Commedie Di Aristofane Vol 1 Text

8/13/2019 Commedie Di Aristofane Vol 1 Text

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lie



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sV^' v

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COMMEDIEDI

TRADOTTE

aai Tconte

CORIOIiAMO DI BAGNOL0

&enafore ae^&leaTta

;

Wl. l/*

TORINOTlPOGRAfiA DI G. MaBZORATI

4850

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Ara tUrma It Grauc tm di cercaro,

£ Talma dJrutefane trovaro.

\

Digitized by LjOOQIC



PREFAZIONE

Quis legel haec?

Vel duo, vel nerao.

Pers. Sat 1.

lOacra fu Vorigine della drammatica, e le

festc di Bacco ne \*idero sfavillare le prime

scintille, quaodo la rappresentazione della

tragedia era una religiosa solennita. Creata

da Tespi, e dal bisogno che provano i po-

poli di forti comroozioni allargata e distesa,

quasi ricca sorgente prodpsse l'antica coin-

media della quale noto non e il primo

scrittore. Solo Aristotile accenna come an-

tichissimi Epicarmo e Formi di Sicilia,

cosi che le prime commedie sarebbero

nate in Italia>

poi TAteniese Crate. II

roarmo di Paro ne fa inventore Susarione

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VI

dleavia, quarant'anni circa prima cheTespi

si mostrasse ad Atene. In premio gli au-

tori, dice il marmo stesso, ne ricevevano

una' cesta di fichi, c^aJwv aovmog, od un'

anfora di vino. (Vedine il com. del Miiller).

Chiamaronsi dapprima commedie , cioe

beile, satire, mal congegnati dialoghi sa-

tirici, die Istrioni da poche tavole elevate

declamavano sub dm. Era precipuo loro

intendimento l'esporre al pubblico scherno

le azioni o vere , o false che fossero dei

principali cittadiui d'Atene. Degno sollazzo

in quei tempi di sfrenata ed anarchica

democrazia, in cui precipitb pure alcuna

volta quella gentile Repubblica. Vero mar-

chio di cotali governi, il tripudiar dalla

gioia vedendo insozzati dal fango della

calnnnia, chi o per merili feali, o per le-

gitime dovizie sdvrasta alia rozza e sco-

stumata plebaglia, da quei vili che si fanno

adulatori di popoli, e sottentrano colle pes-

sime arli loro ai meno infami adulatori

di Re* Ma la coimnedia dietro ai baluardo

della propria scurrility lion aveva timore

yGoogle



VII

al mondoj per cib definivasidai Greci mi

sommario di civili o private faccende senza

pericoli. Ma piu grande dopo i suoi pri-

mordii non aggiravasi soltanto tra finti

cast di domestici eventi , o sui vizii che

deturpano Tumana sehiatta tolta quasi in

un fascio; ma peneirava le politiche piaghe

della Repubblica; traeva alia luce le ascose

macchine, che muovevano le deliherazioni

delle tumultuose Assemblee, e con mano

franca ed ardita sollevava il lembo della

tonaca magistrate, che mal copriva la mal-vagita dei Cleoni , usurpatori del reggi-

mento supremo. Onde con ragione di se

scriveva Aristofane nella parabasi della

commedia che intitolava la Pace:

Ne donna morde od uomicciattol vile,

Ma coll'ira d'Alcide in sui gran mostri

Piombava. -

accennando alle sue commedie come ad

ana coraggiosa opposizione al governo della

Repubblica. Che in Atene le finzioni dei

yGoogle



VIII

poeii comici era quel potenterootore die

vediamo essere ora la stampa, ed a»zi le

akre la - periodica , I nelle jnoderne* fcbere

itaarionk Proseguiva il poeta cod armonici

verdi>

pet tnetfzo d'utia fantastica isUnia

la disputesione della riiighiera, con forse

nott altra^'diflfeirenaa , se non che -iovece

& oonfutare 4e ragionx de'suoi avversari,

eon nagiorn piik vi#orose e potenti, eijli ne

rendeva ridicolp la persona. E per cto

Lucaatio nel dialogo s VAnacarsi i ntroduce

Solone che cosi discorre della commedia

« Ai comiet lasciaroo il dileggtare e lo

sparlare contra ijuei dtladini ch'essi veg-

gono appigliarsi con istndio a ree cose e

indegne della citta; si a vawlaggio loro,

perche vituperate migliorino , coroe dei

molti perche in stmili casi sfuggano alle

rampogne))* Peraieglio servire alio scopo

sattrico posero sal volto dell'attore una

larva che ritraeva al vivo la persona in-

ti odotta nel dramma. AHora fu che si vide

Arisfcofone iabbraare egli stessola tnaschera

di Cleone, avendo a cio fallito il coraggio

yGoogle



IX

agli arteficij c con generoso ardimento s*>

lire ifcpaieo m Atene, a sostenerne la parte

ne' suoi cAValieri. Ne il vedervelc? fu strano

cola dove gia declamato aveva Sdfocle Ge-

nerak ed Arconte; che il eangne del ?U

gladiatore Romterno non aveva ancora con-

taminate le seene>ne il auperbo figlio- di

Quirino a*eva mutate le sublinoi stroie

eke bearano le oreoefcue dei concittadini

di Pericte, neHWIo del parda, o nei rug-

gitc* del leene ad infiammare il suo fe-

rofce valore. i

Se-ora la commedia castigat mores dei

privati, castigava essa allora i vizi costi-

tutm delta piu grantte e piii gentile Re-,

pubblica d'un'eta, roeravigliosa> -Per cio a

rialzare la nostra ben parroi consigliasse

un dottissimo I taliano i comici autori di-

cendo : k AU'eleganza di Mbliere aceoppia

le fantasie di Ari&tofane, se vuoi rappre-

senlarmi questo oomico mondo^delFanima:

e se intendi bene i luoi tempi , e le ri-

cbteste forze ti baatano, scrivi Ja commedia

yGoogle

X

politica (s) >) r E questa necessita dei tempi

gia s'atfaociava all'animo ggfieresa di V.

Alfieri , ed avesse egli pure sortito dalla

natura un animo temperate alia comica

pi&cevolezzaycome la <ebbe ai tremendi

east ) delta tragediay ch^< atrebbe ota fbrse

1'HaHa tut uuovo genere di commedie, che

dettate da retto e<4 elevato sentire tnelle

politiche faccende,patrebbe toraare di

raaggior ratile £y (,che^ non to aggravare* la

sferzasu que* vizi cfee r come- dieeva il

satirico fiorentino;, so^o a petto di taati

altri deil'eta nostra.,

vUp ganibo di finocchio ip sulle frutta.

e per cib a chi voglia rettamente giudi-

care queste c&mmedi« gli conviene allon-

tanare anzi tutto da se ogni idea di quanto

sogliaino noi cbiaroare commedia, ed avere

questi fatftysi poemi quale opera d'un po-

\\) Pretudii di lezioni su Dante Alighieri, diSilv.

^tutofat&i, PirenU 483ft, pag. 60.

yGoogle



X

tente * iogegno io disparte d'ogni a^tcOj cfoe

rimarrasenz^a irpitatovi, came scn^a modelli

sergevai .-^ -•/;. ., .-v- ,.- ^.;. ^t

^;.-.

Menti e * abbiamo ia Tenenzio eke , .gia

Cesare salutava coi litolo d'\ dimidiatuq

Alenandery^m Fappresentante della ftuova

commedia greca; deJIa jnedia e dellantica

»on , allTo ci rimane eke Arista&ne. >*Na*.

seeva : egK da Filippide di cui; e ; incest*

la, patria io Atene/o giovanisstHao alqaeno

y\ si stabilvva, poiche fo daijuellacregin&

delle scienze c delle kllere beritto tra' 9uoi-

cittadini con pubblico decreto, aveudo egll

esilarato ranimo de' suoi giudici applican-

dosi ridendo quei versi da Omero pdsti

in bocca a Telemaco:

: •.'

•

; .a ,^•

».'

:

:

:*/ -^

Me di lui nalo afferma

La madre veneraada, e chi fu noai

Che da se stesso ooooscesse il padre? -

Non sappiamo l'anno della sua nascita ,

ne quello della sua raortef ma $v$pdQ

egU fatto rappresentare solto finlo nome

yGoogle



la simi prima ooftiitiecKa inUtolata: i jDe^

taiii nil ti^ anno dell* 88.* Glirop. > cioe

4$8 ^nni prima dell'era nostra, e^ qttella

dfcgli A^ttfttesi W 3.°amio delk roedesima

Ofcttf^ pmisbe ilna legge ytetava in Atene

• U prodwsi ifi ptebbiico prima djun'tfta sfea-

biHltt y che conuiaeinenie oredesi >fosse ai

trditt'antfci, si potrebbe €©agettBraref ch'egU

foSSd n&fo circa 45o anni avanti GrisltK

EgH vide il gran secolodella Greciaj tuono

rOirtro kitmga guerraPeloponnestaca, daHa

quale ibrs^ prevedeva dover eraergere: la

roti-na detta patria; visse eanf Sofocle

,

con Euri pride, com Pericle, ccro Socrate*

Compose 54 commedie, ed in queHa dejfe

Pace ci accenna com'egH fosse calvo. La-

scio ire figli, Ararote, Filippo o Filetero,

c Nttiostralo. €onsegiii piu* volte ;il premie

nel totitma arringo, e venney pir deereto

delta Repubblica, coronato con una fronda

di quella medesiroa pianta d'oiiTO cbe ere*

sceva consecrate a Minerva. II tempo di-

struggitore, che tanti esemplari ci tofee

delta green festivita, perdooo alme^o nelle

yGoogle

X

XVI

A WPpiA iflnjoltrarsi nellVnipo 4eg|i

spetfctfori ,$gli u$o(cos^tefloente 4'mW*

rarj* > g|?$*pz3,

di, ^tijft^ e v j?o|iseîi qw>\

pjirfl $Ui<?|sm# in cu,i q^njfii mai ne pjwa*

i^{4^9^ npn che yipto^ ugusjgliajjo. h&

siie, pftf$? coo iropêggiaWIe faciljta vi*

br^no ti«J* i suoni. SceftdeÛa fapugljarâ'

del diaJ9g9 ppr salire alia piu elevata forza

d'un liripo sublime. Sparge coja superba

prodigabta i piij hei fiori del tragico stile^

ed i|i un subito oH travolge in un comics

il piu dilicato, e<) U pift lonUino dal pen-

sieVq dello spectators. E timi questi pregi

sono mirabilroeute accompagnali da uno

straordinario vigore di fantasia, w Come

poeta, scrisse Fed. Scblegel, $i deve perre

sulla linea $tessa deigran tragiei; se Eschiio

e p^r noi il modeita dejla elevazione ^

dello spirito>Siofocle quello d^lla beUerea

^ dell'aimQaia deLTaniina, questo graft co-

mica ci prova cbe la poesia pno pur anche

nella profondita d'una materia corporate,abbandonarsi con una forza grandissima

alle opposizioni delta realita , e prodiga-

yGoogle

•xVii

lUzare tutte te}

sufc ricchfetze. QueSta kc-

ch^zaa '^ttivenzioixe (* di spirito ^AtiHtf

te&ai '{)Wi' Si livVictria aMfetite subfiiiie^?

pofcti steHi

, <*glr ite ndte dd^ fdtfz& tdlHU

tfauibica:

ma^gior reiaziotie £b\\6f

fcjbirittf

leroy tthd la maHteza oryttfria £ Ti&digenik

serititoetitaie d'Ettripide (t) * . Fefrcio 'tjfiii

conservator^ trd tibi ffognr&ririro £aper<^

GarloiBoOOherott, con qitirffitrtsrfriao gusto*

dt'dii et*a doiato ,'gii si1

toghaVa dl cht

fin le lodt date ad Aristofanef noti Vi aiV

noverava pur aiidie te vetaciri dello stile.

A nostris qukieram cur cUm catterd pro?

bent in Aristt>phuneinysummam ejusdem i%

fatiendisvefisibtw diRgentittirt pbsthabehdatii

patent. Nee emm credo aliquem i>el t&iter

haste Kterai attigisse > quiri edrum venu-stateni statim perteniiaL Quanta in ftthis

dunelris et atiapaestkis niter; quanta metris

observantia a Farmi ddnque iitopossibile

eke in Uajnti |>regi cosi universalmetite rf-

(1) F Schlegei, Corso eft IfIt. ant. e viol Vol. k

a

yGoogle

cooosciuti per veri , si voglia credere ad

Ate&eo , che nel lib. 10, cap. 9 afiferma

Arist^fane aver composte le sue commedie

in ahituale state d'ebrieta; Alcaeus pofta

<4rhtophan$sque comicus ebrii pervenusta

^cr^^n^.Quiutiiiaisioaiftrmaehe la com*

media racchiudeva pressoche sola in se

st#s$a tutto i}. tepore dell'Auico sermone,

e che per la sua eleganza e venusta non

vedeya #o$a piu atta a formare Toratove,

traime sempre Ornero ch$ come il Peiide

era intutti

edin

tuttosuperiore.

Mail

piu grande elogio della soavita e del nerbo

deireloquio del nostra autore -e quel ri-

porsi che faceva S. Giov. Grisostomo il

stio vplunae sotto il capezzale , come il

gran.Macedone vi riponeva Qniero, ondeaverlo compagno alia ta^da? sua veglia, ed

^1 »$uo 4estarsi rnattutiiio^ malgrado le.fre-

qu^nti brutture che in§ozzano il suo verso>

e che dovevano pur far rabbrividire d'un

sacro terrore queH'anima santissima: e ,1a

letfera dellapostata Gitiliano ad uuo degii

e$eciUori de' suoi perversi comandi; ove

yGoogle

Xttt

egpressattiente git ricorda cotioe ttao <ki

migirotfi mezzi onde rinfraticare il ffiwn-

bondo paganesitao, cite egli pure airebbe

totato riporre in cuore d'ogtitrao, nel modo

*tesS6 che gift Faveva ricollocato sul trdrie

fttipcryilfe^ fa^fe k> iMpedir€ a tutt6 potere

la lettura d'Aristofene. i

Ma qtiesta antioa comtnedia abuso delta

concessale libertft nei democratico ambgo,

e caduta Aten£ sotfco la doroinaztone dei

trenta, le fa vietato il coroparire suHe

scente, ed atlora fu die il cdro

Turpiter dbdcuii subkttio jure nocendi

,

e. nacque la cdmmedia che chiaraar»ono di

mezzo, eon ideali persdnaggf, ene abbtame

on saggro nel Phito di Aristftfctie , e fi-

nalmente la moderba che piii dell'altre

due si avvicina a quelk dell?

et& nostra.

Che noi per soverchia dilicatezza, smarrita

ogni traccia delTantico candore e di no-

bite liberty , macchiando il ttitlo di libi-

ditxt adutatrice , non diam loco a verita

yGoogle



che g?ovi. II solo grato susurro riPeta

nostra e la lode, ed e odiosa la satira che

cori'egge frustando. Pure \ s& sCartando

PabusO io miro a quell'atidita parabasi cbfc

tl s^ela sirto agli ukimt preeordt lettir-

pttudifii de' malvagi cittaditti, e gU afferva^

gli flslgella/ gli annienta; che ardita si pre-

setta ad un popblo sdvrano^ ed osa per-

sonrficarlo sotto le spoglie d'tm Demos

Hmbaifcbito,^ tutte ne dileggia le perverse

tetidenze%

die piomba con tfcrribile fla-

gello sui demagoghi adulator di plebe y

stille ciii labbra nasce e ripullnla la parola

popolo, che caccian fiiori con tribunizio

rimbombo; i di cui periodi sono amore,

interesse, vahtafggio di popolo, e va scam*-

knato in atnore y vantaggio , interesse di

me ; io non pofcso difeuderim da accor-

dare la superiorita alia commedia antica

sulla itiod$rna, che non e serapre scuola

di £ttstumiy e piA tende a ditettere rap-

presentarido risibtti avvenimenti , come

rjuelii che tuttodi succedono sopra questa

Jifr Vaita scena del motickfc Eva uffizioy

yGoogle

parmi , dellanlica commedia , anzi tuttQ

correggere, ed istruire, ed accessoriaoiente

dilettave ; della moderaa dilettare ad ogpi

H*odo r ed istruire per occasions Eur .la

saiira iifln potra torsi dal nipi>do mai. EcHe altix> erao^Je accuse di Benwstene

e di Ciqeeone ad Atene ed a Roma , se

noo satire oratorie ~, politiche satire per

correggere F-universale costume ? Carit^r

tev^Ji e same, ma satire pur sempr§, Je

coqcuhh che ci earendano dal pergamo.

E quelle del; gram Sn JBeruardo sul lusso

e s-ulla ambizione del monaci, sono fieris-

sime satire che a 9ten£© al giorno d'oggi

verrebbero sopportate. E satira tremeoda

e fiuaimente quella posta da Mose sulle

iabbra dello sdegnato Jeova , e fulminata

suUuomo ribello : ecce 4dam quasi units

ex nobis foetus e$t< ,

Due Icrribili accuse yanuo pur& oscja-

rando la fama d$l nostro autore. Egli du

vide il peso , dell/uua colla essenza sLessa

deUa.ceBQflnedva, che da quelle licenziose

sotennita da car traeva ForigineportQ seco



XXII

qtlel brtttto peccato, Taltra intiera su lui

S6l6 si riversa.

Le scurriftti di cut sono Sparse tutte

lefcooiuiedie di Ari&tofawe ne si possono,

**e st hdtinb ft fdifendere o scusare , ma

si ptio pure ^itttinuime la graviiii relati-

vamehte a tiki le addperava. Chi vorra es-

sera Siric^ro -»dn potra a tneno di con-

fessare a se stesso%

esaminarido tutte le

fonti del ridicolo , ancbe nelk moderna

sotitet&, dai una ingenita ritenutezua, e dal

libero comtdercio dei due sessi, di tanto

piii deli'antica ingeMtlita e modesta, tro-

varsi pure negK equiVoci frizii, cjie qualche

rolta ritentano 1st vila del palco, un- imman-

cabile spinta alia ilariti generate. Ma la

feKgione ?i frappone il suo scudo , e ci

preserva da quel morbo, cbe tolto questo

moltissimo al certo si altargherebbe. Ed

eced uno At\ miglioramenti , tra i gran-

dissimi, arrecati dal cristianesiroo alia pub-

blica morale, di cui setitiarao ogni gionto

il tantaggto. Ma Aristofane uato e ere-

sciuto per mezzo ad un politeismo , che

yGoogle



ma xTanimo grande e d'allissitni spiriti

,

sovra$taado a tutti gli eveitfi colla vastis-

s^ma intelljgeiizft. Veggendo dall'alto gli

errori tutti d'Atene, e incontrastabilmente

signore d'un genere, che ooi creatori mo-

derni ci andiam persuadendo d'avere in-

ventato/ Wd £ vecchio quanto il mondo,

il genere fautastico.

Pel rested vediaoio contaminati della

stessa pece altri teatri nel loro esordire,

Cbsi il francese che tanto poi si fece co-

stumato e ggntile da quella cprte di Luigi

XIV, che quanto humorale e scostumata

nell'operare, altrettanto civile era ed edu-

cata nelle sue forme, se ne rovistiamo i

primi suoi tentativi, vi ritroveremo queste

medesime laidezze. In una tragedia di Ni-

colas Chretien intitolata les Poriugais in-

fortunes, stampata nel 1607, e dedicata al

padre Claudio du BeUay abate di Sevigny,

si vedano due principesse domandarsi a

vicenda^ h wowleurs gorges.

Ed unti-

ranno fa spogliare le sue cattive che com-

pariscono nude in teatro. In un'altra di

yGoogle

Alexandre Httfitfy (S; Agnese, i6i5), vien

condotta la smitsC rtfella mfotite1

cas£ totfc

deve «btnpiersi la $tta vergbgna , e dalte

abitatrici dell'impm o loco 1 le vetfgont) t&-

citati i seguetiti versi:'

'

Nous allons vohs mener dedans tin cabinet,

Le quel est fort genlil, bien agreable et net;

II est fort bien meuble de lils el de couchette,

L'on vous y monfrera foment vbus fates falte.

Giov. d'Auvrai ip una spa tragedia iiitin

tolata Dorinde (£63i), ha ilspgojeijte dia^

,0S°

:. <,, , t

'

t

-

Sigispwnd

1 Ce bmu sein

D'orgueil ou de fureur cesl enfle sous ma tnattt,

Belles sources de feu qui sont loujours fecondes.

Dorinde

Tenez vous?

Sigismond

Je les tiens et possAde deutiinondes.

htWIndienne amoureuse tragicommedia

di Dti Backer -deU'amio stesso , Cleraste

dopo aver lungamente abbracciata rfxiane,

k dice: *

yGoogle

XXVI

AM sotfjfnez que won dme en exlase ravie

Elance sur w sew U dertrie* trait -de m.

Ed Axiane giovanissima ancora , et dont

le$ charmes nefont que de naitre, risponde

T LfL\$m fyurir <$$ fruits, le terns et la raison

Vms Us feront cueillir dans leur propre saison.

Chi volessre frugare per entro questi tib-

bliati annali del teatfo fiancese.>ve ne

Woverebbe a sazieta di queste cotali tur*

pitudini: Ed ora che il progresso e al dire

del:

seeolo in ogni dove, ma per certo not*

nella letteratura , ritornano i Francesi la

dove partivafio i loro avi, e s'immergono

niiovamente in quelle nefande brutture,

dalle quali gli avevano ritnatti i gravi

stnittori del loro gran seeolo. E in questi

giortti una lsgg^e invocata dhll1

Assemblea

stessa onde i^tstabilire nna* censura tea*

trale, ehe freni le licettziose rappresenta-

zioni dei botdevartSy ove son messi in soena

gli sconei roriianzi del Cvebttlon*

L'altra piii grave aocasa e il mostrarceio

cl^ fanno Eliano e Plutarco qual cagione

yGoogle

x*yn

deiringiusta comlanna di Socrate, di cui

egli preparava la cata9tmfe col mezzo delle

sue, Nuvole. Ma la moderna critica fpce

la dovuta giustizia di questa strana a<pcusa,

ed il leaesco W. Schlegel ne dimostro fra

gli altrf vittoriosamente la insussistenza.

Si erano insignoriti altora delle scuole

i SoGsti , raaxa perversa e nuvolosa. Co-

Hiiuciaroiao essi dal niegare la possibility

del movimento , fe l'esbtenza reale del

raondo fisieo, e sostenevai^ tail tal para-

dosso con meravigliosa forzadi dialettica.

Essi giunsero arendere popolare il dubbio^

l'incertezza e rigru>ranza. Sentenaiavauo

non Vesserd ndoessiU aesoluta^ tie essere

data aH7

uorao il coaoscerla se ancbe esi-

stesse, ne potersi ad ^sso itis^ignare dato

ancora che JbasB nota. Deitore in errore

uscivano al maggiore di tutti>aU

7

ateisnQo.

I nunmrqsi loi?o discepoli veaiyajK) am-

tnaestrati a sostenere due coqtrarie pro-

posizioni > ed a farle trionfare a vicenda

col mezzo di una speciasa argoniejntezicme;

a mascherare con raggiri di Jortuo&e pa-

yGoogle

rolenewdentisstttii errori onde ifiga&nare

ooiefo eke ili udivaflo; • Quindi a buon dV

ritto 'Petaenio , Aulo Gellio> QuiiUiliauo

<dr»&mamno ammoihalarmostruosa, mere-

$Mdia laploro eloqueiaza,

Aprka ailora Socrate la sua souola , e

fu VI pritaa© a I'ichiamare dal -cielo in terra

la filosofia.: Socrates aittem primus philo-

sopliiam ev&caeit e coelo, et in urbibus col-

tocavit, et in domos etiam introdtweit (i);

come pure ad additare la fonteonde de-

riva, insegnando la celebre sentenza, yvwQt

i7saur^5

conosci te stesso , la quale oltre

il precetto morale -che in se contiene, e

pttr anche il germe della psicologia cri-

tica, dalia *jua4e mossero i piimi passi i

discepoli del filosofo Ateniese. Ma questi

non soniigliarono tutti a Platone ed a Se-

nofonte. Critia,

quel Gritia che fu poi

1'uno det trenta tiranni ereati sotto rin-

iluenza dt Sparta , udiva pure le lezioni

di Socrate. Quindi pub Aristofane avet

(f) Cicerone, Tusculane V. 4,

Digitized by LjOOQIC^



XXIX

cortfuse le due filo&ofte, cbe per avvenlUra

n6n eratoo altera a tutd notissirney nebene

angora separate e divide , e spessb ncm

troppo dissimili nelta- forme deirai^gomeik*

tare; ed abbisognando dun tipa delta

scuoforsofistica, aver tolta a bersagii^ la

persona di Sod*ate come utiodei piu Ce-

lebris E qui cade in aeeoneto uiia rifles-

sione dell'illustre Elleviista fiancese ilsig.

Raoui Rockelie. II ne faut pas (TuUleur

nous imagmer que Solvate ait die aussi

respectable pour stis cantempovuiHs^ quit

Vest de\>emi pour lav postertie. Pint cinq

siecles ecoules sur Id memoire de ce phi-

fosophe, ont sans chute ejftcde bien des

tackes, et agrandi bien des meriies; mats

mus mSmes ne irouvons nous pas enlisant les dialogues de Platen s$n adrnU

rateur et son disciple, que le sage S®-?

crate s'embarasse quelque fois dans mte

m&aphjrslque bien Subtile et bben obscure?

Et si Platon vHa pas craint de nous

montrer son maitre guinde dans les nueesy

doit-on etre surpris qvtAristoyhane fait re-

yGoogle



presejitetiutisr sUP le thedtres (i). Ed fnvero

qtrelle pnertti etigiftaliti in cm parevsf

cofapiacerst, cotitfe -'Fehtr&re a[ foria \ta tea-

tiV» tyaando ii'tteciv* la calca ; Id stars iti-

tie^ri* f ^oi-Afc immobile, ritto delta pci^dnk \

senza batter palpebra , ed ki'ltibgW da|

poter e^sere facilmente vistti, circostanza

rac^ontataci da Platone nel Siirtposio, ove

ci narra pure come i soldati a Potidea

fossero cofttro lui sdegnati, qiiando lo ve-

deano camminare scalzo nella neve, come

per orgogKosabraveria

versodi loro

,e

simili altre stranezze * svanite jtei posteri,

dovevano certairiente imocergli fieHo spi-

rito de' suoi conterioporanei. E quello smi-

surato orgogKo ch?egli non valeva a na-

scondetfe, urritb alltf spreazo di tutte quelle

scietize in dui iittti si ctedeva maestro e

principalmente delle riatunali, dovevano

alienare da lui lanimo de' fiuoi concitta-

(\) Theatre des Grecs par le Rev. Pere Bru-

mby, revli corfitji et migmeriti par M. Ruoul-Ro-

chette. Tom: XI.'

yGoogle

dinuJP t?a i moderui pure non mancana

uonnni dottissimi che giudicarono 40$$*

ramente U filosofo d'Atene, m siano tra

gli altri t^stiiiiomi Feneftpu, RolUa $ jiajv

thelmy, che di molta impostvua lo varmo

accagionando., <r ;

.;

Ma del resto una commedia che fece

in palco mediocrissima proya^9l

avr^bbe

ella recata la morte a quel fijpsofo{ ven-

ture anui dopo deila sua rappresevUazioofi ?

E notisi che in Atene le coixiH^di^^p-

presentavansi una volta sola* xA pot^yaiu)

inostrarsi una seconda se , n^n rifattei A-

vrebb'egli , Aristofane , roo^sa seriamente

l'accusa d'ateismo a Socjîe^,

^risto£dx\e

autore del Plulo, delle Rane^degUJJccelli?

E Platone,

zelanti$sin*QdeîWr f*W& del

maestro, avêbbe egli co#aposto quei$oave

distiqb in onore del §uq de^ltwe?jMai>-

dato a Dionigi il vqcchip la;$pTO|i)edm

delle Nuvole, come una delle migliori pro-

duzioni de' suoi tempi, e lo scîttQ U tpiu

atto a favgli coflojscere ij gove^no d'Atene?

e fiualmente introdotto Arislofaue stesso

yGoogle

nel dialogo ehe > in titola A\ Sixnpo^ a 4ft-

spulatreifauaigiiamiente con Socmte^ ed' l4i

fiprcciftu^ fijosofo $te*sa; posta in 'boccaiad

Alcibiadti uno . den Gommetislii- un «*$&>

di q\ies*4 ^lurmiateeoflumedia? (*) E quel

Dialogo ; do imitfagroata PJatonei 38 abiii

dopo 1'appamzioneiid^U^JJuvole, e ? j)e»qfeo

gran tempo dop© ila « unwpfce di Srierateu Nocerto, i Treata fui^poiVsoU;rei'jdeila[nuit?te

di Soci'&te^ €o»pe*lforanorpur& $li ilceisori

deUanticacoiajpaediai^a) i- *-a »-

,

•.. w,, * ..• > -»i ;>: .i'.;i l.< -^'»'- n i

dell'oraoglioso cdmminave di Socrate. — A te die;

superbo incedi nelle vie,e gelli qua e la gli sguardLy

— Come tin $d prima lo foesso' 0cil)iade ricordd tl

suo ortfogltow beffa&ivdiWii, elttxotitinua iroitid *

Simppsio ntffasuoitlmdtoweidflle #petp dh?Un

tone, ammette laccusa data alle Nwdote, ma non-

dimeno assohe Artstofane cliegli chiatna ottimo cit-

tadino, e}senUiiellpyfajlwhdfilfiMaHl eAMla/re^

U<fipne 9 e perucio fadftlfr MWuwtm iii*StiMtev

die sycowe quefatffa^qw *jmm<Wio iflAfUA-

terie religiose, era realmenle$$&j&t;: facias all*

yGoogle

XXXM

J cioqn^ poetici luminari delUc>fGi?eei&t,

Qntoroy .i; jtragki* elFmdacor sortiron^ in

I(*lia valenti- Ir^duttori^ «d i noifii tfteft

Monti ?e (tei>Pedemonte>r d«liBellotli is Jei

Bor^hi, saranno on*mai inse|iarabUi>»()£gti

ItaliarH dai ii©ttti stessi dei poe«ti iph?ess*

riprocjuseero. Ai*istbfkne sesw fta dof&iifo

se6nov ad essi mom mifiaf%*e pi|fc'*A.ii*t6S0

farse ipef lei minute. <panfodtarilH ch'egli

ci rivela deU'in^rno cWle grech«fertniglife,

solo non ebbe chi gli faeesse d<vna d'una

veste ilaliana. Furono bensi stanopate in

Firenze nel i^5i-54 le due commedie il

Pluto e le Nuvole he'lla tipbgrafia Mou-

kiana, tradotte in sdruccibli da G. B.

Terruci, poscia, nel i$o4 tra le ppê, po-

stume 4i ,. V. Alfieri quel|a delle Race . M^

parini poter direy nmlgrado la venerazione

che m'ispira âest'ultinâ' iiome^ ch^ in

Hato. 'Hon so* con ^tuttiM ttetfM pbtsd'AHsld/krie

uttkotarsi * detente cfÎfa f^r^fo*t« , tig -*jftrorf eta

j»r. avert** a i1SoctW€:^r r ^ * '' iM -

c

yGoogle

XXXIV

nessuna di queste sv^troya Aristofope.

Le aUre non lo iiH^>iy» *W, o aloieqo nan

comparvero stampate. l\ phi^r. ab. Federici

nella sua opera dei scrittpri grqci, e delle

italiane versiou* delle opera loro,. ne ri-

eorda una fatte da M<>ns. r Giacomelliy

che si conserva manoscritta nella bihlio-

teca di Madrid (i). QUre una versione del

Pluto del P. >M« A. Cairraeli che non mi

venne fatto dij vedere. Ne posso mettere

in conto di traduzioi>e quell* fatta in

prosa da BaplofofiiiQ; e£ Pietro Rositini de

Pra(Alboirio v q stapipata iu Vinegia da

Vincenzo Vaugris nejr 1 545 in caratteri

corsivi, la quale qu^ntunque rechi su| froji-

tispizio , tradqtte d.i^greco, pure e fatta

per comuue aor^enso sulla pessima tr»-

duzione latiua di 4n&'ea Divo Giustino-

(1) // Giacomelli stampo inltoma nel 1754 una

versi ne del Prometeo^tfEschilo, e dell' EklUa di

Sofocle: se la sua tradimanedAristofane e in versi,

argornentando dalle citatet,la, parte poetica

tverrd

ad esme ma casa ami weschina.

yGoogle



pblitatib,' e p£f 'derio ptof ripiena zeppa

di coHtrisisênsi e di pfetesi ininteliigibili. ;

A riempiei*e tin cotal vuoto io tentava

questa tradazioiley Cdri qua $uocesso non

so;sara tiffizio dei dotti U giudicarlos, in-

tan to valgami '\\ buori ' vdlere, e la difiicolta

deTPimpresa. E vefilga 'pure quel tempo

ch'altri facciarme^lio di me, cbe quell'a-

more stesso dfelli ^gre&hef

letters die mi

niosse, fa ill cVio iiix torrî Vfrlentieri di

esserfc \\ CeWtti d?

A¥if$ibfWne,purche va-

lessi a far sbr^re il sub IVfofili. La con-

dussi prima sufi^fcLHWt BrunkSir&sburgo

178^ pbi ' venatarniâlfe tfiani quelia del

Dinaorf ristaiiiSpata;

'dsft Didot in Parigi

i 838, vv aflottafi' quasi tutti i cangiamenti

inseriti m> diik\ teStbêche sensibilmenie

la rimiUai/ Gib'îsl pei* qttei pochissrmi

che torranno forse a raffrontarne qualche

p^9^)+onj^^sappiano su qual testo abbiano

a gitt&earne V $$$qltk. Ho , cevcalo di es-

sere* ii pifyc^VSGp^; ^pgrepte aU'origi-

uale> i\& trateseiatowtorau^ volonjfcariae&ente

almeno, albilti contfetto/ lie alcuna iitoma-

yGoogle

giê,^ êjjendo pero seippre stretto conlo

deile essenziali differenze delle due l'mgue.

Pure 91 inalgradp ogni sforzo da me faUo,

m'aqqp^go che eerie bellezze non le bo

potutq jpggSungene, certi concetti non a-

degy^tamepte riprodurli , e fprse ancora

non $yrb $Qinpre jnteso a dovere rorigi-

nale. Qêlfo okejmi p^re ahneno e di non

av'erlo slowbato,pqrche ogni commedia

riesci s§mpi?e dalcuui versi piu breve d§l

testo7nêqtre \p altre il ^soverchiano <Ji

gran lunga^ tjuanlunqvje AristQfane abbiamoltej scene scrilteiu uo verso , la cui

misura e piu breve del nostro , endeea*

sillaboi Ho jxadqjt© in versi rimati il coro

lirico, non inai il coro interlocutors , se-

guendo in cio i traduttori delle cose tra-

giche, ed ho quasi serppre notato quando

mi dipartiy# dal testq sceltq. Yi ho ag-?

giunt? , alcuê j^P^ pophissvme fbrse avuto

riguardp alfe nepessarie alia perfeUa iov

telligeftzaf(|e lp aHu?iopi , degft usi meuo

conoiciuti, e siintfi cose, pea tante ne fu-

yGoogle

XXiVn

rono scritle, he giova ingross&r Hbri nofctii

coHa dottvina deglt altri.;

' *

'

Che sedrfl Hoi tentlatnb allre vie, e

riguardtamo sdegnosi a 6hi ci preeedeva,

e con quanta raglbne il giudicberannd I

nepoti , t\ot\ potrenio altneno contrastare

ai Greci d'esserte stati i maestri d6i padri

nostri , e <Ht aver fibrito l'ailbro sul capo

delPAriosto e del Tasfco'; ne rigetteremo

figli snaturati la gloria degli < avi,per

qaanfo niegaf si vogfia di cbrr^re to' siesso

arringo. Nod p6tremf6 contender loro il

vanto d'aVer crfeaita la lfetteratura la tin a'

prima face dellfcf nostra infauziai £ figlia-

zione quest* Votiitft' dai Rbrhani £tessi, che

in finite °ltfoghi'chiamhno Omeroil prirao

dc' pofcti, Ertfdoto il path i della sloria

,

Platoon ed Arisiolite i pritfcipi d'ogni fi-

los^Ga. Orazio taceomarida a* suoi il con-

tinuousvolgerei ^redesemplari,e chiama

Pindar*? iivarrivahile. E Qutntiliario non

trova ^aUra1 gloria origiiiale nella propria

letteratufrft $e mm se la satira ; allora

quando esclama con nazionale compia-

i

t>fcm&m

jsitira&utemtQUp nostra est. E non

toldiado porrfe in nptsro 4» cpropujo quelle

caaaxbni, elie si' supposero posspdute dai

Rôttrani sin dai primardii della lov<£ pel-

liticanesislenza,, dalla quale pit* Virnxpagi-

naziohe che la soda qritica^pub deduce

feVorevoli eemseguefjze,f

e ; s\\\\$ quale in

gr<aiT parte assise il Danese ., JNictyuhr U

alK>»pSrix)nisa)Q stOp?i(?a; jiqu piô.affeririaj;si

thejifa Roma .-Uj&pic^ Ja Dramaiatipa, la

JuiHca^ b Pa^stor^^-pan ,djsputando eâ

qualtPfrveMsia la ngaggiorso rniuore eccel

tanz»£ abbia apeirta.aj&a yjiafoltre quelle |ya

daJ ;Greci»iSegnat^4. cb^ 1ftStoria usqi$se

f dalla fonma? ortitoria -pê giu quelle istessa

(3escia la .aJvev&i impj^ss^: p che Cicerope

fttf ar> siesise; icoittentty?d;^$$erer I'iqteqprete

ttellkifiloisofie , idiuPl^P^;^ : .

$Ari3tQtile,

testirmma UndqUg sfto^tessp: a gvpecis

philasApklkm\ M iCjm^s,^'^^^ $£<?'

plinus hatemus (de /ir^.^Jfir n^'^vi^ê-

coli di decadenza scemato in lei il vigore

d'innaizarsi* r a (quei; ônjjani , maestri , che

pur tanto avevano contribuito alia gloria



xxm

de* saoi grandi scrittori, Rorria non i&ttto

piu cne se st6SSa. Stazio, Velleio Pateroolo

sono vivi (del \bto vdluitoi ad altjes&wkiill

primo die scrisse r\&\ stto poema paiiapdo

di Virgilio: Ttilbiige'SeqiiereetsmAigia

semper ado^ii ; l'aliro eke visse in *inai eta

,

eke rinn^gita la fecohda -vena di I/nrio,

proclaihava primo stofteo Sallustia:iffti-

mus Romand Crtipits m JusWrki) (ir),^

che andavand a gara neH'imitarlo e Tacite,

e Settirtitd, e Stilpizto $6Veft> ed a/feriw E

finalmente quella taete^ra' d*e tautafluce

aveva spatea nfet mtfndo, si spense ijet

vfersi di Fortunate, ne'pataegiriei di Sidonio

Apollinare, e nella gretta cronaca di Gre-

gorio de Thitrs: mefttre la Greoia che di

tan to era piu antica nella dotta palestra,

aveva poco prirca i kiOvAto un Denoostene

in Giovl Grisbstomb, tin Isocyate neifNa-

ziabzeno, ^ cjiiaftde* appena avevanoi ces-

sato dl scbrrere te pentoe di Basilio>\e' di

GregorioL

Nlsserid v^ ,

^m,

(1); MarsialeW: XIV, *jk>-; 491. ^'-f

s




XL

E non solo le lettere, ma rincivilimento

stesso ha un obbligo grande alia Grecia,

poiche esso non crebbe col scemarsi dellaGreca potenza ed il giganteggiare della

Romana. Chi investigasse la molta in-

fluenza della Grecia sui diversi popoli

,

ne trarrebbe forse gravi argomenti ad ac-

crescerle lustro e splendore. Soprafatte le

Ellenieh$ #c0htvaSle dsHle armf Romaney

mirarono tosto mutate in bronzo le loro

medaglie d'argefltf^ comech&si volesse si~

gnificare che il sottentrare deU'incivHi-

mento Romano al 'Greco, era un varcare

al secolo di bronzo da quello d'argento.

Ma questi dirozzamenti de\\e umane ge-

nerazioni vengono fondate, e spandono

l.e loro benefiche rugiade in modi assai

tra loro diversi. La prima coll'utilita grande

che deriva dalle commercial relazioni,

coll'incanto della lingua , colla seduzione

delie arti : la seconda colla guerra > col-

Tamministrazione, col fisco. La disparity

e tra I'amore e la violenza. La Grecia in-

namora il aioudo, Roma lo soggioga.

yGoogle

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yGoogle



yGoogle



ARGOMEJNTO

Diceopolo, ossia il ginsto ciltadind, aniioiato dei rag-

giri che iendono ad ingannare il popolo, edaromnare

ogni proposizione di pace, risolve di mandare una de-

putations a Sparta onde tratlare d'una tregua per si

e sua famiglia. Otlenutalava in irilla , cinge con un

muro i suoi possessi ad onta degli sforzi con cut vi si

oppongono i fautori delta guerra , bandisce la tregua,

ed apre un mercato ove concorrono i popoti finiltimi,

mentre il rimanente del suolo ateniese e oppresso child

guerra. Lamaeo, celebre generate di Atene , la di cut

casa sta in vicinanza del fortunato reeintot viene spe-

dito ad una fazione militare , e Diceopolo invitato ad

una cena d'amici , ove ognuno reca la sua parte. II

generate lagnandosi fa i preparativi per la guerra :

Diceopolo allegramente quelli delta cena. Partono en+

trambi, ma Lamaco tosto ritorna sorretto da7

suoi, rotlo

il capo ed il ginocchio, mentre ritorna pure Diceopolo

mezzo ubbriacot

e da fine alia commedia beffandosi dei

lamenH del generate.

yGoogle



it JPf^N4G£l-

Diceopolo.

Araldo.

PritanL* ^

,

Anfiteo.

Legato degli AjLeniesi al gran Re.

Pseudarlabas.

Teoro.

Coro di Acarnesi.

Moglie di Diceopolo. ,*.

Figlia di Die$op*lo, ,.,.-]

Un Megarese.^ r

Figlie - del fttogarese.x

,

Servo di Eti*ripide.

s

Euripid&

Lamaco. m -

Uq delator.4

Nicarco. ~ -• ;

•'

Servo dilj-ajnaco.

Agricoltore.

Paraniafo. . .,.

. ., r

yGoogle

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

^OOij.-'j

cosierA

Diceopolo ** -^ -&# - 2 -'

Oh quanti morsi al cor diletti poefifc - - ^30.3

Oh pochi son fien quattro forse; iffitttemo {if ^

Quanto m'affligge: Un guardo a quelle -gftti£r

Che gia un di m'allegraro. II cor Beommi - ?*'S'

<

Pure una vista, e fu Cleon, che i^mqdb ^: w*Recea lalenti. Oh ci6 m'arrise, e femmi :

^

Cari lal opra i cavalier, che degna ^,.

Di Grecia eH'era. Ma all'opposto un grave - - ^Cruccip diemmi il tragedo; Eschilo allora

y *- JJ

Ch'io ne altendeva ansante; il coro: -aHdtici:

-

Teognide gridava. Io scossa Talma ^ ; : ^

Qual ne avessi tu il pensa. Altro contento;:

Ed allor fu che Dessiteo secondo

Nel cantar di Reozia a Mosco venne (2).

Ma travolto in quest anno, e morlo m'era,

yGoogle



6

Che l'orteo carat* con Pincurva fronle (3)

Chere a hoi ridiceva. U sopracciglio

Non mai cosi mi litit'16 la polve

Da ch'io mi lavo, or che deserto appieno

Nel mattutin consesso il Pnice veggo.

Ciancia nel foro ognuno, e la miniate (4)

Fune qua la cercan fuggir correndo.

E i Pritani nemmen Tardi verranno

Ed anelanli al primo seggio, spinti

N'andran Tun l'altro in ammucchiala massa.

E niun pensier di pace Oh xittadini

Citladini primier sempre al consesso

Ecco mi seggo, sol mi veggio, e gemo.

A bocca aperla stommj, i raembri stendo

Perplesso, e svelgo al naso i peli, scrivo,

Fo le ragioft gttardando i campi, lutto

DesToso di pace. Allora in odio

Ho la citlade, e sol mio borgo anelo.

L&.niun: mi conjpra, a me gridava, Folio,

E col carbon l'acelo. Ignoto m'era (5)

Sinor quel compra che mi sega il core,

Poichfc di nalla avea difetto. Or presto

Sono a gridare, a contraddtre, a carohi

Mandar d'ingiurie gli orator, che ad aitro

Che nonsia pace volgeran lor detti.

Ecco i Pritani, che il m&riggio k giunto.

E non tel dissi ? Ben dicealli certo

;

Sui primi seggi si riversan tutth

yGoogle

*

Par non ho pane bftocM divo i© sia,

Che nulla raai danmj i Prilani.

AraldoArcieri..*,

Ahfitoo

Tritolemo e Gbeleo^sard legato t

. ; Diceapolo f

Leso r o Pritani, fia> '1 consesso, ov?

abbia

Sfregio costui che sol tie\ invito a pace,

Ed al posar dfilsnndii

Pr&antk

^ E siedi, e lac*.

Dioeopolo

No,per

Apotlolse alia

paceifctorno

Nod si aggira il sermonev -

:

, Araldo

'' Ora i legati

Entrin, che al Re n'andaro.

'

Arceepoi*

i A qual? Gia &lan€o (6f

Mhanno i legati, i lor paixmi, e tfatta

Lor tracotanfca. ^

i* Araido, •>

Taci. 1 ,

Diceopak

Oh I quai figure

Veggo per Ecbatana* tns < ^ .<:

yGoogle

SCmk TERZA .

Anfiteo, Diceopolo, Legali, Pritani, un Araldo.

;.\ Legato

AlftAto sire,

Colla mercede di du' dramme al giorao,

DaH'Arconte Eutimeno a nei $borsate,

Gia mandati eravanao. . i/* I

-

. Bmopdo

Ahimfe le dramtoe

Legato

Grave fatica era la nostra eirando

Del Caislro pei campi, e^moQemente

Suicard

stesi,

o accovaucdati in teitda.

Diceopaion i r r,

Avventurato dunque io dir mi posso,

Cbe sulla paglia nel mio telto stava,

Legnto <j ^.\f

,

Era a noi forza lungameate here

Negli ospitalialberghi Al dolce vino,.

In vitrei nappL e neJl'aurate tazaej

Diceopoloi :

di Cranao cill&, non vediteome (7)

Ti dileggian costor fi

Legato

•

< ; Che il bevitore,

E il vorator possente han sol per oofljfci

Quella barbara genie.

yGoogle

W

40

Diceopolo

Ed i cinedi,

E gli imprudenti n'estimiam noi soli.

Legato

Giunli il quart'anno entro la reggia, il sire

Partito n'era ad evacuare il ventre,

Seco Toste Iraendo; ed otto mesi

Ci6 fe' sul monte d'oro.

Diceopolo

E <pando chhise

A sfe di sfc la porta?

Legato

Al plenilunio (8),

Indi redia. Ci accolse, e interi bovi

A noi porgeva nelle tegghie stretli.

Diceopolo

Oh nelle tegghie chi vedea mai bove

Quale impndenzal

Legato

E vero affel Ci porse

,

Tre volte pid di GJeonimo grave,

Un uccellaccio derisor chiamalo.

E tu, tolle le dramme, a noi deridi.

LegatoOr Pseudartaba , ch'fc del Re pupilla (9)

,

Noi v'adduciam.

yGoogle



44

Diceopolo

Possa piooabando il corvo

Sveller la tuai

Araldo

View, o del Re papilla.

SCE^A QU^RTA

Pseudartaba, Diceopolo, Anfiteo, Pritani,

Legati, Araldo.

Diceopolo

Oh sire Alcidel Oh namil E tu che guardi?

Nel mare un porto, e denlro i curvi seni

Del promontorio alia tua nave un loco?

Parnai dal cuoio Tocchio tuo sospeso (10),

Qual remo in nave.

Legato

Pseudartaba, parla

Ci6 che ad Alene il Re di^Q I'impose.

Psmdarldba

Jarlman exart anapissonz satra (41).' -

LegatoInleso 1'haH

Diceopolo

No, per Apollo I

yGoogle

>;- -.' Eidioe*

L'oro daravvi il sire. Or tu piu chiaro

Dell'orfaveUfr. ^; r

i Pteud&rlaba /;

ffen J'a&u$t6 $aif.... /

Jaoni effemroinaii.

Dkwpolo

AJrfmfc tafcBcet

Chiaro fc pur troppo.

Legato

v 'B >hj*<tiice&?

Diceopolo

Domandi?Stolli i Jaonii se nell'oro fede (12)

Han di barbaro sire.

' Legato

Oib6, fiarl^tva

D'acawe cToro (13).s

^ '-•*

^ * DkeopMo

Oh I qaali acawe? ua alto

Giuntator sei. Ma vanne, interrogarlo

10 voglio solo. Or ml parlatar difarO;

Di sardianico tinlo io noo t'imbratlo (44).

11

magoo Recf

mandert quelForo? (*)

Delusi siam da quel legalif f**) Or Wrie ^

(*) Psmdartaba accetmadi no*f**) Aicenfta ditt

Digitized byLjOOQ IC

f-3

Greco b il lor cenuo; seffta dubbio stassi

Qui alcun de'nostri. Quest'eunuco al cerlo

Io lo ravviso. Di Siberto il figlio

Egli fc Clistene. Ohl bel consiglio invert {43}

Coi pifc trovato. Oh sciffli* A noi ne vieni,

Ti fingi eunuco con qfcer pett W m'ento

Oh oh coslui non fc Stralone torse? <

1

T'assidi e taci. Or vwUi al Pritaneo,

Occhio del Re, il senato. v

SCBNA QBINTA

Diceopolo, Anfiteo, Araldo.

Dieeopolo

ut E\ancor qui resto?

Chi non slrapende^bbe op ohe la porta

A lal pspite s'apre Opra stupenda,

Da noi si faccia e grao<te. Ola, Anfiteo,

Dove ti celi? v tt. > t

J5c$M d,^ppress#. ,*>

. rM u J[Hee^oio. . ./.< . _ , f , r j

• .-^„i iv .. ,fc ; aTQgh' ,:;..., ;;

Quesl/otlo dramrot, e $olr per>jiie,#>ij^oni,.

..- 1

Pace con Sparta, e per la moglie e i figli (46)

Balordi, fpi mandate p<yp Tlcg&^-, ; :

yGoogle



44

SCENA SESTA

Diceopolo, on Teoro, AraJdo.

Aralde

Venga il Teoro ehe a Scitak* messo

Rediva or diaozi.

Tear*

Eccorai a te.

Diceopolo

S'addaee

Uq altro giunlator.

Teoro

Si lungo in Tracia

Stato nou fora il mio soggiorno

Biceopvlo

S'era

La mercede, per Giove, a&sai men grande.

Teoto

Se Tracia tulla non copria la neve,

Se non vedea dal gel rappresi i fiumi,

Quando tra voi Teognide pugnando

Stava della tragedia. E aHor vuotava

Con Scitalce le tazze. Ed amatore

Invero ch'egli b pur d'Atene e vostro,

Per modo ch'anche sulle mora scrisse:

Son gli Ateniesi vaghi. E il figfio asc^riito

Tra i ntislri ciUadin brama cibarsi

yGoogle



45

Delle salsiccie alle apatarie feste.

Onde alia patria soecorresse orava

Al padre, che libando, ana taot'este

Giur6 mandar, che avria gridato Atene:

Quante han locuste nostra terra invasa.

Eticeepdo * >

Morir io possa, le locuste tranoe,

S'io gli credo un sol delta

Teoro

Ora de' Traci

I pia gaerrier n manda.

Diceepolo

0i inver gli veggo

SCBNA SETTHtA

Diceepolo y il Teoro, l'Araldo, Traci.

Amldd

Traci, venite, che gukto il Teoro.

Diceopolo

Qual nuovo dannoa not?

Teor*

r BegK Odoraanti

Ecco lo stuol.

DUxopttb

Bi cbi? dimmi chi sow?

Chi per lal modo gli acconck) col liffe? (17)

yGoogle



16

Teoro

Se daran lor du' drttmme, eocoli prenti

A devastarBeozia tutta.

Diceopolo

.-.'j .• Oh due

Dramme a que' tristi e tatto gema

Lo stuol dei remalor che Atene han salva

Oimfc infelice, mi divoran l'aglio

Oh mi si lasci l'aglio

-.,

;?»' Teoro

; Ohl yil, cosboro

Noq accostare or che gustato 1'hanno.

Diceopolo

M'oltraggierfc sal patrio suol, Pritani,

Quella barbara geate Io vi difcndo

Per la mercfc del Trace or Fadunanza.

Da Giove un segno fe dato, t m me piobbe (18).

Araldo

Or parta il Trace, e fra Ire di rttorni,

Che radunaata dai Prilani & seioUal

SCENA OTTAVA

Diceopolo , Anfiteo.

Diceopolo

Ahi quanta agliata or mi perdei. Ma torna (19)

.Gii da Sparta Anfiteo; Giove ti salvi.

yGoogle

Non pria chet{ft**o«tecj*esriuvOn'gli .tear*©*- -

Debbo cansar fuggendo. ; j);-:^-)8 7/;

*;*-

\SMceopkh

on- ' E che I'avvenrie?

Jo r.alleaMa «tJeidi Sp^rtaiTafltUiiH:) <vb (c;/ - -

Venia recando, altar cbfe J'jodoitran '.^Ma. r'

CeKli vecchi acarnesi, alierif

veQcHi^1

- ;- ;<r , vi

Quai lecci duri, imjauliriiS Maratona,

Prodi guerrieri e crudiÂd alta voce

(Jridavan tulli: ab radhi tregua, atfame; ^

Or che recise son le vtti^ d i sassi

Raccoglieansi ne pallii fciscttfltocpzaacte

'

\ me dielro correal ctfird fu$ge$itoi>

«.. DiOQOfoio- ' i» >:: i

E gridin pur, ma te Ja fcegu* porUV 0. .

f

jltyifeo

Tel dissi io si, ohe Ire -'fltggilm .awredo, 1

^:•'•

Di cinque elk fia<.jqacaioîi;ftdÛ>-6 goafca; ^ ' J

Diceopolo

Abimet //.',• a A/X-'-'i

Anfiteo

Cos'era ?»*? .' A soj> :•,•-•- ;

~

Diceopolo

Avvtaso- alUabbro ; odora (201

yGoogle

IS

- AtifUeo

^ _,., Ecco h decenne queslo

II togli e gusla

piceopolo

Agrt) un sapore ei rende,

Qual d'ambasciata cbe %«<\IWM si mandi,

Perchfc ai soccorsi lenla.

Anfilm

E quesli sono

Di treni'anni le tofe'gfre^ii? lerra t in mare.

w'*'

stiheopolo

'* :'

'

Oh sante Baccanali f InVef She queslo

Neilare parmi ed^dbtosat ambrosia.

Non: Con te reca per ire

^rtil ifI pane

(21 J',

Ma a larga voce ben mi dicoiv: Vanne

Ove t'e in grMtf.'H^k qufcste' mi lolgo,

E bevo e libo, e uri largo vale ddto

Agli Acarnesi ho gi&. Quindi alii guerta

Soltratlo e ai mali, a celebrar men corro

Ne' campi miei le Baccaiiali f#ste.

*

, Anfiteo ,.

E il mio fuggire da cosipr ripigJiQ, _

'- ^CENA lKONA;>

:

o

v

Coro d* AcaniesL<

^

Ei seguir dessi, perseguire, a tutti >,,'

l}»

Che inconlriamo in sul senlier chiamarne.

yGoogle



2*

Cora

Cercarlo vuolsi e di Ballene al borgo (23).

Volger gli sguardi, e lui seguir dovunque

Sin che trovato ei sia; sin che a sgravarrai

Su liu non gello le raccolle pielne.


Pompa sacfarii, a te libap coi servl,

E celebrar mie baccanali agregli,

Cbe son di guerra staneo. Ora gioconda

Per Irent'anni mi sia quest'alleanza.

La mo^He

figlia mia leggiadr^, ip âgft modo . .

Reca il canestro rivalgendo gH occbi •

Al vorator di Saflt^reggi^. Ob jjivero {14}

Felice sppap,, qfci odorar feratli

Quasi mustglla ^djt'alba, Or Uk tfirowUra 4

Ma caula iacedi entxo la foiU, torti

Pi soppiailo potrian l'oro cbe arrechi,

pipeppofy

Innalza il Fallo, Zaotia, e segiti presso

Lei cbe apporta il canestro, lo di voi dopa

Verr6 canlando di Priiaparllfind;

£ tu va, donna, e da) mio tetto osserva*

Fallo di Baceo ami#> (95) %

Bancbetta^rôlîy^go, -*< -

Dei giovêUi ^diiUewv ,...--,.

Vagheggialp** W\m< ; - <

Ecco a te <;aftto nelU s^sta elate,

Che alfin mi torna ai oawpi,

Or ch'io be¥0f

di ffrce a«w be#e> .- ^

Sebben tutlo di guerra iftiorno ayvampl^

Da Lamaco discioUo,

Non p& in battagtie svvolto.

E Fallo, Fallo, quanta

yGoogle

23

E sul Feller piti grate uu ^ ^ - - i

A legnaiuoloaceaat* *

c* ^ a , l ^ ( l '> >

Trovawi -eieil suo togail Wffi ferate,>

in(E colei fosse, bella * ^« iui •

(f>

Di Strimodoro aftcdlif

E stretla al seft bîdarla,-^r- l ^ - ^ ' >

Ed in suireito^lraria; * v - cnu*,*u u &:}&

E Fallo, F&tto, tffteifote fcridaHieit / A

Se vuoi meco h Uikz#qg$ #0t4*t#; r ^^

Queila drimaiiK aVrafJ

8aeîlte^te, T V

E rodera to *ci*da il focoledaie^ • • >^-

SCENA SECO^DA- -

-:.-i\ 1 1 ^

---. t?

,> .1 ) ;».. ^ < oi i* v.

• *,\.x:y : ,»i

;

PifiMfOl^ $MO t h qmMv, yCi: 7

-•--. €$*&£ hji:->i X <..• ,: (

Egli 6 desso; ^l^fceUtfp ^ ^Getla i sassiâ qttfeB'idfem*;^?^ r^Nfc t'arresta; qtÎH^ âaife 5^ - ^ ^

Noa vorretâlfiHHi^âr^ * - >

Wideopofo' • o - fJ

Oh per AlcHte, o&ft qtefcfb, iufratfof- '->

Ne majfcterete il vaso. ^;:

.» •.; -. :^

Cero } -''^-•' - ^-',

ft teftffi^; il 5«^t

Infraogerti vogliamt

yGoogle

24''

Rtteapolo

Per qual cagione,

Irai

vecchi d'Aiene or lu il piu antico 1

Cora

E il chiedi* audace, scellefalo, ch'osi

Mirarmi, ed hai la patriae (radita,

Ora che so laila hai la tregua'?

'

Ignori

Qaei palti: gli od*.

Corti

Udisti? morir dei;

Ti coprircraf coi sassi.

<:1

Dicropolo

Allor che udito

M'avrete voi. Ma vi placate, o cafi.

''

Covo

Non gia, ne parla, che piit in odio a noi

Sei di Cleon, che soltopor vogliamo

De' cavalieri ai pifc. Di Sparta amico

Ne udrolti a lutigo, e punirotli pria,

IMecopolo

Cari, bando per ora aglr Sp&rlani,

E udite altin se i patti miei sien giusti.

Coro

E come giusM, se con lor ti leghi,

Ch'ara non han, ne giuramenli o fede?

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ii

<?or#

No certo

Dieeopolo

OrribU oprat

Ccro

A morle andarne

Io vo' se t'odo. 1

Diceopolo

Nfc un Hlante?

Cord

A morte

Gi& sei devoto.

A toi fard tat cosaChe ben ben pungerawi. Io tor di vita

Gli amicissimi vostri, ed afferrali

Or gli staiici vostri uccider peaso.

Coro

Che mioaecia coslui ? Rom' egli un figlio

Dalcuo di noi racchittde? A che si audace?

Du*opol6 :

Ai sassi a poata vostra, ed io l'uccido.

Allor pan& quafc del carbon nel seno

Desir vi sfcgga,

4tom

Obi eiam perduti; fc nostro

Concitladin quel cesto. Obimfc ti cada

Quella mioaecia debt not far/ noo farlo.

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rt

Di&tipofo

Ueciderollo si; gridaf

non t'odo.

Ferir potrai quel socio mio? 1'amie*

De Carbonari?

-.,,i Dictopoh

Ma neppure odirmi

Volesli or dian»L - i

Qua ti par fevella.

Anco se '1 vooi dell'a te cara Sparta;

Ma il cestellin non lascio,

ALosaoAgettate

Prima quei sassi. : 7/ v ; <;; 1-

JioeÎi] a-terra, 11 brando

Or lu deponi. 5

:„.«.. ,;» r . <K.IM^pato f ./i.-;- .* ^ .-*.-,r,

AW^ Â»owsrvtgga 1 s,

Ûir, -;

Non n'ahbia il pallia w^t*. <*\

cni--. tea > j A teifi^saiw^q

Non vedi il pallio scosso ? Ah non c'3t$dM .-

iascia quel ferro; a'agitahle vesti (216)

Qnando 9$lta*d« flt mm tm ônmsi.

Anco dai gri(H ei» dwr rirtanrk ,; ^ >. .;. ;.

yGoogle



28

Poco manco che.del Parneto uc^iso ($7)

Fosse il carbone ; e l'insolenza sola

De' suoi conciltadin Iraealo a morle,

Che molta schiqaja e nera ei rigellava,

Quasi di sepia schium^. Oh grave cosa

Un duro cor chq a schi$ma#ar ti porta*

Ad armeggiare^ a ricusar 1'oreccbio

Alle giuslc p^-oppsie Iopojrre il capo

Del beccaio sul troncq alfin t'offersi,

E la parlar di Sparla. Ob non lei pensi

CVanco a rae cajra sia la vita?

Coro

II ceppo

Fuori ne venga* e iue ragioni, o Iristo,

Alte ragion ne parla. E gran disio

In me dudirle. Ma qual pria dicesli

La poni U capo, e di la sohfavella.

Diceqpolo

Eccolo; il vedi, ed io son qirel che parlo,

Nfc pensate, per Dio, che me ricopta

Ora lo scudo; e $bber*ch& talk) io deggia

Da voi temer, pure di Sparla amico

Sark il sermone qual Taccalgo in mente.

Ben so che allegra i conladin, sfacciato

Mortal che lauda e la cittale ed essi,

Giusto od ingiusto quel suo detlo venga.

Venduti son, ne il sanno. Ed a me nola

E pur Talma d*' vegli ; altro non pensa

yGoogle



29

€be del giudicio a numerar fe selci

Ben ia ramineiilo di Cleon ttngiurie,

Quando io vi dava la commedia accolta

Or volge Tanno. Egli coi> aMe gridA

Me in senato Iraeva, e di cakinnie,

D'imprecazioni, e mi coprta df scherni.

Io lordo da quel drrie, a mode presso

Quasi mi stava. Or pria cli'io pafli; ritmque,.'

Mi sia conce&so ri^eslir te spoglte

P'un poverello onde a cosfui m? cdi. .

Coro

€he taggiri? cbe tardi? a' che tal fraude*

Togliti pure Tinfefrnal celata

Di Jeronimo, nereggiante* ifsuta (28),

E qual Sisifo inganna, a palio nullo

Tacer ti*fc daio.

Dkeopdlo

Ora d ardire b tempo.

Bo d'Euripldfi d'uopo; o servo, servo.

. SCENA TERZA

Piceopolo, CefiBofonte, Core.

Chi vien?

Qiteopolv

Ecci Eoripule 1 ?

yGoogle

30

Cefisofonte

'

Oh se m'intemli

Ewi, e non evvi.

Dkeopoh

E come cto?

Cefisofonte

Si, vecchio*

Ei colla mente i versicm cogfieodo

Fuori rsaggira; enlro poi slassi i pledi

In alio stesi, e rfi Iragedie scrive.

Dkeopoio

Oh tre voile bealo or tu, Euripide,

Di cui si ben risponde H $er*i>. II cfciaraa.

Cefisofonte

Non puossi.

Biceopoio

li vo'; dtqfct non 1 patio, e picchio*

Buon Earipide, Iteffyitf^to faio;

Saltri ascolUvi, me por odi; sono

Diceopol di Gottide- che ftioM

SCENA QUAIRTI

Euripide, Dice<^to, Cef^ofonle, Core*

<Eur%pifo

Tempo or non ho.

31

tketopolo

u ., §olo veder ti lascia

Sovra il scenico ordigno (29).

Evripid*

©ra non posso

Ma pur... >t;

Ben rai ti ^fislr^pr, Ainqqe abato

Sul tealrale ingctgno, e jioq ne *£efal<* i: ., *>•:

Euripide? \ , , (i. .

.<

; i Euripitk.

,...-> . ;

Che vuoi?Diceopolo

£u le ijragedie

Ognor compoiii da queH'alt^ 1(k?o,

Mentre il lice dal suol, eh$ jpjerwigtia *;

A noi non & se ognor sciaac^adduci.

E quel tuo panno da un ejroe Kbai forsie :

Delle tragedie tae? Dunque sorpresi

Piii non sarem se ognor iqeqdici bai finli.

Ma a ginocchio, ten prego, or dammi un cencio

Dei drammi antichi> Innanzi al coro dime

Deggio tango tifeitfrso,

ed ei mMaceia

*

A morte pormi se non ben favello.

Euripide

Qual vuoi lacera veste? Or qiiella forse

yGoogle



In cui ravvolto rinfeliee,vecchio? y

£neo pugnawa?,fr

.

Diceapolo.

Non eoslui. ma eglj w*Piu i&felice queiraliro,

Euripuh

lf,,,J forse U.c-i^Q.- .

Finico?._

> -*,

,

.

, :tr

\L

- .fliceopolo ,.

(

No, piu misprando aaccnra.:

Puriphie

Oh qual ceooio vuol ei? Del mendicants.

Filoltete vorrai forse il m^itfello ?

Diceopolo

D'un allro ancor piu poyerellp assai.

Euripifle

Quella sordida cappa k ibrse chebbe

Bellerofonte il zoppo?

,Diceojwla

.

Eh no ch'egli era

Zoppo non sol, ma m^j»di(?anle e garrulo.

Euripid?

Trovato ho 1'uomo, & Telefo di Misia.

;j Diceopolo

Oh ben dicesli alfin, Telefo & quella_

Suo ceneioso velame .or,.iu jni porgi.

^ }

Eiyipide

01&; garzone, la ,s£u^cja'$; v^sU*,

yGoogle



33

Tu li porgi di Telefo; la copre

D'Ino la spoglia, e alia Tiestea sovrateta.

Cte/isofonie

Ecco, la prendi.

DiceopohJ ^

Onntaeggehle Giove2

In questi cenci or fa ch'io ben mi avvolga,

Perchfc un meodico appaia. E tu, Euripide,

Largo a me di tal veste'Or mi concedi

Anco i compagni stiOi. Bahimi di'Misiat^

II berretlin sul capo Emmi oggi d'uopo

Purer mendico-, cid ctiio son rimanga (30),

Mentrallro appaio. Me favvisi appie'no

Lo spellaior, mentre che il coro slollo

Derideran la parolelte mie.

Euripide

Tel dard si, che argula insidia svolgi.

Diceopohk

Dio tel rimer ti, e a Ti*lvfo}

che il bramo*

Crescer mi senlo in capo i delti arguli.

Ma qual usan recar oggii m£udici

D'un basloncello bo (Ftfopo. ,*r

'

' Euripide

* ^Eccolo, e ^gombra

Cc mie lapidee imposla.

Diceopoh

Oh carol Vedi

Come oti scacci, e di pif* cose ho d'uopo.

3


34

Ardir; si chiegga, s'importfiiu, s'ori.

Deh ancor mi da la fiscelletla ch'arse (31)

La lucernuzza iua. >:f

j ifwrtpirfa <l 2-.L- ^'./*-.r. .-,..?

Miseri Qualuppv ''

flat &I tessitfv viitehio? . > : ;v< ;.v.. f

^

Dieeopek j';- f

..h.« •.-:-:/. --e.\

Oh niun,

mail toglio.

Euripide

Gia moleslo mi sei; di qui ti parli.

jJHe9opo(o j

*

Oh sieao a ;te proptzii Lrfieif iioji weno

Che a lua raadre gia fur. ,

Euripide

'„ m ui- -,; ;s ?j> JMa vaniievv ./^ ;.

}i : J)icieop€io} âs •• ^

Donami ancora, eh abbia ^guaslo l'ori& (32).

Troppo imporlunosciv)U>gKl0jje }ptirti.j^

Affe non sai qttal daoino ft ^BftBûrêfchiJ

dolcissimo Euripide, lu fatemi .-

;

11 dono ancor d'un'ollicina ch'abbia

La spugna in fondo.

.Etoripide

Oh la tâgeîafiQitJr^

Invoiarmi tu vuoi; pigliala, e cessa.

yGoogle

35

v Dkeepalo ^,<x. ->'•

-

l

Ecco gia parto; ma che fa? Sod naarto v <*.> - <

Se non ottengo da le artcor quest'una.

dolcissimo Euripide, ji giurî

Non rieder piu se quesla.a ate non niegfei.x \ ' ^

In quesla sporlellina an£^ «* poni

Lievi (fogUuzzjS. * > m^h\ >d (i

Eunpide •

,

.

E nulla ininjftane

Eccole ancor;,posto bai toio draf«n?i a(l \erde. '''

Dtceopola

Ora non piu, men vo, €Ke al mio signore

Fallo mi son, nfc me a%^di;»1grave.

Oh smemorato me Quel che piu imporla

Lasciai noir chiesto, Eimpidatldumib, c ri < ^

Oh dolce oh carol la jwî ortenda morle

Colgami pure, s£ dqmaodai^lrema^r* :vu> *.. i k v

Non fia questa che udrab Fiaasola, sola.

II silvestre cerfoglio an«OTaniiiB£bi^$3)i^ r< »/

Che gia vendea lua ms&tH. u$ )iior i o<ui^,i'i^ '

Eunpicfe

sViiv Îdgiuria fe questa;

Gli si chfedttfetoffflM '

'«^:

yGoogle

Diceopolo

- u â»

>

e ^ forz*

Irne sens^:

cerfogl76>

.i

ff^dp'j^''t{Baie

Cerlame incontri:

nefiW&r d\ Sparla

Sio dello sladio iJ

capo e gijt mi fermo?

Eurjpide fors'io f>(taj

feeb6f iritero?

A te sien laiidf; 'krdiir. toid cdf, t'avanza,

Prolendi i) capo. c 6 did vuoi favella,

Ardisci, va, luiollra, o cor Vammiro,* ,ri

<&?& '

\

Che fai? cbe penuf Vium t*e$iirr>i forse

Uomo impudent^, uom £\ ferro, s'osi

Porgere il capd atla ciliSt cbe solo

Di conliraddfr li alteilti1

? Aadace assail

Or vien paich£ vaorfavellar tu s^sso.

Non vadiratet Ûh^seardisco

In commedia parlar &i [civil optti (34)

,

Bencht rnendico^ qltAhniese ptebe.

fe la corrimedia apprezzatrice ancjtfessa

Di giusli faiti. Acerbe cose dtrvi

^ *

Deggiq, mat yer& jftêori ,potrammi

Rimproverar cbe: Je'jtranren iri faccia

Delia cillale spafld. Eccoci soli,

yGoogle

VChe de' giuochi lcf*$i pendon^ i rrti,

Nfc Ira noi loco ha lo stranler, riscossi

1 Iribali non son, nfc da lor mora

A noi vengono i socii. Di lor pari

Siamo e spogliati, che malvagia chiamo

Delia ciltale.i forestier corteccia.

Assai m'fe in odio Sparla. Ob| nctTwry ,

L'onorato NeUup scossa la lepra .. v ,. 4

Le case ley sommergal jq par jeci^ .

Ebbi le vili. Or iirb il vejy c^erUgia

(

*...

Ben m'fc chi m'ode. Onde accusiam «ho^ J5parla?(

I nostri sol, della ciilji aon pprlft, ^ <»

,

Badate ben, della citlVpon dicb, r

ri>

v

I nostri sol, e fu gentaglia vile,

£ maledica feccia, e inonorata,

Uoraiui impuri, e ciliadini aj mezzo,J ?

II manlel calunniar deVMejjaresi j(35)/

Vislo appena on melone, e d'aglio liu ceppo,

Porcello o lepre, o un miccinin. dj.sale:

Merce fc quesla Megariea, gridando,

•

Rapianla tosto e fa vendeanoa prezzo.

Ma lieve cosa e volgar qaesta , meritre

A Megara n'andaro alcun de'aostri,

E \k tra i giuochi e il vin rapi? J>imeta (36)

Infame donna. I Megaresj iraii ., - /

Dae d'Aspasia involar vili seguaci

In soggiacer maesire. E per ^re sainat

Le mille voile appiggionate, airarmi

yGoogle

3S

Vedi corrcr la Grecia. IftdHo sde&rio,

Che l'olimpicb P^ricle tuonare

Falminar fecc, e fa fe Grecia fccossa.

Poi di Timo'cftonte a' scdgK pari (37^,

Ne emergeva aimteggfe; e 'n' Megatfesi

Viefo rfctole, II Tftt^ri la tenW, it foro.

Da fame puTitiêSti ^tah) ^ Sp&rta,

Onde per Topra lorâdesse Tempia

Legge da noi per quflle -iftftmi scritla.

Saldi pur fammo fti (jr^gfei loro, e qniridi

Delle larghe il fra^br.Al^pra vtuM, f

Dirit taluno, a &bj Îvtfofei, drantti?

S'anco a torto accusals «n uom di Sparla

Fosse d'aver s&lftbSl tegno >y toffe

Alia genie di Serifo an catetio,

Costor negleltf ^deteStiî^ cadi?

Non gi& che Iralte ben trecento navi

Starien sullonde, ed fccctteggiar s'udria

Di guerriero fragfc* 1'atoa cifctaie,

E del triarca dispulaf la sc^fea;

Sarien dale le paghe/ed ihaurate

Le Palladiche slat^, 6 fera angnslo

II portico alle tti&efy 6 îdOJWfe ^

Saria il frumenty ; ad ogni- p'asso gli dttf,

Ed incontrati degli scalirti i mors* > <<

Sarieno ad ogni trtttlD;* e aictopiisltori

Di nuove bolli , dtegK ' fe di dipolle

In reti awolte, e di corone e pesci;

yGoogle

,*3U

Suonalrici di flauyire liyi(Jnmir( :j

r,:

t . , f ;

Atli alFopra de'remi iL>gô^,iftiK;cbjp:

.

f f j

--'.

