Uomo in mare - solovela.net · o scritto questo articolo diversi anni fa prima che il mio amico...

8
1 Uomo in mare di Gianfranco Malfatti Emergenze a bordo Può accadere in qualsiasi momento anche con mare calmo e in assenza di vento e ogni volta può essere un incidente che si risolve in pochi mi- nuti o, se preso con leggerezza, si può trasformare in una tragedia

Transcript of Uomo in mare - solovela.net · o scritto questo articolo diversi anni fa prima che il mio amico...

1

Uomoin mare

di Gianfranco Malfatti

Emergenze a bordo

Può accadere in qualsiasi momento anche con mare calmo e in assenza di vento e ogni volta può essere un incidente che si risolve in pochi mi-nuti o, se preso con leggerezza, si può trasformare in una tragedia

2

Ho scritto questo articolo diversi anni fa prima che il mio amico Massimo mo-risse in mare per colpa di uno skipper che non sapeva come recuperare un

uomo in mare. Oggi lo ripropongo su queste pa-gine, rivisto e completato con la storia di Massi-mo, nella speranza che possa servire a evitare altre storie simili.

Una volta, non molto tempo faLa barca plana che è un piacere, siamo tutti attenti alla manovra. Federico tiene in mano la scotta di randa, Giuseppe è al winch di dritta e Filippo a quello di sinistra, Giorgio è seduto sul pulpito di poppa a godersi questo stupendo bordo di lasco. A un certo punto un’onda più alta delle altre e la barca parte alla poggia, sbanda, si piega violenta, l’albero tocca l’acqua, Fede-rico prontamente molla la scotta di randa e la barca si raddrizza, da prima lentamente e poi di scatto. A una prima occhiata sembra che non sia accaduto nulla, le vele sono intatte, l’albe-ro è ancora su. Ma poi, qualcuno grida, “uomo a mare, uomo a mare, Giorgio è in acqua”. Mi giro e guardo dietro. E’ vero, Giorgio è laggiù che con calma muove le braccia per aiutarci ad individuarlo. Giorgio è il mio secondo da molti anni e sa quanto sia importante che si riesca ad agganciargli visivamente una vedetta, ovvero

un uomo che stando al pulpito di poppa gli metta gli occhi addosso e non lo molli più. Penso velo-cemente: è vestito e farà una fatica del diavolo a rimanere a galla. “Fuori il salvagente” grido, ma l’ordine è inutile, con la coda dell’occhio vedo Federico che già lo sta lanciando. Giuseppe, un nuovo acquisto fresco di scuola, cerca di fermarlo, “Il ferro di cavallo non è legato a nulla!” esclama, intendendo che il salvagente non è assicurato alla cimetta rossa regolamentare. “Va bene così - lo tranquillizzo - quando affittiamo una barca, prima di salpare, sciogliamo sempre la cimetta arancione dal salvagente; se non lo facessimo, in casi come questi, il ferro di cavallo avrebbe pochissime possi-bilità di arrivare a cinque metri dalla barca. Quelle cime di nylon sono fatte apposta per aggrovigliarsi e, per quanto puoi essere attento, quando lanci il ferro di cavallo ti si blocca a mezz’aria, trattenuto dalla cima che non si è sciolta a dovere”. Filippo, il prodiere, ha agganciato visivamente l’uomo e conti-nua a darmi le indicazioni “ore 5, 150 metri, ore 5, 180 metri”; il mare non è particolarmente formato, ma la testa di Giorgio scompare alla vista ogni volta che ci troviamo nel cavo dell’onda. Istintivamente

Uomo in mareNella maggior parte dei casi, l’uomo cade in mare in una situazione tranquilla, in assenza di mare e con poco vento, poi ci sono casi, come quello qui

