno per giorno, a riportare al centro la vita, nonostante tutto. l

Nel centro di Mirandola, uno dei paesi più colpiti dal terremoto che ha sconvolto l’Emilia. Un elemento che ha aggravato la situazione è che alle prime due forti scosse il 20 maggio 2012, ne è seguita una di uguale intensità nove giorni dopo

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In LunIgIAnA,TRA LE cREPEDEL nOn-EvEnTOè successo iL 21 giugno, ha pRovocato danni, ma pochi gLi hanno dato peso. eppuRe è stato un teRRemoto come gLi aLtRi, soLo con caRatteRistiche diveRse

di Federico Della Puppa

A lle 2:33 del 21 giugno un terremoto di magni-tudo 5.2 è avvenuto tra le province di Lucca e Massa, con epicentro nei

comuni di Minucciano, Casola in Lunigiana e Fosdinovo. Il terremoto, che non ha fatto vittime, ha registra-to una serie ininterrotta di scosse nei giorni seguenti, fino a quella del 30 giugno, con magnitudo 4.4, e del 12 luglio, con magnitudo 3.4 fino alle aree di Ugliancaldo e Equi Terme. In sostanza, per circa un mese la Luni-giana è stata colpita da una serie di eventi sismici che hanno interessato i comuni più interni, in particolare Casola, che rimane uno dei comuni più colpiti. Su circa 1.300 abitazioni censite, circa 400 risultano lesiona-te. Complessivamente, sono stati verificati 1.780 edifici in Lunigiana e 781 in Garfagnana e ne risultano lesionati e inagibili circa 450 in D

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Lunigiana, oltre a un centinaio in Garfagnana. Circa 400 gli sfollati nei campi allestiti dalla Protezione civile in Lunigiana, e 240 circa in Garfagnana. I piccoli numeri di questo terremoto, se confrontati con quelli dell’Emilia o dell’Abruzzo, associati all’assenza di vittime e al fatto che molti edifici sono lesionati internamente, ma esternamente non presentano apparentemente danni, hanno derubricato questo sisma alla categoria di «non evento». La pro-vocazione viene direttamente dalla popolazione residente a Casola in Lunigiana e nei dintorni che, mentre presenta i danni e le crepe nei muri delle case e dei negozi, ma anche dei musei e di altri edifici, racconta con rassegnazione di sentirsi dimentica-ta. Eppure, la nostra giornata inizia alle otto del mattino proprio con una scossa: ricorda che qui, da circa un mese, i movimenti della terra sono giornalieri, orari, frequenti, a volte leggeri, a volte più sensibili. E ogni

scossa è una ferita diretta alle poten-zialità turistiche di questo territorio, che è fatto soprattutto di seconde case, di qualche risorsa agrituristica e termale e che solo in estate riesce, con le maggiori visite, a garantir-si un po’ di sostegno economico. Quando si è saputo del terremoto gran parte delle prenotazioni sono state annullate, specie dall’estero. Il danno, quindi, non è solo del terre-moto, ma è anche nell’immagine di una terra difficile, aspra ma affasci-nante, se ci si addentra, se si seguo-no le strade che costeggiano i crinali, che non hanno alcuna manutenzione da anni e che, frequentemente, sono interrotte da strettoie nelle quali vie-ne segbnalata un principio di frana o di smottamento, o il cedimento della carreggiata. «È così dappertut-to», racconta Raffaella Castagnoli, fotografa e biocontadina, che vive in una frazione di Bagnone, a pochi chilometri dall’epicentro. «Non ci sono soldi per sistemare le strade e

Le case più vecchie in Lunigiana risalgono al 1400, quelle più recenti al 1700. Quelle del 1400 hanno retto meglio il terremoto. Ma solo esternamente. Perché questo è un territorio che si era preparato, nel quale in passato si è fatta adeguata prevenzione strutturale. Il Governo ha stanziato 3 milioni di euro per i lavori di «somma urgenza». Considerando che le case lesionate sono circa 400, si tratta di circa 7.500 euro per abitazione