Neirarsenal v^^sli , tlff^tcôê

r, :

i

7

- '

:;

Desire suonar de' ^})l>%M VE W* -sea W?r : ' - r f

Gia di briglieâilj, ,p libie »^r^t ^ /

E de' nocchier4 ,$ #idp^ j)j c^pjt? $ iIj&Ûh

Cid fatto avresfofwfe qftmi^fÂîk.iu; iic t>«

Di senno dunquq ^tw*efam*(V îq. » s ^ '

mi-*.;, iii&?m*^W if is- /Cif nh^-,*O impuro,jeîleê4^|i aô#, Bae^^ 7110, ibh

'>>

Parlar tai deHi?,^ i^î^tfcp^Hf^^lqpr^î((

< „;><

Fra noi ne fosse* biâr^ ]^rQ>? {r; , ^ ,- r-*

Ei, per Nettuno, ^ i^|Ui#^#

^^îr W: j, />-•>• [

E s'anco ver ci6 fogy^ ^c^m^vM^ v m J

Pentirsen debl*ef f;„i li;,^ um< .^ji/;r <,/h .r;;u jjo^

Cbe se il percuoli wiêr*$siô< ,vmr<>

:r S 1

Vieni, Lamaco, ^^(rfiîetill^te? :-<f.a^.f

<V- f

Occhio soccorri, *p£orMor <HHG?(9slfl,, o.v.'vj;; i

E di Gorgq»i^ tefggÂpi<}<>,> Q J>$Elft? r i V ,i >,r-^

Del Giron nostro m> JT$i>g&{&& at)$u&Oj .v^.v; •* t :

V'fc capilano, f^ttiuê, pmtfe -

i 1,

Atlerrator di murîieqlt m«i ^cwf««n gai ; ^ ,- ,.<;

Or giî ne' fiancW ÎreUi.M^ -v ; •:. v'w .

yGoogle



40

SCENASESTA

Lamaco, Diceopolo, Coro.

Lamaco

•—>- Ortde ne udia

Fragpr di guerra? Qual d'aiuti ha d'uopo?

Qual di scompigli? Chi dal foder trallo

Ua il gorgonio mio scado?

•*•

4- Diceopolo

Oh I dalle penne,

Dalle coorti to, Lamaco forte

Coro

Palesemenle di noi luUi sparia.

Lamaco

Mendico, ardidct to pariar lai cofce? (39)

Diceopolo

Lamaco eroe, al poverel perdona,

Se cogli scherzi egli nel dir fallia.

Lamaco

Che dicesti di noi? parta.

r.- Diceopolo

Di menle

Uscilo m'fc. Dairarmi voslre il capo*

Girar mi senlo. Oh da me logli, prego,

Lo spauracchio tuo

LOHMCO

Velio.

yGoogle

aKbebpdb

II rivers*.

Lamacdt>

.<

E fallo

Dice&polo

A nie la petma or d2t delFelmo.

.>. Lamtoeo , : ^r-;; ^ << v,;-.r-»:

E lua. * ..-';

•»

>*•«, •-;•>jf | { ,»r

Diceepdlo ; > ?> u m?

Sostienmi il capo orlti, che forza

Me il recer, taulo daMfe penne abborro.

• Lamaco r^?.' ><.. 'mc: - n, <;

Che fai? Le adopri a si viluso?

Bfceopolo '/ ^ -\

v - , Penne

Di quale augello far? deNo{ Spacomie ? (4$) (' *'

Lamaco

T uccido. v (,-,,.

Diceopolo <

No, ch'usar Bon dei la forza.

Ma se prode sei lanto, euncco fatlo

A che non m'hai? Ben se'Ui armato all'tiop*.

Ldmaco

Cosi, mendico, al «apitan Ut par i7 ; < :*

Diceopolo • n

\q tal non son. , w J

Lamaao'

Che dunqueV

yGoogle



44

Diceopolo j - «r

. Ua cktadino

Otlimo sempre, d'awbiiioae scervro,

Soldalo in caropo da che goerra ferve.

Tu da quel le»po Baepoenario e duce

Sol fosli e sei,, ;, .i

.: Mi tittiw i suffiragi.

Di tre Cuculi si. Far pase volli

Perchfe nel campo le Canute fronti .0j

M'era in odio veder, ro*alrm ai disagi

I gio?in forti qual tu sei aoHtatti,

Messi andarono in Tracia, ove tre drammc

Tirameno e Fenippo ivau hicrando,

Collimquo Ipparofeida, AtaS a Careto

E Gereto in Caonia, e TeDdoro,

II vantator Diomewe, in Camtrina,

la Categela e Gela. >

r t> ;.>: SHetti frara

Dai suffragi coston ^

Diceopolo

* C'lff |>erdife diinque

II guiderdon vi avete ognor voi soli?

Tu, Marilade antico, or di', nandasti

Ambasciatore raai? megala; e saggio

Ognora egli era, e del la*oro amico.

yGoogle

*3

E Dracillo, ed Eoforide, e Prinide,

Ecbalana v'fe iwla, oppur Caona?

Non gi&, dicon costor,

mabene al figtio

Sod di Cesira* e a (jtiel Lamaco np\fy> 'i

Cui per rinopia e pel <kmil& argetfo,

Qual chi gelta la sera in sulla strada >

L'acqua che il piede ii moridava, tulti

Dicean gli amici un di: parliti qirinci.

Oh licenza di plebel B toJieraria

Dovrem noi pur? m

Diceepolo <>> y*

Nor> gilse lo $*iped4i# '

Lamaco non riceva. VI j . -,.b, j. i

Lantmo ><? ; »j

<'f

*>

• ;

.

<^

Eteraa ginr#> - ;

Guerra ai Peloponnesii, ettriw daimo

Colle navi e coi fanti a lor reoareti(

Diceopolo ' - *.

E costoro, e Beozii, e Megaresi,

Vengbin, io grido, a mercalat sal mio

Palemo carapo, sol Lamaco tranne; > ,fu

S^ENASPTIMA

Coro,

Vince questi coi detti e il pppol Iragge

Ad approvar suoi patlr. Or gli Aoapesii

yGoogle



Proviamci noi a recilare, amici. —Da che ai comici cori il buoo maestro

Di noi si

volse, del suo ingegno vanto,A Irar non venne sul teatro mai.

Or ch'ei d'Alene all'avvenlata plebe,

Da suoi nemici, d'insolenli delli

Sulla cillgt versali , e dempi motli

Saeltaii sul popolo 1'accusa;

Forz'fc che in faccia all'incostanle Atene

A discolparsi ei muova. Appo voi grande

Esser del vale il merto egli vi afferraa,

Se voi fea dotli in ricusar Tintiera

Fede ai delli slranieri, ed a guardarvi

Dalle sconcie lusinghe, e il reggimento

Kafforzar dello slalo. Ecco venirne

AHre voile i legali , e ad ingannarvi

:

Dulle v'i'ole incoronale genii

Chiamar voi loslo. Allor del serlo alteri

Yen stale appena sovra il seggio assisi.

Se alcun blandendo a voi, lucida e pingue

Chiamava Atene, ollima cosa ei fea

Nel dirla pingue, qual se arringhe foste

Che starsi godon nella grassa oliva.

Da lanlo error s'ei vi logtiea, se indusse

Cilia, straniera, il reggimenlo vostro

Di liberty seguire acconcio ei v'era.

Quindi traeano i Jribularii voslri

Dalle loro cilU desideVosi

yGoogle



**

Del gran vale che a voi narrare ardiva

II periglioso vero. E si la fama

Crebbe dell'ardir suo, che il Re parlando

Di Sparla ai messi; qual tra noi, richiese,

Prevalesse sull'onde ; indi lo schiello

Parlar qual fosse del poela voslro.

E gli uomin, disse, fien migliori, e in gugrra

VincerSt quale a consiglrer se l'abbia. '

Quindi Sparta vuol pace, e a voi d'Egrtia

L'isola ehiede non per Tutil suo,

Ma ben per tor l'allo poeia a voi.

Deh nol lasciale, che in commedia il vero

Ei vi palesa, ed alle cose in&egna

Onde farvi beati. E non lusinghe,

Fraudi, inganni, mercedi, o mal dilelto

Egli a cid adopra, ma sol mosira il giuslo.

M'insidii pur Cleon, mV ligio il vero,

Compagno il giusio, e non fla mai che fiacco,

Che vile alia cill& qual ei mi moslri.

Semicoro

Vieni Acarnica musa

Scoppiante qual favilla,r

Che denlro il leccio chiusa,'-';',

Dal suo serio la brace diparlilla;

E cbe Taurelia arnica

Caccia nel vano losto

Che il pesciolino ad arrosiir fu poslo.

Quando Tasia Murena -

yGoogle

46

Che in appreslar fatica, t; *

Menlre bianca farina egli dimena, r ;I

*

E con rapido carme altisonanle, -i'-•<

;'**• * f

Musa scendi a' fidi luoi davante/ ^ i\/ ^

Accusalori Doi vegliardi anlichi- | > <

; >r

Delia cilta veniam, che ben volenti•

;

Ella sull'onde ci redca, nfc> larga? ?4

*

Jl

^ -i->-

A noi 4^QH;-Jlla^d'(Ar«^^-'Ma.- >,^ f

',

•

Avvolti in liti, giovanil traslullo

Siam de' retori vostri, or ebb smarrita

E la favella, e di Neliuno in vece

Ci sosliene la verga. Assisi pretffco r'

Queslo marmoreo tri%wiate,dato ,;'

Non c'fc mirar cbe di ghislizia I'oinbra.f

Mentre il verde orator gi& pronto &i dfetti '

Con suonanti parote il veccihio fere,

In disparie 'ftsteoriugai le insidie

Dei detti aHarga?^dif navel Tfttoie

Preme, lacera, UiBba imin chfe sfretti)

Per la vecchiezfca il tebbro , legfi ^raValoj ;

Di mulla cessa, e genaev ^ 'pi*Ag6-; S dice '

i] ':

Ai dolci amicir Es$i tii'hain tolto (jaaiite ' f ;'

M'avea serbalo ad awattar la iWa.' ,l >' l i:

» Sktnicoto ^ ^r- ?*'''{ -'« »'

Oh giuslo il<4egKo Ifc 'feras ^•'* > { ' -»' {i j *

Dell'oriuolo giudicarcoH'afiqiie?(£4*J>

•

{?'

Se tra i compagni wrse - ^ ,?? ;t>

yGoogle

47

NcHarringo guerriero, e si compiacqcw

II virile sudor tergegosortiDtti?-? t- ^ }u

Nfc le sue man fur leale* *. ^ tens-)'>

-

i

*

Di Maratona ai giorni* /o >ol, >A>h \-; >b'v.< .-,..;»

£ noi la spinti dei nemicd a^fronte,

Or sopporliam gli scorrti; u;«.

; ;? h. «,,,? iV , /

D'aspru casligo, e,jfaftte v? i ;> ? < iv t

Che sovra noi rempi#rft#nriflo j>&re / ibn 'i *

Ed or qual Marzi^;.^pug»«f4 M $am$i)(kfy u /»

^'^•v< *;• \'n\ww}h j Hi ,f

-

'' .

• -

•

E giuslo forse che an pprvalo^vecflfeio, c\ ?

Qual Tucidide vedi, $ £ui&& #**emo /, > nf

Che tra scitich<e jaode ^fft^marritoj ir; *

Delforalor Ce%ode»ipv:û.l^ r?; ) oSrnv i

Pera a mezzo i cay$i? tAUa pelade ] ;

'

Giunsemi, e il ciglio Waîugai dal piwto,

AIlorch& airocchia^l<50Keayl?

amiere r .;>;• ^ J

Quell'anlico cal^n#. Jij -daimo niuno(

> ) i

A lui recato ^^X^re sWssa, <, i ) v *;

E quella div%;g*j»rQâi l£W\>i andati. ) '

Ch'ei dieci Ev$i&jprefefefl aptfftti, »e tinti> ' i.> ^ *

Tre mila arcieri cc^jaosgenteifgrido;, ; ^ mj; >'*'

Poi lor propinqui saettati &(H>ieno.

Ma se da voi tolto b al riposfc il cvecchib, ) r-

:'

Sieu divise le cause, ejEwBWoanticoi 7 > ffrf

*

Vecchio oratore dalla scarna faocija ^

yGoogle



4*

Sol abbia a^fio^etwf cia^ci#iof ftnedo.

Qua) la progenie del buon Clinia fora,

Date all'eU piu verde, I Iristi fc forza

At tribunali trar; ma i) veccbio al veglio,

Al garzone il garzon giudice sia.

yGoogle



SCENA PRIMA

Ecco segnalo il foro ove mercare

Potran Beozii e Megaresi, e quanti

Peloponnesii son, Lamaco eccelto.

Tre Agoranomi ho scelti, e armali stanno

Gia di Lepreo flagel. Qui delatore (43),

Calunniator non entri. Io la colonna

Che me i palii giurar rede* *f«i reco,

Onde nel foro appaia.

SCENA SECONDA

Un Megarese, sue figlie.

Megarese

Oh salve alfine

Altico foro al Megarese amico.

II giuro si per 1'amicizia in core

Te desiai qual madre. Oh mesle figlie

Di miserabil padre, il pan cercando

4

yGoogle



50

Ormai ne gile. Ma ad udirmj in prima

M'avvicinale il ventre. A prezzo date

Esser scegliete, o qui morir di fame?

;,v - ).' '. I*e figlie

Oh ci vendi, ci veodiJ

^ Megarese j

j £ 4al mia mente.

Ma chi somprar:^9^mai>ife$W danno

Vorrebbe or *oi? JDuaque me pur fcocfcorra

La megarese frode. Io kavisarvi

In porcelline ^voglip, ^ wejjfw^ore

Di porcelline (jij^i, J}? rive^stiie ,

Di porci 1'unghie, e vi fingele razza

Esser d'oltima Scrofa; q, per Mercurio,

Tornando alia magion feme v'&spelta.

Questo grugno vi copra, e vi cacciate

Toslo nel sacco. Or ben grugnite, e sia

II qui qui voslro di devotyporco.

Io Diceopol chiamo, e vm>i coroprare*

Diceopolo, poixi?,

?CENA TERZA

Diceopolo, il Megarese, sue figlie.

Diceopolo

vMegarese,

Che vuoi?

yGoogle

/':;' Megarese <>/ ». :

,

< r. .^r;

Vengd al mercato. >

ui ^ ^ ;

Diceopolo T7

I tuoi che fanno?

Megarese

Muoion di fame al focolar d'appresso.

Diceopolo

Grato ft il fuoco per Dio, se v'acconipagni

Un suonalor di flauio. Allro oon fabno?

Megarese

Altro ricerchi? Or qnando io men parlia:

Sol pronta e vil la morte, il maeslralo

A voi riman, dicea.

Diceopolo

J

Qui sarai salvo.

Megarese

Al certo si, ' i

Allro che s'opra? cfaate

£ del frumenlo il prezzo?

Megarese

Oh quel s'onora

D'un Nume a paro.

Diceopolo

Hai sale?Megarese

1 cdme ? Forsc

Appien signori non ne siete or voi?' '

yGoogle

S2 •

,.

Diceopolo

Agli?

Megarese

Non g&, <Ae qual de' campi sorci,

Nell'imprese <li guerra il baston vostro

Ne svelse.i c$pi.

Diceopolo

Chem'airechi dtitique?

Megarese

Volivi, porei.

Diceopolo

Or beq> li mostra.

Megarese

Oh belli

Librarli vuoi? Senti grassezza e peso.

Diceopqlo

Ma cos'fc queslo?

Megarese

PorceJIine in vero.

Diceopolo

Come, porcelle qiiesfe?

Megarese

E di Megara.

Forse nol sono?

v. Mceopolo

E parmi.

Aflame

Ob ve* scredenza

yGoogle

53

Indegoa tua Non son porcelle? Mislo

Col sale il timo *e depooi in pegno,

Se il greco nome lor i*on§ porcelle (44).

'-'

Diceopolo

Ma d'uman germe.

Megarese

Di ipi% r^zaa, il giuro *

Per Diode si, m& quai le crevji^ Udirne

Vuoi tu il grugnito?

Per Dio si che il

x

v$*Y\o.

Megare$e

porcelline a voi; grugnite tosto,

Non v'addice il sjl^qjuo, o per Mercurio

Vi torqp aJJa njagiqn.

h$ figUe

Grui, crui.

Mfyorese~ -

*.<

Non son porcelle, dimmi?

Ap|^ion tali,

Ma in cinque ^ni nodrite, ajitrq sa^aribo (45)/ '

MwwweFien qual la madre.

Ai s^crifizi adaite

Non sieno, parmi.

yGoogle



Megarese

;. not; :i;hr j ,i

ticeopolo

Di coda

Yedile prive.

;» > Megarese

Oh giovinelle sono,

Adulte zrtmU g'ltfga e fossa. Intanio

Se vuoi cibarten or vedile egregie.

Diceopolo

E son sorelle?

Megarese

Delli madre slessa,

E del medesmo padre. Allot che pinguiYerran cogli anni, e fia che il pel lor cresca,

Saran porcfclle tieh di Vener degne.

Bkeopoio

Di quella dea sacrificar non s'usa

Porcelle aU'ara.

Megaresel

Oht che di' mai? non s'usa?

Anzi piii ch'altro taime ella ne gode,

Che soavissiina caiire # allor che fitto

V'hanno lo spiedo,

' Dichopolo

1; Mi torransi il pasto,

Se avran lungi la madre?

yGoogle

Meg*regs

; : JBil

padre ancora,Per Nettypo, tel giuro*

DiceopoJo r r,

Ed >4 lor cibo?

Megapel*

:r^

Qual piu vorrai. GHel ?cfeiedi c^ t« $te§90r -

O porcelline mie. ,,

Le figlie <•,

Dipegpolq rf

Piacciono i ceci a„ *oi %{

(4j6) , -.

£;f <

-•* irr-'V iCW> 4»wi-

E le noci?,

,,'..,.

tf,

;M:-

fr t

>

Le figlie r,.<

Cifui. l .,,rr ^,-.; •

r5 :

, . , . , ~ Diceopeh

^c^e,a^l|9 cru ,

Piu gridar per le #aci, Alcun.gl^p j^chi

Di casa toslo. E mangieranle? Pape^(

Quai romorose voralritpiJ.Jph\Alcide

E dove nale? in Tr^|^vper cerlo (47).

Ma non vbrale appien...^ . k5a t

Megarese

Qaesta rimane

56<

Che a lor sottrassi.

Biceepofo

'•'' Oh Giove Inver che sono

Lepide besliuoline E 6a lor pfezzo?

Megarese

D'aglio un nrasso deA'ana, e dai dell'altra

Un cenice di sal. *

Diceopolo

Comprole, aspetla.

SCENA QUARTA

II Megarese, sue figlie , un Delatore.

Msgnrese

Ben mi successe; o tu, Mercurio, dio

Dei venditor, fa che mia moglie possa

E l'antica mia madre un di spacciare.

Delatore

Mortal chi sei?

Sob di Megara, e vendo

Porcelli qui.

Delatore

Quetta tua merce teco

Accuserfc nemica.

Megarese

Ece<* sod quesli

yGoogle



WDel noslro male il fonle.

Delator

E fia Uu> danao

Megarizzar tra not Quel sacco aocora i i

Non mi abbandoni?

Megar^se , n

Diceopol, vieni,' /

Mi soverchia un ignoto.

SCENA QUINTA

Diceopolo, il Megarese, sue fjglje, il. Delalore.

Diceopolo

Oh chi e coslui.*

Agoranomo il delator non cacci?

Che vuoi? Luce apporlare, e non hat raggio? m

Scoprir non dflggiq Tosle?

Jtssai gran danno

Ti fia, se 1'arii tu* dm reck* alkme.

SCENA SESTA

Diceopoto, il Megaresej sue figlie.

Flagei d'Atene (pistil

yGoogle



Diceopolo

E lu fa core.

Delle lue porcelliae eccoli il prezzo;

To' il sale e gli agli, e vanne lieto; addio.

Megarese

In patria no.

rSe Iroppo dissi, tutto

Sul miocapo ricada,

Megarese

porcelline,

Lungi dal padre chi vi dia cercate

Con poco sale la focaccia aspersa.

SCENA SETTIMA

Coro

Felice lui Vedesti? Ognora drillo

Per esso il solco. Assiso lucra. E Clesia

Nel foro,

odaltro delator piangente

Sol si staria. Nfc incellator nascosto

Noiarlo puote; nfc col largo fianco

Calcarlo Prepi; ad affollar la turba

Non varra Cleonimo, e con lucenle

Mantello a ognuno passeggiar fia dato.

Se in Iperbolo inciampi, or affogalo

Non sarai dalle lili; e lu Cratino

Sott'occhio ognora non avrai nel foro,

yGoogle



Che dal ferro lagliato il crin li moslra

La cinedica forma. II tristo Artemo

Suonator d'iraprovvisi, a coi di capro

L'ascella odora, nfc schernirti Paaso

Potrfc, l'empio mortale, o Lisistralo

Di Colargeri infamia al foro in mezzo

;

Quasi in porpora lana, egli ch'fc tin to

Da1

vizii tulli, e cui la fame e il gelo

Ben piu di trenta di morde in un mese.

-*

yGoogle



ATTa $V4BTO

SCENA PRIMA

Dkeopolo, mBeoto.

Beoto

Si, per Alcide, la callosa spalla

Ormai mi duole. Tu deponi, Ismene,

Lenlamente il puleggio. E voi, Tebani,

Che dall'osso conleslo il flauto avete,

Con quel venlale del mio can la groppa.

Dieeopolo

Ai corvi i calabroni alJ'uscio appresi,

E d'onde aprir quei suonalori Pala

Sul limitar ronzante. Oh miniature

Di Cheride coslor

Beoto

Si, per Jolao,

Li sperdi pure, amico ; insin da Tebe

Me seguir flauleggiando, e del puleggio

Scossero il fiore. Or tu mi compra parte

Di quel che reco, o vuoi cicale o gallo.

yGoogle



fc1

Dkedpolo

Salve, Beoto vorator, ch« rechi? (48)

Beoto

L'ottimo di Beozia, ed origaoo (49),

Puleggio e sluoia, ed anilre e stoppini,

Cornacchie, fraocolini e polli d'acqua,

E reatini e smerghi.

Diceopolo

Oh quasi nembo

D'uccelli atterrator venisti al foro.

Reco lepri per anco e volpi ed oche,

Talpe, ricci, pillidi, e gatte, e lontre,

E di Copaide anguille.

Diceopolo

tu che porti

Si dilicati pesci all'uom, se anguille

Hai teco pur, ch'io le saluti lascia.

Beoto

Delle cinquanla vergini Copaidi

Esci tu la maggior, I'ospite inchina.

Diceopolo

Oh cara a lungo qui aspeltala vieni,

Grata al comico coro, ed a Morico.

E voi, garzoni, la graticcia tosto

M'arrecate e il ventaglio. Oh dapo il sesto

Anno vedete Id bramala anguilla.

Salulatela voi, che gfo il carbone

yGoogle



A tant'ospite porgo. Entro portaria

Or vaffrettate, che nemraeno in morte

Separarmene vo\ se governata

Colle bietole fia.

Beoto

^ Ma ^jual men viene

Prezzo da lei?

Diceopolo

Drillo del foro & dessa.

Vendi l'altre tu pur?

Beolo

Tulte le vendo.

Diceopolo

Edfc lor prezzo? Non torrai lu invece

Teco altre merci qui da noi cresciute?

Beoto

Quanlo d&.*Alene, ed a noi manca.

Diceopolo

Anchiode

Dunqie trarrai tu di Falera, e vasi.

Beoto

Ne abbiamo a josa noi; quel lanto voglio

Di cui dovizia b qui, da not difetto.

Diceopolo

Inlendo si; qual yaso trar legato

In delalor potreslk

Beoto:

- E fia, p^LNuoai,


Alto guadagno il raggirario tftlorno, *

Quasi bertuccia di malizia piena.'<>

Ditaopolo '

A tiro ecco Nicarco.

Beoto

Oh piccift- mollo.

Diceopolo • • »- »

Kd e malizia tutto.

SCENA SECONDA >

Nicarco, Diceppolo,, Beolo, Coro.

Nicarco

A chi tai merci?

Zfeoto

D'uom che qui vedi ; mie. E pel dio Gio? ;

Tebane sono.

:

.

Nicarco

Qua* nemiche merci

Al iribunal trarrolle.

Beoto

E in cbe sei Ieso,

Che agli augelletti miei muovila guerra?

Nicarco»

Accuser6 le pure. ;vwBeoto

..;,< An cbe t'offesi?

yGoogle

64

Di lucignoli oslili apportalore

Te scopro a lutli.

Elo stoppino accusi?

;1t r Nt0areot

Incenden* il nayiglio.

Dicfopolo

Arse le navi

Da un lucignol vedrenv? e c0me puossi?

Nicarco

U'nemico Beoto, acccmwmdame

Ben un polrebbe dKtignuola all'ali,

E giu mandarlo pel canale quandoPiii borea rugge; una sol nave accesa,

Arderian tulle.

Diceop&h

Da un lucignol, tristo,

E da picciol tignuola arso un riaviglio?

Nicarco

A le 1'affermo.

Diceopolo

A lui chiudi la bocca.

Qua di vinchi una fune, code legato

Quasi vaso di cotlo , ei to slrascini

Senza infrangerlQ se/50n <

Com,

Amico, il eopcia

yGoogle



Bene a dovere al forastfero ond'egli

Sano sel porti.

Diceopolo'

-iI

A me k ctira, ch'odo

Uscirne un soon qua di tegame fesso

Gia dalla brace, ed agH Dei discaro.

Coro

A qual uso varri?

Diceopolo

Fien molti; Nappo

Dei mali prima, poi di liii cassa,

Face a Irovar calunnie, e tazza adatla

A contener le scompigliate impfese.

Coro

Ma chi l'adopra se dal rauco suono

Si assorderSt la casa?

Diceopolo

E saldo ei fia,

Se tu, buon uomo, pel calcagno appeso

Farai che in giuso ei guardi.

Coro

Or ben si giace.

Beoto

Raccoglier6 le merci. .

Coro

]

E costui pure,

'

Buono stranier raccogli | e quindi gelta

11 delalore ad egni cosa deslro,

5




66

Ove luo senno il voglia.

Diceopolo

Altro doii posso

Che coteslo mal seme a te recare.

Porta, Beoto, que9to vaso altrove.

Sopponi, Ismeno, la callosa spalla.

Diceopolo

Cauto il trascina. Inver ch'fe lieve peso,

Pur guadagno ti fia, che un di beato >

Tu per cagion del delator sarai.

SCENA TERZA

Un servo di Lamaco, Diceopolo, Coro.

Servo

Diceopol.

Diceopolo

Che cerchi? A che mi chiami?

Servo

Per queste dramme a te Lamaco chiede

Alquanti tordi a celebrar le Coe (50).

E prezzo inoltre di Copaide anguiilaQuesta triplice dramma egli t'invia.

Diceopolo

Quel Lamaco Ghi fia che a me la chiede ?




67

Servo

II Iruce, il fiero, che il Gorgone innalza,

E trina squassa ombrosa cresla all'aura.

Diceopolo

S'anco a me dia lo scudo ei non avralla;

Scuola le cresle sul salato pesce.

Gli Agoranomi io chiamo ov'ei s'atlenti

Di concitar la turba. Ai lari nilanto

Quant'io mercava arreco, entrando l'uscio

Solto 1'ala de' tordi e degli smerghi.

SCENA QUARTA (5*)

Diceopolo, Coro.

Coro

Vedi saggio morlale

Cui la cercala pace,

Quanto fc quaggiu venale,

Alfin lo rese ad acquistar capace.

E cid ch'fc airuomo dolce,

Ci6 che il palato molce,

E il mercadante usa portar tra noi.

E d'abbondanza prova,

Degliaugelletti suoi

Queste fuori gettar penne gli giova,

Che l'oro pare ben sovr'esso piova.

Non mai tra mie pareti

yGoogle



68

Accorr6 Marie; nk dTArmoiJio il canto

,

Fra i pingui deschi e lieti,

i

Non fia che scioglier mec6 egli abbia il vanlo.

Ch'uom di corrucci e vino

Egli tra noi s'assise,

Nfc piu la mensa arrise

AU'aomo che per noi nmt6 destino.

Tutti i maliversar sur noi gli piacque,

Ci offese, ci percosse,

E ogni cosa da lui sconvolla\giacque.

Invan noslro prepare a lui si mosse:

T'acqueta, bevi d'amicizia al vaso.

Con piu furore allor la fiamroa scqsse,

Nfc piii vin dalla vile fc a noi rimaso.

.

Diceopolo

Oh della bionda Venere,

Delle dolci sue grazie arnica pace,

Perchfc non fesli splendere

A me sinor ditua belli la face.

Deh avvenga pur che teco

M'unisc$t amor di fiori ineeronato,

Come quel che la su dipinto vedi.

Ma forse tu mi credi

Gia carco tfarini, eppur se a te son gralo,

Tre dolci cose avrai nello star meco.Un ordin lungo pianter6' di vili

|

E fieno a quelle uniti}

Oiovin Iraki di fichi tlpnerelli.

yGoogle



69

E abbenchfe vecchio di quell'uve inlorno,

Per unger te mia Diva,

Afesteggiar di Cintia i di novelli

,

Farei di bella oliva

Queiramico terren coll'ombre adorno.

SCENA QUINTA

Diceopolo, un Banditore, Coro.

Banditore

Popolo udile : OgDuno al suon di tromba

,

Qual Ira noi s'usa, il congio vupti , e quale

II faccia pria di Ctesifonte n'abbia

In premio I'otre.

Diceopolo

H banditore udisti,

Donne, servi a che stare? Or tosto il lesso,

Qua qua l'arrosto, risvegliate il fuoco,

Togli il lepre alio spiedo, e di corona

Hi cingete la froute, e li spiedini

Tosto arrecale e vi sien fitli i tordi.

Coro

Sien lodi a te, prudente, a te che appresti

Gia lauta mensa.

Dieeopofa

E che dirai veggendo

Si ben quei tordi governati al desco?

yGoogle



70

Coro

Davver ben parli.

Diceopolo

Attizza il foco.

Coro

Vedi?

Nod meglio il cuoco appresteria la cena.

SCENA SESTA

Diceopolo, Contadino, Coro.

Contadino

Ohimfc tristo

Diceopolo

Ercol Dio, che cosa & questa?

Contadino

Un infelice io sono.

Diceopolo

In dietro torna.

Contadino

Tu solo, amico, hai pace; or deh men cedi

Tanto ch'io ben per anni cinque n'abbia.

Diceopolo

Che Vavvenne?

Contadino

Di buoi perdeva un pajb.




71

Diceopolo

Dove?

Contadino

I Beoti mel loglieano a Fila.

Diceopolo

Maledetlo ed hai pur bianca la veste.

Contadino

Essi, per Giove, mi nutrian di gioia (52).

Diceopolo

Ed or che vuoi?

Contadino

Smarria piangendo gli occhi;

Ma se pietate hai di Darcete Flasio,

Tosto di pace m'ungerai le ciglia.

Diceopolo

Ma tristo a le Di medicina Parte

Non esercilo gi&.

Contadino

Deh m'ungi, e i buoi

Di riaver son cerlo.

Diceopolo

Eh hoi ma corri

Agli allievi di Pitlalo, e la piangi.

Contadino

Uq gocciolino sol di pace versa

Id questa canna.

Diceopolo

N& di gocpia nn cenlo.

yGoogle



72

Vanne su toslo, e alUwe, muggi.

Contadino

. Ahi Irifilo

Misero me, che gli ho perduli i buoi

SCENA SETTIjiA

Diceapelov Ci>ro.

Coro

Ha dalla pace giota, eppur non parmi

Cb'altri a parie costai porre ue voglia.

Dictopob

E tu di miel qitella buacjca aspergi;

Abbian fuoco le sepie.

COF0

Ob eotne ei grida

Diceopolo

Arroslite le anguille.

Coro

Abil 1* Auavvoce,

E il grato odop Jioi e i win UQStri

Per fame uccideri.

Diceopolo

QaeU'alkro arwto

Tulto biondeggi,

yGoogle



SCENA OTTAVA

Un Paranmfo, sua moglie, Diceopolo, Coro.

Paraninfo

Diceopolo

Che?

Paraninfo

Cid dal convitto a te manda uno sposo.

Diceopolo

Oltima cosa, e sia che vuolsS, oprava.

Poscia in cambio ti prega in qtresto vaso

Alabastrin versare alquanla paete,

Onde nol colgan 1'armi, e si rimagna

Ad agilar la moglie.

Diceopolo

Or si ; ripiglia

Tua came tosto, mille dramrae dare

Ben mi potresti non ten cedo siiHa.

Ma chi fc coslei?

Paraninfb

La paraninfa, e brama

Due molti dirli della sposa a nome.

Diceopolo

Vediam — per Die Che strana inchiesta, chiede

Che seco resti dello sposo il bacio (53).

yGoogle



74

Porgimi i palti; donna, ella di guerra

Non porti il peso, a lei ne porgo sola.

Darami la boccia; sai com'ei s'adopri?

Alia sposa dirai, che allor che scelte

Le cerne son, n'unga lo sposo a notte.

Riponi i patli ed il baril ne reca,

Ond'io.miei congii n'empia,

Coro

Un uomo accorre,

Con torvo ciglio orride cose a dirci.

SCENA NONA

Nunzio, Lamaco, Diceopolo, Coro.

Nunzio

Quanti Lamachi son , faliche e guerre

Lamaco

Chi picchia l'uscio de* bronzati fregi?

Nunzio

Vogliono i duci che coorli e creste

Tosto adunate, benchfe neve fiocchi

Tu n'esca in campo a cuslodir le valli.

Nelle di Citro e Coo feste fur visti

I Beoti ladron correre i campi.

Lamaco

Eh numerosi piu che saggt duci

Duro quel tormi il celebrar le feste

yGoogle



75

Diceopolo

Oh Lamachesca schiera ogoora in gaerra

Lamaco

Ahi lasso ancor deriso.

Diceopolo

£ vuoi pugnare

Con an gerion di qaattro penne armato?

Lamaco

Trista novella costui diemmi.

Dieeopolo

Un'altra

Ne avri qaest'uom che si correndo viene.

SCENA DECIMA

Secondo Nunzio, Diceopolo, Lamaco, Coro.

Nunzio

Diceopol.

Diceopolo • '

Cos'fc?

Nunzio

Vieni alia cena;

Col congio ed il cestel ti vuol di Dacca

11 sacerdote. Avvaccia; ognun ti attende

Mense, lelli, guanciai, coperte e serli,

Mirra, fichi, sgualdrine or gik son presl

E farina, e focaccie, e di sesamo

Cosperse torte, e berlingozzi, e vaghe

yGoogle



76

Saltatrici, e d'Armodio il dolce canto.

T'affreUa ormai.

Lamaeo'

Quanlo infelice io sono.

Diceopolo

Perchfc lo scudo del Gorgone ornavi.

Or chiudi l'uscio e si prepari il desco.

Lamaeo

servo, servo, il mililar fardello (54).

Diceopolo

E a me del vitto il cesto il mio m'apporti.

Lamaeo

Le cipolle, e nel sal l'inlriso timo.

Diceopolo

1 pesci a me cbe le cipolle ho in odio.

Lamaeo

£ il rancido salame in foglie awolto.

Diceopolo

E a me grasso novel, cuocere il voglio (55).

Lamaeo

Ancor dell'elmo mi darai le penne.

Diceopplo

A me colombi e to'rdu

Lamaeo

Ahi bianca e bella

Penna di slruzzo

Diceopolo

Ob dei colombi came

yGoogle



77

Dorata e vagal

Lamaco

Nod dileggia l'armi.

Diceopolo

Nfe to guarda a' miei tordi.

Lamaco

Io vb* la 'leca

Che il triplice pennacchio in sfc raccbiude.

Diceopolo

lo vo' '1 legame dove giace 11 lepre.

Ltimdko

Oh il verme delle setole rfr&eva

A me '1 pennacchio. ' ''-'

Diceopolb

Roderotomi pate

Anzi la cena quel ripiendi lepre.

Lamitco

E parli meco?

Diceopolo '-'.:

No, col servo risso

E assai gran tempo. Vudi scoitimett& meco,

E fia Lamaco giudice, qual cosa

Piu grata vien dalla locusta ai iordo?

Lamaco

M'insulti?

l

Diceopolo

Ei grida, la locusla.

yGoogle



78

Lamaco

serro,

Stacca la lancia.

Diceopolo

Lasalsiccia schioda.

Lamaco

La vagina ne traggo. Eh tienla salda.

Diceopolo

Saldo tu pur, nfe cedi.

Lamaco

A me '1 soslegno

Da dello scudo.

Diceopolo

A me puntello fe il pane,

Dammelo.

Lamaco

II tondo vo' gorgonio scudo.

Diceopolo

Ed io la lorta cui sovrasta il cacio.

Lamaco

Non odian tulli quel suo riso?

Diceopolo

A tutti

Quolla focaccia non fia dolce cosa?

LamacoScorrer fa 1'olio sul bronzato scudo.

Gia dentro a quell'acciar veggo la fronte

Impaurir del vecchio.

yGoogle



79

Diceopolo

Ungi la lorta

Garzon col mele, mirer6 '1 buon vecchio,

Che pianger quasi fa il gorgonio Lamaco.

Lamaco

servo dammi il mililare usbergo.

Diceopolo

Mi porgi il mio per anco e il congio fia.

Lamaco

Conlro i nemici me ne fascio il petto.

Diceopolo

M'empiero il seno ai bevitori in mezzo.

Lamaco

Di correggie, garzone, arma lo scudo (56).

Tolgo il fardello e parto.

Diceopolo

Enlro la sporla

Ripon la cena ; to* il mantello, e andiamo.

Lamaco

Piglia lo scudo e vanne. Ohimfc la neve.

Sien maledetle le invernali guerre.

Diceopolo

Togli la cena, e ben avvenga ai deschi.


, «; .r*;

• ^ («>, ?ii v usm :

T

Andate lieli al y$ty b*iMQ¥>.otf ,) ,ii;oc < ,

Per la diversa via: .^ ; ir ,« o f ^/^ ;b;rm i

L'un coronato, solo a berft Jflfcerifo, I£v^.

C £^; oiTorpente l'allro infra le ^Itft 8a. fP(4 fcV { 6 /;0

^Nel nido quei di donz$#fo j>pqoi&?<^:^m^

E tu sul suolfl^n^^^^ iSv^l^ *itl n^;

Semfcoro

Mai di Psacade al figlio,

Ad Anlimaco mal, per Giove, accada,Di versi e storie facitor mendace,

Che alle feste lenee con lorvo ciglio,

Ci rimandd digiuni in sulla strada.

Ch'io possa dalla brace

.

Vederlo tor la secca, e andarne gbiotto,

£ posto il sal di sotto,

Sul desco ei la distenda,

E a quella il guardo tenda.

Poi quando torla brami,

Giunga il veltro, l'azzanni, e se ne sfami.

Semkoro

Questo gli avvenga e male

Allro pid grave, e fia notturno danno.

yGoogle

Possa ei scend&fc^#i&pido e&rsiero

,

EgFO salire le palerne scale,

E da color cbe uuovi Oresli vanno

Furianclo in sul seitliero,

Ne riporli, per Bio, rotta la lesta.

E quindi s'ei si appresla

Un sasso atzar dat aaold,

Trovi altra cosa, e a Vote}

*=

Mentr'ei per 1'atira W eaccia,; ,

Sbagli e ne copra di €ra*iir la fabda.

81

-r-Ta<s>w-

yGoogle

ATTO QUINT©

Servo di Lauiaco*

di Lamaco seryi ^ p^r ty$JiQ Îfyoco, x ^ ,

Knlro i vasi^la linffL.Jl peûoljpo,, v; ,

' ,.*v

Preparate, il cerolto, e sconcia lanau(

.

£ fascia il piede a inviluppar^, alalia.

L'uom contro un I$ Jfk piftyta^pfFese, un fosso

Mentrei varcava, e scayp^^ljiiaaêô. ,

Ruppe a un sasso la leslaê.hv.gorgona

Si stacc6 dallo scudo, e £\\<pp> ctoe, Talle, ,,,,..,

Cresle percosser sovra il suq), .Ueniendq

Lamaco un carme disserro dal labbro —L'ulliuia volta, occhio del sqI, vj,;fniro,

Che dissimile a me lascio la, Jac^-r ; >

Disse, e dal fosso in cui cacfevft $orge

,

Ai fuggitivi corre, e incontro ai ladri

Urta , e coll'asta gli sbaraglia tuMi.

Mu vicn lui slesso, disserrate Tumo, ,

•<j

yGoogle

S3

TSCENA SfcCbNDA

Lamaco, Diceopojo, Core

Lamaco

Ahi ahi qual gel, qd&F tricrfd *sWtfc. Muoio,

Lasso percosso da nemica lancia.

Ha piu il duol m'angera se qui ferilo

A dileggiarmi Diceopofr

tititf?&'''0; j^

Diceopolo

Oh Oh le mamme sue quai mela; sode

Fanciulle aurate or tiri' ckortf^, g irhaciof u J '

Dalemi, filto al labbro Wftb^«

\Vuotalo ho il congib.

u ru ' l °n °m {l

'r

; '

^h^^^siitfc^hm^;5

s

Tristo mio caso ^ G^lirW^bvoP > ;^ u>/ <^^ f

Lamaco cavalier; to s<tf4? (Wwe ? ° ' oid) , -'*-<

Misero me - oHe'U Ut> o-ir. -*k> smiw -n* o-.»i:«'

Quanto iriftl^ s^ -

n * M:«iU-;, :*

Mi dileggi? ^'^ ^ oiWm..

: -v,^ - ^

•

- '

Mi mordf??

'

Digitized by LjOOQlC



*4';,

Lamaco ;

^ Ahii Irislo scollo

Che mi/valea la guerra. /Diceopolo

, Oh di quei nappi

Entro^la Ceîa si pagpÎo scotlo?t

,

;

LprnqcQ

Jo, Jo Peana .

r

'[ V

Dal Pea£ si^m lungu

Alzate, amici, .^ ^J^^^^poô 7t.

Or deh mi siate.,4\

, t)iceopolo f>

yoi^clilelte mie,

Pur colle bfapcia mi s(^mête al5

jjello (59).

Latnacd. \

Mi duole il capo, te^h'ei ru^pe^ al s^s&o,

E in tenebre m'aggiro*

Diceopolo

I tesi nervi

Mi eonsigliano il letio; alcun conforlo

Nelle lenebre avrommi (60).

Lamaco

Oh di Pitlalo

Halle mediche mani or mi recale

Tosto alia casa.

yGoogle

8i

Diceopolo

,Mi pojrtate ai giudici,

Ov'fe il sir de* cdnviii, to voglio I'olre.

Lamaco ^ A ^

Mi s'e filta nell'ossp acerba lancia

(

Dtceopoh

Vedi il congio ch'fc vuoto; *oh'

: ;

mfio trjfbiito (6iju

Goro

Trionfa, o vecchio, bep a le,s'addice. '

}

Diceopolot

In un fiato il Ifcor sorbii del vasb.

Vanne, trionfo, ed 'abbffitfr(£ <» forte 'Ui :/

Diceopolo''

'wt i?

Col canto trionfal voi mi secuile.

C/oro

Noi n'andrem difelro a ft I1

praie' sîjando; ' i;

''

j

E l'inno di viltoria ^{ Vf J

All'otre, at vincltor iteii eatiiaiô.**i;:

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ATTO PRIMO

Scena Prima

(1) Immenso quanio maflligge. — Vollo imraenso

la parola -^AfifMOLxocioyipycLpcL foggiala da A. perc he

cosi ce la spiega Macr. ne' Satur. 5. 20. Aristo-

phanes comicus composite nomine ex arena et Gar-

garis, innumerabilem ut ejus Upos est innumerum co-

natur exprimere. ypoLfifiAxbata pro multis varro in Me-

nippeis suis posuit; sed A adjecit Gargara * ad si-

gnificaiionem numerositalis innumerae. V. il Kustero.

Anche lo Scol. gr. Cosi l'intende spiegandola per

noXkoL xac avoLpid/jDiTa. molta e senza numero.

(2)Secondo a Mosco venrie.

—II Brunk vuole

che qui Mbcxos s'interpreli non nome proprio ma

v'dello, premio che si dava ai cantori colla cetra,

e adduce lo Scol. che scrive : hi b vixhaoLs oidlov

£katABa.v£ poaxos, perche chi vinceva in premio

toglievasi un vitello. Ma lo stesso Scol. chiosava

prima: &vrl tw (jUta tov Moa^oy, e ci dice dopo

ch'egli era un citaredo Agrigentino, e Dexiteo pure

jun cilaredo, ed un yincilore ne'giuochi Pizii.


88o

-$)u$' ftrfaiamiiKf, -*; Qiicsla medo tnusicale e

purnrammeuiatb da Eipdolo^ qgarnlo itacconla cbe

Orfeo in mare, minaccialo di morle dai Corintii,

prima di precipilarsi nelle onae inluono il modo

Otti»v^^^'^<^^^goffiehfand»{>daKlnolne^cdh-

vtcfcrqredareiieher,' fossef /unLmodolcon)©KalOv forte e

soi^H^côJidibs '«igi*ifitia pure «lfc»valo,;feuutoire-

op6ia chjamavaflki iiv termiite mililare i|4ielle falangi

pito ôfanrtte tthfe rislcise.iMe per tip pii gagTwde.

,

Fofffite Jtveiaganchd atarooljkML- peofeUqu *da4p6ia$tfrj

vaUc^wrjei p#fch&jiil(fear«ieiptOfe4ifemprloroil)pe pnv

cwtia&lcf > e* iv&eiotenttfi Rlultircajitt stffl Ifaltaio della

nwsica pa,r. 9 <ne »fa invputow uw cerlo Polionegto.

*<(&); I** w«â<i/i*f/^bt* Unauiftm^ tit&ain mink)

ciftqombv&il krogordMla >adunanzev peraifochi ul-

tima^ giî^Va ^ iffCu^^logi imraediatameirta in-

conlallo con quella, ne riportav&maccfeiateleiresiL

Fortfe era axbarte, ;©nde> ognuim.yi^si^kffteUaê.

[fyJgmtokMera \sinoi qwri* comprft. —» Fentis/a&m

Iwpnnfock) latum* strma mn admqui^r^jocufi est in

vecutn xitoiiikidbie, TGftia, erne et npicoi? serra Brunfc.

(6.) Stanco mhanno i legali, ilorpavoni.— Perche,

dice lo Scol. , i Persiani avevano vesli screziate

eotoe jfr. pa*one la coda ?wyero perche pdrtavano

mitre tfraate colle petine di qtrestfuccello. II Brook

yGoogle

89

lo crede derivato d&Mjid che- ad«.og»i hma ôjte-

vansi in : niostraâl pppolo ipaôiti altatajcarissiraau

;

da Cpafiao) Secorwloire jdiuAtiê) or*<foir?csifa*posfta?v

pidimHhncme avpora&cjicet.<jlbi#i 9&I ihelofijcA

tfOffa; Bpieâfr/>Îtog^

Aa^d?, IdlpeslreDelo, gH 'pehloriii ie $&db diJ/fetor

(8}<ul(i pfettiteftioi -^Jtomara irotia Cfcl T^nituftW'

invocato dagJi Spartaoi/OHde nOnvVeRirftc ill akito

agli Menre9i suiA<3aa»fi)i di'iRfetrftlOJwl jisfc-'dwf'por

tulta a qcwsti ae* rhnase • k>, gliîa. Da rqui i I -prov;

;

grfcci*: /twite tacanwhwwu nfi >)u .hHhuu do*, i.'^j.* >

((tyitetfHe pupillai) -*±> Ghriea, 4ih/cdrte 4ra' Pwv)

siuniv ove^ i Re ôtio iimaibilVy» palaza«, ^servi-

vanai der* salraf* pa'de essereivifrfottttati » dr quango

accadeva. lipodw u«lla €tio ,v qoando v aaoaira Giw>

ancor fanciullo elello Re dai compagni, « dislri-

buendo le varie cartehe&qsstsifcsuoi suddtli bana-

boleggtanti, accenna, pur quclla.

ocena Quarta.

(40) Ltcctev tuo *«ipew.; *-* A cam meflk>nle

risa laitore che sosteeeta la* parte di PwtKtaftaba

yGoogle

90

' taâw ma maschera con-'occhto grandtesimo in

jtamw. ^. to Scofcf

-

a«;i <tM)Afaffwum wgra^ -- Mâi danflc&mem. de

>' *r 4(ttd . fpvov»e Jf^ la reponê <fe f*& tst comlruile

dafrris <ltfrir$flet du Par^htîk fetot unto phrase

entiere de cet ancien langage ; qui m/nifi^ suhant

lui: on vous appoftera de I argent de la part du Roi.

Dup. II signor Poinsinei de Sivry lo dice Gallo-

;s-r Scila;ie jriretende ilebfc«Lâi4ntPdtiersi: Unecharte

' &t >l»aM& î$eiÛitât{deibweaux)ide9Stttmpes

i *teia ijwoftoffff/tfMf^tllt' probabiimente «ci6-sara

^setnfMP^ il fl^.8ate*jdU:< ^ -

(4 2) SfoW JaomkiU* Nome dato agli Aleniesi

,

'laves 'AflwvAw, e guj locals dice il barbaro per

dialecium quamdam Chiosa il Bergl. Ma osserva il

chiari&simo ^ Mo^xfdi a quet pas«o Êrod. 1. I.

- p. 4 ify *«/K JtoMfesfctoi* sahifttronti il mine ?nmi vo-

/«»^» ^jfir /om^ upp^ldi/' Fiu gii Ateniesi e gli

Jarili peiev* ^9301^ corndBfe? Vorigine nan*U gloria

;

paicte quefli furono ^ptendido dseropio ai popoli

liberi, ^ quesb direhirero ao»iliarii e »ervi doi bar-

(t3) Aaw* dtoo, ^'t'Aêfa'uria misara

persiana del valore di 45 medirnne Attiohe; e se-

coida *llri urn eesta i^sui rsi 'po&ewino: te prov-

visioni per chi maadavaw alFOrtacolo di Delfo.

yGoogle

91

i (i*i & Sar<Ha*ico tinio. >n~ -, Ciofci ift npn U per-

cuolerc- si coi flagelli, che d&Jl* aaon*nle,a*ngue

H,toaxa§*K divejUi vermiglio^ eomtJa idiri piti

cbHramenter dflpfr a « ^od punrocchit*eibi> 'ijuel-

l'mom* gl ebevrimanga Go»e ^veaiiio dt<p<Apoi^.>

r^.?4W) At ## toowku«m- .*JJqB(uilA opj(EL viakalt©

c^lqqa A* jl Uovatc-M df quel flpiegt) >dkjeHdo :

*

Scena Oumta: .

}1 (W) .$.ijMff2to(iMv(9^;4^liiur-^A). objamfcqui

1* m^glie *Aw&# per la *«Aii£wv, -dice loi Scol

i&fai'tuifrMRkt *mq xtitjivi awteiaaisi' $ esaa al

marito nel lalamo; pet; una J^giout iafli&e t& pur

tletta poelicaroenle v*?***iT*$*

Scena Setttma., ,

(4 7) , C/t a^caticio col ziffe. — Wee : fraiello, per-

dai* tiwdwnands, -** se Ufo male. B con quesle

prolate — (Iziffe ; e Taggiusla pei di delle feste.

Ricctird. 26nft7i B lesL ba T/s Toyrkufapttydxev.

l\ Bergl *d ii Br, fcnedooo che A.forroasee queslo

ferto. attudeado acher-woloeiite al pome fysix**,

sua non sarebbe egli piuttosto dal V. iffo^pdgfefy,

sv^llece.le. foglie dd fifco, e generalmeote rompere,

scbiaolare, dtmeaihrare?

(48> Ai fiiora un jigoio a data. — Dice il test.

bitotipk 'vrl, H Ut Volte; Diw aufemtwto o^lm^nm

yGoogle

9

2

(actum esfe. La parola adoperata d$ A. essendo

iijEfriâlarda J^s;, .*«?«/*?>' e ?/w P^rmi d' essere

piu inererile al teslo. Le adunaiize popolari in Alene

scioghevansi lmmeaiatamenle allora cbe appanva

un segno infauslo, e^b^n Ti©>m la pioggia per cbi

Scewa Ottava.

' r# 9)jH*.«J('flH qmnerdeu.— L £glial& cbia-

pâ c^ Gi^ci ût/TTQjrov, era jgradiwsîmp cibo agu

Atenj}

esjvV ypfRnongsm df agijo, eacio ed nova

:

xa.Taexeyo(%£Tcu oe, ino^Tuppvt; xcfi cxppo&Qv, Kai <boy

Scol. il ttttlo ben peslo in un mortaio. Virg/m?

trasse un poe^? $$ \p\\\fiib}fyriekim, e t aggiunse

nella sua composizione ruta, apio, coriandro e sale.

Egli era di sapore kite assai , si che lo stesso

poela qanta di chi se ne, cjfea: —> Saepe tnanu

qiilnnia Iderimajitifi hirnina fergii, Imweritoque [wrens

dicil]°(}îcia[fumQ. Win'., nel 1*6 49 paria di pwZ-mrntdria rufis; che tacjeansl oollVgfio di Gipfo. Etra i cifei piu grossâni jpar collocarla flaiit. fh'

quei ve^ 'deify Mosieii. I.l

4. tu 1$i hii$ haieas

iuriures, fis(^syan(^;S%ixe me alliaia fmgi fortunas

jneas. \ .,, ,;/ ;,. .*'.'

';

,

'

'

|[20) Oioraf

f0«tna e pccc. '— tettefallneftte di

pece o di aâraio di va^celli. tr Dap. traduce pure,

4e peix et dc gwdron de Vuissatix.

yGoogle

,,,.,, , . ..,, „,..,,,.,,St

., ,, . tlr ,,„,.»*

niesi vemva, ordinate prima di pamfe per £ampo

di guerra di red^r seco loro.pane per Ire gioruK

(28) La divisione del Coro iri

Vi

due^î^H fe

conservaia quale si legge ael Brunk. il Dind. noft

la segna.

$3) ,0j BaUene alporgo;.— Pollene era un bprgo

f

deflv

Ailica7 A. noSlanclovii

q\ia leil^ra ni forijiii Bal-

leneJ

dal vert)b oa^rt,'

gelio, ed' mWnttfsaSsi , ,#6tte

se (llcesse ; si mijrV^ lapitfarlo'. '^Tuilrf cjo hldri jio-

tevasi'ijonsfirtare'tfaducendol'' ' /'xv ^ A

'

^- :

v v: ;'\,

'AT'W>*i^:

fet€firtftt',,,i

i

,,l> '^ i;ii

(24) 'Al-vorator tfi sanlaregina.

,

— 6vu,Bpop&yo$.

yyiWfft

ft & *^(w?Jffc Stfr

^^ l.,v,n,-»

? $U1 Y« e

uomo ^parco< fed anche lo Scol, sbiega aypoiiiiov

xtfi, iX^flAtfpv. fpslico e libeô, perchfc la sanio-

re^mvjjasc^neiâmpv?

t4 ?£;$. h,$fpco yiveTou.

E, Mipile jatt'aVlro.vocab'oloiisaio da A.nelfeNuvcyle

V. 421 dvptipenideinns ove Slrepsiade vanlando la

sua frugality dice: non troverai chi meglio di meprjtnî la ianto.i^gg|a.*;,N()n/'.ô7A''quali

i

ragioni si

appoggi 11 Dupuls scriyenBo in riota1

-esisere ilDio

Failo.

? J * */' l

yGoogle

94

(25) FoMfc ib Bacco antic*. — Qufcslo canto fc

uii eseitopio^ fchfc ci rtonane , e fbfce tinteb; Mia

poerf^ /aWrca/ A ieft. 11.̂ S. ci eoH&rvb llctitil 4ersi

da cui rir&tt$ esdi ptecetftfH Q&eki fartti WniWiiof

imppotfvteati dai /frtfo/^ver furerio spfeUicbli j&pb-

lari ^^secbndb Atfstbtv poet. c. I rbti^ttre rfclla

comriedtefr^We t J^tragedte/î&lfoîla tHe tfc6cafci/isi4(*oti^2rtia^

vano< <fobflaxrto, êoh' daiiieli^tte, e cM'io catr- '

lava per lil^piu'V^fiva'gorma^ftmfttirtê^ -—

-> -

(26);&fs««i #ti*# £rW. J^N<to 3b> cbHtbirDiip.'{

-

abbia iftfeso qnesto paa^y ctfegli foka: We(fe* &&' -

voire ty&^ckrôtre $aaJ7 tefylticeWte qxe iioils la}

perdons de vile. NbB tti pare #he> nfente di fcirtiil^

vi sia êiriwSg.:

'? ' *- -v-. i

< ^ ^/^

(27) Parnelo. •— Monte ^l'^Hipa copertod'al-

beri, dai quali traevasi in gran copia il carbone.

(%&}rJertm<m{ -aX Poel& 'Wiradbifefr'tt di^cufi1

corpo wa Gtfperttf 4'\vsui\ p£K;TW~m4<* *^v^jr

prov. » sigrtific^nteCaojba^y totKittilHS: KM*, flon

fuggiraHa bSLU^îii* -stfto^Be'k

livcîasisi

r

dA1TKMaf6' df

Plulone,<ei $ftiptl\ l pe\i i\ cdpriis^rb teJ

fac<*lfc cfcttie

a leronfraO.' -

'

J '

;'

:

-' '

•

^'-''-^J -'

*-c

1

Scen^Tefia.^' '=*•

* * v ''

(29) II sceitito ordign&. — IxxixXw/xa, chfe era

ona mactbina di legno con ruole, julây^* £vto'w

yGoogle

95 ii

Tpo%otff%i?v, ScqI. inservieolci#lk ^pparizumi delte

diviaiJ^ co^ ivoU,ârri s#«fe$ âltenav»|^* ..*

(30JJSrw^lî £ywpnpqrtii \we^ô, T~nJ)l*fc ,..<

versi de}

,

{îf^4i

fEm:) cft^jHi^ (WgMaali. > \>

specif di l^jE^lîColla.q^l^ dise^SoflLj ,*ecohi

a cagipê êl^tardo Jq^ QWMftmare ,<H*jMriv$no Mu\^ »

lucern-a, 4^^4fii^£yjra,7r^ «a^sa)yaiw &l«*nfc.LM^

ôxôW^^|^n%iAlQjWuch9v:l^îji^lte iâ

lingua una sola parola ad esprimere il tulto, ebreche.

(33) // silvestre cerfdijllo.— $x2&<g, <xo$; Dios.

2. 468/>pnsegoa, qhe^qufista «tf ecb^ ^Jyaltica

agreU^ cd âra v^$i>w ^ffywfgMp evôbfir sitj

cotla^cjie. cn*4a kÛjft .^lU* ^waq^^^vê. \

Lo Sca|, la chfa^M er^ yjjk* ,;(**-#&& Jtas&jfe «fot. v

Peutandrie digynie de Lin. Chaeriophilum,&\w$ire+,

(34)/|f aimw&tik im^fA ^ 3>y«#^ôjfto..

chiaroa & c$wju di.ee lojôli*; #t da ^jofee ioor, ..

mici ripeveîw if);?pfpw^ vincfvj^y^»,o pftr ei6 i

che a#U<?am«tyte,, .gpri) vi< esêi^^nv^kjj.er^, (A0g^- (lu ;

vansi il vollo cqH& vjnar,qia> c^qi^hiêw^p purt^jj> m

r/>vya.

La senteuzafe

parodia del Telefo d'J&wip.,

(35) // mantel calmnfar.. tfe\M%jaresL — Ciofc

accusarona i M^garî 4'inirodurri\ ia ciUuie merer

sollo il mankllo onde Iraudarc il daiio. I lead. lat.

yGoogle

96

dicono soltanlo calunniis vexarunt lasciando non

inlerprelata la voce xhtnoxw. da %Xxiya manlelio.

11 PomineL de Sivry iotese pot al rovescio tradu-

cefydo: il$ ont excuse eeux de Megare de lew avoir

reteuit quelQue&*mrfrables manleaux.

(36) Fra i giuochi e il vin. — iddxrovai fiaiveo-

xtf<x$Qi rqpiqnt ebriigW int. lat., ma il greco dice

di pivy ^ercbfe tuGfaog b eferio, e xzttol$os era un

giuoco de'convilti, Indus convivalis, venuto io Grecia

di Sicilia secondo Ateu. 1. 15, ed era poi anche

cosi cbiamato il ptetnib che si fcdduceva to ndifAsyoy

BAUv pel vincilore; ex. ilrvaso in cui si getlavano

rets \*T&ycLs, gli avanzi del vino dai bicchieri.

ifityJMVwomQtte* a' mgli pari.

—II testo

d#e<ii0lUol%?

leggt,*iiniliha; seogli* ma Tinterprele

greco ,c« ies<5gft& >che parla di Timocreonle.

(38) C&i fait0, wesie vol — Parodia del Telefo

di Eur. V. Io Scol. „.

;

'

• Scena Sesta.

(39) Mendico ardlsci lu parlor iai cose? — Quesio

verso che, irovasi in lulle le ediz. venoe riprovalo

e lollo dal Br.

indi ripo9lo dal Dind.

(40) Delia Spaccone. — Nome d'augello inventalo

da Arisl. e Irallo da xo/xttos fastus e \&cxa> loquor

lik xo xojJLira.criiYi spaccone ehoit riv AifJutxoy.

yGoogle

t*r& fo,<fr«£po t^n^he^wiiijgfe $g»> AtSni&i :|rtti£>

vano nei Iribunali: itnav^l^di^/ôft^hfe'infeW^

46ar/un jcetore^dea tempi tfA.

v^mto'^ltotiMI *

f s ft

..i (43)1 m Lepwp flagek 'j^'îmîSkiêfliikm

^fldbjwwttjiiamrfieiîalaûê da> Ai AegtP u&celli.

Scena Terza.

(44) S* t'( greco npmif lor ypn e porcelle.— Non

svelo 1'allusione, fe

v

sta in ci6 che i Greci tov

ywcuxdioY etiiohv chiamano anche x°Wy ' V. anche

test, ha vvv ^ôt^îirJo^<K^?0$)tyg.iff/iji9rpdiû-

7

Digitized by CjOOQlC

(47) Fu Tragasea per eerlo. — Tragasae est no-

men urbis; Tpayfiv vorare; quia bene vorarentpor-

ceUi , dick em esee ex itia urbem propter similitu-

dinem nomen. Bergl.

ATTO QUARTO

Svena Prima.

(48) Salve Beoto vorator.— II testo haxaXXwcopay*,

mangiatore di pani londi. xqMj% era una specie di

pane tondo aprov nsptpepovg, ed i Beoli erano in

fama di mangiatori putenti. V. pei varii generi di

pane Aten. lib. HI. par 74 e seg. ed Schweig. 4801

.

(49) Ed Origano. — L'Origano b un'erba che

nasce siri monti da cui trae it nome, ha la foglia

simile all'lsopo,fvXkov lyei kfxepi$ vffffcona) Dios.

3. 32, ed fc al detlo di quest'aut. medicamento a

piii mali.

Scena Terza.

(50) A celvbrar le Coe. — %6*s ciofe ti$ thv

kpezm t&v %o»v, per le fesie Coe, feste delle tazze.

Scena Quarla.

(51; Per tulta quesla scena mi sono altenuto al

teste del Bnmk.

Scena Sesta.

(52) Essi, per Giove, mi nutrian di gioia. — gv

*&<tt BoXhotg, omni fimo bubulo, ciofe, spiega lo Scol.

v, nfav ay<x6h$, con Urtli i beoi.

yGoogle

99

Scena Oitava.

(53) Detto sposo il bacio. — II test, ha to niog

rov yvfifiov^ e piu sottd: riunga lo sposo, aketfkc*

T.7T. T. V.

Scena Decima.

(54) II militar fardello. — Propriamente un tes-

sulo che ha forma di paniere, cnvpt$d>fc$ n^Yf***

cd in cui riponevano i soldati'

Ateniesi le loro

provvisioni.

(55) A me grasso novel. — Bpiog, vivanda degli

Ateniesi, fatta con grasso recente e latte, e cotta

in una foglia di fico. V. lo Scol.

(56) Di correggie, garzone, arma lo scudo. — Hoqui seguila la lez. Brunchiana, il Dind. 6 alquanto

diverso nella divisione del dialogo.

Scena Undecima.

(57) Nel nido quei di domelletta accollo. — In-

vece di questo verso il teslo ha avar^/^'vGo T£-

ri folycL, ciofc, to afioiov xoltu ivptifMC/jLoy, yaXgorog

ATTO QUINTO

Scena Seconda.

(58) Fitto al tabbro il labbro.

— Dice il testo:xkntywloLk&TQV) chelo Scol. spiega: tfin <pt)JifxaT&v

ipoTix&v, sv & iei t»v yh&mn t&y xaToupiXovvrw

yGoogle

4 00

(59) Mi stringete al petto. — 11 teslo ha: l/xoi/

li ye <j^o? rov nio$ afxfos peeou npock&Beoti' do fikau.

(60) Alcun conforto nelle tenebre avrommi. — Dice

il teslo, cxoToBinco, e nota il Br. facetissime. Vulgo

autem insulsissime 6X0T0$tvt6b, perierat lepidus jocus.

(6i) Oh mio trionfo. — TwvfXXa xccXXwxos, Jq

triunphe TYiveMa vox est a Callinico ficta ad tms-

tatiorwm cytharae soni. V. lo Scol.

yGoogle



I CAVALIERI

Rappresentata in Atene

Varmo 4/ deffl 88.a %

Otinipiade

,

4^5 armi avanti G. C.

yGoogle



yGoogle



ARGOMENTO

Bue schiavi , Demoslene e Nicia^ si iagnano del non

esservi piu pace per essi in casa dacche il loro pa-

drone vi accolse un Paflagone venditore di cuojofche

col mezzo delle lusinghe e delle basse adulazioni giunsr

a dominarlo. Nel padrone & simboleggialo il popolo di

Atene, e nel cuqjajo Cleone. Era questi uno dei fau-

tori della guerra9uomo mediocre , idolo allora della

nazione. Mentre Cleone dorme i due schiavi gli involano

un oracolo da lui gelosamente custodito, ed imparano

come nel reggimento della Repubblica ad un cuojaja

debba succedere un venditore di salsiccia. Incontrato

allora Agoracrito che esercilava tal arte, lo inducono

a disputar a Cleone il comando di Atene. Ahitaio dat

coro dei cavalieri viene esso a contesa col demagogo,

e dopo lunghe invettive comparendo essi innanzi al vec-

chio e rimbambito Demos (ciod il popolo personifi-

cato ) con un mondo di lusinghe, di promesse e di ri-

dicoli doni, entrambi ne ricercano il favore. Termina

la commedia con una passeggiata trionfale; la scenu

che rappresentava il Pniee offre alUmprowis6 il mae-

stoso Propileo. II vecchio Demos appare ringiovanito e

riveslito come gli antichi Ateniesi deigran tempi, e mostra

aver ricuperata tantica energia che lo faceva meravU

glioso sui campi di Maratona.

yGoogle



PERSONAGGI

Demostene.

Nicia.

Agoracrito,

Gleone.

Coro di Cavalieri.

Popolo*

yGoogle



I CAVALIERI ( )

ATT© PRIMO

SCENA PRIMA

Demoslene , Nicia.

Demostene

Abi danno immenso danno Oh il male acquislo

Che fu quel Paflagon Lo sperda Giove

Co' suoi consigli iniqui. E daiche in casa

Egli pianlossi, sulle spalle ai servi

Piove il* flagello.

Nicia

Oh si perire ei possa

Colle calunnie sue.

Demostene

Comfc la campi,

Povero Nicia?

Nicia

Di te al pari, male.

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406

Demostene

Or dunque vieni, e quai concordi flauli

Cantiam d'OIimpo il flebil melroinsieme.

Demostene e Nicia

Mimi, niiml, mimi, mimi, mimi.

Demostene

A che il vano lamenlo, or meglio forse

Sana tacendo ricercar salvezza.

Nicia

Dimmi ove torla?

Demostene

Anzi tua me lo scopri,

Guerra teco non vo\

Nicia

Per Febo il niego

Favella, audace, parlero poi dopo.

Demostene

Ob a me dicessi quel cbe dir io deggial (2)

Nicia

Audacia tanta in me non trovo; comeCi6 dir con garbo e d'Eurrpide a modo.

Demostene

Per Giove no, non m'incerfoglia, e Jrora (3.)

Un qualche trillo che al padron c'involi.

Nicia

Tu dirai dunque sillabando or tosto,

Fuggiam (4).

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107

Demoitene

E fuggiam dico.

Nicia

II trans ta poscia

A quel fuggiam v'appicca.

Demostens

II trans v'fc aggiunto.

Or come quei che la sua pelle frega,

Dolce incomincia a dir juggiamo, e quindi

Piu e piu t'affretta coll'aggiunto trans.

Demostene

Fuggiam*, trams fuggiam, transfitggiamo.

NiciaE non fe bello?

Ihmostene

Si, per Wo; ma temo

A un tale augurio per la pelle mia.

Nicia

Come temer?

Demostene

St die a chi frega spesso

Gli si squares* la peHe*

Nicto

Ottimo fbra

Pel caso noslro a un qualcbe altar prostrtrci.

Deimstene

Un altar dkri? e qa^lf At Numi credit

yGoogle

408

Nieia

Si.

Dmottene

E la ragion?

Nlcia

Perchfc piii in odio a<l essi,

Ch'io nol dovrei, pur sdno.

Demostene

Ed io tel credo.

Nicia

Altri mezzi cerchiamo.

DemosUne

E vuoi ch'io narri

Ci6 tullo a' spetlalori?

E non fia strano.

Gli pregherem pur or che sol nel viso

Mostriu se a grado loro fc tal favella.

Demostene

Eccomi presto al dire. U padron nostro

£ un uom sdegnoso, vorator di fave,

Di cervel strano, del quartiere Pnicio,

Burbero, veglio, e di mal sano orecchp.

Egli accattava, & poco tempo, un servo,

Un paflagon lavorator di cuojo,

Iogannatore, delatore acerbo.

Studi6 il padron costui, lo circuiva,

L'adulava, il blandia, seguialo, e al fine

yGoogle



109

A posla sua colle correggie il trasse.

Ei gli diceva in pria: popolo al bagno

Vanne dopo il giudizio, eccoti 1'offa.

Or bevi, asciolvi, ed il triobol pigtia.

Ch'io I'alzi il desco? e quiodi l'empio tulto

Che prepariam ci toglie, e al padron porge.

Poc'anzi in Pilo una Spartana torla (5)

Gli destinava, e quell'astulo, come

Ancor n'on eo, rapilla e a lui la diede.

Ognuno caccia, e ch'allri onori viela

II cenaote signore, e col flagello (6)

Ogni relore sgombra. Oracol canla,

E ai Sibillini modi & il vecchio inlenlo.

Tosto ch'ei scemo dallo sludio il vede,AH'opra corre, e noi calunnia e sferza. .

Vola ai servi gridando , e li minaccia

,

Gli spolpa, e flagellato Ila mostrando:

Chi me non placa, dice, oggi si muoia.

Tutlo gli diam, che dal vegliardo opprimere

Meglio che Folio voile ei li fafia.

Or, amici, pensiamo a qual parlilo,

Ed a qual uom sia l'appigliafci meglio.

Nicia

t fuggire il miglior.

Demoslene

Ma ch'ei nol sappia

Invan lo speri, ch'ogni cosa goarda.

Tragge ua piede in consesso, e Tallro in Pile,

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440

E si le coscie allarga onde in Gaosse

11 posteriore arreca, ed iu Etotia

La man solleva, ed fc in Clopida Talma,

Nicia

Morir fia il meglio, ma da forli , bada.

Demostcne

Come cio far potrem?

Nicia

Del tauro il sangue

Berem pel meglio, che bramare al cerio

Qual Temisiocle ognim debbe la morle.

Demoslene

Per Giove, no, ma dal buon genio Aostre

Otlimo vino; un pensier nuovo forse

Germogliera da quelto.

Nicia

A che net vino

Volgi la mente? util pensiero puossi

Aspettar mai datt'ebro?

Demoslene

Oh invero sloho,

Beviior d'acqua, che niegar la possa

Yorresli al vin di farci acuta Talma

Havvi altra cosa piu efficace? il pensa.

fc ricco il bevitor, compie i negozii,

Le lili vince, a' suoi soccorre , e fassi

Appien bealo. Tu di vino an nappo

Ricuuii tosto, oud'io soBevi Talma,

yGoogle



in£ degne cose parli.

Nkia

Ohimfc che oprare

Polra quel vino a favor noslro?

Demostene

Cose

Ollime al cerlo, me lo reca; stendo

Io gia le membra. Inebbriato darti

AH'uopo noslro ben potrd consigli,

E senlenze e ragion piccine tutte.

Nkia

Bealo me, che noo vednlo trassi

Or questo vino.

Demostene

II Paflagon che fa?

Nicia

Poichfc prendeva i confiscali cibi,

Sopra il cuoio supino ebro si giace.

Demostene

Ah dunque a larga mano il vin mi versa.

Nicia

Liba al buon genio, ah togli, togli e inghiolti

Al buon demone Pramnio (7).

Demostene

Ottimo genio

Di le '1 parer, non mio.

Nkia

Or che I'avvenne?

yGoogle



US

DmoMene

L'oracol lo^bfl il Paflagon nasconde,

Mentr'egli dome invoke i v \

Nicia ^r-a & j:- >' '.-.)•

* Oh queslo tuo

Buon genio a;,fpe sar&mal genio certo.

Demostene ? 1 tri:.

Vanne, ch'io '1 nappo^m'inedtiDiio, ondabbja

Piii arguta m§nte*r4e*degne cose annunzii.

jji^, Nim*i .•>. ^

'-*•;'.'.i

Oh come ei russa e rumoreggia. ILtoPgli

L'oracol eh'egli si gelos& serba,

Ben m'era facil opra. - ,

IkwHetie

;A Oh saggio il porgi

Ond'io lo miri. A ber mi versa, e iostou

Vediam che dice. Oh valicinio Dammi

Ancor la tazza.

:

. Jfi'cia w

,$fa che v'fc la deotrot

Demo$leue

Un altro nappo.

Nel valicinio forse.'

JJfwii

Un allro nappo leggi

Pftyoslene i

Oh Baci

yGoogle



inNma

Ch'era?

Dem/jstene

Dammi toslo la tazza.

iVicia

£ quel too Baei

Fea grand'uso del nappo.

Dermstene

E li celavi

L'oracol dunque, Paflagone iniquo,

Perchfe di te favella?

Nkia

E come?

Demostme

Seritto

Gia di sua morte veggo.

Nieia

E fia?

Dem&stene

Palese

Del vaticinto fc il sensd. Un vendilore

Di stoppe in prima fia reltor del lutto.

Nicia

Ei Fera, e poscia?

BemoskneUn venditor di agnelle

Ne verra dopo.

8




414

E doe; ma qual venture

QueU'allro aspetta? * t*v*w£t .

E fiay *ignor fin ch'esca

Di lui (pji* iniquo un Paflagon di cuoia

Mercalor vile, vorator, rapêî ;] ;^>i

,-

iT4 : v

Del Cicloboro rumoras© ^p*ro (8).