riportato, in cui la situazione è diversa

3

vado all’orza e dò ordine di chiudere il genoa, nel contempo accendo il motore. Come vedo la vela di prua chiusa a metà, giro la barca e dirigo dritto verso la testa di Giorgio, che da buon marinaio, ha nuotato lentamente sino al salvagente e ora ci aspetta appoggiato a questo senza dar nessun segno di nervosismo. In effetti non c’è pericolo: la temperatura dell’acqua è buona, il vento non va oltre i quindici nodi e le onde sono ben gestibili. Chiedo che una cima lunga, la più lunga che c’è, sia filata a poppa. Arrivo all’altezza del mio compa-gno in acqua e lo supero. Anche in questo caso lui rimane tranquillo sa il perché di quel sorpasso. A due lunghezze dalla sua testa, giro di centottanta gradi e mi ritrovo con la prua su di lui e il vento in faccia. A quindici metri fermo l’elica e proseguo d’abbrivio. Rischio di arrivare lungo, così poco prima di arrivare, metto un po’ di retromarcia: la barca si ferma esattamente all’altezza di Giorgio e insieme a lei, l’elica del motore. Non c’è pericolo, la barca monta un S drive e l’elica è sotto a centro scafo, molto distante dalle gambe del mio amico. I ragazzi sono pronti sulla plancetta di poppa per dargli una mano, Federico ha allungato il mezzo marinaio telescopico e Giorgio lo ha afferrato. Ora è a bordo zuppo come un pulcino, ma con lo sguardo felice di chi pensa “anche questa è andata”. Giuseppe mi guarda e mi chiede il perché

Le reagateLa regata è una delle situazioni in cui le

probabilità di cadere in acqua aumentano considerevolmente

“SVN, la vela nel web” la prima rivista digitale interattiva nata in Italiaun edizione mensile sfogliabile + articoli settimanali interattivi

Speciale charterle mete e le barche di quest’estate. Gli indirizzi delle società di charter più importantisfogliabile

SVN - 3Fisco incredibileBavaria 40, tre mo-delli a confrontoLa Grecia da Meganisi a ZanteLa vela si divide a Genova

SVN - 2Dufour 335 GLSun Odyssey 509Carlo BorlenghiCoppa a NapoliTitanic

di quella che lui giudica una strana manovra. “A me hanno insegnato a mettermi al traverso non appena viene lanciato l’allarme, percorrere due lunghez-ze, abbattere e di nuovo virare quando traguardo l’uomo tra le sartie, per poi andarmi a fermare al suo fianco con il vento in prua e le vele che fileggiano.” “Si può fare anche questo - rispondo - quella che hai descritto è la manovra classica, quella da manuale. Come hai visto anche quella che abbiamo fatto ora ha funzionato perfettamente e abbiamo recupera-to Giorgio in meno di due minuti dal momento in cui è cascato in mare, con la manovra classica, ci sarebbero serviti almeno cinque minuti”. Giusep-pe è perplesso: “Ma, allora, quando devo usare la manovra da manuale, come la chiami tu?”

Come manuale comanda“Se il vento fosse stato più forte e le onde più grandi, probabilmente avrei optato per quella manovra, ma senza scordarmi di accendere il motore. Con il vento forte, tenere agganciato l’uomo visivamen-te è più difficile e la manovra da manuale, fatta con criterio, ti aiuta a tornare dritto sull’uomo, ma fin tanto che ho visibilità preferisco non perdere tempo, non mi piace lasciare la gente in acqua, quindi dò motore e corro a recuperare l’uomo che ho perso in mare.” “La cima, quella non l’ho proprio capita - incalza Giuseppe - perché hai fatto lanciare una cima a poppa?” Non mi scoraggio e continuo a spiegare:“Hai visto che quando ho sorpassato Giorgio e sono tornato indietro, la cima si è disposta a ferro di cavallo, e Giorgio si è trovato all’interno di questo. Se per qualsiasi motivo non fossi riuscito a prenderlo a bordo e la barca si fosse allontana-ta, Giorgio avrebbe potuto afferrare la cima e tirarsi a bordo senza dover aspettare che io compissi un altro giro. Piuttosto mi dirai che abbiamo dimentica-to una cosa nella frenesia di correre in suo soccor-so: il parabordo a fine cima. Se avessimo legato velocemente un parabordo al capo della cima prima di buttarla in acqua, questa si sarebbe stesa meglio e sarebbe affondata più lentamente quando abbiamo fermato la barca.”