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ormai la popolazione rimasta è poca rispetto ad un tempo. Nel passato si sono spostati tutti verso le aree più produttive, verso le città, e qui sono rimasti in pochi. Noi abbiamo volu-to essere tra quei pochi». Raffaella fa da guida per le strade della zona e spiega come sia duro vivere in questi luoghi, ma anche della pace e della serenità che si può respira-re nelle faggete e nei boschi e dei vecchi borghi sparsi sulle colline, che per lo più sono ormai ridotti a insiemi di seconde case. «Qui la gente è concreta: non fa grandi sogni, ma per vivere si accontenta di quel poco turismo che arriva ogni anno». Il terremoto quest’anno ha invece cambiato le carte in tavola. Eppure. Eppure la rassegnazione dei negozianti e degli abitanti, compresi i tanti proprietari di case per vacan-za, che sono abituati a passare qui l’estate, è anche una sorta di forza interiore che consente di soppor-tare questo momento difficile. La Lunigiana è la terra più povera e dimenticata della Toscana. Attraver-sata dal fiume Magra, è collegata alla provincia di Lucca e a quella di Parma da passi montani impervi, ma affascinanti, e nelle zone più basse si collega, attraverso Sarzana, al tratto finale della Val di Vara, in provincia di La Spezia. È un territorio che non fa sconti, a chi ci vive e a chi lo visi-ta. Lo si può amare o detestare, ma non lascia indifferenti. E richiede passione. L’estensione del verde, lo scenario splendido delle Alpi Apua-ne, la ricca dotazione di acqua (Equi Terme è una piccola ma rinomata stazione termale), la presenza di alcuni grandi stabilimenti produttivi, come le cartiere di Fivizzano (già messe in crisi all’inizio dell’anno dall’esplosione del metanodotto), le strade non finite. Tutto porta a vedere la Lunigiana come una terra difficile. Eppure. Eppure chi vive

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qui è abituato a convivere con gli eventi, ad adattarsi, come per le tante piogge dell’inverno appena dimenticato o come il terremoto, che è diventato nei piccoli paesi, dove tutti si conoscono, un legante ulte-riore dei pochi abitanti e villeggianti. A Casola, in Lunigiana, uno dei comuni più colpiti, la popolazione apre le porte dei negozi e delle case per mostrare i danni. Senza lamen-ti, senza recriminazioni. Solo la constatazione delle condizioni nelle quali oggi questa popolazione vive. Casola, circa mille abitanti e 1.300 case, uno dei tanti piccoli borghi che nel passato erano la forza vitale del territorio italiano e oggi soffrono la loro condizione di perifericità. Eppure. Eppure in questo comune, dove tutti si conoscono, le persone ci accolgono con un sorriso, raccon-tano delle difficoltà di vivere e convivere con il terremoto, mostrano i segni del sisma, tutti interni alle case, con le grandi crepe sui muri, con i crolli dei tamponamenti e delle partizioni interne. Le case più vecchie qui risalgono al 1400, quelle più recenti al 1700. Quelle del 1400 hanno retto meglio il terremoto. Ma solo esternamente. Perché questo è un territorio che si era preparato, nel quale in passato si è fatta adeguata prevenzione strutturale. I risultati si vedono. Le crepe esterne sono poche e poco visibili. Come i sorrisi delle persone che incontriamo e che ci aprono le porte delle case e delle camere da letto. Colpisce che molte delle crepe, delle fessure e dei muri rotti sia nelle camere da letto. Vedere che i travi di legno usciti dopo secoli dalla loro sede continua-no a fare il loro dovere, reggendo i soppalchi, ma mostrando il bianco del legno delle teste. Le case messe in sicurezza hanno risparmiato in questi luoghi, nonostante la forza delle scosse, il conteggio delle

vittime. Gli abitanti si sono adeguati alle scosse, convivono con la paura, ma la paura peggiore è quella di non poter rivitalizzare questi luoghi con il turismo. L’immagine della stazione del treno che collega Equi Terme a Lucca è l’emblema. Chiusa, transennata, forse per sempre. Eppure. Eppure basterebbe poco a rivitalizzare queste aree, ad inserire la Lunigiana in nuovi territori del turismo verde, ecosostenibile, dove il treno potrebbe essere uno dei mezzi di conoscenza dei luoghi. Ma per ora di sviluppo non se ne parla. Per ora bisogna intervenire urgen-temente per mettere in sicurezza le case ancora inagibili e per ridare l’agibilità laddove le condizioni lo permettono. Il Governo ha stanzia-to 3 milioni di euro per i lavori di «somma urgenza».

