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1 www.solovela.net Il puzzle costruire una barca di Maurizio Anzillotti Sapere come è costruita una barca è fonda- mentale per potere giudicare il rapporto tra la qualità e il prezzo. SVN ha realizzato un articolo in due puntate per conoscere come si costruisce una barca in vetroresina Artciolo pubblicato su SVN n° 2/4/2012 rivisto e diffuso in formato verticale il 3/3/2014 © riproduzione riservata www.solovela.net

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Il puzzle costruire una barca

di Maurizio Anzillotti

Sapere come è costruita una barca è fonda-mentale per potere giudicare il rapporto tra la qualità e il prezzo. SVN ha realizzato un articolo in due puntate per conoscere come si costruisce una barca in vetroresina

Artciolo pubblicato su SVN n° 2/4/2012 rivisto e diffuso in formato verticale il 3/3/2014 © riproduzione riservata

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Sapere come è costruita un’imbarca-zione è essenziale per poterne giudi-care la qualità, il valore economico e la sicurezza in navigazione. “SVN, la

vela nel web”, propone una panoramica, in due puntate, su come sono costruite le barche di serie in vetroresina. Lo faremo senza entrare troppo nei dettagli, cosa che potrebbe risultare noiosa e, in fondo, anche inutile per le esigen-ze del diportista. Lo scopo è quello di fornire una serie di informazioni di base che potranno essere utili per sfatare le molte idee errate che spesso, noi velisti, abbiamo circa la costruzio-ne delle barche. Per parlare di costruzione, il primo capitolo da affrontare è lo stratificato, ovvero tutte le parti in vetroresina: lo scafo, la tuga e i controstam-pi. Lo stratificato si chiama così perché è un insieme di strati di vari tessuti vetrosi, o di altro materiale, assemblati tra loro per mezzo di resine.

La resinaQuando parliamo di poliestere, vinilica o epos-sidica, ci riferiamo ai diversi tipi di resina in commercio. Venduta in barili da 100 o 200 chili, o consegnata con le autocisterne, la resina ha forma liquida o gelatinosa. Quando a questa

In alto, un’operaia prepara una serie di stuoie per il processo d’infusione di una barca. Sopra uno scafo appena terminato viene portato sul piazzale di un piccolo cantiere

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viene aggiunto un catalizzatore, si innesca un processo chimico che la porterà alla solidifi-cazione entro un tempo predeterminato che varia a seconda del tipo di resina, del cataliz-zatore e della temperatura dell’ambiente in cui si compie l’operazione. La resina, al contrario di quanto molti pensano, non ha una funzio-ne strutturale, ma funge da collante tra due tessuti. Quindi, l’idea che una barca sia fatta bene perchè è stratificata con molta resina, è errata. Una barca stratificata con un eccesso di resina, è molto pesante, ma non per questo, molto robusta. Se si vuole una costruzione rigida e solida, bisognerà cercare di lasciare nello stratificato la minor quantità possibile di resina. Ciò, tuttavia, non significa che la qualità della resina utilizzata non abbia la sua impor-tanza. Se, per impregnare i tessuti (stuoie), si utilizza una buona resina, si avrà bisogno di una quantità minore, inoltre, una resina di qualità, previene inconvenienti della vetroresi-na quali l’osmosi. Tuttavia, non è utile utilizza-re resine di qualità molto elevata, per incollare stuoie comuni. Lo stratificato è un insieme di componenti che devono essere armonizzati tra loro per avere il miglior rapporto tra costo di produzione e qualità del prodotto finale.

La resina divisa per famiglieLe resine possono essere divise in fami-glie come, poliestere, viniliche, epossidiche. Queste si differenziano per il tipo di molecole di cui sono composte.

PoliestereLe resine più utilizzate nella costruzione delle barche sono le poliesteri. Fanno parte di questa famiglia le resine ortoftaliche e le isoftaliche. La resina ortoftalica è la più economica delle due, ha una maggiore tendenza ad assorbire acqua ed è poco elastica, il che la rende non partico-larmente adatta all’uso nautico, nonostante ciò, è la più usata nelle costruzioni di grande serie. L’ isoftalica ha, nel complesso, delle migliori doti meccaniche e un indice di assorbimen-to dell’acqua decisamente più basso, perciò particolarmente indicata per l’uso nautico (l’as-sorbimento dell’acqua da parte della resina può determinare l’osmosi e un appesantimento dello scafo).