L’incidente è sempre possibileL’esperienza di perdere un uomo in mare, è fortu-natamente cosa rara, ma non impossibile. Spesso ci si culla sulla convinzione che un incidente di questo tipo possa occorrere solo in condizioni di cattivo tempo o con la barca portata al limite delle sue possibilità. Ma come abbiamo visto dal racconto del nostro amico skipper, anche durante una normale veleggiata con quindici nodi di vento, un imprevisto è sempre possibile. Molte volte non serve neanche la strapoggiata o una straorzata

Sagola pericolosa

In questa fotografia si vede l’anulare con la classica cimetta arancione. Cosi’ legata la cimetta, logi-

camente, non serve a nulla, come a nulla serve il gancetto nero che la collega all’anulare

Spesso accade che le leggi e i regolamenti in fatto di sicurezza siano così malamente applicati che strumenti destinati ad alzare il livello di sicurezza, diventino motivo di pericolo. Questo è il caso della sagola arancione che è di corredo a tutti gli anulari e ferri di cavallo salvagenti che si trovano sulle barche. Il materiale con il quale è confezionata questa sagola è nylon, perchè la legge dice che deve essere di materiale galleggiante e il nylon lo è. Purtroppo però, questo materiale, specialmente se lavorato in modo sparta-no come lo sono le sagole dei salvagenti, è ingestibile. E’ difficile addugliarlo e una volta fatto su, quando lo si libera, si attorciglia su se stesso. Questo fa si che quando si va a lanciare il salvagente con la cimetta agganciata, il salvagente cada in acqua a pochi me-tri dalla barca perchè trattenuto dalla cimetta. Quindi, per ovvie ragioni di sicurezza, o si sostituisce la cimetta rossa con un rullo di buona qualità in grado di srotolare veloce-mente una cimetta di tessile che non sia nylon, o si tiene la cimetta arancione non agganciata all’anulare.

Su attrezzature come il rullo per la sagola dell’a-nulare è meglio non risparmiare. Se questo è

di scarsa qualità, fatto in materiale plastico, il risultato può essere non molto dissimile da quello della cimetta rossa di nylon. Non di-mentichiamo che questa attrezzatura, quan-do serve, significa che siamo nei guai.

Iscriviti alla newsletter di

5

statistichedalla relazione di fine anno della

Guardia Costiera Americana per il 2010

per far finire qualcuno in mare. Una distrazione, un pareo lasciato sulla tuga e l’uomo alla manovra che ci mette il piede sopra e il patatrac è fatto. La cosa peggiore in questo tipo di incidenti è che è facile farsi male e se il malcapitato mentre cade in acqua sbatte violentemente contro qualcosa, è possibile che perda i sensi e questo può aggravare di molto la situazione anche con mare non formato.Come sempre quello che conta in mare è la prevenzione. Lo skipper non solo deve prevenire la possibilità che l’incidente accada, assicurandosi che il ponte sia sempre sgombro da qualsiasi cosa possa provocare o facilitare uno scivolone di un membro dell’equipaggio, (creme da sole, parei di seta, cime non ben addugliate, vele non piegate e riposte) ma deve anche preparare la barca e l’equi-paggio a intervenire velocemente e con cognizio-ne di causa. Il problema dello skipper diportista è che nella maggior parte dei casi il suo equipag-gio è costituito da persone inesperte che è difficile trasformare in marinai nel poco tempo che sono a bordo.Tuttavia è necessario trasmettere agli ospiti/equi-paggio almeno le nozioni base per stare a bordo in sicurezza: mettere sempre le scarpe quando si lavora sul ponte, camminare flessi sulle ginocchia quando la barca è in navigazione, indossare la cintura di sicurezza quando si veleggia. Concetti semplici ma estremamente utili per evitare inciden-ti. Oltre a queste che sono le regole di base, va data qualche nozione sugli incidenti più gravi. Per quanto riguarda la possibilità che qualcuno cada in mare, bisogna che l’equipaggio sia cosciente che la cosa principale è non perdere di vista il malca-pitato, qualcuno deve individuarlo in mare e non perderlo mai di vista evitando di fare qualsiasi altra cosa se non guardare l’uomo in mare e comuni-care al timoniere dove questo si trova in relazione alla barca. La prima cosa è lanciargli un salvagente perché reggersi a galla quando si è vestiti è molto faticoso. Se riusciamo ad assicurarci queste due azioni fondamentali: una vedetta e un salvagente in acqua, in pochi secondi avremo la situazione sotto controllo e tutto andrà per il meglio.