NoN DimeNtiCARe iL teRRitoRio ASSieme AL SiSmAConsiderando che le case lesionate sono circa 400, si tratta di circa 7.500 euro per abitazione. In qualche caso forse potrebbe bastare, ma vi sono danni che, su edifici del 1400 o del 1700, necessitano di risorse mag-giori. Secondo la Regione i fondi ne-cessari per finanziare la ricostruzio-ne in Lunigiana e Garfagnana dopo il terremoto ammontano a circa 55 milioni, ma la verifica dei danni è ancora in corso. Come al Museo del Territorio dell’alta Valle Aulella, appena restaurato, che necessita oggi di interventi urgenti al suo interno. Ma anche qui, come per le case intorno, ci si accorge dei danni solo se si entra nelle case. Dev’essere un elemento scritto profondamente nel Dna della Lunigiana. Mostrare un lato e celarne un altro. Al turista, al visitatore disattento, ciò che appare potrebbe sembrare la realtà. Ma la Lunigiana è bella perché nasconde la sua bellezza, perché le cose più belle bisogna cercarle o farsele mostrare da chi, come Raffella, qui vive e lavora. Il terremoto ha svelato, in tutta la sua drammaticità questo lato. All’esterno muri perfetti, all’inter-no le crepe, le stesse che al primo incontro gli abitanti non vogliono mostrare, dispensando dolci sorrisi. Ma quelle crepe sono ben visibili se ci si ferma a dialogare con loro, se ci si fa raccontare, se si supera la soglia. Quella soglia che spesso ci allontana ma che in questo caso ci avvicina. Una soglia da superare per non dimenticare questa terra, che un «non evento» potrebbe trasfor-mare, con la nostra dimenticanza, in un «non territorio». La Lunigiana chiede attenzione. Diamogliela. l

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Le nuove RegoLe non sono faciLi da impaRaRe. e, spesso, si pRestano a inteRpRetazioni diffeRenti. così c’è chi oRganizza dei coRsi ad hoc

di Stefano Lavori

S e c’è qualcosa che in Italia non manca mai è l’obbligo di non smettere mai di studiare. Il nostro è il Paese che ha sei volte

il numero di avvocati della Francia e, probabilmente, un numero di commercialisti in proporzione. Cambiare continuamente le leggi, insomma, significa anche met-tere alla prova i professionisti di una determinata area di attività, che devono imparare le nuove regole in fretta. E non si tratta di un’impresa semplice, dato che le leggi italiane sembrano scritte apposta per non essere comprese. La riforma del condominio non fa eccezione, al contrario. Come riassunto nelle pagine precedenti di Condominio Certificato e So-stenibile, le novità sono molte e, spesso, poco chiare. O, comunque, si prestano a interpretazioni non univoche. Insomma, gli addetti ai lavori del mercato immobiliare italiano, non solo gli ammini-stratori condominiali, dovranno tornare sui banchi di scuola o fare ripetizioni a casa se non vogliono cadere in qualche trappola. Questo il motivo che ha spinto le diverse sigle che compongono la piccola galassia associazionistica di amministratori condominiali a mettersi al lavoro. L’obbligo del conto corrente condominiale, la possibilità di chiedere all’ammini-stratore di stipulare una polizza as-sicurativa ad hoc, oppure di dotare lo stabile di un proprio sito inter-net, l’introduzione di un’anagrafe condominiale, con i dati relativi agli appartamenti e al numero di occupanti, per esempio, sono tutte novità che vanno approfondite anche con corsi e lezioni tenute da esperti. «Per ora l’adozione delle

