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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II OVVERO PARLANDO E RIPARLANDO DI SCIENZA DALLA NATURA AI MATERIALI 9 di Luigi Nicolais HOMO FABER: LE PRIME TECNOLOGIE E I LORO MATERIALI 11 di Marco Pacciarelli VERSO I MATERIALI BIO-LOGICI 13 di Giuseppe Mensitieri e Paolo Antonio Netti LA STORIA DELLA CARTA 15 di Paolo De Luca e Bruno Menale I MATERIALI NELLA VITA E NELLO SVILUPPO DI OGNI CIVILTÀ UMANA 18 di Claudio De Rosa ETANOLO E PREZZI DEI CEREALI 20 di Antonio Acconcia

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II OVVERO

PARLANDO E RIPARLANDO DI SCIENZA

DALLA NATURA AI MATERIALI 9di Luigi Nicolais

HOMO FABER: LE PRIME TECNOLOGIE E I LORO MATERIALI 11di Marco Pacciarelli

VERSO I MATERIALI BIO-LOGICI 13di Giuseppe Mensitieri e Paolo Antonio Netti

LA STORIA DELLA CARTA 15di Paolo De Luca e Bruno Menale

I MATERIALI NELLA VITA E NELLO SVILUPPO DI OGNI CIVILTÀ UMANA 18di Claudio De Rosa

ETANOLO E PREZZI DEI CEREALI 20di Antonio Acconcia

L’organizzazione strutturale presente nei materiali naturali ha permesso lo sviluppo di una nuova

branca della scienza che consente di progettare e costruire non più solo su

scala macroscopica, ma anche su quella micro e nanoscopica, materiali

artificiali ad alta prestazione.

Gli articoli degli incontri si trovano all’indirizzo

www.comeallacorte.unina.it

Luigi Nicolais

Luigi Nicolais, ingegnere chimico, si è laureato all'Università Federico

II di Napoli. Professore ordinario di tecnologia dei polimeri e di

scienza e tecnologia dei materiali nella stessa Università, è stato

direttore del dipartimento di Ingegneria dei materiali e della

produzione, presidente del corso di laurea in Ingegneria dei materiali

e coordinatore del dottorato di ricerca in Biomateriali, membro del

Senato Accademico e presidente del Polo delle Scienze e delle

Tecnologie.

Dal 1981 al 2003 è stato professore affiliato al Dipartimento di Ingegneria Chimica presso la University of

Washington - Seattle, WA (USA) e dal 1986 al 2004 professore aggiunto all'Institute of Materials Science

della University of Connecticut di Storrs, CT (USA).

È stato fondatore e direttore dell'Istituto per i materiali compositi e biomedici del CNR. Ha fondato e

presieduto il Distretto tecnologico sull'Ingegneria dei Materiali polimerici e compositi e Strutture - IMAST

Scarl.

Ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali tra i quali quello della Society for the

Advancement of Materials and Process Engineering, SAMPE, "per il servizio reso alla conoscenza ed allo

sviluppo dei materiali compositi ed il loro uso".Nel 2000 è stato nominato fellow presso l'AIMBE, American

institute for Medical and Biomedical Engineering e fellow del BSE, Biomaterials Science and Engineering;

nello stesso anno, ha ricevuto il George Winter award dell'ESB, European Society for Biomaterials.

È tra gli scienziati italiani maggiormente citati al mondo (www.isihighlycited.com), avendo scritto 7 libri,

400 pubblicazioni su riviste internazionali e realizzato 25 brevetti.

È stato membro del Comitato scientifico di numerose istituzioni tra le quali Federchimica, Confindustria,

Alenia, Swedish institute of composites ed ENEA.

È membro di numerose società professionali nazionali e internazionali; per citarne solo alcune: l'American

Chemical Society, la British Society of Rheology, l'American Institute of Chemical Engineering, la Società

Italiana di Biomateriali, la Società Chimica Italiana.

È stato Assessore dell'Università e della Ricerca Scientifica, Innovazione Tecnologica e Nuova Economia,

presso la Regione Campania, dal 2000 al 2005.