La preparazione della barcaSe non si vuole che un banale incidente si trasfor-mi in una tragedia, bisogna che l’attrezzatura della barca sia pronta e in ordine. Come ci ha raccon-tato lo Skipper, la cimetta arancione che è legata alla ciambella, o ferro di cavallo salvagente, e che dovrebbe servire a riportare a bordo l’uomo una volta che questo ha afferrato l’anulare, in effetti non serve a nulla, anzi, è pericolosa. Questa è di nylon, di bassa qualità e tende, per quanto la si

26% degli incidenti che coinvolgono un uomo caduto in mare, avvengono su barche a vela

83% delle vittime di incidenti in mare, sono decedute per annegamento

88% dei morti per annegamento non indossava-no giubbotti di salvataggio

9% degli incidenti mortali sono avvenuti con skipper che avevano fatto specifici corsi sulla sicurezza in mare

degli incidenti sono avvenuti in condizioni meteo favorevoli o molto favorevoli 92%

La vedettaUna delle prime cose da fare in caso di uomo a mare, è

mettere una persona di vedetta che agganci visivamente l’uomo e non lo lasci più. Come si vede in questa fotogra-

fia, vedere un uomo in mare in assenza di onda e a distan-za ravvicinata non è facile. Basta un’onda di 40 centimetri

per rendere l’avvistamento molto difficile

6

possa preparare con cura, ad attorcigliarsi e non permettere al salvagente di raggiungere il proprio obbiettivo. Se l’imbarcazione sulla quale ci si trova è di proprietà, sarà bene modificare l’attrezzatura e posizionare a poppa, agganciato al pulpito, un rullo che possa girare molto velocemente con avvolti cento metri di cimetta di buona qualità, cimetta che sarà legata al salvagente. In questo modo quando l’anulare, o il ferro di cavallo, saranno lancia-ti, la cima si srotolerà facilmente determinando il successo del nostro lancio. Nel caso in cui, invece, la barca sia un’unità presa a noleggio, lo skipper dovrà provvedere a liberare il salvagente dalla cimetta arancione. È meglio un salvagente senza cima che arriva a destinazione che un’attrezzatura regolamentare che cade ad un metro dalla poppa.

Il segnalatore luminosoImportante è la boetta luminosa, nel caso l’inci-dente avvenga di notte. Pensare a tutte queste cose quando si parte con gli amici, con una gior-nata stupenda e la meta a poche ore, è difficile; ma si ricordi che quando si presenterà la necessi-tà di avere queste attrezzature pronte, non ci sarà tempo, i secondi saranno preziosi. Quindi la boetta va controllata in porto. Bisogna accertarsi che le batterie che contiene siano cariche e la lampada efficiente.

Che manovra fareNel breve racconto iniziale abbiamo visto una manovra tra quelle possibili per recuperare l’uomo in mare e, grazie a Giuseppe, ne abbiamo letto la descrizione di una seconda. Questo significa che ci sono più tipi di manovre, dire quale sia quella giusta in senso assoluto, non è possibile. Lo skipper deve decidere quale manovra fare in base alla situazio-ne che gli si presenta davanti, a quante persone esperte ha a bordo, allo stato psicologico di chi è caduto in acqua, alle sue condizioni fisiche e alle

Sagola pericolosa

L’uomo in mare pone due problemi. Il primo è raggiungerlo, il se-condo è recuperarlo. Se il mare è calmo e l’uomo è cosciente, tutto è molto semplice, l’uomo sale a bordo dalla scaletta di poppa. Se, invece, il mare è mosso, salire da poppa potrebbe essere pericoloso perchè la barca sbatte violentemente sull’acqua, il problema diven-ta ancora più complesso, se l’uomo è in stato d’incoscienza. Diver-si sono i sistemi che si possono utilizzare per riportare a bordo un uomo, in queste fotografie ne vediamo alcuni. Uno dei sistemi più consigliati è quello di armare un telo, che potrebbe essere una piccola vela, una tormentina ad esempio, con la base assicurata alla falchetta o, in mancanza di questa, a un tientibene, e una sartia e la penna alla drizza di randa, la vela viene fatta scendere in acqua, l’uomo scivola nel sacco formato dalla vela e con la drizza di randa viene tirato su. Per quanto possa sempre semplice, anche questo sistema presenta delle complicazioni. Una volta issato, l’uomo, se svenuto, deve essere fatto passare sopra le draglie e se il mare è mosso, questo non sarà semplice. Inoltre, con mare mosso e la barca che rolla, l’uomo verrà sbattuto diverse volte contro lo scafo. Un mezzo più facile da usare è la cinta imbottita. Si tratta di una cintura, tipo quella che usano gli

