Commento Diplomatico Alla Tavola 93

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COMMENTO DIPLOMATICO ALLA TAVOLA 93 L’aspetto delle litterae gratiosae come questa è meno solenne di quello dei privilegi, tuttavia anche i documenti di questo tipo, attraverso i quali vengono trattate concessioni di grazie e di diritti permanenti, presentano alcuni elementi caratteristici, presenti con costanza a partire dalla senconda metà del secolo XII, destinati a conferire al documento stesso una certa solennità. A prima vista si nota l’uso di caratteri allungati con iniziale ornata per il nome del pontefice e la presenza di lettere particolarmente elaborate, sui tipi dei capilettera dei codici coevi, all’inizio di ogni singola parte del documento; se non fosse perduto, il sigillo, costituito dalla consueta bolla di piombo (risultante dallo schiacciamento di una pallina di metallo fuso tra due matrici recanti in negativo le immagini e le scritte che poi figurano in positivo nella bolla), sarebbe unito alla pergamena con un fascio di fili serici color porpora e oro, analogo a quello usato nei privilegi e nelle lettere solenni. Sezioni caratteristiche delle litterae gratiosae sono l’arenga (che esprime le motivazioni generali che hanno spinto alla concessione) nonché il decretum e la sanctio contro i contravventori, mentre il saluto e la data breve sono elementi comuni anche ai mandati. Nel documento in esame il protocollo (Gregorius – benedictionem) comprende, oltre all’intitulatio (Gregorius – Dei) con formula humilitatis (servus – Dei), l’inscriptio (Dilectis – Urbe), nella quale non è indicato il nome del magister dell’ospedale, sostituito dal gemipunctus, segno della volontà pontificia di elargire una concessione non ad una persona particolare ma a chiunque ricopra la carica in questione; termina infine con la salutatio (salutem – benedictionem) tipica delle lettere, eccetto quelle solenni – ad perpetuam rei memoriam – e quelle indirizzate a scomunicati, infedeli o simili, che avevano formule particolari intese ad esortare alla correzione dell’errore. Il testo (Sacrosancta – incursurum) si divide in arenga (Sacrosancta confovere), collegata alla parte successiva dalla congiunzione eapropter, dispositio (dilecti – communimus), in cui ricorre la menzione della supplica rivolta agli interessati, per ottenere quanto concesso con il documento, decretum (Nulli – contraire) e sanctio (Si quis – incursurum). L’escatocollo comprende la sola datatio (Date – secundo), al cui interno si distinguono data topica (Date Perusii) e data cronica (idibus – secundo). Il giorno – 13 dicembre – è espresso secondo il calendario romano, mentre l’anno con l’era del pontificato; essendo perduta, come già si è detto, la bolla recante il nome ed il numero ordinale del pontefice, per stabilire di quale Gregorio si tratti bisogna ricorrere ai repertori che ricostruiscono gli itinerari dei pontefici, tenuto conto che le caratteristiche paleografiche non

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COMMENTO DIPLOMATICO ALLA TAVOLA 93

L’aspetto delle litterae gratiosae come questa è meno solenne di quello dei privilegi,

tuttavia anche i documenti di questo tipo, attraverso i quali vengono trattate concessioni di grazie

e di diritti permanenti, presentano alcuni elementi caratteristici, presenti con costanza a partire

dalla senconda metà del secolo XII, destinati a conferire al documento stesso una certa solennità.

A prima vista si nota l’uso di caratteri allungati con iniziale ornata per il nome del pontefice e la

presenza di lettere particolarmente elaborate, sui tipi dei capilettera dei codici coevi, all’inizio di

ogni singola parte del documento; se non fosse perduto, il sigillo, costituito dalla consueta bolla di

piombo (risultante dallo schiacciamento di una pallina di metallo fuso tra due matrici recanti in

negativo le immagini e le scritte che poi figurano in positivo nella bolla), sarebbe unito alla

pergamena con un fascio di fili serici color porpora e oro, analogo a quello usato nei privilegi e

nelle lettere solenni. Sezioni caratteristiche delle litterae gratiosae sono l’arenga (che esprime le

motivazioni generali che hanno spinto alla concessione) nonché il decretum e la sanctio contro i

contravventori, mentre il saluto e la data breve sono elementi comuni anche ai mandati.

Nel documento in esame il protocollo (Gregorius – benedictionem) comprende, oltre

all’intitulatio (Gregorius – Dei) con formula humilitatis (servus – Dei), l’inscriptio (Dilectis – Urbe),

nella quale non è indicato il nome del magister dell’ospedale, sostituito dal gemipunctus, segno

della volontà pontificia di elargire una concessione non ad una persona particolare ma a chiunque

ricopra la carica in questione; termina infine con la salutatio (salutem – benedictionem) tipica delle

lettere, eccetto quelle solenni – ad perpetuam rei memoriam – e quelle indirizzate a scomunicati,

infedeli o simili, che avevano formule particolari intese ad esortare alla correzione dell’errore. Il

testo (Sacrosancta – incursurum) si divide in arenga (Sacrosancta – confovere), collegata alla parte

successiva dalla congiunzione eapropter, dispositio (dilecti – communimus), in cui ricorre la

menzione della supplica rivolta agli interessati, per ottenere quanto concesso con il documento,

decretum (Nulli – contraire) e sanctio (Si quis – incursurum). L’escatocollo comprende la sola

datatio (Date – secundo), al cui interno si distinguono data topica (Date Perusii) e data cronica

(idibus – secundo).

Il giorno – 13 dicembre – è espresso secondo il calendario romano, mentre l’anno con l’era

del pontificato; essendo perduta, come già si è detto, la bolla recante il nome ed il numero

ordinale del pontefice, per stabilire di quale Gregorio si tratti bisogna ricorrere ai repertori che

ricostruiscono gli itinerari dei pontefici, tenuto conto che le caratteristiche paleografiche non

consentono di assegnare il documento né ad una data anteriore alla metà del secolo XII né ad una

posteriore al secolo XIII: escluso dunque Gregorio VIII, che il 13 dicembre del secondo anno di

pontificato si trovava a Pisa, e Gregorio X, che si trovava a Lione, si può stabilire con sicurezza che

si tratta di Gregorio IX, il quale, il 13 dicembre del suo secondo anno di pontificato, si trovava

proprio a Perugia.