VinilestereLe resine viniliche hanno un indice di assor-bimento dell’acqua molto basso e buone

In alto una stuoia di vetro a grammatura alta. Di fianco, una stuoia di mat. Nel mat, come si vede non ci sono fibre lunghe, ma solo delle pagliuzze di vetro gettate alla rin-fusa su di una pellicola di resina. Il mat non da struttura, ma serve a proteggere il gel coat dal contatto con la stuoia che potrebbe marcarlo. Di fianco, in basso, un operaio mentre stratifica. Il respiratore è neces-sario per proteggerlo dallo stirene che è contenuto nelle resine, mentre la maschera gli protegge gli occhi dalle pagliuzze di vetro

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caratteristiche meccaniche, ma un prezzo elevato (circa il doppio delle poliestere). Negli ultimi anni, le resine viniliche, sono state utiliz-zate soprattutto per i primi strati degli scafi di serie. Il loro compito è quello di prevenire l’osmosi. Una volta, negli anni 80 e 90, venivano utilizzate spesso per fare le barche da regata, ma oggi, il loro posto è stato preso da materiali ancora più sofisticati.

EpossidicheSono resine dalle ottime caratteristiche mecca-niche, ma dai costi molto elevati, raramente vengono utilizzate nelle costruzioni di serie. L’epossidica ha un indice di assorbimento dell’acqua molto basso, quindi uno stratifica-to realizzato con queste resine non rischia di incorrere nel problema dell’osmosi. La densità e il tempo di catalizzazione, rendono le epos-sidiche delle resine difficili da lavorare che richiedono l’intervento di operai con un grado di specializzazione superiore a quello richiesto per le altre resine meno nobili e tempi di lavora-zione più lunghi.

Il gel coatIl gel coat è, in sostanza, una resina colorata che viene spruzzata sullo stampo e che costitu-irà la pelle esterna dello scafo, dando a questo il colore.Nella costruzione in serie vengono usati due tipi di gel coat: quello normale, derivante dalle resine ortoftaliche, e il neopentilico. Le costru-zioni nautiche dovrebbero essere eseguite con questo ultimo per le sue caratteristiche imper-meabilizzanti e la sua brillantezza.

I tessutiCome abbiamo detto, le resine servono a incol-lare i tessuti. Questi, chiamati anche stuoie, nella lavorazione di serie, sono di fibra di vetro, ma per barche di qualità elevata, possono essere di Kevlar o in carbonio. Esistono moltis-simi tipi di tessuto, che differiscono tra loro oltre che per il materiale con le quali sono realizza-ti anche per il modo con cui sono orientate le fibre che li compongono e per il loro peso al metro quadro. Stuoie di materiali diversi, molto spesso sono incompatibili tra loro. Una stuoia di Kevlar, non può essere stesa su di una stuoia di vetro, perchè le due, muovendosi sotto solle-citazione in modo diverso, si scollano, dando vita al fenomeno della delaminazione, un problema grave e di difficile soluzione. L’unico

In alto uno stampo per iniezione nel cantiere Dufour alla Rochelle. Al centro un cannone ad aria calda per la cottura degli scafi. Sopra, un’operaia riempie un secchio di resina per l’infusione di uno scafo

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... per fare qualità, l’esperienza è un fattore fondamentale ... ”

“Fabio Planamente, AD Cantiere del Pardo

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modo per farle convivere insieme è utilizzarle nelle parti curve dello scafo. Per comprende-re l’utilizzo dei tessuti, in questo contesto, è sufficiente conoscere la differenza tra i due tipi fondamentali di tessuto: il mat e la stuoia.

MatSu un film di resina si spruzzano dei fili di vetro alla rinfusa. Questo tessuto non ha nessuna resistenza alle sollecitazioni e viene utilizza-to prevalentemente nei primi strati, quelli più vicini al gel coat. La sua funzione è quella di far sì che il gel coat, a contatto con la trama delle stuoie, non ne prenda il disegno. In alcuni casi, il mat si usa anche tra una stuoia e l’altra per non farle scivolare l’una sull’altra.

