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1 www.solovela.net Collana “Omaggio a Manfred Marktel” articolo n° 2 © riproduzione riservata www.solovela.net Tornando a casa Omaggio a Manfred Marktel Pensieri e note di un solitario a bordo della sua barca nel viaggio di ritorno dai Caraibi di Manfred Marktel 2

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NVlavelanelwebSCollana “Omaggio a Manfred Marktel” articolo n° 2

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Tornando a casa

Omaggio a Manfred Marktel

Pensieri e note di un solitario a bordo della sua barca nel viaggio di ritorno dai Caraibidi Manfred Marktel

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In alto una spiaggia di St. Martin. Al centro il Maus attende la partenza. Di lato, è arrivato il giorno di lasciare i Caraibi, si parte per torna-re sulla costa est dell’oceano

Tutto l’anno abbiamo sognato a occhi aperti. Abbiamo sognato intensamente le vacanze, una bella veleggiata verso le isole raggiungi-bili nel breve periodo a nostra disposizione.

Abbiamo visto la nostra barca, sul mare piatto con lo spinnaker colorato, che avanzava dolcemente verso una rada ben protetta, dove potevamo festeggiare con gli amici, potevamo rilassarci e raccontare le nostre avventure di mare. Purtroppo il tempo passa veloce, sono iniziate le vacanze, passate le settima-ne, e già è arrivato il momento del rientro. È arrivato anche metà d’agosto, e chi va per mare lo sa bene, il tempo cambia, e dobbiamo osservare i bollettini per non incontrare lungo la rotta una di quelle famose burrasche estive che guasterebbero le belle settima-ne passate. In ogni modo, che il rientro sia breve o un po’ più lungo non importa: siamo tristi, perché tutto sembra finito e siamo ben consci che la quoti-dianità ci piomberà di nuovo addosso.Non è molto diverso per chi deve, o vuole rientrare da oltre oceano. I giorni, settimane o mesi sotto il sole, anche sotto i temporali tropicali stanno termi-nando, e ci chiediamo se avremo un’altra volta la possibilità di incontrare gli amici che restano, vedere ancora le palme con le noci di cocco pronte per essere gustate al momento, appena raccolte.

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La vigiliaDobbiamo lasciare le isole nella corrente, che già Hemingway descrisse nei suoi libri; dobbia-mo congedarci da chi ha la musica nel sangue e il ritmo nelle gambe. Sono momenti non meno diffi-cili di quelli vissuti da chi ha lasciato le nostre isole, per tornare al lavoro di sempre. Sono momenti che devono essere affrontati! Con meticolosità preparia-mo le barche. Dobbiamo controllare tutte le attrezza-ture, tanti pezzi si devono revisionare e ingrassare, perché, dopo essere salpati, sarà molto difficile - se non impossibile - fare qualsiasi riparazione. I negozi d’accessori saranno a più di 1000 miglia, e non raggiungibili per noi comuni navigatori. Lo sappiamo bene, si romperà quello che non era previsto, quello che non si poteva rompere, mentre un altro pezzo sul quale avevamo qualche dubbio supererà questa e diverse altre traversate. Si romperà certamente il pezzo per il quale non avevamo portato il ricambio necessario.Bene, ci prepariamo; e su tutte le barche che faranno la traversata, si osservano grandi movi-menti. S’imbarcano scatole e scatoloni, bottiglie d’acqua e bottiglie di rum caraibico. Tutti parlano, tutti programmano, ma nessuno vuole rivelare la data esatta di partenza; al momento giusto si parte e basta. Esistono però i segnali inconfondibili, ben particolari, che fanno presupporre quando l’amico lascerà l’ormeggio. Basta osservare con attenzio-ne i sacchetti della spesa! Arriva il giorno che si

In alto un carico di frutta fresca annuncia la partenza della barca di Omero Moretti degli Skip-per Oceanici. I navigatori non amano dire quando partiranno, ma il fatto di caricare grandi quantità di frutta fresca ne tradisce la prossima partenza. Sotto il Maus in navigazione

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vedono spuntare le banane, i meloni, i pomodori e altre verdure fresche. Questo sì che è un segnale inconfondibile: significa che la partenza, anche se non annunciata, è prossima; sarà in giornata o al massimo entro un giorno.Non per non far sapere quando parto, ma mi guardo bene dall’imbarcare troppe banane: sono ottime e non hanno somiglianza con quelle che si possono acquistare da noi; peccato che hanno il difetto di maturare insieme, tutte nello stesso momento, in genere entro cinque o sei giorni dall’acquisto. Infatti, quelli subito dopo la partenza sono i giorni che si mangia banane. Il primo come legume, il giorno seguente come frutta, e l’ultimo, prima che marciscano, un pasticcio di banane mescolato con rum.