E scritto fe ch'egiyi fi^âraj^ ucîduS^ r

, DmwteM j\ oai^r.vPer Giove si. ^j ^ û;r- ^ [^ .-i .-.

Miseri noi qual altro

lie Wiiftpo' tioWtf venga ?ia venditor che alluopo tioWtf Vengal

Demostene

Oh di m\r$W/M\#mM\\M sorgs*^

Nicia

Or deh len prego, chi sar&?

Jbmost)ke

Gîal.diea*

Di salsiccie un venîlpre fia

L'uccisor di cpsluL v., >> ,,,, ?- >

Pel Dio Net&w

yGoogle

Qual nobir artel E rimftfttfto dat*

A noi sarfr*^--'^' ^-P -^4- f^ &

Demostene ^••-^i d*;.?' '.::• /

N'andr^fc irfcraccia.

Un Dio eel guida al fcre.v

* >^ ^ <^ ;- v.Vnytf

iv jVlQh beoedeijto

Venditor di sikfcete; or vler**, Stidto V^ 4 o^t; a

Ob amicissimo nostro, saWatore

Isser lu dei delta citlate e mio ^ sW-P ^ ri

Agora^tdv Defl8o^De^^^n i ^ '<#'

Cos'fc? ^MotfUfr

A udir ne vieni quanlo •£

Tu sia felice, e gran teto^ifl6% sia.

Or iosio leva ad esso il baoco, ef V£8i « C3«u*;*c\/

L'oracolo qual era. A ^5^muoveII Paaagone inttttt:^ ^ ^ /-

yGoogle

H6

SCatNA TERZA

Agoracrito , Demostene.

Demotiene

£ tu deponi

I vasi al sua , ta terra cjuindi eiNumi

Aiiorar dei.

Agorttcrilo

Eccoli; e poscia?

[Demostene

rioco

Oh benedetto ch'oggi nulla ^ e gramde

Domaa sarai dell'alma Atene duce.

t Agoracrito,

Queste viscere a end lavar mi nieghi,

E vender le salsiccie^ e mi dileggi ?

iDemoiiene

E quai viscere, stolto? Or guarda; vedi

Tu quella plebe?

Ben&stehe'

'Or ben, signore

N'andrai di quella«

' <tace.HU foro, il posto

Di te saranno e la rmgiiWa; oppresso n

Da te il senato, i «apjtan deposit,' ^

Manomessi, cattiyi, e w Prijpneo

A tua posta sconciato.

yGoogle



417

A§Qra$i>tio

la?

Bmtoostene \

J5i, tu stesso.

E ancor lutto noa yedj; ib giro manda

A quell'isole il, guards, e il bans© s«di.

Guardo.,

/*,i:/o *

Derrwsiene

Che vedi? emporii e carebe navi.

Si.;

^.

Avventurato dunque' sei^Rivolgij-

Or tutto in Can* U deslro ciglio, e jguardi

In Calcedonia Taltro.^'v

Agpracmo

OhioaMfeKce

Diverrd sol se guercio?

Demettenef

All no J ma luilo

Quel che \k n>iri vedep puoj, che gpapde

Diverrai to$to il vaticjpio il eanta.

figoracrtia

Or dimmi, come salsicciai^ posso

Com grands fanni?f

bmosiener

Kvcnai tu grande

yGoogle

44*

Perchfc sei trisU>g*s4 wto^di $tazM?,/ * aodace, J.

Poter non certfl^ffe metonrloJ esfrno.iii^

-u

Perchfc d-aiiso#iinaJ^g&*?i» mente volgi .1 *>i

Grande tfff'oflferte pBww.Oh u9iirpe)t&rsfc ^

Sei tu d'ollima genie ?>Vn -t-nÂ

^fitonti che furo .*

Trisli i miei padiiac^jft^Mi * ^ s >v ,: « ;

Oh tua dtjlca êotea^

Come agli affari adatlo&yfofli. fea.

snao ^ sitijoratrtto

Io la musica igtoofo, juh&o, «i sole (9)

A slento leggo. ^mino-^.

Demostene • ^ .;*•

j

Ed ^pNirrdf^ppo ancora

Leggcre a slait«: Soggwcete ai dotti

La repubWica hiegayneHatai ft saggw

Reggerla de'Jhwpil^sileHi^ratdêxil r&zz&i : /

Ci6 che gli Dei vaticmar n<m> adegtm. i

Ma Toracol che diceftn^mi^-.

i.:^.;i ai rvvJfir t>emostene

o^mq ao'j iAfffeT^|iîehiar»i .u- : În vario e neUa Mô*^#enigma.

» Allor che la cuoiaia aquila fiito

4i9

» LadoBCOoraslro deHo sloito drago\ i

» Avr& nel capo bevitor.tH' sangue,

» Del Paflagon.BagTtalohsal^fia spe.ito, (hi ^

» E ai venditor di safeieeiedargo

» Fia il ciel d-onori, afrtf pi* caro mduwgii? * <- i*>)

f> Non sia tfi^tai^delta*tal9K>oia- a) bîwh -, ,-?

E la di me si parla?i *rnfm>mel chiaro.

c:?* : ^b BmrnHMene

II venditor di cuoia fc il Paflagonea,; 4 *«as> ^

Cos'fe Fadfineo rostrotl mt< uiO

vJ Ingy&gna comeLa curva mane c&>$be afferra imoig. r, •

_.> V; i

Agoracrito o^ i>- c-u ; *

E il serpente cos'fc? $»a^-î

•juob if ?€hiiôB£ verier * yv.^.^J

Son lunghi entrajpte la aataiccift^ H &aig< ^c, s

Ambi di satiguen ingeriu*iiîcei qatodr^ [, &::*-'

:{> tt

Che dal serpe uqtaXBq/M*imU?v *aQ j ;^ 9.;> u

S'egli al suo dir noifcifcedft^

<>.»

<M<m*(E inver mi spetta

Quel vaticiaro; iirteadsr p*r non posso

Com'io mi.fo3si alô^droaxtt ^datto: -

: oi^ v ,.l

yGoogle

' Demo*ie*e

£ lieve pur, corn'ora. hi Ifadopot

Tulto c<ftn*or rfnrtesta

'A

V turiwt; ei

appWoII popol ti assoggetta, e il condiment©

Sien del too* parlar delli da cuoco.

Poi te aUfe doli pop^iar'fafaraio. •

Alia hai la voce, trrsla^ sei, di piazza (40);

Tutto ha} *che~vwo*sl onde< rettor la si&

I valiciuii unanimi, nt* lotto

II Piltico neppur. Itfif awl* c 'cibtt

A Coalemo onde con- Guar rassalti.,

Agoracrito

Chi a me fia ligio, phe gi&t

il rjpeo il teme,

E lui paventa la meacUoa plehe?

Cavalier mille, eletla genie, acerbi

Odialori di lui ti' fieri d'aiuto;

E i buoni, i probi citladini, e i sommi

Fra quest spettator, te stesso e Tddio.

Ma noo temer, qui noa yedrai. sua larva,

Nessun artier raffigurarla voile

Schiavo di tenia. Pat fia qolo a tutli,

Che i spettator son desti.

Agoracrito

' > Ahimfcl gfo viene

II Paflagon.

yGoogle

*»

SCEN* QKiflLTA

•.''->' - ;.-. i- -i,if •'.i;0»«p j'« '-'qoq <l

v-^f . -»hH ,., i^ «»^

No= efte iiîiiita)tr|ityl*& » <n;ta ^ ?</f

Congiurar «t*ttro*all# c&ttfc non^te, ..-* w ,f , d *jj/

No pei consenti KumirA ebei.quct>iv*soÛrf o«iil

Or di Calcide qui? raboWn&MM n < * ^/ ;roiU>v

I Calcidest aweie: A jiwrte, kife*ii r-H.q/r^ .*.-.£. ,<* H

A inorle lulti. ••'.^

:•». ..< r5i o Mmo *}r>y»».* ? o'~> £

Ohl now fagfnre, egregio

Maneggiator d^He ptfrciii^taWif;

or

^

*• ^ * .*.

Non iradir.ropra. Chatter *WWttin ^'^ - '

E lempo giDt. Simon, JPaaeteâl corao

Manco iu spingiJtl0o^dof.

ij

yi^f

gftiiie,;

,

<M >nf ^Saldi guerrier, volgele jl fiaoco^ .pftêpibp

^ U( %

Di polve omai vicinsi mcâÂllarfflii(

~

Sien assaliU e yuîv,

? ^ J f

SCENA QXMti:7 ' '^ ^

Cleone, Agoracrita/ Demtat^ <:

Oh batti, balli

II giuntator de cavalier scompiglio, , ,

yGoogle

mFogna di viiii<r ed usurara, e gorgo r,

•

Ei di rapine, ioi<pi9siniq<io, e -dirto a- ^

Dovr6 piii volte ch'ogni grorno ei Fere, v•<,,''<>

11 batli, il pungi, il turba e lo confondi,

Qua noi l'abborrii >e a lui di coniro grida.

Ye* ch'ei non fogg*, che a lui nole souo v

Le vie ch'feucrat^rlp^ la, trasca ha; ieorsei ^ •

Antichi Eliasti del triobel gravi,

Che a dritto o ^Aort6 e**>wei;gri4i i* pascw,

Deh m'aiulate, di coslor g& rollo o •.

lo son dai colpi. > *

*/-: >* 3<?iwroy r '•»

* JS giusto *gti e,

chet

campiPria che posli alia s<*rteMha* gi< i vorali:

Che I'accusalo gte/dinfioo a gwsa :v-

E togli e premi, raesso 1'occhio a quello

Ch'fe crodo ancor/watui'O invito ch-ei-sia^

E se ozioso e sfcadigliante vedi ;

On cilladin dai Ch&r&onea* gUnicd, i

Gli stringi il corpo ed alia gola il serri;

Indi le spalle li rivotf? e iifceffi. ^ c

E adocchii il mite cilladin, diiili - • >v j

Nemico e stollo, quaK agnel mansueto,

Gentile e rrcco/* ro, ,u Ll

Ji-^.i, Cle**e' w: -,;-... .-. .»

Contro me sorgete,

Ed io per voi son roUo. Ingiusla cosa

yGoogle

I «*Esscr, dicea, che un inonurewto in meiio r .c.n^

-

,Delia cilt& non sorga, elenia pr«ta > ' j

' •*• ^

{ Drl valor voslra n? :;

*.$*:>'«

e. .^ uhj <uvoff

It..;-t..\ < Com n f'r'AU-') ii ,itj£(i »

vf Gh vaao/ « Jft5tro1Tedf <f uk'j

Ch'egli uccellarne quasi • wcoht v*e)e. <•>< •» iVtb **V

J

Ei danno avr* doode* v4ttori&*spera f

' ; *>,v < *

' E fia cbe inciampi dovei cerrer brama.

CkoiM' v -<: ' <\ % a,j\- \

ciltadin, qoal mi peiwaofo iliTUEtotreo or .;. m:

I Orrenda belva •* ^ v:,,eOj :

4

> .a,;>...i<. w m;'v(3

f

Coro ';•': .-• wh 'A

E gridi -pii>e alfine

Tuche scoovolgi la 4iHate intieito ?

i

r.*w Agffpacriie -' *»;» •-] ^q <hi *-v)

\Cob miglior gridOi^geoDltoiiniJfugff; o > )x;

f.^li

Avrai da noi della vHtoria rhcaBflcpf ; ,*Hr sdl

j

Se delta voce il vinci; t sb il p&reggi <>< ^vo ^ H

Tu in impudenza jiaufe twia noattfa' (*&). * ^jj^- aU

,

•;' :

( t\U>f}leQtie <;qvy> ;. ana;* :i{)

Costui che dai PelopeMiiteiE legni;, i 9 ' - >( u^l

II succo trasse aceuso. ,a;Mjj-> siun I; «/d n>i^ ^

'

Ed 10, per Giovel •:> *Uia^

Giuro cb'ei vanne al Pr*ton£o digiono,

E ben pasciuto n'«$t*« om oiinoD

yGoogle

mDmimtsne

Ele ifietate

Carni, di pesce i brani, e i) pan ne iiwoJft^

Cose neppure a Periclev«<rocesse.

Morrele si , s

;

f

vlW-tepifc fatle grMa,

Per ben tre voile.

€Ume.- 4

¥rncer$i '1 mio scroscia*

Agoraerito

Tavanzera 1 mio romb<h,

> * .> Chone

E capilano,

Te aggiungeraano le cahimie mie.

; Ago*aerify

Flagellerotli il tergo.

€kone

Ed to i'orgogli*

Gia gia li emungo,

Agortmitu

l Alle tue traroe ini(fue

Argin mi post . / <:•;

,'-;• Chone ,

'.*-.

Qt tn fireo mi guarda,

Agoramto

Educavami il foro.

yGoogle

m*< Churns

' >E se .grugnisci,

Affbnderotti.'*'

^

q ^>

M- '

A le, se pad*, copro

Di feccia il viso.

>tifim\%te6 s«pt*el<feiuro,

Mentre lu il nieghi. ' ^ *

Atforfarito

•> iPel^forenae Ermele,

Che me cogliean pubfcnd© '•

Cleane > i t• i i

v. Imitalore

Dunque deU'arii iafcl Edco ai PriUtti

Gi* trarli voglio, .tte'tetifrfestH saccfc ,

Inleslini, che ancor titt^^eidlser dritio (-43).

Coro ''•>

Schiamazzatore, scellemte, impuro,

Ch'empi il man** tfaudaciai e la ringhiera,

Le tavole, il tekmio, il tribunale cp ; .<

Appien ne suona, e quasi fango tutlo

Scompigli, e 4nttor* la oillA Ae turbi,

Che gi& coi gridi Ateae a&sordi, e goardi

Alle pubblicheentrate agAOr daU'allo,

Come da scogM^ peemlwe a* totmo.

jQUmt

So come riunir pooi taiile ingiurce. I<

yGoogle

4*7

Parlar mi vieti? - - r,^ /

Agoracrito u> .->* * tior.it <*?

E figlio ancor soggiuagîa^ |H t9lMo;f> o,? i^v.o;; A

Ov'ei doq ceda. :; j ^., -t?;^,^'/<w f r^h^ #1

^, Favfstâc mi J$&0ja*nt if, /un*:* $ )

Agvwcttie

No, per Gipy«. *..;;ô-;'/>j. 6i.> j^:0 *

^ -, k

AQar&crilo

No, ma a chi spetli Undir P*Wg<* Ml «Wta»*jn;<V. > 3 ,^/m p ,•*.<?:>•/* -h'+

KRw tAgwmtc» n):^ ;>:-r: s».^ :

Tel sagfe. ; cnT ;;•/,..:? h ' -,.,£'•) :> .-,,..; ,-, ;

r,.;b hi-) î'/fiwî **•, *nan'.);

/').•:: r)

/ ,ni^ ^^vimwrirejl ljapcia*i j s j C

Che ten preghi&nMpsi NumL ) **, /f

^ l ; \

.finnoiCho^r.j',-] fr' > ... : whs ... 1

-.oiist i'.: - if,v ;;;•- «Riâl/Mdirer,: ;;..,;M

Crederti degn&ji&j eonteodeir wefcftta uv >^ *« i

Nel pestare e nel dir maestro; MAo. r.a* top iU

Chone

Inver? Se a ter. fosse ua:nogozio dato

yGoogle



mII tralteresli^ ed in minuli frusli

Ben ridolto n'andria. Ma &ai «che cosa

A le accadrebbe? Quel cbe spesso avviene.

Una misera lite ayrai dislegp

Tu forse contro up fareslier. Pi&Gu$sa

L'avrai l'intiera nolle* e con le slesso

Ruminala per slrada, acgua jrobollala,

,

Recilatone un saggk^, ed agli amici

Rollo il cervello, e con ci& credi, slollo,

Te in dir maestro.

Agoranrito

E lu qual Iracannavi

Licor, jche mula col ciarlar gi^ fesli,

£ sbalordivi la cillade intiera ?

Cleone

Che oppormi pupi? lal son chej un caldo pezzo

Divorer6 di lonno, e di yin poscia

Bevulo un congio, i capilani iu Pilo

Travaglier6 se vuoi.

AgoracrUo

Di poijco un venire,

Una Irippa di bove inghiollir possp,

Io che ti parlo, ed il suo brodo poscia,

Senza lavarmi, berne^ e software

Quindi i relori lulli, e Nicia slesso

Rimandarne Iremanle.

Coro

Io, tranne un solo,

a yGoogle

132

Agoracrito

Scallrimenti ben allri tisai, per Giove,

Fanciullo ancor, cosi beffando i cuochi:

Guardale amici, lor diceva, fc giunla

Primavera da nqi ; la rondin vedi?

Alzavpn gli occhi, ed io furava il lesso.

Coro

Aslulo corpo, come saggio opravi

Festi qual usa chi raccoglie orticbe (<5);

Rubasli pria cbe il rondinel giungesse.

Agoracrito

Ci6 non vislo facea; ma se sorpreso,

Niegava il furlo Ira le coscie ascoso,

Si che un retore lanla opra veggendo:

Esser non pu6, dicea, che reggitore

Delia cillade un (ft coslui non sia.

Coro

Ben profetf), ma facil cosa parmi .

Veder onde il Iraesse; e fu dal tuo

Niegare il furlo che ascondea la cose ia.

Cleotie

D'ognun 1'audacia alluterft. SulTali

Sorgero grande e sfolgoranle, e ardiio

Travolger6 la terra e l'onde salse.

Agoracrito

Gonfier6 le vesciche, e all'onda in |>reda

Ti seguir6 quasi attergato vento,

Onde sforzarli al pianto*

yGoogle



43:)

Demostene

Avrommi l'occhioy

Dalla senlina onde non rompan esse.t

Cleone'

Non n'andrai tu, per Cerer, sciollo ; assai,

4

Sono i lalenli che ad Atene bai tolli. ,

.

(>oro

Guarda e rilraggi alquanto il piede, parmi

Cbe questo Noto g& calunnie vei>U (16).

Cleone,

E ben io '1 so, che a Potidea furavi

Dieci talenli.t

Agoracritoy

Ed un ne avrai se taci.,

Coro

L'accetteria ben ei, ma lu dispiega ,

f

,

L'estreme fnni in pria.

^Agoracrito

Minora il Yenlo.

Cleone

Di ben lalenli quallrocenlo mossa

Ti fia la lite.,

Agpraerito

E veoti a te richiesli, ^Che abbandonavi il campo; ed ollre mille,

Che il tesoro spogHayi.,

, Cleone

A lor sei figlioyj**

yGoogle

134

Che l'ara un di contaminar del Nume

-v .<j (<j{ :.. uAyorafrito

De' quaifu

sgherrol'avo luo qael '*giotaoT

>

l

> GiMtik

Di chi? meKfliwfcJ*' }l

^^'^ Di 8r*sifia d'Ippia.

\h\ impostor lu sel. cl v

A$&rticrilo

.•..-.hi-iD, r * i^ii %0 nmta faccia.

€ofo

Ben lo picchia.}

-t

••'?

* '* ^» ; Cfeote >

AWttfc' 4n6t:. to > state) mi buss*

Dei congiurali.

* E tu °pitt forle il tocca,

E coi bud^Hf e gli inltfestM R trova

L'ampio ventre, & ft {tanisck Oh vasta salma,

Anima forle, e a ncfi sahrezza e a' nostril *

Oh come ben¥ 6 astiitanteritfe vinto

L'hai tu coi detti E te quarrto pur bramo

Lodar non posso.

Oh ben, per Cerer, nota

M'era la trama, e con quai chiodi andartie

Dovea commessa.

yGoogle

J3:>

AbimH niun verbo togli

Del carradof dplKarte.ot,r

Agmicrito

Io so quad'opr*

Ei faccia in Argo. A, vRqi gli Argivi amici

Fame dimo%trv$ ^<w Spiarlani invece

Ha segreli consigli, e taQO ignoto

M'e che ci6 solo pei caliivi fassi, , A ,..

it

Tu batli il ferro; ehV g& il muro ionalza.

Agordcrito

E vedi gente fabbrcar concorde.

Ma se a me dessi oro. ed argenlo, e a' piedi

Mi traesn glj ^?i,c figUrAleiiiesi

Non tacerei di questo.

Qleqne

,Entro il senato

Io g\k men corr/j^e il congiurar nollornp,

In segrete coBgregJ)^ ^ cerio daana

Delia citli pai^so, e il macchin^re ..,

Vostro col magno SifQ e co1

suoi l|?4ft

E coi Be$uMeig|ik*ffliite imprese.

Agoracrito v

Qual fe del cacio tra i Beati il prezzo?

Chtne

Ti allungtod, se Alcide m'ami.

yGoogle



136 4

Cora

Or losto

S'hai menle e soreil

rostra, es'eri

destroInfra le cosce.ad oeeuUar le qarni,

Quale gia faveila^ti. -Ei di le primo

Verra al senate, e coa ftiror caluftnie

Piovera su aoi tuUi ed alte grida.

Agpraertio

Vi corro anch'ia, ata qui depongfr pria

I ventricelli ed il ceMel che sed>o,

Coro

To' questo e il collo n'un*i; a te piu lieve

Sara fuggir gl'incarc^i.

Agoracrito

Ollitfio delto,

E qual s'addice alle palestre.

C&ro

Iogozza

Queslo per anco.

Agorncrito

Ed 6? :,

Cora

Perckfc ttt o'abbi

Maggioi• forza alia pugna, & succo d'aglio.

Or vanne tosto.

Agm-mtiio

/ Bena.

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'Con*

H ti sowengaDi morderlo, aggirarlo, e ch'ei ne perda -

-

Toslo la cresta, e it bttrWfclion he srfriattt^

E con quel torna. Or lieto incedi ; tjuawlo

Parlammo adopra, e sotonvo Iddto Ael foto

Giove t'assisla, e vincitot ritorna

Col serto in capo- E ?oi nelFwtv lutte

Versati, o speltalori, wdrte il cartne :

SCENA S'ESTA

Se in lealro salrre a noi ritbiesto

Scriltor retualo di <50flamedie avesse,

A recilar sUoi carmi, invairo forse

Chiesto Tavrebbe. Ma tal vale fc questo

Che non indegno l'eslimiam, poi ch'odia

Quei che abborrite, e dire il ver non teme.

E muove ardilo tocomtro al turbo, e ai foschi

Vortici di Tifone. E moHi sono,

Eidice, quei che inconlro

lui si

fanno^Meravigliando ch'egli ancor noa chiegga

D'un coro il dono. Ed ei per cto ne impose

Di favellar dentr'oggi. E si rislava

439

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^438

Non per demenza, ma difficil arte ^ ri:

Perch'ei pift ch'allra la commedia e&ima;''

Dai piu richiesta s'assoggella a pocbi (tf7)L

Teme pur anco la natura voslra ^if'

Mutabil sempre, che il poela antico

A noiv carat vi porta. Ei di Magnate (18) '.

Ha il caso in meitte, che durar non valse ] i>

Sebbene spesso xlegli awersi cori

Vittoria avesse, $ posciflLei gisse ricco. -

Di molte voci, e salmeggiando, « Tali

Spesso battendfv, e dando i Lidii ei Psetri,

Tintosi il vis© di color di Rana.

Giovin I'amasle ; ma poichfe lasciali

I giuochi e i risi neM'ela eanula

Aveano il v&te, il rigetiasle longi.

Poi ricordara egli Crajlin gi& ricco

Di molte laudi, vincilor di tulli,

Passeggiando le glebe, e a sfc traendo

Dairoccupato;$uol plalani equencie.

Dagli inni soli di Cralino farsi

Polean lieli i convili e sol si udia:

« Dal colurno di fico, o Doro, Mmi »

0, « gran leslore d'ingeg^fist carmi, *, >

Tant'ei fioriva. Ed or che gft deHra, *

E di bischeri e corde fc priYfli U fessO

Stromento un di soiiaroKiksosp«r yoslro

Non egli olliene; abhamtenalft e vecchio

II suol passeggia come Conna ub giorno,

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Coll'appassito serlo c secca fcmce. -fA^ «

>*

E trionfante gi& potea pur egli i'» * '

*

Bere net Pritaneo, n& mai negleilo t'o '*•)

Ai Dionisiaci ludi ir profymato. -;

tvr

Quali Crate non ehbe e ^aimi e sdegni, .<*> #

Che a vof gfe dife per pocfci argepti' it'pasto; '

Con dilicate labbia a voi tritando < ^ ?

Belle setitenze; ed or cadolo pr rilto / * < ^ >

Ei sol durara. Ci6 temende il qo9lro

Vate dal palco sen ristava lungi; -r. >

E dir solea: che rfcmigante in pria ^

Farsi era d'uopo anri <*he gire al temo;

Indi calcar la prora, ed alio stadio

Pria che uscir capitano andar dei veoti* i

Or ch'ei sorgea ©iKtesto e ia fanfahiehe *>

Non simbaltea soperbo, it pianso vostrov

Ed il grido leneo gli dieno i remi •-.

Agitar pid feslino, e allegro il vale*

Abbia dall'opra sua raggiante H yo1U>.> •- *

S&nueoro

Equestre Enosigeo, cai lieto farisi

Lo scalpilar della-ferrata zampa,

E il nilrir de' ea^alli, ^ Lv

E la nave che stampa

Veloce Forma sugli ondosi calii,

E di merci rtpiena altera vassi

Coll'azzurrina prora.

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4 40

Cui Tela verde fc cara,

Se dal corso de' carri ella si onpra.

E l'amor de' cavalli h gioia amara.Or vieni al coro noslro, o deilauralo

Tridente reargilor, sir dei delfini

Dal gran Saturno nalo,

Tu gia in Simio >a*lorato

E di Geraste ai fini;

Gia di Formiooe aaaante,

£ tra i Nurai d'Ateiie il pHt prestanle.

Coro >

Benediciamo ai padri tioslri degni

Di qursto snolo, e degli onor del peplo (19).

In terra e in mare viocilori sempre,

E vanlo nosiro. Niun dell'osle in fascia

Ne curava la possa, osgnor fieH'alma

Presli alia pugiwt. E se cadeaii sal fianco

Delia batlaglia a mezzo, il fango scosso,

Mentiano il caso e riprcndean la lolia.

Nfc richiedean pubblkhe spese i duci

Da Cleenete spinli. Of se del seggio

L'onor non hanno e dal lesorla mensa,

Pugnar ricusan, menlre noi sia« presli

Senza mercede a lor l'acuto brando

Pel fuoco hostro e Tare. E eid sol chiestQ.

Da noi wish, ch'ove di guerra scevri

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441

» Non muovfcrai lb, div

, Sanfora, ll leSo* » (23)

Scesi poscia in Corinto i lelli loro,

Quei di piii fresca eta scavar colFunghia,

E si cercar le collri. Erangli cibo

1 eancri allora e non la medic'erba,

Se alcun fuori n'usciVa. Anzt inseguirli

Usavan anco nel profondo gorgo.

Quindi Teoro, de' Qoriptii ,cancri

Tramandava quel detlo : o He Neltuoo,

Da cavalieri indegno eglt fc die scampo

Delia lerra o del mar non Irovi in fondo.

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ATT© S£COMDO

Oh quale m'assalia di le lonlano,

PosseiUe anaico mio, tenera eura

Mi narra or Topra tua se salvo riedi.

Ayoracrito

Dir6 del lauro nel senato collo.

Coro

Fausto grido di gioia alzar dobbiamo.

Ch'alte cose ci annunzii e piu ne opravi.

Tutto mi narra che ad udifli lunga

Via calcherei. Tu dunque, otlimo spirlo,

Racconta ardilo, ti plaudiara gia lulli.

Agorucrito

Udir potrai coni'io '1 seguiva a tergo.

Enlrava appena che tuonante voce

Mand6 dal labbro,*orrendi detti e gravi

Sui cavalier versando; e di congiure

Con fragorosa yoce ei riparlava.

• ?

SCENA PRIMA

i

\

Coro , Agofacrilo.'.... . / >

Coro

i, . t_

yGoogle



1*4

L'udia '1 senatQ quasi il ver cBcessc,

Dal suo raentir ravvolto in minor lenapo,

Di quanto cresceria Irebice in caropo.-,

E gfo torvo guaLava, e in sulla froote

Sorgean le rugh^. Allor che gnato vidi

II suo parlare, ed ii senato proso

Da cotante menzogpe irne ingaaaato:

Numi, gridava, protellori Numi

Di virtuti, di fraudi 8 di sciocchezze;

D'astuli e di buffon Dei salvalori,

E foro in cui Janckillo io noMlevava,

Or deh mi data audaeia q pronta lingua,

Ed impudentq voce. Or menlre ch'io

Ruminando mi stava,ecco di conlro

Rumoreggiare on vil Cinodo. Tosto

Linchinai reverente; indi col iergQ

Schiudea 'I can€6|lo, e diedi orrendo un grida.

Apportalor di grate nuove, o padri,

Primo annunziarle vogUo. A si vil prewo,

Da che ci arde la guerra, io no, le acciughe

Mai non vedea. Rasaereoaro il voltQ,

E mi cingean.pel graio ounzio it crine.

A compir I'opra lor svelai I'arcano

Onde molte acquistarne $ riforntrne

Con un obolo sol Je tegghie telle

Dallartier compre. Applausi n'ebbj, e ognuao '

Col labbro aperlo a roe tolae lo^sguardoi

Ma non ignaro il Paflagdn da quali

yGoogle

U5Ma non ignaro \\ Paflagon da quali

-••'-' zt:u J

Detli il senate a vroeer s'abbia/ toslor

,T ;,,u ^

Cosi riprese: amfci, 6 parer-mo,* J

*

^'l

'

Cbe al lielo aununzfo un ecalombe $1 titime J

Per noi si fera. Ed ecoo g& fl seaattf *êoô'.

Piegare ad esso.ÂMor vislo me vtoUy ';-'M^'- J

Dal bovin fimo, »e proposi due* J %' u t*»

Indi per Cinlia mille oapre dhiesi;) ^hla% ,awY

Se a un obol soto il eentinato dalo : *iJ;i;

*'

Delle sardelle fosse. II ftiaefcttatoM* ^ v '

iT

A me lornossii e il Paflagon wnftiso N *^ : -

Gid, si turbava, 4dat Pr'rtam opinio ' M

E dagli arcier veniva, e gilt la lurba *

Rumoreggiava deHe a^ciugbe tolornd:

M

Chiedea ben ei che Torator tli Spafla, 'f

Breve un tempo concesso* in pria s7

udisse:

Ch'ei vien, gridava, apportator di jiaUi. <

'

Ma una sol voce: dife la lurba? o steltd, ; : '

Or che l'alice abbonda il labbro ha pacef;

Non n'abbtam d'uopo ormaiy slrisci lav gtierra.

Ci sciolsero i Pritant, ed * cancelli M'

l

â??

Ognun varcossi. In chima via 'flottdndo nl fV ^>

Accattai quanti si 4ro?arof in piazka > ' ^J A'

E coriandri e partly «d a ôndire - >' ' {

Le acciughe a ogmm $jratfeli daitat.

Edes9i

T }

Mi lodar, mi blqpdhr, %\uh« if s^naio rVT* ^

Guadagnai tulta cott un ob<4 solo. *.

k

40



446

Caro

Qual uomo opravi di fortuna amteo;

Quel tristo, in tal di piu trislizia adorno

Ben inctppava, e piu dop£io ed astuto.

Or pensa al ^Jfine e unci, Averne ligii

Non dubilare^ e ben lei sai, nell'opra* ,

Agoracrito

Ma il Paflagon gia viea qual uwa eke invano

L'onda combatte, e tulto squassa e turba.

Par cheinghiottir mi voglia, or vedi audacia (24)

SCENA SECONDA

Cleone , Agoracrito , Coro.

€ledhe

Pera eseinpia ad ognun s'io jw\\ ti sbtauo,

Se il mio antico mentire a me non falla. ,

Agoracrito

Dolce m'fe il supn di tue mwaccie, e Hdo

De' tuoi grap vanli al fumo, pr.salt^ ch'io ($5)

Quasi cuculo canto (26).

Cleone ,

i

OhCerer Diva ^

Dalla terra mijtegli or s'io nol mangio.

Mangiarmi ed io ti beye, e pel sorbirti

L'ossa ti rompo.

yGoogle



148

Cleone

. >So di quai cibi

Pascer si debba.

Agoracrito

La nulrice imiti

Che il fanciullin mal ciba; un morsel porge,

E tre ne inghioite.

Cleone

Asluto son cotanto,

Per Giove si, che allargar so la plebe,

E resiringerla all'uopo.

Agoracrito

Oh bella anch'io

Tal cosa ho meco, ch'fe in ci6 far maestra (27.

Cleone

Stolto, non creder me beffar qual prima

Entro il senato, ch'io te al popol traggo.

Agoracrito

Nessun tel vieta, andiam; )pih non dimora.

Cleone

popol vieni.

Agoracrito

Si, per (Siove, o padre,

Qui vieni.r

Cleone

amato popoluccio raio,

T'affretta e vedi quanli oltraggi io soffra

yGoogle



449

SCENA TERZA

Popolo, Cleone, Agoracrito, Coro,

Popolo

Chi a me gridd? Sgombrami l'uscio. A terra,

Dolivo il ramo che l'adorna hai tratto.

Chi, Paflagon, ti oltraggia?

Cleone

Egli mi balle,

£ quei giovani 1&.

Popolo

Perchfc?

Cleone

Perch'io

Ti onoro e t'amo.

Popolo

£ tu cht sei?

Agoracrito

Rivale

Ad csso, e t'amo & gi& gran tempo e voglio

Felice farti, e meco il vogliqn molli

E buoni e retti, ed ei eel toglie, e pari

A fanciul sei che chi pid Tama caccia.

E ai venditori di lucerae e cuoia

Ti desti, o a quale lo ricuce e il t&glia.

Cleone.

popol giovo.

yGoogle

ISO

;

A§otamik>

::) »: , < In che?

{Jkone

Cansai di Pilo,

Ove trassi dalarire, i capitanf;

£ ne fugava Sparta. '.

Agoraorito

Io la tavema

Scorsi, e iavolava col iegame il cibo

Challri cuoceva.

Cleom

|Or In al cfcnsesso aduna,

E fa ragion di qtwl pit t'mi, e Tama.

Al Pnice no. qui gmdica.

Popolo

;

Sedermi

Non posso altrove^ & qnal jpria si vada.

Miser son mOfto, che jqael vecchio 6 saggio

In casa nrelto, ma *ttl sa&so tassts*

Spalanca il labbro *^ual «&i il fico iega,

Se tra le dita il gambo sol mintne (B8J.

'' <?«*

Ogni gomena adepra* il forte spirto

Ora ne reca ed il pariar aecorlo,

A superar castui, mortal ;dWei$o (29)

Cui lieve fe il trarci da impedita via.

45*

Contr'esso va gigante e forte. Bada,

Pria ch'ei t'investa alia il delfino, e assafta (30)

La navicella sua.Cleone

Te prego, oiNtar- w^ )

Servatrice d'Atene, ovio sol ami?

f f: i

E Salabacca, e Cimia, e Lrsiclea,

Piii del popol d'Atene, il'Pritaneo

Qual or mi pasca abbeocbd inerle. Plefee *.

S'io I'odio, e sol per te non puga*,' muoia,

E secco vada in correggine sciolto.

AgoracrUa*

Ed io, se caro a me mm set, sergrimdr ; :'

Cose non tento, disaeccato e in pezzi

Colto ne venga, e se ancor ci6 noo credf, .'

Me raspin pure come cacfa in zuppa,

E al ceramico il raffio or mi trascini (34).

CUime '

. '^m-'u. r '- -i

.-.

>'''

Altri esser pu6 che*megli© t'ami, s'io

Te consigliai si cbe il teser ne creUm, -' :/

Ad un chiedenck^, ed angariato oppresaen -r<

*

Mandando laltro ed a nessun guardando r '

Onde arricchir te self ^ jf i-± *...-

AforHcrito

Non grasdtf fc l'$pra;: )

E da me pur farassi; io l'altrui pafte

Tolgo e a te il rompO; Ma vo' dirtl In pria A

Ch'ei t'ama sol se il i»oco too to stalda. .

yGoogle

£ te che in Maralona incontro al Porso

Traevi il brando si, che lal viltoria

D'innalzar l'opre nostre a noi concesse,Lascia or seduto sulla pielra, ed io

Questo guancial trapunsi e a te lo reco.

T'alza e piu moHemenle or ti rassidi,

Curando il dosso io Salamina slanco (33).

r Popolo

Ma tu chi sei? d'Armodio prole? iavero

£ popolar lal opra e degna mollo.

Gleom

Cosi caro tel fe'ellieve/uffizio?

Aqoracrito

Tu l'aggiogasli con men lievt cose.

Chone •

Ecco il mio cap$ s^ pur ver che meglio

Altri per te pugnassa^ v meglio t'ami*

Agoracriio

£ Tami in vero, che liicchiatu in botti,

In torri, in wlte gifr sett'annt il vedi,

Ne il piangi, ma col fuHtOv* lui dai morte.

E Archetolemo paqe a opt chiedente,

E i Iegati che pac# a<vean sul lahbro

Tu discacciasli, e la perdesti ipliera.

Cleone

Ma perchfc in Grecia imperi. Avra mercede

In giudizio il peutabolo $hi aspetta (33),

Vaticinossi ufc di, ferrao inx Arcadia.

yGoogle

4*3

t*er cio il popol curare e nutrir rogiio

,

t a dritto o a torto hen Card chegli ahbia

Giudiz'ial iriobolo.

Agoracrito

Nfc questa

Opri tu gi& percbfc kt Arcadia imperi, .

Ma per meglio rapire, e maggior doni

Aver dalle cilia. Perchfc alia plebe

Buio di guerra appanni I'occhio e slia '

Chiusa lua infamia , ed ei forzalo senpre

Dall'inopia a bramar la sua mercede,

Guardi a le ognora cod aperte labbift.

Ma s'egli in pace lorner& al suo campo,

E Tolivo ritrovi, e del recenteGrano si pasca, pur sari ch'ei vegga

Quai ben gli hai lolti se la paga desli.

Esacerbalo e fiero altora avvers^

A le il vedremo , e incontro a le il lapillo

Chieder coi detli; e ci6 t'fe nolo, e quindi

L'inganni, e co'luoi sogni il tieni a bada.

tteon* •

/

Indegna cosa a me lal careo in faccia <

D'Alene lutla , a me ch'ulil recava

Di Temislocle piii, per €Hove, ad ^ssa.

Agoracrito

Oh I cTArgo cittadin quai detti udivi (M)

Ti pareggi a Temislocle che fece j

Grande noslra cittit non grande appieno (35).

yGoogle



iUChe ai cenanti, v'uBeftd* anche il Pireo,

Difc nuovi pesci e lor seriii gli antichi.

Tu impicciolir vuoi la citti, tu cko&iPari farti a quel graude, 4*gendo tnura

Che oe parton le vie, corse ei Tesiglio,

E di torle AchiBee tir sol li pasci (36).

Ckone

Perch'io t'amava, o popolo, in'fe duro

Udir lai detti.

fbpolo

Or dalle ingiurie cessa,

Assai gran tempo ii'ttgannar iue fraudi.

A^tramh

Egli 6 un impuro, o ftopotaccio, ei grandi

Mali compi, poiehfc ammirar si fea.

E gli angaria* c&wAi iagliando

Inghiotle, e colle wan cbe eatrambe adopfa,

Ruba il pubblico argento.

(Heme

Or non 't'atfegra

Cite oppor ti posso treiUa mila fiirti.

A che vantar d^matffc A regno, e fonde

Con si grave f*ago* bailer' cof remo,

tu flagel d'Atenef -16 ben worire,

Per Cerer, vo', s'oltre qttaranta mine

Da Mitilene non togtiedti in dono.

yGoogle

i$r>

de' mortai sowwoiter pa&seoie

Qaanto lodardegg'io

ii

4tt& dire ;fartj

Cos potrai tu degli Eiteni 41 prioao^

E terrai solo la eittade e i soon ,

Collo scofiso trideirte < e a-vrai lespri

S'ogni cosa tra noi ftoamfugli e guasti.

Or che giunto hai costfi noUaacia, Htve

£ la vittoria se ial fiance rechi.

Clwne

No, per NeMtMWt, arid, ornoo si >c«npia

Cosi uo tal falto, che grand napra ho neco

Da impor silenzio a qoal favr£ ne»ico,

Sin che un brocchier ne riwanr^ di Pilo.

Agor&zito

Taci de' scudl, cfc'iD m'avr& il vantaggio;

Che non dovevi tu, se il popol ami,

Coi braccialetti lor sacrarK aU'are.

Ma vedi larte onde purer nol possat

A lai quei gioiin vembtor di cnoia

Ligi son tutti, e presso lor del miete

Stansi e del cacio i veadilor compagni.

Quindi se fremi, e $fc miaaeei esiglio,

Voleran questi sulli seadi, e a foraa

Di noslre biade si LwrrMi ;gli f*np«riX

,

Pojwlo

Misero 1 e bracciateUi ban quelli scadt?

Assai gran lempe m'inganiiavi, miquo

yGoogle



*56

Cleone

Plebc adorala nou raccor suoi detti,

Nfc sperar c^e (Ji me miglior amico .

Aver tu possa. Io le jQongiure valgo

A reprimere sol, che oiuna ascosa

A me rimane, e grido, e a ognun la svelo.

Agoracrito

Opri siccome il pescator d'anguille;

Nulla se queto & il lago, e pesca solo

Se ben commosso ha Taffondalo fango.

Tu Atene turbi e furi. Or dimmi; queste

Cuoia vendendo, tu che amarlo dici,

Tanto glien desti mai da fame solo

Al suo calzar la suola?

Pepolo

Ob no I giammai,

No, per Apollo

Agoracrito

Or qual ei sia tu il vedi.

Ed io comprati, alFuso tuo consegno

Questi sandali qui.

Popolo

Te dunque debbo

Io di noi giudicare ottimo amico,

£ delle dita de' pifc nostri amante.

Cleone

Duro fe pur che un calzar colanlo possa,

Che di me i pregi obblii, e son pur quello

yGoogle



*5T

Che i Cinedi Crenai toglfendo Gritto (38).

Agoracrito

Anzi fc pur duro che a cid soft) mosso

Fossi da invidia, se tra quel frenavi

Solo coloro che in orar maestri

Un di temevi. Se nel vertio privo

Di tonachella il popolo vedevi,

Gli festi il don di manicalaWesle?

Ed io questa gli do.

Popolo

N& a ci6 pensava

Quel Temistocle mai. Grande il Pireo,

Ma non piu grande di tal veste parrai.

Cleone

Con quai lusinghe ahi mi travolgu

Agoracrito

No;

M'adopro solo qual chi a mensa beve (39)

Se il corpo il preme rallrui scarpe toglie,

Ed io tuoi modi.

Cleone

Ma in moine vinto

Da te non vado, sulle spalle egli abbia

Questa tonaca mia. Tu piangi, iniquo.

Popolo

Oib6 che meglio fia gettarli ai corvi,

Tanto di cuoia odori.

yGoogle

Agoracrito

Onrfe affogarti

Ei ti vestia, ch# tlhSfdid gifc prima.

Quello slelo di Silfi* ancor rrmenrbri*

A prezzo vil concesso*

iopefo

Ite mordo.

Cibarne ognuit vol'eva, enkte poi Outlf

Rumoreggiando v'uccidesie aF fopa (W).

Si, per Neltuno* gift <fe' inert pozzi

Un curator mel dlsseil

Agoraetilo

B forse allora

Nod arrosteiste a si bmPopra lullk'

Popola

Fa lal, per Giove, di Pirrandro Part*.

Cfeorte

Sconci tetti a turbanm

Agdracrito

£ vuol la Diva

Ch'oggi le vincer cfarroganza debba.

Cleone

Ma non sarSt, cttanco In nnlla oprftrnla,

plebe, avrai di giudftwfrie pagbeDa me un lebete colma.

^ Ayoracriio

' ET da me un vaso

yGoogle



D'ungaento pieno a luoi piagak stinchi.

Clpm

Ti sveller6, se vmo», la biarwa cbkwna.

Onde pitt verde n'escg, y.

Agorucriioi: l>:,

r. ,

E to' la c*da,

Popol, di lepre, e roccbiolio ti purga.

Se mondi '1 naso> atte ti» At* valga, ,

•

plebe, il capo mio.

|

Agenerilo.

^,

No, al mio t'alidi,

Cleomf

Ben fard si, che col daaar Uw stesso

I

Una trireme s'armi, e n aM p9$?is

, Si vecchia un'altra che il lawr bod eessi,

Ch'essa alzer& pef me pulride fele.

€&r* _,

L'uom bolle, il calma, U calwa, a gli sottraggi

Alquante legna, indi ne sehkupgk tosto

L'aile minaccie,j

Avrfc dolce Vtndetta,

Che gia tra i rip^AI ^pnoyejrato, gnaw

Ti fia per certo de'balzpHj il

paio** A

AgwacfH^^, ^

'

Pit non minaccio, quest*? s$l ii^bramo

Una padell^ benr di ££pift ricca

yGoogle



60Ti bolla al fuoco alio* 4ckeiorar iu voglia

In favor ide' MiteiW/c4w H^nto

Si debba af tuo successo esser mej$e4$; ^ ,

E quando ghiolto vwÛor di quelle

Starai pria d'iFflp aU^riftgh^m, un uomo

Venga, e t'affretti si cJie^disTfoso

Tu del talenta c^^|ftr^l$ aflpgW*; , »,rj M>,, /

Oh j^n&(l>en per Giove e per Apollo>

Ben per G^reje (si i 3 L r; o »,

i;, Vi

Buoft ;uomo ei paring

Piu chaltri forse, V^'/flêi tanti ch'ora

L'obol qui tragge. Pîflagpn, tu ch'osi

Giurar d'aroarmi, e m'esacerbi sempre,

L'anel mi rendi, cbe serbar ti vieto

Or le ricchezze .jp$L ,, , .: :

;.-: _ _ ;C&0ll# .,:-.. ::.

,Eecol, ma sappi

Cbe se tu ij, rf^ger,^ qitt^ pMo$&, ,v . ^

Allri verr^t che fia di me piu infame. r •

Esser non pu6 'I mi/> an^llo, havTi altro stemrna,

Ma non ben scerno. ,. ;J

•

;,, } .Agoracrito

Or fa ch'io sajpia quale v

Stemma aver debba,

yGoogle



't64

Entre arroslita foglfo {44)

Un adipe bovine ,

;^. - . .

J

Agora&rito' ^ * f

•Ohl'Mri-feqiidlo. - a*

Popolo

Non v'ha la foglia? Bche v'ha ddnqtie?

i Cnmergo(42)

Che s'ano scoglio spalaneato ba il rostro, -

Al concionar gia preslo.

Popofo

Qhimfc

Apracrite

Che hvvenne?

Papoto

Di Cteonimo egli 6, caccialo lemgi.

Abbi coteslo e alle mifc entrate guarda.

Gkdne

Nol far, signor, ten prego, anzi efce udire

L'oracol mio.'

>

A

Da me Fsscolia.v '*

Cleone J

J f

Un tristo

Sara*sfc rodL-

Agoracrito-' r : ^ i:

'•'

E circonciso andrai (43)

41


46S

Sebhen Ik dove adduce

La causa i litigatili, udiva noli

Vecchi dirmi: chWei surto non fosse

Grande nella citt&, per certo fora

La spatula e il pestello ignolo ancora; f * '

E tanto son pur quegli utili vasi.

Ma il suo saper che quel del porco eguaglia

Meravigliar m'ha fatto;'

Che nel dorico metro eivsolo vaglia,

<•'

Ben ripeter l'udiva • > >

Da chi musica seco a itnparar giva.

Si che adirato spesso:••*.*' ^

Lor diceva il maestro:

Questi non avrdt jnai che il Doric'estro (45).

f ' }l i i

yGoogle



ATT© TERZO

SCENA PRIMA

Cleone, Agoracrito, Popolo, Coro.

Cleone

Guardo, nfc tutii ancor qui sono.

Agoracrito

Stance

Men vo dal peso, e ne lasciai pur molti.

Popolo

Cos'hai la sotto?,

Cleone

I vaticinii.

Popolo

Tutti?

Cleone

Trasecolo, per Die, n'ho piena un'arca.

Agoracrito

Una sala e due camere n ho colme.

Popolo

Veder mi lascia chi '1 profeta n'era

Cleone

Bacide.




165

E de'tudif

Agoracrito

Glurtlde^ fralello

Di quel Bacide suo ma prima nalo.

Pepoto

E n'fc il soggetto?

Cfeptw

Atene e Pilo, e quindi

E me, e te stesso, ed ogni cosa alfine.

Popolo

Che canla il tuo?

Agoracrito

D'Atene e delle lenti,

Di Sparta dice e de'novelli Scombri (46);

Di chi nel foro la misura frauda

Delia farina, e di le pure, o plebe,

E di me stesso. Or ei le labbra morde (47).

Popolo

Leggimi duoquecio ch'fc

di mescritlo,

Quel piii mi piace, affin che sulle nubi

Aquila voli.

Cleone

Odi, e ver me la menle

Tutta protendi; il vaticimo ascolta

Che nel suo penetral, dal venerando

Tripode Apollo gft di te, EreUide (48),

Un di parlava. A te servar comanda

yGoogle



468

Popolo

L'oracolo s'adempia.

Gteone

' '

E non gli credi,

Gracchian invidi c6rvi. Ama Itt fl falefc

Che i corvifein di Spdrla ate^cattfti

Un giorno addusse.*

Avvtoamio iiipres*

11 Paflagon lal opra. E petthfc grande '

Cecropide stollo or vttoi tu dirla?

Vedi la donna ctie il fardel si reca

In sulla spalla pur se I'uom l'aiuta,

Nfc pugnerfcperlanto ; fella ita l'armi

Si sconcieria le vesli.

Gle&ne

Qsserva qu&nto -

Ei di Pilo diceva a Pilo iricontro:

« Sta incontro Pik), Pifo *.

Popolo

Or che mo' dire

Vorra mai queslo incontro a Pilo?

Agoracrito

Chegli

Le tinozze vorrfc tutte dei bagni (50). I

P&pofo

Oggi illavalo mi star5, cbe i vasi

Rapi dal bagno.

yGoogle

469

Agoraerito

Dell'armata parl^

II vaticinio pure, atlento t'odi.

.

Eccomi attento, ma lu leggi pria ^ rMli

Come alle ciurme dar le pagh^ int^ii^la. ,

Agoraerito r,,.{ :\ ti

>.

.-

Egide, osserva che H can v<rtpe snello

Danno ti rechi. Ei di wppiatyo azzanna,

& astuto e svelto, InleBO m'hpii? ,

i JU bel<va

fe Filostrato pur.

AgorMcritq *,

Nfc Locsio U' cUce» .,

Ma ben che nieghi a lui ie ralte navi

Chieste a raccor degli isolani Foro.

Popolo\ , ,.1

Come un can vol^e 6 la trireme? . , ,

Agorqcrito

< < Come ?

Veloci entrambi sono. r .fr

Ropqfa

E perchfc aggiungi

Al can la volpe?,

Ag$r$crito

Dei soldati embtemai

L'uve egualmente si divoran essi.

yGoogle



470

Pepolo

Ben, ma di questi volpicini posta

Ove hai tu la mercede ?

Agoracrito

In tre di soli

A lor la sconto. Or odi altro che viela. .

II Latoide vaticinio; ei viela

A te Cillene che ingannar ii puote (54). -.

Popolo

Ma qual Cillene?

Agoracrito

Egli a buon drilto chiama

Cosi sua destra, perchfe ognora dice:

Manda a Cillea qual cosa

Cleone

£ mal dicesii,

Di Diopite alia man mirava Apollo,

Alalo vaticinio ancor ti serbo:

Aquila d'ogni terra andrai regina.

Agoracrito

£ delta terra il mio dice e dell'onda

Che l'Eritrea si noma, e in Ecbatana

Detterai leggi, e vavrai ricco il desco.

Cleone

Yidi in Sogno la Dea, che un nappo alzando

Ricchezze e sanila su tef profuse.

AgoracrUo

Anch'io, per Giove, mi sognai che venne

yGoogle



4TI

Quel Nurae stesso dalla rocca, e il gufo

Stavagli sopra, e da un gran vaso, o plebe,

Sul tuo capo l'ambrosia iva spargendo,

£ sul suo la salala acqna coll'aglio.

Popolo

Oh di Glaiiide nitmo era piu dolto-

II vecchio cura, a te mi dono, quale

Fanciul mi cresci

;

.-\. x

CUone

Nod ancor, maspetta*

Darotti il grano, ed ogni giorno il vitto.

Popolo

Lascia il gran che mal l'odo, e Teofane,

£ lu stesso col gran gfo m'ingaonasli.

Cleone

Preparata farina ia ti promelto.

AgoraarUo

Io torticelle peste, e pesci arrosli,

Si che a mangiar sol, abbi.

Ilene, e sta

Quale il volele il dono, io dart poscia

Le redini del Pnice a chi piu reca.

Cleone

Corro primier.

Agoraerita

Ma tornero io prima

yGoogle



472

;v$€8NA

:

SECOND* -•

Cofo, Popolo.

Coto

Bello, o plebe, k il tuo impero, e qndl signore

Te ognun paventa, ma si instabil sei,

Che chi t'inganna e ti blandisce adori.

Con larga bocca 1'orator affissi,

Li sla il tuo capo, ma lua mente b Ittngt.

Popolo

Non v'ha cervel sotto il tuo crift se stolto

M'estimi tu; fanciul mi fo se il voglio.

10 bru bru grido il giorno, ed un furace (52)

Pretor mi nutro, e quando pingue fassi,

Sotto il flagella, all'aura appeso il traggo.

Coro

Saggio pensiero in ver, se come dici

Quali ostie sacre saggirtati al Pnice

Son da te questi, e qtiando il pan difelta,

11 piii pingue tra loro uccidi e mangi.

Popolo

Guarda se aggiro ben quelli che fama

Han di prudenza, e d'ingannarmi speme;

Veggo il loro furar io di soppiatto,

Quindi a recer li sforzo og$i mal lollo,

Che a loro fc penna il magistral decreto (53).

yGoogle



ATTO QUARTO

SCENA PRIMA

Cleone, Popolo, Agoracrito, Cora.

Cleone

Vanne in mal'ora (54).

Agoracrito

Nod v'andrai tu slesso?

Cleone

Te qui, popolo, aspetto onde giovarti,

Gi& da triplice tempo.

Agoracrito

Ed io da decuplo;*

Da duodecuplo ancora, anzi da mille

Voile piu lungo tempo, e da lunghissimo.

Popolo

Da trentamille tempi io che v'aspetto,

V'abborro ambi da lungo o lungo tempo.

Agoracrito

Sai che far dessi?

fopGlo

,No, ma tu mel narra.


ill

Agoratrito

Comanda a noi, quasi guemeri in lizza,

Che a gara nsciamo onde giovarti entrambi.

Popolo

E sia; piu lungi dunque:

Apracrito

c.s-: ,-. - Eccomi lungi.

a s ^q Pepolo '-

Or vi movele..„ ^

^ Cleone

N& ingannar mi lascio.

'''*»a Popoh •

Dall'opra lor sard beato, o<*foppo

Difficil sow, per Gafcte.

Cleone

- Eceo primiero

Un seggio $A(fc>>r

'> i Afomcrfa

il:.::>v. ;m/ Ma ti manca il desco,

Ecco da me lbabflrimo^ /

r Io terticelle

Porto delfarro che arrecai da Pilo.

,; 3 ) mAgamopto *

\V croslelline, che J'ebuifneft mano (55)

Scavi) del Nqine.;^ u, wx ^j- .<-

-Jtafwiao.ii

Oh veneranda come

yGoogle



475

Sod pur lunghe lue diia

Cleom

* Io reco aoraia

Ed ottima polenta, e 1'agitava

Palla cbe espugnatrice era di Pilo.

Agorucriia

plebe, ognor la Dea ti guarda, ed ora

Su le raltien di succhi oa'«rta piena.

Popolo

E credi tu che si n'andasse folia

Di genti Atene, se la Diva ognora

Sovra noi l'urna non tenea librata?

Ckone

Questo frusto di pane a le concede

Palla terror delFarmi.

Agomcrito

A te, la figlia (66)

Del Dio possente, quest* came invia

Lessa nel succo, e gli & eompagrio un pezio

Di ventricel, d'omento e di buon petto.

Popolo

Ben falto a lei noa obbliate il peplo.

• ( Cieene, •

'

Colei che ionalza la Gorgona, impera

Che lu questa t'ingoi limga polenta,

Onde piu al remo sia tua mano adalta. \?i

AgotacrHo

Togli ancor questo. :

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176

Popolo

E ctie vorrai ch'io faccia

Tu di queste interiora? '

f

' • vAgortidrifo *

::

A £oppannare

Ti varran esse le triremi e sofo' ' '

A ci6 le manda, ch'eHa ha il • guardo intento

Al tuo navigtto ognoral E Bfcrrai poscia

Questa misura sfra'duplice e trroa f57).

Popv1&

Com'fc, per Dio, soave, e come regge

Ben ei le tre mistire;/

Agoracrito

E trina ap^unlo

Fu quella che la Diva m esso infuse.

Clean*

Abbi da me di grassa torla un pezzo.

Agoracrito'

E da me intiera Tabbi.

Cleqne

to 'sol do un lepre.

Agormriio

Ahil dove torre un lepre? mentei ttii qualche

Raggiro tostol

Cleonc

Oh Iristo e guarda a questa?

Agoracrito-

Poco men cal, gfo vengon essi.

yGoogle

177

tv ;

:ryc ,, \, Chi?

Agoracrito ,

ffu,,

)i:

I legali, che ban (Tor colme 4e borse.

^ , r lf Clqone

Ove sono, ove son<v? \ . M:V) >-

-

?r <- ,-. >(;?v,4goraprtft ',t,-.f.

<, /lV ..

Non lascierai-quegli stranieri.,. Oh vedi., ,

Buon popoluccio mio qual lepre arreco (58)

Cteone,.

, r

Ahimfe infelicef mel raprvi, iniquo.^

,.,,« ..[

Agoracrito

E cosi, per Netluno, opravi a Pilo

,Popoh

t rJ,

Deh dimmi in grazia vtn con qual trovalo

Rapivi il lepre. , ,,,, ^ ; ; a

Agoracrito

Di Minerva egli ,eya^

Ma il furlo fc mio.,

,Cl%yne

Sfrfg il perigfio corso

Ho d<$a caqpiakr.,,, v ^.,r : l)H

, n ,

Agoracrito ,

T

Io l'arrostiva solo.

Or va1

, ch'io sono a chi meVporge gralo.

K%

,Google



mAh piii sfacciatfl mi vihcea costui.

.

Chi a te piu valga, e ^WIlTO too, deh daaae

Oggi sentenza. ?; _

Popolo,

Ma ch& ftr? ond'abbia

Tale sentenza di gitisljzi$, j&spetto

Appo chi a soi riguarda?Agoracrito

„^ ,,Io gft tel dico,

Vanne e ricerca il oaio ceslel^, poi quello ,

Del Paflagon rifruga, iqdi pronunzia,

Visto ogjiun che pontile, e il giusto fia.

Vediaqao,,

Agoracrito

Vuoto egli & babbuccio il mio :

Tuito ti do.

Popolo

Queslo all^i pjebe arride.

Agoracrito

T'accosta, e airaltro mira. Or vedi?

Popolo1

\

~

Oh Giotel

Quante ricchezze accatastatel Oh quante

Torte qui deirtro e uq peszftttia mm data?

yGoogle



mAg$racrilo

Cid fu pur sempre. Del mal tolto Here *

Parte rendeva e oe serbava faltra.

Popoto

Me furando ingannavi, infame, e il serto

Io ti donava e l'oro.

Eran quei furti.

P&polo

Qui deponi il serto,

Questi oe cingo.

AgorQctito

Or loslo giu frustato (5d)

Cleone •

Nod gia, che a me da qual vinto esser debba,

Dicea di Pitia il vaticinio.

Agoracrito

Ei chiaro

Cantd il mio nome. /'

Cleone

, II documeoto ajreco

A tentar se ti unisci al vaticioio,

E chiamo in pria : cbe scuota era la lua

Quando fanciul ti givi?

ri

Agoracrito

Io facea a' pugni

Nella cucina.

yGoogle



180

Ckorm:

* ' Come tii gia Falma;

II vaticinio fere. E sia. Che, poscia,

Delia cucina t'apprendeva il maslro? .

Agoracrita

Spergiuri, furti e aodaci sgnardi.

Cleone

ol .*,;• a / GkJPebol.,

Oh Licio Apollo, che m'avvenne Quale

Meslier poi festi ? v

Agoracrito

Rivendea salsiccie.

r Cleone ;

E poi?

Agornctito

Me stesso.

Cleone.

Ahi trislol tristo Appieno

Spacciato son; lieve speranza tiemmi.

Di', al foro il banco, od alia porta avevi?

v AyormpQ .

Presso alia porta, ove il salume ha spaccio.

, Gtyow .

Perfetto h il vaHctnio ; ^nlro traete

Lo svenlurato. mia corona addio

yGoogle

1*1

Te invitto lascio; ma ben /Ed che trovi

Non maggior ladro, ma di me piu destro (61).

Agorucrito

Giove di Grecia, la vittoria fc tua

SCENASECONDA

Agoracrito , Demostene , Popolo,

Demosiene

Salve, o buon vincitor, e ti rammenla

Che tal ti feci. Guiderdon io' lieve

A cid ti chieggo. Qual or Fano, scriba

Sia ne' giudizii. ;

Popolo

II nome? ^

Agoracrito

Agqraprjlo;, .

f,

Che nel foro rissando io mi cresce^. / ;,,'

Popolo

A te me stesso e il £aftegtin rimetto.

Agoracrito^ ^' il '• •'' J'

Plebe, m'avrd di te graft citfa, e dire

Ud di dovrai, che niun p^ Jigia^iamea > i 3

Fu alia citU da' sbadiglianti Jiglu , , <

yGoogle



484

Non fia,x

grid#% |ri««0cc$ei pai^Giove,

Che vo1

prima inveccbiar larlata e guasta.

Neil

sia Naufante di N^soneil

figlio,

Che anch'io conlesla son di pece e legno.

Se Alene il vuq mpffttfe atof dispesi

Di Teseo all'ara o dell'Erinni, orando

Pei marinai. Nfe ihsuo pole* > c'irrida.

Navighi ei sol se il vuol, e a danno suo

Guidi la barca in cui veudea lucerne.

i-A'''

V- *.*.>'.*' ,'-. ^'.i - '»'

,Vi.' ./,

:

yGoogle

AVTO QUIHTO

•S<C<ENA PRIMA

Agoracrito], Coro.

^ ^ig&raerita

Mute le lingue, slien le labbra chiu.se.

Niun si chiami in giudizio, e slien serrati

I tribunali omai, ch'fc in gioia Alene.

Risuonare il Peana oggi in teatro

De'pel

prospero caso.Coro

delle sacre

Isole nostre servalore, e lume

Delia cill&, qual lieta^ nuova arreehi ?

Sparger di grato odor dovremo il foro?

Agoracrito

Riformata ho la plebe, e buona k fatla

Quanto era turpe in prima.

Coro

tu, fattore

D'opre ammirande, dimmi ov'fc la plebe?

Agoracrito

Abitatrice & della vecchia Atene,

Che di vlfole ha il serlo.

yGoogle



18$

Coro

E non vedremo

Come s'adorna, e qual dtvenne?

AgoraerUo

Quale

Ella era allor che di Milziade stava,

E d'Aristide al desco. Or la vedrele,

Che gia m'annunzia quel fragor, che aperto

Ne fia '1 vesiibol losto. Or v'allegrate

Che l'anlica belt* ripiglia Atene,

Gik degli mni soggetlo, e grande lanlo

Sede di ecralsa plebe.

SCENA SECONDA

Popolo, Agoracrito, Coro.

Coro

di tifole (66)

Incoronala, alma e luettite Aletie,

11 sir di Grecia e nostro er mi pales*.

Agdraerito

Vedi egli reca la cicala, adorn

Del suo vecchio splendor; nohdi cdnchiglie

(67),Di pace amante e di olezzante unguento.

Goto

Salve, o di Grecia Be, sia teco gioift.

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Alfin qual vuolsi alia citlade nostra,

A Maratona vuolsi hai degno merto.

PopoioAgoracrito amalo or vteni; oh quanlo

Giovato m'hai cangiaodomi.

Agoracrito'

. Ttt il credi?

Se qual eri sapessi e quanlo oprasti,

Ben mi lerresti un Dio.

Popoio

:, • Deh tofclo dlmmi

Quanlo feci, qual era.

Agoracrito

la pria9e

: t'amo,

Alcun diceali, plebe, e sol ti euro,

Ed i consigli miei totti a le sacro;

A tanto esordio quasi uccel sorgevi

Che Tali spiega, e U crescean le coma (68).

Popolo

Inver?l

A$orticHto ^ ^

Poi le ingannato ei si faggia.

• Popolo

Che dici? lanto fean coslor 116 '1 seppi?

Agoracrito

No, che il tuo orecchio si sfendeva, e quitidi

Si ripiegava come ombrel si allenla.

yGoogle



488

Popolb

Inetlo e vecchio m era.

Agoracrito

E se allestire^

Gridava un orator, vuolsi 1'armata,

Mentre on . aRro diceva : abbiftn. mercedc

Vostri giudici in pria; quel delle paghe

Vincea l'altro fugando. Or che t'inchini?

Iramolo sta.

Del fallo anlico arrosso.

Agoraei9

ito

Non vergognar, chi t'aggirava fc il reo.

Di'? se unrairoo orator tat favellasse:

E', giudici, niegata or la farina

A chi costui non danna, or che faresli ?

Popolo

Precipitato in cupo fondo el fora,

Con Iperbol qual sasso al collo appeso.

Agoracrito

Saggio e buon detlo; or come, dimmi, inlendi

Ordinar la repubblica.

Le paghe

Abbiano i marinai reduci aLporlo.

Agoracrito

A quelle atlrile naliche fia gralo.

yGoogle

Popolb

E poscia il eittadino in ruolo ascritto,

Da un palrocinio non si mandi all'allro,

Ma immoto resli.•

-Agoitacrittt -}

*

E Gfeonimo ii denlfcs (Gft) ,.<v

Volse alio scad*, m'

r , >;. •;

Niun imberbe al foro.

Agvmcrito

£ dove avranno il lor GIrstBne e Slralo?

Popola

Obi quegii inabelli, vorrai dir, che assisi <-

Gridano ognor delpwrfumier «ul baDeft:'

Grand uom Feace, come acuta e desifo'•*

Ei stringe l'uditor, lotto consegue;*

Di senlenze egli abbonda>; & chiaro, e muove

Ognor gli affelli, ei i tumult* sed$. l

Agoraarito i.w ..«

Eri amico a que' trisii? (7<*)'

Pjopolo f <

lo no, ma-aslr^Ui

N'andranno a eaccia, n&»fafen decreli.

To' questo seggio <ripi$gaio, ^ qoeslo {1i) -•>•*

Fanciul che il reca, ehe mulare in seggio

Potrai se il brami. > * ,' ; * :

-•/

yGoogle



1W

Popoto

Oh gioial Alfio rinasco.

Agoracrito

A ragion pfcrli, di trent'anni addaco

A tfoi la Iregua. Tregua, n'esci.

SCENA TERZA

Agoracrilo, Popolo

Due donne che non pariano,

Popok

Oh^GioTe

Come belle pur son I Lice baciarle?(72)

Dove le bai colte? di*.

Agoracrito

Dal PaOagoae

Ascose fur, che a le iovidiolle. Id villa

Guidale, a te le dona.

E qual oasiigo

Avrfc colui che si mal opra fea?

Agprocrilo

Non grave; esercitar de' 'I westier mio.

Presso alle porle le salsiecie venda

L'asino al can mescendo, ed ebbro insulti

Alte mondane; e l'acrqua beva attwla

De' bagni in sulla soglia.

Digitized byGoogle



t'91

Pop&lo

Obi ben pensato,

E qoal conviensi AHe sgualdrine appiccki

E al bagnaiuol le risse. Al Prilaneo

Or iot'invito, e a quella sedia slessa

In cui pos6 lascivo. Abbili questa '

Verde mia veste, e di me Forme segui.

AU'arle sua costui si guidi; e il vegga

II forestier che gi^t sprezz6 cotanto.

(Manca Iultima scena del coro)

yGoogle

IK©*i5;&TF*; nif: A

M 1 iSri

- T T .*.

aUuS^. ?- ?

•:<*'•-

P r

.'l'• '^ J : '

yGoogle



AMMOTJLZIOni

ATTO PRIMO

Scena Prima

(J ) 1 Cavalieri erano un ordine disiinto in Atene,

stantechfe la difficolla in un paese sterile come

FAttica di procurarsi qoanlo era necessario a go-

vernar cavalli , rendea impossible ai meno agiati

il procacciarsene. A. cerca d'ollenerne il favore

onde inimicarli a Cleone.

(2) Oh a me dicessi quel che dir to deggio. —Parodia d

:

un verso dell'Ippol. d'Eur. Cosi tradatto

da Felice Bellolli. — Deh ci6 che dir degg'io

,

deh in vece mia lo dicessi lu stesso.

(3) Non mincerfoglia, — Afoctfxctv&ix/j^ il Bergl.

spiega: ne mihi Enripidem neve olilores imiteris: il

Br. Apage : ne scandice mihi oblrudas ; lo Scol. /xn

$:£vpt7rtiify$, e soggiunge w yap ixhrpn EvptxiSov

cxaviixas tmnpoLGxet,

perch& la madre di Eurip.

Yendeva il cerfoglio. Pare adunque che * Demo-

sleoe che sente nominarsi Euripide nasca l'idea

del cerfoglio, e risponda quasi come se dicesse :

43

yGoogle

194

o non venirmi innanzi con quell'iKfnio creseiirto

tra il cerfoglio. Inloroo alio scandix vedi^la noia

agli Acar. A. 2, sc. 3,?

• ,

,(4) Tu dirai dunque fuggiam^ — Aiys $i j*blfyH$y.

AiTOfjLoXetv est transfugere , et Nic. Consilium est ut

transfugiant adhpstes; sed non audit rem palam

enunciarefUnpens ne frodetur. Itaque id machinalnr

ut Demos, insciis dicat .qiiod ipse Nic. non audebat

dicere. Bergl.

(5) Una spartana torla, — Ce gateau a la lace

demoniene que Dem. dit quit avoit prepare , etque

Clean lp,i p deroH , reprhente fort bien (affaire de

Pylos Dup. V. anche lo'ScoL che racconla quel fallo

a cui oiira A, e Tîd. lii). 4, parag. 26. Ed. Didot

Par. 1840. ^7 ,V;V V «<

(6) E col flflgello.—

: Qvpcivnv «%<av, e doveva

dire ^vppivovf

, ., a;

c^cci^fe le jnosche, fawojiai jaq

fjt,vfc$, che con raipojsg^jli' di xajrto cacciavansi le

mosche nei qonvittj; qw penchfc Cleone era Bvpco-

itynq ,. dfc $;/><?* ^\ioip $erjya fojmwv, che ponein mano a Clepne aîsleale alia ceâa del popojo,

onde c^cciarne gli(Qralpifi

f

., che ^vrpbtjero potato

pariare \\ vero, c#»e si Cjacqiavapo le mosche im-

portune.:

. . ,,

(7)./t fruon ,11^; Prfft^n^). --II Pramoio era

vino dlcarja, di caiparegifi gJiioUQ Demos. Alen.

pei;6 nel J. i, c, 55 pita up Jupjgo d'Aristof. ripor-

lando la senlenza sciom 4al melro, nella quale &

a

i

i

195

delto che 4T vino* Pratnnio pocb guslavasi dagli

Atenfesi. Non piacciorio i poeti duri ed aspri agli

Aleniesiy ne* i duri vini Pramnii, 7rpapviot$ exknpofoiv

«&w$, che ti contraggofid , cvvayovat, le ciglia e le

vist&rel4

(8) Del, Cicloboro rumoroso at pari. — Era tjuesli

un torrente defl'AUica, che non scorreva continuo,

ma venfa gorifib neirinverno.

Scena terzd.

(9) Io la rhuslca ignoro.—

Spiega lo Scol. Zxi

fjLOVGixiiy, Hiv eyxixXtov 7tou$eloL\> <pn<s\y ypipLfjiOiToL $e rk

7Tf>&Tct. CTotx&k:

, perchfc chiafok mu&ca il circolo

delle scienze e delle arli, il quale componeT.edu-

cazione , £ letleffe i primi elerrienli. E non come

spiega il Bergl Iqliestoâssb dillo Scol. Musicam

dicit triviales ticietfti&s /poichfe iyxixXtos tkx.iMol,

ifxixXrog/^^ju^Taîl^cOmpresô di cjuanto com-

pone l'educaziicfo&; 6he le ainane 'discipline sorelle

tutte,para£ori£

;

i tircblbi Fa'df cai ûrvk fientra

sfcmpre in se ftessa. Cfei' Ateii: f. 2, dice d'un

pbelat: th>gK %ti tkl uonib cfie aveva cosi corso

il circolo, thv syxvxktov, delle umane cognizioni,

the di qualutique ctisa glr foss^tbccalo

il

drscor-rer*, pafWda^fessfe qtifella%l£ cMiVate.

(*0) Alta î°Ii» ôc^. -^ , E ti par duflirt le doti

:che: |*egiavanî

Th^[ êmagbga del nbvanfalrife.

yGoogle

**6

J

ft I ) Pet tilfaeffl'rtMl~ £<>ns<?n*& fDmJ Ettute

^Jia •, sea âîleftoMerii femitias^norriinibus ignoHis.

I j.::,** 3

.(i:Vi

;o -'l^n :a:,v *:l«v- ^. * , ;, *, ;

(12) Fia /a forfe feo^/^-- U^vafto i Greci

disputare nei convitti vegliando, e chi vegliava sino

affaurora ne aveva m ' prfeiiiib rh irvpapovvTa., ed

era una torta fatta con iriiele e farina. V. Scol.

(43) /flfesJ^<&& norrt&rtb^^^ dotttlfc

^-m^ 1 ^ ^ ov ^;

-^>— - •• •- J

(ii) 7 &&$)' n^lui^^rd. — II Cûbond c«>Vi

diltfcida qtiestii âs^ :*W^«f^ ial^ws wife tfe-

Uralis, Mk ti %d6 etJn<ti fdM^ftied lupis ;n-

scibus devoratis nan poteris turbih> Miletios ; e$o

ifero poteto.

{ (15) W^&^^^r^ $lf Atertiesi Ifsa-

vano ciblrii ctffte ortii^Wi&r Wriere, chfc rac-

cogiievâffttioft pmg&edi pdijhtera, *e qtihitti

ai ritorno delle rottdini. Aten. 2. 61 cila urt verso

dptJe Pen^se di^ln ûfW di^laêconda tra

yGoogle

97prima nasce Hfia ^^.qpijpdt jLicifia ad essa l'aspr^

prlica. Per ci6 il coro dice giocosamenle ad Ago-

PfiF$:

H^^9v8Perav

-*$WMP# she *ac-

$$$$ , ,le ot^^r ,cbfttfi ^,^nq jj^giii^geê 4elfc

parlaoo di molte virtu delle ortiche , nulla dicoAO

deHa lor honU cojne cibo.