elicotteristi per alare le persone a bordo (la vedete ritratta qui di lato). Questa viene fatta passare sotto le ascelle del mal-capitato e quindi issata a bordo con

una drizza: questo sistema permette di sollevare l’uomo sopra le draglie e

trasportarlo direttamente sul ponte. In entrambi i casi, se l’uomo è svenuto, ci sarà

bisogno che un membro dell’equipaggio scenda in acqua.

Eric TabarlyUno dei più grandi navigatori francesi

scompare all’età di 67 anni, in Atlantico, il 13 giugno del 1988 dopo essere caduto dalla

barca in navigazione

Un uomo viene recuperato con una speciale cintura assicurata alla drizza della randa

7

condizioni meteo. In generale, il modo più rapido di riportare a bordo l’uomo caduto in mare è quello di ammainare il genoa e la randa, e procedere a motore. Il recupero si può fare con la prua contro-vento, ma si rischia che questa, presa dal vento, si allontani dall’uomo, o con la poppa controvento, arrivando sull’uomo di retromarcia, facendo molta attenzione alle botte che dà la poppa sull’acqua. Questo sistema evita che la barca possa essere presa dal vento, ma non può essere utilizzato se c’è onda formata, perchè la poppa, con i suoi movimenti violenti costituirebbe un pericolo. In alternativa, si può arrivare sull’uomo da sopraven-to, metodo che, però, potrebbe rendere complica-to issare l’uomo a bordo specialmente se questo è privo di sensi.

L’uomo non è coscienteIl caso più drammatico di un uomo che cade in mare, è quando questi a causa di un urto, perde-conoscenza. Se la persona non ha il giubbotto di salvataggio è necessario che un membro dell’equi-paggio, dotato di giubbotto o di anulare, si butti in acqua per sostenere il compagno in attesa dell’ar-rivo della barca. In nessun caso deve essere lo skipper a gettarsi.Una volta accostato l’uomo, riportarlo a bordo, quando questi è in stato di incoscienza, non è facile, specialmente se non si ha la plancetta di poppa. I sistemi più pratici sono: gettare veloce-mente il tender in acqua e spingervi l’uomo dentro, dove sarà rianimato. Utilizzare una drizza alla quale verrà agganciata una cima che si è fatta passare sotto le ascelle del malcapitato, ma l’ideale è avere a bordo una cintura da recupero, questa una volta passata intorno all’uomo viene agganciata a una drizza con la quale si può sollevare la vittima dell’incidente sino a riportarla a bordo.

Quando il tempo è cattivoSe il mare è molto grosso, la situazione può facil-mente diventare drammatica. Nel caso l’uomo sia cosciente è bene che sia lui a tirarsi sotto bordo per mezzo di una cima che gli verrà lanciata quando è in prossimità della barca. Si consideri che con onda formata, la barca ferma tenderà a dare colpi violenti con la poppa sulla superficie dell’acqua e questo rende necessario, una volta portato l’uomo sotto bordo, un recupero molto veloce. Nel caso l’uomo non sia cosciente necessariamente, qual-cuno ben legato, deve scendere in acqua per assi-curarsi che il malcapitato non urti contro lo scafo. In questo caso la prima cosa da fare è legare saldamente anche la vittima dell’incidente in modo che sia sempre assicurato alla barca.