La stuoiaLa maggior parte delle stuoie sono costitui-te da fasci di fibre di vetro, o altro materiale, intrecciate tra loro come un tessuto. Queste si differenziano per peso al metro quadro e per modo in cui sono orientate le fibre (unidirezio-nali, bidirezionali). Sono i tessuti a determinare la robustezza di una barca.Il progettista, determina, per ogni punto dello scafo, che tipo di tessuto va usato. Maggiore è la qualità del tessuto, minore sarà la quan-tità che ne servirà, quindi il peso del prodotto finale. I tessuti unidirezionali, non sono costrui-ti con fasci di fibre che ne intersecano altri, ma sono costituiti da fasci di fibre tenute parallele le une alle altre da piccoli spaghi. Gli unidirezio-nali, per essere efficaci, vanno stesi con le fibre orientate in una direzione precisa, determinata dal progettista della barca o dallo strutturista. Per quello che concerne i materiali, migliori sono questi, meno strati di tessuto serviranno, con il risultato di avere una barca più leggera e robusta. Tuttavia, più i tessuti sono di materiali pregiati, più sono difficili da gestire.

Lo stampoDopo aver posto le basi per capire cosa è un manufatto in vetroresina, vediamo come viene realizzato.Quando si guarda ammirati la barca sull’inva-so, difficilmente ci si rende conto di quanto lavoro ci sia voluto per realizzarla e di quanti fattori il costruttore abbia dovuto prendere in considerazione per prevenire errori che avreb-bero potuto compromettere il risultato finale. Per ottenere una stampata (insieme di scafo e coperta in gergo cantieristico) di buona

Le stuoie di mat, anche se non contribuiscono alla struttura dello scafo, svolgono comunque una funzione importante. Il loro compito è quello di evitare che l’ordito e la trama delle stuoie possano marcare il gel coat. Nel caso questo accadesse, dall’esterno, lo scafo, con alcune angolazioni di luce, apparirebbe a quadretti. Quei quadretti sono la trama della stuoia che ha marcato il gel coat. I primi due, tre strati, sono molto delicati, oltre a mettere le stuoie di mat, il capocantiere dovrà fare attenzione a non eccedere con il catalizzatore. Più catalizzatore si mette, più rapido è il porcesso durante il quale la resina si scalda, e più questo è veloce, più la resina si scalda. Se la resina va in surriscaldamento, si ritira, ritirandosi succhia la stuoia verso il gel coat e lo marca.

Quando lo scafo è a quadretti

Taccuin

o d

’ap

punti

In alto, lo stampo per la stratificazine di una barca a vela. Lo stampo può ruotare in modo che gli operai possano raggiungere agevolmente ora un lato, ora l’altro

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qualità, bisogna partire da un buono stampo. Uno stampo giovane, ben realizzato, darà un prodotto lucente, liscio e senza difetti. Quando si vede una barca di recente costruzione opaca, che dopo pochi anni già sembra vecchia, è perché, con tutta probabilità, è stata stratifica-ta su uno stampo molto usato e mal trattato o mal realizzato. Nella parte interna dello stampo, prima di stratificare uno scafo, bisogna passare diverse mani di cera al fine di garantire che lo stratificato non si attacchi allo stampo stesso. Ogni tanto, poi, bisogna ristrutturare il gel coat interno dello stampo e ristrutturare la struttu-ra stessa. I grandi cantieri come Jeanneau e Beneteau, ristrutturano gli stampi delle barche più grandi, all’incirca, ogni dieci stampate.

Come si stratificaLa posa degli strati di mat e stuoia, che costi-tuiranno lo scafo e la tuga della nostra barca, è preceduta dalla spruzzatura del gel coat, che deve essere di buona qualità e spruzzato in modo da formare una pellicola molto sottile, 3/4 micron. Al contrario di quanto si pensi comu-nemente, il gel coat, molto spesso, è fonte di problemi e indice di scarsa cura nella realizza-zione del prodotto. Agli albori della lavorazione della vetroresina, si utilizzava uno spesso strato di gel coat, perchè ancora non se ne conosce-vano bene le caratteristiche. Sulla pellicola di gel coat si pongono un paio di strati di mat che, come abbiamo detto, hanno la funzione di non permettere all’intreccio della stuoia di marcare il gel coat. Partendo dal fatto che la resina sale, ma non scende, per stratificare bisogna prima posare la resina con il pennello e poi poggiarvi sopra il tessuto. Questo verrà pressato con un

rullo in modo da farlo impregnare di resina e far fuoriuscire quella in eccesso.