(46) Cite gueslo NqtQ hgid cplynnie vtnta. — 11

lest, ha q$to$ xaixiag questo Cwia , ed & il veuto

cbiamato w$$ Nolo.,y. f Jp §£$l ..

(47) Z)<u pi^ richiefty .,w\ ,as*($gelta a, pochi. —Farla delta touiipedia ôcpe di dopna sollecilata

,

e scrive nsipcLeavTwvt da »*fy* che propri^rpente ^

3fO0#*X^tfr tjj yyv*«i 7[î ô^r^$, $ per qid vi

flggiunge x*#£<j#*i, vocabplo c\\e si dice delle

doiwe, scrive îiîq î}pr% ^îid9 vwwvoyaiw

kOLvrkq exSiiowtcu. . ,^

(i8) £i dt Magnet* ha it easo a menlq. .— Ab-

biamo dallo Scol. che JlfogQjpl? coipponesse qualtro

drammi iolitolali gli Uccelli, i Lidii, i Pseni e le

Rape. II Pseno \f»y.fc un inselto che rode il fico.

V. Esicb. '[ \'

VV;

-T.'

;

1

(J 9) /**##* deyli onpr fol peplo. — *Av$/*s a&o*

roiJ a/flAo??

uoroioj de^ni d$l p^plp. Jâ vers. lat.

ha , digno* *i,JjVJjjn &#« : ? I^* pingernnlur.

yGoogle

Nejle fesle panalenatche effemflfci un peplo a Mi-

nerva, sul quale anticamente eravi effigiato Ence-

lado %4w«^4y*^^ quella

D$a>,^Hiftfctaifco} -Ae«^rTae6;,t/|Hire./rickniale- le

azioni degli Eroi. Peplum Minemae emsecrainm

erdt.J^M^y4^ngdffiniur..eiStAmart apwliAlhenien-

se$qM$ir#M#rtej$ keUQ\ge9m$enfc\Serv* ad Mmd. 4

.

per ici6/ cjwaai^^ HCavaUeri, uamiai degni d'-es-

sere effigiali sul p£pkh '

(20) Navi ai corridon adatte..-r- tou; i7tnoLyoyovgy

navi da trasporlo pei' cavatli da tnnos ed &y<».

...(21) J4& marine tfaw.\ -4* awitftavas, che lo Scol.

spezie di taize ciie toglievan^ seca S soldali. Ho{>oi tr&dolto. iwprin^,' perch^ piu sollo egli ci dice

come inoe$se rioe^ssierft i marinai le loro mistire

d'acquacYu amcbej Mm. all lib* XK pag. 22 e steg.

{$&yjpap6 ItM'ianim.: •-*< Qui dice IxnvmS da

fartsigftfttto adaU&iido ad esso ilv p&rmexd grido

del)i)ai)igantk ^ffo^/rr-iq '.^y }i ui &'•:..: >: >.-' .r r

(^3) $(ia^ra.^Tf-oNome date ai oavalli segaati*

cbl sigrnaHbhe* i iBtorici chiaraavana \±h «i^; '.

ATTO SECONDO '

Scena Prima. _.,, ,

(24) $/i;n©aK aiwtecia* -*- MbpjAcb t& 6pou?ov$,

ju^/ai&a^Lbr^ slrega Xafjua. Ed

e come ^eidiioHB^e^Diivalo che audacial-

yGoogle

1WiV r. /'V-t? ;• Scena Second*. *'•

^26^ Or aoflan— « .adggfefl&e

r

primm che era

secoiifo iSsrch. 4f9o$ tw Qp%h&<k>^tMi*np«rticc*a*

fcmna 'di ballo. >f

' ^ .<;..;•

($6) Jo (jmsx cucuto canto,^^ :

**ty***Mraefei,Hl

lat. lradâft# wsr'ctomo, n»a vten« <ta *«outM£ 6wml0:

427) Tai ctf«t«Atf mtw.—- B qtiesia^sa ^ no^

minala nel lesto, ciofc il npaxtfe: ' '

;;V

Spcna J^rsa.

:^38) Se fna fe ^tto *7 #»w6d *dj< fimknet'-

Quesla verso ^ aggionto a spiegazione del conestt^

chfe rimarrebhe «qppoper nobLa €bi6sa

tteHtf

Scot, aon aoddtefa, mtglia quadra quella del »Ca«**

sanbi: ramoi dS cammtrcio ia Atene ersmo i fiebi;

molU seme seccavano legasdoli pd gamfto ad un

filo ; spesso i piiimatUH staccawrosi dal laro^gattibo,

che solo rimao^va appefce a) tik>, e dudevano a

terra. Ora leggiadramente paragona Aiil popolo

AUmiese, £iapidam£iilterjrKteci&4Fa vd^ônUn-

denti, al veccfci#'avcni* rimaneTfth le dilaiifil s6I

gambo del fico. r^| , n\ o >

7 /

(29) Mortal diverso. — noixiXos vario, qui diverso

ognora da se stesso.,:>

*

(30) 4ha t/De/ô. Ci6 eraueo slromrifrto nau-

lico col quale si aggrappavaoole navi nefniche.

V. lo ScoL e qttelto puiêdi^Tacid. allib: 7. p. 41-

yGoogle

V

300

(3i}: II raffm or mi strascmi. — E soggiungfe

ff $*§) Ourmdo it dosao t* Sakunim stance -*-

Gio&Yrofswfxaxxw logorato sui tanchi delle navi nei

mari di Salamina. lsU

^33) In giudizie il pmtobolo. ~- Giofc s& vince-

retain Arcadiantei giudiiii che la s'iastoluifteoiiOv

io vece dei tre oboli che a voi si flanno to Alene,

ne avrete >co& ctnque. <*

(M) tfArgo eitimlin. — Parodia d'an verso

del Telefo^ della Medea d'Eurip.

(35) Che fece grando nostra citti non grande ap-

pieno. -~*n ll lesta dice che avendo Inovala la cilia

listens fieerm , la fece ridendanie skto allorlo,

(36) Torle Ackilke — Ciofc falle coll'orzo chia-

mate; AchHIe©. Secoodo Alen. 1. 3, p. 82 spezie

ch'qrzo fche da*a una farina piu dilieala.

i [%fy Gli anghtriati tawli. — Ltxjusndi gentts pe-

Ukuaate

dlitoria> fa nulli* oleribus caidem maxkneprobamus. Ideo poeta tbjicil Cleoni, quod populo A*

theniensi €4ule»rej^Hindarumsucciderittidegt reosre-

petundarum pretio dimiserit. Camub.

^ TegiUnd* GrUfo. — II lesto dice di piu :

che anzi h Irisla cosa ch'eglisia disceao sino a

itfmTprtnpufi >cio& a npcsxTcv inmipeh r&v *«>>-

yaufcaw*, per c^ntenere rhg Bmvfjt£vo$.

(39) Qual chi « mensa beve. — Gli aolichi slando

yGoogle

a T4rteos*-digest sopra-iei*i, Jasciaraftcr *\s^mJali

sal pavimenlo, quindi chi veniva assalU© da quaiolw

naturale e reptsnttito^ bwogcm, Udgli^vasi le prime

saadate eke gliJ caAevaiio fra le manionde usfoiref

piii sollecitamente. i av d, ru>c

(40) RunMrt$gkmd»Svb6ckksU tkforo. — |l l^st.

ba: fteinde in H&iae j\duH\ -pedemdo $e $* tamim

eneearefH. :•. - h .'•; » il^fo ^ *. v;o- t

>>

(44) Entrarrostila foglia. **4mMoUJo manicarettf

si preparavano dagli' aftlicbi Atemest Jmrolli in fo-

glie di fico che chia*i>avano ^/aty iL qaal vofiibblo

si esttse poi ad Ognt fogliaJ i n. ^'

^

(4i)' Un mirgoiEi intends iGtauieg percbfeJo

smergo fc uceeltavbn&e*, dwt&tlo Scol.v «o#iscoglio figura il sasso dal quale oravano gii w*-r

tori nel 9nice. ;-';/* <:<* - aV\\v.>i. v -'•;

;-;^

• (43) £ circdncisoiatoSrai. w^ lh le& dice?: \f*A«*

M^W* rot/ fiuffaov sroo ri mirttyjcw&sindal capo,

perekfe il maeslFalo ponerasi wl capo corow di

mirto, ciofe dal f^neipia ai^iv^ ail h daHo sow*

Ucare fxoX&tpfoi ri ou&diov ;<&$ t£Xt$. vFotee ©be q«el

fjLVtfnw; e qulp^r tt^ rp/%^ ^d^^w^iuy. *\:

(44) Smicita. — SmkithmfuilThTtMtm%r4^,qim^

nouunis termimiio fiamina vol, lamipam si fotmna

Asset,

praeter.expectcriionem addit tud zvpou

H md~ritwn. AUicis mum x. inVo^ nw/ttoHm r0f»ritf**>«<**-

r^tw» no/at Ifrwt. CW wft pbriwntme i*4**sw*

yGoogle

202.

da*te, ogsertfa il Dup., ed ho conservata lavteVttii-

nazioue femaunma * Smicite, ; .,^ »

.... ;< n'ljM, Scena Quartan

••^ t^\'^V

^rilJIo^^W. -^- €'£ nelforig oft girio<?o-

lelto di parole inlraducibile , dal bfyterl armonia

Dwo^,4rae ft ItipoSozmvl co»e:«e diceBse; Tar-

moftifk del rteevere doni. * s<

.-> <v

ATTO TERZO^

'

j

Scfna Prima. , .,..

J

(46) De novelli*Scombri — Gti Scombri , dice

le Scol., sono una razza di pesci sinili ai tonni-

cini. Ne parla Piin. al 1. ^;cum IhynnU pelamides

in ponlum ad (Julciora pabula intrftnt gregatiril, el

primi omnium Scombri,quibus est in aqua sulphu-

reus color etc. Aten. al 1.^7, p. 116 cila un verso

di Epicarmo nelle nozze di Ebe , ove parla del

pesce roodied e dun aUro pesce; e gti dice mag-

gtori dello Scombro , e rauiori del pfcciol - tonno.

Er* dunque divet^so dail'aeciuga febiamala ctfvn

quanlunque pot acci»ga lo traduca il Monti al

vers. 43 delist -SaMA ii^Pers; Nee scotiitoto>tne&

tuenlia carmina, nee thus. -' '

{&) LeltMrainomte?— D testo 4a diversimefrte

:

Ta vti&g Swept. -: -w^ta -V -.,•/ -.

''

£4£) KreUkle: **k ft -popolo* Ateniese .cattle p6-

sterad'EreUeo^an^ore d'Atene: Pki sotto lo chiamia

Cecropide ed Egide da Cecrops ed Egeo.

yGoogle

2€#

(49) locaia. — Da \i%og lortuosus, fti detlo A^-

pollo Ao%i<L$ forse dall anibiguila de1

suoi oratt)li

,

lotyxpTtefji&v yap Sv, perohfe era oscuro in essi ,

•dice Jo Scol. d'Aloifr. alv.4467 delta Gafcfcandra;

o daj lorto suo giro in eielo. Cosi la vaticinattte

figlia di Priamo fu delta in on Epigr. totyrplxt*;

quasi che obbliqua currat, et per ambages ubstitirti

verba volvat.'

*

(50) Le tinozze torra tutte dei bagni. — Cleone

ha sempre Pilo sul labbrt) , Agor. maliziosamente

iiuge inlenderlo p*r mi\o$ bagnaloio.

(51) Ma qual CHhnf? — 11 sale sta in xvXkttftiv

ciIUl e xvXXh sotliiilesovi x£lPl il cav0 della mano

prostesa a ricevere donuk

.>

Scena ISecotoda. ?

(58) Io bm bra grub. ^j8/wMc»v,E8i6b. sptega

vTte&ivw, e lo Seol. vaggiunge h>yufih&a3?ri$ tcbt

naJhw fo***$ dall'imitaziobe deHa ^%oce tdei fan*'

ciulli, pdrcbfe viene da Bffa y*ce dei bambiniquando

appena balbeilaniir chraittaw) ii beifere ruserfc, nelle

Nuv. al v. 1382.'

.

(&&) A loro e petma fl magistral dwreto, —* II

test, ha xnpfo xoLTAfAtiX&v , camum pro specillo vm-mitens. xxfxog era 1'nrna de' scruUnii n«' gJudttii

,

xaioq tcqv itxoLortx&v, t qui sta per sentfenza gia-

diziale; juitois fc la tenia ; slrumcnto chirurgico

yGoogle

504

onde indagar&la profoadili d^tte piagfc$, quirwli si-

gmtfca:. la seotenzi* che gli candaui^a <ti jipsul&tQ,

Sara loco cume una tenia la quale cacciaU in #ola

it prorouover^ al vomila In vece di leala b$ po^ty

peana perohfe di tale «»magioe si $3*70 ^iq ajtrj

luoghi, e parmi pUi chi^ra. U Qigp. ba presa la c#£a

al sovescio : je kur fai$ dagorger k lout en tew metr

ton dans h louche tin baillon au lieu d'une plw&

La abarra poi son centra.

ATTO QUARTO

Seem Prima.

(54) Vanne in maVwa. -rr- is vmxap'w e sotlin-

lendesi x'opav nel paese dei beali, ed & deilo per

antifrase in vece di its HKsdpov, alia perdiziooe.

{55) Crosieltine che teburnea vnano scavo dun

Die. fxvariXn' che Esich. spiega o xo?Xo$\f(D/xcs quasi

boccone deatro scavalo e vuoto. E nelle note a

quest'aut. raccolle daG. Albert*

visi

a^giunge 4

xtfkos apros pane scavato.

(56) jFVp/ia del Dio possente. — o0pijXQ*<hpa. , il

1M. volla Virgo patrima , vergine a eui fc vivo il

padre. Ma flfyw, od ofiBpifMs come allri scrive,

signifioa forte, robusto, SBptfiov iy%os scrisse Ono.

la forte lancia, da Bptfx* forea-, potenza; e , ira/a

/fyfca di pmente Jddio, traduce V. Mon^ quest ep*-

teto dalo da Qm. a Minerva Iliad. 5. 747.

yGoogle

SOb

' (57]'-ifi**r« dupli^ * trinity^- t(mjB*idi*i.U

gtec tfen dit pas davnntage ; osserv* i\ dig. Dup h

te meilleur c&rrimetotoire<ls

vettndroit w$t. dans Pint,

prdpi de itibl. Uv; 3/ * *qvi**kjjrtvjly *aamws $<?

£«<• slgiAfie ce vievat pfomrke: Bmj& cltiqoutroi^î

nan pa* (fMtte. iW^/afi^î4*l-i7iateu/fet(« u/j/fr

w*i^ d'^^rfrnr -{duetto) e*l te p&ite >g*ttiille >et~la flw

nm&idabi* db tmikwi if famt&s (paGiBiisetoenUdotmir

rhotnme etc., e lo Scol.-s^risse 'paretichiawe ^tima mistora due parti di vino e tre dacqua. Vedi

pure Alen. lib. X, pig. 28/ edJ&hweig. 4801.

(58) Vedi qual Aepr* arrepo. — Nel momervto

che Cleone gira il capo onde vedere gli amba-

sciaWri nominati da Agoraerito ,;tqu«6ii jgli loglie

il sleipre^cbe: presetila at pep0ip.br> , v ^ v

fS#)l Or 4osta qui fiwtfi&o. w .-jcwrflfflpyr,jjfycpw;

pfafrriYib, 'deftw oems vmleroi scfriafcfc', napiessQ fru-

9latb pe? suoi falli , \e i'usd Tdr. 1> 5^ft 3- dsgli

Adfcitf: fltow «iawii»tt; «&#i»4i mmtigia^ ^d il €esari

trad^ pufle frusl^lo.A ;> *b ,: o.r> <-»? > Ml ^

(60) Me stesso. — x^&mmiymniy^JmA potere

la sua topudit rata, wm& qm^Xo rehetoUreil'elk t&x

yw&tx&v nad&vtw. SfcttJ. .EU>»9ttfîteyJdl le&i del B|\:

quolla deV Difid. mm founiaett^ Qejdfi. ft& l'w>&e

I'&tlra tisposta d'Agi e &M\ifaiukh0&£a%iffiti$i i

f64 ) Ma, fcett /?a tchel'dbfyd nob nwygior U*ir#. rr-

*a*W.5

del v/ 479 de^'Aib./d'Mr^*,^ palri |^-

yGoogle

206

sedere. unallra raoglie non di me piii casta , ma

pitt -fortanat#.-;

Scena Tena*

.(6$) Qwnto e$niglior radtee. *— Queslo principio

&4olto da Find. Vj lo;-Scol.* che ne r&pporta i versi.

(63) A cut sia 'IMmed e lortio modo conto. —era md prov. che .diceasi-delfe cose piu note, Scot,

e diceano pure come noi : dislinguere it bianco

dal nero, «8$v no Xew.*v **< tv pdk&v.

(64) E seonoibla reear la lingua. — II test, dke:

sv xaa9pioici (ciofciv ci'xoiq Bf&v ed >£Toftpou kxad££ovro)

Xf/%Q3v Tov cmb7rTV0Tt>Y$jpb<j0v (roufi&rt to onippn) el

inquinans barbam et conlurbans rots i^x&coLq (e1d&

come spiega EsteL t&v yvvoux&v ftostq). In nes-

suna lingua del moodo si possono tradurre steiR

infamie.

(65) Le Pqlinnestie canta. — Polinneste ed Eo-

nico erano due a.ppnTonoio\) nefmda perpetrcns, e

propriamente foeda venus.

ATTO QUINTO

Scena Secon<}a.

(66) di viok ineoronaia. — Itoitaziofte secondo

lo Scol. d'un luogo di Pind

yGoogle



307

(67) Ror^ di conchiglie di pace amante ~~ p^/wWv,

erano queste conchiglie marine, teyxttt BdkaGuai

che usarano aiHicamente pei suffragi; e qui si-

gnifica forse non piu aroanle di lili

(68) Vccel che Vali spiega. — II Br. inlerpreta

diversamenle, subsiliebas et jactabas caput ferociter.

Mi sono aWenulo alia Chiosa dello Seel, che con-

corda col sign i fieato dalo a questa voce da Suid.

e da Esicb. 0/>toX/£s/v si dice degli uccelli quando

corainciano a volare , oLvoLmtpvGCEjrrcu, e spiega

xJLxepovTia.$ per alzare il capo a modo degli ani-

mati cornati xsparofopcov £cw»y. Parmi che questa

forma metaforica eqdivalga al venire in superbia,

e per ci6,li

crescean le corna, sia, crescevi a piigrande orgoglio.

(69) E Clemimo il dente volse alia scudo. —Uomo ignaro era questo Cleonimo e ptyionts, cosi

chiamavasi chi getlava lo scudo in battaglia. Lo

ricordera nelle Nuv.

(70) Eri amico a quei toisti ^— L'espressione fc

piii energica nel leslo •, qvxqw x&TadoLxrvXtxog, che

fc, 6 GVVOVaiOLGTlXQS XOLTOL TOV 7TpG3XT0V.

(71) Questo faneiul. —r E.soggiitngc evbpyjnv a-

venle tov$ opxtOL^

Scena Terza.

(72) Lice baciarle? — L'espressione del lesto

equivale a, els gwovgUy Acc/Jriv.

yGoogle



s

yGoogle



IiE NI7BI

Rappresentata inAtene

.

Tanno i.° delT 8g.a

Olimpiade

,

4^4 anni avanti G. C.

44




yGoogle



ARGOMENTO

Strepsiade affondato nei debiti dalVamorc eccessivo del

figlio pei cavalli, risolve mandarlo alia scuola di So-

crate onde impart a, sostenere vitloriosamer.te ogni m-

g'tusta causa. Ricusandovisi Fidippide vi viene egli slesso.

Trova Socrate meditante sospeso in aria entro una cesta.

Palesaiogli il suo desiderio, egli fa discemhre un coro

di nuvole, e glide accenna come divinila a cui dessi

il culto supremo. Gli insegna come non vi sia Giove,

ma il turbine, solo nume. Si prova a fargli intendere

varie sottigliezze sofistiche, ma trovatolo grosso ed incal-

lilo dagli anni, gli cliiede il figlio in sua voce. Stre-

psiade ne torna in traccia, ed indotlblo flnalmenle ad

acconciarsi a quella scuola, e* posto da Socrale tra i

due enti allegorici personificati , il giusto e fingiusto.

Scendono questi ad argomenlazione regolare da cui

esce vincitore Vingiuslo, di cui si fa seguace Fidippide.

Prova quindi a varii creditori come i debiti non vo-

glionsi pagare , e finalmente battendo il padre come sia

giusto il farlo. Strepsiade allora ravveduto vien fuon

con pali e fiaccole ed incende e rovina la scuola di

Socrate.

Questa commedia tende a provare die le inette ar-

guzie delta filosofia facevano trascurare ai Greci i mar-

ziali doveri, e corrompevano la pubblica morale^ aguz*~

zando le armi onde far trionfare il falso.

yGoogle



PERSONAGGI

Strepsiade.

Fidippide.

Uq servo di Strepsiade.

Discepolo di Socrate.

Socrate.

Goro di Nubi.

Un Oratore giusto.

Un Oratore ingiusto.

Pasia usuraio.

Un testimonio di Pasia.

Aminia usuraio.

Un testimonio di Arainia

Cherefo.

4




214

Gia '1 venlesimo giorno, e vien i'usura.

Servo accendi la lampa e reca il libro,

L'usure e il capital computar voglio.

Vediam. — Dodici mine a Pasia. Or come?

E I'ebbi ?....,. Allora che il Copazia lolsi (2).

Oh accecato Favesse un sasso prima

Fidippide

Filon mal opri; il loco serba.

. Strepsiad*

Or ecco

Dove sta mia rovina, aoche dormendo

Cavalli sogna.

Fidippide

Quanta corso deve

Finir quel carro?

Strepsiade

A maggior corso spiogi

II padre lu. — Qaal credilore il segue?

Ad Arminio tre mine. II carretlino

Deggio e le ruote.

Fidippide

Avvoltolar fa tosio (3)

Quel mio cavallo, e neflla slalla il guida.

S&epsiade

Miser caccialo m'hai di casa a dare

Parle del mio gi& m'han dannato, Tallra

Torransi a pegno dellusura.

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2U5

Fidippide

padre;

Tnlta nolle perchfe si li dimeni?Strepsiade .

-

Fra le coltri mi morde anche il sergente.

Lasciami deh posare alquanto

Strep$iade

Oh dormi

Ma su le rkadran le male spese,

Ohl la mezzana par perila fosse

Che a tua madre mi giunse. Io liela vita

Vivea ne' campi, e parca e rozza e senza

Faccenda niuna, ed ague, e miele, e oliva

M'erano in copia. Ed io di Megaclea

Di Megacle nipole amtyiJe nozze.

Io ne1

campi nodrito, ella in cittade,

Altra Cesira. £ mi giacea am essa

Fico e moslo odorando ed irla kna;

Menlre di croco oliva ella e d'unguenti,

E di baci lascivi e gozzoviglie (4),

Di bei vezzi di Venere cascaute (5).

Oztosa non era, e ben oprava

Ella sguazzando, ed io l'occasion tolla

Da queslo pallio gliel mostrava, e;

troppo,

Diceale, donna, assai troppo lavori (6).

Servo -.

Olio pid omai non ha la lampa.

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216

Slrepsiade

Accesa

Perchfc m'hai questa tngorda? Or vieni dunqueChe pianger dei.

Servo

Perchfc ?

Streptiade

Tu largo Iroppo

II lucignolo hai posto — Or nato appena

II figlio m'era, colla buona moglie

Contendeva del nome. Ella il cavallo

Innestar vi voleva, e CaUipido (7),

E Cherippo, e Santippo allor nomarlo;

Io Fidonide lo chianiai dallavo.

Fu lungo il dispaiar, poscia agli accordi

Calati un giorno ei Fklippid? fe detto.

La madre in grembo set recava* e qnando,

Dicea blandendo, spiagerai crescialo

Alia ciltade il carr6, altrb Megacle

In crocea vesle? Ed io di conlro: oh qnando

Dal Filleo guiderai qual io te capre

In pelli avvollo? Ahi si sprezzar miei detti,

E il cavallino mal l'asse m'invase.

Or lulta nolte ruminando, aperta

Vidi una strada, e inver ottima parmi.

Se coslui piego, eccomi salvo. In pria

Svegliarlo voglio. E come in dolce modo?

Come? o Fidippide, o Fidippiciuo

yGoogle



anFidippide

Padre, che vnoi?

Strepsiade

La destra ma/io, e tin bacio

Fidippide

Eccola e poi?

Streptiade

Dimrm se m'ami?

Fidippide

At eerto,

Per I'equestre Nettuno.

Streptiade

Obi qufcffequestfe -

Lascialo deh d'ogni fflio male 6 causa,

Se'm'ami, figlio, invar, segui il mio delto.

Fidippide'

A modo luo the fare?

Strepsiade

Or iosto mula

I tuoi coslumi, e ci6 ch'io voglia apprendi.

Fidippide }>-

E che vuoi? dirami. -

Strepsiade

E si '1 forai?

FidippidePer certo,

Bacco ne giuro.

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2*8

Strepsiade

Or dunque guarda, vedi

Quellacasuccia, e l'usciolin di contro?

Fidippide

II veggo, o padre, e ci6 che fia?

Strepsiade

La scuola

Ella h d'anime saggie, e chi la slassi,

Bellamente t'insegna, e lu l'ingozzi,

Come quel ciel che ne circonda & un fomo

Di cui noi siam carboni. E insegnan Tarte,

Per poco d'or, d'uscir vincenli 9empre

Di giusta e ingiusta causa.

Fidippide

Ed fc lor Dome?

- Strepsiade

Non ben mel so, ma sono ottima gente,

E a meditare intesi.

Fidippide

Ahi tristi noli

Mi son par essi; vanlalori scalzi,

Luridi, a cui va Cherefonle unito,

E quel perduto Socrate.

Strepsiade

Deh taci

Da stolto parli: ma se punto curi (8)

Del padre \\ sacco, meco vieni ad essi,

E Tequeslri follie disperdi alfine.

yGoogle



SI

Fidippide

Per Bacco no, nemmen se a me pur tutli

Dessi i faggian che Leogora nutre.

Strepsiade

Deh vien, ten prego, amato figlio, lascia

Cbe t'inseguin coslor.

Fidippide

Che apprender posso?

Slrepsiade

Narran che presso lor stien due sermon i,

II miglior e il peggiore, e quest vtnca

Benchfc in ingiusta causa. Or se lu apprendi

Questo ingiusto sermon, ne un obol solo

Dard di quanto per te dar io deggio.

Fidippide

Nol faro gi&; come oseria mostrarmi

Ai cavalier colla sparula facpia?

Strepsiade

Per Cerer, che a te stesso, e agli aggiogati

Tuoi corridori, e a quel Sanfora tuo (9)

II cibo niego, e lungi mando ai corvi

Fidippide

Senza cavai non lascierammi il zio

Megacle, or entro, e te punto non euro.




22d

SCENA SECONDA

Strepsiade

Nod giacerb sebben taduto io sia.

Ma i Dei chiamati, Ik dentro la scnola

Dar6 me slesso onde m'insegnin essi.

10 vecchio, tardo, e di memoria scemo,

Rallener come de' squisiii delli

11 soltil filo? or vadasi, che tardo,

E non picchio alia porta o servo, servo.

miena terza

Discepolo di Secrate, Strepsiade.

Discepolo

Vanne a' corvil chi fuor picchiato ha l'uscio?

Strepsiade

Strepsiade Cicinese il Fidonide.

Discepolo

mal creato, che improvviso scossa

Hai si la porta d'uo pensier sublime

Mi si sconci6 la mente (40).

Strepsiade

Abitatore

Son di lontani campi, or deb perdooa.

Ma qual era l'aborto?




224

Discepoto

Oh lice solo

Ai discepoli dirlo.

Strepsiade

Or franco dnnqoe

A me tu il narra, che alia scuola veogo

Qual discepolo omai.

Discepoto

Tel diro dunque,

Ma creder dei che sod misteri questi.

Frugd una palce a Cherefonte il ciglio,

Poi sul capo di Socrale lanciossi.

£ Cherefonte allor, Socrale, quaute

Lunghezze de' suoi pife saltd la pulce?Strepsiade

E come poi le misurava?

Discepolo

II dioo.

Squagliata alquanta cera, ei della pulce

II pife v'immerse; indi freddata qeella,

Quasi sandalo Perso il pte gli avvolse.

Ei la staccava, e misur6 lo spazio.

Strepsiade

Quanto soliile, oh Giove

Discepolo

E s'altro n'odi

Piu bel trovato, che dirai?

yGoogle



til

Strepsiade

Ten prego,

jQual e? mel narra.

Discepolo

Inlerrogollo un giorno

Lo Sfezio Cherefonle: al moscherino,

Dimmi, la bocca o il deretano fc Iromba ?

Strepsiade

Del moscherin che disse^

Discepolo

Aver angusla

Ei l'inteslino, e quindi il fiato spinto

Per esso andarne aH'orifizio strelto,

Poi forle risuonar dal cavo uscendo.

Strepsiade

Oh dove han posta i moscherin la tromba

Oh tre voile beato egli a cui note

Degli intestin le storie. Ei di giudizio

Trar ben potrebbe un reo, Se tanto acuto

Un di vedea del moscherin l'intemo.

Discepolo

Ma un bel profondo medHar ier 1'altro

Gli disturbo un ramarro.

Strepsiade

£d in qual modo?Dimmelo ancor.

} ; Di&ctpolo*

* : Mfentr'«ira- netted e i girt

yGoogle



£ k vie della luna iva cercando

A bocca aperta, Fanimal dal tello

Sgravossi. e il colse.

Strepsiade

lepido raroarro,

Che sconciavi gia Socrate

Noi privi

Eravam ier di cena.

Strepsiade

E a procacciarla

Qual modo lolse?

Discepolo

Egli spargea sul descoMinuta polve e vi gird la sesta.

Indi preso lo spiedo ud mantelluccio

Slacc6 dalla palestr^

Strepsiade

A ehe Falete

Ammiriam noil tosto la scuola m'apri;

Entre n'andiamo, e Socrate mi mostra.

Qual desir d'imp^rar schiudimi l'uscio.

Per Ercol santo quali bestie miro

Discepolo

Meravigli,e perchfc? cui

li

pareggi?Strepsiade

Ai Spartani che addotti a noi da Pilo

Venian cattivi., Or cho cerwao al saolo ?

223*

yGoogle

4&4

Cid ch'entro sta, ?f»J89iip iofc

1

witâo^fifoque lartufi. Or bene

Ristale omai, ch'io puft«fe<fta& slansi

I grandi e belli. £ che faa poi qufegfeadtrirt > i> M*

Curvi cotanto? otot\tmitt

Van &8ttkfend6 il foado

Del Tartar^f j (teJWIicrfm. sbmb ie nlnb ado fiflouQ

ife

Ma in .etelo odols Itto#

II derelan che goardftfoMp-ttA

Ei l'astronomic'arle. %><##rtfti, ch'egli

Qui non ci trovi,ib*>/ ;6Ti9J jb $JJyJ iop 3 BiinoaaG

Strepsi&de «wsJA siesop 5*

0&Hl«(^fe resti. Ad essi

Narrar vor^âte mmociâiQBt

ogsdv/fawtwirbins * ^1S^ nip *>£

A lor non lice rimanatofbAQlimgo

A cielo aperto. .Io«> oatJJE* 4 -ro4

jEfenMfl ffiiriAi ch'fc fiieslo?

V>^#ia«pafeo j(uhr>JJi')no*j tenu I

Aslronomia, o\o^^\d

*•*



$25

Strepsiade

Poi questa?

E geometria.

Strepsiade

Ed a che serre? 1

Discepolo

A mieurar la terra.

Strepsiade

Quella che data si divide in sorte? (H)

Discepolo

No, il globo tullo.

Strepsiade

Argqto parli. E questoUtile, dimmi, e popolar trovalo?

Discepolo

Descritta fc qui lutla la terra; vedi,

E questa Atene.

Strepsiade

Come, e iran tel credo,

Se qui sedere i giudici nan veggo.

Discepolo

Pur fe l'allico suol.

Sfaepeiade

Mai Cieine^I oiiei concitladini, ove go& essi?

Discepolo

Qui. Poscia vedi la TEobea che lunga

45


886

Assai s'fc fatta. IJMUQ A/.\M

Strepsiade

& ^yTft61toH*5leisS

Da Pericle n'andava, e da noi tutti.

Ma dov'e Sparta? u>Hu<mK

• ij^

Discepolo

Vella qui d'apprt&So.:

j f4

:€ v

Oh come aecosta.>*ek^ffc^uFche slia

Da noi piii luogi.r^<^'*<><

Nfc sfcpa6£per Giove

< Ij;. i Strepsiade

Dunque fruslala»ipcWaoc flto^dJmmv^immi, -

Chi pende 1& da quetamgtfrb ?

/:.i,.'- do Discepolo

olnii li'h a wi Uux * ^(feidefi&dl^'-- •

:/i

Slnepstdtfe

Chi mai? /3aor> iie^fMo tj^Loi k, olj<w <<...'<<

.-o*9q<$c£f^jinftf *nq ni o*rwj* •* ' :

SocitiubeJ a j ,ij&)i.b;)fii ii ciif/>ii£- <--im i

oi<bo©i MadgfcvKapJfc «hiam» ><* tel

Ad alta vocei^cptd. oious II .oJ*m 7>q ajsnissoV ;K

A lui lu grida,»rwi>/^ ? 1?

Che a me piu tempo3*iw\Ti&ane.

yGoogle

S25f

SCENA QUARTA »î u~a

&W««ev iS*re|Kiade.

Strepsiade -iOuqg •»/<> . *M

fAoi^v.jOi. Socrate,

Socralinoom^q,^} mp hl.rl

Strepsiade .ôuf mq ion H

Prima che fai, dimmi?ilqifcff ego?

-o^v^vîi^ Vado..

Per 1'aura iii-fiîfiidlbstldcMUmplcujitîr .: hh-wU

u)^:»diVl Oh guardi

Dalla graticaciaLi 3>ei ? nol puoi dal suolo?

Non valgo ad indagar celesti cose, um f-

Se lo spirito in pria nfaapfeoCfeospeso,

£ misto all'aura il meditar, che Unto >o<

Pur li somiglia. Ora iui*»iM>lfristando,

Dal basso jaH'aftoirfvdgeiii^lldcchio

Mi sfuggirian per cerlo. II suolo totogge-i^ * *u 1/

Congrave forza a s£

il

peoiier. did pureOpra il Naslurzio.:l;^t% m rd A

Oh che favelli? Ifagge

yGoogle

'if

mL'umor lo spirto sul $a»tyrai»? Oh vienil

A me discendi Socratuccio miijoo] y< : ^1 ^*i

E quel m'insegna per^m^rinni teco.

jduV? sitSacrite

E a che Vfertiw? olnscishfiq £ o/i(I *io> ion / r s

Apprender l'arte brama ^

lo delForare. Travagliaftflnsoiio

Dal credits ^iflhate, *nU*U*,N ibok sap/wl

E van miei beni a ptfgnwp^

Socrate <ww- »mo>:..*

i*jmo<£ non previsto

Hai che oberatfcndalJejBaMGe aAcWdsti?

Me l'arte eque*trB^ftW# gfcuWes mioio> Ub-jQ

Divoratrice eUfcilli toonfasfcgnaiifiJ^ cvoun htujy

Quel tuo modo che FriMroiM render scioglie,

E qaaladt^de%iio«a«ptf^«iiitoiw.Bffi ^;: «<//?

Pei Numi darli. Bound <mm<^r*

oagifiBpsrfiqiittiflfumi giuri?

Fra noi non sono in uso i Numi, if tiappi 4*8). ^^

E per quai^fKHptib (faei &w®i forse

Come in Btatolfcpshfcafi*joJoJaB

cfio§tiil sfa coo*rf

<*w8vptift

iujgfi'ai teoa Ban*fte„ BeiTjhianca:' 10/'.

Quai son veder woi le divineotoosefc mv»*> ^i

yGoogle

Per Dio si, se ptios$i<m omuixnoec jbn.o^b î« /

oc>3J innS»chite ie>q togec-ni'm is up'

r

i

iifiocSIc Nubj,

Ch'e a noi son Dive, a parlamenlo static nil* £r

i

*Siirqpt*fe

Si. -xrifi'id 5J'i£i labnsnqqA

ofiMnrtsitefiVi I mio'flob of

Dunque diedi sulgrafebalo adejtti(^4^ . im

Kccomi assise. ^reo^.

'i.v*;'£*iq no*']

r$ocrate

Quella corona a>ltke^ Saoraleâffiaraypii siui olf

Quasi nuovo AtamattteNation fASrofrfb oonJeiaviO

Non g&, ma laoioopuaê ittftiamijPecyqwlb Uap 3

Chiniziarsi brama. out joioW ^

îvnjx hmrOttdojiligqaaagno

Avrotb&ii ajqcft)^ jmu/l i oati as oiusa *kcwx jou £i'l

>--idt iSafid Bel.cto«fmaflrtco, , r^ a

Franco di lingua, astuto;Orj

dnoqiw Ucii-

*<iw

f

JStreptiade

Non m'ingannar, dftisft cosi m'aggiri

VIscirt astuto altMBOrtc&nmt &^v? ?*&$? sv? ueat)

yGoogle

$30

-'•- «•«» *•»« - i -- n '

••

r-'-'-^ ii

/'• ^'Ueer-Wrve1 --'»^i- ix-«

II vecchio, e 'ii&k »e*f#f

lfc frtciil'^'i&th^sb--,lD

Aer regal che il «tt# dftgMalt'alW, »<i'' >•'* -,L'- °

Elra lucenle, e voi divin^'NubP <f U9J ^l'^* ** «••*

Schiuditrici de1'1ulnifttf<W4foNnotoo,'

^ ul '« »' }

Or sorgete, ed Miittggi«iiW :'«#dr«M1

'

1- ^ II'n '

Non gia. non gtt2 <M WWteppal*'^' 1 l ' c *M

Non mi son hel' nWrtU&b, -^Mi' la 'pNggjM f'*' - >?-

Non m'immoHI. «H ntlflP

i

u*ttii senza bte^lto '(45).;

Venite, o Nutt'^tarthHe, ''ftflH »<> .'Vmj/. »••'.v

Deh vi mostrate; MM «$'ih SullS *«cra

-3

Vella seggiate del ne^fclOH^to? - ' ' '

>y/

del padre Ocean neglt' tttfa sanla

VarnkMuMfaf <$lle Ninfe i passi;

in urne'itakVafeFWHrtg^W * '' * 030n•

''

Sia da voi I'ae^na'^tthAf ripplir'^ v*ggi'j ' ( '^

La palude meotr&^W^e^ 0l ° '>.•). w? J

Del cannlo Miniante. OPitf&audile,

E v'allegrate al <iib tffll&tiMto.MWMt «< ' ,»«

i>voum la />r.i if) .i;»fc ri'Mon r.uraol)

tfCENA-QWNTiL onw> =o:

>L .u'>

one')

Socrate, Strepsiad^r,©. $Mr mcLm

ConP io, -9,;c' : i>i ^H ,; »

Appalesiamci affin noi Nubi-Hirf » loui ; '«» «'

,

yGoogle

234

Roride e preste per natpa. >uscenti

Dal fremenle o$«$ncf.,ag|i 0\ monli

Che di :,vei^ fgfb(D)Scei,^c|»ia)i^ 8#V Mr *«>

Onde gli ampii ^fjejt^tt^*, s^glij, ,„|., |^.,-(

,,/.

La fruttifera terra, d^djirinj,,;,, , (0/w(

«,t„9.

jM | cv&

Fiumi il ruggUo^^VtW^nWPm nnJibu.rfofc

IUremer grave*i^jptaj^lÔfieb|e\n . <,,,,,,,<„ lU

Dell'Elra brilla di corpgft r^cg.

Ma omai disciqj^l^p^^ 9©%, „„,, <jEia ,,„/

Svegliam ^B^ftrtajjfgê, ^.^tâ,,^ ICI ,, /

L'occhift yyfs^gtejpj^ id^Jo^n. jîrft :j(n(i ,j ra,, y

venerande, or be»J(aiy> grj^.i|d^t%,/:

f

.,„lM v

Elu del

$*ja Uipao )Mô &m.aitalnuiit .' d-»U

Non bai la voce • d4ri(MNJtift>3a ( «,j, ,,ii:l;v.r,, ,j.m

:.»nf,5 «%¥*««& n.f>< .0 oiU<j hi

; gy.q i »1»M 'l ft«iMiiii(lVonoro, e al vo6lro,iô«|fli|8pi|^rf^8)1

.n£o iii

Gelo io a$ft&, ^^^TOifflfinNJfefi'l iov ab iME sia lecilo o bo, sgr^j^fv^gl^,,^ ,)[o ,,,

{fc ,

to, non dileggiar^â^cmfhMiiJl,; •.jJ;v,o h )> 'j

Comici noslri; laci. Or gia si muove

Con dolce canlo dtiBeTolfyeyittlOtft.

Coro

Andiam neth&sfc *ergW Ut-^ ,'&**•*>

Di palla al pingue suolo,. v

Amabil suol di Ce#^,rfitl/t ; 0fi <,;:;, nKT4 {:ûl ,

,Google

Ferace ognora di gaerfiimottaolo.

La son gli artf#tooaUbis 3

E tra gli inizlali %j*rf f>akft*)i3i>Jq .asonml 'Jo*

UFassi il tempio che raislico si reseoggo/ j1 i^biv.r*?

hk i simulacri sculli, <&smqp'rt£

Dei NuwoMMJJittflrta nod iO

E gli eccelsi delubri, *isrm&

Ed i divin lav^sjfora idool kmb s i*m rmp vy.\ *; I

E le vittime a' Dei di serti Q«lafar,oftoJ <i*n nw^tE le odorose mense ofcaat^fiittate.

Ed or di Bifegfr) dftiebe&ian i'alle feste,

E risuonan de' cori i dolci canlU^s > 4ioi? r<6

E delle libie i vanti. sismo?.

mm £<ioc£lrt«j&«feChi fu, per Giove, mîdkpjydie alzalo

Ha il grave canlo? Semidei son fonaft^ tuu. '

No. raa celesli I^fetoakriegb itlotto

Gran Dive queste: eii«b8«nWni*)30oil ^<rfo^L'\ ?u*j

La perizia nel dir, IfetMe^tgli incanti,

La faUacta*fogtfrir c'insegnan esse.

l^^l&§4rqMAdnrH^ nos M-Wftjin^ r>

In alto vola Talma mia^cte.didiva

Gifc la lor voce ; mM sMU imfch mqw »' m Sfi

Or disputar desia, garrir del

fumajêosqI i î

E senlenziuccie, a loitafeiêaie opporre,

Gli altrui dirfM ,ppn^Wo.Hpn>tfe a me lice

Vorrei chianîrtfteifîg^nitmkba k, m->\ -A

yGoogle

o'oDfiomdnQug «b *non§o *w*»l.

E ginii(Boci*to^ 4 n0* fc ' r

Lk sul Parmete, placi<tellte<$ fait* iJsrsini ib *nJ 1

Scender le veggo^ôi ie ooiiaioi 9do oicâiei li -iees'i

SlrqittTufe .Ulnae nafilumis i *>J

Or ben ni,

wl4ilk«lt>dora«W is®

Socrate .ndutob igtoooe tig 3F.

La per quei cavi e densi lochi mdk&wfif niwb * b3

Vengon con lorlo ntotoP iii»a ib isll e ttoiiJJw si 3

jis'fllfgftiitate sanoni sftoiobo î H

,--;<» oJlc'I niiôdOftfc «to*8 ib - o bd

Cbio non le veggaJJoso blob i noa sb MsnoncrOl

Socrate .iiiifiv i aidiJ fdhb 3

Aêr^^porta mira.

;jfc\ifi ddSfriqpfafea' «ovoi3 isq j/t id.')

Scorgerle p&OHiol no?. isbimsS * oJiieo 9vm;s ii *;H

3brr#&

S©itidi9haliJciSfWf itesfoo sin c/1

Qual zucofc>%H« OHBcWflWnfedfii^ -aJtesnp «wd nnil

Jiiifioof i^r^psiitf^ltiib ton fiishsq t>I

ra§ fifingagoi'a infllscfrUftraUfil * J

venerande, son pevbtttttpriârse

fiyibiSariateiffi finite b ov oJte a I

Nfe tu 1 sapevi chtam $tt& Bfcq jooov wl iJ *u>

Nfc gia'1

pensavLomui tob iitjbsT

isifc9b

iBiuq^biO

moqqo o&ttjftfofeoi s .emimnsJn^ H

roil 5ifi fi *0)(|)eo{)6*(8^qckftBlfeii«ii^ da

Le credea sol nebbia, raggiadfttottraftwd '

înv-J

yGoogle

S3*

Saerxrtfi

Nfc 1 sai che nolron esse ibiguiiifc Medici (16)^ ?<f

Molti sofisti, e molle #H*%>eV*atiDai tondi coriê* jriligatot* di raetri,

Cianciator di meteore, elfectiife lode

Han da tal morlttthtDoljJeboTilroai e^Je. f ol: io«j <•>

Per cio suonan lor verfci «q*id* nubi,

Che tolte impetuoseîwanTMa^ttrceiff? j, ôiij nn*'

Di cbiomati trifon dai efcvUKii&api,

Di furenti; prbaelft, e daere e d'onde,

Di nalanti nelltam om^lwaliottcteJK^Hu viq ?- >,

*

E di nubi che a »tt.^«4an,ti^ggia(ta^l- i *ini > >

Bei muggini inghiattifelb^fafcîfftersii yi '1

Came di lordi/ e tftecoeoitti^gtiilosli «i>.f.

:v '

Socrate iwihfv i- <. -'

:

E non mertali. wiww^'ttf

(3rij*?J «r»4mrdr 3ftn n&bi

Perchfe han forma di <tam®$ e non fur tali

Le nubi. mat. olaoi mno't io siiiiii?;)') ioi^ t^'ij; ./.

'

Socrate squl iii ^v: ^n•'

Ma ch&oaiMNKfoque?

oteiv 6h V3g[t&pfik4tUil

s

obuo2 ol 6JlD# 9ifo

TfoppO1

J?/-<

Chiaro nol veggo. Di distbsailank^ &c or-l r n

Bloccoli forse, ma un tdnknêppure

E in lor di donna,: envWb'ban ^qnrite i> atar.;

•

yGoogle

*8f

SaenU*

Rispoodii aiihiM dimandol w<^ ao^Joa odo tsâu<l

JGSteeprtbefe sibai 9 JJafloa iJlcA

thteai lb Ofi/diHoj ttslaoD ibnoi jjgG

>Lcf jtSasnpto victim tb * OJ/>iafi6i3

Guardando in ata& anni/radafeUooiAelioa] Jbj &b null

Pari a cenlauro, a lupoâôro, a pardo?

Gran Giove si, mfbrjriieêamoiMf'jiiou^qmi aiioi eri3

jqfSootato u>b nolnJ ite-mems id

-obno'b s BT-'r.b .•'» ,Bto<fifsilfl9'ufi iO.

Ci6 che piu vomjd^ ^j$e(Jri«fciian âaselien LhTfiGii iO

Un corruttor d\ £mm*i\ > \ icbi<>wtt& & dih idun it>3

Ed irlo qual ^fiwiilortcuhdlgliflîii-ni

;

ni§soai ofiII trislo ad ucceltecjte^ttW>^fefe e <ibioi il dsnaD

Toslo in cenlauri. cUmô

Strepsiade ..U&tiom i?oo 3

E ch&ipri&i se visto

Simone ave&er (die ik'erfcri* fcfrtot)

T

'r,' ii5

nor 9 S«mj* ib f>mioi ncrf £ufoi9ff

A sferzar suoi costumi or foran tosto .iôi idun sj1

Converse in lupi. stamo£

^ ^tStrepmd$d:, slf,

Iotafrdoy-e jler ci6 vislo

lerCleojijmfi che gelid

loscudo,

Cervi si fero ad indraaiv?tilade. U oôv fon oi si a'*

rnuqqoiStfOtatt ^j /^ .<vioi ij';orcu8

Ed or vista Clistere eGcoleidgnae. ib ioi <v 5f

yGoogle

ran • /

il silenzic^*tf jiaiteê^ jUtri^jq *f c; n,VH

E)5ca la vostra altisuotftta&®foce,

U del lullo regftlfcO fiftso ofo mi fivcnq rj ^0^0.

»

(711

;ii>(ffof^wn iisflee ite<*fi«M *i«>/c-i*2

îr/oLEnft|opoio«i|fe?î': *'*^flt'-' htVI

Annoso vecchio, che-'ttfeNpg^ cerchi

L'allo sermone; e dl fctttitiiiftfûzteq .idiwiiii.v^'\hH

Tu sacerdole; 1*^^ mfwheubttqii^)^') u w *.i

Allri 'udirifikt0Dfliili^t«diciail^riar<illi/fOi * t* wr a.- fc r/

Tranne Prodico e te no*r u#am noi.

Quei per I'iiigegittnwrf) iHfeapeiftsaopitfolio, 1 >T mil i

Tu perchfc allero inctfdi ?3 4b8»vo guardi,

Reggi al dolor coi pte niitia^ efiinnataiiu u «, <

A noi la fronle a gratftfr^dmposla.

fiurm tlStrepsiade

Qual \w%yti>Tiett&U >

Venerevole e Strata I iomu 'iteb & >u.n m-^yr* *<fL*

E sono Dive ^-î: o</'

Queste pur sole, e bigattpKtf raltre.

Ma dirami, e prego per la Terra,^(Si0t^ - mP

Non fc piu Dio?tfamo?,

Ta*teiMtatti; Giove?

yGoogle

28?

Manda la pioggin? traldffttaMt tot(bi\(wfj< Ir wihiiA

Cosloro; e prova len do certa. Gi*rt$'r; oUu) lot* <>

Piover vedesli senza nubtotoai? (17)

Piover senzVsse >*li®elu^l»o3dovria.

ul'neo tjsjf^pfrfetftfsifo;

<>afr><j/ o<onnA

BeU'argomento, p$tei^£UttiJJOd 10 <« j'jflonnv o)h J

Giove il credea^MduBdoriwri ptec^tHsWobwu* i I

Ma da cbi 'I luoaiirthîai^bttenilrflaai/toîtft? nil/

ion msiSfle*fttta si t> ooiboi'I îwj&iI'

£ tuonan c&enqoftBdfeqKdttt daimai^tti i i -; iujQ

jlraag ovSifqmblftai oioJk Ofir?'isq i/I

Slorlale andttietHfthe fttlfdlifl «*iq ioo lolob U> >^;jft

xlriOqffiSwirt^Big £ oJnoii t>£:

>wi A

<A»fcq<ttl&I)'acqua

Gravide>iT& abmolosa liffte qpiWta»9BT<&ippfc>y kuO

Che caggiati ratte, e dallumorSsipitfces ylov<mw{S'accavallao fra lor, sooppbfto, e danna

Alto fragore. nd ono?. 3

jilk I $ftf«pM§if{ 3 ,o o« luq sfconQ

E nonû&fttifc torse

Che si le spJojgft?j&ii9T j&I itxj ogsiq 9 .iraaub &lt

Socrate $

j(| M jqf

Il0 tf

No» «tofi Turbo etereo.

Mid :ififc**W«uT

H Turbo Oh che davver di Gjove irw^j noa 1

yGoogle

1

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»/i t)4ul it? <:

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:'f*j b 1

>fliI'. J J

Non sepîto*he?*tf tf^3s# it $#rtto* -

Ma del fragor del tuon itoltesintoegtmrilv <

E non ^fUdiSWPtairitt^ntar le nubi

Gonfie di slille, b'fcpi^dtttetf gfrkrtbo* >

Urtandosi ll^'loPWfldqft ^siKWW u m

Come crederlo mai? ^ (f nivl) o tr

Or da te stefcafr. N^ WâjdeJili^ttiai u T f;

Dalle Panatenaiche il^^fttw îeno

Recare a casaf^tfltof $0 -ateud >teli;G&lca; * ^ J;,/

Forse che un suono dar non eUsi «fon&ffi*

'

Strfijm&Qe

Si, per ApdlW^sîi^siiilUiâ, e dammi

Grave tormenlo; po' l^^zttttllnihs .^ ^ .î/

Qual grave >lttor* #^ &êggia*£ttl>0; ^ »•> -iu(}

Quindi prima 3£§/*te' p«âpd**posriiaPX^) & ^ ;* ;i

Soggiunge, e alfih papd poptwâal-essoi iri MirU

c.'o-ii Saccate ii.iv> «d<n- ^ *»>r- >- ^

Or pensa mo* se si pfc&mi&to venire

Colal risuoqfcy q^4u©iiai<lde%r8l)i ri ffl -no lt t

Dall'aura iinmento riel'^t' siea jractodtai iî* ^ >

Or tu m'insegim dfotfde^falimnsnpda,;

i

Splendente fuoco che' piagando ci arde.

yGoogle

mE l'uomo ia^wletj E obMK* pPMte,$ORft.J(

, ili}/

Contro i $p&%\mAlm'fo mui nl> lo^/il iob r)r

Minn si rfi)«fflfenWfl»i»W*oI«M» 1

Oh cooie odo(^4^': Sfd#ffiii <tfm#ij Hiir . » t^,»

Piii della luna artficftJaagli ap^r^prjot^ ^ »> ^J

S'ei fulrainasse, arsi 'AMecfttM toslo

E Simone e Cleonimo e Teoro iiJlu oli3i ^ ^~

In spergiurar maestri fcfhil,«promontorio

Del Sunio in'veo$rfliW*fr « yjl suo lempio,

E Take quercie. h ehe^gp^gjufan .#&$? j ,tm<

Nol saprei no, ,ma ben : (ixelli pajftois- £-<•;.^ .,

?. .-••>;

E il fulmineicfep ia? ^, ; »; o gj;^ hd : i

Arido vento, iirleinidim toslo ^ rojnnrn /^ E

Quai vesciche l^qvedê^sttWiLQii^ 9|ttrt©o/M7p Livi*

Da propria Jbrzaste fifoscîi#i etfiêîu n n ihm it»

Dalla lor d«B^ljmpaptes&9 liq^ndfih v <>fiiwv::i~<^

Se stesso, e vola con staiaci&ftte molo.

Cio pur mâccaddeillfef^ftWfti/esiepf?^;; ] ri i s i

Io salsiccia aciHetm A& i*0rhd£lto'jau(?( i,wr iwd

D'aprirla oraisi. Ella gbflfiqssi?,e quindi

Scoppto pelnme^rJ^tamUwa^ i t

Tullo neirocebk^;ieamidduticetaj(ilI)vm- .;iirr y> iO

yGoogle



i40

Tu che il s$p$r^da jooj bramasli, ofcl qafcntfcr:,

Beato un di tra gli Aleuiesi e i Greci

Se non li fallirk jneifloria e studio*?,

Se dentro lalpia ajle gfavose ewe mLc iii

Non scemera fortezza, 4v& lo stare,

Nfc ii camroJDar Li gravi: e non li vi^^ V

Desir di cibo e ^jofe taslercai • ^ ti

Dal vin, dalle palestrae sitxiil baie,

E 1'oUimo ti J4 9^ sol phe adroomo > :>

D'imparare si addvee;;. ed.e vittoria.j f

, •?( ->:,,

Aver coll'opre, coi consigli e,,i dettii -

Strepsiade

.Non paventar che duro ho il core, usalo

Alia fatica che mi rompe il sonno.

Ho parco il ventre, il vjyer rode, e prauio

La Santoreggia, e alluopo darmi posso

Quasi incudine al ferret, ^

. Socmte f^j

Or giura .pb'^ltff, ,]

Numi che i Rosliri non $sm\ Ire son**;

Colla lingua le Nubi, ed il Caosse.

,

'

Strepsiade ^ s ^ ^ ,,

Nfc ad essi faveUa? se pur gli ineofttfpHi'

:^ , , r

Nfc libamenti, sacriftzii, iiicensi{

:

. ,/up ;\- >

Ardere ad essi giuro. .»j -i ..»«( oJ. T

. C^q .

:

, » ,t n -,

;'I }

Ardito ar pada. .. -Aj•

yGoogle

Ci6 cbe possiam per te^lie iovan sc sole

Noi coR'Ottttaitf,° #*IMM«I de'SWbp'Wftf* I< »«•»

Poco bramo, o Fttifetfe«i4lMef'faM''|61 «' «>« 9*

Di cenlo stadii (ffl^^ffiTftÛfreVn 1*'<»Jn9b 98

,916te Ol 4(/oft,*SS9hol &9U1998 flcK

E da noi RMS; M mifr'iWariil fW1 1 >' ^Di te non vinca irt*i»î9artl8&b%. odi;> ib li29(l

Ne gia discuteVmlfo tfrduêWteiitfe, 0,ni,jo'A

Sol Iravolger mi%riHllj'ortd^mPêl|rf8 vmicqmi'(l

Dei creditor ddfJrgViffo? '^'- os ioo .oiqo'lio-.. ml

rtii,>ii .-103 li eg gi^fljifc^'J^q

no/.

Da noi sara, ch'e^'lWfe 'feofta' <^ WB„g(jo awJsl dlA

Ai dome6li»ii«o%tFf itffi <WH.i cfevi?i,n3v '» °9™q oH

o**oq i«ngj)râfinii c o ,cis§9ioJnc«i *J

E si farollo, ma il copazia AHB$cJb ambuani i«fioQ

£ la mia donna che ifiW&lfc mi tragge.

Mi concM ,lWn^dS°4DD3Mlo loro, e il corpo

Soggiaccia tf'ttrifff^ftm.WUlfe ge# ' *

A squallore, e dl^ftf^tfe fW<p$le?' *«3n '' £,,oC)

Purche dal debitor ^ Wftt'ttftragga.

Me cM&minAmWtolkkrlWM\a$^y?™ *>& Aid

Vil, loquace, prolentf'WWrfisfii^jlfe.wnsmfidil &55

Trislo inventore, accozzator diOWBi,'*'*9 bs swtiA

Cavillator nel foro, e (PW&ausli

Favola, e ciaiiWildrb/'^'^pe, e finlo,

46



**

Uom da nUUa, vcechione Bd arrogaote,

Lubrico, impuro, parassiio, astuto,

Efrivolo,

e molesto. E obi m'inconlraTal mi nomi a sua posta, io Cerer giuro,

M'imbotlin pure gli inlesthi, e pasto (23)

Sia delle scuole.

Goro .

Afffe noa limid'uomov

E pur costui, ma pronto Or vo' che sappi

Che ben fra luoi n'atidta lua fama al cielo,

Se da me tanto appreadii

Strepsi&de

* E che avverramrai?

J Cora

Meco vivrai invidi'ala vita.

Strepsiade

E quando fia che il vegga?

Goto

Alia tua soglia (24)

Sederan molli, e brameran vederli,

Favellar teco, e al tiio valor sopporre

Spinose liti, che piu e piu talenti >

Imporlar ponno, e consultarle leco.

Tu dunque al vecchio d'insegnar comincia

Quan'to gia slabilivi, «e ne conforta

L'ahna, e del suo valor tenia la forza.

Socmte

Svelami dunque Talma, ©nde a me nota,

yGoogle

243

Sappia qual ouoyo ordigno ad dsar m'abbia.^ r »

; Steepsiade * ».o- :- i^ ' j :

N<'i :

f

Ahimfc qual muro mevoppngftar vorifesCit\'<-' 7

vf

No, ma chieder se sla* bene* rafemwiai u,;it,f' : '

Strepsiade .» (- y

Dirolli ben, ne lengo e nort ne lengo;

Tenace 6 verso il toredilor, ma~'dfuma

Labile allor che* salisfar k) deggio. < n .

Soirai* i4 i

*•

'*

L'arte del dire hai per nalurat :

Slrepsiade

L'arle

Non hodel dir,

ma delta fraude.

Socmle

'• E forse

Che imparare polrai? ^ '

Sirepsiade

Si, non len cruccia.

v Socra&e >.

^

Leva dunque l'oreccfcio, e se t'adduco '

Ascoso senso di qoeslion celesle,

Tosto Tarraffa. - .-..,-»

Strepsiade[

Orrve', di cane amode

<*

Ghermir debbo Sofia?

Soorate

Barbaro e stollo

yGoogle



244

Parmi che d'uopo hai di fraslale. Or dimmi

,

Che faresli percosso?

Strepsiade

Avrei le busse;

Al leslimon grideria poscia, e qtiindi

Lo citeria in giudizio.

Saerate*

Or toslo dunque

Depon la Vesle. > ;

Strepihtde

1 In che t'offesi?

> Soertok

In nulla;

Ma l'uso fc tal, che sol puoi nudo- enirarvi.

Strepsiade

No, ch'io del fnrto a rkerear iiotf venni (25).

Socrale

Meno ciancie, e I'inoltra*.

Strepsiade

Un? motto ancora.

Di', s'io doeiie apprendio, a qual simile

Sar6 de'tuoi?

Sdvrate

'\ Non cBsflimile ingegno

Haitu

da Cherefonle.Strepsiade

AbkHfc fallito

Son morto>gi*. >

yGoogle

245

Socrate

Taci, li affretla, e Tonne

Pon suHe mie.

Slrepsiade

* L'offa melaia in pria (26)

Alle mie man consegna, irne qua denlro

Qual nel Trofonio speco io gfo pavenlo.

Sterile

Vien giu; che musi in sulla soglia? *

Core

Oh lieto

Sia pel forte tuo cor, Idiee viva

Coslui, che vecchio gft nuire l'ingegno

Con giovanii trovati, e'1

saper cole.

SGENA SESTA

Coro * v '

Di Bacco alunno, o speltatori, giuro

Io per quel nome il vero dim. Al certo

E saggio e viucitor sard chiamato,

Ch'otlimi voi tenendo, e qeesla prima

Fra le commedie mie, a <cui.pur mollo

Faticava d'intorno, io voi scegljeva.

Primi a gustarla. Pur viuceami allora

Inetta genie, non mert&io oltraggio.

Dunque a voi dolli questo solo appongo,

yGoogle

246

Ma non pertanto io vi rieuso, causa

Abbenchfc saggi ^tefla^ lottk offesfc.

Che ben a questi a clli?

irffe il parlor 36lc^,

Non spiacque il mio ChMo e il fflio Modesto.

Allor, perch'io fantiiilla m'efa,;

e'-tolto{

II parlorir patese, B bitabo esposi, *

Che da un'allra racc&lltd/ad edo6aflo t:

Imprendesti tftfrttei; e Via que teifopou

Erami ognora raftor ' V6$\ e6 apfcrtd:( G

Or mia commedia fl&hi' fctime gi& Eletfra,

Di colai saggi in trabtfia; e a 4ei Ifien noli

Se il CincinnbrffOrftk* *lfa rifrovi '($7).

Vedeie quanlo &3t iftbde&ii, giunge

Senza il penduf<£*bt>icH^ somitiG rosso*

E sconcio si ch'ogh^f&hdW ne ride.

Nfc lasciva saltd, n& beffe ai calvi

Mai sciorinava, ne balluto ha il veglio

Che di carmi si sgrava, i delli arguli

Col baslon riniuzzando. E colle faci

Non prorompe in leatro, e i\lju si tace,

E in sfc fidando e ne' suoi eatarti Vienfe.

Or io poela di tai versi, in core

Non superbisco, o d^ngannarvf ho brama,

Tre voile o quallro al voslro udir porgendo

Le cose slesse; ma invenlor n'emergo' •

D'alli Irovali ognor leggiadri e titiovr.

Che se al prode Cleon percosso ho H venire,

Non Tinsultai giacenle; e %H allri le&fr -

yGoogle

Che Iperbol loro occasion ne diede, ,,,.., ,/

Oppresser HnfeUce e rosienj la madre. { ,,,,-/

Ed Eupoli primiQr, Marica tfasse, ., , {.

:

. \ ,,

In sulle sc^«, icavalieri nflsiri \ .-

Travisando imperilo, allora ch'efobrar(

. h*

V'appiccico una vecpbia, a sqqricia d^f}za .,,.,,V,,,yj

II pifc movente, ja.Fjmico lev*ta, .-. ;if f , „j *

Che lintrodusse^e poi di& preda ai oipsjfi,;. ;>,,.,

;; ir\

Poi tarlassollo Ermipp% ed altri ai}Gqr$. r , Mn (;

Incalzar queUIperbolo, Fknmagp -on nnn

Riproduceado 4eMeranguyle m$*\

t>, ,„,M ,,. ,

, h

Color che riso ban di lai scede, ^e^ff, H 1(,

;

, ., j

Versi non odan; m^ dall'ppra oosU^ ,? r[ </»,-/

E da noi pur cbi <usr& dilelta, sagg}^:( ,

;

'

u - -

Fia che si vegga oe' fuluri tempi., ^,v , r

L'alio Sire de' nunai „/ ;> ( ., * ;

'.

Giove invocbiam prinriero, f ,.,.-..,.,_ ,„ , r f

Quindi il potenle alliero j , -u ri <->

Che col tridente i finmi n (J ,,

Scuote, e la terra e,il Paulo. . j; , u

E quei che a lulli br-,coitto,

,

>: , ( <

Di noi gran geuilor Elr$ subline, ,. )th

Nulrilor d'ogni cosa. ;s ,r<

<,

Posciacolui che, iraprims

^ ,

Coi lanciaii cavai Forma ,%fl§a ., ffj

Del noslro suolo intoraa,,Tn ,,

Tra noi massimo fc 1 sole,

yGoogle

24S

E qual Dio tra morlali egli si cole.

Coro ? *

saggi spettatori a sMoi;b^dale,; •

Che spesso pur delle soffefte iflgiurie

V'accagioniam severi. Ulili noi > -

Piii ch'allro numfe allapillft, libame

Di quanlo a voi serbiamo od oloeaa&lo ]

Non ne porgete mai. Se in sUrito uiodo »

V'apparecchiale alte gucfrrescheinsprcse,

Slilliam noslr'acqua e vi luoniam sul capo

Allor che Atones fe thic^'^ltarmi

II Paflagon cuoiato m imo>i imiso, ^

Aggrotlammo le ciglia, e il iuono, i lampi

Fu segnaldi nostr'ire.

AbbandwtavaL'usala via la luna, e il sote i raggi <

A se ritralli minaccio nreg&tli,

Duce Cleone, alia eiltade vaslr*.

Pur duce usciva. Ghe,s'appigli al peggio ($8)

Alene fc fama, e i falii suoi conversi

Al suo meglio sien poscia ogiior dai numi.

Or quanlo a voi convien drcemvi aperto

Che se Cleone, quel gabbtaa vorace*

Di peculato or tosto ft di rapine

Appien conviiHo imbriglierete, e it collo

Avra di ceppi slretio, e il fallo prirao

Fia che ci6 emendi, e voi al prisco slato,

£ a miglior sorte la citU ritragga.

yGoogle

219

Semicoro « x-*». 'i iw s

O Delio, o Febo sire,

Che del Cinlio abitar godi la «ima>

<>J'

•» *'

'*= *~~*~

Non sdegna a noi venire; i» ^»q o^*q^ j

i

E lu che siedi prima ' • '- kw ^ , i /

Nell'Efesio delobrcn o¥fe ii cote »< iMV ;

•'?

Sluol di Lidie fartcitflle; '

f

- <>>/; ^ U

E lu che reggi quest* **'< ^ )^i » ;;/

Ciltade d'onde avafflmo; «n diJ'ie eulle, ''1 /

E la gorgoma tesfca •-^ •> t-n^nuis x-t ,v;

Rechi del tuo brocchierf stolta gran moW( •> -/

Bacco deh vieni ancor, cfce sul Paroaso >ikv i'?

Hai delle faci al lume, J ^ •

?• r» _ '

Dolce del vino amante,. -

-?>( - '

Intorno intorno Delfica Baecante. 'J - J

Coro . </'•..,'. ; ?-/• - A

Noi volte appena a queste vie, di jcbalro'^-K

(1

Ecco la luna, che ne manda prima -*

i

Agli Ateniesi e ai sooil lor* -salute. < j A

Indi irata si dice, sconoscenti i » u A

Appellando voi tutii all'opre sue, ^

Che son opre, non detti i doni snoi. ^ ,

*

Una dramma sparmiare in ogni mese :,;

Per lei vk daio, ch'ognijtt grida al servo /

Giunta la sera:non prbwedi

il

cero,

A

Che gfo splende la tana* In altro ancora (29)

Giovarvi afferma, e voi tarbate in vece r

L'ordin de' giorni, e ne sformale il giro;

yGoogle



Si che insuftei^releAi^nttJTii, aWraf a

Che non di cena rallegrati, e scemi

Degli onor delle fesle a. lor dovuli,

Nel vero ordin dei di gir li sforzate.

E allor che il tempo fc d'olocausli, il reo

Cbiaraate ed i giudizii; 4 se digiani

Noi lamenliamo e Sarpedone e Mennooe,

Voi libale ridendo. A Iperbol quindi

A sorte elelto ai kuitffiti scriba,

Noi Dive tollo abbiamo il serlo, e a dritlo.

Meglio ei sapri> che delta, vita i giorni

De' col suo giro compular la luna (30).

'> l'.'i S.'l>* ;.'

yGoogle



ATT© SECONDO

SGENA PRIMA

Socr?Ue, Slrepsi^de

.

Socratc

(riuro Talilo mio, Faura, il caosse,

Chullruom non vidi di costui piu rozzo,

Slupido, inetto, e di memoria scemo.

S'egli urt raggiro, e facil anche apprende,

Dalla sua mente pria che appreso fugge.

Pur fuor chiamarlo vo' alia luce; or esci

Slrepsiade, e teco il letlicciuolo apporta.

, ' S&fcpsiwi&

Stuol di cimici fuor trarre nol lascia.

Socrale

T'affrella, il posa, e aliento sla

Strepsiade

Quisono.

Socrate

Dimmi che apprender vuoi non anzi appreso?

1 rilmi forse, o la misura, o i carmi?

yGoogle



252

Strepsiade

Delia misura si, chfc il pizzicagnolo

Ier di farina mi fraud6 due ehenici.

Socrate

E non fc cid; ben chieggo a te qual parli

Dal Irimelro al telramelro piii vago.

Strepsiade

Piii caro m'fc il semisestaro.

Socrate

Oh nulla

Stollo rispondi

Strepsiade

Or losto il pegno; quindi (31)

Mi prova che il tetrametro non sia

Lo stesso che il semisestaro.

Socrate

A1

corvi

come pur sei rozzo e grosso forse

Che qualche cosa apprender&i del rilmo.

Strepsiade

Per la farina che mi giova il rilmo?

Secrute

Elegante faratli ei ne' eoimlli.

Po' insegneratli quale il ritoo sia

Deirenoplio e deldattilo.

Strepsiade

Dicesli

Daltilo ritmo? ben gte so tai cose.

yGoogle

253

Socrale

Or fa ch'io l'oda.

Strepsiade

• Ch'allro fia che questo,

E questo allora che Janciul io m'era (32),

Sacrate,

Agreste e slolto

Strepsiades

• *

Misero che niuno

Desir io nutro d'imparar lai cose.

Socrate;

, >

Che apprender dunque?

Strepmtfa

lo voglio quello,T

quello

lngiuslissimo dire imparar solo. ,<;

Socwte

Pria nel capo ficcarti allro pur devi.

Tra i quadruped*, quai^n, dimmi, i jnasqbi ?,

Slrepziade v

E sollo ben se non son faUp io folle.

L'ariele, l'irco, il «4ne„ il tauro, il tojrdft, (33).j

Vedi che fai, col noma $tes&p chiami is : '

E la femmina e '1 ma&ci^o. ..«»,•••-

Strepsiqde: f

E come questo?

* Socrate

11 tordo, e '1 tordo. ;

yGoogle



Sltvpsiude

Per Nettuntf, come

Dirlo dovrei?

Socrate •

Come T la torda, e il lord 6.

Slfepsiade

La tordxi? h bei davver, per Taura il gioro.

Per questo tuo saper ben di farina

11 madio Tempio.

Socrate

Altro peccalo ancora:

Maschio il madio lu fai femmina essendo.

Strepsiade

Oh maschio il fo?

Socrate

Qual Cleouimo suona

Or sal luo labbro il madio.

Strepsiade

t Oh inver dappoco

Madio non era Cleomdio? ill tondtf 1

Morlaio solo Iravolgea farina.

Ma come dir dovro?

Socmte

Come la madia?

Qaal gia Soslrala dici.-

•«•

%Strepsiade

Or madia dunque

Al femminin. :

yGoogle

£5©

Stooratt

Bed deUo.

Strepsiadcr. -r.

• B Gleoniraa (34)

Dir laUrodei, se femmin^ riesca.

Dei iiomiappellaUvi or dj' qual/Kiajscbio, *\

E qual femnrina s*a. ^ w

Strepsiade -.

Ben a me noti

Sono i sezzai*,

<. .v.

Su daftque-un saggio danne.

Strepsiade

E Lisilla, e Filinna, e OUagora,

E Demelria.

ScwaJe ,

Ben delta ;.-tpr canla i maschi.

** Strepsiade

Oh mille son, Eitosseno eJMilesio, •?s

Aminia,.. . . ^

Socrate

Ola, quel noa £;> maschio, stollo

' -p jitrepsiarie

Come, non maschio eglifc

tra voi ?

: . { :

• :-; No ccrto.

Chiamandol lu come diresli?

yGoogle

kobnoKn$4ltfiMi m 3hi$m £ui a. iu

tV'Wyai oqqoJfii nuên^ ,saa9q otfirt **

Quavieni Aminia;

ifcateV4tt*eAJ.

#

inis?oii ©Jnsinoj >

)bni«<p?& Ben vedi

Femmina il fai che Aminia il chiami. ^dob 'ric*3

',n,w/*> i) ;ri> ViUi^. vrf.j E a drilto,

Che la milizia ei disertft¥^v©r dimni,

Cibttfkw, mi val se lutti il sanno?

;ot inun^mm hunn'j 9ih4hp©fcop iun ^

Per Giov&nitiKQrha»ftdl& ti>sd*fci&. mxjj^m'.i - ?> J

h, *ul^ti.n si (u*n ji&rqpsfacfet^p -Mftnr. ' •- -J

'-,/r;i :ii>^ vi,nitnju in -.•>-/ 'd£ .pascia^ .-;

Secmte

Mediter&i turoi easi. i}^ ;u; i: ~Af

Stmpphade

c--.ru;-1

- • At BPdiK iroftrmi

Su quel grabbatoiAlfoôJO^'fiaîii^q *><

7^.1Che pur m'ad^g^âdaggiecomifai MsuokK^fiv *n J

Soaate «M\u«-> oJ»tjj >J

Pur nori havvi aliro modo^/r-

de/iiO

m i> -v> < Ahimfe infelice

Slrazieranmi le cimici *cmti'*/ i^\ *'<

•Stmale

Ttfaydgli*

••*

yGoogle



Or la tua mcnte in mt&t&r profondo,

A lutlo pensa, e se an iotoppo inconlri

A comento novel ratio to voigi.' ::/.