Rilevatori MOB

Come abbiamo detto in questo articolo, una delle prime cose da fare in caso di uomo in mare, è mettere una vedetta che continui a fissare l’uomo e comunicarne la posizione allo skipper. Se quando il mare è piatto non è facile individuare dove si trova la testa di un uomo caduto in acqua, quando c’è mare l’operazione diventa molto difficile, specilmente se l’uomo non ha il giubbotto salva-gente. Per ovviare a questo problema, che è uno dei motivi che allungano molto la manovra di recupero, ci sono diversi sistemi di rilevamento. Questi nascono per scopi mercantili, succesivamen-te adattati all’utilizzo su barche da diporto. I rilevatori, qui sopra ne vedete alcuni, normalmente si attivano quando l’uomo che li indossa cade in acqua e si allontana dalla barca. Ci sono sistemi che emettono segnali ricevibili solo dall’unità che ha la centralina a bordo, e altri, più sofisticati, che inviano un segnale vhf con co-ordinate gps a tutte le unità che navigano nel suo raggio di azione.Alcuni sono interfacciabili con il map-navigator di bordo, quindi permettono di vedere la posizione dell’uomo sullo schermo. I ri-levatori sono strumenti costosi e poco pratici durante le vacanze estive. Difficilmente l’equipaggio della crociera estiva terrà il rile-vatore con sè per tutto il tempo, cosa che rende inutile la spesa. Tuttavia, tenerne a bordo due o tre di questi apparecchi da usare in navigazioni impegnative per i membri dell’equipaggio che fanno turni in pozzetto è altamente consigliabile. Specialmente nei turni di notte, il pericolo che qualcuno cada in mare senza che nessuno se ne accorga, è reale.

Iscriviti alla newsletter di

Life Tag della RaymarineSI veste sul braccio e entra in funzione quando si

schiaccia il pulsante centrale . Lo strumento comu-nica con una stazione di bordo

Life Tag

8

Massimo è un culturista, gli piace fare sport: palestra, sci, un po’ di corsa, tutto, meno che

nuotare, non ha mai imparato. Da poco ha iniziato ad andare in barca ed è sempre in compagnia di uno skipper di esperienza che pazientemente gli insegna l’arte di comandare una barca. Ma un gior-no il suo skipper non c’è e lui vuole uscire in barca ugualmente, lo invitano un gruppo di amici, belle ragazze, compagnia allegra, non ci pensa un at-timo e sale a bordo della barca presa a nolo. Lo skipper è una sua conoscenza, un tipo simpatico di quelli che piacciono alle ragazze.Escono dal porto, la giornata è molto tranquilla, c’è pochissimo vento e lo skipper decide di non alzare le vele, sarebbero inutili. Massimo va a prua a re-cuperare i parabordi per riporli nel gavone del poz-zetto, uno di questi gli scivola di mano, lui si sporge oltre la battagliola per cercare di riprenderlo al volo, ma scivola e cade in mare. Nell’urto batte la testa. La barca gli sfila vicino a bassissima velocità, ma lo skipper non fa nulla per fermarla e permettere a Massimo di risalire a bordo. La barca si allontana, un po’ per scherzo un po’ per rigidità mentale, lo skipper ha deciso che farà la manovra da manua-le, quella che lo riporterà con la prua contro vento al fianco dell’uomo caduto in mare, manovra che solitamente si fa con le vele, ma lui trascura il par-ticolare. Massimo si tiene a galla agitandosi, non ha il giubbotto salvagente. Fatica molto, grida di andare a prenderlo, agita le mani, vede la barca molto lontano e ha paura, si sente perso, sa che non potrà resistere per molto, per lui che non sa nuotare, reggersi a galla è molto faticoso.Lo skipper sembra non avere fretta, mentre si al-lontana e lentamente gira per tornare indietro, con-tinua a scherzare con le ragazze e a prendere in giro Massimo che è caduto in mare. Alla fine torna vicino a Massimo, ma questi è riverso con la testa in acqua, a quel punto con una veloce manovra di retromarcia la barca si affianca, trascinano il corpo sulla barca, cercano di rianimarlo, ma non c’è più nulla da fare, Massimo è morto di paura e di fatica per colpa di qualcuno che portava una barca come si porta una macchina. Lo skipper è stato incrimi-nato e processato, ma Massimo ormai in barca non ci tornerà più.

La storia di Massimo

Recupero al voloIn regata l’uomo che cade in mare durante un manovra, non è una cosa insolita. Nelle prime due fotografie in alto, vediamo

un recupero volante fatto a forza di braccia e un altro a barca ferma. Qui sopra una situaizone meno fortunata, nessuno si è

accorto dlel’uomo caduto

La maggioranza degli incidenti gravi derivanti dalla caduta in mare di un membro dell’equipaggio, avvengono in condizioni meteo ottimali