Le banane e l’AliseoLa fine delle banane coincide normalmente anche con la fine dell’Aliseo, che per tutti questi primi giorni di traversata ci ha accompagnato; all’inizio con una componente portante, dopo al traverso e infine, con le brezze prima di esaurirsi del tutto. Con le banane, con l’aliseo e il caldo dei tropici, spari-sce anche l’ansia dell’ignoto, delle condizioni che si possono trovare lungo la rotta del nord Atlantico: là non ci sono ripari e bisogna affrontare quello che arriva; si diventa fatalisti e la vita si svolge di nuovo con una routine da impiegato di banca.Anche in questi momenti, la barca, nonostante che sia in navigazione, deve essere controllata tutti i giorni. I bollettini non si devono perdere, i fornelli devono essere attivati e il carteggio eseguito. Il poco tempo che rimane si dedica alla lettura, al giornale di bordo e al riposo tanto necessario per non accumu-lare stanchezza. Parlo da uomo e navigatore solita-rio, sulla barca non devo rendere conto a nessuno, non ho altre responsabilità che verso me stesso, ma non ho nessuno che fa la guardia per me. Mi affido al timone a vento: lui non consuma energia, non subisce il mal di mare, non si stanca e regge bene le fatiche continue. Il mio ufficiale di guardia è l’impian-to radar: è acceso quasi 24 ore su 24 e mi avverte in tempo utile della presenza di qualche cargo o barca, che incrocia la mia rotta. Così è la vita prima e dopo, quando finiscono le banane, quando svaniscono i ricordi di quelle isole meravigliose, quando la parte più impegnativa della traversata si presenta sulla via del rientro. Infatti, si entra nella zona dei venti varia-bili, che oltre alla loro variabilità - che a casa nostra vuol dire “calma piatta” - possono diventare delle vere burrasche. Una zona dove ci vuole pazienza e tanta fortuna per non dover fare giornate di motore

Le banane a bordo non durano più di qualche giorno e hanno il difetto di maturare tutte insieme. Quando le banane sono così ma-ture da non poter essere più magiate solitamente si è anche alla fine della zoan degli Alisei. In alto un tramonto oceanico. Al centro il timone a vento del Maus, essenziale per un solitario. Sopra, la calma dei primi giorni di navigazione verso est

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o estenuanti boline. Osserviamo innumerevoli volte al giorno le carte sinottiche, le basse pressioni che passano più a nord, ma a differenza della “Nuvola di Fantozzi”, loro sono troppo lontane perché ci regalino i venti portanti. Altrettanto dobbiamo fare attenzione a non rimanere troppo a sud ed entrare nell’alta pressione delle Azzorre, dove il vento non ci sarebbe del tutto. E’ necessario trovare il corri-doio giusto. Omero, mito come skipper professio-nista, diceva prima di partire: “ho l’impressione che quest’anno non sarà un anno buono, sarà un anno difficile per la traversata”. Lui lo deve sapere, intuendolo, visto che attraversa l’Atlantico due volte all’anno. I fatti fino a questo momento gli danno ragione, calme con venti variabili quasi sempre da nord o nord est, rallentano il progresso. Nonostante la differenza di percorso, noi navigatori transocea-nici soffriamo le stesse pene dei vacanzieri nostrani; anche qui incontriamo la calma piatta e tanti venti di prua. Per fortuna, in Atlantico i percorsi sono ben più lunghi che in Mediterraneo, e si accetta più volentieri di affrontare i bordi, che possono durare anche diverse giornate. Qui è sufficiente regolare le vele per seguire un’andatura confortevole, non dare troppa importanza alla velocità o all’angolo di bolina, scegliersi la cuccetta sotto vento e attende-re che la situazione migliori.La prima settimana l’ho passata con l’aliseo poi, come previsto, sono arrivati i “giorni delle banane”, venti variabili e molto deboli, e motore. Adesso sembra che in prossimità debbano passare diversi fronti e basse pressioni, e che abbia finalmen-te trovato il vento. Per pochi giorni soffieranno da nord est, ma con tendenza a ruotare per arrivare successivamente da sud o sud ovest. Potrò, in tal modo, navigare in tutta tranquillità, al lasco, verso le Azzorre che distano ancora 1300 miglia. Spero che con il cambiamento previsto anche le medie giorna-liere di 78, 80, 85 miglia, saranno un brutto ricordo e che apparteranno al passato.