Ma il dolce dormicchifir kmgi ratlieni.

Slrepsiade

Doh doh;

-:\

Socrate

i Che gridi? che ti avvenne?

Slrepmde

2,77

M^rto

Misero sono, che dal lotto a furia

SdrucciolandO Je cimici m'ingoiano (35),

E mi squarciano il fianco e bevon I'ariimd.

Mischiantan...

quasiil

dissi, e mhan le natiche (36)

Solcate tulle; oh che m'aromazzan certo

SocrtUe

Men li lamenta. .

;

Strepsiade

E eoine? e s'fc svanito

L'aver la peUe, e io\h scarps4'ali»a;

E menlre vo quel che svania narraqda,- i»;

lo tutto sfumo.

Socrate ?

Oh\ cho fai? non pensi?

Strepsiade

Si, per Netlirno.

47

Soerate

che?

yGoogle

258

* Se di me parte

Lascieratf pur le cfrftici.

•>•' ^%orrai

Codardo. -{i>u j

' -

Oh ^M-pii^^'^'iiMrto

.^;. .; .'.....- ty.v.^ .-. Ignaro

Cosi non farti, ma li <&pri;°e troya

Modo alia fraWie; wi q^ *** in'gaiiM eerie.

StreptMe

AM lasso chi daramttii tift vello, ond'abbia (37)

Scampo da qtteflfe; ;::-

- --'--

:'

• Sotrate':—

ci Or beft, iediatoo % pri*

Che fa costui. Gik An***'

Strepsiade -

*- ^ Oh per Apollo*

Nol potria raiai. -• -' c- iV

--' '*•^B(^ra/c- •— '* '

*

^ iTrttattf h&i J <wsa alcmia?r:

Per Gioveno.

»-.•

Ma iMfe* -

yGoogle

c359

ii:.< Infra it mano (38)

Una cosuccia sola. ,

v, f f

v(( „ .

, t^)ve tu meglio

Ti copra, assai fia '1 meditar piii lieve.

E medilar su ^be? SocjtM^ ^ Wi-

Gerca tu stesso, e quanta vuoi mi narra.

Le mille voile #tf> cVjo tefan^ udivj; v . . /

Pagar non voglio le- dayute^sure.

Ti copri dunque, ed a sottile ingannp .-

La tua mente raccogji,. e.ptl minulo

La cosa guacda* e la dividi e pesa>

Streptiade .-,

Ahimfc meschino r ;

tSocrale

Non lagnarli, s'tu^ua - - * /

Un pensato concetto ^ le iia ddbbio,

Da lui ti parti e, il la^cia: a scos?a poscia

La tua pensaote forja op iBvistio

Novel comincia. -

$lrep$iade

Oh SoowUft dileltol

yGoogle

Che brami ôi vefcclrioe? >>7^ >• ;»â{i

>uir'

Vc*'^C

Stxep$itide

;w ; ; £ a, >«,.} >;G#frti|*vabtf fto tfoicrta/

Di fraudar deltoi;rthrc«ir^jsk^ >3foiSob? ^.-â il

,,;i;/tii» ftbtfUpitotf* <>.W >.iih 3>'b sl$'WO<

•>Wi*<ft#dilIo tosta.

hv> Stiref*md& ib ofom ted i^ml

Di'se Tessala maga io m'accatt8Sfti,n; ^••v^-WWQuindi tratla, la luna iB^«ulfet sera

In londo casseltin, di êfcchio a guisa

Io la s«rbassi? &m,wtfl

--iii* Socrate

ftjquftlftftitf

we ^mli$^ v. *

^r

Sltepsmdt> l\ ^Lwi^ ^

Domandi? ove la luna AmD^rgesse,

Fia spaooiaU iasttraj

Ogni meae il da»ar^rm j?| 6v>b,w* \ %)t^ - *

Ecco li svelo. Se citar$r#l$tmo,

Pon per cinque id\^ iqm *JMi fmto, •;

Dimmi, a sbrigarti qi^tofr^gU modo?

yGoogle

Sttepmde

Quale? quale? nol so, cercarfajfc d'oopo. 1 ^k

*

Non inceppa jfc tua spfrU>,ir lascia a vdlo

II pensier sciollo; scarafaggiavrft'aura ^ô ^

Somigli che dal filo hauJ prede slretto.

• ; •:;•* SUiipsiarfe

Trovai bel modo di dauuar la scrilta;

M'approverai per, eerta • Is ^ i : ^ s;w.*f j- -i?

*.^<: Srt>rB/ea **>:</ H.«nj ;;t wy^

Strepsiade ,, r/ ' ;

^ ; ^ : Vedesli

DaHo special Jucida e bellajpietrS,

Con cui s'accende il fiiaco?

E din»i Itage&cp £^

Vuoi del crislallo? (39)- '-

*^'Itfdovinasti appunto.

£ che ti par seÎo togliessi quando

Lo scritlurale traccier& la scriUa-^J > ; 'J u : >* 7^ ^*E dietro stando al sol FatzaSsi, e sciolti

Cosi mandassi- deHo &etflttiî segni?

Oh per le graatej itiv^r Mpi^hl^ -> > ^ 4s

.--'•> SmpHCUh jr::v '-j.. •': ' -: »

Gioia

yGoogle



262,;,; ,-*,.. ./,

Grande m'fc pur, t^gil jpafir la scritta

Di quei cinque lalenti ormai jai veggo,

A ci6 rispondi^^s|^: ?j

A che? c., k

'.; D'impaccio

Come uscireslj, s$ u$ ^«fso iQptfftF)

t r

A le la lite, e.j^jS^t /

II career presso li veaop^i^ y

,p^ co$aiv

Fora facil e piana. .^r^v/

L'odi: se allor che al trihqaal pendesse

Altro giq#i#, ^ fpi^

}

che 14 ^m?flp f

Salito il c^ f^9jp^e?

si^ri) „^\

Per Giove no, che cohtro roe gill spenlo

Non sorgeria domanda.

^•^ i-pW,fch«pl vanne,

Piii insegnarli ricuso.

yGoogle

*63

Strepsiade

Per Dio, Socr^M&. h/r

• ^ r}] ^ • •<

rr

?

f|

e n<^ abttirr

'

Tosto cid che t'iasegndT^I W, qaal cosa

Imparavi tu dianzi? •x

a u

Aspella,ell'era

Qual fu la prim&f Qtial Faftiese in crii

>'

J

Tu la farina impasti ?s

AWmfc cjpa^r^ra *'

n j} >

Sacrate^'

''

*

stplto vecchio sroemcnrato^ i&cora

Nou ti trarremo ai corvi

Strepsiade'

f

•

l :

M0'

'AtiiI che fo, lasso

Se a ben girar la lingual toon apprendo,

Spacciato son. Deb Nubian buon consiglio.

Questo, o veccbfo, \\ &i£fa) ^cresciuto ov'abbi

Un figlio, il manda onde in tna vece impari.

Strepsiade

E Tho leggiadrb e Buon, ma ve' disgrazia

Imparare non vaol, cbe faicf posso^f

E tu il patisci?

St^itMe

t vigorokb e grosso,

yGoogle

364

£ origin tragOJJctffc *1«* d»* |l»

Delia Cesirea schialta. Or or qui 'I traggo.

al cerlo il caccio, se ricusa, in bando.

U* tu rienlra, e alquanTo 1aT m'aspelta.

sc|$^s&&QpA

Coro, Socrate.

Coro

Ve' qual util da noi trarr&Vtft possa,

Che siam puf #ols W^t? £h& $4 opMir pr*«Ao

Egli fc quanto ^liiimjp^fo<0r Mi $ wwkc*; •<

Luom trasognato e di ^jMraqxe gonfio,

Quanto- pift.^Ofty mi jftlflwrslp sought ,

Che tai cose mular si soglion ralte:

————^i^-fcT-rr-r^-; . .

yGoogle

Strepsiade , Fidippide.

Va divorar le'M€^d^co Wn«Il

(4^ ° ^[

- ^f

Che mai, padre, ii 'affiuntaf; 6Kb per°POIiiiipio '^

Vacilla il senno <1 u>^^ * ^J] - > '

Strepsiade

Ecco, ecco ancor l'Olimpio

E in Giove, stolto, ai nostri tempi credi?

Fidippide

Ma quel luo rise-a the'**1™ —•-

Strepsiade

Di te strabilio,

Chegiovin creda a cotai rancie storie.

Tappressa e impara miglior cose, dirti

Tai cose vo' ch'uom diverrai sapendo

Ma ad allri il laci.

yGoogle

,ii,'. ,.1J

266,

: E quai son elle ?

Giove

Giurato hai diaijzj. ....1( „.,,...

c;

, y

.,..,;;JO -Si-

Slrepsiad

Utile l'imparar, piu non,^, Giove.

^ Fiîppiê,, .

- ,

E chi v'taâqge?,. -,.,-.

Strepsiada w . ^

H turbine che regna,

E discacciato ha Giwe> /.;> I

Fidippide

Q^ the deliri?

Chi 'I dice? md ;{, ,oUw ^,-,,

,

Strepsiade

tiS&lk.&p&b Melio (42),

E Cherefon, cbe deUe pulci Forme

Si ben conosce. xl:% -l^ t^ ,i n .^

Fidippide

E latti^sai s* stolto,

-Da preslar fede a cot^j>*xzi? <.

yGoogle

Strepsiade

fTrova

Migliori detti, nfc infatolir lai iiggi,

£ parchi si che non si radon pelo,

Pte adopran mirra, od a lavarsi bagna.' b

Tu il mio ti sprechi quasi motto fossi.

Or vanne il loco mio togli ed impara.

Ftdtppidi

Qual giusta cosa i^enderei da loro?

Davvero? ogni sapere umano. Allora

Vedrai com'e '1 tuo ingegno e rozzif^e grdsso.

Un momenlin m'aspetla.^

SCENA SKCONM i ,t

>ii\b jFidiffide

;

*iiftKche far deggio

Se impazza il padre Al tribunal trarrollo

Ondc stolto chiarirlo; 6*&& #lia

Palesar vuolsi al facilor di bare ^ clJ

Strepsiade, Fidippide. .^mokoo .<m it

Vediamo; di', ci5 cornierJituttfr3 * ;

-^ j:c -

yGoogle



56$

Strepstade*A v ,

uJ

Bene, c quest'altro? - ^ ^ -

o;-ij: Pidfypiie

Un tordo. T :^M i

$irap*tafe

^ ^ ;; .w £ *- i i Attfbi lo stesso?

Risibil cosa fllfr iwn tffria. Gbiftma' * ^ iJ

Torrfa cotesta, e'torfttF-alttW***-

Fidippide

£ tali son le degne cose apprese

U da quei figli delta terra t {43)Strepsiade

Ed altre

kiicor, ma vcccbio te dbNtavi'lbslo.

Fidippidb

E per cid ancor la veste hai tu smarrita?

^Strepsiade

No, la donava di scienza% tfctobHK

FMppiM

E dove hai, stollo, lief lue scarpe volte.

' Stftpri&h ; -

(Vera d'uopo; le perdei qual Pericle (44).

Or toslo andiam, li ttmovi, obbedienle

Sino al fallire & padre: E Uriel riiortfo,

Sei anni avevrd balbefcftwi anc*ra,

yGoogle

169

Ed jo seguiali, e coU'ota^grifniero

Ch'ebbi agli $lqv nelle Diasie fesle,

Un carrettin li diedb ^t^/nfFidippide * ^jfe }^ L^ * w^4,<jta4l lutto

L'obbedir mio. nlô- oA

>.._* iRefl, ben, se a me ti arrendi.

Fuor, fuor Socratcmftalfc mmiifiiki&efyô, »; «/T

Gia repugnante, or per$K&>i gjiMge^ ,s«-v h-rot

c vSflflNA QUARTA

V/V r J$ ^.V'v

> V':.;^> .At ^.., * '*

Socrate,;Slr^^?,JîRpi4e, ,,, ,

r> a(

Soctate

Fanciullo, ed in^pertîoRtêêî, • /;- v. -/.

Lassu pendenli raal lec^jî

4^:;rv^d agio,

Ben vi slaresii liMfflPJCWtWr.-;-. u ^ . ^ , /

Gft gia ti mando. Al\pf#celtor lai cose

L* impiccato, 4^%d&UfeAMi&RB <.v^.^ o v ;<'

Dal torto labhfos^T^rVoyi^li^'eali^-j ;;.;;

Apprenda mai da jm»(tfQMMHW^°$sV

^

, r

yGoogle

woda citale prove? Ov?er, travolgere

Deirawersario i delti, ed ii cwilrario

Ir persuadendo? Obi d'on lalealo a preizo

Iperbolo imparar vorria tai cose.

Slreptiade

Nod vi pensar, gli insegna pqr ch'fe svelto.

Piccino essendo gi& casuccie alzava,

Navicelle scoJjMva, e carrettini

Fabbricaya, di cuoio, e <l*Jla scor&a

Del Melagran Iraea perfette rane.

Or fa che Tun parlare apprenda e Tallro;*,

II primo quai pur siasi ed il minore,

Che l'ingiusto nel dir rovesciail giusto

;

£ se non ambi adogrti palto quello.

SoGrfUa ,.-

Da lor stessi gli imparl

Strepsiade

* lo ?o'; rimembra

Che ognor saper del coitfraddire al giuslo.

SCENA QU1NTA

II Giuslo, Tlngiuslo, Fidippide, Coro.

Giu$to

Vien, benchfc audaee ai spoliator li Bftoslra*

Jngiusto i ,

Vanne ove brami, il perderti m'i lieve

Tarlando ai molli.

yGoogle

•V^TJeiHto ' ''

•:' '

Perdett&n Chi sei? ^ T

• *-}

t*Iri$iMo>

•.'. ,> .;••

II parlar sono.;

' :) -

' Infriuftd ' •-'•• >C|

'' r-E vfate '

-

'

<

Da me n'andrar to che flWggior ti *sUmi.

G*t<$fo ' -•• r

E con qual arte? '? ' •

IngiHsto

Di ' gfetileiize nuove;v

Per quegti scemi fiorffan taoi detti.

Ingitisto'

No, ma pei Sofi.

Citato

< Calcfi^atti ittfairae.

Ingiusto

Come? di' su.' ^

^x

Parlando solo il giusio.

Ingiusto

Oppugnerollo quel partar,

tVwnfega f

Di giustizia l'essenza. -

- - atusn :*'• v' -.

Inver la tiieghi?

yGoogle

mIngmstf

Yediam dov£?.v. r * *.j

*

&i*$t*

Tra i Numi.r

.:

Ingimsto

u-i ' E perchfe dunqae

Se \k si vede, non perk fe' Giove,

Che slrinse in lacciil padre? :

7

Giusio > » ^Ahif mal riesce; .'

Mi si porga un lebeter(45). ^

Jn<jtusto J

Oh sei decrepUo,

E stolto appienol

Giuslo

:S ta impudente e sozza. *

Ingiuslo

Mi par rosa il tuo detlo^'

Giusto a.

E disonesto.

Inginsto

Mi coroni di gigli. .^ ,

Citato

: E parricida.

Ingiustf) / i . . i

Noa te n'avvedi che mi copri d'orp^ 1 *. s\. **

No, di piomfeo U gray*. >

yGoogle

E cto m'adofrmy^ aii>ih<<1

.Ben sei lu audace. iraoK i eiT

'rnyr-A, $*brjq HMa ben sei piu inelto.

*yjo OQkistoYjq oon ,?bov i«- *>* Î giovani per te fuggoti«tti*|piio]«pî a? a«nnJt> ôJ

Ma un di sapr& I'AteniefeBsjftollo

Qua'h c#$$ iasegnii/

Efliaid^nienle sei

Squal|frto?pvtG< ».* dO

Giti«/o •viwiqqfi '.»l;.o^

'*

E lu dftwei* sei ricco (46),

£ mencU$w»;>of dfaRiuqtftt ti'difcevi

Telefo quel di Misia, dtoujpieva

Di Pandeletto le sentenze, lolleb OAji 3/ a&OT isq *Alia bisaceia sua. cmni*

^ hio^b/aSjiwsfo

QaaftaMgikordi (47)

Saper mio sommo. ;fr^ *b uioio:> ;M

QjicGtt&q jfczzo, o cmne

E stolta tua cil&, cbe <NtftwkUore

Nulre de^ verdi^figU^ nqo^ ai o4j ihwfin ^ fi<>£

E la, SMMm* tfMty}o«) & .^

16



274

Del giovinello non sarai maestro

.

Givsto

Eppur salvarlo fc (Tuopo, ood'.ei soltanto

Cicalator non esca.. f

Lascia che impazzi.

fngiustd

~J5 .m.eco, vieoi,

A je guai se l'abbranchi

Fine al rissoso dir, mostra lu primo

Ci6 che agli uomini aniichi un . di insegoavi,

E la nuova dolirina; oiid'egH iidita,

E la contesa giudicate, sega^-

Pi qual vorri la scuola. : , ,.,

J hGiusto

*

itigiu$tqv

Sja pure.

Qual parler^ pirimlerf

Ingiusta

Ad esso cedo;

Ed indi dal sao dir nuovi cgucetli,

Nuove parote di saefte a jj^isar

.

A ferirlo lrarr6, la faccia e gli occhi,

S'ei grugnir voglia, puogero^i Pjflsci^

Qual calabroae, e sr jjerirJfrojlo.

\ yGoogle



:\

$75

Or ci mostrate enlrambi al vostro argulo

Dire affidati,°ii

f

peisameWK voiiri;'

l f

^

i(,r

E al medilar delle senten2e padre, '

(l>1 f

Qual sia in orar maestro. U da cid solo

Sla in periglio StfSa/per cui battaglia,

£ tra gli amici. E tu che coronate

Hai gia le usanze delle prische genti.

Frangi la Voce in cui t'allegri, e svela

L'alta nalura.

Gittsto

•

*' ^Hito diinqae come

Oltenea Fuomo i\ saper prised, allora '

Ch'io mi fioria parlandb i giusti detti,

r

E fu modeslia in pregio. Bronlolanle

Fanciullo in pria non itiii s'udiva. Poscia

Al citarisla del lor borgo andarne

I giovin si vedean modesti in via,

Slipali, nudi,Varico giu la neve

Qual farina cadesse. Ed indi un canto

Lor s'insegnava, e Tapprende^ri rioh^'anclie

L'uno all'altro premencfo ; ^4 era questo:

O, Palla invitta; i?i citta sterminio

O, Snon lunge vagitnte. Ogfiuft ^uel ebbda

Daipadri

dato era a sdrbare inteso.

1

Se udiasi alcuno jn rOlta e molle voce

Suonar canto sctirrilj qua* son % noU,

^'

Che a gran falica,$4 i^enl&Ya triae,

ru




Qual sperdilore d'armonk, con basse ;* .

Punilo giva. Alia paleslra assisi -.,,

Avean proleso il flanco, oade nou degna,

Vedula offrire a qhi ik Uxor si ; stova;

Surli, svolgean la polve, e 1'ornfcG loro

Togliean cosi degli amalori . al guarda. -

Non fanciullo s'ungeva^ onde simile

;

Crescea lor pelo qual di fresobe mele.

N& mai con voce modulata e molle

Favellar aU'amante, e il pte mqv^ndo

Non si vedeano mai cogli ojcichi attrarlo.

Nfe del Rafano il capo a dot sijdaya

Gustare a cena, o Tanioepde' veesiii,

Non mangiar Apio, o pesce, odordi,. e il piede»

Por Tun sull'aHro o u \

. ;frk)iut>'fo

•: Rtwcie , cose qtjeste,

Delle Dipolie feste «i 4i>cr^sciii.ia (^9)^ f

D* Cecide e Buffonie e di cicale^n

Ripiene tulle. v,v.

fippur s^ftquelle^M^s^

Ch'edaCavan, mostrate, A pro' guemeri

Che in Maraion* han viaiQ, Oj.nel^ vfcsli

Avoltolarsi

franco all'uom.ta ins^guLOnd'io muoifrj di rabbia ajlor t*rtie >ii$np9

Nelle Panatenaiche essibalJaire.v h * , v

Region lo scqdo a slenlo, ograar: »£gi«Ua

yGoogle



271

Tanto e da lor la Triiogenia Diva.

Tu, giovin, quindi me sermon priraiero

Audace eleggt, e ad abborrire il foro,

Fuggir le terme irapara, ad arrossire

De1

turpi accenli, ed agli affronti irarti,

Sorger se il veecbio giunge, amar looi padri,

Dal mal rilrarli, ch'anco aver tirdevi

Di verecondo voce, A sallalriee '

Non t'accostar, ehe in lei fiso Dftirando

Potria l'infame nel gellarti il pomo

Leder tuo noine. Conlraddire ii padre

Non devi, o dargli di Giappelo il nome,

Onde mordere i mat di quell'etate

Che ti allevava infante.

Ingiusto

O giovinello,

11 credi tu ? pej ftacce, andrai simile

Ai figliuoli d'ipocrate, a nomato

Stolto da tulU (50).

Giusto

Atizi fiorente e schielto

Girerai le palestre> e vuote al fore

Non parlerai come coster le ciancie. /r

Nfe tralto al tribunal n'andrai per lieve ;

Cosa, che al soon delle calunnie fatla

Sia la rovina Ida. Ma sotto i sacri {51)>

Olivi incederai deirafcfcddfcmia . /

1) un fido amko accajUo, e rediDiita

yGoogle



276

Di bianchisstroo calamo la fronte,

D'odoroso smilace e biaeco pioppo (52),

Primavera godwido altor che dolce

II platano susuura^e ride I'otmo.

Se t'appigli a* miei dfcWi, e in mente fitti

Ben li staranno, «>piwgue petto ognora,

Lucente pelle, .udfavcai larghe *palle,

E picciolella lingua, e toada I'anca (53).

Ma se a lui credi, in pria pallido il volto,

Slretto l'omero e avrai pkcirio il petto,

E grandissima Jw^jia, ed arlo il Banco,

E luB^J)e, HUl E a»te i'onesto turpe,

E fara turpe a le parer l^nssto,

E d'Antimaeo affonderai oe' Ttaiii •

Core

Nobil cultore di saper sublime,

Modesto, oh quaitlo ed >.b stfave il Gore

DeU'eloquenza tua. Co»e beati '

Color che vbser a quei primi tettpi

E lu cui sorridea facetse «olle

La musa, arreear dei nuovi ctac?Ui,

Ch'ei fu in parlar maestro. Alma svegtitia

Or ben t'fc d'uopo a superarto, e tolto

Cosi vederti dal ludibrto aUrui.

Ingiusto

Infiammali i precordii ic> gil mi setito

Dall'ardor di atterrar coi delti awerst

Quant'ei partk Me gi& peggior straws*

yGoogle

879

Noraar le scuole, ehe atle leggi e al gwsto

Avvisai primo dell'opporsi il modo.

Ma mille e mille staterr ien n*erta (54)

Chi la pio debil causa a&sume e vince'

Mira com'io vo'coniutafe^qiiella

Dotlrina in cat s'affida. figli ii nje^a

I caldi bagni; or qual ragibn Vaddaci*

IGiuste .;.'('

;«, '

Pessimi, faano ignato I'uomo.

; . • if Ingmsla* ••..•»

•„..... Aspeita, .

T'afferro a mezzo c|l corpo onde non fugga (tV5).

Qoal tra i figli di (Jriove hai to i) pk forte,

E che maggior compiute abbia le imprese?

Giusk*

Alcide parmi. r .

I. Ingiust* '< v. ,' '

.:••.'•

£ dove, dinaini, hai visti-

Freddi i bagni d'Ateidef? e Initi «i vinse;

Ognor cid dice il giowaneUo, e quest©

Fa di lor pieni i bagni e l'a&on vuoto.

Biasmi pur anco lagg*arsi alfcro

Io '1 laudo appieno. E dote laida cosa

Questo pur fosse, noimvria Joquace

Falto Omero Ntstorre jb gli aHri> saggi.

Vengo alia lingua. 4i cui WeB, io appravo,

yGoogle



280

Ne' giovinetti Fusor: ed anche ei vuole

('he modeslia^sonorij.e sono enirambi

Funeslf danni. fioi? tmodestia fuvvi

Homo felice mai? parla e mi alterra.

G'wslo

Molli: e Peleo da cid n'ebbe la spada (56).

:

f Ingiusto

La spada? ahi Irislo a lai bel don davvero.

E IpeAol guadagnar; per Dio^iaienii

E non gia spade si vedea, che Iristo

Era egli ben nel fabbricac lucerne.

€iu9io

Perche roadbeslo^a/TeU ei fti marilo.

Ingiusto

Si, ma toslo da lui pariia la Dea,

Che non prolerv© egli era, e rn sulle collri

Varcar seco le nolli eta mal alto.

Spesso la donna sottoporsi brama,

Ma un ciancialor li sei. Mira, fanciullo,

Quel che modestia reca, e quai di lieli

Di damigelli aver potrai, di donne,

Di cotabi, di riiri, e risi, e mense (57).

E di cio privi come amar la vjla?

Or tanlo basti che a parlar mi chiama

Delia nalura l'uopo. Hai lu peccato?Amalor fosli ? 1'onesWi rapivi ?

Sei giusto, e muori; favellar non sai.

Se a me t'accosti segui pur ioo genio,

yGoogle

E salla, e ridi,- e nuHa turpe .eslima. : :- - ... '-'f

Se collo sei con non kua mogHe, niega •: <:

r -». *

Del marilo l'oltraggio* a Giove adduci r I

Al donnear si rolfco: e, s'io sta, grida* - r I

Mortal, sar6 d'un immortal piu forle?

Gimto --.'I -v

Ma se avverrk che a deUi tooi piegando,

II pel gli Iraggan, e impalalo s^lri; >

Chi fara poi che non infame ei sia? (68) ' i

Ingiuslo f

Da cio qual danno? •

'

'

• i

Equal tiaaggjor potria'•

Tornarglien mai?

Ingiuslo

E s'anco in cfo n'andassi

Tu da me vinlo, che dhresli? i

Giusto

E ch'mltro ( -

Che lacermi polria? •

Ingiuslo r

Dimmi ora dunque, ><

Gli avvocati che sono? I

'»'

Gtwlo r j ;^j

Infami.i

fi: <:i

Ingiusto j ; .-A

Btfte; ,i.<-.H<r «-.'

E i scrillor di tragedie? ' r - ?

yGoogle



2S3

lofami ancora.

Ben parli. E i corretlori delta plebe?

Iofami. •,.„..

Ingmsto

E nulla pur dicevi, il ved^.

Or mira ai spettator, e forse tal?

Non n'fc il nover roaggior ?

Giutio

Io gia gli gaardo.

Ingwiq

E ben che vedi?

Giusto

Per li Dei, che i molti

Infami son, ch'io gueslq e qqel cojqosco,

E l'altro inlonso ancora.

Ingiusto

Or che vuoi dire?

Giusto

Siam vinti, e vol Ginedi il pallio abbiate.

Ch'io gia son vostro.




i*3

SCENASESTA

Socrate, Strepsiade, Fidippide, Coro,

Socrate

Or cbe vuoi dunque? il figiio

Ritorti brami, o ch'io 'I parlar gli insegni?

Strepsiade

Tu gli insegna, il punisci, e li sovvenga

Di rimandarmel loquaciuto, ed abbia

Alta una lingua alle men gravi lili,

E acuta molto alle maggiori un'allra.

Socraie

Non t'affannar, I'avrai dotlo sofista.

* Fidippide

Anzi sfiorilo e macro (59).

Coro

Ora n'andale;

E penso ben ti pentirai di tanto.

SCENA SETTTMA

Coro

li lucro cbe trarran dal nostro coro

I giudici benigni or dir vogliamo.In pria se giunto il tempo arar bramate

II campo vostro, pioverem su quello,

Sugli .altri poscia. Serberemvi quindi

yGoogle



284

Le viti e i frulli, chd aon piofrfc tro^p*

£ sol gli guasli. Ma se Dive noi

Sprezzar l'uom voglia, il punirem severe,

Nfc vino o frutla rilrarra dal campo.

Ne svMleremo e viti e olive appena

RipuUilanli, e i suoi poder fien lesi

Se il vedrem far matloni, avrenj la ploggia;

Fracasserem le tegole dei letli

Colla londa gragnuola; e lulla nolle

Pioverem s'egli a nozze venga o i suoi.

Si ch'ei vorrebbe ii suol calcar d'Egilto,

Anzi che aver Feoipio giudizio dalo.

yGoogle



ATT6 QUARTO

SCENA PRIMA

Slrepsiade

II quinlo, '1 quarlo, '1 lerzo, e po' II seconds,

Indi queL ch'io piu temo, abborro, ed odio,

Poichfc precede il nuovo giorno e '1 vecchio,

E ogrnin cui debbo roviuarmi giura

Col deposiio al banco. E invan io grido

Perohfc piu giusli mi pcrdonin : tormi

Cid non vogliale, amici\ e niallunyate,

Dico a qacU'allro, il tempo, e di quest ultimo

II fin mi dale. Ma mi megan essi

Cotesii palti, e m'han d'obbrobrio carco.

M'appella ingiuslo ognuno, e di cilarmi

Al giudice minaccia. Ebben tal sia,

Poco gli euro, che il figljuol gi& l'arte

Avr& del dice appresa. Or ben saprollo

;

Si balta all'uspio- della scoola; o figllo,

Esci;

(igliuolo> vieni.

yGoogle



$86

St*dA SECORDA

Socrale, Strepsiade.

Socrate

A ie salute

Dico, Strepsiade.

Strepsiade

E teco slia pur essa.

Ma pria togliti questo; it mastro vuolsi (60)

Presentar anco. Or dimmi, in quvl sermone

Che incoininciasti or dianzi, £ fatio esperto

II figliuol mio?

Sovrale

E fatio.

Strepsiade

'

r;

Oh sal?e dunque,

Oh salve tu d'ognun, fraude, regiua

Socrate

Vincere a luiHa Iteve ognl Ina lite.

Streptiftde'

S'anco della preslanza i testimdnii

Tfaesser seco? >

Socrater ^

E pifr se fosses milk.

Strepsiade

lo gioia dunque ad altavfeee e*damo.

Al malanno, uburari, ; e ^tftla, e ioiitne'




De' frutti i frulti; jl nuocermi v'£ tollo.

Per lingua acula a me raggianle on figlio

Cresconmiin

queste ipura,ej

miosostegno,

Servatore de1

miei, grave ai nemici,

Che da cure e da mali il padre solve.

Fuori a me '1 chiacpft, a figlio, figlio, or esci

Dalle pareli; il genilor non senli? I

Socrate

Eccolo.

(

, v..,,. $lrfip8'wde / '

Oh c*r*l &aj*ol

Socrtiie

II logli, e van&e.

SCENA TEBJA

SU-epsiade, Fidippide.

Slrepsiade

Godo, o figlio, in iBirar quel color Uio,

E la lua faccia che ti addUa presto

A niegar prima e corHraddir dappoi.

E germogliare in te veggo quel Irito

Parlar del volgo: die 4* \ mai? ben pawii

Tale esser tu clu? to rec&ty offese

Quasi ingiurie lamenti. Jl tuo mil fdre

Conosco. In le 1'^tjcQ sguard.o scefno,}

Or salva il gadre $he pejdulo ^hai di&nzi.

yGoogle



588

Fidippide

Or che pavenli?

Shepsiade

II nuoyp gionjo, q '1 vecehio.

Fidippide

Ed havvi forse un giornp vecqhio e nuovo ?

Sfrepsiade

Quello^ in cui deporranno al Pritaneo

1 creditori il pegno.

Fidippide

E perderan^li

Coiesti pegni, che non pud '1 di slesso

Esser due.giorni.

Sfrepsiade

Invcr non .purole?

Fidippide

E come?

Fuor che la donna al tempo stesso fosse

Fanciulla e vecchia.

Strepsiade

Tanlo vuol l^a legge-.

Fidippide

A lor mal noto fc dell a legge il senso,

k te 1'affermo. t

Strepsiade

E qual sara?

Fidippide, ,

Ben era




*2tt9

Solone il prisco per natnra4

aihico .

.Ei della plebe.

Sttepsiade

Col di fruovo e vtachio

Com'enlra ci6?

FidippiBe

Mai si, ptfich'ei sacrava

Due di agli assegnamenlr, il vecchto e 1 nuovo,

E il novilunio al pegno.

Strepsidde

E aflora il vecchio

Perche v'aggitmger anco?

Fidippide

st0lto, il chiedi?

E fu perebfc un di prla venendo' il reo,

Componesse la lite, anzi che dopo

L'aver gli fos&e con suo danno lollo.

Slrepmde v ** :

-

''^'''/' '

'

Ma perchfe mai dal Maeslralo il p£gii6'

Prima del vecchio e nuovo gjp'rno h lollo,

Anzi che al novilunio? '

Fidippide*

E lengott; parrrii,.

De' ghiotti il modo; appena ban strelto ifpegno \€i)

De' liliganti, e si sel gtfstan essi. TStripifadi^

''

Su danque, o lassi, (juasl ktoiti assist,

Dovuto scherno a hoi che saggi siarao;




$92

Pasta'

....

Of ttia rovi&a

Fia cotanta impudenza.*

^ ^

Strfymde

Slrofinato

Col sal fia sano (63).

Pasia

E mi deridi?

y SfrepsiodS;'

Forse

Ti basterian sei congi?

Pavw

.' Oh^Oi&ve oh Numi

No che impunito non andra tal detft).,

Streptiade

Mirabilmente de' tooi Dei -m'allegro.

E quel giurar risibil (H^a ai dolti.

Pttsia

Puniti in breve andran quei dfclfci, or dimmi,

Paghi o non pagbi? e parto. j

>•

Slreptiade

tAlquanto altendi,

E avrai risposta intiera.-.' /•>*

Pasia .•. •

©rnw>'

chepensi

Che oprare ei voglia?

T&titiiAnio

Pagheratti al cerlo.

yGoogle



Strepmefo

Dov'fe cokai cb« l'aro a me domanda?

Dimmi ch'fe questo?

wPaw

> Vn madio.

Strep&iadt,

E nozzo lanto,

Danar mi chiami ? nb w sol obol dare

Voglio, a chi madio gft obiamo la madia.

Non pagherai?,

Strepsiade

Non fill ch'io sappia. Or l'uscio

Tosto mi sgombra.Pasia

E vado\si, ma morio

Possa cader sjo non depongo il pegno.

Strepsiade

Colle dodici mine anco perduto

Fia questo pegno, sebben ci6 non preghi

A te, se madio stollamente hai detto.

SCENA Q13NTA

Aminia, Strepsiade, unTesUnaonio. '

Aminia

Ahi me mel ••..-«

yGoogle



294

Slrepsiade

Ch'fe stato ? e chi Ik piange ?

Egli un demone forse £ di Carcinot '

Aminia

Saper brami chr sono ? Un infelice.

Slrepsiade

Onde venislf nedi.

Aminia

Oh irato demonet

Oh ria forluna, che le ruote infrante

Hai del mio carro Oh Palla4e, che volio

M'hai in rovinaAh*; „ . t

Stresptade

Danneggiajo forse

Tha Tlepolemo? jr

;

Aminia

II luo dileggio, Wslo,

Cessa, ed al jBglto ch'ei mi renda imponi

II ricevuto argentp^ or che infelice

Cotanto sono.;

Slrepsiade

£ quale argento?

Aminia,

Ch'io gi^gllfiedi. '.,

Strepsiade

Ma tu male assai

Slia di salute, parnai.

yGoogle



295

fiminia r

r ^ f, kfti ;di Giove

Lanciati al corsp 1 miei> cayai cadeva.

Strepsiade

Qual uom cbe 1'asin. rovesci6 veneggi?

Amima,

Perchfc ritrar vo'il mio vacieggio dunque?

Strepsiade

Ma doq sei sano ajipieno.;

Aminia

, . Qr come?

Sirepsiade

Dato

Per caso, di\ non I'Jia il cervel la volta?

Aminia

Ha tu pel Dio Mercurio, or fa pur caso

D'esser tratto in giudizio ove non pagbi.

Sirepsiade

Di', pensi iu che nuoya pioggia mandi

Giove dal cielo, 6 la medesma sia

In alto g& dal sol rilralla prima?

i

Aminia

Nfc '1 so, nfc '1 euro.

Strepsiade

M il pagarti h giuslo

Se nulla sai delle celesli cose.

Aminia

Sei gretto si che il capital pagarmi

yGoogle



Ora non possa, almen porgimi i frutli.

Strepsiade

Qual beslia h cotal frutto?

Aminia

AHro per certo

Non fc che Tor, che in ogni giorno e mese

Via via crescendo maggior fassi, mentre

Discorre il tempo.

Strepsiade*

Ma davver ben parli.

E pensar puoi che il mar piu grande sia

Che gi^t none i'era dianzi?

Aminia

Ognor to slesso;

N£ saria bene, afffe, ch'ei grandeggiasse.

Strepsiade

Dunque se il mar che tanti fiumi arcogiie

Non cresce, e lu veder vorresti, iniquo,

Crescerti l'oro? E ancor da qui non ftiggi?

Servo, il flagello.

Aminia

II testimonio invoco.

Strepsiade

Vanne, a che resli? non ti muovi, Sanfora? (64)

Aminia

Ingiuria fc troppa,.

Strepsiade

Ancor non vai? Ti pong*

yGoogle



X 301

II Banco gia, ca?al da baslo. Oh faggi (65) ^^Ben t'avrei mosso colle ruole e '1 carro.

SCENA SESTA

Cbr*

Oh amor d'iniquilal Ve' questo antico,

Perchfc Tama, fraudar l'oro devnto

Esser non pud, che a tal so6sia in capo

II merlalo casligo oggi non pombil »

Trovera quel cfr'ei vuol, figlit) che vmca

Ogni awerso oratore, ed alle leggi

Contraddica ed al ver con arli prave.

Ma fia, ben fia che trn di moto to brami.

yGoogle



ty/ att a, - ©.mWTOan »

r

SCENA prima

Streppiade, Fidippide.

Strepsiade

Ahi ahil vicini, cittadia, pareoti,

Soccorrele at bailuio. Ahimfc .1 mio capo

Ahi la mascella iodegno, il padre j>aUi

Fidippide

P«r certo: :.;-.,.-

Strepsiade

Udite, ei baUemii confessa.

Fidippide

E lo ripeto.

••, Strepsiade

iniquo, parricidal

bucator di mura

Fidippide

i ;• Ericomincii,

Ed altre iogiurie trova; il sai ch'io godo

Anche ia udide. ; ,




X 301

Strepsiade

Infame

Fidippide

quanta rose (66)

Spargi, padre, so me

Strepsiade

Tu pesti il padre.

Fidippide

Che ci6 sia giusto il moslrerd, per Giove.

Strepsiade

E come giusto esser mai puote, impuro,

Dar morte al padre?

Fidippide -

E tel dimoatoo, e vkito(

Dal mio parlar n'andrai. - l

Strepsiade

Vincer tu speri?^ 1

Fidippide

Piena e facil vittoria. 11 sermon scegK J

Che usar io deggio.

Strepsiade

-Quai sermoni intendi?

Fidippide ^

O Tinfimo, o il maggior. ; ^ -

Strepsiade

Lasso per Giove,

Che dotto R vero in ctfntraddir ti voBi,

Se proverai che a dritto il figlio debba

yGoogle

. i»L

i.f,' y=j



Oj^dfiare il padre

*/ Fidippid*

E persuaderlo speroA te cosi, che dtapptgnarmi poscia

Ogni desir ti cada.

Sirepniads

£ udiffti voglio.

SCENA SE€OM)A

Slrepsiade, Frdippide, Coro.

Coro

X) veccbio, in le sla il prowedere ond'abbia

Di lui vitioria. Ei si prolenro al cerlo

Senza ragion non fora, ed havvi cosa

Che ardito il rende. In lui palese & Iroppo

L'animo audace. Or dir lu stesso al cor*

Delia rissa dovrai l'allo principio.

Slrepsiad*

Dirovvi come incominrib la lite.

Cenati, e vel sapele, a lui richiesi

Torsi la lira, e a lei sposare il canto

Di Simonide del monton losato.

Ed ei tosto rispose : inella usanza

Essere il canto infra le lane, a guisa

Di donmcciuote marinaiite Vow* (67),

yGoogle



301

Fidippide

D'esser battuto e conculcalo, forse

Tu Don raertavi, che m'bai chieslo un canto,

Qual se Li fosse una cicala a jneosa?

Strepsiade

Cos in casa parlava: & uo poeluwo

Simonide aggjungeva. Appeaa, & vero,

Ma mi conteoni pure, e dale il mirlo (68)

Chiesi d'Eschilo un brano. Ob btn, rispose.

Ch'Eschilo pongo al primo seggio; ei pieno

D'alto fragore, ognor scomposlo, duro

E scabro sempre. Come in cor commosso

Fossi il pensale ; eppur frenala l'ira

Dissi: Mi canta piu novelli carmi,

E i piu eleganli, ed i piu bei mi scegfc

Ed egli losto un lungo dir minluona

Ahi dEuripide, d'un fratel narrante

Che d'uierina soora avea Iriontfo (69).

Scoppiava aliora e suonar fea gli ollraggi.

Poi, come suolsi, da un mal dello -airaUro

Trascorriamo; ei si slancia e mi percuote,

Mi calpesta, m'affoga, e morlo vuolrai.

Fidippide

Forse cbe non fc giuslo, or chei non lauda

Euripide il gran saggk>?

Stvepsiadt

Jigli gran saggiol ,

•

Qua favellar? ma nuavi colpi ipcoulro.

yGoogle



30$

Fidippide

Ed fc dover.

- Strepsiade

Che parii? io che amor Unio

Posi nelFeducarti, e balbellanle

Tu appena ancora antivenia tue vogUe.

Dicevi: bombo, ed io corresa col Vino;

Pappa, ed il pan porgeva; e se queWaltra

Men nelta cosa, fuor dell'uscio tosto

10 ti recam esoi?reggeati ancora.

E tu lpfcutTkio Jpell'uopo stesso grido,

l/uscir mi nieghi, e soffocalo quasi

Sconciar mi sforzi le pareti interne.

,

CoraGia palpitar ai giovanetli io scerno

11 core in seno alia risposta intenti.

E se giusto dimoslra ei 1'oprar suo,

Nfe un cece pur deU'epiderma io dare

Vorrei dfr* vecchi. Da le vuolsi or dunque,

:

squassatore e vibrator di nuove ;

Sentenze, in traccia irne di prove, e appienra

Al dir che- giusto appelli acquistar fede.

; Fidippide

Com'fc dolce di nuove e saggie «6se

Oruarla

mente ondefraudar le leggL *

Studiava in prima sol io gH usi equestri,

Nfc tre parole io proffefir potea

Derroresfeevre, Ma da ch^ mi lolse • .

yGoogle

$3A colai cose, e al metfctar sbttile,

Alle sentenze ed all'orar mi diedi

;

E credo ben mi sia '1 prov&i* concesso,

Ch'fe gissU/ cob* .casiigar 9 padre. 1

Stiepsiade

Ricavalca, per (Jiovevc m r

fc piii lieve

II nodrir la quadriga, ebe 9 cadere

Sotto il bastoae infranlo.

Fidippide' *

Or 15. ritorno

Dove il sermon m'hai rolio, e a te domando:

Mi batlevi fanciullo?

Sltepmde

lo si, che tulto

Era di te sollecito e t'amaya.»'

Fidippide

Or non t giusto, di, ch'io pore t'ami?

Ch'io ti percuota, s'fc 9 picchiare amoret

Akidr^ immune 9 tuo corpo e non il miot

Nato iibero io son, se 9 figlio ha pianto,

II genilor nonvuoi che pianga ancotat

E, dirai, legge che 9, fanciul cio in^iiplla,

Ma due volte fanciullo 9 vefcchio fc fatlo,

Io ti rispondo, piu deU'altro ei piati&a

Se a lui fallir eaten; liccii;

• ; )•

/ti'-] OhMaggie uiuna •.;

Vha pur chedaniwattefipe*bos&i ihpadre. <: .

yGoogle

mEd uom qual n$y«s<^lai ftOfc<*jtTfi1 ti{ \

, Y / o

Che pro^|g^lgfl

legghli&

^?

afipe4^lp1)

4 j^^gI vecchi trasse?Jj)fe^o^^ ojM6 jq { j

Altra ai figli recarne,a#^$pi loro

II ripicchiare i padri?^^gi;f(p^Sao3naiflOLlt fll

De' colpi abbiate anzi^J&Jfgg^ dati,

E si en sf^f^t^ i^punemenle colte.

Or mira a' galli e aglj^^^ruti, comeScuotano il ^e

0(E^Wb ;|8fry jaglo ^ :

'.f,', M

Essi da noi quanlo mm scnvon Ieggi;0jl(V)1 ,$

Ma beo, se i #^ i#i4K£ij^ ^ tglame

Perchfe non mangi, e in sul baslon li ajg^^j;

t

Da Socrale non fora.<; )in non ,

t (j

Dalle percosse, o le eondanni a J#;(£^%tog; ,m j«f{

E come,^,,,100IHI

jj'

'

98 a

'•*;?:« 3i.%«*«fea iol ooua'Jo SIS /Oil

PercVMJ$^fc deSSio«

E tu 1 figliu^^lflr^^W tyifiWfr imA mr> s*

E s'ei uoo flfg^'wferMfe igdvRM D0.1IMj flj

E di me pur gj&rfijWSW1*'/ isq oi t»d .idufl

OS

mStrepsiade

O veccbi, parmi ei <R ragion faveffi;*

Qoetarsi fe d'uopo al soo parlar, fiat ginstti

11 pianlo noslro sc faffir ci avvenga.

Fidippide

Odi argomento altro maggior.

Strepsiade

Son m6tio.

Fidippide

Quel ch'era grave a sopportar, io fotsc

Licve ti rendo.

Strepsiade

E m'allegrar di taritb

Come potrai?

Fidippide

Percuolero la madre (70)

Di le non men.

Strepsiade

Qual deilbl abimfc qual dello

Fia maggior colpa.'

Fidippide

E se il minor serraoi>e

Proverit ch'anco lei baiter si deggia?

Strepsiade

Se cio farai non allro a oprar li festrt,

Che con Socrate a paro rovib&rli

In burron fondo, 6 col sermoir peggiore.

Nubi, ben io per voi ^oflSro lal'daiiuo/ '

SO

•

ao6

Ch'ogni mia cosa appieno in voi commisi.

.* Cqro .•»

Cagion solo ne sei; mal opra fesli...

^. .

,-•<

Slrep$iade

Ma perchfe cio non dirmi prima, a torre

Uom vecchio e rozzo a $i falale spewe. v*ii » ..

, Co™. ,. ..:<?#

Iramergere nel male usiam noi l'uomo *

Che delle fraudi fc amantey, onde limore

Dei Numi egli flbbj$. r r,p\.j

Ci6 m'fc grave, o Nubi,

Pur non men giuslo/^^fraMatlo l'oro

Che a credenzatogliea

oqn mai doveva.Or mio dilello vieqi> equeprapwrjE) . ^/ -

Cherefonle raaQdigtna p^dulo; o iaîerae

Socrale slesso cbe.^g$y^3t,#i&4fnbi. v r? .... .,

Nfc infamer6 i maeslî. ^,j,; ),,; 0

,

f ;;jM^ t ,.. r.

, - . SUfp*i<idv iV a , ,-

j i0 •

fi*. •-,.

.

j (., ftâiînono^r. ,, » j .

II patrio Giove. „., ,, ( ; v^ n »;3 ? ;

. j;; p A-.

Figipp'HlfrF'*- '») Ji'ifY 4> i '* >j

IlpalpioaQioy^ i0 o^mQi :>»]

Anlicosei

Giove che fift?u>,•

T j^

r

3 m4

«i c 3

yGoogle

307

£i non si trova, che caccioHo il turbo,

Ed ei sol regna.: -

1 i; -

(1

StftiptMe*

>'Nol â^Watftv io solol

Fui che credetli esi&r ^6W Ifcrbo GloVe.

Ahime infelice che d'argil av

tin vaso

Venerava qual nume. r- .«**.•'

>

Or qui a itla posta

Ad impazzire e folleggiaf tffn&hti.

,. , SCENi^fift?A,i^ ,

Ahi qual demenza %l«lld ilifecfaeciifi:;

Bo per Socrate i Ntfmil.OH ô* ratfifkV's

Mercurio amalo, e non mi p^di. Insatnbn

Mi travolse un garrir, deh ^ (ierdona.

Vuoi che coslor pubblicamente ref- >

Chiarisca, od altro bramitWltnf corisiglia.

Ben fai, che nieghi a mei $tigî, e imperi

Che invece a quei sofisii arda la casa.

Vien, Zantia, vien, togli urta scfclil, e reca

Ferralo pal, la stuote stecteiidi ed alza

II tetlo infin che sovra lor rovirti,J

*

Se t'fc il padrone caro. AIM tn'atfrechi

Accesa face, ch'ie ptfftir costoro

Splo men vo' benchfc arroganti tutli.

a. *

.<,

yGoogle

SOS

&CW{.K QUANTA.

Socr^le, Discepoli di Socrate;

Cherefo^|gv §£repsiade.

Ahi Ahi? *:o\ .-,*>

r

^ ^ Strepsiade

Face, in te sta dare graft 'flanta****-- {

uom, tfh#*fe*¥^ 'i*ti > jw **

^3€he«<o Jf *car*'ijttfeste 'tftfti ^ ;'

Io vo' dialeliziaSdci -awwiq- sd * ^ , < ,.* •<<

Discep*Uheemdn

Cosi la casa?

Slrepsiade

L'uom cui lolto avete-

Dianzi la cappa.

D'iscepob secondo

Ahi ci rovini appieno

£ questo bramo, se il ferralo palo

Al mio desir non falla, o s'io cadendo

Non mi scavezzoil

collo.

Socrate

lu,ftche fai

ILi su quel tetto? di*.

yGoogle



* $lnpslaie

Passeggio I'tnta,

Kil sol conieroplo.

'

{

'V%ctaie

j

Ahinik che laffogo

Cherefont* t

M'arde

Quasi lu iLu»ma$

., ,,,

,

$rcpiisde.,*

A che insultare H&taini I.

•...

A che si inlenli della Lttflft 4 seggio

Scuoti, abialli, ferisqi, hai piu ragioni,

Ma fia la prima il lor sprezzare i Dei

iLscile, or bastaft quesle daoste a ooi.

309

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,- ,\xri- — .itejw n'rft Vn..^ \\\sa) sj\ tfihôtnk i/

ANNOTAZIOffl

ATTO PRIMO

Scena Prima

(4) Addur veggo la luna gia il tenlesimo giomo.

— Ctofc gft viene il ventesimo giomo del mese'

fra dieci giorai dovrt pagare le usore dell'altrui

danaro , che toglievo ad impreslito. Di mese in

mese pagavansi id Atenei

provenli del danaro tolto

in impreslito.

(2) AUora die il Coppa&ia tolsi. — xo7rnaTia$

fanovg hxLkovv £1$ eyxex&f olxto to K 0ro<%£?oy, chia-

mavansi Coppazia quei cavalli segnali colla Al-

tera K, e Luc. ne parla nel dialogo dell'ignoranle

che compra libri : quesli poi compri un cavallo di

Media o di razza centaurea , o portante il kappa ,

xomrAfopov. Anche Anac. parla di cavalli segnati

sulla coscia col fuoco. V. Od. 55.r

(3) Awoltolar fa lotto quel mio cavallo.— i^ocXfov,

erail

far voltolarenella

poivereil

cavallo sudalodal correre

, prima di condurlo entro la stalla;

quesl'u&o fc rammenlato pore da Senof. nell'Eco-

noa. XI. 1&

318

TmsmWxto^wbfoto?rtbpavt Scoh «mruok. 4*1

Br. e lo stampalo lo chifflbatfypve ftMifUt. r>

jn(a)~T*Wr,rft Feikbîlr-^ JtatyrtofneBte .« ^mfttt ,

hith*atfones CulMam £l$<metUatkm . GolBade cfeiaA

mîesi Iferrtr^jdkpno.iiftramvidaiun^hiogo del-

I'AUica dov'era un suo tempio; Genetliadc Venexa

~^{$% Amh\ri^$n<rtavorh •>* Tcae q«L .3 riAicolo

cfhlifoflloite /îfuJ^r olie-piûia adaperx nel seaso di

lexere, vel telam spatha derwarb, e poi in qnello di

dilapidare.

(7) // catraJJo titjffi^Ji mafetfa. — Ciofc che al

suo nome fosse quello aggiunto del cavallo , cbe

&hiai»am> t/fpo*. CosiVSaniippa che ha btondi? ca-

^llh; €b^ppo ^^ ê^ deio cavalli r JJidippid*

*ome compdsla da dne vfrcibolv significants ônto

^J)rwn?i<>v i'allr* pictfoh>icavalk>; u<

-:

^8) Btkpadce il s&cak -*4 âTJM&air^Xyiyby, lap*-

tenia farina; qui l'interesse del padre. :> ;

^rîi> caValli segiali:. suUa-eoseia col s^hwl.VL

}

, Sccna TIerja. ^

^ (Mfy Ate tftftMmtoqlftttttoilfi: >~- ('lIsr. ^ftute

^preswdnfcforiewio &B* maligitt ailusioue aH* ma-

Google

<hpo drSocFater«h?*«fcilavajJ,

arle 4ell*Ieiatwce,

efide egti sole^ dire:^cfao «taf»ôH*miMm€lo Varto

mMeroaî 'lraierido 4'uwf it fet^bweelt» dallai>gif

gROealro A c6rêy^\V^l*»Sadb i v.^qw,^ ^ ' H

Mm\esldftidmiî to > terr<to§vi^b?fe^«»li)*lrite&

vdno a »oê;<la:ci6la sfci#ccad4ttiaftdar<M Strep-

(12) Molto distesa da Pericle »d*daM> w-Xfak

il verbo *ra£*rafoM,i cfee ha iiduswgnitetfll di e-

sfceudwe e 'di âtarc? e qtfil gravarte di baêlli

xtome* tprna canquUtala. i>\i:«<u, m\\^ w /.-^w.

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ÔtArfav^.-Minn i\ I'

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-.;j':. k1

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ib .'»mji« ,.^; * {.''-tip vyot won fl?'*

* caslume ricmilov e SfofQia&rispQqderidb tfhge

d'inlettdereMal ffooitolo inoscfcso di^raooetaK, e

dice; giari per queHi di •fffiôi 'ctieMKiaoîcv Bi^

Kmado? €h»ila&^^cer le~ Sooto, leâtaxabft j*Bi-

zanlini. *nh£<j -jb '*?.;?- v>jfi» i «;j;» ^niifil *• ;r-?

fafjODii* Xiyoiaa^^^^ gli'Alauesl oteamaiur'H

grabbato Schimpoda. Scol. Da *%//arro e fltfp'-ap'-

poggiare i piedi. II Bi^ citando Suid. soggiunge:

If/jov o.Xiyeodat $ tj/v t&v <pt\o6o<poov xafcfyay £

*pift0ttTîcb^ eJAtetihfa ed

ittgrabbatoi deif»Ho«c#^ *oroc atmi*M*tio* imu-

yGoogle

brcUma. A cina n in ikctivubam lucubratoriam re-

'-.ji

(Afc)J Uwfc-M&tnbnneititfim>fcia#i»,

cosa cbe si

,: a^plge ^tarnd al capo î^^fxâXflcm -e aypmooy

4,' ifripf^^CAM tetaiti Jxttla, ^«iao»#« /dagfe Agri-

roHori, e cpsi deUa p^fcitefat^xicxBpeilftdi catoe.

yrqub M*wt|» dt Iari*rtJdlDfe.<fti dtnHcft Ateniesi

^flW}da|| c(» tampon® Vale ad wtificaf T;afio. V.

da. Luor. MM^. i)eniqupy icurmwû(mTod(r^t

; ,-tfl 8^ftpapfix p?sQm<4tgQiungen~~ II ledfr segna

jl tempo in.iciw.i-accaJder ;questQ fingore ,#&*#>

cxm* : odJfe ,«di2L aotcrieri al DibdîaUtfturasi a

per afttico, fclnritifteflteto St^JasMaJtacw^

yGoogle

daOEroA neUEulei*, di quel re tfEgitto^chfcfconde

conoscere quale fosse raitfkks&*n^><fell^ narioni

ririohnise dee*faft«Mtt in cma torr*, e> tofate loro

1'ttdire egii face umana , e >poich& la priftni<pa»<Dla

rd^ eSsi pronuoiiaia fu #«*, deoise >i<esserla qu^lla

fdei BaQtgoai, chti t cwbdâ«iftte iI pane. Di^> poi

delta luna perchfe gli Arcadi credevanfc* piii antkihi

di queli'aslro, irpoaiXnyoi.

(21) Alle Diasie fe&e: m+J Diasia [esium, quod

Athenis celebratur Jovi; «6 wee «ff«$ gtta* notat

gnoks&u. Mva Jutec iiHcrmi$$* fvtirmt, %d(^lleurs«

£f?o*4. /erta/o lib. d it> finei I tie pftftaft dopfe

v (33> #e cAkwi* lu/fi temerattkl Îri qy<^ta

filza di venluna iogioria non corrispondoBO- pre-cinfaeftte tulle att\>wgmaltty taw ^4» ll

igbi 'modo

fMtrtti che bartino. I t**d: lkl.< ifoUatofo ^ lc<5j>ft$

,^pep toit^ ^t«», wa- le i«fafc ddle* 1«gg*ichlama-

vansi Aijw*?, e su quelle delle xupBis ihacfriv&vansi

Je feftft ^dl i sacraftiii. Co»e poi ^ctfHftfcser bn'in-

£tGiia iooftMi la'sov-ina^fbweieigoifiaBvaxiqudlche

altra cosa ancora poichfe trovasi lb Arisl^netQ cit.

> ^îîiebdiifcibofato cagKliUeslituie moo-

mandato da Ateo. lib. 3, p. 47, ed. Schweigf 4£tt.

9C«p5&* .** ^^fefapmur Humim^ qtinU/iib ifk vocal

jq»i el dNMM»ddUMl9tiai^

&M ciUêûteitf rtafcatiAttataf. :>>

yGoogle

^6

che ii Terrucci abbia ben irUeso,qaesLo pe$$o cltfegli

tradif$e^

poiph^de^,U*a âs^pî ati'tffci«<. V—

ftflWgtip.fi—

MsiS v\ ^W^, .vh> 'mO *<? .

/I (25J. '.ft A?#> f# ,rtctem w%,«wv«r**V<> tfhiu&&sUta iavei^la aJcunaeosa coacQdevasi H cei$arfa

|B;sq WHnqp0'(fiWa jei Ja ^spet^ê iiascostay ma

\wlfr&) Ufflfa me/afti, dife t»hj wmnv$w<?^. <**. &

pqWg$.$$AfQt$ <.jfajmt#mk&np4e

fa*vnigndr*

{{fold Mtyif^

$WnwyJo$t wide^^m t: /ikfo fy#\ davs 1$

I&ofapv#ifflSi\\e fi4lv$$&Wx4*rre milfmdtit^*?

fut plus qu'un repaire de serpent*, Le petiple super*

Stiliwx $rulJiu$^Ss&pg^ dttyrtphete,

fit }ctyUinm$y[ all^w*c la

tfnemde^^

cew iQWby^^ d&toMuwr

$mj$Mmii^ ym^qvhik fcttototm* mrt*nt$f(mr

plus «mrd«tf. ttfi? fao&M*. ihr-upK îet-L'j •- *

{27) Sc tf£^wM#^^^

yGoogle

$17

(tartirwiK Esch. wte rIMM trovtf §d lari^nbkldel

partStty ptiggowj ma ffcft<* 'j&i ffirtÂôf^M^k

(2ft) Gfa gi* sptende la hm. — 11 \e$\\ M

Cratilo che alcuni cos^HeBidMmrfd^^n*/^

site ^^%#tt^

4iy^^l»^^^M^ ^\r^]foft^%

iW

-ij43##w wft'^fl# a&tp*^ ^fe&te

dtogOf^sî ©or^1 agli «£petNttft*%i ti&e f>«fttaftfe ^V

iipifittpufe,. ftrt%&ttj#0*efc* >wfttea&ifcatf dt$i 'AW*

^ptfrUtoêl*r*ftoti^

ckli*an4wfc«ssfr*a tegiittf ft&rato-.cfeffputfe aflfitofc

Con queste frequenti *tta&ofi& Up hw iW Mb'\

tempi un poela 6 cftH*^ d|*wftdersi immorlale, so

yGoogle

34*;

v. hATTQ SEC0NDO

Air}^'^ &,

Scewaa Prima.\*-sm&vS>w.

i *

(34) Or feffeftf pe^no. *— >rap^titfir^&, cibfe)

dantmiu qsatehe cosa in pegno, 4htii sttHntiiekiarao

ecc. U medimmo coDletiev* h% cheiilci, 'll sestaro

la sesU parte, ciofc j 8, il sewisefclaro 4, ed il te-

tranietre signified pure raisura di qflraUflfr. *' * - *•

(38); ifftr cfte faneiutto ia^toWa. ^ Prima 'W ?

vasi iessend» finoieHo. Nail 1 potendofci tfa m>i it*J*'

terprelare questanpassoi , H TefPKc. ittittiagind* ult1

'

allro bisfccio? di- coi non fc ifldteitf »fel le$l., fa-^

cendo che Slreps. inlenda frutlp dellff palma itr^

vece di daltfla , ^piede * *fmos e che rispdndi:

E unffuttb dincertfalbero W e tn<H davar>oan(-^T

quand'era ptccitilo. hO ^ -.,s> .* r *

>/- j <

:

(33) Ilttorio. — iB-iestU dice tf-gallo, >ma' p<tei ^

iordo segu&Hto inrrotd' »adifD«eiier , che scrfese;

merle,per aver unnemeunellano<ttra Ungual »chfc

<*ompr«nda egualmecrte il maschib e la femmina.—

I) Te^rac./dfssc Pa^erd. <-<>- ' ' -

'

;; ^

(34) CfeonwMt t~deoninto era \xn ^(tetr^g^ei

fo/Xog, giltalore di scudo e codardo. ; l ^ '

M r

(35) \Levmki mingoiwo. — -II test haVf CA^

rinli/ Uno Seal: igTi«»an. x>Uato dallfrun: s^tega?

deve dir xbpstt eimici; e^ droeCofinti; pflrdte ctfti -

yGoogle

3*»*

essi erano io guerra gli Aieniesi , e^1

da loro di-

vorati.

(36) Mi schiantan. -~ rvvq offteis] la relicenza

indica quanlo non poteva dirsi.

(37) Chi darammi tm -tello* +*r Acumen Vmjil&

loci . quod tti:paronmasia consisiit versio ttprimen

non potest. Br E sia to. figure nel doppio sensa' di

axoeuppTmos. Scotia diee : Irova modj frodoknti

anoa. o capaei jfi pnfaazGi i Inoi rrqdftorideM'avere;

e Slreps. angusliale dalle cimici, grida: Cbi po-

trebbe , proeurarroi H **ezz0, yw»k*>v , dun vetto

aflinci^ 1« ctmici vi si apprendaao, e cosi impe-

d/We, prifarie d«l poiene di morderrai?

(38) Eniro la mam nnacomccia. -*• II test, dice:

t* *&$ £k t» S*£i#. ';

i

'' »•

(39) £ dirmi , #rs* t*»i A/ cvistalls? -± €he

gli aolichi si servis&ero del croUllo oome di spee-

chio ustorio I'abbiamo anche da Orf. nel carme delle

gemme V. 476 e seg. e& Bermah. ISOfr/dwcoal

traduco. Ove a te piattia **t* fiamma deslar senza

vivace fuqco, ~ U rnaoda pursovrainaccese fact;

— scend% all'iOppojl^ a irradiariod sole, -w-die

lieve un raggio sulk; faci esteiwJa.<— Non avra

tocca appenaegU i'aitosia -?** pHigue ntaleria, cher

fia molto il fumo ecu j^>« -: i

(40) A/ate //<>»»$. .4—-^t/7rrijWDv, che< haimo befle

ali e vuol dire> aobili, n^&wy.ieome^piega'lo Sool.

che diee Jrattai la nwUfocaf. dagli uocelli.

yGoogle

,J3L0>

Scma Prima. -^ «m«*i-wi

loro che le nude sale, le qua&MG^$ iVj|K&r*iU<N»o

i^V^^nfi in &«$ dLAtokfciafeta <*e •*? era

surlo Diagor^j;

.

dlflJfif, aiil t0bhpJ5X ;_,c w ,, :

,SrK^ ,)i/: ITf fll/ obw'J ' ji>'>t -NUt- -.' •• « <: ;h,i

della terra, ciofc ih&%a6t^ a^Y^1\Q]rieQlaU> diîi-

ri Jiov al ^$^^$^04$ <9&i£fe wf .^r

il loro esercô pfUjg^s^^d^jjMJ^. Jiunî to h

.iM^K^.^JHft ?* IP'S* *** 4iW«^S«piliii%B^T*»

? J

I

XdUiv ifjLe&xx, j&rklft ÎcFvoilitf labile, aggiungono,

nauseam facil. >IVl-»a r-

-'

(46) Sei ricco e tneitdicavi or diami. — Maxime»*•: ^<frirtbgtf$$ iaxmîc*%^sbh& ^ rein.

î*mmWVto4™V > ,Js

'J un ol 9do 01tl

4>iivd. tegge/Mi *tfjStf6ar otf^BMle^&^&iî ri-

Ap%cf.iosj topog, rancido, rimbambitrft11 :'^{M 0JH

(49) £>ipc/ie festp. ,-?- .^jDipoIie e le Buffonie

erano antichissime fesle, e Cecide un vecchio poela

rfeli«. ^ ^ iipd^tty'dalltt-

Sfebli/)ulJ <

imsi *n ';

{l

(50) iVomnto sfo//o </a /utfi. ^Wfroj^jElWi^'il

Blrta frtatafeataiiiti&Kîv^fc&y#<ai& l<f SicoL,

i^ftOli [yet tteStelfe ^y^'âmW^bUrf. jJi 6 c

pepernerunt IB^Â^.^WÎf. * ?1^3

<>u

'h

(52) Podoroso ffljjjfaty.

^ .£ v'aggitrnge dozio,

21

marto il flanco n. fjuxpaty? agg&nge) xc*\rt9 ynyk\nv.

Poi -^bfioyLo. fjLcLxpov propriamenle un decreto , un

£k#^&*o%J( ^g«^ ^f«er^v4d[yiit^.4iafii«^Me Ate

euro #;on*ra carum fiontM^d)|a*iIgtaefc propriaaieole

dice : ma quello k degno ( meritevole ) di ollre

dieci mila stalegg ggiifta c^] sp^d'argenlo valeva

due lire e sedici cenlesimi , se d'oro circa venli

(55) Ti afferro a mezzo il corpo onde non fugga.

tf- &Q& XtfAftZ.-Aitfa^ {M^Mftftam^faulierem

«Wft«to tehuiys>: ^ *^ ?»te > -l.M / ;;- ;-*.

condo Esich. V. IlwXiajg (i&x*lP* m Lo Scol. te$ le

molle fonti di questo prov. reca quella d'un con-

trasto avulo da Peleo sul motile Pelia, ove per la

sua mottestia -ebl>e ^ki \Numi una\6pa4* fcibbrkata

d&uYt)laftnoi o:ii>vfiJfcijv> 'j :j oimv>/faoi -n':- -/v/^.

-<57^^6ate6Q A'xfflwqsftllBT-. ^axwpn&priamenlte

compaindicovf y.qbisoiuurm^7 m(t ateQ*er; ed aacfce

< iX^iiGititifajfop&yifikBp mm inftm* misiai -^<l\

test: ihajii^vs/w^

iaadulierio veniva L

punilo di jaalo.Tal vocabolo

venae poi per traslalo a significare lofame.

yGoogle

(59) Altai j/forilo « macro. — QtfMto*- >rVefftb' It

ripwto dal ©in*. w^tott6a^4fre|te.^^{jba4l Br.

ete, ôametfle ftotini? 4o regale at fiîo^fta fioA

eas*^tfii*i Vetei's^ttoti. <( ««m .,o p-uiô .^s

• s^ :' ,•/ -'*;» '/^v)

<.;i;^';f;. .'• dioup *; rxic1.Vt'

&*na Seconda.^ v

lat. sulla fede dello Scot, che aggiunge ^/fe^vy

„ Scena JeriaH

'

.•.> v-; r-o kijr..'» t MJm'ffi lite osu^l &i <*]*<•**. oJwv

coloro che loglievano e preguslavaoo i cibi/pîraa

che fossera par&U sulle piaaze Oi tfpokooftyiJfiwtss

xou aspQstm'ovnwski oife\7rpiw\dfwctyopkyiyi^tiitfhM

Scol. e si chiaAatiHSGf ghiottonrXi^/i'll Bronc-vi

vede uatmaeslcal^, e<si qu^rehi<olre\ne^9uo<> fra

^yiustratori.detoattL^rech giiabbia iûiamentaU.

c -u^l <

L

.r7 I'il-ic^'h Oi^X'T' rwh'v-v .»»<:i.s'Mu tt<

(62) // pezzato cavallo. — if*/^, ana glossa

spiega nwx/Aos variegato; un'alira T«%»y. veloce, e

yGoogle

324

Suid. inlerpreta sjieifeJ&i coldrc, e -âph hnog \\

cavallo di tal pelo. Fofse h quello da noi detto

sloroello, che $. d$\\ficiii

{rare quel volante.

(63) Strefnato col sal fia sane. — Ciofc prepa-

rai&te la* jf^lIeT cirt s£M e ISttfeni' mi 6^, come

*

(64) iVow tf rouotp Sanfora. Gome se parfass£ crt

suo cavallo. Sanfora era uno dei nomi dato dai

Greci ai cavaUi. '^ --iiV; -°

(65) Cava* da fowto. — 6£tpoL<pofog 7 propri^fjaente

e <fffi*i m: mmmnb tptM lunatis. Suet. Vil. dv

iHWâ^ ûriW {

ilii0i»li wrtii-

WRivHil *jtiiuii

ltikt$for# mftdrJtuK fiktie fi elle cose

$MmmiV& ??m%$ 'fMin&&\ caValfc

ai^dfelilea/ihtatiii âtop'eTa^fe'ne fejrfc $ywr

a»M MricM^&frdtS *qi» ktalio meho

^JSzM^gli *2ttti ? (feôfii^bme iriâria,

perci6 posi ,

da basti

1

, cfte ^ Vefeifvamente al ca-

vW%»v; dfd &ier e&'ft fori^te a qaei del

lik iV;cap. 4»

#p*H& f/Arêbfor^/StHn, 4

74-f.

ATTO QUIKTO^,., bt ,

,(56) Infiiml Oh quante r*?e ec.t

<h ,hôf^m^.V; la penult noia deU'atto 3.° a c$i jmoj Jifîw

questa conlvmelia , che & era faigo,qui fe pro*

fnndum instar X£%xoy, u*a:dalla slessa causa. E

Gtdv. Sal. 2. /titer SotraJtcof no<mima /bwa Ct-

Scena Seconda.

. V :'; .v./., ..fj;

(67) A ^wi>a eft e/oftntcciifoi^ maoinonf^ ôrxf. -r

JMtlljeres iVi pi^Jntio fnofentes c«w(u/o^rem fallebant,

erantqne ii* p?culiqre$ fuaedfm cantiUnae, iniyJAiy

vial #c/ae. Brim, Arisfaph. nomet, cwcuw fas^dennent a fy jWj&t£ ,<?e|ff #*r jf/r f^ritf ^<î pirne

teftfO*r*fa y ^f^ Nop }fn&qer} p^tez^nnoiîmt

inieu$ wlaprwnlk ?&$$ l^î^%9^^'Dujp. Cid êp^^|jpoî^^np.. c^V®) * ^**

parlando perbocca tfij^jôênie < }êsUpiin-

cipessaass^p^ce^ che la musica 4webbeêsêjre

interdeita usi ^yHlir

TfP%,.

A\ 5 ,

,I4\',

'

(68] JB. dafa jj *wt<k^ .)6«*fi:&

jp/f?« <W?*f »

ttimi gwt in cQt»iw Sco/toa <*fk^< , w rpyrti wi

4<mri ra»«fi lesebat nînn. BergL * /;

yGoogle

mtto^tiW^to'Hlli^v.'ns'W^^ »d*bivfi nod osi^ii

dsfclaind qui il Bnmkj qi&to d^la*am. lefev^er^fcf

/«^. Cort^^'eciWa urtU fctetfdiartate&^tibnfc^

dello di A. di cui la fanciulla non ttog»i<# ft***

ta bellezza el'acame, di qnanto intendesse la lor-

piludine del V. 653 (V. la not. 2.* della 4.a scena

dell'At. 2.°) Polfc Tuom rozzo persaadersi non essere

iniqua cosa nfe avversa alle leggi, che il padre

fosse dal figlio percosso. — £ giusto che da not

si pianga se non operiamo il giusto — ma allora

,che il figiio dice voler pare percuolere la madre,

si sdegna il padre nfc pud udire tanta scelleratezza,

convinto che noa-v^ oia im attara-eosa piii innat^

the la pieta del figlio verso it seno materno. Ed

h cid vero. Ecco dunque l'actime di qaesto passo.

II poeta mira al dogma dei filosofi e d'Enripide

,

che prova falso, non con argomenli diretti ma, ci6

i'he e pur meglio, dagli affelti di Slrepsiade tolti

alia nalura stessa. Insegnavan costoro essere il

padre Taulore della vita, la madre non altro che

- terra ricevente e riscaldante il sen>e. Son noti quei

versi dEuripide nelTOreste, ove il Tindareo ed

infelice matricitttL scuta il s«o delilto. Mi genert

*] padre mi partott Utt figlia, come tampo che ri-

yGoogle

38?

fesfc it seme ^KaUii^t sparge Sea*a il parti* ii

figlio noo avrebbe Tessere. 4(Dbdvuli 4i ; coUie

doUt'wte.(kmvtim

i~figlitfcA*

*givMiNe^ritfr&$to

feftta Bgfvp&.flon £11013061 f» itc ib / ib olr.-b

-;f?? /«i 3^;.f/ba'.)J«i oiiiBup ib ..^fiê'l *> 6.\ssibd *>::

#«*.-»> :i ultob

g.£ Jon .si V] SM V j^- «)ni .fjj/q

*j*w?e. cvj j*T*)b.6uai9<j oxxci moo i MvQ •/.£ JA'ifab

rnfosq I»: Ofio ,i$gsi s IjB s y~9vv£ ^n i^.o') fifprn*

ion i4

.b f»rio oJîii^ 3 — o^.-uy^q oiigi kb sôt

ji>Toh«i £fn

—oteuig li oûsnoqo non r*. ir/'Tuq f

.nhim* £l sisJouoifuj dniq i^lov <oib («J^ ft oji:j

,*s.v>l«T*'i.':-08 jG^rJ oiibi» 6uq so jnbsq u 6rgobn i?