La resina in eccesso va rimossa con cura,

In alto una serie di barche nella catena di montaggio nel cantiere Hanse. Gli scafi sono mossi su di una catena di carrelli connessi tra loro. A intervalli regolari questi avanzano di una postazione di lavoro dove una squadra assembla i pezzi di sua competenza. Alla fine della catena, la barca si troverà nel piazzale e sarà pronta per essere chiusa nella plastica e trasportata.Sotto la stratificazione di un grande scafo

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perché, come detto, è solo peso inutile. Più è accurato questo processo di pulitura, più alta sarà la qualità dello stratificato. In ultimo, prima di passare allo strato successivo, bisognerà rompere, con un rullo di metallo chiodato, tutte le bolle d’aria che si sono formate nella posa del tessuto. Dopo il mat, si cominciano a sten-dere gli strati di stuoia secondo le indicazio-ni del progettista. Essendo la carena la parte che dovrà sopportare gli sforzi maggiori, è in questa zona che verranno messe le stuoie di qualità più elevata e in maggior numero, con la conseguenza che lo spessore dello scafo non sarà omogeneo, ma degraderà via via che ci si allontana dalla zona della chiglia. Quando si arriva alla posa degli ultimi strati, se la barca è di tipo strutturale, vengono posizionate le strutture, longheroni, madieri e serrette; quindi si continua a stratificare, inglobando queste nello scafo. In alternativa, le strutture possono essere stratificate a terra in un apposito stampo che si chiama “ragno” per poi essere posizio-nate nello scafo e a questo resinate.

ControstampoLe barche di grande serie, in particolare quelle da crociera pura, avendo superfici veliche più modeste, sono destinate a sopportare minori sollecitazioni. Spesso, questo tipo di barca, non ha le strutture stratificate nello scafo, come abbiamo appena visto, ma è costrui-ta con la tecnica del controstampo. Il contro-stampo è un manufatto in vetroresina realizza-to a parte che ingloba buona parte degli interni della barca. Nel controstampo possono essere previste le alzate dei letti, il basamento della cucina, il basamento del motore e le struttu-re della barca. Quando lo scafo è pronto, nel suo interno viene incollato il controstampo con collanti ad alta resistenza. Molti pensano che la presenza del controstampo sia indice di qualità della barca, non è vero. Il controstam-po è finalizzato al risparmio di ore di manodo-pera. Questa è la tecnica che ha permesso di produrre barche a prezzi sempre più conve-nienti. I controstampi si possono dividere in due grandi famiglie: integrali e semistruttu-rali. I primi sono quelli che includono il fondo della sentina; una volta posizionati nello scafo, il fondo di questo non è più raggiungibile, né ispezionabile. I secondi sono bucati nella parte bassa tra un madiere e l’altro, in modo da poter essere stratificati allo scafo rendendo questo

Le coperte delle barche Dufour, almeno per quello che riguarda i modelli piccoli e medi, sono realizzati con la tecnica dell’iniezione. Questa differisce dall’infusione per l’assoluto controllo dei quantitativi di resina utilizzata e per la finitura perfetta su entrambe le guance della stampata. Per realizzare l’iniezione bisogna costruire degli stampi rinforzati, un maschio e una femmina, del componente che si vuole realizzare. Una volta realizzati gli stampi si procede con la stessa tecnica dell’infusione stendendo tutte le stuoie di vetro che comporranno lo strati-ficato e componendo il sandwich con il termanto, o un altro “core”. Nell’iniezione non si usa la rete che si usa in infusione, né i tubi per il trasporto della. In questa tecnica, la resina viene iniet-tata a pressione, questa andrà a riempire tutti gli spazi lasciati liberi dalle stuoie. Se lo stampo è ben fatto, quando si apre, si avrà un prodotto finito che con poche ore di carrozzeria sarà utilizzabile. I vantaggi che si ottengono sono:

a) rapidità di esecuzione

b) uniformità della resina

c) standard qualitativo costante

d) risparmio di peso

e) si risparmia la creazione del cieletto, perchè questo è già realizzato in stampo

Costruire con l’iniezione

In alto, una stuoia di carbonio viene tagliata prima dell’uso. Scafi realizzati con compositi avanzati spesso sono fatti da cantieri molto piccoli che non hanno le competenze e le attrezzature per realizzarli

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più resistente e rigido e hanno il vantaggio di permettere l’ispezione dello scafo, cosa molto importante in caso di urto contro un oggetto sommerso o uno scoglio.