Dolci mure a dritta, salate mure a sinistraL’ansia dell’avanzare così lentamente è passata, la gioia della navigazione è tornata, la prua solca e romba ora dopo ora, giorno dopo giorno su un mare azzurro cristallino. I delfini che fino a pochi giorni fa mi osservavano per pochi minuti e sempre

Il vento rinforza, la barca riprende vita e Manfred con lei. Il mare s’ingrossa con il vento che viene da nord, ma se ciò serve a far cammina-re la barca, va bene così.Sopra, Omero Moretti. Omero è uno skipper professionista che porta i suoi clienti attraverso l’Atlantico e in giro per i Caraibi. Omero traversa l’oceano due volte l’anno da molti, molti, anni

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in maniera sconsolata, hanno di nuovo trovato il piacere di gareggiare con la barca, hanno di nuovo trovato in lei un essere divertente, vivo e non un’a-natra che dondola sulla superficie liscia dell’oce-ano. Con l’arrivo del vento, tutta la vita a bordo è cambiata, diventando sì più scomoda ma più veloce, più bella e più faticosa, tutta accompagnata da una dieta più semplice. È proprio così, mentre la barca d’Omero - con quattro cabine doppie più quattro bagni, ma soprattutto con un cuoco di primo ordine - può essere paragonata a un albergo con un ristorante annesso, classificato nelle migliori guide culinarie con quattro stelle, la mia ricevereb-be una bocciatura secca. Già con tempi normali, non cucino volentieri, non preparo molto più di una pasta all’aglio, olio e peperoncino, o qualche scatola riscaldata con cibi pronti. Al momento, quando il tempo si fa più sostenuto, immergo il braccio in uno dei gavoni e ... si mangia quello che afferra la mano. Anche con questo sistema, in apparenza facile, non si mangia sempre quello che si desidera, visto che posso aprire, per la legge della gravità terrestre e per non far volare tutto il loro contenuto, solo i gavoni o gli stipetti che si trovano sotto vento. Per motivi di comune amministrazione, cioè d’inven-tario, ogni stipetto ha un contenuto merceologico ben preciso. Così, con mure a dritta, si presenta la necessità di dover mangiare per un certo periodo molta frutta sciroppata, legumi in scatola... mentre, dopo pochi giorni e con mure a sinistra, sogno quei sapori dolci, costretto a mangiare il tonno sott’olio, i crauti con carne di maiale, oppure polpette con salsa di peperoncino.Nonostante questa dieta per niente equilibrata, non sono mai arrivato denutrito e non ho mai smesso di navigare. Quando soffia e la barca viaggia come se fosse sulle montagne russe, qualsiasi cibo, caldo o freddo, salato o dolce, sembra una squisitezza e quasi non si sente il desiderio del pranzo a cinque portate. Il comandante che mangia è contento, e l’entusiasmo per il buon progresso va alle stelle e fa dimenticare la noncuranza culinaria.Sulla mia barca, pur ben rifornita di pentole e padelle, di bicchieri e piatti, tutto quello che normalmente utilizzo per cucinare e mangiare, è una padella, una pentola, una tazza e un bic- chiere. Capita così che, per la distrazione di non aver lavato il bicchiere, mi gusto un succo d’arancia al gusto di... Bevo e mangio con dei sapori strani, sapori normalmente non abbinabili tra loro. Avete mai provato un succo di frutta al gusto di caffè? Una tazza di tè con qualche residuo di spaghetti? Forse no; ma io sì, e vi assicuro che si sopravvive anche a questo.