È stato Presidente di Città della Scienza a Napoli e dell'Agenzia Regionale per le Tecnologie e

l'Innovazione presso la Regione Puglia.

Nel 2005 è stato insignito dell'onorificenza di Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica

Italiana, in quanto componente del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica, del quale fanno parte i

ricercatori italiani più citati al mondo.

Nel maggio 2006, nel secondo governo Prodi, è stato nominato Ministro per le Riforme e le innovazioni

nella Pubblica Amministrazione.

Nell’aprile 2008, XVI legislatura, viene eletto deputato alla Camera dei Deputati.

COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dalla natura ai materiali

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DALLA NATURA AI MATERIALI

Luigi Nicolais

Professore di Tecnologia dei polimeri e di Scienza e tecnologia dei materiali Università degli Studi di Napoli Federico II

La rapida evoluzione del mondo

produttivo e tecnologico unita alle sempre

maggiori esigenze del mercato hanno catalizzato

una profonda innovazione e concezione dei

materiali. L’evoluzione è passata dai materiali

bulk, ovvero quelli immediatamente disponibili e

adattabili alla specifica richiesta, ai materiali

funzionali ingegnerizzati per la specifica

applicazione. Oggi i nuovi materiali vengono

progettati su misura e presentano gradi di

complessità e funzionalità da poterli definire

‘quasi organici’.

La realizzazione di materiali intelligenti e

multifunzionali necessita di un paradigma

filosofico. Domandarsi ‘come progetta la

natura?‘, ovvero come l’evoluzione naturale ha

permesso la realizzazione di materiali biologici

con prestazioni specifiche spesso straordinarie a

cui i materiali sintetici devono tendere, è

sicuramente la migliore strategia per stabilire

questo approccio. Infatti, seguendo questo

paradigma si possono raggiungere traguardi

significativi nell’ingegneria dei materiali. La

natura procedendo in modo lento ma

estremamente efficiente, secondo una procedura

di successive approssimazioni implicita

nell’evoluzione biologica, ha ottimizzato la

microstruttura di ogni tessuto sulla base della

specifica funzione fisiologica ottenendo, così, dei

materiali con prestazioni straordinarie che

costituiscono l’invidia della moderna ingegneria

dei materiali. La realizzazione di materiali

sintetici non può seguire direttamente le regole

dell’evoluzione naturale dalla microstruttura alla

funzione, ma occorre seguire un processo di

decodifica a posteriori. Primo, occorre

comprendere come le proprietà dei materiali

biologici (principalmente meccaniche e fisiche)

permettono la loro funzione fisiologica. Secondo,

occorre comprendere la microstruttura

necessaria per ottenere le proprietà desiderate.

Solamente quando questi due passi

fondamentali sono stati eseguiti si può iniziare la

reale progettazione del materiale sintetico per

un'eventuale sostituzione, ovvero la ricerca delle

tecnologie possibili per ottenere il materiale che,

avendo la giusta microstruttura, ha le proprietà

desiderate e idonee per l’applicazione specifica.

Nella storia dell’uomo la natura ha

sempre costituito un’inesauribile fonte di

ispirazione per il progetto di manufatti e

dispositivi. Oggi più che mai le conoscenze

acquisite nell’ambito delle scienze biologiche

offrono nuove e concrete possibilità di esplorare

e comprendere nel dettaglio le logiche e i

principi su cui si basa la progettazione della

natura, grazie anche alle straordinarie conquiste

tecnologiche che consentono indagini a livello

molecolare e che permettono di conoscere ogni

giorno più profondamente la complessità su cui

si fonda il successo evolutivo di ogni specie

vivente. La comprensione dei linguaggi

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dalla natura ai materiali

attraverso i quali avvengono gli scambi di

informazioni, dei processi e delle logiche che

consentono alla natura di realizzare e mantenere

in vita i suoi sistemi, offre alla scienza dei

materiali nuovi ed efficaci strumenti progettuali.