nuove norme non ha creato grandi contraccolpi fra i nostri associati», ha spiegato al Sole 24Ore Pietro Membri, presidente nazionale dell’Anaci. «Più che altro, ci sono alcune novità che bisogna spiegare bene e far accettare ai condomini. Soprattutto nelle piccole città, in tanti si lamentano perché aprire un conto corrente condominiale com-porta una spesa, ma è obbligatorio. Sotto questo punto di vista, gli amministratori si stanno sforzan-do, oltre a imparare le novità delle riforma, a diventare dei buoni comunicatori». Insomma, i motivi per far torna-re studenti i professionisti della gestione degli stabili ci sono tutti. La prima tornata di corsi è partita con l’autunno, in particolare tra settembre e ottobre. Ma si annun-ciano nuove occasioni per appro-fondire con l’ausilio di professio-

nisti, le nuove regole. Tra l’altro, le iniziative rispondono anche a quanto previsto dalla legge 4-2013 (quella sulle professioni non rego-lamentate), che mette in capo pro-prio alle associazioni il compito di garantire la formazione periodica dei propri iscritti. Quasi inevita-bile, dunque, che le diverse sigle (Anammi, Anaci, Anapi, Anaip, Alac), si siano subito attivate. Di sicuro «i corsi di riparazione» per gli amministratori di condominio non si fermeranno qui. Gli aspetti da approfondire, infatti, sono tanti. Un esempio? Il nuovo rapporto con il Fisco, che starebbe studiando come utilizzare le nuove anagrafiche degli amministratori per una sorta di catasto parallelo: sarebbe utile per per portare alla luce posizioni oggi sommerse. Meglio che gli amministratori si preparino alle novità. l

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di Stefano Lavori

Banche in condominio: dalla metà di giugno, per legge, ogni amministra-zione deve attivare un conto corrente specifico

per l’impiego ai fini della gestione finanziaria dello o degli stabili. Sul conto corrente intestato al con-dominio devono confluire tutte le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle erogate per conto del condo-

minio: non sono ammesse deroghe, sotto pena di revoca dall’incarico. E non è un’impresa semplice per almeno la metà dei condomini. Dati ufficiali non esistono, ma la sensazione diffusa è che parte degli amministratori non abbia ancora provveduto alla necessità. Per alcuni, è vero, quello con la banca è un rapporto di lunga data e, di fatto, il conto corrente esiste già. Per altri, i condomini più piccoli

e decentrati, si tratta invece di aprire una posizione che non esiste: spesso l’amministrazione transita su conti di un singolo proprietario delegato. Il conto corrente intestato al condominio non è un passo di poco conto per due motivi. Il primo è che, come è noto, non tutti i conti correnti sono uguali. Le condizioni praticate dagli istituti di credito, infatti, sono molto differenti l’una dall’altra. La scelta della banca, in-

SOPRA LA cASA LA bAncA cAMPA

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somma, deve essere oculata se non si vuole rischiare una contestazione da parte di qualche condomino. La seconda ragione che rende questo passo più problematico di quanto ci si potrebbe aspettare è che gli istituti di credito sono (tanto per cambiare) in ritardo. In buona parte non hanno ancora proposto prodotti ad hoc per il condominio, oppure non li comunicano con la dovu-ta risonanza. Difficile metterli a confronto, quindi. Eppure il mezzo milione (a occhio) di conti correnti da attivare sono una formidabile occasione di business. Come si spiega, quindi, questa trascuratez-za? In parte, è dovuta alla congenita lentezza degli istituti di credito nel cogliere le opportunità, nella inca-pacità di adeguarsi alle esigenze dei clienti. Ma anche dalle consuetudini radicate da parte di amministratori di condominio e le singole banche, anzi, con i singoli sportelli. Il risul-tato è che le condizioni praticate sono più determinate dal rapporto personale tra amministratori o di qualche condomino con il direttore o l’impiegato di una azienda di credito più che sulla proposta di prodotti finanziari capaci di venire incontro alle reali esigenze di una realtà condominiale.