Sopra, la cucina del Maus. In navigazione, Manfred racconta che quando il vento rinforza e il mare si muove, la sua cucina si fa frugale, un piatto di spaghetti aglio olio e peperoncio-no o qualche minestra in scatola accompagna-ta da tonno sott’olio

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L’Atlanticovi aspetta

Omaggio a Manfred Marktel

Il primo articolo scritto da MAnfred Marktel per Solovela racconta come preparare la barca e se stessi a una traversata in solitaria

di Manfred Marktel

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Per la collana “Omaggio a Marktel” è già uscito il racconto della prima traversata di Manfred. Cliccando sulla copertina qui di fianco si accede all’articolo

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La mia barca, il centro del mondoDurante una lunga traversata - se il viaggio dai Caraibi alle Azzorre si possa nominare così - esiste il tempo di pensare a molte cose, soprattutto quelle che ci circondano. La principale, il centro del nostro microcosmo, è la barca. Ho già parlato di lei, ma non ho mai espresso una mia profonda convinzio-ne a favore della mia e di tutte le barche metalliche. È vero, a tutti noi quando abbiamo la possibilità di dormire a bordo, ci raggiunge il sonno e difficilmente passiamo le ore con gli occhi spalancati pensando ai problemi lasciati sulla scrivania. Ma, e non vorrei essere un sostenitore irragionevole, se avete dormito su una barca metallica, il sonno è stato diverso. A questo proposito, provate ad accendere una qual-siasi piccola radio all’interno di una barca in vetro-resina, riceverete migliaia di emittenti senza che la barca, come d’altra parte anche la casa, vi protegga. Eseguite la stessa prova su una barca metallica, la vostra radio, se non munita d’antenna esterna, sarà quasi muta. Tutta la spazzatura elettromagnetica resterà all’esterno e non disturberà minimamente il vostro sonno meritato. Io mi sdraio, chiudo gli occhi, prendo sonno e mi sveglio al mattino molto riposa-to: sarà perché dormo in una gabbia di Faraday? Ho ragione se sostengo le barche metalliche, oltre che per la loro sicurezza? Passo così le mie giornate, il vento continua a soffiare da sud est, Omero è a 500 miglia alle mie spalle (non perché io sia veloce, lui è partito cinque giorni dopo di me!), le Azzorre sono a 600 miglia davanti alla prua, e io osservo attenta-mente le carte sinottiche ricevute da Boston tramite SSB e registrate sul mio computer, con un program-ma di demodulazione semplice e poco costoso. Posso cosi modificare la rotta e seguire la mia mini-strategia. Proprio adesso, ho visto che sulle Azzorre si espande un’alta pressione di ben 1033 millibar: dovrò seguire una rotta non diretta, ma leggermente più a nord. Per altri quattro giorni avrò una buona probabilità di trovare i venti dal traverso al lasco. Poi si vedrà, il tempo si evolve quotidianamente e ci penserò al momento opportuno. In questi giorni, prima con i venti da nord e adesso con quelli da est - sud est, le temperature si sono abbassate note-volmente. Due settimane fa, durante le ore notturne, potevo stare seduto comodamente nel pozzetto, ed

Manfred fa un buon esempio di quello che è la gabbia di Faraday. La barca di metallo costituisce la gabbia che scherma chi si trova al suo interno dai campi elettromagnetici che sono all’esterno.Il principio della gabbia di Faraday è molto usato an-che se noi non ce ne rendiamo conto. Ad esempio, molti palazzi si trovano all’interno di una gabbia di Faraday costruita da una serie di fettucce metalliche che corrono lungo tutta la costruzione. Questa li di-fende ai fulmini.Stesso dicasi per la barca. Quando un fulmine la col-pisce, la carica elettrica l’avvolge e poi si scarica in acqua, spesso che si trova all’interno dell’imbarca-zione non se ne accorge nemmeno

Wickipedia - gabbia di Faraday

Gabbia di Faraday

Prevedere cosa si rom-perà in barca è molto difficile e, solitamente, si rompe sem-pre quello che non si è pre-visto. In questo viaggio sul Maus l’unico danno di una certa consistenza sono stati i microfoni dell’SSB. Da prima quello dell’apparecchio e poi quello di rispetto. Alla fine Manfred ha risolto adattando allo scopo una cuffia con microfono