^Jcflfli ii j ifcon r. Jii/nn gîo jiy nm £>rf.-> oJoivno^

*»I ocnîum on&a ii osisv oilgi? bb ^Joiq sii

,

^biqm'STb o floôfft Bb £mgot if $iuV fihoq H

6te jgcii fi.tftirb ilaowogis <k»3 ncn ,0*1*1 svcmj f:d>

siloJ sbniafp'TJfc ib uJsTIb tigfib ,©i gsm n-q 4 on

srio oiJffi non f>ibi;m si ,j$Jiy slteb ^loituti'I sibjb-i

jfoup fion no8 .90192 U sin&U&om s a'n^-^.on fnv^

b ri oonfibfiiT if ovo .dJesnO'itan sbiqnu/I'b i^sy

yGoogle



-i*i-».'i'r * i

/.:.v. : v>-

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Y Digitized byGoOgle



US VESHWE

Rappresentata in Atene

Vanno 2. delV 9>§.* Olimpiade y

423 anni avanti G. C.

Digiflzed t

OT/.JMO^/Ift

'•U<Mjjj<r»m &\\m\ M,.yfrs wm '.•/M '-m\.~a v'^<**

* I

SbYiito .vt^VtoiKiiVl 'iU;-^ tab rv/jv 5*1 cJihdV-j.'- ^ t*-.

onm awn;* «jj o\'o:V* . %\\rA stun ii ?M*. vw>rmir

»1 XrtoV» ^Ofthil'AAl .oHi'i.Yiib jW-..-; ttl ftf iuh*>/''. lb

*•* *v*U . .ftssvi'i'i- 1?, k4s^fti ? ^ m Mrt?rei-^.v.*\i? n\^

yGoogle



ARGOMENTO

II vecchio giudice Filocleone invaso dalla mania dMe

liti , 4 custadito in casa dal figlio Bdelicleone , onde

impedirgU il continuo sedere in iribunale. Menlte egti

tenia ricuperare la liberta, soprawiene in sua soccorsp

un core di gindici masclierato da wspe , ma non riu-

$cito loro il colpo, Bdelicleone ad ingannare il padre

$li propone di giudicare dd domestici falli nella pro-

pria casa; giunge in questo frattempo un servo adan-

nunziare che il cane Labe , rubaio un grosso each

di Sicitia sc lo aveva divorato. Bdelicleone colla la

circostanza istituisce il giudizio. Aha allimprowisd

un Iribunale , nomina Vaccueatore e il difensore , sm~

troduce il cane che acensato e difeso viene assollo per

inganno dd figlh. Finalmente Bdelicleone percke il

padre si ravveda lo conduce ai teatri ed alle ceneted

tgli siffaUamente in poco tempo vi si awezza, che ri-

pudiato ogni desiderio di liti si da intieramente alle goz-

zoviglie, « termina la commedia con iulti gli stravhzi

4c$U Mriacbi.

yGoogle

PER&ONAOGI

« nf 3 ** *s t> 'k t #

Sosia scliiavo.

Zanlia scbiavo. f 7<

' i

4

« . ./ / .-:

-

Bdelicleone.

Filocleone. A ,.-•--

Coro di vecchi mascherali da vespe

Fancinlli. .

t.

,

Bandilore.

Tesmolete. . ' '

;

A-

%

Accusalore^-,•:

Servo di Filocleone. VIM'-''

Pristinaia. p,j t r: ».

J

Euripide. -y,}:\ . \t h- : .^c,, >

AUro accusal©^ufl: * ,'» I ' - \'-.Ti /•

•

5^,-.l\

LE tfESPEi *

ATTO PHIMO

SCENA PRIMA a, f .A

Sosia, Zanlia. ) :

f. I

•*•<>,;: v <>:;, >:j .\'\i. *> it. ; ,\ >

Che fai, Zantia infelice?-al rS

Zanlia •i.'i'.m-,

Io Farle apprejWfo •

;< ^

Delia nollorna scojta. - ^'

,jl J 'mU> * ;

Un grave 'dan.no ^ i ^.v^

Volasti al cerio ai fiancbi laoi. Ma dimmi- ^u^m*^

Sai tu qual beWa custodir n'e impostiW^* -^ ^^

Zantia

II so; ma alquanto ancor dormir desio.

Sosia

In gran perigHo slai, che un qoaiclto dolce

SugH occhi miei si spande.

yGoogle

ZunHh

tflû ;•<. ? : Impatfti forse,

i Coribanti imiti ,. >..» */

So«t«

fr ,n ^1 . în sonno tinvase

M'ha dal Sabazio Nume (\).;u) f

;c ^ tJ v

c 7 /; , j ; i 11 Dio Sabazlo

Inchiniam dunquejcbenhepoê ifcyase - l f

Qual oste Medo le palpebreôr ora

Ninnante sonno,» «hd<iU foe^faiilafcmi -i•

u

rtri ;»

A me fu largo. <\±1

Steia

EL Hon mai visli s6gni

lo pure accolsi; ma primier ii nam; ' ''

Grande un atpifl&wfr ashfoiK>i fa' mezzo

Spiegare il voJo, e 'CoWacuto gritfo j * :*uS l f

Bapir dr broozo: im ampio srade, e lung* v ÂNel cielo alzarlo. Indi lo seudo stesso * a .-, , : tô

Rigeltar Cleonimo. , /^ i . t li z, .*'

Oh da quel griffo

Nod ei div'ersol Ma possibiLUa,

Diran'gii amici iftsiem raccolli al desco,

Che in cielo, in terra, i* mar la belva slessa

Lo scudo geHi?:.' ,- f

\ -

''^ '^- , *?:.** *--:•/ i'1

yGoogle

33*

^ ' Atnjlafcso me gran danir

Mi fia tal sogno. •'.mv J/.,-; 5 1<>

( i , E;noo Iciier, che null*

V'ha periglio, per Giove. . **} ^jm'A otss<<}iS. it jcd H

' V.ta^ ^1 f* E trislo augurie

Luom che lo scudo jgotâ^rOrodarrai jLUio.uu r oi

Grande, che lutladellotelato AbbriacQiair > j ^rur^

Egli la nave. r;*jje m 1 \ £

Oh la carina tost0)

Bihar men lasc-ialô d vj wr:j] hm j^vy^^ s-ô ;•

Stasia^

^ vat ,Aloprimb sbnnoilp^nre^'o .-««wt'»

Nel Pnice a me >a*tejE Gdnosfliooeoverfe* 1? m;îq£

Agne in consessoi a84i&6r:eoa^)*essfijin\iiiezfeoi vq&H.

Orar balena vonataUe;>se*ikvai ibnl obesit ohio WVoce di pingue troia. oanoo - ') u-J.^ffl

Z<Utftf

Or cessa, cessa ormai non segui, Irftjtyuft ^' « v I

Disconcio cuoio odorat

yGoogle



$*6

v Sosia

. > ladi iimporar

Balcna Irasse ad una lance, e il grass*Librd d'u& bue.

Mi*Sr eh'ei ?uul la plebe

Divider loft*;•**-

:

Staff

Indi vedea Teorfr

Assiso al suol, e avea di corvo il capo.

Allor biasciando a me Alcibiade: Fed* (±)

7tt /a Teofo che ha di eolvo il capo.

Zantia

Ei qui biasciava ali'nopo.

Sos/a

E non & forstr

Mirabil moslro, che Teoro il oapo

Si logliesse di eorvo ?

Zantia

Oh uou gia, cb'er&

Ollima cosat

Svsicr

E come ci6?

Zantia

Dimand f

Homo essentia, ad uw trallo ei corvo apparve.'

Facil t'fc quindi argomentar ch'-el parta

Da noi volando> e se ae yada ai corvi.

yGoogle

«S7

Nfc ti dar6 d'c^^t^hpiio, acute

Interprete deVsqgnJi?^ -j uiiil &m* t>ii 9«*r' $(ts^#Zcw/ui o«d au'b <hd*J

&Q*f&di qualche

Cosuccia m iprifc'K* speAWgr^wtfprto,

Poi l'argomento schiudo. E niun s'aUefefai i >/» i0

Ad alte cose, o a giunteW ch'or ora

Tragitld di Megaraa,A'jn# «w*i i^Jvo

E che la nQG$ d$ tfJN^tflP *$*#» Jou* lfi *-. *</

•

Su chi ci asftplte, ^ f#Rtiefej?ii»crfiiiCOba*;nafi;d 10HA

Fraudato Alcide^^.^-diMuViMtQÂndvabUNbT oi ^Nuova infamia Euripidg£..%;Snon d'acelo

Spruzzerera no

;

Cleon, se ?da)jfOttuB*& o^ghj up,*'Gotanto splende. Or tr^.J^man ci corre

Non inelto arôpaefljte; lei non avanza

1J saper voslro, e4<Qlggapte-»* ddtto.oiJeonr IdkvU.

Piu d'insulsa commedia egli $'<ro»akai> be^nix >:<-

Signor possenle h il na$t$(K e menlre dorme

In quell'alto ^jen^colo^ c'inopone

Custodire suo padre onde non varchi )*&>u amiW')

La chiusa iraposta; ch$\|]$> tnorbo tale

Afflilto egli fc che niun spoosaso oipuote

Pensar pur mai se-nol^mfeift noi primi.

Chi nol credf,HWfcWii-

E dir s'intese

Da Anai^(p <;

g^rpQr,di).;ft»fnftpo[)8g)*4^^^ omoJ

Ch'ei pativa fa&upefoei&^dîbmvi* £'J Im*

j,/}m -i •/. , oc ?g ovot>iifi ov ion Ml

338

Sosia

Afffe che da se stesso il giudicava.

Zantia

Non gi<fc, ma amor n'fc cagion sola, e an Sosia

A Dercilo dieeva; & amor del vino.

Sofia

No, ch'fe morbo de' somm'i.

Zantia

Indi l'afferma

Lo Scambonide Nicostralo, amtco

De* sacrifizii, e de1

slranieri a un tempo.

Sosia

Sangne d'un can, non fc ospilal Nicoslrato,

S'fc Filossen Cinedo?Zantia

Invan scherzate,

Ascoso ei fia. Ma se il saperlo falto

E desir vostro omai lacete, il morbo

Sveler6 del padrone. Ei delle liti (3)

Quanto mai puossi e araico. EgH ne impazza,

E geme ognor che il primo seggio perde.

Non vede sonno enlro la nolle, e Jove

Alquanlo posi alia clepsidra loslo

Yola lo spirlo. Ed il lapillo avvezzo

Egli e colanlo a maoeggiair, ctoe sorgeDel lelto spesso con ire ihi'use dila (4),

Quasi luna novella a lui chiedesse

Dal profumier Tincenso. E .s'egU; Dmo.

yGoogle

33$

Di Pirilampo e hello, in scfvra l'uscio

Segnato vede, si v'aggiunge t d Bella ' •

L'tiroa <fe' «olt. E percbfe il gallo a sera

Un e al tribunale

Corre, e I^l dorme alia colonna slfetlo, '

Come conchiglia a masso. Indi severo

Perchfe ognua daona con prolralla riga,

Quasi bombice od ape a easa riede (o)

Ripiene I'unghie di raccolta cera.

E perchfc teme non il tempo scemi

Le giudiziai pretruzze, e al tribunate

Un di ne manchi, enlro la cas*a nulre

Intiero un lido. In ci6 sol gode; e s'allri

Qui l'ammonisce pifi 'I giudizio vanla.

Per ci6 prigione colle sbarre ali'uscio

11 guardiam che non esca; fc mesto il liglio

Di colal morbo, Gi^i con molli deiti

Tentava ei trarlo a rilasciar la cappa

Onde la strada torgli; ei lo niegava.

Purgollo indi lavollo, e appien le orgie

De' Coribanti celebrava seco.

Ei saltava col timpano, e lauciossi

A giudicar net foro. E visto allora

Tornar vanoogni mezzo, a E£ina volse;

E tolto il padre, entro la utile -ik trasse

A posar seco dUscolapio al tempi*,'

yGoogle

340

Ma in sal mallia lo rifrovfr eke staifer

Presso i cancelli. Or qui »ta chiu*o. Ub giom#

Dallo scolo dell'acque ei put foggivNfe so da qual forame, ornle og*i tuCe

Turammo a prova, ed ei fissi, nei muro

Alcuni chiovi si tra^a per essi,

Quasi cornacchia in raoao. 01 chiuso tulto

II cenacol, di reli il tenlata cittta.

Noman Filocleone il veccbio. e ft <Irfttw(6);

Bdelicleone il figjio aspro e severa.

SCENA SEGONDA

Bdelicleone, FHosleoaS, Zautia, Sosia.

Bitetieleohe

Zantia, Sosia, dorwile?

Zantiat v ,

Sosia '\A~ o;

. ^ ipChe fia?

ZaMa

Bdelicleone fc sorto. £ /, /, .

\.-

:

Ob di >yoi :niunt)

(Eorrcra quinci? Nel cammin fuggiva (7)



344

II padre, c \h siccome sorcio fruga,

Ch'eolro il suo buco roda. Ol^t ti guarda

Ch'egli pel foro del caaal noo esca,

E tu rimira alluscM).

Sosm .

E sart fatlo

Bdelicleone

Oh sir Netttroo qual trambuslo denlro

A quel fumaio 01* ©hi sei ?

Fikdewie

Son furao,

E da qui varso.

Bdeticleone

Oh fiimo e di qual legno?Fihcleeme

Di flco.

BielkUone

Ahi che, per Giove, egli & il piu gramo

De' fumi questo. Ma discendi, o tristo,

Doy'fc 1 copercbio deUiraaio? Oh scendi (8)

Ch'anco un altr'asse somppor vi voglio,

Ed altra astuzia ritrovai. Me lasso

Che ognun del fumo chiamerammi figlio.

Sasia

Compagno all'osdo,

phI'aialo.

GuardaAI catenaccio ed alia toppa, ch'egji

II chiavistel nion roda.

yGoogle



3421

Filocleone

.1 Oli che &let

Iniqui a me vietar Tuscilatefia

Che Draconlidfc la cOndanna foga?

Bdelicleone

E ci6 I'fc grave?

Filocleone

Al cerlo si, cbe il Dio

Mi profeld da Delfo; ove \\ scampi

Aicun de' rei, morrai tu allora.

^ Bdelicleone

sairto

Apollo protetlor, qual vatidrtfiol

j

Tilotkohe

Alfin ti prego non rattiemmi, lascia. .

.

Bdelicleone

Filocleon, pel Di6 Nfcttuno il giuro,

Nen uscirat to 'qaincL

5' r: v

FUctoleone

J A tedet dcuHftte

Mi dar& quella rete.'

>j

'

BdeUdeone

kJ '>] E rion ha* ctehti.

Filocleonc

Ahimfc come Cuccidof comet un ferro

A me qur tostd, o df:

filial sentehza

La lavoletlau

yGoogle

34*3

RdfiUclewe

U^graye danno ei pensa.

rfijocleqnePer Giove no; ma veoder vo\ qui tratto,

L'asin col basto, ch'& novella luna.

Bdelichme

Ci6 far potrei.

c',•

e;Filocleone

Nod gilt qual io>

Btklicleane

Ma meglio.

Qui l'asin guida.

Oh qual trovato astuto

Onde fuggirlil ;.\

Bfalicleone,

E DuiJa val» Vintesi.

L'asin Irarrommi ond'ei non escsu Ed ora

Asinoccio a che piangjt ob perchfc forse

Ti vendon oggjb? Pehf cpaqiina gerai?

Perchfc an Ulisse non sorreggi, gexni?

< %<m&*

Per Giove si, cbfcpje^olonevei reca

Qualcun lit soito. , v

tr.r-« iftdtlicleme

.uj& W Ch'io 1 vegga toslo.

Cosiui.

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344

Bdeticleont

Qual fc, di* 1 ver, chi sei*'

Filocleone

* •-» v Nessuno.

Bdelieleone

Nessun di' tu? ma di cpial looo?

Filocleone

Sono

Di Drasippide itr itaca (9).

Bdelieleone

Tel giuro,

£ a te gran danno ora nessun chiamaiii,

Di la si tragga. Ahi irnlo e il lolleravi

Ben d'un pulledro di sergente hai faccia.

Filocleone

Pugnerem noi se mi ratlient.

Bdelieleone

E fia

La cagion del pugnar?

Filocleone

DetTasin l'ombra.

Bdelieleone

Maivagio sei, ma inetlo.

Filocleone

Oh son malvagio

No, per Giowt «he twin mi proverai.

£ piu allorquando del vegtiardo Eliasta

l/allestita tnammella avrai Ira i deoti (10}.

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rt|«J4 J

Bdelideone

Hollasifl luo rienlra.

Fikclem*

A me corapagoi;

Giudici a me; Cleon soccorsO*

Bdelicleone

Denlro

Cola tu grida cofle chiuse imposte.

£ lu di conlro fra di sasst an? mtfccbio i

II chiavislel riponi, ed alia traye

II gran morlaio appoggia onde sia said*.

Sem

Una gleba m'offese, e chi la trasse?

Zmiia.

;

-

•

DaH'alto un sorcio forse.

SumE ndn fc sorcio,

Ma un domestic** serpe, un giudicanle

Dalla grondaia ch'fc lassii salito.' '

Zaniia -

Ahimfc infelice, ch'egli un passer fassi

Ahi che gia volat o?e tive son le reli?

Bada, bada, ve' bada

BdelicteOne

Oh meglio fora,

Per Giove, Scione cuslodir che il padre,•'

' Soskl•

• ',.'-r^,

Or che costai dfeceiider femrao, % wctae

yGoogle



546

Ei nol polrSt se noi vpgliara noi prima,

A che non tor di sonno un miccinino?

.ffdeHthone :-^ ''if:-:;..

Ahi Iristo lu che ne verran fra breve

I suoi compagni e chiederanmi il padre.

Sosia

Come? e ndo anco aggiorna.

Bdelideone

Affe gK fc verp.

Ma pur sorgeafo oggi pin tardi. Appena

Giunlo era nolle a mezzo il corso, al padre

Venian chiamando diiueerna armiati,

E a lui canlavati qiiei soavi carmi,

Che di Frinico Sthtico han'le Fenteie.

Sosia

Xili caccierem, se d'uopo fc pur, coi sa&L

Bdeliekone

Ahi folle lu che son stizzosa gente

Questi vecchi poi> sai? di vespe a guisa,

Ch'han neireslremq loipbo acuto un dardo

Che punge, e morde, ed ardon quai scinlille,

Menlre cantando e schiamazzando vanno.

Non temer, no, che se.mappigUo *i sassi

Di giudici ua vespaio ia fuga mood*. . , , o

.

yGoogle

3*7

SCENATERZA

Fanciullo, coro di vecchi mascherati da vespe.

Coro

Fa cor; ratto cammina. Comia cessi?

Tal gia non eri on di, ma duro quasi

Cuoio di yeltro. Or Carinade vince

Te pur nel corso; o Ira giiidici prima,

Tu Conlilese Striroodoro, e Cabe

Tu pur di Flia c^a Rvergide., dove

Or siete vol? qui ancor, oh bene bene,

Capped ben veUo qui tutlo;,quaalo .. ,, i

Ancor riman di quella verde etade,

Che fioriva in Bisanzio, allor che teco

Facea la soolta, e gi& oessalq il giorno

Scorrevam la ciltate, ed uii morlaio

Di legno tollo alia fomaia, in pezzi

Fatlolo losto nfc cuocemrao Terbel

Amici or ci affrettiam, che di Lachete '

Giudican oggi, 6: un alvear ripiend[' li 4

Ha costui <Toro buccinar si sente.

Per cid il retor Cleon ieri compose fit)

Aodarne a loi, d'acerba ira fororti

Per ben tre giorni, a rendicar suo danno.

Giudici andiam prima obe aggiorni* e il Juma »

348

Ci rischiari d mtorn* affin che millo

Di nascosto ci offenda.

Funciulla

padre, padre

Dal panlano ti guarda.

Coro

Un fuscetlino

Togli dal saelo, e il lume aitisza.

Frnidmllo

11 <tHo

A cid mi serva.

Coro

Oh, cot malanao statti

Checol dilo

lo avvivi, or meiilre il car©fc dell'olio colaatoJ eh bod ti locca

II prezzo, no

Fandulle

' Per Giove ancor te pugna

Ci fiocchin sopra, spegnerem le lampe,

E volgeremo a casa; allor di lume

Tra le tenebre privi, a dtguazzare

Qual Francolin ne rimarrai la melma (4i).

Coro

E di maggior ne castigai. Ma parmi

Calcare il fango. Oh pria del quarto giorno

Piover def

Giove ch« son troppi i funghi

Alio stoppino inlorno, e scender saole

La pioggia allor che ci& ne accade. I Urdi

yGoogle



349

Frutli dell'acqua ed hao del lento brama.

Ma che avvenne a costui che amico noslro

Or qui dimora, e anew Ira noi non giunge ?

Tardo ei non era in pria ; ma ben cantando

Del buon Frinico i carnii ei precedea,

Che volenlieri canla. cilUdini,

Qui soffermarei & mi# peosiero, e torlo

Col canto al sonno. Che se.i vers* no&lri

Egli oda, forse dalla gioia aslretto

Fora ad uscir qui toslo. E perchfe 1'uscio

Non varca aucora, nfc ci ascolta il vecchio ?

Smarri il sandalo forse, o delle piante

Nel buio offeso ha in qualcbe loco il dilo,

Si che enfio&si il eoalleolo ? o veccbro essendaAddolorala ba 1'inguine? Di tolti i

Egli il piii acerbo non moveasi ai preghi.

.

A chi orando venia: Usiy mpoirdeva,

II sasso friggl Ah cb'ei s'aflanna e soffre

Di febbre in leUf>; per coiui ch« ieri

Fuggi nostra coodannal Ei iarestieco,

Di Atene nostra si dicea ramico;

E delle traoae cbe aordiaao io soano . , i

Paiesator primier; si falia & I'uomo.

Sorgi probo mortal* nfc ti oopsuma , v

Orda te stessoe sdegna Ecc&wg&-veftnB

Un lal di Tracia ch'$ osll wo agola; i. .

Infamarl© ed qc$ide?rU> tu devl

Vaane, fanciullo, va. .., -v

yGoogle



366

Fanciulk

Ma darmi, o padre,

Promelti quanto io da te cbieder possa?Cvro

fanciullino, di' che accattar deggia

;

Un Astragallo gia nomar ti sento.

> Fanciullo

No, babbo, un fico; si per Gjove grato

Piii assai mi torna.

Coro

Oh ho per certo s'anco

Tu impiccarli dovessi.

Fanciullo

AHor luoi passi

10 piii non guido.

Coi'o

Trovar deggio ognora

Colla paguccia mia farina e legna.

E ancor pid cose, e tu mi chiedi i fichi *?

Fanciullo

padre, dunque se il pretor niegasse

11 consesso de1

giudici, mercarci

Come potrem la cena? or vedi forse

Qualche possenle mezzo, o a noi sol resta

II

cammin sanlodElle?

Coro

Ahimfc, me tristol

Non so pur d'onde caverem la cena.

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3iM

Fanciulh

Madre infelice, a cbe pur darmi vita,

S'essermi affanno de' il nodrire il padre

Coro

La bisaccia mi fia vano ornamenlo (13).

Fanciullo

Ahi, che per noi sol si apparecchia il piantp

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.,:: 4 -• .' ' -

•:'

SCtNA PRIMA.

Fil^Qlepne di droit?*. Coco*

Fihckune

Araici, squaglio or cbe dal buoo v'odo;

Canlar non possof che faro? eostoro

Mi guardan, chio vo' allxiburjal recaraii:

A giudicar di niori?. Giov^ Uioâ,

Forle cosl ch?

o*mai fumo divenga, }

Prossiniade, oppur di Sella, il figlio,

Che le ricpbme falsa. sir,|Het0so (14)*,

Cio mi concedi) o eoU'ajrdeniff slral# .* > ^.y

In cenere mi voj^r* e suvme , spiral * ; y, t*

Quindi, e mi gella enlro jjollenle linfa

Che il sol $lempr,a,ya> $ in, cm)iw$Wd*i ss Y$:<)\ty > hJ /

in la pielra su-cui tfaî . rggft^?? »M»q • u i

Degli emessi suffragi. '?> fa? ^lû i-,j-;j

() ,, ,I£,$h'q& coslui

Che sr I'oppr'finf, e ti £i|i<$ig5$ 1'usîQi? * , •?** ^

Librro parla, <ihe ad 7arpiw • i1jh6$L{ . ^,, ot «« Jt.vjJ



PikctUe ^ *

fe il figlio mio, ma laci, ei dertlro pow,

almen sommessa pari*.

Cqto

Ob por^l vano

E cod Ul'-Qppa che yietarli inlendie?

* Filocleone

It tribunale e il condannar mi legti£;

M'offre i convili a rallegrarmi, io t niego.

Cwo*

Ci6 ardia l'iniquo profferir dal labbro?

Del popol egli e di Cleon nemico f'

Osato ei uon 1'avria se di eongium

Non fosse a parle.

MaIrovare & d'nepo

Un qualche mezzo onde fca qui ne vengfc

Or di soppiatto.

Filocleone

E qua $ar&? to il cerca,

Mhai presto a tutto. Del giudizio il palcfo,

Stretto io mano il lapillo inceder bramo.

Goro

Non hai la an buco che tu accreScer f>6ssa,

Poi dun panno coperto indi fuggirli,

Come Tastuto Ulissef

Filoekone

t chiuso lutto

Si che formica non vi avrebbe il varco.

Cerca allro mezzo quel del buco fc vano.

213

353

yGoogle



Coro

Non ti famoaeota ch'espugnata Nasso,

Tu alia milizia ascrillo, alcwii ipifcdi > -

Furavi, e ratto ne varcasti tl iiiuro? : -

Fiiodtedn*

Mel ricordo, ma che? noil parr &H temp*,

Giovane allor rubar poleva, -e totte° ;T -7 : ~-

Eran meco mie forze. IneustotHto *r

''•'Ji

';

Fuggir potevai or genie afmatasUt^i * - •^

Alle vedette in sulla via dtsposta.

E quasi gatto che furd 4e carni, '

^

Due mi osservan daHWio, e i spied hfrfl Iralli.

Coro

Ma, dolce amico, un niezzo cerca; presso

Ecco laurora, alfin t'affirietta.

Filoeleone

Rose

Eieno dunque le reti fc miglior mezzo.

Perdon Dilmna se tib %disco.

Coro

;..

>..: M .».

•

uifaio -

Egli. fc dell'uom $>* sua fcalvezza bttri.

Ma la mascella muovi.

Ecco £ giit *os&.

Ma alii 1&; sol pensi^r voslro sia

Che il figlhiol Mo lrtbh Voda.

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355

Ccro

Oh nulla Aaron ;

**

Amico, nulla Sei grugnisce il core <

Fart gli dolga, e ohe a difeiwler abbia ;

Egli sua vita, onde almen sappia quale

Vuolsi rispetto delle dive al baitdo. r

Or un canape adatta alia finestra,

£ vi ti appendi e ingagliardisci Talma;

Qual Diapile sdegnoso in sen la. r<eca.

Filockone

Fermi un momenta; se qualeun mi udisse,

X rilrar dentro mi vplesse a fyrza,, ,

Che fareste? mel dite.

: Coro,,

AiuterenHi,

Ogni sforzo facendo onde, rtorarti

Non possan essi, Eccoli Toprar noslro.

cFttoefeone ,

In voi m'affido e scendo; or di men&etrja

Sol non vi fugga, che sio morle inconlro,

Tollomi ad essi, e pianto in sulla salraa,

£ vicino al cancel m'abhia .(& \pmbfr ;/

Non piii temer sei salvor wlace salla

Ei patrii

JJiMni invoca,i

. tjUcodgnqyey .

/-

To mio signore, e non lontano feroe,

yGoogle



336

Tu che col pianlo e 't $po Iungolamewlo-

Ognora meco jiajlgpava il reo,

£ a meglio udirla questo lj>co hai sceito,

Che Ira g i e*oi la sol $$*rli elegg&vi. v , .

Alle lagrime in mez^Qv oh miserere >

Di me, lu Lico, e il luo ylcino salva .

Nfc sconcierolti piu, '1 cancel di vino, .

SCENA ^jecONDA

Bdelicleone, Sosia, Zanti^ Filocleoufi, Cor*.

BdeltQleom

Ti sveglia. „

~

\\.

Sosia

A che?\ V

. BwwleQne

Jli pprco$se troa voce.

Forse il vecchio r fimUQ^e

BdelicUone

v ^ . .

I

Oh no, j>ei Numir

Legato fugge. '

, ^

,

;

E che,&£t|{gp,, al pe#>x

Qui non discendi.

Bdfl&eene

.

• Or, Sqsia, Wsto salta

yGoogle

357

Sovra 1'aka fineslra, urta que? rami,

Da quei percosso fia cife lirdfetro lorai.

v ^ fitktidhe

Nft avrfc soccorso <tfa daHbi che presti

A liligar pur siele? ¥e?£dipile,

Tisia, Cremo, Saiitfilfc, oW quando giurtge

Se non or l'opra irostra3iilfen4er forse

Volele voi che piii addenlralo io sia 1

v<•>• •-- &*> ''

\

Or che tardiapao a svegliaO'ira ch'arde

In noi quando lo sckme^teun ne iurba?#

Gia dallo sdegno alzarsi il pungol j&eute

Gasligator de' trisli. I paniaf loslo

Rigellale* o fenchilli, * via_correndo

Gridate, ed a Cleou coMc

tjuel grido.

Ei venga conlro a cittadin nemico

D'Atene, e che perir <W?ft 6$ afferma

Inulil cosa ft giudicar^likuse.

M'udite in pria, nfe sctnama^zar colanto.

C$ro

Erger le grida al ciei vopliam, che quesii

Moo fia da noi lascialo. Iniqua fe fopra

E tirannica al tutto, o dtt&din>

Oh sprezzatore degli ifo^Te&al*Oh ligi noslrij

Han, {Mil 'HfeidV; il dardo



358

tu padron nol vedi?

Bdelicleone

& quel chc al bancoGiik Filippo di Gorgia a morir trasse.

Coro

E vi trarr6 le pure, ognun qui yolga,

E il pungol tralto sovra lui si versi.

Ordinati, slipati^ e d'ira pieni

Ci Irovi e ^appia quale scrame ba desto.

Zantia

Afffe che ^rave m% il pugoar se il deggio

Temo al veder quei dardi-

Coro;

E ttt gli lascia,

la testuggin chiamerai beata

Per lo scaglioso tergo.

Filocleone

miei cojnpagni,

Sdegaose vespe, or ne volate irali

Al posterior suo toslo, e gli occhi intorno

Parte di voi ne ponga, e parte il dilo.

Bdelicleone

Soccorso Mida, Frice, e tu Masinzia,

Costui tenofe nfe si sciolga; o stretti

Da gravi ceppi vi fia tolto il pranzo.

Chio le fogli'e slorrair ne udia del fico.

Coro

Punlo ne andrai se lo ratlieni.

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359

Filoeleoui

Divo

Cefcrope, .lu, chhaj di

dragonla coda,

Sopporterai che oppreô pur io vengafr ... ,.

Or da barbara genie, un giorno aslrelta

Da me a versar^^troTcapace v^sjo ...

„-,

Quattro misure di 4olenti sliile?, ,

{forQ

, r

.•

Grave danno,,£ vegchiezza, or colla fowYincon costoro il lor signpr^ antico,

Nfc piu lefUâoheiilct

;

e .(e. pelliecie „ , r

Rieordan essi', e i berrellin cQmprali, „

E alia fredda slagion cojp ei le pianle

Scaldasse lor. M^ piu |on ban negli occhi

La reverenza delle pr|m$ ^carpe.

Filocleone% ,

t

Pessima belva, e nonjnilasci? uscito

Gia I'fe di m£o(^Qhe coglieati an giorno

Furando Tuve, si $he avvinlo a^ qeppo

D on oleastco^gqpai te in modo :

Che ne destai(

ljipv}di&. Or ben m'avve^go

Che un ingrato pur êi. Ma deh mi sciogli

Pria che v'acco^^ *?g''r -,

(

^,

E a voi Ira breve

Ben ne veirfc ^<^$ljg$ ; e ti sia prova

Che disdegnosa genie e giusla siamo,

E nella visla acuii (45}r

. , ni

yGoogle



mBdeticletoe

' Oh dalli, dalli

Zanlia, le vespe dalla casa sgombra.Zantia

11 fo, padron, ma iu cdtt largo fumo

Tutte le affoga. -

*

Soawt

Non audrelje a'corvi?

Non fuggirete aucof? Scuoti il bastone.

Znniii*

QueH'Eschine di Selli ardi, e s'innalzi

Maggiore il fumo.

Bdelicleotoe

£Jfe li tota Keve

Trarli da loro, se pasciuto il ?ealre

Di Filocle coi carmi avesser taili.

Cttro

Ed or palese h pur eke tirannia

Soverchiava la plebe, e di soppiatlo

Fra noi si mise. E tu, mortal peryerso,

Seguilatore del superbo Aminia,

A quelle che a noi difc la cilUfc nostra

Sanle leggi oe involi, e oon ragioofc

AHra pur dai, nfc coll'orar li adorni,

Dominator U* solo,

Bdelicleone

Or tenza pugna,

Senza acuto gridar possiam veuiroe

yGoogle



36*

A ragionar piii mite.

Coro

A te tl partere,

Odiator della plebe, or cb'to concede?

A te fautor di movfcrchm, famigKo

Tu di Brasida quasi, e fimbriate*

Di lana il manlo coll'inloosa barba?

Bdelideone

Pria che pugnare colanl'ardua pugna, n/Fia meglio forse cbe parlir io 'I lasci.

Coro

N& al preizemolo aoeof, nfe la alia ruga (16)

Sei giuoto pure, e ti parliaoa til detlo.

Nfeancor

tenduo)/ ma ten dorrk pur quando

Faccia tue colpe Toraior palese,

E i coogiurati cbiami.

Bdelieleone

Alfin pei Numi

Parlir volete? se restate ho in mente

Di fieder voi sin cbe nen morto fc il gtortio.

Com

Nol fo sin che di me rim&me avanzo,

Che lirannide ostenti.

BdeMcle&ne

grande o lieve,

Tirannide e congiura agli oedti voslri

Ogni delitto fassi. Io Hon ndiva

Da cinquant'auni lisuouar Hi nome,

yGoogle

362

Ch'or piii vil torna di salato pesce*

N'fc pieno il foro si, cbe s'uomo I'Orfo

Merchi e faccinga scarti, e o'odi tosto

Pescivendola ehe daVyicm bawio:

Farst, bisbiglia, two/ corfut tiranno.

Se i porri chiede onde comlir le acciughe,

Torvo lo guarda Verbaiaola* engtfda:

Cerchi il porrd? preludU a tirtiinia.

E condimenio tal pmsi to fbrse

Ti debba Atene? {W ) & , ,

38 J<a sgoaldrina kri

Ch'io visilava m sul meriggio. allora (M)

Che di trottar le impost if*ta, jiisse

:

La tirannide d'Ippia or gifc ridesli*

. ,Bdelieleone,

Dolci cose ad udire. Ed orcVio voglio

Da tai costumi il geni^r rilrarre;

Nfc ch'ei piii corra in sul imttino inteso

Solo a liti ed accuse, $ viva q»asi

Gifc Morico tea iioi t ?ifet fceala;

Tirannide e congiura or gridan tulti

Che a cid mi muovan *$olo*

E in fe piii grata

Afffe la vita che viveauwnv<« djanzi,

Che di gallina il Jattau Anguilla e rombo

Non euro, e volenlitr ;iorr^v^ap®arB4v

yGoogle



$68

Lite piccina in ui vasel slipata.

Bdelicleone

Gftdi lai

cose t'allegravi, or s'odvMe par tacendo e qoeto, io bed ii pd§so>

Mostrar chVrravi.

Filocltone '

Gindioaodo forsef

Bdelicleone

Deriso sei, nol vedi? e to costord

Nod solo adori, ma ten festi sehiavo. •'

Filocleime

Di servaggio oon dir, che a ogoun impero.

Bdelicleone

No, ma verace servo eri la aHora

Che d'imperar sognavi, e mi pale&a

Qual oro hai colto, o padre, ora che tutti

Id lua mao si versar di Greeia i censi?

FHocleom

Mollo, e il dican cosloro.

Bdelicleone

H diean dunque.

Or libero si lasci

Filocleone

E un brando m'abbia;

Se vinto son sovr'esso cado.

Bdelicleone

Or diorni^

Qual pena avmi sfr i giudi^i riooait j

yGoogle

364

Ffttoktme

Del buon Demone fe it vino a noi mercede,

Da quel m'astenge.

Or del Collegia nostra

A le che membro sei> fwftvten di nuove

Cose asperger taoi detti, on<*e lion paia.....

Bddicfotm

La tavoletta mi si rechi tosto (18).

Ma tu che apparir vfcdi se cto pur chiedi?

fitoro

Che qual costai, giovane aocor, fevelli.

Vedi or grande tenzon che a te sovrasta.

Tutto perdervi puoi s'«i tincitore,

Nfc ci6 mai sia, riraafiga.

MeUcUone

Ed or ftttatt,

A rattenerli fian da me taoi delti.

Klocfeoiw

Or che direte se in partor nw ™ce?Coro

11 consiglio de'vecchi or nulla fora

£ di niun ulil piii; per m schemiti

Nandrem noi sempre, e appbriator di rami (4 9)

Ognor chiataati, e di litigi gusiei ffcfy

Ma tu che disputare eggi pur devi

Del regno nostra inliero, audace or cresci

.. Delia tua lingua 1ft non Here ptffta.



365

FUockme

lo dalle wme in pria trarrb argoawolo (24)

Onde a nallo minor stia il regno nosltfo.

Chi del giudice, e naeglio ov'ei si* veccbio,

& piu beatp, fe piu feJice, e vite

Piu molle vila* ed £ piu (era belva*

M'alzo appeoa del letLo, e dai caaceili

Guardia g& fammi di ben qnaUro cubili

Cresciula gente, esane tosto posa

Morbida man cbe iiienomd 1'erario,'

Che mi si getla a piedi, e eon piangente

Voce mi grida: miserere, padre,

Miserere di me, se mai furavi

Dal magistral tuo seggioua

di lo stalo,

Ovver frodasli il mililar comedo.

Pria cbe assollo da m$> coslui nou ombra

Del mio viver sapea.

Bdetkkom

Ricorderoromi

Un giorno quel che degji orauU bai delta.

Filocleone

Ritorno ai lari mm c^rco di preci. /

Deposlo il fiel quaulo gia disst obblw,

E mille voci odo de' rei gFidanli

Percb'io gli assolva. Oh quai lusinghe udire

Non pud il giudice allorl I'inopia J'uno

Deplorar odi, ed a' snoi danni aggiujige

Futuri danni, e a'miei gli uguaglia; ed altri

yGoogle



386

Favole narra, altri d'Esopo arr motto;

Chi perch'io ridtt e l'ira plachi, arguzie.

Se pielost non siamo, i fanciullini

Ei seco porta, per la man traendo

Femmine e maschi. Io l'odo, ed esri il capo

Belan chinando, e tremolanie.il padre

Qual Dio mi prega ch'ogni mal gli scemi.

S'ami d'agnel la voce, e tu de- maschi

Sii pieloso alia voce; e se t'fc grato

Di porcelli il grugnir delie mie figlie (9ft)

Ti muova i| grido. E Fira nostra allora

Un miccinin si placa. E non fc questo

Possente regno, ,e non curanza d'oro?

Bdelicleone

Ancor delForo noter6 lo sprezzo.

Ma gli ozi tuoi mi narra or che ti sogni

Delia Grecia Fimpero.

fUocleone

Allor che dessi

L'e& firmar de' giovanelli lice

Ntfdi mirarli. Nfe parlire, Eagro (23),

Se in giudizio ne viene ei puote prima

Ch'abbia di Niobe la miglior sentenza

A noi ridetta. II suonator di flauto

Al maeslrato eb'esce,allor che vinse

Egli la lite, grate in sfrila tibia,*

Col legato capeatro il suono sveglta (24)..

Se padre v'h&/,cbe una sol figlia reda

yGoogle

*3<r

Lasci6 morendo, ed il suo sposo *celga;

Pianger lasciamo il teslamenlo, rollo

Colla conchiglia che il suggel n« serba (25),

E diam la figlia a lui fche meglio prega.

Nfc ad allro tribunal di cid diam conlo.

Bdelicleone

Per cid beato soi, ma sol ti grido:

8'hai della reda il testamento rollo,

Hal opra fesli.

Filocleone

Allor che dal consiglio,

dalla plebe giodicar non puossi

Difficil lite, ecco un decreto manda ^

1 litiganti a noi. E senti Erallo

E Cleonimo adulator perilo, /*

Gettator dello scudo a hoi gridare: ^

E mente nostra a voi giovar, $i pugni I

Per la plebe vogliam. Nfc d'oratore

Sentenza val presSo alia plebe, ov'ella

Non sia da noi gia formulata quasi.

Nfc-coniraddire a noi, Cleon, che lotto

Gi& vincea colla voce, anzi ne eaccia

Lungi le mosche, indi le maty ne palpa.

Tanto pel padre non oprasli; e Vedi '

*

Teoro anch'egti non minor d'Eufeoiio,

Che la spugna si loglie, e dalla polve

Netta i saridali a noi. Ve* Ui quai bfci>i

Tor ne yorresti e che servaggio nomi.

yGoogle

3G8

-rr-fy Bdelide%ne ;- ^»

A sazielDt fayett^e fia che im gk>ra<* i

Te ne rimanga ,da quel chiaro Eegoo;'

E vedrai come il posleriore viaca

La lavagione ogqw^a (26). -^ '

E migKar cosa>

E Fobbliava, £ quesia. A Lari torno

Colla niercede, e pel recato argento

Mi risalula ognuno, e pria la 6glia

Mi lava e m'unge il pifc, prona m abbraccia,

E mentre babbo cbia«*a, ha colla lingua

Gia il iriebol di bocea a me pescalo.

Poi mi blandjsce la dormuccia mia,

E torla m'offre di farina in vino

Mollemenle impaslala, e si m'invita

Al mio fianco sedendo: or di ci6 mangia,

Or di quesVallro. ,E eid m'allegra, e duopo>

Non ho mirare a te, non at questore,

Per veder quando w'i si appreMi il deacon

II questor che borbolta £ a me mal dice,

Che avermi leme ad iippaslare altr'offa.

Ho Lai scudi alle offese, e le saelte

Con quesi'armi re*p*u*go. A dissetarmt

Se il vin mi ni^gbi «'ho queslotre pteno,

Mi chino ad esso e men satollo. Ed egli -.*

Gridando raglia, e contra H suo gran vortice (217)

Sconciamentja gia rowha* E quasi Giove

yGoogle

369

Non regno forse or cbe >di me si dice:

Quanto di ltd m* por/ofi e s'fe in tum4tt0 : -^ A

II tribunal, chi*wiway*bi come, ^ce,f ?

Tuonano i giudicaotiô sire 6i<y?elv *

Se m'odon fulminar plaudon le paliae, ?• > M

E si scoropiscia l'opulento e il nobile.

£ mi temi lu per, pert la Dea Cerere,

Tu pur mi temi, mtntre ia morir voglia;

Se te pavento. »i

i

Coro;

Iiwerch'io npn udia'

Parlar si saggio nfc si aoconcio mai.

Bdelicleone -

Non gte, ch'ei si credea deserla vignaVindemmiar dal cuslode; ei pdrsapea

Che in cid maestro m'era.l

Coro*

Ei tulto disse

Nulla obbliando, ondio felice noferfc ( L '

Solo in udido. E favellar de'prodi' i 1

* ;

Mi pareva daH'iaola, «olanto*; j

^J ;

BTallegravan suor delti. n *(t

' j

• Filocieone <•• <v '^ ''-•' >*•*'

'

3J Or coittti; *edi;< j

Slendele

membradr se stesso fttari.

1*

»»»' l ^

Io fard ben<ch'otgfci fbdiai la<$fe*zfc; ^; .i ^

•• >,;•:< v^ .-<•:• jfow ' <•:> -i *v.v;>: ob.ii.lr'*

Ond'ei ti sciolga; d'êpfti -%iMttifiV% ÎT-tiaê:**^^'-' I,L*'

U



37ft

Non placo lira a delta avvejrso. Or devi

AHra moia cercar di fresco inci*a,

Se in melo

sdegnoil

tuo parlar non (range.Bdtlichone

Difficil opra, cui l'usare £ d'tiopo

Acre ingegno, e maggior che> averne possa

Lo scrittor di commedifc, fc it* tor di nido

Un vecchio mal che la x>itlade fpprime.

Ma tu, buon padre, di Saturno germe.....

l ; Fifocleone

Cessa padre cbiamanai, ove tu prima

Non mi palesi schiaw, e t'fc pur forza

Dalle mie man cader, sanco dell'are

Irne dovessi in tando.

BdeUckone

x>- Or, babbo, ascolta

Con elevata fronte, e ragion prima

Fa di lieve -negow io sulle diia,

Non coi lapilli uSati, e fieno i giunli

Tributi a noi dalle cttltati nosire,

Le centesime parti e i dazii aggkingi,

Le sporlule„ le mine, il foro* i porli, ,

La merce, le confische^ e tale cnlrala

A due mila talenli or quasi .giunge.

De' giudici le pagfee or tu raceogU,

£ son sei mila, la ciLU per cerlo

Piu non ne conta: a cenciuquaela srii

Talenli sal vastra mercede dunque.

yGoogle



371

Fllocteone

Non la decima parte.;

Bdilkleoiu

£ no, per Giove

Fihcleane -

Ma dove volge il resto? c

BdeUcleone

A chi: dAlene

Non fallisco alia causa, ognora grida,

Ma per la plebe pugno. E da tai grid

Sedotlo, padre, allor li davi. E mentre

Ben cinquanla talenti aHe cilladi

Rapiscon essi, cbe avvilite vanno

Da si falte minaccie: or date il censo

tuonando sowerto a voi le rhura;

A ie del regno tuo di roder basta

Le minori quisquiglie, e i socii nwlro

Ch'odon l'allra lor lurba or mal pasciuta

Ber nell'urna de' voli, ban del lapillo

Di Conno che di voi maggior la slima (28).

E a lor bacili di salali pesci

Danno, e tappeli, e vino, e mele e eacio,

E sesaroo, e goanciali, e Bale, e lane,

Corone, vezzi, e tazze, e le ricehezze

A saniUt compagne. E' tu the mottoSulla terra e sul mar pur ti affatichi,

E su costoro hai regno; un capo daglio

Da lor non tocchi onde condir luoi pesci.

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37fc

Filoclcdnd

E non fc ver/ch'io g& Ire chieste bulbe

Ne mand&va ad Eocaride. Ma tosto,

Che gia m'anooi, chio servo son mi moslra.

BMkUone

Non k servaggitf forse i. maestrali

Da lor rapiti, e cbi gli adiila riccof

Mentre d'oboli trc ectoteftto andarne

Te vediam pur chfe aflaticaron terre

Pugnale, e mart, ed attefrate rocehe?

Indi, maggior m$o cruCcio, all'altrui cenno

Ime devi in griidmo; e cjuaftdo viene

L'impudico fanciul di Gherea figlio,

Col camminar lascivd,eil

dilicalo

Molo della personal, e si favella:

A giudicar verrai dcftiaii per tempo

Se tardi, i date it sefiiio e nmn ti paga.

Ultimo ei viene, e il' pafrocittk* flrutta

A lui pure una drarama. B se ilpresenla

Alcun de' rei co^sttdl divide il dono,

E l'uno airaltro quel negoaio Volge,'

Siccome sega -che si manda e trae.

Mentre tu ignaro, col questof borbotti

Onde avei* la mercede. <t'•»'

Fti<)0leoite

E cfo mi fanno

Che dicf? II cor mi scuoli ed apri Talma

A pensier gravi* che oprar voglia ignoro.

yGoogle



373

Bdelicleone

Ora a cid pensa. Hai di riechezze ferama?

Ed halla ognun, ma in tente angustie avvokoDagli orator pur sei che popolari

Si van gridando ; che sebben tuo regno

Dalla Sardegna al Ponto oggi si eslenda,

Sol la lieve mercede altro non godi,

E a sostenlarti sol la porgon essi

A goccie a goccie, quasi oliya cfr'^sce

Tarda pe/lana. E a che li voglian nudo

Dirotti, ed & perch& al luo balio grato,

A' suoi nemici insulli ailor che spialo

Verrai contr'esso come qan disciollo

Nutrir la plebe fia par facil cosa.

Pagan raille cittati a uoi Timposla,

Pascan venti garzon, fie^ venlwaila f.

Gui fallir non polra^ came di lepre,

E moltiplici serii,.e si^ro, e sacio,,

,• 3

Alfin di quanto fia d'Atene, e degno;

, A

De' trofei che s'ergeano in JMaratona.

Mentre come il villan che dell olivo j

Raccoglie il frotto, segpiam, nqi cl*i paga.

Filwkvne

Ahi qual torpor la man mi gr&va»7e il braa^O

Stringer mm possol Or quasi svengol

Bdelicleone

E allora

Che gli assale il timore « 4 voi l'Eubea:

yGoogle

374

Promellon date con cinquanla modii

Di buon frumeolo; e ^cm<|ae soii d'orio

Pur ne vede&tff 4jae#i a»cor> eke detti

Voi stranieri eravate/ a te&lo modo

Misuravan col chenice. Cagione ^

Questa fa sol del career too, chio bramo

Pascerti, e Irarli dall'acerbo mo.

Or tutto avrai, solo dibber flvielo

Del tuo^Qtfô^ » fctte.

•iiN:*j E sodm prima

Del giudizio le ptfti%% gaggia detto.

Or vincilor to'ajiârii ond'io jrffcâjfctd

L'ira e lo strar$e£oft£& Amteo e fcocio,

Credi, credi a'suoi&UI, ed iroprudenle

Noo starti e dtfWj Affl'W'W'pafifetffo o araico

Cio parlato ne avessel Un Numa al cerio

T'& aiulator palese, ed a te giOva.

Non ricusarlo tu.]

'X,J T j-

) i^ -\

'* Dargli vo' il vitto

Qual conviensi tftftwvtico Ottraio farro

£ morbido mantel, peflfceia, e ancora

La sgualdrinella eta gli scaldi i teabi.

Ma il roal pre?eggo, eh%i tacendo aromuUu

Che mo' far deggia' pensa, or che paleê

Gli 6 il vaaeggiar suo stolto; ed a peccato

yGoogle

375

Cid ben si ascrive eher a> lqi gi&: flietavi.

Or a'tuoi detti xredav e mo* c&stumi, ;?..

Saggio ormai fatUr, col taoi proprij nwj}a< .. *

Ahi lasso mel f n ^, ^r^: i

ChergricK^ .,</.Uo m*:* ?

' Fttocktin* V i x: :> . bV -

b , ; i., •;

i ;Qf (JeWo^BitaotP i ;

A me pwmetler oggi. la solo bramo,

Solo essenvoîo iOW Taraldo grida:

Fetupi cfei '/ vote .<j9*t <kp$se; e ajt$lo j (j: ,. ,

}

Solo alFurna, e ^ dofl^rvj }) , yoUfcîeffOt : :r > , ,»>

Alma coraggifr e 4a«$ jM'aliBfrjawa/h t ^•',;

In caligine iawlta ^jmaf, risorgM Sl t-q-

, ;i .,j._j

Or Ira giadici ammôl^mtym v / ii ^

Potr& ch'io danni il pfftdaj^r CteoiHf. Dii :f

out

Deb, per gli Dei, padre li arrendi ^ i; A ;i i ;^

TuUo mi chiedi uoa sejrposa4^81^,(0^ =

;Bdelicle<m ^ ^-uitn -jrv\r- :|

Ed fc? chio liB^pia. ;f ir v u ei J>

•-

-^, <Ffhchfm§

v

vw^/u m-V;>•••

11tgûdizial mio seggio.

LOrco ami m'abbm cb'io lei 4ia, . n

yGoogle



376

BMieleons

Se brami

Ci6sol,

nonirne

adessi

equi

rimanti.

I famigliari tuoi danna od aaselvi.

. Filocleone

Celii, e di che?

BdeHokone

Com'essi oprar dei pure.

S'apre l'ancella di nascosto I'uscio,

S'abbia la mulla; al:- tribunal ci6 festi.

£ tuo grand'agio fla cbe allor che il sole

Scaldi co'raggi, e iu giudicM al sole;

al focolar s'fc pioggia o neve. E nullo

Queslor sar^t che a ie il cancello chiuda

Ove al meriggio t'alzi.

Filocleone

E cid mi piace.

Bdelicleone

Se prolisso orator la causa aMunga,

Nfc lu, ned esso avrai cruccio per fame.

Filocleone

Se il venire sazio noa fia mai qaal prima

II giudicar mio retlo.

Bdelicleone

Anzi piu 1 fia.

E volgar detto: Sol chi tim ngione

Sccrner pud rumincmdo il ver dal fal$oy

Se il tcstimonio falsa.

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377

Pilockone

ft ver, ma taci

D'onde trarro lapaga.- <

*••?.

Bdelicleone < r

£ da toe solo.

Filocleone '<

Ben che compagni non #v*6 rtel torla.

Quel mariaol di Lisistralo mi colse

Con opra iniqua ieri. Egli una dramma •

Ricevea per enlratobi ed al mfcroato '

Venne meco de' peaci, e la mutoHa

Gon monela di rame. Irtdi mi porse

Di muggine Ire sqaaglie. Io mi peosava

Gli oboli aver onde caceiaili ift bocta,>

Gli sputai toslo daH'odore offeso, v-

E il cilava in giudizio. - *

Bdelieteone

Ea tib clie oppose?

WHaekme

Che lo stomatm, disse, hai tu di gallo, .

''

Cuoci il darwro, e rise;

BdelideoTtt r

Or vedi lucrcrt

Filodeom

$ grandesi,

ma die fardessi

imptendi.Bddktetme <

Qui posa, tuito porterottt ali'uopo.

yGoogle



378

Filoclwnt

Ecco s'aderapie il vaticinio. Dire

Udiva io gi^t ch'ogni Aleutese fora

Giudice in casa, e nel veslibol farsi a

Un tribunal potria piccin piccino,,.

'

Quasi d'Ecate il tempi*.

& che ne dici?

Hen chieslo hai pur di quauto reco. Appeso

A vicin chiodo ti sara quel vaso,

Se di pisciar t'fc d'uopo,

Filocleone

OUino al cerlo,

E alia stranguria del vegli^rdo hai posto

Ulil rimedio. •% r

Bdelwleon*

Al focolar le lenti

Stansi, ove pascer voglia.

Filocleone

fi meglid aneora.

Anche aramalato avroromi il lucre, e stodo

Mi sorberfc le lenli. Or a ehe porli

Quel gallo In.

Bdtlwlme ;

Se ii assonnasse il hiftgo

Qrar d'altrui, ti svegliejria col 4anto.

-r

FilofoUone ;

ft tulto ben, solo u*fc co*a b*amo.

yGoogle

379

BdeUcteonc

E quale?

Ftiocleone

Ancor del divo Lied innatza

L'immagin qui.

Bdelicleane

Ve1

qoesto, & divo anch'egli.

Fihcleone

Eroe, signor, com£ trenwmdo stassi

In te lo sguardo; Cleotiimo eguagli.

Sosia

£ son arobi senz'armi.'

Bdelicleane

lo tostd chiamo

La lite, ove seder lu vogiia tosto.

Fihcleone 1

Cita or dunque, giJt seggo.

Bdelicleon* ''<

©h qual gli cito

Primier litigiol tfa i ftmigli nostri

Chi errava ieii? Tratta Tolla krfhfc»se.w..

Fihcleone

Tarresta deh quasi mi perdi. Citi

Senza cancello. Eppur to i saori arredi

Ei primo apgwe. jf -

'J

Bddicleene

E manca iriver, ma corro

B gft Fapporto, Ok ^tfti^o >fomt

yGoogle



380

E un nulla pur tal cosa.

Zantia

Oh vanne ai corvi,Che un cotal cane pascil

Bdelicleone

Ed or che avvenne?

Zantia

Forse che Labe quel tuo can non trasse (29)

Alia cucina, e di Sicilia un molle

Cacio furando non mangiossi inlieraf

Bdelicleone

Fia prima lite da prodursi al padre.

Vieni ed accusa.

Zantia

Afffe non io, ma giunge

Un allr'o can se FazYone intenti.

Bdelicleone

Ambi gli adduci.

Zantia

E fia dover.

FiUcleone

Ch'fc questo?

Bdelicleone

La fiscella de' porci ai Lari sacra.

FilocUom

Con sacrilega man l'bai tolta forse?

Bdelicleone

No, ma dai Lari corainciando, ho speme



381

Dannarne alcun.

FUoekme

Ma ormai la causa chiama,lp la multa gia veggo.

Bdelicleotie

a Aspelta, reco

E tavoletta e slile. « . . \

Fi^cleom •'*

Ormai mi uccide *

Quel luo aspettar, m'anoulla. l(y fitte l'w>gbie

Ben avria in esse, e quelle linee tratte.

Pdelijckgrn^

Yelle.,

FUockojie

Or cita. ;:

Bdqlicleone

Gte 1 fo. .

Filocleones

*

\ Qual fia la prima ?

Bdeliplefine :i

Oh maledetlo, che ohhli&ya J'urna

Filocleone

Ove corn?

Bdqlicheofte(

A tor 1'uraa. .

*

qilooletms

Ittftil fia;

Ve' la meslola qui.

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382

BdeUchone

Eea bene, affafcto.

Ch'altro ojfamai che la Cl^sidra manca?Fflocieone

E cos'fc queslo? una Glfepsidfca pare (30).

<. Bdelwleone

£ lepido pensier coaforcne all use

Tosto gli incensi, il fuoco, il mirto. Sia

U principip dai Numi.

Coro

E noi pur bene

Direuio a voi tra i libamenti e i voti,

Che aveste pace da si lunga rissa.

Bdelicleone

Sciogl ete dunque vostre lingue al canto.

Coro

Oh fa che nel veslibolo

L'impreso fatto a miglior fine arrivi

Tu Febo Apollo Pitio,

E col Peana ognor l'errore schivi.

Bdeiieleone

gran sire Agieo che presso Tufecio (31)

Slai del vesiibol mio, quesie ricevi

Novelle offerle che apprestava al padre,

Gli aspri modi ne piega, e dell'agrfesto

Invece il miele all'ira sua ne mesci.

Ei sia piu mite alluoim), e men lo muova

L'accusator che il'reo. N6 alJor che il prega

V

383

La sua lagrima nieghi. E raeno crude

Airiracondia sua lolga I'ortfeaJ

Gthrd>

Magistrato novello, e noi pur leco

Preghiam gi& mossi ctad parlar tuo dolce.

A te slam ligii chc la plebe hai cara,

Quanlo ii piii giovin che tra noi ae vertga.

SCENA TERZA

Bdelicleone, Filocleone,

Zanlia accusalore, Sosia araldo e queslore,

Cane accusalore , Cane accusato , Coro.

Bdelideone

Se alcun giudice e all'uscio egli entri, a nullo

Darem l'ingresso incominciato il dire.

Filocleone

II reo mi noma e fia dannato al certo.

Zanlia

L'accusa udite. I] can Cidateneo

Or Labe accusa, Esoneo can, che solo

Senza ragione divorossi inliero

Un Siciliano cacio. Indi ei si 4anni

A guinzaglio di fico (32).

Filocleone

Anzi a canina

Morte si danni se convmto e reo. <

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384

Bdelkleone

II colpevole vedi.

Filodeone

Oh brulto ceffo

Qua lorvo §guardo si digrigna i denli

Che d'ingannacrrji pensa.

Bddideone

Ov'fc chi accusa?

Cane accusatore

Bau, bau.

Bdelideone

Lo vedi.

Filodeone

E un allro Labe anch'esso,

Abbaialore e leccator di piatti.

Sosia araldo

Tassidi e taci, e tu la sali ed ora.

Filodeone

Ed io quesie mi verso e gia le sorbo (33).

Zantia

Giudice udisti qual accusa mossi

lo gia conlro coslui. Mai opra ei fea

Che me con tutli i marinari offese.

Id un canto s'ascose, ed un gran cacio

Divoro di Sicilia, e deniro il buio

Fe' tonda il ventre.

Filodeone

Afife ch'fc vero; al certo

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586

Una sol casa n«n raltien due ladri;

Non latrer6 piu mai s'or lalro indarno.

Filocleene

Ahimfc me, quante iniquita raccolse.

Ladro fc un lal uomo, o gallo mio non parti?

Ei di si accenna. Ov'fc il questor? Mi porga

Qui 1'orinale.

Soma quesiore

Da le il togli. Aduno

Ora le prove. Gift in favor di Labe

Un caiino depone ed un pestello,

La raspaiuola, la gratliccia e Folia,

Ed altri vasi adusii: orini ancora?

Ancor now siedi?

Filoekone

No, ma coslui penso

Oggi sconciar si debba.

Bdelicleone

E ognor severo,

$ crudo ogftora* sarai tu col reo,

Sempre contr'esso irato? Labe sorgi,

Or ti difendi; a che il silenzio? parla.

Filoeleone

Nienle ha che dir.

Bdelicleone

Ben parmi accada a quesli

Come al reo Tacidide, ei da slupore

Fu colto si che non dischiuse il labbro.

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387

T'arrelra io U difendo. Amici, h pure

Difficil cosa d'accusato cane

Tor la difesa; io par farollo, ch'era

Ottkno cane e fugalor di lupi.

Filocleone

Anzi ei fu Udro t congiuralo.

Bdelicleone

Oh Giove,

11 miglior cgli de' fivenli cani, ,

Che molte agnelle cuslodk pttria

Filocleone

Ma che per ci6 se il cacio lobe?

Bdelicleone

PugnaEgli per le cuslode all'uscio, e buoao

Ognora egli era. S'or furava, il torna

Alia tua grazia, ch'ei la cetra igoora (34).

Filocleone

Oh di leltere ignaro io '1 vorria pure I

N& cosi scritla la difesa avria

Delia comme&sm colpa.

Bdelicleene

Odi le prove.

Vien raspaiuola e grida; eri questore (35)

Tuallora si, chiaro

mi parla. QuantoGia ricevesti dob diviso hai forse

Fra Tesercilo allora? ecco 1'afferma.

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388

Filocleone

Per Giove, e4 ne mentiva.

Bdelicleone

A quesL'afilitto

Perdona dehl le spine e il capo solo

Nulron Labe de pesci, e mai non posa.

L'altro fc sol atlo a caslodir la casa.

Ivi si ferma, e di quant'entra chiede

Ei la sua parte, e chi '1 ricusa morde.

Filocleone

Ah gia mi piego; ua qualche mal mi avvenne^

Un male si, che pieta senlo.

Bdelicleone

El'abbi;

Nol dannar, padre; i figli suoi chi vede?

Infelici sorgele e della voce

II gemer parli, e lagrimando orate.

Filocleone

Oh parti, parti, parti

Bdelicleone

Ed io gia parlo.

Sebben altri ingannasse, or g& tal voce,

Partird tosto.

Filocleone

Oh vanne a' corvi I nocque

A me '1 sorbir poichfc piangeva or pra.

Nfc cio avvenuto mi saria se gonfio

Nou m'avesser le lenti.

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389

Bdelicleone

Or dunque assolvi.

Filocleone

Difficil cosa a dirsi.

Bdelicleone

babbo, scendi.

A piii mile consiglio, ed il lapillo

In man ti reca, e l'ullim'urna gravi.

L'assolvi, o padre.

Filocleone

Io no, che il suono trarre

Da Ha cetra non valgo.

Bdelicleone

A le d'appresso

Gia 1'uma reco.

Filocleone

Ed fc la prima?

Bdelicleone

Al fcerto.

Filoclecme

Ecco il mio voto in essa.

Bdelicleone

Io Tingannava,

E suo malgrado assolve.

Filocleone

Or ve* che a terra

I voti getto; ma che fu?

yGoogle



390

Bdelicleone

To il vedi,

Assolto fc Labc. Or che t'avvenne, o padre?

Ohimfe ov'fc l'acqua or ti rincuora.

Filocleone

Dimmi,

E assolto inver?

Bdelicleone

Per Glove si.

Filocleone

Me lasso

Nulla piii son.

Bdelicleone

Nod t'affannar, ma sorgi.

Filocleone

Uom da me assolto, e persuadermel posso

Che mi sovr&sta o sanii Dei perdono,

Invitto il feci, e non fc usanza mial

Bdelicleone

Tel porta in pace. Ben pasciuto, padre,

Te ai teatri guidar prometto e ai deschi

Di larghe cene ondabbi lieta vita.

N& su te fia ch'Iperbol rida. Andiamo.

Filocleone

Ci6 sia che vuoi.

yGoogle



391

SCENA QUARTA

Coro

Toslo ne gite aflegri

Ove piu vi talenla. immenisa turba,

Or guarda sol che quanta fia ben delta

Non cada vano a terra. Abbenchfc dim

Non unqua a voi ma a' spettatori pravi

Tanlo si debba. Or plebe m'odi, ov'abbi

Gioia del ver. Che i spetlalor putdebbe

Oggi accusare il vale. Ingiusli voi

Forse per esso cui giovato ha sempre:

Sebbene ascoso, d'allri vali spesso

Ei si valesse. II profelar seguendo

E d'Euricleo la menie, ei sciorinava

Comic i versi, e 1'allriw venire il chiuse.

Non l'allrui poscia ma la propria Musa

Frenando, corse il periglioso arringo,

Quindi appo voi, piu ch'altri il fosse, in pregio,

Non mai nell'alma inlumidiva, o allero

Calco 1'alto fasligio, o le paleslre

Banchettando correva, insidiatore

Dell'eia. prima. £ se un amante venne

Lagnarsi a lui che Jamalor schernilo

Grave gli fosse, che approvata i'^bbia

Niega ei pur sempre, e che a consiglio oneslo

Ei s'appigliasse afferma, onde mezzana

yGoogle



392

Non Tar la Musa che compagna lolse.

Allor che prima a insegnar sorse, all'uomo

Nonei fe' guerra,

ma d'Alcide1'ira

Tolta, sui mostri rovesciossi. E tale

Era pur quel che da principio assalse,

D'acuti denti, cui fiammeggia Tocchio

Come di Cinna il paventalo raggio;

Cenlo d'adulalor perversi capi

Coronava sua lesla, e di torrenle

Che giili vinto ha i rilegni era la voce,

L'odor di Foca, etquasi avea di Lamia

Granelli immondi, e di cammello il fesso.

Senza limor guardava il mostro, e doni

A placarlo non porse; anzi la pugna

Per voi tentava, e offyse or volge Tanno,

Mostri simili a lui, fanlasmi e febbri

Ch'eniro la notte soffocavan gli avi,

Ed impendeano i padri, e in molli letli

Sdraiati, e prove, e cilazioni, e multe

Adducean essi a inlimorir qual era

Al liligar piu schivo. Onde turbati

Correano molli al Polemarco. Ed era (36)

Pur non curato chi tai mali tolse,

E la cittiJi purgava. E non inleso

II novello parlar non ebbe sprone.

Tra i libami di Bacco ei pur vi giura

Che i miglior versi di commedia udire

Voi non polreste, e fia vergogna vostra

yGoogle



393

Se audar ami noli Nfc il poela avranne

Taccia dai saggi, se i oemici rotti

Gli fuggi la viltoria. I plausi voslri

Abbian nell'avvenire; e cari i vali

Che in Iraccia van di nuovi delli, appieno

Abbian di voi Famore e i serti, e chiusi

Slien coi pomi nelFarca i motti loro.

Per cerlo alior che i maali voslri intieri

L'anno venturo odoreran prudenza.

Semicoro

Oh noi forli alia danza, in guerra forti

Ed inlrepidi ognor ma fc pur gran tempo

Tutlo or span, che piii di cigoo bianco

II crin fiorisce. In tali avanzi fc d'uopoTrovar pur oggi il giovanil vigore.

Piii mia canizie estimo io ch4 i cincinni,

I fregi e '1 vizio della verde elade.

Coro

Se alcun guardando alia natura mia,

Gli appaia strano il rimirarmi slretto

Qual vespa in mezzo, e delFaculeo armaio;

Quel di che ignari siete io tosto v'apro.

Noi che rechiam \o stral, d'Atene siamo

Conciltadini, e sol nobili e giusti,

Germevirile,

e spessoalia

ciitade

D'aiuto in guerra quando '1 Perso venne,

Premer col fumo, e devaslar col fuoco

La ciitade, agognando ai noslri favi

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394

Con asle e scudi ci laociammo toslo

Fera misphia allaccando, e d'ira pregni

Horn conir'dom per furor slraziato il l&bbro,

II saellume il ciei togliea, ma in fuga (37)

Volser la sera, Dio mercfc, volando

Trasse il gufo ver noi pria della pugna.

Punto qual tonno va il fuggiasco a tergo,

Da noi che lmcaUiam, negli occhi, in viso.

Si che i barbari ancor serban quel deilo:

Di forza niun Vattica nespa avanza.

Semicoro

Io forte allor di niun lemea. Salito

Sulle triremi debellava l'oste.

Non a dolto sermon, non a calunnie

Era il pensier ma al remigar sol volto,

Ond'ollimo venisse. E dalle vinle

Cilladi allor crebbe il tesor, che fura

Ormai Timberbe.

Coro

Se ta ben oe miri

Di costumi e di vita appien simili

Alle vespe ne trovi. E nullo in pria

Havvi animal che se lirriti awampi

Di me piu tosto, e sia di noi piu crudo.

Tullo quant'essa opriamo, e quasi sciami

Dagli alvear migrant , or dall'Arconte,

Ed or nellOdeon rendiam ragione,

degii undici pretso. Altri stipati

yGoogle



395

Vedi presso le mura immoti, cbino

A terra il capo quasi in cella verrae.

ProDli a trovar quanlo alia vila fc d'uopo,

Ci guadagniam pugnando il vilto. Scemi

Pur degli strali abbiam compagni i fuchi.

Alleodon l'opra nostra e inerli il miele

Si divoran costor. Molesta cosal

Nostra mercfc chi non combalte ingozza;

Chi per la patria nfc di remo o d'asta,

d'un'ampolla sol pur fea guadagno.

Ma il tutto stringo; chi lo stral nbn tiene,

Io '1 penso almeno, nfe il triobol s'abbia.

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ATT© TERZO

SCENA PRIMA

Filocleone, Bdelicleone

Filocleone

Non io '1 mantel mi spoglio in vita, sola

Salvezza mia nella batlaglia, dove

Si forle Borea si scagli6 sull'osle.

Bdelicleone

Ne cerchi il bene, parmi.

Filocleone

A me non giova

Ilicca vesle, per Dio, ch'or g& di pesci

Empiva questa, e la recai macchiala

Al follon, che a nettarla un obol tolse.

Bdelicleone

Che almen giovarti possa or che a me appieno

Padre ti destl

Filocleone

E chefar

deggio?Bdelicleone

Torti

Qnesta pelliccia ed il mantel deporre

yGoogle



397

Filocleone

Oh i figli tu genera e nulril il mio

Gi& soffocarmi brama.Bdelicleone

E tu la prendi,

Ve^lila, e taci.

Filocleone

Oh per gli Dei, mi noma

II maledetto arnesel

Bdelicleone

Allri chiamala

Gi& Than Cannaca veste, allri di Persia.

Filocleone

Ed io la tenni Timelida coltre.

Bdelicleone

N£ strano & pur, che non vedesli il sardo;

Sapresti allor quanlo g& ignori,

Filocleone

Oh Giove

No non & ver che questo pur di Morico,

Ritragga, parmi, dal velloso saio.

Bdelicleone

II tesseva Ecbatana,

Filocleone

E in Ecbalana

Forse a bioccoli fansi oggi le trame?

Bdelicleone

Oh stollo no ' che il barbaro lo tesse

yGoogle



398

Ad alto costo. Ed un lalento almeno

Qui v'ha di lana.

Filocleone

E fia piu giusto il dirla

Mangialana «h« Caonaca

Bdelicleone

Deb statti,

E tea ricopri.

Filocleone

Alrimfe infelice quanto

Calor gia manda in me la trista.

Bdelicleone

Ondeggi?

Filocleone

Deh s'fc pur d'uopo in pria mi vesta un forno.

Bdelicleone

Queto rimanti, io ten ricopro.

Filocleone

Almeno

To' in pria l'uncino.

Bdelicleone

A che?

Filocleone

Per lormi ad essa

Anzi che lutto liquefalto io sia.

Bdelicleone

Getta or Torride scarpe e di Laconia

Calza i vaghi coturni.

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399

Filocleone

£ da nemici

Cttcite scarpe che portar io deggia9

Bdelkleone

11 pifc vi posa, o caro, e forte spingi.

Or volgi iu ver Laconia.

Filocleone

Ingiuria mera,

Che in terra oslil mi iraggil

Bdelkleone

Or tosto 1'altro.

Filocleone

No, ch'egli ha uq dito ch'fc odiator di Sparta.

BdelkleoneTanto esser de\

Filocleone

Misero me, che vecchio

Non ho geloni

Bdelkleone

Affretta Fopra. Or muovi;

Di ricco a modo sia I'incesso molle.

Filocleone

Dunque mi guarda, e vedi bene a quale

Nel camminar sbmiglio.

Bdelkleone

Oh quale un fignolo

Che s'hnpiastri dair&glio.

yGoogle

400

,r ^l Uu diinenio

G\k bramofar eal

cU^gtfgQ^, \

u I?iBdelicleone

1 parlar grave saprai lu fra g$njtQ <

Lepida e saggia. ,Mli ,;; ^

, ,..y:Bfolielefpq (

,;

, ,f^ c^rai dunque?

Oh cose ass^l EJa.prijL c?omp fli$ v«nU>

Colla una Lamia. Poi ;C^e C^rdopio

Or ben sua q^j3irtre.r

.t^ U) :i .j

,.

; .$fi®\.)&di

1?cian«ie;

D'umane cose parla, or quale usiamo

Fra le pareti.. \ / ^

;i , Filocleone ,, ]

jSli apprendea cji^' feUi

Che domestici soq, ve' questo JS fuyyi a :j

Una faina e un sojrjpip. .. . .

T,.

,., .

.k

,,i

Bdeliclwie

, ,,.(S

jOltusp e grpssot

A un vuotacessi /JFepgene un giorno i

Dicea sgridanda; e a,44ur yarr^ai tra dolli

Faine e sorci?, /,.,•«»..

yGoogle



401

. Filocleone

Ma che dir?

Bdelicleone

Gran cose;

Come la sacra legazion compivi

Con Androcle e Clisten«.

Filocleone

E se niun ludo

Yislo ho pur mai, sol quel di Paro Iranne,

Merck gli oboli due che a me fur dati.

Ddelicleone

Ne dirai dunque come ben pugnava

Con Asconda il Pancrazio Efoda vecchio,

E ormai canuto; ma robustoil

Banco,La mano, il pelto, e dall'egregio usbergo?

Filocleone

Taci, taci, nol dir; chi loricalo

Co\h pugnava?

BdeHcleone

E fu da saggi delto.

Ma di\ se a ber Ira peregrina gente

Fossi un di vollo, qual egregio fatlo

Delia tua giovenlu narrar vorresli?