A mministratore obbligatorio oltre gli otto condomini. Prima della riforma basta-vano quattro proprietari differenti in uno stabile a

formare il condominio e, quindi, ad avere l’obbligo di un amministratore in pianta stabile (articolo 1129, 1° comma, Codice civile). Adesso quel limite è stato aumentato: la nuova legge riscrive ed eleva quel limite in modo consistente. Adesso la nomina è obbligatoria quando il numero dei condomini supera gli otto. Più preci-samente ora il Codice civile prevede che «quando i condomini sono più di otto, se l’assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’ammini-stratore dimissionario». La normativa prevede anche una sanzione nel caso non sia ottemperata questa dispo-sizione: la revoca dall’incarico di amministratore di condominio. Questa norma prevede anche che il vecchio conto corrente intestato, magari, a uno degli inquilini che faceva funzioni di amministratore non sia più valido: bisogna aprirne uno apposito attribuito all’intero condominio.

N on mancano i dubbi. L’obbligo di far transita-re qualsiasi pagamento o versamento dal conto corrente ha creato non

poche preoccupazioni e perplessità agli amministratori. La norma, di fatto, impedisce di prelevare o depositare dei contanti senza titolo. E questo può creare problemi. Invece di un modesto fondo cassa che spesso è in dotazione a un consigliere per le piccole spese (per esempio, sostituire una lampadina sulle scale o acquistare in prodotto per la pulizia), ora il prelievo do-vrebbe passare dal conto in banca. In realtà, proprio perché è impensa-bile ritirare con il bancomat pochi spiccioli, il prelievo potrà avere una indicazione generica. Per esempio, appunto, «fondo cassa». Anche in questo caso, però, l’amministrato-re è tenuto a giustificare le spese: dovrà poi indicare nella gestione contabile interna che cosa è stato acquistato con quel denaro, come espressamente previsto dal nuovo articolo 1130 del Codice.

e se i condomini, magari anziani, vogliono pagare in contanti? Si può: se l’amministratore ritiene di voler accettare ancora

i versamenti in denaro liquido dei condòmini, verserà poi in banca quanto percepito, ma indicandone la provenienza. l

N iente più imbarazzi o sen-sazione di avanzare una richiesta indiscreta: con la riforma ogni condomino ha diritto di visionare spe-

se e incassi del condominio. E lo può fare facilmente, prendendo visione o richiedendo una copia della rendicon-tazione periodica del conto condomi-niale. Lo può ottenere «per il tramite dell’amministratore» (articolo 1129, comma 8 del Codice civile). Tra l’altro, l’idea originaria dei legislatori era che i condomini potessero richie-dere la rendicontazione direttamente dall’istituto bancario. Una compli-cazione per le banche e un problema per la sicurezza dei dati. Alla fine è comparso così l’inciso «per il tramite dell’amministratore». L’inottempe-ranza a questo obbligo o, addirittura, il rifiuto di fornire la documentazione è un motivo sufficiente per ottenerne la revoca giudiziale. Insomma, l’am-ministratore perde il posto per legge, non c’è scampo.

t ra le più importanti novità della legge di riforma, come detto, c’è l’obbligo da parte dell’amministra-tore di far transitare tutte

le somme riguardanti la gestione del condominio su uno specifico conto corrente. Ma non è detto che debba proprio essere aperto in una banca: va bene anche il conto corrente postale. E non è una precisazione da poco, visto che in molti paesi lontani dalle città è più facile trovare un ufficio di Poste Italiane piuttosto che uno sportello bancario. La firma e la gestione del conto rimangono sempre e comun-que all’amministratore.

C he succede se l’ammini-stratore ritarda troppo, non apre del tutto, oppure non utilizza correttamen-te questo conto? In que-

sto caso i condòmini, anche singo-larmente, possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore. E se la maggior parte dei condomini sono amici dell’amministratore, oppure non sono interessati a con-testare la violazione? È previsto anche questo: in caso di mancata revoca da parte dell’assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all’autorità giudiziaria.