In questo intervento, verranno presentati

esempi di questo approccio bionico per la

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realizzazione di materiali funzionali con

struttura e proprietà ottimizzate inspirandosi a

materiali biologici. Inoltre verranno presentati i

nuovi approcci biomimetici tesi all’integrazione di

logiche molecolari biologiche in materiali sintetici

per la realizzazione di materiali capaci di

comunicare e interagire con il mondo biologico.

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HOMO FABER: LE PRIME TECNOLOGIE E I LORO MATERIALI

Marco Pacciarelli

Professore di Preistoria e protostoriaUniversità degli Studi di Napoli Federico II

Cos’è l’intelligenza? A questa domanda

sono venute le risposte più diverse, a volte

sorprendenti. Henri Bergson nel 1907 l’ha

definita come ‘la facoltà di fabbricare oggetti

artificiali, in particolare utensili per fare altri

utensili, e di variarne indefinitamente la

fabbricazione’. In accordo con tale concetto, egli

affermò che il nome migliore per la nostra specie

sarebbe stato quello di Homo faber, non sapiens.

Questa, che potrebbe apparire solo come

una provocazione intellettuale, è invece

un’interessante intuizione se ci si pone in

un’ottica evolutiva. Bergson conosceva

certamente gli sviluppi dell’archeologia

preistorica. Già alla fine dell’800 era ben noto

che le comunità di cacciatori-raccoglitori del

paleolitico ben prima di 12.000 anni fa

conoscevano sofisticate tecniche di scheggiatura

della pietra, volte a ottenere strumenti taglienti.

Strumenti ottenuti non con scheggiature casuali,

ma in base a un preciso progetto – che può ben

essere definito ‘intelligente’ – il quale

comportava spesso un lungo e complesso lavoro

di preparazione prima di ottenere l’utensile della

forma richiesta. Ma Bergson non poteva sapere

che le ricerche hanno in seguito documentato un

chiaro rapporto tra l’emergere della prima

tecnologia e lo sviluppo dell’encefalizzazione,

ovvero del processo di aumento delle dimensioni

e delle funzioni cerebrali. I primi passi di questo

sviluppo si colgono 2,5 milioni di anni fa, quando

in Africa iniziano ad evolversi le specie più

arcaiche del genere Homo, la cui capacità

cranica è già sensibilmente superiore a quella

dei primati più evoluti, come gli scimpanzé.

L’apparizione precisamente nella stessa

epoca dei primi strumenti di pietra scheggiata

dimostra che l’evolversi delle facoltà cerebrali ha

proceduto di pari passo con l’affermarsi della

lavorazione della pietra. Alla quale si sono certo

ben presto affiancati altri materiali reperibili in

natura, come il legno, l’osso, la pelle. Un’altra

acquisizione fondamentale (antica alcune

centinaia di migliaia di anni) è stata

naturalmente quella del fuoco, con cui l’uomo ha

moltiplicato la sua capacità di sostentarsi

(cuocendo i cibi), difendersi, e modificare

l’ambiente (potendo riscaldare i suoi luoghi di

sosta). Proprio l’uso del fuoco, a partire da circa

9.000 anni fa, ha consentito un ulteriore salto

tecnologico: la creazione di ciò che il grande

archeologo preistorico Gordon Childe chiamò ‘il

primo materiale artificiale’, ovvero la ceramica.

Non è un caso che i primi vasi in terracotta

vengano prodotti in corrispondenza della

rivoluzione neolitica (altro concetto di Childe),

con la quale l’uomo inizia il primo vero e proprio

controllo dei processi naturali, attraverso

l’agricoltura e l’allevamento, e con esso la vita

stanziale.

Da questo grande rivolgimento ebbero

origine tutti gli sviluppi successivi, dalla

metallurgia, alla nascita delle città e delle

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società complesse, in ultimo fino alla rivoluzione

industriale. Le lontane premesse di quest’ultima

coincidono dunque con la prima fabbricazione

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della ceramica, materiale umile e fragile ma al

quale perfino nell’incipiente era delle

nanotecnologie non sappiamo ancora rinunciare.