Filocleone

Oh quello quello fc il mio bel fatlo, allora

Che d'Erganio alle viti io tolsi i pali.

BdeHcleone

M'ammazzi deh quai pali? e che nou dire

26


Di cignal colto o lepre, e di tecata

Lampada al corso, opraodi yerde «&de (38).

Fifodeon* *>

Ho una beH'opra giovanil* ohe-viua

Gili di due voli un di Failo ciicsorev

Quando garzone Taccu^ii d'oHraggi.

Bdclklconej ;>i

Taci, a quel desco siedi, e apprendi come

Tra i nappi e '1 conversar oompoc to debba.

Come seder? m'iusegna. :

Bfaliclwne*

Cotal?

Non gilt.

Oneslamente.

Filochane

Filooleone,

JWa come?:

Bdeliekmfo

Or piu 'I gi&occhia

Stendi, e tu poscia s^t guancWi jkllwpga

Le flessibili membra, e qm\ c^Dvietasi

Delia palestra al mastrQ; E p<^cw locte

Bronzato vaso, al tetto ptarjla>. e ap&mira

Del veslibol le tele. Entrm^e fiaense (39),

Diasi lacqua alle man, eentoia; siaia juondi>

Ed or si-libi.• •

yGoogle

403

< Fihcleone

1 Ma fia sogno i cibo$

Bdetitleme

II flauto enfia la donna, e i e^nvilati»'

Son Teoro, Cleon, Pauo ed Eschiae, <

Ed un cotale ad Acesttirtf aeeanto. t

Compagno a lor coi bei cantt gli allegra.

> . Fihcleofie *

Come dai Diacrii non Vudiroti ftiaf. *

'

Bdelwltont

Gia proverd, Cleon mi fingo, € tztiWv -^'

D'Armodio prima, e tu mi se&bi. Nullo

Fuwi in Atene mai.....

Filodeotii

Piu iniquo ladro.

Bdelicleanti

Cio canli? e sei spaccialo. Odo ch'efi grida

Ad alta voce, che te pettier vtfole,

Te uccider poscia, o alraGtiO m bando trarre.

FitoeUone

Oh s'eglf a me rilihaccia altra ne canto.

Uom pr^polente insafto v

SowertHa citlM < i

Crolla, ogni appoggto e vano,

Che tosto ella oadrfc. < -

BdeUchtohei

Ma che si a piedi luol Teoro assiso

Cantera, tolla di Cleon la destra:.

s

yGoogle

404

Ecco d'Admeto it cs&oh

\

~

Che f buoni arnar ti $J(t

Qual altra canzonciiia a hiiiribatti?

Pilbcleoitd^- v

ij<it; r

Tosto risponder6cof metro i^HeS^o'r^f (1 '

Non tor di volpe gli ffiif*''

'

r

Nfc d'ambi arnico sta.

Bdelichane

Quindi Eschine di SteBi • al Vatttp* d(ftlo;

Altro verso comincia 6 cosV;

dice:

II Tessalo trtTdia:

1; K

Ricchezze e sanila,1

A me, a Clitagor mi a

*'

'

Pitocledt/e

*'

Che dissipate a iosa

Ne abbiamo enlrambi gia.

* - BdeUdieone

Tu il sai, nia'di FitoU6ta6ne %\ descro

Ormai si vadlii 'E lu Crista &ti;6\\&

Pon nel panier la eena, ihebriardf

E il piacer nostrol

Filodeorie;

No, ch'fe danno il bere.

Dal vin le iofrante porte, ed i lariciati

Sassi, e le busse, indi la borsa smuntaDa rei bagordi.

Bdelideoiie

Ma cotale e laso

yGoogle

405

Delle onesle brigale. E chjeggoa asse \

Perdonanza airofifesq^ o con facets *

Storia 1'allegri, o wpj.gai? d'Esapo, ,t

di Sibari appresa entro i eonviti

Volgi in riso quei detlj ed ej si, parte ,-

, .

Te inoffeso lasciando.

v Or dunque fia

Opra beala sc d| ciancie pi^iiav, i

Avr6 la lesta, che di,i)iuna:mepda

Pavenlerd se nulla oprav<ju Andiamo

Nulla ci arresti omai.,

, ,:;

SCEN4 SEGONDA'

Coro

, (. |Iq tepgo spesso

Qual uom urbano e noa mai,pr£vo. Tale

A me ben par di SeUi il figlio Aminia,

Cui son la cena melagrane e, poma.

Seder lo fean di Leogoro al desco

Qual digiuno Antifone; indi fegalo

A Farsalo eoi Tessali Pepestj (40)

Solo si stette, p. colai s$rvi qguale.

Smicoro

O felice Antomene, or te cantiamo A

D'artefici sovran padre ijeato^

D'ognun piu saggio fc Tuir figlio gentile,

yGoogle

406

Svegliator tfella tk&, Ik itfii legtmcf <&

Fansi le grazie. Ed islrione I'altro

Tale che il dire alsuo~ valor non giunge.

Poscia e Arifrade sommo ingegno e raro,

Cui niuno era mftefclro, e il gitira il padre,

Ma da se solo ne apprendeva Parte

Delle sconcie parole;

^f lqpa^^tre.

Coro

E v'ha chi disse ch'io tprn^to in grazia

Di CleoD era, mentre a travagliarmi

Inteso ei solo mi cdptiai dSftghirie^v

Poscia percosso con acMe grida ;

Mi derideano i spelt&t6ri, aulfa( -

Di me curando, e di vedefh(A Va^hi

Se da me opprfesso non ti^ciVa un fmzo.

Di tanto inteso incomincmi blandirio,

Onde il lor dir: manco alia vile il pulo.

yGoogle

ATTO QUARTO

-•;.•' ;, r.i.frm

i c S GEN A PRIMA

'

Zwrtfc, Coro'

Oh della pelle tiwv lestuggin liela (Hi

Dal fermo* ietio del^tyq fianco sei ,

Ben Ire voile beala. Q.goifte beoe ,

i

Provvidamente t'tai sai iergo poslo

Quel tuo va6eH<> ^he tj Gopre.il fianco,

E illeso il rende Ioiflorto son, la verga

Solcommi il cM^rsf^. ,

Coro

Che accadea, fanciullo?

E tale il vecchio s'ei si busca i colpi.

Zanlia

Nod fe peggior d'ogni tri^lizia forse

Ora quel vecchio 1 e del convito forse

Non fc'1 piu pelulanle? e vera Lico

Ed Ippilo, e Anlifon, Teofraslo v'era

E Frioico e Lisistrato, ma vinse

Ei d'insolenza ognun. D'ottimi cibi

S'empiva, e losto a salti, a risa, a grida

yGoogle



408

Si die qua asinche salolla 1'orzo

Mi percuolea: gmrwn%ganon, gridando.

Ma Lisistratoil

vide, e si garillo

Con colal somiglianza vecchio sembri

Plebe arricchita, *• viator>dm corra > :• >,

Ratio alia paglia. Ed ei con alte grida,

Alia locusta pareggiava l'altro 1

Che del mantel smarrili abfaia i napponi

;

O a Slenelo cui sien.iolli gU/arredi.

Tutti applaudir; sol Teofraslo il labbro

Torcea piu saggio, onde gli disse H vefcchio

:

Tu svpcrbo e modesto a che ti mostri

Se ognor modcslamiblnndendaaitiechi?

Tai conlumdie iva lanciaodo,

ebaste'

Lili raovendo. £ C/i narflvd stolte i

Favole al loco estrarte E po*cia ai lari

Ebbro tornava percuotendo ognuno

Che di conlro movesse. Oh barqolando

Ecco che viene io ratio fuggo pria

Challre bti9$e mi colga. j

SGENA SECONBA

Filoclepne, Bdelicjfone>;Fornaia, Coro

Filocleone

Ob date it passoi

Lungi oramai ben 6a ehe ognino pianga ,

yGoogle

409

Di chi a tergo mi segue. Iniqua t'ardo' ' v v

Gifr con quel lorcbio se il venir «on cessi

Bdelicleone

*

; -i

\*

Sebben tu finga giovanil baWa»zaH. t.

.

Render ragione a noi dovrai doraaiii il r '*

Di tanle offese. €©Ht*^alr« ImrB I ^ 4 ^ *

Al tribunal ci vedi. ff. ^ >* •^ ' ^

:Ahimfc citato ''-v'< *

£ rancia cosa nfc tfanquillo p©Kso -

;

i n:»- >

Udir di liu il nome: Oh W mi garba •' :

Cotesto pur s'atterri il seggi© ; e dove ^

Sta quel giudtee Eliaste* egRsi ifugbi. >

-

Sali aurato inseUnccio,oi

mia 4ile4ta (4ft),

»

*

'

Questa fune logliendo ; oh iienti saldh (43)

Ti guarda ben ch'fe cerdicella frale,

Ma slropicciala gode. Oh 1 vedi scorns < *

T'involai deslro a qnei cdtfvil^, dove <

Eri gi& presta a s^ggiaoere a iutti.;<

A quel certo ch'io lengo or grazie rendr(44).

Ma nol farai, ch'io ben mel so, nemmeno

Vorrai tentarlo. Atari 'togstamato «%H fir,

E lungo il riso spargerai sovr'esso,

Che si con mofti opravi; Of se lion Tatta

Sarai pessimadonna, allor

cheil figlio

Verr& tolto di vila, ed io sciofroUi

Dal luogo infame, ttti s&t&i tu arnica,

O vila mia gentile^ Or io siftnora (4S) ' ^

yGoogle

410

Non son dell'aver mio. Giovaae ancora

Custodito ne vengo. II figliuolino ':

Assai mi osserva ed h severo e tristo,

Divisor di cimino, e col basturzio (46)

Egli scuKore. Me di perder teme

Che non serba altro padre* Egli g& vieiie

Ver noi correndo. Statti; il torchio irapugna,

Giovanil beffa ei porli, a quella pari

Con cui me ancora de* misled ignaro

Egli offendeva.

Bdelwleme

0\h lu, tu vecchiaccio,

Tu seduttor di donne> ancora aneli

A si venusta bara? Oh che impunita,

Pel divo Apollo, non t'andr&. lal opra

Filoeteone

Lite d'aceto a He fia grata jeibti.

Bdelicleom {

Infamia e a me tal beffia, se al convito

Del flauto or or (a suonatrice hai tolta.

Qual suonalrice? bea m'hai faccia d'uomo

Che dall'avel : risorga.

Bdelicteone

/ <- -j& le ivietna i r

Forse non hai di Dardano la donna?

'

, Filoclmne

Accesa teda af* Dei . quella fe ml foro

yGoogle

*ii

Bdsiicltone

Teda costei?

%

Ffocloone j

Si teda; ed b screzi^a. ,

Bdeliclewe

Che v'ha di aero in jnezzo?

FiJocleane

Af(}e, e iik pece

Da lei trasuda. u >.

Bdelicleone > ;

Oh fer*e <rfe'io non veggo

II deretano a iergo*? *

Fileehont ;-\\, ;

Un immitiei>le

Ramo del lordrio. .

<

> .<-

BdeUekone #

Di qual rama parti?

Non scenderai tu quiooi? -•

FildcleQHe - : t ;>

Qfo ve'> ©he* lentil

Bdelicleone

lo levartela si, cbe vecchio'« tancidou u

Te veggo, ed a null'opra ormat piii adalta.

Fikcte&M

E tu m'ascolta. II vecchio Efudio vidi

NeH'Olimpico agon gia xo» Jtscdhcto,

Pugnar da forte, ove dun pogno il vecchio

Atterrava il garzoa, Per cid tfcguaitfau £

yGoogle

412

Che sollo l'occhio notr U gionga no pugno;

Bddkleone >

No, per Giove, il veder ISl ti fallia.

**-

Fornaia * -

.

-\

Vieni, e pei Numi a me soccorri. Quesli

M'insegui colla teda, e dieci pani

D'un obolo cadub gittommi a terra,

E qualiro poscia alti a cotnpire il pcsot (S3).

' * Bdelicleone ?

Bellopra in vero, e pel tuo vin s'appresfci

A noi lite novella.

F//ocfeone

Qibd; due ciancie

Comporrart qu«eto;di

pUcarla hofede.

v Fornaia

M'amin le Dee, come non fia che» invano

Illuder possa Mirtia d'Ancilione

E di Soslrata figlia. A me mandavi

Guaste le roerci. .;•<

Filocleone

donna, m'odi; io voglio

A le narrar risibil

Fornaia \

-Ostolto,

Nol vo' per certo

filocleone

Eaopo, ed era nolle,

Gfo da cena. rediva allor che audace ,

\

\Digitized byLjOOQ IC

E avvinazzala cagna a ki latrara. •

Ed ei, cagna, le disse, o eagoa, quanta

Saggia saresli, se Immento in vece, ;«

Delia lingua accattassh \

f - •,' . .,. w— ,« ,

•. .•< •<' ..

Fornata;..;

;* -<

• • ; (.;-.: ' •£ -

' *, E mi derid*? ;

Dagli edifi ti cHo/ o lu, qual sia; '* .

Guasle hai mie.merci, e tesliitoon ne chiamo

Qui Cherefonte. ^ * «u ^

Filocleonp

A che non udir prima

Quanlo dir posso? uu di Lassoi e SknoMidb-

Pugnar coi versi. Alfin Laso gridava:

Poco di cio m'importa*ij

''

Fornaia .

E parli il wr©*?

Filocleorie

Sol di pallida donna a guisa d'lnb;>s <•> »

D'Euripide alle piante^un di collata

Te, Cherefonte, tedtirtum credea.

Bdelicleon^

Altr'uom gia viene <fuh aratdo.*a paro

A te cilar per certo.

M3

yGoogle

414,

SCENA TERZA*'

<

f

f-

•

Accusatore, Araldo, Bdelicleone,

Filocleone, Fornaia, Coro.

Accusatore

Oh me infelice

Per ingiurie li cito.1

Bdelicleone

Ingiurie dici?

No, nol cilar per Giove, a te ramraenda

Pagar promelto, e qual la bratoi, e grazie

Renderne posci^i.

Filocleone

Q)\ da me sol le aggiusto

Io coleste ragioni. £ io prima i colpi

A lui confesso e le l^Dciale pielre

;

Or mi t'appressa, e vuoi che i, colpi estiini,

£ quanlo somman ti converta in oro,

Ond'esser ligi? oda te sol g i appr'ezzi?

Accusatore

Parla pur tu, che il litigar m'fe *grave.

„. >*> >

Ji

Filocleone

Cadea dal uart^o un Sibarita; © al capo

Tocc6 larga ferila. Inello->egli era

Agli equeslri negozii. Ognun s appigli

\\ ,

Digitized by LjOOQl(t

415

AH'arte sua, gli favetypuii amico

Che d'appresso gli slava, or vanne a Pittalo.

Bdelicleone

Ognor pari a te stesso

Accusaiore

E Don ricordi

Quanlo ei par rispondea?

Filocleone

Non parti? m'odi:

Rotta una donna in Sibari avea l'urna

Accusaiore

Di ci6 pur mi richiamo. ,

Filocleone

Ed ecco Turna

Coi leslimonii andar. tosto in giudizio;

La Sibarila allor: per Proserpina

Quanto a le meglio era i non mover Ike,

Ed una fascia a le mercare invecel

Accusaiore

Oh ridi pur sin che l'Arconte chiami;

Questa lite in giudizio

Bdelicleom ,.-

Eccoy^per Cerere,Che ormai qui non riraani; ip gia ti abbranco

Fikcleone ,•>.•>.. <

Che fai? <-<i,

yGoogle

416

Che tofw de&ixwkm&i fi iflfrttf;-^'3

Sealcun

ti

cka Irop^ifeOiJqttiHe'^^o^.'^ ,l 'i^

Esopo in Deifo gi$ayi.^;

}n;'J .i\>oai * ort—o't ^n /

.•'tF.j;

hijB&tffaletikt i • Jnj,no ;noy •?:>/

r.,, ^ n,Pbct^m1m£oft&; r *

t•..:- Fihoifone <i^'

i

>X.

-

-<'*.•:. <<*

Accusato d'aver al divo Apollo

11 fiascolin furato, a lor moslrava

Come lo Scarabeo

Bdelicleone

Deh vanne taei,

Che con que' scarabei mhai morlo quasi.

SGBNAr^QUARTA

Coro

Sia lode, o vecchio, a ttta venture Un'aspra

Orribil vita abbandonavi, e dotlo

Da nuove cose persuader ti lasci

Amolle e dolce vita. Ei ricusarlo

Forse ancora potrebbe. Arduo lavoro

Torsi ad abito antico eppur oon rado

E chi segueudo i detli altrui, mutava

yGoogle

Costumi appien. Bdelicteone aaggio,

E del pa£r# amatoii laudano metier ;0

Gli avvisali ujorUili, EU uoflJ f^« probo»? «iuo*i

Non inconlrava io wai, di cjttil piii cari

A me fossero i modi. Unqua aUegromtoilJ n> •,

- J

Altruom colanlo. E ciie appoAeva al padre

Che nol viuce^se; «h$id$sir non fosse

Di trarre il genilore a angtfiir opra.9

u^q. ^wj, t-—

,/:' V /./wV\:;V .I'M- ;,n' IMi:'^

,•;•••,'.J

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^..m *vA '•> ,T- ::', ;:• t.^-

1': ba >*v,'l

27

yGoogle



ATTO QUINT©

SCENA PRIMA

. y Zantw

Per Bacco si, che un demone arrecava

Tal guazzabuglio in casa. II vecchio a lungo

Tracannavasi il vino, e '1 flauto udiva.

Da letizia rapito indi l'intiera

Notle varcava ripetendo i prischi

Balli da Tespi ne' certami usati.

Ed i moderni tragici dicea

Mostrar sallando come inelli sono.

SC¥.RA/ SECONDAFilocleone, Zantia.

Filocleone

Ola chi stassi al limitar?}

ZantiaA

Oh viene

A me il malanno

yGoogle

Quella sbarra allarga,

Or comincia la daoza. — . - <

Zantia

i, Ajjzi jl forore.

Filocleone

M'opprime il lato an grave duol; le nari

Muggtecon, mentre che (tel tergo Fossa

Risuonan tulle.

jr Zmrtia

E tu l'ellebor bevi.

Bdelicleonev (

I

Frinico gia siccome gallo impiaga.,... (4£) ; . A

Zantia^ ^

Ormai mi gelli a terra (49).?/

Filocleone

*

M ciefo irinalza

Le gambe, e quindi il posterior risuoni.

Zantia

Ove ti muovi guarda. ^l

Filocleone , t[l ,

In le fcftargate

Lor cavila di nostre meffibVa l'ossa

Muovonsi ratle.

yGoogle



480

SCBNA TER&A , t]\r

Jt 3 '

Bde^icl^pwe^ -FilwlqcijM/^Zantia, Coro.

Bdelicleom

Afei trislafcosa & questo

Inver pazzia. :;

Ta'ili^hi'iojchiami e sfidi

Chi pugnar meco vqglia. $6 del ballo;

Contender voglia alcun tragedo, ei Veaga;Meco si provi. Ebben nesmino?

Bdettckom

- Un solo.

« - FttficUone

Ed 6 quell'infeliee? s

Bdelicleonei v . .

E qftel che in mezzo

Sla di Carcin tra i figlfc

Ftioeleom\ ^ ^ *iOikv

lo gi* ie sotbo,.

Ei cadnl sotto ai smisurati^dpi^v hum,

Poichfe nel rUmo fc >jiu11g» : :—BMi4etme a

Ed bo^perdaloi


i

Allro tragedo Carfiliidi vien^; -

Fralello a queslo.

Filocleont

Orttiai nfc 3on fofnito:; ?

Bdelicleone

Ma pel Dio Giove sol \o sei di cancri. «

Ye' il Carcinide terztf.

FilocUone

. - Oh che mai senlo?

Aceto o ragno ei fia?

Bdelideoae

Granchiolin queslo

Delia famiglia il minimo, che pare

Compon tragedie. -Filodvone ' .

<

O lu Carmn bealo

Or da tuoi figli Oh qual di reatini

Qui multitudo iwiada A pagfca scendo,

Misero ormai contr'essi, e salamoia

Lor mescerai s'io vinco. .'. i

€ora

Alfin diam loco;

Quai Irotlole girar possan se stessi

Inclili figli di marito piidre,

E de' cancri fratelfcarmai saltate (50)

Del voslro mar sulKinfeconda arena;

Corra veloce in giro il piede, e come

Frinico anoor vibrate i calci, e viste

yGoogle



422

Alte le gam|« i^^afc^kir^HdK ADien della gioia. E tu muoviti in giro,

Percuoli il ventre, alto.k gambe getla,

Trotlola fatti che gi& viene il padre

Regnalore del mar, lieto de' figji

Si nel saltar possentr. Or se Vfc gioia

11 lungo ballo, uscir ne date. Nullo

Sin ora mai fini col baJIo il dramma (54).

\yGoogle

AHJfOVAZMftfff '

ATTO PRIMO ,

Smw JVwia

5 'i (rt r

(1) Sabazio nume. — Secondo lo Scol. era il

nome dato dai Traci a Bacco: 2a/3a<wov li ol

®pixs$ Toy Aiovvaov xaXovat. Pare per6 essere un

allro ed iofimo Dio da un passo di Cic. nel 2.°

de legib. cap. 15. Novo* vero Deos sic Aristophanes

facetissimus poeta, veteris comoediae vexat, et apud

eum Sabazius et quidam alii Dii peregrini judicati e

civitate ejiciantur. La cow.jrilala da Cic. & tra le

perdule. Veg. anche Lac. nel dial, del Cone, degli

Dei.

(2) Biasciando a me Alcibiade. — Plut. vit. Alcib.

parla di questa sua imperfezione, e cita questi versi

che il valoroso suo trad. Pompeivolta: A me Al-

cibiade balbettand© disse: — MHi Teolo il capo

egli ba di colvo, — e bene ei questo balbell6. In

ilaliano perde,poichfc xipa% scambiando la R in

L viene a significare adulatore, ed invece colvo

non dice nulla.

yGoogle

424-

(fy Ei delk liliwhimeo -r* filnhimn^ il BergK

ed iLBrjttn. Iraditeono amatot H^meoeîiinsanil

fMioete. 'Era qutsAo un rnkgistrato <*>foro cklebwimiAstaoe; $ Gbiosa U Christ. Sto qocdi judikimtm

triiontm) t edi p&fl$ixov, Ptvorpimtn eman f ci m&rttmcitt

fdmm\judiciak hUtt Hdioeay sit dldaqni* nib dto

emLel'saliobfwam; * ji . v;.

.t r K

^4)^&Mirle^0kt»M'>\ffJifajvTeiiednoigli iMeiiew fra

lee rttta-iUapiHo, c4*e era 14ro quasi palte: a deporre

il fvotoê pemeto diceche costui tanio era avreizo

a ebiadede fra niani ,che sorgenda deMelio si

Irovava serrate le dila. a

— (5) Quasi tombiQesedap&.^t H gitedite <<tyn-

danftaadft 4raan* una lunga rig* coHfurvghia sntta

tafol^tlahinqearalaê tamio prdfungavansi quelle di

questo giudic^ , xsh^ ^dioe A. scheraando, aete-

eaiva seulpce > a casa fe uctgbre ripieae di cera,

ootrif Hi boajabice y ^be 6 *a inietloi simitealtfape,

gpSov psUmiifiom^ e comeiquella compone la ten*

(6) JViwiaiiiFi/wteotieitriJtwr* * , c ; a dritto.-*-

Perchfevsigoific^rm ; sEiloelfton^, amico di Cleone

Bdelicleor>«, odialore di Cleoiie, aspro e sever©:

A. secondo il proprio uso formd una parola che

si compone di nove siHatoe >chfr Lorenz. Christ, tra-

duce per caperofrontipervicus.

Scena Seconda.

48T>

-Jal.valtano matilmm'r '\\ stg. Dupuis lraduc£ Swre,

e ?i?appone tmaîdalttssima n^ta ove tpiiga in

parte la costruaione deHe case wrsticbe flei Oreci.

a(8);Own* ilcaprtehio dehfulnaio.^xkxvoi; fu/maiAu^

la^€i\^t<vimt)celmmveiu^scwil^ come kr in*-

segna Colupi. olle lo descried »H. 46 , ©iquindi

Marz. 1. X. 36; Improba Massilim quidquid fumaria

oofinvt. £ MlffSlit VekvietafiiwismttstaiMustiliakis.

kith ro* &7nty&9tLt Tufase q»£sto nome dal verbo

apodta&se {fuggiM^&aL 1 Irad. tal. vcrttaiw Jtkacu*

ex fugacia. -'

(f0) JkkMesiiid mm\meUcv uvrai fra i dwti. —vitKy&aaptor. I& tetta/di .Jxoja era annoverata fra i

cibi i piii dilicati. Akrir.i neMa leiti ^0, lib. 4. La

jodegna etas **he ei lAcod soffrire Agli allri tetta

di troja, vnWa e fegafo? gta&& e morbido al par

di ruîada. X noi fa : cbto per. pa^ta atna faverella.

Trad jiei»Nfgri;« cbe Cbiasa: tufa? tumm, Plul de

mnitate iumda )a tipondtfra i>eibi pto delicati e

canL A*sakfo«r»*/ >d qôtdti t et prtiwn adtit, <?•

mnfrui; vedatîBumiiiîêtbfimgi^Mi(î<eik. < *

(11) P*r cto ii reffor C/con. -r- Flagella rinfamia

di Cleone , che manda frgiudice, e gli comanda le

sdegoo, ed, ftccenna *H« formola Mt'«4ilt6 tfAtene,

yGoogle

A26

che ordinavaaigroJdati di rounirsi di vitto pettre

giorai prima delle fazioni : ckta tijxep&v rptibv.

(42) Qual franc^Un. ^n JL'ATTOLyoLg fc un uccelloche si Irova rielle acque stagnanti, e si dilelta nei

Jy4£bi paJudGsi, diee-lo Scol. Lorr^hria, hota

avk mt qu&in Halt francotinam meant, iqtftieto -pk-

tant earn esse quam tm dicimus canepetare. ifo*

Altogeto foniite jucxndier disse Orazv aeH'ode ltetfc&<$

Htfyi&d$ il Garg. Irad. frimcoliii Jooii; eD. Satefio

Burgos riuomalo tract spageoob di Oraz. wKa

fmrlf: el esquisito francciin J<mi&x&> U franoese

I#oo dHafcvy 4r»4- to' g&inattes (TJonk, ma ilna-

UtraHsla Buffonavrebbe dotruto ptesertai$o da q&t&to

enrore <|aaiwto riroprov^ra alio Schw^nekfeld d aver^ralo confandeDdo ^/te wne $e»fe a/ tftone «*p&*

ia gelmctte^ ou ] la povle des confckrs it 4e frandt-

Hn; )ce ipiil ria pu < /hire i ^we par * *tt* induction

finyS&'eA mat mtmchte, twiiss nombrtimes differences

qui se trouvent dans ces deux especes. Buffon parla

pure delFAttagas, cbV^Ii ancbe crede poler essere

il francoliuo , e cita un luogo di Plin. che d& la

jpceferfeiwa a quelK deJlatfoma* •v *

'

(iS) La bisacoia <mi fin mm drnamento. -«- Cibfe

la tisca che seco reoava (Mi-d'empi^rla di farina,

tosfcrricevoto H Iridbdlogiudizmle.

yGoogle

427

vz ATTO SRGQNDO•>-.o^4 . «. * •'

'*

•- 'O i i. ;

j-v-j •- &ena Prima. '- >V v>

r,;.-(H}£fiiMccftesse/afaa; — \fev$a4^iJM%vt. lltSergl.

.$$ ;H Brun. Irovanda &ello Soot, eftog *ym£\to »

vrtfctow^s traducono gtii mentitur labruseam; e'da

qua* to soggiuoge to stesso Sool. che il legno di

quella vile ardehdo crepita Lor. Cbrisk traduceva

fakicrepantU, ehiosande; /atitfw fortassis nihil aliud

notat quatn jactater posdessutmrn vitiferwnm. Mi av-

ykino alio Suid. che spiegd que&to todibolo c6n

qu^Uo di \f*frWAa/r«s. E qui falsare voftd insenso

di render falso, ma di far appvire ci4 cfce non k,

come in Daai. Purg. 29, Poco piu ohre selle afoeri

d'oro. -*- FalsavA nel parere; H lungo 4raUo. *—

Del mezzo che era ancar tra aoi e Iwu? Cio8

,

parevano klsamenle alberi ed erauo candelabri.

i. • * - Scena Sectnda. ; ;>• • •

.

' i'.i- i.i *\ •

:,- ;),,<..,,- •,. ?>•:.;.,/>,/ ,,

(15) E nella vistuaGMU*-* (Steichnw xipSajtsw.Il

Bup. segaendo if Charisk otop trackice *itfea*toa*ter*ia,

fa qiAl uoa luoga note ova Iraendo x<fy$tyK* «J i»-

jitirftttm spiega: jttt votenl, $8* tncmgent du crmm,e soggiunge ; «n croyoit que ceux qui mangoient du

wesson devenoient vigoureux et courageux, e per cid

voltava : qui ont du caractere. Non credo che qui

yGoogle

4S8

c'fcnttfJB' iw^lbfziOi poiefcfc- %£/#*/*<* 0)J7ttp sigtiHfefet

aculurfr temvw, corwe %oLfia.pfl£t» uteri sunt inyBtifo,

e la ^ptegaaifltoe fc cosi ^«ittd

k

n*tttratei f4ra?d lat.

voftlafao ftWb o Utterba inkteniiom. Lo * Scol. £pte£&

if^/ >/^tott^^; acerbametite / scdltramwrte^ <*4

l'una e Paltra cosa pud £ig|rificia*& fl vfleabolb'

f^6) iW#'*J\Jpfeftt^rt#..b-Ma

> gmfcta,-«*• Adagio a

significare che non s'era ancora giunto al principio

deftaf&r£: B ttraevasi Ja *i6 ebfc u&vatoo icollkare

il ptefc&Miote <« Ja llila in sullWrare deWorto.

-{16W)*W to&foi (MiNi». Qoesta'teridenta »•'>***

utere wamjtie la tiranma la t«dfeitio jknre in 1*u-

cldirte lib.^6,' jaar. 450. Quesle? cose>

ripeiisan*) il

popoto AtenieseK(la jirtfinifde d'Ippia) e ramflre*

moraftdosi1

tutlo (pianto hitomo a-questo cragti nole

per tradfeion^, rtide moeiravasi e sospeUoso vmoeotoro che artdavano aceusali circa imtefi, ed av-

ris£vaiio ch# Urttocio fosse congiura a ridesiare

foligartihia e la tirtoriiide. £ p£r ti6 irato ad essi

molti co^siderevoli uomini gia soaleoevansi prigfoai.

\M) VtoHar U imposts—^AwWgciv * tingutoii

;tttqu& pugntvte* Ibfelrtur4thm#d atvwri^v. ClurribtH*

Ml ^fikititequufn- htmta supirmm. Om« sal4 VII,

(A&) trtHtitttetto mi si rafci. ~- DWmo & il

t^sto nel Bergl. e nel Br. Io seguo il Diod. cbe

fcegni una noova di&tribuztone di versi io questo

yGoogle

dtftcite passo. II caro segu* la parlalar iiU^frolla

priori Qnde nen paia... die 4* fuvdlirewsww -

uyUâd altro <?he a pojrte«e i Kawi) 4'hJatoq > *Hfflle

Panaten*iehe> InAtene a £K>' seegjiftyanj&ii veî

(20) E rfi /t%i #usci — xctXvftJ , che Ifc §4$©J.

^CtvttQVia. /: ),i ;v> ?«.; ;:. n.-.« ^^ '<:>; »

;

l';.vt<

cui paflofto i cani e d^ve rilQOn^no ^perala la

weta. Qumdi ai PawmiftgFafi ^ »#i.aiil fwo^.? «tto

&&##og< ^polh Ro4 fippose>/fe^?<* ) aiVvffW' Wla

*l'Kh<; -%..¥*.< 4274? piireialcmia .tolfa,fi ago aqpfoe

{WiiMla* VuPUm. Waiga. p.486^VM J/6, quit^li,

*fe jflW^/Sot ^^ & .condurne * ii«^ mn n^>zi^,

<>aaie it> canro> cbe ifoita lii^rîritorftai ^hiPoê.

-. .(4$) &e\forwHi . tfjf.grigjMft, rr* l<?&9 •foioX$ps

/to*.- tetwit >4H»i9iMta^.. Prftmnitl (^dsGW&tfesiieindf'

iumere poterant, solebant puerorum pud&dq, sfafliosr

*o$plmwi><bddit Sofal. ut qd wbMMuvmwMtiles

yGoogle

4300

una? alriscia di enoio che i flautist* attaccavsno

sopra fiitotto dalle labbra, onde le goto nan pares-

serocotanto enfiale e dtlormi. Coteslo ritmato si

riferidca-a Mida, ^ i ^'

(25) (kdla conchigl\a. — I Greer a difesa itei

sigillo iDegli atti importanti il Ticoprivaao can una

conehigUa. >'

(26)< V3nc» la latiajihn* ajStora. .— P»oterb. coei

inlerprelato da Erasmo : pocter lotionem vincit , e

dicesi di coloro che ritnangono perdenti anche

vincendo la lite.

(27) Gridando *aglia. *— Qui v'ha on bisticcio

continw da non patersi tradurre tra &vo$ vino, evos

asino, e livoq sarta di (azza di terra senzabase

,

e OTfiyyuUv xino, sotto rotonda. Forse dalla sua

vasti44 fu coal detta da Sfooy vortice.

(28) ftw <M topiila <# (Jomto , ote di t>ot fiia^^

gior Ja stinuL — Conn©, era un Citaredo, cbe,

ra nmrpdkL n&rif&yi *&t itimg fo, divoraiosi I'asse

palemo era povercu dice lo Scol. E dice il iapillo

di Conno, ciofc il voto d'un meschroo, 6 tal figure

usa parlairdo;3d un giudice. ,- ;

(89)4 Forte the Labe.— Vaolslche con leggeff*

mutazione di letteia A. scrivesse di Lacbe^^be

^ondotta ib Sicsfy t'armata Ateniese, si lascio <*r^

rompere da questa slimatissima prodorione del

suolo Siciliandi L;

allu3ione recente doteva produrre

un gramtieffeUo suH'aniaio 4egli Ateokist. QufcstO

yGoogle

43f

raaiKswa al suo imitalore Racine, t per clfc ia<

ParigiJa soena del giudizio parve rllrarre prottoato

dalla farea, che dalki co«*iedia aabiie •

l

(30) £ co*M questo? una Clepsidra pure. **— Afl*

cemta 1'orinale slatogM reeato prima > dal figfio. u

(3^) graft $w* i#eo; *4- Gognome dApot

quasi wis ptaepositus, urbanus, spiega Mac.ngah.9v

Cosj,puFe Enr: fonk Vi*63^ e4 @i*az. od. 6, I. >i.

.,,.•• ' / At (J -, 'I { i:-

,'01'.;

1...

• . Scopwuftnia. ). -I... - i

(3®). Si datmi a gwimaglio di fic&— $w to 6p&xu

rov tyktv , per essere legna assai breve , dteeio

Scol. e per etf> di maggior tormenta*

(33) Ed io qneste m versof e gid le $d»fy>, *-

A. dice tyiy le ed inteode fxxhv leilli/ ed avreWte

dellcr w .$# voleado sattirttaadere of'vivv P«** ^vedi come male il Etap. w\\M&>:pe*damt ce tebis

Id, je wis nerser cetle bouieille & la iamper. E$q&-

serva pure che piu soila dice : aouw boilenle nan

menodi; qaesle le&ii. *. : <-

(34) Ei la cetra ignora. — Cio6 ignora 1'arjle

di sufmara la cetoai La mtisisa era parte esseAziale

dell'educarioaa Ateniese* »fe ad oomo genlile era

dateiliionsapeFla: Per ciA qui tale quanta dice&e:

eglf * roraow v r - ;'*• .-/ .^r -.»

»• .* j-;- 1

(MSdu jfir»? flMfl&fcrt*.r^» Giofc fa mjiaiUcria dri pre*

posla a.moaditfe k fbnfce del cack) , e came il

yGoogle

s

am

iitfJJ^fiv? *^q fiJj^Oiqa ;..*>«'/ /fife fjlciJri;vn noi

comballeremo all'ombra.

4X^{0,vTKRZO

Scena Prima.

uj Ja^jj^l^f^y^si ^ct ^#fc M^swmk <»<Nre di

Prometeo scopritore ,& V9Co>vCft&&v& **«|uello

^433

<ii Minerva e Vuk^^ D^ d^^ 4rii, e ^ff# ove

dalle mo&rattta. JMftai'-'fe **i vwweî

f

pr^ctetott^si

(39) i4w/»ira <# * ?*«b&t&?<tele. — x/»£x*$* paroia

Don regislrala dai Vac.; spiegaia per coageltura

>*&»&&& jnT<#dfaWttoiW >Mkftrtttft« } ^riiaU dat

»ii WK5ho querûoft^ch^ ^l^sfmeW ^Ma» dai

'j Jtess$tere, :e dalltf* sl^soîii^pf^lal^^toei4^^^*eu tfc/fe'ifttita*' ftn/d law Jnkitii j*&m <ju4i& «r-

ne trasse la dicbiarazioneM ttyi

mfodfeirnla1 Vti&'del

F4a*oftJ sectfMiiftb

M Vm&fcHtyl, the fogistra1

*fex&&i* tisr^tk) tyais Hstok&fmtutok> 1&j)hserfrt. Nun

^^bbe fcrse Cilk cte $oi » Lai I dissert) tvfoj^ww,

*

< &*tt «6 tialforeelK Ftfbitt âwf** fftaftfftl

s*\krne

tffcftM&fcato* Ufa avtethhem^ piwhim W $o4i* ibe&htm ,

ed'esteso da A^ ad4ia jiritato «e*ltbaf*» j r ^

(40}for TVsaafi

PenosW. — Pe&cste fu «na parte

yGoogle

434

Scena Pfimfy

(41) Oh dallapelle tua lesiufjgin lieia.— Que$4a

parfelat df Z^ilm, «i -fegg# *&a* diversa nel le ediz.

tt&f#*rei,>M Jfergl. e del fcriMr. ^^'i

?<*-<».

(42f) &rfi ««***& tW«tkc»(q^^p^S^^?i^^fe qttfeslo ^rtsetto ftflV^; «** W'&W ., *d°£ehert

degli scsrabei a cui i faneiulli annodtiti4^#4llo )£lfo

garoba e to caceiano neirwi# foitommfa '8*Wnoctmus hMnefon, nola Flo*/ C^rim, 'fe^^fefeti 5 bti&

hfc<di dftrati) cotee a*c^fa^*n«ttife GreSfco. #ifrse

k piuttoslo lo scarfrbfce tftfla rosa #uri>bfcl verde

doralo. Come che gia fe detto per vezzo aH'amicfc.

qui addolta dal feathto^ ^' :

(43) Questa fune togliendo. — E chiosalo Scol.

fe&'^tt&'fc&ws wttije* rtV 1 ^ iV »,J>' J - : -•

(44) A qatVceJlo WUlentf* : -^ II tefcl* dite?

(46) Di«f>or di Cimino. —- Di Iditi * cfo A/ tie

compose un sol vocabolo , e significa avaro. V. i

Paremiografi.

(47) A compter* il peso. — xfaKidnxny, e nola il

Christ pulo intelligi additamentum et (ut loqtebantmr

anfiqm) maiWfam, che ooi Iialiani dkiamo giuptto.

yGoogle

485

maPsmfia.

ritiene l'antica lfsifne', »>|rTn«il^ i.^l^Mao? K* ft^jpftbl^

Frinicus. Io seguo la correzione proposta dal Benlley

nXnoosi ferit, perchfe Don parmi che il gallo possa

addjjm ôj»e ^sempift 4i}tf^ftfoi $ ^tHn^jqna

U letioo* raeglio ^H^ps^c^^^ô-.ÂjpUa

iyig-Af|m?o.«f -i

iompMWr; ^^JhMoffi^ /fiTW- JfefcfflNto lift

a^fo sigfjifiô 4^ vflf&9 £&&&*?. oi c;^» i-c, <

Scena TwM\?.fi l 6 f, »:.>;. ;»ii* <«»*

(50} £ i/ei cancr* frateHi- r$\MPfy4$&£Wty$&>

sorig (&,piccif*l cansp m^ripp.îVÎIi^c. rlibi ,4.

(51) Nullo sin&ra mairrfai g*(»>|j(& ildrarWQ-

— Corm mm ')in$Mditm $&ltus ft^fV'-ftumgtcaw

yGoogle



V yGoogle



Rappresentata in Atemfanno i.

#della 90. Olimpiade

>

4 2° anni wanti G. C.

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OT'^AUOhUi

iUwKf r slHrt a^ otatatn o^'.VI o^3isj*\ *,.. .\-n, v/'^ri

yGoogle



ARGOMENTQ

Trigeo desidtroso di procurar pace ad ^tene, sale in

cielo cavalcando un mostruoso scarafaggio, a mdlgrada

le preghiere tuna sua figlia che paventa il pericohso

tragitto. Vi trova Mercurio che gli afterma esserne gli

Dei partiti, lasciatavi la guerra feroce gigante, die tt>$to

si appresenta a Trigeo con un enorme mortaio ad uso

di pestare le cittd. Quindi spedisce ad Atene U Tw-

multo perchi gli arrechi di cold un pestello. Egli ri-

toma annunziando che il pestello Segli Aieniesi, cioe

Cleone, & morto. Lo rimanda a Sparta ore trova pure

Brasida ucciso. Allora la guerra rientra a fabbricarsi

allro pestello. Intanto Trigeo aiutalo da (utti i popoli

di Grecia trae fuori Id Pace da un prbfphdo burronp

ove era stata racchiusa, e rilorna in terra con essa}e

con due Ninfe a lei compagne, Opora e Tedria. Viene

assalito dalle lagname di coloro che traetano qualelit

utile dalla guerra,

gli congeda beffandosi dl Jpro., c

iermina colle nozze, sposandosi la Ninfa Opora.:

yGoogle

PERSONAGiGrl

I* UP Ifl<l O Tt T A

Due servi di Trigeo.mi(

.

t{ ^^Trigeo.

Fanciulle figlie di Trigeo.

Mercurio.r' 38'^ ' li ' ^ >-'*

La Guerra.

11 Tumullo. o<n<< ow -V

Goto di conladini Ateniesi.

Jerocle.£?01 w - 110 «' r; • r '

Mercante di falci.

Fabbricatore di cresle?T,V: * WJW*

Vendilore di corazise?''iA vl * *]Wf

Va Trombello.7oiI

S''n « ,A

;mc

c'

,v'

,,b'

i'< '

Vendilore d'elmi.n

i.'? 'd-no> «••.«* .••«• '-'

Astajo. ..^ wHServo diL*Mfi&.

0flH I4 * a

Servo di Cleonimo.

atei ,.,-

La Pace )<«rv,e <Amr»a

Opora ) WrmatS^ttitaU.

Tedria .1 • 'salt* *:;;-ic>vib ':-'.•':«.*- ••.•*

,

yGoogle

hot urateass

ATTO PRI1HO

SCENA PRIMA**«T * *« »»a

Due servi di Trigeo. mw^V

JVimo Servo oJliimuT if

A queslo scarafaggio or reca retsasfooisl

Tosto la lorta. nfd ib 5jnB0WnSecemrfo Svrvo^^

Jb 51oU. l(j^1Vella, e la la poi$

xr,

, ib S10libfl97

A quel perduto infarae. Altra migliorerQ>

:^m(ilj u\j

Non mai glien tocchi (1). ^Vfc ©lolibus/'

JVimo Sertô0[Â

D'asiniiio ^gy ,h ovwg

Una seconda ei n'abWa. ^raôdJD ib o?w«Sscondo Servo

j*>*< .*J

E dov'ft 1'attra? divorella forse* fonteT

yGoogle

442

Per Giove ^flYtfeeoPOHft #n£»ipfc*Jo*^t ? u ad-* l.-i«£

Egli la rese, ejSfffSÛUflfliiMia.ovcfj^

n c.»twqur

Allre ne jipipisii,:# #ien^ dftw^ftdpllte o-isi-'ii ôJ:;?)q%^MfcjS«M)D 03'j'J bif§ nor .1

Aiuto dch ifMshfe sfirfgftelibtteooosoV

I ofiffibW

Se soffocôi^nj^gioi r,>/>, i* ^?1 s? av;§^«

.;icmC. 5i 8-fiP(»flN(ifeW|4Ty s ,<jJio;»3r, t:a: (

y\ nun ivii».r f 5 £Bp

,

illl»,aWl

alUadiJ0Jd^ni

A quel Cinedo; »^^ r^^|aa&Loin i aôaiio; ><<

Oh scevro almftp£4^%^spe^^rmi. at lo sis a

Es$er io dggpfc qfcfelft t§r&* ^stfi : M , £1 j r* at*

Primo Servo ofc; i^neV' ..i-'

Pape un'altra, ed un'allra, e un'allra ancora,

E Ire novelle posqia.

o<ra9Ub#M^poiIo

N(mi gia ; ch'io ancor quesla sentioa odori

Esser non mfa**Uib^-lkô& $ *si<A a.

Recarla vogjio^'î <yv.j.a>< <;a .'flirsq .^ ufay ;K

-uxor* \&^&m$û<^ sitel i/mct

Or chi mi accenr^îsejdiiîc)iijflpei»Q n;,.i3 : t I

Mercaiî^M#6«a^^ ask

Nod v'ha che dare a on icj|f#feg&fc *Mfe}.*^ ^

yGoogle

HiII verro e il cane skdtvfcrarroWo

Quel che di cri|p»fe«*P-<tf (ff^o^lftvekfe T ° ° ^Superbo e schivo idl»«tWsi

Ji

«*%i^ °<9a<r

<6

|

Sa

Se intiero ov< gioiwwoa glfitopasf^fi^iUd? SiJU

£ non gliel reco come adonna' peslo.

Socchiusp Tuscia Wide Ctflaiiai ad>>toi®t J^b t ^ ^

Veggiam se 1'esca ei cessi. ®i$%&/Wo«? ^ ^malaccorto, e crcpaK<Ohf *c&ne prono

Inghiotie ii tristo e la mascella muove

Di lotlatore a modtfiliWrrfd &ggfck ,nl^mr

J i&wp' *

Le mani e '1 capo, quaf cbi grive fune

Reca alia barca Oh sconcia cosa, ingorda

E mal olentr-tyMsttf-* vpx&sikM^ im^ -1

'

Non so Irai

Numi;malte Skzife c&^>

^ * c*^

Nfc a Vener cerlo. - ;

V\

JVimo Servo ..

jy a ^,4»nque?

L'fc forse a Gio«8'«feb *tel *y#ito3 sd<&*& «o ' •*>*-'*

Ma udir gi* parmi spettatore imberbe ^ (>; *^»'*

Sputar dotta sentenza. A ^tertM cosa?

Lo scarafaggio a' che# gli »ta A Ibsta

Un uom di Jonia che sV a toi tfcponde:

E di Cleon $& Mlff| e#iiW<uown<'^* *ai <ib iO

Ben sai <fi ihMWOto ^nlr^*olg5,^1?|i(^^^^^^M

Gii gft f*^#Witi^« ?m ^-m&U a/fo fiifv my.

yGoogle

it*

Ai fanciuiii. agi'r kddYriÎi giS^^ttl; -' - ,i,: H ' ;

Alluom piu v|»BW$, VVtolt Sffin'f'^ :

v

Che ollrSttW^'^nV'HWKJ^ 3 U *W *

Pa«i* novella ilWpfoSi tfTOBft1 w,v ' *- :

Non alia voslraâM', afalto 6;

#M10;^ rit

Goarda egli in c?e$ I'JÛfeafabofifca' ;'; «î/intiero giorno, tfosi orapcld 'a' Glove :

'''

v (,

ir *'A4

A che ti adoprVo7

Gi'ov^lBrdJki'la^^«' '*

Dep&Ve Gre^'iibn^lpaâfelnMa -t ' , r- ; '«

Pripao Servo, Trigeo di dftitrb. v.%- s ...

Alii Ahii

Silenzio, che gia udirlo panm.

Del popol tuo «he far vuoi Giove? tutte

Riversar **s>r>0Utadi? •> > \HV

snot <o: Btado^r-sf * .-..istj^V. ... „

,i h»JEi ecco ii inate> ; :>i»i>-.^ ^.:-.c

Ch'io vi nafri^wta'adite^ Jtl^r W, ..*-

yGoogle

Dei stio impazzir 4ti«0t#SAn*«a»ppiale

Che disse, allora che da bile mvaso

Era da pria; cost trt*$a£ pariafa

.

« Oh in altp agfl^jr $$cs$i a fii©ve-l » e (juiud*,

Lievi scale aggi^)^^^ ^^ ^Vedeasi Yô \\iM^VMfBî ^^Si ruppe il cap9^lo^Wi

r

,,^sse,f^$vla ^ >

Ei lo Iraesse igra,

Mjf|^fi

^mT

^'Âssat maggior ^fljn»; fl^J$ cpzzon*

^ ^ ^ ^ /

Creava ad es^^^îP

aTla ^|> ^ ^/^Puledro fosse :,A (^Pe^û)io,^ ^^.^» Yolator ^^^^q^^L^ rjica ^

j} ./, A

»Di ,anci0 ^^ÂMa?T^M^^^

alla fessura. Ahi Iriste a me qui losto

Accorrete vi'cini, il^gîfiagnw^

Lo scarafaggio cavalcando s atzar

Su su per J'*#r|. & oosnT ,om2 -^nl

SCENAvOUARTA,

Trigesa^jJritHiotServa*

0?^ ohJbu &% f?do ,owaaaf?

Ob? dotee4ohaii>poggia,^;fi<>/ dO scarafaggio, a passotoalfe tue forze

Or gia fidato ndaaiahcficrftb tfi&orso,

Frki che il *9gdt fasblifcal«a#m\tfatt^( ? v ,r , \

yGoogle

44*

De' luoi spiegali vanni, e si#n del corpo

Pieghevoli le fibre. Oh I non spirarmi n*l i^m' \ c-

Mai fiato, sai, ten pregoo Oft tra miei lari

Rimanli deh se pur 4ai voglia httri.

Servo.

hfrv'ji »» :^n^ r*(i

Signor padron deliri? wv&

* ttW, laci

Ma temerario s\ dove tinnaht? •-*> .<; I j*: i utu

;

Pet Greoi v6lo. 'Macchiuatr mi vedi

Audace cosa e strana. ->< * . ,,

'

.r-?-£>Awdte quel ?olo?_

A che il delirio vano 9 ^'

-;:;.:}

l

a H: Oh bene dwnii /-=•: :

Tu dovresli acdaaajMtdtt^* -wtuperi >/' <,-or i

'

Non grugiwrwi) aH'orfc&phio. AgK udraia tgrida ; <r

'

Silenzio. ed abbian le latrine e i cessi

Da lor nuovi mattoni, ed olturalo

11 deretano lulli. - - - -

£g&

non laccio

Se pria non odo dov<S Wvdl &slendi.

E dove mr'se. ami arttfufa- 4 GWwt' j r

yGoogle

Ed a qual fin f^xr^ntv^. «oo idO>; tn.)ii '» ik'^wte^l'

:? > i^;' a?J

fHfljpeo^iq ^'i

J <^ Oii.a.l ihtf

fibiedecd * lirifche fate ^ ^ #

De' Greci inlenda. <vj -. •;/

Servo' ? r'«'h?> i]'n.;.s.;«i '/. '^.'<

E staghTdirtel mega?

Cilerollo in giudizio, e dir6 come

Vende a Persi la Grdbraten.o.' '? rw ; »n,-o^j >:il

) r, ,m ?Qh^peL®ioBacoo1^ «

Non fia s'io viyo. m: i; ^ >j ^ ;l.A

'

, A forzaf dessi.

j \;XT Ohime

Figlie, ohimfcbdfrTitjfco *flifcerte i padre

Ormai vi lascia, e dfi uascoso* pftggta, > ^ n

Vedeie, al; qietou Qr 4*M ptfegate^ Uh padnev - >} $ >^

Figlie infelicL ^; * > i*ia-: * -ji'.< ': ..

f

^: ij- >• *,^;-w:

SCENA QUINTA,.,,,, V ,,,., D «

Lc figlie di Trigeo^ Tfigeo, primo Servo.

'^w^yM'*-^ -v -,,' .r.

Oh padfeinpaBre e' fia

Ver quel che-'sttOnft (tartar n*»ra noslrs?'- * :

yGoogle

Woi lasci'e yai Ul ôgtivj^gÛl ai corvit

Se, padre, m'arai, a me j>ale$* il vero*.

Figlia credere it de^cbe mange il duola

Allor die a me poppa mmanîl paae

ML'ile chiedendo, ufc «n gfaacl dargeolq

Mi Irovo in casa. Se Ja piova io vinco

AvreJe ognor larga uaa ,toria* $ pugna (»)

Col pane seropre (%

£ ,C$me trarti, padre,

Per quel sentient we Jjon.vaita legoo?

Trig**-.

Non salgo nave, ma puledro alaô

Mi reclier& pei cielL

Uuq figlia

.:,< E qua peu«iero,

Babbuecio ®io„ te; pofla in aKo? jii Nuim^

Lo scarafaggio* cava&aajla t

E irovi

Enlro i delti d'Esopo, e&sere il solo (4}

Quesli Is* i.volaler ehe tQ-jeiet penelrL

UmfiylUi

O padre,, padre, egli £J&ccfidtt>il delta

jfcfee mal :Oltmle t'beslta ai Numi venga

,.* Tnigeo

;

Ruggitte aalica, qol&gtfgUfr :& tra&se : ,

yGoogle

**%9

Un giorno-ffl 'fciel,fc <$t^(*5»l»ne Kva? >*** >tf

Egli bramava<er s# jfofBi».* lfl * .'«« ® ^-ibuq &Vftfc*figlia

Tu dv

an P^^^^l^^fcHe^SaftHp^Srir; w> '* >*

Onde apptft^lHg^^mtt^li tortf**^-* »'»'*

Slolla, ctress&r ^frias«0f>pf^ s •f^

Allor del cibo. Quel di che mfOnfllttf3 ••« ^ •ii

*

Ben pascera coslui.*^^ smi

>i/»;-<j .owwvVficfifiglia

Cade in 1'umido abissftj a?ran quesl'ali

Vigor da lrarneK*4totof?b>'>lu<fifn .*-/$« >j?.k-a ooirt

Trigeo ^^ *->'] &i.':&£•* M» 4

*$l B&feo. un limone

Ben ei varrtrtfibtf aH'totfpb.% me fia nave

Lo scaraftfggft febWteato 4tf4faMo<<{ty. t*'wMdK$.

E ondeggiante nel fltNttp;^ te salute

Qual porto fia#*» 3

#: oiocf li ttfVfy>40qo?:*Tb jJinh i ounft

Quel cbe Cantaro ^t&lto^).

Che non incjampi e<>gitpTrovink 2oppo,

Cagion verrai^^tr&ir^^'d^tti^^^ $0ig;,uJl

29



450

Ed uscirai tragedia (7).

Trigeo

E guarderommi,Or vale. E voi per cui^tanto fatico

Nessun vento scbiudete, e per tre giorni

Turale il corpo, che se avvien che odori

Ei tal cosa daH'aito, arrovesciato

Da lui gia soao, e ogni speranza 6 morla.

Orsu, Pegaso, lielo ormai cammina.-

Scuoli 1'orecchio, e del doralo freno

11 tinlinnio risveglia. Ed or che fai?

Che fai torcendo alle cloache il naso?

Talza audace da terra, e le veloci

Aledistendi, e dentro l'aula corri

'

Dritlo di Giove. Oh dallo stereo il naso

Ormai rivolgi, e daH'odierno cibo.

uom che fai ? ,L& nel Pireo t'allevii

Tra le sgualdrine? oh mi rovini; appieoo

Tu mi rovinil E non vorrai celarlo

Con sovrapposto limo, ove il serpillo

Per le germogli, e gli si versi unguenlo,

Se avverri che cadende io n'abbia danno?

Di ben cinque talenli allor multala

Pel deretano tuo verranne Chio (8).

Ahi qual limor I nfe celio. macchinisla

A me il pensier rivolgi. Ahi che mi batte

Gia Tombilico un venlo. Eb cauto statti,

chio sar6 di quesla belva paste

yGoogle



451

Ma gft vicino ai Nami sod. Gia veggo

L'aula di Giove. Chi ne cura l'uscio?

Ehi non aprite?

SCENA SESTA

Mercurio, Trigeo.

Mercurlo

Oh J qua umana voce

A me si gelta. Ercole sir, chi fia

Quel tristo fc?

Trigeo

Gli & un Ipposcarafaggio.

Mercurio

impuro, audace ed impudente, impuro,'

Piii che impuro, impurissimo, lu dimnvi

Come qui ne venisti, o tra gli impuri

Impurissimo uom. Qual home porii?

E non favelli?

Trigeo

Impuro.'

Mercurio

E di tua schialla

Or cUmmi.

Trigee

Impura.




452

Mercurio

Ed fe tuo padre?

Trigeo

Impuro.

Mercurio

Morrai, giuro alia terra, ove non sveli

A me luo nonie.

Trigeo

L'Atmoneo Trigeo

Io son, di vigne buon cultor, nfc godo

Io Ira le liti, e delator non sono.

Mercurio

Che vuoi?

Trigeo

Recarti quesle carni.

Mercurio

Oh buonot

Salvo giungesti?

Trigeo

Ahi ghiolto impuTO, vedi,

Piu non t'appaio; or va, chiamami Gtove*

Mercurio

Oh oh tu lungi ancora sei dai Numi.

Assenti son, migraron ieri.

Trigeo

E gili

Sono a qual terra?

yGoogle



453

Ma dove alGn?

Mercurio

Tu di terra parli?

Trigeo

Mercurio

Su, so, del ciel nell'alla

Piu recondita parte.

Trigeo

E perchfe solo

Qui ti lasciarp?

Mercurio

A custodir de' Nurai

£ stovigliuzze, e boccaletti, e deschi,

Alfine i vasi lutti.

Trigeo

E a cbe migraro?

Mercurio

Essi a' Greci adii ati il loco loro

Diero alia guerra, e in sua balia v'han posti.

Al sommo essi poggiaro, onde pugnanli

Non piu mirarvi e i vostri preghi udire.

Trigeo

Ma perchfe, dimmi, incontro a noi tal opra?

Mercurio

Perch'essi a voi consigjiar pace, e guerra

Fu il pensier vostrg. Si gridava Sparla

Se vincilrice ell'era: « Oh ben d'Atenet

,

» Trarrera vendetta pei gemelli Numi ».

yGoogle



454

E se d'Atene era miglior la sorte,

E chiedea pace Sparta, udiansi tosto

Gridarei

vostri: « Per Mfnerva tralti

» Siamo in inganno, non gli udiam, per Giote,

» Rieder dovranno se fia nostra Pilo ».

Trigeo

Oh vedi propria i detli nostri.

Mercurio

Ond'io

Non so la pace se vedrete ancora.

Trigeo

E dove giace?

Mercurio

Entrpprofonda grotta

Guerra la spinse.

Trigeo

E dove?

Mercurio

In quefl'abisso;

E vedi quanle v'ammuccW5 le pietre

Onde voi trarla non possible.

Trigeo

Or quale

Danno, favella, a noi s'appresta?

Mercurio

Dirk)

Non io saprei, ben vidi a sera an vasto

Mortaio qui da ki recato.

yGoogle



455

Triyeo

E dtrmi

Nonsapresti

a qaal uso?Mercurio

Onde trilarne

Le citte vostre tulle. Or parlo, ch'odo

Rumor 1& dentro, e ch'ella n'esca pantoi.

Trigeo

Ahi, lasso me fuggiro si, che intesi

Del mortaio di guerra il suon vibrare.

SCENA SETTIMA

La Guerra, Trigeo.

Guerra

Ahi mortali, niortali svenlurali.

Morlali si che vi dorran le guancie

Trigeo

Ahi sire Appollo, qual mortaio iminenso

Quanto fc tremendo della Guerra il volto.

E questo dunque il torvo e crudo mostro

Da noi fuggito ognor;quello che tullo

Spazza il cammin coi spalancati stinchi.

Guerra

Oime tre volte, e cinque e dieci volte

Infelice Prasia com'oggi cadit

yGoogle



456

Trigeo

Nfc cio noi locca, o speltatori, il danno

Di Sparta fia.

Guerra

Deh Megara, Megara,

Come rovini quasi inliagol pesla

Trigeo

Capperi quanle lagrime getlate

Ha \k sui Megaresi

Guerra

Ahimfc Sicilia

Rovinerai tu pur.

Trigeo

Qual infelice

Cillci fia pesta

Guerra

Atlico mel mi arreca

Ond'io la spruzzi.

Trigeo

E no, pregando il dico,

Un allro miele adopra. Oboli qqaltro

£ di lal miele il prezzo. Oh gli perdona.

Guerra

Servo, servo TumuHo.

yGoogle



i'67

SCENA OTTAVA

II Tumulto, la Guerra, Trigeo.

Tumult?

A che mi cktedi?

Guerra

TrarrotU a grave piaoto. Inoperoso

Non ti rislr.'? to' questo pugno.

Trige:

Oh quanto

Egli era $rave

TuwuUo

Ahi tristo a

meI Padrone.

Trigeo

Stringe l'aglio net pugno?

Guerra

A me un pestello

Reca correndo.

Twmlio

galantuom ci manca;

Da ier qui siam.

Guerra

Dagli Ateniesi a corsa

Una men reca.

Tumullo

E volo gi&, per Giove;

Piangerei se il niegassi.

yGoogle



458

Trigto

Or che faremo,

Uomicciallott Irisli? in grao perigBo

Vedete siam, che se il pesiel recando

Egli giungesse, ie citladi inliere

Ammaccheria sedendo. Bacco, ei pera

Nfc ritornando il porli.

Guerra

Ehi to

TumuUo

Che vuoi?

Guerra

Nulla recavi?

TumuUo

Col malanno nulla.

Vedi, il peslel degli Aleniesi fc spenlo;

11 cuoiaio vo' dir, che Grecia ardeva.

Trigeo

Oh ben , Minerva veneranda Dea,

Ben fu venlura alia cilli sua morte,

Pria che spargesser sovra noi tal salsa.

Guerra

Non ne trarrai pur lu di Sparta un altro?

TumuUo

Padrone si.

Guerra

Duoque t'affretta.

V yGoogle



459

Trigeo

Amici

E che sar&? grave 6 il periglio. Ors'altri

Di Samolracia enlro il saper l'inizia (9),

E bello il prego, si scavezzi il piede

Chi rechera il pestello*

Tumultov

Ob me infelice

Ahi, ahi, me tristol Iristo

Gmrra

E che ti avenne?

Vuote le mani ancor?

Tumulto

Mantava a Sparla

II suo pestello pure (10).

Guerra

scellerato,

Che vai narrando?

Tumulto

A nolo in traccia Sparta

Diello, e il perdea.

Trigeo

Ma ben, Dioscuri, bene

N'and6 lal falto otlimo egli fc, mortali

Dehv'allegrate.

Guerra

E to' quei vasi, e dentro

Or gli riporta, ch'io far6 il pestello.

yGoogle



*60

SCENAHOKA*

Trigeo

O'canlar dessi di Datride il carme,

€he in sul mefiggio donna era a sc slesso:

« Or mi rallegro, e n'ho letizia e gaudio. »

Ma se svaniro e liti e guerra, fc questo,

Greci, il lempo miglior perchfc si Iragga

A noi la pace amor di tutti, pria

Ch*altro pestello il viefi. conladini,

Mercalor, fabbri, artieri ed Aieniesi,

Ed isolan stranieri, or qui venite.

Popolo,arreca e vanghe e funi e

lieye.

Or del buon genio tor si de* la tazza.

V



ATT© 8ECONDO

SCENA PRIMA

Trigeo, Coro.

Coro

Comun venlura or qui vi Iragga; o Greci,

Sia Taila a vicenda ora cbe sciolli

Dallebelliche file, e Lulli il

siamoDa sanguinose slragi. Avverso il gionio

A Lamaco rifulse. Ove a le d'uopo

Fia '1 nostro oprar quasi architelto impera

Esser non pu6 che a le si nieghi aita,

Pria che gli argani noslri abbian la Pace

All'aura Iralta. Ella che prima e Dea,

£ delle vigne arnica.

Trigeo

Orraai tacete;

Se di ci6 v'allegrando ora svegliala

Guerra n'andasse dalle vostre grida.

Coro

E ci allegr6 tal bando, assai diverso

Da quel che noi gia ragun6, di pane

yGoogle



462

Per tre giorni careati.

Trigeo

Or saggi siate

Paventando quel Cerbero. Di rabbia

l£gli bollente, e auale or or gridando,

Impedir voi di libferar la Pace

Egli polrebbe.

Coro

Oh da mie man chi fia

Cbe allor la tolga

Trigeo

Ahil mia sciagura certa,

Ove il tacer nieghiate, amici a corsa

Se qui. si slancia fia rovina tulto

Che spingerfc, col piede.

Coro

Oh I tutto sperda,

Calchi, rovini, che. frenar la gioia

Non possiam eggi.

Trigeo

Ed or qual danno> amici,

E che si fa? L'opra piu bella guasta

Non mandate coi salti.

Coro

E nonci

pensoAl ballo pur; ma dalla gioia, menlre

Ch'io fermo sto, muovon le gambe.

V



463

Trigeo

Or basta,

Cessa, cessa dai salli.

Coro

Eccomi queto.

Trigeo

Ben dirlo t'odo, ma non stai.

Coro

Deh questo

Sol mi concedi e cesso.

Trigeo

Or ben lal sia

Purchfc l'eslremo.

Coro

E il fora ove giovarti

Dato ci fosse.

Trigeo

Oh vedi, ancor ti naevi.

Coro

Agitata, per Dio, la destra gamba

Noi cesserem per cerlo.

Trigeo

E vel comando,

Non m'atlristate a lungo.

CoroE ancor la manca

Muover m'fc forza, che ni'allegro e rido.

E piu m'fc gioia lo sfuggito scudo,

yGoogle

Che scansata v^î$#^g^n fora-

Trigeo

Non v allegrate ancora,' mcerlo 6 il lullo.

Sciolta coslei v'allegrerete, ^ il riso

Vi fia concesso e il canto; e ben potele

Navigare, posare, ab^â&'idGft&e* ^j<

Dormir, sallare ne' soêAPhtodi,

Banchelt^re^û^qar sibarizzando,

E ricanlare il vivg^^kuf^ t

'\ ^ 4 > ro *m

:-^ri

. St

în^jb^vengaQuel giorntv alfift^? ^ravi ^lyp #&ty,^ .-<

E spesso il le^Jjje^w^jfogpiojjjj,^,j;Mk . ^ f

,,

Nfc piu me Irovefai §p.(UcQ acerbo,

Difficil, duro, ma si dolce e mollpy.,.,^ ^ ,,w ,

r

Se vo' di guerra dall^ cji^b sciollo.

Che ben Fire e il rîr~..§^Juogo lempo

D'asta gravi e di scp^.^n|po il Liceo,

Ci ha stanchi eûasli. Che far dessi narra (11)

Perchfc piii gioia n abhi, pjj che signore

Di noi ii ha fatto la vetiiura nostra.

:-^, muz) jJ/; ,• « .. -.-.^: ^.r

Yieni e yegjgiam, come torrem quei sassi.



tift

SCmSECONDA

Mercurio, Trigeo, Coro.

Mercwrio

luipuro, audace eke far vu*i* •''•

?/

Noo tristi

Cosa, ma ci6 che Cilicon gii tea.

Jfarcitrio

Infelice, rovini

Ove la sWle

Su me ricada. Ma la stei Mercurio (12)

Delle sorli retlor, so che far deggia.

Mwcuiio

Tu cadi e maori.? k

ftlgtei

Mercuria*

Or ora.

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' ';

h compro

Non anco ho il cacio e la farina, quale

Uomo che a morle corira (43).

Mercuriof

E sei ' spaceWo.

30


*6&

Trigeti

Ma come, s'io aesfltfn piacer provava?

Moreurio yr^K OiV-y.^q' '

Giove, nol savprol^ morfe aH$

uo^f ^ ^ ^ t »'

Chi di \k fuor la tragga;: i ; > i tm i

Trt>eso

*i r 3*;* IAj tftdrte dunqurf' *''

Scender io deggio? / - *j.tj

.«, i

^> ^ < i -

Al ccrto si.

ir

; Deh porgi

Solo Ire draHmtt onde un pored mi-lro*L *- /

lniziarmi anzi '1 morir note diuOjtoiJ

.1 id; . nsM$rmmo^ -:}-:^7. ;.- :;'; •/•;

Giove fulminatca^..^? i^ i v ^ j ^ ^ ; > -

No, fio, pei Numi ..?;.• »:

Signor ten prego, al tril»»ai non trarmi.

Non lacerb. ; s^il uiq -Mb U '.o* ^<. -• • » <;

Per quelle* carrti il chieggo,

Cb'or or li dava. i ,v 'd

Mercurio i it t

-

Ma, infalfce, Giove

Mi pcrdera se cifrnon ;grldo;- ;^

yGoogle

(h

,46*

Non palesarlo, MercurtetUrtnik).

Ma che v'accaMeftt jierahk\knnotij ^miei i

7 ^'^

Trisli> pregate, o Vopre nostre^ei/sfal&'t ^

>(?or©T

Ah no Mercurb idehindl far, nol fare,

Se l'offerto porcello a le fu grald, /

E ten pascevi; or dehknoa: obbliarlo.

Odi, sir, come dolce a 4&sifpreghi.

i Coro

Non sprezzalvoti nostri; at>nofc4ogKmtab

Trarne la Pace. Del} profriaio statti, ^<

Dio piii d'ognui:o genemo ev ?umano,

Se ciglia e cresta lu in Pisandro abfe&lti,

Allor vittime sacre, elettt <kmi

Daremti, sire: <

^

i •.>••• /.^: Tw$#t>~ * -.c^sv/ ii ;=;

Deh pi&&; tin prego,

Di lor misere voci, or che piii largo 6 *

T'avrai da loro il culto v.•'*?

,

/;{:*<•*.* ;< Jfi^ar*^ ; v-r*.

E son piii* tedri

Che gia non furo. ' v ;?

v<w- Trifpo >.>•'':

SpavcnlDsate-grando t

Opra diro che conlro i Dei si lesse.

yGoogle



468

Or parla; gia Itemarr tof'Tai^C*^ °*'^ ;; ' '' '

La Luna e il Sole astfaltJ-bioJe-i^ftli^ ?1 J

/' '

t ' 1

Or gia gran tempo, fi presla a Siroader 6rec»' '

Stassi barbara gente. *

*m '.

.

' ,lLMer'turio

•'-•.,• i

• 'Jv'^''i ^ nrfd,i1

= v

l; '''

Perchfc a voi lutli kriiiala ,

glrlMflsis-roe1rtre

:' _'

Solo i Barbari ad essi. ln'di a roraa'1 'VI

'

'

)f:

Trarvi desian, che i saftHfiza vostri.

Foran per essi. i

Sminuirsi i di, ifa,;

rdinvhi a^WMo^

'

Guidar di coc&iVo/r > '* ^ n*^

'

Mercurio amico, di tua menU^tbtia 'u '^

*

V:

La gran possa n'aili, e & hoi congitinto

Traggi all'aii?^ 'cdstti^Shfer celebrate

Fien piii grandl^'fefe WfilftitecK^^

E le fesle de' Numi, e le Dl^K*?

* '*

Le Adonic andran solo a'Slercuria saere*

E le cilladi >&& fittftefti icevre,

A Enneie difeD^dr^o^^d^^fto:1 ^ >

:Am

yGoogle

Ottime rose avrai, e tjpeslp^0110

Or pria li porgo -unfa li]>p J^pQssau

HL\ £.

m

Come picloso ,ajirato vaso famrai

Iteiie dunqa^^piê^llq *apgt\? -

E, si X< faremo

Ma non parlir|i, y s|j5gjp,N*me, e quasi

Rcllor de' fabbri da le jjeodpn 1'opre;

Noi troyerai peir^segair .luqj (J^ti;

, ( .,,

Lavoralor non vili,^,v

-t

,,, - .

Orloslo il

nappo,E s'incomiucii col prepre ai Numi.

Gia si liba, si liba^r. delii vps^rj >

Sicn fausli, fausli sienp \êlt| vo^lri; =

E libando preghiaip che ai Greci lutti

Fonle di gioia queslo Q%s\\ venga.

Chi animosp cop ;wjj lorf^ ja |une

Nol gravi mai lo^s(jpdq.v/l

, _; ^ r,

M-.J

i> •'.'i i-^}i

t

1

X\/*bal^ r .Mi-

Ma lrarr6 in pa$e ppHîîcf i M$iqr°j> r s

E allizzerd carbopp,^^, f fr /

'.

i

,7_ Baqcp îre r .

s, , ;

,?

Non cessi mai, chi guerysggjjir desia,,/,

yGoogle

4*3-

E forse rJ niego?

Dalla funenon pendo? e'*titt<F inleso

Qui non mi adopro con m«e forze httftnte?

E come dunque nulla aV*ta&tnPe|)ra ?

Larti^ oHftigP*y :1k sedendo grave

Danno ci arrechi; ufc qdt d^bô abbiamo

Di quel tuo spauracchio. ojb ;^ ^,

Metmfisz~&it ooiuh ôf^sli, vedi,

Non tiran pur. G^khHei^^^hlP^tf ArgWr

Ridon di Grecia al

darWibr^han mercedeDoppia cosi di trituralo grano. '>:...£

Ma virilmente lo Spartan s'adopra/c ^

Merdiftw

Ben guardttpêf^feîrôûo lavora

Ci aiuta sol, ma non chf'% $rro batte.

Nfc forza fanno i Megaresi. Fitti '^ - '

Ben al canape son la bo<flCsf%prendo,

Al pasto Hiteoti quaf^&tfclll'talMso^'

Che ognor svengon pefAuttX

^m A Trigeo

Amici, 6 d'uopo irtUftftaifWî * :l b ^ <, ^

yGoogle

474

Onde vâbbotteSOiElpHaâKMyfeia,

Popol d'Atene, ove sinorJgaesU.

Tu sol atto ai .liligi, inver se branri

Scioglier la Pace tt'*W6igi ^jmire (19),

'..:J .0'7UVV^' .^-. .c- ifi-i,: r.^>;0

.

k\ viAnuci agricottor compiam noi lopra.

Mevctfrio

E miglior I'opra: voSraL *xq c *l *;boi i..;'»fc ius»f ;u

r « j.OUhni AMobwh siolns'O

Gli sforzi nostri, SKprofiegoanldtiDqfi^.i Llj u']i£ /

Wow jn^K|OTj^jhw& :*k,; s-^* .ox.:jiij,in :K

Gli agricoltori laitr^rrafino soil ; mn xo 6i <Vf :.