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Quei fiori che portano la pioggia

Abito al quarto piano sotto l’attico di una palazzina di dieci appartamenti molto bella, con degli ampi balconi ornati da grandi fioriere in cemento, presenti anche sotto alcune finestre. Purtroppo da parecchi mesi debbo lamentare delle infiltrazioni che danneggiano una stanza da letto ed il bagno, che sono situate sotto il terrazzo dell’appartamento soprastante, che termina con le fioriere. L’amministratore, che è anche proprietario dell’appartamento soprastante, dice che si deve portare all’assemblea il rifacimento del terrazzo. A.R., San Donà di Piave

Nel caso di specie è essenziale stabilire la causa delle infiltrazioni. Infatti, se le infiltrazioni provengono dalle fioriere l’onere delle opere di ripristino spetta esclusivamente al proprietario delle stesse, il quale deve mantenere in efficien-za tutte le parti della proprietà che possono recare danni al condominio o agli altri condomini. Qualora, invece, fosse necessario rifare tutta l’impermeabiliz-zazione del terrazzo, ci si deve rifare a quanto stabilito dall’art.1126 cc.

è il regolamento a decidere sull’area box

Abito in un condominio nel quale molti condomini sono proprietari di box auto situati al piano seminterrato. Da anni alcuni di questi condomini lasciano la loro seconda auto davanti all’ingres-so del proprio box. A oggi quasi tutti hanno una seconda auto e gli spazi di accesso di fatto sono divenuti un garage condominiale. Può essere utilizzato anche da chi non possiede il posto auto? T.E., Vasto

Premesso che la risposta può trovarla nel regolamento di condominio o nelle delibere assemble-ari, in mancanza di regolamentazione, come suppongo, bisogna rifarsi alla destinazione d’uso dei vari spazi. Quindi, se gli spazi a cui lei fa riferimento sono pertinenze dei box possono essere utilizzati soltanto dai proprietari dei box che potranno deciderne l’utilizzazione. Se, invece, sono spazi di proprietà dell’intero condominio, sarà l’assemblea dei condomini a deciderne i criteri di utilizzazione. Un aspetto diverso riveste il fatto che gli spazi di accesso di fatto siano diventati garage, di conseguenza come tale deve essere assoggettato alle norme di sicurezza che ne regola-no l’utilizzo e probabilmente deve ottenere il Certificato di prevenzione incendi sotto la respon-sabilità dell’amministratore che rischia personalmente nel caso di incendio causato da una delle auto parcheggiate nelle zone di accesso.

Le spese arretrate cadono sul nuovo proprietario

Ho acquistato un appartamento in un condominio piuttosto caro: le spese, riscaldamento com-preso, ammontano a 160 euro mensili. Nel mese di settembre e dal mese di ottobre ho pagato regolarmente la mia quota. Ora l’amministratore mi chiede di versare 1.545 euro di conguaglio e quote arretrate. A.R. Lumezzane

Il terzo comma dell’art. 63 (giù secondo comma vecchio codice) delle disposizioni di attuazione del Codice Civile recita: «Chi subentra nei diritti di un condominio è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente». Di conseguenza, è corretta la posizione dell’amministratore. L’acquirente, attraverso il notaio, al momento del rogito avrebbe dovuto richiedere al venditore di presentare una liberatoria in merito alle spese condominiali firmata dall’amministratore. Non avendolo fatto, oggi deve pagare il debito con il condominio, salvo poi rivalersi nei confronti del venditore-debitore in quanto il rogito dovrebbe contenere l’affermazione «che l’immobile viene venduto libero da persone e cose anche interposte ed altresì franco e libero da pesi, oneri, vincoli anche di natura obbligatoria, ipoteche, privilegi iscrizioni, trascrizioni di pregiudizio, diritti di prelazione e in genere diritti di o verso terzi di qualunque natura, imposte arretrate o qualsivoglia altro obbligo di natura fiscale». Ovviamente la rivalsa sul conguaglio dovrà essere rapportata ai giorni di possesso del venditore.

Risponde l’esperto di condominio Umberto Anitori. Scrivete i vostri quesiti a [email protected]

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