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VERSO I MATERIALI BIO-LOGICI

Giuseppe Mensitieri

Professore di Scienze e tecnologie dei materiali Università degli Studi di Napoli Federico II

Paolo Antonio Netti

Professore di Scienze e tecnologie dei materiali Università degli Studi di Napoli Federico II

I nuovi materiali stanno evolvendo verso

materiali ‘quasi organici’, caratterizzati da una

crescente funzionalità e da una sempre

maggiore complessità derivante dall’esigenza di

integrare funzioni e capacità di gestire

informazioni. Un possibile modello di sviluppo da

perseguire a tale scopo è quello di mutuare

logiche e meccanismi tipici dei sistemi biologici.

In altri termini si cerca di tradurre in termini

tecnologici i processi che in natura portano al

successo evolutivo dei tessuti biologici a partire

dalla loro strutturazione molecolare. Questo

approccio sta portando ad una nuova tecno-

scienza che vede la convergenza di discipline

quali le bioscienze, le nanotecnologie, la

tecnologia dell’informazione e le scienze

cognitive. per lo sviluppo di una nuova classe i

materiali che potremmo definire bio-logici.

La realizzazione di strutture e dispositivi

con specifiche funzionalità in passato è sempre

stata condizionata dalle caratteristiche dei

materiali disponibili. In altri termini la

progettazione avveniva ‘con’ i materiali.

L’evoluzione dell’ingegneria dei materiali ha

consentito, più di recente, di progettare i

materiali per la specifica funzione, strutturale o

meno, a cui erano destinati. Un esempio

notevole è quello dell’ingegneria dei materiali

compositi, le cui proprietà meccaniche e

funzionali possono essere profondamente

cambiate, sia qualitativamente che

quantitativamente, variando orientazione,

tipologia ed ammontare del rinforzo, fornendo al

progettista dei ‘gradi di libertà’ non accessibili

prima. Questa possibilità di ‘progettazione’ del

materiale ha consentito di ottimizzarne le

proprietà solo per le specifiche finalità previste

dalla sua utilizzazione.

Tuttavia, la richiesta di prestazioni

sempre più avanzate in tutti campi

dell’ingegneria, da quella strutturale a quella

elettronica, dalla meccanica alla biomedica, ha

favorito l’introduzione di un approccio diverso e

più efficiente, che guarda alla natura come fonte

ispiratrice di questa nuova ‘filosofia’ progettuale.

Un aspetto chiave è quello di mettere a punto

materiali in grado di interagire ed adattarsi

all’ambiente in cui sono chiamati ad operare,

integrando in esso funzioni sempre più

complesse, ad esempio mutuando la logica

progettuale che guida la genesi dei materiali in

natura. Infatti, l’evoluzione delle specie viventi è

sostanzialmente basata sulla capacità dei

materiali biologici di autoripararsi, di adattarsi,

evolvendosi, agli stimoli esterni e di ottimizzare

la struttura in funzione dell’utilizzo specifico. In

altri termini, questo approccio ‘bomimetico’ ha

portato all’integrazione di capacità sensoriali e di

attuazione nei materiali per consentire loro di

adattarsi agli stimoli esterni. Esempi di tale

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dalla natura ai materiali

logica progettuale sono già presenti nei nuovi

materiali attuatori, autoriparanti e con capacità

di interazione con ambienti biologici.

I materiali ‘attuatori’ adattano le proprie

prestazioni all’azione di stimoli esterni. I

cosiddetti materiali elettro- e magneto-elastici

sono in grado di modulare le proprietà

meccaniche sotto l’azione di un campo elettrico

o magnetico esterno e trovano, tra le altre,

applicazione come attenuatori di onde sismiche.

Altri esempi sono i ‘gel polimerici’, in grado di

variare il proprio volume in funzione della

temperatura o delle condizioni micro ambientali

e sono utilizzati nella realizzazione di muscoli

artificiali o nel rilascio controllato di farmaci, o,

anche, i materiali fotosensibili per lenti

fotocromatiche, in grado di modulare le

proprietà di filtro ottico in funzione del livello

di radiazione UV incidente.