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ero vestito solo di pantaloncini e una T- shirt; adesso è ben diverso, l’aria è diventata umida, all’ester-no tutto è bagnato e ho dovuto cercare le felpe e i maglioni. In cuccetta è necessario coprirmi con due coperte per non sentire il freddo. Ma sono fortuna-to perché, salvo qualche scroscio, non ho ancora avuto delle giornate intere di pioggia. Le cerate sono ancora inutilizzate. Ho già parlato delle rotture. Mi è andato bene, ho sistemato quasi tutti i problemi con i mezzi di bordo. Subito dopo la partenza si è rotto l’inverter, lui preleva dalle batterie di bordo 12 V e le trasforma in 220. Sembra un attrezzo inutile, ma senza i 220 V non si caricano le batterie delle macchi-ne fotografiche, quella del PC e anche per farsi la barba si fa più fatica. Per fortuna avevo un secondo apparecchio, più potente, ma non ancora installato a bordo. Dopo qualche giorno, ha smesso di funzio-nare il microfono dell’impianto SSB. Si tratta di un particolare che soffre l’umidità, e si rompe spesso. L’esperienza consiglia di tenere sempre un ricambio a portata di mano. Poi si è rotto un cavetto coassiale che collega il computer con la radio, e senza quel collegamento addio ai bollettini. Avevo un ricambio ma - ... quando il diavolo ci mette le zampe - è andato in corto circuito anche quello. Ho potuto rimediare, sacrificando una cuffia-microfono, tagliando i suoi fili coassiali e saldandoli per avere le due prese in linea. Ho avuto fortuna, poteva andare peggio come due anni fa, quando a 500 miglia da Gibilterra si era spaccata la colonna che sostiene la ruota del timone. A quell’epoca erano guai molto seri.

Cosa farò domani?Adesso sono felice; meglio dire che sono felice-mente arrivato a Horta, senza particolari problemi. L’amico Omero, con la barca di 16 metri, arriverà domani e mi offrirà un pranzo come lo sa prepara-re solo lui. Ritengo che questa parte del rientro l’ho passata bene, il tempo è stato clemente e i fronti non hanno dato fastidio; anzi, mi hanno portato i venti giusti, né troppo forti e nemmeno troppo deboli, mi hanno risparmiato molte ore di motore e tanti litri di gasolio. Così, come gli amici di Genova, Civitavec-chia o Venezia, che tutte le domeniche vanno con le loro barche, anch’io ho fatto quattro bordi. Per la verità ne ho fatti esattamente sette in tutto. Certo le distanze tra uno e l’altro erano maggiori, ma questo vuol dire meno stressanti e stancanti! Che cosa farò adesso? Me lo domando da un bel po’ di tempo. Non ho intenzione di rientrare in Mediterraneo, le nostre coste sono troppo affollate, troppo poco vento e mai costante. Pen- so proprio di fare un altro bordo e riat-traversare l’equatore, verso sud.

12 articoli per Manfred MarktelDa dirigente di azienda si è trasformato in navi-gatore solitario. Ha navigato l’Atlantico in lungo e largo facendoci sognare con i suoi articoli su Solovela.

Una collana ne ricorda la sua capacità di fare, da uomo normale, cose eccezionali.

“ 12 articoli per Manfred” è un appuntamen-to da non perdere. I migliori articoli di Manfred Marktel raccolti in una collana che gli rende omaggio.

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SVN 21Il numero di febbraio - marzo è parti-colarmente ricco di articoli interessan-ti. Tra questi, unospeciale sugli incen-di a bordo dove si analizza il problema incendio in modo approfondito. U in-tervista a Giuseppe Carnevali, presi-dente della Navionics a quale abbia-mo chiesto se le carte nautiche sono affidabili e la sua risposta vi sorpren-derà. Poi ci siamo chiesti perchè due barche di grandezza simile possono avere prezzi molto diversi e abbiamo fatto un analisi approfondita di due 40 piedi, uno economico e uno di fascia alta.

Non sarà più visibile da luglio 2015

AnnuarioL’annuario di SVN raccolgie le schede di tutte le barche presenti sul mercato italiano oltre a una serie di articoli di mercato. Le barche sono divise tra mo-noscafi e multiscafi. La maggior parte delle barche hanno dei link a contenuti di approfondimento. Quest’anno, inl-tre, all’interno della pubblicazione si trova anche la classifica delel barche più cliccate del 2014 che da un idea a queli barche gli italiani si interessano di più

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