Su tulti, su, cbe acmai e'^pressau Ohl ni«n» ^ ,i

Piii tardo stia/raa ra<kkppidni gli sforiL -1

Gia si compie il aegaik* fiJbfl forza. tatti.

Forza, forza, cor^gio> amici, formal ; I)

oî; •-' ; •J

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: ATX© lElI9)<i<iVv f;L/:0

SfiBNA, PRIM1 o a *\ vH: t -i..>.

La Pace, Opora, Te6ria, trigeq, Mercuric, Coro.

Con quai delti lodarli alma deffute^ u r T?;; ^ i

Tu largilrice Dea; onde-'>parole

D'anfore died nila asrt^eapaci

A salutarli, o Ityaj? EbIdo taro9a , o.i jv ..**

Mi mancan esse. Oh nfrejt Op6ra, salve

Te&ria tu pur. Q\M dolc&.aapfctto 01-: ^

Hai tu vaga Te6ria oW &>me spiri

II grato odore dal profoode seiio, i> ,«?.tnju.- *»'<

Dolce quaLrmiita^ mililvc^Msgedcni t*;«*^ ofr:i;j i'h'1

U fardello guerrier tal forsa Qdofalcv .-

Coro

Odio quel zaino all'uom nemico e tutto

Di vimini conteato. Odore ei spira

D'acre cipolla; mentre olisce questa

II gralo odor d'autiihhd e IJefle mense,

Delle feste di Bacco e delle tibie,

De' carmi Sofoclei delle tragedie,

De' versucci d'Euripide e dei lordi.

Trigeo

Piangerai tu che si dal ver ti parti.

yGoogle

t' M>

476

Quel facitore di foren$l-&rgjigfe

Non fia che lei confortL,, ,, >j (1 v

• , (i i11 dolce odore

D'agna belante,jjed^fc di qe^l^t, n uf(jo,v Mv^«:Nelle vendemmi^ jd§ll%jQ^ao)me Jp dowi* 7 . » ^m)Che al camp^ ftojrra, - ^^«ca

t||«^,,

Di riverso barjjfy £ jii $olt^l|r$ \ , ,,

Piii grale cose. ^*, ;v i r ,,-.

Or gear4? « vedi come

favellandosi slannp pr |e;

jciHadi, ,,ir

Che rilornaro amiphe, ^ ridon liete •

Benche solcate di;U^nnif»nde jwagbs,

t.,

E di coppelte sup%,p(

eMe, pwfce. w ,

No, guarda ai speltatori $ y^drai l'arte

In cui §'^doppn,.. f? . ,

t

> r7 .

r iro .

^,-;0<Jfe Jnfeliqe, vedi, .',.,

.

Come si stras^,jj /^il^ di.^r^s^;

E quel di zappe artier vedi ;ehe incaca

II venditor di sp^j^ ,

, ; »/ ,,f

E eotpe rj$a«

Guarda i) mastro <fi fa}q,\ e\ quel dafl'aste

Siccome apli4xon infamy dito.

yGoogle

ill

Or fa che parla il contadinoVilil

-

:'

l

k'*

s* '

n

r ,• -* E m'odiw

Popolo, sgombri cM tra vai d&f^lo' 1' J >M '

n^ f *

Cura il lavdrti1

, fe dfegU^Wsti>i&ftefl fl^ 1

i,y

Voli carco ne1

cattipiê Wticik, fi^dteft1jn :*' ' lU

Non ei v'arrechi o daWo 'AVilûa

^li

(V' r)7M»*[

Qui lulto spiri, onde il Peana canli{ v3) >(1;1 ~ l?l

'J

Ognun che vada a lavot^r n$ cam pi.

Dai villiei e dai giusti oî britoaiW,- •

ôtr-u>fi<>'*1

Or che lieto ti veggo, atte^ mie'W ^ ^*™m ail.*

Dolce salulo reco;^1

dbte<JJ,

afrt

fl4bi';>

^|n

*

*' »*

Che in terra posi gfovitiefto ' Wftio*Ji,lM ;^^qo * *

Con quanta gioia dopo IMp. assenza

Diam grazie in prima a quella Dea ?

'£h% te& ME'

5l

A noi gorgoni e cresti;'^mWi e poscia

Ratti troviam le nostrexaseê PWghi,

Cal salume migfiiV 'toertatoî^caWpfi.^1^ imoJ

Come vaga, Neltuno, e quella Utfba 'h) I0fib '

1 7 ll

Stipati, deusi qual farirfCiiiHorta,

convitati al de§&>' {W}?*3

Dolce e il vederli del malleolo armali,

E del tridenle che risplende al sole,

478

In bell'ordin faGcoltE Ond'io t)e;âiinpS :^ - ^

Bramo il rilorno, e &<r$< lurigo le;mf>d#' -'»^

Al solco Irarre l'obfeliata* za^pa. ^ •i i ->n: i

L'antica vila riwoiWateîmteii ôai <. MCh'essa a voi dava, e Je* impasiale nod? 1 :'>^ '*''' ,

E i field, i mirti, e quel' & dolce' ta&Uy,' ? ' ^' '

Le mammolelle come pralo tin&e, tt\ <;

'

E le cercatBuoliye ok graiie fe«e '

'

Sien di tanlo allaiOiva.,

> ^:

<

fi uJ Ok salve, salv<*'

Amata Diva desiata ^q&anio r - •• -'

Noi vinti dal tuo atqoiH Imserpeggianie' ;

Bramiam ne' campi. A nnHtjfcro eri soinmo,

A noi neiraspia^vUa^'aiifea^Dh^J

Aita nostra sola, le fben frm^ , < ;

r

Le dolci cose da te un grorho, e a niuuo

Prezzo mercale^Ri fte9o'oAor

dftd •> - A

Eri e salule airuoiw a©* êarapi. Oh* eomr JJ

Te accogiieranno con amor tfrdendo>< ^;

:

'

Le viti e i fichi tenerettn i?e ftttle

Le germogliaitti'pian*£j#)r dimmi, o Nume,

Tu benefico lanto.i.'opdife ctoeMtangi ' ^ «;

Ella da noi per i»)igran^ tempo' &av&'? ^' j\ '«f

i '.aiiii Mer&Aio, *>

' -' - .rj'T

t) saggi agricoltori^ ovc^diiidiro 3 • : »

i, -

Vi piaccia la cagfonule* suo partirsi

Dale orecchia a1

mietf deHi; in pria I'ewgUgr '-

-

yGoogle

N'era cagion tft.JFidia. IrrdiiJa>sorto (81)n^iu II •>« n)

Pericle stessa paverjtandcni ignota f; f

^ 'li u in iH

Poichfc I'indole vostra alp* uooir'Wi,i'

'^(

^-

'A

Ed il mordace vezzo, a^nthe iJ< danno t._*r v r fin: t

Da voi soffrire I* siltete ardea. r./* :o/ ^ y - ;U

: t

>\ :

E del decreto Megarefce svolla^ m j

La favilluzza, tanta gdetra ae^ese; -.<> i » ^ * I

Che del suo fumo aneort<xreciaine piang*^^ - '

Per ogni parte. E si scoppid la tfle ^ r - *

Quando l'udiva appena, evrovesciate,

L'twe suU'allre, si vedetwde botli

Con gran furor percosse. E nuHo v'era H r >

Uom sedalor, che, gi& sparia la pace* I>'».* ^

Nfc ci6 mai seppi, periAfwite ilgiuro, h r /

Nfc come Fidia qui c'efUrasse irtlivi. > / ;>> /ACora •>. /<• -vj «-M. -J

Non prima d'or rifitesi.Al ce?to billa > -ny

Era la pace, p^rch^ liffl* ad ess#v i; he

Oh quanto a noisi dete. ^ * < <

: „in i

. .^ . ,•,:-);; Appena viate J

-,. o<- r

Le soggelle cit& ^ti iMlerbi sdegn't, ; ^?r ; ^

E gli uni agli allri jdigrignarsi i denli; ; ton i.b

Tramaroavversi

avoi,

che^'Iributi

Temeano il peso. E emi larghkdora 1 -'

Tenlaro Sparta, ehe i ;slraBi«iri frodar u <

E di turpie geadagna frogtter. bcamosa. ^ ^

yGoogle

>480

Guerreggiicptstib^ 4$c9Gcffcite#if*ip*K£-: i f*u*J

E danoo alluom de^cawpi «a 9 i**'itcn*,J'-> *^

Che le iriremi aêridkar fe iDfrtufi6i h ^ ui nrf.i

A noi mandate, alfiriwrifwtoti'ficfci .--Suo'i*} i^l

Yoraron tuili. o\o ; [m k>*-;c ^ ih;t;*q .nsqi, **J

jfea 4titt$:sl,itthi>af tew»*^ >* »

La ficaia wandari ah*» >gra piaatata « j- • -»j 'I X

Con amore crescea. ^v T

t..v-rt, JW'Gioirî a dritt*s ^'J

AI cerlo si, eke, da laacwla *pielra i ;

s><ui;-vO

Per lor nandava'Ja -sWviÛ.qpt Uv< iU f•

*f

^

Che di ben #ei* ipadiitiqa er$ capace.' *' *

E I'inurbatb agricoltor iion *ido/(it) ,

* :^^;^w ^

Se pure, qu&nto it<:iUad*i d^toio. c ^ ? ui ./» '»

Ma d'uva prive, e desiando i iichi^ ..,h*j^:*n ;

Guardava agli oralo*h?E j&rchfc nolo

Era a coslor che :rt^ ro&fihittel disagio

Di farina sofipiv*; ed£t$reji&ta«a;> ^\

.'*~f> ^\^?

Usar le gridaijQoaieif^ffiheâqltaiTefe ol /•:*; *u 1

Alia fuga la Diva, ogapittche amore

Di Grecia nostra >» towparic hi volieou) >> ^d ^1

Ed oppugnavan qual.pi&ifoco e pingueEra de' soci

kisuoi, gridando il delio

:

« Per Brasida pa$egfcia>*i Bd.ingaiAHfri'^:- ,;

Yoi dal fajgo ,feluio, i«dioâiabi*aaiirli ^ i;;.-y>/J

yGoogle

€^8|

Quai cagnoItfh&otiiai&Jbgik pAîapbo^^nayi)

La citt&spfcoflte ft foofcf^jMtooioij'fte onneL 3

Che gli venia diibticatorawabHeka iamn) si <*ril)

Iva pascendo. L&i*tiaaMrjraEte&i& /jJiibncn ion A

Le aperte piaghe da coslor cai Foro liii** aoisioV

Chiudea la boeca ed «&Mthivan; menire.

Che sfaseia*ast(^cia igoo*6 tfe&t.

E di cifr capo mtiOfiapiatflruiîiKhApi.ai ti,/>n lJ

Trigee i-o:v7) oiohis ikO

O Mercurio signor delrlolaci, taci,

Tanlo nofudire* i##i*toiefti lascia

Coslui, che cerl<nJMlft idi&atso, A rwfetro*- 'oftao f/•

Ei piu noa 6 iâj|«ro^8^to;cafet»,

<e*o^ ft iol >jcJ

Dirai che in yiîoiqoo egliifctaj e>tri«to$ ^ n -*

Calunnialor, ciarlier&v erd^gni cosa

Perlurbatore, jaayra iUuiHimaae>t v; o$k&iuw'\ i

Ogni ingiurioso deUcL Q^^rcôaiflufti,' ;1?^

O veneranda, taciSl * oi>oi;>*jb s <&v^ ^^ l ^

i; cî;^:b EHttuHa? dire* > ioho:> i» <n3

VorrDt agK spetlaler^tofceigrafcc trapjio?' i>;mt>1 id

E iu lei to sdegnftJpei fsdflWîtdaftftiP '^ ^ lea'J

•

f ioii).f> ÛVugefeO k

/iviij />) ;.û'l fill*

Iq basso luonauaW on£«p*txleKo£> ; ^ > >nO i o-rJfcfti*r&>(ip n-*:vjn«24ycqo b3

O amicissi©*;,Daia,idi tar4sejpJptijstt»««fi'fl '•** '

Favella ai sctidb&Y&rea^lhaBu(4U &i <ti&ii ^ w/

31

T'odo. — Ci6 chiedi? iotteai^— voi he udite,

L'alto lagnanz^JLpi^^t^. dice,

Dopo i casidi Pilo, e

WÎgUig^

:ony:oi*>::s^

Avea di tregue pieno; rigettata^r fj itoS>0o

;

..' 4*1 o-^

Dal parlamento bea tm yo^lrera. -

Veccamroo allor^d^ ^^<$ÎS* ^q>i *

Nel cuoio fitle. Vi ,l

vnPf

odi ^P%i)eUa 3,(

v>? bjn a/'

M'ebbe poc anzil Chi piti avverscyfl e#*^ ,-, ,, /

E qual piu aiiiico avea t^ voi, che speoUT

11 batlagliaf t)rawa§$e?

trigeo , ,. „,,,^ ;, ^ .- ^ . V;*

E p& di Wli

Qeonimo laipaya. n ,,.^, ^

Mercurto i

E di costdi ..

&... j

Quai son Topre di guerra?,

v Ha Torie Talma t ,^

Benche da lui che padre floâpato •,

; ,ni> .„. <t

Pur non appaia. Se a baâgUa; viene

Ei losto fassi ^ ,geâlorr

d,i sci|^,,.,^.u ..., ...,

Mercuriq

Quest'allro detto ascoltft: entro il consesso „ ,

Chi la ringhiera tieue t ; , ,, -

,Google

*^ 1

;.-r;i' pes jo? —Jtfqed^

?'B9(fl3 oi3 — ,o(»o I

Ipcrbolo signer. Hfi'fe' clie'Wi?• 0,,q ib '?hJ ' 0<

i,tf

Perch* cioDdoli il o^f ^'1 ^ l W ib fl 7*

ir-' l

jifîJJiiff''

3J a3^ oJn3aiiihfi(; Ml

^Kil'I s'adira

Trigeo'iili

* Oi00 '- ^N6 luserem pid ormai. Msf'tPfropol d'uopo,

Chfc nudo egli efi^b'utf'tutt'fe'Mlo,

Si vesUva utf^-Wtf/'-'^4 im

luD •,Mii

'

30<J3dd<»

E ci6-c¥6-sP^ ««i- ^ <

Ella chiede ad Atene? Wi-

n*•

M/JE vedrein m^M6i *™™* k

Per.hfe?:îfaS

Lavpra ei î luSlrile. Dianzi (23)

Messo nel 'fiiifo' et#°fl ^ rlilo, or tulip

Da noi farassi diW&rM MM ^ ' ' sb >d,n ';i

Oh a te sommessaaip ^m'ai^^tulef

d ^°' ;i

ftp*E aual?

:;,'

; ' r'x>J : u ' ^' ;*^°^£ Jm^ *>'7.&s '• •-^'J

Mercurio•*'

Sou Tancie cose, e da gran tempo

yGoogle



48*

Abbandonale gi& Priara cite Jaccia

Sofocie chiede.UUl

l

Egli bealp JmtLij

~*

J '•

Pur gli accadea mirabil cosa.

Mercuno ,.

°-' i

1

' :

'^:::;;:; (:;;;:;\

,

'.;

n,:

; (

,

Ei di Sofocie falto 6 un Siu^onicfe.'

Merpurio

Un Sim&mite, e corned

Avaro e vecchio

Verria sun ortde per guadagpo, assiso

Su graliccio di canne. * *

Jnereufw

1 E chef non vive

Cralino il saggio'Tn :

^

?

If si 'riaoriya quando

Trassero gli Spartani.' -i

Mercwio' ' ;

^. che gli avvenne*

Tfigeo

Domandi? il di che di vin piefro, rotto

Gli era il barile, giacque; all'alma troppo

Era il dolor. Ben perisi lu che afflitta

D'allri dolori andava Alene. Or donna

yGoogle

485

L>i noi lasciarli non vogliam pid pa&L,

,

'

Mercurio'

v;

i s ,>

To' dunque in

moglie quest Opora, e secoAbila il campo, ed it racemo c^e^f.

Trigev .

O canssima, vieni ondio lafcbracci

O Mercurio sigoox pon fia che incontri

Danno verun, se dopo un posar hiogo

Or coslei m'assoggellott f ,

Mercury*

E no, sc poscia . y ,,

Tu la mistura del puleggiovsorbi.

Or vanne, e ralto li, Te6ria guida

Al consesso ove dianzl ella si assise.

O lu per lei bealo ob quaj< guazzello

Per Ire giorni berrai dehj quantc eolle

Viscere e carni or largo vale, amico >,

Ermete mio ricevi. ,.-.-,

MercuTfo}

E tu pur lietp - ?,

Ti parli, e mi ricorda*.ff

A>oasa, a casa

Rediamo, o Scarafaggio. ,

Mercurio

jsi oui t)o% siassi.,

yGoogle

Ove Irovarlo liio'j,^ n fri-> & ^Jfiotey &<h^ ifo ul

/rfg^^Vailiiggiloigrtq tf canto ton fib tew<>

Di Giove, e il fujiw^pftfteinfaao ib oioJur/l ioJJfi8

,o)8Di8 wq 4>'« SE.*l»rienilsirfb«s9aO

kvvk qoeirinfelicefbiiq irh ibionob swoii) ib bJb/

£tcn*>8B OTMIainbrQsiaoq 7oJ&ng9«aI

Satollo fia diifirtiowdei oj?^>b isufiiq inns ib jH

08n I? fyMVfi$m\ds cnmiq b fi?£Viol?.

„u}j??j in? i&tJOrttebibi^'ii îb ^fi'J

Scender6 giuspftj

^m ^.ob/tekid

ams^si i&zi^

WW)* Metituim<i\l) 9 <h'u:>iu-uu ii§3

Con qaeste Dive sctfqdeiai. urn* nolo? tiJiv>bihn 3

Mom iv*7kiglo.'ôd t>i fi has-wqqu'ii

ooyvô nhiloiIfaBrihiltyp* *sfc ^sft

A me 4wOM^^H.ÂAoi lini$npa$sia; | a oomSTosto calcale^sjfyatetite tamWicn ha . i sbc. oti >

Laggiii v-aspetlîi jteaJî ft Dft)tliU bib ok^Dmo^

^•>,-v;;h 'T-'Îi-; 3ffiG3 oHiiq? 5>| i}i $ 3

s:);o; '.M?fft o»ii9sjp tU«t JiM^p 3

Lieie disced I?*api jiqrii&noi'^m ^ -î 30^?Diamo in guardia de'sem A&ooaiosppffefe oik >/}

yGoogle

Stan Ira le scene ad ievoiire i ladri.

Tu gli serba valenle; a chi ci ascolta aJwotJ yO

Noi ci6 direm che region fenla inspira,

Qual da noi dem. U pctrtaWr dv terghe

Batter Tautore di commedierdtw;& h * >^ f|> ^

Che se lodar negli Aitapesli suoi

OsereWie'in^teali^. E s'fe pur gioslo,

Nata di Giove, d'onorar chi prirk<* -n^. 'it r«up srÂ

E fra' comici vati, e grands surse

Insegnalor poda; 41 noslro afferma

Se di gran plausi degno. I -iuttfrfflili& && oMoji^

Sforzava ei primo abbandonare il riso,

Che. dei mendici riwarsatr sui cenci,

Cessar la guerra coi schifosi inselti. ^$ovA>,:^-

Egli infamava, e discaccto i voraci

E famelici AlcMicsogiMriiggiasbhi

E fraudolenti, volontarii i vtkpv > rfi'I > sop a<>

Supponenli alle busse.-igdi* voi sciolti

Rese dai ser?K?che prodotli ognora

Erano in pianto, onde il ômpagno addurre, •>

Che sue piaghe miMUlto * 1«& diod&e *^ ^ > oteoT

Sorridendo dal tekbmi misefeli^ ^ ^ * tfigg* >

Che soffriva tua cute? eh con grand'oste

L'istrice forse t'etibîl fiance tkvaso,

Ea te le spalle come arbor divise ?

E questi mali, queste inezie tolle,

Grande un'arte imprendeva, e qtf&si Uttta^ *te^

Con alto slSeôBCsgateflZfc gcwi* ^: ^ ^ i

yGoogle

S

4*8

Linnalzava sublime, c Jaorindea; ^r

;' ^ ^

Appieno scevra di scurrili scedp.

Ne donna morde od omicciatloi vile;

Ma con I'ira d'Alcide in sui griwioiorfrUc ''. if)

Piombava, nulla dal ietottadGkedoioj on) o*)iaî i i

Dal minacciare di ravvpUo fangon'jqi/?, *jb j.vo/f1

i

Egli atlerrito. E pria qubl mostni' ansaJpo &k) ' n '

Di aculi denli cui 6ammeggiin4,

iScGliio^>^' ;f

; ^ i -1

Come di Cinna ii (payenllako j^giojnonô umo-H m »

Cenio d'adulalonpervem* cap'r^ n**iv <>i;r>'ii;l* <•- hi'

(loronavan sua tesia, e dt torrent©'* »i'i J M^;b ^ J>* '

Che gia vinli ha LiUegnii erar siit vdce^ j> nnjjbv.. .»,'

L'odor di fe&>, ^jquatiuanrfeaiidirLaaikiiJ c i.5

;*•>, >:? »

Cranelli immondi, e di

cammelloilifeasp:/ 7. ^>>Ul- I

Yisla la fera non paArenlo, e 1 k^loii n-viobo ><h K*;y

Io per Tisole vostnfoi^ jterpG&p*gpa,a/>:^; h i»n •••;<>

E gli sto a fronle sempre, md&yamn&BA*i> ^ i n

Aver d'amore e di memdriatd^gkii o:o i^f M [r

Ebbi libere l'opre, e ie pala&re: & :ax: \ -v k

. «

Non di faaciulli insidialor correva.

Ma cercali gli arnesi iootostasihossi

Molesto ai pochi, ai piii giocondo, ognora

Ci6 che doveva ojH&rfa}* perîAi :»flfttttfr-:

*j ^ ^ '

Slar de' Tadulto ed i\ faacjWlo,* # tt tâcte*' * *>i' -

*'

Porra '1 suo studio onde vitioriaetrfabbi«? ni o» >e ,>l-V

Ben dira ognuno al descfr1

assist Altera^-^ '^'h; :'»/

Ch'io vincitor vi slia: $u;HpoBgkiai cri?o^'B? i or i

Porgi al cd*o ji^fwittav ,;e ( ^tall«rre> tiiv :i^

yGoogle

Al gran poela dalla brilai fronteu /oni;klu<: />vjbsii,s«nr J

J,r'K ; n'no« ib f.t/oofc GM'-nqiiASemtcoro

, ,

;•) ;* h« :;f>' ):^H* ho 'jb'iGtti isrmob 0/

Caccia, Musa, lacgUQrr*v u<* nt nbnlA'b mil iko « /*.

E coll'amico tuo Idud&flzfohwiiiftl, «b jbIIwi .aviidmoi4

E le nozze de' superiju ?/} ollo/viii ib r>n;b'ji;nirn \vM

Canla, a:le do^to&g, dfi'<4atfUtli pniittqraj oJrm.'m u^'f

E il banchetlarodferjN*nWf:,;-i

u[jfiJ.i,i) im iJn<jb iJim id

Che brama ognora.dijid oattto prpvl <sr_<ti3 ib jhio *

Ma se Carcino vien cbe^pft' 8BoivHa|i'3oji» i.if»^ b ohi'O

A le la danza chiegg^ k i »b <*,*;

> •>] m?c .i;>a,ntno:*

Giovalrice a costar fiesstfn tinseggal 1 iJniv ^,4 vH

Che son tra larifaugeldL tangta; fiati (2&) ib -wU> A

Esaltator

sgra&ifcU;''l'; ; ^:. ib ^ ,Y

\\onumilN^v^'

Nani che odoran dhiCapriaa ffrcciag ? n f/iMl d : m/

Operator d'ingapni^ oqde /qiielf padre-^ Mn*n r- I

Diceva: il drammancb'fecs vs |0 - i n i » i;)< tb J

Ollre ogni mio sper^eluardiiiapplaiidilo,ru-utv,:.'b v» A

II gatlo mel furava in >8fclta sera, ^m^'i wdii > ,. A 'A

f :v^j j':' i-'.'vi;

,},-,) -k .: ,v<) if. ok '.-' /'

Tale alle Gmi&idaJle cbiotoa toellfiic t v «b r„v. ;»

Dovra Hrm® ;«aoUte> egifegw;<*alt, » ^ I *£> - ^>

Qaando le reacHueMe ,> u. .<

tf» -«o ,

.,*(s ^ ,

m, r ^ t -i

Alia dolce slagitti'l'ali ablate* * ^ <m t;v?b H

Van sospiranda for isoax« ipelro, r m^ iD

Che non ban oori ailar Nclanzio e Morsimo. u '

yGoogle

490

Udia del W%Mri^4hno<leKt>V AQuando in Iragedia on coro

Ebber coslor fralelli,

^vt _Ben sono ingorde Gorgoni,

E mostri immani, Arpie.

Son(livecchi|^lli(^.^ }aSon de pesci martoro,

E male odoran d'irco e di tranelli.

Yien meco lieta alia stagion festiva.

mm

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ma ,i?hjn1 ioj?oo ibdd^

.ov,nxm rj?.oq ftb no*

Mfîtn; fi ** ovn'b r<£iobo Îbcq 3f

Trigeo, tmîw^Cifrop^Wfi^^rt^ <'a

Trigeo

Difficil cosa il gire ai Nuroi grave

Sianchezza fammi dolorar gli slinchi.

Piccini voi visti daU'aKo; e tristi

Dal ciel guardati, ed or piu tristi ancora.

Servo

Padroa sei gisntoJL,«*k»-—Trigeo

E rael diceano or dianzi.

Servo

E qual ventura?

Trigeo

n cammin lungo femmi

Doler lc gambe.

Servo

Or dlf

.

yGoogle

492

Trigm

i

.,,:

Qual cosa?

1 . Vislo

Allruora, che te^Wnfoê^^îiper^'iiiir^ ; t

Lassii vaga?*te?:

i ,> M ,>\ - M>,

,( -a» -mo;« ;J i.-- 1

De vali Di^njjki^^^îisQ ( f..a » ^,,. .h

Tre ne ve4efv&<o <ê;«.,-,t;.; t ^ •• (; . , ; {f j

Servov

, :, i

t<

*

Cjie fean cosloro?

i >,<_: Trkjeo

Eraccoglievan aftando, 4irtf

Quali proeroii non saprei; oeiTanre •>

Vaganli baie de' mortal*. .

,._<,. ^ *.../., r E vexoA _f

-,,-

Vedesli il detto, 4ie,ôi ;sAa*ia t

5

êj a - ^

Toslo che spenti? , ^

Jon di Chvpfhc^rgiJ^^V^ caÊpo, i

Che l'astro EoftîWM pw,tut&,V( r ^ '

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493

SStvo

-' E quelle

Che la si veggon scintillantf in moto*. '''*

Trigeo

Agiate fclgHeâbbancfoifer fa iniHift,^**'> .^•niv.i/.

E con lanterne ch'enlro il fuoco ban Slflfc§6/ '» /I

Ritornan esse. Ma tu gtivdaîoslo

Costei li lehlrcT, * il bSgntf lav£,f

te Facque

Riscalda, e ad arabi il tetto?iw$&m9tik& iitw'ofr

Tu poscia mentre che al cons-&so %\Aii^ 'iU 'I

Quasl'altra gia.'

.-;

' Sthto

D'ondetal' donna avesH?

Onde? dal cielo.ri

's-' i-< irmsmq ih\\()

Ma ftrir&iobol solo

Non darei per un tfftmef-' or che gli veggo

Pascer donzelle.'tim&fitoiA fu^&sa^ r- ^ <* ' ? /

Nol soglion tutli; ma be« v*ha tra loro

Cui malanno colal procaccia it pane.

Andiam; ma ditnlhiv^li 'd^ qual vitto?

Oh ninn che tt'pfcn*1 e ta fbe&teia^degtfat »L'

Usa a leccare ambrîa^l^t^^nrf^ cn^-; -

yGoogle

4» n<v

Leccar? io dunque apprester6 il bacitio.

SCENA SECONDA

Trigeo, Coro, Te6ria.

Mjol) n>i ,b ft>*&i o*>*ora * -«Hj#i

Felice vecchio al'fcWU* ^4?' pkrûafttV1,

4

Veder si port*.* ** ° ;

-10- CIJ U

•ui,,

?

°t '' t U> '

*#<tftfe *Mi/ ^ totter,f

'

;i

:A '*''

Me quale sposo mirerai raggiiante?.

y

Degno dlnvidia^^ttfcclBertl^YMicPr

' '%

' *^

(iiovane, e tulto digW in^nfr ^pei^tfu (

'; vs0 '

II penso ben; ma Ar&ifti%r'iKftcta&H Vr 4

'J

Quando giacendo mi slar& -(fort essa,^

E slringeroHeo*)nêft^ ''•« - f>uP on^? M?D nrjir

^

Efifiêlice

Io de'pinocAtttfaOkrtflh^lrdtflPtsyV-c Wi

*\

E cio fu drittoêhfc in<^M«P«iM

01|

3

m *' IV^3 '*

Di quello scarafaggio, e G&$& ho s&lva;

E a tutti dava x\$#m fofiiptti*;

bao b *'y[

*' c^Di lor amiche iu braccio. - ^« M iiJ u

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SCENA TE&ZA

Trigeq, un Servo, Coro.

/ 0/ '5 [J* A /i -

4

^

Serro

Appien lavala

£ la fancmlla, e mondo ha if dorso. Cotle

Son le focac^, ^d JJrse§aflaa &iftC£sto ,>m >.*«* »

CoU'allro lutlo, il tuo vigor sol manca fgtifyi - y.'^

Tri#eQ\

Costei si guidi or al con$e*$o dppcgie.

Che donna fe quesla, e che fovelli? force

Ella fe colei ehe avyinapzaii u& gionio *;tf.»/,'«« 'L ;>«2-'* ,;<m;;o;»'

E certo si che la. cogjiqua a $teitfo. , < t^i j>*n*>.j 1

Padron deb quanto quel bel docsoanccnrfil >i - >' '

Dopo il quinl'aano volulli ..$99cede 1

Ma chi £ giusto lret.vc^t^Jii leiiAogtienxfe > q v»

Puote al senato cuslodila Ir^rta?

Ma perchfe in giro vjii oaqyejuU)fil

$edet>??];

n

Penso, la tenda onde laca* w$l possa, . L ti - ^

Cercar neU'istmo (29). ...-.-, -j>•< ,: ; ,

''

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Or si presented ji^^fr^^tos* Urns otfis\i

Vedi eoslui la chiedftw U i^<ujH^ o jasbtal »

4hi -^.<- #rw ^ .- - ^ ,s'â

<&;•,?r

;> - ' Antra*** ~c onU

Che a lui s%^t% p*e«a, v.; v u ^ • :ir*^

v /-> Oh stollo ei tulles

Rovesciato su l%l$ soêbfcje ^ :_ i.ibr.,v. nt*

Lambendo H brodo. In prima tu <te$oni-„^> .,«?:>KGli arnesi a terra. #603|t>r, Prilani,

Qui Tedria vedele^giwJ-y'iiidttca

Io lieta cosa udile. Or vi fia dato -.-^:Aw 3*U

Alzando a lei gli stinc^v il sacrifizio

TFar in sub^[g%^05^ jftaH i&irale

Che vistosa cneina oh come nerafcrpH aja$£%

il

Ella fc del fumol e qpipffa delta gurrra

Fur del senatovl% ;sjojigjtiîPQftni

Or di coslei (famib P*#e»o i-v^b^m *m *&kudi appreslare, sovra^4i ^suol lotlare,

Girne carpone,

^£^^&*tt (fl% ^q«QSlar coccoloni e degli adulti a mQ^ft|» ?*n$lK *i

linger le membra ne^lâuprazii gtooehi.

Ferir, buc^^^p^jM^gha £ *\ ventre.

yGoogle

Poi giuoli al lereo gtottH^ltpiir Feqneslri

€orsc poterto, <we tf %a9allo nudo

I/allro wdo eatat^feme^drNWife^^^^^q * l0

K rovesciati Tun suH'attwH carri

E Irafdaoti e sospiranti i HKftbî tl iuiô «^>7•

Avrem da mulue scos9<n e'nudi presso

Alia mela staran riv&rsi bright.

Coslei, Pritani,' abbialei Oil come liet*

Una di tortlfatoiAset e noa si presto

Sareste a war senza merSed&S^v&ti 1 IU * h ' v)

Ben io t'avrei gilt preteata? le ferie.

Hn cittadin par too pfeir cfcrttf Bfcri*1 « g ° jSjwoli

Merta della tittfc ^ '- nq»<.

*n>w\ I; obn'xfais.l

Alle vendemmie. { •' * '

'

)0 •^ liiU*Wi:> ^ni o

D'ognuB sorgeifc*'^'—

: - *-° j>»i^ i-î/ sdJ

Che wa conca ^rtaP« Vfifi ritotlto '<*> lh l()

Dopo qêd^^nii-a,

le%i'eiiibôqi^ omii)

U offerte prfite^ fi >'^ Ji^b '* iîiuw, ™jh

Degoo d'onor, che la wiptuta plebe,

La conladina turba a gpivi; mali

Soltrassi, Iperbol vinto.

Coro

Or che far dessif

Trigeo .

Ch'altro che tor pei sagriftzit Folle

Di legumi ripiene. .^

Coro

, .. Oh I'pilel, <?ome

Se un vilipesa IjfercurieUo foss^?tit f

Ti par? vorresti 4i Larina uo bue?t t

Cot$,

Non gfe che avrei jfqr&$ d>jp^o d'uopo.

Dunque un por(^^ggiD^ft\ e fgran^?^( .

:»

Neppur. ..,,...:

Di Teagepe fora

La porcina sozzijffc, :i ^ u.m o '

E quale sc^egli; : ,;;*; «.,

L..

Tra le vitiime dunque? o v >

yGoogle

*99

Trig*'

'J

•

iorVn' .< •*-.- ;.,

L'Agnella?

Coro

Mai si

Trig*

Parola della Jonia 6 questa.

'^ Core

Ed ©pportuna vien, ch'entro il consesso

Se alcun dir&: Gueita si ftccia, n'esca

Da quei seduti per la lema 1*0*

Della Joniea terra.

Trig*

Oh ben favellilJ

Coro

E sia mite ogni cosa. Alme d'agndle

Avrem pei tittadini, t ai ligii noslri

Sarem piii dolci.

Trig*

Or va, traggi 1'agnella,

Che innalzerb pel sacrifizio Tara.

Cert

Ci6 che Dio vuole, che fortuna aiiita,

Oh come ben cammioa, ed opporluuo

Come tutto si appresla I

THgeo i

E ver, che wnara

yGoogle



*^e» vdn k wash

Cm

E ^frj»Jtt yv*& mem txl i & fusoi

'

L &&?+ hdB&, Tirt* ar *e« vribe;

OA *a*w> Urn, +4 Z «*'*?--, ± i serta: c*

La f«r t e ii feet*. Jaz»a stl ae nsca.

** ir'affrdUU aocor? $* Cberi fia

Cite tw par regga. setnderi ooa cMesfta

Ad amour la tibia, e la dtstesa .'

Marto col don gia reggo, e ioi cfce lada.

Hlaoco dal toooo.^

Tr/#o

£ via, logft 11 eaneslro^

U baciri levd, e dalla deslra parte

I fira iMorno passeggia.

Servo

Rcco vaoi atcfe *

(iinila /•- Tara. ,

Im»)crger6 quel tip^.

In \i\i\\ linfa. II muovi tosto, e lustra ^[r ^ LfD

;

Col miIm* fiiifo, ma md reiidi p'Ha.,

L c55 ' J~

j

Ai rt|M.luiluii ilarai poscia 1'orxo (3^0J ' * ' i s

V



Servo

. r- ,m Trigw

. o . Servo .r

Si, per Mercurio,

Nfe un sol tra loro v'ba cbq pur non t'abbia.

Triqeo

Anco il loglijB^Ifj

'doi|iiq?

^-'—.

Servo

E l'avran queste

Dai lor mariti a $$ra.

Or ben, si preghj.

Cbi viene doyp £la»nq 1 ibqIU e buoni?

Qui, qui son molti i buoni.

^ ; r .

-(

. £ tai li credi?

Sert>o

w

At certo si cbe appres«ntarsi aspersi

Di molfacqua luBtral.

Sj preghi dunque,

Ormai si pregbi. veneranda Dea,

Alma regina, o Pace ai balli arnica,

Delle nozze lu dopna,J nosiri incensi

Beoigna aceogli. ^'.7r

yGoogle

59»

ôGhima ditettai ilprendi, u r\

Nfc l'opra lm sia d'impndiea cta{Hia,v , :

u, ; /<

Che il cancelfo sosciiiMle £ guarxia, e 'I ?i$o> , .

Rilrae guardata, e al btKwtin lo lorna

Se il guardatorfiafefarta,) Oh)^t ooH)ferej, MJ [

Per Giove no, ma intieca a^noi ti mostra

Come libera donna; »a rtoi che ttfrba

Gia da tredici ela di te ti-desio.

Sciogli le pogn£)e le sommosse, e dirli

Lisimaco potrem. Sperdiii sospelli

Che si aggirau^ a^guli) (wide woi iulti i >

Siamdi calunnie,

laîalori emeia. . s

Tempra noi Greci }#ftwsl& col 6UQCe# n

E del perdono la mjUssitn'apra ,.

>

,-

Alle nostralme spir&<^ fo*Q f*o$|fd: o _'

Per le s'accalchin d'aglio i larghi capi»

Primaticci coccom^m Jarf^ci, :

E melagrani, e pomi, e veslicelle

Piccine ai servi.sEâtintoeti oofee;

Ed anilre, e colombi a noi Beozia

In copia mandi. Di copaidi anguille

Venghin le ceste, edaJIb mense assisi •.

ConMorico, T«lea,Glaucele ed allri •, ;

Lolliam, ghiotlon perdutl Ulltmo al foro

Venga Melanzio esren veodulc, ed uffi, ' AE dalla sua Medea Iragga il lamento: » /-> ..'J

yGoogle

M3

Jo nmoto, mwoto, eta dal pugno iolte

Mi si *<mafo1ingmlU,* { tielkbi&ole

Si eaeciar tra fe/&#fo; e bgnunVatogrfc srio'i 4P

: Sitt*tfi-'

:

- .mm. •< ^ ^ii>*

Togli il ctfltefltf e comefctjow^ena ^ m. * 5»*

Ormai l'agnella. v '

-.-- ^ • - Trtgto '• •

;' --'*> bvJ

Cid rlon desti.s

• ato)

;

. 8erto * <;

<

'

r

.

; M ^<'

::••«,:

.-.::t-.^; < Come? '-•:• >•

Odia Pace le siragf, e t*iw* cal sangtte

Vuol iinta l'ara. Ttf derttrtf te towia,

L'uccidi, e qutodiie foci*e fcfcscie;

'

A me riporta. Fia serbata Fagfta .i L ?

A chi del coro soppofrlk W %$&%. ^

SCENAQDARTA rl

Tjigeo, iCoBQ^ Tetoria. . M

;'V.<.' H.: . ,' ;,., M

f-,;„% '•,

...<-,- .., »

Tu ehe fuor resti ormai VaffnHta a eorre >

Le legna, e quamloal sacrifuio

6 d'oopo.'

T^

Degli Arospm* gttisa, bve a le paia,

Dispongo i ramfcn ' **

;

; ^ -1*

yGoogle

so*

if :: i 1U certo in te difelto

Non fe di quanlo si competed sa#gio,, -

,

Prevedi ci6 che anlivenir I'uom debbe

Di provata solerzia, e di sveglialo

Animo audace.

'

« v , iu'

Tri»M. :>

Ben Siilbido offe'so'

£ dal fumo dei rami. Or qai la mensaApporter6, n& v'ha meslier di servo.

Coro' '

Chi fia di lodi avaro ad uom che salva

Fe' la sa^r^iUat^f«d;4nc^rava

Si gran perigli? no di lui pon Irovi

Invido nullo

SGENA QUINTA

Trigeo, Servo, Corb, Tedria.

Servo

I cenni4n*iTcompiva.

TogH edJflfr^ <#?<$,, i° « * intestiai

Torno a raccbrre e il farro.

Trigpo

k me cid lascia,

Ma fia 1 luo giunger tango* 2

yGoogle

m

3>ensi tu iforsef^be iridugwstfl j? r<intw ;f s' v;*

Uene

Arrosiirai qaeste faccende. Giunge

4Jq uom, chi fia cbe in capo ba il lauro?

Superbo, e na vale, a

s.»l.. .'.:'Trifjeo w//. ib :J n rS: id ;

-

Oh no I ma 'JeirdcW©. > *

Gil;.':* (v,i<v«

4 il veggente d'Orea^ che dire intende?

Wha viso d'uoro ch'odio- la pace.

Servo

No,

L'odor qui *

trasse.

'•\ Trigeo *;: I

j :'

' E siinuliam dieW f ,(*(T

Non i'abbiam noi.

vmco^w onul

aaasi' to *. ' ASerwo

Ben diet -

{

,

;t

;

<

f jx>cifj r ^ .c#„

yGoogle



506

SCENA SESTA

Jerocleo, Trigeo, Servo, Coro, Tedria.

Jerocleo

Or a qual Name,

Ed a chi mai la villima si uccide?

Trigeo

Cura l'arrosto, ai lombi guarda fc iaci.

Jerocleo

Dirmi Don vuoi qoal None onorit

Trigeo

A drillo

Appreslavi la coda?

Servo*

Oh si divina,

Amala Pace.

Jerocleo

Or laglia e le primizie

Porgi.

Trigeo

Prima arroslfrle fc d'uopo.

Jerocleo

E il festi.

Trigeo

T'adopri assai, qual cbe pur sii. Tu sega;

Ov'fc la meosa? il libameftlo reca.

yGoogle

Jerocko

La lingua a parte.

Trigeo

II so; ma che far devi

Ta stesso il sai ?

Jerocleo

Se it dici.i -

Trig&Q

II labbro chiudi,

Oslia b di pace. < - • >

Jeroctfr

Oh miserandi1e stolti <

Morlali voi

Su le ricada il dettai >

Jerocleo

L'insania voslra a voi cel6 per certo

Del Dio la mente ; se con rude scimie : ^

La lega hai stretla.

Trige*

Ih ih<

Jeroded

Ma tttclift ?Mi?

Ttigeti

Risibil cosa quelle rudi scimie.

Jerocleo

Matte colombe datfe fede ft volpe

Ch'ha neiringegno t in cor fiUo VingaMO.

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mentitore, Hjflp polroon vedwsi

fumanle come qiieste caroi il sono. . ,.,

5e insannato iw)n ban le Dive fiiofe (32)

Baci per anco, ed i mqrlali baci.

1 poscia aocor le Nin(e 3aci.-v .

:t r v. i Qb possa

Perire omai se il bacizar non cessil (33)

fefocleo

II fato sciolla ooft volea la Pace

Insin...,

Trigeo

Qui sparso venga il sal

Jerpclpo

i .La pace

Won vonna i Dei beati insin cbe il lupp

Si sposi alPagna.

,E quando il lupo, iniquo,

Fia sposo airagaa?

Jerocleo

lienlre che la tarma (34)

Spande fuggendo il roal $dor ; la cagna

Guaisce spinta dairaffanno, e figlia

Orba la prole,:

a&qor di ps^ejl tempo ^

Giunto non «wu

yGoogle



?-

s6a

Frolrar la guerrai, e a mq&oi* ffi%tii'^$oiMiaK '

Andarne, meptre la cercata pace

L'impero a ftoi df talla Grecia (fafaf

- ifcrocfeo;

b ^

;

u^ W{*

'

; ';*

Nfc farai retto cammiiiafe il;cancrbt1>,n6 ^ *

Ormai iibft^cf

4hi al Pritaneo, nfc gridL

I/oracol dovW gik cbidpitk fc rbptal2a ^ Tf7

Jerodtefr

Ruvido fe il riccio, ¥«' il fai likcto.oa

E cess*

Dal raggirare Atene.-u '

'

^a L

;

Jetobl&o

J' Arse hai le cckce

Qual rOracol fimpbidf '

u l d J

|

,

'

v

;

'

(Waero, e bene:

« Ruppet1

idi guerra firitoicli iiembo,

» Baciar la Pace cui ferir le agift &:'

» Arse le cosce reli ihle^tin vorali

» Libar le tkzze ; io'deO'a vra fui duee,

» E niuno atvale dte splendente napp&r>>l

Nfc cid m'atUeB^i^ hi'Sibilia iW^' 1

fcTtf 5VU

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510

Trigeo

Per Giove, bene il saggio Omerd disse:

« & senza patria, senza leggi, e senza (35)

» Lari chi la civile oirenda goerra

» Desidera ».

Jerocteo

Ha tu pon menle *l Milvia,

Ch'ei non I'ingaimi e le 4oe carni involi.

Trigto

Servo fi guar^a, ch« tretn#ndo fassi

Alle viscere il dello. OrUba e porgi

Degli inleslini un lembo.

Jefoeho

Sard maestro. : ^ ^ *

Or liba, Jib*:

Jerocleo

* ^ Ed abbia

Io pur la lazza e dintestini un peivo.'

Nfc piace al Nump, dtt il libame nostro

E il tuo parlir desiaaoBAI^beUa Paee

Con noi rimani (4Mnk.ci n< o> ^

' • v -. -. q k nw% *U«igua»< > 'm

^Qui riponi la'tua.

v

&H

Jerocleo

Libiamo.

Trigeo

Etogli,

Servo, ci6 pur col libaraento, e loslo.

Jerocleo

E a me viscera wane? «

Trigeo

Al eerlo niune,

Se in pria coll'agna *ott si nesce il kipo.

Jerocleo

Pel ginocchio ten prego.

Trigeo

Invano, « stolid,

Ruvido fe il riccio nfc il fai liscio. Sorgi

Popol che guardi, vieni e con noi mangia.

Jerocleo

Ed io?

Trigeo

Vorar pooi la «billa.

Jerocleo

< OW giro*

La terra, soli non sarele al desco.

11 mio torrommi, qui airaperlo k tollo.

Picchia, picchia quel Baci, il picchia.

Jerodeo

Grid©

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5*1

A teslfmonio toslo. j$nii\ hn lit cuJ r,; *?

Servo, il basloru. scau.-^ oam~£a 3d *3 .ai *v-ii>f>

Buss* to sle«o^ iattftf^ *** *'*

Che la fraudata pclle a tot ritoigo. ** ^ *i

Picciol sacrificante anew non lasci *:C

Le tolle pelb^ iidafc? Omai qual comVenne d'Orea Nfc gia m Elimnio voli?

SCfiNA SETTIItiL

..*:/- * : :: Com

• '1

Scenda, amici, la gioia, OFa ch6 appeal

Star pooao gh elmi, ifc cipolle e 1 tacid; . L

Che rod bo gioia dai giierrteri taiesi-, >

%

Ma ben quando m e&ceie ^

Sotlo il caajmbo e V»do it sec«o romr^ / ^A cui sovercbto inuorBm Aawia its*le,< ¥

Eil

faggio eil

cece arrosso in sovrail

fupco:£ se madonna al bagntf'&ridarne suole^

lo la Tratlala muovo al dolce giaaco. >i W>*

E gralo allor che iu geUa5liit^aa»e r. »;*:<?* U

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**3

Se an Dio dal acl rirriga, x,tev ui<wanu«i it

Da labbro amico odir^wAe parole:

O Comaat^Mttoskibn ^pfcfciamo?

ffa Dio 1 granelltiAlirtaôrjêlU spigar .os^v r'f

Dolce mi fia se liberemo insieme. o^-^ i> o '

donna mia, gorerna .f ^

Tu di faîwHi dwplioe misttra^

H frumenlo vi mo*6§>e cagli iMIcpî: t-^ *< t

Sira e Mane per le dakcanp* torn*, 3n .»*;>•;

. #

Umido fc'1 ;sooto iL pampii*o i*hi scenwr, «'*.«

Easci la zolla ehe dal sol sindura,'

«.; ; it n ,/ ;/

E mi porli due tordi e un beccafico.

Un vaso di co1o§(ri^ Jtf &S* #k»,

Quallro frusli di lepre,

Se il galto non gli tolse inver la sera,

Cbe slrepilar \h denlro al certo odia.

Tre fanciullo ne reca^ v:

;

D& l'allro al genilore,

Poi chiedi ad^Bscbiiaate ^ ^v

i *«'*

11 mirlo i&e*prt>d iceiL?fiRit*o e i fidre.v i ^^Mi chiedi Cariaade/ ,

• m ;, ^>

Che vede i lari suoi la stessa-fia, >' s ' i s&

Ben venga. egli assa^giare il vioo mid; *A J c

Menlre fa i camp* prosperare uhKo. >m -

Allor che la cicala $>l>{ h- t u ,<^vr^l .v d

11 dolce soo4^ttBtelt lacdfephSltd^ , ^ ia rc i

33

Godo in miratvSe g& mttera il fratf* ,u i\ :-

La primaliccia mia tile <K Leoo*, ot^-vm f »>

E se g& 1 fico^sbpiochwl si oja^ ^b gl wwE grato umor lw><^48^:: *m .?m v :*•;

10 l'albero ne sfrutta, \-f % ^( 3. m_\)

E nel cibarmel grido: lemfw-ajt(k$o;

>:.; i ^

Poi di compresso liipft i|-j9gCQO 'taftoq > ;• >; »

Si ehe in queUa gtftgioft ^gue^'aggrew;: v

11 Tassiarca dogk$ei i*erifti&o, •.-•;, vAssai meno m'allegra altor ch'io '1 veggio

Colla Iriplice piuma,

Di saio adorno in porpora tessuio, ^Si ch'egli dir coslmna,

Ch'fc da sardico tinlo a lui veftwto.

Ma quando a batta^gliare egli s'appresla

11 bel color ne ioferma,

Ci6 ehe dal corpo per la lema sfagge.

Ond'ei primiero fugged

E qual fulvo Ippogai squassa la cresla,

Mentre suU'awe la mia mn si fenna.

Ed ei eke a casa riede

Compie Fopere infami;

A militar regteteo

Un nome scrive raenlre l'allro <lanna,

Che conduplice sbarra irne si vede.

E g& domani il giorno h dei certami,

Nfc i) pan mercava del parlire ig&aro.

Ma Pandion lo sganaa (36),

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MS

Di cui Fimmagd al pte e»o *ofa$i*ca/^ n» <^<>a

Ond'ei correndo impreca, <* n-v,^^nq *>J

Versando dalle ciglia il pianto amwro; ^ * *»;-r

^ M

Tai sono a noi, ma ai cittadto difatf*'^^ •' ^ *

Quei gittator di scadi,' • *

«-ik i of

Ai Nami, all'uom atfaEtf, l < - - •*

Leon tra le paifcti in campd volpi. : ( >i ^

Ben m'oltraggiava quella geitfe atfbietta, ^ » J ^ ^

Ma se m'aiula il ciel ne avrfc veadetta. *^

^

'*

;•»<-'%'.> ':yU-<tf

M :vi

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ATT© QUINTO

SCENA PRIMA

Trigee,

_

Oh I oh qual turba al nuzial festino

To1

quei pennacchi e ne fa mondo il desco

Alii ad allro non son. Recami i lordi

E molta lepre, la focaccia e '1 pane.

SCENA SECONDA

Trigeo, an mercante di falci,

Un mercante di dogli che oon parla.

Mercante

Ov'fc Trigeo, dov'fc?

Trigeo

Mi duoco i tordi.

Mercante

amicissimo mio, quale, tua pace,

Qual ben mi ba fallo, e nullo dianzl mai

Un sol collibo per la falce dwft,

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i

51

Or dan cinqua&ta.dranimfi. E quest] al campo

Per ben tre dramme gia vendea di dogli.

Or tra qaei dogli e quesle falci scegli

Qua) piu ti aggrada. E sVdal grato core

Tu di noi le ricevi; fc il lucro noslro

Che a le sar& qual , niuÎe dono.

,

fvigeo

Yieni, qui le deponi, e a cena tosto

Or \k t innoltra, cbe aftyitessarpe irato

Veggo deirarmi un venditor.A

SCENATERZA— .

* .r:..-

' <..

Trigeo,

Un falibHeanie di penriacchi,

Un fabbricanle daste cbe non parla.

^dJb6ri6anU^dipemacchi

.*xsux-V:l Trigeo

In vero, deh mi rovinavi.^

Triqeo

: . r.y ;*Pf0FSe

Hai, mescbinello, ancof di molte creste?

Fabbricnntq diênn^chi

Disfatla hai Tarie^ ilîydr miQ.^Perdulo

Hai tu pur questo e cwel fj&bro jlell aste.

*0

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318

•Tfigifo

Veggiam, ^te nidi di 'qti^Hef &te&fl?d ^ *:

»i$ibl>tutofite di pMnZetkfr

<>.i- '?t • - <• m -•.fi? darne

-

Tu che vorresti? ^ •-*. v ^

II chtedf? in dirlo arrossa

Ma perchfc belli, e sod divetsi i rtddi *J Gv\c,\t

Da cui contesti far, io tre itrisufe < )Of -) * *

Ten do d'aridi ficfak Adatte>*<kto-'?* f

A far »jnetta la ttiehsa.

Fabbricante di pennacchi ^

E qua mi reca

I fichi dunque, o galanluom, pur fia

Miglior che nulla trarae. «

Trig&ov r '-•>'* <

^ n Oh tbgli, login

Recale at «^vi; iseirim&ndo vanno

Ovunque il crine. Oh nulla don ad dare

Di tali creste non to' an fico solo.

S6ENA QVAftTA

Trigeo, un ve&jLitofe di corazze.

5VendiiQrd di wra%ze

Di questo usbergd e che far deggib? Vale

Ben dieci mine, magistral n'6 Farte.

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&49

Non fia che danno gli sirechl Ai presto :r

:^

Cbe gli imponesU a me lo cedk AMtoBen egli sla per le occorrenze nostre.

Venditore di corazze \

A me Fingiuria cessa e aJParte mia.

iTrigeo

Cosi porrd tre cialtalini ; oh foree (3Sf)» ^ *'(/'

Non 6 comodo il piodo r .,<-, v ^

Vendilore di corazfa , 4^ j

Ob Ifisla e come '

;

N'uscirai nelto?

Trigeo

;Nel forame inollrfr.

,<••v.'

j «i t

Ecco la mano che pel bracrio s'apcfc, r

E d^ quell'altra parte ....

Venditor* di corazze

Ambe le maoi?

.. Trigeo /', ../^

Per Giove si, che d'otturato bi*c© ^38) .<}

Nella trireme dod sarfc ripreso

Venditor* di #$r<Kte

Di dieci mine un vaso a te predella?

Trigeo 'J

callivello, si; pensi che in cambio

Dar possa it mio seder & mite dramme?

Venditor* <ii f#rwue u

A me '1 danar. ..v * ?

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t~¥Mg<te'

. Boon uom, trqppo mej preme

La tua lorica ; va, ch'io nou la compro.

SCENA QUINTA n

Trigeo , un TrombetlO.

Trombetto

Che fo di questa iromba? e ben sessanta

Dramme ne diedi.

Trigeo

Entro quel cavo tnfondi

Liquido piombo, indi lupghella verga

All'allro capo afBggi, ed un sospeso

Cotlabo avrai. y

Trombetto

P - Dileggi?

Trige*

Altro consiglio.

Versa il piombo gi& delto ed una fune

Da qui leghi ana lance, e pei serbati

Fichi a' Itor servi avrui ne'campi un peso.



mi-

SCENA. SRSTA

Tngco, un Venditoreilelmi.

Fanrfftorc dVim

Oh non placabrl decooael diaerte

Mhai, che di qoesti gia una mina dava,

Or chi li compra? .., r

Trigeo

AH'Egizian gli vendi,

II sirmeo sono a misurare adatli.

SCENA SETTIMA

Trigeo, un Aslaio, il yenditore d'elmi.

A&taio

Quanio ipiseri siamo, o fabbro d'elmi.{

^^v f

Trigeo • •- -^ °'; v A

E non fia ch'abbia ei danno alcun. f'

'j

Aitaio

Cbi adopra

Or dunque gli elmi?

Trigeo

Se unmanubrio adalto

Lor fosse, e piu ne vendi. ;

Venditore d'elmi •' ; : *;1

Aslaio, amlianw. >*>

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&22

Non g&, cb'io Taste compro.

Astaio

E vuoi per qudnto?

TrtQeo

In due le fendi, e quai pali mercarne

Posso per ce&to dramme.

Astaio

bgiurie sono;

galantuqm, si parte.

SCENA OTTAVA

Trigeo, un figlio di Lamaco, Coro.

Trigeo

E va, pet Giove, •

Che veggo uscjr de' commenaali i paLti

A medilar, se fc ver, fufcufo carme.

Fanciul se al canto aneH, or aieco sialli

Ed esordisci al metro.

Figlio di Lamaco

Or prirao daoque

Venga J'uoibo delKarmi.

II guemet lascia,

maledetto, cb'fc di pace tempo.

Ben eri iniquo e slolto.

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523

FigUo di Lamaco

Insiem confusi

S'opponevan gli sci*di r e le net mezzoBen rialzate tavgke.

Trigeo

O lu gli scud]

Rammentar eeaWL

Figlio di Lamaco

£ quindi Turlo e il prego

Uscia deiruomo.

Trigeo

* L'tirlo? a te fia pianlo

Cantar quegli urii d i rilevati scudi.

Figlio di

LamacoCantar che posso? in cbe lallegri?

Trigeo

Questo

:

Pranzar (fun but la eatne; o, appancchiaro

II pramo, e quaiUo era a eibarsi dol&e.

Figlio di LtMaco;

Pranzar d'un bue la carne, e sciolSer quindi

II sudato caval di guewa stanchK

or Trigeo

Ma ben; pranzar di guerra slanchl. questo

Cantar pur dei, come pranzaro stanchi.

Figlio di Lamaco

Indi il petto guerrUff *.»..• ^ iil

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o*4

Trigeo

Di voglie peuso.

FiQln di lamacoRovinar poscia dajle torn, e un grWo

Uscia tremeodo. i -' -

- - Trigep . Ml|li , • , Jjr

fanciullin, tuo danqp -

Saran le guerre ognor divguerre canti;

A cui se- figlio?

FigUmdi IwimDi me parli? ^

Oh Giove

Si di le sleiso.

Ftgito di Lamaco

A Lamaco sod figlio.

Abi che in udirli ben ti vidi amanie

Di guerra, e nalo di chi pianger usa

Alia battaglia dopo. Or va in malanno,

Ed agli aslali canta.

SCENA NONA

Trigeo, un figlio di Cleonirao, Coro.

Trig$p,

, A- Gleo/iiityi .,..,

Ov'fe 'I fanciul)^? anzi \ p^rlir gorgbeggia.

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nfl

*2a

Non canterai, mel so, di pugne, figHo

Tu di pnf&nte padre.

Figlio di t leommo

Uo qualcht- SaSdX^Va di mio scudo altier, guerriero arrtise^' J

Che invilto deponeva entro le macchie,

Di sangue mondo.*

.'

Trigeo

• ^ *• ^ ^

E canli, o stoko, al^|)adret *

Figlio di Cleonimo

Salvala ho Talma.

•Trig$o

E il genilor fai vile.

Entriam, ch'io certo son che a nullo oblio^

Darai ta ci6 che del brochier cantavi

Da cotal padre nalo. A vol cid tiiUo

Lascio che resta, e lo vorale, e nulla

Rimanga al desco, nfc 6a vano il mold *

Delle voslre mascelle. Oh vigorosi

Stalevi a mensa ed avacciate i denii,-

Candidi in van se a Irilolar non gU u$i.

Com

Ottimo avviso, il seguirera.

Vj ;. )-.

, ...i , Trigeo .

;

.

n.

5V.^

Ma voi

Gi& famelici in primacor jajiii mandate

Quel lepre tosto. Nfc a^cadr&vvi sempre

Su focaceie piombar tjfe^niuii giiardatel:

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526

Ven penlirele ove il mangiar sia lardo.

Coro

Oh benedir dessi alia sposa reca

Tosto le lede e con noi v^nga. Gioia

Aver den tatti, ed accfatmare, e a' eampi

Recar gli arredi. Ma si danri jh pria,

I libamenti compiansi, e caccialo

Iperbol venga. Iddio preghiam cbe a' Greci

Largheggi l'oro, e pari a tutti venga

II raccollo frumenlo, U vino « i ficbi.

Sien feconde le doftne, ed il^erdalo

Aver ci torni, e del raggiarite ferro

Yadi l'uso smarrito.

Trigeo

Al campo vietii,

£ meco giaci, o donna mia vez^osa.

Coro

Oh Ire volte beato hai degno premio.

Oh lmen Imeneo, Imene, Imene

Che le farem? Che le farem? Goderla

Dovrem, goderla tulti. Amici, primi

Noi se pur siamo, alziam, portiam lo sposo.

Oh lmen Imeneo, Imene, Imene)

Trigep

Belle avrete le stanze e cruccio niuno,

Ala raccorrele i fichi, Imene, Imene I




5*7

Coro

Ei grandee largo, ed ella dolce ha il fico.

Trigeo

In copia il vin bevendo al desco grida:

Ime» Imeneo, Imene, Imene.

Coro

Oh lieti amici, lieli Ove seguirmi

Yoi pur vogliate la focaccia avreie.

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AHNOTAZIOXI

ATTO PRIMO

Seem Prim*.

(4) 4Br«i miglior non mat jlien toccfo*. — piyw

eomedat. II Br. che divide qaesta parlata tra i dee

servi legge fiyotq comedos, ed fc aagurio d'an servo

ali'altro.

Scena Quinta.

(2) targa tm* ioria. -*- xaXkltpa* (tey&hiv, to

Seal, spiega, il piu piccolo dei paoi. L'usa Plaut.

nel Pers. a. 4, s. 3. Collirae facite ut madeani, nfc

s'accordaoo i com. Bel dichiararla; il Forcell. la

vaole una specie di frittella o focaccia.

(3) E pugna col pane. — Mira al prov. Grec.

se chiede vino (il fanciuJlo) gli darai pugna, oodesvezzarlo dalla iadiscrezione.

(4) Entro i detti d'Esopo. — V. in Esop. la fav.

deiraquila e dello scarafoggio.

34


53P~

dice lo.Scol., uaYi di Lai QQme che si fabbricayani)1

in Na&so. _ ; ;

* -

(6) Quel che cdntaro e delto. — Qntaro fc porto

nel Pireo, e oome Greco dello scarafaggio. .

(7) Zoppo, cagioi* verrai tu d'Efaip/ide ai detti. —

>

I frizzi conlro Eurip. gli piovono di bocca;il gran

Tragico pareva di qiji loal^rnvte m^'e miglia. Vedi

come negli Acar. egli gia gli abbia rimproverati gli

eroi zoppi delle sjie tragedie.

(8) Df ben cinque tolenti allqr multaio. — JMira^

al prov. (TAtetie: %to$ tiv 6 olttottciltcoy, %clw(s ^ est,

qui C...

Scena Ottava.

(9) Qi i $awQtvMi<l enlrp il saper sinizia:.-^ G&+

lororc^si ^qy^yîio.mquakhe pericolt) inyoca-

vajw $U J?pi di <5amolracia< JEsai eraao quattro;

M$rcî% PluJou£u C^tere eProsecpioa satttf altar-

nomi. Di quesli misleri parlano Erod. neU'Eut. ed

ApolK IJtofi M«i.4i° libi^dânibicon €eiiar6lighfea

teai_a,,&.-j^prtifrta .|flt*cfo*a. ..,.,- : .:.

(40) Mancava a Sparta ilsuopesielh,^^ II prima'

pesleUo era Cleane eapalano Ateuiese, flagellato g\k

da A. nelle precedenii com.; q«£st'& Brasida gene»

rale degli Spartani. Ambi caderaao. uctisialla bak-

'

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531

tagti* di Amfipoli nfeite'Tfati*, iedata&i eom^ dibe

Tttfcfal; nvditmvvro r# eipfnfoj avversavano alia paec.'

V. I. 5, par. 46.

.;

:ATTQ SECONDO

.'- ; ''^ *

Sterna Prim.

^' L;(

tc^ni

(1.1) Cta for <fem niarro.—

' fton so perpfe^ il

Dupuis tralasci il restante delta pariala'cii triced ,,

die sbno Ire versi nel testo. y

Scena Seconda.

(12) Ove la sorte su me ricada — Quando una

sentenza danuava pifttei, tiM si^giustUkvartd titlti

nello stesso jgtorqo , ma sue^essMtnente ' nei se-

guenti, p presto gkrtno efk ai rei segn&lo datlfk

socle. Pef cto, dice THged , morir6V,

S6 la;iWfW /

cadr^t sc^ra di mei ^ r- ;* U;

(43) Vomatha a rmrtecorra:-— lhtende il soldaib*

che parte per una fazione di gue*ra, obbligato a tor

seco pronisiom vittuarie.

:(U) OA ptfr/o giid IriwtM* toi /oi. — Verso pure

ommesso dal Dup. qfahtonque si irovi hel test.

Bru&ehiano di cui pare $\ valesse.

532 f ; p ~z * : ; f

(\ 5) Atthzero carbone. — II lest dice cxakivorr'

eiydpaxas, i) Dup. traduce, dans les bras cTune atnie,

et dans les douceurfW \aiSwlupti. Co 11a annot di

Christ. Flor. si pud forse difendere quest' inter-

pretazipn^: egfiflice: fertassis aê^^^y^r in-

passi inverecopcli, ch£ pop vqglio^fjCercar^ j^(^-

4tt?, ^pt^pretîptnj 9^ î»ng^d*

si^tta

gtyatyre di scudj, pompspifg^ lp >J3tco.U>£ f^J&Nr

. '.'iCJJ-ilTw'f # ferny grtfar sol dpi, Vlo.

— Scjier^

flu]l$(

S9mi^li^pza .diôcfav $ w*/«v lînciare %,«$,

je, ximuojW qtjesto vpca^plQ conpte di m#}Q ^pguiô.

,j(48) £ Jfartef no, Ntfjwr Eniali?? — D^qiu^p

p^SA si y^de div^q Afacte da t JEnialio,;;

8eîiê:il

confondano i graxnoiatitci cbe lp tolsero per uu

^pjletp di qw^sto Diov AHrUi disseio £gjio.{djj$art6

^ 1^'Eniou f4Ui d'OpL.e. Rea. Lanomina jpauf£. #g

sat. 1, 49, m# lo scriv,e )u greco.K iviJ ,|

,.

M(19i), &itrotni $ciogUer la ita^, (i tfyfy^ ol

5nxw^

rr^Qoa u*qUo ungpgno ricaxda, ^b\ ê*M^ i\

ISfan, pjrecetty vtyalq dalo top d^ t^s^ci^^JSp

<i*^x*& 7^5 Qv^p^ &f>*ew attpn^^r(-aiiin^

•li-L.}'

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ATTO TERZO533

V -X\ i,

(20) Qtml /fcfwto k''terCar. -^ fi'fcst cUfct^W

famd o splendidb conitilto : ho atlargatS fa scdittii^

p&r ttaggior ^roprieWt delli i^mififltrcfiheV',T ' ;-u

J

tWf tfesigtiorfkra^imii VU6k^mH\k c#-vinlo di frode nell'uso dell'avorio e dell'oro ytiMtf-

gato nellaf

sua sialoa'

'

5

di

Mineivk ^' AiJ

ftbWdkAnkto

dagfi Aleniesif

e Volse to ^siglfo Iri* Atehe rift i&

stimo Tubmo celfcbte dtfMittld p^b6 ,

f

h6 Fjftg^

gno era passaporto cfei vizn.Ma1

r ^filiisofr Gtec

tasegnavaho la virtii essere IdMa Voiil$ tlella fe-

Hclti vera, rife sorgeva sa^gfo W ert^e i p6pttli

atfarticSchire, n&slkulciva ad eiii (foe Iti Meitk

viene in ragjone direlta del peso defla borsa. E

il itoodo d'accumulare oft) sbpra oro nbn inaal*

iavasi' ancora aH'onore deila cattedra.

tA'

1

'

(22)' 22 Vitiurbalo agticbltor norivide. — II test

del Br. ha, dtfx £A<xV0dv*v abii si nasc<)9e; quelI6

pel Dind. owe BfiavdowsY hori condtbe.': ?

(23) L&ota ei di lucerner -^ P&rt dn rteir dire

de j>Jttf fouctroyant bontr* uh partkulieff

ii ewtre

Vital? dice a que&o loogo ft Pi Bmrooy nella suk

anal di quesla coin. E iuvero rfronia d'A. h airoct

quaato il suo sdegao.

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&a4

^ SeenaSecanda.^T

-j :r /

, , ,. 4 . .; ••.',,

-, ,•-..- •«.- ,;-^f iViifl

)f t, (&4) (Mroa*lro, cwsflke -^ Queslo ,rRraU?

*Ckê fc rigrodolto dalle Y«spe.- i' ^ :n:U

^ o (85), ,4t*0<?i di lunghi phUti. «*r II les), halpproyBS

fptemcHs^.pecdA soao fiXspumotfo cwrtewriose,} dice

MA9>fy)jSw di y&chw 4ow4lij—4 J?iu *spfâiw>

Foriginale dice ypaoebBat, da cio che col24ifo& tfe

^#tx£>Xiyw$# ScqI e sipi&ca ttvwo&ilTrpte jw

•,yj4viM4 ;u; > «•;.- r- .. ;: ^ A..- r-' -, .

•••.

,

ATTO QUARTO

Scena Seconda.

«illa< *d€e OTp9@&os~ che sigaifrca fidnik, corn* <d<A

proa, edi una spezie di danza, e cost^chijtfiia i figti

di^Garciao danzatore. i .» ^ m mi „; ..r. *i

.v, ;

--'.•.'

. , ,,\o.-v - :.' •>..-,

=':' '>*•«* ^ (l ?W»;..,- :- ',

(28) /J too vigor sol manca. — t©0 n£o$ $iii&

*h dice istraG per CoHnto ove molte erano te Taidi

Lo squarcio ohe segue (êûalmente iof^tto.

(30) Lagttiarsul jbco. •* IUetfto ohe corrispwi*

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a questo nelForigi imm irovasi che nel ieslo del

Dind. Piu sotto invece di ventre il tesl. ha r& niet.

Dopo ttodufcfei' i\J *&*$ v&Mafto |>er sintfulatvt dal

Dind. colla perifrasj df cavallo nudo, per(5h& qiielsto

ri crede iZ'^mts 4iesnlld^msif m cut sailatano cor-

ratidd co» 4m di qusslr savallt aîdi; daflN&ficTAt-

Tallro i guerrieri delti desullores. V. il prof. Ue?j-

tan^tCi alia tiol. l.'êtrOlimp. 4, nelJa sua trad.

Ai Find.-

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sulla parola xpi6b che significa orzo e tSv *yfy#v

ccô?oy. Da ci6 il festevole motto che segue.

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Scenfy Sestdy

: -(&)'£»' tngofmoio Iwoi* hum leDwe NirrfbBaci. —Fammo oracolo ; %furajaoXe<yi>^ quel di Hack /Dre

«bbero un tad nwpe lfantichissipao d'Eleojieiiin

Beozia, l'allro nelFAttica, il tewsain Capua 'cPAt^-

cadia; fu anche un epiteto dato a Pisistrato.

(33) Se bacizar tton^cessi, — jSoxigow, se non

cessi ricordare Baci; it /*» Trotaou y^yuvtiidvos 0datt$o$.

Scol. ;-

v

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{34) I*r Jawwa. *— apwMXJr , lo Scofc Spiega

*ftfi/ t*$ ioT« , «d ^ oome dire blaUa genus est

blattae. La parola Uxmw eorrisponde a blatte u&l

Fore., qui non parmi adequata, poiehfe la i&rma

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536

fcqeaki uni iigitaoh, la blotto derht. too ^ca^

rabeo che sp^nfle cMlivo odore, ed *tota i laoghi

'uinidf 6d ifediiri. Non saj^endoire tftre setfs&tanM*.

(35) £ tenia patria. — Om. II. 3, v. 63-4>%wi.

di V. ModU.

(36) Ma Pandion le sgama. — Scrivevansi so

tavole i nomi degti arraolati alia milizia, le qoali si

appendevano a dodiei slalae erelte nel for©, di coi

una rappresenlava Pandione.

ATTO QUINTO

Scena Quarta.

(37) Cost porra Jre (nottolini — fe prov. recato

dallo Scol. Tre ciottoli bastano al np&xrov sx^ety

se son scabri ,quattro se lisci. Quest'uso a cui

servivano i sassoliiii in Atene, lo rammentera nel

Pluto.

(38) ffotturato buco nelia trireme non sard ripreso.

— Curatores triremi cogebantur tot retmges condu-

cere, guot essent nams foramina remis exerendis. Saepe

autem ui stipendia remigum lucri facerent , unum,

alterumve foramen obturabant. Bergl.

Scena Nona.

(39) Vn qualche Sato va di mio scudo oilier. —




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lH DICE

Prefazione . . . Pag. v

Oli Acamesi commedia » 4

Annotazioni -.*..» 87

Ha versi 4207.

E neiroriginale versi 4234.

I Cavalieri commedia » 404

Annotazioni » 493

Ha versi ..... 4385.

E neiroriginale versi 4 408.

Le Nubi commedia » 209

Annotazioni . ...» 344

Ha versi 4452.

E neiroriginale versi ..... 4540.

E nella trad, del Terucci . . 2025.

Le Vespe commedia . » 329

Annotazioni » 423

Ha versi 4540.


La Pace » 437

Annotazioni » 529

Ha versi 4292.


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ERRATA CORRIGE

Pag. lin.

6 1 Orteo Orlio

9 46 tetto letto

23 2 legnaiuolo

29 4 seki

legnaiuola

seici.

» 49 Gefisofonlf Cefisofonte

33 43 Derideran la Deridera le

39 23 Creste cresle

74 22 Eh ho Eh no

87 42 Cosi cosi

89 6 Secondo secondo

94 3 capo corpo

92 41 7utTxex£va%£Tou X£t.TOL<JX£Va%£TOLl

97 49 re rust. 44. re mst. 2. 4.

406 6 tua me tu a me

448 5 amor onor

4 52 27^peulabolo

483 21 'iperbal

4 99 43 Casaubi

penlobolo

Iperbol

Casaub.

219 6 inseguin

223 19 Falele

insegnin

Talete

234 27 palla Palla

234 5 le nulron lo nulron

245 48 nome

246 42 Cincinno

Nume

cincinno

Digitized by VjCoogle

542

Pag. Hit.

248 9 capo capo.

254 24 come la madia? come? la madia.

280 27 giusto giunto

284 6 lesi lesi.

295 5 veneggi vaneggi

326 3 Presented Percuoterd

3351 ult.Disconcio Di sconcio

346 4 4 Giunto Gianta

350 41 ho no

356 7 vim) vinco

373 43 disciolto disciollo.%

378 23 tu. tu?

423 5 2a/3i<nov 2a#oc£fov

434 45 t& T0V

433 7 commento concento

449 4 5 fabbricato fabbricata

459 20 traccia Tracia

508 6 baci Baci

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AUG 2 8 xi26

Commedie Di Aristofane Vol 1 Text

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