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I materiali autoriparanti sono in grado di

ripristinare in modo autonomo la propria

efficienza meccanica. Un esempio sono i

materiali compositi contenenti microcapsule,

inglobanti principi attivi autoriparanti: quando

nel materiale si propaga un crack, questo

processo determina la rottura delle capsule con

la fuoriuscita di una resina in grado di

polimerizzarsi rapidamente, riparando così la

matrice laddove si è verificato il danno.

Infine, i materiali in grado di interagire

con un ambiente biologico possono ‘scambiare

informazioni’ con cellule e tessuti e indirizzare

specifici processi biologici. Essi guidano e

stimolano adesione, migrazione, crescita e

differenziazione cellulare trovando applicazione

nella medicina rigenerativa, in dispositivi

diagnostici extracorporei e nella diagnosi

precoce per immagini di tumori.

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LA STORIA DELLA CARTA

Paolo De Luca

Professore di Botanica Generale Università degli Studi di Napoli Federico II

Bruno Menale

Ricercatore di Botanica Sistematica Università degli Studi di Napoli Federico II

La carta è da secoli supporto

indispensabile alla scrittura; è stata, però,

‘inventata’ molto tempo dopo rispetto a questa.

Prima della sua comparsa, l’uomo ha utilizzato

svariati supporti per scrivere; costituiscono

esempi in tal senso le tavolette d’argilla su cui i

Sumeri incidevano simboli e figure e i fogli di

papiro che gli Egiziani realizzavano disponendo

l’uno sopra l’altro due strati di strisce ricavate

dal midollo della pianta omonima, orientati

perpendicolarmente tra loro.

Gli Egiziani producevano grandi quantità

di fogli di papiro, che venivano anche esportati

in altri paesi mediterranei; i costi, però, erano

esorbitanti e quindi la cultura costituiva

un’esclusiva dei ricchi. I fogli di papiro furono

quindi usati anche da Greci e Romani; è

simpatico ricordare che gli studenti dell’antica

Roma adoperavano, per alfabetizzarsi, tavolette

in legno ricoperte di cera. Quando il re d’Egitto

Tolomeo V Epifane proibì l’esportazione del

papiro, come supporto scrittorio si iniziò ad

usare la pergamena che, secondo Plinio il

Vecchio, apparve nel II secolo a.C. ai tempi di

Eumene II, sovrano di Pergamo, città dell’Asia

minore. Ricavata dalla lavorazione della pelle di

vari animali, tra cui pecora e capra, la

pergamena iniziò a diffondersi ampiamente dal

III secolo d.C.; più resistente del papiro e

utilizzabile da entrambi i lati, fu in Europa, fino

all’introduzione della carta, un diffuso supporto

per la scrittura.

Secondo la tradizione, fu Ts’ai Lun, un

funzionario dell’imperatore cinese, a creare nel

105 d.C. i primi fogli di carta; ad ogni modo,

alcuni ritrovamenti archeologici proverebbero

che la carta era adoperata in Cina già due secoli

prima. Da allora, per realizzare questo

importante supporto per la scrittura, è sempre

stato utilizzato materiale vegetale, caratterizzato

dalla presenza di cellulosa, polisaccaride

localizzato nelle pareti delle cellule delle piante.

I Cinesi realizzavano tali fogli

adoperando stracci, vecchie reti da pesca e fibre

ricavate da diverse piante, tra cui canapa, gelso

e bambù; oltre che per scrivere, usavano la

carta per adornare dimore ed edifici religiosi,

avvolgere oggetti e realizzare vestiti, ventagli e

cappelli.