La copertaUna barca per essere stabile, facile da mano-vrare e avere delle buone prestazioni, deve avere il baricentro basso. Per ottenere ciò, la maggior parte delle barche hanno la coperta stratificata in sandwich che la rende molto più leggera di quanto si otterrebbe stratificando-la in “solid” (solid= stratificato di solo stuoia e mat). Su una coperta in sandwich non è possi-bile montare l’attrezzatura dove si vuole. Ogni cosa va accuratamente progettata, perché il punto dove viene montato un pezzo, deve essere provvisto di un supporto inserito nella stratificazione, solitamente una tavoletta di legno.

In alto e di fianco due robot della catena di montaggio della Jeanneau. Il cantiere francese è uno dei pochi ad avere attrez-zature di questo livello. Sotto, la resinatura del ragno stutturale su di un Elan

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Il sandwichUno scafo stratificato in pieno (solid), ha lo svantaggio di essere pesante e il peso, è sinonimo di basse prestazioni. Le barche da regata hanno l’esigenza di essere leggere per poter avere migliori prestazioni, ma allo stesso tempo devono essere particolarmente robuste, perché su di esse, a causa dei loro piani velici più grandi, si esercitano sollecitazioni maggio-ri di quanto accade sulle barche da crociera. Oggi, tutte le barche da regata sono stratificate con la tecnica del sandwich. Solitamente, per questioni di sicurezza, il sandwich inizia sopra la linea di galleggiamento e arriva sino a 20, 30 centimetri dal bordo dello scafo, ma le barche più competitive, hanno il sandwich anche in carena. Il sandwich, in pratica, è un panino dove le due fette di pane sono due strati di stratifica-to pieno, in mezzo ai quali c’è un core. Il core può essere di diversi materiali: Termanto, Airex o altri materiali sintetici, o può essere in legno di balsa. L’importante è che il core sia a cellula chiusa, per evitare che si impregni d’acqua in caso di urti o di infiltrazioni nello stratificato. Con questo procedimento è possibile avere uno stratificato meno pesante e più rigido. Le barche realizzate in sandwich, non hanno strut-ture laterali di rinforzo (serrette), in quanto la rigidità laterale è data dallo spessore del manu-fatto, spessore determinato dalla presenza del core. Salendo nella scala dei costi, le barche

In alto la coperta di un modello Jeanneau in lavorazione, al centro un tecnico comanda un robot nel cantiere Jeanneau. Sopra, diversi tipi di core per sandwich

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si fanno sempre più sofisticate e al sandwich si aggiunge la tecnica del sottovuoto, finalizza-ta a compattare il più possibile lo stratificato e rendere il tutto più rigido, nonchè, più leggero.

Il sottovuoto e l’infusioneIl sistema oggi più usato per creare il vuoto è quello del “sacco”: allo scafo, una sezione per volta, viene applicato un telo di plastica sigillato con del nastro. Quindi, viene inserita una pompa che aspira l’aria e crea il vuoto (non si tratta di un vuoto assoluto). Vedere questa operazione è interessante, perché si nota molto chiaramente come lo stratificato si ritiri. Le stuoie si schiac-ciano una contro l’altra e fanno uscire la resina in eccesso che successivamente verrà rimossa dagli operai. Alternativamente alla tecnica del sacco del vuoto, c’è quella dell’infusione. L’infu-sione prevede che tutti gli strati di mat e stuoia siano posizionati sullo scafo a secco. Per mezzo di una tecnica piuttosto complessa che si serve di reti e canali di scorrimento, la barca, chiusa in un grande sacco di nylon, viene sottoposta a un processo di aspirazione dell’aria, in modo simile a quanto accade per il sacco del vuoto, ma questa volta, il vuoto, invece di far uscire la