Fino all’VIII secolo d.C., la carta veniva

realizzata solo in Cina e nei paesi asiatici ove in

monaci buddisti avevano diffuso le tecniche

relative alla sua fabbricazione. Nel 751, gli Arabi

sottomisero Samarcanda, centro sino ad allora

sotto l’influenza dell’impero cinese, catturando

tra l’altro alcuni cartai; questi ultimi svelarono i

segreti concernenti la realizzazione del prezioso

prodotto e contribuirono all’impianto di una

cartiera nella città. A tale centro di produzione

ne seguirono altri, costruiti in diverse città del

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dalla natura ai materiali

mondo arabo, in cui la carta veniva realizzata a

partire da stracci di canapa e lino.

Gli Arabi perfezionarono le tecniche di

realizzazione della carta e diffusero il suo uso e il

suo commercio in Africa settentrionale, in Sicilia

e in Spagna. In Europa tale prodotto suscitò

inizialmente diffidenza, essendo considerato

inferiore alla pergamena sia per qualità, sia

perchè di origine musulmana; ad ogni modo, tali

considerazioni non rallentarono la sua diffusione

e la creazione di numerose cartiere nel vecchio

continente.

In Italia, le prime fabbriche di produzione della

carta videro la luce ad Amalfi e a Fabriano. In

quest’ultimo centro, l’uso di macchinari più

moderni e di nuove tecniche permise di

realizzare un prodotto che era qualitativamente

superiore a quello arabo e che si impose in tutta

Europa, oltretutto favorito nella sua diffusione

dalla sua origine non musulmana. A Fabriano, la

carta si otteneva sempre a partire da stracci di

canapa e lino, derivati da tessuti ottenuti in

seguito alla lavorazione di piante coltivate in

Italia. Quest’ultima mantenne il predominio nella

fabbricazione della carta per circa 200 anni, nel

corso dei quali tale supporto divenne sempre più

importante per la scrittura; successivamente, il

primato della produzione passò prima alla

Francia e poi all’Olanda.

Nei secoli che seguirono, la realizzazione

della carta fu caratterizzata da progressi tecnici

ed innovazioni, ma anche da periodi bui, come

quello caratterizzato dall’epidemia di peste che

interessò l’Italia nel XVII secolo e che impose,

come misura profilattica, l’incendio degli stracci

con conseguente mancanza di materia prima per

le cartiere.

Un momento fondamentale nella storia

della carta è rappresentato dall’ottenimento, nel

1844, di una pasta preparata a partire dal legno,

che divenne ben presto la più importante

materia prima per i centri produttori e che, con il

passare del tempo, fu ricavato da un numero

sempre maggiore di specie arboree. Dalla metà

del XIX secolo, la lavorazione di tale pasta fu

progressivamente perfezionata. La produzione di

carta assunse dimensioni industriali e condusse

alla realizzazione di prodotti sempre più

diversificati; la carta divenne meno costosa e di

conseguenza le classi meno abbienti più

facilmente poterono avvicinarsi alla cultura.

La ricerca del legno per realizzare carta

ha però parzialmente contribuito alla

deforestazione. Al fine di superare tale

problema, oggi si tende a sfruttare il legno di

alberi coltivati che, dopo l’abbattimento, sono

rimpiazzati da altri esemplari; inoltre, si

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dalla natura ai materiali

recupera materiale cartaceo utile per la

produzione di carta riciclata. Va comunque

ricordato che i processi di sbiancamento della

cellulosa, effettuati con composti ossidanti,

contribuiscono all’inquinamento dell’ambiente. È

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da evidenziare che in tempi recenti si sta

cercando di utilizzare, come base di partenza per

la realizzazione della carta, materiale vegetale di

scarto proveniente da colture annuali, come ad

esempio quelle di mais e di altre graminacee.

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I MATERIALI NELLA VITA E NELLO SVILUPPO DI OGNI CIVILTÀ UMANA

Claudio De Rosa

Professore di Chimica industriale e Chimica macromolecolare Università degli Studi di Napoli Federico II

Il fiorire, lo sviluppo e l’evoluzione di

ogni civiltà umana sono state, da sempre, legate

alla scoperta di nuovi materiali, oltre che a

condizioni ambientali favorevoli. Le antiche

civiltà, età della pietra ed età del bronzo, sono

state, infatti, denominate in base al livello di

sviluppo dei materiali.

L’uomo per secoli ha utilizzato nella sua

vita quotidiana sostanze naturali come il legno,

la pietra, l’argilla, le pelli, o materiali come il

vetro e il bronzo fabbricati per la prima volta in

modo accidentale. I materiali che oggi più

profondamente hanno modificato la nostra vita,

come gli acciai e le plastiche, sono, invece, il

risultato di uno studio finalizzato all’ottenimento

di precise proprietà.

Una rivoluzione è certamente stata la

scoperta dei materiali plastici, cioè sostanze

organiche (polimeri) costituite da lunghe

molecole in cui migliaia di atomi, essenzialmente

di carbonio, sono concatenati a formare lunghe

‘catene’ (le macromolecole). La scoperta più

importante è stata fatta in Italia agli inizi degli

anni ‘60 da Giulio Natta, premio nobel per la

Chimica, che per la prima volta sintetizzò i

‘polimeri stereoregolari’ e il ‘polipropilene

isotattico’, il materiale noto con il nome di

‘Moplen’. In quegli anni tutte le nostre case

furono invase da oggetti in ‘Moplen’, contenitori,

giocattoli, bacinelle. E fu una rivoluzione al

punto che molti oggetti metallici furono sostituiti

dalla plastica.

I materiali solidi sono raggruppati in tre

classi principali, metalli, ceramiche e polimeri, in

base alla struttura atomica e composizione

chimica. Altri gruppi di materiali sono i

compositi, i semiconduttori e i biomateriali. I

compositi sono formati dalla miscela di due o più

materiali differenti con una combinazione delle

migliori proprietà di ciascun componente. Ad

esempio nelle vetroresine fibre di vetro sono

disperse in una matrice di un materiale

polimerico. Le vetroresine presentano notevole

resistenza meccanica fornita dalle fibre di vetro,

e buona flessibilità che deriva dalla matrice

polimerica. Uno dei campi della ricerca sui

materiali in maggiore crescita è lo studio dei

nanocompositi, materiali eterogenei costituiti da

additivi di dimensioni nanometriche, di solito

nanoparticelle inorganiche, disperse in materiali

polimerici. L’intima miscelazione, su scala

nanometrica, di polimeri e particelle inorganiche

conferisce proprietà inconsuete.

In anni recenti lo studio di nuovi

materiali ha subito una nuova svolta grazie allo

sviluppo di tecniche che permettono di

manipolare la materia a livello atomico, cioè

muovere atomi e molecole per formare

aggregati di pochi atomi o molecole, definite

‘nanostrutture’. Ad esempio i nanotubi di

carbonio sono tubi di dimensioni nanometriche

con proprietà meccaniche ed elettriche

eccezionali. L’abilità di manipolare e sistemare

atomi e molecole a formare nano strutture

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dalla natura ai materiali

offre una opportunità unica per lo sviluppo di

materiali innovativi dalle proprietà meccaniche,

elettriche, magnetiche speciali. Questo nuovo

approccio sta determinando il fiorire dell’era

delle nanotecnologie, la nuova Frontiera nella

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ricerca sui materiali che coinvolge materiali

con proprietà speciali e con importanti

applicazioni in campi molto diversi, dalla

microelettronica alla medicina.

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ETANOLO E PREZZI DEI CEREALI

Antonio Acconcia

Professore di Economia politica Università degli Studi di Napoli Federico II

I prezzi dei cereali sono cresciuti in

modo significativo tra il 2006 e il 2007. Dal

confronto tra le quotazioni del 6 maggio 2008,

riportate dall’Associazione Granaria di Milano,

con quelle di metà 2005, emerge per il grano

tenero (tipo panificabile superiore) un

incremento del 76%, per il grano duro un

incremento del 161% e per il granoturco (tipo

nazionale) un incremento del 79%; nello stesso

periodo la media dei prezzi delle diverse qualità

di riso ha subito un incremento del 98%.