Nelle costruzione di una barca la mano d’opera rappresenta un costo molto elevato. Le ore di lavoro necessarie a realizzare una barca sono molte. Una buona parte di queste si perde nelle rifi-niture. Quindi, se si vuole contenere il prezzo finale della barca, bisogna contenere le ore di mano d’opera necessarie alla realiz-zazione di questa. Il lavoro per risparmiare ore di mano d’opera inizia sul tavolo da disegno, è il progettista che deve disegnare la barca tenendo ben presente le problematiche della costru-zione, un progetto fatto bene darà il massimo della qualità con il minimo di ore lavoro. Molto importante, al fine del risparmio di ore lavoro, è anche l’automazione. Alcuni cantieri hanno rag-giunto un elevato livello di automazione, tuttavia a volte questa può rivelarsi antieconomica: in un cantiere che ha come obietti-vo la costruzione d’imbarcazioni di elevata qualità e costo, dove il numero di esemplari per modello è molto limitato, non si può investire sui robot. Questi non potrebbero essere sfruttati ade-guatamente su di una produzione di poche decine o centinaia di pezzi l’anno. Inoltre, il robot è economico se ripete sempre le stesse operazioni e su barche di costo elevato ci sono molte lavorazioni custom che devono essere fatte necessariamente dall’uomo. Tra il robot e un lavoro svolto interamente dall’uomo ci sono una lunga serie di scalini e di livelli diversi. In genere più è elevato il numero di pezzi prodotti, maggiore sarà il livello di automazione del cantiere.

La mano d’opera

Elan 400 in navigazione. L’Elan è stato il primo cantiere ad adottare l’infusione nella costruzione in serie

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resina dai tessuti, ve la fa entrare. I risultati otte-nuti con questa tecnica non sono al livello del “sacco del vuoto”, ma l’infusione ha il vantaggio di essere più rapida, ecologica ed economica, quindi, più facilmente utilizzabile nella costru-zione di serie. Tuttavia, questa è utilizzata solo dai cantieri che fanno scafi in sandwich, perchè nelle costruzioni in pieno, non è economica.

La cotturaUn’ultima tecnica, che oggi si comincia a usare anche per le barche di serie più sofisticate, è quella della cottura dello scafo. Lo scafo, una volta terminata la stratificazione, viene cotto dentro un grande forno per circa 24 ore a temperature che possono variare tra i 40 e i 90 gradi. In alternativa al forno, si copre lo scafo con un grosso telo di nylon e si spara all’in-terno aria calda. Lo scopo di tale trattamento, è quello di rendere omogeneo e più rigido il manufatto.

AssemblaggioQuando tutte le componenti della nostra barca saranno stampate, in cantiere avremo lo scafo, la coperta e i controstampi. A questo punto inizia la fase di assemblaggio. Da prima vengono stesi i cavi elettrici e i tubi del sistema idraulico, quindi posizionati i controstampi. Si consideri che anche le barche costruite con tecniche strutturali hanno alcuni piccoli contro-stampi come per esempio, quelli dei bagni o il basamento motore. Fatto ciò si comin-cia a posizionare la falegnameria bassa che è stata precostruita a terra. Nei nuovi progetti si cerca di limitare, specialmente nelle barche più economiche, i mobili alti, che terminano attac-cati alla tuga. Questo accorgimento permette al cantiere di costruire l’interno prima di posizio-nare la tuga, la quale limiterebbe notevolmente il movimento degli operai con un conseguente, congruo, dispendio di tempo. Contemporanea-mente, fuori opera, si sarà montata l’attrezzatu-ra di coperta e realizzato il ponte in teak, qualora previsto. Quando i falegnami terminano la loro opera, si può posizionare la tuga già completa di oblò, passauomo e attrezzatura di coperta. Questa viene incollata allo scafo con collanti ad alta resistenza. Una volta, sino a qualche anno fa, si usava fissare le coperte con dei perni passanti, ma ciò creava il rischio di avere delle vie d’acqua: grazie all’incollaggio, tale rischio è definitivamente scongiurato. - Fine prima parte

Un’operaia prepara con la cera lo stampo di un Grand Soleil 54. La ceratura dello stampo è un lavoro molto costoso ma è garanzia di qualità perchè permette un facile distacco della stampata che, in questo modo, non subirà danni

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Speciale pubblicato il 10-3-2014© riproduzione riservata

Guida alla

Scuola di Vela 2014

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A marzo, on-line, la Guida alla Scuola di Vela.Per capire quale corso conviene frequentare, quale scuola è più adatta alle nostre esigenze SolovelaNet ha messo a punto una guida interattiva nel mondo delle scuole.La guida fa una panoramica dei diversi tipi di corsi e di scuole.

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