Variazioni dei prezzi di portata tanto ampia,

registrate anche a livello mondiale, hanno

determinato conseguenze rilevanti su quella

parte della popolazione per cui frumento e riso

costituiscono componenti rilevanti della dieta

alimentare.

Almeno quattro fattori strutturali

possono spiegare quanto accaduto. La crescita

economica asiatica, in particolare di Cina e

India, ha determinato un incremento della

domanda di molti beni, tra cui i cereali, e, nello

stesso tempo, la riduzione della produzione

potenziale di frumento e riso, dovuta alla

riduzione della superficie destinata a coltivazione

per l’effetto di spiazzamento determinato dalla

crescita dell’edilizia privata e delle infrastrutture

pubbliche. L’aumento del prezzo del petrolio,

dovuto essenzialmente alla notevole crescita

della domanda di energia da parte dei Paesi che

stanno conoscendo, in anni recenti, un

significativo processo di crescita, ha determinato

una crescita dei prezzi alla distribuzione dei

cereali, come effetto dei più alti costi di

produzione e di trasporto. La produzione agricola

2006-07 è stata danneggiata da fattori climatici,

quali ad esempio la siccità che ha colpito

l’Australia; in concomitanza con l’accresciuta

domanda ciò ha determinato una sostanziale

riduzione delle scorte complessive. Le tensioni

dal lato dell’offerta si sono rivelate tanto intense

da indurre alcuni Paesi (ad esempio,

Kazhakistan, Vietnam, Thailandia e Messico) a

introdurre vincoli all’esportazione. Infine, la

produzione di biocarburanti, principalmente

l’etanolo, ha creato un’alternativa all’utilizzo per

alimentazione di cereali quali il mais, riducendo

l’offerta di mais da destinare all’alimentazione.

Tale spiegazione ha avuto grande eco a livello

internazionale.

Tra il 2005 e il 2006, negli Stati Uniti i

profitti delle imprese produttrici di etanolo

mostrano un trend crescente, spiegabile con la

sensibile crescita del prezzo di vendita. Da metà

2006 si è registrata una inversione di tendenza

in concomitanza con l’impennata delle quotazioni

del mais; presumibilmente i profitti sono stati

progressivamente erosi dalla riduzione del

prezzo, indotta dall’incremento di offerta che nel

frattempo si era creata, e dall’aumento dei costi

di produzione. Negli ultimi mesi grano e mais

hanno fatto segnare quotazioni stabili; profitti

(bassi e) stabili si registrano anche per i

produttori di etanolo. Tali circostanze

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dalla natura ai materiali

suggeriscono che esiste effettivamente un

legame tra il prezzo del mais e etanolo.

L’andamento del prezzo del riso suggerisce però

che non può essere imputata all’etanolo la

crescita generalizzata dei prezzi dei cereali.

Difatti, a differenza di mais e grano che

mostrano una leggera tendenza alla riduzione

nel 2008, il prezzo del riso è cresciuto anche

nelle ultime settimane (figura 1) rendendo

sempre più grave la crisi alimentare che sta

colpendo milioni di persone nel mondo.

direttamente, attraverso sussidi ai produttori

nella forma del credito d’imposta, e

indirettamente, mediante dazi all’importazione.

Poiché la produzione di etanolo da mais, in base

alle attuali tecnologie, è molto meno

vantaggiosa di quella di etanolo mediante canna

da zucchero (di cui è leader il Brasile), è

opinione di molti che siano proprio i sussidi e il

protezionismo a renderla economicamente

realizzabile, creando così distorsioni che

generano inefficienze che colpiscono, in modo

drammatico, l’intera comunità internazionale e,

in particolare, in modo più grave, le aree e le

popolazioni più deboli.

Gli attacchi all’etanolo probabilmente sono

conseguenza del modo in cui la sua produzione è

resa vantaggiosa negli Stati Uniti, dove l’utilizzo

del mais per produrre etanolo è incentivato

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

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Frumento Tenero Granoturco Nazionale Riso

Figura 1. Andamento dei prezzi di frumento, granoturco e riso. Fonte: Associazione Granaria di Milano

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